Meredith Webber
Brividi D'Amore Doctors In Paradise - © 2004 Serie Bianca N° 1114
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Meredith Webber
Brividi D'Amore Doctors In Paradise - © 2004 Serie Bianca N° 1114
1 Licenziare il dottore. Caroline aggiunse una voce alla lista delle cose da fare, sottolineandola più volte. Era sicura che evidenziare l'incombenza l'avrebbe aiutata. Non aveva ancora incontrato l'uomo a cui avrebbe dovuto dare quella comunicazione, ma sapeva che non sarebbe stato un compito facile. Salve, sono Caroline Sayers e lei è licenziato. Sospirò. Qualcosa dentro di lei le suggeriva che, forse, non era il modo migliore per cominciare una conversazione delicata. Anche suo padre, esperto uomo d'affari, aveva sempre avuto problemi nel comunicare la fine di un rapporto di lavoro e si rendeva conto che per lei sarebbe stato ancora più difficile. Cancellò la nota e riscrisse: Parlare al dottore. Andava già molto meglio. Era tesa e immaginare la conversazione che avrebbe avuto non la aiutava di certo. Sa, fare sesso con le clienti non è esattamente parte del suo lavoro. Sembrava un buon inizio, ma forse sarebbe stato meglio usare un'altra frase, magari più diplomatica. Anche se chiamiamo le nostri ospiti clienti, non dobbiamo dimenticare che sono pazienti a tutti gli effetti. Si ricordi che è così che lei si impegnò di considerarle con il giuramento di Ippocrate. All'improvviso immaginò lo sguardo indagatore diretto verso di lei. Il bel dottore biondo di Tranquillity Sands le avrebbe sicuramente chiesto: Considerarle... come?, con voce calda e seducente. Chissà poi perché lo immaginava biondo. E non avrebbe avuto via di scampo. Avrebbe dovuto rispondergli a tono. Maledizione, non ci voleva proprio! Come se non avesse già tanto da fare con la direzione della beauty farm, il controllo della costruzione del braccio operatorio e tutto il resto. Doveva assolutamente portare Meredith Webber
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Tranquillity Sands al livello degli altri centri estetici della catena di suo padre e non poteva permettersi alcuna distrazione. Nemmeno quella causata dal giovane e affascinante dottore, che si permetteva perfino di disertare il lavoro. Infatti, lei era lì da quasi tre giorni e non l'aveva ancora visto, nonostante fossero arrivati nuovi clienti. Era certa che lui sapesse che aveva il compito di accoglierli e sottoporli alle analisi cliniche. Caroline fece un lungo respiro e restò ferma, a fissare il corridoio buio che si intravedeva oltre la porta dell'ufficio. Da quella posizione non poteva vedere i giardini, gli alberi e gli arbusti profumati, ma sapeva che c'erano, ed erano in fiore, pronti a travolgerle i sensi con la loro bellezza sgargiante. Quello era il bello dei tropici: tutto era talmente incantevole da sembrare dilatato, quasi irreale. Hokomana faceva parte dello stato di Vanuatu, nel Pacifico ed era una splendida isoletta della Barriera Corallina, circondata da un mare azzurro e trasparente. Tranquillity Sands era sicuramente il posto più bello che lei avesse mai visto e, forse, anche che avesse mai solo immaginato. I clienti, invece... Caroline cercò di ricordare con esattezza di cosa avevano parlato quelle tre donne la mattina presto, a colazione. Aveva capito che stavano parlando di sesso e di un dottore. Quando le aveva sentite addirittura scommettere su chi tra loro sarebbe riuscita per prima a portarselo a letto, Caroline aveva tentato di interromperle, ma le signore l'avevano spiazzata, invitandola a unirsi alla conversazione. Le avevano rimproverato di avere un vantaggio su di loro perché era un medico ma Caroline, con il suo autocontrollo, le aveva rassicurate, sostenendo di non avere alcun interesse per brevi relazioni di quel tipo. Il gruppetto era scoppiato a ridere e una di loro aveva detto che le occasioni della vita andavano prese al volo. «E poi lui è davvero molto sexy» aveva aggiunto un'altra. Caroline era sicura che appena se ne fosse andata, quelle donne avrebbero ripreso le loro considerazioni audaci sul dottore. Era chiaro che quel medico era un problema per la beauty farm. Cercò di allontanare quei pensieri. Molto meglio concentrarsi sul lavoro che l'aspettava. Prima di parlare con lui doveva rendersi conto del lavoro che aveva svolto e capire se l'errore che aveva riscontrato in alcune ricette mediche era dovuto a una sua negligenza. Avrebbe chiesto una mano a Lucy di Sick Bay. Meredith Webber
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Caroline decise di darsi delle priorità. Il problema principale non era capire se il dottore avesse o meno relazioni sessuali con le clienti. Non era il caso di affrontarlo, almeno per il momento. Era, invece importante capire se poteva fidarsi professionalmente di lui. E come prima cosa, doveva calcolare le ore che aveva realmente prestato presso il centro. Da qualche parte, nell'archivio dell'ufficio, dovevano esserci le schede dei pazienti. Caroline aveva letto tutte le brochure informative e sapeva che ognuno degli ospiti veniva visitato e sottoposto ad analisi, entro ventiquattro ore dall'arrivo. Sapeva anche che i medici dovevano registrare i dati relativi ai pazienti su una scheda, ma era consapevole che fisioterapisti e dietisti spesso sbrigavano questi compiti al posto del medico. Ora però tutto questo sarebbe finito. Avrebbe riportato l'ordine. Stava frugando assorta nel primo cassetto dell'archivio, quando il pianto lontano di un bambino la bloccò. L'aveva già sentito le due sere precedenti. La prima volta, stanca per il viaggio, l'aveva ignorato. E adesso, eccolo di nuovo. Eppure era impossibile che ci fosse un bambino a Tranquillity Sands! Ricordò la notte prima, quando aveva sentito il pianto. Si era precipitata fuori dal suo ufficio, seguendo quel lamento attraverso un corridoio poco illuminato. All'improvviso, le era sembrato di intravedere una figura proprio davanti a lei che, però, era subito sparita attraverso una delle porte che conducevano in giardino. Caroline l'aveva seguita, ma non aveva visto nessuno, nonostante il chiarore della luna. E adesso lo sentiva di nuovo, anche se era certa che non ci fossero bambini nell'edificio. Rifletté un momento. Forse, era solo il vento che soffiava tra le palme. O, più probabilmente, un animale, il cui verso assomigliava al pianto di un bambino. No, quel pianto era inconfondibile. Da qualche parte a Tranquillity Sands, c'era un bimbo che piangeva. Caroline pensò che doveva aggiungere un altro appunto alla sua lista. Imparare a muoversi nell'edificio conquistò il primo posto, molto prima di Parlare al dottore. Era arrivato il momento di conoscere in modo approfondito la sua beauty farm. Meredith Webber
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Uscì in corridoio e ascoltò di nuovo, con attenzione. Il pianto proveniva da sinistra, da Peacehaven Wing. No, forse Peacehaven si trovava sulla destra. Sulla sinistra c'era invece l'ala di Contentment. Comunque non era quello il problema più importante. Doveva capire da dove provenisse il pianto del bimbo. Caroline percorse il corridoio fino in fondo e poi girò a sinistra. Vide un'ombra scivolare furtivamente lungo il corridoio successivo. Rimase impietrita dalla paura, ma cercò di dare una spiegazione plausibile a quello che aveva visto. Forse era una cliente a dieta, che, sorpresa da un attacco improvviso di fame, si stava dirigendo in cucina per scovare qualcosa di buono. La cucina, però, era da un'altra parte... Caroline aveva il cuore che le martellava nel petto mentre continuava a percorrere il corridoio buio. Perché si sentiva così? Forse perché si trattava di un bambino? Non riusciva a credere che il passato riuscisse ancora a perseguitarla. Provò a rilassarsi. Doveva cercare di capire cosa o chi fosse quella figura sottile che aveva visto in lontananza. Le era sembrata una donna in camicia da notte. Immersa nei suoi pensieri, arrivò a un punto in cui il corridoio si divideva in due. Si fermò un instante. Il pianto si era interrotto, tuttavia lei avvertì qualcosa alla sua sinistra, un movimento leggero, che la indusse a proseguire in quella direzione. Conosceva abbastanza l'edificio da sapere che il passaggio sulla destra era chiuso per lavori in corso e che le stanze sulla sinistra erano usate per i vari trattamenti di bellezza: massaggi, fanghi e terapie di vario genere. Erano locali in cui poteva tranquillamente entrare alle due del mattino senza disturbare nessuno. Aprì lentamente la prima porta, tastando la parete per cercare l'interruttore della luce. Essendoci solo il lettino per i massaggi, non c'era un posto dove potersi nascondere ed era vuota. Nessuno che indossasse una camicia da notte vaporosa e, tanto meno, nessun bambino. Passò al locale successivo, controllando questa volta l'interno di un boxvasca, ma non trovando niente, di nuovo dovette arrendersi: non c'era anima viva. Anche la terza stanza era vuota, come le altre due. Meredith Webber
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Caroline giunse alla conclusione che il bambino e la donna dovevano essere passati dalla porta che conduceva in giardino quando, all'improvviso, vide girare la maniglia a pochi centimetri da lei. La porta si aprì molto lentamente, come se la persona che stava per entrare volesse farlo di nascosto, cercando di non far cigolare i cardini. In una frazione di secondo, Caroline si nascose dietro un paravento trattenendo il fiato per non farsi scoprire. Dopo qualche minuto, sentì uno scalpiccio, simile al suono che fa chi cammina a piedi nudi sulla moquette. I passi erano sempre più vicini. Sempre più... Tremando, rimase nascosta, in attesa che lo sconosciuto passasse. Riuscì a vedere la schiena dell'uomo che era, ora in fondo al corridoio. Camminava lentamente, a piedi scalzi. Indossava un paio di pantaloncini jeans schiariti dal sole e una camicia svolazzante, a motivi floreali. Aveva un bel paio di spalle. Che fisico, questi isolani di Vanuatu!, pensò Caroline istintivamente. Cercò di ricomporsi, anche se il paragone tra i giovani clienti prestanti e gli allampanati colleghi con cui aveva lavorato recentemente continuava a rimbalzarle in mente. Mentre era immersa in quei pensieri, l'uomo aveva raggiunto il punto in cui il corridoio portava verso il suo ufficio. Lo superò, poi tirò dritto e si diresse verso la porta che conduceva all'altra ala dell'edificio. Sollevata dal fatto che non aveva intenzione di entrare, Caroline aspettò finché non sentì sbattere la porta dietro di lui. Poi lo seguì. Che stupida sono a comportarmi così, si disse. Ma più di ogni altra cosa, voleva capire chi fosse quell'uomo. E se fosse stato un ladro? Proseguì. Arrivò alla porta, la aprì e sentì di nuovo quel pianto. Si voltò e una figura svolazzò per il corridoio. Sembrava un fantasma. «Oddio» riuscì a malapena a sussurrare. Impietrita dalla paura, si aggrappò alla maniglia. Non sapeva se andare avanti o scappare. Improvvisamente qualcuno le strattonò la porta dalle mani e fu, così, costretta ad allentare la presa. «Accidenti!» L'esclamazione echeggiò per il corridoio, mentre l'uomo in pantaloncini jeans si accorgeva della sua presenza. «Si può sapere chi diavolo è lei?» le chiese afferrandole un braccio. «Sono io quella che dovrebbe fare questa domanda, non crede?» rispose Caroline, sorpresa da quanto fosse difficile usare un tono di voce freddo e distaccato, quando stava ancora rabbrividendo per la paura. Meredith Webber
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«Lucas Quinn al suo servizio, gentile signora!» Il tono canzonatorio di quelle parole spinse Caroline a osservarlo attentamente. Era abbronzato e aveva i capelli scurissimi. Questi elementi, il fatto che fosse a piedi scalzi e indossasse una camicia hawaiana facevano pensare a un isolano, ma l'accento era chiaramente di una scuola inglese. La cosa più attraente di Lucas Quinn erano gli occhi. Non erano come quelli degli abitanti del luogo, scuri e vellutati, ma grigi, intensi e misteriosi. E belli da togliere il fiato. Il nome la incuriosì. «Lucas Quinn? Il dottor Lucas Quinn?» Avvertì una nota innaturale nella sua voce che la infastidì e respirò profondamente prima di parlare di nuovo. «Si è perso nel buio?» gli chiese, con un pizzico di ironia. Aveva il pianto del bimbo misterioso ancora impresso in mente. «Non ricorda che le stanze dei pazienti sono esattamente dall'altra parte dell'edificio?» La paura aveva lasciato il posto all'indignazione e dubitava che sarebbe risuscita a calmarsi facilmente. «Oppure aveva intenzione di vedere qualcuna delle clienti con intenti chiaramente lascivi?» «Lascivi?» Caroline sentì il suono di quella parola pronunciata piano e subito dopo vide gli occhi grigi scintillare divertiti sotto la luce fioca. «È la prima volta che uso questa parola, nonostante l'abbia spesso letta in molti romanzi, ma non è questo che interessa adesso. Mi risponda!» Lui fece cenno di no con la testa. I bei capelli lisci si mossero e Caroline pensò che non poteva essere un abitante dell'isola, visto che tutti quelli che aveva incontrato fino a quel momento avevano i capelli ricci. «Insomma, voglio sapere cosa ci fa qui, in questa parte dell'istituto, a quest'ora!» «Davvero?» Adesso gli occhi grigi stavano indugiando sul suo corpo. Nonostante ne fosse infastidita, Caroline finse di non accorgersene. Così come finse di non notare il sorriso smagliante del giovane. Sì, perché si trovava proprio davanti a un vero seduttore, con labbra perfette, da baciare. Per non parlare delle gambe, davvero sexy... «E non cerchi di darmi a bere la storia che stava andando a visitare una paziente» lo anticipò, cercando di riflettere su quello che diceva, prima di parlare. Lui continuava a guardarla incuriosito, ma non aveva più l'aria divertita Meredith Webber
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di prima. «Perché dovrei darle a bere qualcosa?» le disse, ritornando di nuovo sorridente. «Anche se sarebbe carino. Verrebbe con me sotto un ramo di loto per ristorarsi un po'?» «Non credo che sia questo il verso esatto di quella poesia. E comunque devo avere il libro da qualche parte» lo corresse Caroline, scurendosi in volto. Non riusciva a credere che stesse avendo una conversazione tanto strana. Ma in quella beauty farm tutto era anomalo: pianti di bambini, fantasmi, e adesso anche gigolò da strapazzo. «Le ripeto la domanda. Cosa ci fa qui?» chiese di nuovo Caroline, guardandolo negli occhi per evitare di soffermarsi su altri pericolosi particolari. «Se le dicessi che ho visto un fantasma, non mi crederebbe» le rispose. Caroline continuava a fissarlo negli occhi, ma intuì che stava sorridendo. «Credo lei sia Caroline Sayers. Mi hanno detto del suo arrivo, ma non mi aspettavo di conoscerla in queste circostanze e a quest'ora di notte.» Le prese un braccio. Quel tocco leggero la fece rabbrividire, e non di paura. Si ravviò i capelli e riprese: «Non mi sembra il posto giusto per un chiarimento.» La spinse verso la porta. «Perché non andiamo nel suo ufficio? Lì le spiegherò tutto.» Caroline annuì con un cenno del capo e lo seguì ma, quando furono a metà del corridoio, si ricordò del pianto del bambino. «Aspetti! Voglio controllare ancora una cosa.» Si voltò per tornare indietro, ma lui la riafferrò per il braccio e la fermò. «Vuole guardare fuori? Perché? Sono le due del mattino e anche se Vanuatu è un posto tranquillo, non dovrebbe andarsene in giro da sola.» «Lei sa di quella donna. E del bambino! Non può non averli visti, ne sono sicura.» Lucas le fissò il viso. Caroline era bianchissima: capelli, occhi e vestito chiari le davano un'aria ancora più pallida. «Deve averli visti» insistette lei. «Io non ho visto nessuno» replicò, continuando a osservarla. «Non crede che se fossero passati una donna e un bambino li avrei notati? E perché poi avrei dovuto vederli?» «Perché io li ho visti passare pochi istanti prima che lei arrivasse!» Lucas si accorse di essersi sbagliato. I colorì della donna che aveva di fronte non erano poi così sbiaditi. Adesso riusciva a vederla meglio. Gli occhi erano nocciola scuro con riflessi verdi, molto intensi e le labbra rosa Meredith Webber
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chiaro. «Andiamo nel suo ufficio» le suggerì di nuovo. «Se la donna e il bambino sono usciti da questa porta, credo che ormai saranno lontani. Non vedo, comunque, come sarebbe potuto accadere, visto che ero qui e non ho visto niente.» Caroline sembrava più tranquilla, nonostante il braccio rigido come un pezzo d'acciaio. Glielo stava stringendo troppo forte e un po' di gentilezza in più non avrebbe certo guastato. «Da quando è arrivata, ha dormito oppure è sempre andata in giro per i corridoi a caccia di intrusi?» «Sta forse insinuando che mi sono immaginata tutto? Il pianto? La figura nel corridoio? Perché sono stanca? Mi stia a sentire» lo attaccò puntandogli un dito sul petto, con le guance rosse per la rabbia. «Posso stare una settimana senza dormire e non avere nessun tipo di allucinazioni. Le dico che ho sentito quel lamento. E ho visto qualcuno camminare lungo il corridoio e non solo stanotte, ma anche ieri. E sappia che voglio capire il perché della sua nefasta presenza qui. E sono io che dovrei fare domande, non lei!» «Lascivi, nefasta? Il mio vocabolario risulterà sicuramente arricchito dalla sua presenza.» «No, non credo. Lei è licenziato.» Caroline si liberò improvvisamente dalla sua stretta e scappò per il corridoio, dirigendosi verso il suo ufficio. Solo quando fu finalmente al sicuro nel suo studio, appoggiata contro la porta chiusa, si rese conto che avrebbe dovuto annunciargli il licenziamento in un'altra situazione e in un altro modo. Oltretutto, non aveva molti elementi per mandarlo via. Ecco perché nella lista aveva cancellato Licenziare il dottore e aveva scritto Parlare al dottore. Si accorse che stava incominciando a tremare. Non aveva mai licenziato nessuno, prima. Comunque era certa che la sua inquietudine non fosse assolutamente dovuta al contatto fisico con Lucas. In fondo non era sua abitudine licenziare qualcuno come aveva appena fatto. Cercò di tranquillizzarsi dicendo a se stessa che il suo scatto di nervi era il risultato di un mix di stanchezza, tensione e rabbia. Aveva perso il controllo e lui era stato molto irritante. Meredith Webber
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«Caroline! Apra, per favore. Dobbiamo parlare.» Lucas era dietro la porta e parlava piano, ma nel silenzio della notte sembrava quasi urlasse. Caroline non sapeva cosa dirgli. Forse avrebbe potuto salvare la situazione dicendo che aveva commesso un errore e che non era licenziato. «Non ho niente da aggiungere, mi dispiace» mormorò di rimando. «Caroline, lei ha bisogno di me qui!» «Non mi faccia ridere. In questo momento ho bisogno di lei come di un pugno nello stomaco.» Era la conversazione più ridicola che avesse mai avuto, inclusi gli scambi di vedute con pazienti psicolabili durante i suoi primi anni di tirocinio. «Non credo. Io non creo problemi, casomai li risolvo. Ecco perché ha bisogno di me.» Caroline non rispose. Dopo qualche minuto non lo sentì più parlare. Probabilmente era andato via. Tutta quella situazione le sembrava irreale. L'unica cosa concreta era la stanchezza che la stava assalendo. E se si fosse immaginata tutto? Il bimbo che piangeva, il fantasma, quel dottore così sexy... Sexy? E adesso perché mai pensava a lui in quel modo? Invadente, maleducato, prepotente, qualsiasi altro aggettivo lo avrebbe descritto meglio. Scivolò lentamente contro la porta e finì col sedersi sul pavimento. Rimase così per almeno cinque minuti, cercando di ricomporsi. «Sono proprio contento di vederla più serena. Presumo stia ripensando allo scherzo che mi ha fatto prima, quando mi ha detto che mi licenziava!» Lucas Quinn era rientrato nell'ufficio dalla portafinestra dietro la sua scrivania. Si fermò più o meno a un metro da lei. «Ora le sto parlando da medico» continuò, con tono serio e pacato. «Credo che dovrebbe andarsene a letto. E se non riesce a dormire, cosa normalissima quando si cambia fuso orario, posso darle un leggero tranquillante.» «Sono anch'io un medico» replicò lei freddamente, «e posso prescrivermelo da sola.» La risposta di Lucas era prevedibile. «Ecco il motivo del licenziamento. Non c'è posto per due dottori e suppongo che, visto che lei è la figlia del capo, sia io quello che deve andarsene. Non si preoccupi, capisco il nepotismo» continuò. «Soprattutto qui a Vanuatu è più vivo che mai. I Meredith Webber
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poteri e le competenze passano sempre da padre in figlio, attraverso quelle che gli occidentali amano chiamare prove.» Caroline pensò che stava sognando. Doveva essere un sogno, visto che tutto quello accadeva non aveva senso. Cercò di aprire gli occhi, ma con un lieve senso di disperazione si accorse che erano già spalancati. Allora forse era realtà. «Mi farebbe la cortesia di andarsene» gli chiese. Aveva bisogno di restare da sola. Lucas le si avvicinò e le spostò una ciocca di capelli dal viso, poi le cinse delicatamente le spalle. «Non prima di averla accompagnata nella sua suite.» Caroline non ebbe neanche la forza di replicare. Gli permise di aiutarla a rialzarsi e di accompagnarla nel suo appartamento, che si trovava subito dopo le camere dei trattamenti, nell'ala di Peacehaven. Mentre Lucas apriva la porta della stanza, Caroline si sorprese a mormorare: «Peacehaven. Ma quale mente contorta ha tirato fuori un nome del genere?». «La mia» rispose benevolo il suo interlocutore e, prima che lei potesse scusarsi, aggiunse: «Del resto, cosa possono desiderare di più le nostre clienti se non un Peacehaven, un rifugio nella pace rigenerante?». «Le sue clienti, vuole dire» lo corresse Caroline in tono sarcastico. Stava ancora rimuginando sul fatto che lo aveva licenziato. «Credo sia troppo stanca adesso per discutere di semantica» osservò, accompagnandola verso il letto. «Mi promette di andare subito a dormire, oppure devo spogliarla e portarcela io?» Spogliarla? Quella parola le fece immaginare le mani di lui sul suo corpo... «Me ne andrò dritta a letto, non si preoccupi» disse in un soffio. Si sentiva le labbra aride come la distesa di un deserto. «D'accordo. Sogni d'oro!» E le baciò delicatamente la fronte. Caroline non avrebbe voluto addormentarsi. Visto quello che era successo, sarebbe volentieri rimasta sveglia per un centinaio di anni. Ma, dopo qualche minuto, il sonno arrivò. Quando si svegliò pensò per un attimo di essere sul set di un film. Il sole splendeva, l'acqua del mare era trasparente, le foglie degli alberi erano mosse da una brezza leggera e i fiori diffondevano un profumo delicato nell'aria. Troppo bello per essere vero. Meredith Webber
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Caroline non distingueva più i sogni dalla realtà. Sul comodino accanto al letto c'era un vassoio, con un bicchiere di succo rosa, nettare delizioso che conosceva bene, una selezione di pasticcini molto allettanti, una tazza, un piattino e una brocca che era sicura contenesse dell'ottimo caffè nero bollente. Il tocco finale era dato da una composizione di orchidee rosa, che rendeva il vassoio della colazione un'opera d'arte. Caroline sospirò. Era una donna intelligente e sapeva che tutto quello che aveva davanti corrispondeva alla realtà. A essere onesti, dopo la sera prima, non sapeva più se il suo concetto di realtà fosse quello giusto. Solo una settimana prima era ancora al St Jude's Hospital, dove occupava una stanza piccola e triste. Per un attimo, le venne in mente l'aria inquinata del centro di Sydney, che rendeva le mura degli edifici giallognole e opache. Dalla finestra di quella camera guardava spesso la pioggia battere sui vetri. Sembrava che il sole si fosse dimenticato di splendere. La sua vita al St Jude's era pesante. Ogni volta che era di turno indossava il camice e si dirigeva al reparto di Pronto Soccorso, al suo lavoro. Si ricordò che aveva appena finito di dare i punti a una brutta ferita sulla fronte di Albert, un uomo che viveva in una camera costantemente rinfrescata, in un'area vicina all'ospedale, quando suo padre le aveva telefonato. Caroline aveva avvertito subito una certa tensione nella sua voce, comportamento abbastanza inusuale per lui. Era un uomo che teneva tutto sempre sotto controllo, emozioni comprese. Aveva ascoltato attentamente ciò che aveva da dirle. Era molto preoccupato per le sorti della sua nuova beauty farm e le proponeva di andare a sistemare le cose, almeno per un po' di tempo. Caroline gli aveva risposto che sarebbe stata felice di stabilirsi a Hokomana per qualche mese. La proposta di suo padre era capitata al momento giusto. Stanca della sua vita e di quel clima piovoso, aveva risposto subito di sì, sorpresa di constatare quanto fosse cambiata. Un tempo avrebbe sicuramente rifiutato, visto che odiava le beauty farm, di solito piene di gente presuntuosa e arrogante. Aveva cambiato idea. Adesso si chiedeva se quella bellezza rigogliosa che vedeva intorno a lei fosse realtà. Spesso la superficie delle cose era diversa dalla loro essenza. Anche l'immagine di Sydney, non corrispondeva alla condizione reale Meredith Webber
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della metropoli. Immersa nei suoi pensieri, aveva incominciato a mangiare i pasticcini. Dopo qualche minuto li aveva finiti. Non se ne era nemmeno accorta. Non avrebbe più dovuto mangiare in quel modo, altrimenti sarebbe diventata anche lei una paziente dell'istituto. «Caroline? Sei li? Tutto a posto?» chiese una voce maschile da dietro la porta. Non aveva accento inglese, ed era una voce familiare. Era Mark, un po' preoccupato di non averla ancora vista arrivare al lavoro. «Entra» lo invitò, nonostante indossasse un pigiama di cotone che sembrava il vestito di uno spaventapasseri. Di notte bisogna vestirsi per dormire comodi, non per sedurre, ricordò a se stessa. «Ma sei ancora a letto!» «No, mi sono alzata. Cosa c'è che non va?» Mark la guardò stupito. «Che non va? Niente! Mi chiedevo solo dov'eri finita. Arrivi sempre in anticipo in ufficio e, visto che anche tuo padre non è mai in ritardo, non sapevo cosa pensare.» Sembrava stanco. Caroline, seguendo il suo sguardo, si accorse che le stava osservando le dita dei piedi. Cercò di resistere alla tentazione di nasconderle. In effetti, aveva le unghie dipinte ognuna di un colore diverso, in ricordo dell'ultima serata che aveva trascorso con Emily, prima di lasciare l'Australia. Provò un improvviso senso di nostalgia ripensando a quanto si erano divertite. La piccola Emily era riuscita a intenerirla, impresa che, in effetti, non riusciva mai a nessuno. «Sarò in ufficio tra poco» comunicò a Mark, infastidita dall'imbarazzo che provava. Il fatto di avere le unghie dei piedi multicolori, non significava che non sarebbe stata una buona direttrice! E per dimostrargli quanto fosse efficiente, lo avvertì che aveva licenziato Lucas Quinn. «Non puoi licenziare Lucas» mormorò Mark, un quarto d'ora dopo. «È l'unico che sa come vanno le cose qui dentro.» Caroline osservò il direttore amministrativo dell'istituto di suo padre con grande stupore. «L'unico che sa come vanno le cose?» ripeté incredula al punto che fece fatica a pronunciare ogni singola parola. «Porti avanti dozzine di posti come questo per mio padre, hai realizzato i sistemi operativi, hai Meredith Webber
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computerizzato tutto, compresa la quantità di crema che serve a ogni paziente per un massaggio e mi dici che non sai come vanno le cose qui?» «Ti dico che non lo so» ribadì Mark, ancora turbato dalla notizia. In passato, Caroline aveva spesso pensato di esaudire il sogno del padre, che avrebbe voluto vederla sposata con Mark, ma adesso era certa che non avrebbe mai diviso la sua vita con un uomo così insicuro. «E io ti dico che devi» gli rispose Caroline, cercando di dargli una scossa. «Sei il migliore. Papà mi ha mandato qui proprio perché ci sei tu a insegnarmi i trucchi del mestiere.» «Sì, ma adesso è in Australia» le ricordò Mark, con voce più ferma. «E quando è lontano, non so come fare! Gliel'ho detto, ma non ha voluto ascoltarmi. Ecco perché abbiamo bisogno di Lucas.» In quel momento la porta si aprì. «Perché avete bisogno di me?» chiese Lucas, entrando nella stanza mentre la mente di Caroline era un turbinio. Le fece un sorriso radioso. «Non abbiamo bisogno di nessuno» gli rispose Caroline bruscamente, ma l'affascinante dottore non le badò. Era troppo occupato a stringere la mano a Mark, il quale si affrettò a salutarlo. «Ah, Lucas, buon giorno! Stavo appunto raccontando a Caroline quanto sia importante la tua presenza qui a Tranquillity Sands.» Caroline notò il tono diverso della voce di Mark e la cosa la infastidì, così come le diede fastidio lo sguardo di Lucas. E adesso cosa hai intenzione di fare?, le avrebbero sicuramente chiesto quegli occhi grigi se avessero potuto parlare. Cercò di ignorarlo e si avvicinò alla finestra, guardando lontano. Il sole era splendente e la bellezza del paesaggio era così intensa da togliere il fiato. Già, cosa avrebbe fatto adesso? Caroline iniziò e riflettere su quello che l'aspettava.
2 Farsi prendere dal panico sembrava la cosa più ovvia. Ma in quel momento entrò Rose, una delle collaboratrici dell'istituito, e il problema del ruolo di Lucas a Tranquillity Sands venne rinviato. «La signora della stanza quattro!» esclamò Rose, in preda al panico, biascicando qualcosa che riguardava una persona in fin di vita. Meredith Webber
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Caroline e Lucas si diressero immediatamente verso la porta, ma solo quando arrivarono nel corridoio capirono quello che stava succedendo. Jackie Finch, vestita solo di un ridottissimo bikini, era svenuta sul pavimento. Lucas le si avvicinò subito cercando di capire cosa era successo. «Ha la gola goffissima, quasi chiusa. Prendi un tubicino, una cannuccia, qualsiasi cosa!» urlò rivolto a Caroline. Prima che lei potesse capire quello che aveva intenzione di fare, Lucas si inginocchiò vicino alla donna stesa a terra ed estrasse un temperino d'argento dalla tasca, continuando a tastare la nuca di Jackie. «Presto!» gridò Lucas. Il tono incalzante della sua voce scosse Caroline, che uscì correndo dalla stanza, dirigendosi verso l'armadietto del pronto soccorso nel suo ufficio. Lo aprì, ricordando che il giorno prima aveva visto nell'armadio proprio dei tubicini sterilizzati. Li afferrò rapidamente, prese anche dei guanti e dei cerotti. Ritornò da Lucas, correndo. Lui aveva praticato alla donna una piccola tracheotomia per riuscire a farla respirare. «Non tagliare il tubicino, inseriscine solo un'estremità nel foro che ho fatto con il temperino» spiegò a Caroline. Lei gli si inginocchiò accanto, mantenendo un capo del tubicino, pronta a inserirlo appena Lucas le avesse fatto un cenno d'assenso. «Ora!» esclamò Lucas. Il piccolo tubo scivolò nella minuscola incisione. Lucas si alzò. «Non ho mai avuto l'occasione di usarlo, ma deve esserci un connettore nell'armadietto del pronto soccorso. Spero di trovarlo, altrimenti devo correre in ambulatorio. Tu rimani qui, vicino a lei. Riesce a respirare a malapena.» Caroline sapeva che stava parlando più a se stesso che a lei, come se stesse pensando ad alta voce. Adesso Jackie era fuori pericolo, ma Caroline rifletté sulle cure specialistiche di cui avrebbe avuto bisogno in futuro. Cure specialistiche? Chissà se si potevano fare a Vanuatu! Lucas ritornò dopo pochi minuti con un carrello pieno di strumenti chirurgici. «Mark ha chiamato un elicottero» la informò, mentre sistemava connettore e ossigeno. «Se avessimo avuto un vero ospedale qui a Hokomana, avremmo potuto fare delle analisi adeguate per stabilire Meredith Webber
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l'origine del problema. È chiaramente una reazione allergica a qualcosa, ma dovremo scoprire a che cosa!» «Per me, è stata una conchiglia.» Sentendo la voce di Rose, Caroline si voltò. Si rese conto che, probabilmente la donna era rimasta accanto a loro per tutti quei drammatici momenti. «Una conchiglia?» Rose indicò un cestino pieno. «Alla signora piace molto raccoglierle.» «Ma è proibito!» protestò Caroline. «Gli ospiti dell'istituto sanno che assolutamente non devono prendere le conchiglie vive.» «Come sanno che non devono fumare» osservò Lucas seccamente, alle prese con i tubicini. «Ma ciò non toglie che qualcuno di loro spesso si nasconda dietro un cespuglio per fare qualche tiro.» «Sì, ma una conchiglia non dovrebbe ucciderti!» osservò Caroline. Avvolse Jackie in una coperta e si chiese se fosse meglio sentirle il polso o misurarle la pressione. Dopotutto, anche lei era un medico. Poi decise che era meglio seguire le indicazioni di Lucas. Mark aveva ragione. Avevano bisogno di lui. Caroline si demoralizzò. Lei era un medico di pronto soccorso! Avrebbe dovuto saper fronteggiare ogni tipo di emergenza. Invece aveva bisogno di un'altra persona. «Una conchiglia» continuava a ripetere a bassa voce, come se le parole uscissero a ruota libera dalla rete dei suoi pensieri. «Esistono delle conchiglie che possono effettivamente uccidere, ma non credo che siano quelle che ha preso Jackie.» Lucas era d'accordo. Il suo tono di voce faceva trasparire la rabbia che aveva dentro. «Alcuni tipi di conchiglie coniche velenose, ad esempio, paralizzano i muscoli, ma Jackie non presenta nessun tipo di paralisi muscolare. Inoltre, i contrabbandieri le conoscono talmente bene da evitare tutte quelle che potrebbero essere pericolose.» Caroline continuava a riflettere. Le sembrava assurdo che una cosa tanto bella potesse nascondere simili insidie. Sentì l'eco della sua voce che ripeteva: Contrabbandieri? Fu un'esclamazione così flebile che non si meravigliò che Lucas non l'avesse sentita. Anche lui stava seguendo il suo filo logico. «No, non può essere. Si tratta sicuramente di qualcosa che ha ingerito, volontariamente o per caso.» Meredith Webber
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«Volontariamente? Pensi che abbia voluto avvelenarsi? E perché mai avrebbe dovuto farlo?» Caroline notò che Lucas stava applicando al braccio di Jackie il misuratore per la pressione sanguigna e ne fu sollevata: qualcuno al posto suo eseguiva tutte le operazioni necessarie, mentre lei lottava con quello che le sembrava un incubo. Lucas la fissò. Caroline avvampò a quello sguardo, sperando che non la considerasse una stupida. «Credi che esista qualcuno capace di fare di proposito una cosa del genere?» le chiese Lucas. Caroline non rispose, ma sospirò. Stava cercando di mantenere la calma, ma una sensazione di panico la stava sommergendo. «Arrivano i soccorsi!» Lucas si avvicinò di scatto alla finestra. Caroline era in preda all'ansia. Per scacciarla, pensò a una filastrocca divertente che le aveva fatto venire in mente Lucas con la sua esclamazione improvvisa. Ebbe paura di scoppiare a ridere, ma l'inconfondibile rumore delle pale dell'elicottero la riportò bruscamente alla realtà. Il piccolo velivolo atterrò proprio davanti a Peacehaven. C'era Mark ad attenderlo. Dopo pochi minuti due infermieri provvisti di barella si dirigevano verso le stanze dei pazienti. Lucas li salutò chiamandoli per nome e li aiutò a sistemare Jackie sulla portantina. Rose gli porse una borsa. «Ho preso le sue cose: il beauty con l'occorrente per la toilette, vestiti e camicie da notte.» Era preoccupata e scura in viso, cosa che contrastava con il vestito che indossava. Caroline ammirò il gioco di colori dell'isolana. «Vai tu con lei o pensi sia meglio che vada Mark?» chiese Caroline a Lucas, mentre accompagnavano i due barellieri verso l'uscita. «Quanto dura il volo? C'è bisogno di un dottore?» aggiunse. Lucas era nervosissimo, ma, nonostante questo, riuscì a mantenere la calma. «Ti presento Ben.» Una mano abbronzata la salutò dall'altra parte della barella. «È un ottimo infermiere, e saprà cavarsela benissimo.» «Forse preferite che venga anche qualcuno di voi, magari con il dossier Meredith Webber
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della paziente?» chiese l'uomo. «Ci sono tutte le informazioni sulla sua scheda» comunicò Mark zelante, ma Caroline stava ancora riflettendo sul da farsi. «Non potresti andare tu?» chiese, infine, a Lucas, dimenticandosi di averlo licenziato solo poche ore prima e di non aver ancora trovato un modo per sistemare la situazione. «Dopo tutto, sei tu quello che conosce meglio l'anamnesi dei nostri pazienti.» «Non posso andare» fu la risposta, «e poi non ha bisogno di un altro dottore, ma di qualcuno che la rassicuri» le fece notare. Caroline si voltò verso Mark. «La conosco meglio di te. Vado io» la rassicurò lui. Caroline annuì, visibilmente sollevata. Ma la consapevolezza di non avere saputo affrontare un'emergenza, continuava a opprimerla. Si diresse alla porta, guardando quella sorta di corteo: i barellieri, Mark e Rose che li seguiva, portando la borsa di Jackie. Si rese conto che anche Rose aveva reagito meglio di lei. «Voglio che questa stanza rimanga chiusa.» La richiesta inaspettata di Lucas interruppe la sua autoanalisi. «Vuoi che questa stanza venga chiusa? Perché? Credi di poter decidere sempre tutto tu, vero?» Lucas assunse un'espressione accigliata, che le ricordò quanto fosse stata contenta solo pochi minuti prima che lui si accollasse ogni tipo di decisione. «Perché?» le fece eco. «Semplicemente perché credo che le cause di quella reazione allergica siano da qualche parte in questa stanza? Oh, no, dannazione!» L'imprecazione fu così violenta che Caroline fece un passo indietro. «Che ti succede, adesso?» sbottò, cercando di non assumere un tono lamentoso. «Non avrei dovuto lasciare che Rose portasse via tutti gli effetti personali di Jackie.» «Non mi dire che credi che Rose abbia colpa in questa situazione! Perché mai avrebbe dovuto fare del male a una delle nostre pazienti? Se spargi in giro questa voce perderemo la maggior parte dei nostri clienti e Rose e molte altre persone dello staff perderanno il posto e...» Lucas sbuffò. «So benissimo che non è colpa di Rose, tuttavia ho sbagliato a farle Meredith Webber
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portare via quella borsa. Telefonerò subito per far andare qualcuno all'elicottero a controllarne il contenuto, il prima possibile» borbottò. «Credo che i dirigenti passati se la siano presa troppo comoda e penso che sia ora di cambiare metodo» proseguì Lucas. A quelle parole, Caroline si diresse verso la porta. Non aveva idea di cosa avesse in mente. «No, non andare!» la fermò lui. Il tono perentorio della sua voce la bloccò. Si voltò a guardarlo con uno sguardo di sfida. «Scusami, ma credo sia meglio che tu rimanga qui, mentre io do un'occhiata in giro. Rose è qui fuori con un carrello. Prendi delle buste di plastica. Bisogna impacchettare le conchiglie e tutto quello che troviamo in giro.» Caroline uscì subito per prendere dei sacchetti. Ma, rientrando nella stanza, osservò preoccupata: «Raccogliere conchiglie è illegale. Non sarebbe meglio rimetterle sugli scogli?». Lucas sospirò e la guardò come se fosse stata una stupida. «Mia cara, Jackie potrebbe morire e, se succederà, ci saranno delle indagini di polizia. Potrebbero comunque esserci in ogni caso, a meno che lei non si riprenda subito e ci spieghi come sono andate veramente le cose, precisando che la colpa è solo sua. Tutto in questa stanza, conchiglie incluse, potrebbe rappresentare un indizio importante per spiegare ciò che è successo. Ecco perché io, con te come testimone, sto imballando ogni singola cosa che abbia potuto scatenare quella maledetta reazione allergica.» Compiaciuta nel sentirsi chiamare mia cara, Caroline si era persa gran parte di quello che lui aveva detto, eccetto la parola morire. Rifletté. Non doveva perdere tempo a pensare a come lui la chiamasse. C'erano cose più serie, adesso, da risolvere. «Non voglio la polizia tra i piedi» gemette, spaventata al solo pensiero. «Questa è una beauty farm esclusiva! Una delle principali garanzie che diamo ai nostri clienti è proprio la privacy. Che succederebbe se dovessero arrivare le forze dell'ordine e mettessero tutto sottosopra? Incomincerebbero a far loro un mucchio di domande!» Lucas la sfiorò, per rassicurarla. Nonostante ciò, Caroline si sentiva nel panico. «Per adesso non pensiamoci. Prendi una di quelle buste e tienila aperta.» Lucas si infilò dei guanti e mise gli avanzi della colazione di Jackie nel Meredith Webber
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sacchetto. «Ora le conchiglie» disse, indicandole un tavolino accanto alla porta. Prese il cestino con il suo contenuto illegale e ficcò tutto in un altro sacchetto. «Meglio controllare se Rose ha lasciato qualcosa in bagno» gli suggerì Caroline. Si sentiva più calma, adesso che erano in azione. Si disse che era meglio tenere la stanza chiusa e non dire niente agli altri ospiti. Se qualcuno avesse chiesto informazioni su Jackie avrebbero risposto che si era sentita poco bene ed era stata portata per un controllo all'ospedale di Vila. Era convinta che sarebbe guarita presto, avrebbe dato una spiegazione plausibile per il suo malessere e a Tranquillity Sands tutto sarebbe tornato come prima. Dovevi immaginarti che non sarebbe andato tutto liscio. Del resto, è questo il motivo per cui tuo padre ti ha mandato qui, no?, mormorò a se stessa, mentre osservava Lucas armeggiare nel bagno di Jackie. E non riesco a credere che non pensi che il futuro del centro non dipenda anche da te! Lucas, intanto, continuava ad affaccendarsi nel bagno. Stava svitando il coperchio del serbatoio del WC. «Ah!» esclamò, sollevando la copertura e scrutando all'interno. «Vieni qui, dammi una mano, presto!» Caroline posò la borsa di plastica per mantenere aperto il coperchio, mentre Lucas affondava la mano nell'acqua. Aveva trovato qualcosa. Una busta di plastica gocciolante... piena di conchiglie! «È qui da diversi giorni. Ero certo che quelle di stamattina non fossero le uniche che avesse preso.» Caroline fu scioccata dalla scoperta. Lucas incominciò a parlare in francese. «Cosa c'è, adesso?» gli chiese, contrariata. Poi le balenò l'idea che Jackie avrebbe potuto anche non riprendersi. Ebbe paura. Lui posò la busta piena di conchiglie sulle piastrelle della doccia e rimise a posto il coperchio del serbatoio, assicurandosi che funzionasse come prima. Per un attimo Caroline fu tentata di suggerirgli di far scomparire tutto. Invece, gli porse un sacchetto pulito per le nuove prove. «Ti capita mai di avere la sensazione di vivere in un sogno e pensare che da un momento all'altro ti risveglierai?» gli chiese a bruciapelo, mentre lui Meredith Webber
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era occupato ad avvolgere le conchiglie appena trovate. «O in un incubo?» replicò Lucas, guardandola. «Pensavo fosse lo scherzo di qualcuno del posto, ma ora non ne sono più tanto sicuro» aggiunse, scurendosi in volto. Uscì dal bagno, lasciandosi Caroline alle spalle, a chiedersi cosa volesse dire con quell'ultima frase. Lo seguì. Lucas era intento a tirar fuori dall'armadio il resto dei vestiti di Jackie e li gettava sul letto. «Che vuol dire qualcuno del posto?» gli chiese lei. «Fantasmi» rispose Lucas con semplicità, chinandosi a guardare sotto il letto. «Quelli di Vanuatu non sono minacciosi. Di solito si limitano a fare scherzi.» Caroline lasciò cadere le borse sul pavimento e cercò una sedia. Si sentiva svenire. Non riusciva più a stare in piedi e fissava Lucas, occupato a controllare l'interno di una cassettiera. «Fantasmi? Non mi dirai che un uomo colto e, presumo, razionale come te creda ai fantasmi?» «Non sto dicendo niente del genere» replicò Lucas, senza guardarla in faccia. «Non prendermi in giro!» esplose Caroline. Fantasmi, clienti che non riescono più a respirare e ladri di conchiglie erano più di quanto riuscisse a sopportare. Lucas smise immediatamente di cercare e si girò a fissarla, con le mani sui fianchi. «Credi che lo stia facendo?» Sorpresa, Caroline non riuscì a far altro che annuire. «Mi dispiace» replicò Lucas, dirigendosi verso di lei per prendere i sacchetti di plastica. «Devo mettere subito questa roba nel frigo delle medicine. E quello più sicuro. Ah... ti chiamerò Caro. Non riesco proprio a chiamarti Caroline. Mi fa pensare a una vecchia signora in crinolina. E poi non si può essere così formali ai tropici.» Si diresse verso la porta, con i sacchetti in una mano e una chiave nell'altra. «Andiamo» le disse con fermezza. Caroline non riuscì a trovare un motivo valido per restare. Le sembrava di obbedire agli ordini di Lucas da ore. Ma qualcosa le impediva di opporsi. «Non hai chiuso a chiave la porta scorrevole di vetro» gli ricordò. «È Meredith Webber
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meglio farlo, pare che qui tutti riescano a entrare ultimamente. Qualcuno è riuscito a entrare nel mio ufficio proprio da quella porta, ieri sera.» Si diresse verso la grande porta di vetro. «Non toccarla!» Lucas riuscì a fermarla in tempo prima che la chiudesse. «Ho i guanti, lo faccio io.» Le porse la borsa e chiuse la porta. «Devo andare nel tuo ufficio, per un altro controllo» aggiunse. «Succedono cose molto strane, qui, su queste isole lontane dal mondo, non ti sembra, Caro?» Caroline avrebbe voluto lamentarsi anche per quel diminutivo, ma tacque. Le sembrava di non aver fatto altro che lagnarsi nelle ultime ore. Il frigo delle medicine era nello stesso mobile, chiuso a chiave, dove si trovavano gli strumenti medici e i documenti. Caroline l'aveva aperto, poco prima, per controllare le fatture delle medicine e cercare la scheda di Jackie. Aveva notato che era chiuso con una sola mandata ma. poi ne aveva trovate due. Forse succedevano davvero strane cose laggiù. «Non era chiuso a doppia mandata, quando l'ho aperto l'altro giorno» dichiarò, ricordandosi che avrebbe voluto dirlo a Lucas, ma se n'era dimenticata. «Infatti, l'ho dato io, il secondo giro» rispose lui, tranquillo. «È molto più sicuro, non credi?» Le era così vicino che riusciva a vedere la grana della pelle rasata di fresco e la linea definita della mascella. Per un momento, fu tentata di seguirne il profilo perfetto con un dito. Scacciò subito quel pensiero e gli domandò: «Per caso, hai notato se mancavano delle medicine?». «Sì.» «Sì? È tutto quello che hai da dire?» «Per il momento» rispose lui. Le passò una chiave. «Questa è per te. È quella della prima serratura. Se qualcun altro vuole aprire dovrà chiederti aiuto. È un semplice sistema di sicurezza, per fare in modo che ci siano sempre due persone quando si prelevano i medicinali.» Fece una breve pausa, poi continuò: «E per ora sarai tu una di quelle due» concluse. «Solo perché sono nuova e sono l'unica persona di cui non sospetti ancora qui dentro?» gli chiese. Lucas rispose con una smorfia, facendo spazio nel refrigeratore alla busta piena di conchiglie. Meredith Webber
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«È inutile metterle lì» commentò Caroline. «Moriranno lo stesso e in poco tempo ci sarà una terribile puzza di marcio.» «Che, naturalmente, è molto peggio di scoprire che qualcuno ha cercato di uccidere una delle tue pazienti» ribatté Lucas sardonico. Uccidere? «Vorrei che non avessi detto quella parola» dichiarò Caroline. Che faccia tosta! Prima la distraeva con il suo fascino e adesso le metteva paura. Stava cominciando a spazientirsi. «Sono già abbastanza impaurita per conto mio, senza che tu aggiunga altro, grazie.» Lucas sorrise di nuovo, ancora più beffardo. «Sarà meglio che ti ci abitui, Caro. Le cose potrebbero anche peggiorare.» «Ah, sì?» sbuffò Caroline. «Non vedo come potrebbero andare peggio di così.» Lo vide dopo un'ora. Dopo aver richiuso il refrigeratore delle medicine, Lucas era tornato alle sue faccende, mentre Caroline aveva preferito fare un giro dell'istituto. La prima tappa fu la piscina interna, dove si fermò a guardare quattro clienti che stavano facendo acqua-gym, insieme a Bevan, un affascinante istruttore locale, di ascendenze francesi che si occupava del settore sportivo, organizzando la maggior parte delle attività. Alle quattro clienti, che non trovavano la passeggiata dopo colazione di loro gradimento, era stato proposto di fare un po' di attività fisica nell'acqua. Altre ospiti appena arrivate erano state accompagnate in palestra per acquisire dimestichezza con gli attrezzi ginnici. In palestra, Caroline lanciò uno sguardo di approvazione a un istruttore, che stava aiutando una signora a fare degli esercizi Pilates. C'erano anche altre clienti, due delle quali stavano spiegando a una donna come usare la palla da fitness per ottenere risultati soddisfacenti. Tutte le stanze in cui Caroline era entrata la notte scorsa, adesso erano occupate. Nella prima c'era Kara, una fisioterapista neozelandese, che si stava occupando della signora Marilyn Webster, mentre in quella successiva Annie, una bellissima isolana, stava applicando uno speciale fango purificante alla signorina Jenny Wallace. Meredith Webber
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Nonostante suo padre avesse comprato la sua prima beauty farm dieci anni prima, quando lei aveva appena iniziato a studiare medicina, Caroline continuava a dubitare dell'efficacia di alcuni trattamenti. Suo padre le aveva spiegato che tutto quello che desideravano le clienti era importante, ma Caroline continuava a non esserne convinta. Era, però, d'accordo sul fatto che l'esercizio fisico regolare fosse salutare e che insegnare a nutrirsi in modo corretto fosse importante specialmente sul piano della prevenzione. Fanghi e trattamenti per il viso, però, non la persuadevano affatto. Poi c'era l'aromaterapia, una pratica assolutamente inutile, secondo lei. Non le piaceva, anche perché era sensibile ai profumi molto intensi. Per questo motivo, entrò alquanto titubante nella terza stanza. L'avvolse subito un odore pungente di... cosa? Narciso? Sicuramente era un profumo naturale, a Hokomana c'era solo l'imbarazzo della scelta, tra aromi e oli profumati. «Il narciso è ottimo per mandar via i cattivi pensieri» disse una voce. Era Viola, l'esperta di meditazione dell'istituto, seduta accanto alla porta. Le stava indicando un punto dalla parte opposta della stanza, dove, nella semioscurità, c'era una paziente seduta in quella che Caroline pensò essere la posizione del loto. L'aria era impregnata della fragranza delle candele profumate che la signora aveva intorno a sé. Caroline si fermò a guardare per qualche minuto, poi uscì dalla stanza. Secondo il programma della giornata, le clienti avrebbero continuato le attività fino alle dieci e trenta, dopodiché avrebbero fatto una pausa con frutta fresca e succhi dissetanti a bordo della piscina. Dopo quello snack di metà mattinata, il centro offriva un'ampia scelta tra seminari e conferenze su argomenti interessanti quali salute generale, benessere psicofisico e addirittura un approfondimento su come resistere ai morsi della fame. La lista era lunghissima e Caroline si stupì di questa varietà. Dopotutto, al momento, in istituto c'erano solo quaranta clienti. Ma Anthea Stubbs, giovane esperta di Sydney, con laurea in scienze della salute, sosteneva che erano molto ben frequentati. Soddisfatta che, dopo l'episodio di Jackie, tutto il resto andasse a gonfie vele, Caroline si diresse a passo svelto verso il nuovo blocco operatorio. L'impresa edile di Vila stava svolgendo un buon lavoro. Secondo Mark, Meredith Webber
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tutto procedeva seguendo i piani prestabiliti. Caroline entrò. Fu subito stupita dal silenzio assoluto. Aveva sentito rumori, martellamenti, trapani in azione e un'assordante musica anche durante il week-end. Ma adesso tutto taceva. «Chuck?» Dal capomastro, un americano arrivato vent'anni prima sull'isola, non arrivò nessuna risposta. Qui c'è lo zampino di Lucas!, pensò Caroline, arrabbiandosi. Caroline avanzò nel cantiere deserto. I sei operai avevano una stanza che usavano come spogliatoio. Caroline vi diede un'occhiata, non c'era nessuno. Il cantiere era completamente deserto, tranne che per un cane randagio raggomitolato sotto un cespuglio. «Dove sono finiti tutti?» chiese Caroline ad alta voce. Continuò a camminare, già sapendo che sarebbe arrivata al porticciolo situato sul lato opposto. L'isola era molto piccola e sarebbe arrivata al molo e al villaggio in pochissimi minuti. Forse, avrebbe capito cosa era successo. Non c'era mai stata, prima, ma le riusciva difficile credere che fosse così deserto come le appariva. Dov'erano i bambini? E i cani? E le galline e i maiali che aveva visto nei villaggi vicino Vila, quando aveva trascorso quella giornata indimenticabile sull'isola di Efate? È come se una navicella spaziale avesse rapito tutti gli abitanti del villaggio, pensò Caroline, continuando a guardarsi intorno, stupita. «Non è poi così inusuale, qui, a Vanuatu» disse una voce familiare alle sue spalle. «Non hai mai sentito parlare della devozione per Jon Frum? La maggior parte dei suoi seguaci è proprio della zona di Tanna. Aspettano sempre l'arrivo del santone dal mare, perché pensano che porti fortuna e ricchezza.» «Non credo che questo comporti l'effetto navicella spaziale» osservò freddamente Caroline, voltandosi verso Lucas, che sembrava essere apparso dal nulla. Che praticasse la levitazione? «Mi sai dire dove sono finiti tutti? Gli operai non sono al lavoro e il villaggio è completamente deserto!» «Be', per quanto riguarda gli indigeni, credono che il posto sia infestato da uno spirito malvagio. Un capo clan è morto ed è stato sepolto qui ieri, quindi sono convinti che il suo spirito sia ancora in giro.» Meredith Webber
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«Proprio qui, in questo villaggio?» «Gli spiriti possono essere dovunque e gli abitanti non vogliono correre rischi. Staranno dai parenti, nel villaggio dall'altra parte dell'isola, oppure rimarranno chiusi in casa, finché non saranno del tutto sicuri che lo spirito sia andato via. Gli operai, invece, sono ritornati a Vila. Il barcone che li riporta dall'altra parte della costa è arrivato tardi ieri sera e loro l'hanno interpretato come un segno del destino che gli suggeriva di non tornare qui per un po'.» «Ma abbiamo dei pazienti in lista per degli interventi tra solo dodici settimane! E chirurghi che arriveranno per operare qui!» Lucas si strinse nelle spalle. «Non puoi decidere qui a Vanuatu. Le cose seguono il loro corso» la informò. Caroline non riusciva ad accettare un comportamento del genere. Le sembrava assurdo. «Deve pur esserci un modo per far funzionare le cose» borbottò. «Mi rendo conto di quello che pensano gli indigeni, ma non credo che non ci sia niente che noi non possiamo fare. Sicuramente ci saranno dei modi per ingraziarsi gli spiriti. Offrirgli cibo, ad esempio, oppure doni. O è in India che si fanno offerte agli spiriti?» Lucas sorrise. «Sono passati i tempi in cui un festeggiamento rituale avrebbe funzionato. Allora avremmo potuto offrire agli abitanti del villaggio un braccio o una gamba di un nemico e sarebbe stato considerato un ottimo mezzo per conquistarsi la benevolenza degli spiriti.» Lucas lesse lo spavento nello sguardo di Caroline e le si avvicinò, cingendole le spalle con un braccio. L'attirò delicatamente a sé. «Ti rivelo un segreto: è da parecchio tempo che non si pratica più il cannibalismo qui» la rassicurò. «E non preoccuparti. Gli operai torneranno presto e finiranno il lavoro in tempo. Anche se troveranno un sacco di scuse per allontanarsi di nuovo perché gli indigeni sono attaccati alle loro abitudini.» «Vuoi dire mangiare braccia e gambe umane?» gli domandò Caroline, sorridendogli timidamente. Si sentiva al sicuro tra le sue braccia, anche se aveva sempre evitato, in vita sua, contatti fisici ravvicinati, perfino con gli amici più intimi. Un sorriso gli illuminò lo splendido viso. Ma sparì quasi subito, prima Meredith Webber
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che lei potesse ammirarlo appieno. «Ti riporto al centro» le disse Lucas. «Al momento non ho pazienti all'ambulatorio, perciò posso venire con te e aiutarti a visitare i tuoi nuovi clienti.» Caroline si sciolse dal suo abbraccio. «Che cosa vuol dire che al momento non hai pazienti? Credevo lavorassi solo per l'istituto.» Il sorriso radioso riapparve sulle belle labbra. «Part-time, Caro. Solo part-time. Ho un piccolo ambulatorio con qualche letto, dove lavoro per un paio d'ore al giorno. È questo il motivo per cui non sono potuto andare a Vila con la signora Finch, anche se avrei voluto.» Caroline catalogò l'informazione e avvertì un piccolo guizzo di contentezza. Era felice di camminare accanto a lui, anche se lo conosceva appena. Probabilmente era dovuto al fatto che erano colleghi e condividevano gli stessi interessi. Anzi, era sicuramente così. Un momento! Adesso non erano più colleghi. Lo aveva licenziato! Fare il capo era molto più difficile di quanto Caroline si aspettasse. «Però, a dire il vero, Mark mi è sembrato piuttosto contento di andare con Jackie.» Il commento di Lucas riportò Caroline alla realtà. «Che vuoi dire? Credi che anche Mark, come gli operai, abbia voluto andar via per un po' dall'isola?» Si fermò e lo fissò intensamente. Lucas si scurì in volto per qualche secondo, poi sorrise. «In realtà tutti vogliono andar via da quest'isola, ogni tanto.» Ha sempre la risposta pronta!, pensò Caroline. Non lo conosceva bene, ma aveva la sensazione che lo facesse di proposito, per rassicurarla. O, forse, per farla smettere di fare domande. Erano sulla via del ritorno. Stavano camminando uno accanto all'altra, immersi nel profumo dei fiori che fiancheggiavano la strada, quando videro Kara che si dirigeva correndo verso di loro. Veniva dall'istituto. Andò dritta verso Lucas, gettandosi letteralmente tra le sue braccia. Lui l'afferrò al volo, mentre lei singhiozzava e respirava affannosamente. Meredith Webber
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«Jenny... Jenny Wallace. Era nella vasca da bagno delle terme. All'improvviso i capelli le si sono impigliati nel foro di scarico e l'hanno tirata sott'acqua. Annie ha svuotato la vasca, ma lei è ancora intrappolata e... c'è sangue dappertutto!» La ragazza stava per svenire. «Tienila tu!» Lucas lasciò Kara tra le braccia di Caroline e si avviò di corsa verso l'istituto. Caroline pensò che le sarebbe piaciuto andare con lui, ma Kara aveva bisogno di aiuto. Lucas arrivò al locale dove Jenny era rimasta intrappolata. La donna, avvolta in una coperta, era ancora nella vasca e strillava rabbiosamente verso Annie, che, con un paio di forbici in mano, cercava di tagliarle i capelli, pensando fosse l'unica soluzione. C'era effettivamente sangue dovunque, ma Lucas capì che si trattava di una piccola ferita al cuoio capelluto e non di qualcosa di più grave. «Ottimo lavoro, Annie!» approvò Lucas. «Il tuo intervento le ha salvato la vita.» «Come può dire una cosa del genere? Lei era in servizio quando è successo e adesso vuole tagliarmi i capelli!» strillò Jenny. «Le aveva detto di indossare una cuffia, qualora fosse andata sott'acqua?» le chiese Lucas, accovacciato vicino alla vasca. Con la coda dell'occhio vide che Annie annuiva, indicando una cuffia a fiori appesa al muro. «Non mi piace avere la cuffia. Non la metto mai, a casa, nella mia vasca» rispose Jenny calmandosi un po' e controllandosi piano i capelli con le mani tremanti per vedere quanti ne aveva già perduti. «A casa, ma qui ci sono delle regole da seguire» replicò Lucas, chiedendosi come avesse potuto accettare di lavorare in una beauty farm, piena di donne viziate e capricciose. Cercò di capire quale fosse lo stato dei capelli e soprattutto della testa di Jenny, tastandole il capo. Certo, non tutte le clienti erano come Jenny e le sue amiche, rifletté. E poi, da quando aveva scoperto di avere anche sangue indigeno nelle vene, aveva un nuovo scopo nella vita: quello di far arrivare ricchezza all'isola, per permettere ai suoi abitanti di assicurare a loro stessi e ai propri figli istruzione, servizi sanitari e opportunità di lavoro. Una beauty farm di successo sarebbe stato l'inizio della realizzazione del Meredith Webber
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suo sogno. «Temo che dovremo tagliarle i capelli.» «Non può farlo! Io la denuncio! E denuncio il centro estetico e Annie per non aver capito quello che mi stava succedendo. Non riesce a tirarmi fuori di qui senza che accada niente ai miei capelli?» Lucas cercò di inventarsi qualcosa per calmare Jenny, che sembrava isterica. Era sicuro che non avrebbe potuto denunciare Annie, ma non era certo che non avrebbe concretizzato le altre minacce. «Mi lasci riprovare» tentò Lucas, sentendo qualcuno entrare in quel preciso momento. Si voltò. Era Caroline. Era straordinariamente tranquilla. Dopo quello che era successo la sera prima, in corridoio e quella stessa mattina con Jackie, si era accorto che riusciva a mantenere la calma, anche se solo esteriormente forse. Caroline, venuta a conoscenza del problema si sforzò per farsi venire un'idea che avrebbe potuto salvare la situazione. «Se saremo costretti a tagliarle i capelli, potremmo applicarle delle extension» suggerì, con un sorriso, avvicinandosi alla vasca e sistemandole meglio il plaid che la donna aveva sulle spalle. Estensioni Lucas non aveva idea di cosa stesse parlando, ma di qualunque cosa si trattava, sembrava che Jenny l'avesse apprezzata. «Penso che sia una buona idea» convenne infatti la donna, che le fece un cenno di approvazione. Caroline prese le forbici dalle mani di Annie. «Mantienile la testa ferma» disse a Lucas. «E tu, Annie, potresti andare a prendere delle garze sterili per medicare la ferita?» Poco dopo Jenny era in piedi e Caroline le teneva la benda appoggiata alla testa. Insieme a Lucas lasciarono la piscina. «Penso che la ferita abbia bisogno di un paio di punti» disse Caroline a Jenny, dopo un po', mentre lei se ne stava accoccolata su una poltrona e si ristorava bevendo una tazza di tè bollente. «Purtroppo dovrò rasarle una piccola zona della testa, proprio sopra l'orecchio.» «Oh, no! Non si possono applicare le extension su una zona rasata» osservò Jenny, mestamente. «L'alternativa è mettere dei punti a farfallina. Magari con un paio riesco Meredith Webber
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a non tagliarle altri capelli. Ma non potrà immergersi per qualche giorno e dovrà indossare una cuffia quando fa la doccia.» Jenny fu d'accordo. Finalmente quella spiacevole situazione era sotto controllo. Era stato sicuramente un banale incidente, pensò Caroline ma Lucas la informò che avrebbe comunque, esaminato la vasca.
3 «Voglio sapere che cosa sta succedendo qui!» esplose Caroline, vedendo Lucas chino nella vasca vuota, intento a esaminare lo scarico. «Che vuoi dire?» «Intendo tutto quello che non va! Succedono cose strane, scompaiono medicine, tu parli di fantasmi!» Gli occhi le lampeggiavano di rabbia. Per un attimo, Lucas pensò di mentire, di negare che qualcosa non andasse per il verso giusto. L'istinto, però, gli suggerì di non farlo. Caroline non gli avrebbe creduto, avrebbe indagato per conto suo, finendo per mettersi nei guai. «Be', quello che è successo a Jenny è stato solo un incidente. C'è un cartello sul muro che avverte, specialmente le donne con i capelli lunghi, di indossare la cuffia e di non avvicinarsi allo scarico della vasca.» «Tu, però, sei venuto lo stesso a controllare» gli fece notare Caroline. «Perché?» Lucas sospirò. Si strinse nelle spalle, pensando che era arrivato il momento di dirle qualcosa. Ma cosa? «Voglio la verità» insistette Caroline, come se gli avesse letto nel pensiero. Si avvicinò e si sedette sul bordo della vasca. «Credo sia meglio aumentare la pressione dei getti d'acqua» borbottò Lucas. «È vero, ci sono stati un sacco di problemi ultimamente. Intendo dall'inizio, non solo da quando tuo padre ha riscattato questo posto. Alcune stranezze sono accettate dagli isolani. Se una cosa va male, loro tacciono, perché sostengono che si tratta di qualcosa più grande di loro.» «Non vorrai parlare ancora della presenza dei tuoi stupidi spiriti, spero!» esclamò Caroline, esasperata. Gli era così vicina che Lucas riusciva a sentire il profumo della sua Meredith Webber
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pelle. Notò un'altra volta quanto fosse attraente. Un fremito di eccitazione lo attraversò. Non gli serviva il sesto senso per capire che era meglio stare alla larga da Caroline Sayers. Le donne come lei sognavano il principe azzurro. Lui, invece, non era tagliato per il matrimonio. «Pensi che ci sia stato un sabotaggio?» Lucas, distratto dai suoi pensieri, aveva perso il filo del discorso e adesso non sapeva cosa rispondere. Si sforzò di concentrasi sulla conversazione e di pensare al da farsi. Se qualcuno del posto aveva intenzione di causare problemi, avrebbe fatto meglio a occuparsene lui e a tenere lontana la polizia. Sarebbe stata solo cattiva pubblicità. «Non ci sono prove, tranne la sfortuna che sembra perseguitarci. Sembra proprio che qualcuno voglia distruggere il centro.» «E ieri sera?» continuò Caroline. «Credo che non ci resti che indagare.» «Secondo te perché qualcuno dovrebbe voler distruggere il centro? Forse gli isolani non lo gradiscono? Tu dovresti saperlo. Credi sia questo?» Lucas uscì agilmente dalla vasca e poi le si sedette accanto per parlare più comodamente. «In realtà sono contro altri tipi di centri, di cui hanno sempre ostacolato la realizzazione. Di uno in particolare, che volevano costruire qualche anno fa.» «Stai parlando di quelli dove in realtà si va a fare sesso, immagino.» «Cos'hai contro il sesso?» Lucas non sapeva perché l'aveva detto e maledì il momento in cui quelle parole gli erano uscite di bocca, ma Caroline non gli rispose, limitandosi a fissarlo. «Comunque, gli isolani lo hanno rifiutato, soprattutto per quello che ne sarebbe conseguito. Persone da ogni parte del mondo, traffico, inquinamento.» «E non sono contro le beauty farm?» Caroline continuava a fissarlo. «Direi di no. Infatti, mi sembra che ci abbiano accolto molto bene.» «E allora chi vorrebbe distruggere il nostro istituto?» Lucas si trattene dal sospirare ancora. «La maggior parte del personale viene da altre isole. Ma sono tutte persone fidate e di grande esperienza. Non credo che siano loro a interferire, anche se, di fronte a tanti cambiamenti, c'è sempre qualcuno che vorrebbe tornare alle origini.» Meredith Webber
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«Quindi potrebbero esserci degli isolani contrari agli stranieri che avviano attività professionali sull'isola?» Lucas fu sorpreso dalla domanda ma, in effetti, era così che la poteva pensare qualche abitante dell'isola. «Senza i capitali stranieri, però, non si sarebbe potuto costruire niente e l'economia locale ne avrebbe sofferto» sottolineò Caroline. «Lo so, ma il pensiero comune spesso è regolato da altre emozioni. Non sto dicendo, comunque, che il responsabile sia un indigeno. Sono arrivate molte persone negli ultimi tempi... potrebbe essere chiunque.» La conversazione venne improvvisamente interrotta da una donna che irruppe nella stanza e si gettò tra le braccia di Lucas. Caroline la riconobbe: era Jill, una delle clienti che avevano commentato il fascino di Lucas, la mattina precedente. «Oh, Lucas, mi hanno detto che era qui! Guardi! È stato un ragno! Sto per morire...» Caroline pensò che le donne avevano una certa predisposizione a morire tra le sue braccia. Quel pensiero la infastidì. Ma non erano affari suoi. «Non ci sono ragni velenosi a Hokomana» la tranquillizzò Lucas. A Caroline sembrò che lo avesse detto per rasserenare anche lei. Ma non bastava. Caroline ormai si aspettava qualsiasi cosa, anche che il sabotatore avesse portato qualche ragno velenoso. Se il suo scopo era far chiudere il centro, avrebbe tentato di tutto! Far morire le clienti una a una poteva essere il suo piano. Prima Jackie e adesso Jill. Cercò di scacciare i pensieri angoscianti che si stavano impadronendo di lei. Era meglio darsi una mossa. Seguì Lucas e la donna che continuava a piagnucolare spaventata. «Dove si trovava esattamente?» le chiese Lucas, facendola stendere su un lettino. «Sul balcone della mia stanza. Ero appena tornata dalla passeggiata e stavo facendo la doccia, prima di cambiarmi per il tè. Sono uscita per asciugarmi i capelli al sole.» La parola capelli ricordò a Caroline Jenny. Le aveva promesso di farle applicare le extension il più presto possibile, prima che qualcuno potesse vederla con la testa ridotta in quello stato. «E una puntura di ragno, secondo te?» chiese a Lucas, che si voltò verso di lei. Caroline, ancora una volta, pensò che fosse bellissimo. Meredith Webber
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«Sì, è proprio una puntura» ammise lui. Caroline vide il brutto rigonfiamento sulla gamba di Jill. Doveva farle davvero male. Almeno abbastanza, considerando come stringeva la mano a Lucas, mentre lo implorava di somministrarle un antiveleno. Istintivamente, Caroline afferrò la borsa del ghiaccio dal frigo. Fino a quel momento aveva pensato che i problemi dei clienti di una beauty farm, fossero soprattutto strappi e distorsioni muscolari, ora non ne era più tanto sicura. La cosa più importante da fare era dimostrare che anche lei era in grado di affrontare qualsiasi tipo di emergenza. Misurò la pressione a Jill e le sentì il polso. Poi prese la sua scheda, in cui erano annotate tutte le informazioni e la sua storia clinica. «Dovreste darmi qualcosa» disse Jill a Lucas. «Non potete aspettare che muoia!» «Le ripeto che non ci sono ragni velenosi sull'isola di Vanuatu» la rassicurò Lucas. «La terremo comunque monitorata, in modo da poter intervenire subito in caso di problemi.» Intervenire? Caroline ebbe un momento di esitazione, ma cercò di non farlo capire a Jill. «Continui a tenere la borsa del ghiaccio» le disse. «E mi avvisi se il dolore diventa più forte.» Caroline fece cenno a Lucas di seguirla fuori dalla stanza. L'ansia era sul punto di impadronirsi di nuovo di lei. «E se si trattasse davvero di un ragno velenoso? Se fosse un altro avvertimento? Dobbiamo procurarci un antidoto, potrebbe servirci da un momento all'altro!» «E che tipo di antidoto suggerisci? Quello per i morsi dei ragni australiani o per quelli della vedova nera? Ti rendi conto che è assurdo quello di cui stiamo parlando?» Caroline lo fissò. La stava prendendo in giro, ma era anche piuttosto preoccupato, cosa che non le faceva piacere. Lucas capì che era spaventata. «A dir la verità, esiste un piccolo ragno, qui sull'isola, che potrebbe dare una reazione allergica. Dirò ai giardinieri di controllare bene giardini e balconi, in particolare quello di Jill. Così troveremo la causa del problema e saremo più tranquilli.» Si allontanò. Caroline provò in quel momento una forte attrazione fisica nei suoi confronti, che cercò di soffocare. Doveva pensare a Jill. Era Meredith Webber
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difficile, però, non essere attratti da Lucas. Doveva arrendersi all'evidenza: lui stava risvegliando i suoi sensi, da troppo tempo assopiti. Fece un altro giro di controllo e, alla fine, entrò nel salone coiffeur. «Ehi, che ne dici?» la salutò Jenny, sporgendosi da una tenda che faceva da separé. A giudicare dal modo in cui si specchiava, doveva essere molto contenta del nuovo look che le avevano creato. «Stai benissimo» le disse Caroline. «Sembri molto più giovane.» Jenny ridacchiò. «Non dirlo a tutte le tue clienti o preferiranno farsi aggiustare i capelli piuttosto che dedicarsi agli altri trattamenti.» Caroline sorrise, contenta che almeno quel problema fosse stato risolto. Chiacchierarono per qualche minuto, poi Caroline tornò a controllare Jill. Non aveva nausea, tremori e sudorazione fredda segni dell'avvelenamento, ma era evidente che stava piuttosto male. Lucy le era vicino, misurandole ogni tanto la pressione e il polso. «Le darò qualcosa per il dolore» la rassicurò Caroline a un certo punto, controllando la sua scheda, per essere certa che non soffrisse di allergie. Subito dopo predispose che le venissero somministrate due compresse di paracetamolo. Jill non era soddisfatta. «Non mi fa effetto! Ho bisogno di qualcosa di più forte.» «D'accordo. Parlerò con Lucas e gli chiederò cosa posso darle» la tranquillizzò Caroline. «Adesso, cerchi di riposare.» Con la scusa di doversi consultare con Lucas, Caroline lasciò la stanza, riflettendo su tutto ciò che era successo. Si diresse verso il suo ufficio e, passando per il corridoio, notò che l'orologio si era fermato. Tutto sembrava dilatato sull'isola, ora anche il tempo, che si era addirittura fermato. È solo un orologio! si disse, per rassicurarsi. Entrò in ufficio, dove trovò Lucas seduto alla scrivania di Mark, con un barattolo di vetro in mano. Notò che non si era nemmeno accorto della sua presenza. «Cos'hai lì? È il ragno, vero?» gli chiese subito, prendendogli il recipiente dalle mani. «Era sul balcone di Jill, su una pianta. Forse lo ha disturbato mentre si asciugava i capelli e lui si è difeso pungendola.» «Non mi interessa come sia successo. L'importante è che non si tratti di un ragno velenoso» replicò Caroline, posando il vaso e sedendosi alla sua scrivania. «Speriamo che sia l'ultima per oggi» disse Lucas. Meredith Webber
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«Non tutti i giorni sono così, comunque.» «Lo spero bene» ribatté Caroline. «Non credo che ce la farei, altrimenti.» Lucas le sorrise. «Veramente volevo dire che di solito sono peggio, ma forse non vuoi saperlo.» «Non essere ridicolo. Cosa potrebbe essere peggio di una cliente che stava quasi per morire, di due vittime di incidenti pericolosi e degli operai che non sono al lavoro?» «Be', c'è di peggio. Ma se non ti va di rimanere, puoi sempre fare i bagagli e tornare nella tua adorata Australia.» «Forse è quello che farò.» Si sorprese per quello che aveva detto e si accorse che anche Lucas non era rimasto indifferente a quell'affermazione. «Non credo che dovresti» osservò brusco. «Qui hai la possibilità di conoscere gente nuova, una cultura diversa, che può solo arricchirti. Ti insegnerò ad andare sott'acqua. Vedrai, ti accorgerai che è un mondo diverso e ti piacerà esplorarlo. C'è molto da scoprire, Caro e non ti lascerò andare via.» Caroline lo guardò intensamente. Il suo entusiasmo la colpì, ma non riusciva a comprendere perché si accalorasse tanto. In fondo, lo aveva appena licenziato. Tuttavia era evidente che non aveva alcuna intenzione di andarsene. Era sicura che, da quella mattina, non avrebbe più tenuto in considerazione la sua esortazione a lasciare il centro. «Non sono qui per conoscere gente o esplorare fondali marini. Sono qui per lavorare, per dirigere il centro e per far costruire il nuovo blocco operatorio.» «E non puoi prenderti del tempo libero? Anche la figlia del capo ha il diritto di divertirsi. Anzi, a dire il vero, credo che, generalmente, le figlie dei capi abbiano più voglia di divertirsi che di lavorare.» Dal sorriso che le rivolse, Caroline capì che ne aveva conosciuta più di una. «Sono molto contenta per loro. Ma non è il mio caso. Ti ho detto che io sono qui per lavorare» ribadì. Lucas continuò, imperterrito, a provocarla. Caroline incominciava a sentirsi a disagio. «Perché fai così? È a causa di Helen Cooper? O, forse di Jill? Dannazione, Caroline, perché mi hai licenziato? Perché hai sentito quelle Meredith Webber
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donne parlare di me? Ho detto loro persino che sono sposato... Pensa che avevano scommesso su chi per prima sarebbe riuscita a sedurmi...» Lucas aveva parlato senza fare nemmeno una pausa. «Se devo essere sincero, la cosa mi ha dato fastidio.» Caroline si sentiva ancora più a disagio. «Lo credo! Meglio terminare questa stupida conversazione. E per quanto riguarda il licenziamento, sappi che l'ho fatto solo perché mi sembrava che non svolgessi il tuo lavoro in modo soddisfacente. Ovviamente, ti avrei prima chiesto delle spiegazioni su alcuni dettagli che non mi erano chiari. Ma è successo tutto così in fretta. Ho perso il controllo e ti ho licenziato sui due piedi.» Si bloccò, ricordando che il vero motivo del suo disagio era stato il pianto di quel bambino. Ma non voleva dar importanza all'episodio. «Comunque, ho dovuto capire tante cose in poco tempo. E ho ancora molto da imparare, ecco perché non ho la possibilità di fare la turista! Io prendo le cose seriamente e dovresti farlo anche tu, Lucas!» Lui le stava davanti, senza dire una sola parola. «Domani ti porto a fare un'immersione. Questo posto andava avanti benissimo prima che tu arrivassi. Puoi prenderti un giorno libero, credimi. Ho già avvisato la polizia di Vila di ciò che è successo. Possiamo stare tranquilli.» Nonostante l'ansia, nonostante fossero sparite delle medicine, nonostante tutto quello che era accaduto, Caroline fu tentata dall'offerta. Imparare ad andare sott'acqua era da sempre uno dei suoi sogni. Forza!, si disse. Non pensare sempre e solo al lavoro! «Ma sono appena arrivata! Non posso prendermi un giorno libero» protestò. Lucas la guardò intensamente. «Dobbiamo occuparci di quello che è successo» ribadì severa. «Jackie sta bene. Tutto è sotto controllo. E poi andremo nel pomeriggio, così avremo la mattina libera per eventuali salvataggi improvvisi.» «Non so come tu possa scherzare su queste cose» gli disse Caroline. «Credo che prendere la vita con allegria non cambi le cose. Gli eventi succedono e basta. Stressarsi non migliora la situazione.» Poi aggiunse: «Vado a prenderti il necessario per la prima lezione». C'erano tante cose che Caroline avrebbe voluto dirgli, ma prima che potesse aprire bocca, Lucas era già uscito dalla stanza.
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Caroline si rimise al lavoro. Aveva parecchio da fare, soprattutto c'erano ancora molti dati di pazienti da archiviare. Nel frattempo continuava a rimuginare. Sembrava che tutto fosse contro di lei, addirittura gli spiriti. Qualcuno bussò alla porta. Era Ellie Refrew, la dietologa. «Non è possibile!» sbottò, lasciando cadere una pila di cartelline rosa sulla scrivania di Caroline. «Queste sono le schede dei nuovi clienti. Tutti e quattro sono già stati in uno dei nostri centri almeno una volta. Karen Cutler frequenta regolarmente Green Hills ed è la seconda volta che viene qui. È abituata a trattamenti di alto livello e vorrà seguire un piano dietetico personalizzato. Ho lavorato con lei proprio a Green Hills e...» Ellie si interruppe improvvisamente. «Continua» la esortò Caroline. Conosceva bene Karen, suo padre aveva una relazione con lei. E adesso era curiosa di sentire quello che Ellie aveva da dire. «Non mi sembra in gran forma, ecco. È sempre nervosa. Lei dice che sta solo attraversando un periodo di stanchezza, ma secondo me si tratta di qualcosa di più grave.» «I pazienti sono obbligati a presentare un certificato medico, prima di incominciare qualsiasi programma.» Ellie annuì. «Lo so, ma sono sicura che Karen troverà il modo di aggirare il problema. E poi per alcune malattie non bastano esami del sangue e controlli di routine, occorrono analisi mirate. Se si trattasse di un cancro, ad esempio?» «In quel caso, dieta ed esercizio fisico non potranno farle altro che bene» rispose Caroline. «Comunque non credo che stanchezza e nervosismo siano per forza i segnali di un cancro.» Caroline ne era sicura, ma le parole di Ellie l'avevano turbata. «Potremo farle fare un esame specifico del sangue quando arriva. Che ne dici?» propose. «È un'ottima idea» approvò Ellie, sentendosi più sollevata. Era chiaro che aveva a cuore Karen Cutler. «In questo modo, però, ci allontaniamo dal nostro lavoro. In una beauty farm si dimagrisce, ci si abbronza, si fanno massaggi...» «Non solo» la corresse Ellie. «Molte nostre clienti, come Karen, non Meredith Webber
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hanno il tempo di occuparsi di se stesse. Ed è questo il motivo per cui si rivolgono a noi: per rimettersi in forma, seguire diete appropriate, capire come gestire la tensione e l'ansia. Vogliono che le rimettiamo in sesto e non gli importa come lo facciamo.» Caroline si rese conto che aveva sempre considerato le clienti delle beauty farm, come delle donne un po' viziate, annoiate e interessate solo a migliorare il proprio aspetto fisico. Ma forse non era proprio così. Ellie aveva ragione. Esaminando le schede delle clienti, notò che c'erano molte donne impegnate, che si trascuravano a causa del troppo lavoro e che volevano solo pensare un po' di più a loro stesse. Karen ne era un esempio. «Conosco Karen. Le darò appuntamento per domani a pranzo e cercherò di capire se c'è qualcosa che non va.» Ellie le sorrise e Caroline si rilassò. Effettivamente, Karen sembrava molto affaticata. Caroline la riconobbe subito. Si avvicinò al tavolo dove era seduta la compagna di suo padre. Sembrava che non la stesse aspettando. «Caroline! Cosa ci fai qui? Tuo padre non mi ha detto niente. O forse sono stata io che ho dimenticato di dirgli che sarei venuta.» Caroline si accorse che era molto agitata. Non sembrava nemmeno la Karen che conosceva. «Benvenuta a Tranquillity Sands» le sorrise Caroline, cercando di metterla a suo agio. Karen, però era diversa dal solito, come se fosse stata lontana anni luce con il pensiero. «Hai un po' di tempo libero oggi pomeriggio? Vorrei stare un po' con te» le propose Caroline. Ellie aveva ragione. Karen aveva qualcosa che non andava. Le guance le avvamparono. Era sul punto di piangere. «Davvero?» mormorò. Caroline ebbe la certezza che non stava bene. «Certo» la rassicurò. «Perché non ci vediamo nel mio ufficio alle quattro per il tè? Lo troverai senza alcuna difficoltà.» Si salutarono stringendosi la mano. Karen le si aggrappò letteralmente. «Grazie mille, cara» le disse prima di alzarsi. Andandosene, Caroline si chiese se Karen fosse consapevole di quanto era visibile la sua angoscia. Meredith Webber
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Aveva risposto con troppa enfasi all'invito. Si diresse verso il suo ufficio, dove la stava aspettando un sandwich con insalata. Ma c'era anche Clyde, il custode capo dello stabile ad attenderla. «Ci sono problemi all'impianto idraulico» la informò. Caroline sospirò. «Può sistemarlo?» «Certo. Ma bisogna ordinare dei pezzi nuovi» le comunicò, sfoderando un sorriso luminoso. Stava andandosene contento di aver fatto il suo dovere, quando Caroline lo richiamò. «Chi devo chiamare e cosa devo ordinare? Qui vedo solo un sacco di numeri!» «Non si preoccupi. Il signor Mark sa qual è il negozio e sa cosa ordinare.» Detto questo, Clyde la lasciò sola. Caroline decise di approfittarne per chiamare Mark. Voleva avere anche notizie di Jackie e sapere se era in grado di ritornare. Ma, non riuscì a mettersi in contatto con lui. Incominciava a sentirsi sconfortata, quando vide arrivare Lucas, già pronto per l'immersione. «So di essere una straniera qui, ho cercato di imparare la lingua, ma non ci riesco! Ho provato anche a parlare in francese, ma dall'altra parte riattaccano sempre la linea! Potresti...?» Gli passò il ricevitore sicura che Lucas l'avrebbe aiutata. Lui invece riappese. «Perché l'hai fatto? Ho impiegato mezz'ora a cercare di farmi capire!» Stava per piangere. «Ho già chiamato l'ospedale e mi hanno detto che Jackie è stata portata in una clinica privata. Mark è anche riuscito a trovarle un'infermiera personale. Puoi stare tranquilla: ci sono degli ottimi medici francesi che si stanno occupando di lei.» Lucas era convinto di averla rassicurata. In realtà Caroline sembrava ancora disperata. «Non avresti dovuto riagganciare» lo investì, «e per adesso puoi dimenticarti l'immersione. Non ho tempo per queste cose.» Lucas la guardò con aria divertita. «Non c'è niente di divertente, mio caro. Ho una marea di problemi, tra cui quello che non riesco a contattare Mark. C'è bisogno di lui per un sacco di cose qui.» «Possiamo chiamare Harry. Sai che spesso lo sostituisce nel disbrigo dei lavori.» Caroline lo fissò. «Fai sembrare tutto così facile.» Meredith Webber
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Lucas le sorrise. «Lo so. Spero ti faccia piacere. Lo faccio per te.» «Ma davvero? Non l'avevo capito! Allora, il numero di telefono di questo Harry è scritto da qualche parte o devo usare la telepatia?» «Non serve, lo trovi nella rubrica.» «Sai che mio padre non mi aveva parlato di te? Io sono venuta per sostituire Mark, non sapevo che eri tu il direttore. Non volevo rubarti il lavoro.» Si vedeva che si sentiva colpevole e Lucas comprese che era sincera. Avrebbe voluto dirle di non preoccuparsi, ma non trovò le parole. «Dove trovi il tempo per occuparti di tutto quello che fai?» gli chiese lei, incuriosita. «Be'. È un po' difficile, in realtà. Ecco perché l'ho presa bene quando mi hai licenziato. Avrò più tempo per le mie immersioni subacquee.» «Immersioni subacquee? Io parlavo del lavoro nel tuo ambulatorio.» Lucas scosse la testa. «Ma è mai possibile che pensi solo al lavoro?» «Mi chiedo solo cosa c'entrino le immersioni con l'attività di un medico.» Rifletté un istante, poi aggiunse: «Ah! Accompagnando i turisti potresti ricavare un sacco di soldi... Be' è meglio essere attaccati al lavoro più che ai soldi. Stai dimostrando di essere uno che pensa solo a guadagnare. È questo il motivo per cui lavori qui, no?» Lucas non le badò. «Un giorno ti spiegherò qualcosa sull'economia dell'isola. Ma ora non dovresti telefonare ad Harry?» Andò verso la porta, si fermò un attimo e poi le disse: «Ci vediamo alle quattro e trenta davanti alla piscina. È l'ora in cui nessuno dei tuoi clienti si accorgerà delle tue lezioni di sub». Lucas uscì prima che lei potesse protestare. Caroline era molto arrabbiata e aveva fame. Si ricordò che c'era un panino all'insalata. Lo guardò ma ormai aveva perso il suo aspetto invitante. Sospirando, lo addentò controvoglia. Avrebbe telefonato ad Harry e poi si sarebbe ritirata nella suite. Oh! La suite! Prima era occupata da Lucas. Non voleva levargli anche quello! Chissà adesso dove abitava... Forse nel villaggio? Caroline sapeva com'era il villaggio, lo aveva visto. Un insieme di piccole capanne, che avevano per tetto solo foglie di palme. Si sentì in colpa. Dopotutto aveva preso il suo posto e il suo lavoro. Meredith Webber
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Cercò la rubrica in cui c'era il numero di Harry e lo trovò, esattamente dove lui le aveva detto. Quella era la calligrafia di Lucas, la riconosceva. Dicono che si capisce molto di una persona dal modo in cui scrive, pensò Caroline. Chissà come un esperto avrebbe definito quella di Lucas? Tranquilla? Informale? Maniacale? Bando a quelle sciocchezze! Non le interessavano, e poi Lucas le stava diventando simpatico. Caroline parlò con Harry, raccontandogli tutto quello che era successo. Terminata la conversazione, chiamò Dorothy per chiederle di servire lo spuntino pomeridiano di Karen nel suo ufficio. Ma c'erano novità in vista. Dopo Clyde, adesso era la volta di Dorothy. Anche lei voleva parlarle. Si agitò. L'inglese della simpatica collaboratrice era difficile da capire. Dorothy le comunicò che erano arrivati dei mirtilli avariati e che non sapeva cosa farne. Caroline la liquidò dicendole semplicemente di gettarli Si rimise al lavoro. Aveva ancora un sacco da fare e voleva portarsi avanti prima che Karen arrivasse. Aveva appena rincominciato, quando l'assalì un dubbio improvviso. Doveva immediatamente parlare con Dorothy, Caroline si diresse in cucina. «Dorothy, prima hai detto che i mirtilli sono avariati. Che altro è arrivato con la stessa spedizione?» La donna si strinse nelle spalle ossute e guardò Lucas che era con lei in cucina, aspettando la traduzione di quello che Caroline le aveva appena chiesto. «Mi serve il registro degli ordinativi, dobbiamo controllare una cosa» tradusse Lucas in tono cordiale. Dorothy andò a cercare il registro. «Credo che i mirtilli siano stati congelati male e si siano avariati» gli spiegò Caroline mentre aspettavano. «E se qualcuno li ha mangiati?» «Mio Dio, abbiamo avvelenato tutto l'istituto!» la prese in giro Lucas. «Non è il momento di scherzare!» ribatté Caroline, mentre incominciava a immaginare clienti avvelenati e ogni tipo di sciagura... E il sistema idraulico era fuori uso! Le sembrò di vivere in un incubo senza fine. In quel momento ritornò Dorothy con un quadernetto in mano. «Gelato al limone, frutti di bosco, fettine di vitello, petto di pollo...» Meredith Webber
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Dorothy lesse l'elenco di quello che era stato ordinato insieme ai mirtilli. Caroline sospirò. «Temo di non avere la forza di sentire altro.» «Ci puoi far vedere la merce?» chiese Lucas. Dorothy lo guardò come se fosse impazzito. «Len ha già sistemato tutto. Vado a vedere.» Sparì di nuovo e si fermò a parlare con un uomo alto e magro. Caroline non riuscì a capire cosa si stavano dicendo e cercò di comprendere almeno i gesti di Dorothy e dell'uomo, che si girò a fissare Caroline e Lucas. Li fissò per qualche secondo perplesso. Che strana persona... pensò Caroline. «Dice che ha sistemato tutto per categoria e che non si ricorda cosa c'era nella stessa partita dei mirtilli.» annunciò Dorothy in tono solenne, tornando indietro. «Lo immaginavo!» esclamò Lucas. «Dovremo gettare via tutte le provviste.» «Tutte le provviste?» gli fece eco Caroline avvilita. «Hai un'alternativa?» le chiese lui voltandosi. «Forse potresti assaggiare ogni cosa e sentire se è avvelenata?» «Continui a scherzare? Cerca di comprendere la situazione! Come faremo con i menù specifici?» «È solo colpa di tuo padre!» sbottò Lucas bruscamente. «Mi spieghi perché fa arrivare il cibo dall'Australia, quando sarebbe più economico e salutare comprarlo qui? E poi perché sempre vitello e carne, quando qui a Vanuatu puoi trovare pesce di prima qualità? Prendila come un'occasione per dare finalmente qualcosa da fare a Ellie. Falle cambiare i menù.» «Quindi vuoi dire che è meglio liberarci di queste scorte? Prendere dei prodotti locali?» chiese Caroline. «Dovrei occuparmi anche del cibo, adesso?» replicò Lucas, sorridendo. «Pensavo mi avessi licenziato.» «Sei riassunto! Non dirmi che non lo avevi capito.» Ma Lucas non la stava ascoltando più. Era impegnato a definire con Dorothy i dettagli della sostituzione delle vivande a rischio. Caroline aspettò che finisse la conversazione e poi lo seguì fuori dalla stanza. «Credi sia colpa di un sabotatore? Ma chi potrebbe essere? E se fosse Harry?» Caroline continuava a fissarlo. «Cosa ne pensi?» «Adesso non è il momento» la zittì Lucas, notando l'arrivo di un Meredith Webber
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dipendente. «Comunque, non so se i problemi che sono successi e il fatto che siano sparite delle medicine siano correlati.» L'impiegato gli si avvicinò e gli porse un messaggio di Jill, che era tornata da Sick Bay e voleva vederlo. Lucas si allontanò, seguito dallo sguardo di Caroline. Mark ha proprio ragione!, pensò. Quel posto aveva più bisogno di Lucas che di lei. Adesso più che mai. Non sarebbe riuscita da sola a scoprire il colpevole. E nemmeno a ritrovare le medicine scomparse. No, doveva andarsene subito. Chissà se suo padre avrebbe capito la situazione. Forse non l'avrebbe presa bene. Caroline sperò solo che non lo considerasse un fallimento. In quel momento, sentì bussare alla porta e si ricordò del suo appuntamento. Dopo pochi secondi, Karen era già nella stanza. «Caroline, non so se questa sia una buona idea, voglio dire, io e te, insieme. Non sei obbligata a fare qualcosa che non vuoi, a passare del tempo con me.» Karen rideva nervosamente mentre parlava. «Non far caso a quello che dico, cara» continuò. «Parlo come una stupida. Sono sempre sul filo del rasoio e sempre nervosissima.» Caroline fu stupita di vedere quanto le tremavano le mani. «C'è qualcosa che non va?» le chiese, facendola sedere. Il sorriso scomparve dal viso di Karen, lasciando il posto a un'espressione accigliata. «Certo che c'è! Me lo ha detto tuo padre» fu la risposta. Si aggrappò al braccio di Caroline con grande foga, al punto di farle male. «Mio padre non è un medico, cosa può mai averti detto?» azzardò Caroline. Karen aveva lo sguardo perso nel vuoto. «Ellie è preoccupata per te. Crede che tu non stia bene e che abbia qualche problema di salute, di cui potresti aver bisogno di parlare» continuò. Karen rise, ma la sua risata tradiva una tristezza profonda. «Non si tratta di problemi di salute. Sto benissimo, ho anche portato la lettera del mio medico che accerta che sono in perfetta forma.» Si fermò e guardò Caroline dritto negli occhi. «Tu non lo sai, vero?» le chiese in tono incerto. Caroline scosse il capo. Era confusa, lo stress accumulato le aveva procurato un gran mal di testa. Ma voleva andare fino in fondo e capire che cosa stava succedendo. «Sapere... cosa, Karen?» «Di tuo padre» mormorò la donna, scoppiando a piangere. Caroline ebbe un brivido di paura. Meredith Webber
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Lei e suo padre non andavano molto d'accordo, ma era suo padre. Senza di lui... Scacciò immediatamente quel pensiero spiacevole. «Mi dispiace davvero, Caroline, non avrei voluto dirtelo, ma...» «Dirmi cosa? Che cos'ha mio padre? È forse malato? Ci sentiamo spesso al telefono. Per quale ragione non mi ha detto niente?» l'assalì, angosciata. Karen sollevò gli occhi arrossati verso Caroline. «Non c'entra niente la salute» le assicurò con amarezza. «Si tratta di quello che pensa!» Qualcuno bussò alla porta e furono costrette a interrompere la conversazione. Era Rose, che portava il vassoio del tè, insieme a frutta, biscotti, succo d'arancia e una tazza di caffè nero bollente, che porse a Caroline. «Grazie, ma forse è meglio che beva un succo d'arancia, sono troppo nervosa per il caffè.» Karen prese un succo di frutta. Rassicurata dal fatto di sapere che suo padre non aveva niente, Caroline decise che forse, in fondo, una tazza di caffè non le avrebbe fatto male. Non riusciva a capire quello che le stava dicendo Karen. Forse era in menopausa e i cambiamenti ormonali la scombussolavano da un punto di vista psicologico. Cosa le stava accadendo? Perché era così sconvolta? E, soprattutto, cosa c'entrava suo padre? Un orologio batté le quattro e mezza. L'appuntamento con Lucas! Se ne era del tutto dimenticata. Aveva ragione lei, con i mille problemi che aveva non c'era tempo per imparare ad andare sott'acqua. «Santo cielo! Devo correre alla seduta di agopuntura!» esclamò Karen, sollevando il viso bagnato di lacrime. «Credo di aver bisogno di qualcosa di più di tè e frutta.» Caroline le mise un braccio attorno alle spalle, con fare protettivo. «Perché non mi dici cosa ti tormenta?» le chiese. Adesso le sembrava più lucida. «Non posso, non in questo momento. Posso solo dirti che se voglio salvare la mia storia con tuo padre tu dovrai sposare qualcuno.» Si fermò e le diede una breve carezza. «Mi dispiace. Faccio solo quello che mi ha chiesto tuo padre.» Meredith Webber
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Karen andò via, lasciando Caroline a meditare su quanto le aveva detto. Cercò di ricordarsi le conversazioni telefoniche che aveva avuto di recente con suo padre. Un no le uscì di getto, quasi come una risposta a una domanda invisibile. Proprio in quel momento si accorse che stava arrivando Lucas. Lui la guardò con aria interrogativa. «Sto bene, non preoccuparti» lo rassicurò Caroline. «Ho solo fatto quattro chiacchiere con Karen.» Si fermò un attimo. «Oggi ho avuto una giornata molto... be', insolita. E la conversazione con Karen è stata la ciliegina sulla torta.» «Hai messo la protezione solare?» «No, dottore.» «Non avevo dubbi» rispose Lucas, in tono serio. «Te la spalmo io.» Caroline avrebbe voluto scappare via, ma una mano fresca la fermò. Lucas incominciò a massaggiarle le spalle, le braccia, il collo, il viso. Caroline provò una sensazione indescrivibile. Tuttavia sapeva che non poteva, non doveva lasciarsi andare. Ritornò con il pensiero a Karen. Doveva capire meglio e approfondire. Era arrivato, però, il momento di seguire Lucas. Era pronta per la sua prima immersione. Decise che nelle ore seguenti si sarebbe dedicata solo a quello. Avrebbe scacciato via ogni pensiero e imparato ad andare sott'acqua. Era sicura che avrebbe passato un pomeriggio meraviglioso.
5 Lucas aiutò Caroline a sistemare la maschera e il boccaglio. È la cosa più stupida che abbia mai fatto in vita mia, pensò Caroline. Adesso avrebbe passato del tempo a stretto contatto con lui. Ed era proprio quello che voleva evitare! Invece, erano lì, insieme e più vicini che mai. Lucas avvertì la sua tensione. «Rilassati» le disse. «Respira profondamente e distenditi. Cerca di non pensare a niente. Sputa sulla maschera, serve a pulirla» le consigliò, calandosi subito nei panni dell'insegnante. Caroline annuì. Si bagnò i capelli, mettendo in evidenza i lineamenti perfetti. Lucas notò quanto fosse bella con i capelli raccolti dietro i quali, Meredith Webber
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invece, di solito, si nascondeva. Una bellezza fresca e pulita che gli diede un colpo al cuore. Non gli era mai successo prima. Aveva provato emozioni e interessi di natura sessuale, ma mai un coinvolgimento sentimentale. Era decisamente fuori dai suoi piani. «Devo sistemarmi anche le bombole?» gli chiese Caroline, interrompendo quelle riflessioni. «No. Prima è meglio che ti spieghi la teoria. A dire il vero, quella bombola l'ho portata qui per controllarla, ma se vuoi, la puoi provare.» Le spiegò il funzionamento degli strumenti per la respirazione e l'aiutò a sistemarsi le bombole sulle spalle. «Regola l'ossigeno e respira normalmente» le suggerì. «Poi, quando ti senti più sicura, vai pure sott'acqua. Il peso delle bombole ti farà scendere verso il fondo della piscina. Cerca di rimanerci un po' per prendere confidenza.» «Non mi serve la maschera?» gli chiese. «No, non c'è niente da guardare sul fondo, è meglio che ti concentri sulla respirazione» rispose Lucas. Caroline si mise il boccaglio e sparì sott'acqua. Lucas pensò agli abitanti dell'isola che ritenevano che gli spiriti esistessero davvero, purtroppo quella credenza non si conciliava con l'educazione che aveva ricevuto. Gli avrebbe fatto piacere incontrare lo spirito di sua madre, anche solo per un momento. Le uniche notizie che aveva su di lei, gliele aveva date suo padre. Gli aveva detto che era stata pagata per darlo alla luce. Poi se n'era andata. Era stato suo padre a crescerlo. Chissà se uno spirito avrebbe potuto spiegargli il perché... Era dura accettare di essere stato concepito per soldi. Avrebbe voluto sapere come erano andate davvero le cose. Da tempo, comunque, si faceva domande a cui non riusciva a darsi risposta. Caroline riemerse in quel preciso istante, sorridendogli e quei pensieri tristi scomparvero d'incanto. «Ce l'ho fatta!» esclamò felice. «Devo fare pratica e ho bisogno di altre lezioni, ma credo di poter imparare presto.» «Certo che puoi. Come mai tanta allegria?» le domandò Lucas. In realtà non aveva ancora fatto una vera immersione. Caroline si fece seria. «Credo di non aver provato niente del genere prima d'ora. Non sono mai stata brava negli sport, ero sempre l'ultima della Meredith Webber
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classe.» Lucas la guardò. Era bella, ricca, raffinata eppure c'era molta insicurezza in lei. «Vuoi un'altra lezione qui oppure usciamo in barca domani?» le chiese. «È molto gentile da parte tua, ma domani non posso. Ho un mucchio di lavoro da sbrigare, non posso perdere tempo.» «Quindi, per te, queste lezioni sono solo una perdita di tempo.» «Non proprio» rispose Caroline. «Allora infrangi le tue regole almeno per una volta» le propose Lucas. «Ci penserò.» Caroline uscì dall'acqua e si sedette sul bordo della piscina, ad asciugarsi. Fu allora che Lucas notò le dita dei suoi piedi. Ogni unghia aveva un colore diverso dall'altra. Una frivolezza che non avrebbe mai associato all'algida Caroline Sayers. Era sul punto di dirle qualcosa, quando lei si alzò, nascondendo la singolare visione. «Grazie per la lezione» lo salutò formalmente e si allontanò, lasciandolo solo. Lucas rimase ad ammirarla. Era incredibilmente elegante in quel sobrio costume intero. Sobrio. Eppure, nonostante questo, era la donna più attraente che avesse mai visto. Quel costume metteva in evidenza le gambe lunghe e tornite e una figura perfetta. Mentre continuava a fissarla, una voce alle sue spalle lo fece sussultare. «Che stai facendo? Mi sembra che ti stia dando un gran da fare con le lezioni d'immersione. Non dovresti essere al lavoro?» Era Mark, dietro di lui, con un pacchetto in mano. «Cos'hai lì? È il pezzo di ricambio richiesto da Clyde?» gli chiese Lucas. «Glielo porto io. È meglio che tu vada dal capo. Era ansiosa di avere tue notizie.» «Davvero?» disse Mark, all'improvviso felice. «È strana, a volte. Caroline cerca sempre di non mostrare le sue emozioni, anche se tiene molto a me.» «Tiene molto a te?» ripeté Lucas, sorpreso da quell'affermazione. «Sì» precisò Mark, arrossendo. Dopo un minuto di silenzio aggiunse: «Io la amo. La amo da tantissimo tempo e farei qualsiasi cosa per conquistarla. Il problema è che lavora troppo. Io, invece, vorrei solo che mi sposasse». Imbarazzato, Mark smise di parlare e si allontanò. Lucas rimase a guardarlo. Non poteva credere alle sue orecchie. Mark Meredith Webber
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gli era sembrato uno scolaretto alle prime pene d'amore. Non poteva crederci... Ma non aveva voglia di pensarci. Non gli interessava Mark e le sue pene d'amore. Non voleva complicazioni e l'amore lo era. Suo padre era sopravvissuto senza e, presumibilmente, anche sua madre. Caroline si fece una doccia rigenerante e indossò un morbido maglione di cotone con la zip, uno di quelli che portava sempre per il lavoro. I suoi amati tailleur non erano adatti alla direttrice di una beauty farm, era meglio adottare uno stile più semplice. A dir la verità, in un ambiente dove tutto era vivace e colorato, il suo abbigliamento formale la faceva sentire a disagio e troppo... cittadina. Pensò alle altre donne, abbronzate, snelle, con il corpo in forma perfetta. Sospirò. I suoi vestiti erano sempre andati benissimo. Sobri e semplici, li sceglieva di proposito per non farsi notare. Forse, però, sull'isola stonavano. Sollevò i capelli, cercando di allontanare quei pensieri. Entrò in ufficio e fu sorpresa di trovarvi Mark. Fu ancora più sorpresa nel sentire i suoi complimenti. «Sei molto carina con questa pettinatura» le disse. Era una cosa che non faceva mai. «Grazie» rispose. Mark gli sembrò un po' agitato ed era una cosa che la preoccupava parecchio perché lui era uno dei suoi punti di riferimento. Mark la informò sulle condizioni di salute di Jackie. La donna si era ripresa perfettamente e l'assicurazione le avrebbe risarcito i danni. Caroline sospirò sollevata. «Grazie al cielo sei qui. Non so come mio padre abbia potuto pensare che sarei riuscita a ricoprire questa carica da sola.» Mark le sorrise e Caroline continuò a parlare. «Sono successe un sacco di cose e non ci ho più pensato, ma adesso ho un dubbio. Perché mio padre vuole licenziare Lucas e vuole che io prenda il suo posto? E perché sono io a occupare la suite, che invece sarebbe sua?» Caroline si sarebbe aspettata una reazione imbarazzata da parte di Mark, che, invece, scoppiò a ridere. «Non preoccuparti per lui, non ha mai messo piede in quella suite. Credo che la odi addirittura. Vive in una casa su una collina da cui si vede il villaggio. Nonostante la vita nomade, è molto legato all'isola.» Fece una pausa, poi aggiunse: «Prima del tuo arrivo era dirigente part-time. Credo Meredith Webber
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sia il tipo d'uomo che ha problemi nell'accettare lavori a tempo pieno. Anzi, penso che non ami nessun tipo di progetto a lungo termine». Caroline rifletté su quell'ultima considerazione. Perché si sentiva così malinconica? Si misero al lavoro. Mark aveva incontrato Chuck in città, che gli aveva assicurato che i lavori sarebbero ripresi la mattina seguente. «Verrà anche un architetto per l'ispezione» le disse. Poi prese un rotolo di progetti da uno scaffale dietro la sua scrivania. «Chuck e Lucas si sono incontrati e hanno discusso dei tuoi progetti per il blocco operatorio. Pare che Lucas sia d'accordo su tutto.» «Almeno questo...» «Almeno?» Caroline riconobbe la voce familiare. Si voltò e vide Lucas sulla soglia. «Ti avevo pregato di non farlo!» si arrabbiò. «Di non fare cosa?» replicò Lucas, con aria innocente. «Di comparire così all'improvviso alle mie spalle, facendomi sussultare, ecco cosa. Perché non bussi ed entri come una persona normale?» «Ho bussato, ma eravate così impegnati a parlare che non mi avete sentito.» Lucas sorrise. «Comunque, sono contento che siate entrambi qui. Ho bisogno di parlarvi delle procedure d'emergenza.» «Io credo che tornerò in Australia» fu il secco commento di Caroline. «Sto parlando seriamente. Bisogna realizzare al più presto un piano di evacuazione in caso di disastri naturali. Credo che vi rendiate conto che uno tsunami spazzerebbe via del tutto Tranquillity Sands.» Caroline era confusa. «Cos'è uno tsunami? E che vuol dire che la beauty farm verrebbe spazzata via?» «Meglio dire sommersa, non spazzata. Lo tsunami è una gigantesca onda, generata da un maremoto, che potrebbe sommergere la parte dell'isola dove si trova il centro.» «Spero che questo tipo di fenomeno sia molto raro. Sei sicuro che le procedure d'emergenza siano necessarie?» Lucas si fece ancora più serio. «Be' , in Australia, sicuramente, ma qui a Vanuatu sono molto frequenti, invece. Ci sono spesso terremoti che danno origine agli tsunami. Inoltre, ci sono molti vulcani attivi... Anche un'eruzione potrebbe scatenare uno tsunami.» Caroline si prese la testa tra le mani. Meredith Webber
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«Mio padre sapeva queste cose quando ha comprato il centro? Era a conoscenza del fatto che questi disastri naturali avrebbero potuto influire su questa beauty farm?» «Sì, lo sapeva» rispose Mark. «Ma pensava che valesse la pena di rischiare perché Hokomana ha avuto solo una catastrofe del genere negli ultimi cento anni. Un ciclone, che spazzò via l'edificio originale dell'istituto.» «Perfetto!» esclamò Caroline. Poi si voltò verso Lucas. «Cos'era questo palazzo, allora?» Lui esitò per un istante. «Un orfanotrofio. C'erano anche i missionari presbiteriani e cattolici. E una scuola, gestita dalle suore...» Caroline fu percorsa da un brivido. Sentiva dentro di lei il freddo di quelle onde gigantesche. Le sembrò di udire di nuovo il pianto del bambino e di rivedere la figura femminile vestita di bianco. «Suore e bambini riuscirono a mettersi in salvo?» chiese con un filo di voce. Lucas parlò piano, si capiva che quella tragedia lo aveva sconvolto. «Non c'erano sistemi di allarme, né dispositivi di sicurezza all'epoca. Era stato detto alle suore di andarsene. Qualcuna di loro e la maggior parte dei bambini riuscì a scappare in tempo.» «Tranne un bambino» sospirò Caroline. «E la suora che tornò a riprenderlo.» «Non dirmi che credi alle storie di fantasmi che raccontano gli isolani» si stupì Mark. Caroline non gli rispose, ma guardò Lucas che la fissava come se avesse detto qualcosa di terribile. Ci fu un attimo di silenzio. Poi Mark, cercò di riportare la conversazione su un piano razionale. «Abbiamo bisogno di un piano di evacuazione. Abbiamo già quello antincendio, ma è chiaro che dobbiamo realizzare anche quello anti tsunami al più presto.» «Certo» convenne Lucas, «e non solo per i clienti, ma anche per il personale. Siamo in tanti e ci sarebbe bisogno di barche ed elicotteri.» «E ovvio che hai già qualcosa in mente, altrimenti non ne avresti parlato in questo modo» disse Caroline. Lucas annuì. «Dal momento che ci sono gli operai, si potrebbe far costruire un rifugio Meredith Webber
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alle spalle del villaggio. La zona è protetta dalle montagne e in caso di cataclisma, la gente potrebbe salvarsi.» «Ma potrebbe anche rivelarsi una spesa enorme e, al tempo stesso, inutile.» Lucas insistette. «Potrebbe servire prima di quanto tu creda.» «Quindi per te sarebbe un errore non costruire il rifugio» gli chiese Caroline. Lucas assentì. «Domani potresti mostrare all'architetto la zona?» si informò Mark. «Naturalmente» rispose Lucas. Caroline rimase in silenzio, pensando a tutto quello di cui avevano discusso. Un suono la distolse dalle sue riflessioni. Era l'orologio del corridoio. «Il dovere ci chiama» disse Mark. Si voltò verso Caroline. «Vuoi cambiarti? Il lunedì sera è una serata speciale, qui al centro.» «Speciale?» Caroline era curiosa. «Sì, ci si veste in abito da sera» la informò Mark. Caroline non aveva bisogno di passare in rassegna tutto il suo guardaroba per sapere che non aveva niente da mettersi. «A chi è venuta in mente questa idea ridicola?» «A tuo padre. Le sere eleganti sono il lunedì e il venerdì. È così in tutte le beauty farm della catena» le spiegò Mark. «Stai scherzando! Qui a Hokomana?» «Anche a me sembrava ridicolo, all'inizio, ma adesso credo che sia un'idea carina» intervenne Lucas. «Credo proprio che cenerò nella mia suite» borbottò Caroline. «Tuo padre non sarà contento» l'avvertì Mark. Questa frase non fece che rafforzare la decisione che aveva preso.
6 Un'ora dopo, Caroline era ancora nel suo appartamento. Sentì bussare alla porta. Era Lucas. «Ti chiedo scusa per il disturbo, ma è successo un incidente poco lontano dal villaggio. Si è rovesciato un autobus pieno di gente.» «Oh, no! Prendi la borsa del pronto soccorso! Andiamo subito.» Caroline corse in camera da letto afferrando le lenzuola e il copriletto. «Ci Meredith Webber
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potranno servire» aggiunse. Lucas la ammirò per il coraggio e il sangue freddo che dimostrava. «Grazie» le sussurrò, mentre salivano sul mezzo che li avrebbe portati sul luogo dell'incidente. «Ho bisogno di te, mi serve una persona in gamba.» «Come lo hai saputo?» «È corso ad avvisarmi un ragazzo del villaggio. Stavo per tornare a casa, ma sono riuscito a prendere lo stesso quello che mi serve. Il resto lo troveremo nel mio ambulatorio.» Si diressero verso il villaggio e si accorsero che stavano già trasportando i primi feriti all'interno della struttura. «Li stanno portando dentro. Bene!» esclamò Lucas. «Quello è l'ambulatorio.» Caroline provò un profondo senso di tristezza alla vista di quella gente che veniva portata in un ambulatorio fatiscente, mentre a un solo chilometro di distanza clienti con qualche problema estetico venivano viziati e trattati con ogni tipo di riguardo. Entrò. C'era una donna seduta per terra, con un bambino in braccio, che cullava e cercava di confortare. Si avvicinò, facendole capire che era un medico e che voleva aiutare il suo bambino. Il piccolo aveva le labbra livide e respirava a fatica. Caroline si rese subito conto che si trattava di un problema polmonare e che il bambino era in gravi condizioni. Non c'era tempo da perdere. Chiamò Lucas, che le si avvicinò in un istante. «La situazione è molto grave, Lucas. Ha bisogno di ossigeno.» Caroline sapeva che tutto sarebbe dipeso dal suo intervento e che la vita del bimbo era nelle sue mani. Gli applicò l'ossigeno e suturò la ferita sul torace. Stava facendo del suo meglio... Lucas le era vicino, pronto a intervenire e spiegava alla madre ciò che Caroline stava facendo. Anche la donna aveva una brutta ferita sulla fronte, Lucas la tamponò con una garza. Dopo quelle prime cure mediche urgenti, Caroline continuò a visitare il bambino, che in alcuni punti sanguinava ancora. Fu in quel momento che si accorse del perché non riusciva a respirare: aveva un pezzetto di ramo d'albero conficcato tra le costole. Era molto vicino a un'arteria. Non poteva levarglielo, avrebbe potuto provocare un'emorragia. Sarebbe stato meglio operarlo in un vero ospedale, con uno staff di chirurghi e la strumentazione necessaria per quel tipo di emergenze. Meredith Webber
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«È stato già chiamato un elicottero per trasportare i feriti a Vila?» chiese a Lucas, che parve sorpreso da quella richiesta. «Elicottero? Ma queste persone non possono affrontare un viaggio del genere! Bisognerà portarli via mare.» «Il bambino non può viaggiare per mare» disse Caroline. «Abbiamo bisogno di un elicottero e ne abbiamo bisogno adesso. Faremo come abbiamo fatto con Jackie.» «Jackie aveva l'assicurazione medica» le ricordò Lucas. La rabbia di Caroline aumentò. «Quanto può costare? Se necessario pagherò io. Manda Bevan all'istituto e di' a Mark di organizzare tutto. Questo piccino ha bisogno urgente di essere ricoverato in un vero ospedale e voglio un elicottero il prima possibile!» Lucas ammutolì. Fino a quel momento era stato l'unico a prendere decisioni nelle situazioni d'emergenza. Annuì e la rassicurò dicendole che avrebbe fatto il possibile per trovarlo. Caroline sperando che tutto si risolvesse per il meglio, continuò a visitare il bambino. Notò che aveva un'altra ferita sulla testa. Senza radiografie, però, non poteva fare una diagnosi precisa. C'era bisogno urgente di un ricovero. Pregò che Lucas risolvesse il problema il più presto possibile. Il bambino aprì gli occhi mentre lei gli stava tastando il collo e si mosse piano. Cercò di allontanarla con le manine. «Riesci a muovere i piedi?» gli chiese subito Caroline. Che stupida, pensò dopo un istante. Probabilmente non parla la mia lingua. La madre gli disse qualcosa e lui sollevò piano i piedi, aveva capito che quella signora voleva solo visitarlo. «Molto bene.» Caroline gli sorrise. «Sei molto coraggioso. Tra poco arriverà un elicottero che ti porterà in un grande ospedale, dove ti cureranno nel modo migliore. Presto sarà tutto passato, credimi.» La madre gli spiegò anche quello in tono solenne e Caroline si accorse che il piccolo si rasserenava. «Vorrei fargli una flebo. Hai qualcosa per le emergenze?» domandò poi a Lucas. «Sì, ma quello che ho mi serve. Acock, l'autista dell'autobus ha una frattura aperta al femore ed è sul punto di collassare.» Caroline chiuse gli occhi sgomenta: quel poveretto avrebbe dovuto fare Meredith Webber
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in quelle condizioni un lungo viaggio in barca per raggiungere l'ospedale. Controllò la pressione sanguigna al bambino e disinfettò la ferita alla testa della madre, poi si allontanò per occuparsi di un altro paziente. C'era un uomo che aveva un taglio profondo sulla gamba e che aveva bisogno di punti di sutura. Caroline entrò nel piccolo ambulatorio per prendere alcol, soluzione salina e l'occorrente per i punti. «Forse faresti meglio a mettere delle graffette» le consigliò Lucas. Caroline non le amava, ma sapeva che erano più sicure ed efficienti. Notò che il paziente di Lucas era stato sistemato su una barella, era stato fasciato e aveva la flebo. Lucas è bravo, riesce sempre a cavarsela anche con così poco, pensò. Quel pensiero l'accompagnò mentre ritornava dal suo paziente. Gli pulì la ferita, la disinfettò e applicò il drenaggio. Poi gli somministrò un'anestesia locale e controllò polso e pressione. Tutto andava bene. «Considerando ciò che le è successo, sta reagendo davvero molto bene» gli disse Caroline. Dallo sguardo assente dell'uomo, si rese conto che probabilmente non aveva capito una parola di quello che gli aveva detto. «Adesso le metterò i punti per chiudere la ferita» continuò, posizionandosi in modo da coprire la vista di quello che avrebbe fatto. Il paziente le sembrava, però, abbastanza sereno. Quando Mark arrivò, aveva quasi completato l'operazione. «L'elicottero sta per arrivare» le annunciò. «Il pilota ha detto che può atterrare solo davanti all'istituto. Mi dispiace, ma siamo obbligati a trasportare i feriti laggiù.» «È possibile spostare il bambino?» le chiese Lucas. Caroline annuì avvertendolo, però, che avrebbe dovuto prima scrivere una lettera d'accompagnamento. «Lo faccio io, dimmi cosa devo scrivere» si offrì Mark. Poi annotò attentamente le medicine e il dosaggio che Caroline gli aveva somministrato. «Di' subito che ha un corpo estraneo ancora conficcato nella zona toracica e che è il problema principale da risolvere.» «Quindi non lo hai estratto» osservò Mark. «Abbiamo bisogno di un mezzo di trasporto più grande e soprattutto più sicuro» intervenne Lucas. «Hai controllato tutti gli altri?» gli chiese Caroline. «Spero non ci siano Meredith Webber
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casi gravi che ci sono sfuggiti.» «Se ne sta occupando John, il mio assistente. E uno in gamba, non preoccuparti.» Caroline inquadrò subito John. Per un isolano forte e bello come lui un nome così inglese era decisamente fuori dal comune. Si guardò intorno, per vedere se c'era ancora qualcuno che poteva aver bisogno di cure. Contò sette uomini, cinque donne e quattro bambini in brutte condizioni. «Quanto è grande l'autobus?» domandò Caroline a uno degli uomini che li stavano aiutando. «Non tanto» le rispose Lucas. «Ma ce la faremo lo stesso, li sistemeremo tutti. Le strade sono troppo rovinate per procedere a velocità sostenuta, così non dovranno nemmeno indossare le cinture di sicurezza. Andrà tutto bene.» «Se non si rovescia di nuovo! Se è già successo perché non potrebbe accadere ancora? Non ci hai pensato?» Lucas la guardò senza rispondere. Inutile cercare di farle capire che era un mondo diverso da quello a cui era abituata lei. Caroline continuava a pensare che tutti avrebbero dovuto avere gli stessi diritti. «Hanno fatto le antitetaniche? Sono vaccinati? Molti di loro potrebbero prendere delle infezioni.» Lucas sospirò. «Non credo proprio. Ho del vaccino, ma non basterà per tutti. Bisognerà somministrarlo solo ai casi più gravi. Somministralo al paziente che hai curato, quello con la ferita profonda. Anch'io sono molto preoccupato per le infezioni, ma quello che possiamo fare è pulire al meglio le ferite e cambiare le medicazioni.» Si fermò un attimo, poi aggiunse: «Che non rimarranno pulite a lungo!». Caroline avvertì il rumore dell'elicottero mentre stava discutendo con una donna che non voleva mostrarle la ferita che aveva sulla schiena perché avrebbe dovuto togliersi il vestito. Alla fine riuscì a convincerla. Aveva un brutto graffio, non molto profondo, ma era sporco e arrossato e avrebbe potuto infettarsi ancora di più. «Ci sono ortiche su quest'isola? Vieni a vedere questa lesione.» Lucas arrivò subito. Guardò con attenzione e fece un cenno di assenso. Meredith Webber
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«Ci vorrebbe una pomata, ma non ne ho di specifiche. Potremmo somministrarle un antidolorifico, credo che dovrebbe andar bene» suggerì. «Sarebbe stato meglio avere una pomata antistaminica» sentenziò Caroline. «Grazie tante. Credi che non lo sappia?» ribatté lui innervosito. Erano passate le undici quando anche l'ultimo paziente venne dimesso. Caroline stava cercando di mettere un po' d'ordine, buttando via la biancheria sporca, ormai irrecuperabile. Lucas la rimproverò affettuosamente. «Non hai già fatto troppo per oggi? Sarai stanchissima. Non dormi da ieri sera.» «Sono troppo tesa per dormire adesso» gli rispose. «Preferisco pulire qui. Mi aiuti a trovare dei sacchetti per la spazzatura?» Lucas non rispose, ma si mise ad aiutarla. «Ho un secchio di plastica che uso per i rifiuti» le spiegò. «Mi dico sempre che prima o poi comprerò un contenitore adatto, ma non lo faccio mai.» Forse dovresti passare meno tempo a fare immersioni!, avrebbe voluto fargli notare Caroline, ma sapeva che Lucas svolgeva il suo lavoro con grande passione e amava aiutare le persone. Sicuramente tutte le cliniche locali avevano problemi di approvvigionamenti medici. E se così era, come reagivano di fronte alla beauty farm dove, al contrario, c'era proprio di tutto anche il superfluo? Erano risentiti? Al punto da cercare di distruggerla? Lucas, però, le aveva detto che gli isolani erano stati contenti quando era stata realizzata... Caroline era certa che lui sospettasse di qualcuno. Ma di chi? Lui interruppe i suoi pensieri. «Bevan ti ha riportato la macchina. Te la senti di guidare?» Caroline annuì. Ebbe una strana sensazione: le sembrava che volesse liberarsi di lei. «Me la caverò» lo rassicurò, dirigendosi verso la porta. Stava per mettere in moto, quando Lucas la raggiunse e le posò una mano sulla spalla. «Mi dispiace. A volte sono davvero sgarbato. Non ti ho nemmeno ringraziato per l'aiuto che mi hai dato. Non sai quanto significhi per me.» Si passò le mani sul viso, come se avesse voluto allontanare la stanchezza. Meredith Webber
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«Gli isolani mi considerano una specie di punto di riferimento e io ci tengo. Da un certo punto di vista è la mia gente e mi sento in dovere di fare di più per loro. Come posso, però, portare avanti un ambulatorio che non ha neanche una semplice pomata antistaminica?» Caroline gli prese la mano. «Fai già tanto» lo consolò. «Quando studi medicina, la prima cosa che ti insegnano è che non sei onnipotente e che ogni cosa che fai è un piccolo dono del cielo per i più bisognosi. Vai a dare un'ultima occhiata ai tuoi pazienti e poi fila a letto. Hai dormito ancora meno di me la scorsa notte.» «Hai ragione» le disse, dandole un bacio sulla fronte, per la seconda sera di seguito. «Grazie, Caro» sussurrò dolcemente.
7 Caroline rientrò in ufficio. Le luci erano spente, Mark doveva essersi ritirato in camera sua. Pensò di fare la stessa cosa. Andò in camera, si fece una doccia e, dopo poco, si addormentò come un sasso. La mattina seguente, era al lavoro. Per prima cosa, telefonò ad Harry. Voleva notizie dei pazienti che erano stati trasportati a Vila. Poi si mise al computer, per approfondire la sua conoscenza della situazione economica della beauty farm. «Già qui? Pensavo stessi ancora dormendo» la salutò Mark, entrando mentre lei stava scarabocchiando delle cifre su un foglietto di carta. «Ho troppi pensieri per la testa» rispose Caroline. «L'ambulatorio di Lucas è in condizioni tremende. Le camere, l'attrezzatura medica, le medicine disponibili. Noi guadagniamo una fortuna con questa beauty farm e là c'è una situazione indescrivibile. Siamo sulla loro isola e, credo te ne sia accorto, non facciamo niente per aiutarli.» «Non è del tutto esatto» replicò Mark. «Non siamo proprietari della terra su cui è stato costruito il resort. Nessun straniero può comprarla. Abbiamo un contratto d'affitto per settantacinque anni, rinnovabile.» «Settantacinque anni? Stai scherzando?» Mark sorrise. «I primi europei che vennero da queste parti erano interessati al legname. Quando si stabilirono crearono delle piantagioni di noci di cocco. Fecero questo tipo di accordo con gli isolani: loro sostenevano le Meredith Webber
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piantagioni e gli abitanti del luogo affittavano la terra per settantacinque anni, il tempo necessario per vedere la piantagione nel pieno del suo splendore.» «E oggi chi amministra i soldi ricavati?» «Non so bene in che percentuale, ma i locali hanno la loro parte.» «E come la utilizzano?» chiese Caroline. «La sanità pubblica dovrebbe essere una delle loro priorità. Potrebbero mettere a posto l'ambulatorio.» «Non gli chiediamo cosa fanno dei soldi. E certamente non possiamo obbligarli a fare niente» replicò Mark. In quel momento entrò Lucas, intenzionato a dare la sua versione dei fatti. «Per essere esatti, il consiglio locale ha deciso che la priorità doveva essere data all'istruzione. Troppi giovani si erano trasferiti altrove, su isole più grandi, per lavorare ma anche per offrire un'educazione scolastica ai propri figli. I capi erano sicuri che senza un'istruzione adeguata, i giovani isolani avrebbero avuto scarse possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. E non dimenticare che sono solo pochi mesi che è ripresa una conduzione effettiva del centro, per cui non hanno avuto molti soldi a disposizione.» «Be', capisco le motivazioni, ma credo seriamente che dovrebbero riconsiderare la loro scala di priorità.» «Lo stanno facendo, infatti. Il consiglio locale si è riunito stamattina. Hanno deciso di risistemare la strada che collega i due villaggi per evitare che possano accadere altri incidenti gravi come quello di ieri.» «Non basta! Dovrebbero impedire alla gente di usare veicoli aperti e rimettere a posto l'ambulatorio e...» Caroline si bloccò. Forse stava esagerando. Non era da lei comportarsi in quel modo. Mentre rifletteva, squillò il telefono e, sperando che si trattasse di Harry che le dava notizie, rispose subito. «È la polizia» la informò Melanie, la centralinista. «Si tratta della signora Finch.» Caroline prese la chiamata. Una voce maschile dall'altro capo incominciò a tempestarla di domande. A quel punto si rese conto che la conversazione si stava facendo troppo impegnativa per lei. «Mi scusi un momento. Le passo il dottor Quinn.» Lucas afferrò la cornetta con sguardo preoccupato. Caroline rimase in attesa fin quando lui non riagganciò e le disse: «Devo andare a Vila. Pare che la polizia abbia arrestato uno dei complici di Jackie Finch, un ladro di Meredith Webber
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conchiglie. Si tratta di un australiano che lavora in un bar in città. Sono convinti che li abbiamo aiutati a scappare e ci ritengono complici». «Parli di noi due o del centro?» gli chiese Caroline. Lucas sorrise cercando di mantenere la calma. «Entrambe le cose. Sospettano di me, te, Mark, Harry... Anche se, in effetti, lui seguiva solo le nostre disposizioni.» «Ah, quindi non finirà un prigione con noi!» esplose Caroline. «Non scherzare» intervenne Mark, con uno strano tono di voce. «Finire in prigione qui non è uno scherzo. Si è trattati malissimo e se si è stranieri è ancora peggio. Si legge di tutto sui giornali.» Sembrava sconvolto e Caroline non riusciva a comprendere il motivo di quell'eccessiva preoccupazione. «Ma credo che riusciremo a spiegare...» incominciò, poi si fermò. Lucas aveva uno sguardo cupo. Ebbe il presentimento che un altro disastro stesse per abbattersi su di loro. Un altro... «Come vai a Vila?» gli chiese. «Prendo la mia barca. Spero che non mi trattengano molto, perché ho anche altre cose da fare laggiù.» Caroline avrebbe voluto augurargli in bocca al lupo, ma Lucas era già uscito dalla stanza. «Hai capito adesso perché abbiamo bisogno di Lucas, qui?» le disse Mark, con tono di rimprovero. «Perché, credi che riuscirà a trovarci una buona sistemazione in prigione?» Non era riuscita a trattenersi. Sapeva che, più che a Mark quelle parole erano rivolte a se stessa. Provava uno strano senso di inquietudine. Era confusa e aveva paura di quel che sarebbe potuto accadere. «Vado al villaggio» annunciò improvvisamente. Si accorse che sulla scrivania c'era la chiave che le aveva dato Lucas. «Cos'è quella chiave?» le domandò Mark. «È quella di una delle due serrature del frigo delle medicine. Una misura precauzionale di tutti gli ospedali» rispose Caroline, omettendo qualche particolare. «La prudenza non è mai troppa.» Mark ritornò alla sua scrivania senza dire una parola. Caroline ripensò alle medicine scomparse. Chi poteva essere stato? Qualcuno del personale? Qualcuno che aveva accesso al frigo? Gli unici che avevano la possibilità di accedervi erano Lucy e Lucas. Anche Mark Meredith Webber
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avrebbe potuto, ma non ne avrebbe avuto motivo. Caroline cercò di analizzare la situazione. Era sicura che Lucy non avesse preso niente, era il ritratto della salute. Rimaneva Lucas. E se ne avesse parlato con lei per confonderla? Si ricordò di quando ne avevano discusso e lui aveva subito cambiato argomento, parlando di immersioni. Forse le aveva prese per il suo ambulatorio. Ottimo motivo, ma avrebbe dovuto dirlo, non farlo di nascosto. Caroline decise di prendere un po' di medicine da donare all'ambulatorio e di approfittare per mettere un po' d'ordine tra gli scaffali. Prese degli antibiotici, antidolorifici, sedativi e analgesici. C'era in effetti parecchia disponibilità di farmaci. Mise tutto in uno scatolone e richiuse l'armadietto, controllando che fossero chiuse entrambe le serrature. «Ti spiego dopo» disse a Mark, che, però, non era più in ufficio. Caroline si sentiva più leggera e molto soddisfatta. Salì, con il suo carico, in una delle vetture che usavamo per i trasporti locali e si diresse al villaggio. Appena arrivata, vide subito John, che aveva conosciuto la sera prima e che era ancora lì, insieme a dei pazienti che aspettavano di essere visitati. «Lucas è dovuto andare in città» si affrettò a spiegargli Caroline. «Così ho pensato che oggi potrei sostituirlo io.» Nessuna risposta. Caroline continuò: «Sempre se ritiene che i pazienti non abbiano problemi a farsi visitare da una dottoressa». «Credo che sia un'ottima idea» rispose finalmente John, sorridendo. Che splendido sorriso!, pensò Caroline, mi ha rischiarato la giornata! John la fece entrare nel piccolo ambulatorio dove Lucas riceveva solitamente i pazienti. Caroline si accorse che non aveva notato quella stanza il giorno precedente. Il mobilio era costituito da una scrivania, diverse sedie, un lettino e un paravento. C'erano anche degli scaffali con una serie di libri di medicina e un armadietto contenente poche medicine e una curiosa collezione di ossa. «Sono dei nostri antenati» le disse John, leggendole nel pensiero. Caroline lo guardò, chiedendosi se stesse scherzando. Non scherzava. Si chiese se quelle fossero davvero le ossa degli antenati o se erano resti del pasto di un cannibale. Cerca di essere seria!, si rimproverò. «Allora» proseguì Caroline. Posò la scatolone sulla scrivania. «Credo che possiamo incominciare le visite.» Si ricordò che la sera prima aveva Meredith Webber
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avuto problemi con la lingua, perciò aggiunse: «Magari è meglio se rimane anche lei durante le visite. Ho bisogno di un traduttore». La prima a entrare fu una giovane donna incinta, accompagnata da un'altra donna, molto probabilmente la madre. La donna anziana sommerse subito John di parole, accompagnate da gesti e risatine timide. «La vecchia saggia del villaggio dice che questa ragazza avrà dei gemelli» le rivelò John. «La madre vuole sapere se è vero, per prepararsi.» Caroline non era sicura che John avesse tradotto tutta la conversazione. Ma non si perse d'animo. Fece stendere la ragazza sul lettino, cercando di proteggere la sua privacy con un lenzuolo. John capì e si allontanò. Caroline non aveva molta esperienza di donne in attesa, ma cercò di fare del suo meglio. Si ricordava di quello che aveva imparato nel reparto di ostetricia e, soprattutto, dalle infermiere. Con l'aiuto di John, spiegò alla paziente quello che si stava accingendo a fare. Le misurò i battiti cardiaci, che erano regolari. Le appoggiò un orecchio sul pancione. Il ritmo cardiaco del feto era normale, ma... no, erano tre! A quello stadio della gestazione, però era facile sbagliarsi. Prima di comunicarlo doveva esserne sicura. Riascoltò. Quella giovane donna aspettava forse tre gemelli? Con dolcezza, fece pressione sul pancione, tastandolo bene per capire la disposizione dei feti. Dopo qualche minuto si sentì pronta a dare la risposta. «Sono due!» dichiarò, incrociando le dita. «Da quanto non ha il ciclo?» John tradusse. «Da tre mesi» rispose la madre. Alla fine della visita John le porse la scheda della ragazza, che doveva essere aggiornata. Caroline considerò che doveva registrare tutti i dati relativi al controllo che aveva appena effettuato, pressione sanguigna compresa. E il test delle urine? Chissà se Lucas glielo faceva fare regolarmente. Fece sedere la ragazza su una sedia, per misurarle la pressione e lanciò un'occhiata veloce alla sua scheda per leggere gli altri dati e poter fare un confronto. Con grande stupore si accorse che era totalmente bianca, senza neanche il nome della paziente. «John, ma devo scriverla io la scheda! D'accordo, allora, qual è il nome della paziente?» John scosse la testa. «Non lo so. Stanno andandosene.» Caroline si voltò e vide la donna più anziana che aiutava la ragazza a rimettersi in piedi. «A Meredith Webber
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essere sinceri non sono pazienti abituali, volevano solo sapere qualcosa in più sulla gravidanza» aggiunse poi. «Che vuol dire che non sono pazienti abituali?» gli domandò Caroline, consapevole che non avrebbe avuto una risposta. John, infatti, si era allontanato per accompagnare le due donne, ma sapeva che lui non le avrebbe risposto comunque. Dopo qualche istante, John ritornò con un ragazzino recalcitrante, che piangeva a dirotto. «Un cane lo ha morso. Lucas dice sempre che dopo un morso di cane, bisogna fare un'antitetanica o un'antirabbica» dichiarò. Fece sedere il bambino su una sedia, finché il pianto non si trasformò in un debole lamento. Caroline gli esaminò subito la gamba, poi chiese al ragazzo, ancora molto refrattario, di stendersi sul lettino. Trovò con facilità del disinfettante nell'armadietto dei medicinali, accanto alla strana collezione di ossa. John le porse un catino pieno d'acqua, al quale lei aggiunse l'antisettico per diluirlo e si lavò le mani. Si accorse che l'infezione si stava già diffondendo e fu contenta di aver portato con sé l'antitetanica. Ma non aveva l'antirabbica, che sarebbe stata più adeguata. Purtroppo non era un farmaco tipico del kit di pronto soccorso di una beauty farm. «Gli farò la vaccinazione antitetanica, poi gli darò degli antibiotici per bloccare l'infezione. Pensi che riuscirà a seguire una terapia?» John scosse la testa. «I genitori non possono tenerlo d'occhio durante il trattamento?» Ancora un altro no da parte di John. Caroline, a quel punto, si accorse di non aver con sé la medicina giusta e le scorte di Lucas erano terminate la sera prima. Non aveva il tempo di andare a procurarsela e decise di praticare un'iniezione alternativa, ma ugualmente efficace, l'antitetanica TIG. «Adesso ho bisogno del tuo aiuto, John» disse Caroline. «Cerca di tenerlo il più fermo possibile.» Il ragazzino cercò di scappare, ma John lo fermò. Caroline pregò che tutto andasse per il meglio. Ricontrollò la ferita, la pulì per bene e poi fece la medicazione. «Gli piace giocare con i cani, nel fango» disse John, intuendo che lei si stava chiedendo perché fosse così malconcio. «E i cani in questione sono vaccinati, o almeno in salute, che tu sappia?» Meredith Webber
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si informò. Chiunque saprebbe riconoscere un cane rabbioso, pensò fra sé. «Sono tutti pelle e ossa, ma stanno bene. Lucas però sostiene che dobbiamo fare lo stesso l'antirabbica.» «Sai se Lucas ne ha qualche fiala, qui?» gli domandò Caroline. Avrebbe voluto scherzare sul fatto che in una beauty farm non ce n'era mai abbastanza, ma dubitava che John avrebbe gradito la battuta. «Ne aveva una, ma il fratello di questo monello è stato morso il mese scorso e abbiamo dovuto usarla.» Caroline sospirò. Forse avrebbe fatto meglio a vaccinare tutti gli abitanti del villaggio a scopo preventivo. Dopo che il ragazzino se ne fu andato, John uscì, lasciando a Caroline qualche minuto di pausa. Ritornò in seguito con delle vittime dell'incidente, alle quali bisognava controllare la ferita e cambiare la medicazione. Andò avanti così per circa un'ora, finalmente John le annunciò che stavano per finire. «Ma ci sono ancora tanti pazienti che aspettano di essere visitati!» protestò Caroline. «L'ambulatorio apre solo un'ora al giorno, perché Lucas, poi, deve andare a lavorare alla beauty farm. I pazienti più gravi sanno che devono attendere il suo ritorno da Tranquillity» le spiegò John. «E gli schedari? Bisognerà scrivere i dati e le informazioni sui pazienti che ho visitato.» «Lucas lo fa solo per i casi gravi. Per tutti gli altri scrive quali medicine hanno preso e quali vaccini hanno fatto. Ci penso io ad aggiornare i dossier, perché Lucas non ha tempo. Può tornare al lavoro, e grazie.» Però ha tempo per portarmi a fare un'immersione! considerò Caroline. Adesso, però, non era il momento di riflettere su questo. C'era ben altro a cui pensare... Il resto della giornata trascorse senza problemi. Caroline continuava a rimuginare sulla possibilità, seppur remota, di finire in prigione, ma Anthea le chiese di sottoporsi ad alcuni trattamenti di bellezza per appurare di persona la qualità dei servizi dell'istituto. Sapendo che Caroline era spesso stanca e che, negli ultimi tempi, non riusciva a dormire Meredith Webber
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bene, le consigliò la litoterapia. Le spiegò che era un nuovo tipo di massaggio che faceva miracoli per il sistema circolatorio. Si eseguiva con l'ausilio di pietre nere e calde, alternate a pietre bianche e fredde, che venivano posate sui punti più importanti del corpo. Nonostante non fosse dello spirito giusto, Caroline decise di accettare e raggiunse il locale massaggi. C'era Kylie, una naturopata australiana, ad aspettarla. La fece spogliare, stendere su un lettino e incominciò a illustrarle i principi di quella terapia. Quando le applicò le pietre sulla schiena, Caroline si abbandonò completamente a quel piacevole e rilassante benessere. Le sembrava di galleggiare su una nuvola e si accorse che, poco alla volta, le sensazioni negative che si erano accumulate nella sua mente, erano sempre più lontane. «Spesso usiamo questo trattamento per gli sportivi che si sono infortunati» le spiegò Kylie. «Lo gradiscono molto.» «Allora?» le chiese Anthea, quando Caroline ebbe finito. «Cosa te ne pare? Ti senti meglio?» «Mi sembra di galleggiare» ammise lei. «Non solo mi sento molto meglio, ma mi sono anche rilassata.» «Bene!» sorrise Anthea. «Allora ti sei convinta che i nostri non sono servizi inutili per donne viziate, ma vere e proprie terapie?» Caroline aspettò qualche secondo prima di rispondere. «Non ho mai detto che siano trattamenti del tutto inutili. Ho solo dei dubbi su qualche cura di cui non c'è riscontro scientifico.» «Forse c'è» ribatté Anthea. «Magari non è ancora stato dimostrato, ma esiste.» Caroline non ne era convinta. Non riusciva a fare a meno di continuare a pensare a quello che le aveva detto Lucas. Alla storia dell'orfanotrofio spazzato via da un ciclone. Era meglio tornare al lavoro.
8 Qualcuno, nel suo ufficio, la stava aspettando. Erano Mark, John e una signora di mezza età, con un fagotto tra le braccia. «John dice che vorrebbe portarti a fare un'immersione» le annunciò Mark, con una nota di disapprovazione nella voce. «E lei, invece, è Meredith Webber
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Dolores, ha un regalo per te.» Era la madre del bambino che Caroline aveva curato dopo l'incidente. Mark fece un cenno alla donna che si avvicinò a Caroline. «Questi sono per lei, per ringraziarla» le disse, porgendole alcuni vestiti colorati. «Per cosa? Non doveva disturbarsi. Faccio solo il mio lavoro, sono un dottore.» La donna sorrise di nuovo e le consegnò il regalo. «Lucas mi ha detto che potevo darglielo» insisté. «Dimenticavo che quello che dice Lucas è indiscutibile» borbottò, ma la donna parlava male l'inglese e non poteva cogliere la sfumatura sarcastica di quell'affermazione. Così prese gli abiti e ringraziò la signora, poi si rivolse a John. «Non ho tempo per le immersioni» gli disse, anche se le avrebbe fatto piacere dichiarare il contrario. «È appunto quello che stavo cercando di fargli capire» gongolò Mark. Quel modo di fare compiaciuto convinse Caroline a cambiare idea. «A pensarci bene, credo di avere un'ora libera» mormorò sorridendo. «Dove ci vediamo? Al villaggio?» chiese. «Ho la barca al molo» rispose John. «Potremmo rimanere nella laguna. Ti mostrerò coralli e pesci dai colori sorprendenti.» «D'accordo» approvò Caroline, «dammi solo mezz'ora e sono da te.» Già pregustava la vista di quel mondo sommerso che aveva avuto modo di ammirare solo nelle foto e nei documentari. John e Dolores se ne andarono e Caroline pensò di dare un'occhiata agli abiti che le aveva portato. Alcuni erano di colori sgargianti, altri, invece, iridescenti. Li appoggiò sulla scrivania. Li guarderò più tardi, meglio che organizzi tutto prima di andare via. «Non dovresti comportarti in maniera così amichevole con gli isolani» la rimproverò Mark con evidente disapprovazione. «Ho solo accettato l'invito a un'immersione» precisò Caroline, chiedendosi perché Mark si mostrasse così seccante. Era molto diverso dall'uomo che aveva conosciuto in Australia. Forse lavorare sull'isola non gli giovava poi tanto. «Be', cerca di non diventare troppo amica di queste persone. Il proprietario precedente pensava fosse meglio non assumere gli abitanti dell'isola, perché tendono a diventare invadenti. Si lavora meglio con persone di altri gruppi.» «E per quale ragione?» chiese Caroline sorpresa. «Io credo, invece, che Meredith Webber
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sarebbe meglio farli lavorare. Se si assumono persone di altri villaggi, gli abitanti di qui dovranno andarsene per cercare a loro volta lavoro. Non mi pare che la cosa abbia senso.» «E invece ne ha, credimi» rispose Mark, sostenuto. Caroline ne aveva abbastanza. In quegli ultimi giorni era diventato davvero insopportabile. Una telefonata le impedì una replica nervosa e Mark uscì dalla stanza. Caroline firmò alcune lettere che aveva preparato Melanie, poi telefonò a Dorothy, per assicurarsi che tutto fosse in ordine nelle cucine. «Sì, tutto procede per il meglio» la rassicurò la donna, poi le disse che aveva bisogno di parlare con Mark perché alcuni fornitori non erano ancora stati pagati. «Credevo fosse lì. Mi aveva detto che veniva da te» si sorprese Caroline. Stava incominciando a perdere la pazienza con Mark. «Non è qui, lo vado a cercare» le disse Dorothy. Caroline riagganciò. Prese i vestiti e si diresse verso la sua stanza. Si soffermò ad ammirarli. Erano tre bellissimi abiti e assomigliavano molto a quelli che indossavano le donne dell'isola. Erano aderenti, lunghi ed eleganti, Caroline decise di provarne subito uno. Ma si ricordò che John la stava aspettando... era meglio rimandare. Mentre si preparava, le venne in mente un pensiero: se glieli avesse regalati Lucas, li avrebbe accettai lo stesso? Il sole si rifletteva sulla superficie del mare dipingendo ogni cosa di arancione, quando Caroline fece ritorno da quella meravigliosa esperienza. Aveva ancora negli occhi i colori incredibili dei pesci e la bellezza mozzafiato dei coralli che abitavano la baia. Non aveva mai visto niente di simile. Non si era immersa in profondità, era scesa poco sotto la superficie trasparente dell'acqua, aiutandosi con maschera e boccaglio. Ma era riuscita lo stesso a vedere l'incanto di quel paradiso marino. «Non credo di riuscire ad avvicinarmi tanto ai pesci» aveva confidato a John, «prima una manta mi ha quasi sfiorato e stavo per avere un attacco di cuore!» John era scoppiato a ridere, assicurandole che la maggior parte dei pesci della zona era innocua. Caroline, però, ne aveva paura lo stesso. Si era accorta di un lungo graffio sulla gamba che si era procurata avvicinandosi troppo ai coralli. Tornata nella sua stanza, si fece la doccia e si medicò la ferita. Meglio Meredith Webber
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provare i vestiti più tardi, il graffio alla gamba avrebbe potuto rovinarli, poiché il tessuto era molto delicato. Indossò un paio di short e una maglietta leggera, poi si diresse al telefono per ordinare la cena. Era troppo stanca per lasciare la suite e la nuotata le aveva fatto venire un discreto appetito. Poco dopo qualcuno bussò alla porta. Caroline andò ad aprire e si trovò davanti un cameriere inaspettato. «Lucas! Quando sei tornato? John mi ha detto che non saresti stato qui prima di domani. Allora? Come stanno le cose? Finiremo tutti in prigione?» Caroline prese il vassoio che Lucas le aveva portato e gli fece strada verso il soggiorno, dove lo posò su un tavolino. «Hai mangiato? Vuoi che ordini qualcosa anche per te?» Lucas non rispose, ma rimase fermo, a fissarla, con sguardo assorto. «Cosa c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato?» «No» rispose. «E che ti vedo molto rilassata, diversa. Sei ubriaca o ti hanno cambiato la personalità mentre ero via?» «Sono stata una stupida quando ho pensato di licenziarti, ma ti sei mostrato così scortese... Comunque, mi sono resa conto che era una guerra inutile. E ho provato la litoterapia, quella con le pietre bianche e nere. In ultimo, sono andata a fare una gita in barca con John.» Caroline sorrise. Si sentiva felice. «È stato tutto bellissimo. E lo devo a te» Lucas era senza parole. Continuava a fissarla. Faceva fatica a credere che la donna raggiante che aveva di fronte fosse la stessa persona brusca di qualche giorno prima. «Sono contento che ti sia piaciuto» le disse Lucas,. «E adesso mangia, o si raffredda la cena.» «Sì, hai ragione» convenne Caroline. «Ma non hai ancora risposto alla mia domanda. Ti dispiacerebbe raccontarmi cose sono andate esattamente le cose? E, a proposito, hai cenato?» Caroline era tornata quella di prima, algida e formale, con la voce fredda e distaccata. «Ho saltato il pranzo, ma ho mangiato un boccone a Vila prima di partire» si arrese Lucas, prendendo una sedia. Caroline era seduta su un divanetto e piluccava dell'insalata dal piatto che aveva di fronte. «La polizia è letteralmente furiosa» continuò. «Hanno fermato Jackie per accertamenti. Sono convinti che si sia fatta male apposta, per potersene andare senza problemi. In effetti, ci sono molte piante velenose sull'isola, Meredith Webber
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di cui potrebbe essersi servita.» «Ma sarebbe potuta morire!» protestò Caroline. Lucas si sentì a disagio. Gli occhi di lei lo fissavano intensamente. «Sapeva quello che faceva, credimi. Non aveva scelta» ribatté Lucas. «Ti dico che se non ci fossi stato tu...» Caroline si interruppe, riflettendo su quello che aveva combinato Jackie. «Forse hai ragione, certo arrivare a farsi del male... ma credo che sia stata la disperazione a obbligarla. Sarebbe finita in una squallida prigione in un paese straniero...» Caroline si strinse nelle spalle. Lucas ammirava la sua bellezza, ne era sempre più stordito. Ma, a volte, quella grazia era nascosta. Era come se Caroline volesse nasconderla. Perché si comportava così? Per quale motivo voleva celare la sua bellezza? Forse per proteggersi dagli uomini? Sì, ma perché? Caroline interruppe i suoi pensieri con un'altra domanda. «E la polizia? Verranno domani?» «Sì. Vogliono fare qualche domanda al personale e ai clienti. Sperano di raccogliere delle prove per dimostrare la colpevolezza di Jackie. Purtroppo, sono convinti che potrebbe essere coinvolta anche una terza persona e, soprattutto, che ci siano collegamenti con la beauty farm.» Caroline aveva finito la cena. Le era rimasta solo una coppa di macedonia, dall'aspetto invitante, ma dopo l'ultima frase di Lucas non aveva più voglia di mangiare. «Collegamenti con la beauty farm? Una terza persona qui? Credevo che Jackie avesse rapporti con qualcuno in Australia, che potesse aiutarla a vendere quelle conchiglie.» «Anch'io. Ma, comunque, non so niente di sicuro, sono solo supposizioni.» «Quindi siamo tutti indagati?» «Non proprio tutti, suppongo. Tu sei arrivata da poco, non credo rientrerai tra le persone che verranno interrogate.» Caroline non parve affatto sollevata dopo quella affermazione. «Non credo. Anche una persona arrivata all'ultimo momento potrebbe rientrare in un accordo del genere e dare un aiuto a una banda di delinquenti.» Lucas non si trattenne e scoppiò in una risata. «Dubito seriamente che la polizia ti veda come complice di una banda Meredith Webber
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criminale, anche se credo che dovremmo tutti rispondere a qualche domanda. Del resto, non è escluso che Jackie avesse davvero dei complici qui, al centro. Magari un isolano, che potrebbe avere avuto bisogno di soldi.» «E questo è il paradiso delle conchiglie» sospirò Caroline, aggiungendo: «Chiunque avrebbe potuto agire facilmente. I collezionisti pagherebbero qualunque cifra per avere degli esemplari e qui c'è gente disposta a infrangere la legge per procurarglieli». Caroline si alzò, muovendosi con la grazia di sempre. Lucas rimase, in silenzio, ad ammirarla per qualche secondo poi si accorse del lungo graffio rossastro che aveva sulla gamba. «Brutta scorticatura» osservò, indicandola. «Oh, è solo un graffietto» lo rassicurò lei, cercando di nascondere le gambe alla sua vista. «Non ci sono graffietti ai tropici. Bisogna disinfettare bene, potrebbe procurarti un'infezione. Come te lo sei fatto?» Caroline avrebbe voluto evitare quella domanda, ma rispose. «Ho urtato un corallo. Non preoccuparti, mi sono disinfettata. Ho lasciato la gamba scoperta per farlo asciugare.» «Ti sei graffiata con un corallo?» Lucas le si avvicinò per vedere meglio. «Non sai che il corallo può essere pericoloso? Non basta disinfettare, devi applicare del perossido, che brucia da morire ma è l'unico liquido antisettico che previene ogni infezione. Al limite, potresti metterci del Betadine.» Le sfiorò la gamba. Non stava più pensando al graffio, in realtà, ma alla bellezza di quella donna, che lo lasciava senza fiato. «Come mai non sei sposata?» le chiese all'improvviso. Caroline lo guardò. «Per scelta» rispose. Una strana empatia stava nascendo tra loro. «Hai perso un bambino?» Caroline, sorpresa dal fatto che Lucas si addentrasse così tanto nel suo passato, rimase in silenzio per qualche minuto. Poi sbottò: «Perché mi fai questa domanda?». «Perché hai visto il fantasma e udito il pianto di quel bimbo» le disse, come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. «So che non credi ai fantasmi, ma dopo quello che mi hai detto, sono andato a parlare con alcune donne dell'isola. Una leggenda locale racconta che solo una donna che ha interrotto una gravidanza, riesce a sentire il pianto del bambino e vedere la suora che cerca di salvarlo.» Meredith Webber
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Caroline esitò. Avrebbe voluto parlare, ma... Forse era arrivato il momento di aprirsi con lui. Hokomana era ormai un nuovo capitolo della sua vita che voleva vivere senza il fardello del passato sulle spalle. E poi, parlare con un estraneo le avrebbe fatto bene. Se la polizia avesse fatto chiudere la beauty farm, poi, sarebbe ritornata a Sydney e non lo avrebbe visto mai più. Si fece coraggio e gli raccontò quello che le era successo da quando, all'età di tredici anni, aveva perso sua madre. Del collegio severissimo dove era cresciuta, nel quale erano bandite le emozioni, delle feste con droga e alcol alle quali la invitavano compagnie sbagliate. E di quando era caduta tra le braccia di un ragazzo, per allontanare la solitudine. «Fu la madre di una mia amica ad accorgersi che ero incinta. Ero così ingenua che, probabilmente, non me ne sarei accorta fino al nono mese. Prese lei quella terribile decisione al mio posto. Era convinta che la gente l'avrebbe giudicata male per aver lasciato due ragazzine tredicenni da sole in casa ogni week end. Io credevo invece che lo facesse per me, perché mi voleva bene... Ero disperata. Mi portò da un dottore. Mi sottoposi a un aborto senza sapere quello che stavo facendo. Lei comunicò alla scuola che non stavo bene, mi tenne a casa sua per una settimana e poi mi rispedì in collegio.» Lucas le cinse le spalle con un braccio, senza dire una parola. Rimase a fissare l'oscurità oltre il vetro della finestra. «Ma anche se non avevi capito cosa ti stava succedendo, avrai sofferto comunque tanto.» «Molto, Lucas. Abbastanza per farmi a decidere di dedicarmi allo studio e non ai fidanzati. Solo in seguito, all'università, ho capito fino in fondo ciò che mi era successo. Ci è voluto davvero tempo per superare tutto.» «Ecco perché ti nascondi dietro i capelli e hai un atteggiamento freddo e distaccato» mormorò Lucas. Caroline cercò di sorridere. «Non c'è poi tanto da nascondere. Non credo di essere niente di speciale. E poi non lo faccio apposta, è più che altro un'abitudine. Non ci faccio caso. Forse per le esperienze che ho avuto, ho la tendenza a evitare relazioni intime. Il resto, fino all'avvistamento dei fantasmi, lo sai.» Caroline voleva alleggerire l'atmosfera che si era creata, ma Lucas continuava ad avere un'espressione seria. Meredith Webber
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Successe tutto con naturalezza. Lucas le si avvicinò, le scostò i capelli dal viso, le sollevò il mento e l'attirò a sé per baciarla. «Non devi più nasconderti dietro i capelli, me lo prometti?» le chiese con un'inaspettata dolcezza. Caroline provò un'emozione fortissima, ma non voleva che Lucas se ne accorgesse. «Neanche tu sei sposato» commentò, dopo un attimo di esitazione. «Tocca a te adesso raccontare.» Lucas si strinse nelle spalle e le sorrise. «Be', sono sempre stato un ribelle, restio a questo tipo di legami. E poi ho girato il mondo, come potevo fare? Adesso sono ad Hokomana, ma non so per quanto tempo ci rimarrò!» Caroline lo guardò. «Non credo che questa sia una risposta alla mia domanda.» «Infatti, non lo è.» Lucas si alzò. «Rimani qui, torno tra un attimo.» Caroline lo guardò allontanarsi. Una volta sola si mise a riflettere sulla conversazione che avevano appena avuto. Lucas ritornò con del perossido, per disinfettare la ferita. Caroline aveva ancora una domanda da fargli. «Hai preso tu le medicine che sono sparite?» Lucas la fissò. «Fai a tutti la stessa domanda? Comunque, la risposta è no. Non sono stato io. Domani si chiarirà tutto, perché la polizia avvierà le indagini.» Caroline sospirò. «Forse è meglio dimenticare tutto, che ne dici?» Lucas non rispose subito. «Parlando seriamente, è meglio tenere d'occhio l'armadietto e aggiungere un altro lucchetto. Chiunque abbia rubato, deve sapere che non avrà vita facile d'ora in avanti.» Lucas era tornato a essere solo un collega di lavoro efficiente e sensato e Caroline scoprì che la cosa le dispiaceva.
9 La polizia era arrivata. Non a bordo di una macchina scattante e veloce, magari a sirene spiegate, come si vedeva nei film d'azione, ma via mare, Meredith Webber
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con una piccola barca a motore. Quando Caroline incontrò il primo poliziotto, si accorse, però, che la faccenda era seria. Meno male che Lucas ha impacchettato tutto e chiuso la stanza di Jackie!, pensò istintivamente. Il sergente Reynard, che non sembrava un tipo molto cordiale, fu soddisfatto di notare che erano state eseguite correttamente le normali tecniche procedurali. Ma non si accontentò, purtroppo, delle dichiarazioni del personale dell'istituto, che sosteneva che l'indagata non aveva ricevuto visite durante il soggiorno nella beauty farm. Infatti, il sergente, come prima cosa, ordinò a uno dei suoi agenti di rilevare le impronte digitali presenti nella camera di Jackie. L'agente si mise subito all'opera. Un altro agente cominciò a esaminare gli archivi, scoprendo che la maggior parte delle persone che lavoravano nella beauty farm provenivano dall'isola di Tanna, piuttosto distante da Hokomana. Caroline ignorava quel particolare. Più tardi, mentre era in cucina con Lucas a organizzare il pranzo per i poliziotti, gli chiese una spiegazione su quel particolare di cui era appena venuta a conoscenza. «Di solito succede perché un membro di una famiglia o di un clan ottiene un lavoro in una beauty farm e gli altri famigliari vengono chiamati su sua presentazione. Potrebbe anche essere che il selezionatore dell'ufficio del personale venga da Tanna e, quindi, aiuti i suoi concittadini» le spiegò Lucas. Esitò un attimo, poi aggiunse: «Spesso succede anche il contrario. Molti datori di lavoro cercano persone di provenienze diverse, non appartenenti allo stesso clan, con la speranza che non si aiutino tra di loro». Caroline lo fissò con aria interrogativa. «Che vuol dire?» Lucas accennò un sorriso. «È un modo per avere sempre tutto sotto controllo.» «Ho capito, anche se non sono d'accordo.» «John mi ha detto che ieri mi hai sostituito in clinica. Ti ringrazio molto per l'aiuto» le disse Lucas. Caroline fu contenta di cambiare argomento. Stava per dirgli che non aveva più vaccini ed erano sul punto di terminare le scorte di medicinali in Meredith Webber
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ambulatorio, quando si sentì chiamare. «Dottoressa Sayers!» Era il sergente Reynard, che aveva appena finito di parlare con i dipendenti ed era intenzionato a proseguire con i clienti. Caroline era disperata. Sarebbero andati tutti via, non appena avessero saputo di dover subire un interrogatorio. E dire che il centro prometteva innanzitutto discrezione e riservatezza. Si prospettava un fallimento e lei sarebbe dovuta tornare a casa. Quel pensiero l'angosciò, per cui si sforzò di scacciarlo. «Sono tutti a pranzo, adesso. Vado ad avvisarli» annunciò, cercando un po' consolazione nello sguardo di Lucas, ma lui era scomparso. Si sarà smaterializzato, sarà anche lui un fantasma!, si disse Caroline. Non scherzare. Lucas è reale. I fantasmi sono asessuati e non mi sembra che sia il suo caso... Immersa in quei pensieri, Caroline entrò nella grande sala da pranzo del centro estetico. «Posso avere la vostra attenzione...» Non aveva ancora terminato la frase, che si trovò tutti gli sguardi puntati addosso. Ebbe un attimo di sgomento, poi continuò: «Come già sapete, Jackie Finch si è sentita male ed è stata riportata in Australia. Ma c'è dell'altro. La polizia sospetta che sia coinvolta in attività illegali e, per questo, vorrebbe rivolgere qualche domanda a ognuno di voi. Mi rendo conto che la cosa non è molto gradevole, ma purtroppo siamo in un paese straniero e dobbiamo rispettare la legge locale». Un silenzio totale piombò nella sala. Dopo pochi secondi, venne interrotto da Karen. «Che bello!» esclamò. «Non sono mai stata interrogata dalla polizia. Che cosa eccitante!» La donna era così elettrizzata, che in breve tempo tutti in sala cominciarono a condividere il suo entusiasmo. Caroline le rivolse un sorriso di gratitudine, ma pensò che sarebbe stato meglio ringraziarla di persona. Con tutto quello che era successo negli ultimi giorni, si era per un attimo dimenticata di lei e del tè che avevano preso insieme. Perciò, aspettò che tutti uscissero dalla sala per parlarle. Si sedettero a un tavolino in fondo al locale. «Grazie per l'aiuto» le disse. «Credo sia stata una risposta istintiva» confessò. Meredith Webber
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Caroline si accorse che era in imbarazzo. «Senti» le disse, «non ho capito bene cosa stavi cercando di dirmi l'altro giorno. Mio padre ti ha lasciata?» Karen annuì, con aria triste. «Non ne capisco il motivo! Non è il tipo d'uomo che ha bisogno costantemente di novità. Il suo lavoro lo affascina fin troppo per pensare ad altro» si stupì Caroline. Karen poggiò la mano sulla sua. «Ti ha fatto soffrire il suo comportamento, non è vero?» le chiese Karen, mentre una lacrima le scendeva lungo il viso. «Ho sempre pensato che il suo attaccamento morboso al lavoro ti avrebbe fatto soffrire. Ecco perché non posso biasimarti.» Caroline non riusciva a capire il senso di quell'affermazione. «Biasimarmi per cosa?» Karen la guardò negli occhi. «Per non esserti sposata, naturalmente. Tuo padre lo ha realizzato solo adesso, e si è reso conto di non avere ancora un erede. Allora ha pensato di risolvere lui il problema... insomma di fare un figlio. Io non posso darglielo e lui ha fatto una cosa orribile: ha stilato una lista di dieci donne che potrebbero fare al caso suo. Forse vuole uscire con tutte, prima di decidere chi scegliere...» Karen scoppiò a piangere di nuovo. Caroline rimase immobile, a riflettere su quello che voleva fare il padre. Non poteva credere che intendesse davvero comportarsi così. Aveva accettato l'idea che avesse una relazione con una donna più giovane, che avesse anche dei figli, ma non riusciva a sopportare che trattasse Karen in quel modo. «Ascolta» le disse Caroline, porgendole un fazzoletto, «dammi un po' di tempo. Cerca di rilassarti e di non pensarci. Sono sicura che, quando ritornerai a casa, sarà tornato in sé.» Dopo quella illuminante conversazione, Caroline ritornò in ufficio, consapevole che le cose non sarebbero andate affatto come lei sperava. Quando suo padre voleva qualcosa, l'otteneva sempre. A meno che non ci fosse stata una via d'uscita! Forse avrebbe potuto... Assolutamente no! Non poteva nemmeno lontanamente pensare di avere un bambino con Mark. Meredith Webber
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Non se la sentiva di avere un bambino, in quel momento. Tuttavia in quel modo, avrebbe potuto fermare il piano demenziale di suo padre. Doveva riflettere. Il padre di suo figlio non doveva per forza essere Mark... «Dopodiché Karen si è alzata e ha detto che sarebbe stata una cosa diversa dal solito. E tutti hanno cominciato a dire la stessa cosa. Non so come, ma ha funzionato!» Caroline stava raccontando a Mark come era riuscita, con l'aiuto di Karen, a far apparire un diversivo l'interrogatorio della polizia. «Per adesso» fu la secca risposta di lui. «Ma aspetta di vedere cosa succederà quando quello sbirro incomincerà a interrogarli. Voleranno imprecazioni e attacchi contro di noi.» «Non mi sembra poi così scortese» protestò Caroline, sorpresa dal fatto di difendere il sergente. Forse era l'aria dell'isola, che rendeva ogni cosa più rosea. «Chuck vuole vederti. È arrivato l'architetto e Lucas gli ha già accennato al progetto. Chuck vuole sapere se vuoi andare avanti con i lavori» l'avvertì Mark. «Possiamo decidere di portare avanti un progetto costoso senza l'approvazione di mio padre?» gli chiese Caroline. Mark annuì. «Ci ha detto che il capo sei tu. A dire il vero, ha detto che è ora che impari a prendere delle decisioni e a rispettarle. Quindi devi disporre tu. Puoi chiedere consiglio a Lucas, lui ha fiuto per certe cose. Sembra convinto di questo progetto.» Caroline si insospettì. Forse Lucas era favorevole alla costruzione dell'edificio perché ne aveva bisogno. Magari per farne una scuola di immersione e rimanere sull'isola per un po'. Un momento... Rimanere per un po'? Caroline sentì un brivido di inquietudine attraversarle la schiena. Non erano fatti suoi, se Lucas aveva intenzione di stabilirsi da qualche parte. Non doveva pensarci. Lucas guardava il blocco operatorio quasi completato. Continuava a pensare che esisteva gente ricca che ambiva a farsi spianare le rughe e a Meredith Webber
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farsi rimodellare il naso. Eppure, anche la più grande delle ricchezze non dava la felicità. Non era compito suo giudicare quelle persone, però gli sarebbe piaciuto sapere il perché di quelle scelte. «Suppongo tu stia pensando a come utilizzarlo.» Si girò. Era Caroline, non l'aveva sentita arrivare. «Sì, in effetti avrei un'idea» ammise. Sapeva che avrebbe dovuto chiedere a lei il permesso per usare quella struttura. Caroline fece un cenno d'assenso, ma Lucas non voleva essere frainteso. «Mi piacerebbe usarlo per la gente dell'isola.» «Davvero? Perché tieni così tanto a loro?» Lucas esitò per qualche secondo, poi decise di confidarsi. «Non ho conosciuto mia madre e ho visto poche volte mio padre» incominciò. «Proprio come te, quando avevo dieci anni fui mandato in collegio. Mio padre era la pecora nera della famiglia, per questo non ho mai conosciuto i miei parenti, anche se sapevo che ne avevo qualcuno in Inghilterra. Quando ho finito la scuola, mi sono iscritto all'università perché era quello che aveva fatto il mio migliore amico e dopo la laurea ho iniziato a girare per il mondo e a lavorare solo nel momento in cui ne avevo bisogno.» Raccontare la sua vita e averne ripercorso i momenti più bui, lo aveva incupito, ma continuò: «Ho seguito il destino e ho accettato un passaggio da una nave diretta a Vanuatu. Poi, una volta scoperto che mia madre aveva origini Hokomanesi, ho voluto conoscere le mie radici ed eccomi qui». Caroline percepì il suo imbarazzo e la sua tristezza. «Ho sofferto molto durante l'infanzia, cercando sempre di non mostrare i miei veri sentimenti. Quando sono arrivato sull'isola, la gente mi ha subito dimostrato un affetto sincero e incondizionato. Mi sono sentito uno di loro. Mi sono sentito a casa.» Lucas aveva il capo chino, turbato di aver detto cose che non aveva mai confessato neanche a se stesso. Caroline gli accarezzò un braccio. «Parlerò con l'architetto, gli dirò di ultimare i lavori e poi spiegherò tutto a Chuck» lo informò, «ma tu dovrai occuparti di definire i dettagli.» Gli fece un'ultima carezza. «Ci vediamo dopo» gli disse, andandosene. Lucas restò a guardarla mentre si allontanava. Aveva un camicetta di seta leggera, che la rendeva molto sexy. Meredith Webber
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Ripensò alla storia che gli aveva raccontato la sera prima. Le cicatrici che la segnavano erano ancora troppo forti. Ora sapeva il motivo per cui rifiutava di accettare la propria sessualità. Sorrise malinconicamente al pensiero di due persone come loro che condividevano lo stesso triste passato e che si erano trovate sulla stessa minuscola isola. Analizzò anche la differenza dei comportamenti. Caroline si trincerava dietro un freddo autocontrollo mentre lui faceva esattamente il contrario, comportandosi come il classico uomo senza problemi. Si poteva guarire da quella tristezza dell'anima? Non lo sapeva, ma se c'era un luogo al mondo che avrebbe potuto aiutarli, quello era senza dubbio Hokomana. Immaginò Caroline, raggiante e bellissima, in uno dei vestiti che le aveva portato Dolores e sorrise al pensiero. Chissà se li aveva provati. Chissà se Dolores si era fatta scappare che l'idea era stata sua. Che avrebbe fatto Caroline, se lo avesse scoperto? Non li avrebbe indossati? Oppure non li avrebbe indossati comunque, considerandoli troppo provocanti per i suoi gusti? Non la conosceva al punto tale da poter rispondere a quelle domande. Non aveva mai avuto tante difficoltà a capire una donna. Accompagnato da quei pensieri, Lucas lasciò l'edificio. Aveva bisogno di schiarirsi le idee e, soprattutto, di una boccata d'aria. Per il momento, doveva dedicarsi a faccende più urgenti. Doveva mettere a posto il suo ambulatorio, come prima cosa. Degli amici gli donavano campioni farmaceutici, ma a tutto il resto doveva pensarci lui usando i soldi che aveva messo da parte. Lo faceva per non far pagare le cure agli abitanti del villaggio. C'erano tante cose a cui doveva provvedere. Era immerso in quei pensieri, quando il cellulare squillò. «Lucas? Sono Mark. Caroline ha parlato con Allan Stubbs, l'architetto. Sarà all'istituto stasera per discutere alcuni particolari che riguardano i lavori. Caroline vuole che andiamo tutti da lei, alla suite. Saremo io, tu, Chuck e Allan. Ceneremo lì, diciamo, alle sette in punto.» Avrebbe voluto rifiutare, dire a Mark che non avevano bisogno di lui, ma non era la verità e così confermò che ci sarebbe stato. Lucas fu l'ultimo ad arrivare. Non aveva la forza necessaria per Meredith Webber
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sostenere lo sguardo di Caroline, dopo quello che le aveva raccontato. Lei indossava uno degli abiti di Dolores. Raffinato e avvolgente, sottolineava le curve del suo corpo in maniera voluttuosa. Mark era seduto sul divano e fissava Caroline come se la vedesse per la prima volta, Chuck flirtava apertamente e addirittura Allan, uomo di sessant'anni felicemente sposato cercava di mettersi in evidenza, raccontando storielle divertenti. Quando Lucas fece il suo ingresso nella suite, Caroline non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. Arrossì, ma cercò di mantenere l'autocontrollo, salutandolo formalmente. Poi gli indicò una sedia dove poteva sedersi. «Se vuoi dare un'occhiata, lì ci sono i progetti di Allan» gli comunicò, continuando a prestare attenzione agli aneddoti di Allan. Lucas prese i fogli del progetto, anche se la sua attenzione era focalizzata ancora su Caroline. «Se hai domande da fare, Allan è qui per chiarire con te eventuali necessità. Poiché la struttura è stata concepita come ricovero, Allan ha pensato a una cisterna d'acqua, a un generatore di corrente per le emergenze e a rifornimenti medici posizionati nel seminterrato. Pensa, inoltre, che il generatore principale sia meglio collocarlo separato, per preservare l'edificio in caso d'incendio.» Lucas cercò di concentrarsi su quello che lei gli stava dicendo. «Chuck farà il preventivo per calcolare l'intera somma» concluse. Lucas le assicurò che avrebbe provveduto ai costi supplementari anche se, al momento, la sua situazione finanziaria non era delle più brillanti. Aveva già speso molti soldi per un altro progetto riguardante una piccola fabbrica tessile che, però, non aveva dato i risultati sperati. E poi doveva anche rimettere a posto l'ambulatorio. Continuava a essere convinto che l'unica attività redditizia, che avrebbe sostenuto anche gli altri progetti, era una scuola di immersione subacquea. Distolse lo sguardo dai fogli che aveva in mano e cercò gli occhi di Caroline. Lei lo stava guardando e Lucas ebbe la sensazione che avesse capito a cosa stava pensando. Ma era un altro, in realtà, il motivo del loro scambio di occhiate. Una piccola scintilla di desiderio, che li aveva colpiti entrambi. «È arrivata la cena» annunciò Caroline. Lucas si rese conto di essere stato così assorto nei suoi pensieri, che non aveva sentito entrare la cameriera. La donna spingeva un pesante carrello portavivande. Meredith Webber
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La cena era perfetta, così come la presentazione. Piatti e posate d'argento e un profumo molto invitante. «Dorothy ha preparato un ottimo arrosto e lo Yorkshire pudding» spiegò la cameriera, accompagnandoli al tavolo. Si sedettero, con Caroline a capotavola. La cameriera si diede da fare per servire la cena e riempire i bicchieri dei commensali quando avevano finito il vino o l'acqua. Inavvertitamente, purtroppo, fece cadere una patata sui pantaloni di Mark, che si arrabbiò, rimproverandola per la sua disattenzione. Ci fu qualche attimo di silenzio, poi la cena e la conversazione ripresero normalmente. Il cibo era delizioso. Lucas aveva cambiato espressione, era più sereno e Caroline, che si era accorta del cambiamento, fu felice di notarlo. «Vedo non ti dispiace cenare in una beauty farm, su un'isola tropicale dei mari del sud» gli disse. Lucas assentì. Sentiva che stava nascendo qualcosa di molto speciale tra loro e che avrebbe avuto un seguito. Era solo questione di tempo. Adesso aveva un altro motivo per sperare in un futuro migliore.'
10 «Non so se ti sei accorta di come hai trattato il povero Mark» disse Lucas. «Non ha detto una parola per tutta la cena. Non riusciva a staccarti gli occhi di dosso.» Era seduto sul divano, con gli occhi incollati alle gambe di Caroline, che stava per sedersi accanto a lui, dopo aver accompagnato alla porta gli altri tre ospiti. Chuck doveva definire con Allan gli ultimi accordi sul progetto e Mark doveva fare una telefonata urgente in Australia. Lucas, invece, aveva deciso di restare. «Non ne sono sorpreso, però. Sei incantevole stasera» aggiunse. «Grazie» rispose Caroline, imbarazzata. «Non sono io, è il vestito. Me li ha portati Dolores, dicendo che glielo avevi consigliato tu. Suppongo che debba ringraziarti. Non sono solo bellissimi, ma anche molto comodi. Sono impalpabili, mi sento come se non avessi niente addosso.» Caroline arrossì, stupita dalle sue stesse parole. Non riusciva a credere a quello che aveva detto. «Mark è innamorato di te, ma credo che tu te ne sia accorta.» Il rossore sulle guance di Caroline aumentò. Meredith Webber
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«Non credo sia amore» osservò seria, «ma so che mio padre ha il desiderio non tanto segreto che io lo sposi e non ti nascondo che qualche volta ho pensato di accontentarlo.» «E che cosa hai deciso?» Il battito del suo cuore, mentre aspettava che lei gli rispondesse, gli fece capire ancora una volta quanto la amava. Ma non poteva interferire. «Ci ho pensato un po' e ho deciso di non sposarlo. Mi dispiace deludere mio padre, d'altra parte non posso farlo. Quando mi ha chiesto di venire a dirigere la beauty farm, l'ho accontentato, tuttavia non posso sposare un uomo solo per fargli un piacere.» Lucas fu sorpreso da quell'ultima affermazione «Sbaglio o metti le due cose sullo stesso piano?» «Più o meno» ammise Caroline. «Mio padre ha sempre voluto che io venissi a dirigere questa beauty farm. Si può dire che l'abbia comperata apposta per me, quando iniziai a studiare medicina. Non gli piaceva l'idea che io lavorassi in un pronto soccorso.» «E tu lo hai accontentato e sei venuta qui.» «Be', era triste e nervoso in quel periodo. E, forse, voleva tenermi lontana da qualcosa che non voleva farmi scoprire... Potrebbe non essere contento della struttura che stiamo costruendo, ma mi ha più volte ripetuto che devo decidere da sola su tutto quello che riguarda il centro e l'ho fatto. Adesso, però c'è una cosa che voglio chiederti.» Si alzò dalla sedia e cominciò a gironzolare nervosamente per la stanza. «Penso di poter fare molto per Hokomana» cominciò Caroline, «ma tu devi darmi una mano. Quando ordino medicine o altro materiale per il centro, posso farlo anche per il tuo ambulatorio. Ho visto che non era molto fornito, quando ti ho sostituito, l'altro giorno.» Lucas si alzò di scatto, per abbracciarla. Era al settimo cielo. «Caro, è fantastico! Dici davvero? Se solo sapessi come mi sono dannato e in quante occasioni non ho potuto curare quella povera gente.» Lucas si avvicinò per darle un bacio sulla guancia, ma Caroline, sorpresa dal gesto, fece un movimento sbagliato e si girò verso di lui. Le loro labbra si incontrarono. «Caroline...» Lucas pronunciò piano il suo nome, come una carezza. Sentiva vibrare quel corpo che amava e desiderava, e lui stesso non riusciva più a contenere il proprio desiderio. Così, finirono sul divano emozionati di essersi finalmente trovati. Meredith Webber
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All'improvviso Caroline scivolò via dalle sue braccia e si sedette sul pavimento, nascondendosi il viso tra le mani. «Perché piangi?» Caroline lo guardò. Non erano le lacrime che nascondeva, bensì il riso. «Scusami!» disse, cercando di soffocare le risate «Non c'è niente da ridere, lo so, ma ho capito di non esserti indifferente! E la cosa buffa è che neanche tu lo sei per me!» Lucas rimase in silenzio. Caroline si stava comportando stupidamente e la cosa lo infastidiva. Poi, all'improvviso, lei si fece seria. «Ho ragione?» gli chiese. Non riuscendo a trovare niente da dirle, Lucas annuì. Caroline, a quel punto trovò il coraggio di rompere l'atmosfera di imbarazzo che si stava ricreando. «Ascoltami, Lucas l'attrazione che provo per te non cambia la mia intenzione di volerti aiutare per l'ambulatorio. Non voglio che tu cambi la tua vita per me. So che sei abituato a viaggiare, a muoverti senza mai fermarti troppo a lungo in un posto e non sarò certo io la persona che ti impedirà di continuare a farlo, quindi non preoccuparti, io capirò...» Lo guardò con occhi tristi, poi aggiunse: «Scusami, sto dicendo cose senza senso. Quello che sto cercando di dirti, in realtà è se vuoi sposarmi. Credo sia un bene per noi e anche per gli isolani. Metà della beauty farm diventerebbe tua. E potresti risolvere molti dei tuoi problemi. Che cosa ne pensi?». Caroline aveva espresso quel desiderio senza riuscire a guardarlo in faccia. Non ne aveva il coraggio. Nonostante questo, continuò a esporgli le sue intenzioni. «Non lo faccio solo per te, voglio che tu lo sappia. Voglio dare un erede... un nipote a mio padre, in modo che possa tornare con Karen. Quindi ti propongo sesso e molti benefici. Avresti i fondi per finanziare la tua scuola di sub, per esempio.» Proponendogli quella specie di accordo, Caroline si sentiva morire dalla vergogna. Fece un respiro profondo e accennò un sorriso. «Farò finta di non aver sentito niente e, soprattutto, ti assicuro che questa conversazione non cambierà in nessun modo il rapporto che abbiamo instaurato» le disse Lucas guardandola negli occhi. «Ti rendi conto di quello che mi hai chiesto? Pensi davvero che dovremmo sposarci per accontentare qualcuno?» Caroline era profondamente imbarazzata. Lucas era riuscito a rendere Meredith Webber
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ridicola lei e la sua proposta. Si sentiva una stupida. «Non voglio che tu mi dica di sì per farmi contenta» osservò, tentando di assumere un tono di voce deciso. Non voleva perdere il controllo della situazione. «So che ci conosciamo da poco tempo e potrebbero esserci delle incomprensioni fra noi, ma non preoccuparti, il nostro sarà un accordo d'affari.» «Che prevede anche sesso...» aggiunse Lucas. «Sì, certo...» rispose Caroline disinvolta. «Prima di prendere una decisione, vorrei che tu ci pensassi bene. Non ho bisogno di una risposta immediata. Posso aspettare anche un paio di giorni. Se deciderai di non sposarmi, non preoccuparti, sarà come se niente fosse successo.» Lucas la guardò con aria interrogativa. «E, in quel caso, sposerai Mark?» Quella domanda l'infastidì. «Certo che no! Te l'ho già detto che non sposerò mai Mark.» «E il nipote per tuo padre?» insistette Lucas. GIÀ, perché non lo avrebbe sposato? Perché non era abbastanza affascinante? Cavolo, perché mai adesso le ritornavano in mente quei pensieri? Caroline rifletté per qualche secondo poi dichiarò: «Non lo so... Be', pazienza. Si tratta della vita di mio padre, Karen è una donna intelligente e capirà se mio padre vorrà sposare qualcun'altra». «È la seconda volta che parli di Karen» le fece notare Lucas, «e la cosa non fa altro che confondermi ancora di più.» «Lascia che ti spieghi» disse Caroline. Forse parlargli del fatto che suo padre aveva una lista di giovani donne pronte a dargli un figlio e che l'infelicità di Karen nasceva proprio da quella situazione, l'avrebbe aiutata a fargli capire meglio come stavano le cose. Caroline non era mai stata così attratta da un uomo in tutta la sua vita. Ed era sicura che anche lei non gli era indifferente. Lo capiva dai piccoli messaggi che Lucas, involontariamente, le mandava di continuo. Quello sguardo, profondo e penetrante non poteva mentire. Lucas interruppe le sue considerazioni. «Vediamo se ho capito bene. Devi sposarti e avere dei bambini per salvare tuo padre dall'orribile eventualità di sposare una donna stupenda, giovane e in perfetta salute? È così, Caroline?» Il sarcasmo pungente di Lucas la rattristò molto. Meredith Webber
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«Se fai così, mi fai sentire una stupida. Sarei felice se mio padre si sposasse per amore, ma, purtroppo, non è quel tipo d'uomo. Sono certa che abbia amato mia madre, ma non le è mai stato vicino. E non ha voluto che lo fossi anch'io. Le ha permesso un alto tenore di vita, ma non amore... mi ha mandata in collegio in tenera età, pensando che fosse la cosa più giusta per me. Non ha mai avuto bisogno di un sostegno emotivo e pensa che siano tutti come lui.» La cosa che desiderava di più al mondo, in quel momento, era che Lucas comprendesse le sue emozioni. «Capisci quello che intendo? La sua futura moglie potrà avere qualsiasi cosa desideri, tranne l'amore. Ecco perché sono preoccupata, principalmente per Karen.» Lucas si avvicinò e le sfiorò il viso con una carezza. «E tu non desideri amare ed essere amata?» Caroline sentì il suo cuore stringersi in una morsa, come se qualcuno si divertisse a strizzarlo senza pietà. «Ho smesso di desiderare queste cose quando avevo dieci anni» gli rispose con amarezza. Era un'affermazione così dura, che Lucas istintivamente l'abbracciò stretta stretta, sussurrandole piano all'orecchio che... lui l'amava sul serio. Le stava dicendo che l'amava? Ma se la conosceva appena! E poi anche lui le aveva spergiurato di aver bandito l'amore dalla sua vita dall'età di dieci anni. Caroline si sciolse dall'abbraccio e si diresse verso la porta, snervata dalla conversazione e dall'atmosfera che si era creata. «Caroline!» Lucas la seguì, afferrandola per un braccio. Lei si voltò guardandolo negli occhi. «Non parliamone più, per stasera, d'accordo?» gli disse piano. «Mi sono già umiliata abbastanza.» Lucas l'attirò a sé con delicatezza. «Non credo tu ti sia umiliata chiedendomi di passare il resto dei miei giorni con te. Mi ha fatto capire che tipo di persona sei. Hai cercato una soluzione che andasse bene per tuo padre e per la tua amica Karen. Hai solo dimenticato di dire quello che provi per me...» Lucas continuava a tenerla tra le braccia, guardandola con un'espressione a metà tra il serio e lo scherzoso. «Mi è piaciuto il bacio che mi hai dato prima» confessò Caroline, in un bisbiglio. Meredith Webber
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Lucas continuava a stringerla con passione. Si accorse dai segni bluastri che aveva sotto gli occhi che Caroline doveva essere molto stanca, così la salutò, augurandole buona notte. Anche lui era spossato e, per di più, confuso. Non sapeva cosa fare. Era certo di amarla, e avrebbe voluto prometterle amore eterno, come un cavaliere fa con la sua dama, magari portandola anche a vivere in un castello. Ma, da qualche parte nel profondo, c'era ancora qualcosa che lo bloccava, che gli impediva di decidere il da farsi. Eppure doveva farlo. Quello che Caroline gli proponeva non lo convinceva fino in fondo. Un rapporto d'affari, non d'amore. Una specie di accordo. Senza nessun tipo di legame? Già, e il bambino? Come si poteva pensare di concepire un bambino non per amore, ma per compiacere un uomo ricco e abituato ad averla sempre vinta? Due uomini ricchi che volevano un erede... Questo era uno dei problemi, uno dei punti che non erano mai stati chiariti. Ripensò al padre. Un anno prima Lucas aveva visto lo yacht di suo padre ancorato allo yacht club di Vila e, spinto dall'affetto aveva pensato di andarlo a salutare. Ma suo padre non l'aveva accolto bene. Lo aveva accusato di volere dei soldi, e se ne era andato. «Tutto quello che ho sarà tuo il giorno che mi darai un nipote!» gli aveva detto seccamente come al solito. Lucas gli aveva urlato che non avrebbe mai avuto un bambino, che non gli avrebbe mai dato quella soddisfazione, che non avrebbe mai messo al mondo un figlio per motivi tanto squallidi. «I bambini dovrebbero essere concepiti solo per amore! So che tu non ci credi, ma io sono convinto che il vero amore esista e che ogni bambino abbia il diritto di essere il frutto di questo sentimento.» Ripensando a quell'episodio, Lucas si chiese che cosa avrebbe deciso. La scelta più facile sarebbe stata rifiutare l'offerta di Caroline, ma temeva di farla soffrire. E poi non era vero che le cose sarebbero ritornate come prima. Ormai erano andati troppo oltre e non si poteva negare che tra loro ci fosse un'intensa attrazione. Fingere che Caroline gli fosse indifferente sarebbe stato impossibile. Sarebbe dovuto andar via da Hokomana e perdere tutto ciò che aveva guadagnato tanto faticosamente. Sarebbe stato come rinunciare ai suoi sogni. Lucas si diresse verso casa. Meredith Webber
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Bella e accogliente, era stata costruita da alcuni operai del villaggio ed era molto simile a quelle degli isolani, solo un po' più grande, con più finestre, con la cucina e il bagno. Praticamente un castello. Sorrise all'idea che Caroline sarebbe potuta andare a vivere lì, con lui. La cosa non gli dispiaceva poi così tanto. Forse avrebbe potuto sposarla senza che suo padre lo venisse a sapere.
11 Quando Caroline si svegliò, la mattina seguente, il tempo era cambiato. Non c'erano più il sole e i colori brillanti che vedeva ogni mattina dalla finestra, appena sveglia... si erano trasformati in un pallido grigiore. Il cielo era coperto da una massa di nuvole nere che non promettevano niente di buono e il mare, molto agitato, si frangeva rumorosamente sulla riva. Caroline rimase un po' a letto, a poltrire e a riflettere su quello che aveva proposto la sera prima a Lucas. Come aveva potuto? Dove aveva trovato il coraggio? Doveva essere per quello che il cielo si era rannuvolato... Si ricordò che Chuck le aveva detto che il tempo sarebbe cambiato. Fissò il vassoio della colazione. Di certo non sarebbe riuscita a mandare giù nemmeno un boccone. Era talmente imbarazzata da ciò che era successo, da non avere nemmeno voglia di mangiare. Poi pensò che, invece, le avrebbe fatto bene e decise di assaggiare qualcosa. Mangiò un paio di pasticcini, bevve un sorso di caffè, e finalmente si alzò dal letto. Si fece una doccia veloce, si vestì e si diresse verso il corridoio che portava al suo ufficio, continuando a riflettere. Non doveva vergognarsi di quello che aveva chiesto a Lucas. Quella proposta doveva essere considerata una specie di accordo, quindi non c'era motivo di essere così agitata. Immersa com'era in quei pensieri, non si accorse che c'era di nuovo la polizia. «Che cosa state cercando ancora? Possiamo rivolgerci a un avvocato?» chiese Caroline al sergente appena lo vide. «È una sua scelta signora, ma la avverto che avere un avvocato non servirà comunque a fermare le indagini. Non siamo qui per disturbare, non Meredith Webber
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si preoccupi, dobbiamo solo controllare il terreno.» «Il terreno?» esclamò Caroline, sorpresa dalla strana risposta. «L'uomo che abbiamo arrestato ci ha detto che ci sono ancora delle conchiglie nascoste da qualche parte. Le sotterravano perché così le formiche mangiano il mollusco interno. In quel modo i gusci sono puliti e non puzzano quando vengono spediti a destinazione.» «Sì, ma non può mettere sottosopra tutti i giardini per trovare dei gusci!» protestò Caroline. Il poliziotto accennò un sorriso. «Sappiamo quello che stiamo cercando e sappiamo dove scavare. Può continuare il suo lavoro senza problemi.» «E non si preoccupa di quello che potranno pensare i clienti? Crederanno che ci sia un cadavere nascosto da qualche parte» ribatté Caroline. «Potrebbe anche esserci, non crede?» scherzò il sergente. Caroline non apprezzò la battuta e, indispettita, ritornò nel suo ufficio. Doveva chiedere a Mark di cercare subito un avvocato. Aveva bisogno di un sostegno legale. L'ufficio era vuoto. Non c'erano né Mark né Lucas. Caroline fu sollevata di non vedere Lucas, non se la sentiva di affrontarlo, non dopo quello che si erano detti la sera prima. Guardò fuori dalla finestra. Non pioveva, ma il mare era più agitato e le nuvole avevano un aspetto ancora più minaccioso di quando si era svegliata. Meglio così!, si disse Caroline. Almeno i clienti saranno obbligati a rimanere dentro la struttura e non si accorgeranno delle ricerche della polizia! Improvvisamente Viola irruppe nella stanza, rossa in viso e molto preoccupata. «Vieni subito di là!» Caroline la seguì lungo il corridoio verso la stanza per l'aromaterapia. Senz'altro era successo qualcos'altro di grave... In effetti un odore di marcio appestava l'aria. «Oh, no! Le tubature fognarie! Pensavo che Clyde avesse sistemato tutto.» «Non si tratta di questo. È colpa di queste candele.» le spiegò Viola, sul punto di scoppiare a piangere. «Le ho accese tutte, sicura che fossero alla lavanda, invece ho sentito questa terribile puzza. Qualcuno deve averle Meredith Webber
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cambiate, perché le mie erano alla lavanda, ne sono più che certa!» Nell'ambiente si era diffuso un odore nauseabondo, simile a quello delle uova marce. Sembrava il risultato di un esperimento chimico sbagliato. «Accidenti, chi può averle cambiate? Ma, soprattutto, chi può aver fabbricato delle candele con un simile odore?» strillò Caroline, trattenendo il respiro. Corse ad aprire la porta finestra che dava sul giardino, per far entrare aria fresca. «Chiunque può averlo fatto. Le candele possono essere facilmente create» le spiegò tetra Viola. «Non ho dubbi. Dopo una sola settimana in questo posto, ormai credo a qualsiasi cosa!» Afferrò una busta di plastica, gettandovi tutte le candele, ormai spente, per buttarle via. Si chiese se fosse il caso di dirlo al sergente, ma non era sicura che sarebbe servito. La polizia aveva cose più importanti a cui pensare di qualche candela maleodorante. «Metti i ventilatori a pala al massimo e magari accendi qualche candela profumata, dopo esserti accertata che sia quella giusta! Per oggi, sarà meglio cancellare gli appuntamenti per l'aromaterapia. Chiedi ad Anthea di elaborare un programma alternativo per le clienti.» A quel punto Caroline ritenne saggio fare un giro dell'intero edificio. Se i ragionamenti fatti con Lucas erano esatti, la persona che stava cercando di danneggiare la beauty farm poteva essere collegata a un gruppo di isolani, ma avrebbe potuto anche trattarsi di uno degli operai di Vila. Si rese improvvisamente conto che, oltre Chuck, non conosceva nessuno degli altri operai. Aveva appena oltrepassato la sala dei massaggi, quando Kylie si sporse dalla porta. «Caroline, meno male che sei qui. Ti stavo cercando. Puoi dare un'occhiata alla signora Ryan?» le chiese, trascinandola quasi di peso nella stanza. La signora in questione, seduta sul lettino da massaggio, piangeva a dirotto. Quando vide in che stato era, Caroline si chiese se quelle lacrime non fossero il risultato di una violenta reazione allergica. La schiena e il collo della signora, infatti, erano ricoperti da puntini e macchie rossastre e lei respirava con grande fatica. «Non può essere stata la crema. L'ho già usata su di lei molte altre volte. Sai anche tu che tutti i cosmetici che usiamo sono ipoallergenici.» Caroline era certa che si trattava di un'altra mossa del sabotatore Meredith Webber
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misterioso, il cui scopo era ormai evidente: danneggiare la beauty farm e rovinarne il buon nome. Visitò la signora Ryan e le fece subito un'iniezione di antistaminico. Per facilitarle la respirazione le somministrò dell'ossigeno e le misurò la pressione. Era normale, questo significava che la reazione era localizzata. «Voglio che rimanga qui ancora un po' a riposare» le ordinò. «Tenga la mascherina. Kylie rimarrà accanto a lei e io verrò a controllarla tra mezz'ora.» La signora Ryan sembrava essersi calmata. Caroline e Kylie lasciarono la stanza. «Dobbiamo buttare via tutte le creme e comperarne altre. Dove acquistate abitualmente i prodotti? Qui sull'isola?» Kylie annuì. «In un primo momento usavamo prodotti provenienti dall'Australia, poi Lucas ha testato alcune creme di produzione locale e le ha trovate identiche.» Rientrarono nella sala massaggi. Caroline non voleva disturbare la signora Ryan, ma aveva bisogno di controllare il vasetto di crema che Kylie aveva usato. Avrebbe dovuto prendere anche gli altri e portare tutto al laboratorio di Lucas. Già, Lucas. Non l'aveva ancora visto, dalla sera precedente. Ora avrebbe voluto che fosse lì con lei, per darle una mano o almeno un consiglio sul da farsi. Caroline sperava di non averlo spaventato con la sua insolita proposta... Chissà dov'era finito. Forse stava evitando la polizia. No, non poteva essere. Lucas non aveva alcuna parte nel sabotaggio del centro, anche se Caroline non ne era completamente sicura. Scacciò quelle riflessioni e si mise al lavoro. Doveva raccogliere tutti i vasetti di crema che c'erano nella stanza. Indossò i guanti di lattice e mise tutti i contenitori che trovò in un sacchetto di plastica. Poi prese anche quello con le candele incriminate e uscì. Il baccano che l'accolse le fece capire che i lavori per il completamento dell'edificio erano ripresi. Non sapeva se andare a dare un'occhiata o riporre il materiale da analizzare nel suo ufficio. Stava dimenticandosi della polizia. Forse avrebbe fatto meglio ad andare subito dal sergente, per raccontargli delle ultime novità. Era ferma in corridoio, a decidere cosa fare, quando sentì un rumore assordante, seguito da un'imprecazione e, infine, da un silenzio tombale. Forse qualcuno era scivolato. Era meglio scoprirlo subito. Meredith Webber
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Dopo pochi secondi il mistero era svelato. Caroline si ritrovò davanti un gruppo di operai radunati accanto a uno steso a terra. «È Norman» le disse Chuck, apparso all'improvviso. Era visibilmente preoccupato. «L'impalcatura dove stava lavorando non ha retto ed è caduto.» Lei si avvicinò all'uomo che giaceva a terra privo di sensi. C'era sangue dappertutto e non era facile capire dove si era fatto male. «Chuck, corri da Lucy e fatti dare degli asciugamani. Voi, capite l'inglese?» Tutti annuirono, per fortuna. Caroline chiese loro di rimuovere il ponteggio e di correre a cercare Mark. «Ditegli di chiamare subito un elicottero» aggiunse. Si chiese quanti viaggi ancora avrebbe dovuto pagare la beauty farm, prima di andare in fallimento. Forse era quello il progetto del sabotatore. Far fallire il centro... Nel frattempo, cercò di assistere il ferito come meglio poteva. Gli misurò i battiti del polso, controllò il respiro. Erano regolari, ma la gamba continuava a sanguinare. Nell'incidente, si era ferito con un trapano. Chuck ritornò carico di asciugamani. Caroline, furente per l'ennesimo incidente, lo aggredì. «Credevo che tutti gli strumenti da lavoro si bloccassero in caso d'incidente! Adesso, comunque dobbiamo pensare come trasportarlo.» Il sangue continuava a fuoriuscire ma, fortunatamente, era sangue venoso. Nessuna arteria femorale era stata compromessa. «Chuck, potresti reggergli la gamba in questo modo, mentre vado a prendere qualcosa per bloccargli la gamba?» disse Caroline. Rientrata in ufficio, non trovò Mark. Melanie, la segretaria, era al telefono e chiedeva l'invio di un elicottero di soccorso. «Dov'è Mark?» le chiese Caroline, appena riagganciò. Melanie non lo sapeva. «Forse è con la polizia» azzardò. Caroline si era del tutto dimenticata della presenza delle forze dell'ordine. «Vedi se riesci a trovarlo e cercami anche Lucas. Uno dei due deve assolutamente andare a Vila in elicottero con il ferito.» Caroline era tesa come la corda di un violino, non c'era nulla che funzionasse e perdi più Mark e Lucas avevano la capacità di sparire sempre quando c'era bisogno Meredith Webber
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di loro. Ritornò da Norman... Lucas era chino su di lui e lo stava visitando. «Bene! Hai portato ciò che serve!» fu l'unica cosa che le disse, afferrando le bende e i tamponi d'ovatta dalle mani di Caroline. Lei si chiese dove fosse stato nelle ultime ore, poi si accorse che aveva i guanti. Come aveva fatto a prevedere che Norman si sarebbe fatto male? Come mai aveva i guanti con sé? Cercò di allontanare quei pensieri molesti. Nella sua testa si era materializzata l'immagine di Lucas che maneggiava candele e vasetti di crema con i guanti per non lasciare impronte digitali. No, non poteva essere. Tutti sapevano quanto fosse grande l'amore di Lucas per Hokomana e la sua determinazione nel voler fare del bene agli abitanti: le uniche persone al mondo che lo avessero mai amato. Poteva essere chiunque, ma non Lucas. Caroline lo guardò affascinata mentre medicava la ferita di Norman e gli parlava per cercare di calmarlo. «Ho preso anche la morfina, ma era incerta se somministrargliela. Avevo paura di un trauma cranico» gli disse. Lucas le sorrise. «Ha la testa più dura di quanto si possa credere. È lucido e ricorda tutto quello che è successo. Gli ho già fatto delle domande. Dobbiamo accertarci se ci sono danni alla colonna vertebrale. Credo che sia meglio non muoverlo da questa posizione e aspettare l'arrivo dell'elicottero.» «Penso sia meglio che tu vada con lui» osservò Caroline. «Se i medici di Vila avranno problemi, dovrà essere trasportato in Australia. Tu sei l'unico in grado di spiegare quello che è successo e prendere una decisione.» Lucas parve d'accordo con lei. Poi notò le buste di plastica che Caroline aveva con sé. «Che cosa c'è lì dentro?» le chiese a bassa voce, per non farsi sentire. «Altri problemi» rispose lei. «Ora vado. Ho molte cose da fare e soprattutto, voglio che il sergente mi dia delle spiegazioni su quello sta succedendo qui.» «Non fare troppe domande» le suggerì Lucas. «Ti prego di aspettare che io ritorni.» Ci fu un momento di silenzio che parve durare una eternità. «E cerca di non coinvolgere nessuno, mi raccomando» aggiunse, guardandola mentre si allontanava. Caroline aveva raggiunto Kylie per chiederle dove erano gli altri operai, Meredith Webber
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quando vide Melanie correre verso di lei. Aveva telefonato il pilota dell'elicottero per dire che non poteva decollare per il vento. Caroline tornò da Lucas per comunicargli la notizia. Era ancora accovacciato a terra, accanto a Norman. Si girò appena la sentì avvicinarsi. «Niente elicottero?» azzardò. Caroline annuì mestamente. «Va bene, non perdiamo la calma. C'è una barella a Sick Bay. Cercheremo di sistemarlo nel miglior modo possibile.» Caroline tirò un sospiro di sollievo: era confortante avere qualcuno a cui appoggiarsi. Corse a chiamare Bevan e due inservienti che aiutarono Lucas a prendersi cura di Norman. «Ho portato alcuni strumenti con me, ma non ho né anestesia, né altro per eseguire un'operazione in piena sicurezza» gli confessò poi con voce tremante. Lucas la guardò intensamente. «Caroline, dobbiamo fare del nostro meglio per salvargli la vita. Ci faremo aiutare da Bevan e Lucy.» Poi aggiunse: «Vai da lei e fatti dare strumenti, bende sterili, guanti e lenzuola. Dobbiamo rendere l'ambiente il più sterile possibile». Caroline corse da Lucy. Doveva mantenere la calma. Aveva studiato tutta la vita per fronteggiare un'emergenza del genere. Avrebbe aiutato Lucas, avrebbero lavorato insieme per salvare una vita umana. «Hai eseguito già un intervento simile, ultimamente?» le domandò Lucas, prima di iniziare. «A dire la verità no, ma ero la prima al corso di cucito» scherzò lei, cercando di alleggerire l'atmosfera. Non era la prima volta che si trovava in una situazione del genere e l'esperienza l'aveva aiutata a mantenere i nervi saldi. Lucas si diede da fare, riuscendo alla fine a fermare l'emorragia. «Bene!» esclamò, soddisfatto. Caroline gli rivolse uno sguardo di ammirazione. Lucas fasciò la gamba, dopo averla disinfettata. Era molto concentrato su quello che stava facendo, ma sentiva la presenza di Caroline al suo fianco. Immaginò come sarebbe stata la vita insieme a lei. Vivere e lavorare a stretto contatto... «Lasciamo il drenaggio?» gli chiese Caroline. Meredith Webber
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Lucas ritornò bruscamente alla realtà. «Sì. Meglio di sì» rispose. L'operazione era finita e Norman era fuori pericolo. «Non avremmo potuto fare meglio di così» dichiarò Lucas con un sorriso. «Come ti senti?» gli chiese Caroline. Che domanda stupida!, pensò un attimo dopo. «Mangerei volentieri qualcosa. Ti sei accorta che sono passate ben quattro ore da quando abbiamo incominciato?» «Quattro ore?» Caroline sgranò gli occhi. «Povero Norman. Deve essere stata dura per lui.» «Credo che, in realtà, sia stata più dura per noi... E poi lui sta bene, adesso, non preoccuparti» la rassicurò Lucas. «Ehi, Norman ha dormito tutto il tempo» le fece notare Bevan. «È stato molto più duro per me dover assistere all'operazione. Stavo quasi per svenire!» «Hai ragione» sorrise Lucas. «Ora è meglio che andiate a mangiare qualcosa. Io e Lucy penseremo a rimettere tutto a posto.» Bevan seguì quel suggerimento e Caroline anche. Era a pezzi e... non riusciva a smettere di pensare a Lucas. Quando ritornò in ufficio, trovò il sergente che la stava aspettando. Aveva trovato qualcosa nella spazzatura, frammenti di gusci di conchiglie che qualcuno, evidentemente, aveva cercato di far sparire. «Be', almeno adesso il cerchio dovrebbe restringersi» osservò Caroline. «Non sono molte le persone che possono raggiungere quella zona.» «Mi era sembrato di capire che fosse di passaggio» ribatté il sergente. «Ha scoperto qualcosa sul colpevole?» «Abbiamo qualche sospetto» le confessò il sergente, «però non siamo ancora riusciti a trovare la persona con cui dovremmo parlare.» Caroline sentì un brivido correrle lungo la schiena. Lucas era a Sick Bay. No, non poteva essere lui il responsabile. Il suo istinto le diceva di no. Lui era uno di cui ci si poteva fidare. «Comunque rimarremo qui fino a quando non gli avremo parlato» continuò il sergente. «I miei uomini riporteranno le conchiglie a Vila e ne approfitteranno per interrogare l'uomo che abbiamo in custodia.» «Riusciranno ad arrivarci con questo tempo?», domandò Caroline, fissando fuori dalla finestra: era in corso un furioso temporale. Meredith Webber
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Il sergente ridacchiò. «Le nostre barche sono molto più efficienti di qualsiasi elicottero. Sono stati costruite apposta per essere usate anche durante questi temporali» le fece notare con ironia. «Ma lei resterà sull'isola» insistette Caroline. «Ho bisogno del suo aiuto. Ho paura che qualcuno voglia danneggiare la mia beauty farm. Ha sentito dell'incidente? Dell'operaio che è caduto da un ponteggio? Temo che non sia stata una disgrazia e che sia collegata agli altri episodi.» «Ha notato qualcosa di strano?» le chiese a quel punto il sergente. «Da quando sono arrivata ho notato un sacco di cose strane, ma oggi sono sicura che qualcuno ha cercato di fare del male a una cliente del centro e anche a un operaio.» Gli raccontò tutto e gli mostrò le borse di plastica con le... prove. «Gli darò un'occhiata più tardi, non si preoccupi» le promise il sergente. «Il signor Armstrong è al corrente di questi fatti? Cosa ne pensa?» Caroline si chiese dove fosse finito Mark. Non era da lui sparire in questo modo. «Non gliene ho ancora parlato» ammise. Si sentì sommergere dall'angoscia. Si scusò con il sergente e lasciò la stanza. Doveva trovare Mark. Setacciò l'istituto in lungo e in largo, ma di Mark nessuna traccia. «Hai visto Mark, Rose? È urgente!» chiese Caroline appena vide la donna. «Quando sono venuta al lavoro, stamattina presto, l'ho visto parlare con quel neozelandese alto e magro. Sa, quello che lavora in cucina.» Caroline capì di chi stava parlando, anche se non sapeva come si chiamasse. Ringraziò Rose e si diresse verso la cucina. Qui trovò Dorothy, che la informò che Len, questo era il nome dell'inserviente, non era andato a lavorare quella mattina. «E non credo che si vedrà per tutto il giorno» aggiunse la cuoca. «Anche perché ho capito che il poliziotto, vuole parlargli. Non mi piace Len. Si comporta male.» «In che senso? Nel lavoro, intendi?» approfondì Caroline, ripromettendosi di licenziarlo. «No» rispose Dorothy. «Non è per come lavora. È solo che non mi piace... secondo me ha lo sguardo cattivo.» Caroline si fermò un attimo a riflettere. Era strano che sia Len che Mark fossero stati visti insieme e poi fossero spariti. Stava pensando a cosa fare, Meredith Webber
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quando arrivò Lucas. «Finalmente ti ho trovata, dobbiamo decidere il da farsi. Il vento sta calando, ma temo che dovremo aspettare almeno fino a domattina.» Caroline lo guardò perplessa. «Hai mangiato qualcosa?» le chiese lui, inaspettatamente. «Non ne ho avuto il tempo» gli confessò Caroline. «Sono stata impegnata con polizia, scavi in giardino e persone scomparse. Il cibo, credimi, è l'ultimo dei miei pensieri!» «Sempre meglio del contrario...» scherzò Lucas. Poi, facendosi più serio, continuò: «Ascoltami Caroline, so che negli ultimi giorni sono accadute molte cose che hanno turbato la pace dell'istituto, ma vedrai che tutto si sistemerà presto. La situazione migliorerà per noi». Noi? Caroline notò che spesso, di recente, Lucas parlava al plurale. Non che le dispiacesse, tutt'altro... Con quei pensieri ritornò per l'ennesima volta nel suo ufficio. Era arrivato il momento di occuparsi del centro o, almeno, di quello che ne era rimasto. Fece un paio di telefonate, si informò sullo stato di salute della signora Ryan e chiese se le barche in dotazione alla beauty farm erano tutte al loro posto. Se Mark e Len avevano lasciato l'isola, avrebbe dovuto esserci un'imbarcazione mancante. Dopo alcuni minuti, Clyde le fece sapere che non mancava nessuna barca. Caroline rifletté. Dove potevano essere finiti? Lucas fece il suo ingresso proprio in quel momento nel suo ufficio con il vassoio del pranzo. «Hai sentito che Mark e Len sono spariti?» lo accolse Caroline. «Sì, ma la polizia ha un'unità specializzata nella ricerca di persone scomparse, perciò smetti di preoccuparti, rilassati e pensa a mangiare.» Posò il vassoio sulla scrivania e, con uno sguardo, invitò Clyde a seguirlo fuori. Quando rientrò, Caroline gli chiese cosa avesse avuto di tanto segreto da dirgli. «E non fare quella faccia! Non voglio che mi nascondiate nulla, nemmeno le cattive notizie.» Lucas si scurì in viso. «Mi dispiace di tutto quello che è successo da quando sei arrivata» Meredith Webber
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sospirò. «Non hai fatto altro che risolvere problemi. Non hai trovato una situazione facile, Caro. Vorrei...» S'interruppe. Le si avvicinò e, prendendole la mano, la fece alzare dalla sedia dove era seduta... All'improvviso un grido soffocato raggelò loro il sangue nelle vene. Si girarono di scatto verso la porta a vetri per cercare di capire da dove provenisse. Aprirono la porta e quello che videro li lasciò senza fiato. Davanti a loro c'era Mark, a malapena riconoscibile, completamente inzuppato e sporco da far paura, inseguito da un uomo. Caroline lo riconobbe subito. Era Len! Aveva qualcosa nella mano destra, mentre con la sinistra era riuscito ad acchiappare Mark e lo teneva fermo per il colletto della camicia. «Ha una fiocina. Stai indietro e non muoverti!» le ordinò Lucas, ma Caroline non ci pensò un istante. Si staccò dalla sua presa, decisa ad affrontarlo. «Che cosa credi di fare?» lo aggredì. «Lascia subito andare Mark e metti immediatamente giù quell'arnese» gli intimò. «Ne ho abbastanza di quello che combinate su quest'isola.» Furiosa, Caroline avrebbe voluto scagliarsi su Len, ma Lucas fu abbastanza veloce da bloccarla in tempo. «Rimanete dove siete voi due o lo faccio fuori!» ringhiò Len, tenendo stretto Mark. Caroline vide con orrore che la maglietta dell'amico, oltre a essere sporca, aveva delle evidenti macchie di sangue. Non riuscì a trattenere un grido. «È ferito! Lascia che lo aiuti» disse, ma Len non la stava ascoltando. Si guardava intorno, con uno sguardo disperato. Sembrava un animale in trappola. Caroline pensò che fosse squilibrato. O, forse... «Sta' calmo» intervenne Lucas, con tono pacato. Anche lui aveva capito che non era lucido e non aveva il benché minimo controllo delle sue azioni. «Ha bisogno di pillole» sussurrò Mark, con un filo di voce. Anche lui sembrava fuori di sé. «Pillole e soldi... Va avanti così da un pezzo. Voleva quelle medicine. Ma tu hai cambiato la serratura! Non è stata colpa mia. Glie l'avevo detto che sarebbe finita così...» Quelle frasi sconnesse li colpirono con violenza. Un attimo dopo Mark perse i sensi e si accasciò a terra. Approfittando di quel momento di confusione, Lucas si buttò su Len, Meredith Webber
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cercando di disarmarlo. Caroline si mise a urlare. Aveva paura per Lucas, ma voleva anche attirare gente. Le urla funzionarono. Caroline vide Melanie arrivare di corsa, seguita a ruota dal sergente e da Clyde. Dopo una breve colluttazione, riuscirono a bloccare Len, a disarmarlo e ad ammanettarlo. Caroline si precipitò da Mark. Lui le assicurò che stava bene, che non aveva niente di grave e lei lo aiutò a rialzarsi. Insieme rientrarono, alla ricerca di un posto tranquillo. Lei non gli fece domande, Mark però voleva parlare, spiegarle ogni cosa. Caroline provò un'immensa tristezza per lui... «Mark lavora da così tanto tempo per mio padre che mi ero dimenticata che fosse neozelandese...» Qualche ora più tardi Caroline era nel suo ufficio con il sergente Reynard e Lucas e stava spiegando quello che le aveva riferito Mark. «Pare che Len sia cresciuto nello stesso paese di Mark. Era più giovane, ma ricordava perfettamente ciò che era successo laggiù e che aveva costretto Mark ad andarsene. Una macchina che correva troppo, due adolescenti uccisi... era Mark alla guida. Anche se l'incidente non era avvenuto per causa sua, lo segnò per sempre. Da allora ha passato tutta la vita a cercare di lasciarsi questo dramma alle spalle. Immaginatevi come deve essersi sentito, quando, arrivato a Hokomana, ha trovato Len che lavorava qui.» «Non dirmi che Len lo minacciava?» disse Lucas, stupito. Caroline annuì. «Dapprima per avere le medicine, che usava come droga, in seguito per avere soldi. Quando Mark non ha più avuto nulla, Len ha pensato di creare problemi che avrebbero richiesto soldi per essere risolti, così Mark avrebbe potuto continuare a pagarlo.» A Caroline sfuggì un sospiro: pensava a tutto quello che Mark aveva fatto per lei e per suo padre. «Quando Mark ha saputo del traffico di conchiglie ha capito subito che si trattava di Len. È arrivato alla conclusione che quello fosse il vero motivo per cui era venuto a lavorare sull'isola. Il contrabbando di molluschi è un modo facile per fare soldi. Nel momento in cui Mark ha avuto la certezza che si trattava di lui, ha fatto di tutto per fargli lasciare l'isola, ha anche minacciato di raccontare ogni cosa alla polizia, se non se ne fosse andato.» Meredith Webber
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«E Len, visto tutti i soldi che aveva già raggranellato, non ha pensato di seguire il suo consiglio e scappare?» chiese Lucas. «No» rispose Caroline. «Ha preferito continuare a sabotare. Le candele maleodoranti, la crema da massaggio sostituita con un intruglio, il ponteggio danneggiato... Aveva addirittura messo dell'acido in piscina. Fortunatamente, ha piovuto e nessuno ha fatto il bagno. Quando Mark gli ha detto che avrebbe detto tutto alla polizia, lo ha minacciato con un coltello da cucina.» «Proprio un bel tipo!» esclamò Lucas. «E la fiocina, dove l'ha trovata?» «Tra le cose di Mark. L'ha seguito con il coltello, poi c'è stata una colluttazione... a quel punto ha afferrato la prima cosa che gli è capitata a tiro. La fiocina.» «Be', almeno adesso sappiamo chi è stato. I vostri problemi sono finiti» osservò soddisfatto il sergente. «Non proprio» disse Caroline. «Cosa succederà a Mark?» Guardò il poliziotto in trepidante attesa. «So che il furto di conchiglie costituisce un reato, ma sono sicura che Mark sia sincero. Lui non c'entra niente. È innocente. Non ha infranto la legge di Vanuatu, cedendo al ricatto, vero?» «Potrebbe avere problemi solo se voi decidete di denunciarlo. Per incolpare Len per il furto delle medicine e dei danni che vi ha procurato, dovremmo proseguire con le indagini. Per il furto delle conchiglie, invece, Len può essere già incriminato.» Caroline sospirò di nuovo, pensando a quanto si sarebbe dispiaciuto suo padre una volta informato. «Non credo che sporgeremo denuncia contro Mark» dichiarò Lucas, dopo un istante di riflessione. «Non sporgeremo denuncia?» gli fece eco Caroline. Ecco che ricominciava a parlare al plurale. Lucas le sorrise. «Be', intendevo noi» chiarì, ma lei non era sicura che stesse dicendo la verità.
12 Ci volle un'intera settimana affinché il centro tornasse alla normalità. Caroline stava spiegando la situazione agli ospiti riuniti nella stanza da pranzo. Meredith Webber
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Non c'era acqua, ma il problema era stato causato da una rottura nelle condutture idrauliche e non da un sabotaggio. «Speriamo!» esclamò Melanie. Caroline si prodigò per placare gli ospiti spazientiti e irritati, mentre la sua testa era da tutt'altra parte. Ovviamente stava pensando a Lucas, che non aveva visto per tutto il giorno. Continuava a mostrarsi poco, come quando era appena arrivata a Hokomana. Eppure Caroline lo considerava un sostegno. Si affidava a lui, chiedendogli consigli, ascoltando le sue opinioni, risolvendo con lui i problemi che si presentavano di volta in volta. La difficile situazione di Mark e le conseguenze dell'arresto di Len, l'avevano aiutata a dimenticare la proposta azzardata che gli aveva fatto. Lucas le rendeva tutto più facile, la aiutava a risolvere le difficoltà quotidiane e anche quelle più complicate. Più lo conosceva e più Caroline si rendeva conto di quanto fosse sensibile e premuroso nei confronti degli altri. Era certa, anche, che stesse abbandonando a poco a poco la corazza che gli era servita a nascondersi. «Oh, Lucas» sospirò Caroline, immersa nei suoi pensieri. «Non viene se non ci sono clienti nuovi» le rispose Melanie. Solo in quel momento Caroline si accorse di aver pensato ad alta voce. In quello stesso istante, come se fosse stato evocato, comparve Lucas. «Chi è che non viene?» si informò subito. «Non tu, di certo. Tu arrivi sempre, anche quando non sei invitato» lo provocò Caroline. Lui sollevò un sopracciglio. «Be', invitato o no, ora sono qui, anche se spero non per molto. È una magnifica giornata e vorrei portarti in barca a fare un'immersione.» Caroline si sorprese dell'invito. Erano settimane che ne parlavano e adesso se ne era quasi dimenticata. «Un'immersione?» «Sì. Cosa ne pensi?» Lucas capì di averla sorpresa e le sorrise di nuovo. Quel sorriso la lasciava ogni volta senza fiato. «D'accordo. Mi vado a cambiare. Prima, però, dico un paio di cose a Melanie. Ci vediamo tra cinque minuti.» Meredith Webber
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Caroline sapeva che avrebbe potuto rifiutare l'invito, ma non ne aveva alcuna voglia. Lasciò l'ufficio riflettendo sul fatto che anche quella volta non aveva saputo resistergli. Si fece una doccia, poi indossò i sandali, un costume intero e una t-shirt, anche se, rifletté sarebbe stata molto più sexy in succinto bikini rosso che si era portata... Prese un asciugamano e si diresse verso la spiaggia. «A essere sinceri, sarebbe stato meglio fare prima un'altra lezione in piscina» le disse Lucas, tendendole la mano per aiutarla a salire in barca. «Ma voglio portarti su un bellissimo atollo della barriera corallina. Incominceremo a riva, dove l'acqua è più bassa e poi ci spingeremo verso la secca.» Accese il motore e insieme si diressero alla ricerca di un posto tranquillo. Dopo un po', arrivarono su un'isoletta. Caroline si soffermò a guardare il lembo di terra dove erano approdati, che appariva come una nuvola bianca spruzzata di alberi verdi e rigogliosi. Era bellissima. «Questo mi sembra un buon posto. Più in là ci sono delle secche. Bisogna stare molto attenti alle correnti e ai venti qui intorno, ma siamo abbastanza protetti da Hokomana» le spiegò Lucas. Gettò l'ancora e poi aiutò Caroline a scendere dalla barca. Stai solamente per fare un'immersione con lui, tienilo a mente!, si disse Caroline, ma dentro di sé sapeva che si trattava di molto di più. Era accaldata e rossa in viso. Quell'eccitazione aveva a davvero a che fare con l'immersione? Probabilmente, no... Allora si trattava di Lucas? Cercò di riprendere il suo naturale autocontrollo. Si accorse di tremare mentre lui le sistemava l'attrezzatura e la bombola e sperò ancora una volta che non se ne accorgesse. Quanta autonomia aveva la bombola? Che pericoli c'erano? Stava montandole un filo di paura. «Non preoccuparti, non andremo in profondità» la rassicurò Lucas con un caldo sorriso. «Qui a Vanuatu c'è solo un punto abbastanza profondo, ma ci vanno i subacquei più esperti.» «Qual è la profondità media di immersione?» Meredith Webber
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«Si va da 70 metri in giù, decisamente troppo per un sub alle prime armi.» La lezione incominciò e Lucas le spiegò il linguaggio delle mani e i diversi segnali che si usavano sott'acqua. «Fai così per dire: "Ho un problema"» le spiegò, poi le insegnò altri gesti. Le fece fare qualche prova e alla fine decise che era arrivato il momento di andare sott'acqua. Caroline si sentiva sicura con lui accanto. «Bisogna nuotare, ma la cosa più importante è darsi una buona spinta con le pinne.» Le prese la mano e cominciarono a nuotare insieme nell'acqua cristallina. Un branco di pesciolini neri a strisce gialle la fece sussultare. A un certo punto Lucas le lasciò la mano indicandole che dovevano immergersi e iniziò a scendere, verso il fondo sabbioso della laguna. Lei lo seguì in quell'avventura meravigliosa. Sentì la mano di Lucas che cercava di nuovo la sua e la accompagnava sempre più giù, in un universo incantato di silenzio e colori. Un gigantesco ramo di corallo rosso catturò la sua attenzione, ma un secondo dopo stava fissando affascinata delle piante marine color smeraldo. Pesci multicolori, coralli, ogni cosa la incantava. Stava conoscendo un mondo nuovo, bellissimo, che mai avrebbe pensato esistesse. Era immersa in una magia silenziosa e colorata. Si intenerì nel vedere un anemone di mare offrire rifugio a un piccolo pesce spaventato dal loro passaggio. Lucas le teneva ancora la mano, mentre lei nuotava rapita in quel regno ovattato e vivo. Si accorse che era passato parecchio tempo solo quando Lucas le segnalò che dovevano risalire. Una volta sulla spiaggia, Caroline si sedette per un momento a fissare Hokomana che si stagliava proprio di fronte a loro. «È stata l'esperienza più incredibile della mia vita» confessò a bassa voce. «Grazie!» «È stato un piacere» le rispose lui, con un sorriso. «Ora ti aiuto a toglierti le bombole.» Meredith Webber
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«Faccio da sola» si affrettò a dire Caroline. Sapeva che non ce l'avrebbe fatta a sopportare un contatto fisico con lui. Si tolse un po' alla volta tutta l'attrezzatura, pinne comprese. A quel punto provò un inaspettato senso di imbarazzo e si infilò distrattamente i sandali. «Mettiti anche la maglietta» le consigliò Lucas e Caroline si voltò verso di lui, sorpresa dal suo tono di voce. «Perché? Non ho freddo.» Lucas sorrise dolcemente, con gli occhi fissi su di lei. «Credimi, è meglio così. Sei troppo seducente, altrimenti...» Caroline capì e indossò la t-shirt. Mentre stava per salire sulla barca, vide che Lucas stava prendendo un cesto da picnic. «Ho portato la cena. Ho pensato che sarebbe stato carino mangiare qui» le disse. «C'è una bellissima radura con delle palme poco più in là» le indicò. Portarono insieme il cesto. Caroline si divertì nel vedere come Lucas sistemava la tovaglia e i cuscini. Aveva anche una borsa termica piena di ogni ben di Dio: formaggi, crostini, frutta. Inoltre, c'erano ostriche, polpa di granchio, gamberoni e pane fresco. «Non ci posso credere» si stupì Caroline. «Hai corrotto Dorothy per avere tutto questo oppure c'è qualcuno sull'isola che prepara cesti da picnic?» Lucas le sorrise teneramente. «Il pesce è fresco. Ammetto che il pane l'ha fatto Dorothy... tutto il resto però viene dalla mia dispensa. Ma mettiti comoda, adesso.» Caroline lo accontentò, sistemandosi un cuscino dietro la schiena, mentre Lucas come un mago fece comparire due coppe di cristallo e una bottiglia di champagne. «La cosa più bella di Vanuatu è il patrimonio francese che ci hanno lasciato. Il vino, ad esempio, è buonissimo. Non che quello australiano non lo sia, ma per le occasioni importanti credo sia più adatto lo champagne. È davvero speciale.» Caroline lo ascoltava rapita. Non riusciva a dir nulla, anche se sapeva che non poteva rimanere in silenzio per il resto della serata, non sarebbe stato carino. Meredith Webber
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Fece un bel respiro e gli chiese: «Perché, questa è un'occasione importante?». Il tono della sua voce le suonò strano. «Credo di sì» le rispose lui, porgendole un bicchiere di champagne spumeggiante. Finì di riempire il suo e poi le propose un brindisi. «Alla tua prima immersione!» brindò Lucas. Le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia. «Prendi un crostino.» Sollevò di nuovo il bicchiere. «A noi!» «Noi?» Caroline lo guardò. Non le era mai stato tanto vicino. Il suo viso, gli occhi, le labbra... E il suo viso si era fatto così serio. «Credo sia ora di rispondere alla tua domanda, quella che mi hai fatto la sera in cui abbiamo cenato insieme.» «Non è più importante. Non devi rispondermi ora. È passato un sacco di tempo e le cose sono cambiate. Anch'io sono cambiata e ho capito che i desideri di mio padre non possono influenzare la mia vita.» Avrebbe voluto dirgli qualcosa di più, spiegarsi meglio, ma lui la fermò, con un bacio dolcissimo. «Lo so che non sono obbligato a risponderti, ma voglio farlo lo stesso» le sussurrò dolcemente. Le prese la mano, la portò al petto e poi la guardò negli occhi. Qualcosa in quello sguardo sciolse il cuore di Caroline, che iniziò a danzare come impazzito. «La mia risposta è no» le mormorò Lucas. La danza si fermò. «No, non ti sposerò per dare un nipote a tuo padre, per aprire una scuola di sub o per avere di diritto una parte della tua beauty farm» continuò, sempre tenendole la mano, occhi negli occhi. «E adesso vorrei farti, a mia volta, una domanda.» Lucas rimase in silenzio per qualche istante e Caroline ebbe paura che l'incanto che si era creato tra loro potesse spezzarsi. «Mi sposeresti solo per amore?» le chiese, tutto d'un fiato. «So benissimo che non ci conosciamo da molto tempo, ma ogni giorno che abbiamo trascorso insieme mi è servito per imparare qualcosa in più su di te. Ho imparato ad amarti, e ho capito che solo tu sai come farmi felice, come farmi diventare l'uomo che ho sempre desiderato essere.» Le prese anche l'altra mano e le strinse entrambe a sé. «Tu sai riempire la mia solitudine. Dimmi che anche per te è lo stesso. Dimmi di sì, Caroline e unisci la tua vita alla mia per sempre!» Lucas sorrise dolcemente, per allentare la tensione che si era creata. La baciò di nuovo, Meredith Webber
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poi aggiunse: «La mia proposta è molto più interessante della tua, non credi?». Caroline non riusciva a rispondere. «Fammi un cenno» le suggerì Lucas, ma lei era troppo scioccata per riuscire a farlo. «D'accordo, non rispondere subito. Pensaci su» la tranquillizzò, coccolandola e tenendola tra le sue braccia. «Adesso godiamoci quello che ci sta succedendo. Assaporiamolo. Prendiamocela con comodo, dottoressa Sayers.» Caroline si sentiva più sicura. Lucas la baciò ancora, continuando a rassicurarla. Si sarebbe sentita sicura anche se lui non l'avesse baciata, ma quel bacio fu il suggello ideale di quel momento. Se anche tutto si fosse fermato lì, sarebbe stato magnifico. Invece no, lui stava continuando a baciarla, assaporando il sale sulla sua pelle e stringendola sempre di più a sé. Dimentico di tutto, Lucas si abbandonò, come se quella fosse stata la prima volta in cui provava una emozione così intensa. Erano felici insieme. «Sei così bella» le sussurrò, attirandola a sé. «Non vuoi che io ammiri la tua bellezza?» «Mi vergogno, Lucas» ammise lei, con semplicità. «E ho paura.» Lucas le si avvicinò e la baciò un'altra volta, abbracciandola e desiderando, più di ogni altra cosa rassicurarla. «Non dovrai mai aver paura di me, per nessun motivo. Se vuoi, possiamo fermarci in questo istante e prenderci tutto il tempo di cui abbiamo bisogno.» Si appoggiò al cuscino, a guardare il panorama tra le foglie di una palma. Era anche capace di riprendere il controllo di sé... «Cosa provi qui con me?» gli chiese Caroline, trepidante. «Io mi sento in paradiso» aggiunse subito, con un filo di voce. Questa volta fu lei a baciarlo con passione. Lucas si sentì avvolgere completamente. «Caroline, o ti fermi adesso, oppure per me sarà troppo tardi» riuscì a bofonchiare. «Non voglio fermarmi» mormorò Caroline. «Non più, ora.» A quelle parole Lucas la strinse in un abbraccio appassionato e incominciò a baciarla. Caroline sapeva perfettamente cosa sarebbe successo di lì a pochi istanti, Meredith Webber
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e sapeva anche che ormai non potevano più tornare indietro... non volevano più tornare indietro. Si abbandonò, quindi, completamente a Lucas e al loro amore. Non si accorse che si era irrigidita finché lui non le disse con tenerezza: «Rilassati, amore». Poi riprese a baciarla con rinnovato ardore. Caroline decise di seguire il suo consiglio. Fu in quel momento che qualcosa cambiò, che la passione prese il sopravvento. Fu in quel momento che entrambi trovarono il ritmo giusto e provarono le sensazioni più intense della loro vita. E l'amore, quello vero, guidò i loro gesti, diede fiato ai loro sospiri... Era calata ormai la sera. Caroline pensò che non aveva riflettuto mai abbastanza su quanto fossero belle le stelle nel cielo. Era certa di aver visto anche una stella cadente. Sentiva che la sua felicità andava di pari passo con quella di tutto il creato. Lucas si accorse che Caroline tremava. La strinse a sé, questa volta con tenerezza, mentre lei non capiva perché lacrime calde le scendevano lungo le guance. «È stato così brutto?» le chiese, offrendole la sua protezione. Caroline si sciolse dall'abbraccio e afferrò la t-shirt per asciugarsi il viso. «Mi dispiace!» esclamò, cercando di recuperare quel po' di autocontrollo che le rimaneva. «È stato così bello e inaspettato che ancora non riesco a crederci. E non posso fare a meno di piangere dalla felicità.» «E meglio che mangi qualcosa» le suggerì Lucas, cingendole le spalle. «Ho una torcia nella cesta. La trovo e riorganizzo il picnic.» Caroline lo ringraziò in silenzio per non averle fatto domande, per non aver indagato sul motivo segreto di quelle lacrime. Lo sentì vicino come mai prima. Si stava ancora asciugando il viso, quando capì che Lucas era diventato il centro della sua vita. Lo amava... lo amava immensamente. In pochi minuti Lucas sistemò la torcia. Il bagliore soffuso di quella luce contribuì a creare un'atmosfera intima. Mangiarono paté, formaggio, pane e bevvero champagne. «Ti ricordi la prima volta che ci siamo visti, quella notte? Hai detto che volevi portarmi a mangiare» gli ricordò lei improvvisamente. Meredith Webber
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«Sono stati gli spiriti a suggerirmelo» rispose Lucas in tono malizioso. Caroline era felice. Aveva finalmente trovato il suo approdo sicuro... Lucas era accanto a lei e lo sarebbe stato per sempre. FINE
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