James Blish Spock deve morire! (Spock must die!, 1970) Traduzione di Annarita Guarnieri
CAPITOLO I MCCOY SENZA OSSA Dia...
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James Blish Spock deve morire! (Spock must die!, 1970) Traduzione di Annarita Guarnieri
CAPITOLO I MCCOY SENZA OSSA Diario del Capitano, Data Astrale 4011.9: Stiamo registrando una quadrettatura di navigazione per quest'area di spaziotempo, come da ordini ricevuti. Il signor Spock riferisce che, secondo la biblioteca di bordo, tale procedura è ancora denominata "assegnazione di sito per panchina", in base a un'antica ordinanza per la stesura di carte e mappe, emessa in un'epoca anteriore all'avvento dei viaggi spaziali, anche se questi parsec cubici di vuoto sembrano un luogo tutt'altro che attraente per installarvi una panchina. Per quanto, in termini di velocità di curvatura, non siamo molto lontani dall'Impero Klingon, e sono anzi certo che i Klingon sosterrebbero che vi siamo già entrati, fino a ora la missione è stata assolutamente priva di eventi, e ritengo di aver scorto segni di noia fra i miei ufficiali. La loro efficienza, tuttavia, non sembra averne risentito.
– Quello che mi preoccupa – dichiarò McCoy – è sapere se sono ancora me stesso, perché ho l'orribile sospetto di essere uno spettro, e di esserlo ormai da almeno vent'anni. Quell'affermazione giunse all'orecchio del capitano Kirk, mentre questi attraversava la sala ricreativa dell'Enterprise con una tazza di caffè in mano. Essa non era però rivolta a lui e, voltandosi, vide che il medico di bordo era seduto a un tavolo con Scott, che pareva ascoltarlo con estrema attenzione. Scotty che ascoltava i problemi personali di qualcuno? O Bones che si confidava con lui? Di solito, il capo ingegnere s'interessava alle persone quanto avrebbero potuto farlo i suoi motori, e McCoy era reticente al punto da apparire cinico. – Posso unirmi al simposio? – chiese Kirk. – Oppure si tratta di una conversazione privata? – Non è privata, sono solo un mucchio di assurdità, credo – rispose l'ingegnere. – Il dottore, qui, pare essere arrivato a convincersi che il teletrasporto sia una specie di sedia elettrica. Non riesco a seguire i suoi ragionamenti, ma ci sto provando.
– Oh – commentò il capitano, non sapendo che altro dire, e si sedette. La sua prima impressione, che McCoy si stesse indirettamente riferendo al suo divorzio, era ormai accantonata, il che ripristinava la convinzione di Kirk di conoscere bene il carattere del dottore e lo lasciava all'oscuro del vero argomento della discussione. Capire il medico era una questione importante per lui, personalmente e per il buon andamento della nave, in quanto McCoy, in qualità di capo chirurgo, era l'unico uomo presente a bordo che potesse accostare Kirk in qualsiasi momento e con motivazioni private. In effetti, era dovere del dottore tenersi aggiornato sulle condizioni fisiche, mentali ed emotive del capitano e discuterne apertamente, non solo con il diretto interessato. Quando McCoy era giunto a bordo dell'Enterprise, Kirk aveva avuto il sospetto che fosse stato il divorzio a spingerlo a entrare nella Flotta Stellare, ma i dettagli erano rimasti un mistero. Kirk sapeva che il medico aveva una figlia ventenne da lui mantenuta, Joanna, che studiava da qualche parte per diventare infermiera, figlia con cui McCoy si manteneva in contatto con la frequenza permessa dalla posta interstellare, cioè non molto spesso. – Sarebbe meglio che qualcuno m'illuminasse – affermò. – Bones, avete sostenuto centinaia di volte che non vi piace il sistema di teletrasporto, anzi, credo che abbiate usato il termine "detestare". "Non mi piace avere le mie molecole sparpagliate e trasferite tutt'attorno come se fossi un messaggio radio". Si tratta sempre di questo? – Sì e no – rispose il medico. – Le cose stanno così: se ho ben capito quanto dice Scotty, il teletrasporto trasforma i nostri corpi in energia e poi li ricostruisce come materia nel luogo di destinazione... – È una terribile semplificazione – obiettò l'ingegnere. Ora si spiegava la presenza del suo accento scozzese, che di solito affiorava solo quando era sotto tensione. Stavano parlando di quelle macchine che Scotty amava tanto. – Il teletrasporto analizza lo stato di energia di ogni particella corporea e produce un salto Dirac, fino a uno stato equivalente da qualche altra parte. Non si verifica una conversione... altrimenti la nave salterebbe in aria. – Questo non m'interessa – ribatté McCoy. – Quello che m'importa è il mio stato di consapevolezza, il mio ego, se preferite, che non è fatto di materia, energia o qualsiasi altra sostanza a cui possa dare un nome, anche se costituisce il fenomeno centrale di tutto il pensiero umano. In fin dei conti, sappiamo di vivere in un universo solipsistico. – Un cosa? – fece Kirk.
– Diciamo allora che abitiamo due universi – spiegò con pazienza il dottore. – Uno è quello che si trova dentro le nostre teste... un universo concepito dal nostro punto di vista. L'altro è quello tangibile... ma, in effetti, è solo un consenso di universi personali, incrementato da alcuni dati indicatori e da altri risultati forniti meccanicamente. Anche l'universo consensuale è un prodotto della consapevolezza. Siete d'accordo, Jim? – In parte, solo che trovo molto convincente quello che voi definite un universo consensuale. – Lo è, da un punto di vista statistico, ma si frammenta con estrema rapidità quando si esaminano i dati individuali alle spalle delle statistiche. Tutto quello che sappiamo davvero è ciò che possiamo registrare all'interno di noi stessi... una teoria che un tempo veniva chiamata positivismo logico. Ora procedo di un passo, e affermo che può anche non esistere un universo consensuale, e che non si può dimostrare la realtà di nulla, tranne che della mia consapevolezza, che sono in grado di misurare. Tale posizione è definita solipsismo, e io sostengo che il fatto di avere consapevolezza ci obbliga a essere tutti intimamente solipsisti fin dalla nascita, solo che ce ne accorgiamo di rado. – Si tratta dell'effetto provocato dai viaggi spaziali – convenne Kirk – specie quando ci si trova lontano da casa quanto lo siamo noi, ora. Fortunatamente, lo si supera, almeno abbastanza da poter funzionare. – Nessuno si riprende mai del tutto – dichiarò, triste, il dottore. – Credo che il momento della scoperta di questa situazione sia uno dei grandi traumi formativi dello sviluppo umano... forse importante quanto quello della nascita. Ditemi, Jim, non c'è stato un momento, un'ora, nella vostra fanciullezza o nella prima adolescenza, in cui vi siete accorto con stupore che voi, il solo e unico Jim Kirk, eravate al centro dell'intero universo? Un momento in cui avete cercato di vedere l'universo da un altro punto di vista... magari quello di vostro padre... e vi siete accorto di essere imprigionato in eterno nella vostra testa? Kirk analizzò i propri ricordi. – Sì, c'è stato, e il fatto che riesca ancora a rammentarlo con tanta facilità'indica che si è trattato di una cosa molto importante per me. Dopo un po', però, ho accantonato il problema, perché sembrava che non avesse conseguenze pratiche e che io non potessi far nulla al riguardo. Ma voi non avete risposto alla mia domanda. Che c'entra tutto questo con il teletrasporto? – Proprio niente – replicò Scott. – Al contrario. Quale che sia il suo meccanismo, l'effetto del teletrasporto è quello di dissolvere il mio corpo e di riassemblarlo da
qualche altra parte. Per esperienza, sarete d'accordo con me nell'ammettere che tale procedura richiede un tempo fisico finito... breve ma misurabile, e che durante quel periodo non esistono né il corpo né la consapevolezza di sé. Ci siete, fin qui? – Ecco, in maniera un po' nebulosa – affermò Kirk. – Bene. Ora, all'altra estremità, viene riassemblato un corpo apparentemente identico all'originale, vivo e dotato della consapevolezza e delle memorie dell'originale. Ma NON è l'originale. Quello è stato distrutto. – Non riesco a capire come questo possa avere la minima importanza – protestò Scott. – E lo stesso vale per la vostra posizione solipsistica. Come ama dire il signor Spock: "Una differenza che non fa differenza, non è una differenza". – No, non per voi, perché il nuovo McCoy si comporterebbe proprio come quello vecchio e avrebbe lo stesso aspetto. Ma per me? Io non posso accettare una concezione tanto pratica. Per definizione, non sono lo stesso uomo che è entrato per la prima volta in un trasferitore vent'anni fa, sono la costruzione creata da una macchina e basata sull'immagine di un morto, e l'aspetto più diabolico della situazione è che neppure io ho modo di sapere quanto sia precisa l'imitazione perché è ovvio che, se anche manca qualcosa, non sono in condizione di ricordarmene. – Una domanda – intervenne Kirk. – Vi sentite diverso? – Ah! – esclamò Scotty, con soddisfazione. – No, Jim, ma come potrei? Io credo di rammentare com'ero prima, ma forse mi sbaglio. La psicologia è la mia specialità, anche se voi mi vedete soprattutto come un dottore riluttante a distribuire pillole, e so che ci sono aree enormi della mia mente che non sono accessibili alla mia sfera cosciente, tranne che in particolari situazioni... sotto tensione, per esempio, oppure in sogno. E se parte di questo sottofondo psichico non fosse stato duplicato? Come potrei saperlo? – Potreste chiederlo a Spock – suggerì Scott. – No, grazie. L'ultima volta che sono entrato in contatto mentale con lui, questo mi ha salvato la vita... e ha salvato noi tutti, come ricorderete... ma non l'ho trovato piacevole. – Comunque dovreste provarci, se siete convinto di quanto asserite – insistette l'ingegnere. – Lui potrebbe collegarsi a una di queste aree inconsce e poi controllare se è ancora presente dopo il vostro prossimo viaggio con il teletrasporto. – Il che accadrebbe quasi certamente – aggiunse Kirk. – Non capisco
perché supponiate che il trasferitore operi selezioni tanto strane. Perché cancellare tracce inconsce, anziché quelle nella sfera cosciente? – E perché no? E, per venire al sodo, lo fa o non lo fa? Questo si avvicina di molto alla domanda a cui voglio trovare una risposta. Se questo fosse il problema, potrei perfino sottopormi all'esperimento proposto da Scott e chiedere anche a tutte le altre persone che si trovano a bordo di imitarmi. – Signori – dichiarò Kirk – io ho prestato servizio su un'astronave per un periodo leggermente più lungo del vostro, e posso asserire senza ombra di dubbio che questa è la più assurda conversazione da sala ricreativa in cui mi sia mai trovato coinvolto. Allora, dottore, veniamo al dunque: qual è la domanda? – Cosa vi aspettate da uno psicologo? La domanda, ovviamente, riguarda l'anima, ammesso che esista, visto che sulla sua effettiva esistenza non sono più informato di chiunque altro. Quando quella dannata macchina mi ha riassemblato per la prima volta, la mia anima, se c'è, ha effettuato la transizione con me... oppure sono solo un automa dotato di ragionamento? – La vostra capacità di tormentarvi al riguardo mi sembra la migliore risposta all'interrogativo che avete posto – replicò il capitano Kirk. – Hmmm. Potreste avere ragione, Jim; anzi, è meglio che sia così, altrimenti quando teletrasportiamo un uomo per la prima volta commettiamo sempre un omicidio. – Questo non è un cavillo, è un guazzetto di frattaglie – dichiarò Scotty, accalorandosi. – Sentite, dottore, per definizione la vostra anima è immortale, e se esiste non può essere distrutta... – Capitano Kirk – chiamò l'intercom della sala ricreativa. Kirk si alzò con un certo sollievo, perché le acque, intorno al tavolo, cominciavano a diventare un po' troppo profonde. Il suo sollievo ebbe però vita breve. – Sono nella sala ricreativa, signor Spock. – Capitano, vi dispiacerebbe sostituirmi? Si rende necessaria una decisione di comando. McCoy e Scott sollevarono la testa, allarmati. Una decisione di comando laggiù, in un braccio totalmente inesplorato della galassia? – Arrivo – rispose Kirk. – In poche parole, qual è il problema? – Signore – lo informò il primo ufficiale – è scoppiata la Guerra Klingoniana; sembra che Organia sia già stato distrutto e noi siamo tagliati fuori, rispetto al resto della Federazione.
CAPITOLO II DIETRO LE LINEE Diario del Capitano, Data Astrale 4011.8: Questo braccio della galassia non è mai stato esplorato da esseri umani, e neppure da membri delle razze non umane a noi note. La nostra missione primaria era quella di stabilire punti di riferimento per il volo a velocità di curvatura e secondariamente, è ovvio, quella di riferire qualsiasi fenomeno in cui ci fossimo imbattuti e che fosse degno di studio scientifico. Adesso, tuttavia, sembra che ci troviamo nell'impossibilità di effettuare qualsiasi rapporto.
Quando Kirk giunse sul ponte, Spock si alzò dalla poltrona di comando e si trasferì in silenzio alla propria postazione, presso il computer scientifico. Sulu era al timone, il tenente Uhura alla consolle per le comunicazioni, e lo schermo visore mostrava solo una distesa di stelle; l'Enterprise era in orbita standard intorno a una di esse... a Kirk non interessava sapere quale. Tutto appariva normale, ma era un'impressione ingannevole. – Dunque, signor Spock – disse, sedendosi. – I dettagli, per favore. – Molto scarsi, capitano, ed è improbabile che ne acquisiamo altri – rispose il primo ufficiale. – Le poche informazioni di cui dispongo sono tutte di pubblico dominio... ho evitato di contattare il Comando di Flotta per ovvie ragioni. Da più di un anno, non ci sono stati "incidenti" con l'Impero Klingon, ma ora pare che esso abbia sferrato un attacco massiccio contro la Federazione su un fronte molto ampio... naturalmente, senza prima effettuare alcuna dichiarazione bellica. I rapporti ricevuti dal tenente Uhura affermano che le forze della Federazione resistono, ma suggerisco di riporre poca fiducia in questi rapporti. In tali circostanze, le pubbliche dichiarazioni tendono sempre, principalmente, a rassicurare, e in secondo luogo a ingannare il nemico, e contengono solo minimi residui di veridicità. – Questo è scontato – convenne Kirk. – Ma le modalità del Trattato di Pace Organiano avrebbero dovuto impedire una cosa del genere, come noi ben sappiamo, dato che ci trovavamo su Organia quando il trattato è stato imposto, e abbiamo visto gli Organiani immobilizzare entrambe le parti in quello che altrimenti sarebbe stato un grosso scontro navale. – È vero, capitano. Tuttavia, questa volta non solo gli Organiani non sono intervenuti, ma è impossibile contattare in alcun modo il loro pianeta, che sembra essere virtualmente scomparso dalla faccia dell'universo. In assenza di altri dati, ritengo si debba presumere che sia stato distrutto. – Com'è possibile? – chiese Sulu, girando la sedia verso i due. – Gli
Organiani erano creature di puro pensiero, non potevano essere distrutti. E non hanno solo impedito una battaglia... hanno simultaneamente immobilizzato entrambe le flotte, in tutta la galassia. – Gli Organiani erano creature di puro pensiero – convenne Spock – e non dubito che gran parte di quanto abbiamo "visto" sul loro pianeta fosse provocato da ipnotismo, ma non c'è motivo di supporre che il pianeta, in se stesso, fosse un'illusione e, se non lo era, poteva essere distrutto. Non sappiamo quale effetto possa aver avuto questo sugli abitanti; l'unica informazione di cui disponiamo è che non hanno interferito nella guerra attuale e, al momento, non abbiamo modo di scoprire cosa sia loro accaduto. – Vediamo qual è il nostro problema – intervenne Kirk. – Tutto l'Impero Klingon si stende fra l'Enterprise e la Federazione... comprese le diciassette Basi Stellari. D'altro canto, i Klingon non sanno che siamo qui, dove non ci possono vedere, e potremmo sfruttare questo fatto a nostro vantaggio. Tenente Uhura, quante possibilità abbiamo di ricevere istruzioni dal Comando di Flotta, senza tradire la nostra posizione? – Praticamente nessuna, capitano – rispose la ragazza bantu. – Anche se inviassimo la richiesta con una trasmissione di un microsecondo, dovremmo ripeterla spesso, per avere qualche speranza che venga raccolta almeno una volta. C'è tutto il Centro Shapley, il cuore della galassia, fra noi e la Federazione, e la concentrazione di stelle è tanto elevata da creare una considerevole massa di energia, perfino nel subspazio. Per superare tutta quella statica, dovremmo emettere i segnali con cadenza regolare, al fine di attirare l'attenzione... e attireremmo anche quella dei Klingon che, pur non potendo decifrare il messaggio, riuscirebbero però a individuarci con facilità. – Ho capito – rispose Kirk. – Effettuate la trasmissione, in maniera irregolare. Signor Spock, fornite al tenente Uhura una tavola di numeri random preparata dal computer, che lei possa usare come tabella. Probabilmente non funzionerà, ma bisogna tentare. Nel frattempo, dobbiamo presumere di essere costretti ad agire a nostra discrezione... e in fretta, se vogliamo essere di qualche aiuto alla Federazione. Cominciamo con l'eliminare la possibilità di circumnavigare tutto l'Impero Klingon. – Sono d'accordo – convenne Spock. – Entro il tempo che impiegheremmo a completare un simile viaggio, o anche solo ad arrivare in un punto da cui poter contattare senza rischi la Federazione o qualsiasi Base Stellare, la guerra sarebbe probabilmente finita. – Potremmo cercare di attraversare l'Impero con la forza – propose Sulu.
– Abbiamo una notevole potenza di fuoco e il vantaggio della sorpresa, senza contare che da questa parte i Klingon sono quasi privi di fortificazioni... pensate a cosa potremmo fare alle loro basi di rifornimento, al sistema di comunicazioni e alle loro retroguardie. Otterremmo risultati molto superiori alla quantità di danni che un'astronave può infliggere in una battaglia convenzionale, contro pari forze nemiche. – E inoltre – completò Kirk, cupo – prima o poi finiremmo in un'imboscata. – Magari potremmo resistere per parecchio – insistette Sulu. – Colpire e fuggire. Potrei programmare una rotta... ancora con l'ausilio di una tabella di numeri random... che nessun computer riuscirebbe a prevedere; sono pronto a scommetterci. – Così facendo, non avreste però modo di colpire allo stesso tempo bersagli importanti – obiettò Kirk – o di dirigervi verso la Federazione, e una rotta che non sia del tutto casuale può essere prevista. Inoltre, quanto più ci avvicineremo alla Federazione, tanto più ci accosteremo al fronte di battaglia, ma dalla parte sbagliata. Verremmo disintegrati prima di poter passare. – I danni da noi arrecati compenserebbero però, per la Federazione, il prezzo della nostra distruzione – intervenne Spock. – Il suggerimento del signor Sulu ha un notevole valore dal punto di vista strategico. – E sono pronto a prendere in considerazione la sua idea, se ci sarò costretto – replicò Kirk – ma è chiaro che si tratta di una tattica suicida. Io ho una responsabilità nei confronti della nave e dell'equipaggio, oltre che verso la Federazione, e non intendo perdere l'Enterprise e quanti si trovano a bordo, in un'avventura del genere, senza un ordine preciso in proposito. Se dovessi riceverlo, obbedirò, ma fino ad allora proibisco assolutamente tale piano. Altri suggerimenti? – Esiste quella che definirei una possibilità intermedia, capitano – rispose Spock. – Si basa su un ragionamento logico piuttosto debole, ma potrebbe essere quanto di meglio ci rimanga da fare. – Sentiamo. – Molto bene. Punto numero uno: innanzitutto, dobbiamo presumere che i Klingon non avrebbero dato l'avvio a una guerra del genere senza una minima sicurezza di essere superiori alla Federazione per armamenti e potenza di fuoco. Solo un pazzo aprirebbe le ostilità in altre condizioni, e i Klingon, pur essendo bellicosi all'estremo, non sono pazzi. "Sottopunto numero uno: possiamo supporre che i Klingon, oltre a godere di una schiacciante superiorità per quanto riguarda le armi note, ne
posseggano altre, di cui però non conosciamo la natura. "Punto numero due: dal momento che gli Organiani avevano proibito qualsiasi conflitto di questo genere, e avevano il potere di impedire che scoppiasse, bisogna dedurre che i Klingon non avrebbero attaccato se non avessero saputo in anticipo che gli Organiani erano stati tolti di mezzo. "Sottopunto numero due: questa consapevolezza potrebbe benissimo essere la più importante fra le nuove armi a disposizione dei Klingon; tuttavia... "Conclusione: c'è una probabilità di almeno il quaranta per cento che i Klingon siano ricorsi a una nuova arma che abbia causato l'immobilizzazione o la distruzione di Organia." – Accidenti – commentò Sulu. – Vi stavo seguendo, signor Spock, ma certo non sospettavo dove volevate andare a parare. – In base a quali dati avete ricavato quella statistica delle probabilità? – chiese Uhura. – Non ho sentito parametri di alcun genere, nelle vostre premesse. – Si può rappresentare un'argomentazione del genere come una serie di cerchi sovrapposti – cominciò Spock. – Quando si eliminano le parti dei cerchi che rimangono al di fuori dell'area comune.... – Lasciate perdere – intervenne Kirk. – Fino a ora ci avete fornito solo il ragionamento logico a cui avevate accennato. Volete anche raccomandarci una linea d'azione da seguire? – Certamente. – D'accordo. Uhura, convocate sul ponte il signor Scott e il dottor McCoy. Non intendo andare avanti, fino a quando non saranno stati messi al corrente. Quell'operazione non richiese molto tempo, in quanto Spock aveva registrato l'intera conversazione, come faceva d'abitudine, con ogni discussione preliminare a una decisione di comando. Scott e il medico ascoltarono con attenzione. – Tutto chiaro, Bones? Scotty? Qualche domanda? Bene, signor Spock, qual è la linea d'azione da voi suggerita? – Perché non andare a Organia – propose il primo ufficiale – invece che fino a una qualsiasi Base Stellare, in modo da cercare di appurare con esattezza cosa sia successo laggiù? Così facendo, sfrutteremmo tutti i vantaggi sottolineati dal signor Sulu... potremmo provocare una notevole disorganizzazione nelle retroguardie klingoniane grazie alla sorpresa e alla debolezza militare di questa parte dell'Impero, e per di più ci muoveremmo in una direzione imprevista. Non appena ci avranno individuati, i Klingon
supporranno naturalmente che stiamo cercando di raggiungere la Federazione o di metterci sotto la protezione degli armamenti pesanti di una Base Stellare. È probabile che arrivino a intuire che Organia è la nostra effettiva destinazione solo al terzo tentativo, o magari al quinto o al sesto. Infine, non va sottovalutato il possibile vantaggio strategico: se riuscissimo a scoprire cosa è accaduto a Organia e a porvi rimedio, la guerra finirebbe. – A meno che ciò che si è verificato laggiù risulti rimediabile solo dalla mano di Dio – interloquì McCoy. – Non offro garanzie – ribatté Spock – ma solo possibilità. – La vostra proposta mi piace – dichiarò lentamente Kirk. – Il rischio è ancora enorme, questo è ovvio, ma per lo meno non si tratta di una tattica suicida. Signor Spock, mi servono due calcoli: in primo luogo, il tempo di viaggio fino a Organia dalle nostre attuali coordinate, a velocità di curvatura sei; in secondo luogo, il tempo di viaggio fino a sconfinare nell'Impero, con la stessa velocità di volo. Spock si girò verso la sua postazione, e rispose un momento più tardi. – Entreremo ufficialmente nello spazio klingoniano entro due mesi, e ne impiegheremo altri quattro per giungere fino a Organia. Com'è ovvio, sussiste il rischio che i Klingon abbiano inviato pattuglie al di fuori del loro territorio, ma direi che su questo lato dell'Impero la probabilità che ciò si verifichi è minima. Kirk si rese conto che le cose sarebbero potute andare anche peggio, e che aveva davanti una decisione di comando che gli avrebbe concesso il lusso della riflessione. Sul momento, doveva prendere una decisione solo parziale, e aveva a disposizione almeno un mese per cambiare idea. – Signor Sulu – disse soltanto – inserite la rotta per Organia a curvatura sei. Tenente Uhura, estendete al massimo la portata di tutti i sensori, a cominciare da ora, e collegate un allarme rosso automatico all'avvistamento di qualsiasi cosa che possa indicare la presenza di un'altra astronave. Inoltre, mi dovrete chiamare immediatamente, nel caso che riceviate qualche messaggio dal Comando di Flotta. – Certo, capitano – rispose l'addetta alle comunicazioni. Ma in effetti non giunse alcun messaggio, il che non era certo sorprendente. Anche se era normale che un'astronave rimanesse isolata dalla gerarchia della Federazione per lunghi periodi di tempo, la quantità di trasmissioni che perveniva ogni giorno al Comando di Flotta era comunque enorme, e le probabilità di intercettare un messaggio inatteso, della durata di un microsecondo... per di più un messaggio che cercava di
passare inosservato... erano proporzionalmente minime. Come spesso accadeva, Kirk avrebbe dovuto giocare quella partita basandosi solo sulle proprie capacità di giudizio. Notò, tuttavia, che esisteva un'insolita attività nella sezione di calcolo della nave e che Scott sembrava essere alle prese con un problema di considerevole complessità; per una settimana circa, l'ufficiale confabulò di frequente con Spock, munito dapprima di fogli pieni di equazioni, poi di progetti ingegneristici appena abbozzati. Kirk li lasciò fare, certo che i due non stessero sprecando il loro tempo, quale che fosse la natura della ricerca intrapresa, e che lui sarebbe stato informato al momento giusto. Infatti, alla fine della settimana, Scott chiese un colloquio con Kirk, nell'ufficio del capitano. – Capitano, vi ricordate la nostra chiacchierata con McCoy a proposito del teletrasporto, e tutti i timori del dottore? – Sì, Scotty, anche se non posso affermare di averci perso il sonno. – Ecco, neppure io mi sono tormentato per l'aspetto morale del problema, ma mi sono messo a pensare che era un problema tecnico davvero interessante, e i risultati a cui sono arrivato sembra possano influenzare la nostra attuale situazione. – Non so perché, ma non ne sono sorpreso – rispose Kirk. – Spiegatemi di cosa si tratta. – Sapete che cosa sono i tachioni? – Li ho studiati, a scuola. Se ben ricordo, sono particelle che viaggiano più in fretta della luce... e per le quali non è ancora stato trovato un impiego. – Esatto, ma solo in parte. I tachioni non possono viaggiare più piano della luce, e la loro velocità massima non è ancora stata determinata. Esistono in quello che viene definito lo spazio Hilbert, che dispone di tante dimensioni quante ne servono per la risoluzione di qualsiasi particolare problema. E per ogni particella esistente nello spazio normale... che si tratti di protoni, neutroni, elettroni, positroni... c'è un tachione equivalente. – Questo – commentò Kirk – è più di quanto il mio insegnante sapesse al riguardo. – Da allora sono state scoperte molte cose, e io stesso mi sono fatto impartire un corso di aggiornamento dal signor Spock, ma ciò non ha importanza. Supponiamo di riprogettare il teletrasporto in modo tale che, invece di analizzare un uomo e di replicarlo al punto di arrivo nel suo stato normale, lo replichi invece in tachioni, a quest'estremità del procedimento. In questo modo, risolveremmo il problema morale, perché il soggetto
originario non andrebbe da nessuna parte... mentre la creatura fatta di tachioni, che non può esistere nell'universo quotidiano, andrebbe a destinazione e là tornerebbe alla normalità. Non si verificherebbe alcun omicidio, ammesso che questo sia il problema. – Hmmm. A me sembra... – Aspettate, capitano, c'è dell'altro. Questo metodo estende enormemente la portata del teletrasporto, non so dirvi ancora con esattezza di quanto, ma so che il nostro limite attuale di venticinquemila chilometri sembrerebbe, al confronto, il volo di una mosca. "Risultato? Possiamo inviare un uomo su Organia da qui, perché raccolga i dati necessari. Quando tornerà a bordo, lo manterremo nello stato tachionico per il tempo necessario a ricevere il materiale, poi annulleremo il campo e... poof! Il duplicato diventerà un ammasso di plasma tachionico in un altro universo e l'originale non avrà mai lasciato la nave!" – È ovvio – dichiarò lentamente Kirk – che non mi avreste sottoposto questo progetto se non foste stato sicuro di aver risolto tutti i problemi tecnici.. – È così, capitano, e siamo orgogliosi di noi stessi. Siamo dei geni, e ci potete dare una medaglia, se volete. Sul serio, funzionerà, e possiamo farlo. Per modificare i circuiti ci vorrà una settimana di lavoro... e da quel momento, non ci dovremo avvicinare di un altro centimetro all'Impero Klingon. – Continueremo il viaggio, in ogni caso – replicò Kirk. – Preferisco lasciare aperte tutte le possibilità. – La mia era solo un'iperbole. Il capitano azionò l'intercom. – Qui Kirk. Signor Spock, inserite il controllo automatico completo di bordo. Voglio tutti i capi di sezione nella sala riunioni per le zero punto sette di oggi. Chiudo. – Disattivò l'intercom. – Procedete con le alterazioni al teletrasporto, signor Scott... però, accertatevi che non siano permanenti. – Molto bene. – L'ingegnere si alzò in piedi, ma Kirk sollevò una mano. – Tuttavia – aggiunse – non direi al dottor McCoy di aver risolto il suo problema morale, se fossi in voi. – No? – No. Vedete, Scotty, probabilmente lui vi chiederebbe se un duplicato tachionico ha un'anima immortale... e non credo che sareste in grado di dargli una risposta.
CAPITOLO III LA TRAPPOLA DEL TELETRASPORTO Diario del Capitano, Data Astrale 4018.4: In seguito a garanzia da parte del signor Scott che le modifiche da lui apportate al teletrasporto non comportavano alcun pericolo fisico, il signor Spock è stato scelto come logico emissario a Organia, perché era presente sul pianeta nel corso dell'incidente che portò all'instaurazione del trattato (vedere la registrazione del Diario di Bordo in Data Astrale 3199.4), e perché conosce personalmente Ayelborne, Claymare e Trefayne... o, almeno, conosce le forme umanoidi che essi assumono, così come lui è noto a loro. Inoltre, il signor Spock è probabilmente il più attento osservatore fra tutti noi.
Sull'Enterprise vi erano diverse sale di teletrasporto, dislocate in varie zone della nave, ma Scott aveva modificato quella principale, per un ovvio motivo: l'energia. Di tutti i cambiamenti apportati, uno solo era visibile a occhio nudo, anche se Kirk non dubitava che vi fossero altre alterazioni della consolle, di cui l'ufficiale addetto al teletrasporto e il tecnico che lo aiutava erano informati. La piattaforma circolare del trasferitore vero e proprio era stata circondata da una lastra di lucente metallo che nascondeva le sei posizioni... permettendo di vedere solo i gradini che portavano ad esse. – Sfortunatamente, lo schermo è necessario – spiegò l'ingegnere a Kirk e a Spock. – Finché il campo è attivato, l'interno della camera si trova a tutti gli effetti in un altro universo... o, per meglio dire, in una specie di continuum in cui sono possibili un numero e una varietà transfiniti di universi... e l'effetto deve essere confinato. Avrei potuto usare un reticolato metallico, come quello impiegato, per esempio, per le piattaforme di atterraggio delle navette, in modo che potessimo vedere all'interno, ma avevo già le piastre a disposizione ed avevo fretta, come tutti noi, credo. L'accento di Scott svaniva del tutto quando lui cercava di essere il più preciso possibile, e questo fenomeno non mancava quasi mai di far sorridere Kirk, che pure vi era abituato. – Per adesso andrà bene così, Scotty. Poi, potrete aggiungere altri fronzoli, in seguito. In effetti, se il meccanismo dovesse funzionare come voi supponete, gli ingegneri di tutta la galassia si metteranno a escogitare perfezionamenti. Per ora, qual è esattamente il programma? – Più o meno quello di sempre, capitano, tranne che per la distanza da superare. Inseriamo le coordinate nella consolle... a proposito, signor Spock, quali sono? – Undici otto settanta d. y. per ottantacinque settantaquattro sessantotto
K. L'ufficiale addetto al teletrasporto parve sconcertato... evidentemente Scott non lo aveva ancora ragguagliato in merito alla "distanza da superare"... ma non avanzò nessun commento. – Allora – proseguì Scott – il signor Spock entra nella camera e prende posto su una posizione qualsiasi, poi chiudiamo la porta e attiviamo il macchinario. Lui non si accorgerà di nulla perché, pur essendo per un momento avvolto da uno spazio n-dimensionale, è in grado di percepire solo quattro dimensioni per volta, come tutti noi. Non scomparirà... ma uscirà di nuovo dalla camera, mentre il suo duplicato sarà intanto in viaggio per Organia e verrà riportato qui in modo automatico... un giorno dopo la materializzazione, indipendentemente da quanto possa accadere. Quando il duplicato arriverà qui, reinseriremo lo spazio Hilbert nella camera e lo manterremo per tutto il tempo che il duplicato impiegherà a fare il suo rapporto. – Per adesso è più che sufficiente – dichiarò Kirk. – Siete pronto, signor Spock? – Sì, capitano. – Allora entrate nella camera – disse Scott. Il vulcaniano obbedì, e la porta si richiuse alle sue spalle; poi l'ufficiale addetto al teletrasporto manipolò i comandi. Come l'ingegnere capo aveva predetto, non ci fu nulla da vedere, e il familiare, sommesso fischio del teletrasporto non parve diverso. Kirk cercò d'immaginare come dovesse essere uno spazio n-dimensionale e non fu sorpreso quando non vi riuscì. – Questo è tutto – dichiarò infine Scott. – Adesso può venire fuori. Spock, tuttavia, non apparve. – Sembra che ci siamo dimenticati di escogitare un sistema per avvertirlo – commentò Kirk. – Possiamo aprire la porta senza rischi? – Certamente, capitano. Kirk si accostò alla piattaforma e fece scivolare di lato il battente. – Signor Spock... Poi s'interruppe: il primo ufficiale era là, e sembrava illeso. In effetti, era presente al cento per cento di troppo. Nella camera c'erano due Spock identici. I due vulcaniani si stavano scrutando a vicenda con un misto di cautela e di disprezzo, come un uomo che stesse cercando di capire come funzionava uno specchio truccato. Kirk era certo che la sua espressione doveva essere molto più stupita. – Chi di voi è l'originale? – domandò.
– Sono io, capitano – risposero, in coro, i due Spock. – Temevo che lo avreste detto. Bene, sistemiamo subito un problema. D'ora in avanti, mi rivolgerò a voi – dichiarò, indicando l'uomo alla sua sinistra – come a Spock Uno, e a voi – indicò quello alla sua destra – come a Spock Due. Questa denominazione non implica da parte mia alcuna decisione in merito a chi di voi sia l'originale. Scotty, è ovvio che non avevate previsto una simile eventualità. – No, signore. È un peccato che non potessimo vedere dentro, altrimenti sapremmo chi dei due è quello autentico, in base alla posizione di trasferimento che occupa. – Non è possibile determinarlo? – chiese Kirk all'addetto al teletrasporto. – No, signore, mi dispiace ma con questa nuova struttura tutte le posizioni sono state attivate contemporaneamente. – Ed è altrettanto ovvio, Scotty, che nessuno dei due può essere formato da tachioni. – Questo è impossibile – convenne lo scozzese, con aria abbattuta. – Allora, il prossimo problema da superare è quello di scoprire come e perché questo sia accaduto e di escogitare un modo per distinguere l'originale dal duplicato. Con due Spock su questa nave, non dovrebbe esserci nessun quesito logico che non possiamo risolvere. – A meno che i nostri pensieri non siano identici – rispose Spock Uno – nel qual caso, il duplicato sarebbe superfluo. – È ovvio che non pensate nello stesso identico modo – ribatté Kirk – altrimenti avreste pronunciato entrambi la stessa frase simultaneamente e con parole uguali. – Vero, ma non rilevante, capitano – replicò Spock Due. – Anche se i nostri pensieri erano identici nel momento della creazione del duplicato, da allora le nostre esperienze hanno cominciato a divergere a poco a poco... iniziando, naturalmente, dal semplice fatto che occupiamo diverse posizioni spaziotemporali. Questo provocherà una diversificazione nel nostro modo di pensare, che si accentuerà con il trascorrere del tempo. – Tale differenza, comunque – aggiunse Spock Uno – può rimanere a livelli insignificanti per parecchia tempo. – Siamo già in disaccordo, non è così? – rilevò, freddo, Spock Due. – Questa è già una differenza significativa. – Basta con le discussioni, tutti e due – intervenne Kirk. – È certo che parlate entrambi come il vero Spock, oltre che somigliare a lui, e per quanto mi riguarda state creando il doppio della confusione che lui provocava con i suoi più contorti ragionamenti logici. Spock Uno, andate
nel vostro alloggio e rimanete là, fino a quando vi convocherò. Spock Due, venite con me nel mio alloggio. Nessuno dei due uomini parlò più, fino a quando il turboelevatore e i corridoi non li ebbero condotti all'ufficio del capitano, dove Kirk invitò il problematico Spock Due a sedere di fronte alla scrivania. – Prima di tutto – esordì il capitano – siete riuscito ad arrivare su Organia, anche per una frazione di secondo? E, nel caso che l'abbiate fatto, avete visto qualcosa di utile? – No, capitano. Non è accaduto nulla, tranne che di colpo nella camera ci sono stati due Spock. E posso garantirvi che non vi sono lacune nella mia memoria. – Mi dispiace sentirlo... non solo perché abbiamo un terribile bisogno di quelle informazioni, ma anche perché questo avrebbe potuto fornire un indizio per distinguere fra voi due. Sostenete ancora di essere lo Spock originale? – Sì – replicò il vulcaniano, con il tono che usava di solito per riferire un fenomeno naturale assolutamente certo. – Voi capite la situazione quanto me. Anche se suppongo che io potrei imparare a vivere con due signor Spock a bordo... e che la cosa potrebbe anche piacermi... la nave non può però tollerare la presenza di due primi ufficiali. Chi di voi due devo abbassare di grado, e con quali motivazioni? Spock Due inarcò le sopracciglia. – Posso far presente, capitano, che la situazione è molto più seria di così? Per cominciare da un suo aspetto relativamente secondario, se voi forse potete imparare a vivere con due Spock, questo creerebbe, però, un certo disagio a me. Se provate a immaginare cosa significherebbe per voi avere un secondo James Kirk che circola per l'universo, capirete subito il perché. – Hmm. Sì... personalmente, sarebbe molto sgradevole. Chiedo scusa, signor Spock, ma non avevo avuto il tempo di riflettere su questo aspetto della questione. – È comprensibile. Ma esiste una seconda conseguenza, e cioè un diretto pericolo per la nave. Per ora, non intendo parlare della confusione che deriverebbe, che sarebbe già abbastanza fastidiosa di per sé, ma dell'effetto che la duplicazione avrebbe sull'efficienza del primo ufficiale. Se anche mi fosse possibile imparare a sopportare la situazione, qualora lo ordinaste... anche ammesso che mi trovassi a essere degradato a semplice guardiamarina... quello di noi che mantenesse la carica di primo ufficiale sarebbe sottoposto a un continuo stress, a cui non potrebbe sottrarsi in alcun modo. Supponiamo, per esempio, che gli venga il sospetto che lo
Spock degradato stia complottando per sostituirsi a lui. E considerate anche, capitano, la posizione in cui voi vi verreste a trovare, se lo Spock degradato dichiarasse di colpo di essere lui quello che voi avevate mantenuto come primo ufficiale e che l'altro lo ha rimpiazzato senza dare nell'occhio? Un simile scambio, o anche una serie di alternanze, potrebbe derivare semplicemente dal senso del dovere di ciascuno. – Questo demoralizzerebbe di sicuro chiunque, me compreso, anche in tempo di pace – ammise Kirk, con un fischio. – Avete ragione, è un rischio che non si può correre. Ma cosa suggerireste come alternativa? – Non avete scelta, capitano. Dovete distruggere uno di noi. Kirk fissò in silenzio il vulcaniano, per un lungo minuto. – Anche se si trattasse di voi? – chiese, infine. – Anche se si trattasse di me – confermò Spock Due, con,voce tranquilla. Seguì un silenzio ancora più lungo, mentre Kirk rifletteva sulle conseguenze emotive che una simile linea di condotta avrebbe avuto su di lui. Non erano pensieri piacevoli, ma che alternative aveva? La situazione esposta da Spock Due non pareva offrire spiragli. – In effetti, potrei anche farlo – ammise infine Kirk – ma solo quando avremo determinato un metodo sicuro per stabilire chi di voi due sia l'originale. Nel frattempo, andate sul ponte, rimanetevi per dieci minuti esatti e ritiratevi quindi nel vostro alloggio fino a ulteriori disposizioni. Impenetrabile in viso, Spock Due annuì e se ne andò. Nel momento in cui la porta si richiuse alle sue spalle, Kirk azionò l'intercom e contattò l'alloggio del primo ufficiale. – Kirk chiama il signor Spock Uno. – Eccomi, capitano. – Presentatevi immediatamente a rapporto nel mio alloggio. Quando Spock Uno entrò, Kirk si accorse con uno shock di quanto fosse grave il problema dell'identità. Se Spock Due, dopo aver chiuso la porta, avesse semplicemente percorso il corridoio fino a non essere più visibile dall'alloggio di Kirk e fosse poi tornato indietro con passo tranquillo, presentandosi come Spock Uno, Kirk non avrebbe avuto un sistema per accorgersi subito dell'accaduto. E ora che ci pensava... – Sedetevi, signor Spock. Kirk a ponte! – Parla Uhura, capitano. – Il signor Spock è lì? Spock Uno inarcò le sopracciglia, ma non disse nulla. – No, capitano, non è di turno. In effetti, è stato qui per circa cinque minuti, ma se n'è appena andato. Potete cercarlo nel suo alloggio... o volete
che lo rintracci io per voi? – No, grazie, tenente. Non si tratta di una cosa urgente. Chiudo. Una crisi secondaria era stata evitata... oppure no? Aveva detto a Spock Due di rimanere sul ponte per dieci minuti, mentre Uhura sosteneva che lo aveva lasciato dopo cinque. Probabilmente, questo non significava nulla: di rado, chi è occupato nota per quanto tempo uno spettatore si trattenga nelle vicinanze, e di solito non presta attenzione al periodo trascorso dopo che lo spettatore se n'è andato, o non se ne cura. Poteva accantonare quell'incidente, ma ce ne sarebbero stati altri, a centinaia. Per esempio, Uhura e la maggior parte dell'equipaggio erano ancora all'oscuro di ciò che era accaduto nella sala del teletrasporto. – A partire da ora, signor Spock, porterete indosso un emblema d'identificazione, e baderete che sia unico e che non lasci mai la vostra persona. – Meglio che ne inventiate voi uno, capitano. Qualsiasi cosa io scelga potrebbe venire in mente anche al duplicato, e poi dovrebbe trattarsi di qualcosa che non dia nell'occhio, almeno per il momento. Era un ragionamento sensato. Spock Uno non voleva confondere i quattrocento trenta membri dell'equipaggio, con la presenza di due primi ufficiali, fino a quando questo non si fosse reso inevitabile. Neppure Kirk voleva che accadesse ma, al tempo stesso, era dolorosamente consapevole del fatto che, nascondendo il problema, si rischiava di complicarlo. Si sfilò l'anello ricevuto all'Accademia e lo passò al vulcaniano. – Prendete questo e datemi il vostro. Naturalmente, anche la vostra... controparte ne ha uno, ma non può essere scambiato con il mio a un'attenta ispezione. E sono certo che a bordo non ve ne sono altri identici. – No, capitano, nessun altro ufficiale dell'Enterprise si è mai neppure qualificato per il grado di comandante, come il computer potrà verificare. – Controllerò. Un'altra cosa, non dovete considerare questo scambio come un segno di particolare favore da parte mia... tale aspetto della questione è lungi dall'essere risolto. L'ho effettuato solo per mia comodità. – Comprendo perfettamente, capitano. Una precauzione del tutto logica. Kirk sussultò. Tutti e due erano Spock, fino alle minime sfumature di linguaggio e di comportamento. – Bene. Ora veniamo al nodo della questione. Ho parlato con Spock Due e, insieme, siamo riusciti a fare qualche progresso, anche se in una direzione che non mi piace molto. Non mi sorprenderebbe se anche voi arrivaste alla sua stessa conclusione, ma d'altro canto eravate in disaccordo, poco fa; quindi preferirei mettervi al corrente di quanto
abbiamo detto. In breve, si tratta di questo... Spock Uno ascoltò il resoconto del capitano con un'immobilità assoluta e senza alcuna espressione; quando però chiese la sua opinione, Kirk ricevette l'ennesimo shock della giornata. – Posso suggerire, capitano – dichiarò Spock Uno – che è illogico aspettarsi da me che condivida quest'argomentazione con as... assoluta equanimità? Tanto per cominciare, voi ed io siamo amici... un fatto di cui non ho mai approfittato nel prestare servizio, ma che comunque sussiste da tempo. Scoprire che sareste d'accordo nel distruggere un qualsiasi Spock potrebbe distorcere il mio giudizio. Anche Kirk ascoltò senza tradire alcuna espressione e rimanendo immobile ma, se fosse stato un gatto, le sue orecchie si sarebbero rizzate, perché le esitazioni presenti nel linguaggio di Spock Uno, per quanto estremamente tenui, erano comunque una cosa senza precedenti nel vulcaniano; per Kirk, l'effetto era stupefacente, come se il primo ufficiale stesse tartagliando per l'indignazione. – Voi eravate pronto a uccidere me, in un'occasione – rilevò il capitano, con cautela. – In effetti, per qualche momento, avete creduto di averlo fatto. Era un'osservazione di una crudeltà terribile, ma non era più tempo di essere cortesi. – Un evento di cui non vado orgoglioso, Jim, ve lo assicuro – replicò Spock Uno, con una specie d'impassibile tristezza che solo un uomo per metà vulcaniano e per metà umano avrebbe potuto provare o esprimere. – Ma voi ricorderete che all'epoca non ero in me, a causa della cerimonia dell'accoppiamento. O forse volete che ricada in quell'irrazionale condizione mentale? O che desideri che a voi accada qualcosa di simile? – Certo che no, anzi, ciò che voglio da voi ora è esattamente il contrario, è la migliore analisi logica che siate mai riuscito ad effettuare in qualsiasi dannata circostanza. – Mi sembra che sia l'unica soluzione utile, capitano, quindi permettetemi di procedere, rilevando che la proposta della mia controparte manca di prudenza. La sua osservazione, che la nostra congiunta presenza sulla nave sarebbe causa di disturbo per entrambi, non manca di fondatezza, ma è improbabile che noi rimaniamo turbati nello stesso momento dalle stesse cose, quindi voi potreste servirvi di entrambi interpellandoci e poi bilanciando le nostre opinioni. – Ora la tenue esitazione era svanita... Kirk l'aveva forse immaginata? – Inoltre, capitano, l'intero problema dell'identità è privo di significato da un punto di vista
operativo. Io posso assicurarvi che so di essere l'originale... ma tale consapevolezza non sarebbe falsa, neppure se fossi il duplicato. – Temo che dovrete spiegarvi meglio. – La difficoltà insita nell'argomentazione era di per sé rassicurante, in quanto tipica di Spock... ma Kirk comprese con rincrescimento che si trattava di una rassicurazione fasulla. – Se sono il duplicato, posseggo una serie completa e continua di ricordi che sono stati duplicati con me. Per quanto ne so, queste memorie rappresentano esperienze reali e non esiste frattura nella loro continuità, né nelle mie attitudini o capacità. Di conseguenza, tanto per i miei scopi quanto per i vostri, ciascuno di noi è l'originale e non c'è motivo per preferire uno all'altro. Una differenza che non crea differenza, non è una differenza. – Il paradosso di McCoy – commentò Kirk. – Si tratta di un paradosso classico? Non ho familiarità con esso. Io stavo solo citando Korzybski. – No, Bones lo ha inventato solo due settimane fa... ma esso ha preso vita di colpo. – Kirk fece una pausa. Non s'intendeva molto di logica, e ora si trovava di fronte a due esperti in materia che sostenevano ciascuno una soluzione diversa per un dilemma di vita o di morte, e apparentemente con pari forza di persuasione. – Signor Spock, è ovvio che v'informerò quando sarò giunto a una decisione, ma è una questione in cui non voglio essere avventato. Per il momento, desidero che voi e la vostra controparte effettuiate turni di servizio di mezza giornata; in questo modo, utilizzerò le vostre capacità in maniera continua, eviterò di dover fare un'immediata scelta fra voi due e non dovrò lanciare in aria una moneta per stabilire quale di voi dev'essere trasferito in un altro alloggio. – Una soluzione temporanea ottimale – commentò Spock Uno, alzandosi. Per te, forse, pensò Kirk, seguendolo con lo sguardo, mentre usciva. Ma tuo... fratello... ti vuole morto. Azionò l'intercom, con un sospiro. – Bones? Parla Kirk. Tirate fuori le pillole per il mal di testa, sto venendo a farvi una visita. CAPITOLO IV UN PROBLEMA D'INDIVIDUAZIONE Diario del Capitano, Data Astrale 4019.2: Ho messo al corrente della situazione i capi delle sezioni e ho chiesto loro qualche
suggerimento. Per ora, non ho ancora informato il resto dell'equipaggio, per non destare allarmismi, e dal momento che accade di rado che qualche membro di esso capiti sul ponte, mi viene risparmiato il difficile compito di spiegare la stranezza del fatto che il signor Spock rimanga in servizio dieci turni su dieci.
Kirk dovette però fare due eccezioni a tale regola. Una fu quella relativa al sottufficiale Janice Rand, che assolveva per lui le funzioni combinate di segretaria esecutiva, cameriera e aiuto militare, e che di solito veniva ragguagliata su tutto ciò che succedeva; era opportuno che lei fosse sempre aggiornata, e comunque era molto più facile dirle come stessero le cose, che cercare di nasconderglielo. L'altra eccezione era Christine Chapel, capo infermiera di McCoy, che non era soltanto l'assistente chirurgo del dottore, ma aveva anche conseguito parecchi titoli nel campo della medicina sperimentale, e si sarebbe quindi trovata direttamente coinvolta in qualsiasi tentativo, da parte di McCoy, di escogitare un metodo per distinguere uno Spock dall'altro. Entrambe erano professioniste di alto livello, pari, durante le ore di servizio, a qualsiasi uomo dell'equipaggio di uguale grado, e da cui ci si aspettava un rendimento altrettanto efficiente; nessuna delle due, tuttavia, riuscì a trattenere un certo entusiasmo nell'apprendere che ora vi erano due Spock a bordo dell'Enterprise. Per quanto riguardava il sottufficiale Rand, questo era normale e naturale, dato che lei praticava un libero e autoprotettivo interesse nei confronti degli uomini in generale, per evitare a se stessa e al capitano di rimanere intrappolati in un rapporto troppo pericolosamente personale, ma Kirk rimase stupito nel riscontrare la stessa reazione nella Chapel. L'infermiera era quanto di più vicino a un confidente personale l'irascibile McCoy sarebbe mai riuscito a trovare, e il fatto che anche lei fosse reduce da una storia d'amore finita, e che avesse trovato una certa pace entrando nella Flotta Stellare, serviva da legame fra loro e anche da barriera, per evitare che tale legame divenisse troppo intimo. Qual era la fonte di questa strana e palese attrazione che le donne di ogni età ed esperienza sembravano provare nei confronti di Spock? Kirk non conosceva una risposta precisa, ma aveva elaborato due teorie e passava dall'una all'altra a seconda dell'umore. La prima era che si trattava di una semplice reazione a una sfida; ogni donna pensava che il vulcaniano poteva anche essere freddo e distaccato con le altre, ma che lei sarebbe riuscita a sgelarlo, se solo le si fosse presentata l'opportunità. La seconda teoria, più complessa, sembrava plausibile a Kirk solo nei momenti di depressione, e si basava sul presupposto che la maggior parte dei membri
femminili di razza bianca dell'equipaggio, che aveva ereditato, anche dopo due secoli, le vestigia dei vergognosi pregiudizi razziali dei loro antenati in prevalenza anglosassoni, vedesse nel mezzosangue vulcaniano... che dopo tutto non era stato originato da alcuna razza di colore terrestre... un modo "sicuro" per infrangere quei pregiudizi razziali... e magari al tempo stesso anche per soddisfare quella curiosità sessuale che probabilmente era esistita in loro fin dall'inizio. Una volta, Kirk aveva esposto entrambe le teorie a McCoy, durante una licenza, dopo aver bevuto parecchio. – Voi psicologi da salotto siete tutti uguali – aveva risposto il medico. – Siete alla costante ricerca di complessità e di oscure e nascoste motivazioni che probabilmente non esistono. La maggior parte delle persone ha una mente molto più semplice, Jim. Il nostro signor Spock, per quanto detesti ammetterlo, è un esemplare decisamente eccezionale di animale maschio... coraggioso, intelligente, cauto, leale, detentore di una posizione elevata nella sua società... nominatemi una qualità, e lui la possiede. Quale donna ragionevole non vorrebbe un uomo simile? Ma la mentalità femminile è anche pratica, e piena di scetticismo nei confronti degli uomini. Le donne vedono che Spock manca di completezza, che quell'incapacità di manifestare le sue emozioni lo condiziona, e lo vogliono liberare da tale stato. Non si rendono conto che ciò costituirebbe un' impresa terribile. – Oh, quindi, si tratta anche in parte di istinto materno? McCoy aveva assunto un'espressione spazientita. – Ecco che ricominciate a etichettare cose che non comprendete. Vorrei che lasciaste a me l'esercizio della psicologia... altrimenti, perché la Flotta Stellare mi paga, se potete pensarci voi? Bene, non importa. Jim, se siete davvero perplesso, osservate le donne, ogni tanto! Così vedrete che far da madre a Spock è l'ultima cosa che hanno in mente. No, loro vogliono liberarlo in modo che possa essere quel completo superuomo che non è riuscito del tutto a diventare, e vogliono essere loro stesse alla sua altezza. Come ho detto prima, non hanno la minima idea di quanto dovrebbero faticare per riuscirci. – Dipende dall'educazione vulcaniana che ha ricevuto? – Fondamentalmente, sì, ma c'è molto di più. Jim, sapevate che, se Spock non fosse per metà vulcaniano, lo terrei costantemente d'occhio, per timore che si sviluppi in lui un tumore? – Credevo che quella malattia fosse stata sconfitta un centinaio d'anni fa. – No, qualche forma si manifesta ancora. E gli uomini di razza terrestre con carenze di sfoghi emotivi pari a quelle del signor Spock sono
terribilmente soggetti a tumori, verso la mezz'età; nessuno sa perché. La conversazione era proseguita, passando ad altri argomenti e lasciando, come al solito, Kirk privo di risposte alla maggior parte delle sue domande. E ora, McCoy appariva ancor più incerto, in merito alle speranze di elaborare un adeguato test psicologico per distinguere il duplicato fra i due Spock. – Non sapendo come si sia verificata la duplicazione, non so neppure da dove cominciare, e non ho mai studiato nei dettagli la biochimica vulcaniana. Mi sono documentato in proposito, quando Spock è giunto a bordo, ma la maggior parte delle mie cognizioni deriva dall'esperienza che ho acquisito studiandolo; e lui è un misto, un ibrido, e quindi una specie a se stante. Oh, naturalmente cercherò di escogitare qualcosa, ma questo è in effetti un problema di fisica... devo consultare Scotty per sapere i cosa, i come e i perché dell'incidente, prima di poter cominciare a lavorare! – Era ciò che temevo. – E c'è un altro fattore a cui dovrete prestare attenzione. – Cioè? – Si tratta di un problema psicologico... derivante dall'essere gemelli identici. Anche in normali circostanze biologiche, essere un gemello crea enormi difficoltà, provocando costanti crisi d'identità; le madri pensano che sia divertente vestire i bambini in maniera uguale, gli insegnanti fanno fatica a distinguere i due curriculum scolastici, gli amici non riescono a identificarli o credono che sia buffo fingere che sia così. Di solito, tutti questi nodi vengono al pettine, durante il periodo della pubertà, quando la questione dell'identità si fa acuta per ciascuno di noi, e per i gemelli è un vero inferno. Se superano tale fase senza diventare nevrotici o peggio, in genere non hanno più problemi. "Spock non è però passato attraverso tutto questo, e per di più è rimasto emotivamente isolato per tutta la vita, per sua scelta. Ora, di colpo, giunto in età adulta, si trova ad avere un gemello, una situazione a cui non ha avuto la possibilità di abituarsi, come accade invece ai gemelli naturali. La tensione sarà considerevole." – Aiutatelo, se ve lo permetterà, Bones. – Kirk allargò le mani. – Anch'io terrò presente questo problema, ma mi sembra che il processo di adattamento sia qualcosa a cui lui dovrà arrivare da solo. E ricordate che si è addestrato per tutta la vita a tenere sotto controllo le emozioni. – Non a controllarle... a sopprimerle – lo corresse il medico. – Sono due cose molto diverse. Comunque, è ovvio che dovrà fare da solo. Una cosa che i profani non capiscono mai della psicoterapia, è che nessun dottore è
mai riuscito a curare uno sconvolgimento mentale o emotivo, e mai ci riuscirà; la migliore terapia possibile consiste nel mostrare al paziente come può curarsi da solo. "Comunque, Jim, non dovete minimizzare la cosa... non è di scarsa importanza. A mio parere, è probabile che si verifichi una vera crisi emotiva, e piuttosto presto. Ho già notato che uno dei due ha ridotto di parecchio la sua alimentazione. Per un po', non lo danneggerà... un vulcaniano può digiunare a lungo... ma, quasi sempre, l'anoressia è un sintomo di alterazione emotiva." – Grazie – rispose Kirk, cupo. – Starò in guardia. Nel frattempo, vediamo se Scotty ha già escogitato qualche test. Lasciò l'infermeria e raggiunse la sezione motori. – Scotty, non mi piace continuare a tormentarvi con la stessa domanda, ma Bones dice che non può neppure cominciare a preparare un esame per individuare il vero Spock, o il duplicato, se non ha almeno qualche idea su come sia avvenuta la duplicazione. Non avete ancora nessun indizio? – No, capitano – replicò lo scozzese, con aria abbattuta. – Non ci capisco nulla. Sotto i suoi occhi spiccavano due isometriche macchie bluastre, ed era ovvio che non aveva più dormito da quando aveva avuto inizio il disastroso esperimento con il teletrasporto. Kirk cessò subito d'insistere: era evidente che il capo ingegnere stava facendo del suo meglio, e il suo rendimento non sarebbe certo migliorato, se lui lo avesse afflitto ancora. Poi tutti quanti, e non solo Scott, furono interrotti dalla convocazione ai posti di combattimento. La prima supposizione avanzata da Kirk... che i sensori di Uhura avessero individuato qualcosa che poteva essere un'altra nave... si rivelò esatta; ma, non appena giunse sul ponte, il capitano scoprì che quella era solo una piccola parte della storia. Tanto per cominciare, il sistema di registrazione automatica di viaggio, inserito nella sua consolle di comando, mostrava che l'Enterprise era uscita dalla velocità di curvatura per una frazione di secondo, prima che suonasse l'allarme. Ovviamente, adesso la nave era di nuovo nel subspazio, ma i sensori avevano segnalato un oggetto così piccolo che, se davvero si fosse trattato di un vascello klingoniano, non avrebbe potuto individuare l'Enterprise a quella distanza. – Cosa ci facevamo fuori dalla velocità di curvatura? – chiese Kirk,preoccupato. – È stata opera del computer – spiegò Sulu, con la giustificabile irritazione di un timoniere che si sia visto togliere il controllo da parte di
un meccanismo senza cervello. – Sembra che operi ancora secondo la vecchia tabella per la stesura delle mappe. Forse, con tutta la confusione che c'è stata, nessuno lo ha informato che stiamo andando verso Organia. – È da escludere – dichiarò Kirk. – Ho inserito personalmente quell'ordine, e qualcuno deve averlo annullato. Signor Spock, chiedete al computer chi è stato. Il primo ufficiale... in quel momento era in servizio Spock Due... si girò verso la consolle. – Il computer riferisce che sono stato io, capitano, com'è logico – aggiunse poi. – Tuttavia, lo nego... e nutro il forte sospetto che la mia controparte farà altrettanto. – Cancellate l'ordine e badate che rimanga annullato. Signor Sulu, riportateci immediatamente a velocità di curvatura. – Ci siamo già, capitano. – Ci sono dei difetti nel funzionamento del computer, signor Spock? – No, capitano, è tutto in ordine. Non c'è dubbio che sia stato uno di noi due a impartire queste istruzioni; tuttavia, se si considera che una simile linea d'azione prevede forti rischi d'individuazione da parte dei Klingon e non offre alcun vantaggio che li compensi, l'ordine può essere stato impartito solo perché l'individuazione era proprio ciò in cui si sperava. Ed è per questo, che ritengo che anche la mia controparte negherà di aver inserito quel comando. – L'argomentazione si applica in ugual misura anche a voi – rilevò Kirk. – Ne sono consapevole, ma sfortunatamente non esiste un'altra spiegazione logica. – Suppongo che l'emissione dell'ordine non sia accompagnata dalla registrazione dell'ora in cui è stata effettuata. – No, il che avvalora l'ipotesi che chi lo ha impartito volesse rimanere ignoto. Kirk rifletté per un momento. – Tenente Uhura, ci sono indizi che lascino supporre che siamo stati avvistati? – Credo di sì, capitano. Se l'oggetto ha puntato i sensori su di noi, la loro emissione è troppo debole perché io possa registrarla, ma è passato nel subspazio subito dopo di noi, quindi non può essere un oggetto naturale e sussiste il dubbio che ci stia seguendo... anche se a una distanza molto rispettosa. – Signor Sulu, eseguite alcune semplici e vistose manovre evasive e controllate se siamo seguiti. In caso positivo, seminate quell'oggetto oppure, se non ci riuscite, distanziatelo. Non può avere tanta energia da star dietro alla nostra velocità.
– Lo seminerò – promise allegramente Sulu. – Signor Spock, siete sospeso dal servizio e il signor Sulu assumerà temporaneamente la carica di primo ufficiale. Tenente Uhura, avvertite tutti gli interessati che, a partire da ora e fino a ulteriore notificazione, qualsiasi ordine impartito da uno dei due Spock non ha alcuna autorità su questa nave. Stiamo procedendo verso Organia, come prima, e il programma di carteggiamento è sospeso finché non lo dirò io. Qualche domanda? Non ce ne furono. – Signor Spock, contattate la vostra controparte e avvertitela che gli faremo visita entrambi, nel vostro alloggio. Nell'interesse dell'armonia della nave, ho cercato di evitare un simile confronto, ma uno di voi due mi ha messo con le spalle al muro... me e se stesso. Kirk non era più entrato nell'alloggio del primo ufficiale dall'epoca del fallito matrimonio di Spock su Vulcano... quel doloroso incidente, a cui il capitano aveva indirettamente accennato nel suo primo colloquio con Spock Uno, e nel corso del quale uno Spock impazzito aveva fatto di tutto per ucciderlo. Quell'alloggio era molto simile al suo, come arredamento, ma molto più austero; le poche decorazioni presenti erano soprattutto alcuni esemplari di armi da taglio, di vaga e ingannevole forma orientaleggiante, che ricordarono a Kirk come la cultura a cui Spock apparteneva da parte di padre fosse stata, un tempo, tanto bellicosa e militaresca quanto ora era razionalistica e pacifista. Non rimase sorpreso nel notare che l'alloggio non tradiva alcun segno di essere stato occupato da due persone, ma ora in esso vi erano due Spock, che si fissavano a vicenda con fredda e palese ostilità. Finalmente la lotta era scoppiata apertamente, e forse era meglio così. – Signori, uno di voi due ha agito con atipica stupidità – esordì Kirk – e se riuscissi a scoprire di chi si tratta, lo butterei fuori dal portello stagno di emergenza, in mutande. Per quanto mi riguarda, mettere in pericolo l'Enterprise per puro capriccio è un reato grave quanto la violazione dell'Ordine Generale Uno... come entrambi sapete molto bene. Di conseguenza, da questo momento sono in guerra aperta con uno di voi, e tutti e due soffrirete di questo stato di cose. Spock Uno, avete modificato l'ordine di rotta da me inserito nel computer? – Certamente no, capitano. – Era solo una domanda di routine. Molto bene, siete entrambi sospesi dal servizio, e spero che vi divertirete a dividere lo stesso alloggio, senza niente da fare, e cercando di tenervi uno a distanza dall'altro. Per il
momento, non ho motivi che mi inducano a desiderare di provocare a uno di voi disagi particolari, se capite cosa intendo, ma in cambio voglio la vostra opinione. Spock Uno, convenite con me che chiunque ha indotto il computer a far uscire la nave dalla velocità di curvatura, voleva che l'Enterprise fosse avvistata dai Klingon? – Mi sembra l'unica possibile conclusione – rispose Spock Uno. – Motivo di quest'azione? – Posso solo avanzare supposizioni, capitano. È concepibile che lo Spock originale abbia dopo tutto raggiunto Organia e l'abbia trovato occupato dai Klingon... o sia stato in qualche altro modo da essi intercettato... e che insieme a lui sia stato mandato un duplicato che è in effetti un agente klingoniano. Il fatto che nella mente dell'originale non esista traccia di questo, o alcuna prova di manipolazione, non è rilevante. Qui, stiamo affrontando forze del tutto nuove e ignote, come appare dalla perplessità del signor Scott. – È un'ipotesi che non può essere scartata – convenne Kirk – e che offre una spiegazione per quanto è accaduto al computer. Spock Due, qualche commento? – Una parola soltanto, se posso, capitano. Questa parola è: assurdo. – Perché? – Perché questo ragionamento richiede troppe supposizioni ad hoc. Guglielmo di Occam, uno dei pionieri terrestri della metodologia scientifica, ha stabilito che non si devono moltiplicare le entità logiche senza un motivo valido. Questo principio è ora chiamato Legge della Parsimonia. – Che tradotto in parole povere significa che la spiegazione più semplice, che calzi a tutti i fatti, è quella da preferire – aggiunse Kirk. – Voi ne avete una più semplice? – Ritengo di sì – rispose Spock Due. – Non esistono prove che lo Spock originale sia mai stato trasportato in nessun luogo. È molto più semplice supporre che quanto vediamo sia ciò che è accaduto: qualcosa non ha funzionato nel nuovo programma, che ha materializzato un'immagine speculare. Se questo è vero, l'effetto dovrebbe coinvolgere i livelli più profondi del sistema nervoso del duplicato, producendo anche un'inversione della personalità... il che spiegherebbe anche da dove sia venuta la riscontrata simpatia per i Klingon. – Spock Uno, cos'avete da dire in proposito? – Quest'ipotesi ha la virtù della semplicità – ribatté, freddo, l'altro primo ufficiale – e come tale è da preferire. Ma il Rasoio di Occam è solo una
teoria umana, non una legge naturale, e quest'idea della copia speculare è anch'essa una supposizione non suffragata da prove di sorta. – Lo concedo – convenne Spock Due. – Vorrei però sottolineare, capitano, che per quanto ciascuna di queste ipotesi escluda l'altra, entrambe suggeriscono la stessa linea d'azione: l'immediata distruzione del duplicato. – Ammesso che non siano errate entrambe – aggiunse Spock Uno. – O ammesso che lo sia una delle due – ribatté Kirk. – Comunque, io continuo a trovarmi di fronte allo stesso interrogativo: qual è il duplicato! Nessuno dei due Spock rispose... e, comunque, lui non avrebbe affatto creduto alle loro parole. CAPITOLO V D'ALTRO CANTO... Diario del Capitano, Data Astrale 4020.8: Ho vietato a ciascuno Spock di emettere ordini, fino a quando la questione dell'identità non sia stata risolta... ammesso che lo sia mai... anche se in pratica questo mi lascia senza primo ufficiale. Tale soluzione temporanea è però tutt'altro che soddisfacente, perché uno Spock uscito di senno potrebbe provocare ogni sorta di danno, anche privato di autorità. Non ho comunque alcun mezzo per prevenire una simile eventualità, tranne quella di rinchiuderli entrambi in cella, misura che non posso adottare senza solide motivazioni.
Nonostante gli sforzi di Sulu, operare senza il primo ufficiale era un lavoro estenuante, soprattutto a causa della tensione aggiunta dalla sorveglianza da parte dei Klingon... Il timoniere era riuscito a seminare la piccola nave esplorativa che tallonava l'Enterprise, ma ormai i Klingon sapevano di sicuro della loro presenza in quella zona e li avrebbero cercati con tenacia ed efficienza. Una volta finito il suo turno, Kirk si recò in infermeria, prima di andare nel suo alloggio. – Un suggerimento avanzato da Spock Due continua a tormentarmi – disse a McCoy. – Se il duplicato è davvero un'immagine speculare, questo non apparirebbe con la fluoroscopia o con un esame ai raggi X? Il cuore girato dalla parte sbagliata, l'appendice a sinistra, o qualcosa del genere? – Temo di no, Jim. Da un punto di vista anatomico, i Vulcaniani hanno una perfetta simmetria bilaterale... e sono privi di appendice. Ovviamente, Spock è per metà umano, ma la sola influenza di tale fattore su questo particolare campo è che è destrorso.
– Ci avevo pensato, ma è ovvio che questo è venuto in mente anche al duplicato. Se è mancino, riesce a fingere molto bene. – Comunque, teniamo gli occhi aperti. La tendenza a essere destri o mancini ha basi psicologiche molto profonde... e presto o tardi farà un errore. – Spock? State scherzando! – Forse avete ragione – ammise, cupo, McCoy. – Convengo, comunque, che la sorveglianza può essere l'unica soluzione, soprattutto se effettuata dallo psicologo di bordo, vale a dire da voi, Bones. Se ci troviamo di fronte a una totale inversione della personalità, nel duplicato dev'esserci qualcosa in contrasto con la natura di Spock, e se stiamo molto attenti lo noteremo. – Qualche suggerimento? – Dovremo andare a intuito. Per esempio, vi dirò in via del tutto privata che nutro forti sospetti sul conto di Spock Due. La pressione emotiva che sta esercitando su di me per indurmi a distruggere il duplicato è atipica, mentre l'approccio cauto sostenuto da Spock Uno mi sembra più consono all'originale. Peraltro, non è un indizio sufficiente. Dobbiamo trovare un test. – Facile – commentò, asciutto, McCoy. – Ordinate al sottufficiale Rand di baciarli tutti e due e sparate a quello che reagisce. – È quello che farò, se non troviamo niente di meglio. Sono terribilmente serio, Bones. – Lo so, Jim, e terrò gli occhi spalancati, ma controllare quel computer umano era già difficile prima, in condizioni normali; doverne sorvegliare due, e in stato d'allarme, sarà un vero problema. Kirk se ne andò, momentaneamente soddisfatto. McCoy avrebbe seguito il suo suggerimento, nonostante il suo atteggiamento sarcastico, a cui non poteva rinunciare più di quanto potesse rinunciare a respirare. Dopo il turno del giorno successivo... privo di eventi ma snervante... Kirk si recò nella sezione motori, ma il rapporto di Scott non fu più incoraggiante di quello del chirurgo. – Ho spedito parecchi oggetti inanimati lungo le coordinate di Organia, capitano, e ho ricavato una notevole collezione di duplicati mathom, che però non ci rivelano nulla che già non sapessimo. – Cos'è un mathom? – Un oggetto inutile, purtroppo. Le cose materiali si duplicano al rovescio, quindi possiamo ritenere confermata quell'ipotesi, ma non so come questo ci possa aiutare. Avete pensato a controllare i due Spock per
vedere dove portassero i gradi? – Sì, ma non abbastanza presto... non subito dopo la duplicazione e, a questo punto, il duplicato avrà già avuto la stessa idea e provveduto. – Adesso trasferirò un animale da laboratorio e consegnerò il duplicato al dottore perché ci si diverta, anche se non avrà molte indagini da fare per quanto riguarda l'inversione della personalità. Se è un coniglio, magari gli darà un morso. Ma il giorno successivo, ogni speranza di eseguire un programma di sperimentazione divenne accademica... e impossibile a realizzarsi. Quando prese servizio, Kirk trovò Spock Due ad attenderlo sul ponte, con sua sorpresa e preoccupazione. – Capitano – disse subito il vulcaniano – non ho impartito ordini e non mi troverei affatto qui se non fosse per la gravità della situazione. Devo tuttavia riferire che l'entità da voi denominata Spock Uno, si è barricata nel laboratorio del dottor McCoy e si rifiuta di uscirne, se non avrà la certezza che io sono stato distrutto e la garanzia di avere salva la vita. L'atmosfera sul ponte era come quella di una camera elettrostatica. – Conferma! – ingiunse Kirk al computer. – Confermato – rispose la macchina. Il capitano lanciò un'occhiata a Uhura. – Tenente, chiedete al dottor McCoy di venire qui. Signor Spock, se foste in lui... in Spock Uno... cosa pensereste di ottenere, in questo modo? A parte il tentativo di forzarmi la mano per quanto riguarda le richieste avanzate? – Sussistono parecchie possibilità, capitano, e il semplice sconvolgimento della routine di bordo rientra fra queste, come anche il tentativo di provocare una crisi di lealtà fra gli altri ufficiali subordinati, o di isolarsi, in modo da stabilire qualche forma di comunicazione con i Klingon. – Al suo posto, voi riuscireste a effettuare tale comunicazione? – Sì, in svariati modi. – Alzate gli schermi deflettori, signor Sulu. – Sono già alzati, capitano – assicurò il navigatore, con infaticabile allegria. McCoy arrivò in quello stesso momento. – Dottore, nel vostro laboratorio, c'è qualcosa che Spock Uno potrebbe modificare al fine di danneggiare la nave... o il suo personale? – Ci sono molte cose, forse più di quante io ne possa immaginare. Dopo tutto, lui è l'ufficiale scientifico di bordo... o un suo facsimile abbastanza accurato. – E questo basterebbe a giustificarci, se ci aprissimo un varco con i
faser? – Temo di no. Là dentro ci sono molte apparecchiature, insostituibili nelle attuali circostanze, per non parlare dell'assortimento di reagenti e medicinali. Se lui opponesse troppa resistenza, buona parte delle attrezzature potrebbe essere danneggiata o distrutta... oppure lui ci potrebbe ricattare minacciando di rovinarle personalmente. E poi, Jim, dovete considerare che forse sta facendo solo quello che asserisce, e cioè sta proteggendo la sua vita. Perché non aspettiamo e vediamo cosa succede? – Posso commentare, capitano? – chiese Spock Due, e Kirk annuì. – I rischi presentati da una simile condotta sono enormi. Certo questa mossa... che è in aperta violazione con gli ordini che mi avete impartito... dimostra che il duplicato è lui, e non io. Lasciarlo tranquillo, significherebbe invitare qui a bordo un ufficiale scientifico klingoniano altamente qualificato, fornendogli tutti i materiali e gli attrezzi ingegneristici possibili e incitandolo a fare del suo peggio. – Avete un'alta opinione di voi stesso, vero? – interloquì McCoy. – Se dubitate che io sia altamente qualificato, dottore, vi suggerisco di chiedere al computer il mio curriculum. – Smettetela, tutti e due – ordinò Kirk. – Questo non è il momento di battibeccare. Inoltre, signor Spock, voglio che teniate bene in mente che non considero ancora risolto nulla. Nutro forti sospetti nei confronti di entrambi, e gli unici rischi che sono disposto a correre sono quelli che vi possono mantenere in vita tutti e due. Dannazione, ma non capite che state insistendo perché io distrugga qualcuno che potrebbe essere un mio amico... e anche il miglior primo ufficiale della Flotta? Se non lo capite, allora è chiaro che voi non potete essere lo Spock originale! – Lo capisco, naturalmente – replicò Spock Due – ma è mio dovere esporre quelli che ritengo essere i fatti. – Questo è vero – convenne il capitano, addolcito. – Tuttavia, per il momento lasceremo questo pasticcio così com'è, e nel frattempo voglio che voi tutti ricordiate che stiamo cercando di schivare la flotta klingoniana e di arrivare a Organia... tattica che costituisce la nostra principale speranza di sopravvivenza, oltre a essere utile anche per la Federazione. – Forse non faremo in tempo, capitano – lo avvertì il tenente Uhura. – Ho appena intercettato una trasmissione subspaziale generale dei Klingon, che sostengono di aver inflitto una schiacciante sconfitta alla Flotta della Federazione nell'area della Grande Nebulosa di Orione. È una zona
spaventosamente vicina alla Terra. – È qualcosa di più – osservò Spock Due. – Si tratta di un settore che i Klingon definiscono Spazio dei Nuovi Soli, perché vi stanno nascendo stelle di quarta generazione. – E perché questo sarebbe importante? – chiese Kirk. – Perché il processo richiede ancora milioni di anni per completarsi, capitano. Significa che i Klingon sono tanto sicuri di vincere la guerra da essere disposti a sacrificare uomini e navi per conquistare sistemi solari che per ora non esistono neppure. E potrebbero avere ragione. CAPITOLO VI NESSUNO IN CASA Diario del Capitano, Data Astrale 4150.0: Ci troviamo nello spazio klingoniano ormai da tre mesi e non siamo ancora stati scoperti, anche se abbiamo intercettato trasmissioni di navi nemiche che ci stavano cercando. Di conseguenza, ho proibito qualsiasi attacco a sorpresa contro basi avversarie fino a quando e a meno che la situazione su Organia non risulti essere senza rimedio, perché tali scorrerie servirebbero ai Klingon per prevedere la nostra rotta. Il computer ritiene altamente probabile la teoria elaborata da Spock Due in merito agli strani luoghi in cui le navi klingoniane fanno la loro comparsa, ma non abbiamo ancora trovato il modo di trasmettere le sue conclusioni al Comando di Flotta. Il comportamento di Spock Due è stato peraltro impeccabile, ma del resto anche Spock Uno si è dimostrato altrettanto inoffensivo, pur rifiutandosi di venire fuori da dove si è rintanato.
Dopo tre mesi, sul ponte si era formata una falsa atmosfera di routine, come se fosse stato perfettamente normale avere uno Spock alla consolle scientifica e un altro che consumava i pasti dietro una barricata, nel laboratorio di McCoy. (Un tentativo di prenderlo per fame si era concluso in un fallimento; Spock Uno aveva subito dichiarato di aver cominciato ad alimentarsi con dosi di ferro, prelevate dalle provviste mediche di McCoy... una dieta che avrebbe provocato una dozzina di malattie da carenze alimentari in qualsiasi umano, ma che poteva sostenere a tempo indefinito la sua costituzione per metà vulcaniana. Kirk era contento del fatto che i suoi capi di sezione si fossero adattati alla situazione; questa era un'altra dimostrazione della loro affidabilità... anche se a questo punto non ne aveva bisogno... senza contare che nessuno poteva permettersi di essere turbato o distratto nelle attuali circostanze. McCoy e Scott, naturalmente, continuavano con cocciutaggine a lavorare
al problema della duplicazione ogni volta che ne avevano l'opportunità; avevano però scoperto solo un altro indizio: tutti gli animali da laboratorio che Scott aveva "inviato" a imitazione del disastroso viaggio di Spock erano anch'essi "tornati" con un duplicato, ma questo duplicato era morto dopo pochi giorni. Il medico non riusciva a trovare il motivo di quei decessi, ma se anche l'avesse individuato, sembrava improbabile che la spiegazione potesse rivelarsi utile, dato che non poteva ovviamente applicarsi allo Spock fasullo (quale che fosse), che era vivo e vegeto. Anche questo, come tutti gli indizi, non sembrava portare a nessuna conclusione particolare. La tensione cominciò tuttavia ad aumentare di nuovo, in maniera graduale a mano a mano che l'Enterprise si avvicinò a 11872 dy per 85746 K, il punto arbitrario di spazio-tempo in cui la nave avrebbe dovuto lasciare la velocità di curvatura per cercare Organia... e qualcosa di assolutamente sconosciuto. – Fino a ora – disse Kirk agli ufficiali che dividevano il suo turno di guardia – non abbiamo motivo di supporre che i Klingon sospettino che ci troviamo da queste parti, ma non correremo rischi. Signor Sulu, voglio che colleghiate i faser di bordo con i sensori del tenente Uhura in modo che, se dovessimo contattare qualcosa nell'istante in cui usciamo dal subspazio, otterremo un'esplosione nelle vicinanze dell'oggetto in questione, un nanosecondo più tardi. In questo modo, esiste la tenue possibilità di distruggere una nave amica, ma credo che tale eventualità possa essere scartata, in questo settore. Le mani di Sulu volarono sulla tastiera, mentre Uhura studiava la sua consolle come un gatto fa con il topo, premendo di tanto in tanto qualche pulsante per collegare i circuiti dei sensori a quelli per la navigazione. I segnali relativi ai faser si accesero, uno dopo l'altro, a mano a mano che le massicce e letali armi venivano preparate. – Tutto pronto, capitano – comunicò Sulu. – Qual è il nostro tempo di uscita? – Quattordici trentacinque venti. – Tenente Uhura, quanto vi occorrerà per una ricerca preliminare di Organia? – Posso ottenere un atlante sferico completo dei cieli, in dieci secondi, capitano. – Molto bene. Signor Sulu, dateci dieci secondi nello spazio normale, poi inserite una rotta di quarantotto punto zero-sei-nove a curvatura uno. Meglio inserire questi dati nel computer, signor Spock. Spock Due annuì, ma Sulu chiese: – Non sarebbe più facile utilizzare la
mia consolle? – Useremo entrambi i sistemi, come misura di sicurezza. – Volete un conto alla rovescia, capitano? – Non ne vedo il motivo, dato che siamo in automatico. Creerebbe solo un'inutile tensione. Continuare così e tenersi pronti. I minuti sgocciolarono, lenti, poi l'Enterprise si trovò nello spazio normale, con l'usuale immediatezza di trapasso. E, con pari immediatezza, tutto il resto si rivelò anormale. Anche se non avrebbe saputo spiegare in che modo la percepisse, Kirk avvertì la presenza di un'enorme voragine, di una ferita, di un vortice nel tessuto stesso dello spazio-tempo. Era come se qualche forza inimmaginabile avesse lacerato la sottostante struttura metrica dell'universo, lasciandosi alle spalle il Nulla più assoluto e completo, il vuoto estremo che aveva preceduto perfino la creazione del Caos. E l'Enterprise vi stava precipitando dentro. Fu una sensazione di orrore puro. Anche se quei dieci secondi parvero estendersi fino a diventare ore, Kirk rimase completamente paralizzato, e intorno a lui i suoi compagni s'immobilizzarono, rigidi come statue. Poi il fenomeno svanì, quasi come se non fosse mai esistito: l'Enterprise era tornata in velocità di curvatura. Suonò il segnale proveniente dalla sezione ingegneria. – Per tutte le dannate fiamme azzurre, cos'era quello? – Non lo so, Scotty. State calmo fino a quando ci avremo capito qualcosa e vi avrò messo al corrente. Presumo che la sensazione sia stata comune anche al resto dell'equipaggio, vero? Seguì un breve silenzio. – Sì, signore. – Signor Sulu, siamo sulla nuova rotta? – Sì, signore – rispose il timoniere, con le labbra sbiancate. – Avete preso le immagini che vi servivano, tenente? Bene, diamo loro un'occhiata. E contattiamo Spock Uno... ho la sensazione che avremo bisogno di tutta l'intelligenza di cui disponiamo, per risolvere questo problema. Le stelle distorte del subspazio svanirono e vennero rimpiazzate da una distesa stellata dall'aspetto normale, al cui centro spiccava però un oggetto sferico e sfuocato che emetteva un tenue bagliore argentato. – Quello – spiegò Uhura – occupa le coordinate di Organia ma, a meno che la memoria non mi stia giocando qualche brutto tiro, non somiglia affatto alle immagini di quel pianeta, da noi registrate durante l'ultima visita qui. Organia ha una superficie dalle caratteristiche spiccate, ed è un
pianeta di Classe M, mentre quello, nel caso somigli a qualcosa, ricorda un gigante gassoso. – A cui si aggiunge il fatto – continuò Kirk – che noi eravamo diretti proprio lì, quando siamo usciti dalla velocità di curvatura, e invece la mia impressione mentale ed emotiva è stata che laggiù non ci fosse assolutamente nulla... con la parola NULLA scritta con grosse e tremolanti lettere maiuscole. C'è qualcuno che ha riportato una sensazione diversa? Tutti i presenti scossero il capo. – Capitano – disse Spock Due – sappiamo che gli Organiani sono maestri nell'usare l'ipnotismo, e che sanno anche manipolare altri tipi di energia con enorme abilità. Sono perfettamente in grado di conferire al loro pianeta l'aspetto che preferiscono, anche visto attraverso una telecamera. – In dieci secondi? – ribatté Kirk. – Sono pronto ad ammettere che l'effetto emotivo può essere determinato da qualche emanazione mentale generale, ma dubito che perfino gli Organiani possano saltare a bordo di un'astronave e manipolarne i circuiti visivi con tanta precisione e con un preavviso così breve. – E poi – aggiunse Uhura – le mie telecamere non sono modelli standard. Le ho modificate parecchio, di tanto in tanto. Per conoscere i loro circuiti abbastanza bene da alterarli, avrebbero dovuto leggere nella mia mente, o prelevare dal computer i diagrammi con le modifiche. – La portata massima delle loro capacità è ancora sconosciuta – sottolineò Spock Due. – Su questo non discuto – rispose Kirk. – Ma perché dovrebbero dare a noi un'impressione e trasmetterne una del tutto diversa alle telecamere? Potrebbero volerci far credere che Organia non ci sia più... o che abbia subito una drastica trasformazione... ma perché tutt'e due le cose insieme? Sanno che una simile contraddizione susciterebbe la nostra curiosità, anche se entrambe le illusioni, prese singolarmente, sembrano progettate al fine di scoraggiare ogni indagine. Questo pare indicare che i dati forniti dalla telecamera non siano opera degli Organiani, e che le immagini da noi viste mostrino la situazione reale... quale che sia. – Se è così – replicò Spock Due – è economico, da un punto di vista logico, supporre che i due fenomeni abbiano una spiegazione comune, e cioè che gli Organiani abbiano circondato il loro pianeta con una specie di schermo energetico che le telecamere hanno ripreso e di cui noi abbiamo avvertito gli effetti. – Sembra ragionevole – ammise il capitano – ma se è vero, costituisce un notevole ostacolo alla realizzazione del nostro piano originale. Per
usare un eufemismo, ho la netta sensazione che gli Organiani non desiderino ricevere visite. E se decidessimo di scendere comunque sul pianeta, sono certo che non resisteremmo per più di un minuto alla pressione di quel campo. C'è qualche volontario che pensa invece di riuscirci? Nessuno si offrì. – Spock Uno – chiamò, infine, Kirk – fino a ora non abbiamo sentito alcun parere da voi. Avete qualche idea in merito al problema? – Sì, capitano – rispose la voce dell'altro Spock, dall'intercom. – Sebbene io non abbia visto le immagini in questione, la vostra discussione è stata abbastanza esauriente da permettermi di azzardare un'ipotesi. Sembra evidente che siete tutti sulla pista sbagliata, e in effetti la risposta è molto semplice, anche se tutt'altro che ovvia. – D'accordo, qual è? Avanti, vuotate il sacco. – Solo a patto che mi vengano concesse le garanzie che ho chiesto, capitano. – Questo è un ricatto – avvertì Kirk, cupo. – Il termine è esatto, quindi non mi offende, né mi distoglie dal mio intento. – E la sicurezza della nave? – La mia analisi della situazione mi porta a concludere che la presenza del duplicato del primo ufficiale costituisce per la nave un pericolo molto maggiore dell'inaccessibilità di Organia. Di conseguenza, insisto perché vengano accettate le mie condizioni. Kirk si girò con rabbia verso l'immagine del primo ufficiale presente sul ponte. – Spock Due, avete qualche idea di dove voglia andare a parare? – Assolutamente nessuna, mi rincresce ammetterlo. Come avevo predetto fin dall'inizio, i nostri processi di pensiero si stanno differenziando sempre di più. In base ai dati disponibili, io ritengo che la vostra attuale concezione della situazione organiana sia quella esatta, anche se necessariamente incompleta. Kirk pensò che questo, per quanto rassicurante, in effetti non gli era di alcun aiuto. Se Spock Uno possedeva davvero la risposta esatta, sarebbe forse valsa la pena di accettare le sue condizioni (cos'era che Shylock continuava a ripetere nel Mercante di Venezia? "Avrò il mio pegno!") pur di ottenerla... cosa a cui Spock Due si sarebbe opposto, per proteggere la propria vita, specialmente se era lui il duplicato. Ma se, invece, il duplicato era Spock Uno, allora poteva affermare di essere in possesso della soluzione solo per ottenere la distruzione dell'originale. Se poi la sua
risposta si fosse rivelata errata, avrebbe sempre potuto affermare di non aver avuto dati sufficienti, e del resto Kirk non aveva mai preteso che il primo ufficiale fosse infallibile, per quanto Spock detestasse scoprire di aver commesso un errore. – Procederemo basandoci sulla nostra prima supposizione – decise infine Kirk. – Così facendo, l'unica speranza di recuperare, almeno in parte il nostro piano originale, consiste nell'oltrepassare lo schermo, proteggendoci dai suoi effetti o neutralizzandoli del tutto. Passerò questa piccola gemma al signor Scott, ma lui avrà bisogno di dati dettagliati da parte dei sensori il che, mi dispiace dirlo, significa un altro passaggio attraverso il settore a velocità a impulso. Ecco gli ordini: "Tenente Uhura, chiedete al signor Scott quale tipo di lettura sensoriale gli sarà più utile, e quale sia il tempo minimo per ottenere i dati necessari; dopo che il signor Sulu avrà programmato il piano di volo per un nuovo passaggio, accertatevi che tutto l'equipaggio sia avvertito di aspettarsi un altro shock emotivo, e di quanto durerà il fenomeno. "Spock Due, fate stampare al computer ogni informazione in suo possesso, in merito a qualsiasi tipo di schermo, anche solo vagamente simile a questo... e consegnate i risultati al signor Scott. – Si alzò in piedi stancamente. – Vado in sala ricreativa a mangiare qualcosa. Se non sarò tornato per il momento d'inizio dell'operazione, chiamatemi. Tutte le altre disposizioni rimangono invariate. – State commettendo un grave errore, capitano – ammonì la voce di Spock Uno. – Non mi avete lasciato altra scelta, signor Spock. Tutto il personale, pronto a eseguire gli ordini! Kirk era più o meno preparato all'impatto con il terrore, quando giunse il momento della successiva uscita dal subspazio, ma questo non gli servì a molto. In effetti, la seconda esperienza fu peggiore della prima, perché più prolungata... Scotty aveva insistito per un passaggio di quarantacinque interminabili secondi, durante i quali l'Enterprise e il suo equipaggio parvero precipitare direttamente nell'inferno. Negli ultimi dieci secondi, poi, su un lato della nave scoppiò un lampo di un bianco accecante... l'esplosione provocata poco lontano da uno dei faser di bordo. Tre secondi più tardi ce ne fu un'altra. – Accidenti, Sulu! – gridò Uhura. – Questo posto pullula di Klingon!
CAPITOLO VII L'ATTACCO Diario del Capitano, Data Astrale 4181.6: A quanto pare, sei navi da battaglia klingoniane ci hanno individuati durante il secondo passaggio vicino a Organia... o al luogo dove Organia dovrebbe essere situata. Se, come ritengo quasi certo, quelle navi si trovavano già nelle vicinanze durante la nostra prima uscita dal subspazio, solo la rapidità del nostro rientro ci ha salvati dall'essere subito scoperti. È possibile, ovviamente, che la nostra presenza sarebbe passata inosservata anche la seconda volta, se non fosse stato per il fuoco automatico dei faser, a seconda che il contingente klingoniano fosse qui di guarnigione o per tenderci un'imboscata. Qualora si sia trattato della seconda ipotesi, allora il fuoco automatico ci ha fatto un favore, perché i nostri tiri devono aver danneggiato almeno due avversari, visto che solo quattro ci stanno seguendo a velocità di curvatura. Con un altro nemico, mi sarei aspettato che qualcuno rimanesse indietro di riserva, ma nessun Klingon rinuncerebbe a uno scontro, a meno di essere fisicamente impedito in un modo o nell'altro.
La maggior parte delle battaglie che si svolgono nello spazio, finiscono nell'istante stesso in cui iniziano... com'era accaduto ai due vascelli klingoniani presi di sorpresa... oppure si protraggono a lungo, a causa delle distanze enormi. (Il primo paragrafo de Fondamenti degli Scontri Navali dell'Accademia della Flotta Stellare, dice: "Il principale ostacolo di fronte al quale si trova un capitano di astronave che desideri attaccare battaglia, è che questo è quasi impossibile") Sotto ogni aspetto, questo scontro sembrava destinato a durare in eterno. Nessuna delle quattro navi klingoniane superstiti era grande quanto la preda in fuga, che aveva faser di portata superiore con cui tenere il nemico a distanza e schermi deflettori capaci di deviare i siluri avversari. In breve, si era a un punto morto. Kirk sapeva, però, per esperienza che questo non equivaleva a una situazione di stallo; i messaggi codificati emessi in continuazione dalle radio subspaziali delle piccole navi klingoniane... tre sembravano corvette e la quarta, un po' più grande, era forse un incrociatore... erano ovvie richieste di rinforzi. D'altro canto, non vi era più motivo che l'Enterprise mantenesse a sua volta il silenzio radio. – Informate il Comando di Flotta della nostra situazione – ordinò Kirk al tenente Uhura. – Includete una descrizione della situazione di Organia e un ologramma dell'immagine migliore dell'orbita del pianeta. Avvertite che siamo attaccati e chiedete istruzioni. Poi, con un messaggio separato, trasmettete le conclusioni raggiunte da Spock Due, riguardo all'attuale
strategia dei Klingon. Terzo, inviate una comunicazione urgente al Consiglio Scientifico Consultivo, esponendo la sovrabbondanza di Spock che abbiamo a bordo e spiegando come questo sia accaduto... con particolari precisi forniti dal signor Scott... e chiedete un'analisi e qualche suggerimento. A proposito, a quando risale il nostro codice più recente? – A un anno circa, capitano. – Ormai i Klingon lo avranno decifrato in sei modi diversi. Bene, dovremo impiegare quello, ma usate lo swaili come chiave e chiedete che mandino le risposte nello stesso modo. Questo dovrebbe mettere in difficoltà i Klingon. – Certamente – sogghignò Uhura. – Ma anche lo swaili moderno manca di alcuni dei termini tecnici di Scotty, capitano. Ogni lingua terrestre ha acquisito vocaboli indoeuropei... e i Klingon potrebbero dedurre il resto del messaggio partendo da essi. – Dannazione! Lasciando fuori i dettagli tecnici ci troveremo di nuovo abbandonati a noi stessi, e non posso dire che finora ce la siamo cavata molto bene. – C'è un'alternativa, capitano, anche se rischiosa: potremmo tradurre la chiave in eurish. – Cos'è? Non ne ho mai sentito parlare. – Si tratta di un linguaggio sintetico che James Joyce ha inventato per il suo ultimo romanzo, più di duecento anni fa. Contiene quaranta o cinquanta altri linguaggi, comprese le loro forme dialettali. Solo un terrestre potrebbe capirci qualcosa, e ci saranno al massimo duecento persone capaci di parlarlo correntemente. Esiste, comunque, il rischio che il Comando di Flotta impieghi parecchio tempo a trovare un esperto per decifrare il messaggio... ammesso che scoprano di che lingua si tratta. Ancora una volta, Kirk si rese conto che essere un ufficiale addetto alle comunicazioni, richiedeva cognizioni in molti altri campi oltre che nel funzionamento della radio subspaziale. – I termini tecnici sono traducibili? – Certo. Conoscete quella particella elementare chiamata quark: ebbene, si tratta di una parola di eurish. Joyce aveva predetto la fissione nucleare, nel romanzo a cui alludo. Non posso citarlo con precisione, ma dice più o meno così: "The abnihilisation of the etym expolodotonates through Parsuralia with an ivanmorinthorrorumble fragoromboassity amidwhiches general uttermost confussion are perceivable moletons skaping with molicules". C'è dell'altro, ma non riesco a ricordarlo... è passato molto tempo dall'ultima volta che ho letto quel libro. – E più che sufficiente – si affrettò a dire Kirk. – Procedete pure... a
patto che siate certa di riuscire a decifrare la risposta. – Nessuno ha mai la certezza assoluta di cosa significhi l'eurish, ma è probabile che io lo legga meglio di quanto farebbero i Klingon. Per loro, sono suoni senza significato. E non solo per loro, pensò Kirk. Comunque, per il momento poteva accantonare quel problema, anche se rimaneva ancora quello delle navi nemiche che tallonavano l'Enterprise. Seminare un campo minato sulla scia della nave sarebbe stato inutile, perché i vascelli inseguitori erano certamente muniti di deflettori e perché le mine, essendo troppo piccole per portare generatori di curvatura, sarebbero semplicemente cadute nello spazio normale, dove avrebbero costituito un rischio per la navigazione, in tempo di pace. Ma, un momento... – Signor Spock, confermatemi una cosa. Quando emettiamo un raggio deflettore, essendo in velocità di curvatura, il campo di curvatura scorre lungo il raggio fino al limite della sua area di superficie poi, teoricamente, si dissolve e noi ci ritroviamo nello spazio normale. Esatto, fin qui? – Sì, capitano. Un semplice effetto della legge dell'inverso dei quadrati. – Al contrario – proseguì Kirk – usare un raggio trattore mentre siamo in velocità di curvatura fa sì che il campo si contragga intorno al raggio, il che ci concede un po' di velocità in più, ma altera in maniera pericolosa la nostra direzione. – Spock Due annuì. – D'accordo, credo di avere le basi per un piccolo esperimento. Voglio piazzare una mina proprio sotto la prua di quell'incrociatore, usando contemporaneamente un raggio trattore e un raggio deflettore, e alimentando un po' di più il secondo. Nello stesso tempo, voglio che acceleriamo in modo tale da far decadere il nostro campo di curvatura, nel momento stesso in cui la mina esploderà. Inserite i parametri, compresa la supposta velocità dell'incrociatore e la velocità relativa, e studiate se il piano è attuabile. Spock Due si girò verso il computer e lavorò in silenzio per qualche minuto. – Sì, capitano – disse quindi – non è un'operazione matematica complessa, ma nella biblioteca di bordo non figura alcun precedente di un'astronave che sia sopravvissuta alla lacerazione del suo campo di curvatura da parte di un raggio deflettore, mentre era in moto. – E in caso di equilibrazione con un raggio trattore? – Non ci sono dati in merito. Secondo i miei calcoli, la tensione inflitta all'Enterprise sarebbe notevole, nel migliore dei casi. Sì, pensò Kirk, o forse tu non vuoi che l'incrociatore klingoniano venga danneggiato.
– Ci proveremo comunque. Signor Sulu, armate una mina e programmate l'operazione. Nel momento in cui torneremo nello spazio normale, dateci la massima accelerazione lungo la rotta attuale, con i motori a impulso. – Così – commentò Spock Due, con il tono più neutro posseduto dallo Spock originale – avremo alte probabilità di staccare la sezione di comando dalla sezione ingegneria. – Perché? È una manovra che abbiamo già eseguito in passato. – A causa della composizione del trauma dovuto alla penetrazione del campo di curvatura, capitano. – Correremo anche questo rischio. Nel caso che sia sfuggito alla vostra attenzione, ci troviamo nel bel mezzo di una battaglia. Tenente, avvertite il personale di aspettarsi uno shock. Tutti pronti a eseguire. Spock Due non avanzò altre obiezioni. In silenzio, Uhura richiamò sullo schermo principale un'immagine del settore in cui doveva essere tesa la trappola... ammesso che funzionasse. Nelle strane condizioni del subspazio, anche a distanza ravvicinata, l'incrociatore klingoniano sarebbe apparso come una massa distorta di tubi e di sporgenze e, lontano com'era, si presentava come una macchia tremolante. Sullo schermo apparve poi una densa massa irregolare e offuscata da frange d'interferenza, che era l'immagine più precisa che potevano avere della mina, trattenuta da due filamenti di luce pallida che puntavano in direzioni opposte e che erano il raggio deflettore e quello trattore (che sarebbero stati invisibili nello spazio normale). Quando la mina raggiunse la superficie interna del campo di curvatura, anch'esso divenne vagamente visibile, e un momento più tardi prese a sporgere verso il vascello klingoniano. L'impressione da esso data, di un mostruoso pallone che stesse per scoppiare, era allarmante. – Signor Sulu, i Klingon possono vedere quello che sta succedendo, o comunque rilevarlo? – Non lo so capitano. Vorrei non poterlo fare neppure io. – Tenente Uhura? – È possibile, capitano, considerato il grado di eccitazione raggiunto dal campo, ma forse non capiscono di cosa si tratti. Come la biblioteca, neppure io ho mai sentito parlare di un tentativo del genere, e forse lo stesso vale anche per loro. Però sono solo supposizioni. Il gonfiore nel campo di curvatura continuò a crescere, trasformandosi a poco a poco in un tozzo pseudopodo annaspante nel subspazio. Dall'Enterprise, si aveva l'impressione di guardare in uno stretto tunnel che
avesse i due raggi come asse. Dalle profondità della memoria giunse a Kirk il ricordo di una lezione di biologia, con l'immagine del lungo pungiglione trasparente di un radiolario, un microscopico animale marino, insensato e vorace, circondato di protoplasma. – Capitano – stridette l'intercom – qui sono già nei guai. I miei motori stanno muggendo, come una mucca che abbia fatto indigestione. – Tenete duro, signor Scott, il peggio deve ancora venire. La tozza proiezione divenne un dito, con la mina sulla punta, dall'aria innocua come un seme di laburnum, rimpicciolita dalla falsa oscurità del subspazio. Lo scafo dell'Enterprise si mise a gemere, sommessamente, e fu la prima volta da parecchi anni a quella parte che Kirk sentì la sua nave tradire segni di tensione strutturale tanto violenti da essere udibili. – Trenta secondi all'emersione – annunciò Spock Due. – La nave klingoniana sta scappando! – gridò Uhura. – Ha individuato qualcosa che non le va a genio, questo è certo, e si allontana a tutta forza. Se... La mina era abbastanza vicina? Non aveva importanza, tanto non si sarebbe mai accostata di più. – Fuoco, signor Sulu – ordinò Kirk. Un'immensa sfera di fuoco fiorì sullo schermo visore... poi svanì, quando l'Enterprise passò nello spazio normale. Un secondo più tardi, privata del supporto del campo di curvatura della nave, anche la sfera di fuoco riapparve. – Lo abbiamo preso! – gongolò Sulu. La palla fiammeggiante crebbe intollerabilmente, mentre la materia e l'antimateria presenti nei motori della nave klingoniana condannata scoppiavano e aggiungevano la loro violenza a quella delle esplosioni d'idrogeno provocate dalla mina. Lo schermo visore si affrettò a ridurre l'intensità luminosa, ma alla fine non riuscì più a reggere il bagliore e si disattivò. Nello stesso momento, l'Enterprise vibrò per l'ululato dei motori a impulso che fornivano una spinta massima, e un colossale scossone gettò a terra quanti erano sul ponte. La luce tremolò. – Ai propri posti! – esclamò Kirk, tornando alla poltrona di comando. – Capi di sezione, rapporto! La nave stava stridendo in tutte le sue parti con tanta violenza, che lui non avrebbe potuto sentire le risposte, anche se i capi di sezione avessero udito l'ordine. Comunque, una fuggevole occhiata alle consolle gli fornì le necessarie informazioni di base; il resto poteva aspettare, anche se non per
molto: L'Enterprise aveva resistito... a stento. Le tre corvette klingoniane superstiti avevano impiegato parecchi secondi a reagire alla distruzione dell'incrociatore che le comandava e alla scomparsa della preda. Adesso erano passate nello spazio normale, ma quei secondi d'inazione avevano portato il bersaglio a quasi un milione e mezzo di chilometri di distanza, e i lunghi archi distinti che i vascelli descrivevano ora nel tornare sui loro passi, tradivano cautela e perplessità... e, se Kirk conosceva bene i Klingon, una rabbia ottenebrante. L'Enterprise, tanto agile in velocità di curvatura, era un po' più impacciata con la propulsione a impulso, ma stava avanzando con coraggio, guadagnando terreno a ogni metro. Entro pochi minuti, sarebbe piombata in mezzo ai suoi precedenti inseguitori... – I Klingon stanno lanciando siluri, capitano – riferì Uhura. Pura, incontrollata disperazione. – Ignorateli. Signor Sulu, affrontate il nemico, e fate fuoco a volontà. Quando avrete finito con loro, non voglio vedere un singolo atomo ancora attaccato a un altro. – Sì, signore – rispose Sulu, con un sogghigno da lupo sul viso generalmente mite e allegro. Questa era l'opportunità che un ufficiale di artiglieria di un'astronave aspettava per tutta la vita, e lui la stava assaporando in pieno. Nell'acquistare velocità, la nave rispose meglio al timone; in quella situazione, non differiva molto da un clipper del diciannovesimo secolo, anche se il paragone crollava del tutto, quando era inserita la velocità di curvatura. E disponeva di una quantità enorme di energia da utilizzare... addirittura da sprecare... grazie ai motori a impulso. Apparentemente, i Klingon rimasero sconcertati nel vedersi aggrediti dalla nave della Federazione, ma il loro stupore non importava più. Le corvette non avrebbero potuto rimettersi in formazione in tempo, neppure se i loro comandanti avessero compreso all'istante la situazione. Le mani di Sulu danzarono sui comandi, e i faser dell'Enterprise scatenarono uno sbarramento di fuoco. Gli schermi deflettori delle corvette resistettero con un bagliore accecante e lo schermo visore, che era tornato cautamente in funzione dopo l'annientamento dell'incrociatore, si affrettò a oscurarsi di nuovo. Poi non ci furono più vascelli nemici... solo nubi di gas incandescenti che l'Enterprise attraversò con la maestosità di un antico galeone spagnolo, che solcasse una placida baia del Mar dei Caraibi. – Molto bene, signori – dichiarò Kirk. – Valutare i danni e riferire al
primo ufficiale. Signor Sulu, reinserite la rotta per Organia a velocità di curvatura tre, fino a una posizione opposta a quella attuale del pianeta. Tenente Uhura, aprite i canali con tutto il personale... compreso Spock Uno. Voglio tenere una riunione, e subito. – Vi fornirò io un rapporto, capitano, ed è oro a ventiquattro carati – comunicò la voce di Leonard McCoy, scaturendo dal nulla. – Ora vi posso dire come stabilire quale sia lo Spock fasullo. Kirk lanciò un'occhiata verso Spock Due, ma il primo ufficiale non tradì nessuna reazione: almeno questo era in carattere, per quel che importava, e non si era aspettato nulla di diverso. – Rimandate a dopo – rispose a McCoy. – La situazione attuale è molto più pressante, e voglio che entrambi gli Spock ne siano informati. – Ma, Jim!... – replicò McCoy, quasi in stato di shock. Poi si udì un rumore di deglutizione, e il dottore riprese a parlare. – Capitano, è mia opinione che questa sia una questione della massima urgenza. – Rimandate a dopo. E ascoltate, tutti. CAPITOLO VIII I DUE SPOCK SOTTO ACCUSA Diario di Bordo, Data Astrale 4194.4: Nonostante le allarmanti previsioni di Spock Due, i danni subiti dalla nave in seguito alla manovra di questa mattina sembrano minimi, e consistono soprattutto nel guasto a un generatore dei deflettori e in una serie di ancor meno importanti cortocircuiti, in alcune unità dei sensori. Il signor Scott riferisce che tutti i danni possono essere riparati facilmente con le risorse di bordo. Nel frattempo, sembra che non ci siano altre navi klingoniane, dentro o vicino a questo arco dell'orbita di Organia, e io intendo usufruire della pausa concessaci, per risolvere parecchie questioni... che sono in pendenza anche da troppo tempo.
La maggioranza dei sensori ancora in funzione, era al massimo della portata e si trovava collegata un piano di volo automatico; il personale del ponte era ai suoi posti, ed erano stati aperti canali di comunicazione con la sezione macchine, con l'infermeria, con il laboratorio di McCoy e con la sala del teletrasporto. Kirk fissò, uno dopo l'altro, tutti i capi di sezione fisicamente presenti, con espressione gelida. – Abbiamo davvero esagerato nell'agire prima e nel pensare poi – dichiarò – me compreso. Non sto biasimando nessuno, in quanto siamo stati sottoposti a una pressione continua, emotiva e materiale. Ma è il momento di tirare le somme.
"In primo luogo, trovo molto strano quel comitato di ricevimento klingoniano, e a mio parere la sua presenza può essere spiegata in due modi: "Uno: che si trattasse di una trappola predisposta per noi, ma questo implica che il nemico fosse al corrente della nostra destinazione, e io ritengo che si possa asserire con certezza che i Klingon non avevano modo di saperlo, a meno che non fossero stati informati da qualcuno che si trova a bordo dell'Enterprise. "Due: che il contingente klingoniano fosse di stanza in quest'area e ci abbia assalito quando ci siamo fatti vedere. L'unica difficoltà di questa teoria è che ne richiede un'altra, e io non sono più amante delle supposizioni ad hoc di quanto lo sia il signor Spock. Perché i Klingon dovrebbero aver piazzato sei navi... un incrociatore, quattro corvette e una sesta nave di dimensioni ignote... a una distanza così considerevole dall'area principale degli scontri? Sappiamo già che le loro forze stanno penetrando in profondità, e con notevole ardire, nello spazio della Federazione. Se quelle navi erano solo un contingente di riserva, perché erano dislocate qui, così lontano da una base klingoniana abbastanza grande da rifornirle, e così lontano dal territorio della Federazione, che non sarebbero potute intervenire in una battaglia con la rapidità necessaria per aiutare una flotta klingoniana in difficoltà? Si tratta di una mossa del tutto atipica, e non ha senso." Seguì un profondo silenzio. – Chiunque voglia offrire un parere è libero di farlo – aggiunse Kirk, lasciando che la sua espressione si addolcisse un poco. – In questo caso, capitano, io avrei una terza ipotesi da suggerire – dichiarò la voce di Spock Uno. – Senza chiedere alcun prezzo? – Sì, capitano. Io avanzo richieste quando sono certo della risposta, mentre attualmente posso offrire soltanto una possibile teoria alternativa. Si tratta di questo: "I Klingon potrebbero aver messo sotto sorveglianza il sistema organiano, perché lo considerano un'area importante. Forse non capiscono più di noi cosa sia accaduto al pianeta, ma sanno di certo che, se gli Organiani dovessero decidere di tornare da dove sono andati, o di uscire dalla condizione o dallo stato in cui si trovano, la guerra sarebbe finita. Peggio ancora, dal momento che sono stati i Klingon a iniziarla, in aperta violazione del Trattato di Pace Organiano, un loro eventuale ritorno farebbe finire i Klingon in un mare di guai, per usare un'antica espressione
terrestre". – Nessuna forza navale klingoniana, effettiva o anche immaginaria, potrebbe impedire agli Organiani d'intervenire, se decidessero di farlo – replicò Spock Due – ed è elementare supporre che ne siano consapevoli. – E vero – convenne Spock Uno – ma se non capiscono quello che è successo a Organia... contrariamente alla mia supposizione iniziale che ne fossero stati loro gli artefici... vorranno evitare che qualsiasi nave della Federazione venga a indagare e magari scopra la risposta prima di loro, specialmente nel caso di una nave così ben equipaggiata per il lavoro di ricerca qual è l'Enterprise. Preferiscono di gran lunga lo status quo, e quindi hanno stanziato preziose forze in quest'area. Sebbene la presenza di due Spock a bordo risalisse ormai a centosettantasei giorni prima, Kirk provava ancora un leggero brivido nel sentire quelle due voci identiche che discutevano fra loro, come se si fosse trovato prigioniero di un incubo da cui non si sarebbe più svegliato. Il tono spassionato con cui i due portavano avanti un dibattito che doveva per forza concludersi con la morte di uno di loro, rendeva il tutto ancora più strano. – Spock Uno – disse, con uno sforzo. – Sei settimane fa, voi sostenevate di sapere con esattezza cosa fosse successo a Organia. Ora, però, avete cambiato musica. – Affatto, capitano. Io so cosa è successo a Organia. Sto solo offrendo un'ipotesi alternativa, riguardo a quella che può essere la causa dell'accaduto e alla reazione dei Klingon. – Spock Due, qual è il vostro parere su quest'ipotesi? – Presenta alcuni punti interessanti – ammise Spock Due. – Per esempio, spiega come mai i Klingon non ci abbiano subito attaccati la prima volta che ci siamo mostrati in quest'area. Se si fosse trattato di una trappola, ci avrebbero disintegrati in pochi secondi; come il capitano ricorderà, essi sono molto efficienti in questo genere di cose. D'altro canto, in qualità di guarnigione, sono stati colti di sorpresa dalla nostra prima irruzione. – E un altro "punto interessante" – aggiunse Kirk, impassibile – è che questa teoria non richiede che la nave sia stata tradita... da uno di voi due. – Posso intervenire, capitano? – chiese Sulu. – Parlate pure, signor Sulu. – I Klingon non avrebbero potuto sapere in alcun modo che stavamo venendo qui. Non possono aver previsto la mia rotta, dopo che ci siamo scrollati di dosso quella piccola nave, e dallo spazio normale non avevano modo d'individuare il nostro avvicinamento a velocità di curvatura; non è vero, Uhura?
– È fuori discussione – dichiarò l'addetta alle comunicazioni. – Quindi – concluse Sulu – l'ipotesi della guarnigione sembra quella giusta. – Mi sembra plausibile – convenne Kirk – ma, a meno che non mi sbagli, Spock Due ha qualche riserva al riguardo. Di che genere? – Non userei il termine riserva, capitano. Anch'io ho intuito di colpo cosa è successo a Organia. La risposta contiene anche la soluzione al problema della duplicazione, com'era quasi inevitabile, e di conseguenza non abbiamo più bisogno di avanzare supposizioni o ipotesi. Devo aggiungere, tuttavia, che tale soluzione richiede per forza la distruzione del duplicato chiuso nel laboratorio del dottor McCoy. – Perché? – chiese Kirk, con crescente disperazione. – Perché anche lui sostiene di conoscere la risposta. Non posso sapere con certezza se essa sia uguale alla mia, e spero di no. È di vitale importanza che lui non possegga la soluzione giusta o che, se ce l'ha, sia impossibilitato ad agire di conseguenza. – Quindi anche voi avanzate le stesse condizioni, esatto? – Mi rincresce, capitano – confermò Spock Due. – Comincio a essere dannatamente stanco di tutti questi ricatti, e sento la forte tentazione di eliminarvi entrambi. Non importa, dimenticate quello che ho detto. Signor Scott! – Sì, capitano. – In quello che avete sentito adesso non c'è nulla che vi offra un indizio per risolvere la vostra parte del problema? – Per me non ha nessun senso, capitano, mi dispiace molto ammetterlo. – Dottor McCoy, cosa mi dite del vostro metodo per distinguere fra i due Spock? Può influenzare in qualche modo le altre questioni? – Probabilmente sì, capitano, ma io non vedo come. Comunque sono certo del mio metodo, su basi esclusivamente biologiche, al punto che posso dirvi da adesso quale dei due è il duplicato, e senza chiedere un prezzo per quest'informazione. Deve trattarsi di Spock Uno. – Ma non potete dirmi quale dei due abbia la risposta giusta al problema di Organia... o come si sia verificata la duplicazione? – Mi dispiace, Jim, ma non ne ho la più pallida idea. – Allora siamo ancora in alto mare. Entrambi gli Spock sostengono di avere le soluzioni necessarie, ma nessuno dei due vuole dirmi quali siano. Dovremo tenerli tutti e due con noi, fino a quando non avremo scoperto cosa nascondano... o se stanno solo bluffando entrambi. – Uno di noi è l'originale, capitano – interloquì Spock Uno – e quindi
non può ricorrere a un bluff. Certo sarete così cortese da riconoscerlo. Kirk si coprì gli occhi con una mano. – Farò le mie scuse al superstite e presumerò che uno di voi due stia dicendo la verità, naturalmente, ma chi? L'uomo onesto, il vero Spock, dovrebbe offrire l'informazione che possiede senza esigere nulla, com'è suo dovere, eppure tutti e due insistete perché l'altro muoia, prima di accondiscendere a parlare. Questo è ancor più di un ricatto... è incitazione all'omicidio, ed è sufficiente a indurmi a chiedermi se lo Spock originale sia davvero uno di voi due. Ecco un pensiero davvero sgradevole. E se l'originale fosse andato distrutto durante il misterioso incidente nella sala del teletrasporto e quelli fossero due duplicati? Ma McCoy era di parere diverso, e Kirk fu lieto di non aver avuto prima un dubbio del genere. Il resto del personale del ponte stava ascoltando in affascinato silenzio, quasi stesse assistendo al penultimo atto di una tragedia... come poteva, in effetti, essere. – Capitano, posso farvi notare che, come avete sottolineato durante la battaglia, ora siamo in guerra? – chiese Spock Due. – In base a dati certi in mio possesso, il duplicato deve essere ed è una creatura del nemico, proprio come vi ho suggerito quando voi ci avete affrontati entrambi nel mio alloggio, circa sei mesi fa; la pena per il tradimento è la morte, capitano, per un valido motivo: non si tratta di una punizione, in quanto sappiamo che le pene capitali non servono come deterrente al crimine, ma di una condanna inflitta perché il traditore appartiene al nemico per convinzione, e costituisce quindi un pericolo permanente fino a quando il nemico rimane tale. – E cosa mi dite delle procedure di legge? – insistette Kirk. – Voi mi chiedete la morte di Spock Uno, per quel che vedo io, come se steste effettuando un baratto al mercato... la sua morte in cambio delle vostre informazioni, quasi foste un quartiermastro che mi fa pagare l'uniforme. Qui si tratta della vita di un uomo, e io non sono disposto a condannarlo a morte, neppure per tradimento, senza un processo e una sentenza. – E a quale tribunale potremmo sottoporre un simile caso? – domandò Spock Uno. – Non esiste una commissione giudicante operativa, sull'Enterprise. – Potete sottoporlo a me – intervenne McCoy, con una voce che sembrava piena di ghiaia. – Io posso distinguere uno di voi dall'altro, e si tratta di una prova molto semplice. Volete che vi metta al corrente in privato, Jim, o devo vuotare subito il sacco? – Gli accusati hanno il diritto di sapere in che modo vengono processati.
Parlate, Bones, il tempo stringe. Potremmo trovarci di nuovo addosso i Klingon da un momento all'altro. – Molto bene, capitano, la prova è questa: fate uscire lo Spock barricato, se è disposto, e offrite a entrambi un pasto standard di bordo. Uno di loro lo rifiuterà, e quello è il duplicato... e molto probabilmente anche il traditore... almeno in potenza. Kirk si appoggiò all'indietro sulla poltrona di comando, a bocca aperta. Possibile che tutti questi altisonanti problemi, tutti questi conflitti personali, tutte queste tensioni emotive e militari potessero essere risolte da due piatti di zuppa di pollo e quadritriticale? Era una contraddizione fantastica, e per un momento ebbe l'impressione di preferire il problema alla soluzione. – Pensate davvero che sia un test decisivo, dottore? – chiese infine. – Sì, capitano. Se dovesse fallire, non saremo in una situazione peggiore, ma vi assicuro che non fallirà. Kirk si rivolse al primo ufficiale presente. – Siete d'accordo, Spock Due? – Sì – fu la pronta risposta. – Senza contare che da mesi sto consumando le razioni standard di bordo sotto gli occhi di tutti. Vorrei aggiungere, capitano, che il test è molto elegante, semplice e ingegnoso. Mi congratulo, dottor McCoy, a me non era venuto in mente. – Siete d'accordo anche voi, Spock Uno? Nessuna risposta. – Spock Uno, vi concedo dieci secondi per parlare. Nessuna risposta. I secondi trascorsero. – Sicurezza! Due guardie sul ponte e altre tre al laboratorio del dottor McCoy, immediatamente. Aprite un varco nella porta e, se possibile, catturate vivo l'uomo all'interno, altrimenti difendetevi fino al limite massimo. Spock Due si girò sulla sedia, come per alzarsi e all'istante il piccolo faser personale del capitano apparve nella mano di Kirk, puntato contro lo stomaco del primo ufficiale. Non per nulla alcuni dei remoti antenati del capitano erano vissuti nel West americano: lui si era esercitato all'infinito a estrarre l'arma, nella palestra della nave, e questa non era la prima occasione che era lieto di essersi mantenuto allenato. – Rimanete seduto, amico mio – disse – fino a quando non arriveranno le guardie della sicurezza. Spero devotamente che siate davvero il mio amico, ma finché non ne avrò la certezza assoluta, sono pronto a stordirvi in modo tale da non farvi svegliare fino alla prossima Pasqua... o magari
mai più. Mi sono spiegato? – In modo perfetto, capitano – rispose, pacato, Spock Due. – Una precauzione assolutamente logica. CAPITOLO IX L'UOMO NELLO SPECCHIO Diario del Capitano, Data Astrale 4194.6: Quale che sia stato il momento in cui si è allarmato, Spock Uno sembra essersi concesso parecchio tempo. Quando siamo riusciti a entrare nel laboratorio di McCoy, lui era già sparito, evidentemente attraverso il condotto di ventilazione. Le apparecchiature all'interno non avevano sofferto danni, a parte quelli provocati dalla nostra irruzione, ma Spock Uno aveva messo insieme un complesso apparato di tubi e provette in cui svariati fluidi stavano ancora bollendo, filtrando e sgocciolando. Le uniche parti di quel marchingegno che ho riconosciuto, sono state una colonna per lo scambio di ioni e un distributore di corrente inversa. Ho proibito a chiunque di toccare quanto costruito da Spock Uno, fino a quando McCoy non lo avrà esaminato, anche se il, dottore sostiene di sapere già di cosa si tratta. Nel frattempo, l'idea di effettuare una ricerca accurata di Spock Uno è da scartare. Lui conosce alla perfezione ogni centimetro della nave, incluso l'enorme labirinto compreso fra le due nacelle, meglio di chiunque altro a bordo, tranne Scott; quindi ora potrebbe essere dovunque. Ho assegnato una guardia a Spock Due, nel suo alloggio, una a me stesso, un'altra a tutti i capi di sezione e ai loro sostituti, e parecchie alla sala del teletrasporto, al ponte degli hangar, agli alloggi per i passeggeri (obiettivo più indicato, in quanto attualmente deserto), al ponte macchine, alla sala ricreativa, al ponte di comando, alla sala riunioni, alla palestra, al magazzino e all'armeria, e anche al laboratorio. Se mi sono dimenticato di qualche posto cruciale in cui lui si potrebbe recare, non posso farci nulla... ho già impiegato tutti gli uomini che potevo assegnare al servizio di sicurezza senza indebolire gravemente le forze da combattimento e da manovra dell'Enterprise. Ho ordinato a quanti erano in servizio durante la battaglia, di prendersi sei ore di sonno, e ho nominato il signor Chekov Ufficiale di Giornata. Anch'io mi concederò un po' di riposo, quando lui arriverà sul ponte. Nel frattempo, ho fissato un colloquio con il dottor McCoy fra dieci minuti.
– L'apparato nel laboratorio conferma in pieno la mia supposizione – dichiarò McCoy – il che significa che ora potete lasciar uscire Spock Due. Lui è quello vero, non c'è dubbio. – Che cos'è? L'apparecchiatura, intendo. – Un sistema per sintetizzare il cibo, impiegando i pasti che noi mandavamo come materia prima, unita ad alcuni reagenti. È per questo che ha scelto il mio laboratorio, come posto in cui barricarsi... oltre
all'opportunità di poter tenere come ostaggio le mie attrezzature. Per evitare di mangiare con noi si sarebbe potuto rintanare da qualsiasi parte, ma a bordo non c'era un altro luogo dove potesse cucinarsi i pasti da solo. Kirk era completamente sconcertato: quella spiegazione non gli chiariva affatto le idee. Inarcò le sopracciglia in un'espressione interrogativa. – D'accordo, comincerò dal principio – decise McCoy – anche se è difficile stabilire quale sia. Come ricorderete, Spock Due aveva suggerito l'ipotesi che il duplicato fosse un'immagine speculare dell'originale, e in seguito voi e io abbiamo discusso questa possibilità. – E non siamo riusciti a scoprire un criterio di sperimentazione. – Esatto. In seguito, Scotty mi ha fornito alcuni animali da laboratorio che aveva fatto passare attraverso il nuovo sistema di teletrasporto, e non ci sono più stati dubbi... i duplicati erano immagini speculari. A parte questo, sembravano in perfetta salute e dotati di notevole appetito... ma morivano tutti entro un giorno o due, come vi ho riferito. "Naturalmente, ho effettuato l'autopsia su di essi, ma sono giunto solo alla conclusione che erano morti di fame, anche se avevano continuato a mangiare con la frequenza che gli animali vegetariani, come i conigli, devono osservare per rimanere in vita. Non riuscivo a capire il perché di questo fenomeno che, per di più, non sembrava potersi applicare in alcun modo al problema dei due Spock. Quale che fosse il duplicato, non stava morendo di fame. "Mi sento piuttosto stupido se penso che non ho intuito la verità neppure dopo che Spock Uno si è chiuso nel mio laboratorio. Ciò che, infine, mi ha fornito la soluzione è stato un episodio accaduto quasi all'inizio di questa faccenda... qualcosa che era parso irrilevante e privo di significato, e cioè questo: ricordate di avermi detto che nel vostro primissimo colloquio privato con Spock Uno, lui ha tradito una lieve esitazione nel parlare, quasi balbettasse?" – Sì,Bones, è vero – ammise Kirk, ripensandoci. – Ma il difetto è svanito quasi subito, tanto che ho creduto di averlo immaginato. – Non lo avete immaginato. Solo una persona dotata del più ferreo controllo, come Spock, avrebbe potuto far svanire quel difetto per un qualsiasi periodo di tempo, ma averlo tradito anche per un momento è stato il suo tallone d'Achille. Essendo un duplicato, e un'immagine speculare, lui era mancino, come avevamo supposto, ma stava soffocando quella tendenza, altra cosa da noi supposta. Ora, Jim, la propensione a usare una mano piuttosto che l'altra è la principale espressione fisica che indica quale emisfero del cervello di un uomo sia quello dominante e guidi
generalmente le azioni. Si tratta di un rapporto inverso: se domina l'emisfero sinistro, come accade comunemente, allora si tende a usare la mano destra... e viceversa. Di conseguenza, Jim, addestrare i bambini mancini perché imparino a usare invece la destra... in completa contraddizione agli ordini che il cervello di quei poveri piccoli invia ai muscoli... confonde notevolmente il sistema nervoso centrale, e provoca risultati sgradevoli, oltre a essere la diretta e unica causa della balbuzie abituale. Voi credevate che Spock Uno stesse balbettando per l'emozione o la confusione, e questo vi ha lasciato perplesso, com'è naturale, ma in effetti lui incespicava nel parlare, perché stava fingendo di non essere un'immagine speculare, e non aveva ancora condizionato in quel senso tutti i suoi riflessi. – Una deduzione brillante, signor Holmes – commentò Kirk – ma ancora non vedo il collegamento fra tutto questo e la questione del cibo. – Perché non ci sono ancora arrivato. Torniamo indietro per un momento. Non vi devo spiegare quanto gli amminoacidi siano importanti per l'alimentazione animale... sono le basi con cui si costruiscono le proteine... ma quello che forse non sapete è che ogni amminoacido ha due forme molecolari. Se si cristallizza un'ammina pura, l'asparagina, per esempio, e si fa attraversare il cristallo da un raggio di luce polarizzata, il raggio ne emerge piegato a destra o a sinistra. Il nostro corpo ha bisogno della forma rotatoria sinistra, quella che piega il raggio verso sinistra, mentre quella rotatoria destra è inutile. "Evidentemente, l'inversione speculare subita da Spock Uno è arrivata fino al livello molecolare del suo essere, e lui non poteva usare le sostanze nutritive che vanno bene per noi, come non poteva ricavare dal nostro cibo il sostentamento che gli serviva. "Forse c'è anche qualcosa di più, e Spock Uno non si è trovato soltanto di fronte al rischio di morire di fame... indipendentemente da quanto mangiasse, come i miei conigli... ma anche a quello che il suo sistema nervoso centrale rimanesse avvelenato, se lui avesse consumato il nostro cibo. Per ovvie ragioni, nessun essere umano ha mai cercato di vivere con una dieta basata esclusivamente su amminoacidi invertiti, quindi nessuno sa se essi possano essere leggermente tossici nei confronti delle più elevate funzioni cerebrali... quelle che mancano agli animali. È ovvio che Spock Uno non ha voluto correre rischi del genere, e si è limitato a digiunare per i pochi giorni necessari a trovare una buona scusa per barricarsi nel laboratorio. Essendo un ibrido vulcaniano, poteva stare senza mangiare con una notevole facilità, e ha agito con tanta accortezza che neppure
Christine si è accorta che non si stava nutrendo. E poi... " – E poi si è messo a sintetizzare tutti i ventotto amminoacidi, da solo e su ampia scala – concluse Kirk. – In una parola... accidenti! – No, neppure Spock avrebbe potuto fare una cosa simile, e il mio laboratorio non dispone delle attrezzature necessarie. Per sua fortuna, però, soltanto otto amminoacidi sono assolutamente essenziali, mentre gli altri possono essere sintetizzati dal corpo stesso, ricavandoli da materie prime più semplici. Devo però ammettere che anche essere riuscito a tanto non è stata una facile impresa. – E non ha ancora esaurito le sue risorse. Bones, accertatevi di riferire tutto quanto a Scotty. – Ho già messo tutto su nastro per lui – rispose il dottore. – Stavo solo rimandando la trasmissione, perché volevo prima vedere la vostra reazione. – Molto bene, ora l'avete vista. Qualche idea su dove si possa essere rintanato Spock Uno? – Nessuna. Anche la sua psicologia dev'essere del tutto invertita, e io non sono mai riuscito a capirlo, neppure quando lui procedeva in quella che io definivo, ridendo, la sua direzione normale. Kirk ebbe uno stanco sorriso. – Avete già fatto un miracolo, e non posso certo chiedervene due nello stesso giorno. Congratulazioni, Bones. – Grazie. Jim, vi posso domandare quale sarà la vostra prossima mossa? – Andrò nel mio alloggio e riposerò un poco. Credo che l'Enterprise si troverà meglio se per qualche tempo dormirò sdraiato... invece di farlo in piedi! – Lieto di sentirvelo dire – rispose, serio, McCoy. – In caso contrario, ve lo avrei ordinato io... e mi sarei accertato che obbediste. Kirk stava dormendo da forse tre ore... non di più... quando l'allarme generale lo fece sedere di scatto sulla cuccetta. – Signor Chekov! – chiese, secco. – Cosa succede? – Si tratta di Spock Uno, capitano – rispose l'intercom. – È stato avvistato per un attimo sul ponte dei magazzini, e ho ordinato a tutti gli uomini della sicurezza disponibili di convergere su quell'area. – Annullate quell'ordine – replicò Kirk, perfettamente sveglio per quella che gli parve essere la prima volta da settimane. – Usate solo i contingenti dì sicurezza presenti nella sezione macchine, effettuate un completo esame video dei magazzini e controllatelo dal ponte. Tutte le altre squadre di sicurezza rimangano ai loro posti. Inserite nuovi codici di chiusura alle uscite dei magazzini.
– D'accordo. Salite sul ponte, capitano? – Immediatamente. Ma fu subito evidente che Spock Uno aveva scelto con estrema cura e con perfetto tempismo il momento in cui agire, e che la sua fugace apparizione nell'area dei magazzini era stata solo una finta, dato che la ricerca in quella zona era al suo culmine, quando la consolle principale del ponte segnalò l'apertura delle massicce porte d'uscita dell'hangar... quelle doppie porte che davano accesso all'esterno, sul retro della nave. L'apertura era stata effettuata con l'override manuale e, prima che dal ponte si potesse bloccare l'operazione, le porte si erano già aperte abbastanza da permettere il passaggio di una navetta, che accelerò al massimo nel bagliore del sole di Organia. – Raggi trattori! – scattò Kirk. – Spiacente, capitano, ma è appena passato a velocità di curvatura – rispose Chekov. Noi non abbiamo una navetta con velocità di curvatura, pensò vagamente Kirk. Bene, adesso l'abbiamo. – Meglio essercene liberati – commentò McCoy, che era giunto sul ponte in tempo per assistere alla fase finale della fuga. – Credete davvero che ci siamo liberati di lui, dottore? – chiese Kirk, gelido. – Io penso invece che nulla sia più improbabile di questo. – E io sono d'accordo – convenne Spock Due. – Comunicazioni, seguire la navetta e controllare se tenta di contattare i Klingon. Se dovesse provarci mentre è ancora nel nostro raggio d'azione, bloccare le trasmissioni. Timoniere, puntare un siluro tracciante in direzione della navetta, ma evitare di armarlo, fino a ulteriori ordini. Tutte le forze di sicurezza riprendano la perlustrazione dell'Enterprise, includendo questa volta l'interno dell'unica navetta rimasta. Signor Spock, cercate di controllare a distanza il velivolo in fuga e di riportarlo verso la nave... ma nel caso ci riusciate, non permettetene il rientro. Indugiò per un momento, in modo che gli ordini venissero assimilati, insieme a quanto essi implicavano. – Questa è stata un'operazione spaventosamente negligente da parte di ciascuno di noi, non escluso me stesso, ma d'ora in poi le cose andranno diversamente. Avete capito tutti? Non ci furono risposte, ma era evidente che il messaggio era stato compreso.
CAPITOLO X UN VERDETTO SCOZZESE Diario del Capitano, Data Astrale 4196.2: Come tutta la storia sembra dimostrare, la conoscenza retrospettiva degli eventi è di rado utile, anche se ora appare quasi inevitabile che Spock Uno abbia scelto il ponte dell'hangar, come suo secondo nascondiglio. Non solo quell'area è grande quanto il campo di calcio di un college, e relativamente poco illuminata persino quando è in funzione, ma inoltre ci capita di rado una situazione in cui una navetta non possa essere sostituita, in modo migliore e più rapido, dal teletrasporto. Per di più, anche una nave piccola come una navetta per sette uomini e con motori a impulso offre un'abbondanza di angoli in cui celarsi, oltre a una sostanziosa scorta di acqua potabile (e il dottor McCoy aggiunge che Spock Uno potrebbe nutrirsi senza rischi attingendo alla scorta di carboidrati della navetta, in quanto i carboidrati non hanno una formula molecolare alternativa). Abbiamo (o meglio, avevamo), sei velivoli del genere... nessuno dei quali poteva essere esplorato all'interno, visualmente o mediante sensori, dal ponte di comando, con l'eccezione delle sale di controllo e del livello dov'è immagazzinata l'energia. Nessuno di noi ha però pensato a tutto questo, se non quando è stato troppo tardi: avere come nemico uno Spock è una situazione estremamente pericolosa. Nel frattempo, la scia del nostro missile tracciante sembra indicare che Spock Uno, se davvero si trova a bordo della navetta in fuga, si sta dirigendo verso quello che era Organia, per motivi che possiamo soltanto cercare d'indovinare. Un altro mistero è come il duplicato sia riuscito a convertire i motori, ottenendo la velocità di curvatura, in un tempo tanto breve, senza alcuna scorta di antimateria né i mezzi per manipolarla. Ma questo è un enigma che riguarda il signor Scott; un giorno, questo processo potrebbe acquisire un'enorme importanza per la tecnologia della Federazione, ma per ora considero la questione del tutto secondaria.
– Ho una risposta, capitano – annunciò Scott. Il capo ingegnere si trovava nell'alloggio di Kirk, insieme al dottor McCoy e all'unico primo ufficiale rimasto; l'Enterprise era ancora nell'orbita del sole di Organia, tenendosi però dalla parte opposta dell'astro, rispetto a quella dove si trovava il pianeta. La nave era sempre in stato di allarme rosso perché, se anche non era arrivata nessun'altra nave klingoniana, i rinforzi nemici erano attesi da un momento all'altro... e questa volta Kirk era certo che fra essi vi sarebbe stata almeno una nave di Classe Stellare. Dinnanzi a forze simili, l'Enterprise poteva offrire una coraggiosa resistenza, ma il risultato dello scontro sarebbe stato deciso a suo sfavore fin dall'inizio. E dal Comando di Flotta non era ancora giunto nessun messaggio... né in eurish, né in qualsiasi altra lingua o codice più convenzionali. – Una risposta al problema del sistema miniaturizzato di propulsione a
curvatura? Limitatevi a registrarla, Scotty. In questo momento abbiamo problemi più importanti da risolvere. – D'accordo, capitano, quello è solo un piccolo enigma, anche se per ora non ne ho trovato la soluzione. Io volevo dire che credo di aver capito cosa sia successo a Organia... e al signor Spock. – Allora è tutto diverso. Dite pure. – Ecco, capitano, non è semplice... – Non mi sono mai aspettato che lo fosse. Sputate il rospo! – Va bene. Per lo meno, questa risposta sembra collegarsi a tutte le altre, come concordano i miei collaboratori. Tanto per cominciare, secondo il comune buon senso, quando si ha a che fare con un'immagine speculare, ci si aspetta che ci sia uno specchio da qualche parte nelle vicinanze, e il dottor McCoy ha dimostrato, cosa su cui credo siamo anche tutti d'accordo, che il duplicato era la più perfetta fra le immagini speculari, fino al livello molecolare. L'accento dell'ingegnere si attenuò fino a svanire, e di colpo il suo inglese divenne freddo, limpido e preciso, come la sua terminologia. – Dopo aver ricevuto il rapporto del dottore riguardo agli amminoacidi – proseguì – ho portato avanti quella supposizione di un altro radicale passo, supponendo che la riflessione speculare si estendesse alle particelle elementari di cui lo spazio... il tempo e l'energia... e la materia sono costituiti. L'universo è complesso ma è coerente, e dopo tutto la parità... la tendenza destrorsa o sinistrorsa... non viene mantenuta neppure a quel livello e la struttura estremamente precisa dell'universo ha una netta tendenza a destra, per esprimersi in termini rozzi. Se così non fosse, un fenomeno come la polarizzazione sarebbe impossibile, e non funzionerebbero neppure i nostri faser. – Questo lo sappiamo tutti, Scotty – replicò Kirk, con gentilezza. – Per favore, diteci cosa c'entra questo con il nostro problema. – Ci arrivo subito, capitano. Vedete... il simulacro del nostro primo ufficiale è stato mandato verso Organia come una serie di segnali rappresentanti un oggetto costituito da particelle elementari, orientate nella direzione normale, giusto? Bene. Ma quando abbiamo aperto la porta, nella camera non c'era solo il nostro primo ufficiale originale, ma anche un duplicato composto di particelle elementari orientate nella direzione sbagliata. Come poteva essere accaduta una cosa del genere? "Sono riuscito a trovare una sola spiegazione che abbia senso nel campo della fisica. Il nostro segnale è stato inviato come una serie di tachioni, e da qualche parte, lungo il percorso, ha sbattuto contro qualcosa che era un
perfetto e coerente riflettore di tachioni. Il segnale è tornato a noi in maniera diretta e in ottimo ordine fisico, come sarebbe accaduto per un raggio radar... un riflesso ottimale... e noi lo abbiamo ricostituito nelle sue particelle nucleari, come il nostro nuovo sistema di trasferimento era stato programmato per fare, creando un modello preciso ma inverso. "Però, cosa poteva essere questo specchio? Ovviamente, doveva trattarsi di un fenomeno che avesse a che vedere con Organia, e noi abbiamo ora osservato che quel pianeta è circondato, oppure è stato sostituito, da qualcosa che somiglia molto a uno schermo deflettore o a qualche tipo di campo di forze. Se quello non è il nostro specchio, dove dovremmo andare a cercarlo?" Era di certo la domanda retorica più retorica che fosse mai stata formulata. – Andate avanti, Scotty, la parola spetta ancora a voi – lo incitò Kirk. – Ma non la voglio più, capitano, perché a questo punto mi vengo a trovare in difficoltà. Non riesco a capire cosa gli Organiani... o magari i Klingon... possano sperare di ottenere avvolgendo il pianeta in un riflettore di tachioni. Quindi, ho passato questa piccola perla al dottor McCoy e al signor Spock, e con il vostro permesso, capitano, a questo punto lascerò che siano loro a portare avanti il discorso. – Chi comincia per primo? – domandò Kirk. Nonostante la disperata gravità del problema, non riuscì a reprimere un certo divertimento. – Credo tocchi a me, Jim – rispose McCoy. – Badate bene, sul conto dei tachioni io ne so meno di quanto Scotty ne sappia riguardo ai leucociti polimorfonucleari, ma sono uno psicologo, e una caratteristica che noi tutti abbiamo notato in merito all'attuale situazione di Organia è che essa ha un effetto mentale unico e violento su ogni uomo e su ogni donna presente a bordo dell'Enterprise. Ci repelle da un punto di vista emotivo, in quanto creature senzienti, con la stessa precisione e costanza con cui riflette quelle insensate particelle elementari di Scotty. – Non siate tanto certo che gli elettroni non pensino – ammonì, minaccioso, l'ingegnere. – Dannazione, Scotty, arriverò anche a questo, se me ne darete il tempo. Ma prima di tutto, va detto che noi abbiamo supposto, fin dall'inizio, che la repressione emotiva fosse intenzionale, che per qualche motivo gli Organiani non volessero visitatori e rendessero nota questa loro preferenza, senza mezzi termini, a chiunque si avvicinasse al pianeta. Continuiamo a portare avanti questa ipotesi: se le cose stanno così, cosa viene prima, l'uovo o la gallina? Cioè, qual è il primario motivo
psicologico che ha dettato l'erezione di quello schermo? Se serve a repellere i tachioni, allora l'effetto emotivo può essere accidentale; se invece serve a repellere le persone, allora è la riflessione dei tachioni che può essere stata accidentale... o comunque un effetto secondario. "Tutto questo mi ha ricordato che per quanto noi... l'umanità, intendo... conosciamo le particelle elementari della materia e dell'energia, abbiamo scoperto l'unità della gravità e abbiamo perfino (così mi ha detto Scotty) identificato qualcosa chiamato cronon, che è il frammento più piccolo in cui il tempo possa essere diviso; tuttavia non conosciamo l'unità elementare della consapevolezza di sé. E neppure la velocità del pensiero". – Non le conosciamo? – domandò Kirk, stupito. – No, Jim. La velocità degli impulsi nervosi presenti nel corpo è nota, ed è alquanto lenta, ma il pensiero è una cosa diversa. Se volete, considerate come chiunque di noi possa tornare indietro con la memoria, nell'arco di un istante, a un ricordo d'infanzia distante molti anni, oppure pensare, se lo preferisce, a una galassia che esplode al limite estremo dell'universo conosciuto. Se esiste una particella elementare, o un'onda basilare di pensiero, tale onore potrebbe benissimo essere attribuito a una particella più veloce della luce qual è il tachione. "E poi, naturalmente, è stata la mia perplessità circa il problema della consapevolezza, in relazione al funzionamento del trasferitore che ha effettivamente provocato gran parte di questo pasticcio, fin dall'inizio. Ho cominciato ad avere la sensazione che tutto stesse combaciando, ma c'era ancora un problema logico che mi sconcertava, quindi l'ho passato al signor Spock Due". – Voi tutti mi fate sentire come se non avessi una testa pensante sulle spalle – commentò, con rammarico, Kirk. – E non è neppure la prima volta. Procedete, prego, signor Spock Due. – Signore – esordì il vulcaniano, con estrema formalità – non ho potuto avvicinare una questione tanto complessa come un puro problema di logica formale, e neppure come un problema di teoria stabilita o di calcolo delle affermazioni, perché troppi elementi sono ancora mere congetture... nonostante il modello teoretico molto consistente che il dottor McCoy e il signor Scott hanno costruito. Comunque, prendendo in considerazione tale modello, sussiste un interrogativo logico centrale: chi beneficia dello schermo contro i pensieri, posto intorno a Organia? Nessuno di noi riesce anche solo a immaginare il motivo che possa aver indotto gli Organiani a porre in essere un simile schermo, e comunque tale ricorso all'immaginazione non sarebbe un esercizio utile, nel nostro caso. D'altro
canto, i vantaggi per i Klingon sono evidenti e considerevoli. In primo luogo, naturalmente, lo schermo confina gli Organiani... che sono puri campi di pensiero... sul loro pianeta, e impedisce loro di sapere cosa stia accadendo all'esterno, o d'intervenire. In secondo luogo, impedisce al pianeta di essere avvistato e contattato dall'esterno. Come abbiamo sperimentato, il campo è emotivamente repellente... – Io lo definirei terrificante al massimo – interloquì McCoy. – ... e a raggio ravvicinato tende a impedire alla mente di pensare a Organia, se non come a un pianeta estinto – continuò con disinvoltura Spock Due. – Ne deriva, di conseguenza, che vi sono elevate probabilità che lo schermo sia stato eretto a opera dei Klingon, come sembra probabile pur non essendo immediatamente dimostrabile, e che esso costituisca l'unica e sola nuova arma in loro possesso, la cui scoperta li ha incoraggiati a intraprendere la guerra proibita dagli Organiani. Questo spiegherebbe come mai abbiamo trovato di stanza nelle vicinanze, una guarnigione klingoniana di tali dimensioni: non volevano che qualcuno indagasse sulla situazione o anche solo capisse perché lo schermo era tanto importante per loro. Un'ulteriore conseguenza che si può derivare, è che quest'arma non dev'essere ancora maneggevole, e può essere impiegata solo per ottenere un effetto rozzo e massiccio, altrimenti i Klingon la starebbero impiegando in battaglia contro le nostre navi, con notevole vantaggio tattico. "Essa sembra essere, comunque, abbastanza maneggevole da permettere la proiezione di un simile schermo intorno alla Terra, se i Klingon vi si avvicinassero abbastanza, oppure intorno a Vulcano o anche a entrambi i pianeti. Non sappiamo cosa si provi a vivere sotto quello schermo, ma la legge dell'inverso dei quadrati suggerisce che gli effetti debbano essere molto più forti di quelli avvertiti all'esterno. Se i Klingon dovessero portare a termine un'azione del genere, potrebbero vincere la guerra... e, molto probabilmente, ridurre la razza umana e/o quella vulcaniana, a uno scarso gruppo di esemplari che vivano in esilio e nella sofferenza... oppure che vivano in schiavitù". L'improvvisa piega miltoniana presa dalla fraseologia di Spock Due creò una visione terribile e fin troppo vivida. – Non credo che la Flotta Stellare li lascerà avvicinare tanto alla Terra – commentò Kirk, cupo – ma forse Vulcano non è protetto altrettanto bene. Dunque, abbiamo distrutto sei navi klingoniane, fra cui un incrociatore e, come speravamo fin dall'inizio, vi sono ancora molti danni che possiamo arrecare alla loro retroguardia... specialmente se ci allontaniamo dal quadrante di Organia prima che giungano i rinforzi. Ma non ho un
particolare desiderio di andare via di qui: sarebbe molto meglio se potessimo arrivare al cuore del problema, dato che ci troviamo nelle immediate vicinanze, cercando di risolverlo. È possibile? – Credo di sì, capitano – rispose Scott. – Quello schermo riflette i tachioni e, in base alle teorie che ho elaborato finora, soltanto quelli. Dato che adesso siamo alla distanza di un normale raggio trasferitore da Organia, il mio sistema di conversione tachionica non serve più, e comunque non ci ha mai aiutati. Ci potremmo tranquillamente trasferire sul pianeta, in modo da trovare qualche organiano e informarlo di quanto è successo, da quando i Klingon li hanno colti di sorpresa. – E a cosa servirebbe, fintanto che sono intrappolati sotto quello schermo? – obiettò McCoy. – Non si possono spostare con il teletrasporto... per loro somma fortuna. – Ah, dottore, ma questo è uno dei pochi benefici che derivano dall'essere povere creature fatte di infima materia, come me e il capitano, e forse anche voi stesso. Abbiamo bisogno di macchine che ci aiutino a manipolare la materia, sappiamo come costruirle e impiegarle. Se mi trovassi sotto quello schermo e avessi un aiuto adeguato, potrei localizzare il congegno klingoniano che lo genera e disattivarlo. Oppure, non riuscendoci, potrei sempre costruire un generatore che ne neutralizzi gli effetti. È qualcosa che gli Organiani, nonostante tutti i loro poteri, non possono fare, altrimenti ci avrebbero già pensato da tempo. – Siete certo che ci riuscireste, Scotty? – Ecco, capitano, non ne ho la certezza, ma sono disposto a correre il rischio. – Mi basta – decise Kirk. – Ci porteremo subito in orbita intorno a Organia e sopporteremo gli effetti mentali come meglio potremo. Dirò a Uhura di avvertire l'equipaggio, e il dottor McCoy si terrà pronto a fornire aiuto psicologico a chiunque ne abbia bisogno. Signor Spock Due, voi scenderete con me e con il signor Scott sulla superficie... no, un momento. Non sappiamo ancora con sicurezza se Spock Uno sia o meno rimasto a bordo dell'Enterprise, e non intendo lasciare la nave nelle sue mani. – È una sicurezza che posso fornirvi io, capitano – intervenne Spock Due. – Non so con precisione dove si trovi, ma si tratta comunque di una distanza considerevole rispetto all'Enterprise... almeno due unità astronomiche. – Come lo sapete? – Mi dispiace, capitano, ma la natura stessa della cognizione m'impedisce di dirvelo, in questo momento. Sono comunque certo di
quanto affermo. Kirk avvertì un leggero risorgere dei precedenti sospetti, ma li soffocò. Ormai, le prove a favore di Spock Due erano schiaccianti, e lui avrebbe dovuto sopportare i piccoli misteri secondari ancora irrisolti. – Molto bene. Allora i nostri problemi immediati sono quello di resistere agli effetti dello schermo per il tempo necessario a localizzare gli Organiani e il generatore klingoniano, giù sulla superficie, e quello di fornire al signor Scott l'aiuto tecnico e logistico di cui ha bisogno per neutralizzarlo, il tutto prima dell'arrivo dei rinforzi klingoniani; altrimenti Spock Uno potrà condurre a termine ciò che ha in mente, qualsiasi cosa sia. Siete tutti d'accordo? Sembrava di sì, e fu un bene, perché dopo quella tirata Kirk era rimasto senza fiato. – Allora affiderò il comando a Sulu, con le stesse istruzioni che gli ho impartito durante la prima spedizione su Organia. Il suo primo dovere dovrà essere nei confronti della nave, non nei nostri, e se una flotta klingoniana si presentasse nel quadrante, lui ci dovrà abbandonare per portare al sicuro l'Enterprise... o comunque per avvicinarsi alla protezione di una Base Stellare. Ad ogni modo, dovremo agire molto in fretta. – Capitano – osservò Spock Due – esiste un'altra difficoltà, almeno in potenza. – E sarebbe? – Ho già ricordato che gli effetti emotivi derivanti dal trovarsi sotto lo schermo, potrebbero essere molto più violenti di quelli sperimentati all'esterno. Non abbiamo alcuna certezza di poter funzionare in simili condizioni, e forse non riusciremo neppure a conservare il controllo mentale. – L'avevo capito, ed è per questo che vi voglio con noi... oltre al particolare che voi e io siamo gli unici a conoscere di persona qualche organiano. La metà vulcaniana della vostra mente potrebbe resistere alla pressione, abbastanza a lungo da completare la missione, se tanto io che il signor Scott dovessimo cedere. Da questo derivano anche gli ordini per Sulu: se noi tre non dovessimo sopravvivere su Organia, lui non dovrà intraprendere alcuna donchisciottesca spedizione di soccorso... – Capitano Kirk – chiamò la voce di Uhura, dall'intercom. – Sono nel mio alloggio, tenente. Parlate pure. – Signore, abbiamo finalmente ricevuto una risposta dal Comando di Flotta. Ci hanno ordinato di confinare entrambi i primi ufficiali in cella di sicurezza, fino a quando non potranno essere studiati sulla Terra da una
squadra di esperti. Nel frattempo, dobbiamo tentare di riunirci alla Flotta, provocando lungo il tragitto quanti più danni possibili all'Impero Klingon, nei limiti da voi considerati opportuni per la sopravvivenza dell'Enterprise. Bene, era positivo che il Comando gli lasciasse quel margine d'iniziativa, per quanto il resto del messaggio fosse ormai superato. D'altro canto, gli ordini erano ordini... oppure no? – Tenente, in quale codice è giunta la risposta? – In eurish, signore, e molto asciutto... si tratta della versione definita: recensione di Dalton. – In che misura reputate esatta la vostra traduzione? – Non posso fornirvi una risposta precisa, capitano, ma ritengo che la mia traduzione del significato superficiale sia esatta al settanta per cento, supponendo che non vi siano state alterazioni durante la trasmissione. – Questo non mi soddisfa. Non intendo agire in base a quegli ordini finché voi non sarete assolutamente certa di sapere cosa il messaggio significhi con esattezza. Mi seguite, tenente Uhura? – Credo di sì, capitano – replicò la bantu, con un accenno di risatina. – Questo messaggio mi è arrivato senza interferenze. Chiudo. – Bene, Scotty, andate a riparare il teletrasporto, raccogliete le attrezzature necessarie e tenetevi pronto a marciare. Il capo ingegnere annuì e uscì. – Bones – aggiunse quindi Kirk – effettuate tutti i preparativi che ritenete opportuni per attutire gli effetti derivanti dall'orbitare intorno a quello schermo. Credo anche che possiate smontare quell'apparato e rimettere in ordine il laboratorio, ma accertatevi di effettuare una registrazione fotografica del suo smantellamento, a vantaggio di un'eventuale corte inquirente. – Lo farò, Jim. Anche il medico se ne andò, lasciando soltanto il primo ufficiale nell'alloggio di Kirk, che lo guardò con una certa sorpresa. – Credevo che i miei ordini fossero chiari. Trasmetteteli a Sulu e prendete tutte le misure necessarie perché la missione possa iniziare non appena il signor Scott avrà riportato il teletrasporto alle condizioni di funzionamento standard. – Molto bene, capitano. – Il primo ufficiale, però, indugiò ancora. – Signore... posso chiedervi perché persistete nel rivolgervi a me chiamandomi Spock Due? Nutrite ancora qualche dubbio in merito alla mia buona fede? Un tale dubbio danneggerebbe notevolmente l'operato di entrambi nella progettata missione organiana.
– Non ho più alcun dubbio di sorta – rispose con gentilezza Kirk – ma c'è ancora un altro Spock... o meglio uno pseudo Spock... in circolazione da qualche parte, e per di più il duplicato porta il mio anello, che non avrei dato a nessun altro uomo in tutto l'universo. Fino a quando lui rimane in vita, io continuerò a numerarvi entrambi, per ricordare a me stesso che il problema dei due Spock non è stato ancora risolto completamente... e che, finché non lo sarà e noi non sapremo cos'abbia intenzione di fare Spock Uno, continueremo a vivere nell'ombra dell'ignoto. – Capisco – rispose Spock Due – un utile sistema mnemonico. La sua faccia e la sua voce erano impassibili come sempre, ma qualcosa disse a Kirk che, comunque, il vulcaniano era leggermente compiaciuto. CAPITOLO XI INDIZIO PER UN INCUBO Diario del Capitano, Data Astrale 4198.0: Fino a questo momento, l'analisi della situazione attuale portata avanti congiuntamente dai signori Scott, McCoy e Spock Due, e l'immediata comprensione da parte del tenente Uhura della necessità di decodificare a fondo e con precisione il messaggio inviato dal Comando di Flotta, sembrano indicare che il morale e il rendimento dei capi di sezione stanno tornando a livelli normali. E non è certo troppo presto, dato che un grave pericolo ci minaccia ancora da almeno tre direzioni note, e che il fardello di porre fine alla guerra grava esclusivamente sulle nostre spalle. Il Comando di Flotta ha scartato l'analisi fornita da Spock Due in merito alla situazione, in base alla possibilità (per esso ancora reale) che lui possa essere il duplicato... e di conseguenza continua a perdere una battaglia dopo l'altra. Il signor Scott e il suo personale hanno riconvertito il trasferitore, e ci stiamo ora preparando a scendere su Organia, come progettato. Da questo momento, e fino al mio ritorno, la registrazione del Diario del Capitano verrà portata avanti dal signor Sulu.
Ci vollero meno di due ore per porre l'Enterprise in orbita standard intorno a Organia, ma anche al massimo limite operativo del teletrasporto... venticinquemila chilometri... gli effetti emotivi che il campo di pensiero aveva sugli ufficiali e sull'equipaggio erano tanto intensi che ci vollero altre quarantotto ore prima che qualcuno ricominciasse a lavorare, sia pure con la metà dell'efficienza usuale. E neppure questo sarebbe stato possibile se McCoy, infrangendo le sue abitudini, non avesse distribuito notevoli quantità di pillole tranquillanti e antidepressive. Spock Due rifiutò di prendere i medicinali, salvo che dietro
ordine diretto del capitano, ma tutti gli altri non poterono farne a meno. Non vi erano ancora nelle vicinanze nuove navi klingoniane, ma frequenti chiamate intercettate dalla radio subspaziale indicavano che esse erano in arrivo. Ad ogni modo, la sala del teletrasporto, tornata a essere quella di sempre, svanì come previsto intorno a Kirk, Scott e Spock Due. L'ufficiale addetto al teletrasporto aveva inserito le coordinate impiegate per la primissima visita su quel pianeta; in quell'occasione, il loro punto di arrivo aveva avuto l'aspetto di un villaggio rurale inglese della metà del quattordicesimo secolo, completo di casette dal tetto di paglia, di carri trainati da buoi e di gente vestita con indumenti fatti in casa, il tutto dominato da un castello semidiroccato e massiccio quanto Caernarvon, che incombeva in lontananza sull'abitato. Era poi risultato, e non certo per caso, che in quel villaggio risiedeva il Consiglio degli Anziani del pianeta; in effetti tutto l'insieme era stato un'illusione creata dagli Organiani, per mettere a loro agio i visitatori e per mantenere la propria tranquillità, illusione che si era però rivelata del tutto convincente fino a quando non erano arrivati il comandante Kor e la sua forza di occupazione klingoniana, educati, protetti da cotte di maglia e assolutamente spietati. Adesso, tuttavia, in quel posto non vi era nulla di simile a un villaggio, e i tre ufficiali ebbero invece l'impressione di essersi materializzati in mezzo a una distesa di rocce infrante e spoglie, che si stendeva fino all'orizzonte, in tutte le direzioni. In alto, il cielo era di un grigio uniforme, senza neppure la presenza di una chiazza più luminosa dove ci sarebbe dovuto essere il sole locale; l'aria, per quanto immobile, era rarefatta e gelida. Su Kirk, quella landa desolata ebbe un effetto molto deprimente, come se si fosse venuto a trovare su un pianeta che avesse perso il suo ultimo scarafaggio e l'ultimo stelo di lichene un milione di anni prima. E, in effetti, poteva anche essere così, considerato che l'astro di Organia era un sole di prima generazione e che gli Organiani stessi si erano evoluti al punto da non aver più bisogno di un corpo o di altre comodità fisiche molto prima della nascita stessa della Terra. Quanto al senso di depressione, esso poteva derivare dagli effetti dello schermo di pensiero, che in questo caso dovevano essere sorprendentemente tollerabili, anche se molto sgradevoli. Kirk avvertì il tenente Uhura del loro arrivo, poi si rivolse ai compagni. – Avrebbe potuto essere peggio di così – dichiarò, a bassa voce – e credo, anzi, di sentirmi un po' meglio quaggiù di come mi sentissi quando eravamo ancora in orbita, anche se non posso esserne certo. Quali sono le
vostre reazioni, signori? – Tetraggine e senso di depressione incombente – rispose Scott, nel suo tono più scozzese. Anche lui stava sussurrando, quasi senza accorgersene. – Comunque avete ragione, capitano, non è brutto come temevamo. Ma da che parte andiamo? Non si scorge nessun punto di riferimento... e il mio tricorder non registra nessuna forma di attività elettromagnetica. C'è solo fredda pietra morta. Spock Due analizzò lentamente, con il suo tricorder, la distesa di massi infranti. – Non registra nulla – ammise. – Nel corso della nostra prima visita, però, abbiamo trovato la sede del Consiglio a circa due punto due chilometri dalla nostra posizione attuale, verso nord-nordovest. Non essendoci alcun evidente motivo per preferire un'altra direzione, suggerirei di procedere da quella parte, per vedere se gli Organiani hanno lasciato qualche segno o qualche indizio che ci porti fino a loro. – Ma dove si nasconderebbe un pensiero? – obiettò Scott. – Comunque, questa decisione è valida quanto qualsiasi altra. Kirk annuì, mosse un passo in avanti e si trovò immediatamente attanagliato da un incubo. Il deserto roccioso ondeggiò e fluì, come se fosse stato solo un'immagine riflessa sulla superficie smossa di una polla d'acqua, poi si dissolse del tutto e al suo posto, davanti a Kirk, comparve un oggetto mostruoso, di un colore verde opaco ma dalla superficie lucida, di cui non riuscì a identificare l'esatta natura. Era grosso almeno quanto un elefante indiano, e lui non era neppure certo se fosse un animale o un vegetale; non aveva testa e sembrava formato prevalentemente da spessi tentacoli... o viticci... che erano stati attaccati uno all'altro senza un ordine preciso e che si flettevano e annaspavano debolmente. Una parte dell'assurda anatomia della cosa era sostenuta da una stampella di legno, un aggeggio che Kirk aveva visto soltanto una volta in vita sua, in un museo. La creatura non appariva pericolosa, solo vagamente raccapricciante, ma Kirk estrasse comunque il faser, per precauzione; nello stesso momento, i movimenti incerti dell'ammasso verde smossero la gruccia, e l'intera struttura si accasciò in una polla che si contorceva, come se una pentola piena di fagiolini fosse stata lasciata sul fuoco troppo a lungo. Kirk si accorse solo allora che alle sue spalle si stendeva un lungo tratto di spiaggia bianca, costellata di conchiglie, che si perdeva in lontananza, andando incontro a un mare azzurro e a una bassa catena di alture bianche come gesso, che si fondevano con un cielo di un blu smagliante. Un sole
splendeva caldo e la temperatura si era fatta mediterranea; intorno a lui non c'era più nessuno, tranne il mostro caduto e alcuni puntini bianchi che volteggiavano nel cielo, e che sarebbero potuti essere gabbiani. – Signor Spock! – gridò. – Scotty! Due tentacoli si protesero dalla massa verdastra, s'inspessirono e ne generarono altri due, producendo poi dei noduli tondeggianti alle estremità, sulle cui superfici si scorgevano strani segni, simili a facce. Possibile che la cosa misteriosa stesse per riprodursi? Nello stesso momento, il sole si attenuò e svanì, il paesaggio divenne incolore e tutto quanto, tranne i due tentacoli, si dissolse in un denso limbo grigio. I due tentacoli si trasformarono in Spock Due e Scott. – Dov'eravate? – chiese Kirk. – Avete visto quello che ho visto io? – Ne dubito – rispose Spock Due. – Diteci cosa avete visto, capitano. – Mi trovavo su quella che sembrava essere la costa meridionale della Spagna, e davanti a me c'era un grosso oggetto biologico non identificabile. Mi stavo chiedendo se fosse o meno il caso di sparare, quando ho gridato i vostri nomi. La creatura si è trasformata in voi due, e il resto della scena è svanito. – Qualche impressione emotiva, capitano? – Sì, ora che ci penso. C'era la sensazione implicita che stesse per accadere qualcosa di terribile, anche se non avrei saputo specificare che cosa. Un vero incubo. E voi, Scotty, che vi è successo? " – Non ho visto mostri, ma tutto intorno a me si è di colpo trasformato in una serie di linee, nero su bianco. Si trattava di un diagramma elettronico, e anche molto antico, perché in esso c'erano i simboli delle valvole termoioniche... tubi a vuoto. E io ero incastrato nel diagramma, non potevo muovermi, e avevo la sensazione che se qualcuno avesse azionato l'accensione, sarei esploso. Poi, mi sono accorto che tutti i simboli delle valvole erano caricature di facce che conoscevo, vi ho sentito chiamare il mio nome, capitano, e mi sono ritrovato qui... dovunque possa essere. – Io non ho scorto alcun cambiamento, né voi due siete scomparsi – dichiarò Spock Due. – Voi avete solo smesso di camminare, e voi, capitano, avete estratto il faser e chiamato. È ovvio che si è trattato di un effetto dello schermo che circonda il pianeta, e che fino a ora io sto resistendo meglio di voi, come avevamo supposto che potesse accadere. Ditemi, capitano, siete mai stato sulla costa meridionale della Spagna? – Sì, una volta, durante una vacanza, quando frequentavo l'Accademia. – E il signor Scott è stato imprigionato nel diagramma di uno studente o
di uno studioso di reperti antichi. A quanto pare, possiamo supporre che queste allucinazioni siano proiezioni delle nostre prime esperienze. Saperlo potrà esserci di qualche aiuto nell'affrontarle. La nebbia si sollevò di colpo, rivelando lo stesso ammasso roccioso in mezzo al quale si erano materializzati. – Abbiamo fatto qualche progresso? – chiese Kirk. Spock Due controllò il tricorder. – Forse cinque o sei metri, anche se dubito che abbiamo effettivamente percorso tutta quella distanza. – Allora muoviamoci. Con questa velocità, ci aspetta una lunga camminata. Ma come accennò ad avanzare, l'incubo ricominciò... ... con un clamore davvero sconvolgente. Era circondato da una giungla di macchinari primitivi: alcuni martelli pneumatici vibravano follemente senza perforare nulla, bracci rotanti stridevano a causa della ruggine ammucchiata nelle giunture, getti di vapore si levavano nell'aria calda e maleodorante con strida acute, enormi ingranaggi cozzavano fra loro e grandi ruote giravano con fragorosi gemiti, mentre cinghie di cuoio sbattevano e scattavano; gli eccentrici sfregavano nei loro alveoli, migliaia di aste ruotanti sibilavano in varie tonalità, e da qualche parte sembrava che una piastra d'armatura venisse percossa fino a essere ridotta a una sottile sfoglia di metallo. Sul tutto, s'inarcava un tetto di piombo contro il quale ogni rumore echeggiava fino a raddoppiare e triplicare d'intensità, come l'estrema metafora di un'emicrania apocalittica. E ancora una volta non c'erano altri esseri umani in vista... né altre forme di vita. Kirk trovò impossibile stabilire da quale parte delle sue esperienze fosse stato tratto quell'inferno meccanico; il fragore rendeva impossibile riflettere con coerenza: non era solo assordante, stava quasi raggiungendo un livello letale. Tutto quello che riuscì a fare fu avanzare di un altro passo... Splash! Era immerso in un gelido mare nero, sotto la luce spettrale e tremolante di una tempesta notturna, e stava nuotando per salvarsi. Grandi ondate lo sollevavano e lo lasciavano ricadere da altezze spaventose, e l'aria, quando riusciva a inalarne un po', puzzava di un misto di alghe, formaldeide e caffè. Tuttavia, nonostante il freddo, sentiva un gran caldo all'interno dell'uniforme, stava quasi sudando... Il senso d'irrealtà era molto forte, e dopo un momento capì dove si trovava... nel bel mezzo di un delirio che aveva avuto durante un attacco di
febbre vegana, nel corso della sua prima assegnazione di addestramento, e l'odore era quello della medicina che gli era stata somministrata, una pozione locale che costituiva tutto ciò che i coloni avevano da offrire e che, tuttavia, lo aveva guarito. Quando l'ondata successiva lo sollevò, sentì al di sopra del fragore dei marosi un altro rumore minaccioso: frangenti, non molto lontani, che si abbattevano su una scogliera. Illusione o meno che fosse, Kirk dubitò di poter sopravvivere a una cosa del genere, eppure era chiaro che nessuna quantità di movimento fisico lo avrebbe liberato da quella situazione, dato che stava già nuotando con tutte le sue forze. Come... ...lo aveva guarito. Trattenendo il fiato, inghiottì una boccata d'acqua amara. Subito, toccò il fondo con i piedi e un attimo dopo, completamente asciutto, si ritrovò fra le rocce, sotto l'uniforme luce grigia. Questa volta, però, era solo, e chiamare non servì a nulla. Estrasse il comunicatore, anch'esso asciutto, com'era da prevedere, dato che il congegno era impermeabile e a prova di gas. – Signor Spock. Signor Scott, rispondete, prego. Silenzio. – Kirk a Enterprise. – Parla Uhura, capitano – rispose subito il comunicatore. – Potete fornirmi i dati relativi alle posizioni di Spock e di Scott? – Dovreste vederli, capitano. I punti luminosi che li indicano si sovrappongono al vostro, sulla consolle. – Ma non ho questa fortuna, e loro non rispondono alle mie chiamate. Contattateli da lassù, tenente. – Subito. – Seguì una breve pausa. – Hanno risposto immediatamente, capitano, ma neppure loro riescono a vedervi o a comunicare con voi. La donna sembrava molto perplessa, come del resto lo era anche Kirk. – Allora temo che non ci sia niente da fare – disse. – I Klingon non si vedono ancora? – No, signore, ma le linee radio subspaziali sono in gran parte bloccate e quella è di solito la loro prima mossa, quando sono vicini al bersaglio. – Bene, Sulu ha i suoi ordini. Tenetemi informato. Chiudo. Serrando i denti, mosse un altro passo... La roccia si sbriciolò e divenne fertile terriccio, e tutt'intorno a lui sorse il villaggio pseudo-medievale della prima spedizione su Organia, ma era deserto e tutti gli edifici apparivano bruciati, almeno in parte. Quanto al castello, in lontananza, dava l'impressione di essere stato bombardato; un teschio lo guardava sogghignando, abbandonato fra gli steli d'erba alta,
mentre da un punto molto distante giungeva il latrato famelico di un cane selvatico. Nel complesso, la scena ricordava i postumi di un assedio, verso la fine della Guerra dei Trent'Anni. Comunque, questo poteva già essere un progresso, perché somigliava al "vecchio" Organia, più di qualsiasi altra cosa Kirk avesse sperimentato fino a quel momento, e poteva significare che lui si stava avvicinando alla meta. Che vantaggio ne sarebbe derivato a lui, o a tutti loro, se vi fosse giunto senza il capo ingegnere, era ancora da stabilire, e poteva solo sperare che Scotty stesse in qualche modo avanzando nella stessa direzione, attraverso le allucinazioni a cui erano entrambi soggetti. Lo scozzese era cocciuto e scettico, e questo avrebbe dovuto aiutarlo. Ma perché era anche invisibile? Non importava. Prima le cose principali. Un altro passo... Ormai, l'unico aspetto permanente del paesaggio che lo circondava erano i cambiamenti. Attraverso i veli di nebbia in movimento, appariva di tanto in tanto un oggetto indistinto che subito si trasformava in un'altra cosa altrettanto vaga, prima di poter essere identificato. La nebbia aveva svariati colori e non solo ostruiva la visuale, ma privava anche della prospettiva, ed era solcata da tenui venature di un profumo simile a incenso. Kirk avanzò con esitazione, ma la scena rimase intatta, destando in lui il sospetto che quest'illusione sarebbe stata permanente. Mentre procedeva nella nebbia con le mani tese in avanti, cominciò a imbattersi in quelli che poteva definire filamenti d'emozione, invisibili ma palpabili; metà di essi portava con sé un mormorio di voci non riconoscibili o frammenti di musica, e quasi tutti erano sgradevoli. Non ebbe idea di quanto durasse quell'esperienza, e per quello che ne sapeva, forse stava addirittura camminando in cerchio; alla fine, tuttavia, una delle sagome scure che apparivano davanti a lui si rifiutò di dissolversi e divenne invece sempre più nitida e familiare, finché poté vedere che si trattava del primo ufficiale. – Come siete riuscito ad arrivare qui? – Sono rimasto qui per tutto il tempo, capitano, nel mondo reale, per così dire. Ma non potevo comunicare con voi, a causa della vostra attuale allucinazione, e alla fine, con riluttanza, sono stato costretto a fondere la mia mente con la vostra... per penetrare nell'illusione. – Costretto? – Dalle circostanze. State andando nella direzione sbagliata, capitano. – Ne avevo un mezzo sospetto. Guidatemi voi. – Da questa parte.
Il primo ufficiale si avviò, e subito la sua figura si fece stranamente distorta, tanto che Kirk ebbe l'impressione di vederlo di spalle e di profilo nello stesso momento. Tutt'intorno, la scena s'immobilizzò, trasformandosi in un ammasso di poligoni prismatici irregolari di puro colore, come una finestra a mosaico, e ogni movimento cessò. – Signor Spock? Non ebbe risposta, e ispezionò la figura immobile e silenziosa: in essa sembrava esserci qualcosa che non andava, a parte la distorsione, ma non riusciva a capire di cosa si trattasse. Poi, di colpo, lo vide. Sulla mano destra del primo ufficiale c'era l'immagine a cartoni animati dell'anello di Kirk. Il capitano prese subito il comunicatore. – Tenente Uhura, parla Kirk. Mi sono di colpo trovato fra le mani Spock Uno, che sembra controllare la situazione molto meglio di me. Ordinate al personale della sala del teletrasporto di prelevarci entrambi, di afferrarlo e imprigionarlo in modo sicuro, per poi rimandare giù me. – Mi dispiace, capitano, ma non è possibile – disse Uhura. – In questo momento, uno squadrone klingoniano ci è piombato addosso e abbiamo i deflettori alzati al massimo. A meno che non vogliate modificare i vostri ordini precedenti, è probabile che dovremo andarcene al più presto. – I miei ordini – rispose Kirk – rimangono invariati. CAPITOLO XII UNA LOTTA DI SOGNI Diario del Capitano, Data Astrale 4200.9: Il contingente klingoniano è formato da due navi da battaglia, da due incrociatori e da dieci cacciatorpediniere... una forza considerevole da impiegare contro una sola astronave, il che vuol dire che devono essere preoccupati. Si tratta anche di una flotta troppo massiccia per poter manovrare bene così vicino a un pianeta, e in qualsiasi altra circostanza mi sentirei tentato di rimanere in orbita e di ingaggiare battaglia. Gli ordini del capitano Kirk, tuttavia, dicono di allontanarci di fronte a nemici preponderanti per armamenti, e non c'è dubbio che i Klingon lo siano. Di conseguenza, siamo ora diretti verso la Base Stellare Ventotto a velocità di curvatura quattro, con tutta la flotta klingoniana alle calcagna. A questa velocità, le due navi da battaglia ci potrebbero raggiungere facilmente, ma non ci stanno neppure provando, il che m'induce a credere che ci stiamo dirigendo verso una trappola. Bene, anche ammesso che sia così, per lo meno abbiamo attirato su di noi, una buona percentuale della potenza di fuoco dei Klingon, il che è un vantaggio per la Federazione, se non per l'Enterprise.
L'illusione persistette, e Kirk non eseguì alcun movimento che potesse rischiare d'infrangerla. Aveva un tremendo bisogno di tempo per riflettere. Tanto per cominciare, la presenza dell'anello era rivelatrice sotto molti aspetti: uno Spock al suo normale livello d'efficienza non avrebbe certo trascurato un particolare che poteva tradirlo, e Kirk non riusciva a credere che il duplicato di Spock, per quanto deviato dal normale, lo avesse fatto. La persistenza dell'anello, quindi, poteva significare che il campo di pensiero stesse ostacolando anche i suoi processi mentali... certo non quanto quelli di Kirk, ma più di quanto Spock Uno immaginasse. Inoltre, l'arresto del tempo in questa particolare illusione stava avendo effetto anche su di lui? Se così era, allora forse Kirk avrebbe potuto estrarre in fretta il faser e stordirlo, prima che l'illusione cessasse; questo però non avrebbe spiegato come mai Spock Uno fosse comparso proprio là. Quasi certamente, la sua intenzione era stata quella di condurre Kirk fuori strada, il che significava, quindi, che lui conosceva la direzione giusta per arrivare fino agli Organiani, o almeno per fare qualcosa che fosse contro gli interessi dei Klingon. Perché non stare al suo gioco per qualche tempo, allora, in modo da cercare di scoprire di cosa si trattasse e come lui ne fosse venuto a conoscenza? Kirk decise che valeva la pena di correre il rischio... anche se avrebbe dovuto agire in fretta, perché il suo deterioramento mentale avrebbe per forza subito un'accelerazione, e quello di prevedere le mosse di Spock non era mai stato il suo principale talento, neppure nelle migliori circostanze. Avanzò di un altro passo. La scena ondeggiò, come se qualcuno avesse scosso la tela su cui era stata dipinta e poi l'avesse lacerata nel mezzo senza alcun rumore. Si trovò di nuovo fra l'ammasso di rocce... ... e di nuovo si trovò dinnanzi due Spock. I due uomini, l'originale e il duplicato, non parvero neppure notare la sua presenza. Erano posti uno di fronte all'altro, come due antichi pistoleri del West, sebbene nessuno dei due sembrasse consapevole di essere armato o mostrasse la minima intenzione di estrarre il faser. Si limitavano a fissarsi, con espressione gelida e implacabile. C'era anche un leggero accenno di odio sulla faccia di Spock Uno? Kirk non poteva esserne certo, perché i due volti erano terribilmente simile eppure... – È un bene che finalmente ci siamo incontrati ancora – dichiarò Spock Due. – La tua esistenza e i tuoi complotti sono un'offesa contro l'ordine naturale delle cose, oltre che una fonte di seccatura per me. È tempo che sia posta fine a entrambi.
– La mia esistenza – ribatté Spock Uno – è una revisione fortuita e necessaria di una prima stesura molto imperfetta. Sono le annotazioni scribacchiate che dovrebbero essere eliminate in questa sede, non il lavoro perfetto. Comunque, questo è un giudizio che potrebbe tranquillamente essere affidato al tempo, se la situazione generale non fosse tanto cruciale. Forse, potresti persino arrivare a capire, per quanto tu sia una versione rozza! – Il vero studioso – rilevò Spock Due – custodisce tutte le stesure, iniziali e successive, ma la tua metafora letteraria è tutt'altro che chiara e per nulla convincente. – Allora esporrò la questione in termini brutali: io ho intuito la natura dello schermo che circondava Organia molto prima di te, ho acquisito ulteriori dati dai Klingon, dopo aver lasciato l'Enterprise, e ora controllo completamente questo ambiente. Opponendoti a me in queste condizioni, otterresti solo la tua distruzione. In breve, se davvero ti è cara la tua misera esistenza incunabulare, sarebbe logico che tu abbandonassi il campo e preservassi te stesso e la tua causa per quel breve tempo che la storia ti concederà. Durante quel dialogo serrato, il cielo si scurì rapidamente sopra di loro. Kirk non trovava la discussione illuminante, ma la corrente di minaccia che scorreva sotto di essa era fin troppo palese. – La storia non può essere predetta nei dettagli – rispose Spock Due – e se il tuo controllo fosse completo come asserisci, non staresti sprecando tempo a parlare con me. Agendo secondo logica, mi avresti eliminato immediatamente. – Molto bene – disse Spock Uno, e mentre pronunciava quelle parole, tutto svanì e il cielo divenne di un nero assoluto. Poi tornò il chiarore, sotto forma di una vivida luce verdazzurra provocata da un lampo, in fondo al quale c'era Spock Due, avvolto dalle fiamme come un martire sul rogo. Lo shock e lo spostamento d'aria gettarono Kirk a terra e lo fecero rotolare dolorosamente sui sassi per qualche metro. Vibrante per la scossa e tremante, si sollevò in ginocchio e cercò il faser con la mano, ma rimase stupefatto nel vedere che Spock Due era ancora al suo posto... o piuttosto una specie di statua di Spock Due, che sembrava fatta di ottone arroventato, in rapida fase di raffreddamento. Kirk si era aspettato di trovare solo un cadavere accartocciato e carbonizzato... anche se non era certo che questa fosse una conclusione meno tragica. Poi la statua parlò.
– "Non ci sono, dunque, pietre in cielo, se non quelle che servono per il tuono?" – citò, beffarda. – Come vedi, sono bloccato, ma quanto a te... Il duplicato, illuminato solo dalla tenue luce emanata dall'originale, sprofondò di colpo in una fetida palude, e una lenta ondata di fango viscoso stava per coprirgli la testa, quando la pioggia si riversò dal cielo nero in un torrente immane, più simile a una cascata che a un nubifragio. Kirk fece appena in tempo a vedere fugacemente il fango che veniva lavato via di dosso a Spock Uno prima che il vago bagliore prodotto da Spock Due sfrigolasse e si spegnesse sotto quel diluvio. Un momento più tardi, una piena improvvisa afferrò Kirk e lo allontanò di altri tre o quattro metri dalla scena, mandandolo infine a sbattere contro un masso abbastanza grosso da potervisi aggrappare. Il cielo si rischiarò, ma la pioggia continuò a cadere, e il tempestoso corso d'acqua si allargò e si approfondì, trasportando strani oggetti sulla sua superficie fangosa e spumeggiante: travi spezzate, pezzi di carta, frammenti di mobili, bottiglie ondeggianti, lattine, corpi lacerati di un assortimento di animali provenienti da una dozzina di pianeti diversi... conigli, polli, scopolamandre, beademungen, escallopolpi, tribli, unipedi, gormenghastlies, ores, tnucipen, wogs, reepicheeps, un vero zoo di cadaveri affogati, comprendente un numero sempre crescente di cose talmente orribili che Kirk, nonostante tutta la sua esperienza in campo esoteratologico, non riuscì a osservarle per più di un istante. Si guardò intorno, alla ricerca di Spock Due, e lo scorse ancora più a valle, che remava con cupa determinazione, contro corrente, in quello che sembrava un kajak improvvisato. A quanto pareva, lo schermo gli aveva impedito di ricordare con precisione come fosse fatto un kajak, o forse crearne uno era più difficile di quanto avesse supposto, almeno per un principiante, dato che lui stava perdendo la battaglia: la maggior parte dei suoi sforzi tendevano a impedire che la leggera imbarcazione di tela si rovesciasse, e intanto veniva trascinato sempre più lontano. A monte, c'era invece un albero enorme dalle foglie ampie, simile a un baobab, radicato in mezzo alle acque ribollenti, e Spock Uno se ne stava comodamente seduto su uno dei rami più bassi, infangato ma al sicuro. Kirk modificò la presa intorno al masso, che stava comunque per essere sommerso dalla piena, si arrampicò su di esso e cercò, sdrucciolando e scivolando, di puntare il faser contro il duplicato. Prima però che riuscisse a prendere bene la mira, il grande albero appassì, marcì e cadde nell'acqua con una pioggia di foglie secche e di rametti spezzati, come se fosse stato aggredito al tempo stesso dalla
ruggine delle piante, dal cancro, dal carbonchio e dalla muffa di Titano. Spock Uno cadde con esso. Il diluvio cessò all'istante, rimpiazzato da un sole rovente, e l'acqua sprofondò senza lasciare traccia nelle sabbie di uno sterminato deserto bianco. Spock Uno era illeso, ma Kirk comprese subito, grazie ad anni di esperienza acquisita giocando a scacchi con l'originale, che il duplicato aveva perso terreno: aveva fatto una mossa che era puramente difensiva e che non minacciava l'avversario. Spock Uno dovette accorgersene nello stesso istante, perché subito un immenso ciclone scese dal cielo e si mosse ruggendo sulla sabbia, non in direzione di Spock Due ma di Kirk. Quella era una mossa astuta, perché l'originale non poteva difendere il capitano, senza esporre pericolosamente se stesso. A questo punto, Kirk pensava di aver ormai capito almeno alcune regole di quel gioco: in pratica, tutto ciò che i due combattenti avevano fatto fino a quel momento era stato apportare modifiche all'ambiente, mentre era chiaro che le loro capacità di alterare la propria struttura fisica o di procurarsi attrezzature difensive, erano relativamente limitate. Anche la mente di Kirk, per quanto priva delle capacità ipnotico-telepatiche dei due ibridi, era però stata influenzata dallo schermo, ed era forse possibile che lui riuscisse a produrre una reazione, anche se non una uguale e opposta. Quella non era una situazione newtoniana. Si concentrò sul compito di spingere indietro il ciclone, che si arrestò a poco a poco, ruotando e ululando, in un punto posto proprio a metà fra i due Spock, che non avevano accorciato la distanza creatasi fra di loro durante l'inondazione. Poi, in modo ancor più graduale, la tromba d'aria si acquattò come una bestia immane e si allargò, avvolgendo entrambi i contendenti. Kirk ebbe una breve visione di Spock Uno che si librava in aria descrivendo un cerchio sempre più ampio, apparentemente sostenuto da ali di pipistrello, prima che il ciclone si richiudesse anche su di lui e tutto venisse obliterato dal maelstrom. Per un lasso di tempo, che parve durare anni interi, Kirk non fu consapevole di altro se non del ruggito e delle punture della sabbia che si alzava e turbinava per il vento. Il suono, però, prese poi a diminuire d'intensità, non come se stesse perdendo potenza ma come se si fosse portato a una grande distanza; dopo parecchi minuti, di esso rimase solo una vibrazione nelle orecchie di Kirk, l'aria si schiarì e lui si trovò di nuovo sulla spianata rocciosa... affiancato da Spock e da Scotty.
L'ingegnere sembrava intontito, mentre Spock aveva l'aria tranquilla. Kirk lanciò una rapida occhiata alle dita del primo ufficiale e constatò che non portavano anelli. Quello era un indizio sicuro, in quanto Spock Uno non aveva pensato a togliere l'anello quando era stato in vantaggio, e certo non aveva avuto il tempo di farlo nella lotta furiosa e nel succedersi degli pseudo eventi che lo avevano travolto. – Signor Spock! Cosa è successo? Dov'è l'altro? – Morto – rispose il vulcaniano. – Mi sono servito dell'illusione del tornado, da lui creata, per spingerlo contro lo schermo di pensiero. Lui era una creazione di quello schermo, e sapeva di non poter sopravvivere a una seconda esposizione. Io stesso ne sono stato seriamente influenzato ma, come vedete, mi sono salvato. Tuttavia, capitano, non avrei potuto prevalere se voi non foste intervenuto nel momento giusto. – Grazie... ma ancora non capisco come abbiate fatto. Certo un tornado non poteva salire tanto in alto da raggiungere lo schermo, dato che neppure l'atmosfera arriva fin là. – No, capitano, ma dovete considerare che nulla di quanto avete visto nell'ultima ora è effettivamente accaduto. Anzi, è probabile che molti degli eventi a cui voi avete assistito siano parsi differenti ai miei occhi. È stata una lotta d'illusioni... e alla fine il duplicato ha creduto di essere sospinto contro lo schermo. È stato sufficiente. – Può un uomo essere distrutto da una semplice convinzione? – chiese Kirk, accigliandosi. – È già accaduto molte volte, capitano – affermò Spock – e indubbiamente accadrà ancora. – Avete ragione – ammise Kirk, pensoso. – Bene, finis opus coronat, la conclusione corona l'opera, come soleva dire il mio professore di latino, quando consegnava gli esami finali. Signor Scott! – Eh? – fece il capo ingegnere, sussultando. – Oh, sono qui. Capitano, non credereste... – Vi assicuro di sì, ma per il momento non voglio sentire la vostra storia. Ci dobbiamo muovere, ma la domanda è, da che parte? – Verso la Sala del Consiglio degli Anziani – dichiarò Spock. – E, se non mi sbaglio, è proprio laggiù. CAPITOLO XIII LA GROTTA D'ACCIAIO Diario del Capitano, Data Astrale 4201.6:
Sfortunatamente, i miei sospetti erano esatti: ci stanno spingendo verso una trappola. I sensori indicano la presenza di una massa di navi pesanti, disposte a semicerchio, con l'estremità aperta verso di noi, e i nostri inseguitori si stanno ora schierando in modo da formare l'altra metà del cerchio. Alla fine, ci verremo a trovare al suo centro, dove le condizioni saranno per lo meno scomode. Siamo in allarme rosso, e quando finalmente riusciranno a distruggere l'Enterprise, i Klingon desidereranno, invece, di averci lasciati passare senza colpo ferire. Questa battaglia costituirà un particolare di cui andare orgogliosi, nel curriculum del capitano Kirk, ammesso che sia ancora vivo, quando gli verrà assegnato il prossimo comando. Espellerò il Diario di Bordo, subito prima che lo scontro abbia inizio.
Era vero. Il villaggio era tutt'intorno a loro, non più in rovina ma come Kirk lo ricordava, perfino per quanto riguardava gli abitanti... e perfino nel particolare dell'assoluta mancanza d'interesse nei confronti dei tre ufficiali in divisa, che un tempo aveva destato tanta perplessità. Ora Kirk sapeva che tutto questo era un'illusione, perché in effetti quegli esseri erano privi di corpo e non avevano bisogno di abitazioni, ma siccome era un'immagine provocata dagli Organiani stessi, contrariamente a quelle che l'avevano preceduta, vi era in essa qualcosa di rassicurante. – Sono ancora vivi e ancora qui, signor Spock. – Così sembra, capitano. Vogliamo procedere? – Ma certo. Entrarono nell'edificio che era stato in precedenza indicato loro come il luogo di riunione del temporaneo Consiglio degli Anziani... l'altra volta non avevano supposto quanto fosse temporaneo (visto che gli Organiani non avevano governanti e non avvertivano la necessità di eleggerne). Anche quella costruzione era rimasta identica: la sala del Consiglio vera e propria aveva pareti di pietra intonacate, decorate da un unico arazzo di qualità scadente, ed era arredata solo con un rozzo e lungo tavolo e con alcune sedie ancora più grezze. Gli Anziani erano presenti, una dozzina in tutto, vestiti con abiti modesti, canuti, benigni, quasi caricature dell'immagine di una divinità paterna con quei loro eterni sorrisi... ma quei sorrisi non erano forse ora un po' meno smaglianti? Nel gruppo c'erano tre uomini che Kirk riconobbe immediatamente. – Consigliere Ayelborne – salutò formalmente. – Consiglieri Claymare e Trefayne. Siamo lieti di rivedervi, sia personalmente che nell'interesse della Federazione. Vi ricordate di me? – Certo, capitano Kirk – rispose Ayelborne, porgendogli la mano. – E ricordiamo anche il vostro amico non terrestre, il signor Spock. Ma non
abbiamo ancora avuto il piacere di conoscere il vostro secondo compagno. – Questo è il signor Scott, il mio capo ingegnere, e la sua presenza costituisce anche il motivo principale della nostra visita, per il nostro bene e per il vostro. Ma innanzitutto, signore, se non vi dispiace, potreste dirmi cosa sapete della situazione attuale, su Organia e altrove? Il sorriso di Claymare era adesso decisamente spento. – Ben poco – ammise. – Senza preavviso, ci siamo accorti che il nostro mondo era stato circondato da un campo di forza dalle caratteristiche del tutto nuove, che non solo c'impediva di allontanarci dal pianeta, ma aveva anche effetti estremamente sgradevoli sui nostri processi di pensiero. Soltanto di recente abbiamo scoperto chi aveva realizzato tutto questo, e a quale scopo, anche se avevamo avanzato parecchie ipotesi plausibili. "Poi un'entità vivente altrettanto misteriosa ha in qualche modo penetrato lo schermo, ed è atterrata qui su una piccola nave spaziale. All'inizio abbiamo creduto che si trattasse del signor Spock, ma abbiamo appurato ben presto che era una specie di essere organico a noi del tutto sconosciuta. Perfino le sue correnti neurali scorrevano all'indietro, e non riuscivamo a comprenderne il significato, né a decidere quali misure adottare riguardo alla sua presenza. "Alla fine, siete apparsi voi tre, e dai vostri pensieri abbiamo potuto stabilire che sapevate cos'era accaduto e che eravate venuti per aiutarci. Tuttavia, la maligna creatura giunta con la navetta possedeva una mente forte quanto quella del signor Spock... davvero notevole per un'entità dipendente da un substrato di materia... e che per di più sembrava funzionare bene sotto gli effetti dello schermo, che invece ostacolava notevolmente le vostre. Abbiamo inviato i nostri impulsi nella speranza che vi guidassero, ma fino a quando quella creatura non è stata eliminata... impresa in cui voi siete riusciti e per cui ci congratuliamo... avete proceduto per forza di cose in maniera un po' erratica". – Questo è certo – convenne Scott, con sentimento. – Grazie ai vostri pensieri – continuò Trefayne – ora vediamo anche che i Klingon sono responsabili dell'erezione dello schermo, cosa per cui dovrebbero essere adeguatamente puniti; ma noi siamo più impotenti che mai. – Forse no – rispose Kirk. – È per questo che ho portato con me il mio capo ingegnere. È sua opinione che lo schermo sia generato da una macchina che è stata deposta sul vostro pianeta da un missile automatico perché altrimenti avreste rilevato i pensieri del pilota. Probabilmente, non abbiamo speranze di localizzare il generatore o il missile, ma il signor
Scott ritiene di poter costruire un apparecchio che lo neutralizzerà. I consiglieri di Organia si guardarono a vicenda. – Allora – disse infine Ayelborne – lo invitiamo a procedere senza indugio. – Ho paura che non sia tanto facile – replicò lo scozzese, con un misto d'imbarazzo e di tetraggine. – Vedete, consigliere, non abbiamo potuto portare con noi una grande quantità di attrezzi e di componenti: dato che non sapevamo dove saremmo andati a finire e cos'avremmo incontrato, abbiamo viaggiato leggeri. Le nostre cinture sono piene di componenti miniaturizzate e di altri piccoli congegni, ma mi sarebbe utile avere qualche pezzo di materiale più grosso con cui unirli, se capite cosa intendo. – Senza alcuna difficoltà – rispose Claymare. – Però, sfortunatamente, non abbiamo... attrezzature... del genere... – È quello che temevo. E non è la prima volta che mando a quel paese il modellista che ha pensato che fosse più elegante non inserire tasche in queste uniformi. – ... ma sappiamo dove si trova attualmente la navetta di quella maligna creatura. Vi sarebbe di qualche utilità? – La navetta! – esclamò Kirk. – Ma certo! A meno che il duplicato non vi abbia installato qualche trappola e non l'abbia modificata in modo che distrugga se stessa e anche noi al semplice contatto. Comunque, è un rischio che dovremo correre. – Sarebbe anche interessante – rifletté Spock – studiare come sia riuscito a equipaggiarla con un'unità di curvatura. – Sì, ma questo verrà dopo – replicò Kirk, con una certa impazienza. – Scotty, le parti e le attrezzature della navetta risolverebbero i vostri problemi? – Uno di essi – rispose il capo ingegnere, sempre più imbarazzato. – Vedete, capitano, non vi posso rispondere con esattezza perché la mia mente è così distorta dallo schermo e da tutte le stranezze che ho dovuto sopportare da quando ho messo piede su questo spaventoso pianeta, che non so quasi più distinguere un quark da un claymore... uno spadone scozzese. Ci sono seri dubbi che io riesca a lavorare in maniera valida in queste condizioni, e pari probabilità che faccia invece saltare tutti in aria. Claymare, che per un momento aveva dato l'impressione di credere di essere stato interpellato, si accigliò e frenò le parole che forse stava per pronunciare, ma Ayelborne sorrise e disse: – Oh, quanto a questo, noi possiamo proteggere le poche menti che formano il vostro gruppo dagli effetti dello schermo. È sempre più facile aprire un ombrello che deviare
un intero acquazzone, anche nei reami del puro pensiero, ma è evidente che dovremo procedere senza indugio, perché stiamo tutti soffrendo in maniera grave e crescente sotto la pressione dello schermo... compresa la nostra popolazione. Avete preso una decisione? – Sì – dichiarò Kirk. – Agiamo subito. – Molto bene. Dal momento che vi serve la navetta del vostro rinnegato, essa si trova... – ... qui. La camera del Consiglio si dissolse, e con essa gli altri nove consiglieri, poi Kirk si trovò in una grande caverna, rischiarata da una luce indiretta e grande forse la metà del ponte dell'hangar dell'Enterprise, insieme a cinque entità viventi... un altro terrestre, un ibrido vulcaniano e tre Organiani di cui non avrebbe mai conosciuto il vero aspetto. Non aveva idea di come facesse a sapere di trovarsi in profondità sotto la superficie del pianeta, ma provava la sensazione che su di lui gravasse il peso di una grande quantità di roccia, che accettò, senza dubbi, come una massa reale e non come una specie di allucinazione. L'aria era molto secca e immobile, il suolo liscio e incurvato verso il centro. Nel mezzo della depressione si trovava la navetta rubata, dall'aria familiare e innocua. Ovviamente, Spock non la considerò una vecchia amica perché, tenendo la testa reclinata da un lato e gli occhi socchiusi, la sondò da prua a poppa con il tricorder. – C'è qualcosa che esuli dalla norma, Spock? – chiese Kirk. – Nulla che io possa individuare, capitano. Non sembrano esserci sequenze insolite nel flusso di energia che alimenta i circuiti della serratura del portello principale, anche se quello è il primo punto in cui sarebbe logico installare una trappola... e il più facile da manipolare. E non vedo ragioni per cui il duplicato, avendo deciso di non impedire l'accesso alla navetta nel suo complesso, dovrebbe poi essersi preso il disturbo di minarne qualche parte. – A me ne vengono in mente parecchie – obiettò Kirk. – Al suo posto, se avessi voluto usare ancora la navetta per lasciare Organia in tutta fretta, non avrei applicato trappole alla serratura, non l'avrei neppure chiusa, ma avrei inserito un dispositivo nei comandi, di un tipo che io solo potessi disattivare senza rischi e che nessun altro potesse trovare. – Rischioso – replicò Scotty. – Qualcuno potrebbe azionare accidentalmente una mina del genere, e allora tanto varrebbe attaccare il detonatore ai propulsori, in modo da far esplodere la navetta
indipendentemente da cosa venga toccato; quindi sarebbe molto più facile applicarlo invece alla serratura, come sostiene il signor Spock. – Ma forse, il duplicato potrebbe aver predisposto l'esplosione soltanto nel caso che qualcuno indagasse sulla sua invenzione, conservandola altrimenti per sé fino all'ultimissimo minuto. – Il dispositivo di curvatura in miniatura? – chiese Spock. – Sì, anch'io avrei fatto lo stesso, considerate le circostanze, ma non sarebbe stato semplice. Avrebbe potuto installare il congegno solo dopo essere atterrato su Organia, ed è probabile che non abbia avuto il tempo di progettarlo durante la fuga dall'Enterprise, e tanto meno di attuarlo dopo un rapido atterraggio e una fuga affrettata. – Dovremo affrontare questi rischi così come vengono – dichiarò Kirk. – Signor Spock, aprite il portello. Scotty, quando saremo dentro, non toccate niente fino a quando il Signor Spock non l'avrà controllato. – Certamente – ribatté lo scozzese, indignato. – Mi prendete per un apprendista, capitano? Spock si accostò al portello, lo esaminò ancora una volta, poi ripose il tricorder e prese il comunicatore, pronunciando a bassa voce una serie di numeri. Le porte esterne della navetta scivolarono subito di lato, rientrando, silenziose, nelle paratie e lasciandoli entrare, quasi in punta di piedi, sotto gli sguardi apparentemente impassibili dei tre Organiani. Il singolo corridoio centrale, che collegava la cabina di controllo ai motori, era rischiarato dal tenue bagliore di alcune lampade distanziate fra loro e formate da tubi contenenti un gas molto rarefatto e continuamente eccitato da una fonte di radioattività inserita all'interno. Questo significava che le fonti di energia primaria erano disattivate, dato che quelle lampade non avevano interruttori di spegnimento e non si sarebbero mai esaurite nell'arco di vita dell'umanità, perché il loro eccitatore radioattivo aveva un periodo medio di durata di venticinque milioni di anni. Per un tacito accordo, Spock e l'ingegnere si diressero verso la sezione motori, e Kirk li seguì, sentendosi al tempo stesso inutile e apprensivo; dopo un attimo, tuttavia, fu pervaso da un profondo senso di pace. – Questo sì che è un sollievo – dichiarò Scott, e perfino Spock parve leggermente stupito. Kirk impiegò parecchi secondi per intuire la causa di quel fenomeno: la pressione esercitata dal campo sulle loro menti era svanita e gli Organiani li stavano schermando. Si era talmente abituato a lottare contro lo schermo... i suoi effetti erano diventati parte così integrante dell'ambiente... che quel senso di rilassamento era adesso qualcosa di strano, simile alla sonnolenza.
– State in guardia – ammonì. – Questa sensazione di benessere è irreale, almeno in parte, e a bordo ci potrebbero essere altre trappole – È utile che ce lo abbiate ricordato – convenne Spock. I motori non avevano subito vistose modifiche, a parte una piccola struttura nera e argento che sporgeva, enigmatica, dall'unico generatore di bordo. Spock l'esaminò con cautela, e Kirk, la cui mente era ancora un po' affaticata dopo il serrato succedersi di allucinazioni, ebbe la strana impressione che il congegno stesse ricambiando il suo sguardo. Scott ignorò la scatoletta nera, e sedette invece davanti alla piccola consolle di manutenzione, prelevando il contenuto della cintura. Ben presto, la superficie della consolle fu cosparsa di piccole componenti, di volute di cavi e di attrezzi che sembravano troppo miniaturizzati per poter essere maneggiati. In effetti, quando Scott raccolse il primo, esso quasi scomparve fra le sue dita, ma come sempre lo scozzese lo manovrò con micrometrica precisione. Per le parti ancora più microscopiche del suo lavoro, l'ingegnere si mise all'occhio una lente da gioielliere. Nel frattempo, Spock era affaccendato con i suoi attrezzi, intento a togliere la piastra anteriore del misterioso apparecchio aggiunto al generatore. Era un procedimento lento, perché a ogni mezzo giro di vite si fermava e prendeva letture con il tricorder; evidentemente sospettava che una bomba o un meccanismo di autodistruzione potesse essere attivato in caso di parziale rimozione di una qualsiasi vite, e questo lo induceva a controllare la presenza di preliminari flussi di energia che contrassegnassero l'entrata in azione di un eventuale detonatore. Erano precauzioni del tutto logiche, ma facevano sì che il tempo si trascinasse con una lentezza quasi intollerabile. Kirk ebbe l'impressione che intere battaglie avrebbero potuto essere vinte o perse mentre loro lavoravano in quella grotta d'acciaio, silenziosa e del tutto isolata, su quell'inaccessibile pianeta... Finalmente, l'apparecchio costruito da Scotty, un congegno di notevole complessità e... agli occhi di Kirk... di assoluta incoerenza, parve completato; l'ingegnere era adesso intento a collegarlo alla consolle di manutenzione in vari punti, e un paio di quei collegamenti lo obbligarono a strisciare sotto il pannello, insinuandosi in uno spazio che sembrava appena sufficiente a contenere un bambino. – Per adesso basta così – annunciò, quando si decise ad emergere. – Ora, signor Spock, posso avere un po' di energia dal vostro generatore, se nel frattempo non lo avete fuso del tutto? – Ovviamente, il generatore è intatto – fu la gelida risposta del primo
ufficiale. – Ho staccato il congegno per la velocità di curvatura costruito dal duplicato, e non ho apportato alterazioni di sorta nel generatore vero e proprio. – Meglio per voi. Allora convoglierò un po' di riscaldamento centrale nella mia creazione. Scotty azionò un interruttore, e il generatore salì, con un decoroso ronzio, a un livello operativo, mentre una serie di luci indicatrici si accendevano sulla consolle di manutenzione, sotto l'occhio vigile dell'ingegnere. – Non so – commentò lui, dubbioso – se riuscirò a togliere un involucro di energia che avvolge un mondo intero, con una quantità di energia così misera su cui lavorare. Comunque, c'è un solo modo per scoprirlo. Con lentezza, girò la manopola di un potenziometro, continuando a osservare con attenzione la consolle e il suo apparecchio improvvisato. – Riceviamo una certa quantità di feedback – annunciò alla fine. – La battaglia è cominciata. Ora aumentiamo un po' l'energia... Un altro giro di manopola. – Si tratta di Davide contro Golia – borbottò lo scozzese – e io sono senza la mia fionda. Capitano, sicuramente là fuori sta succedendo qualcosa, ma io non posso stabilire la quantità di effetto da me provocata con questi strumenti, perché questa consolle non è stata progettata per fornire dati simili. Per quanto la cosa mi rammarichi, devo pregarvi di chiedere ai nostri amici là fuori di smettere di proteggerci, altrimenti non potrò ottenere valori affidabili. Kirk accennò a voltarsi verso il corridoio, ma gli Organiani dovettero intercettare istantaneamente la richiesta nella mente di Scott, perché la strana oppressione provocata dallo schermo di pensiero tornò subito a farsi sentire; adesso era molto meno intensa, ma evidentemente l'ingegnere non era ancora soddisfatto. – Sto provocando soltanto un'interferenza locale – dichiarò, e girò ancora la manopola, causando un'ulteriore, ma minima, diminuzione della sensazione. – Non va bene. Anche con l'aiuto degli Organiani, non posso combattere uno schermo esteso su un intero pianeta avendo come unica fonte di alimentazione il generatore della navetta. Semplicemente, mi manca l'energia necessaria. – Ritengo di potervi essere d'aiuto – affermò Spock. – Ho capito il principio su cui si basa quest'unità per la velocità di curvatura: essa sembra ricavare l'energia direttamente dallo spazio Hilbert, dalla stessa fonte che genera gli atomi d'idrogeno. In altre parole, si tratta di un metodo per
attingere al processo della creazione continua. – Cosa? – esclamò Scott. – Preferirei attaccare addosso a Dio una presa da tredici ampere. Non voglio avere nulla a che fare con quell'aggeggio. – È un'idea che mette i brividi – convenne Kirk – tuttavia, signor Spock, è ovvio che ha funzionato una volta, per il duplicato. Potreste ricollegarla al generatore senza provocare qualche catastrofe? – Ritengo di sì, capitano. Probabilmente, posso portare a termine meglio del duplicato qualsiasi cosa da lui compiuta. – "Hubris" – borbottò Scott. – Orgoglio eccessivo, la causa della caduta dei Greci. Se non avremo la catastrofe, avremo un miracolo, il che sarà forse peggio. – A questo punto, ci serve un miracolo – decise Kirk. – Procedete, signor Spock... reinseritela. Spock lavorò in fretta. Borbottando, l'ingegnere mosse ancora la manopola, e la sensazione provocata dallo schermo si attenuò come il ricordo di un brutto sogno. Rischiarandosi sempre più in volto, Scott girò al massimo la manopola.. Cinque minuti più tardi, Organia era libero, e... – Buon giorno, signor Sulu – disse Kirk. – Signor Spock, assumete il comando. Tutti i capi di sezione a rapporto. CAPITOLO XIV UNA VISITAZIONE DEGLI SPIRITI Diario del Capitano, Data Astrale 4202.0: Suppongo che nessuno riuscirà mai a ricostruire con esattezza quello che è accaduto su tutti i fronti di battaglia, nell'istante in cui gli Organiani sono stati liberati dalla prigione in cui era stato trasformato il loro pianeta. Alcuni fra i numerosi incidenti verificatisi, tuttavia, sono riferiti nei rapporti giunti ufficialmente all'Enterprise o da noi intercettati casualmente, rapporti che Sulu aveva debitamente registrato, in qualità di capitano pro tempore. Naturalmente, anche alcuni di questi episodi sono incomprensibili per noi, ma in alcuni casi vi sono coinvolti ufficiali klingoniani in cui ci siamo imbattuti in passato e di cui possiamo immaginare il comportamento o ciò a cui si sono trovati di fronte; in altri, abbiamo potuto ricostruire in parte l'accaduto con l'aiuto del computer, ma il quadro complessivo dev'essere lasciato all'immaginazione... che il computer non possiede, forse per nostra fortuna.
Se l'universo si rimpicciolisse alla velocità di un centimetro al giorno, e tutte le nostre scale di valori si contraessero con la stessa velocità, come
potremmo mai sospettare che stia succedendo qualcosa? Il comandante Koloth sedeva davanti allo schermo visore della nave da battaglia klingoniana Destruction, silenzioso e immobile come una statua di pietra. Sulla sinistra, il quadro di navigazione indicava con una serie di punti verdi lo schieramento del resto della flotta, che manteneva obbedientemente la formazione di un emisfero rovesciato che lui aveva ordinato fosse assunta, quando avevano lasciato il sistema organiano; Koloth non guardava mai da quella parte, perché sapeva che lo squadrone stava eseguendo i suoi ordini, e non gli passava neppure per la mente che potesse non essere così. In ogni caso, tutta la sua attenzione era concentrata sulla preda, indicata dal piccolo puntino rosso al centro dello schermo visore, un puntino rappresentante la macchina più possente mai concepita dai Terrestri... che presto non sarebbe stata altro che una nube di gas radioattivo. Alcuni giorni prima, aveva scoperto che la nave a cui stava dando la caccia era l'Enterprise, e questo aveva trasformato il suo gusto per l'inseguimento da semplice piacere militare a gioia selvaggia. Koloth aveva incontrato James Kirk e i suoi uomini altre due volte, coincise con altrettante sconfitte: la questione dello Xixobrax Jewelworm, e la disputa per la colonizzazione del Pianeta di Sherman. Quella seconda occasione, aveva costituito l'umiliazione più grave per l'Impero, e quindi per lo stesso Koloth, perché l'Impero Klingon, molto correttamente, non perdonava i fallimenti. Ciò che più dava fastidio al comandante klingoniano da un punto di vista personale non erano però le considerazioni diplomatiche, e neppure il danno derivato alla sua carriera, ma il fatto che Kirk, in un apparente gesto conclusivo di disprezzo, era riuscito a infestare la nave di Koloth con quei disgustosi e fertilissimi animaletti chiamati tribli. Ci era voluta quasi un'intera lunazione per eliminarli tutti. Soffocò un brivido e sfiorò un pulsante sulla consolle che aveva dinnanzi. – Korax. Il primo ufficiale apparve accanto a lui come per magia. – Sì, mio signore? – Nessuna trasmissione da parte del nemico? – Nessuna, mio signore, altrimenti te ne avrei informato all'istante. Non hanno neppure modificato la rotta o la velocità relativa. – Questo lo vedo da me. In situazioni estreme, le navi della Federazione espellono una boa contenente il Diario di Bordo, perché venga recuperata in seguito. In questa situazione, non vedo come la Federazione la potrebbe mai ritrovare, ma non voglio neppure che vada distrutta in battaglia, quindi
provvedi all'individuazione e al recupero. – Siamo alla portata massima dei sensori, per un oggetto così piccolo, mio signore. – Un motivo di più per mantenere un'estrema vigilanza. La boa emetterà qualche segnale di riconoscimento, cerca d'intercettarlo. Korax salutò e scomparve; Koloth riprese a fissare lo schermo. Nulla avrebbe potuto salvare l'Enterprise, questa volta. Stava andando dritta verso la trappola che l'avrebbe spezzata come una noce, perché non aveva altra scelta. Sperava di poter essere lui quello che l'avrebbe distrutta, ma era probabile che l'ammiraglio al comando delle molto più massicce forze klingoniane, in attesa dall'altro lato, avrebbe preteso quel privilegio. Questo era normale... il rango aveva i suoi vantaggi... ma Koloth sapeva che anche l'ammiraglio Kor nutriva il personale desiderio di liberare l'universo da Kirk e dalla sua nave, o che almeno aveva motivi per desiderarlo. Bene, alla fin fine non era questo che importava, ciò che contava davvero non era chi avrebbe distrutto l'Enterprise, ma la distruzione in se stessa. E quella conclusione sarebbe giunta presto... Ciò che, però, Koloth ignorava era che gli ci era voluto un anno klingoniano soltanto per convocare Korax, che l'intera galassia aveva completato la sua ventisettesima rotazione intorno al suo centro mentre si svolgeva la loro conversazione, e che da quando essa si era conclusa, la galassia aveva compiuto altre tre rotazioni e mezza. Per la Destruction e per quanti si trovavano a bordo, il Tempo stava rallentando secondo una curva asintotica, e la caccia del comandante Koloth non avrebbe mai avuto fine... ... e Koloth non lo avrebbe mai saputo. La valutazione di Kor, fatta da Koloth, era stata errata, e quello era uno dei motivi per cui lui era ancora comandante... e ora lo sarebbe rimasto in eterno, perfino dopo che l'intero universo fosse morto... mentre Kor era diventato ammiraglio. Era stato Kor a trovarsi di fronte a Kirk nella lotta riguardante Organia, che si era poi conclusa con lo sgradevole Trattato di Pace Organiano; ma Kor non nutriva risentimenti. Lui non considerava quanto era accaduto una sconfitta, ma piuttosto una frustrazione. Le forze della Federazione e dell'Impero avevano preso posizione per lo scontro finale, quando gli Organiani avevano reso tutti impotenti, imponendo le loro condizioni, e Kor aveva avuto la sensazione che quell'intervento avesse offeso Kirk tanto quanto lui. Quegli ufficiali della Federazione davano l'impressione di essere dei deboli finché il
combattimento non diventava inevitabile, ma da quel momento in poi si rivelavano antagonisti formidabili, Il modo in cui l'Enterprise era penetrata così a fondo nel territorio dell'Impero parlava da solo: era stato un atto di grande coraggio, che meritava il rispetto di un guerriero. Kor non riteneva che si fosse trattato anche di sventatezza: solo i codardi evitano la battaglia quando tutte le probabilità sono contro di loro. L'ammiraglio klingoniano sapeva anche che i capitani di astronave della Federazione avevano maggiore libertà di contravvenire agli ordini e maggiori poteri discrezionali di quelli che lui sarebbe mai stato autorizzato a esercitare, e questo gli permetteva di apprezzare ancora di più il coraggio e l'astuzia di Kirk, per quanto fosse sua convinzione che tutto ciò avrebbe a lungo andare contribuito alla caduta della Federazione... forse anche ritolto presto. Sarebbe stato interessante scoprire cosa Kirk avesse sperato di ottenere con quella scorreria. Per quanto ne sapeva Kor, in base alle informazioni ricevute, Organia non esisteva più e il sistema organiano aveva cessato di costituire un quadrante strategico; tuttavia l'Enterprise aveva schivato e zigzagato con estrema cocciutaggine per arrivare fin là, evitando nel frattempo di arrecare qualsiasi danno ai veri bersagli militari che erano stati alla sua portata e che Kor avrebbe invece annientato lungo il cammino come procedura scontata, specialmente in una missione suicida. Si poteva attribuire soltanto un certo peso alla semplice curiosità... dopo tutto, Kirk non poteva essere sicuro che Organia fosse estinto... ma perché non si era fatto largo sparando? Per esempio, avrebbe potuto spazzare via Bosklave, che si trovava lungo la sua traiettoria ed era del tutto impreparato all'attacco di un'astronave: certo Kirk aveva saputo dove si trovava e che quella distruzione sarebbe stata un brutto colpo per l'Impero, eppure non aveva fatto altro che annientare la simbolica guarnigione posta intorno a Organia... con uno stratagemma davvero astuto... per poi tornare subito al sistema organiano e rimanere quindi intrappolato nell'attuale culde-sac, senza far pagare all'Impero un vero prezzo per la sua cattura. Era uno spreco... anzi, qualcosa di più: era un mistero. Ma questo era il problema delle società democratiche: condividevano con l'Impero tutti gli svantaggi della burocrazia, ma non godevano dei vantaggi derivanti dalla gerarchia e dalla centralizzazione; presto o tardi, perfino un capitano coraggioso ma prudente come Kirk, e un'astronave costosa come l'Enterprise sarebbero andati perduti per un errore di giudizio o per il capriccio di qualcuno. Certo, combattere contro la Federazione era stato interessante, ma Kor era comunque contento che la
lunga guerra... o piuttosto non-guerra fino a poco tempo prima... stesse per finire. Affrontare i Romulani, la successiva società che figurava nei programmi di conquista dell'Impero, sarebbe stato più divertente, perché i Romulani avevano poca immaginazione, ma erano coraggiosi come eglons e possedevano tutte le virtù militari... disciplina, una gerarchia rispettata, la prontezza nel porre la società al di sopra del singolo, una disponibilità quasi poetica a vivere in modo tragico, e soprattutto il buon senso di capire che si governa bene soppesando le persone e non solo contandone il numero. Nelle attuali circostanze, sarebbe stato possibile catturare la nave della Federazione, che avrebbe costituito una preda di estremo valore, dato che ormai le probabilità a suo sfavore erano enormi, e Kirk non avrebbe sacrificato i quattrocentotrenta membri del suo equipaggio... più di un terzo dei quali erano femmine, per un'usanza estremamente irrazionale della Federazione... opponendo una resistenza suicida. Pochi capitani della Federazione lo avrebbero fatto. Tuttavia, gli ordini impartiti a Kor dal Comando Supremo richiedevano la distruzione totale. Lui non aveva neppure pensato di chiedere delucidazioni in merito, ma nessuna quantità di fedeltà e disciplina poteva impedire a una creatura umanoide di fare supposizioni, e la sola conclusione a cui era giunto era stata che Kirk e i suoi ufficiali avevano scoperto qualche informazione così importante che il Comando Supremo era disposto a sprecare l'occasione di catturare un'astronave di Classe Uno, pur di essere certo che essa non raggiungesse mai la Federazione. Di qualsiasi informazione si trattasse, Kor non lo avrebbe mai saputo. – Al contrario – disse una voce gentile, alle sue spalle. – In questo credo di potervi aiutare. Prima ancora di voltarsi sulla poltrona di comando, Kor seppe che quella voce gli era familiare, pur non appartenendo a nessuno dei suoi ufficiali, e fu assalito da un crescente sgomento. E non senza una buona ragione. Vide che la voce era quella dell'anziano di Organia chiamato Ayelborne, che aveva fatto parte del Consiglio temporaneo quando lui, Kor, aveva cercato di occupare il pianeta. – Dunque – commentò stolidamente il klingon, controllando la propria espressione, grazie all'addestramento di tutta una vita. – Mi avevano detto che Organia non esisteva più, ma sembra che la mia informazione fosse inesatta. – Incompleta, nel migliore dei casi – convenne Ayelborne, con quel
perpetuo e irritante sorriso che Kor ricordava così bene. – E la guerra è finita, ammiraglio. Le vostre navi hanno ancora energia, ma scoprirete che non è così per le armi. Vi consiglierei di atterrare al più presto da qualche parte, con tutta la vostra flotta. – I miei ordini – replicò Kor – richiedono che distrugga l'Enterprise. Anche se le armi non sono operative, posso sempre speronarla... il che provocherà una perdita di vite ancora maggiore. – Conosco i vostri ordini – dichiarò Ayelborne – e noto che il vostro coraggio è pari alla vostra cocciutaggine; il mio consiglio è comunque da ascoltare, perché entro tre giorni standard anche le vostre navi diverranno inoperanti e se, entro quel momento, non sarete atterrati, le perdite di vite saranno anche maggiori... e tutte nelle vostre file. In considerazione del fatto che sono stati i Klingon a infrangere il trattato, non sarei obbligato a fornirvi questa informazione, ma vi ho messo al corrente per minimizzare i successivi atti di violenza. In effetti, non sarei qui, ammiraglio, se non avessi avuto bisogno di apprendere da voi le coordinate esatte del vostro sistema di provenienza. – Non rivelerò mai... – cominciò Kor. Ma Ayelborne era già svanito, e lui seppe, con grigia disperazione, che la sua mente aveva già fornito involontariamente all'organiano l'informazione che desiderava... e che Kor lo spietato, Kor l'efficiente, Kor il coraggioso, Kor il fedele, aveva tradito il suo Impero! Il Gran Senato dell'Impero Klingon, messo in allarme dai frammentari rapporti, relativi a disastri senza precedenti, che giungevano dal teatro delle operazioni, era riunito in seduta quando arrivarono gli Organiani. Erano solo in tre, ma si presentarono nella sala del Senato, barbarica e coperta di drappi sgargianti, reliquia di diecimila anni di storia formata dalle guerre intestine precedenti il momento in cui i Klingon avevano iniziato i voli spaziali e avevano trovato l'unità planetaria, in quella che era forse la loro forma naturale... tre sfere di energia del diametro di un paio di metri e abbaglianti come soli in miniatura. Fu, quindi, impossibile distinguerli uno dall'altro o stabilire l'identità di ciascuno (anche ammesso che quella differenziazione non fosse stata fin dall'inizio una comoda finzione, come lo era stato l'aspetto umano): che si trattasse di Ayelborne, Claymare e Trefayne è soltanto una supposizione basata sulla mera logica umana. I volti bruni dei membri del Gran Senato parvero impallidire sotto il bagliore attinico emesso dalle creature di puro pensiero, e quando uno degli Organiani parlò, la sua voce echeggiò nella grande sala come lo
squillo di molte trombe. – Avete infranto il trattato e causato direttamente morte, miseria e distruzione in quantità – dichiarò. – Inoltre, avete anche commesso violenza contro di noi, un atto che soltanto l'intervento dei vostri avversari ha bloccato, prima che provocasse un genocidio. – È falso – replicò il Capo dei Senatori, freddamente. La sua voce aveva un leggero tremito, ma a parte questo sembrava mantenere un perfetto controllo... un'impresa notevole, in quelle circostanze. – Il nostro schermo di pensiero planetario non era altro che una forma di confinamento, intesa a impedirvi d'impicciarvi ancora degli affari dell'Impero. – Le vostre intenzioni non alterano i fatti – ribatté l'organiano. – Avete compreso male la natura della vostra arma e non avete assolutamente capito gli effetti che avrebbe avuto su di noi. Cinque anni sotto quello schermo... e leggiamo nelle vostre menti che non avevate intenzione di liberarci mai più, non avreste osato... ci avrebbero distrutti completamente. L'erezione di uno schermo del genere intorno alla Terra, cosa che, vediamo, avevate deciso di fare, avrebbe annientato anche l'umanità, molto più in fretta. Una simile noncuranza aggrava il vostro crimine, piuttosto che mitigarlo. – Noi vi sfidiamo – dichiarò il Capo dei Senatori. – Questo non vi servirà a nulla. Noi, però, non serbiamo rancore, e la nostra giustizia non si basa sulla vendetta. Constatiamo soltanto che non si può avere la sicurezza che voi osserviate i trattati, anche quelli sostenuti dalla coercizione umana, e di conseguenza interdiciamo tutti i vostri pianeti e le vostre colonie da ogni volo spaziale, per un periodo di mille anni. Un ruggito di proteste e di rabbia si levò nella sala, ma la voce dell'organiano lo sovrastò con facilità. – Dopo un millennio trascorso nel vostro recinto di giochi – concluse – forse emergerete come una razza degna di dividere con altri una galassia civilizzata. Ho detto forse, perché dipende solo da voi. Addio, dunque, a voi e al vostro Impero Klingon. CAPITOLO XV "POTRESTE AVER RAGIONE" Diario del Capitano, Data Astrale 4205.0: Ci sono volute parecchie ore e la partecipazione dei capi di tutte le sezioni, per preparare un rapporto omnicomprensivo... e soprattutto comprensibile... di questo pasticcio. Anche dopo il suo invio, dalla Terra ci sono state ancora trasmesse parecchie domande aggiuntive, il che non è per nulla sorprendente. Siamo comunque
riusciti a rispondere a tutte, e il ruolo che abbiamo avuto nella liberazione di Organia ci ha fruttato un encomio ufficiale da parte del Comando di Flotta, che ho trasmesso a tutti gli interessati. Rimangono ancora in sospeso alcuni interrogativi che il Comando non ha formulato, probabilmente per nostra fortuna, visto che dubito che conosciamo le risposte, o che mai le conosceremo.
Kirk interruppe la registrazione del Diario, e Spock, che ne stava seguendo l'inserimento nel computer, si girò verso la poltrona di comando. – Capitano, vi posso chiedere di quali interrogativi si tratta? Forse potrei esservi di aiuto. – Forse sì, signor Spock. – Kirk reinserì il microfono manuale nel sostegno della consolle di comando. – In effetti, alcune domande vi riguardano... ed è per questo che ho esitato a registrarle. – Perché, capitano? – Perché sono più o meno personali, e per di più non essenziali alla comprensione di questa faccenda, da parte del Comando di Flotta. Non c'è bisogno che rispondiate a esse, se non volete. – Non posso giudicare in merito, se non le conosco – obiettò il primo ufficiale. – È ovvio. Bene... quando avevamo ancora a bordo il duplicato, siete stato adamantino nel rifiutare di collaborare con lui e nel sostenere che fosse necessario distruggerlo ma, allo stesso tempo, vi siete rifiutato di spiegare il motivo di questo vostro atteggiamento. Avete corso un notevole pericolo personale, così facendo, perché entrambe le posizioni erano in tale contrasto con la vostra personalità da indurmi a sospettare... come ho detto a suo tempo al dottor McCoy... che foste voi il duplicato. In effetti, per un po', ne sono stato quasi convinto. – Capisco – commentò Spock. – Non ho più obiezioni a dare una spiegazione al riguardo, capitano. Voi sapete, naturalmente, che a causa della mia origine in parte vulcaniana, posseggo alcuni modesti doni telepatici. – Sapere? Diamine, Spock, ma se hanno salvato la vita a tutti più di una volta! Come potrei dimenticarlo? – Si trattava di una domanda retorica – replicò Spock. – Di certo, saprete anche che i telepati puri sono estremamente rari nell'universo , il che è per noi una vera fortuna, in quanto sarebbero avversari formidabili. – Mentre il primo ufficiale parlava, McCoy e Scott giunsero sul ponte, dove già si trovavano Uhura e Sulu. Kirk lanciò uno sguardo a Spock, ma questi parve non trovare nulla da dire sul fatto che l'uditorio fosse aumentato.
– È proprio vero – convenne Kirk – e la nostra esperienza con i Melkotiani ne è un esempio. – Sì, oppure quella dei Klingon con gli Organiani. Ma, ai fini della nostra attuale discussione, quello che conta è la rarità di questo dono, che non è mai stata spiegata in maniera adeguata. Secondo una teoria, molti umani sarebbero telepatici al momento della nascita, ma tale capacità verrebbe distrutta quasi immediatamente sotto il flusso di esperienze nuove, in particolare a causa del fardello costituito dal dolore delle creature circostanti. – Si verifica un cortocircuito – suggerì Scott. – Qualcosa del genere – ammise Spock. – Un'altra ipotesi sostiene che, per ogni tipo di mente che dipenda da un cervello fisico e materiale per il suo funzionamento... al contrario degli Organiani o dei tipi misti come i Melkotiani... le forze relative sono troppo deboli per permettere la trasmissione, anche se talvolta una situazione di estremo stress può essere d'aiuto; fa forse eccezione il caso di due cervelli che abbiano una struttura quasi identica, come accade con i gemelli. Nella storia della Terra, figurano molti casi di apparenti contatti telepatici fra gemelli omozigoti, mentre la casistica si fa più rara per quelli eterozigoti, che nascono insieme, ma sono geneticamente diversi. – Comincio a capire – intervenne McCoy. – Il cervello del duplicato era ancora più identico al vostro di quanto potesse esserlo quello di un gemello omozigote, e avevate un contatto telepatico con lui, è così? – Sì e no – rispose Spock. – Tenete presente che, per quanto si trattasse essenzialmente del mio cervello, le sue tendenze erano diametralmente opposte alle mie... perfino le correnti neurali andavano nella direzione opposta, quindi il legame esistente fra il duplicato e me, non era tanto telepatia quanto qualcosa che definirei piuttosto "telempatia"... un rapporto emotivo, non intellettuale. Non riuscivo mai a capire che cosa stava pensando, ma ero sempre consapevole delle sue sensazioni fisiche... delle sue emozioni. "Non scenderò nei dettagli, tranne che per dire che ho trovato la cosa quasi intollerabile, anche se mi ha fornito le assicurazioni di cui avevo bisogno circa il fatto che le sue motivazioni, la sua morale, la sua fedeltà erano opposte alle mie. Da un punto di vista intellettuale, tuttavia, non c'erano dubbi che lui avesse a sua disposizione tutta la mia esperienza, le mie cognizioni, il mio addestramento, perfino i miei riflessi... e la mia intima conoscenza dell'Enterprise, del suo equipaggio e della situazione in generale. Di conseguenza, ho capito che costituiva un terribile pericolo e
che in nessuna circostanza si poteva negoziare con lui: doveva essere eliminato, preferibilmente prima che potesse contattare i Klingon (anche se sfortunatamente c'è riuscito), e non c'era altra linea di condotta possibile". – Affascinante – commentò McCoy. – In apparenza, quindi, la seconda ipotesi è stata dimostrata. – Direi di sì – convenne Spock – per lo meno nella misura in cui una testimonianza può essere accettata come prova, e comunque io ne sono convinto. Senza dubbio, anche se valida, questa teoria non esclude logicamente la prima: possono essere vere entrambe. – Potrebbe darsi – ammise Kirk. – Comunque, ho ancora dei fili pendenti. Perché non mi avete detto tutto questo a suo tempo, signor Spock? Mi avreste risparmiato un sacco di preoccupazioni inutili e avreste accelerato la soluzione del problema dei due Spock... magari prima che il duplicato riuscisse a fuggire. – Se permettete, capitano, un simile risultato non mi è parso probabile. Il duplicato non aveva ancora rivelato la propria identità con le sue azioni, e non c'era altro modo per essere certi che fosse lui. Anche se aveste accettato la mia spiegazione, vi sareste di conseguenza reso conto che il rapporto da essa sottinteso avrebbe potuto alterare gravemente la mia efficienza o la mia capacità di giudizio, oppure avrebbe potuto rendere anche me pericoloso in modo imprevedibile. Io sapevo di avere ancora il controllo... anche se precario... di me stesso.-.. ma voi non potevate saperlo. Inoltre, avreste pensato che fosse più sicuro confinarmi fino alla soluzione del problema posto dal duplicato... mentre io avevo bisogno di muovermi liberamente, per il bene della nave. – Hmm – commentò Kirk. – Questo risponde anche a un altro dei miei interrogativi, e cioè come abbiate fatto a capire che Spock Uno non era più a bordo e a stabilire approssimativamente a quale distanza spaziotemporale si trovasse rispetto all'Enterprise... e anche come mai per la seconda volta vi siate rifiutato di fornire spiegazioni. – Esatto. Posso aggiungere, capitano, che non ho preso queste decisioni in maniera del tutto unilaterale. Ho chiesto al computer quale sarebbe stata la vostra probabile reazione a una rivelazione della "telempatia" da parte mia, e la risposta è stata che le probabilità di confinamento in cella erano molto elevate... circa ottantatré per cento, contro un limite di fiducia di punto zero zero cinque. In condizioni normali, avrei preferito consultarmi con il dottor McCoy per un problema psicologico di questo genere, ma le circostanze me lo hanno impedito. – Capisco – disse Kirk. – Molto bene, signor Spock. Non trasmetteremo
queste ulteriori informazioni al Comando di Flotta, se non dietro specifica richiesta, e del resto non credo che servirebbero a chiarificare il rapporto. Sarà meglio che le registriate nella biblioteca di bordo, comunque, perché potrebbero tornare utili al Consiglio Scientifico Consultivo, nel caso avesse in corso qualche progetto sulla telepatia o intendesse avviarne uno. – Molto bene, capitano. – Un altro messaggio dal Comando, capitano – avvertì Uhura. – Dobbiamo dirigerci verso la Base Stellare Dodici, per trascorrere due settimane di licenza e ricevere un nuovo incarico. Tra parentesi, laggiù c'è un ufficiale addetto alle comunicazioni, un certo tenente Purdy, che vuole che gli insegni l'eurish. Spero che sia un tipo sveglio. – D'accordo. Signor Sulu, programmate la rotta secondo gli ordini. – Kirk fece una pausa. – E vorrei anche aggiungere, signor Spock, che è bello riavervi fra noi. – Grazie, capitano. È stata un'esperienza interessante, e nutro un solo rimpianto: il mezzo che ho usato per eliminare il duplicato è stato così improvvisato, che non ho potuto recuperare il vostro anello. Kirk accantonò l'argomento con un gesto. – Dimenticatelo, signor Spock. Ho pagato un prezzo minimo, e poi me ne posso sempre procurare un altro. Sono grato che questo sia l'unico problema rimasto in sospeso. – Io temo invece che ci sia ancora una questione pendente, Jim – replicò, pensoso, McCoy. – E quel che è peggio è che si tratta della stessa da cui siamo partiti, quando eravamo ancora impegnati nella missione di carteggio. Forse però, dopo quest'esperienza "telempatica" con il suo duplicato, il signor Spock la potrà risolvere. – E sarebbe? – domandò Kirk. – Questa: un uomo che effettua un viaggio con il trasferitore, ne emerge conservando un'anima immortale oppure no? Seguì un silenzio decisamente prolungato. – Non lo so – disse infine Spock. – Posso solo suggerire, dottore, che se qualcuno dovesse fornirmi la risposta a questa domanda, non saprei in che modo verificarla. Di conseguenza, per tutti gli standard operativi, la domanda è priva di significato. – Suppongo di sì – sospirò, rassegnato, McCoy. – Non so perché, ma pensavo che avreste detto proprio questo! Anche Kirk si era aspettato quelle parole, ma notò pure che il primo ufficiale appariva leggermente preoccupato. Oppure no? FINE
John Meredyth Lucas GLI SCHEMI DELLA FORZA (Patterns of Force, 1977) Adattamento di James Blish – Traduzione di Annarita Guarnieri
Ufficialmente, lo scopo della missione era quello di localizzare un osservatore culturale scomparso dopo essere stato assegnato al pianeta Ekos che, con il gemello Zeon, apparteneva a un sistema doppio; sia Kirk che Spock erano personalmente interessati ad accertare la sorte di John Gill. L'uomo da ritrovare era stato l'istruttore di Kirk, quando questi frequentava l'Accademia, e Spock aveva studiato la storia della Terra su un testo scritto da Gill. Adesso, mentre l'Enterprise entrava in orbita intorno a Ekos, il pianeta interno del sistema, i due uomini erano intenti a fissare il volto distinto dello studioso, proiettato sullo schermo del ponte. Un volto che Kirk ricordava bene. – Tenente Uhura, tentate di contattare John Gill sui canali di comunicazione della Flotta Stellare. – Sì, signore. – Jim, il Comando di Rotta ci sta provando da sei mesi – obiettò McCoy. – Anche ammettendo che sia ancora vivo, non è improbabile che ci risponda ora? – Non lo so, dottore. Siamo qui per scoprire cosa è successo, proprio perché non lo so. – Nessuna risposta sui canali della Flotta Stellare, capitano – riferì Uhura. – Ciò che più mi ha colpito – commentò Spock, che fissava ancora lo schermo – è stato come Gill ha esposto la storia, considerandola un insieme di cause e di motivazioni, piuttosto che di date e di eventi. Il suo testo era... – Un veicolo spaziale in avvicinamento dal pianeta interno, capitano – lo interruppe Chekov. – Viene da Ekos? La domanda indusse Spock a tornare alla sua postazione. – Sì, capitano – confermò, dopo aver controllato il visore – ma deve essere una nave di Zeon, perché gli Zeon hanno primitive capacità di volo interplanetario. – Si accostò maggiormente al visore. – È un piccolo razzo a reazione, e segue una rotta d'intercettazione. – Sollevò il capo per guardare Kirk. –
Questo indica la presenza di sofisticate apparecchiature d'individuazione di cui né gli Zeon né gli Ekosiani dovrebbero disporre. Annuendo, Kirk si girò verso Uhura. – Tentate con le frequenze da nave a nave, tenente. – Non ci sono segni di vita a bordo, capitano – avvertì Spock. – Si tratta di una sonda automatica che sembra munita di una testata esplosiva. – Pronto con i faser, signor Chekov – ordinò Kirk. – Faser pronti, signore. – Distanza, signor Chekov? – Duecento chilometri, signore. In rapido avvicinamento. – Fuoco. La faccia di John Gill svanì dallo schermo, sostituita da un lampo di luce biancoazzurra; poi il ponte venne scosso dalle onde d'urto. – Una testata esplosiva termonucleare – dichiarò Spock. McCoy lo fissò. – Ma questa gente dovrebbe essere tecnologicamente più arretrata di parecchie generazioni! Come possono aver sviluppato la fisica nucleare? – Forse sono stati aiutati – commentò Kirk, ricordando gli occhi luminosi di John Gill. Era impensabile, ma un capitano di astronave doveva obbligarsi a supporre anche l'inimmaginabile, e rimaneva comunque la sgradevole realtà del fatto che Ekos, il pianeta assegnato a Gill, aveva sferrato un attacco contro l'Enterprise. – Signor Chekov, calcolate un'orbita massima, in modo da uscire dalla portata delle loro apparecchiature d'individuazione. – Orbita calcolata e inserita, signore. – Procedete. Mentre i motori a impulso entravano in funzione, Scott uscì dal turboelevatore. – Ancora nessuna risposta da John Gill su qualsiasi canale, signore – comunicò Uhura. – Dev'essere morto – osservò McCoy. – Ma cosa sta succedendo laggiù su Ekos? Spock sollevò lo sguardo. – In base ai dati in nostro possesso, risulta che gli Ekosiani sono bellicosi, primitivi e in stato di anarchia. Zeon, l'altro pianeta, possiede una tecnologia relativamente progredita, e la sua popolazione è pacifica. Kirk si accostò alla postazione scientifica. – State dicendo, signor Spock, che il popolo che dispone del potenziale bellico non è però aggressivo. Se è così, perché ci hanno scagliato contro un missile? – Sembra che i dati in possesso del nostro computer siano
considerevolmente superati, capitano. È ovvio che le cose sono mutate con ritmo molto rapido, su Ekos. Kirk mosse qualche passo sul ponte. – Signor Spock, ci siamo imbattuti in qualcosa di più grave della scomparsa di John Gill. Voi e io scenderemo su Ekos. – Dopo l'accoglienza che ci hanno riservato, signore – osservò Scott – suggerirei di inviare una squadra armata. – Jim – rincarò McCoy – credo che Scott abbia... – D'accordo, prenderemo qualche precauzione. Bones, preparate dei trasmettitori subcutanei, nell'eventualità che ci sia impossibile usare i comunicatori. – Capitano, posso suggerire alla sezione addetta alle uniformi di prepararci abiti adeguati a quella cultura? – Certamente, signor Spock. McCoy eseguì la semplice operazione nella sala del teletrasporto. I suoi pazienti avevano indossato comuni abiti da lavoro in cotone, e Spock portava un cappello di lana per nascondere le orecchie. – D'accordo, dottore – disse Kirk, rimboccandosi una manica – inserite i trasmettitori. – McCoy si servì di una siringa ipodermica per iniettare i minuscoli congegni nel polso sinistro dei due uomini, che riabbassarono quindi la manica per nascondere il piccolo rigonfiamento della pelle. Kirk si rivolse a Scott. – Fra tre ore, modificate l'orbita in modo da entrare nel raggio d'azione dei comunicatori, Scotty. Se non vi contatteremo nel momento stabilito, rilevate le nostre coordinate dai trasmettitori e trasferiteci a bordo, quali che siano le nostre condizioni. – Sì, capitano – rispose cupo l'ingegnere. – Quali che siano le vostre condizioni. I due salirono sulla piattaforma. – Energia – ordinò Kirk. Scott manovrò i comandi e l'effetto del teletrasporto ebbe inizio. – Buona fortuna! – gridò McCoy. Ma Kirk e Spock erano già svaniti. Su Ekos era giorno, e si materializzarono in una strada simile a quelle della Terra del ventesimo secolo. – Gli Ekosiani sono umanoidi – osservò Spock, guardandosi intorno – quindi è probabile che ci sia una certa somiglianza nella struttura delle costruzioni. È interessante come la forma del corpo tenda a influenzare la struttura del... – Signor Spock, non siamo qui per effettuare uno studio architettonico,
siamo... Kirk fu interrotto da grida improvvise e da un rumore di piedi in corsa. Un giovane, evidentemente sfinito e terrorizzato, girò l'angolo alla loro sinistra, concentrando tutte le sue forze nel tentativo di sfuggire agli inseguitori. Arrivò quasi addosso ai due uomini dell'Enterprise, prima di accorgersi di loro. – Nascondetevi! – ansimò. – Li ho alle spalle! Presto! Allontanatevi... Cadde in ginocchio, con il respiro affannoso, mentre le grida aumentavano d'intensità. Spock tirò Kirk nell'ombra di una porta nel momento in cui tre soldati armati svoltavano l'angolo. Indossavano le divise color marrone delle Truppe d'Assalto Naziste e portavano intorno al braccio sinistro una fascia nera contrassegnata da un cerchio rosso, al cui centro spiccava una svastica nera. – Ecco quel porco zeon! I soldati circondarono l'uomo in ginocchio. – In piedi, porco! – Uno dei tre sferrò un calcio al prigioniero, e gli altri lo imitarono. D'istinto, Kirk portò la mano al faser, ma Spock lo frenò. – Ricordate la direttiva della non interferenza, capitano. – Metti le mani sulla testa, zeon! Più in alto! Il giovane aveva la bocca insanguinata. – Tieni su quelle mani! – intimò il soldato più corpulento, gratificato dalla vista del sangue. – Non toccare nulla che sia ekosiano! Voialtri porci ci avete già contaminati abbastanza! Muoviti! – Piantò con violenza il piede contro la schiena del prigioniero e lo spinse a terra; poi la vittima fu sollevata brutalmente e trascinata via. – È un incubo – disse Kirk a Spock, inorridito. – Avete riconosciuto quelle uniformi? E la fascia al braccio? – Terra, metà del ventesimo secolo. Una nazione chiamata Germania Nazista, capitano. – Attenzione! Attenzione! Attenzione! La voce del radiocronista proveniva da un altoparlante posto in cima a un palo, a qualche metro di distanza. – Parla un portavoce del Quartier Generale del Führer... – proseguì il cronista, mentre lo schermo televisivo sottostante entrava in funzione. Sullo schermo apparve un uomo in camicia marrone, alle cui spalle spiccava una bandiera con l'emblema nazista. – Oggi – disse – il Führer ha ordinato che la nostra gloriosa capitale venga liberata dagli Zeon. Fin dall'alba, le nostre eroiche truppe hanno cominciato a snidare i mostri zeon che stanno avvelenando il nostro pianeta... La faccia del portavoce svanì, sostituita dall'immagine di una squadra di
brutali SS che radunavano un gruppo di donne, vecchi e bambini terrorizzati. Uno dei bambini stava piangendo. – Come può essere accaduto? – si chiese Kirk, guardando la scena. – Le probabilità che la cultura nazista si sia sviluppata su un altro pianeta, impiegando forme, simboli e uniformi in uso sulla Terra nel ventesimo secolo sono così scarse che... – È un fenomeno virtualmente impossibile, signore – lo interruppe Spock – e tuttavia le prove parlano chiaro. Lo schermo stava mostrando ora alcune riprese di una colonna di panzer e di truppe che marciavano sotto il rombo dei bombardieri Stuka. – Il Quartier Generale del Führer riferisce che è stato respinto l'attacco di una nave spaziale zeon – stava commentando il portavoce. – I nostri missili hanno annientato il nemico. Kirk si rivolse al vulcaniano. – Il "nemico" sarebbe l'Enterprise. Avete un bell'aspetto, signor Spock, per qualcuno che è stato annientato. – Tornò a fissare lo schermo, su cui appariva l'immagine di un vasto anfiteatro nel quale erano ammassate migliaia e migliaia di truppe plaudenti. – Nel corso di questa patriottica dimostrazione – spiegò il portavoce, sovrastando il rumore di fondo – il vice Führer, Melakon, ha insignito della croce di ferro di seconda classe Daras, Eroina della Patria. Seguì un primo piano di un uomo di mezz'età, in uniforme e dall'espressione fredda, fiancheggiato da alcune guardie della Gestapo. Una ragazza, che indossava l'uniforme con grazia e con stile, salì sul podio. I capelli biondi brillavano sotto il cappello, e il bel viso era solenne e orgoglioso, mentre Melakon appuntava la decorazione sulla giacca della divisa. Riapparve poi il portavoce che, stando rigidamente sull'attenti, dichiarò – Dovunque, sono in corso i preparativi per la soluzione finale. Morte a Zeon! Lunga vita alla Madrepatria! La telecamera mise quindi a fuoco un enorme poster affisso alla parete dietro l'ekosiano; i quattro angoli, incorniciati in nero e rosso, erano contrassegnati da altrettante svastiche, e il centro era occupato da un ritratto. – Lunga vita al Führer! – gridò il portavoce, girandosi verso il poster e tendendo il braccio nel saluto nazista. Il viso raffigurato nel ritratto era quello di John Gill. Più vecchio... ma inconfondibile. Kirk era sconvolto. – Quello John Gill! Il Führer! – Affascinante! – commentò Spock.
– Voi, laggiù! Si voltarono di scatto, trovandosi di fronte a un tenente delle SS, che teneva una pistola Luger puntata contro lo stomaco di Kirk. – Zeon! – gridò l'ufficiale, poi diede una seconda occhiata a Spock e gli strappò il cappello di lana con un'esclamazione di trionfo. – Cosa sono quelle orecchie? Che razza di mostri gli Zeon ci stanno mandando contro? Kirk intercettò lo sguardo di Spock, gli rivolse un segnale e si allontanò da lui, in modo da indurre l'SS a girarsi leggermente. – Avete ragione, tenente – disse. – Non è uno di noi. – Che significa "noi"? – Attento, tenente! Al grido di avvertimento, Spock balzò di lato; l'ufficiale concentrò la sua attenzione su di lui per un momento, e Kirk ne approfittò per colpirlo, facendolo crollare a terra. Kirk fece un cenno al vulcaniano. – Quest'elmetto nasconderà le vostre orecchie da "mostro", signor Spock – commentò, mentre toglievano l'uniforme all'SS. – Proponete di fingerci nazisti, signore? – Se John Gill è il loro capo, questo sembra il modo più "logico" per avvicinarlo. – Un'osservazione valida, capitano – ammise Spock, infilandosi la giacca, mentre Kirk osservava l'effetto generale del travestimento. – Un po' vistosa, signor Spock, ma credo che ci sia comunque un miglioramento. Il primo ufficiale gli rivolse un'occhiata disgustata. Con cautela, si addentrarono nella strada, ma le loro precauzioni non servirono a molto: questa volta furono fermati da un tenente della Gestapo che afferrò Kirk per una spalla, lasciandolo però andare non appena riconobbe la divisa di Spock. – Uno zeon? – L'ho catturato – annuì il vulcaniano. – Non è forse la procedura da seguire con i nemici della Madrepatria? – Con tutti i porci zeon, tenente. – Prendetelo in consegna. – Con piacere. – L'ufficiale afferrò di nuovo Kirk. – D'accordo, zeon, oggi abbiamo una sorpresa per te... Si afflosciò sotto la presa vulcaniana, e Kirk abbassò lo sguardo sul corpo privo di sensi. – Mi dispiace, Spock, che la vostra uniforme non sia bella quanto la mia. Credo che si tratti della Gestapo.
– Esatto, capitano. Dovreste risultare molto convincente, come nazista. Kirk lo incenerì con un'occhiata, ma era troppo occupato a cambiarsi per pensare a una risposta adeguata. Si concessero un po' di tempo, prima di salire i gradini della Cancelleria. C'erano svastiche dovunque... sulle bandiere che decoravano l'edificio, sulle braccia delle SS munite di pistole semiautomatiche, che sorvegliavano le grandi porte d'ingresso. Le guardie scattarono sull'attenti quando un generale attraversò la piazza, diretto verso i gradini, tallonato con estrema freddezza da Kirk e da Spock. Un maggiore delle SS uscì dall'edificio nel momento in cui il generale vi entrava, e indirizzò a Spock un'occhiata rovente. – Tenente! Avete dimenticato come si saluta? Spock protese il braccio in un rigido saluto nazista. – Documenti – ordinò l'ufficiale. Kirk si rivolse a Spock. – I vostri ordini, tenente, il maggiore vuole vederli. Sono nella giacca. L'SS li osservò con sospetto, mentre Spock infilava in fretta una mano nella giacca, porgendo un portafoglio, che venne esaminato. Kirk approfittò di quell'ovvio momento di confidenza. – Il tenente è un po' intontito, signore. Ha catturato parecchi zeon da solo, ma uno di quei porci lo ha colpito, prima di cadere; vi posso promettere che quel porco non si rialzerà più. – Un buon lavoro, tenente. Hail Führer! L'ekosiano restituì il portafoglio al vulcaniano, e Kirk si affrettò a protendere il braccio nel saluto nazista. – Hail Führer! – Hail Führer! – ripeté a sua volta Spock. – Questo è un giorno da ricordare, maggiore – aggiunse Kirk. Accennarono a entrare nella Cancelleria, ma l'ufficiale fermò il vulcaniano, con un'espressione di sollecitudine sul volto. – Farete meglio ad andare da un dottore, tenente. Non avete un buon aspetto. Il vostro colorito... Toglietevi l'elmetto. – Non abbiamo tempo da perdere – rispose Spock. – Maggiore – intervenne Kirk, con il cuore che batteva all'impazzata – dobbiamo assolvere un incarico urgente per il Führer. Dobbiamo vederlo immediatamente. Il maggiore fu inesorabile. – L'elmetto, tenente. Toglietelo! Le armi semiautomatiche delle guardie esercitarono una brutale pressione contro il collo di Spock, che si tolse il copricapo, rivelando le appuntite orecchie vulcaniane.
In cella, Kirk era stato denudato fino alla cintola, per uno scopo. Quella gente non faceva nulla senza uno scopo: in questo caso, rendere più immediato l'effetto della frusta sulla carne nuda ed esposta. Come Spock, ammanettato accanto a lui, il capitano non si lasciò sfuggire nessun lamento mentre la sferza gli tracciava solchi sanguinosi sul dorso. Alle loro spalle, lo zeon che avevano visto aggredire in precedenza giaceva disteso sullo stomaco e stava vomitando. – Ora vuoi parlare? All'SS faceva piacere sentirsi irritato. – Dimmi quali ordini hai ricevuto! Siete stati mandati a uccidere il Führer, confessalo! Vuoi che continuiamo con i metodi persuasivi? Kirk si sforzò di rispondere. – State conducendo la conversazione in maniera piuttosto unilaterale, maggiore. – Non scherzare con me, porco zeon! – L'ufficiale lanciò un'occhiata al soldato che impugnava la frusta, poi assunse un tono sommesso e confidenziale. – Chi è questo alieno dalle orecchie a punta? La tua situazione migliorerà, se me lo dirai. Kirk sollevò lo sguardo pieno di sofferenza. – Lasciateci parlare con il Führer. Gli diremo tutto quello che vuole sapere. – Sarai felice di parlare con me, prima che l'abbia fatta finita con te, porco zeon, tu... La porta della cella si aprì ed entrò un uomo che indossava la semplice uniforme del Partito, ma che emanava un'aria di tranquilla e assoluta autorità. Il maggiore delle SS scattò sull'attenti. – Presidente Eneg! Sono onorato! Eccellenza, stavo interrogando queste due spie, catturate nell'atto di... – Mi è stato fatto un rapporto completo. Il nuovo venuto ignorò l'ufficiale, e si rivolse a Spock. – Tu non sei uno zeon. Da dove vieni? – Lo spiegheremo quando vedremo il Führer – intervenne Kirk. – E cosa volete dal Führer? – Ne possiamo discutere solo con lui. Infuriato, l'SS strappò la frusta alla guardia e sferzò Kirk. – Porco! Stai parlando con il Presidente del Partito! – Basta così, maggiore! – ordinò, brusco, Eneg. Poi tornò a rivolgersi a Kirk. – Di che genere sono le armi che vi hanno trovato addosso? Kirk rimase in silenzio, ed Eneg fissò il maggiore. – I laboratori delle SS, tanto famosi per la loro efficienza, non sono riusciti a scoprire come
funzionano quelle armi. L'ufficiale arrossì. – Eccellenza, concedetemi qualche minuto con loro e vi prometto che li costringerò... – Avete avuto più di qualche minuto, senza risultato. – Eneg osservò la schiena martoriata di Kirk. – Il problema, con voi SS, è che non vi rendete conto che le punizioni corporali sono inefficaci, oltre un certo limite. Gli uomini diventano insensibili al dolore. – Sì, eccellenza – rispose il maggiore, dopo qualche istante. – Rinchiudeteli. Lasciamo che assaporino la loro sofferenza, poi li interrogherò. – Eccellenza, l'ordine è d'interrogare e giustiziare. L'interrogatorio è concluso, quindi... – Concluso, maggiore? Cosa avete scoperto? Nulla. Tratteneteli in cella per un'ora. – Eccellenza, l'ordine... Un improvviso lampo d'ira apparve nello sguardo tranquillo di Eneg. – Questo è un mio ordine, maggiore, e vi suggerisco di non disobbedirmi. – Sì, eccellenza. Eneg si girò verso la porta, e la guardia si precipitò ad aprirla; mentre il presidente se ne andava, l'ufficiale tornò a rivolgersi agli uomini dell'Enterprise. – D'accordo, porci. Terrò d'occhio l'orologio, e vi prometto che quando l'ora sarà scaduta morirete in maniera molto sgradevole. – Si sbatté alle spalle la porta della cella. Lentamente, il prigioniero zeon si alzò in piedi, con aria guardinga, mentre Spock chiedeva – Cosa vi proponete di fare, capitano? – Non lo so, ma non abbiamo molto tempo a disposizione. Senza i faser... senza comunicatori... – Si guardò intorno. – Adesso John Gill è la nostra unica speranza. – Capitano, avete riflettuto su quanto deve essere cambiato, per aver causato tutto questo? – Il professor Gill era uno degli uomini più miti e gentili che abbia mai conosciuto. Per lui, essere un nazista così... è impossibile. – Perché vi hanno presi? – domandò il prigioniero. – Tu non sei uno zeon. – Accennò a Spock. – E lui non lo è di certo. Chi siete? – Perché i nazisti odiano gli Zeon? – chiese a sua volta il vulcaniano. Quell'interrogativo provocò un'amara risposta. – Senza noi da odiare, non ci sarebbe nulla a tenerli uniti, quindi il Partito ci ha trasformati in una minaccia... in una malattia che deve essere spazzata via. – Zeon è una minaccia per loro?
– Da dove venite? La nostra epoca di guerre si è conclusa da decine di generazioni! Quando siamo venuti qui, pensavamo solo di civilizzare gli Ekosiani! – Erano già così, quando voi zeon li avete contattati per la prima volta? – volle sapere Kirk. – Erano bellicosi, ma non malvagi. Lo sono diventati dopo che ha avuto inizio il movimento nazista, appena pochi anni fa. Spock lanciò un'occhiata a Kirk. – Coincide con l'arrivo di John Gill, capitano. L'amareggiato zeon si lanciò in una dissertazione sui problemi della sua gente. – Quando avranno distrutto quanti di noi sono qui, attaccheranno il nostro pianeta, usando le cognizioni tecnologiche che noi abbiamo dato loro. Il pericolo consiste nel fatto che noi proviamo una tale ripugnanza per la violenza che potremmo soccombere senza neppure difenderci. – Serrò i pugni. – Anche se, dopo quello che ho visto oggi per le strade, credo che io potrei uccidere! Kirk scrutò quel viso appassionato. – Conosci la pianta di questo edificio? – Perché? – Il giovane fu immediatamente sul chi vive. – Se riuscissimo a raggiungere il laboratorio delle SS... a riprendere le nostre armi, potremmo fermare il massacro degli zeon. – E perché dovreste avere interesse a salvarci? – ribatté l'altro, con freddezza. Kirk tornò a rivolgersi a Spock. – Dobbiamo recuperare i comunicatori e contattare la nave. – Il difetto di questo piano, capitano, consiste nella porta chiusa della cella, oltre la quale c'è una guardia. – I trasmettitori! – esclamò Kirk. – Prego? Ma il capitano stava fissando la lampadina appesa al soffitto della cella. – Un modo per gettare un po' di luce sul buio che ci avvolge, signor Spock! Il vulcaniano si guardò il polso con aria pensosa. – Ma certo, i cristalli di rubidio inseriti nei trasmettitori! Sarebbe una cosa improvvisata, ma potrebbe funzionare. Come li estraiamo? Siccome avevano abbassato la voce, lo zeon non aveva potuto seguire la loro conversazione, e li stava fissando con aria perplessa. – Ecco! Kirk strappò il materasso dalla cuccetta, e afferrò una molla della rete,
spezzandola e usandone la tagliente estremità per aprire il leggero gonfiore del polso, liberando il cristallo rosso e facendosi sanguinare il braccio; porse quindi la molla a Spock, che ripeté l'operazione. – Volete uccidervi? – gridò lo zeon. – Morire dissanguati? Molti lo fanno, per evitare la tortura. – Non è precisamente quello che abbiamo in mente – gli rispose Kirk. – Avete calcolato tutto, signor Spock? – Sì, capitano. Sarà necessario porre i cristalli a una distanza ben precisa, che dovrebbe essere di due punto sette millimetri. Ora piazzerò il primo... Mentre parlava, il vulcaniano inserì un cristallo in un buco posto all'estremità della molla piatta, premendo con decisione. – ... qui, e il secondo dall'altra parte. – Piegò la molla a ferro di cavallo, in modo che le punte fossero allineate con precisione. – Due punto sette millimetri dovrebbe essere questa distanza. È ovvio che si tratta di un calcolo approssimativo. Lo zeon li fissava con stupore. – Cosa state fabbricando... una specie di radio? – No. L'energia elettrica di quella lampadina è decisamente molto scarsa, signor Spock. – Dovrebbe essere sufficiente per stimolare il cristallo di rubidio. Secondo quanto ricordo della storia della fisica, gli antichi laser riuscivano a ottenere la necessaria eccitazione anche usando rozzi cristalli naturali. Ecco, è pronto, ma mi servirà una piattaforma, per raggiungere la fonte di luce. – Sarò onorato di aiutarvi, signor Spock – rispose Kirk, secco, fin troppo consapevole delle proprie spalle lacerate. Si piegò sotto la lampadina e Spock gli salì sul dorso. – Vi sarei grato se vi affrettaste, signor Spock. Quella guardia era un vero professionista, con la frusta. Spock accostò il ferro di cavallo alla lampadina. – Naturalmente, la mira sarà approssimativa – disse. La schiena di Kirk stava sanguinando. – Spock, mi basta che sia sufficiente a colpire la parete di un granaio. Il vulcaniano si accigliò. – E perché dovrei prendere di mira una costruzione del genere, signore? – Lasciate perdere, Spock. Mettetevi al lavoro. I minuscoli cristalli di rubidio emanavano un vivido bagliore rosso. D'un tratto, un raggio di luce color rubino partì dal congegno preparato da Spock, attraversando le sbarre d'acciaio della porta come se fossero di burro e attaccando poi la serratura. Kirk la vide squagliarsi.
– Va bene, signor Spock, non esagerate. Il vulcaniano balzò giù dalle spalle del capitano; Kirk se le toccò con una mano, la ritrasse macchiata di sangue e la pulì sul tessuto del materasso. – Che cos'era? – mormorò, stupefatto, lo zeon. – La nostra scienza non possiede nulla di simile, e con un'arma del genere potremmo avere una possibilità di salvezza! – Non è un'arma – rispose Kirk. – Ha un raggio d'azione troppo limitato. Andate in quell'angolo, signor Spock, e state nascosto mentre io faccio un po' di confusione. Si accostò alla porta della cella e si mise a urlare. – D'accordo, parlerò! Per favore! Non voglio morire! Guardia! Parlerò! Chiamate il maggiore! Parlerò! Scosse le sbarre, continuando a gridare, e la guardia avanzò di un passo; Spock balzò fuori dal suo angolo, protese una mano e usò la presa al collo. Quando il soldato cadde a terra, il vulcaniano aprì la porta, trascinando il corpo all'interno e gettando a Kirk la giacca dell'uomo. Mentre il capitano s'infilava l'indumento, lo zeon si riscosse dallo stupore. – Portatemi con voi, vi prego, datemi una possibilità di combattere – li supplicò. – Portatemi con voi... altrimenti non troverete mai il laboratorio. – Un'argomentazione eccellente. Signor Spock, liberatelo, sarà la nostra guida. Ma nel corridoio c'era un'altra guardia. Kirk prelevò la pistola dalla fondina di quella che avevano stordito e la premette contro la schiena dello zeon, segnalando a Spock di mettersi davanti a lui. – Qual è la porta del laboratorio? – chiese a bassa voce. – La seconda sulla destra – sussurrò di rimando il giovane. – D'accordo, porco zeon, muoviti! – gridò Kirk. Il soldato rivolse loro un'occhiata annoiata, mentre lo oltrepassavano; quindi riprese la sua posizione, e i tre si diressero verso il laboratorio. In quel momento la porta si aprì e ne uscì un ufficiale delle SS, che chiuse a chiave il battente e andò incontro al gruppetto. Dando uno strattone allo zeon, Kirk fece in modo di sbattere contro l'SS, e caddero tutti contro il muro. Kirk assestò uno schiaffo al finto prigioniero. – Goffo porco zeon! – Quindi si rivolse alla guardia. – Mi dispiace, ma questi zeon non combinano mai nulla di buono. Comunque la pagheranno: stanno per essere sottoposti a un esperimento. – L'ufficiale si allontanò con un cenno del capo, e Kirk esibì le chiavi della porta con un sogghigno. Il laboratorio era deserto, ma videro subito i comunicatori, smontati su un tavolo alla loro sinistra; Kirk ne raccolse le parti.
– Chi siete? – chiese lo zeon. – I faser? – domandò Kirk. – Non li vedo, capitano. – Da dove venite? – insistette lo zeon. Kirk aveva intanto trovato un fascio di circolari informative e le sfogliò, leggendole in fretta: le armi erano state mandate al Quartier Generale della Gestapo, per essere analizzate. – Possiamo scordarci dei faser – stava dicendo a Spock, quando la porta venne spalancata di colpo: l'SS si era accorto della scomparsa delle chiavi. L'uomo fissò Kirk e Spock, sollevando di scatto la pistola, e venne aggredito dallo Zeon, che era fuori dal suo campo visivo. Il primo pugno andò a vuoto, ma il secondo atterrò la guardia. Kirk abbassò lo sguardo su di essa. – Per essere dei pacifisti – commentò – voi zeon siete piuttosto decisi. E imparavano anche in fretta. Il giovane indicò l'uniforme dell'ufficiale. – Indossando quella, potremmo rubare una macchina e lasciare la capitale. – Noi siamo venuti qui per trovare John Gill – rispose Kirk. – Capitano – intervenne Spock – senza faser e impossibilitati a comunicare con la nave, è logico presumere che non possiamo resistere contro tutte le forze militari di questo pianeta. Kirk rifletté su quell'osservazione. – D'accordo, signor Spock. Mettetevi l'uniforme e copritevi le orecchie. Entro pochi secondi, il vulcaniano si era trasformato in un tenente delle SS, con le orecchie celate dall'elmetto. Kirk, ancora travestito da guardia, trovò una barella ammucchiata insieme ad altre in un angolo del laboratorio; quando lasciarono la stanza lo zeon era disteso su di essa, con gli occhi chiusi, come se fosse stato appena sottoposto a terribili torture. La guardia vicino alla porta salutò Spock. – Abbiamo fatto buona caccia – commentò Kirk. – Abbiamo catturato tanti di quegli zeon che li dobbiamo scaricare fuori. Quella frase fu sufficiente. Nascosti nell'ombra di un edificio, si liberarono della barella. – Immagino che si accorgeranno presto della nostra scomparsa, capitano – avvertì Spock. – E metteranno in allarme tutto il pianeta – aggiunse lo zeon. – Dobbiamo trovare un luogo dove nasconderci, fino a quando non avremo rimesso insieme i comunicatori e ricevuto aiuto dall'Enterprise. L'osservazione del capitano parve turbare profondamente il giovane zeon, che stava lottando per arrivare a un'importante decisione. – Potreste essere spie – disse – mandate per scoprire i nostri rifugi
sotterranei. – Poi si rasserenò in volto. – Ma è un rischio che devo correre. Metto la mia vita e, cosa più importante, quella dei miei compagni nelle vostre mani. Lo seguirono lungo la strada, tenendosi nascosti nell'ombra delle case, finché non raggiunsero un vicolo buio, cosparso di rifiuti, di bidoni della spazzatura e di lattine vuote; lo zeon si accostò alla copertura di un tombino e vi picchiò sopra quattro volte. Finalmente, dal sottosuolo giunsero quattro colpi di risposta. Il giovane batté altre due volte e segnalò agli uomini dell'Enterprise di nascondersi quando una camionetta carica di soldati passò davanti all'imboccatura del vicolo; una volta che il rombo del motore si fu allontanato, lo zeon ripeté il segnale e il coperchio del tombino si sollevò, rivelando un'apertura buia e angusta. – Venite – disse lo zeon. Una stretta scala di metallo scendeva nell'oscurità; quando arrivarono all'ultimo piolo, uno zeon li oltrepassò e salì a richiudere il tombino, tornando poi subito giù. – Salve, Davod – salutò la loro guida. – In quanti siamo, qui? Non ebbe risposta: Davod stava fissando Kirk e Spock con sospetto. – Mi hanno aiutato a fuggire di prigione! Devo loro la vita, Davod! – Isak! Un uomo più maturo, dai lineamenti forti, era entrato nella stanza in penombra. – Abrom, grazie a Dio stai bene. – La guida e il nuovo venuto si abbracciarono. – È mio fratello – spiegò il giovane zeon. – Abrom, erano prigionieri, e sono stati picchiati come me. – Perché eravate in prigione? – chiese Abrom, scrutando in volto i due ufficiali. – Ho cercato di vedere il Führer – rispose Kirk. – Il Führer! – Se riuscissi a parlargli, forse potrei porre fine a questa follia. – Devo loro la vita, Abrom – aggiunse Isak. Con atteggiamento rabbioso, Davod lasciò la stanza. – Isak, Uletta è morta – disse Abrom, e dopo un momento aggiunse: – Le hanno sparato per strada. – Vostra sorella? – chiese Kirk, notando l'espressione sconvolta di Isak. – Dovevamo sposarci. La voce di Abrom tremava. – È vissuta per cinque ore, mentre le passavano vicino e le sputavano addosso. La nostra gente non ha potuto soccorrerla, e ora tu mi chiedi di aiutare due sconosciuti. Isak abbassò le mani, dietro cui aveva nascosto la faccia. – Se adottiamo
i metodi dei nazisti, diventeremo come loro. Non volendo disturbare quella tragedia familiare, Spock prese Kirk in disparte. – Capitano, posso suggerirvi che il modo più proficuo per impiegare il nostro tempo sarebbe quello di riassemblare i comunicatori? – Si rivolse quindi ad Abrom, con gentilezza. – Potremmo lavorare laggiù per qualche momento, senza essere disturbati? L'uomo non rispose, e alla fine Isak annuì e si allontanò, prendendo il fratello per una spalla. Kirk raggiunse Spock accanto a un tavolo, su cui sparsero i componenti degli apparecchi. Usando le parti di entrambi, Spock ne rimontò uno e lo porse a Kirk, dicendo – Non sono certo che i circuiti siano a posto, ma l'unico modo per verificarlo è usarlo. Kirk stava per ricordargli che l'Enterprise non sarebbe stata contattabile che fra un'altra ora, quando all'esterno echeggiarono alcune grida e uno sparo; poi la porta si spalancò e due soldati muniti di pistole automatiche fecero irruzione nella stanza: dietro di loro, con la bella testa sollevata in una posa arrogante, veniva la ragazza in uniforme marrone che avevano visto alla televisione e che portava la croce di ferro. Kirk rammentava il suo nome e la sua bellezza. – È Daras – disse a Spock. – Zitto! – intimò la ragazza. – Contro il muro, tutti! In alto le mani, porco zeon! Camminò lungo la fila di prigionieri scrutandoli in faccia, e si arrestò quando giunse vicino a Kirk. Spock e Isak, – Voi siete i tre che sono fuggiti dalla Cancelleria. Qual era il vostro piano? Una pistola era puntata contro Kirk. – Parla! – ingiunse la ragazza. – È la tua ultima occasione per farlo! – Devo vedere il Führer. È urgente. – Urgente? – Daras prese l'arma a un soldato. – Sì, ci scommetto! Abrom cercò di distogliere la sua attenzione da Kirk. – Io solo sono responsabile di quanto accade qui. – Lo sai cosa facciamo agli zeon responsabili? Il dito di Daras premette il grilletto. Ci fu una raffica e Abrom cadde a terra. – Ora finiamo il lavoro! – esclamò la ragazza. Un soldato puntò la pistola in modo da tenere sotto tiro Isak, Spock e Kirk. – Quando vi fermerete, nazisti? – esplose, furente, il giovane. – Quando ci avrete uccisi fino all'ultimo, che farete? Rivolgerete le armi contro voi stessi?
Kirk lanciò con lo sguardo un segnale a Spock. I due scattarono in avanti. Il vulcaniano attaccò uno dei soldati e Kirk strappò la pistola dalle mani di Daras, voltandosi poi in modo da controllare i tre nazisti. – Fermo! – strillò Isak. – Non sparate! Abrom si era alzato in piedi. – Basta così – disse. – Avete dimostrato di essere dalla nostra parte. Sconcertato, Kirk si girò verso Isak, che affrontò con coraggio il suo sguardo. – Perdonatemi, ma dovevamo essere sicuri. – Accogliendovi avremmo potuto tradire tutto il nostro popolo, se foste stati spie naziste – spiegò Abrom, poggiando una mano sul braccio del capitano. – I metodi della Gestapo sono di un'efficienza spaventosa – si affrettò ad aggiungere Isak. – Per sopravvivere dobbiamo essere cauti, e noi della resistenza non conosciamo neppure i nostri capi. Anche se cedessimo a causa della tortura, potremmo tradire solo poche persone. Perdonatemi, ma era una prova necessaria. Spock stava fissando Daras. – Non capisco – osservò. – Voi siete una nazista, un'"Eroina della Madrepatria". Abbiamo assistito alla vostra decorazione. – Sono un'ekosiana... ma combatto contro questa cosa terribile che sta succedendo alla mia gente. Ho avuto la decorazione per aver tradito mio padre, denunciandolo al Partito. Notando l'espressione disgustata di Kirk, la ragazza si affrettò a spiegare. – È stata un'idea di mio padre. Era molto amico del Führer, ma quando ha visto che stava cambiando, e verso cosa ci stava portando, ha voltato le spalle al Partito. Lo hanno imprigionato, e Melakon lo ha condannato a morte. – Melakon? – domandò Kirk. – Il vice del Führer – lo informò Abrom. – Ha assunto il comando. – Mio padre mi ha insultato – aggiunse Daras, rivolta a Kirk – dando l'impressione che fossi stata io a tradirlo e fornendomi così un mezzo per continuare la lotta. Spock stava ancora cercando di conciliare quella storia con le cognizioni in suo possesso. – Ma come può tutto questo essere sembrato giusto a John Gill? – A chi? – chiese Abrom. – Al Führer – rispose Kirk. – Appartiene alla nostra gente. – Di quale gente si tratta? – volle sapere Abrom. Kirk ebbe un attimo di esitazione. – Io sono il capitano James Kirk,
dell'astronave Enterprise, e questo è il mio primo ufficiale, il signor Spock. John Gill, il vostro Führer, era stato inviato qui dalla Federazione in veste di osservatore culturale. Quell'affermazione sconvolse Daras. – Il Führer... un alieno? – Esatto – confermò Spock. La ragazza assunse un'espressione incredula. – Sono cresciuta ammirandolo; ma in seguito ho imparato a odiarlo, a disprezzare tutto quello che lui rappresentava. Però ho sempre creduto che fosse uno di noi, e apprendere che si tratta invece di un alieno, inviato per distruggerci... – Non era questa la sua missione – la corresse Kirk. – Era qui per osservare, non per interferire, ma qualcosa non ha funzionato. Noi dobbiamo scoprire di che si tratta e risanare la situazione. Dobbiamo vederlo. – Impossibile! – esclamò Isak. – Anche in un altro momento, non ci riuscireste, perché non vede nessuno e non si lascia avvicinare che da Melakon. È protetto da massime misure di sicurezza. Kirk e Spock si scambiarono un'occhiata. – Massime misure di sicurezza. Ha tanta paura? – domandò Kirk. Isak serrò i pugni. – Ci sono molti di noi... ekosiani e giovani zeon... che sarebbero lieti di dare la vita, pur di ucciderlo! – Non so spiegare quanto è accaduto – gli disse Kirk – ma tutto questo è contrario a ogni principio in cui John Gill credeva. La nostra unica speranza è di parlargli... al più presto. – Per adesso, è da escludere – replicò, secca, Daras. – Stanotte terrà un discorso dalla Cancelleria, e saranno presenti i più importanti membri del Partito. – Voi ci sarete? – Naturalmente – fu l'amara risposta. – Come simbolo del giusto atteggiamento da tenere nei confronti della Madrepatria. Spock si rivolse al capitano. – In veste di onorato membro del Partito, lei dovrebbe riuscire a farci superare le guardie. – Ma soltanto a pochi fra i membri più fidati del Partito sarà permesso di entrare nella Cancelleria, questa notte – protestò Daras. – La nazione assisterà al discorso dai teleschermi. – Dovrete farci entrare – insistette Kirk. – Nella Cancelleria? Sarebbe un suicidio, capitano Kirk. – Anche soltanto vivere è un rischio, così come stanno andando le cose – dichiarò Isak. – Se il capitano pensa che ci sia qualche possibilità di successo, sono pronto a suicidarmi con lui.
Daras si voltò di scatto. – Tu? Uno zeon? Ti aspetti di entrare nella Cancelleria? – Questa lotta è più mia che tua! – Se siete disposta a rischiare, Daras – intervenne Kirk – mi è venuta un'idea che potrebbe funzionare. Era una sfida che la ragazza non poté rifiutare. Avevano requisito un'automobile e uniformi della Gestapo. Spock e Isak, vestiti da soldati, erano muniti di riflettori, mentre Kirk sfoggiava i gradi di capitano e impugnava una telecamera. Non appena scorse le guardie poste all'ingresso della Cancelleria, il capitano sollevò l'apparecchio in modo che gli nascondesse la faccia. – Accendete le luci – ordinò. Le guardie sbatterono le palpebre, irritate dal bagliore improvviso. – Voi! Che ci fate qui? – chiese una di esse. Una seconda auto si accostò al marciapiede e ne scese Daras. Subito Kirk, Spock e Isak si affollarono intorno a lei, riprendendola, e la ragazza rivolse un sorriso e un cenno di mano alla telecamera, salendo i gradini. Le guardie l'avevano riconosciuta. – Il corpo televisivo speciale del Führer – spiegò la ragazza, oltrepassandole. – La porta, caporale, per favore, e sorridetemi mentre entro. Abbagliato ma sorridente, il soldato spalancò il battente. Il gruppetto si avviò lungo un corridoio; Daras stava tremando. Spock sussurrò – Sapete, capitano, comincio a capire quale gusto proviate voi Terrestri a scommettere. Per quanto si calcolino con precisione le probabilità di successo, c'è comunque una certa eccitazione nel correre rischi. – Forse riusciremo a fare di voi un umano, signor Spock, se vivremo abbastanza a lungo. Dinnanzi a loro c'erano le porte aperte della sala delle udienze, in cui si trovava un gruppo di membri del Partito. – Da dove entra il Führer? – chiese Kirk alla ragazza. – Non entra. Lo guardano su quel grande schermo, e lui trasmette dal fondo della stanza, là dove ci sono quelle guardie. Per sicurezza. Kirk scorse una finestra coperta da spessi tendaggi e fiancheggiata da due soldati, posta all'estremità della sala. – Dov'è l'ingresso? – È ben sorvegliato, capitano. – Dov'è? – ripeté Kirk.
– Alla fine del corridoio. Kirk esaminò la situazione. Le guardie erano armate di pistole semiautomatiche e si trovavano ai lati della porta; una di esse si volse per guardare da una finestrella inserita nel battente. – Non vorrete cercare di entrare nella stanza di trasmissione, vero? – sussurrò Daras. – Vogliamo dare un'occhiata – replicò Kirk. – Distraeteli quanto basta perché io possa prendere la pistola – propose Isak. – Quella stanza è molto piccola, e potrei sparare attraverso la porta. Kirk si girò di scatto, parlando con durezza. – Non siete qui per ottenere una soddisfazione personale. Ci serve Gill, e ci serve vivo. È chiaro? Isak annuì, rassegnato, e procedette con gli altri fino a quando una delle sentinelle venne loro incontro, sollevando l'arma. Di colpo, Kirk divenne un cameraman molto indaffarato. – Fermo dove siete – disse all'uomo. – Siamo qui per riprendere il discorso del Führer relativo alla Soluzione Finale, per filmare i retroscena. – Vogliamo immortalare i responsabili della sicurezza del Führer – aggiunse Isak. – Coloro che rendono possibili le sue decisioni. La presenza di Daras rassicurò il soldato, che tornò accanto alla porta e si mise sull'attenti, offrendo alla telecamera il suo profilo migliore. Kirk si rivolse all'altra guardia. – Voi, laggiù, voglio che vi avviciniate e che teniate le armi bene in vista. I due si spostarono dalla porta, e Kirk li piazzò in modo da permettere a Spock di guardare dalla finestrella e di avvistare Gill seduto a un tavolo, davanti a una telecamera. Il vulcaniano rivolse un cenno al capitano. – Grazie – disse questi, mentre le guardie tornavano ai loro posti. – Faremo altre riprese più tardi. Spock aveva raggiunto Kirk. – È John Gill, ma non si è mosso e non ha sollevato lo sguardo neppure una volta – riferì. – Potrebbe far parte del piano... un distacco semidivino. – Oppure potrebbe trattarsi di una profonda psicosi – replicò Spock. – Ancor più semplicemente, potrebbe esser stato drogato. Ci serve McCoy, signor Spock. – Si girò verso Daras. – C'è un posto in cui possiamo rimanere soli per qualche minuto? Voglio chiedere aiuti, e non ho tempo per dare spiegazioni. Un ripostiglio... qualsiasi posto andrà bene. – Il guardaroba – propose Isak. Una volta solo con Kirk, Spock apportò un'ultima modifica al comunicatore, poi lo aprì. – Spock a Enterprise. Rispondete, Enterprise... Sull'astronave, la ricezione era pessima, e Uhura mosse in fretta le mani
sulla consolle. – Qui Enterprise. Parla il tenente Uhura. Kirk prese l'apparecchio. – Sono il capitano. Collegatemi col dottor McCoy. – Sì, signore. Non vi riceviamo bene, la vostra banda di frequenza è troppo bassa di nove punti. – Abbiamo avuto alcune difficoltà, tenente. Collegate il computer storico alla sezione uniformi. Voglio che McCoy si vesta da dottore della Gestapo, Germania Nazista, data terrestre antica 1944. Con il grado di colonnello. – Sì, signore. Vi passo il dottore. – Parla McCoy, capitano. – Abbiamo bisogno di voi, Bones. Fate sintonizzare il teletrasporto su queste coordinate. – Cosa è successo, Jim? – Abbiamo trovato John Gill, o per lo meno lo abbiamo visto; potrebbe essere drogato, ipnotizzato o psicotico, e voi dovrete stabilire di cosa si tratta. Affrettatevi, con quell'uniforme. Daras aprì la porta del guardaroba, cinerea in viso. – Isak ha appena sentito parlare due addetti alla sicurezza. Hanno individuato la vostra trasmissione e sanno che proveniva da questo edificio. Stanno cominciando le ricerche. Spock richiuse il battente dietro di lei. – Se c'è un ritardo nel trasferimento di McCoy, suggerisco di annullare il piano. Kirk aprì di nuovo il comunicatore. – Kirk a Enterprise. Cosa state facendo? – Il dottore è nella sala del teletrasporto, signore, ma ha qualche problema con l'uniforme. – Se necessario, mandatelo giù anche nudo. Chiudo. Ma un tremolio era già apparso nell'aria, in un angolo del guardaroba. Daras indietreggiò, stupefatta, mentre le scintille si materializzavano fino a formare la sagoma di McCoy. Il dottore teneva il cappotto dell'uniforme su un braccio e aveva uno stivale in mano. – È... vero – sussurrò la ragazza. – Avevo creduto solo in parte a ciò che avevate detto, ma questo... è magnifico! McCoy sedette su una panca, cercando d'infilarsi lo stivale. – Quello stupido computer ha fatto un errore con le misure. Questo mi va stretto. – Diede un rabbioso strattone alla calzatura. – Esiste un modo logico di procedere, dottore – osservò Spock. – Inserite la punta del piede e tirate in maniera costante e calma sui due lati. Non abbiamo tempo da sprecare con manifestazioni emotive.
McCoy gli lanciò un'occhiata acida ma obbedì, riuscendo a infilarsi lo stivale. – Questo è il dottor McCoy, il nostro ufficiale medico – spiegò Spock alla ragazza. – Dottore, vi presento Daras, segretaria del Partito Nazionalsocialista. – Piacere – rispose McCoy, infilandosi il cappotto. – Cos'è questa faccenda di John Gill, Jim? La porta fu spalancata con violenza ed Eneg entrò, cupo in volto e fiancheggiato da due soldati con le pistole spianate. I quattro si erano irrigiditi, aspettandosi una morte immediata, e quando essa non arrivò, Daras cercò di escogitare una storia di copertura plausibile. – Presidente Eneg... – cominciò, accennando a McCoy – ... il colonnello... ha bevuto troppo. – Capisco. Kirk e Spock avevano voltato leggermente la faccia, per evitare di essere riconosciuti. – Temevamo che potesse mettere in imbarazzo il Führer – aggiunse Kirk, rimanendo girato. – Un medico dovrebbe avere più orgoglio – rincarò Daras. – Avete fatto bene a nasconderlo – annuì Eneg. – In questo edificio c'è una spia con una trasmittente segreta e la stiamo cercando. Hail Führer! Dopo una pausa di stupore Kirk, Spock e Daras ricambiarono il saluto, poi Eneg se ne andò e uno dei soldati richiuse la porta alle sue spalle. – Non capisco come abbia fatto a non riconoscerci – commentò Spock, mentre Kirk traeva un profondo sospiro di sollievo. – Questo è il nostro giorno fortunato. La fortuna, signor Spock, qualcosa di cui voi rifiutate di ammettere l'esistenza. – Dovrò riesaminare le mie vedute, capitano. Un segnale echeggiò nel corridoio. – Il discorso del Führer sta per cominciare – disse subito Daras. – Andiamo – ordinò Kirk. Seguirono la ragazza fuori dal guardaroba, lungo il corridoio e nella sala principale; Isak li vide entrare e rivolse loro un cenno, sollevato. Lo schermo televisivo inquadrò una bandiera nazista, poi seguì subito un primo piano del Führer accompagnato dal grido di saluto dei presenti, a cui si unirono anche Kirk, Spock e McCoy. L'angolazione della telecamera era stata calcolata in modo da ottenere un effetto drammatico e da lasciare parzialmente in ombra il viso. La voce che scaturiva dall'altoparlante era calma e ragionevole. – Ekosiani, il compito che ci attende è difficile: richiede coraggio e dedizione. Richiede fede.
Scoppiarono sfrenati applausi, e la voce proseguì. – La colonia zeon esiste ormai da quasi mezzo secolo... – Guardate le labbra – sussurrò Kirk a McCoy. La telecamera passò però a un tipo di inquadratura in cui il microfono nascondeva la parte inferiore della faccia del Führer. – Se realizzeremo la nostra grandezza, porremo fine a tutto questo. – Un coro di grida entusiastiche coprì la voce. Quando si furono placate, essa aggiunse – Lavorando insieme, possiamo arrivare a una soluzione definitiva. Spock si protese verso Kirk. – Questo discorso non segue nessuna struttura logica, capitano. – Sono soltanto frasi staccate e messe insieme alla meglio. – Sembra drogato, Jim, a uno stadio quasi catalettico – diagnosticò McCoy. – Talvolta – riprese la voce – ciò che facciamo può essere difficile, ma è necessario, se vogliamo arrivare alla meta prefissata. E noi arriveremo a quella meta. – Dobbiamo avvicinarlo – dichiarò McCoy, raddrizzandosi sulla sedia. Daras lo fissò per un momento, poi si alzò e cominciò a farsi largo fra la folla, verso la porta. Isak la raggiunse e cercò di aiutarla a passare. Alcune facce seccate si voltarono, e furono subito rischiarate da un sorriso, nel riconoscere la ragazza. Quando gli altri la seguirono, l'irritazione riapparve, ma l'uniforme da colonnello della Gestapo indossata da McCoy suscitò un certo rispetto. Finalmente sbucarono nel corridoio, da dove sentivano ancora la voce che parlava. – Ogni nostra azione dev'essere decisiva, ogni pensiero deve essere concentrato verso quella meta. Questo pianeta può diventare un paradiso, se siamo disposti a pagare il prezzo... Accanto alla porta della stanza di trasmissione, le due guardie stavano ascoltando il loro Führer, ma le pistole erano ancora spianate. Isak sollevò i riflettori e Kirk puntò la telecamera. – Vi voglio riprendere con l'Eroina della Madrepatria, mentre ascoltate le emozionanti parole del Führer. – Si rivolse a Daras. – Avanti, mettetevi in mezzo a loro. Sentendosi lusingati, i due uomini fecero spazio alla ragazza mentre la voce diceva – Come ogni cellula del corpo lavora in disciplinata armonia per il bene di tutto l'organismo... Inquadrando il terzetto Kirk annuì, e McCoy colpì al collo una delle due guardie; Spock neutralizzò l'altra con la presa vulcaniana, ed entrambe crollarono a terra. Spock provò quindi ad aprire la porta e scoprì che era
chiusa a chiave. – ... così ognuno di voi deve lavorare per trasformare il nostro sogno in realtà... per trovare una soluzione duratura. Lunga vita a Ekos! Lunga vita al nostro Partito! Una tempesta di applausi accolse le parole conclusive di John Gill, mentre Kirk e McCoy perquisivano i due soldati e trovavano la chiave che apriva la porta della stanza. Il Führer non si mosse quando il gruppo entrò; Kirk e Isak trascinarono dentro le guardie. Un monitor in alto sulla parete mostrava Melakon, in piedi su un podio posto nella sala principale, nell'atto di chiedere silenzio. – Il Führer ci ha dato i nostri ordini, e noi ci impegniamo a dedicare la nostra vita a questo sacro compito. Morte a Zeon! – Morte a Zeon! Morte a Zeon! – urlò la folla. McCoy si raddrizzò, dopo aver esaminato Gill. – È proprio drogato, quasi in coma. – Che tipo di droga? – chiese Spock. – Per identificarla, ci vuole un computer medico. E senza sapere di cosa si tratta, somministrare un antidoto può essere pericoloso. – Non potete fare nulla, Bones? – Potrei dargli uno stimolante generico, ma è comunque rischioso. – Correremo questo rischio – decise Kirk, mentre Melakon riprendeva a parlare. – Per anni, siamo stati contaminati dalla presenza degli Zeon sul nostro pianeta. Abbiamo tentato di risolvere questo problema in molti modi... limitandoli in aree separate delle nostre città, confinandoli; ma nonostante i nostri sforzi essi hanno continuato a esistere come un cancro, logorando il nostro Stato... McCoy praticò un'iniezione a Gill. – Non c'è reazione – osservò Isak. – Qualsiasi cosa gli abbiate dato, non fa effetto. – Come una malattia, gli Zeon appaiono dovunque – continuò Melakon, mentre McCoy usava il mediscan. – Ne uccidi uno, e ne sbucano altri due. Dieci minuti fa, per ordine del nostro Führer, le truppe hanno iniziato la loro storica missione, e l'eliminazione è cominciata nelle nostre città. Entro un'ora, la piaga costituita dagli Zeon verrà rimossa dalla faccia di Ekos. Kirk si curvò su Gill. – Potete aumentare la dose? – Sto lavorando alla cieca, Jim. Potrei anche ucciderlo. – Se ci trovano qui, saremo uccisi tutti – intervenne Daras. A un cenno di Kirk, McCoy usò ancora la siringa. – È cominciata. Alla fine, è cominciata. – Daras guardò Isak e poi si
coprì il volto con le mani. McCoy si rivolse a Kirk. – Lo stimolante sta funzionando. Ha quasi ripreso coscienza. – Sollevò una delle palpebre di Gill. – È come se stesse dormendo di un sonno leggero. Non oso fare di più. – Spock, cercate di raggiungerlo con il contatto mentale. Se non ci riuscirete, Bones dovrà impiegare una dose più massiccia, senza pensare alle conseguenze. Un rombo assordante scaturì dal monitor, su cui si vedevano decollare molti razzi di modello antiquato. – Ora la nostra flotta spaziale è in viaggio per Zeon – annunciò Melakon – munita di armi automatiche e manuali. Questa è l'ora del destino! Hail Führer! – Seguì una pausa. – Vittoria agli Ekosiani! Daras si accostò a Kirk. – Rimane una sola possibilità. Usate gli armamenti di cui disponete per distruggere la flotta! Kirk scosse il capo. – Questo significherebbe la morte di migliaia di ekosiani. – Vittoria! Vittoria! – stava cantilenando la folla, ripresa dal monitor. – Ma contrapposte a quelle migliaia ci sono i milioni di vite di zeon innocenti! – gridò la ragazza. – Dobbiamo scegliere il minore dei due mali, capitano! – In quel modo potremmo salvare Zeon, Daras, ma non Ekos. Spock aveva intanto ultimato il sondaggio mentale. – Nelle attuali condizioni Gill non è in grado d'iniziare un discorso o qualsiasi altra funzione, capitano, ma può rispondere a domande dirette. Kirk fissò il suo insegnante di un tempo. – Hanno conservato quello che rimaneva di lui come una facciata. – Esatto, capitano. Negli ultimi anni, il vero detentore del potere è stato Melakon. – Abbassate il volume di quel monitor – disse Kirk a Daras; quando la quiete scese nella stanza, si accostò a Gill, chinandosi sul tavolo. – Gill, perché avete abbandonato la vostra missione? Perché avete interferito con questa cultura? La faccia dello storico rimase inespressiva, e le sue labbra si mossero appena. – Pianeta... frammentato... diviso. Preso lezioni... dalla storia terrestre. – Perché la Germania Nazista? – insistette Kirk. – Siete stato voi a insegnarmi la storia, sapete com'erano i nazisti. – Lo Stato... più efficiente... che la Terra... abbia conosciuto... – È vero, capitano – intervenne Spock. – Quel minuscolo paese diviso,
sconfitto, impoverito arrivò in pochi anni a un solo passo dal dominio assoluto. – Era brutale e perverso! Si rese necessario distruggerlo pagando un prezzo altissimo! Perché scegliere quell'esempio? – Forse Gill ha ritenuto che uno stato del genere, se governato in maniera benigna, avrebbe potuto garantire l'efficienza senza cadere nel sadismo. – Ha funzionato... – disse Gill. – All'inizio... ha funzionato. Poi Melakon ha cominciato... a predominare, ha usato il... mi ha dato la droga... Tacque. – Gill! Gill, mi sentite? Dovete spiegare a questa gente cosa è successo. Siete l'unico che possa impedire un massacro. Lo studioso si accasciò e McCoy lo esaminò con il mediscan, scuotendo il capo. – È ancora vivo, ma la droga che usano è troppo forte. – Praticategli un'altra iniezione. – Le guardie! – gridò Daras, allontanandosi dalla porta. – Bones, non abbiamo più tempo. Le SS stavano correndo verso la stanza di trasmissione, seguite da Eneg, e Kirk impartì una serie di ordini affrettati. – Spock, toglietevi l'elmetto! Daras, estraete la pistola! Anche voi, McCoy, e voi, Isak! Estraete le pistole e puntatele contro Spock! Le guardie fecero irruzione, accompagnate da Eneg, che vide tre pistole spianate contro il vulcaniano. Kirk indicò Daras. – Ha appena catturato una spia zeon che stava cercando di assassinare il Führer. Ne faremo dono a Melakon. – Presidente, dobbiamo portare questa spia da Melakon – si affrettò ad aggiungere Isak, mentre le guardie afferravano Spock. Eneg li stava fissando tutti in volto con attenzione. – Mi assumo ogni responsabilità – disse infine ai soldati, e se ne andò. – Non ero autorizzato a rivelartelo – sussurrò Isak a Daras – ma Eneg è con noi. – Si rivolse quindi a una guardia. – Hai sentito il presidente. Dobbiamo scortare la spia. – I due uomini si fecero da parte mentre lo zeon, McCoy e Daras conducevano Spock fuori dalla stanza di trasmissione e nel corridoio. Kirk rimase indietro, indugiando a fissare la siringa che giaceva ancora sul tavolo. Melakon era circondato da ammiratori che si congratulavano, e le guardie intervennero per spingere Spock oltre la ressa. – Cosa succede? – chiese Melakon. – Una spia, eccellenza – rispose Isak.
– Si tratta di una preda di raro pregio – aggiunse Daras, venendo avanti. – Il vice del Führer può vedere che non è un comune zeon. Nella stanza di trasmissione, Kirk finì d'iniettare un'altra dose di stimolante nel braccio di Gill. – Professor Gill, mi sentite, ora? Dovete parlare, è la nostra ultima possibilità. Per favore, scuotetevi! La spia interessò Melakon, che afferrò Spock per il mento, voltandolo in modo da poterlo osservare di profilo. – Non è uno zeon. Decisamente no. – Il vice Führer – convenne Daras – è un'autorità nel campo della purezza genetica della razza. Come classifichereste questo esemplare? – È difficile, molto difficile rispondere a una domanda posta da una ragazza tanto affascinante. – Melakon tornò a studiare Spock, compiaciuto di poter esibire le proprie cognizioni. – Notate gli occhi dall'aria sinistra, le orecchie deformi... si tratta certo di una razza inferiore. Kirk stava lottando per aiutare Gill ad alzarsi in piedi. – Siete l'unico che li può fermare! Dovete parlare! Con sguardo vitreo, Gill socchiuse le labbra, poi tornò ad accasciarsi. Nel frattempo, Melakon stava scoprendo altre stigmate che denunciavano l'inferiorità razziale di Spock. – Osservate come la fronte bassa indichi stupidità, notate lo sguardo offuscato dell'animale in trappola... Mentre Spock inarcava un sopracciglio, Melakon si rivolse a una guardia. – Potete prenderlo per interrogarlo, ma voglio che il corpo venga conservato per il museo culturale. Sarà un esemplare interessante da esporre. Fra la folla vi fu una certa agitazione, accompagnata da un mormorio di sorpresa che indusse Melakon a girarsi verso il podio. Gill era riapparso sullo schermo, barcollante e con lo sguardo appannato fisso nel vuoto. Dopo aver lanciato un'ultima, inorridita occhiata all'immagine, Melakon si rivolse a uno degli uomini che sorvegliavano Spock. – Va' nella stanza di trasmissione, e occupati subito del Führer, che si sente male. E disattiva la telecamera! Gill aprì la bocca. – Popolo... di Ekos. Ascoltatemi... Melakon si girò di scatto verso l'uditorio. – Il Führer sta male. La tensione di oggi è stata eccessiva per lui. Gill lottò per proseguire, mentre Kirk si teneva nell'ombra, alle sue spalle; la voce di Melakon giunse dall'altoparlante del monitor; nella stanza di trasmissione. – Suggerisco di andarcene tutti, in modo che il Führer possa riposare. Kirk vide la maniglia della porta che si muoveva. Aveva chiuso a
chiave, ma da fuori presero a picchiare contro il battente. La voce di Gill acquistò maggior forza. – Popolo di Ekos. Siamo stati traditi da un avventuriero avido, che ci ha portati tutti sull'orlo del disastro. A Zeon, giuro che questa non era un'aggressione voluta dal popolo ekosiano... La guardia tornò di corsa, sussurrando qualcosa all'orecchio di Melakon. – ... ma solo da un uomo malvagio – continuò Gill. – Melakon ha tradito il suo popolo e tutto ciò che noi rappresentiamo... Il vice Führer strappò la pistola automatica alla guardia e si girò, puntandola contro la tenda che copriva la finestra della stanza di trasmissione. – Al popolo di Zeon – stava dicendo Gill – prometto risarcimenti e prove di buona volontà... Melakon scatenò una letale grandinata di piombo contro la tenda. La folla cadde in preda a uno sconcertato silenzio e Kirk scattò in avanti nel momento in cui la finestra andava in frantumi, trascinando Gill a terra. Melakon continuò a far fuoco contro la stanza di proiezione, finché Isak estrasse a sua volta la pistola e premette il grilletto. Il vice Führer sussultò per l'impatto del proiettile, cercò di prendere di mira Isak... e crollò al suolo. Un colonnello delle SS s'impadronì dell'arma automatica e la puntò contro lo zeon. – Fermo, colonnello! Era Eneg. – Ci sono state anche troppe uccisioni. – L'ufficiale esitò, ed Eneg aggiunse – Ora cominceremo a vivere come il Führer voleva che facessimo. Il colonnello lasciò cadere l'arma. Gli occhi di Gill erano limpidi, ma sul torace l'uniforme era tinta di rosso. Mentre Kirk gli sosteneva la testa fra le braccia, un rivoletto di sangue colò dalle labbra dello storico che guardò Kirk, riconoscendolo. – Ho sbagliato – sussurrò. – La direttiva della non interferenza è l'unica soluzione. Dobbiamo fermare le stragi... – Lo avete già fatto, professore. Li avete avvertiti in tempo. – Perfino gli storici non riescono a imparare dal passato... ripetono gli stessi errori. Mettete fine alle uccisioni, Kirk. Mettete... Emise un sussulto e si accasciò fra le braccia del capitano. – Professore...? – State bene, capitano? – La voce di Spock lo indusse a sollevare lo sguardo. – Sì, signor Spock. Adagiò a terra Gill, si alzò e andò ad aprire la porta.
Eneg era accanto a Spock, e dietro di loro attendevano McCoy, Daras e Isak, solenni in volto come se sapessero già ciò che lui stava per dire. – È morto. Seguì un lungo momento di quiete. – Ho pregato così a lungo che accadesse – osservò poi Isak – e ora me ne dispiace. – È dispiaciuto anche a lui – rispose Kirk. Isak gli si accostò. – Voi ci avete dato una nuova possibilità di sopravvivere. – Anch'io vi ringrazio – aggiunse Eneg. – Ora però ve ne dovete andare. Il resto è compito nostro. – Eneg e io terremo un discorso – spiegò Daras – offrendo un'alternativa al nostro popolo... a tutto il nostro popolo, agli ekosiani e agli zeon. Nel seguirla dentro la stanza di trasmissione, Eneg indugiò un momento per dire – È tempo di porre fine agli spargimenti di sangue... di seppellire i nostri morti. – Signor Spock – dichiarò Kirk – credo che questo pianeta sia in buone mani. – Davvero, capitano. Con l'unione delle due culture, questo sistema costituirebbe un ottimo acquisto, per la Federazione. Kirk aprì il comunicatore. – Kirk a Enterprise. – Qui l'Enterprise, capitano. – Riportateci a bordo, tenente Uhura. Spock era ancora perplesso per l'esperienza vissuta su Ekos, e lasciò la sua postazione per accostarsi a Kirk. – Non capirò mai gli umani, capitano. Come ha potuto John Gill, un uomo così brillante e con una mente così logica, commettere un così fatale errore? – Ha tratto conclusioni errate dalla storia. Il problema, con i nazisti, non era semplicemente dato dal fatto che i loro capi erano uomini psicotici e malvagi. Questo è un dato indiscutibile, ma il vero ostacolo era il principio di base. McCoy li aveva raggiunti. – Un uomo che detiene troppo potere, anche quando è animato dalle migliori intenzioni, non sa resistere alla tentazione di sostituirsi a Dio, Spock. – Ero già arrivato a tale deduzione, dottore. – C'è un vecchio detto terrestre – commentò Kirk – secondo cui tutto accade per il meglio. John Gill ha trovato Ekos diviso, ma lo lascia unificato. – Questo convalida anche un altro detto terrestre, Spock, secondo cui il potere assoluto corrompe in maniera assoluta. Questi Terrestri sono
proprio intelligenti, non credete? Il vulcaniano si girò verso il dottore. – Terrestri come Ramsete, Alessandro, Cesare, Napoleone, Hitler, Lee Kuan. Tutta la vostra storia è la ricerca del potere assoluto da parte dell'Uomo. – Aspettate un momento, Spock... Kirk li fissò entrambi. – Signori – disse – siamo appena usciti da una guerra civile. Cerchiamo di non farne scoppiare un'altra. FINE