JOYCE CAROL OATES ACQUA NERA (Black Water, 1992) alle Kelly... Parte Prima 1. La Toyota a noleggio, guidata con impazien...
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JOYCE CAROL OATES ACQUA NERA (Black Water, 1992) alle Kelly... Parte Prima 1. La Toyota a noleggio, guidata con impaziente esuberanza dal Senatore, filava lungo la strada sterrata senza nome, imboccando le curve con vertiginose sbandate strisciando sul terreno, poi, all'improvviso, uscì chissà come di strada per finire nell'impetuosa acqua nera dove, inclinata sul lato destro, affondò rapidamente. Devo morire? ...così? 2. Era la sera del 4 luglio. In tutta Grayling Island, specialmente lungo la costa settentrionale, fervevano ricevimenti, e file di auto erano parcheggiate lungo le stradine sabbiose che portavano alle spiagge. Più tardi, con l'addensarsi della notte, vi sarebbero stati i fuochi di artificio, alcuni elaborati e vistosi in scintillante Technicolor come la guerra televisiva nel Golfo Persico. I due erano nella zona abbandonata e deserta dell'isola, molto probabilmente si erano perduti. Lei muoveva le labbra a vuoto, cercando il coraggio di articolare la parola perduti. Le capitava la stessa cosa con il preservativo che teneva in borsetta da chissà quando. Prima nella borsetta di camoscio, e ora in quella estiva, di grazioso tessuto a fiori di Laura Ashley. In verità quell'oggetto era stato ospitato da un'altra borsa ancora, quella grande e vistosa, di paglia con le rifiniture di cuoio rosso che era andata in pezzi tanto l'aveva usata. Il preservativo era ben confezionato, aveva un casto odore farmaceutico, occupava poco posto. In tutti quei mesi lei non l'aveva neppure toccato, era rimasto lì in attesa di essere esibito, per suggerire a un eventuale «lui», a qualsiasi uomo, amico o collega o semisconosciuto, di usarlo o di prendere in considerazione l'idea di usarlo. Ci si prepara alle emergenze, ma alla fi-
ne non si riesce ad aprir bocca, le parole vengono meno. Erano da qualche parte nella zona paludosa di Grayling Island, nel Maine, a una ventina di minuti di traghetto da Boothbay Harbor a nordovest. Avevano chiacchierato amichevolmente, e avevano riso insieme con disinvoltura, come vecchi e collaudati amici, e Kelly, furtivamente, stava cercando di tener ferma la mano del Senatore di modo che quanto restava della vodka-tonic non debordasse dal bicchiere di plastica che lui reggeva mentre guidava, quando, all'improvviso, come una pellicola che durante la proiezione comincia a sussultare quasi scossa dal singhiozzo per poi slittare via, così all'improvviso da lasciarla sbalordita di fronte a tanta rapidità, la strada sparì da sotto la macchina e i due si trovarono a lottare per la vita affondando nell'acqua nera che s'infrangeva contro il parabrezza cercando di forzarlo, come se l'onirica palude circostante si fosse ridestata alla vita e si stesse protendendo verso di loro per divorarli. Devo morire? ...così? 3. Buffy si era offesa o almeno glielo aveva dato ad intendere. Con Buffy, che era tutta scena, non si poteva mai sapere. Aveva detto a Kelly Kelleher: Sì, ma perché andare via adesso, non puoi aspettare ancora un po'? e Kelly Kelleher aveva risposto con un borbottìo vago e imbarazzato, incapace di dire: Perché lui vuole che vada, insiste. Incapace di dire: Perché se non faccio quello che vuole non ci sarà un secondo appello. Lo sai. 4. Tutt'attorno il penetrante odore salmastro della palude, l'umido odore della decomposizione, della terra, dell'acqua nera. Il fresco odore pungente dell'Atlantico sembrava lontano, lì, come i ricordi, portato nell'entroterra da lievi folate del vento dell'est. Niente sciacquio di onde, lì. Solo insetti notturni. Il vento tra gli alberi soffocati dai rampicanti. Afferrando la cintura di sicurezza Kelly Kelleher, che non era ubriaca, sorrise pensando: Che strano trovarsi qui e tuttavia non sapere dove sia qui. Correvano per arrivare al pontile di Brockden in tempo per il ferry delle 20.20. Erano circa le 20.15 quando la Toyota a noleggio, senza che nessu-
no la vedesse, precipitò nell'acqua - ruscello? torrente? fiume? - che né il Senatore né la sua passeggera Kelly Kelleher si aspettavano di trovare al culmine della curva. Circa dieci metri più avanti, anch'esso nascosto alla vista, c'era un ponticello di legno fatto di assi logore; ma nessun cartello annunciava la sua presenza, e men che meno la presenza della curva pericolosa che lo precedeva. Non ora. Non così. Aveva ventisei anni e otto mesi, troppo giovane per morire e quindi troppo stupita, troppo incredula per urlare mentre la Toyota schizzava fuori strada e finiva sulla superficie dell'acqua seminvisibile e per un istante parve che potesse non affondare ma galleggiare; o che la traiettoria del volo potesse portarla nonostante il suo peso oltre l'acqua, nell'intrico di arbusti e di alberelli e di rampicanti della sponda opposta. In un posto del genere ci si sarebbe aspettati un'acqua bassa, un fossato e nulla più. Ci si sarebbe aspettati che il guardrail fosse più robusto. E non di ritrovarsi, così repentinamente così violentemente così disperatamente, in un'acqua nera e fangosa odorante di fogna. Non così. No. Era stupefatta, era incredula, e forse anche il Senatore provava la stessa cosa, visto che quel 4 luglio a Grayling Island nella casa dei genitori di Buffy St. John era stato festoso e spensierato, pieno di risate e di conversazioni animate e di innocenti ed entusiasmanti speranze per il futuro (quello prossimo e quello lontano - poiché indubbiamente l'uno determina l'altro) ed era quindi praticamente impossibile accettare che il tono della serata cambiasse così di colpo. Diverse volte in vita sua Kelly Kelleher si era trovata coinvolta in eventi di carattere altrettanto repentino e sconcertante e ogni volta si era scoperta incapace di urlare e ogni volta, dal primo istante in cui aveva capito di aver perso il controllo degli eventi - il destino del suo corpo sottratto al controllo del cervello - non aveva avuto la percezione coerente di quello che stava succedendo. Perché in quei momenti il tempo subisce un'accelerazione. Con l'avvicinarsi del punto di impatto, il tempo procede alla velocità della luce. Chiazze di amnesia che si allargano nel cervello come vernice bianca rovesciata. 5.
Mentre la Toyota urtava contro il guardrail che, ridotto a un colabrodo dalla ruggine, parve non opporre alcuna resistenza, Kelly sentì l'esclamazione stupita del Senatore: «Ehi!» Poi come sorta dal nulla l'acqua li sommerse. Sul cofano. Sul parabrezza incrinato. Mulinando in torbidi flutti come se fosse viva e furibonda. 6. Alla Brown University, dove si era laureata in letteratura e storia americana col massimo dei voti, Kelly Kelleher, per l'anagrafe Elizabeth Anne Kelleher, nel quarto anno aveva scritto una tesina di novanta pagine sul Senatore. Il sottotitolo era: «Idealismo jeffersoniano e pragmatismo del "New Deal": strategie progressiste in tempi di crisi.» Ci aveva lavorato con impegno, facendo ricerche sulle tre campagne elettorali del Senatore, sulla sua carriera al Senato, sulla sua influenza nell'ambito del Partito Democratico e la possibilità che il partito lo scegliesse come candidato alla presidenza, e i suoi sforzi erano stati premiati con il voto più alto - Kelly Kelleher aveva preso quasi sempre il massimo dei voti nelle materie in cui intendeva specializzarsi - e con una pagina di elogi scritti a mano dal suo relatore. Questo era successo cinque anni prima. Quando lei era giovane. Quel pomeriggio, quando aveva conosciuto il Senatore, la sua fragile mano imprigionata nella stretta vigorosa di quella manona cordiale, Kelly si era imposta di non tirare fuori quell'argomento. E così non lo aveva fatto. Se non molto più tardi. Quando, dato il rapido evolversi della situazione, non vi sarebbe stata alcuna ragione per non farlo. La sera prima, lei, Buffy e Stacey avevano letto ghignando sull'ultimo numero di Glamour l'oroscopo dello Scorpione per il mese di luglio: Troppa prudenza nel rivelare agli altri i vostri impulsi e desideri! Una volta tanto imponetevi! Gli influssi astrali, cari Scorpioni, sono molto romantici, dopo un periodo di delusioni... BUTTATEVI! Povero Scorpione, così facile da ferire. Così facile da dissuadere. Quell'aria imbronciata e sdegnosa che tanto irritava Artie Kelleher, il padre; quell'aria di tormentata introspezione che tanto preoccupava Madelyn Kelleher, la madre. Sì vi voglio bene ma perché non mi lasciate in
pace? Povero Scorpione, ventisei anni e otto mesi ma ancora soggetta a problemi adolescenziali di pelle! Che vergogna, che rabbia. La sua pelle chiara e fine era troppo chiara e troppo fine. Quei misteriosi sfoghi, quell'orticaria. Le allergie che le arrossavano gli occhi. Eh sì, anche l'acne, foruncolini quasi invisibili ma scabri lungo l'attaccatura dei capelli... Quando il suo amico l'aveva amata lei era bella. Quand'era bella il suo amico l'aveva amata. Una proposizione semplice, apparentemente quasi tautologica, che però non era comprensibile appieno. E allora non avrebbe neppure provato a capirla. Si sarebbe lanciato in una nuova vita in una nuova avventura un'avventura follemente romantica, l'incauto Scorpione. 7. Kelly Kelleher con tatto aveva suggerito al Senatore di accendere gli abbaglianti della Toyota, e adesso mentre si inoltravano nella zona paludosa seguendo quella che sembrava una strada secondaria dismessa le luci sobbalzavano e sbandavano con la velocità dell'auto poiché il Senatore, impaziente, borbottando tra sé, stava zigzagando spericolatamente lungo la strada accidentata, incurante dei resti del vodka-tonic che debordavano dal bicchiere di plastica per finire sul sedile e sulla coscia di Kelly Kelleher, sul jersey di cotone del suo nuovo tubino estivo. Il Senatore era un guidatore aggressivo e i suoi avversari erano la strada, il buio del crepuscolo, la distanza tra lui e la meta, e il sempre minor tempo che gli restava per raggiungerla, e procedeva quindi a colpi di acceleratore decisi e impazienti, aumentando la velocità dell'auto, per poi schiacciare il freno mentre prendeva le curve e riaccelerare di colpo così che i pneumatici lanciavano una debole protesta girando a vuoto prima di mordere il terreno vischioso e sabbioso. Il vertiginoso sussultare dell'auto era come un singulto, o un coito. Lo stesso modo, come ricordò turbata Kelly, in cui talvolta guidava suo padre dopo uno di quei misteriosi litigi con la madre, tanto più misteriosi e inquietanti nel suo ricordo in quanto erano muti. Non fare domande. Sta' dritta. È tutto a posto. Va tutto bene. Lo sai che sei la nostra cara bambina, no? Avrebbero cenato più tardi al motel. Servizio in camera... naturalmente. Impossibile avventurarsi nel ristorante. In qualsiasi ristorante di Boothbay
Harbor nel pieno della stagione turistica. Lei non era in ansia, e non pensava che, quando fosse venuto il momento, avrebbe avuto paura. Ma era all'erta. Per memorizzare quell'avventura. Adesso i fari con grandi balzi ebbri illuminavano la strada a carreggiata unica e mettevano in luce una tale bellezza che Kelly si scoprì a fissare i tratti di acqua stagnante che si stendevano per chilometri in ogni direzione, simili a rilucenti schegge di specchio tra l'intrico della vegetazione. Al crepuscolo, nell'entroterra, l'oscurità si addensava sul terreno mentre il cielo restava luminoso. C'era una luna che splendeva pallida, piatta come una moneta. A ovest bioccoli di una nube così rossa da sembrare tinta e a est lungo l'orizzonte dell'oceano un cielo che cedeva lentamente alle tenebre, ammaccato come una prugna troppo matura. Perduti: pensava. Un'avventura: pensava. E pensava con lucidità, sebbene i denti le battessero mentre l'uomo accanto a lei frenava, accelerava, frenava di scatto, accelerava di nuovo, pensava che non aveva paura, che ciò che provava era eccitazione, una carica data dall'adrenalina, come quando ore prima sulla spiaggia aveva sentito il pulsare del desiderio maschile, e si era ripromessa: No, non lo farò. E proprio in quell'istante un pensiero malizioso le si era affacciato alla mente, solleticandola: Sì, perché no? Povero Scorpione. Astuto Scorpione. Pensava che questo 4 luglio a Grayling Island era capitato per puro caso. Era stata invitata anche altrove. Non si era trovata a dover mendicare un invito per quel lungo fine settimana. Ma aveva deciso di andare da Buffy, e ora era lì, lì seduta accanto al Senatore in quella pazza pazza corsa verso il pontile di Brockden, incerta, col calare delle tenebre, di dove fosse lì. Sei una ragazza americana, avrai bene il diritto di imporre i TUOI desideri e le TUE esigenze, ogni tanto. Un istante prima che l'auto schizzasse fuori strada Kelly Kelleher arricciò il naso annusando... era odore di fogna? Un istante prima che l'auto schizzasse fuori strada Kelly Kelleher si accorse di aver afferrato così convulsamente la cintura di sicurezza che le nocche si erano sbiancate. Un istante prima che l'auto schizzasse fuori strada Kelly Kelleher aveva finalmente detto, con tutto il tatto possibile, alzando la voce ma in modo discreto... perché il Senatore sembrava un po' sordo dall'orecchio destro: «Penso che ci siamo perduti, Senatore.»
Una volta, da bambina, Kelly aveva parlato a voce alta a uno zio durante il pranzo del Giorno del Ringraziamento, e sebbene lo zio Babcock non facesse altro che chiedere agli altri di ripetere ciò che avevano detto, e sostenesse continuamente che la gente borbottava, si era offeso della sua voce alta. Raggelandola con uno sguardo le aveva detto: «Signorina, non c'è bisogno di gridare, non sono mica sordo.» Forse si era offeso anche il Senatore, che non rispose, buttò giù un sorso dal bicchiere di plastica, si asciugò la bocca col dorso della mano abbronzata e scrutò dritto davanti a sé quasi che, a differenza di Kelly Kelleher, fosse in grado di vedere attraverso i bui grovigli della palude sino all'oceano che non poteva essere molto lontano da lì. E poi il Senatore disse, con una risatina sepolta in gola come catarro: «Questa è una scorciatoia, Kelly. Si può procedere solo in una direzione, ed è impossibile perdersi.» «Sì» disse Kelly, con molta prudenza, con molto tatto, leccandosi le labbra secche, scrutando anche lei dritto davanti a sé senza però vedere nulla salvo i fari che illuminavano il tunnel fatto di strada, vegetazione, frammenti di specchio rilucenti nell'ombra, «... ma la strada è così brutta.» «Perché è una scorciatoia, Kelly. Ne sono certo.» Kelly!... il cuore assurdamente perse un battito, il volto s'infiammò nel sentire il suo nome, quel nome affibbiatole dalle compagne di scuola, in bocca a quest'uomo. Così disinvoltamente così intimamente lo diceva come se mi conoscesse, come se provasse affetto per me. Un istante prima che l'auto schizzasse fuori strada. 8. Kelly: un nome che ti si addice. Sì? Perché? - i capelli frustati dal vento. Occhi verdi? - sono verdi, vero? Com'era alto, quanto s'imponeva la sua presenza fisica. E quel sorriso con le fossette, i grandi denti bianchi. Con mossa scherzosa fece per alzare gli occhiali da sole di Kelly Kelleher per scrutarle gli occhi e lei, prontamente, si adeguò al gesto sollevandoli lei stessa e incontrando lo sguardo aperto e indagatore di lui (azzurro: l'azzurro del vetro colorato) ma solo per un momento. E il suo sorriso s'incrinò, in modo appena percettibile. Come se in quel momento lui avesse dubitato di sé: del suo potere di maschio.
E mormorò, quasi in tono di scusa, anche se in realtà le stava facendo un complimento: Sì, verdi... belli. In realtà gli occhi di Kelly Kelleher erano più grigi che verdi: color sassolino, li definiva lei. Privi di particolari virtù salvo che erano ben distanziati l'uno dall'altro, grandi, simpatici, «normali». Ma le ciglia così scolorite, fragili, sottili. Se non metteva il mascara, che però non le piaceva, le ciglia erano quasi invisibili. In realtà gli occhi di Kelly Kelleher in passato erano stati fonte di grande preoccupazione e angoscia per i suoi genitori, e quindi anche per lei. Sino all'operazione che aveva sistemato tutto. Sin dalla nascita Kelly aveva avuto un difetto di convergenza degli assi visivi, e il nome di questo difetto (inutile negare che si trattava di un difetto) era strabismo, il che, nel caso di Kelly, significava che i muscoli dell'occhio sinistro erano più deboli di quelli del destro. Nei primi due confusi anni la piccola, senza rendersene conto, aveva registrato nel cervello non una immagine come avviene nelle persone normali ma due (ognuna di esse ulteriormente confusa da una molteplicità di particolari) immagini parzialmente e sempre imprevedibilmente sovrapposte, quella dell'occhio sinistro spesso disancorata e fluttuante; e poiché la bambina istintivamente cercava di compensare mettendo a fuoco l'immagine più nitida dell'occhio destro, la pupilla sinistra vagava nella sclera come un pesciolino sino a che sembrava (agli ansiosi genitori Kelleher, Artie e Madelyn, poveri papà e mamma che per i primi ventiquattro mesi della sua vita le avevano scrutato senza posa gli occhi, agitandole dita davanti al naso facendole domande cercando di soffocare la preoccupazione, la paura e talvolta l'impazienza nelle loro voci... soprattutto povero papà cui le «anomalie» davano davvero fastidio, senza dubbio era una caratteristica della famiglia, come riconosceva lui stesso ridendo, sulla difensiva: una mania per la salute e il benessere fisico, e la bellezza, la normalità) che Kelly stesse maliziosamente e ostinatamente guardando sempre a sinistra, oltre la tua testa, oltre il tuo campo visivo, pur guardandoti dritto in faccia, come ordinatole, con l'occhio buono, il destro. Uno dei medici aveva prescritto esercizi e un regime rigoroso, un altro un'operazione il più presto possibile, in alcuni casi il bambino non guarisce spontaneamente con gli anni e nel frattempo l'occhio più debole può atrofizzarsi irrimediabilmente, e mamma e nonna Ross (la mamma della mamma) propendevano per gli esercizi, vediamo cosa succede con gli esercizi, e c'era una simpatica terapista, una giovane donna occhialuta, la
quale era ottimista circa la possibilità di correggere il difetto ma le settimane e i mesi passavano, papà delle volte non aveva il coraggio di guardare il suo piccolo tesoro, le voleva così bene, voleva risparmiarle qualsiasi dolore, qualsiasi sconforto, e che ironia della sorte, si lagnava Artie Kelleher, ridendo, arrabbiato, allargando le braccia quasi ad invitare, come talvolta fanno i conduttori dei talk-show televisivi, un pubblico di milioni di anonimi spettatori a condividere la sua perplessità, e, sì, anche il suo risentimento, la sua confusione - che ironia, i miei affari vanno a gonfie vele, come una scala mobile in salita, l'inizio degli anni Sessanta era un periodo di grande sviluppo nell'edilizia, nella finanza, in tutti i campi, che ironia: la mia vita lavorativa è assolutamente perfetta e la mia vita privata, la mia vita familiare... non riesco a controllarla! Parlava pacatamente cercando di non alzare la voce (perché talvolta Kelly era lì intorno) e mamma cercava di rispondere nello stesso modo sebbene le tremasse la voce, le tremassero le mani, cosa che magari non si notava se non per la bellezza delle mani e degli anelli: la rosetta di diamanti, la giada incastonata nella montatura antica. Come faceva notare papà, lui stava semplicemente pensando al futuro, supponiamo che gli esercizi non abbiano effetto, di certo non sembra che funzionino, ti pare, ma insomma usa il cervello Madelyn pensa a quando andrà a scuola, sai benissimo che gli altri bambini la prenderanno in giro, penseranno che sia un'handicappata o roba del genere, vuoi che le capiti questo? è questooo che vuoi? e mamma scoppiava in lacrime, No! no! certo che no! no! perché mi dici queste cose? E così un giorno, era un giorno lavorativo ma Artie Kelleher era rimasto a casa nella mattinata, i genitori avevano portato la bimba in città, un tragitto di quarantacinque minuti di macchina dal paesino suburbano di Gowanda Heights, nella contea di Westchester, New York, e là, nell'ospedale Beth Israel sull'alberata East End Avenue, là, finalmente, l'occhio cattivo di Elizabeth Anne Kelleher era stato risanato con un intervento chirurgico. La guarigione fu rapida, anche se non precisamente indolore come era stato promesso, e da quel momento l'occhio, gli occhi, la ragazza, divennero, come tutti i segni esterni indicavano, normali. 9. «... perduti, Senatore? Questa strada è così...» «Ti ho detto di non preoccuparti, Kelly!»... un'occhiata di sbieco, un sor-
riso stiracchiato che raggrinzava gli angoli degli occhi venati di sangue... «arriveremo a destinazione, e ci arriveremo in tempo.» E il liquido debordò dal bicchiere di plastica finendo sulla gamba di Kelly Kelleher prima che lei potesse impedirlo. Nel 1988 il Senatore era stato uno dei tre candidati principali del partito democratico per la nomination alle elezioni presidenziali; per prudenza politica si era ritirato, esortando i suoi delegati ad appoggiare il governatore del Massachusetts, suo vecchio amico. A sua volta, Dukakis aveva chiesto al Senatore di presentarsi al suo fianco per la vicepresidenza nella lista democratica. Il Senatore aveva cortesemente declinato l'invito. Naturalmente c'era sempre tempo per le prossime presidenziali, e anche per quelle successive. Il Senatore, pur non essendo giovanissimo, non era neppure vecchio: undici anni meno di George Bush. Un uomo nel pieno della sua carriera, così dicevano. Kelly Kelleher s'immaginò a collaborare alla campagna presidenziale del Senatore. Prima, però, avrebbe lavorato per la sua nomination alla convenzione nazionale del partito democratico. Nell'intimità della sobbalzante Toyota, i sensi appannati dall'eccitazione di quella giornata, Kelly Kelleher, che di rado si abbandonava alle fantasie, si permise di accarezzare quell'immagine. La sera precedente, come se avesse previsto quest'avventura, Kelly si era presa la briga, cosa che di rado faceva, di limarsi e smaltarsi le unghie. Un pallido color corallo-ramato. Discreto, raffinato. Che s'intonava al rossetto. «C'è solo una direzione su quest'isola» stava dicendo il Senatore con l'aria di chi afferma una verità indiscutibile. Kelly rise. Senza sapere precisamente perché. Si conoscevano appena, nonostante l'intimità nata nella Toyota lanciata a gran velocità. In pratica erano due estranei nonostante fossero scappati via furtivi dalla festa. E così Kelly Kelleher non sapeva come chiamare il conducente della Toyota, nessun nome le veniva spontaneo alle labbra mentre l'acqua nera sommergeva il cofano ammaccato, s'infrangeva contro il parabrezza incrinato, sul tettuccio, un improvviso e cupo offuscamento come se la palude in un balzo li avesse afferrati. E la radio si spense di colpo. La musica che nessuno dei due aveva ascoltato svanì come se non ci fosse mai stata.
Si conoscevano dalle due circa di quel pomeriggio. Un incontro occasionale nel cottage sul mare, di proprietà del signor Edgar St. John e signora, di Old Lime, Connecticut, che al momento della festa erano assenti; a dare la festa era Buffy St. John, amica ed ex compagna di stanza di Kelly alla Brown University... Buffy, la migliore amica di Kelly. Come Kelly Kelleher, Buffy St. John aveva ventisei anni, e anche lei lavorava per una rivista di Boston; ma il periodico per cui lavorava Buffy, il Boston After Hours, era molto diverso da quello di Kelly, il Citizens' Inquiry; ed era indubbio che tra le due Buffy fosse la più scafata, la più avventurosa. Buffy si laccava le unghie delle mani e dei piedi in stravaganti tonalità di verde, azzurro e viola; e la provvista di preservativi che portava nelle varie borsette veniva rinnovata di frequente. Con veemenza, come se fosse stata in gioco la sua integrità personale, Buffy St. John avrebbe smentito le ipotesi secondo le quali il Senatore, un uomo sposato, e Kelly Kelleher erano amanti all'epoca dell'incidente; o che si fossero conosciuti prima di quel giorno. Buffy, come pure Ray Annick, sarebbero stati pronti a giurare che il Senatore e Kelly Kelleher si erano conosciuti solo allora, alla festa del 4 luglio. Non amanti. Neppure amici, in realtà. Solo conoscenti dell'ultima ora che, a giudicare dai fatti, si erano piaciuti. Lo stesso avrebbero energicamente sostenuto altri che conoscevano Kelly Kelleher: la ragazza e il Senatore non si erano mai incontrati prima di allora altrimenti Kelly ce lo avrebbe senz'altro detto. Kelly Kelleher non era il tipo di ragazza che nasconde qualcosa. Che tiene segreti. Noi la conosciamo, la conoscevamo. Non era proprio il tipo. E così erano conoscenti freschi freschi, il che equivale quasi ad essere estranei. Nessuno sceglierebbe di annegare, di morire in quel modo, intrappolato in un'auto che affonda con uno sconosciuto. Né avevano alcun rapporto di lavoro, sebbene si possa affermare che condividessero certe convinzioni politiche, certe passioni progressiste. Kelly Kelleher non lavorava né aveva mai lavorato per il Senatore, il suo staff, gli organizzatori delle sue campagne. Era vero però che lei, dopo la laurea, aveva collaborato con una vecchia conoscenza del Senatore, un attivista degli anni Sessanta, i tempi della travolgente campagna di Bobby Kennedy, quegli inebrianti e nostalgici giorni di potere, propositi, autorità, speranza e gioventù nel partito democratico - quando, per quanto disastro-
sa potesse essere la situazione, in Vietnam e all'interno del paese, non ci si aspettava che peggiorasse. Kelly Kelleher non aveva ancora quattro anni quando Bobby Kennedy era stato ucciso, nel giugno 1968. A esser sinceri, non ricordava nulla di quella tragedia. In ogni caso, il suo datore di lavoro Carl Spader aveva coniato un detto: Se sei in politica sei un ottimista. Non sei più un ottimista, non sei più in politica. Non sei più un ottimista, sei morto. All'inizio del viaggio avevano ascoltato un po' la radio percorrendo l'accidentata Derry Road che s'immetteva nella Post Road (una strada a due corsie, una delle poche strade asfaltate dell'isola) e di colpo si era parato alla destra di Kelly un cartello tutto scrostato su cui era elencata una mezza dozzina di località che lei non era riuscita a leggere bene, come del resto non le aveva lette il Senatore, sebbene entrambi avessero avuto la vaga impressione di vedere BROCKDEN'S LANDING 5,5 KM e in quel momento il Senatore, di ottimo umore, stava fischiettando tra i denti, grandi e perfetti denti bianchi incapsulati, e aveva detto, con un sospiro di gioia sentimentale: «Dio! questo sì che mi riporta al passato!», mentre dalla radio, dagli altoparlanti posti dietro, sebbene un po' soffocato dal rombo del condizionatore d'aria che il Senatore aveva acceso al massimo non appena aveva messo in moto, veniva un arrangiamento strumentale lagnoso e adenoideo di una canzone che Kelly Kelleher non aveva bene in mente. Con tono più di scherzo che di rimprovero il Senatore disse, dandole una gomitata: «Immagino che tu non la conosca nemmeno, eh?» Kelly rimase in ascolto. Le sarebbe piaciuto abbassare un po' il frenetico condizionatore ma esitò, perché quella dopotutto era l'auto del Senatore e lei solo una passeggera. Una cosa che ad Artie Kelleher non era mai piaciuta era un passeggero che trafficasse sul cruscotto mentre lui guidava. Cauta, Kelly Kelleher disse: «Sì, mi pare di sì. Solo che non riesco a ricordare il titolo.» «Una vecchia canzone dei Beatles... "All the Lonely People".» «Ah» disse Kelly, annuendo felice, «...sì.» Solo che questa versione non aveva parole, era musica New Age. Sinte-
tizzatori e strani echi. Musica come dentifricio premuto lentamente da un tubetto. «Ma scommetto che non sei un'amante dei Beatles, eh?» disse il Senatore, con lo stesso tono scherzoso, «...troppo giovane», più un'affermazione che una domanda perché, come Kelly aveva notato, il Senatore aveva l'abitudine di formulare quesiti che in realtà erano dichiarazioni, passando poi subito al prossimo argomento, che in effetti si presentò proprio in quell'istante: «Ecco dove dobbiamo girare!» e dopo la frenata sterzò bruscamente senza avere il tempo di segnalare la svolta di modo che un automobilista irato dietro di loro suonò il clacson, ma il Senatore non vi badò: non per arroganza o superbia, ma solo perché non vi badò e basta. La strada sabbiosa e accidentata tra le paludi era nota da quelle parti come la Vecchia Strada del Ferry sebbene non fosse segnalata da alcun cartello. A rigore di termini, il Senatore non si era perso al momento dell'incidente: stava andando nella direzione giusta per il pontile di Brockden, sebbene, senza saperlo, avesse imboccato una strada da tempo dismessa invece di quella nuova e asfaltata, alla quale si accedeva da un bivio mezzo chilometro più avanti. Proprio in quel momento aveva finito il drink e Kelly Kelleher gli aveva porto quello che aveva tenuto di riserva per il viaggio. Erano conoscenti dell'ultima ora, praticamente estranei. E tuttavia... che contatto immediato! Sapete com'è, crogiolarsi nel tepore di una compenetrazione improvvisa, i suoi occhi, i tuoi occhi, tutto è fluido come un'immersione nell'acqua tiepida, ecco la donna dall'impeccabile bellezza sdraiata languidamente come in un letto, i rossi capelli ondulati sparsi voluttuosamente intorno a lei, la pelle perfetta, pelle da capogiro, la splendida bocca rossa e un abito di sontuoso lamé dorato che aderisce al petto, al ventre, il monte di Venere delicatamente messo in rilievo dalle pieghe lucenti del tessuto, e l'Amante in piedi, torreggiante, che china verso di lei il bel volto abbronzato non perfettamente a fuoco, e lei che lo guarda senza alcun bisogno di invitarlo con un sorriso, perché l'invito è lei stessa, nuda sotto l'abito di lamé dorato, nuda mentre solleva appena il fianco snello verso di lui, una mossa appena accennata in verità, un accenno più sognato che reale in verità, altrimenti la pubblicità sarebbe volgare in verità, il profumo nella scintillante bottiglia è OPIUM il profumo è OPIUM è OPIUM il parfum è OPIUM ti ren-
derà pazza lo renderà pazzo sino a rendervi OPIUM dipendenti... E durante la passeggiata tra le dune, il vento tra i capelli di Kelly, le ali dei gabbiani che sfrecciavano bianchi sopra di loro, l'infrangersi delle onde come il pulsare dei lombi, quanto decisa era stata la presa di lui sulla sua spalla, quanto timida e tuttavia bramosa la reazione di Kelly: aveva pensato: Non è possibile che stia davvero succedendo! nell'istante stesso in cui pensava: Sta per succedere qualcosa di irreparabile. 10. ... Il sottile ago rosso che schizzava oltre i sessantacinque mentre la Toyota urtava un profondo solco sabbioso e cominciava a slittare come un sospiro emesso con forza e il Senatore frenava di scatto lanciando un'esclamazione soffocata e la macchina continuava a slittare quasi con più slancio, più decisione, come se proprio la frenata avesse destato un'ostinata resistenza da parte della vettura che fino a quel momento era parsa così obbediente, una sorta di giocattolo, quasi una spericolata corsa sulle montagne russe che provocava un brivido al basso ventre, e poi, chissà com'era successo, l'auto era uscita di strada, l'auto stava slittando di lato, la ruota posteriore destra scivolava in avanti e quella anteriore sinistra all'indietro, il guardrail aveva fatto appena a tempo a levarsi dalle tenebre per ricadere all'istante infranto e giunchi di due metri sormontati da un pennacchio di foglie frustavano e aggredivano i finestrini, e poi un crack! un crack! un crack-ragnatela di vetro incrinato e un brusco scossone da terremoto e l'auto si ritrovò nell'acqua, ci si poteva aspettare un basso rivo, un fossato, non che la macchina sprofondasse sotto la superficie, affondasse invece di galleggiare mentre nere acque schiumanti e mulinanti sommergevano il cofano accartocciato, il parabrezza, il tetto gravemente ammaccato sul lato destro, e la portiera, la portiera destra, schiacciata verso l'interno come la lattina di birra che uno dei ragazzi aveva strizzato sulla spiaggia, senza che lei trovasse fiato sufficiente per urlare né un nome con cui chiamare quell'uomo, un nome che le salisse spontaneo e pronto alle labbra. 11. Quando nel primo pomeriggio del 4 luglio aveva conosciuto il Senatore, cui era stata presentata dall'amante di Buffy, Ray Annick, un avvocato a-
mico del Senatore che era stato suo compagno di liceo al collegio di Andover, Kelly Kelleher era stata cauta, piuttosto reticente. Scettica dentro di sé. Aveva osservato quell'uomo famoso stringere una mano dopo l'altra con energia, con gioia, con l'aria un po' affannata come se avesse percorso centinaia di chilometri proprio a quello scopo: per dare la mano a te, e a te, e a te; e lei era rimasta un po' in disparte, pensando: È uno di quelli che conduce una perenne campagna elettorale. Nelle ore successive Kelly avrebbe cambiato radicalmente opinione sul Senatore. Non sarebbe esatto dire che in quelle sei ore Kelly Kelleher si fosse innamorata del Senatore, né che il Senatore si fosse innamorato di lei, giacché queste sono questioni private e imperscrutabili; e che cosa il futuro avesse in serbo (a differenza di ciò che gli eventi della serata di fatto portarono) sarà per sempre imperscrutabile. Un fatto è certo: Kelly cambiò idea. Pensava a quanto fosse formativo, a quanto fosse nobilitante per l'anima (mentre si contemplava sorridendo in uno specchio del bagno della camera degli ospiti che lei occupava da Buffy, e dove avrebbe dormito la notte del 4 luglio se non avesse deciso così precipitosamente di lasciare l'isola col Senatore) capire di poter sbagliare, di poter aver torto. Anche se è solo una prova interiore, privata. Anche se la persona che hai giudicato con tanta approssimazione non lo saprà mai. «Kelly, ha detto? Callie? Kelly.» Era assurdo provare un tuffo al cuore, come una ragazzina, nel sentire il proprio nome sulle labbra del Senatore, visto che Kelly Kelleher era una giovane donna navigata che aveva avuto molti amanti. Be', alcuni amanti. E comunque, dopo la laurea alla Brown, un amante significativo... di cui non parlava mai. (Perché non vuoi parlare di G..., chiedevano le sue amiche Buffy, Jane, Stacey, non per essere invadenti ma preoccupate per lei, leggendo nel suo silenzio i segni di un cuore infranto, nel suo cinismo verso gli uomini una depressione o uno scoramento; vedendo nel suo rabbioso rifiuto di rispondere ai loro messaggi registrati dalla segreteria telefonica e nel suo desiderio di stare sola in certi momenti delle tendenze suicide di cui osavano parlare solo tra loro, e mai a Kelly direttamente.)
Tuttavia il Senatore aveva una tale «presenza»! Quand'era sceso dalla Toyota nera a noleggio, disinvolto e scattante come un ragazzino, pieno di sorrisi e di saluti, un mormorio si era diffuso tra loro come una fiamma È lui... Gesù, è davvero lui? Un fervore giovanile irradiava da lui simile a un'aura. Ray Annick aveva invitato il Senatore a Grayling Island e Buffy si era premurata di avvertire gli ospiti: Non mi aspetto che venga. Anzi, sono sicura che non verrà. Quell'uomo era più pieno di vita, più irresistibile, più carismatico, che parola stupida, di quanto non lasciassero intuire i suoi passaggi in televisione. Tanto per cominciare, era grande e grosso: un metro e novanta e un peso sugli ottantacinque chili. Si manteneva bene per essere un uomo sui cinquantacinque che aveva il fisico un po' appesantito ma muscoloso di un ex atleta, e la camminata scattante dello sportivo; anche quando il peso gravava sui talloni (calzati in comodi mocassini di tela e gomma della L.L. Bean) si aveva un'impressione di slancio, di preparazione allo scatto. E il suo volto largo, gradevolmente scabro, gli occhi così limpidamente azzurri, il naso leggermente coperto di venuzze ma diritto, lapidario, come le mandibole, il mento, il ben noto profilo. Allentando la cravatta e slacciando il collo della camicia di cotone bianco a maniche lunghe... «Vedo che la festa è iniziata senza di me, eh?» Si è rivelato davvero cordiale, davvero simpatico, per niente condiscendente. Kelly Kelleher cominciò a stendere un resoconto di quel memorabile 4 luglio a Grayling Island - parlava con tutti noi come se fossimo non solo suoi pari ma vecchi amici. L'aveva anche baciata. Ma questo era successo più tardi. 12. Kelly Kelleher sapeva com'erano gli uomini politici, non era mica un'ingenua. E non l'aveva imparato studiando storia e politica americana alla Brown. Suo padre, Arthur Kelleher, era amico sin dai tempi della scuola di Hamlin Hunt, il deputato repubblicano, col quale da anni giocava a golf, e anche quando non gli andavano bene gli affari (e non sembravano proprio andare a gonfie vele dopo il crollo della borsa di qualche anno prima) il signor Kelleher dava un contributo alle campagne elettorali di «Ham» Hunt,
aiutava a organizzare giganteschi pranzi per la raccolta di finanziamenti al Gowanda Heights Country Club, nutriva una fierezza infantile nell'essere invitato a partecipare agli eventi locali e statali del Partito Repubblicano. Il deputato, che Kelly conosceva sin da quando era una scolaretta delle elementari, di recente era diventato un personaggio discusso e pittoresco sulla scena nazionale, veniva spesso intervistato ai telegiornali come una sorta di eccentrico conservatore che metteva alla berlina qualsiasi causa progressista salvo l'aborto... nei confronti del quale Ham Hunt si dichiarava favorevole. (In privato, Hunt era sinceramente convinto che l'aborto rappresentasse la chiave della futura salvezza dell'America, l'aborto praticato nelle appropriate fasce demografiche, neri, ispano-americani, madri nubili a carico della pubblica assistenza che cominciavano a procreare all'inizio dell'adolescenza, bisognava pur fare qualcosa, bisognava senz'altro fare qualcosa, l'aborto era la soluzione, il modo per esercitare il controllo demografico e la maggioranza bianca avrebbe dovuto schierarsi in suo favore prima che fosse troppo tardi... «E so quel che dico, sono stato a Calcutta, a Città del Messico. Ho visto le township del Sudafrica.») Una volta Kelly aveva urlato al padre stupefatto: «Come fai a votare per un uomo simile!... un fascista!... un nazista!... per l'amor del cielo, è uno che crede nel genocidio!» e il signor Kelleher si era limitato a guardarla fisso come se la figlia lo avesse schiaffeggiato. «Ma come fa, mamma?... E tu come fai?» chiese Kelly alla madre in un momento più tranquillo, e la signora Kelleher contemplò l'appassionata figliola con un brivido di orgoglio, le prese la mano e pacatamente le disse: «Kelly, cara, ti prego: che cosa ti fa pensare di sapere per chi voto io?» Durante la più recente elezione presidenziale Kelly aveva offerto i suoi servigi di volontaria per la campagna perdente del governatore Dukakis. Che fosse una campagna perdente lei lo aveva capito solo nelle ultime settimane della corsa alla presidenza: ogni volta che vedeva o sentiva George Bush le sembrava evidente che chiunque lo vedesse o lo sentisse ovviamente lo avrebbe avversato tanto era trasparente la sua ipocrisia! E lui, quant'era venale! quant'era grossolano! com'era poco informato! quant'era perfido! e poi il modo con cui sfruttava la paura che i bianchi avevano dei neri, il suo passato alla Cia! la sua falsa pietà! la sua pochezza spirituale!... e sino alle ultime settimane, forse gli ultimi giorni, anche i suoi compagni di lavoro al quartier generale, a Cambridge, non sembravano aver capito che la campagna dei democratici era condannata, sebbene i sondaggi na-
zionali dessero chiare indicazioni in proposito, e lo stesso candidato Dukakis avesse una mesta e attonita aria di sfida. «Kelly, mio Dio!... ma come hai potuto!... perdere tempo ed energia per quel coglione!»... così aveva sbraitato Arde Kelleher al telefono. Quando erano arrivati i risultati, quando la valanga di voti repubblicani era ormai un fatto accertato, e l'impensabile era divenuto decisamente storia, e quindi pensabile, Kelly aveva praticamente smesso di mangiare, non aveva dormito per molte notti di seguito; aveva provato uno sconforto così profondo e apparentemente così impersonale che si era aggirata per le vie di Boston e nel parco del centro tutta scarmigliata, confusa, con un vago sorriso, sfinita dalla fame, fissando non esseri umani ma oggetti deformi, animali polputi, su due zampe, vestiti... sino a che non era scoppiata a piangere, ed era corsa via, e aveva telefonato alla madre supplicandola di venirla a prendere perché non sapeva più dov'era. 13. Lei era la ragazza che lui aveva scelto, era quella cui sarebbe successo, la passeggera della Toyota a noleggio. Stava artigliando qualcosa che la teneva stretta come in un abbraccio mentre l'acqua nera mulinava e ribolliva montando intorno a lei infrangendosi contro i suoi occhi mentre infine lei riusciva a gridare, trovava il fiato per gridare e urlava sputacchiando mentre la Toyota si inabissava inclinata sul lato destro nella fangosa acqua mulinante. Per l'anagrafe lei era Elizabeth Anne Kelleher. E nell'elenco dei redattori del Citizens' Inquiry: Pubblicazione bisettimanale della Citizens' Inquiry Foundation il nome era Elizabeth Anne Kelleher. Per gli amici era Kelly. Un senso immediato di calore e simpatia tra loro, sapete come succede a volte. Inaspettatamente. Mentre lui sorrideva felice afferrandole la mano e stringendola solo un po' più del dovuto come talvolta fanno gli uomini, come talvolta fanno certi uomini, mossi dal bisogno di vedere, di sentire quella piccola fitta di dolore nei vostri occhi, la contrazione della pupilla. Così come G... qualche volta le aveva fatto male durante l'amore. Inconsciamente. Lei aveva strillato, gridolini acuti e ansanti, aveva singhiozzato, aveva sentito la propria voce remota, incontrollata, che riecheggiava supplice da-
gli angoli della camera buia, Oh ti amo, ti amo, ti amo ti amo, i loro corpi che si scontravano e s'incollavano caldi-umidi, capelli incollati al cranio dal sudore, sai di essere la nostra cara bambina, vero? vero? Il suo peso su di lei, le sue braccia intorno a lei, le gambe tremule di lei strette sulle sue anche, poi le sue ginocchia tremanti sollevate goffamente verso le spalle perché lui potesse penetrare più a fondo, Sì! sì! così! oh Cristo! e sapeva che le labbra di G... erano tese a scoprire i denti in quella smorfia trionfante da teschio che la escludeva. Verso la fine lui le aveva detto pacatamente: «Non voglio farti del male, Kelly, spero che tu lo sappia,» e Kelly sorridendo aveva risposto: «Sì, lo so,» come se fosse una conversazione qualsiasi, una delle loro conversazioni tranquille e cordiali, perché non erano forse qualcosa di più che amanti, non erano anche ottimi amici, e lei l'aveva baciato, lui le aveva passato un braccio intorno alla vita affondandole il capo sulla spalla, lei immobile continuava a pensare: E io non potrei fare del male a te? Non ho forse il potere di farti del male? Sapendo di non averlo, non più. Il pomeriggio invernale volgeva al termine. Ombre si addensavano negli angoli della camera, trasformandola in un luogo ignoto. G... premendo il capo contro il collo di lei aveva detto: «Ero certo che lo sapessi. Volevo solo esserne sicuro.» E adesso che cosa la teneva stretta?... una striscia di tessuto?... molte strisce? - sul petto e sulle cosce, il braccio sinistro sembrava impigliato in una di esse - e con la fronte aveva urtato contro qualcosa, era buio pesto e lei strizzava le palpebre cercando di vedere, era accecata e sentiva quel rombo da aereo nelle orecchie e uno stupefatto «Oh Dio. Oh Dio. Oh Dio» pronunciato da una voce maschile. Era lei la ragazza, proprio lei, la passeggera, quella impigliata nella cintura di sicurezza, no erano la portiera e parte del tettuccio che si erano accartocciati su di lei, era capovolta, no? rovesciata sul lato destro, no? e dov'era la superficie? e dov'era l'aria? Il peso del corpo di lui le era ricaduto addosso e anche lui si divincolava senza fiato supplicando «Oh Dio» con voce singhiozzante, una voce maschile, la voce di uno sconosciuto, mai si sceglierebbe di morire così, per annegamento, nell'acqua nera e fangosa insieme a uno sconosciuto, ma la gamba destra di lei era bloccata come in una morsa, la rotula del ginocchio destro si era fratturata ma lei non avvertiva alcun dolore, forse era in stato di shock, forse era già morta, così
presto! così presto! l'acqua nera a riempirle i polmoni a sommergerle i polmoni bloccando l'afflusso dell'ossigeno al cervello mettendo così fine ai pensieri e tuttavia i pensieri erano distaccati e persino logici: Questo non può succedere. Questa persona, quest'uomo, questo peso su di lei... aveva dimenticato chi fosse. Anche lui artigliava e si puntellava e si agitava e scalciava frenetico per uscire dall'auto capovolta. Quella voce nettissima, la voce di uno sconosciuto... «Oh Dio.» Non col tono di un'imprecazione, ma di una supplica. Se la Toyota lanciata a gran velocità non fosse uscita di strada in curva a una velocità che doveva essere sui cento all'ora a giudicare dai segni della slittata e dai notevoli danni subiti dalla vettura, molto probabilmente avrebbe urtato contro il parapetto del ponticello più avanti finendo poi nell'acqua, con risultati analoghi. O almeno così avrebbero ipotizzato in seguito. Il nome di quel torrente impetuoso era Indian Creek. Nessuno avrebbe mai immaginato che avesse un nome. In quel terreno acquitrinoso, in quella palude in apparenza inesplorata fitta di zanzare e pulsante di stridori di insetti notturni in una frenesia procreativa di mezza estate. Non ci si sarebbe aspettati un torrente largo sei metri, profondità massima tre metri e mezzo, con andamento nord-est che sfociava in una polla piena solo con l'alta marea e finiva poi nell'oceano circa tre chilometri a est del pontile di Brockden. Devo morire? Così? E nessun testimone. Nessun altro automobilista lungo la vecchia strada del ferry. Quasi per punirla di un comportamento, di un gesto che non era da lei, davvero non da Kelly Kelleher ma lei bloccò quel pensiero, non era superstiziosa, non credeva neppure nel Dio degli anglicani. Lui l'aveva scelta. Lo si era visto sin dall'inizio. Quella simpatia istantanea! la facilità con cui sorridevano insieme! una ragazza dell'età di sua figlia! Sì, avevano sorpreso gli altri... alcuni di loro. Quelli che sapevano. Avevano offeso Buffy St. John annunciando che sarebbero partiti per prendere il ferry delle 20.20 per Boothbay Harbor. In realtà, come avrebbe ricordato Buffy, il Senatore avrebbe voluto prendere il ferry ancora prima... ma, in qualche modo, non erano partiti in tempo... Il Senatore aveva bevuto un altro drink. O due.
Il Senatore e la passeggera Kelly Kelleher avevano lasciato la festa al numero 17 di Derry Road alle 19.55 circa. Il che dava loro venticinque minuti di tempo per arrivare al traghetto, un tempo sufficiente se si procedeva a una velocità sostenuta e si imboccava la strada giusta. Svoltare nella Strada Vecchia fu un errore ma un comprensibile errore: non bisognava necessariamente essere in stato di ebbrezza per commettere una simile svista all'imbrunire. La Strada Vecchia, dove il comune di Grayling non faceva più lavori di manutenzione, avrebbe dovuto essere stata ufficialmente chiusa: STRADA DISMESSA. Centoventi ettari di terreno paludoso erano diventati la Riserva di specie protette di Grayling Island grazie a un finanziamento federale. C'erano uccelli come i falaropi, i caprimulghi, i rondoni, anatre di ogni genere, aironi bianchi, aironi cenerini, sterne, pivieri, molte varietà di picchi, tordi, traupidi, oltre a più comuni uccelli della regione nord-orientale. Vi crescevano piante da palude come tife, uniole, falaschi, pontederie, decine di varietà di canne e giunchi, ariseme, gigli e tageti di palude, sagittarie, calle d'acqua. E animali come... Kelly Kelleher dando una scorsa a un depliant turistico a casa di Buffy, aveva appreso dell'esistenza della riserva a pochi chilometri di lì, sì, naturalmente, Buffy c'era stata molte volte quand'era bambina durante le vacanze con la famiglia ma negli ultimi anni non c'era più tornata e magari il giorno seguente se Ray ne avesse avuto voglia avrebbero potuto farci un salto in macchina, era un posto bellissimo, sempre che il giorno dopo non avessero avuto i postumi di una sbronza sempre che Ray non avesse altri piani sempre che non facesse troppo caldo ma Kelly aveva pensato che, sì, ci sarebbe andata, preferibilmente da sola, ci sarebbe andata senz'altro, prendendo in prestito l'auto di qualcuno o magari se non era troppo lontano la bici di Buffy: una mountain bike nuova di zecca. Sei mai andata su una di queste bici?... No? Provala. Afferrato il manubrio, piedi sui pedali, sollevandosi, prima in piedi, spina dorsale arcuata, natiche in tensione, lunghi capelli ramati frustati dal vento, sorridendo all'infantile piacere di lanciarsi lungo la spiaggia, i larghi pneumatici dalle profonde scanalature che mordevano la crosta di sabbia, che velocità, che felicità, la piccola Lizzie che volava sotto gli occhi di mamma, papà, nonno e nonna, Oh sta' attenta tesoro! attenta! ma lei volava fuori della portata dei loro occhi, della loro voce. Adesso, da Buffy, nel nuovo costume da bagno che le fasciava il corpo snello come un guanto, di tessuto elastico bianco, con vezzosi bottoncini
tondi, una sola spallina, l'invisibile reggiseno a balconcino che spingeva i seni al centro formando un solco ombroso e lei aveva notato lo sguardo di lui che inconsciamente vi si posava, aveva visto il suo sguardo disinvoltamente sfiorarle le caviglie le gambe le cosce il seno le spalle nude sulle quali aveva posato un copricostume giallo narciso fatto all'uncinetto per pudore o forse per quella sua vecchia timidezza nell'esporre il proprio corpo così diversa da Buffy col suo lucente bikini nero le sue unghie kitschtentatrici verde brillante, il suo buffo codino, abbastanza sfacciata e sicura di sé da darsi manate sulle cosce in presenza di Ray esclamando: Cellulite! ecco cos'è: cellulite! Cazzo, sono troppo giovane per avere la cellulite! E tutti avevano riso. Lui aveva riso. Buffy St. John che era così bella. Così sicura di sé con la sua pelle calda e lucida di olio solare. Sin da quand'era matricola alla Brown Kelly aveva preso l'abitudine di mangiare pochissimo per autodisciplinarsi per non sentirsi gonfia durante il periodo mestruale e, dopo G..., per punirsi di aver amato un uomo più di quanto costui sembrasse aver amato lei, ma da un anno a questa parte aveva deciso di fare una vita sana, di essere normale, imponendosi di fare pasti regolari, e aveva ripreso cinque dei dieci chili che aveva perso, aveva dormito senza tranquillanti e senza neppure il bicchiere di vino rosso che era diventato un rito prima del sonno in quei tre mesi in cui lei e G... avevano di fatto abitato insieme: nemmeno quello. E così aveva riacquistato salute, normalità. Era una perfetta ragazza americana. Presentati sempre al meglio e dai tutto di te. Pur evitando la casa di Gowanda Heights. Sentendosi in colpa perché la madre si preoccupava per lei, perché lei litigava col padre, quelle liti «politiche» che in realtà vertevano sullo scarso rispetto dell'autorità paterna, ma i loro rapporti adesso funzionavano e Kelly ora stava bene e cautamente evitava certi vecchi amici quegli idealisti amareggiati i proabortisti arrabbiati e persino il signor Spader che dopo il suo ultimo divorzio (il terzo) girava con la barba di tre giorni, panciuto, spelacchiato, il faccione rubicondo da bimbetto sessantenne con un sorriso cascante e inebetito, e lei che aveva provato un grande imbarazzo quel giorno in ufficio quando aveva sentito il suo sguardo su di sé, e il respiro rauco, e aveva visto i ciuffi di pelo che sbucavano dalle orecchie e dalle narici come paglietta di ferro povero Carl Spader un tempo una personalità dei media un giovane collaboratore bianco di Martin Luther King e di John F. Kennedy adesso ridotto in quello squallido ufficetto ricavato da un vecchio negozio in Brimmer
Street a gestire il Citizens' Inquiry con una diffusione di 35-40.000 copie quando nel momento di massimo fulgore, nel 1969, aveva venduto 95100.000 copie in concorrenza col New Republic ma mai affrontare con Carl Spader l'argomento New Republic dove lui di fatto aveva lavorato per svariati anni dopo la laurea! mai dare a Carl Spader lo spunto per lanciarsi sull'argomento del conservatorismo imperante ai giorni nostri, il crepacuore, la tragedia, il crollo della visione Kennedy-Johnson, la crisi dello spirito americano... mai sollevare l'argomento... Kelly fu cauta nel rispondere alle domande del Senatore sul suo vecchio amico Spader, lei non era una che spettegolasse volentieri, né una che sfruttasse le disgrazie altrui per far conversazione, per principio riteneva che non si dovesse mai dire di una persona cose che non si sarebbero potute dire in presenza dell'interessato. Il Senatore diverse volte portò il discorso su Carl Spader che, a sua detta, non vedeva da anni. Nella voce del Senatore c'era una nota di rimpianto e di vaga condanna al tempo stesso. Ma sì certo che leggeva il Citizens' Inquiry... era ovvio. Il suo ufficio di Washington aveva un abbonamento. Naturalmente. Aveva chiesto a Kelly quale incarico avesse in quel periodico e lei glielo aveva spiegato accennando a un suo recente articolo «L'ignominia della pena di morte in America» e il Senatore aveva detto sì, certo, sì aveva letto quel pezzo, gli pareva d'averlo letto, lo aveva colpito molto. E intanto, sulla fantastica nuova bici di Buffy, aveva sentito i suoi occhi su di sé. La politica, il negoziato del potere. L'eros, il negoziato del potere. Le aveva afferrato le spalle nude sotto il copricostume all'uncinetto con le sue dita forti e l'aveva baciata sulla bocca mentre il vento soffiava carezzevole, come qualcosa di palpabile che li avvolgeva entrambi, unendoli. Avevano passeggiato tra le dune dietro la casa dei St. John, i gabbiani che sfrecciavano bianchi sulle loro teste, con ali fendenti come coltelli, becchi rapaci, stridii selvaggi. Il ribollente infrangersi delle onde. Il ritmico sciacquio delle onde. Lo aveva sentito nell'insonne notte precedente, con le risa e i suoni soffocati dell'amore provenienti dalla stanza di Buffy e Ray, e sotto i rumori umani il pulsare delle onde, il montare della marea, la marea della luna, una marea nel suo sangue, la pressione quasi insopportabile del desiderio del maschio e così era sottinteso tra di loro che lui l'avrebbe baciata ancora e la decisione apparentemente impulsiva di Kelly di andare con lui a prendere il ferry invece di passare la notte del 4 luglio da Buffy come convenuto era una pubblica ammissione di questo fatto.
Lei era quella che lui aveva scelto. Quella sull'auto lanciata ad alta velocità. La passeggera. Non essere timido Scorpione, povero sciocco Scorpione, i tuoi astri assicurano un periodo PAZZAMENTE romantico. Imponi i tuoi desideri, una volta tanto. Così avrebbe fatto e così fece. Era lei la prescelta. 14. Sentiva ancora il tepore birroso e la pressione della bocca del Senatore sulla sua. La lingua che esplorava con vigore. Lo sentiva ancora mentre la strada ignota spariva sotto la Toyota. Con un sorriso ironico al pensiero dei tanti baci dal sapore di birra, di vino, di alcol, di tabacco, di erba. Le tante lingue esploranti. Sono pronta? Dalla macchina in volo aveva fissato la luna. Stranamente piatta e brillante. Avresti detto che era illuminata dall'interno e non da semplice luce riflessa ma avresti sbagliato perché pensare, ragionare, calcolare solo di testa tua non è abbastanza: povero Scorpione. Naturalmente Kelly Kelleher non credeva in cose cretine come gli oroscopi, come l'astrologia. Nel profondo del cuore sebbene prestasse opera di volontaria presso la National Literacy Foundation of America provava un certo disprezzo per gli ignoranti, non solo i neri s'intende (sebbene tutti i suoi allievi fossero neri) ma anche i bianchi e chiunque altro: uomini e donne lasciati indietro dal crudele processo di civilizzazione, gente la cui limitata intelligenza non poteva afferrare appieno certi fatti della vita, senza dubbio Artie Kelleher e Ham Hunt e tutti i conservatori d'America erano convinti che fosse un'impresa futile e quindi tanto valeva salvare la propria pellaccia bianca ma Kelly Kelleher respingeva rabbiosamente quell'egoismo, non aveva forse messo per iscritto una vergognosa dichiarazione diretta ai suoi genitori battuta sul computer all'università e attentamente revisionata e firmata col nome anagrafico «Elizabeth Anne Kelleher» e spedita alla residenza dei Kelleher a Gowanda Heights, New York, come parziale spiegazione della ragione per cui quell'anno non sarebbe andata a trovarli per il Giorno del Ringraziamento preferendo invece andare a Old Lyme con la compagna di stanza: Vi amerò sempre mamma e papà ma mi sono resa conto che per nulla al mondo vorrei vivere una vita come la vostra, vi prego di perdonarmi! All'epoca Kelly aveva diciannove anni.
La cosa strana era che i genitori l'avevano perdonata. Il Senatore era della stessa classe sociale dei Kelleher, anche lui era stato nel collegio Andover proprio poco dopo che Artie Kelleher si era diplomato, poi era stato a Harvard sia per il primo livello di studi universitari sia per la laurea in legge e Arthur Kelleher aveva studiato a Amherst e poi a Columbia e con tutta probabilità il Senatore e i Kelleher avevano molte conoscenze in comune ma quel giorno nella loro conversazione tortuosa saltellante nervosa né il Senatore né Kelly Kelleher avevano approfondito quell'argomento. Lei sapeva che il Senatore aveva dei figli della sua età - un figlio? - un figlio e una figlia? - ma nessuno dei due ne aveva parlato naturalmente. Lei sapeva che il Senatore era separato dalla moglie con cui era stato sposato per circa trent'anni e a questo fatto il Senatore accennò, o alluse, molto concisamente. Dicendo con un sorriso: sono solo questo fine settimana, mia moglie ha invitato i suoi parenti nella nostra casa di Cape Cod... lasciando poi cadere l'argomento. Il sapore delle labbra sulle sue. E quel giorno stesso, nel pomeriggio, quando Kelly era seduta al tavolo da picnic lontana dagli altri col capo poggiato sulle braccia insonnolita e stordita dal sole e in preda a una lieve nausea (ma perché beveva? visto che su di lei gli effetti dell'alcol erano così imprevedibili? era solo per far parte del gruppo come all'università? era solo per dar l'impressione di appartenere al gruppo, come all'università?) quando qualcuno le si era avvicinato in silenzio, e lei aveva visto sotto le ciglia che la persona era scalza, un uomo dai grandi piedi bianchi solcati da vene, con unghie contorte, e qualcosa aveva sfiorato la sua spalla nuda con un tocco lievissimo, un tocco che l'aveva fatta sussultare come una scossa elettrica quando si era resa conto che era la lingua di lui sulla pelle... la lingua umida calda e morbida sulla sua pelle nuda. Allora aveva alzato gli occhi sul suo volto. I suoi occhi. La sclera vagamente giallognola come per la stanchezza, solcata di venuzze, ma le pupille di un azzurro intenso. Come vetro colorato con niente dietro. E tra di loro non era stata scambiata neppure una parola per quello che era sembrato un tempo molto lungo sebbene le labbra di Kelly si muovessero nel tentativo di sorridere o di formulare una battutina infantile per rompere l'incantesimo. Sai di essere la nostra cara bambina, oh sì!
Questo ricordava mentre sfrecciavano nella zona desolata a sud-est del pontile di Brockden mentre l'oscurità s'infittiva e tutto faceva pensare (almeno secondo Kelly) che non sarebbero arrivati in tempo per il ferry delle 20.20. La zona era fitta di zanzare e punteggiata di lucciole e alcune bionde canne dalla cima a pennacchio assumevano dimensioni grottesche ondeggiando grevi nel vento, come grottesche figure umane senza volto che a lei davano i brividi. Mentre faceva osservare al Senatore quanto strano fosse che tanti alberi sembrassero morti... erano morti?... tronchi isolati che emergevano nella foschia del crepuscolo, privi di foglie, di rami, coperti di grigia corteccia liscia e rilucente come un vecchio tessuto cicatriziale. «Spero che non sia l'inquinamento a uccidere questi alberi.» Il Senatore, ingobbito sul volante, la fronte aggrottata, il piede schiacciato sull'acceleratore, non rispose. Non le aveva rivolto la parola, stava pensando Kelly, sin da quando avevano imboccato quella maledetta strada. Dopo G..., quando la storia era finalmente terminata, Kelly Kelleher non aveva più fatto l'amore con un uomo. Dopo G..., quando lei avrebbe voluto morire, non aveva più toccato un uomo con desiderio. Neppure con la pretesa del desiderio. Sono pronta? pronta? pronta? - una vocina sbeffeggiante. Ovunque risuonavano stridii di insetti notturni in una frenesia procreatoria. Un brusio furibondo, quasi assordante - e lei rabbrividì nell'udirlo. Quanti erano. Come si può immaginare che Dio ne abbia creati così tanti. I loro stridii frenetici come se già a mezza estate sentissero l'imminente e inevitabile diminuire del calore, l'accorciarsi delle giornate, l'avvicinarsi del freddo, le loro piccole morti in agguato nel futuro e Kelly Kelleher con un groppo alla gola adesso rimpiangeva di non aver portato un drink per sé e pensava: Sono pronta? Simile a uno specchio infranto e scaraventato intorno a loro, la palude si stendeva per chilometri. Kelly pensava che avessero perso la strada ma esitava a dirlo per paura di irritare il Senatore. Sono pronta?... è un'avventura. Nell'auto sobbalzante sembravano al riparo da qualsiasi pericolo, figuriamoci poi da un incidente d'auto, poiché il Senatore guidava in un modo che si sarebbe potuto definire imprudente, e forse si sarebbe potuto dire che l'alcol aveva offuscato le sue reazioni ma non certo la sua perizia di conducente perché era un bravo pilota e manovrava la piccola vettura co-
me per istinto e anche con un'aria di regale disinvoltura, o così pareva a Kelly, e sebbene si fossero perduti, sebbene avessero poche probabilità di prendere il traghetto delle 20.20, lei aveva il privilegio di trovarsi lì e nulla di male le sarebbe accaduto, come a una giovane principessa in una fiaba iniziata da poco tempo ma che forse non sarebbe finita ancora per un po', chissà. La piatta luna rilucente, le scintillanti chiazze d'acqua simili a frammenti di specchio. Il ritmo sincopato di una musica alla radio e il ritmico infrangersi delle onde ormai fuori della portata dell'udito, che Kelly tuttavia immaginava di sentire socchiudendo gli occhi e afferrando la cintura alla spalla con tanta forza da far sbiancare le nocche. Alzando la voce ma in modo discreto: «Credo che ci siamo perduti, Senatore.» Il termine "Senatore" lievemente ironico, scherzoso. Una sorta di carezza. Lui le aveva detto di chiamarlo col nome di battesimo - il diminutivo naturalmente. Ma chissà perché Kelly non se la sentiva ancora. Quanta intimità, lì insieme in quell'auto sobbalzante e slittante. L'acre odore inebriante dell'alcol tra di loro. Baci birrosi, quella lingua abbastanza spessa da soffocarti. Qui accanto a lei c'era una persona immune da tutto: lui, uno dei potenti della terra, un uomo virile, un senatore degli Stati Uniti, un volto famoso e un passato tortuoso, un uomo la cui sorte non era solo di subire la storia ma di guidarla, controllarla, manipolarla ai suoi fini. Era un democratico progressista vecchio stile, un frutto degli anni Sessanta, un uomo della Great Society con una dedizione ostinata e zelante alle riforme sociali apparentemente non amareggiato né scoraggiato e neppure molto sorpreso di fronte all'opposizione suscitata dalle sue idee umanitarie nell'America di fine secolo poiché la sua vita era la politica, sai cos'è la politica alla fin fine: l'arte del compromesso. Può il compromesso essere un'arte?... sì, ma un'arte minore. Kelly aveva creduto che il Senatore non l'avesse sentita ma poi lui aveva detto, con un gorgoglio poco divertito come se si stesse schiarendo la gola: «È una scorciatoia, Kelly.» Lentamente, come se si fosse rivolto a un bambino molto piccolo o a una ragazza ubriaca. «Si può andare solo in una direzione e non è possibile perdersi.» Proprio prima che l'auto schizzasse fuori strada.
15. Sentì quell'«Ehi» mentre l'auto finiva contro il guardrail slittando di lato, il fianco posteriore destro che girava come in una giostra demoniaca e la sua testa urtava contro il parabrezza, una nebbia rossa lampeggiante sugli occhi ma lei non riusciva a trovare il fiato per urlare mentre la velocità dell'auto li proiettava verso un argine basso ma scosceso, un furioso ticchettio contro l'auto come se si fossero spezzati dei rami secchi, e tuttavia lei non trovò il fiato per gridare mentre l'auto s'inabissava in quello che sembrava un pozzo, una polla, acqua stagnante delle paludi che immaginavi fosse alta solo poche spanne ma l'acqua nera mulinava aggressiva e viva tutt'attorno risucchiandoli verso il fondo, l'auto affondava su un fianco, e Kelly era accecata, il Senatore le cadde addosso urtandola con la testa e per quanto tempo i due si divincolarono insieme, storditi, disperati, terrorizzati da eventi al di là del loro controllo e anche della loro comprensione, con un solo pensiero: Non sta succedendo davvero, non posso morire così, quanti secondi o minuti prima che il Senatore gemendo «Oh Dio. Oh Dio» artigliasse tremando la cintura di sicurezza riuscendo a districarsi con forza dal sedile dietro il volante contorto e con frenetica energia si spingesse oltre la portiera, aprendola nonostante la pressione dell'acqua nera e della gravità, quella portiera che stranamente era dove non doveva essere, sopra di lui, sopra le loro teste, come se la terra stessa si fosse follemente inclinata sull'asse e il cielo ora invisibile si fosse perso nella nera melma sottostante... quanto tempo fosse passato Kelly Kelleher, nel suo terrore e nella sua confusione, non avrebbe saputo dirlo. Lottava per sottrarsi alle acque, afferrava il braccio muscoloso di un uomo che la respingeva, si attaccava ai calzoni, al piede, quel piede calzato da mocassini di tela con suole di gomma che premeva greve contro un lato della sua testa, la tempia sinistra, e così adesso lei riuscì a lanciare un grido di dolore afferrandosi freneticamente con le unghie spezzate alla gamba di lui, poi alla caviglia, al piede, alla scarpa, quella scarpa di tela con la suola di gomma che le rimase in mano mentre lei, intrappolata nell'auto, gridava supplicando: «Non lasciarmi!... aiutami! Aspettami!» Senza avere ancora un nome con cui chiamarlo mentre l'acqua nera la aggrediva riempiendole i polmoni. Parte Seconda
16. Se ne era andato ma sarebbe tornato per salvarla. Se ne era andato raggiungendo a nuoto la riva per cercare aiuto... oppure giaceva tra le erbacce della sponda vomitando acqua in conati disperati cercando di ritrovare il fiato e di raccogliere le forze e il virile coraggio necessari per rituffarsi nell'acqua nera sino all'auto sommersa impotente come uno scarafaggio ribaltato e in precario equilibrio su un fianco nel fango viscido del fondo dove la sua passeggera intrappolata e terrorizzata aspettava di essere tratta in salvo, aspettava che lui tornasse ad aprire la portiera per tirarla fuori e salvarla: era così che sarebbero andate le cose? Sono qui. Sono qui. Qui. 17. Quel giorno, per il fine settimana del 4 luglio in casa di Buffy St. John, per tutto il pomeriggio e anche nella prima serata continuarono ad arrivare gli invitati, alcuni dei quali erano degli sconosciuti per Kelly Kelleher la quale tuttavia conosceva Ray Annick e Felicia Ch'en una nuova amica di Buffy lucida chioma nera e straordinaria bellezza che aveva una laurea in matematica e scriveva di scienza per il Boston Globe e Ed Murphy l'economista della Boston University che faceva il consulente di una finanziaria e Stacey Miles naturalmente che aveva alloggiato nel suo stesso dormitorio alla Brown e Randy Post l'architetto con cui Stacey conviveva e c'era anche un certo Fritz ex-amante di Buffy di cui lei era rimasta amica e che di fatto aveva qualche volta invitato Kelly a cena fuori, in tutta amicizia e disinvoltura, e Kelly aveva dedotto che volesse fare l'amore con lei per una sorta di rivalsa contro Buffy alla quale comunque non sarebbe importato assolutamente nulla, e poi c'era quel nero color caffelatte alto spalle larghe semipelato sui trentacinque anni che insegnava al MIT una persona che Kelly aveva già incontrato da qualche parte, il suo nome di battesimo era insolito, esotico, forse Lucius - era di Trinidad e non nordamericano e Kelly ricordava che le era piaciuto e sapeva di essergli piaciuta, e Kelly si sentiva rassicurata da quelle presenze, perché la prospettiva del fine settimana la spaventava visto che si muoveva sempre più a disagio in quel tipo di feste dove tutto quel bere tutta quella conversazione brillante tutta quell'allegria tutti quegli espliciti approcci sessuali la facevano sentire un pesce fuor d'acqua, era vulnerabile come se dai tempi di G... fosse stata scorticata
e se gli uomini la guardavano lei si sentiva raggelare le mascelle si stringevano e il sangue pulsava di paura e se gli uomini non la guardavano, se i loro sguardi le passavano accanto come se fosse invisibile, lei si sentiva ancora più spaventata, convinta di essere una frana non solo come donna ma come essere umano. Ma c'era Lucius. Un ricercatore nel campo della fisica del plasma. Abbonato al Citizens' Inquiry e ammiratore di Carl Spader, o di quello che sapeva di Carl Spader. C'era Lucius e Kelly era felice della sua presenza, e se poco dopo le due del pomeriggio una Toyota nera non fosse arrivata sul viale della casa di Buffy, accompagnata da mormoni: È lui?... davvero?... Gesù! i due avrebbero potuto, col tempo, diventare buoni amici. 18. Non credeva nell'astrologia, negli ammonimenti affannosi e negli incoraggiamenti sempliciotti degli oroscopi da periodico, né credeva nel Dio anglicano alla cui fede - in Chi? per Chi? - era stata confermata molto tempo fa. Nonno Ross quando stava morendo la carne che si raggrinzava sulle ossa ma lo sguardo vigile come sempre pieno di amore per lei che chiamava non Kelly ma Lizzie, la sua prediletta dei sette nipoti cui aveva fatto da guida nel mondo le aveva detto con l'aria di comunicarle un pesante segreto: Ciò che fai della tua vita, l'amore che vi riversi... quello è Dio. 19. Era sola. Prima c'era anche lui, e adesso era sparito lasciandola sola ma lui è andato a chiedere aiuto naturalmente. Sconvolta senza sapere in un primo momento dove si trovasse, cosa fosse questo spazio angusto e immobilizzante, questa oscurità, senza sapere che cosa fosse successo perché tutto si era verificato così in fretta come una scena offuscata dalla velocità, intravista da un finestrino oscurato, e i suoi occhi erano velati di sangue e i suoi occhi erano sbarrati e ciechi, il capo le pulsava violentemente dove l'osso si era incrinato, sapeva che l'osso era incrinato ed era convinta che attraverso quella frattura sarebbe entrata l'acqua nera a estinguere la sua vita a meno che non trovasse un modo di liberarsi, ma certo che lui tornerà per aiutarmi.
In effetti lui la stava confortando, le sorrideva, e le sfiorava la spalla con dita premurose. Non dubitare di me, Kelly. Mai. Sapeva il suo nome, l'aveva chiamata per nome. L'aveva guardata con affetto e così lei poteva stare tranquilla. Era un amico. Non lo conosceva bene ma era un amico, di questo era certa. Tra un attimo si sarebbe ricordata il suo nome. Era un'auto che la intrappolava, era incastrata chissà come sul sedile anteriore di un'auto ma lo spazio era molto angusto perché il tettuccio e il cruscotto e la portiera al suo fianco si erano ripiegati all'interno inchiodandole le gambe e schiacciandole la rotula come in una morsa e le costole da quel lato erano rotte ma il dolore sembrava sospeso come un pensiero non ancora compiutamente formato, in pratica nessuna sensazione, per questo lei era certa che se la sarebbe cavata se solo avesse potuto sollevare la testa al di sopra dell'acqua nera che puzzava di fogna ed era fredda, più fredda di quanto si sarebbe potuto immaginare in una tiepida notte di mezza estate. Sarebbe riuscita a respirare pur inghiottendo acqua, c'era un modo per farlo, espellendo acqua dal naso, scuotendo il capo a destra e a sinistra e poi inclinandosi all'indietro per quanto glielo consentivano le sue forze, il più lontano possibile dalla porta ammaccata, forse la spalla sinistra era rotta, per il momento non doveva pensarci perché se ne sarebbero occupati in ospedale, erano riusciti a salvare la sua amica una volta, una compagna di scuola di cui non ricordava il nome ma sapeva solo di non essere lei, e strillava Aiuto, aiuto!... Sono qui - confusa perché non capiva dove era l'alto, dove era il cielo - lui si era divincolato disperatamente facendo leva su di lei per uscire dalla portiera, in alto, dove non doveva esserci nessuna portiera, forzandola nonostante il peso che la teneva inchiodata e manovrando la sua corporatura massiccia nello spazio che sembrava appena sufficiente a far passare Kelly Kelleher ma lui era forte scalciava e si dimenava freneticamente come un grosso pesce impazzito che sapeva d'istinto come salvarsi. E cosa le era restato di lui, mio Dio, quale era il premio che stringevano le sue stupide dita, le unghie spezzate che si era premurata di laccare la sera precedente, usando lo smalto di Buffy, cosa le era rimasto per l'amor di Dio... una scarpa? Una scarpa vuota? Ma no: c'è solo una direzione, e da quella direzione lui sarebbe tornato
da lei. Ne era certa. Tranne che lei sapeva anche che l'auto sommersa, quanto sotto la superficie non era in grado di calcolarlo, forse erano solo pochi centimetri, con quella parte del cervello che era rimasta pragmatica e impietosa lei sapeva che sebbene all'interno ci fosse ancora dell'aria, una bolla, o alcune bolle, l'auto si sarebbe riempita per gradi, non poteva essere altrimenti, smilzi rivoli d'acqua sarebbero penetrati da miriadi di fori, fessure, incrinature come la ragnatela del parabrezza, e pian piano il livello sarebbe salito, inevitabilmente, sino a che l'auto si sarebbe riempita del tutto, aveva sentito di vittime di incidenti d'auto che erano sopravvissute addirittura cinque ore prima di essere tratte in salvo e anche lei si sarebbe salvata se fosse stata paziente se non avesse ceduto al panico ma pian piano la nera acqua sporca sarebbe salita sino a riempirle la bocca, la gola, i polmoni e sebbene non potesse vederla la sentiva frusciare, sgocciolare, colare, oltre il dolore al capo, il rombo nelle orecchie, gli accessi di tosse che la assalivano quando si sforzava di sputare quella melma nerastra. Ma lui non le aveva forse promesso?... sì. Ma lui non l'aveva forse abbracciata, baciata?... sì. Non aveva frugato nella sua bocca secca e impaurita con la sua enorme lingua?... sì. Nessun dolore! nessun dolore! giurò che non sentiva dolore, che non avrebbe ceduto al dolore, l'avevano tanto lodata la piccola coraggiosa 'Lizabeth quando aveva avuto l'occhio bendato e quello era il suo io più vero, l'avrebbe capito anche lui, non appena l'avesse liberata da quella trappola si sarebbe salvata da sola, era una buona nuotatrice. Sono qui. 20. Due volte la settimana, il martedì e il giovedì estate compresa, Kelly Kelleher, nella sua Mazda di seconda mano, compiva il faticoso percorso dal suo condominio dietro a Beacon Hill, Boston, a Roxbury, dove in un centro sociale poco arieggiato insegnava, o cercava con tutta la buona volontà di insegnare a leggere a neri adulti analfabeti. Le lezioni iniziavano alle 19 e finivano, talvolta trascinandosi in modo inconcludente, alle 20.30. Quando le chiedevano che progressi stessero facendo i suoi studenti Kelly rispondeva con un sorriso: «Qualcosina!» Kelly prestava solo da pochi mesi la sua opera di volontaria nel pro-
gramma della National Literacy Foundation of America ed era entusiasta e zelante in quel che faceva... ma con un tocco di moralismo bigotto, una condiscendenza caucasica mista a una vera paura viscerale dei pericoli fisici che correva, vulnerabile com'era con la sua pelle bianca, non all'interno del centro ma nelle vie circostanti, nella squallida Roxbury e lungo la tangenziale disseminata di spazzatura. Questa ambivalenza pervadeva a tal segno la sua esperienza a Roxbury che non ne aveva ancora parlato ai genitori, e di rado vi accennava con gli amici. Non ne aveva fatto parola neppure col Senatore nel corso delle loro svariate conversazioni quel giorno da Buffy... senza sapere esattamente perché... forse sperando di non sembrare quel tipo di volontaria zelante con cui il Senatore, come qualsiasi altro politico di successo, aveva una sprezzante dimestichezza, ma tutt'altra persona. Cos'è un volontario, specie se di sesso femminile? Qualcuno che sa di non poter vendere i suoi talenti. E l'acqua nera filtrava in quello spazio che la racchiudeva come un utero. Ma Buffy era stata carina a darle la camera della sorellina come la chiamavano, quella all'angolo sud-est del cottage con cinque stanze da letto in Derry Road, quante volte Kelly Kelleher era stata ospite lì, una stanza con un verginale letto di ottone e organza bianca e sobri mobili in stile Shaker e a terra pezzotti e quella carta da parati a fiori in cui predominavano le tonalità fragola così simile alla camera preferita di nonna Ross nella grande e vecchia casa di Greenwich, e con dita tremanti Kelly si era lavata il viso accaldato, si era sciacquata gli occhi abbagliati dal sole, si era spazzolata i capelli con colpi rapidi e decisi sorridendo a se stessa nello specchio del bagno e pensando: È pazzesco, non può succedere. E invece sì. Kelly Kelleher era la prescelta. In un primo momento il Senatore aveva parlato in generale, rivolgendosi a tutti. Alto, spalle larghe, veemente e animato per il piacere di trovarsi dov'era, in quel luogo, nella splendida Grayling Island di cui non sapeva praticamente nulla, era stato di rado nel Maine perché di solito passavano l'estate al Cape, nella villa di famiglia, ben decisi a ignorare quanto fosse
cambiato negli anni il Cape. Ma così affollato, pieno di case... «Alcuni fatti della vita, le cose che ti sono più vicine, talvolta non le vuoi proprio vedere.» Ma il tono del Senatore era esuberante, socievole. Era un'occasione allegra, un gruppo di persone giovani e attraenti, e lui aveva l'aria di un uomo deciso a divertirsi. Lui e Ray Annick: i due uomini maturi, entrambi decisi a divertirsi. In effetti, la prima cosa che fece il Senatore dopo aver salutato la padrona di casa fu di trascinare Ray Annick in un angolo per confabulare con lui senza farsi sentire dagli altri; poi chiese a Buffy se poteva darsi una rinfrescata, usare il rasoio di Ray... non si era fatto la barba dalle sei di quella mattina a Washington, disse. Si tolse la camicia bianca a maniche lunghe troppo formale per l'occasione e indossò una polo blu a maniche corte, tese sui bicipiti carnosi. Nella V del colletto, un ciuffo di peli grigio acciaio. Indossava calzoni chiari di tela a righine. Quel gualcito e fresco look estivo. E mocassini di tela beige con suola di gomma della L.L. Bean. E poi vennero serviti drink sulla terrazza ventilata, molte voci che si levavano simultaneamente, e il Senatore disinvolto, cordiale, spontaneo in mezzo a loro sebbene qualcosa nel suo portamento, nel modo attento di parlare, nella moderazione del tono suggerisse: Mi rendo conto che state memorizzando quello che dico, ma non siatemi ostili per questo, mentre loro parlavano delle recenti e vergognose decisioni della Corte Suprema, dell'ideologia delle società ricche che sanzionava egoismi e crudeltà, dell'erosione sistematica delle conquiste del movimento per i diritti civili, del giudice Thurgood Marshall che era andato in pensione, la fine di un'epoca. Il Senatore sospirò, fece una smorfia, parve sul punto di aggiungere qualcos'altro, poi cambiò idea. Da Buffy c'erano sempre distrazioni. L'arrivo di nuovi ospiti, la prospettiva di un torneo di tennis improvvisato. Strinse la mano minuta di Kelly Kelleher, strizzandola. «Kelly, vero? Callie? Kelly.» Lei aveva sorriso. Le piaceva il suono del suo nomignolo da scolaretta sulle labbra di un senatore degli Stati Uniti. Non era per niente come lo immaginavo, si è rivelato davvero cordiale, davvero simpatico, per niente spocchioso... Sceglieva le parole esatte che avrebbero espresso quel ricordo nella sua
memoria, nel racconto da fare agli amici, forse anche al signor Spader che aveva conosciuto il Senatore anni prima ma non lo vedeva più da un pezzo. Così gentile, autenticamente disponibile, interessato a noi e a quello che pensavamo della sua proposta al Senato, dell'assistenza sanitaria, delle riforme dell'assistenza pubblica, sì ed è anche un uomo con una sua visione, non credo sia esagerato dire che... Quante importante fare le prove generali del futuro, vestendolo di parole. Senza mai dubitare che sarai ancora vivo per pronunciarle. Senza mai dubitare che sarai tu a raccontare la tua storia. E anche l'incidente, un giorno avrebbe trasformato l'incidente, l'incubo di essere intrappolata in un'auto sommersa, la morte per annegamento, così vicina, il salvataggio. Era orribile... spaventoso. Ero bloccata e l'acqua filtrava all'interno e lui era andato a cercare aiuto e per fortuna nell'auto c'era aria, avevamo chiuso i finestrini per via dell'aria condizionata, sì lo so è un miracolo se credi nei miracoli. 21. L'acne può venire in qualsiasi momento non solo nell'adolescenza! All'interno dei pori vengono prodotte cellule in eccesso che si accumulano e bloccano la fuoriuscita del sebo favorendo il proliferare di batteri. Questo porta alla formazione di punti neri che nei casi più gravi di acne si incistano. Si raccomanda l'uso di PEROSSIDO DI BENZOILE per la sua azione antibatterica e di ACIDO SALICILICO per pulire e liberare i pori. Si raccomanda l'uso di una base coprente tendente al verde per neutralizzare le zone arrossate, seguita da un fondotinta leggero e trasparente e da un velo di cipria. Non applicare MAI il fondotinta direttamente sulle pustole perché potrebbe provocare infezioni. Voglio che lui lo faccia. I suoi occhi, le sue mani. La sua bocca... Devo smettere di fissarlo. I capelli di lei, i suoi occhi, le sue labbra... Che cos'è questo profumo? Un costume di tessuto elastico bianco con bottoncini tondi che danno un
tocco da biancheria intima. Una sola spallina e molto sgambato per una abbronzatura dorata e quasi INTEGRALE. Un copricostume giallo narciso di cotone leggero da indossare tutta l'estate con sciarpe di chiffon, i jeans, o il costume da bagno: elegante, versatile e SEXY. ATTENZIONE: i raggi ultravioletti, l'acqua salata e il phon troppo caldo sono i grandi nemici di una BELLA CAPIGLIATURA. ATTENZIONE: Più di 100.000 donne americane sono sieropositive. ATTENZIONE: State alla larga dalle scuole poco serie per modelle che promettono ingaggi entro dodici mesi. ATTENZIONE: Profumi, lacche per capelli e schiume contenenti alcol possono rovinare irreparabilmente indumenti di seta e di fibre sintetiche. Spruzzatevi prima di vestirvi o proteggete le spalle con un asciugamano. IL MISTERO DELLO SCORPIONE. Plutone, dio dell'oltretomba, originariamente NON era un uomo bensì una donna, figlia di Rea, la Grande Madre. Plutone è solo una dea mascolinizzata! Si ritiene che con l'avvento della Nuova Era, l'era dell'Acquario, i poteri dello Scorpione da tempo immemorabile soppressi verranno riscoperti e lo Scorpione ascenderà a un nuovo livello... la FENICE RISORTA. 22. Ora lei non urlava più né singhiozzava sapendo che l'ossigeno in quell'oscurità non doveva essere sprecato ma con la gola secca parlava chiaro e forte: sono qui sono qui SONO QUI. Non era isterica. Non era paralizzata dal terrore. Riusciva a sentirlo... da qualche parte sopra di lei. La superficie dell'acqua non era lontana. Lui si muoveva cauto nell'acqua bassa, si tuffava e nuotava per liberarla dalla sua trappola e quindi lei doveva guidarlo: Sono qui sono qui SONO QUI. E intanto l'acqua nera saliva intorno a lei a riempirle i polmoni. E mentre l'acqua nera montava intorno a lei impercettibilmente le parve che quell'acqua gocciolante ruscellante in minuscoli rivoli simili a lacrime sul suo volto fosse il risucchio cieco di centinaia di sanguisughe che avevano attaccato le loro bocche a lei, no era solo acqua, era seduta nell'acqua,
tremando convulsamente in un'acqua che puzzava di fogna, di benzina, di gasolio, della sua stessa urina. Non lasciarmi. Sono qui. Un attimo prima avevano saettato lungo la strada accidentata la luna che luceva sopra di loro e le labbra di lui che premevano forte le sue e un istante dopo stavano lottando per sopravvivere e lui l'aveva colpita con dei calci nella terrorizzata frenesia della fuga ma senza sapere che cosa faceva, era panico cieco, lei lo capiva. Lei capiva. Aveva fiducia. Adesso si ricordava chi era quell'uomo: il Senatore. Aveva sentito la punta delle sue dita sulla spalla nuda, il fiato che sapeva di birra, di alcol... lei non era una cattiva ragazza, avrebbe spiegato perché si era comportata in compagnia del Senatore in modo tale da apparire, o di fatto essere, ovvia, prevedibile, banale. Tuttavia, dòpo che erano stati presentati, dopo che avevano chiacchierato con tanta disinvoltura, scoprendo tanti argomenti di cui parlare, Carl Spader per esempio, il Citizens' Inquiry per esempio, Kelly aveva cambiato idea su quell'uomo. ...davvero cordiale, gentile. Autenticamente interessato al prossimo. E senza dubbio intelligente. Le prove generali del futuro, espresso in parole. Le tue parole. La tua storia. Non devi mai dubitare che ci sarà un futuro. E che senso dell'umorismo! Farlo sorridere, divertirlo... uno stanco uomo di mezza età con un principio di pancetta, capelli grigio acciaio che si andavano diradando alla sommità del cranio, il ginocchio sinistro lussato lo scorso gennaio giocando a squash e così, accidenti, è pane per i denti di Ray Annick sul campo da tennis, l'indiavolato Ray col suo servizio letale, sì fammi ridere divertimi voglio così disperatamente essere allegro e allora a Kelly Kelleher venne l'ispirazione di raccontare la storia (che aveva già raccontato molto tempo prima a Buffy la quale graziosamente fece comunque finta di sentirla per la prima volta) della faida di Gowanda Heights, no era più di una faida era una vera e propria guerra, i proprietari di immobili del paese costretti a schierarsi da una parte o dall'altra e poche storie: o eri favorevole alla «tradizione» delle strade sterrate (che erano sorprendentemente costose: la manutenzione annuale media di ogni singola strada costava almeno 40.000 dollari in più di quelle asfaltate) o eri in favore della «modernizzazione» e in entrambi gli schieramenti la questione suscitava tempestose
passioni ma soprattutto tra i tradizionalisti... come Artie Kelleher che abitava nella Scotch Pine Way, il quale era convinto che la sua proprietà si sarebbe svalutata se la strada fosse stata asfaltata e alle riunioni del comune aveva litigato in modo così furibondo con un vecchio amico dalle idee opposte che la madre di Kelly aveva temuto che gli venisse un infarto. Molte amicizie erano andate in fumo, vicini di casa si erano tolti il saluto, erano volate minacce, almeno un cane era stato avvelenato... e tutto questo per cosa, aveva chiesto ridendo Kelly, per cosa: per delle strade di terra! Il Senatore aveva riso ma insomma, sì, in qualche modo capiva, bisogna conoscere il cuore umano, le piccole cose care al cuore umano, non c'è niente che non sia politica come aveva detto Thomas Mann per quanto meschino egoista ignorante possa apparire a un osservatore neutrale questo niente, forse Kelly era troppo giovane per capire. «Giovane? Non sono affatto giovane. Non mi sento per niente giovane.» Parole improvvise e aggressive, e piuttosto aggressiva anche la sua risata tanto che gli altri la guardarono; lui la guardò. Era decisa a non dire Senatore ho scritto una tesina su di lei a meno che quella dichiarazione non avesse un tono estremamente disinvolto, divertente. 23. Si stava sollevando facendo leva sul volante. Tremava per lo sforzo, gemendo come un bimbo malato e spaventato. Come un bimbo che supplica Aiutami. Non dimenticarmi. Sono qui. Quanti minuti erano passati da quando la macchina era uscita di strada? un quarto d'ora? - non riusciva a valutarlo perché non sempre era stata cosciente riscuotendosi d'un tratto terrorizzata mentre qualcosa di viscido le strisciava sul volto, sul collo, inondandole i capelli, non un serpente né qualcosa di veramente vivo ma una spirale di acqua nera filtrata quando l'auto che evidentemente era in equilibrio precario su un fianco si era spostata sotto la pressione della corrente fino a capovolgersi del tutto. E ora era intrappolata qui, senza sapere dove fosse qui, senza sapere quanto fosse lontano lui, a testa in giù nel buio totale che si divincolava e ansava nel tentativo di liberarsi cercando di afferrare - cosa? - il volante... le dita irrigidite strette sul volante rotto per usarlo come leva come aveva fatto lui quando era uscito.
Il volante le diede almeno un'idea della sua posizione. Pur non riuscendo a vedere poteva tuttavia fare dei calcoli: qual era la distanza dalla portiera che si sarebbe aperta per lei, era sicura che si sarebbe aperta, doveva aprirsi per lei come si era aperta per lui, rifiutandosi di pensare che forse la portiera era stata spalancata in parte dall'urto contro il guardrail per venir poi richiusa dalla forza della corrente, l'acqua mulinante che lei non vedeva ma avvertiva, udiva, annusava, percepiva con ogni suo poro: il nemico, ecco cos'era: un predatore, ecco cos'era: la sua Morte. Non voleva pensare. Non voleva ammettere. Non sei un'ottimista, sei morta. Stava dicendo alla madre che lei era una brava ragazza ma la madre sembrava non sentirla, parlava in fretta, come se fosse imbarazzata, i suoi pensosi occhi grigi che a Kelly erano sempre parsi molto belli erano fissi in un punto oltre la sua spalla, «quel tipo di amore è solo una» - Kelly non riusciva a sentire ma le parve che potesse essere qualcosa come una febbre nel sangue - «non dura non può durare. Tesoro, non mi ricordo neppure quand'è stata l'ultima volta che tuo padre e io... l'ultima volta... che... che...» - ora procedeva impavida anche se con grande imbarazzo perché questa era la conversazione che avevano avuto, ricordò all'improvviso Kelly, quando lei, che allora aveva sedici anni e faceva il terzo anno delle superiori alla Bronxville Academy, si era innamorata alla follia di un ragazzo e avevano fatto goffamente e tristemente l'amore, la prima volta per lei, e in seguito il ragazzo l'aveva evitata e Kelly avrebbe voluto morire, non riusciva a dormire non riusciva a mangiare non ce l'avrebbe fatta ne era sicura, come una sua compagna di scuola che aveva cercato di suicidarsi ingerendo un intero tubetto di barbiturici seguito da un mezzo litro di whiskey ed era stata portata al pronto soccorso dell'ospedale di Bronxville dove le avevano fatto una lavanda gastrica salvando la sua fragile vita, e Kelly Kelleher in realtà non voleva morire, e piangendo tra le braccia della madre aveva giurato che non voleva morire che in realtà era una brava ragazza, non era una ragazza leggera, non voleva prendere la pillola come le altre ragazze, e la madre la consolava, la madre era lì a consolarla, anche se adesso sembrava non udirla (per via dello scroscio dell'acqua forse, la barriera del parabrezza) sì la madre era lì a consolarla. Mentre l'acqua nera schizzava sulla sua bocca. Tranne che, con un improvviso guizzo di una forza che non avrebbe mai immaginato di avere dopo l'iniziale ottundimento causato dal trauma riuscì
a disincagliarsi in parte da ciò che le imprigionava il ginocchio, e adesso c'era il piede, il piede destro divenuto completamente insensibile, che era sparito dalla sua vista come se non esistesse più e forse era stato tranciato... ma se così fosse sarebbe già morta dissanguata, si disse, era passato tanto tempo ormai. Comunque non riusciva a muovere le dita di quel piede né le sentiva più e persino i concetti fisici di dita, piede si erano annebbiati nella sua mente con tanta rapidità che aveva smesso di pensarci: era un'ottimista. Kelly crede di essere così cinica, così esperta delle cose del mondo ma a noi non la racconta! scherzavano affettuosamente i suoi amici, incapaci di resistere alla tentazione di prenderla in giro per il fiasco di Dukakis, e per la sua ostinata devozione a Carl Spader, che la trattava come una dattilografa, una volta a una festa aveva sentito Jane Freiberg dire a un tizio Sì quella è Kelly Kelleher ora te la presento è una delizia se riesci a superare la sua... e lei si era allontanata in fretta per non sentire il resto della frase di Jane. Che villania, parlare di te mentre sei a portata d'orecchio. Mentre sei ancora viva. Gli amici, poi. Ma come osavano! Kelly?... È bella. Una voce stridula vicino al suo orecchio. Ma non c'era nessuno. Né riusciva a ricordare con precisione il suo nome, sapeva solo che stava affannandosi per raggiungerla, nuotando contro la corrente rapida e agitata, i capelli che fluttuavano come viticci intorno al pallido volto angosciato, le dita tese verso la maniglia della portiera che si sarebbe spalancata per lei se avesse avuto fede se non avesse ceduto alla paura al panico al terrore alla Morte. Qui. Sono qui. Era successo che lei finisse a testa in giù contro quello che doveva essere il tetto dell'auto affondata, il tetto che si era posato adesso sull'invisibile fondo del torrente e ondeggiava come percorso da brividi, e subito sopra di lei, a immobilizzarla, il sedile imbottito al quale in qualche modo lei era ancora attaccata, la striscia della cintura le attraversava il petto, il collo mancata rottura del midollo spinale durante la caduta di modo che la morte avviene per soffocamento lento ma era la gamba destra a essere imprigionata nel metallo contorto: il piede paralizzato, intorpidito, privo di sensazioni come una pietra: tranciato? o ancora attaccato? Ma no, non doveva pensarci. Era un'ottimista.
Fu allora che si rese conto di essersi vomitata addosso senza sapere quando, e subito pensò che questo svuotamento era benefico perché le avrebbe ripulito lo stomaco, così in seguito avrebbero fatto meno fatica a liberarla dai veleni, quest'acqua non era del genere con cui aveva dimestichezza, trasparente, vagamente azzurrata, limpida e deliziosa non quel genere d'acqua ma un'orrida acqua fangosa, densa, viscosa, con un sapore di fogna, di benzina, di gasolio. Sono qui! Aiutatemi... Tirandosi fuori dall'acqua che colava con tremula forza disperata, afferrando il volante, gemendo come un bambino per lo sforzo, dicendosi Se riesco a tenere la testa eretta, la bocca fuori dall'acqua sarebbe arrivata a succhiare quella bolla d'aria che galleggiava sopra di lei irradiata dalla luce lunare. Quella lucente luna piatta! Una prova, finché riusciva a vederla, che era ancora viva. Arriveremo a destinazione, Kelly. E ci arriveremo in tempo. Sapeva, capiva che contavano su di lei. Lui contava su di lei. Ci sarebbe stata un'ambulanza. Una sirena. La luce rossa che roteava all'impazzata e sobbalzava e ondulava attraverso la palude. La ragazza di nome Lisa, la ragazza con una sorella gemella, quella che aveva cercato di suicidarsi ingerendo trentotto pastiglie di barbiturico. Erano venuti a prenderla e le avevano svuotato lo stomaco e l'avevano salvata e tutte le ragazze dopo avevano parlato di lei in tono sommesso e sgomento la sua assenza tanto evidente nelle aule e alla mensa. Quella ragazza, pur essendo una gemella, una sorella, non era Kelly Kelleher. Kelly Kelleher che, dopo G..., aveva giurato che non si sarebbe mai tolta la vita perché qualsiasi vita è preziosa. E così era una questione di forza, di volontà. La concentrazione dell'anima. Non arrendersi. Non cedere. L'acqua nera saliva per gradi a onde che s'infrangevano contro il suo mento, la sua bocca, ma Se riesco a tenere su la testa bastava sapere che cosa fare e poi farlo. Perché aveva esitato a dirgli che si erano perduti, perché non gli aveva detto di tornare indietro, oh per favore!... ma non aveva osato offenderlo. L'acqua nera era colpa sua, lo sapeva. È che non vuoi offenderli. Anche quelli simpatici. Lui era simpatico. Pur sapendo che lo stavano scrutando da vicino, me-
morizzando quel che diceva, prevedendo le sue osservazioni, le sue battute. Il modo in cui, nello slancio spontaneo di una volée al tennis, aveva stretto la mascella scoprendo i denti. Si arriva a disprezzare il suono delle proprie parole... la propria «celebrità». E come era stato sorprendentemente tenero con lei, Kelly Kelleher. Così raggiante e sicura di sé sulla spiaggia, coi nuovi occhiali da sole fascinosi e scuri con le lenti trattate per eliminare i raggi ultravioletti, e sapeva di star bene, non era una bella ragazza ma talvolta sai, è venuto il tuo momento e tu lo sai, e non c'è felicità pari a questa felicità. Sei una ragazza americana: lo sai. Sì aveva rimesso su qualche chilo. No i capelli non cadevano più in inquietanti manciate, erano di nuovo lucenti, splendenti, sua madre avrebbe provato un gran sollievo. Una bambinata quella di aver desiderato di vedere G... morto ma Naturalmente non provo più quello che provavo per te, ormai ti considero un amico. Tuttavia aveva esitato non volendo pronunciare ad alta voce la parola «perduti», la mamma non l'aveva forse avvertita che nessun uomo sopporta di vedersi trattare da scemo da una donna per quanto lei sia sincera per quanto lei lo ami. E poi all'improvviso tutto fu a posto: la bolla d'aria si era stabilizzata. Una forma così strana, quasi luminosa, così pareva ai suoi occhi accecati, che ondeggiava contro i sedili ora sospesi al tettuccio ma ha smesso di uscire ne era certa, le si sarebbe attaccata forte con le labbra succhianti, succhianti come quelle di un neonato sino a che non fossero arrivati i soccorsi. 24. Quasi con severità, in tono di rimprovero lui stava dicendo: «...la guerra del Golfo ha dato alla vostra generazione un'idea tragica della guerra e della diplomazia: l'illusione che la guerra sia relativamente facile, e che la diplomazia sia guerra, la più opportuna delle scelte.» E benché si sentisse lusingata, come poteva non sentirsi lusingata dal fatto che un uomo importante le parlasse con tanto fervore badando così poco agli altri, lei si affrettò a dire: «Non esiste una cosa definibile come "mia" generazione, Senatore. Siamo divisi dalla razza, la classe sociale,
l'educazione, la politica... e persino da definizioni sessuali. La sola cosa che ci lega è la nostra separatezza.» Il Senatore rifletté su questa osservazione, con aria assorta. Il Senatore annuì, con aria assorta. E sorrise. «E va bene. Mi prendo il rimprovero.» Le sorrideva. La fissava apertamente. Come si chiamava quella ragazza?... era chiaro a tutti che il Senatore era rimasto colpito dalla graziosa ed eloquente amica della ragazza con cui Ray Annick al momento andava a letto. E quant'era bella e intatta la costa settentrionale di Grayling Island... l'odore salmastro dell'aria, l'oceano vasto fresco luminoso, le onde alte crespate di bianco, il mondo era così bello che avresti voluto affondarci i denti, immergerti completamente in esso, oh Cristo. 25. Kelly, Kelly! - Sentì gridare il suo nome dall'alto, Kelly! e adesso tutt'attorno a lei, forte, stridulo, il suo nome gorgogliante nell'acqua nera. Qui, sono qui. Qui. Mentre l'acqua schizzava e mulinava intorno alla sua bocca, un'acqua fetida, acqua non acqua, diversa da quella che conosceva. Ma teneva la testa il più in alto possibile, il collo tremante per lo sforzo. Aveva spinto il volto, la bocca in una sacca d'aria che si assottigliava, in uno spazio cui non sapeva dare un nome salvo indicare vagamente che si trovava accanto al posto di guida della vettura capovolta, sotto lo scomparto del cruscotto forse... uno spazio dove prima quand'era seduta aveva tenuto le ginocchia. Le ginocchia, i piedi. Solo che ormai non riusciva più a pensare che cosa fosse davvero quello spazio. Non trovava più le parole né il nesso tra una e l'altra. Né possedeva più la parola che indicava l'aria sapendo, o solo intuendo che le sue labbra protese e suggenti non dovevano lasciarsela sfuggire. Mentre la polla di luce lunare si gonfiava, e si ritraeva, si gonfiava, e si ritraeva, lei non aveva più un nome per quello che era luce, e neppure vita. Mentre l'acqua nera le riempiva i polmoni, e lei moriva. No: stava guardando gli uomini che giocavano a tennis. Lei, Felicia Ch'en, Stacey Miles, tra le spinose rose selvatiche sopra il bel campo dei
St. John, Kelly che tastava petali di rosa, sfiorando le spine, affondando le unghie nelle rosse bacche carnose, un tic nervoso, una delle sue cattive abitudini, difficile da curare perché quasi inconscio, mentre guardava la vivace partita, mentre guardava lui. Stacey disse ridendo: «La differenza principale sono i loro muscoli. È evidente, basta guardare le gambe.» Il Senatore era l'uomo più alto sul campo dato che Lucius del MIT mimetizzava la sua statura giocando astutamente piegato, e le giovani donne ammirarono, applaudirono, scattarono foto, si allontanarono e tornarono ed era affascinante vedere come un uomo rivela la sua vera personalità sul campo da tennis in gara con altri uomini, i doppi impegnativi sono la vera prova, un'impresa rischiosa. Il Senatore e il suo amico avvocato Ray Annick fecero coppia insieme sportivamente e di buon grado, contro due awersari che avrebbero potuto essere loro figli, in un uomo la prima cosa che cede con l'età sono le gambe ma il giocatore esperto sa come conservare la sua limitata energia e come costringere gli altri a sprecare la loro, il Senatore in campo si muoveva come chi è nel suo territorio, con la disinvoltura di chi gioca a tennis sin dall'infanzia, anni di esperienza e quindi perfidi colpi a fondo campo, colpi sorprendenti che sfioravano appena la rete, servizi eseguiti con precisione meccanica e piazzati ad arte, e, sì, Kelly e gli altri spettatori rimasero impressionati e ammirati, notando con quanta signorilità il Senatore chiamava in palle che erano chiaramente out. Grande spirito sportivo. Ci sono persone che non sanno vincere con eleganza così come non sanno perdere. Ma partita dopo partita l'equilibrio gradualmente si modificò, Lucius col suo servizio bizzarro e l'amante di Stacey con quelle sue corse sotto rete e il rovescio imprevedibile logorarono il Senatore e Ray Annick, e a questo contribuirono anche il sole e le raffiche di vento e il campo dei St. John che aveva bisogno di manutenzione, Kelly con tatto se ne andò prima della fine dell'ultimo set non volendo che il Senatore si accorgesse di essere osservato mentre, sorridendo di fronte alla sconfitta, scherzandoci sopra, stringeva la mano ai giovani awersari, non volendo sentire ciò che gli uomini si dicevano in quelle occasioni per evitare di dirsi altre cose. No: camminava lungo la spiaggia, i capelli al vento, il copricostume giallo ondeggiante e le lunghe gambe lisce, forti, rosate dal sole. Camminava lungo la spiaggia e accanto a lei c'era quel bell'uomo alto con le spalle larghe, una montagna d'uomo, grigi capelli ricciuti, un volto famoso ma aperto, un volto girasole, un volto cordiale, un volto da zio - gli occhi azzurri così azzurri così decisamente intensamente azzurri, l'azzurro di un
vetro stinto. Quanto vivo, quanto intenso il suo interesse per Kelly Kelleher. Quanto lusinghiero. Le faceva domande sul lavoro con Carl Spader, sul suo passato, sulla sua vita; con un vigoroso cenno del capo diceva che sì aveva letto il suo articolo sulla pena di morte nel Citizens' Inquiry - era sicuro di averlo letto. Volle anche sapere, sia pure in tono disinvolto e con un sorriso grinzoso da zio, se al momento lei aveva un ragazzo. E aveva mai accarezzato l'idea di lavorare a Washington? E avrebbe preso in considerazione l'idea di far parte del suo staff... in futuro? E Kelly Kelleher, rossa di piacere e tuttavia equilibrata come si addiceva alla figlia di un avvocato mormorò: «Dipende, Senatore.» Naturalmente. Quanto era stato accorto il Senatore alla convenzione democratica del 1988 a rifiutare l'offerta di Dukakis che lo invitava a presentarsi per la vicepresidenza. Che il ruolo di secondo andasse pure a Bentsen, in lizza contro l'assurdo Quayle: lui voleva la candidatura alla presidenza o niente. E ancor più accorto era stato a non impegnarsi troppo in quel momento per ottenere la candidatura perché, a differenza di Dukakis, aveva capito che qualsiasi sforzo avessero fatto i democratici quelle elezioni erano perdute. Ma Kelly Kelleher non aveva capito. Quegli anni reaganiani, la bieca degradazione morale, l'ipocrisia, la crudeltà, le menzogne pronunciate con un falso sorriso... senza dubbio gli americani avrebbero capito. E invece Kelly era stata cieca, e ingenua. Ora ne rideva, quel quattro di luglio mentre passeggiava con un senatore degli Stati Uniti passando accanto a bandierine in miniatura infilate nella sabbia dai bambini dei vicini, facendo della sua delusione e del suo sfinimento un aneddoto divertente in cui ironizzava su se stessa. Ma il Senatore non rise. Disse con impeto: «Oh Cristo. Lo so. Io mi sono sentito morire quando Stevenson è stato battuto da Eisenhower... amavo quell'uomo.» Kelly Kelleher rimase stupefatta da una simile dichiarazione. Un uomo che ne amava un altro? Anche se solo in termini politici? Il Senatore parlò di Adlai Stevenson e Kelly lo ascoltò attentamente. Su di lui aveva nozioni imprecise, sia pur improntate al rispetto, e pur avendo studiato quel periodo della storia americana, gli anni di Eisenhower, il fe-
nomeno Eisenhower come lo aveva definito il suo professore, preferiva non discuterne. Non voleva alludere al disprezzo che suo padre nutriva per lui e non ricordava neppure se avesse partecipato a una o due campagne elettorali. All'inizio degli anni Cinquanta, forse? Cautamente chiese: «Ha lavorato per lui, Senatore?» «La seconda volta sì. Nel millenovencentocinquantasei. Facevo il secondo anno a Harvard. La prima volta - quando avrebbe potuto vincere ero ancora un ragazzino.» «E si è sempre interessato di politica?» Scoprì i grandi denti in un sorriso gioioso, perché quella domanda era un invito a nozze. «"Lo stato è una creazione della natura, e l'uomo è un animale politico"... per natura.» Chi stava citando... Aristotele? Anche Kelly Kelleher, che per gran parte del pomeriggio aveva bevuto una quantità insolita di birra, rise felice. Come se questo fosse un fatto da celebrare. Era il vento che le sferzava i capelli, era la bellezza dell'isola. Grayling Island. Maine. Il ritmico infrangersi delle onde come un narcotico, la spiaggia scoscesa di sabbia sassosa che si stendeva per chilometri orlata di rose canine, le enormi dune scolpite dal vento, solcate da quelle curiose increspature che sembravano fatte da un gigantesco rastrello passato con infinita cura. Che fortuna per Kelly Kelleher che la vita l'avesse condotta qui! Non era da lei essere così audace, così civetta. Chiese al Senatore con aria maliziosa: «"Uomo"... e la donna no? La donna non è anche lei un animale politico?» «Alcune donne. A volte. Lo sappiamo bene. Ma perlopiù le donne trovano noiosa la politica. Un gioco di potere di stampo maschile, come la guerra. Noiosa e ripetitiva, al di là dell'eccitazione apparente.» Ma Kelly non aveva intenzione di lasciarsi influenzare. Come se quello fosse stato un seminario, di cui lei era uno degli studenti più brillanti, disse, aggrottando la fronte: «Le donne non possono permettersi di ritenere "noiosa" la politica! Non in questo momento storico. La Corte Suprema, l'aborto...» Camminavano più lentamente adesso. Erano ansanti, eccitati. Le delicate piante dei piedi di Kelly bruciavano per il calore della sabbia abbacinante. Eppure il vento le faceva venire la pelle d'oca sulle braccia: qui la temperatura doveva essere qualche grado meno che a Boston.
Il Senatore se ne accorse e le passò delicatamente l'indice sul braccio. A quel tocco Kelly rabbrividì. «Ha freddo, cara?... quel coso che lei indossa è così leggero.» «No. No, sto bene.» «Vuol tornare indietro?» «No, assolutamente.» Le aveva sfiorato il braccio. Quell'improvvisa intimità. Erano così vicini, e lo sguardo, che aveva abbassato su di lei. Deliberatamente, con una lentezza che sembrava dettata da un'esagerata cortesia, il Senatore prese Kelly per le spalle, si chinò a baciarla, e lei batté le palpebre, stupita, sorpresa, e, sì, anche eccitata, perché tutto stava succedendo in fretta, così in fretta, e tuttavia mentre lui la baciava lei si tenne ben salda, con i talloni piantati nella crosta di sabbia, e si protese a ricevere quel bacio come se le fosse dovuto, uno sviluppo naturale e inevitabile e auspicato della loro conversazione. E anche audace, esaltante, con quella lingua che s'infilava tra i denti. Che bello. Che bello, davvero. Non poteva negarlo... che bello. Mentre l'acqua nera le riempiva i polmoni, e lei moriva. 26. Tranne che tra luci accecanti all'improvviso lei veniva spinta su una barella supina e legate da cinghie tra luci e occhi estranei e quell'acre odore di ospedale le stavano svuotando i polmoni dall'acqua nera, lo stomaco dalla fanghiglia, le ripulivano persino le vene, era questione di minuti! di secondi! e che squadra quella del pronto soccorso, tutti sconosciuti alla ragazza morente eppure si prendevano cura di lei con tanta sollecitudine da far pensare che fosse una di loro ad essere rianimata, e con quale rapidità! con quale precisione! lei stava cercando di spiegare che era sveglia, cosciente, vi prego non fatemi male, com'erano minacciose le cinghie che la tenevano ferma al lettino e le mani guantate che le stringevano la testa e la sonda cacciata in gola, quella sonda spessa e orribile che era così lunga così lunga era incredibile quanto fosse lunga e quanto male facesse in fondo alla bocca, in gola, soffocandola sino a farle venire il vomito solo che non riusciva a vomitare, voleva gridare ma non riusciva a gridare e nel furore di una convulsione il suo cuore ebbe un balzo e lei morì, stava morendo ma loro erano pronti, certo che erano pronti, esaltati dalla sfida erano pron-
ti e senza quasi perdere un battito del suo cuore vacillante lo stimolarono con potenti scosse elettriche. Ah! sì! bene! ancora! così! ancora! sì! e la ragazza morente si rianimò, il giovane cadavere si rianimò, i battiti cardiaci ripresero in pochi secondi e l'ossigeno tornò ad affluire al cervello, e gradualmente la pelle marmorea riprese il colore della vita: dagli occhi sgorgarono lacrime: e dalla Morte emerse una vita: la sua. Fa' che Lisa non muoia, Dio caro fa' che non muoia, lei aspettava in sala d'attesa, lei e altre persone, Oh Dio ti prego in quella calma carica di emozione tre o quattro di loro, ragazze dello stesso dormitorio, e la sorvegliante che aveva solo qualche anno più di loro, Kelly Kelleher era quella che aveva visto Lisa Gardiner crollare nel bagno, Kelly Kelleher era quella che era corsa gridando in direzione, e che adesso attendeva nel pronto soccorso dell'ospedale di Bronxville e lo shock, il dolore di vedere una di loro portata via in barella priva di conoscenza gli occhi sbarrati la bocca spalancata la lingua fuori che sbavava come in un attacco di epilessia e Kelly Kelleher, le nocche premute contro la bocca, aveva pensato: Ma non è la vita di Lisa, è semplicemente... vita, una vita che stava defluendo da lei come acqua da un lavandino e forse era già morta e potevano restituirle quella vita? Potevano farlo, e lo fecero. In seguito appresero, alcune di loro con irritazione, che tre anni prima Lisa Gardiner e la sua gemella Laura (che loro non avevano mai conosciuto: andava a scuola alla Concord Academy nel Massachusetts), quando ancora abitavano in famiglia e frequentavano le medie inferiori a Snyder, New York, avevano stretto un patto suicida e avevano cercato di uccidersi ingerendo sonniferi. Perché alcune delle ragazze si erano irritate?... perché il tentato suicidio di Lisa le aveva turbate, sconvolte, non si parlava d'altro che di Lisa e dell'equipe del pronto soccorso che si precipitava su per le scale e nel bagno per portare via Lisa e del fatto che clinicamente Lisa era morta, il cuore si era fermato, e come era strano! terribile! straordinario! e allora una finiva con l'irritarsi di tutto quel trambusto intorno a Lisa Gardiner che doveva essere sempre al centro dell'attenzione, e di tutto quel riflettere sulla morte e sul morire, insomma alla fine dell'anno scolastico ci si sentiva sfinite! Quando Lisa era tornata in visita, Kelly Kelleher era stata l'unica che si era imposta di essere gentile con lei, di parlarle con calore, e così quelle
due ragazze che non erano mai state particolarmente vicine erano state viste immergersi in una fitta conversazione nel salone e chissà cosa diceva Lisa Gardiner, e perché Kelly Kelleher l'ascoltava con tanta attenzione, Lisa con quella sua fronte piuttosto bassa, le narici troppo larghe alla base come se stesse continuamente tirando su col naso in una sorta di schizzinosa superiorità, Kelly col suo volto grazioso e appuntito, la bocca severa «la gente non è poi così diversa e in fondo non ha neanche tanto senso» stava dicendo Lisa con voce piatta, nasale, perplessa, prepotente, «...e se sei la metà di una coppia di gemelli lo sai bene.» No, io no, non lo so, rifiuto quest'idea, rifiuto te, non sono tua sorella, non sono la tua gemella, non sono te. 27. Sentiva la sirena. Vedeva l'ambulanza che filava lungo l'accidentata strada senza nome, la luce rossa che ruotava sul tetto. Stava soffocando, la sonda già in bocca. Una lunga sonda nera simile a un serpente! così lunga! da non credere quant'era lunga! Lisa aveva ridacchiato. E tendeva le braccia, in fuori, in fuori... Quell'aria di raggiante follia nei suoi occhi e poi si stava leccando le labbra. Pazzesco! aveva detto Buffy St. John molti anni dopo. Roba da pazzi, davvero. Buffy le aveva dato un pizzicotto, uno di quei suoi pizzicotti scherzosi che, accidenti, facevano male. E le aveva detto tutta imbronciata, mentre Kelly Kelleher stava frettolosamente infilando le sue cose in valigia: Sì, ma perché devi andare via adesso, perché non parti un po' più tardi? - e Kelly Kelleher aveva sussurrato: Oh Buffy... mi spiace, mentre il rossore del sole si faceva più intenso sul viso e sul collo, sapendo quello che Buffy avrebbe detto di lei in seguito, non del Senatore ma di lei, pensavo che Kelly Kelleher fosse un'amica, per l'amor del cielo...! Ma Kelly si sentiva troppo imbarazzata per esprimere ciò che lei e Buffy sapevano. Se non faccio quello che vuole non ci sarà un secondo appello. Mentre la baciava più e più volte succhiando e brancicandola, come se, nonostante fossero vestiti e su una spiaggia che, pur non essendo molto frequentata, non era però deserta, lui non vedesse l'ora di penetrare in lei,
Kelly sentì il brivido del desiderio: non il proprio ma quello di lui. Come sempre, sin dai baci dati e ricevuti nell'adolescenza, Kelly Kelleher aveva sentito non il proprio desiderio ma quello dell'altro, del maschio. Fulmineo ed eccitante come una scossa elettrica. Sentendo anche, una volta ripreso il fiato, la solita ondata di ansia, il senso di colpa... ho fatto in modo che tu mi desiderassi e ora non posso dirti di no. A distanza molto ravvicinata, Kelly vide che il Senatore non era precisamente un bell'uomo e forse neppure un uomo in buona salute: la sua pelle era arrossata a chiazze irregolari, il naso e le guance erano coperte da una rete di capillari rotti, le palpebre erano gonfie e gli occhi di quell'azzurro straordinario avevano le sclere venate di sangue. Era sudato, lievemente ansante come se avesse fatto una corsa senza essere allenato. «Kelly. La bella Kelly.» E poiché Kelly non aveva trovato una risposta, aveva aggiunto: «Che cosa posso fare, Kelly?... è ancora così presto, ti perderò prima di sera?» Uno dei suoi portaborse gli aveva trovato una camera in un motel di Boothbay Harbor, un'impresa non da poco il 4 luglio, ma lui aveva confermato la prenotazione e la camera era lì ad aspettarlo, e dove avrebbe dormito Kelly quella notte? Da Buffy, naturalmente. Kelly era ospite di Buffy per tutto il fine settimana, sino a domenica. I modi del Senatore erano titubanti, per nulla invadenti. Titubanti e basta. Le aveva di nuovo chiesto, come se avesse dimenticato di averlo già fatto, se aveva un ragazzo, un fidanzato, uno degli uomini alla festa, forse quell'interessante giovanotto nero del MIT? La maglietta blu del Senatore era stretta sui bicipiti e umida di sudore. I calzoni di cotone a righine erano stropicciati dietro. E intorno a lui un odore di birra, di dopobarba, di schietto sudore maschile. Le narici di Kelly ebbero un prurito di piacere. Lei sorrise. E adesso furiosa e in lacrime spiegava a entrambi i genitori che non era una ragazza leggera, neanche un po'. Quell'uomo era sposato ma non viveva con la moglie ed era stata la moglie a chiedere la separazione, mia moglie mi ha chiesto di andarmene, mi ha buttato fuori, per fortuna i due figli erano ormai grandi e capaci di valutare da soli la situazione, un uomo co-
me il Senatore pieno di amore per la vita, di amore per le persone donne o uomini che fossero, di voglia di conoscere nuova gente per scambiare opinioni, di sete di... forse era sete e basta. Mordere, succhiare sino al midollo. Buttarsi a corpo morto. Cristo, come fai a sapere che sei vivo altrimenti? Il signor Kelleher, a quanto pareva, capiva. Sì papà saresti un bell'ipocrita se non capissi. La signora Kelleher era turbata, sconvolta. Kelly si sentì torcere dal senso di colpa vedendo quell'espressione sul volto della madre, ma si arrabbiò anche, e molto. Mamma smettila di pensare a me, smettila di pensarci in questo modo. È una questione che le madri delle mie amiche affrontano benissimo. La differenza, Kelly, è che io ti amo. Oh cavolo. Piantala. Ti amo e non voglio che ti succeda mai e poi mai qualcosa di male Kelly questa è l'unica cosa che mi sta a cuore voglio proteggerti, è quello che ho pensato... non ci crederai ma è quello che ho pensato davvero... quando ti hanno portato da me all'ospedale dove sei nata, e sapevo che eri una bambina e non sono mai stata più felice in vita mia, e ho giurato che non avrei permesso che mia figlia venisse ferita così com'ero stata ferita io darò la vita per lei te lo giuro su Dio. Mamma piangeva, e Kelly piangeva, girando la testa da un lato all'altro sputando e sentendosi soffocare, con in bocca il sapore di benzina, di fogna, senza sapere più dove era, come mai la spina dorsale era così contorta, le gambe così contorte, era a testa in giù no? - nel buio, senza sapere più dov'è la superficie, tutt'attorno la pressione dell'acqua nera che mulinava, saliva, pronta a riempirle la bocca e i polmoni. Così lei diceva, arrendendosi: Va bene mamma può darsi. Sì. Portami via di qui mamma. Portami a casa. Sono qui. Non era chiaro se i signori Kelleher fossero stati convocati sul luogo dell'incidente e aspettassero sulla sponda mentre l'auto veniva estratta dal torrente; o se fossero già all'ospedale in attesa davanti alla sala di rianimazione. Kelly rimase perplessa nel vedere i loro volti non come li ricordava, ma così giovani... così attraenti. Sembravano suoi coetanei. Mamma era una vera bellezza, il volto senza rughe, gli occhi così limpidi... e quella pettinatura cotonata, così buffa, così regale. Papà era così bello, e così magro!... e i suoi capelli, mio Dio i suoi capelli, folti e ricciuti e di un castano ramato come quelli di Kelly, da anni non
li vedeva così. Sì, li aveva amati per tutta la vita e ora in quella sua precaria condizione di adulta li amava ancor più di prima ma come si fa a dire una cosa del genere?... con che parole la si esprime?... e in quale occasione? Mamma, papà ehi vi amo, spero che lo sappiate, vi prego non lasciatemi morire vi amo, okay? Correva in calzini sulla moquette pungente della nonna dopo aver scalciato via le brillanti scarpette nuove di vernice, strillando ridendo mentre mani leste e dure piombavano a sollevarla, è sempre una sorpresa scoprire quanto dure siano le mani altrui, le mani di un uomo, e lui gridava Chi è! chi è! mmmm chi è quest'angioletto chi è! sollevando la bimba che strillava sopra la testa finché le braccia gli tremavano e dopo lei aveva sentito la mamma e la nonna che lo rimproveravano per via della pressione alta, che cosa diavolo fai avresti potuto farla cadere. Lui le aveva fatto l'occhiolino. Il nonno le voleva tanto bene. E adesso nella morsa del freddo l'indicibile orrore della sua situazione la assalì: se l'acqua nera le avesse riempito i polmoni, e lei fosse morta, e la notizia fosse giunta ai genitori e ai nonni, sarebbero morti anche loro. Oh Dio no, oh no. Non può succedere. La amavano tanto che sarebbero morti anche loro. Ma all'improvviso ricordò, con un po' di sollievo che nonno Ross era morto... e quindi gli sarebbe stata risparmiata quella notizia. E forse non c'era bisogno di dirlo alla nonna... Kelly non ne vedeva la necessità, francamente non era il caso. Mamma mi capisci, vero?... sei d'accordo? E tu papà? Sei d'accordo? 28. 1Ovunque su Grayling Island crescevano in bassi cespugli le rose di macchia, con gli splendidi petali rosa-lavanda e gli infidi rami spinosi, aculei puntuti su cui Kelly aveva passato distrattamente le dita mentre guardava gli uomini giocare a tennis... Rosa rugosa si chiamava, o forse Rosa virginiana. Rose di macchia, ovunque. In fiore. A orlare la spiaggia grigia. E i frutti di quegli arbusti, simili a minuscole prugne, splendidi anche quelli, con un aspetto turgido e sanguigno, un aspetto erotico, e anche
quelli Kelly aveva toccato, sfiorandoli coi polpastrelli, conficcandovi le unghie. Bacche di rosa, aveva detto il Senatore. E ne aveva parlato con piacere, raccontando di come sua nonna le usava per fare una tisana, a Kelly piaceva la tisana di bacche di rosa? oggigiorno le tisane erano molto popolari, vero? e sua nonna faceva anche la marmellata con quei frutti, gli pareva di ricordare. A meno che non si stesse confondendo con qualcos'altro. Forse con il ribes. O i mirtilli. In cucina Buffy aveva fatto una smorfia mentre vuotava in un secchiello i cubetti di ghiaccio e aveva detto: «Tu e il Senatore andate molto d'accordo,» con un sorriso obliquo, e anche Kelly aveva sorriso, mormorando: «Insomma,» e poi c'era stata una pausa, e un'altra valanga di cubetti di ghiaccio che si rovesciava nel secchiello di plastica, e poi Buffy aveva aggiunto qualcosa di così tipicamente suo, con lei non si capiva mai bene dove volesse andare a parare, se era una battuta maliziosa, una cordiale complicità, se era un avvertimento, uno di quegli insulti velenosi che si capivano solo a scoppio ritardato, o, semplicemente, un dato di fatto: «Non dimenticare che ha votato in favore degli aiuti ai contras.» 29. Kelly? Kelly? Vieni da me. All'improvviso riuscì a sentirlo. La voce veniva dall'alto, era vicina, lui stava forzando la maniglia della portiera di destra, scuotendo l'auto con tutta la sua forza. Lei cercò di parlare ma l'acqua le riempì la bocca, scosse il capo, sputò, Sono qui, sono qui, aiutami, si sollevò appoggiandosi al braccio sinistro, il braccio dai muscoli piccoli e compatti, la spalla, tremava per lo sforzo, quanti minuti erano passati? o erano state ore? il tempo non passava in quel luogo sommerso, era segnato soltanto dal graduale alzarsi dell'acqua, un alzarsi crudele e metodico, lo scatto di un orologio digitale, e chissà se il Senatore sarebbe riuscito a vederla? in questa oscurità, in questa trappola, in questo pozzo, in questa bara, o quello che era, impossibile ormai darle un nome, che la stringeva, la comprimeva a tal segno che bisognava essere deformi, con la spina dorsale ripiegata per starci dentro? Adesso, da sveglia, aveva la testa congestionata dal dolore. Chiazze di luce come escrescenze tumorali dietro gli occhi, conficcate nel cranio. Le pareva che il volto avesse perso la sensibilità, aveva tenuto le labbra prote-
se così a lungo ansando, succhiando per raggiungere quella bolla d'aria che ondeggiava instabile e crudele come qualcosa di capricciosamente vivo, sgusciando da una parte e dall'altra mentre lei si affannava a raggiungerla, singhiozzando per lo sforzo. Sono qui. Sono qui. Aiutami. Lui si era tuffato nell'acqua nera per soccorrerla ma era lontano, e tutto era così buio, cieco. E lei capì di averlo offeso, e che l'offesa era irrevocabile. Le sue labbra si erano serrate scherzosamente respingendo la lingua di lui. La naturalezza che lei aveva immaginato, le chiacchiere, la stima reciproca, il rispetto, perché lui la rispettava di questo era certa, e poi il riluttante dischiudersi delle labbra, la lingua di lui grossa e penetrante, la sua fame. Che vergogna, la disperazione con cui lei si era aggrappata ai suoi calzoni, alla sua scarpa! Mentre lui scalciava per liberarsi! La scarpa inzuppata nella sua mano. La scarpa! Oh Kelly, le sue amiche avrebbero riso, Buffy avrebbe ghignato fino alle lacrime... la sua scarpa! Zoppicando con una scarpa sì e una no scappando a piedi lungo la strada della palude sino alla strada asfaltata da cui erano venuti dove sicuramente c'era un minimarket, una stazione di servizio, una tavola calda con una cabina telefonica esterna. No. Non era ancora successo. Il sole lanciava gli ultimi bagliori pomeridiani, e quella lunga giornata allegra simile a una girandola che instancabile continua a lanciare scintille. La splendida bandiera americana, un ondeggiare di seta bianca rossa e blu in cima all'asta davanti alla casa di Edgar St. John. L'asta più alta di tutta Derry Road, e forse di tutta Grayling Island. Mio padre è un patriota, diceva Buffy. È stato nella Cia per vent'anni senza farsi ammazzare. Non era ancora successo perché ecco qui Buffy che sistemava gli ospiti per fare qualche foto con la Polaroid. Buffy con i jeans il reggiseno del bikini la coda di cavallo posticcia nera e lucente che le cadeva lungo la schiena, le sfacciate unghie verdi strette sulla macchina fotografica, la lin-
gua tra gli smaglianti denti bianchi. Oh per favore state fermi, guardate qui - e lei, Senatore, mmm? - così! Fantastico! C'erano diverse polaroid del Senatore accanto al tavolo da picnic, un piede sulla panca, un gomito sul ginocchio, in una posa molto disinvolta, Kelly Kelleher nelle vicinanze che rideva allo scattare del flash, e il Senatore con un sorriso vigile, un sorriso controllato, quasi meditabondo, un sorriso di quelli che si ritirano nell'attimo stesso in cui si allargano, e anche negli occhi qualcosa di riservato, di severo, come se stesse pensando alla didascalia da mettere sotto questa allegra foto del 4 luglio per trasmetterla poi alle agenzie stampa nazionali e straniere, o trasmetterla durante il telegiornale. Ma no, non si può immaginare il proprio futuro. Anche se è tuo. Una scarpa sì e una no. Zoppicando. Bagnato fradicio e tremante e gemendo forte Oh Dio. Oh Dio. Oh Dio. 30. ... Al momento negli Stati Uniti le modalità per eseguire la pena capitale sono cinque. Le recenti decisioni della Corte Suprema, le legislazioni dei singoli stati. Straordinari consensi rilevati nei sondaggi. Perché? - perché è un deterrente. Perché lancia il messaggio che con la vita non si scherza. Cinque modalità di cui la più antica è l'impiccagione. Usata per l'ultima volta nel Kansas nel 1965. Il condannato impiegò sedici minuti a morire, talvolta ci vuole ancora di più. È tuttora contemplata nel Montana. L'unico tipo di deterrente che queste belve capiscano. Fucilazione, Utah. Sedia elettrica, introdotta nel 1890 nello stato di New York. Alternativa «umana» all'impiccagione, alla fucilazione: il condannato (o la condannata) viene legato alla sedia, elettrodi di rame vengono fissati alle gambe e alla testa rasata. Il boia dà una scossa iniziale che va da 500 a 2.000 volt per trenta secondi. Stiamo parlando di criminali incalliti... di assassini. Rifiuti sia sul piano morale che mentale. Se dopo la scossa iniziale non sopraggiunge la morte si procede con scosse successive. Due, tre, quattro. Alcuni hanno il cuore più forte di altri. A volte si verificano incidenti. Fumo, talvolta fiamme bluastro-arancione si levano dal corpo che brucia. Odore di carne alla brace. Come nell'impiccagione, talvolta gli occhi fuoriescono dalle orbite e restano a penzolare sulle guance. Vomito, urina, defecazione. La pelle diventa rossa e si gonfia in vesciche che sembrano sul punto di scoppia-
re come un wurstel troppo cotto. Spesso la corrente non è abbastanza intensa e la morte non è «istantanea» ma avviene per gradi. Il prigioniero viene torturato a morte. Non sono persone perbene e civili come quelle che frequentiamo di solito, ma esseri che rappresentano una vera minaccia per la società, che devono essere fermati, altrimenti riceveranno condanne lievi, usciranno con la condizionale... e colpiranno ancora! Camera a gas, introdotta nel 1924 nel Nevada. Una delle alternative preferite tra le modalità «umane». Il condannato (o la condannata) viene legato a una sedia, sotto la quale si mette una bacinella piena di acido solforico e acqua distillata in cui si fanno cadere pastiglie di cianuro di potassio che libera una sospensione di acido cianidrico. Il cervello viene istantaneamente privato dell'ossigeno. Il prigioniero prova una sensazione orribile, quella dello strangolamento. Non è questione di razza, credimi, quella è tutta una cortina fumogena, magari è anche vero che negli Stati Uniti sono stati condannati a morte più neri che bianchi, magari dalle statistiche risulta che i bianchi che ammazzano i neri hanno minori probabilità di prendersi una condanna a morte dei neri che uccidono i bianchi, sì c'è una grande differenza tra stati, contee, zone urbane, zone rurali, è il pubblico ministero a formulare le accuse, magari alcuni di loro sono razzisti ma non ci si può aspettare che sia il sistema giudiziario a sanare i problemi della società per l'amor di Dio. Spasmi violenti come in un attacco epilettico. Occhi che schizzano fuori. La pelle diventa violacea. Non vi è un'immediata azione tossica sugli organi vitali ma la morte avviene per asfissia. «Forse il modo più barbaro e doloroso di morire.» (dichiarazione di un medico) Morte per iniezione letale, il metodo più recente per infliggere la morte di stato, altamente caldeggiato. Inventato nel 1977, sperimentato per la prima volta in Oklahoma. Il condannato (o la condannata) viene legato su una brandina e in vena gli viene inserito un ago per fleboclisi. Il primo medicinale iniettato è tiopentale sodico, un barbiturico; poi 100 milligrammi di pavulon, un miorilassante; cloruro di potassio per affrettare la morte. Alcuni di questi metodi scientifici, di questi metodi «misericordiosi» sono troppo miti per questi animali, luride belve non esseri umani. Perché tenerli al mondo, perché sfamarli, provvedere a loro, perché evitare di farli soffrire viste le sofferenze che hanno inflitto agli altri, perché non regolarsi secondo il criterio dell'«occhio per occhio dente per dente», dimmi perché, perché no? E l'iniezione letale è economica, piace ai legislatori attenti al bilancio, ed è la soluzione prediletta dai sostenitori della
pena di morte poiché il decesso viene ritenuto indolore, è come scivolare nel sonno, la società viene assolta dall'accusa di barbarie, di sadismo, di spirito di vendetta. La ricerca di morti «umane» non nasce dalla preoccupazione per il condannato ma dall'attenzione ai cittadini americani affinché, nell'omicidio premeditato inflitto arbitrariamente dallo stato, si sentano assolti dal senso di colpa... L'aveva lusingata, sì, proprio lei, Elizabeth Anne Kelleher, dicendo e insistendo che, sì, era sicuro di aver letto il suo articolo sul Citizens' Inquiry... o forse uno del suo staff gliene aveva fornito un riassunto. Come mai hai scelto questo tema, le aveva chiesto il Senatore, incuriosito, e Kelly Kelleher aveva esitato un istante non volendo rivelargli che era stato Carl Spader a suggerirglielo, poi aveva detto: È un argomento cui mi interesso da tempo, e più lo si studia più ci si sente disgustati. Il che del resto era vero. Indipendentemente dalle liti col padre. «Occhio per occhio dente per dente»... perché no? Sarà forse rozzo, sarà forse primitivo, ma il messaggio è chiaro, con la vita non si scherza... perché no? Si sapeva che il Senatore era contrario alla pena di morte. Si sapeva che si era coraggiosamente scontrato con molti nello stato in cui l'avevano eletto, dove vigeva ancora l'esecuzione sulla sedia elettrica; dove c'erano ancora prigionieri nel Braccio della Morte che, vistisi respinti i ricorsi, aspettavano la fine. Si sapeva che aveva fatto molti discorsi. Era stato eloquente. Politicamente adamantino come il suo amico Mario Cuorao. La pena di morte è inaccettabile in una società civilizzata perché sopprimere una vita, qualsiasi sia la ragione, è disgustoso, abbassa la società allo stesso livello dell'assassino. E, cosa ancor più mostruosa, considerando il carattere follemente arbitrario del sistema giuridico americano, c'è sempre la possibilità che uomini (e donne) innocenti vengano condannati a morte... una pena che, a differenza di tutte le altre, non conosce revoche. 31. Sono pronta? Riponendo in valigia la sua roba con una fretta in netto contrasto con la
cura meticolosa e cerimoniosa con cui l'aveva tirata fuori la sera prima, come se questa camera di Grayling Island con la tappezzeria a fiori rosso fragola e il casto letto d'organza fosse un luogo sacro di cui lei si dimenticava da una visita all'altra, luogo da cui, grazie ai suoi stessi strenui sforzi, veniva ora cacciata. Il piano era di sgusciare via dalla casa di Buffy alle 19 per prendere il ferry delle 19.30 per Boothbay Harbor ma era arrivata un'altra auto carica di ospiti e il Senatore tutto preso dalla conversazione stava bevendo un altro drink e quindi era improbabile che riuscissero a prendere quel ferry, e il prossimo quand'era?... non importa, ce n'è sempre un altro. Non aspettarti niente, davvero. Quello che è, è. E tanto basta. Così Kelly Kelleher, una ragazza pratica, badava a mettersi in guardia. Tuttavia le tremavano le mani. Respirava con un certo affanno. Nello specchio a forma di cuore con la cornice di vimini che stava sopra il comò un volto di ragazza si rifletteva rapito, raggiante, speranzoso. La sua mente volava come un aquilone che si levava ebbro sopra le dune di sabbia e lei pensava dopotutto è separato dalla moglie, dopotutto il suo matrimonio è in pezzi - l'ha detto lui; gli elettori non sono più tanto bigotti, tanto punitivi. Salvare le apparenze. Evitare lo scandalo di una scappatella extra coniugale. Non è più il mondo che conoscevi tu, mamma. Vorrei che lo capissi. Vorrei che mi lasciassi in pace! Con in mano una birra Kelly aveva attraversato la cucina dove Ray Annick, al telefono, parlava a voce bassa e irritata, punteggiando l'eloquio forbito che gli era consueto di stronzo, cazzo, cazzata, ed era rimasta stupita perché lì davanti a lei c'era un uomo del tutto diverso dal simpaticone sorridente che per tutto il giorno si era romanticamente prodigato per Buffy, del tutto diverso dall'uomo che era stato cortese e teneramente sollecito con Kelly Kelleher, e lei, mentre gli passava accanto, si sentì addosso i suoi occhi (occhi gonfi, velati - aveva bevuto tutto il pomeriggio e i suoi insuccessi tennistici lo avevano avvilito), simili a gli occhi di un gatto che seguono un movimento con un interesse predatorio istintivo e impersonale; tuttavia, non appena lei fu sparita dal suo campo visivo, Ray cessò di vederla, smise di registrare la sua presenza. «Ma che cazzo, te l'ho già detto... ne parleremo lunedì. Per l'amor di Dio!»
Kelly Kelleher in bilico su una gamba che si sfilava rapidamente il costume bianco comprato da Lord & Taylor il sabato precedente, alla svendita di mezza estate. E rapidamente infilava un tubino di maglia a righe di un pallido giallo limone, con una scollatura a barchetta che lasciava scoperte le sue belle spalle morbide, la zona di pelle ancora sensibile che lui aveva sfiorato con la lingua. Ma era davvero successo, si chiese Kelly Kelleher. Sarebbe successo ancora. Ancora. Ami la tua vita perché è tua. Il vento tra le alte canne a pennacchio, quelle canne che sembravano figure umane. Bionde, ondeggianti. Ai margini della sua visuale. Il vento, il fresco vento dell'est dall'Atlantico. Gelida acqua increspata come una fiamma pallida che scolpisce la spiaggia, martella la spiaggia. Buffy aveva detto che le dune più alte lì davanti a loro arrivavano anche a venti metri, e com'erano strane quelle dune che migravano là dove i pini non riuscivano a frenarle, che si aggiravano per l'isola come onde dell'oceano con creste e ventri e si spostavano da ovest a est alla velocità di trecinque metri l'anno, ricoprendo Derry Road che doveva essere continuamente sgomberata, passando sopra le palizzate per la neve e le ammofíle della spiaggia... «È bello qui ma, sai» rabbrividendo, sussultando, «... non si piega ai desideri umani.» E adesso erano piccole onde increspate quelle che sentiva battere contro il tetto mansardato di questa stanza - rannicchiata e al sicuro sotto la coperta, la trapunta all'uncinetto della nonna coi panda intorno al bordo. Ami la tua vita. Sei pronta. Non avrebbe voluto dire di sì. Ma aveva voluto dire di sì. Sì al ferry, a Boothbay Harbor. Al Marriott di Boothbay, era quello il motel. E dopo Boothbay, dopo il 5 luglio...? Kelly Kelleher si sarebbe fatta amare da quell'uomo. Sapeva come fare. Si era stupita di quel pensiero, della sua veemenza. Sei pronta. Nell'auto lei aveva acceso la radio da cui si era diffusa quella lagnosa musica elettronica tutta esteriore, senza scheletro. Che tenerezza il Senatore, un uomo di cinquantacinque anni, che ancora provava nostalgia per una gioventù così lontana! Aveva detto di sì pur avendo visto quanto aveva bevuto il Senatore. Da principio ci era andato piano accontentandosi di vino bianco, acqua mine-
rale Perrier, birra a basso contenuto calorico e poi era passato a roba più forte, lui e Ray Annick, i due uomini maturi della festa. Uomini maturi. Sì e si consideravano tali, lo si capiva. Era il 4 luglio. Una festa ormai priva di significato ma celebrata da tutti gli americani, o almeno da quasi tutti. Rossi bagliori di razzi, botti che scoppiano in aria. Ed è da lì che te ne accorgi - e la bandiera che sventola lì. La svolta nella strada sterrata, una svolta impaziente, esuberante, con la Toyota che slittava sui solchi sabbiosi, ancora sotto controllo. Il Senatore era un guidatore provetto, si godeva quella corsa, l'impazienza, la fretta della loro fuga. Forse perdersi era nelle loro intenzioni? Dopo un paio di drink in rapida successione Kelly Kelleher aveva confessato al Senatore di aver scritto una tesina su di lui alla Brown, e anziché mostrarsi seccato o imbarazzato o annoiato, il Senatore aveva sorriso compiaciuto. «Ma non mi dica! Be'... spero che ne sia valsa la pena.» «Ma certo che ne è valsa la pena, Senatore.» Avevano parlato, parlato animatamente, e altri avevano ascoltato Kelly Kelleher e il Senatore presi l'uno dall'altra come si suol dire. Kelly si ritrovò a elencare le idee del Senatore che la entusiasmavano di più: la sua proposta di creare uffici di collegamento nei quartieri, soprattutto nelle zone urbane degradate, per permettere ai cittadini di comunicare più direttamente con i funzionari e i politici da loro eletti; le sue proposte riguardo gli asili-nido, gli ambulatori gratuiti, i doposcuola; il sostegno alle arti, e in particolare ai teatri di quartiere. Appassionatamente Kelly Kelleher parlava, con l'aria ipnotizzata di chi si rivolge a un vasto pubblico e non a una singola persona, appassionatamente il Senatore ascoltava. Quando mai le sue stesse parole gli erano parse così sensate, così ragionevoli e convincenti?... così melodiose, liriche, ispirate? Con una punta di irriverenza, a Kelly venne in mente una cinica frase di Charles de Gaulle spesso citata da Cari Spader: Poiché un uomo politico non crede mai a ciò che dice, è sorpreso quando gli altri gli credono. Kelly si era interrotta di colpo, imbarazzata. «Senatore, mi scusi... queste cose deve averle sentite migliaia di volte.» E il Senatore, cortese e compunto, aveva risposto: «Sì, Kelly, forse... ma non da lei.» In lontananza, dalla casa di un vicino, una scoppiettante esplosione di fuochi d'artificio. Alta sopra di loro sventolava la setosa bandiera america-
na della famiglia St. John. Mentre l'acqua nera le riempiva i polmoni, e lei moriva. No: era l'ora del banchetto: portato dal vento un delizioso odore di carne che arrostiva sulla griglia sotto la supervisione di Ray Annick vestito con un comico cappello da cuoco e un grembiule, sbronzo da non stare più in piedi ma a modo suo competente: tranci di tonno fresco marinato, pezzi di pollo con salsa piccante, grandi hamburger delle dimensioni di una pizza. Pannocchie di granturco, ciotole di insalata di patate, di verze, di fagioli e di riso al curry, contenitori di gelato che venivano passati da un invitato all'altro con dei cucchiaini. Che appetito avevano, specie i giovanotti! Anche il Senatore mangiò voracemente ma in modo un po' schizzinoso, pulendosi la bocca col tovagliolo di carta dopo quasi ogni boccone. Kelly, pur avendo fame, si sentiva stordita, scossa e trovava difficile mangiare. Portava la forchetta alle labbra e la riabbassava. Sebbene da Buffy vi fossero molti altri ospiti che avrebbero gradito parlare col Senatore, lui concentrò la sua attenzione su Kelly Kelleher; quasi che, come nelle fiabe più improbabili, fosse venuto inaspettatamente a Grayling Island proprio per vedere lei. Il calore le punzecchiava piacevolmente le guance. Le venne in mente che Carl Spader sarebbe stato colpito, e francamente geloso, quando gli avrebbe raccontato di quell'incontro. Il Senatore sussultò nell'udire lo scoppiettio di una successione di fuochi d'artificio. Kelly pensò: Ha paura degli spari... di un assassinio. Che novità: certo che un personaggio così noto ha paura di essere assassinato! Il Senatore disse: «Non è che il 4 di luglio mi piaccia molto. Sin da quand'ero bambino lo associavo a una svolta dell'estate che, a quel punto, volgeva ormai verso l'autunno.» Parlò con uno strano tono di perplessa malinconia, pulendosi la bocca. Sul tovagliolo c'erano macchie di ketchup simili a sbaffi di rossetto. Kelly disse: «Immagino che lei nei giorni di festa abbia molte incombenze ufficiali, no?... gran parte del tempo? Discorsi, premi...» Il Senatore si strinse nelle spalle con noncuranza. «Si prova una gran solitudine a sentire così spesso nelle orecchie la propria voce.» «Davvero!» rise Kelly. Ma il Senatore aveva ripreso a parlare rapidamente come se si stesse
confidando e non volesse essere interrotto: «Qualche volta mi fa rabbia, è una cosa viscerale... il modo in cui si arriva a disprezzare le proprie parole non perché non siano sincere, ma perché le devi dire e basta; perché li hai espressi così tante volte, i tuoi "principi", i tuoi "ideali"... ma non sono serviti a cambiare il mondo.» S'interruppe per bere un gran sorso del suo drink. La tensione delle mascelle in effetti faceva pensare alla rabbia. «Odi te stesso per questa tua "celebrità" putativa: proprio per la ragione per cui gli altri ti adorano.» E anche questo lusingò enormemente Kelly perché sembrava, non è forse vero?, che nel parlare di queste cose, di questi altri, il Senatore stesse esentando Kelly dalle sue critiche. Era separato dalla moglie, i figli erano adulti... più o meno suoi coetanei. Che male c'era? Stava spiegando ai genitori che si erano solo baciati, una sola volta. Che male c'era. G... le aveva trasmesso un'infezione dell'apparato uro-genitale ma non era un'infezione grave, non una di quelle infezioni innominabili, ed era sparita mesi prima dopo una cura di antibiotici. Che male c'era? Quella mattina aveva fatto un lussuoso bagno di schiuma verde-menta, tavolette frizzanti di «ActiBath» che Buffy le aveva raccomandato di provare. Erano andate in paese, a Grayling Harbor sulla costa occidentale dell'isola per fare provviste per la festa. Harbor Liquor, The Fish Mart, Tina Maria Gourmet Foods, La Boulangerie. Davanti alla Boulangerie era parcheggiata una jeep Ford nuova fiammante con un adesivo sul paraurti posteriore su cui era scritto: NON CI SONO TASCHE IN UN SUDARIO. Mentre uscivano da uno dei negozi cariche di mercanzie costose Buffy le aveva detto con aria distratta: «Sai... è dal primo gennaio che nessuno del mio giro è morto di AIDS. Me ne sono resa conto proprio adesso.» Rientrando al cottage Buffy aveva accennato al fatto che Ray Annick aveva invitato il Senatore per la festa. Ma non era la prima volta che Ray lo invitava... «Non credo che venga. Anzi, sono sicura che non verrà.» «Qui? Lo ha invitato qui?» aveva chiesto Kelly. «Sì, ma escludo che si faccia vivo.» E durante il bagno con le bollicine Buffy aveva insistito perché Kelly ascoltasse un nuovo CD della Spirit Music, «Dolphin Dreams». Era una rilassante fusione di canti di delfini e coro di voci per combattere lo stress; ma Kelly non lo aveva ascoltato.
Avevano perso il ferry delle 19.30 ma ce l'avrebbero fatta per quello delle 20.20. Il Senatore sembrava seccato, impaziente. Fissava l'orologio, che era digitale, con cifre che lampeggiavano come tic nervosi. Da un'ora l'umore del Senatore era cambiato. I suoi discorsi avevano perso la coerenza di prima, e le sue battute non erano più tanto pronte; guardava Kelly Kelleher con un'espressione che a lei risultava familiare eppure indefinibile... un'espressione di possessività maschile, venata di ansia, di indignazione. Mentre uscivano il Senatore le chiese se voleva un drink per il viaggio, e Kelly disse di no, e il Senatore le chiese se per favore poteva prenderne uno per lui... oltre a quello che già lui aveva con sé, naturalmente. In un primo momento Kelly pensò che scherzasse, ma lui diceva sul serio: aveva in mano un vodka-tonic appena rabboccato e voleva che Kelly se ne procurasse un altro. Kelly esitò, ma solo per un istante. Buffy raggiunse Kelly nel vialetto, le strinse la mano e le sussurrò all'orecchio: «Telefonami, tesoro! A qualsiasi ora.» Il che voleva dire che non era ancora successo perché ecco là Buffy in mezzo al vialetto che levava la mano in un languido saluto. 32. Non era ancora successo, vide se stessa correre dispettosamente in calzini bianchi sulla moquette pungente ditini scattanti e nervosi e una persona alta piombare alle sue spalle per afferrarla con presa forte e sicura sotto le ascelle tenendola ben salda Chi è? chi è? È il mio angioletto 'Lizabeth! Era così. Quella era la sua storia. Il suo passato. Lo capiva. Non c'era dubbio. E tuttavia stava spiegando a un gruppo di persone anziane, i cui volti erano indistinti al di là del parabrezza incrinato che non era come pensavano loro, lui non l'aveva abbandonata, era andato a cercare aiuto, quell'uomo di cui non riusciva a ricordare né il nome né il volto sebbene fosse sicura di saperlo riconoscere se lo avesse rivisto, era andato in cerca di aiuto, a chiamare un'ambulanza ecco dov'era andato, non l'aveva lasciata a morire nell'acqua nera. Non l'aveva presa a calci, non era fuggito da lei. Non l'aveva dimenticata. Assurde unghie laccate di rosa, ora spezzate, frantumate. Ma avrebbe lottato. Una schiuma punteggiata di sangue alle narici, gli occhi rovesciati ma avrebbe lottato.
... non l'aveva abbandonata scalciando per uscire dall'auto condannata, nuotando disperatamente a riva dove giacendo esausto aveva vomitato quell'acqua lurida in cui non sarebbe tornato per nulla al mondo, rialzandosi infine (non avrebbe saputo dire dopo quanto tempo: mezz'ora? un'ora?) per fuggire ignominiosamente zoppicando con una scarpa sì e una no, un'assurda situazione che un giorno i suoi nemici avrebbero potuto usare contro di lui se non fosse riuscito a impedirlo, zoppicando e incespicando lungo la strada della palude col terrore di essere scoperto da qualche automobilista di passaggio verso la strada principale a tre chilometri di distanza ansando convulsamente in rantoli di panico Cosa posso fare! Cosa posso fare! Dio dimmi cosa devo fare! il folle stridio degli insetti e l'incubo di sciami di zanzare che gli ronzavano intorno alla testa a pungergli la pelle così sensibile, gonfia, la fronte contusa, il naso che doveva essersi rotto nell'urto contro il volante, e sulla strada asfaltata si era accucciato ansimante come un cane tra le canne alte in attesa che il traffico si diradasse per poter correre zoppicando attraverso la strada sino a una cabina telefonica nel parcheggio del Post Beer & Wine intorpidito e con la gola secca per il protrarsi di un terrore viscerale, il protrarsi onirico di un orrore così indicibile e inaccettabile da non riuscire a contemplarlo, il Senatore che fuggiva a piedi una scarpa sì e una no scarmigliato e sporco come un ubriaco e se qualcuno l'avesse visto? l'avesse riconosciuto? fotografato? e se Dio che per un pezzo l'aveva protetto adesso gli negasse il suo favore? e se questa ignominia fosse la fine? una fine claudicante ansante coperta di fanghiglia nerastra? e se un giorno non si fosse riscattato emergendo tanto sui nemici quanto sugli ammiratori? e se malgrado tutto non fosse riuscito ad ottenere la nomina dal suo partito, e non venisse mai più eletto presidente degli Stati Uniti? e se fosse crollato tra lo scherno gli insulti le beffe dei nemici? poiché la politica è in essenza l'organizzazione sistematica dell'odio, come aveva detto Adams: o eri organizzato o non lo eri: e il terrore di quella situazione lo assaliva in ondate di nausea allo stomaco, vacillando come un ubriaco correva attraverso l'autostrada ormai del tutto sobrio e convinto di restare sobrio, si ripromise, per il resto della vita e sarebbe stata una degna vita se solo Dio lo avesse soccorso in quel momento di angoscia Se Tu avessi pietà di me adesso sussultando e chinandosi dilaniato da un improvviso dolore al ventre mentre nelle vicinanze in un parco comunale razzi scintillanti sfrecciavano nel cielo notturno con esplosiva gaiezza e vivide girandole di colori ROSSO BIANCO e BLU e sulla scia
dei razzi gli oooh! e aaah! di infantile ammirazione, l'improvviso guaito isterico di un cane e il grido furioso di un giovane «Basta!» quindi non era uno sparo ma solo un rumore di nessuna importanza e nelle dita irrigidite stringeva una moneta come un talismano, il portafogli a posto nella tasca e con il denaro intatto, in effetti sembrava appena umido, era riuscito a chiedere con calma al servizio informazioni il numero dei St. John residenti in Derry Road, felice di riuscire a ricordare il nome e poi all'ottavo squillo una donna aveva risposto ed era stata costretta dal chiacchiericcio festaiolo sullo sfondo a chiedergli di ripetere il nome della persona con cui voleva parlare... e lui a questa sconosciuta che era un'ancora di salvezza come una paglia per un uomo sommerso in una pozza d'acqua che gli copriva appena la testa disse con voce bassa e leggermente arrochita priva di un accento riconoscibile: Ray Annick, per favore, sono Gerald Ferguson e vorrei parlare con Ray Annick, e la donna si allontanò e il chiacchiericcio e le risate divennero più forti e infine Ray venne all'apparecchio, nervoso, apprensivo: «Sì, Gerry? Cosa c'è?» sapendo che dovevano esserci guai in vista perché Ferguson non era un amico ma un collega avvocato che non l'avrebbe mai chiamato a quell'ora se non ci fossero stati dei guai, e il Senatore disse, con la sua voce, rotta e disperata: «Ray, non è Ferguson, sono io», e Ray rispose sorpreso: «Tu?» e il Senatore disse: «Sono io, e sono nei guai, c'è stato un incidente», e Ray chiese con la voce fievole di uno che si sente mancare la terra sotto i piedi: «Cosa? Che incidente?» e il Senatore disse, con voce più alta adesso: «Non so che cazzo fare: quella ragazza... è morta», battendo la fronte già contusa contro la lercia parete di plastica della cabina telefonica, poi dopo un istante di silenzio attonito Ray disse: «Morta...!» e fu più un soffio che un'esclamazione, e poi si affrettò ad aggiungere: «Non raccontarmelo al telefono. Dimmi dove sei e ti vengo a prendere», e il Senatore ora singhiozzava, furibondo e incredulo e dolente: «La ragazza era ubriaca, e in un momento di agitazione ha afferrato il volante e la macchina è uscita di strada e diranno che è omicidio colposo, mi beccheranno per...» e Ray lo interruppe, con tono incollerito e autoritario adesso: «Piantala! Taci. Dimmi dove sei per l'amor di Dio, che vengo a prenderti.» E il Senatore così fece. Sul quadrante del suo Rolex lampeggiava ancora l'ora: 21.55. Ma di tutto questo Kelly non sapeva nulla né avrebbe potuto saperlo perché in effetti a lei sembrava che l'incidente non fosse ancora avvenuto... perché la lucente Toyota nera che solo adesso svoltava sulla deserta strada
sterrata e accidentata, la brillante e romantica luna sopra di loro, qualcosa di sommesso e sincopato alla radio e, sì, lei sapeva che questo era un errore, probabilmente un errore, sì forse si erano perduti... ma perdersi era nelle loro intenzioni. Mentre l'acqua nera le riempiva i polmoni, e lei moriva. No: all'ultimo momento tossendo e soffocando lei si sforzò di sollevare ancora di più il torso, di alzare ancora il capo in modo che i muscoli si contrassero sulle ossa e sui tendini del braccio sinistro mentre le dita afferravano quello che lei ormai non riconosceva più come volante ma sapeva che era uno strumento di salvezza perché sopra di lei fluttuava ancora la bolla, molto più piccola ma ancora presente e lei stava bene e abbracciava stretta stretta una stupefatta Buffy St. John, giurando che l'amava come una sorella e che le dispiaceva di averla deliberatamente ignorata per gli ultimi due o tre anni spiegandole che si era trattato di un incidente e che non era colpa di nessuno. E se invece fosse già successo...? L'auto che filava slittando lungo quella strada senza case, senza traffico, in un terreno paludoso che si stendeva per chilometri, ovunque le canne puntute e brune, l'ondeggiante erba alta, i pini nani, tutti quegli alberi stranamente privi di vita - tronchi - e l'aspra percussione ritmica degli insetti in amore che sembravano intuire che il tempo aveva subito un'accelerazione, che la luna presto si sarebbe capovolta e in un fosso lungo la strada Kelly vide senza badarvi (perché lei e il Senatore parlavano) un tavolo da tinello rotto, la ruota anteriore di una bicicletta da corsa inglese, il corpo decapitato di una bambola color carne... distogliendo lo sguardo dalla bambola per non vedere il buco tra le spalle simile a una vagina bizzarramente mutilata là dove era stata strappata la testa. Sei una ragazza americana che ama la propria vita. Ami la tua vita, credi di averla scelta tu. Stava annegando, ma non sarebbe annegata. Era forte, non si sarebbe arresa senza mettercela tutta. E oltre il parabrezza c'era il volto ansioso di lui che, quando lei si era ormai convinta di essere stata abbandonata, si era rituffato per ripescarla, e strattonava con tanta violenza la maniglia da scuotere l'auto, e quant'era alto, come era calda e dorata la sua abbronzatura, era il più alto di tutti, con quel suo sorriso smagliante pieno di denti, quei peli folti e ricciuti sulle braccia e le braccia salde, muscolose, il polso destro, come le aveva detto, visibilmente più grosso del sinistro per via dello squash, decenni di accanita dedizione allo squash, e lei aveva toccato il costoso orologio digitale
d'oro bianco sul polso notando quanto gli stava stretto, il cinturino che mordeva la pelle. Quasi divertito da quel suo Rolex all'ultima moda, lui aveva detto qualcosa a proposito delle ultime generazioni che dovevano avere un nuovo concetto del tempo essendosi abituate a vedere i numeri che scorrevano lampeggiando anziché un quadrante in cui si osservava lo scorrere circolare delle ore, spazio misurabile e percorribile solo in avanti. E le sue dita robuste che le stritolavano la mano. Kelly ha detto? Kelly? Quella mattina lei aveva corso lungo la spiaggia tra le dune, il vento nei capelli e il bianco splendore del sole e la battigia schiumosa dove i piovanelli dal petto maculato e i lunghi becchi sottili e le zampette delicate becchettavano nella sabbia bagnata e lei aveva sorriso vedendo i loro strani movimenti precipitosi, la loro totale concentrazione, sentendosi allargare il cuore Voglio vivere, voglio vivere per sempre! Stava scendendo a compromessi sì d'accordo avrebbe dato la gamba destra, tutte e due le gambe se lo avessero ritenuto necessario, quelli del pronto soccorso, sì amputate, d'accordo procedete pure, fate pure vi firmo dopo il consenso, prometto di non farvi causa. Artie Kelleher era quello da cui guardarsi!... era questione di carattere, «litigioso» lo definivano scherzosamente in famiglia, ma Kelly gli avrebbe spiegato le circostanze, Kelly si sarebbe assunta la responsabilità. Inghiottiva l'acqua nera in piccole e rapide sorsate pensando che se l'avesse buttata giù con sufficiente rapidità sarebbe stato come berla, e lei se la sarebbe cavata. Cos'era? - un regalo per lei? - fissando con occhi attoniti ed euforici quello che la nonna le aveva cucito, un vestito di piqué bianco con un motivo a fragoline, lo avrebbe indossato con le scarpe nuove di vernice e i calzini bianchi orlati di rosa. Ami la vita che hai vissuto perché è la tua. Perché quello è stato il tuo percorso. Li vide che la scrutavano con attenzione, dovette nascondere le lacrime perché non voleva turbarli. Non voleva che sapessero. Nonna, mamma, papà... vi amo. Però le sembrava strano, e non del tutto gradevole, che fossero così giovani. Non se li ricordava così giovani. Era rischiosa l'avventura della sua giovinezza, sì forse era un errore ma si era protesa sollevandosi sulle punte dei piedi nudi per ricevere quel bacio come se le fosse dovuto, perché lei era la prescelta, lei e nessun'altra, aveva soppiantato tutte le altre, tutte le giovani donne che si sarebbero fatte
baciare da lui, da quell'uomo di cui aveva dimenticato il nome, esattamente allo stesso modo. Non era innamorata, ma lo avrebbe amato se questo avesse potuto salvarla. Non aveva mai amato nessuno, era una brava ragazza ma avrebbe amato quell'uomo se questo avesse potuto salvarla. L'acqua nera le invadeva la bocca, le narici, non c'era modo di evitarla, le riempiva i polmoni, e il cuore le batteva in grandi balzi irregolari nello sforzo di fornire ossigeno al cervello che si stava spegnendo e lei vedeva con precisione aghi frastagliati levarsi come stalagmiti - cosa significava? Rideva mestamente pensando a quanti baci aveva ricevuto che sapevano di birra di vino di whiskey di sigarette di marijuana. Ami la vita che hai vissuto, non ce n'è un'altra. Ami la vita che hai vissuto, sei una ragazza americana. Credi di averla scelta tu, quella vita. Eppure lui stava tuffandosi nell'acqua nera, si tuffava verso l'auto, le dita allargate sul parabrezza incrinato e i riccioli levati sulla testa, Kelly?... Kelly?... lo vide muto e stupefatto e quanti minuti, ore erano passati, quanto tempo era stata in quel posto lei non lo sapeva perché il tempo non avanzava in quell'angusto angolo buio dove lei era intrappolata nel metallo contorto in una stretta paralizzante. Ma lo vide! - eccolo! - all'improvviso sopra di lei che finalmente si inabissava per aprire la portiera, quella portiera che l'aveva tenuta prigioniera, e il cuore di lei si allargò per la gioia e la gratitudine fin quasi a scoppiare mentre anche gli occhi uscivano dalle orbite lei levò le braccia verso di lui, affidandosi a lui affinché le sue dita forti potessero stringerle i polsi e sollevarla dall'acqua nera finalmente! finalmente! risalendo insieme salendo all'improvviso leggeri verso la superficie dell'acqua e lei si liberò dalla sua stretta come una bimba cocciuta che voleva nuotare da sola adesso batteva i piedi e zampettava con gran sollievo le gambe intorpidite di nuovo funzionanti come dopo un brutto sogno e con forti ritmiche bracciate come le avevano insegnato a scuola si portò trionfante alla superficie finalmente! finalmente! gli occhi spalancati a rivedere lo splendido cielo notturno come se non fosse mai sparito e la gigantesca luna e così astutamente pensò Se la vedo, vuol dire che sono ancora viva e quella semplice constatazione la riempì di una grande serenità gioiosa scorgendo mamma e papà che la aspettavano tra le alte erbe della palude sebbene fosse sorpresa di notare che non erano più giovani ma vecchi, più vecchi di come li ricordava, i volti tirati dal dolore che la fissavano
inorriditi come se non l'avessero mai vista in vita loro, Kelly, la piccola 'Lizabeth, come se non la riconoscessero mentre, con i calzini bianchi, correva strillando in gioiosa anticipazione levando le braccia per farsi sollevare in aria scalciando nell'aria mentre l'acqua nera le riempiva i polmoni, e lei moriva. Ringraziamenti Nel Capitolo 30 sono stati utilizzati dati ricavati da The Reimposition of Capital Punishment in New Jersey: The Role of Prosecutorial Discretion di Leigh B. Bienen, Neil Alan Weiner, Deborah W. Denno, Paul D. Allison e Douglas Lane Mills, Rutgers Law Review, autunno 1988, e This Is Your Death di Jacob Weisberg, The New Republic, 1 luglio 1991. La citazione del Capitolo 32, «La politica ... l'organizzazione sistematica dell'odio», è tratta da Henry Adams, The Education of Henry Adams. FINE