Pseudo-Ciemente
l RITROVAMENTI (Recognitiones)
Traduzione, introduzione, note a cura di Silvano Cola
e indici
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città nuova editrice
Copertina di Gyorgy Szokoly Con approvazione ecclesiastica © 1993,
Città Nuova Editrice, via degli Scipioni, ISBN 88-311-3104-2
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265-00192
Roma
INTRODUZI ONE
Il testo che presentiamo è la prima versione italiana di uno scritto dei primi secoli della Chiesa, noto sola mente a pochi specialisti malgrado l'importanza che ha avuto, e che ha tuttora, nello studio delle controversie teologiche e fìlosofìche suscitate dall'impatto del messag gio evangelico con la cultura del tempo, soprattutto nell 'area mediorientale. Pur essendo risultato di fatto un best-seller, a suo tempo, per la felice idea del o dei com pilatori di trasmettere un solido insegnamento catecheti co sotto forma di una modernissima telenovela, tanto da essere considerato il ((primo grande romanzo cristiano» l, e pur avendo avuto una notevole diffusione anche in Oc cidente, grazie alla traduzione dal greco in latino fatta da Rufìno di Aquileia intorno all 'anno 406, in seguito venne quasi dimenticato dalla teologia uffìciale e dalla storia del pensiero in quanto ritenuto appunto un romanzo, e per di più poco ortodosso, ossia emanazione della cor rente cristiana ebionita, legata a quei giudeo-cristiani che non accettavano la teologia di Paolo, il quale sem brava vanifìcare la Legge di Mosè per mettere in risalto unicamente la novità di Cristo. Eppure, a parte le diffìcoltà in cui si è imbattuta e incontra tuttora la critica storico-letteraria del testo per venutoci. quest'opera, che è passata da sempre sotto il titolo di Recognitiones (letteralmente Riconoscimenti, 1 O. Cullmann, Le problème llttéraire et historique du roman pseudo-clémentin, Paris 1 930, p. VII .
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Introduzione
anche se a noi è parso più consono al testo di tradurre Ritrovamenti) e attribuita a san Clemente di Roma, ci apre uno squarcio molto realistico sulla sofferta vita in tellettuale dei primi secoli del cristianesimo che, oltre alle diffìcoltà di far penetrare la verità evangelica nel mondo pagano, aveva pure da vincere le resistenze interne dei giudaizzanti convertiti. Conviene pertanto ripresentare, seppure schematica mente, il quadro religioso-culturale del tempo in cui viene ambientato il romanzo catechetico dello Pseudo-Clemente prima di passare alla presentazione dell'opera in sé.
Il quadro religioso-culturale delle Pseudoclementine Come in tutto l'Impero romano, anche in questa parte piuttosto periferica costituita grosso modo dalla Pa lestina, dalla Siria e dalle altre zone visitate da san Paolo prima del suo viaggio a Roma, insieme col persistente pa ganesimo, importato da Roma e dalla Grecia ma ormai insoddisfacente, per quanto razionalizzato con spiegazio ni filosofiche che in tendevano offrire un senso cosmogo nico alle sue favole religiose, pullulavano religioni miste riche che offrivano invece agli uomini la conoscenza delle realtà prime e ultime e nel contempo un sistema etico per liberare l'anima dalla prigionia del corpo e del mondo, assicurandole la felicità nella vita futura. Fra tutte queste tendenze religiose, il giudaismo e un caso a sé. Dalla Palestina, sua propria culla, i suoi fedeli si erano sparsi nell'Impero romano da Alessandria a Ba bilonia a Roma, mantenendo una propria identità carat terizzata non solo da una certa autonomia cultuale e am ministrativa ma soprattutto da una voluta separazione dai pagani. Ma questa identità, fortemente sentita come <<popolo eletto», ha nella credenza e 11ella pratica religiosa varie sfumature, con forme di autentica dissidenza, al punto che proprio in Palestina si creano gruppi distinti e polemici: i farisei, col culto scrupoloso della Legge so vraccaricata di mille prescrizioni, credono alla risurrezio ne e si fanno i difensori delle speranze messianiche; i sad-
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Introduzione
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ducei negano la risurrezione e diventeranno perciò i più accaniti persecutori di Gesù e dei suoi discepoli che fon dano appunto nella risurrezione di Gesù la nuova fede cristiana; gli esseni che, disgustati del formalismo legale, vivono in piccole comunità attorno al Mar Morto, dediti al servizio di Dio con una decisa austerità di vita. In que sto mondo culturale chiuso com 'era alle influenze ester ne, il messaggio di Gesù avrebbe trovato veramente diffì coltà a penetrare, se non fosse stato per la presenza di quei giudei che, rimpatriati dalle loro colonie sparse nel mondo greco, si trovavano ad essere culturalmente più aperti alle nuove idee. Furono questi i primi a seguire gli apostoli, anch'essi ebrei. Quando però da Gerusalemme una parte della comunità si allontanò, in seguito alla per secuzione di Erode Agrippa degli anni 42-44, quei conver titi portarono il Vangelo nelle città lungo la costa fenicia e fìno a Cipro e Antiochia dove molti greci, per quanto to talmente estranei al popolo dei circoncisi, lo accolsero con convinzione e gioia. Gli araldi di queste conversioni di pagani erano Paolo e Barnaba. Ora, non sarebbe diffì cile immaginare - anche nel caso mancassero le fonti de gli Atti e delle Lettere paoline - lo shock provocato nei giudeo-cristiani da questo nuovo fatto che non rientrava nei loro schemi mentali. Se c
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Introduzione
Gerusalemme è in effetti governata da Giacomo che gode di grande considerazione per la sua pietà e santità, anche se piuttosto incline a considerare obbligatorie per tutti i convertiti le osservanze legali giudaiche, al punto da ten tare, attraverso i suoi discepoli, di riconvertire i converti ti di Paolo imponendo loro la circoncisione 3• Antiochia (Paolo) e Gerusalemme (Giacomo) diventano simbolica men te i due poli geografici della controversia. A questo punto bisogna ancora aggiungere le comu ni difficoltà degli inizi da parte dei convertiti o bene in tenzionati: un Apollo che predica il Vangelo ma non co nosce ad esempio altro battesimo di quello di Giovanni Battista 4; discepoli di questo Giovanni che basandosi su parole di Gesù 5 pensano sinceramente che il Messia pro messo è lui; simpatizzanti degli esseni che insinuano nel la loro predicazione un culto degli angeli 6; un Cerinto che, al p ari degli ebioniti, insegna che Gesù è solo un uo mo e che Dio, infìnitamente distante dal mondo, non ha niente a che fare con esso, poiché a crearlo è stato un an gelo intermediario e a dare la Legge ai giudei è stato un altro angelo che sarebbe appunto il dio dei giudei, senza che l'uno e l'altro abbiano alcuna conoscenza dell'Essere supremo 7• Un miscuglio, dunque, di giudaismo e di Van gelo intriso di speculazioni fantasiose, propinato da pseudo-dottori che cercano di rendere comprensibili e ra zionali ai nuovi convertiti i grossi problemi teologici. È
3 Cf. Lettere ai Galati e ai Romani. E quilibrata mi pare l'inter pretazione data nella Nouvelle histoire de l'Eglise di J. Daniélou e H. I. Marrou (Paris 1963): «Per Paolo, che pensa ai pagano-cristiani, è essenziale liberare il cristianesimo dalle aderenze giudaiche. Pietro, invece, teme defezioni da parte dei giudeo-cristiani che, sotto la pressione del nazionalismo giudaico, rischiano di ritornare al giu daismo; e perciò vuole mantenerli nella nuova fede mostrando loro che è possibile essere fedeli, nello stesso tempo, alla fede cristiana e alla Legge giudaica» (p. 62). 4 Cf. Atti 18, 25-26. 5 Cf. Le. 7, 26-29. 6 Cf. Col. 2, 18. 7 Cf. Ireneo, Adv. haer. l, 26, l; lppolito, Philosophumentl 7 , 33, 1-2.
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una forma di gnos ttctsmo giudaizzante che serpeggia nelle prime comunità cristiane e anticipa l'esplosione dello gnosticismo teologico e fìlosofìco. Sta di fatto che i giudei convertiti al cristianesimo continuano per almeno tre secoli a osservare le prescrizio ni della Legge, cui annettono grande importanza, senza peraltro salvaguardarla da speculazioni gnostiche. Ma già con Ireneo e Origene la ((grande Chiesa» comincia a trat tare questi giudeo-cristiani come una setta eretica: si trat ta degli ebioniti (poveri) che sono probabilmente da rial lacciare ai nazareni cui si accenna negli Atti (26, 5). Ire neo li caratterizza così: praticano la circoncisione e le al tre prescrizioni della Legge; hanno una speciale venera zione per Gerusalemme verso la quale si volgono durante la preghiera; sono ostili alla dottrina di Paolo considerato apostata; non accettano inoltre del Nuovo Testamento che il Vangelo di Matteo 8 (e probabilmente non si tratta neppure di quel Vangelo, bensì del vangelo apocrifo detto 8 Cf. lreneo, Adv. haer. l, 26, 2. Epifanio dice di loro: «Oltre al ba gno rituale quotidiano, essi hanno un battesimo di iniziazione, e cele brano ogni anno certi misteri imitando la Chiesa e i cristiani. In questi misteri usano pane azimo e acqua pura. Dicono che Dio ha stabilito due esseri: Cristo e il diavolo. Al primo è stato dato il potere sul secolo a venire, al secondo sul secolo presente. Dicono che Gesù è stato gene rato da seme umano e poi è stato eletto, e chiamato pertanto per ele zione Figlio di Dio, quando il Cristo è sceso dall'alto su di lui sotto for ma di colomba. Dicono che non è stato generato da Dio Padre, ma che è stato creato come uno degli arcangeli, anche se più grande di essi. È venuto nel mondo e ha insegnato, così come è scritto nel loro Vangelo: "Sono venuto nel mondo per abolire i sacrifici: se voi non smettete di sacrificare, la collera di Dio vi perseguiterà"» (Haereses 30, 16). Non vedendo essi in Cristo che il più grande dei profeti, si capi sce come li si metta in relazione con i musulmani, soprattutto dopo che è stato tradotto e edito il Vangelo di Barnaba da L. Cirillo e M. Frémaux (cf. la Prefazione di C. Jambet aLes homélies clémentines, Verdier 1991, p. X. Cf. pure la Introduzione all e stesse di A. Siouvil le, pp. 59-62; L. Cirillo, Le Pseudo-Clementine e il Vangelo di Barnaba della Biblioteca nazionale di Vienna, in «Asprenas», 18 [1971]. pp. 333-369). Sull'influenza del giudeo-cristianesimo sull1slam aveva già scritto W. Rudolph, Die Abhiingigkeit des Korans von Judentum und Christentum, Stuttgart 1922.
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«secondo gli Ebrei» 9). Origene azzarda una cifra per il suo tempo: anche se essi si considerano gli «eletti d'Israe le», non ne raggiungono neppure il numero (144.000 del l'Apocalisse) 10• Se ne trova ancora qualcuno, comunque, nel IV se colo: Eusebio e Girolamo ne hanno conosciuti. Quest'ul timo dice di essi: «Costoro [Cerinto ed Ebione] credeva no in Cristo, ma se poi i Padri li tagliarono dalla comu nione con la Chiesa fu appunto e unicamente per questo: avevano fatto un miscuglio di riti legali e di Vangelo di Cristo (. . . ). E che giudizio dare sugli ebioniti che fanno fìnta d'esser cristiani (christianos se simulant)? (. . . )ma mentre vogliono essere contemporaneamente giudei e cristiani, non sono né giudei né cristiani» 11• La loro presenza spiega come mai Rufìno, contem poraneo di Girolamo, pur traducendo dal greco in latino le Recognitiones, si sia probabilmente preoccupato di «Cristianizzare» un pachino il testo che, sotto forma ca techetica, è diretto piuttosto contro la gnosi di cui si con- sidera capostipite Simon Mago. Affìne alla dottrina degli ebioniti è quella divulgata a Roma al tempo di papa Callisto da un siriano, Alci biade 12, che si diceva in possesso di un libro dettato a un uomo santo, un certo Elxai, nell 'anno l 00 da un angelo dalla statura colossale (trenta leghe) chiamato Figlio di Dio, il quale aveva accanto un essere femminile della stessa dimensione, chiamato Spirito Santo, di genere ap punto femminile nelle lingue semitiche. Era una variante del giudeo-cristianesimo, e di essa troviamo tracce nelle Recognitiones: gli elcesaiti non riconoscevano il Libro dei Profeti, ritenevano spurio nel Pentateuco tutto quanto 9 Detto anche Vangelo dei Nazareni (da non confondere con un altro apocrifo, il Vangelo degli Ebioniti, che è un rimaneggiamento eterodosso posteriore), proviene da cristiani ortodossi ancora legati al giudaismo e risalirebbe alla fine del I sec. d.C. costituendo uno degli scritti giudeo-cristiani più antichi (cf. J. Daniélou, Th2ologie du Jwléo-Christianisrne, Desclée 1958, pp. 33-34). 1° Cf. Origene, In /oh. l, l. 11 Girolamo, Lett. 112, 13. 12 Cf. lppolito, Philosophurnena 9, 13; Epifanio, Haereses 30.
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si riferiva ai sacrifici, rigettavano Paolo e le sue Lettere, era no vegetariani e astemi (anche nell'Eucaristia usavano acqua al posto del vino), insegnavano che Gesù era stato innalzato allo stato divino al momento del battesimo une ndosi all'eone Cristo, identificato da alcuni con lo Spirito Santo e da altri con Adamo o con un angelo supe riore creato prima di ogni altra creatura e incarnatosi in Adamo e in altri personaggi dell'Antico Testamento 13• Quell'essere sessualmente femminile ci riporta al l'eresia di Simone, il quale sosteneva non solo che lui era la personifìcazione della Potenza suprema, ma che il suo Pensiero (Ennoia) si era incarnato in una donna, Elena. /reneo riferisce che ambedue, all'interno della setta, era no onorati come dèi e raffigurati da statue erette in loro onore con la fisionomia di Giove e Minerva. Ma poiché dell'eresia simoniana si parla a lungo nel le Recognitiones, qui riportiamo soltanto la sintesi del suo pensiero [asciataci da Ireneo: «Esiste una Potenza suprema che ha come corrispondente femminile l'Ennoia, ossia il proprio Pensiero. Uscita da suo Padre, Ennoia crea gli angeli i quali a loro volta creano il mondo. Ma gli angeli non volevano passare per creature di Ennoia, per cui la presero, la imprigionarono rinchiudendo/a in un corpo femminile per farla poi trasmigrare di donna in donna. lA migliore incarnazione la trovò nel corpo di Elena, sposa di Menelao, ma finì poi per diventare una prostituta a Tiro. lA Potenza suprema, invece, si è mani festata ai giudei come Figlio, in Gesù; ai samaritani come Padre in Simone; in altri paesi come Spirito Santo» 14• J.. c più che evidente il miscuglio di Vangelo e di cul tura ellenica che finisce per scivolare nella magia e sboc cherà nella grande gnosi.\ Giustino riferisce ancora che i samaritani, al tempo di Antonino il Pio, erano quasi tut ti seguaci di Simone mentre, fuori della Samaria, Simo1 3 Cf. J. Dan iélo u , Théologie du Judéo-Christianisme, c it ., 76-80; ed. it. La teologia del giudeo-cristianesimo, Bologna 1974, con prefa zione di L. Cirillo - A.F.J. Klijn, in Dizionario Patristico e di Antichità
cristiane (Marietti 1983), alla voce Elcesaiti. 14 Ireneo, Apol. l, 26, 56.
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Introduzione
ne non aveva che pochi fedeli. Origene dirà un secolo do po 15 che in tutto il mondo i simoniani non raggiungeva no il numero di trenta. Nelle Recognitiones si troverà pure una confutazio ne del fatalismo legato all'astrologia (oroscopo) e del l'idolatria, oltre un attacco alle varie mitologie, tutti ele menti che, per quanto secondari, completano il caotico quadro culturale del tempo. Ma su questi aspetti, per quanto di interesse anche attuale perché sempre vivi e ri sorgenti lungo la storia seppure in forme più sofìsticate e sottili, ci limiteremo a dire qualcosa nelle note. Le Pseudoclementine
Sotto questo nome passano due opere, attribuite nell'antichità e fìno al Rinascimento a san Clemente di Roma, di contenuto in parte simili e in parte diverse: le Omelie e le Recognitiones. Benché i problemi che esse pongono da un punto di vista storico-letterario siano stati giustamente considerati da Harnack i più diffìcili della storia della letteratura cristiana antica, la loro im portanza storica è indubbia anche solo per il fatto che costituiscono ((l'unico documento nato in ambiente spe cificamente giudeo-cristiano» 16, e quindi un anello indi spensabile per far luce su aspetti poco conosciuti del pri mitivo cristianesimo. Il giudizio di Harnack va confermato anche oggi, benché nuovi e importanti studi eruditissimi siano stati pubblicati. Ci si trova sempre di fronte ad affermazioni probabili e mai conclusive. Ma questo è anche un indi zio della grandezza delle due opere. È per questo che con la presente introduzione e con le note del testo non ho alcuna intenzione di addentrar mi nel labirinto delle discussioni scientifiche, bensì di /i mitarmi a presentare brevemente lo status quaestionis.
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Origene, Contra Celsum 1, 57 .
16 O . Cullmann, Le problème littéraire et historique du roman pseudo-clémentin, cit., p. VIII.
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Se ho affrontato la versione delle Recognitiones è perché sono stato ammaliato dal testo in sé, così come ci è giunto, ricchissimo, interessante e attualissimo. Le
Omelie
Ci sono giunte in due manoscritti greci: quello con servato a Parigi, del XII sec. 11, e quello scoperto soltanto nel 1838 a Roma 18• Questo secondo è il più completo e comprende le 20 Omelie, mentre in quello parigino man cano parte della 19 e tutta la 20. Il testo delle Omelie è preceduto da tre documenti: - una lettera di Pietro a Giacomo, vescovo di Geru salemme19; - la risposta 20 di Giacomo che impone di non fa rlo 17
Parisinus gr. 930, della Biblioteca Nazionale di Parigi. 18 Codice Ottobomanus 443 (sec. XIV) della Biblioteca Vatica na. Delle Omelie esistono due Epitomi, di cu1 la prima (secc. VII VIII}, purgata di vari passi poco ortodossi, non è che un riassunto che venne usato anche nella liturgia; la seconda è opera di Simeone Metafrasto (sec. X). Esse sono servite soprattutto ad avere una co noscenza dell'originale greco delle Omelie che, come abbiamo detto, è andato perduto. Le due Epitomi sono state pubblicate da A.R.M. Dressel, Clernentinarum Ep i tomae duae, Leipzig 1859, e riedite sen za varianti nel 1873. A considerare il numero dei manoscritti esi stenti, si deve concludere che avevano avuto larghissima diffusione, soprattutto nel mondo bizantino. 19 Dovrebbe essere la lettera che accompagnava l'invio delle Predicationi , e nella quale Pietro raccomanda a Giacomo di non far le conoscere che a cristiani circoncisi aspiranti al ministero dell'in segnamento, dopo che hanno dato prova di fedeltà. 2° Contestatio. Giacomo conferma di aver dato lettura della Let tera dr Pietro ai presbiteri della sua Chiesa. Oltre alla garanzia della formazione, che deve avere la durata di almeno 6 anni, chi è ritenu to degno di leggere le Predicazioni deve recarsi presso un corso d'ac qua corrente e, prendendo a testimoni il cielo, la terra, l'acqua e l'aria, promettere di non rivelarle a nessuno. Non si tratta di un giu ramento - che è proibito - ma di un impegno solenne (diamarturia) la cui violazione merita una condanna eterna. La Lettera di Pietro e questa.Risposta sembrano costituire i do cumenti originali più antichi di tutte le Pseudoclementine. L' «Ìmpe-
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conoscere che a cristiani maturi (dopo 6 anni almeno di pratica cristiana); - una lettera di Clemente a Giacomo nella quale questi, «vescovo dei vescovi» , viene informato che Pietro, pochi giorni prima di morire, ha scelto lui, Clemente, co me successore <
Si tratta in effetti della catechesi che Pietro faceva durante i suoi viaggi missionari e del resoconto delle di spute da lui avute con Simon Mago su temi quali Dio, il male, il Vero Profeta, e un abbozzo di teologia della storia basata sulla contrapposizione di coppie di personaggi di cui il primo rappresenta il male e l'altro il bene (come ve dremo, essendo presente anche nelle Recognitiones). In trise di concezioni e tradizioni della gnosi giudeo-cristia na, e giudicate pertanto eterodosse dalla grande Chiesa, si capisce come abbiano avuto minore diffusione, tanto da esserci state tramandate dai due soli manoscritti ac cennati. Le
Recognitiones
A differenza delle Omelie, che avevano accentuato la parte polemico-didattica delle fonti a scapito della tra ma romanzesca - ed è forse anch e questo un motivo per cui hanno avuto minore diffusione -, delle Recognitio nes esistono almeno 120 manoscritti della versione lati na fatta da Rufzno, tutti più o meno simili ad eccezione di due che si trovano a Lipsia, risalenti ai secc. XI e XIII, nei quali sono stati omessi parecchi passi, forse perché ritenuti sospetti dal punto di vista dogmatico 21• È un ingno solenne» è molto simile a quello che si trova nei Philosophurne na di lppolito (9, 3, 15) dove si parla degli elcesaiti.
2 1 U manoscritto più antico si trova nella Biblioteca Ambrosia
na, a Milano. Risale al VI secolo.
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dice della grande diffusione che hanno avuto per almeno dieci secoli. Il testo greco, tranne pochi frammenti, è andato per so. lA prima edizione a stampa è stata fatta a Parigi nel 1504 da Lefèvre d'Etaples. La seconda edizione ha visto la luce a Basilea nell'agosto del 1526, curata da Giovan ni Sicardo, e riedita nel 1536, nel 1544 e 1568, ossia po chi anni prima e dopo il Concilio di Trento. Altra edizio ne uscì a Colonia nel 1547, curata da Gruterus Venra dius, riedita nel1570 e nel1677. L'ultima edizione prima di quella critica è stata pubblicata da E.G. Gersdorf nel 1838 nella Biblioteca Patrum Ecclesiasticorum, Lipsia, e recepita nella Patrologia Graeca del Migne 22• L'edizione critica del Rehm è del 1965 23• Poiché non intendiamo entrare nella complessissi ma problematica della formazione delle Pseudoclementi ne, rimando a due testi facilmente accessibili: iNungo studio di O. Cullmann, Le problème littéraire et histori que du roman pseudo-clémentin, Paris 1930 e una re centissima sintesi fatta da L. Cirillo negli Atti del Il Con vegno Internazionale di Studi Neotestamentari 24• Tenen do presente che non esistono conclusioni certe, riferiamo le ipotesi più comunemente accettate oggi dagli studiosi.
Lo
Scritto primitivo
Data la notevolissima somiglianza delle Omelie e delle Recognitiones 25, opere quasi certamente composte da due autori diversi, viene postulata l'esistenza di uno Scritto primitivo al quale av bero attinto ambedue. La
'31'
22 I, coll. 1206 ss. 23 Rekognitionen in Rufìns Ubersetzung
1965, a cura di B. Rehm- F. Paschke.
,
in GCS 51, Berlin
24 In «Ricerche Storico-Bibliche», 1989/2: L'antipaolinismo nel le Pseudoclementine, 1. La problematica delle Pseudoclementine, pp. 121- 126.
25 Si può trovare il raffronto sinottico del loro contenuto in O. Cullmann, Le problème littéraire et historique , cit., pp. 60-62.
...
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Introd uzione
data di composizione sarebbe tra il 220 e il 230, e il luogo d'origine la Siria e più precisamente la Transgiordania 26• Questo Scritto primitivo, però, sarebbe a sua volta una compilazione di documenti precedenti, ossia a) le Predicazioni (Kerigmi) di Pietro; b) I viaggi di Pietro; c) una Apologia giudaica; d) una trama romanzesca di origine pagana. a) Le Predicazioni di Pietro sarebbero uno scritto «segreto» 27 che risalirebbe alla fine del I o all'inizio del II secolo, composto da un autore giudeo- cristiano dichia ratamente contrario a san Paolo. Lo scritto è andato per so, ad eccezione della Lettera di Pietro a Giacomo e del la Risposta (Contestatio) di Giacomo che si trovano all'inizio delle Omelie. Al termine del 3° Libro delle Reco gnitiones, però, ne troviamo l'indice che riporta il contenuto dei l O Libri di cui era composto. , Il luogo di nascita sarebbe la Transgiordania. ceE in questa regione che hanno abitato i discendenti della pri mitiva Chiesa di Gerusalemme facendosi forti del fatto di essere i veri continuatori del Vangelo... L'autorità straor dinaria di cui gode Giacomo in queste Predicazioni di Pietro, quadra bene con questa situazione: Giacomo è superiore agli apostoli 28 e anche Pietro deve rendergli conto del proprio operato . . » 29• .
b) I viaggi di Pietro dovrebbero aver costituito una riedizione delle Predicazioni di Pietro più tardiva, quan do non era più così vivo l'antipaolinismo e quando ormai la segretezza delle dottrine esoteriche contenutevi, con le gravi minacce per chi la violava, non aveva più ragione di essere. L'autore di questa riedizione avrebbe dunque mo26 Bousset, Heintze, C. Schmidt e Cullmann, contro Hamack e Waitz che pensano invece a Roma non senza buoni argomenti. 27 Cf. nota 20. 2
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In quanto «fratello del Signore». O. Cullmann, Le problème llttératre et h istorique . . . , cit., p. 99. Per un chiarimento di quest'ultimo problema, vedere la nota 1 della Lettera di Clemente a Giacomo, p. 41. 29
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dernizzato non il contenuto delle Predicazioni ma la cor nice: dando la paternità dell'opera a Clemente di Roma, uomo di grande prestigio nella grande Chiesa per aver co nosciuto di persona gli apostoli 30; e sostituendo a Paolo, il «nemico dei giudeo-cristiani•• , Simon Mago cui si face va risalire l'inizio della gnosi che nel III secolo era il vero pericolo della Chiesa, così che la lotta risulta tra i due Si mone: Pietro, l'ortodosso, e il Mago, l'eretico. c) L'Apologia giudaica era uno scritto che dovrebbe datarsi tra la fìne del I secolo e il 135 come limite massi mo, e sarebbe totalmente sconosciuto se non fosse stato inserito nelle Pseudoclementine. Era una difesa del mo noteismo giudaico, del Dio rivelatosi ai profeti dell'Anti co Testamento, contro il politeismo imperante; una dife sa del libero arbitrio che l'uomo possiede e per il quale può determinarsi al bene o al male, e della necessità della morale, dunque, per superare il male, contro il fatalismo (degli stoici) che dichiara che tutto è condizionato dal l'astrologia; una difesa della provvidenza di Dio che go verna le cose, contro l'epicureismo che attribuisce ogni cosa al caso 31• d) La trama romanzesca costituisce il supporto e il legame tra tutti i precedenti elementi. È la storia della fa miglia di Clemente di Roma, composta dal padre Fausti niano, dalla madre Mattidia, dai fìgli gemelli Fausto e Faustino e dal più giovane Clemente. Varie circostanze awenturose portano tutti i membri di essa a disperdersi fìnché, ancora awenturosamente, grazie ai viaggi cate chetici di Pietro, tutti quanti si ritrovano dopo vari anni e si riconoscono (Recognitiones). È chiaro che anche questa trama, dalle mille sorprese, è occasione di mille opportuni insegnamenti. Tutti gli studiosi sono d'accor do che essa non ha nulla di originale, ma è un genere let30 lreneo, Adv. haer. 3, 2, 3.
31 Sull'esistenza di questo documento sconosciuto e sul suo
contenuto, carattere, origine e data, cf. Cullmann, Le problèrne litté raire e historique . . , cit., pp. 1 16-13 1 . .
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terario greco molto in voga nei primi secoli del cristiane simo. Rohde e Heintze ne hanno trovato i paralleli nei romanzi di Senofonte di Efeso 32, di Achille Tazio di Ales sandria 33, di Eliodoro di Emesa 34, di Caritone di Afrodi sia 35, e nei racconti babilonesi del siriano Giamblico 36, vissuto tra il I e il IV secolo. Il testo-base della traduzione Pur tenendo presente il Rehm, per la traduzione ho seguito la prima edizione di Basilea (1526) di G. Sicardo, che - secondo il Rehm stesso - stampava i manoscritti con grande fedeltà, per cui il suo testo è stato il migliore di tutti i successivi. Intendo presentar/o per offrire alme no un esempio di come circolavano questi testi. Il frontespizio dice: Divi Clementis Recognitionum libri X ad Iacobum fratrem Domini, Rufino Torano Aquil. interprete
e prosegue, sempre in latino cui è allegata una sezione di lettere finora scono sciute di vescovi antichissimi, ossia di coloro che prima di 1 200 anni fa hanno presieduto la Chiesa di Roma. 32 Del II sec. d.C. Nel suo romanzo Le Efesie tratta di due giova ni sposi che, separati a lungo per varie disgrazie, si mantengono fe deli. 33 Del IV sec. d.C. Autore del romanzo d'amore e di avventure Le vicende di Leucippe e Cluofonte. 34 Del III o IV sec. d.C. Siriano, autore del romanzo Etiopiche, in cui racconta le peripezie d1 due innamorati. 35 Forse del I sec. d.C. , e quindt uno dei creatori del romanzo greco. Scrisse Awenture dr Cherea e Callrroe dove racconta di una gio vane moglie di Stracusa, rapita dai pirati e poi ritrovata dal marito. 36 Del Il sec. d.C. Autore del romanzo d'amore e di avventure Le Babiloniche.
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In troduzione
Interessante è l'indirizzo al lettore, fatto dall'editore G. Bebelius di Basilea, che fìgura nello stesso frontespizio: Accogli questi libri di san Clemente, notevoli per cultura e devozione. Parlo di quel Clemente che san Paolo ricorda nella Lettera ai Filippesi e al quale viene attribuita, da un largo consenso dei Padri greci e latini, la Lettera agli Ebrei che oggi comunemente si dice di Paolo. A questi testi abbiamo allegato lettere preziose di insegnamenti dei più antichi vescovi, pres�ntate con note e commenti da Giovanni Sicardo. Epos sibile, con esse, riformare la maggior parte delle Chiese attuali. Dalla nostra tipografia, nel mese di agosto 1 5 26.
Il volume, infatti, oltre alla dedica del Sicardo all'il lustrissimo principe e signore D. Bernardo, vescovo di Trento, e alla dedica e presentazione delle Recognitiones fatta da Rufìno al vescovo di Aquileia Gaudenzio, contie ne, alla fìne dei10 Libri (riporto l'indice del volume): di di di di di di di
Clemente Anacleto Evaristo Alessandro Sisto Igino Sotero
Slettere
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2
3 l
2 l
di di di di di di
Vittore Zefirino Urbano Ponziano Antero Eutichiano
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Tutti questi hanno presieduto la Chiesa di Roma nei primi 300 anni.
Segue in ultimo <
ratore Costantino».
Le lettere di Clemente in verità sono 4: le prime due sono indirizzate a Giacomo fratello del Signore, la terza ai vescovi Giulio e Giuliano; la quarta alla Chiesa di Ge rusalemme. A queste segue un Compendiolum della fede
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Introduzione
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cristiana attribuito anche a Clemente e tradotto ancora da Rufìno. Il Migne, invece, che segue l'edizione del Gersdorf, ne riporta 5. Nel nostro testo mancherebbe la seconda a Giacomo che tratta dell'Eucaristia e dei vasi sacri. Que ste 5 lettere sono dette Epistole decretali. La
prefazione di Rufìno
lA dedica-prefazione di Rufìno al vescovo Gauden zio, oltre alle solite cortesie e al motivo che l'ha portato a tradurre l'opera
( . . . è stata la vergine Silvia, di veneranda memo ria, a premere tempo fa perché traducessi nella nostra lingua Clemente, e tu in seguito me l'hai chiesto come un tuo diritto ereditario. Ho indu giato parecchio, ma comunque ti ho finalmente restituito questo furtarello, a mio giudizio di non poca importanza, che abbiamo fatto alle bibliote che greche per servircene ai nostri utili scopi...) l
aggiunge alcune note storiche interessanti: Penso che tu sappia che esistono in greco due edizioni di questa medesima opera del nostro Clemente intitolata Anagnoseon, ossia Recogni tiones; due redazioni che, se in qualche parte so no diverse, per lo più seguono lo stesso filo nar rativo. L'ultima parte di quest'opera, inoltre, dove si parla del cambiamento d'aspetto di Simone, la si trova solo in una di esse, mentre nell'altra manca del tutto. Nell'una e nell'altra vi sono poi alcuni brani che trattano di Dio non-generato e generato, oltre ad altri argomenti, che, per dirla in breve, superavano la mia comprensione. Ho pertanto preferito, dal momento che eccedevano le mie possibilità, lasciare che se ne occupassero altri piuttosto che presentartele in modo imper-
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fetto. Per il resto, nei limiti delle mie capacità, mi sono preoccupato di non scostarmi non solo dal pensiero, ma neppure dal frasario e dallo sti le. Questo metodo, se rende il linguaggio meno forbito, lo fa però più fedele all'originale. Devo aggiungere che la Lettera scritta dallo stesso Cle mente a Giacomo, fratello del Signore, nella qua le lo mette al corrente della morte di Pietro e del fatto che questi ha lasciato lui, Clemente, come successore della sua cattedra di insegnamento e della sua dottrina, e nella quale inoltre si parla di tutto l'ordinamento ecclesiastico, se non l'ho col locata all'inizio del volume è perché è cronologi camente posteriore e già da me stesso tradotta e pubblicata tempo fa. Non penso che possa risul tare assurdo, però, se do qui la spiegazione di un particolare che a qualcuno potrebbe sembrare il logico. La domanda, infatti, che alcuni si fanno, è questa: com'è possibile che, essendo stati vesco vi a Roma Lino e Cleto prima del nostro Clemen te, Clemente in persona affermi, nella sua Lettera a Giacomo, che Pietro ha affidato a lui la catte dra d'insegnamento? Mi sono dato questa spiega zione: è vero che Lino e Cleto sono stati vescovi a Roma prima di Clemente, ma mentr'era ancora in vita Pietro, ossia nel senso che essi sbrigavano gli affari inerenti all'episcopato mentre lui svol geva la missione di apostolo. La stessa cosa, co me leggiamo, che è successa a Cesarea dove, pur essendo lui sul posto, aveva tuttavia ordinato ve scovo Zaccheo. In questo modo appaiono veri ambedue i dati: che essi, nella lista, sono segnati come vescovi prima di Clemente, e che tuttavia Clemente, dopo la morte di Pietro, ha assunto la cattedra di insegnamento.
Da questo testo risulta che esistevano due redazioni di quest'opera pseudoclementina, a lungo individuate nelle Recognitiones e nelle Omelie (Harnack) o più pro babilmente nelle Recognitiones e in una riedizione dello
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stesso testo che dava spazio alle Omelie e sarebbe stata la base della versione siriaca 37• Il brano sul Dio non-generato e generato che Rufina dice di avere scartato perché superiore alla sua compren sione, è stato in realtà eliminato in quanto sfacciata mente eretico. Rufina sosteneva che le Recognitiones erano state manipolate e interpolate dagli eretici 38, e par ticolarmente dagli anomei detti poi eunomiani. Si sa che uno di questi, Aezio (morto nel 367), aveva composto un'opera intitolata appunto Sul Dio ingenerato e sul ge nerato 39 dove affermava che tutto ciò che è generato (il Figlio) non può essere Dio. Rufina, in questo indirizzo-prefazione a Gaudenzio, non spiega perché ritiene più tardiva delle Recognitiones la Lettera di Clemente a Giacomo con quelle notizie co sì importanti storicamente. E ancora oggi costitttisce un problema capire chi l'abbia scritta e dove. Faceva parte dello Scritto primitivo? Data la somiglianza verbale del la designazione e dell'ordinazione episcopale di Clemente come successore di Pietro a Roma, con l'ordinazione epi scopale di Zaccheo a Cesarea 40, ambedue fatte da Pi e t ro è la prima che dipende dalla seconda oppure questa dalla prima? C. Schmidt 4 1 sostiene la seconda ipotesi: la Let tera di Clemente faceva già parte dello Scritto primitivo (datato 220-230), e su. di essa è stata ricalcata l'ordina zione di Zaccheo. Il motivo della Lettera è chiaro: Clemente è stato in caricato da Pietro di mandare a Giacomo un riassunto delle sue attività missionarie e dell'insegnamento che svolge andando di città in città, e Clemente ne approfitta per fargli conoscere anche la propria storia, in modo che ,
37 Manoscritto del British Museum di Londra no 12150, pubbli cato nel 186 1 da De Lagarde, Clernentis Romani Recognitiones Syria ce. La vers i one siriaca è dell'anno 411. (Cf. O. Cullmann, u problè rne littéraire et histonque , ci t., pp. 12-13.163 ). 38 De adulteratione librorurn Origenis 3. 39 Cf. Epifanio, Haereses 76, 11. 4° Cf. Ritrovarnenti III, 65-66. 41 Studien zu den Pseudoklernentinen, Leipzig 1 929, pp. 9 1- 124. . . .
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Giacomo sappia tutto di colui che Pietro ha scelto come suo successore. Le Recognitiones sarebbero appunto l'insieme di questi due scopi. L'attribuzione dell'opera a Clemente di Roma era ri ten uta indiscussa fino al XVI secolo. Sicardo, nella pre fazione della nostra edizione del 1526, cita Origene, Eu sebio e Rufino come autorità che garantiscono la pater nità di Clemente 42• Nella successiva edizione il Venradio, forse perché cominciavano a nascere i primi dubbi, con un po' di ner vosismo sostiene a lungo l'attribuzione dello scritto a Clemente dichiarando malati di «delirium senile» coloro che volessero negarla. Certo, però, che la parte dottrinale delle Recogni tiones non appariva così ortodossa e limpida come quella che si trova nella Lettera ai Corinti, l'unico scrit to sictf.ramente suo, motivo per cui si cominciò a dire che il \testo era di Clemente ma che era stato ritoccato dagli eretici. Nella prima metà del XVII secolo tutti, tolti sporadi ci casi, sono convinti che Clemente di Roma con le Cle mentine non c'entra per niente. Si fanno le ipotesi più varie per identificarne l 'autore, ma senza alcun successo fino tid oggi. In realtà, è sempre stato un problema la stessa iden tificazione storica di san Clemente Romano. Hanno ra gione Origene 43 e Tertulliano 44 a identificarlo con il di42 Il passo di Origene si trova nella Filocalia, al cap. 23; un altro suo riferimento è nel testo latino del suo Com m. a Mt. , dove dice: •Qualcosa di simile dice anche Pietro in [nell'opera di] Clemen te ... », ossia nei Rit rovamenti X, 2. Vedi anche Eusebio nella Storia ecclesiastica 3, 3 8 , 5, e nella Preparaztone evangelica 5,1 Oss. Altre attestazioni si trovano in Epifa nia, Haereses 30, 1 5 che però manifesta qualche dubbio citando l'Iti nerario (I viaggi) •che si dice sia opera di Clemente » . Per Girolamo, cf. Comm. a Gal. (« . . ut Clemens i n Periodis re fert» ) e Contro Gioviniano l, 26 (a meno che questa citazione non si riferisca a un altro apocrifo, gli Atti di Pietro. 43 Cf. In Iohannem 6, 54. 44 Cf. De praescriptione haereticorum 32, 2. .
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scepolo di san Paolo 45 e quindi un personaggio del tem po apostolico ordinato vescovo di Roma da san Pietro 46, oppure lreneo 47 che ne fa il terzo successore di san Pietro dopo Lino e Cleto e che secondo Erma 48 sarebbe stato a capo del collegio dei presbiteri di Roma e segretario uffì ciale della Chiesa locale? Certo è che era un nome di pre stigio, sotto il quale era utile far passare varie opere (per sino la Lettera agli Ebrei!) com'era d'uso soprattutto nel la letteratura a pocrifa .
Datazione delle Predicazioni di Pietro O. Cullmann ha fatto il punto sulla questione arri vando alla conclusione che la data delle Predicazioni è da porre tra il 70 e il l O l d. C. 49 e non verso il 130 o addi rittura alla fìne del li secolo 50• Sarebbe certo estremamente interessante circoscri vere meglio la data, poiché si tratta di capire il periodo forse più critico della storia del cristianesimo, e cioè il momento in cui la tradizione orale concernente Gesù e il suo insegnamento viene messa per iscritto e si vengono a contrapporre due tendenze: la fedeltà alla Legge mosaica, sostenuta dai giudeo-cristiani, e il paolinismo che in un certo senso sembra rompere con la Legge. Ci troviamo di fronte, insomma, a due posizioni storiche che potremmo individuare emblematicamente nella Lettera ai Galati di Paolo e in queste Predicazioni di Pietro che rifletterebbe ro il pensiero appunto dei cristiani giudaizzanti. Al mo mento della redazione delle Predicazioni, la polemica era ancora aperta, oppure la rottura tra cristiani ellenizzanti 45 46 47 48 49
Fil. 4, 3 . Cf. Eusebio, Storia ecci. 3, 4, 9 e 3, 1 5. Cf. Adv. haer. 3, 3, 3. Cf. Il Pastore 2, 4, 2-3. Ossia da « d o po la distruzione del Luogo Santo» (Omelre pseudoclem. 2, 1 7), alla dottrina di E l kasa i che risale al terzo anno di Traian o ( 1 00- 101 d.C.). 5 ° Cf. Waitz, Die Pseudoclementinen, Leipzig 1904, pp. 159ss. ,
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e giudeo-cristiani era già definitiva? In questo secondo caso, nelle Predicazioni non si troverebbe allora che una eco postuma del dibattito, volta a sostenere quei giudeo cristiani che non si erano arresi alle decisioni uffìciali del Concilio di Gerusalemme e che pertanto sostenevano un ritorno alla ccvera tradizione» rappresentata da Pietro che, non per niente, il redattore ci presenta preoccupato di garantire l'esattezza del suo kerigma e di continuare pertanto la protesta contro Paolo, l'cc uomo nemico». Il Salles, d'accordo con Cullman n, conclude così un suo prezioso stud : ccBisogna dunque datare la compo sizione dei Kerigmi di Pietro nella loro forma primitiva (eliminando cioè la controversia con Simon Mago) alla fine del l secolo. Questa data può sorprendere i critici che si sono familiarizzati co n gli studi precedenti, ma presenta il vantaggio di semplificare il problema che si pone quando si studiano le relazioni tra i Kerigmi di Pietro e i grandi sistemi gnostici, poiché essa elimina l'ipotesi, diffìcilmente accettabile, di una evoluzione re gressiva» 51• Precisare di più sembra finora impossibile. Ma mi pare che a favore della maggiore antichità (anni 70 d.C.) esisto no delle considerazioni che non toc cano né la critica letteraria né la critica storica se non, per lo meno, indiretta mente, ma che però hanno peso da un punto di vista sociologico quando si studia la dina mica del gruppo in quello che _F. Alberoni 52 chiama lo stato nascente dei movimenti. E evidente che attraverso
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51 A. Salles, La diatribe anti-paulinienne dans le «Rornan pseu do-clérnent» et l'origine des «Kerigrnes de Pierre» , in uRevue Biblique Intemationale», 64 ( 1 957), p. 550. Interessante anche la nota finale dove, in base a una notizia di Eusebio, conclude: «Essa conferma, comunque, che la pubblicazione di un'opera quale i Kerigrni di Pie tro sulla fine del I secolo non è affatto inverosimile. Eusebio, d'al tronde, sintetizzando Egesippo, dice in un altro passo: «Coloro che insegnavano un'altra dottrina [diversa da quella degli apostoli), quando si sono accorti che più nessun apostolo era in vita, buttaro no la maschera e opposero al kerigma della verità una gnosi fuor viante» (Storia eccl. 3, 32, 8). 52 F. Alberoni, Genesi, Milano 1 989.
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questa analisi non si potrà arrivare ad alcuna datazione storica, ma è certo che nel nostro testo ci sono due mo menti ben distinti: una descrizione dello stato nascente nella vita privata del grnppo attorno a Pietro, e l'istit u zione che essi si lascia no dietro dopo aver fondato altre «chiese». Mi baso evidentemente sul testo così com'è, senza voler avallare la realtà storica di quanto descritto. L'esperienza di Pietro col suo grnppo è sintomatica. Egli non ha altro modello di Chiesa che quello vissuto con Gesù stesso e ii altri undici apostoli, e pari pari lo copia. All'inizio de secondo Libro dei Ritrovamenti vie ne descritta la composizione del grnppo che ritroviamo in Mt. l O, 1-4, Mc. 3, 13-19 , e Le. 6, 12-16. Pietro pren de il posto di Gesù, come successore del Maestro. La vita di comunione tra loro è strettissima, e si può osservare attraverso tutta l'opera - che è persino più armoniosa e ideale di quella dei Dodici con Gesù che, stando ai Van geli, non hanno mai raggiunto quell'unità di tipo «{usio nale» che riscontriamo qui tra Pietro e i suoi. Dormono nella medesima stanza e, appena svegli, pendono dalle labbra di Pietro come il solo che «ha parole di vita eter na». La comunicazione all'interno del grnppo è totale: ognuno conferma con le proprie esperienze le parole di Pietro, e questo stesso li invita a parlare di sé, a esprime re pensieri e opinioni su determinati fatti e progetti; l'af fetto reciproco è dichiarato e il rispetto tra i membri è massimo; l'«uno per tutti e tutti per uno» è più sponta neo che di norma. Insomma, l'interazione è estrema. Tutti, nella nuova dottrina di Gesù-Pietro, hanno trovato la luce e la liberazione, l'armonia co n la natura e con se stessi, lo stupore di una nuova nascita che permette di realizzarsi totalmente e, quanto all'etica, di capire che la libertà sta nel vivere secondo la luce, nel fare ciò che è giusto e bene. Clemente, ultimo arrivato, è subito ricono-. sciuto come fratello e lui, da parte sua, si adegua imme diatamente al grnppo in cui riconosce una comunità di fratelli, la sua famiglia spirituale; per cui il mangiare a parte finché non verrà ufficialmente integrato in essa col battesimo, mentre è causa di sofferenza diventa allo stes so tempo motivo di accelerarne il ricevimento. L'ubbi-
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dienza a Pietro è fonte di gioia, la lontananza da lui è do lo re trasformato in gioia se diventa un sacrificio necessa rio per il bene della comunità, per la rea lizzazione dei suoi ideali. Su questa base si arriva all 'unanimità perché ciascuno si identifica sia col capo che col gruppo. La dottrina, i valori, gli ideali all 'interno del gruppo sono ben definiti e difesi e servono da quadri di riferimento in tangibili. Un Paolo, perciò, che rompe questi quadri, di venta automaticamente il nemico, e il suo titolo di apo stolo di Gesù Cristo è negato. Si potrebbe continuare a lungo ad analizzare questa dinamica di una comunità allo stato nascente. Ma un dato mi pare certo: chi non ha fatto simile esperienza non può inventar/a, neppure plagiando casi storici paral leli 53• Questo �petto di vita che troviamo nei Ritrova _ menti e che }fWeva sicuramente parte delle Predicazioni di Pietro sa troppo di genuino, di vissuto, per poter esse re stato costruito posteriormente. Nella Lettera di Clemente a Giacomo ritroveremo l 'ans ia di Pietro di costituire la comun ità cristiana, la Chiesa, sugli stess i valori della concordia, dell 'amore scambievole, dell 'unità al vescovo; ma la differenza con la vita di comunione descritta nelle Predicazioni è abis sale: qui è carismatica, là istituzionale.
Dottrina Già ho detto della congerie di varie correnti dottri nali che risultano da questo corpus composito, più volte stravolto, interpolato, adattato alle orecchie dei lettori cui lo si destinava, e che dunque giustamente non è en-
53 Un esempio può essere la comunità di Epicuro, che Alberoni sintetizza in poche frasi: « Un cenobio formato da un maestro e dai suoi discepoli. Il maestro (Epicuro stesso all'inizio) è colui che co nosce la verità e la comunica ai discepoli. Nelle comunità epicuree il pensiero del maestro non veniva più messo in discussione, ma inse gnato a tutti, anche alle donne e agli schiavi sotto forma di catechi smo» (Genesi, cit. , p. 1 2 3).
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trato tra i L ibri canonici del Nuovo Testamento, restando relegato tra gli Apocrifì. Eppure, la sua importanza storica resta enorme. Nella dedica che il Sicardo fa al vescovo Bernardo di Trento dell'edizione di Basilea del 1 526, dice furbesca mente che se ne ha curato l 'edizione dedicandola a lui, è perché così è protetta da certi denigratori del nostro tem po. Non mi ha mosso, infatti, quella più che de cantata affermazione che si fa un po' ovunque a proposito degli Apocrifi, e cioè che, se fossero da mettere nella spazzatura, ci saremmo privati di Tertulliano, della maggior parte di Eusebio, di Lattanzio. E che dire di molti altri ? Difficilmente trovi un autore un po' più antico di loro che possa ritenersi dottrinalmente al sicuro, dal momento che il maggior numero di essi sono vissuti prima di quei Concili grazie ai quali la professione di fe de cristiana è stata definita e tutelata, per così di re, da una cancellata. Deve dunque sembrare stra no se in quegli autori più antichi si trova qualche discordanza, e se le loro opere hanno cominciato a essere lette in privato, ossia a divenire apocrife, quando poco prima venivano lette pubblicamente? E prosegue dicendo che non gli sembra verosimile che quel grand 'uomo di Rufìno si sia deciso a donare ai latini un libro poco considerato dagli eruditi o del quale non avesse visto l 'importanza; e che dopo aver tradotto Origene, il filosofo Sisto, Eusebio di Cesarea, Gregorio Nazianzeno, Basilio Magno, il martire Panfilo ed Eva grio, tutti quanti a giudizio comune eccellenti teologi, abbia poi voluto, con questa traduzione, oscurare la glo ria che gli veniva dalle precedenti fatiche. Lo stesso Euse bio non aveva forse trascritto alla lettera passi di questi Ritrovamenti nel L ibro sesto della sua opera De evange lica praeparatione? Sarebbe difficile dire meglio. Come si potevano giu stificare certi passi della Scrittura, quando ancora non si
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e ra trovata la soluzione dell'esegesi spirituale, se non ve dendo/i come interpolazioni di correnti eretiche? Come si poteva parlare apertamente della Trinità senza rischiare, in u n mondo politeista, di passare per politeisti, non possedendo ancora quel linguaggio filosofico-teologico che solo lentamente e a fatica non si troverà che nel quarto secolo ? Come far passare la morte iBnominiosa di Cristo e la sua resurrezione come l'evento fondatore della nuova creazione in un mondo farcito di simili miti, se e Cristo era il Vero Profeta an non provando prima nunciato dalle Scrittur; e che, una volta assodato questo fatt o, bisognava conside rio l'unico interprete di Dio? Certi silenzi sono dunque plausibili. Ma resta il fat to che nelle Pseudoclementine una volta awertiti su certe tendenze giudaizzanti attribuite a Pietro ma già contestate, come si è detto, dalla « grande Chiesa» - ci si trova di fronte a una vera catechesi popolare, alla prima catechesi cristiana veicolata e facilitata, col tempo e con successivi rimaneggiamenti, da una struttura letteraria a sfondo romanzesco che poteva aver notevole presa sul grosso pubblico. Rufina ne aveva capito l 'importanza, e il suo intento nel tradur/a dev 'essere stato di carattere pa storale e non tanto scientifico-storico 54• Editare poi que sti testi in pieno Rinascimento, subito prima ma anche dopo il Concilio di Trento, è una prova evidente della pe renne attualità dei suoi contenuti. E attuali sono anche oggi. A mo' d'esempio baste rebbe leggere il testo della Commissione Teologica Inter nazionale sui Problemi attuali di escatologia 55 che af fronta « alcuni dei punti più discussi sul tema del morire e della condizione successiva» che sono in sintomatico parallelo con l'inizio delle Pseudoclementine, sia delle Omelie che dei Ritrovamenti. Dottrine misteriche, gnostiche, stoiche, epicuree so no oggi diffusissime; l'astrologia con i suoi oroscopi, per
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54 Cf. M. Mees, Rufìn und PseudoKlementinen, in Antichità Al toadriatiche XXXI (Rufìno di Concordia e il suo tempo) , Udine 1 987, p. 208. ss Cf. « Il Regno/Documenti • , n° 684, 1 ° giugno 1 992 .
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quanto attenuati nel fatalismo, sono il vangelo di moltis sima gente 56; l 'idolatria non è tanto predicata quanto vis suta come assolutizzazione di fatto di valori contingenti (corporeità, amore libero, naturismo, potere, ricchezza, maschilismo . . . ). Si tratta insomma degli eterni problemi in cui l'uomo di ogni razza e religione si trova coinvolto. Sfrondate di alcuni aspetti culturali, le Pseudoclementi ne sono ancora oggi un buon catechismo, anche se limi tato quanto a tematiche che, comunque, resta no fonda mentali 57• Giudaizzanti ed ellenisti, ossia conservatori e progressisti, ci saranno sempre anch 'essi: la conciliazione uffìciale può avvenire come al Concilio di Gerusalemme (cc è piaciuto allo Spirito Santo e a noi . . . ») o nel Vaticano Il, ma l 'inerzia del corpo è anch 'essa parte della storia.
Co ntenuto e traccia della catechesi di Pietro
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Annuncio: il Figlio di Dio è apparso sulla terra per co municare la sua volontà (come vivere) agli uomini. Chi gli dà retta avrà la vita eterna, poiché l'unico Dio che governa ogni cosa giudicherà gli uomini. Bisogna dunque ch e l'uomo passi dal male al bene, dall'attac camento alle realtà temporanee a quelle eterne. La sua venuta è diventa ta necessaria dopo che il mon do da lui creato è stato avvolto dal fumo dei vizi mate56 Cf. la nota 6 del Libro VIII, 1 2 .
5 7 U n recentissimo e importante studio s u Il linguaggio della ca
techesi nelle Pseudoclementine, di A. Di Donna, è uscito su «Aspre nas » , 39 ( 1 992), pp. 1 99-230. Attraverso una rigorosa analisi lingui stica dei termini lessicali greci e latini usati per indicare sia l'annun cio che la catechesi (kerusso e derivati, aggelo e derivati, praedicare, catéchein e derivati), l'A. « illumina importanti aspetti della prassi catechistica di iniziazione in ambienti glUdeo-cristiani dei primi se coli» (ibid. , Editoriale) . * Ho solamente tracciato u n a linea di temi c h e nel testo sono molto sviluppati e ricchi. Non ho distinto le catechesi rivolte in pre valenza ai giudeo-cristiani da quelle rivolte ai pagani. Non ho citato libri o capitoli cui fanno riferimento i singoli temi, ma è facile ritro varli attraverso l'indice analitico.
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riali e morali che offuscano la vista e il raziocinio degli uomini. Solo Uno che viene dal di fuori del mondo creato era in grado di riaprire la comunicazione con Dio, facendo uscire il fumo ed entrare la luce. Per que sto è venuto il Vero Profeta. E lo scopo specifico della sua venuta è che l'uomo ritrovi l 'am i ci zi a con il C rea tore, vivendo secondo la sua volontà che è legge per tutte le creature (loro bene e loro realizzazione). Approfondimento: la conversione dell'uomo consiste nel riconoscere e nell'aderire al Vero Profeta per rimo dellarsi ua immagine e somiglianza di Dio» fino a di ventare misericordiosi come il Padre celeste e a volere soltanto ciò che lui vuole.
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È impossibile dunque conoscere Dio e il suo piano di salvezza senzala rivelazione del Vero Profeta, poiché la norma della verità è la scienza divina che nessun al
tro può conoscere all'infuori del Vero Profeta: lui solo conosce ciò che è stato fatto e perché, ciò che accade e perché, ciò che sarà e perché. Chi è il Vero Profeta? È il Verbo, il Cristo eterno, ap parso già ad Abramo per rivelargli l'origine e la fine del mondo, l'immortalità dell'anima, come vivere per pia cere a Dio, la risurrezione dei morti e il giudizio finale; apparso poi anche a Mosè perché estirpasse l'idolatria dal cuore degli ebrei e sostituisse la pratica dei sacrifici cruenti con la pratica delle opere di misericordia. Ap parso di persona in terra, ha istituito il battesimo che libera effettivamente dai peccati, mentre i sacrifici an tichi non ottenevano questo effetto. Il Vero Profeta, Gesù, poteva essere riconosciuto co me tale: per il verificarsi delle profezie su di lui, per i
miracoli da lui compiuti, per la protesta degli elementi naturali nel momento della sua morte, per la sua ri surrezione. Approfondimento: i giudei non hanno riconosciuto questi segni: le sue parole, le sue opere, i passi della Legge che avevano parlato della sua venuta; non si so no accorti che quanto avevano detto di lui, in Gesù si è inverato, avendo anche impersonato le figure tipolo giche di Mosè e di Abramo. Ma la prova più evidente è
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che le profezie su Gesù non erano previsioni di avveni menti logici (ossia che gli ebrei avrebbero accolto il Ve ro Profeta annunziato), bensì previsioni fuori della lo gica, os sia che ad attenderlo (« l 'atteso delle genti» ) e ad accoglierne la fede sarebbero stati i pagani che mai avevano saputo delle profezie su di lui. Gesù più gran de di Mosè perché Profeta e Cristo; più grande di Gio vanni Battista perché più grande dei figli dell'uomo, Profeta ma anche Cristo. Il Cristo dunque è il prototi po degli uomini, e sarà lui, alla sua seconda venuta, a giudicarli. Proped eutica alla fede. Camminare sulla via della giustizia : chi lo fa è già sulla strada della verità. Biso gna dunque «Cercare» la giustizia di Dio (la volontà di Dio) e il suo regno (la sua conoscenza). Non si arriva alla co noscenza se non praticando la giustizia (opere buone). Ma solo il Vero Profeta ce le può indicare, per ché lui solo conosce Dio. Cercare dunque il Vero Profe ta attraverso la prova dell'a utenticità profetica delle profezie che lo riguardano (criteri per valutarie), e una volta convinti che Gesù è il Vero Profeta, credere uni camente alle sue parole, che sono comprensibili da tut ti. Per quanto riguarda Dio questa è l'unica conoscen za certa (la filosofia non è in grado di arrivare a cono scenze certe). Il mondo non può essere che frutto di una mente e di una prowidenza: tutte le altre ipotesi non reggono. È
stato creato, e dunque avrà fìne quando si sarà manife stato colui che è eterno per accogliere gli uomini trovati degni di sé. Difficile capire la creazione se prima non si ha con oscenza del Creatore e della sua provvidenza. Il male (peccato) è stato originato dalla rottura del rapporto filiale col Padre, istigata dal Maligno che ha storna to l'innato amore della creatura verso il proprio . Creato re sulle realtà del mondo: è accaduto quando i doni di Dio si sono ritenuti doni naturali e non doni dell'a more del Padre. Il diluvio mandato come purifi cazion e . La responsabilità del peccato non ricade tut tavia s ul Maligno ma sull'uomo, che possiede il libero arbitrio come dono che lo rende superiore a tutte le
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creature in quanto gli dà la possibilità di au todetermi narsi e qu indi di dimostrare il proprio amore a Dio. Solo il Cristo poteva redimere gli uomini salvando al te mpo stesso il loro libero arbitrio. La fragilità dell 'uomo, le malattie, sono ca usa-effetto del peccato. L 'amore a Dio guarisce dalle passion i e permette di guarire gli altri. Importanza della fede che, facendo credere al giudizio fu turo, mantiene l'uomo sulla strada della giustizia. Se l'uomo non avesse il li bero arbitrio, non avrebbe senso il giudizio futuro. Non avrebbe senso la giustizia di Dio se l'anima non fosse immortale . Ama Dio chi h a conosciuto la s u a sapienza. Conosce la sua sapienza chi ascolta la sua parola. Ma per acco gliere la pa rp la, occorre prima fare u na radicale au to critica del passato. Battesimo e vita cristiana Il Padre Cfh! attraverso il . Figlio ha creato l'acqua (simbolo dell irito Santo), ha disposto che l'uomo attraverso l'acqua del battesi mo ridiventi figlio per ritornare al Padre. Il battesimo fa perdere la fragilità della prima nascita (carnale) e fa vivere secondo la volontà del Padre. È infatti la buona condotta, sono le opere che dimostrano se la fede è au tentica e se si cerca di diventare effettivamente simili al Padre. Il battesimo come veste im macolata che ser ve per entrare al banchetto del Re. La si può macchiare coi pensieri (rinnegare Dio Padre, creatore dell'univer so; accogliere altri maestri al di fuori del Cristo, unico Vero Profeta; avere concetti su Dio indegni di lu i che è al di sopra di tutto) e con le azioni che sono contrarie alla volontà del Padre, che è questa: non commettere omicidio, non co mmettere adulterio, non odiare, non essere avaro, non adirarsi, non insuperbire, non essere presuntuoso o invidioso; essere casto (continente) ed evitare che il rapporto sessuale tra marito e moglie sia solo per sfogo ca rnale. Su questo saremo giudica ti. In breve: non fare agli altri ciò che non vorresti sia fatto a te. L'uomo è immagine di Dio: chi vuole venerare Dio deve praticare le opere di misericordia verso gli uo mini, rispettarli e onorarli .
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La conoscenza di ciò che serve alla salvezza è du nq ue facile; la conoscenza di ciò che non serve alla salvezza è o difficile o impossibile (come Dio ha creato il mon do non interessa all 'uomo, dato che non deve fare n iente del genere). Dopo che l'uomo all 'inizio ha peccato, nel mondo ad ogni realtà buona è associata, come per patto coniuga le, la corrispondente cattiva. Tattica del Maligno: far aderire l 'uomo agli idoli che si creano per proiezione dei propri desideri cattivi; far penetrare nell 'uomo i de moni, personificazione dei vizi e delle razionalizzazioni co mode. La differenza tra uomini buoni e cattivi è che i buoni amano la verità e la giustizia al di sopra di ogni cosa, mentre i secondi se ne disinteressano per assecondare le proprie passioni. La fede piena (unita alle opere) estingue tu tti i demoni; una fede parziale li estingue solo parzialmente. Ineguaglianza sociale. È inevitabile, ed è la sola possi b ilità di praticare la giustizia e la carità (di orientarsi al bene o al male grazie al libero arbitrio). Ruolo peda gogico del pensare al Giudizio, e q u indi del timore di Dio e anche della pa ura. In sintesi: per entrare nel Regno di Dio occorre ricevere e vivere il battesimo, mangiare l 'Eucaristia di Cristo, credere unicamente alle verità enunciate dal Vero Pro fe ta e ricordar/e continuamente per poter agire sempre secondo verità. Compito di chi catechizza: usare parole semplici, det te con sincerità e convinzione, senza ragiona menti so fisticati, e corroborate da testimonianza ed esperienze. Non annunciare altro che le parole, i fatti, i prodigi di Ch i li manda, facendo u na esposizione piana, logica, conseq uenziale.
BI BLIOG RAFIA
Dopo l'edizione critica del Rehm , segnaliamo le opere prin cip ali a cominciare dal 1 904, anno in cui è uscito il pri m o st udio fondame ntale di H . Waitz, seguendo l'ordine cro no logico per autori relativo al primo loro scritto citato.
Die Pseudoklementinen, II. Rekognitionen in Rufìns Obersetzung, GCS 5 1 , Berlin 1 965 (a cura di F. Paschke)
REHM B . ,
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Pseudo-Ciemente LETTERA A GIACOMO, FRATELLO DEL SIGNORE
LETI E RA D I CLE M E NTE A G I ACOMO, F RATELLO DEL S I G N O R E
*
Z INDIRIZZO . l . ELOGIO DI PIETRO E NOTI IA DELLA SUA MORTE; 2 . DISCORSO DI PIETRO CHE PROPONE CLEMENTE VESCOVO; 3 - 4 . CLE L'INCARICO; PIETRO ESPONE I MOTIVI PER MENTE INT ENDE RICUSARE E RI CUI DEVE ACCETTARL O; 5-6. QUALITÀ E COMPITI DEL VESCOVO DOVERI E QUALITÀ . l l 7DIACONI; DEI E LAICI DEI ENTE AM SP ETTIV DEI PRE SBITERI; 1 2 . QUALITÀ E DOVERI DI DIACONI; 1 3. QUALITÀ E DOVERI DEI CATECHISTI; 1 4- 1 6 . LA CHIESA COME UNA NAVE CHE SOLCA UN MARE IN TEMPESTA: IL PORTO D'ARRIVO È DIO, PILOTA È CRIST O; COMPITI DIVERSI DELL'EQUIPAGGIO (VESCOVI, PRESBITERI, DIACONI , CATEC HISTI) E DEI PASSEGGERI (LAICI); 1 7- 1 8 . UNITÀ CHE TUTTI DEVONO FARE AL VESCOVO; 1 9 . PIETRO IMPONE LE MANI A CLEMENTE E LO INVITA A COMUNICARE A GIACOMO UN RESOCONTO DELLA PROPRIA VITA E UN RIASSUNTO DELLE CATECHESI SUE.
Clemente a Giacomo, fratello del Signore e vesco
vo dei vescovi, che regge la santa Chiesa degli ebrei a Gerusalemme , nonché a tutte le Chiese 1 che sono state ovunque fondate dalla provvidenza di Dio, unitamente ai presbiteri e d iac o ni e a tutti gli altri fratelli: la pace sia sempre con voi. * Pur essendo questo scritto cronologicamente posteriore alle Recognitiones (v. Introduzione , «La prefazione di Rufina» , p. 22), lo facciamo precedere per facilitare la visione d'insieme. 1 I codici in genere hanno «Che regge la san tf Chiesa degli ebrei a Gerusalem me, ma anche tutte le Chiese ("sed et omnes ecclesias") che sono sta te ovunque fondate . La divergenza è significativa: si vuol e far passare Giacomo come il « primo Papa» della Chiesa uni vers al e (tu tte le Chiese ovunque fondate). Sulla primazia di Pi etro o Giac omo si può leggere la presa di posizione di O. Cullmann l,�a int Pierre, Disciple, Apotre, Martyr, Neuchatel 1 952) e la risposta dJ L. Cerfa ux (Saint Pierre et sa succession , in « Recherches de �:e nce Rel igieuse » , 4 1 [ 1 953]. pp. 1 88-202) . Ma mi pare opportu no riportare la successiva presa di posizione di A. Salles (lA diatri be a ntrpauli nienne dans le «Le roman pseudo-clémentin» et l 'origine des « Keryg mes de Pierre» , in « Revue Biblique Intemationale » , 64 [ 1 95 7 ]) c he, a parte il presupposto c he lo ispira (l'esistenza di un .
.
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Pseudo-Ciemente
l . Ti rendo noto, mio signore , che Simon Pietro il quale , a motivo della sua vera fede e per aver mantenu to un insegnamento integro e sicuro, è stato predesti nato a essere il fondamento della Chiesa - ed è per questo, anche, che ha ricevuto il nome di Pietro dalle divine labbra del Signore -; quel Pietro che è stato la pamphlet antipaolino anteriore ai Kerigm i di Pietro e utilizzato dall'autore di essi) , esprime meglio degli altri la rispettiva autorità di Pietro e Giacomo. Dice il Salles a questo proposito, dopo aver citato Recognitiones 4, 34-3 5 : «Ciò non significa , malgrado quanto si è detto, che Pietro riconosca a Giacomo una qualunque auto rità: Giacomo è il capo di una Chiesa particolare, quella "degli ebrei che sono a Gerusalemme" . I ndubbiamente, la sua qualità di "fratello del Signore" e il fatto che egli governi nella C ittà santa - il concetto di C hiesa "madre di tutte le Ch iese" non verrà c he più tardi, quando si porranno i problemi di preminenza - con ferisce a Giacomo un'autorità particolare. Ma nessun testo antico permette di considerarlo come capo di tutti i cristiani - o anche dei soli giu deo-cristiani - e posto perciò al di sopra degli apostoli ( . . . ) . Se bi sogna ricorrere a Giacomo per verificare l'ortodossia di un inse gnamento , è che Giacomo è in possesso del "canone della verità " , vale a dire i libri dei Kerigm i mandatigli da Pietro. I l modello dell'ortodossia si trova in questi libri e non in una decisione più o meno arbitraria di Giacomo: la lettera [di Pietro a Giacomo] appe na analizzata e la risposta ( Contestatio ) che la segue non lasciano alcun dubbio. Il capo dell'ortodossia è Pietro , e non Giacomo. Questi, per quanto "fratello del Signore", acconsente a seguire le disposizioni impartite da Pietro per la salvaguardia della sua pro pria dottrina (. . . ). Nel pensiero del falsario [l'autore del pamphlet] ( . . . ) il "canone della verità" non si trova in una tradi zione orale, controllata e mantenuta da una autorità ufficiale (. . . ) ma in uno scritto [i Kerigmi] che basta a se stesso e non ha altro bisogno, per qualunque controllo, che di essere conservato i ntatto. Nel passo citato [Recognitiones 4, 34-3 5 ] un solo dettaglio potrebbe proveni re dal pamphlet primitivo: l'esigenza di una "garanzia" firmata da Giacomo. L'uso di pretendere lettere testimoniali dai predicatori ambulanti doveva risalire a molto prima, poiché Paolo aveva dovu to scusarsi di non averne (2 Cor. 3 , 1 -3 ; cf. Atti 28, 2 1 ) ( . . . ). Ogni apostolo, profeta o insegnante dovrà, prima di i nsegnare , sotto mettere il proprio kerigma a Giacomo (evidentemente, per iscritto) affinché questi lo confronti con il "canone della verità" , vale a dire con i Kerigmi di Pietro » (pp. 540-54 1 ).
omo, fratel lo del Signore , 1 -2 Letter a a Giac
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rn a gli scelti dal Signore , il primo de g li apo pri izia tr e per primo Dio Padre ha rivelato il Figlio; qual al i t ol ' uel Pietro che Cristo giustamente ha dichiarato beato ed eletto commensale del Si g no e c he è stat o chiamato in quanto discepolo bra viaggio di pagno com uo s e re vo e coll audato; quel Pietro a cui è stato dato il compi to di port are la luce all'Occidente, la regione più buia del mon do, poiché era il più autorevo l e di tutti, e che è rius cito ad ese guire il mandato in modo perfetto . . . ma perch é pros.eguire � ncora, . c �rcand ? di sottra � i al do vere di darti una t nste notizia che e necessano comun que farti conoscere anche se cerco di ritardarla ? Ebbe ne questo stesso Pietro che, animato dall'immenso a ore che portava verso tutti gli uomini, a viso aperto e corag gio samente , sfidando persino il tiranno del mondo intero 2, non ebbe tregua nel predicare il bene e l'awento del Re dei secoli per tutta l a terra , fino a dar ne l'annuncio in questa stessa Roma perché anch'essa potesse salvarsi; ecco, questo Pietro, dopo aver sofferto per la fede, ha lasciato questa vita .
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2 . Ma proprio nei giorni in c u i già aveva sentore che la sua fine era imminente, alla presenza dei fratelli riuniti mi prese per mano e, alzandosi di scatto, a tutta l'assemble a che era in ascolto disse queste parole : « Fratelli miei e compagni nel servizio [del Signo re], ascoltatemi ! Poiché sono stato awertito, dal mio Signo re e Maestro Gesù Cristo che mi ha mandato, che il giorn o della mia morte sta per arrivare, ordino ve sc ovo per voi il qui presente Clemente 3• E l'unico a cui affido la cattedra dei miei insegnamenti e della mia dot trina. Lui mi è stato compagno di viaggio dapper t utto, dall' inizi o alla fine, e perciò ha conosciuto per fetta men te la verità che ho insegnato; mi è stato accan to in tutt e le prove che ho avuto e ha perseverato nella f�de; so per esperien za che onora Dio e ama gli uomi m , c he è cas to, che è portato al sapere, morigerato, mi2
N erone.
3 Vedi Introduzione , p. 22.
Pseudo-Ciemente
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te, giusto, paziente, e che sa sopportare le offese anche da parte di alcuni quando vengono istruiti nella parola di Dio 4• Per questo, è a lui che trasmetto il potere d ato mi dal Signore di legare e di sciogliere, così che ogni cosa da lui stabilita in terra sia decretata anche nei cie li. Legherà ciò che è necessario legare, e scioglierà ciò che è opportuno sciogliere , proprio perché ha una co noscenza chiara della regola della Chiesa. È a lui, dunque, che dovete dar retta, sapendo che chiunque contrista colui che insegna la verità fa pecca to contro Cristo e irrita Dio, il Padre universale; pecca to che gli procura la morte . Chi presiede, però, deve svolgere il ruolo del medico e non lasciarsi travolgere dall'ira come un animale selvaggio )) .
3 . Mentre diceva queste cose, i o caddi a i suoi piedi e lo pregai, scusandomi, di non impormi l'onore e l'au torità i quella cattedra . Ma lui mi rispose: « E inutile che mi preghi a proposito di questo. Ho deciso che dev'essere così, e tanto più perché cerchi di sottrarti . Questa cattedra, in verità, non ha bisogno di uno che la desideri e che cerchi sfrontatamente di averla, bensì di una persona virtuosa che conosce bene la parola di Dio. Se ne trovassi una più qualificata, una che mi avesse dato un aiuto continuo altrettanto dili gente o che avesse assorbito altrettanto integralmente i miei insegnamenti, oltre ad aver imparato da me così perfettamente la disciplina ecclesiastica; se, insomma, ne trovassi una così, non ti costringerei, contro la tua volontà, ad accettare questo benefico ministero. È del tutto inutile, perciò, cercare un altro, quando è proprio te che ho offerto a Dio quale primizia di quei pagani che da me sono stati salvati, considerando soprattutto questa città. Ma tieni presente anche un altro fatto: se rifiuti di accettare il governo della Chiesa perché temi di cadere in peccato, sta' certo che commetti un pecca to più grosso, poiché rinunci ad aiutare, pur potendo lo, il popolo di Dio che si trova in pericolo o, per così
P,
4
I catecumeni.
Lettera a G 1acomo. fratello del S1g nore , 3-5
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dire, in balia dei marosi, non preoccupandoti che di te s tesso invece di prowedere a ciò che è utile al bene co mune e a tutti. Sta' certo, comunque, che devi per for za affrontare questo rischio, dal momento che io stesso non smetterò di pregartene in vista della salvezza degli uomini. Quanto prima, perciò, mi darai il tuo consen so, tanto più in fretta mi solleverai da un peso che mi affligge e mi preoccupa.
4. So anche, Clemente, di non addossarti che in quietudini e preoccupazioni, oltre ai rischi e insulti da parte di gente ignorante; ma so altrettanto bene che tu p uoi sopportarli con coraggio e pazienza, tenendo lo sguardo rivolto a quella speranza che ti procurerà, da parte di Dio, la ricompensa per la tua fedeltà. Ma desidero inoltre che tu faccia con me questa lo gica considerazione: è un momento, questo, in cui Cri sto ha particolarmente bisogno del tuo aiuto, proprio oggi che il �emico sta scatenando una guerra contro la sua Sposa. E chiaro che nel tempo a venire, quando già Cristo avrà trionfalmente riportato la vittoria, lui non avrà più bisogno dell'aiuto di nessuno. Non lo capisce persino un tonto che è proprio questo il tem p o in cui Cristo ti chiede di dargli una mano? Offrigli, allora, nell'attuale momento di bisogno, la tua collaborazione con tutta l'intelligenza di cui disponi; offri il tuo aiuto in questa battaglia al re buono che, dopo la vittoria, ti darà ricompense a iosa. Insomma, assumiti volentieri il ministero episcopale , per il fatto soprattutto che hai ap preso fortunatamente da me l'arte di governare la Chie sa, onde evitare che diventi precaria la salvezza di colo ro che, grazie a noi , hanno trovato rifugio in Dio.
5. Ritengo inoltre indispensabile ricordarti, per sommi capi e di fronte a tutti , i doveri di chi governa 5• 5 Inizia qui una descrizione dell'organizzazione ecclesiastica del tempo che sembra ricordare quella giudaica. Cf. A. Faivre, Les {onctions ecclésiales dans les écrits Pseudo-Clémentins , in «Revue de Sciences Religeu ses » , 50 ( 1 976), pp. 97- 1 1 1 .
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Pseudo-Ci emente
Bisogna che la tua vita sia irreprensibile; che tu faccia ogni sforzo per tenerti lontano da tutti gli affari di que sto mondo, come ad esempio presentarti come garante o fare da avvocato nelle cause o immischiarti in qualsi voglia altro ambiguo affare secolare. Cristo non vuole, infatti , che da oggi in poi tu ti costituisca giudice ed esperto di questioni mondane: evitando di disperderti nelle quotidiane preoccupazioni umane, sarai libero di dedicarti alla parola di Dio e di discriminare, basando ti sulle norme della verità, i buoni dai cattivi. Quegli al tri servi zi che ho indicato poco fa, e che non tanto si attagliano al tuo ministero , se li rendano reciproca mente i discenti, ossia i laici, e nessuno ti distragga dal tuo compito di portare a tutti la salvezza. Ma se per te costituirà un sacrilegio trascurare la meditazione della parola di Dio per assumerti preoccupazioni mondane, anche i laici commettono peccato se non si interessano fedelmente e concretamente, aiutandosi reciprocamen te, all'andamento della vita comune. Tutti loro, del re sto, devono insieme difenderti dalle occupazioni cui tu non devi applicarti; e nel caso che i laici non lo capi scano da soli, tocca ai diaconi istruirli, in modo che la scino a te unicamente la sollec itudine per la Chiesa e tu possa pensare, com'è giusto, a governarla e servirla con il maggior impegno e a tempo pieno con la parola della verità.
6. In realtà, se ti lascerai assorbire dalle questioni di questo mondo, non solo ingannerai te stesso ma an che coloro che ti seguono, dal momento che non riu scirai a capire bene ciò che serve alla salvezza di cia scuno di loro. Succederà allora che tu verrai punito per non aver insegnato quanto è necessario agli uomini per salvarsi, e i tuoi discepoli , a motivo dell'ignoranza, an dranno in perdi zione. Tu, insomma, dèdicati unica mente a questo: a insegnare opportunamente e senza posa la parola di Dio che permette loro di raggiungere la salvezza. Ed essi, per parte loro, accolgano con infi nito rispetto i tuoi insegnamenti, sapendo che sei tu l'ambasciatore e l'araldo della verità, che tutto ciò che
Lettera a G 1acomo, fratello del S1g nore ,
6-8
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leghi sulla terra è legato anche in cielo e che tutto ciò che sciogli viene sciolto anche lassù . Tu, comunque , lo ripeto , legherai ciò che si deve e scioglierai ciò che conviene. Queste e simili raccomandazioni sono dirette a te che pres iedi.
7. Ai presbiteri, invece, sono dirette queste altre. An zitutto devono preoccuparsi della moralità, facendo sposare i giovani in modo che, grazie al contratto ma trimoniale, evitino i rischi passionali della loro giovane età 6• Ma non trascurino di avere la medesima preoccu pazione anche per i più avanzati in età, poiché, in mol ti, la passione carnale resta accesa anche quando il corpo invecchia. Per evitare dunque che questa piaga della fornicazione si insinui come un micidiale veleno in mezzo a voi , è necessario premunirsene prima, in modo che non prenda piede tra voi subdolamente il fuoco dell'adulterio. Tra tutti i peccati, qual è più grave dell'adulterio? Quanto a puni zione è al secondo posto, dal momento che il primo è riservato a coloro che se ne vagano lontani da Dio anche se si comportano de centemente. 8. E allora, o presbiteri , abbiate cura della Chiesa e rendete bella la sposa di Cristo rivestendola di ca stità. Chiamo sposa [di Cristo] l'intera Chiesa, vale a dire la comunità dei credenti . Se il mio Sposo la tro6 L'influenza giudaizzante si rivela anche in questa preoccupa zione che tutti si sposino in giovane età e, se vedovi, si risposino per evitare il pericolo della fornicazione. Per altro è sempre raccomanda ta la castità, e ciò dipende dal fatto, come si vede poco più avanti, che la fornicazione e l'adulterio sono visti come il peccato più grave dopo l'idolatria. Un rapporto con la dottrina di Tertulliano, nel suo periodo montanista, viene da sé: Tertulliano si era staccato dalla Chiesa cattolica proprio perché questa perdonava tutti i peccati, co mpresi l'adulterio, l'omicidio e l'idolatria, che lui - contrariamente a quanto aveva sostenuto nel periodo precedente (De poenitentia 8) ora giudicava irremissibili (De pudicitia 4, 5).
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Pseudo-Ciemente
verà ca sta, la colmerà di ingenti doni e onori e voi, quali ministri della sposa e amici dello Sposo, godrete di una gioia infinita. Se invece questa sua sposa verrà trovata sozza di peccati , lei sarà cacciata come indegna dalla camera del re, ma sarete voi a subirne il castigo qualora si dovesse attribuire alla vostra trascuratezza e accidia quel micidiale contagio del peccato. E allora abbiate come compito primario di interes sarvi della temperanza e della castità, poiché agli occhi di Dio la fornicazione è considerata un delitto gravissi mo. Vi sono in realtà varie specie di fornicazione, come vi spiegherà personalmente Clemente con molta chia rezza. La prima specie, comunque, è l'adulterio, quan do l'uomo non si accontenta di sua moglie e la moglie non si limita al proprio marito soltanto. In realtà, uno che si mantiene casto può farsi buono e caritatevole verso gli altri, e questo gli farà ottenere misericordia eterna da parte di Dio. In effetti, allo stesso modo che l'adulterio è un veleno più micidiale di qualunque altro peccato, l'amore fraterno, ossia la carità, tiene il primo posto tra tutte le virtù. Amate perciò tutti i vostri fratelli e abbiate per essi occhi di venerazione e di misericor dia. Fate voi stessi da genitori agli orfani; abbiate cura delle vedove offrendo loro con totale purezza d'inten zione quanto è loro necessario; le vedove in giovane età, però, fatele risposare; a coloro che non hanno un me stiere trovate qualche onesta possibilità perché possano guadagnarsi da vivere; a chi conosce un mestiere trova tegli lavoro; con gli invalidi siate generosi.
9. So che voi metterete in pratica tutte queste rac comandazioni se fisserete nel vostro cuore la carità al di sopra e prima di ogni altra cosa. Il miglior aiuto che vi permette di avere e mantenere questa carità lo trova te nel condividere frequentemente tra voi il vostro ci bo, partecipando alla mensa comune; e quanto più uno è agiato tanto più spesso condiv!da con i suoi fratelli il proprio pane e il proprio sale 7• E soprattutto in questo 7
Si riferisce alla ce n a dell'agape , d i sti nta dall'Eucaristia.
Lettera a G 1acomo, frate llo del S1gnore , 9- 1 0
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modo che si mantiene la carità, è in questa forma di
com unione che si trova lo slancio per ogni opera buo na . E dove c'è pace e amore, lì c'è anche la salvezza. Met tete perciò in comune le vostre vivande con coloro che vi sono fratelli in Dio poiché , attraverso questi ser vizi materiali , con questi frutti di pace e di amore , voi vi comprate la felicità eterna. Siate più premurosi ancora nello sfamare chi ha fa me, nel dar da bere a chi ha sete, un vestito a chi ne è senza; visitate gli ammalati e, se vi è possibile, aiutate i carcerati; accogliete prontamente in casa vostra i pelle grini. E, per non stare a elencarvi ogni cosa, vi dico sol tanto: se la carità è in voi, sarà essa stessa a insegnarvi a compiere ogni opera buona. Succede la stessa cosa, ma al contrario, a coloro che si disinteressano della salvez za: è l'odio a spingerli a commettere ogni sorta di male.
1 0. Se succede che dei fratelli abbiano tra loro questioni pendenti , non vadano a farle dirimere dai magistrati, ma di qualsiasi cosa si tratti se le facciano dirimere dai presbiteri della Chiesa e siano poi piena mente obbedienti alle loro decisioni. Aborrite soprattutto l'avarizia perché questo vizio, con la scusa di un gu adagno momentaneo, preclude agli uomini i beni eterni. I pesi, le m isure e le bilance che sono in uso nei diversi paesi, manteneteli sempre nel giusto; i depositi che vi hanno affidato, restituiteli integralmente . Tutte queste norme, ed eventuali altre del genere , le metterete in pratica con sollecitudine e scrupolo soprattutto se ripensate continuamente al fu turo giudizio di Dio. Chi, infatti, può permettersi di peccare se tiene sempre presente il giudizio di Dio ? È un giudizio che ci sarà senza dubbio alla fine del mondo, poiché coloro che in questa vita si sono comportati bene otterranno finalmente i beni che li attendono, mentre ai peccatori toccheranno i castighi loro riservati. Di tali avvenimen ti futuri non possiamo assolutamente avere dubbi , dal momento che è stato il Vero Profeta a predirci che sarà proprio così .
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Pseudo-C iemente
1 1 . Anche voi, perciò, che siete discepoli del Vero Profeta, cacciate dai vostri cuori soprattutto gli atteg giamenti di discordia e i dissensi interiori che produco no ogni sorta di male. Mantenetevi invece con tutte le forze nell'amore e nella semplicità. Se per caso nell'ani ma di qualcuno si insinua, senza volerlo, o astio o infe deltà o un altro di quei peccati di cui abbiamo appena parlato, quelli che hanno veramente a cuore la loro anima non se ne vergognino, ma ne parlino coi propri vescovi in modo da avere da essi la medicina della pa rola di Dio e un salutare consiglio; potranno così , gra zie alla loro integra fede e alle opere buone, scampare al castigo eterno del fuoco e giungere alla ricompensa della vita eterna. 1 2 . I diaconi della Chiesa, poi, siano come gli oc chi del vescovo che spaziano e si guardano attorno con modestia, attenti a quanto succede nella Chiesa. Se ve dono uno avvicinarsi all'orlo di un precipizio e lì lì per cadere in peccato, ne mettano al corrente il vescovo af finché prima di precipitare possa da lui essere ammo nito di far marcia indietro e non cadere in peccato . Tocca ai diaconi, inoltre, ammonire ed esortare gli in dolenti e coloro che troppo di rado si recano ad ascol tare la parola di Dio o che non sono puntuali all'omelia del vescovo. Il fatto è che, se sono assidui nel venirlo ad ascoltare , non soltanto si guadagnano la vita eterna grazie ai suoi salutari consigli , ma anche se vengono assaliti dallo scoraggiamento o dalla tristezza provoca ti dalle necessità della vita quotidiana e da casi sciagu rati - compresi gli effetti dei discorsi delle persone ma levoli che uno si porta dietro come spine conficcate nel cuore - tutto verrà spazzato via dalle parole della ve rità; a tutto si troverà rimedio se si ripensa alla vita eterna e ci si istruisce . Perché altrimenti , se le persone marinano per troppo tempo l'ascolto della parola di Dio allo scopo di crogiolarsi nei vizi, è chiaro che Dio l'hanno abbandonato; e una volta prese in un groviglio di rovi, una terra del genere a che cosa può essere de stinata se non al fuoco?
Lettera a G iacomo, fratello del S1g nore , 1 2- 1 4
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È questo, dunque, il compito che spetta ai diaconi . M a è anche loro dovere andare a cercare con sollecitu dine coloro che fisicamente stanno male; e se per caso la gente attorno non ne sa nulla, glieli indichino in mo do che possano visitarli e procurargli il necessario. Ne mettano al corrente anche il vescovo; comunque, an che se lo fanno a sua insaputa, non fanno peccato. Allo stesso modo aggiornino il vescovo dei pellegrini che hanno bisogno di essere rifocillati. Insomma, spetta ai diaconi prendersi cura di questi e altri casi simili che rientrano nel cul to e nel governo della Chiesa. 1 3 . I catechisti, ossia coloro che istruiscono con la parola quelli che sono ai primi passi, devono essi per primi essere preparati , poiché hanno a che fare con delle anime ! Bisogna perciò che, chi ammaestra e for ma anime non ancora preparate, sia capace di ade guarsi al loro livello mentale e di conformare le frasi alla loro capacità percettiva. In conclusione : è dovere del catechista essere lui per primo istruito e capace di insegnare , irreprensibile, maturo, sicuro di sé, proprio come voi sperimentate che sarà il nostro Clemente do po di me. Ma esagererei se ora andassi avanti ad elencare ogni singola qualità che è richiesta a ciascuno. Aggiun go soltanto che ho un desiderio che supera ogni altro e che voglio venga soddisfatto da tutti voi unitamente : mantenete la concordia. Solo con essa potete entrare nel porto della tranquillità e abitare nella città del som mo Re , città che ha il nome appunto di "pace" . 1 4. In verità, tutta la Chiesa nel suo insieme si può paragonare a una grande nave che, attraverso un mare procelloso, trasporta uomini di diverse località e regio ni, ansiosi di arrivare rapidamente all'unica città del lo ro potente re. Allora: il porto di questa nave sarebbe lo stesso Signore e onnipotente Dio; il pilota sarebbe Cri sto. Proseguendo il paragone: il compito del vescovo è di far da vedetta; i presbiteri sarebbero i capi equipag gio; i diaconi i tesorieri ; i catechisti possono essere pa-
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ragonati ai reclutatori di passeggeri ; tutta la comunità dei fratelli sarebbero i passeggeri; il mare raffigurereb be questo mondo; la varietà dei venti e delle bufere sa rebbero da paragonare alle diverse tentazioni; le perse cuzion i, le tribolazioni e i pericoli di ogni genere sareb bero rappresentati dai marosi; i venti che spirano da terra, sia dai torrenti che dalle valli, sarebbero da consi derare i discorsi degli pseudo-profeti e dei falsi dottori che propinano una falsa dottrina; i promontori e le ac que cosparse di scogli sarebbero coloro che esercitano il potere come giudici secolari , minaccianti condanne e pene capitali; le acque che si trovano fra due mari e che vengono sbattute dal ribollimento causato dalle doppie ondate ingannatrici, sono paragonabili a coloro che in teriormente sono dubbiosi e incerti quanto alla verità delle promesse, nonché a quelli che vanificano con falsi ragionamenti la nostra fede; gli ipocriti e i furbastri sa rebbero simili ai pirati. Del resto, i violenti e infernali vortici di Cariddi, i naufragi sulle scogliere e gli annega menti , a cos'altro ti fanno pensare [se non ai peccati]? Non resta dunque, ai naviganti , che pregare D io affinché questa nave, dopo una felice traversata, riesca a entrare sicura nel porto della città agognata, e prega re in modo tale da meritare di essere esauditi. Ora, essi meriteranno di essere ascoltati da Dio solo a questa condizione : se tutte le manovre che compiono sono s orrette da una condotta onesta e da opere buone .
1 5 . Ma è soprattutto importante che i passeggeri, ossia i laici, se ne stiano quieti e silenziosi ciascuno al proprio posto, così da evitare che con la loro agitazio ne e con i loro movimenti confusi e inutili, spostandosi qua e là finiscano di ostacolare le manovre dei marinai o che, ammassandos i per irrequietezza su un solo lato della nave , questa, sbilanciata, vada a fondo. I recluta tori stimolino l'equipaggio ricordando loro lo stipen dio; e i diaconi non trascurino assolutamente niente di quanto concerne la regolarità e la disciplina. I presbite ri , quali capi equipaggio, procurino con scrupolo ogni cosa necessaria al funzionamento della nave e provve-
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dano al fabbisogno che verrà richiesto momento per momen to. Il vescovo, come una vedetta, vegli e mantenga at ten tamente in rotta i piloti con la parola di Cristo. Il nostro Signore e Salvatore, che è il pilota della sua Ch iesa, sia amato da tutti, e la Chiesa intera creda e ubbid isca unicamente ai suoi precetti e comandamen ti. Tutti quanti, poi , preghino di continuo Dio perché i venti s iano favorevoli . I passeggeri si aspettino ogni sorta di disagi e ri s chi nella traversata del mare immenso e profondo di questo mondo in cui viviamo, dove si soffre la fame e la sete, dove bisogna adattarsi allo spogliamento totale e dove si devono affrontare le insidie e i trabocchetti degli uomini . Si sperimenterà a volte la dispersione , ma qualche volta la gioia del vivere insieme . Bisogna sopportare anche la nausea e la vergogna quando, con fessando i peccati e pentendoci delle colpe, li rigettia mo come uno sbocco d i bile malsana buttandoli fuori dalla nostra anima. Tutta l'amarezza del peccato, infat ti, quando succede che si accumuli per colpa dei cattivi desideri , è in noi come un blocco di cibi guasti . Dopo che uno se ne è liberato vomitandoli, si sentirà libero da quella insopportabile tristezza d'animo, a patto però che, dopo aver vomitato, prenda le medicine adeguate per ristabilirsi.
1 6 . Tutti quanti, comunque, dovete rendervi conto che il vescovo soffre più di voi , poiché ciascuno di voi non ha che da portare la propria sofferenza, mentre lui porta sia la propria c he quella di ogni altro. Per questo motivo, tu , Clemente, cosciente del tuo ruolo di presidente , aiuta e alleggerisci per quanto ti è possibile ogni singola persona, tu che porti il peso e la sollecitudine di tutti quanti. Mi rendo conto, comun que, che mettendo ora sulle tue spalle l'amministrazio ne della Chiesa, sei tu a fare un favore a me piuttosto che io a te . Ma abbi fiducia; accettala con coraggio, nella certez za che riceverai il premio, per questa tua fatica, quando avrai condotto questa nave, sana e sal-
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va, al porto della pace. Lì ti sarà data la paga e il pre mio per aver portato tutti in salvo se, fin da ora, stai at tento che a nessuno succeda qualche disgrazia. E così , anche se molti di questi fratelli ti odieranno perché ap plichi con rigore la giustizia, a te non ne verrà alcun danno; anzi, se l'odio che ti attiri è motivato da questo, esso ti procurerà l'amore di Dio. All'opera, dunque ! Rifiuta il p lauso che ti può ve nire da chi vive nell'ingiustizia e l amore di chi si com porta da mascalzone. Cerca piuttosto di meritare il plauso di Cristo per aver praticato un'amministrazione basata sulla giustizia e su una applicazione imparziale delle norme disciplinari » .
1 7. Terminate queste e molte altre raccomandazio ni del genere , Pietro si rivolse di nuovo all'assemblea e disse: « E voi, carissimi fratelli miei e servitori di Cristo, ubbidite in tutto a Clemente che presiede su di voi per istruirvi sulla verità. Sappiate che, se qualcuno lo con trista, non accoglie Cristo che ha affidato a lui la catte dra dell'insegnamento, e non accogliendo Cristo verrà giudicato per non aver accolto ne pure Dio Padre, e di conseguenza non verrà accolto ne regno dei cieli. Procurate allora di non mancare mai ad alcuna riunione, per evitare di venir condannati da Cristo giu dice per la vostra negligenza e accidia. Radunatevi inve ce sempre attorno a Clemente 8 , e adoperatevi tutti
f
8 C f. Atti 2, 42 ( « Erano assidui alla predicazione degli apostoli, fedeli alla comunione fraterna, all'eucaristia e alle preghiere»). Il ri· trovarsi insieme dei cristiani non è soltanto una prassi, ma una rac comandazione insistente po iché è cosi che si esprime concretamen te il vincolo e l'unità che li unisce nell'ecclesia locale (cf. Didaché 9, 10 e 1 6 , 2; Ignazio di Antiochia, Agli Efesini 5 , 3 e 1 3, l e A Policarpo 4, 2 ; Giustino, l Apol. 65 e 67). Tertulliano (Apologia 39) dice che riunirsi è vitale per il cristiano. È un fatto che impressiona anche i pagani: Plinio il Giovane (Ep. lO, 96) caratterizza i cristiani proprio dal loro ritrovarsi insieme sia per « innalzare insieme il loro canto a Cristo » , sia, alla sera, per prendere un cibo ordinario e innocente. I catecumeni non vi sono ammessi: solo dopo essere stati battezzati si
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pe� sostener! quant i pe r essere d'acc�rdo con. lui e olo ncordandovt tutto, m poggiand ap te n l me ru sa sc po o attacca Nemico per il è cui causa la ch e c i as cuno di voi dure più le contro scatena gli e articolare m p lui in odo co costi che quel sforzarvi, piuttosto D ete ov li bat tag e. sti di res tare tutti quanti legati strettamente a lui con l' a�ore di aderire a lui con tutto il vostro affetto. Ma anche tra di voi mantenete costante l'unanimità e la pie na armonia: questo vi renderà più facile ubbidire in bl occo a lu i con inscalfibile sintonia, così che voi otte ne te la s alvezza e lui, grazie alla vostra obbedienza, può portare più agevolmente il peso dell'incarico ricevuto. 1 8 . Ci sono delle cose, però, che dovete capire da soli perché il vescovo non può parlame apertamente e pubblicamente: cadrebbe nelle trappole dei maligni. Ad esempio: se è contrario a qualcuno a causa di come si com porta, voi non aspettatevi che sia lui a dirvi di non farvi suoi amici, ma conformatevi a lui con saggezza e assecondatelo nella sua volontà, senza che debba met tervi in guardia per tenervi lontani da quella persona che avete capito che lui non approva. Neppure dovete aver rapporti con coloro con cui lui rifiuta il rapporto, affinché chi è in colpa ma desidera stringere amicizia con voi, sia spinto a riconciliarsi il prima possibile con chi presiede tutta la comunità in modo che, comincian do a ubbidirgli, rientri sulla stra da della salvezza. Se, al contrario, uno si fa amico di persone con le quali il vescovo non lo è , e conversa con gente alla qua le lui rifiuta la parola, vuoi dire che è anch'egli uno di quelli che hanno intenzione di rovinare la Chiesa di Dio; e mentre a voi sembra che vi sia fisicamente vici no , . spiritualmente è vostro nemico, nemico molto più p encoloso di quelli fuori della comunità che sono ne mi ci. dich iarati, perché mentre ti si presenta con una faceta da amico si comporta in effetti da nemico, e di vid e e devas ta la Chiesa» . agg iu ngon o ai « fratelli ri u n iti» , come viene confermato da es . II, 7 1 -72).
me flli ( ad
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1 9 . Finito di parlare, lì in mezzo, davanti a tutti mi ha imposto le mani 9 e mi ha spinto, morente di vergo gna, sulla sua cattedra. Appena mi sono seduto si è rivolto ancora a me: «Ti prego davanti a tutti i qui presenti, Clemente, che dopo la mia morte , cui devo per natura sottostare, mandi a Giacomo, fratello del Signore, una succinta esposizione scritta sia di quanto riguarda l'inizio della tua fede, sia della tua vita precedente la fede. Digli an che come dal principio alla fine mi sei stato compagno sia di viaggio che della mia attività; come, città per città, sei stato un solerte ascoltatore di quanto ho detto in occasione dei dibattiti e quale è stata - nelle mie predicazioni - la successione cronologica di ciò che ho detto e operato. Aggiungi pure quale morte mi è tocca ta in questa città. Ripeto: non farti scrupolo di inviare a Giacomo, in un succinto riassunto, tutto ciò che sei in grado di ricordare 10 • Non preoccuparti del pensiero che possa troppo affliggersi per la mia morte, dal mo mento che non deve aver dubbi che l'avrò affrontata per amore di Dio. Anzi, sarà per lui una grande conso lazione sapere che, come mio successore, ha preso po sto sulla mia cattedra non un qualunque sproweduto o ignorante o uno che non conosce il mistero della Sacra Scrittura o la disciplina ecclesiastica o l'arte dell'inse gnamento. Lui sa che, se il ruolo di maestro lo prende un ignorante o un incompetente, i suoi discepoli e udi tori andranno verso morte sicura awolti dalle tenebre dell'ignoranza» .
20. È per questo che io, o Giacomo, mio signore, avendo ricevuto questo ordine da Pietro, mi sono tro vato obbligato a fare ciò che mi aveva comandato, ag giornandoti per iscritto sia degli ultimi awenimenti ac cennati sia riassumendo ciò che, passando di città in città, ha detto nelle sue predicazioni e operato con po9 Letteralmente «la mano•. Si tratterebbe delle Predicazioni di Ptetro
10
p.
22).
(cf. Introduzione,
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ten za; anche se di queste notizie appena ricordate te ne bo già inviate tantissime e piuttosto esaurienti, su suo invito, sotto il titolo che Pietro st esso mi aveva ordina to di mettere: Le predicazioni fatte da Pietro lungo i suoi viaggi, scritte da Clemente. Ma è ora, ormai, di metter mano alla relazione af fidatami.
Pseudo-Clemente I RITROVAMENTI
LIBRO l 1 - 5 . CLEMENTE CERCA RISPOSTE SULLA IMMORTALITÀ DELL'ANIMA, SULL'ORIGINE E IL DESTINO DEL MONDO, MA NON NE TROVA DAI fl LOSOA; 6- 1 1 . A ROMA CONOSCE BARNABA CHE AFFERMA CHE IL FI GLIO DI DIO È APPARSO IN GIUDEA. DERISIONE E RIVOLTA CONTRO BARNABA. CLEMENTE LO DIFENDE E LO FA RIFUGIARE IN CASA SUA; 1 2- 1 9 . PARTENZA DI BARNABA PER LA GIUDEA DOVE CLEMENTE PROMETIE DI RAGGIUNGERLO. GIUNTO A CESAREA, CLEMENTE IN CONTRA PIETRO CHE LO ISTRUISCE SUL VERO PROFETA, L'UNICO CHE HA RISPOSTE PER OGNI DOMANDA SU DIO E IL FUTURO DELL'UOMO E SU COME CONOSCERE LA VOLONTÀ DI DIO; 20-5 3 . IL PREVISTO DIBATTITO DI PIETRO CON SIMON MAGO VIENE POSTICI PATO DI OTIO GIORNI, E PIETRO NE APPROFITIA PER ISTRUIRE CLE MENTE SUL PIANO DI DIO SUL POPOLO n'IsRAELE DALLE ORIGINI DEL MONDO FINO A GESU; 54-74 . ANTEFATII DELLA DISCUSSIONE AVUTA NEL TEMPIO SOTIO CAIFA TRA GLI APOSTOLI E LE VARIE SET TE GIUDAICHE, SEGUITI DA VIOLENZE CONTRO GIACOMO E DALLA PERSECUZIONE CONTRO I SEGUACI DI CRISTO IN PARTICOLARE DA PARTE DELÙN/M/CUS HOMO ( PAOLO ) .
l . Io, Clemente, nato a Roma, fin dall'adolescenza ho cercato di essere onesto anche quando le mie aspi razioni interiori erano come paralizzate da inquietudi ne e sconforto. Avevo infatti un pensiero fisso - e non so veramente come abbia avuto inizio - che risvegliava spesso nella mia mente la mia condizione di essere mortale e insieme mi poneva l'interrogativo: Ci sarà per me una vita dopo la morte? Oppure sono destinato a scomparire del tutto? Esistevo già, prima di nascere ? N on resterà assolutamente, dopo l a morte, un qualche ricordo di questa vita? O sarà che il tempo intermina bile ridurrà ogni cosa all'oblio e al silenzio, così che non solo cessiamo di esistere ma si perda anche la me moria della nostra esistenza? Un'altra serie di domande mi tormentava: quando è stato fatto il mondo? E se è stato totalmente fatto, prima che fosse fatto che cosa esisteva? Oppure esiste da sempre? Mi pareva indubitabile, in verità, che se ha avuto inizio sarebbe di sicuro finito; ma se finisce, che
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cosa ci sarà dopo se non oblio e silenzio universale? O forse esisterà qualcosa che ora la mente di noi mortali non riesce a immaginare? 2. Questi e altri pensieri del genere, che mi veniva no da chissà dove, mi arrovellavano l'anima di conti nuo e mi struggevano il cuore con un'angoscia incredi bile . E c'era qualcosa di peggio! Quando riuscivo ad al lontanare quel tipo di problemi convincendomi che fossero di secondaria importanza, affioravano in me ondate più violente ancora di angoscia. Avevo dentro di me, infatti , una compagnia ineguagliabile che non mi dava requie: un desiderio intenso di immortalità. Ho capito poi a cose fatte - e la grazia di Dio onni potente me l'ha mostrato - che questa mia disposizione interiore mi ha portato alla ricerca della verità e alla conoscenza della vera luce . Ed è stato per questo che, in seguito, ho compianto quelli che prima, nella mia ignoranza, consideravo felici e soddisfatti. 3. Fin dall'adolescenza, dunque, ero immerso in simili interrogativi. Col desiderio perciò di imparare qualcosa mi ero messo a frequentare scuole filosofiche dove prendevo atto che non si faceva altro che pole mizzare senza fine tra affermazioni e controafferma zioni delle stesse idee, che accapigliarsi con la tecnica dei sillogismi e dei ragionamenti dialettici a base di astute sottigliezze. Se alle volte un'argomentazione concludeva che l'anima era immortale, ne ero rallegra to; quando invece si dimostrava che era mortale me ne andavo afflitto. Ma devo dire che né l'una né l'altra ar gomentazione mi davano interiormente certezza di ve rità; anzi , solo questo capivo, che una cosa veniva af fermata e definita non in base alla sua propria natura o alla sua vera causalità, bensì si poteva immaginare fal sa o vera a seconda dell'acume dei rispettivi sostenito ri. E io ne restavo profondamente crucciato, tanto più che se per un verso non riuscivo a trovare solidità in niente di quanto si diceva, non potevo però neppure cacciare via il mio desiderio di ricerca. Quanto più, an-
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zi, mi sforzavo di non pensarci o addirittura di infi
schiarmene, con tanto maggior veemenza - come ho detto sopra -, come insinuandosi a forza, inconscia mente, quasi con voluttà, quel pensiero dominava la mia mente e la mia anima.
4 . Bloccato così nella mia ricerca, mi chiedevo di conseguenza: a che serve scervellarsi inutilmente dal momento che è chiaro che tutto ha un termine? Se in fatti una volta morto non esisto più, è sciocco crucciar sene ora; ma se invece dopo morto avrò ancora vita, perché non rimandare alla vita futura questi pensieri assillanti per evitare che alle presenti sofferenze se ne aggiungano là, per me, di peggiori se non conduco qui una vita sobria e virtuosa, rischiando di finire - stando a quanto affermano certi filosofi - nel tenebroso fiume Flegetonte, oppure nel Tartaro come Sisifo e Tizio o, co me Issione e Tantalo, negli eterni supplizi dell'inferno? Ma tornavo a rispondere a me stesso: queste sono favole ! Però . . . anche se si trattasse di realtà dubbie, non vale la pena di vivere virtuosamente? Ancora una volta, comunque, mi chiedevo: se il premio per una vita onesta è incerto, come posso fre narmi dall'attrattiva del peccato, tanto più quando l'in certezza, in me, riguarda anche la domanda di quale sia quella giustizia che piace alla divinità? Senza con tare che neppure se avessi conoscenza dell'immortalità dell'anima, neppure se fosse essa ad avere speranza in qualcosa, neppure se venissi a conoscere quali certezze il futuro mi riserva, non riuscirei ancora a darmi pace a causa di simili pensieri. 5 . Che fare, allora? Farò così : me ne andrò in Egit to e là mi farò amico dei Ierofanti 1 o dei profeti depu tati ai sacri segreti dei santuari; a suon di denaro mi farò ospitare da un mago e lo pregherò di tirar fuori un'anima dall'inferno mediante quella che chiamano 1 Sacerdoti dei misteri eleusini incaricati anche dell'iniziazione degli adepti .
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necromanzia 2, come se desiderassi chiederle consiglio su qualche affare. Ma l'oggetto della mia consultazione sarà proprio questo: è, l'anima, immortale? La prova, comunque, dell'immortalità dell'anima diventerà per me certa non da ciò che mi dirà a parole, non da quello che verrò a sentire, ma dal vederla, così che vedendola con i miei stessi occhi riterrò l'affermazione della sua immortalità assolutamente sicura. La verità, vista, non potrà più venire turbata né dai giochi di parole né dall'incertezza dell'ascolto. Questa mia decisione, tuttavia, la comunicai a un certo filosofo amico di famiglia, il quale mi consigliò di guardarmi bene dall'attuarla. « Poiché - mi disse - poni il caso che l'anima non risponda all'evocazione del ma go: succede che tu, in seguito, al pensiero che dopo la morte finisci nel nulla, vivrai più disperato di quello che già sei per aver fatto un tentativo illegale. Poni an che il caso che tu possa dire di aver visto qualcosa, che razza di religione è la tua? O quale rettitudine ti può venire da attività illecite ed empie ? Corre voce, del re sto, che simili pratiche siano odiose alla divinità e che Dio è contro coloro che tormentano le anime dopo la morte dei corpi » 3 • Al sentire queste parole io, per la verità, mi sono sentito meno sicuro verso ciò che stavo per fare, e pur tuttavia non riuscivo in nessun modo né a liberarmi da quel desiderio né a cacciare quei pensieri molesti. 6. Ora, per non tirare questo discorso alle lunghe, mentre ero sconvolto dal bruciore del mio pensiero fis so, arrivò fino a noi una certa voce diffusasi a poco a poco nell'impero di Tiberio Cesare, e che aveva avuto 2 Rito per entrare in comunicazione con i defunti. Ammessa in Grecia (Odissea, canto 1 1 ) . era invece proibita dalla Legge mosaica (cf. Deut. 1 8 , 1 0- 1 2), ma continuò a praticarsi sia nella Roma impe riale che nei riti magici del Medioevo e del Rinascimento. È sempre stata combattuta dalla Chiesa. 3 Il filosofo amico era certamente un ebreo, vista la somiglian za di quanto dice con Deut. 1 8 , 1 0- 1 2 .
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ini zio in qualche parte dell'Oriente. Aveva poi via via pre so credito in tutti i suoi dettagli, e come una buona novella i nviata da Dio si era diffusa in tutto il mondo e non permetteva che quel volere divino passasse sotto sile n zio. Si propagava da paese a paese, dunque, la no tizi a c he esisteva un certo tale in Giudea il quale aveva ini ziato la sua attività in primavera per portare la buo na novella del Regno di Dio ai giudei, e che questo re gno l'avrebbero posseduto - diceva - coloro che avesse ro osservato i suoi precetti e i princìpi della sua dottri na; che per dar credito inoltre al fatto che le sue parole erano degne di fede e intrise di valori divini - si diceva ancora - operava con un semplice comando molti mi racoli e portenti e prodigi strabil i anti, al punto che, quasi avesse avuto un potere da Dio, faceva udire i sor di e vedere i ciechi, raddri zzava gli storpi , e scacciava ogni tipo di malattie e di demoni dagli uomini 4 • Non solo, ma se gli mettevano davanti dei morti li risuscita va, se vedeva da lontano dei lebbrosi li risanava. In somma, pareva che non ci fosse assolutamente niente, per lui, d'impossibile. Queste cose e altre del genere coll'andar del tempo venivano confermate non già da ripetute dicerie bensì da notizie piuttosto esplicite da parte di coloro che ar rivavano da quelle regioni, così che giorno dopo giorno si faceva strada ormai la verità su quei fatti. 7. E finì che anche a Roma si cominciassero qua e là riunioni di persone fra le quali si parlava di queste notizie, e la cosa suscitava ammirazione. Chi era di fat to costui che era spuntato fuori ? E qual era il contenu to dell'annuncio che aveva portato da parte di Dio agli uomini? Correva lo stesso anno, quando finalmente un uo mo, fermatosi in un luogo famoso della nostra città, prese a proclamare al popolo questo messaggio: « Citta dini romani, ascoltatemi! Nella regione della Giudea è presente il Figlio di Dio che, a tutti quelli che vogliono 4 Cf. Mt. I l , S .
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dargli retta, promette la vita eterna, a patto che comin cino a comportarsi secondo la volontà di colui che l'ha mandato, ossia di Dio Padre. E al1ora convertitevi pas sando dal male al bene, dalle cose che sono tempora nee a quelle eterne. Riconoscete che esiste un solo Dio che governa il cielo e la terra, sotto i cui giusti sguardi voi, ingiusti, abitate il mondo. Ma se vi convertite e operate secondo la sua volontà, quando arriverete alla vita futura e sarete diventati eterni potrete godere dei suoi beni e dei suoi premi ineffabili » . Ora, quest'uomo che pronunciava simili parole al popolo veniva dal1'0riente, era di nazionalità ebraica, si chiamava Barnaba e diceva persino di essere uno dei suoi discepoli 5, mandato apposta per far conoscere queste cose a chi le voleva sentire. Io, dopo averlo ascoltato, cominciai a seguirlo as sieme a tutta ]a folla per stare a sentire quanto diceva. Capivo, e ne ero certo, che quel tizio non possedeva nessun'arte dialettica, ma con semplicità e senza alcun artificio verboso esponeva le cose che aveva udite e vi ste dal Figlio di Dio. Le sue affermazioni, in realtà, non le corroborava a forza di ragionamenti dialettici: le sue parole e le meraviglie che annunciava venivano confer mate da molti testimoni, tra cui alcuni presi di mezzo al1a gente che gli stava attorno. 8 . Ora, poiché il popolo cominciò con gioia ad ac cettare con convinzione quelle parole dette con since rità e a far propri quei discorsi non complicati, quelli che si ritenevano colti e anche i filosofi presero a can zonare quel1'uomo e a disprezzarlo col tendergli, a mo' di armi infallibili, le trappole dei sillogismi. Ma lui, imperterrito, considerando le loro sotti gliezze quasi dei deliri , non li riteneva degni neppure di una risposta, e con coraggio portava a termine quel lo che si era prefisso . Infine, mentre ancora stava par lando, un tipo gli pose questa domanda: « Come mai la zanzara è stata fatta in modo tale che pur essendo un 5 Cf. Atti 4, 36.
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minuscol o animale è dotata di sei zampe e per giunta possiede anche le ali, mentre l'elefante, pur essendo un animale enorme, non è dotato di ali e ha soltanto quat tro zampe ? » . Ma Barnaba, senza neanche dargli un'oc chiata , proseguì intenzionalmente il proprio discorso che quell'i mportuna domanda aveva interrotto. In ve rità, ogniqualvolta lo interrompevano, aggiungeva solo questo ammonimento : « Noi abbiamo tra i nostri dove ri quello di annunciare a voi le parole, i fatti e i prodigi di colui che ci ha mandati , e la credibilità di quanto di ciamo la dobbiamo avvalorare non con ragionamenti artefatti ma con testimoni presi di mezzo a voi stessi. So infatti che in mezzo a voi vi sono molti di coloro che, lo ricordo bene, hanno udito assieme a noi ciò che noi abbiamo udito e visto. Voi del resto siete liberi o di accogliere quanto vi annunciamo oppure di farvene beffa, ma noi non possiamo tacere ciò che sappiamo esservi utile , perché a noi , se taciamo, ne viene un dan no, ma se voi non accogliete quanto vi comunichiamo siete rovi nati. È vero che potrei rispondere con molta facilità alle vostre sciocche domande se voi le aveste fatte a scopo di cercare la verità - e mi riferisco alla differenza tra la zanzara e l'elefante -, ma in questo momento parlare a voi di creature è assurdo , dal mo mento che non avete ancora conoscenza del Creatore e dell'Ordinatore di tutte le cose esistenti » .
9 . Dopo queste parole , tutti assieme , quasi che fos sero d'accordo, ma con voci concitate si misero a ride re per farlo vergognare e per farlo zittire, urlandogli che era un barbaro e un po' tocco. Io, di fronte a que sto spettacolo, pieno di uno zelo di cui non so l'origine e sentendomi avvampare di sacro furore, non riuscii a trattenermi e con tutta libertà dissi forte: << È più che giusto che l'onnipotente Iddio abbia tenuto nascosta a voi la sua volontà, avendo previsto che eravate indegni di conoscerlo, come risulta chiaro ad ogni persona di buon senso al vedere come vi state comportando in questo momento . Avete visto che sono giunti a voi degli a nnunziatori della volontà divina - il loro parlare , in-
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fatti, non manifesta alcuna conoscenza di tecnica lette raria, ma vi comunicano il volere di Dio con frasi sem plici e rozze in modo che tutti coloro che ascoltano sia no in grado di seguirli e di capire quanto dicono - e voi invece vi fate beffe dei ministri della vostra salvezza e non tenete in nessun conto ciò che vi annunciano. E sapete perché ? Perché capite che è una condanna, per voi che vi ritenete capaci e colti , che la conoscenza del la verità sia posseduta da persone incolte e barbare. Essa è giunta fino a voi, non l'avete accolta quasi che fosse una straniera, mentre se non l'aveste ostacolata con la vostra intemperanza e col vostro egoismo, avrebbe potuto avere diritto di cittadinanza romana. Per questo vi si può rinfacciare che voi non siete amici della verità e filosofi , bensì dei presuntuosi sbrodolato Ii di chiacchiere. Voi pensate che la verità non risieda nelle parole semplici, ma nelle parole astutamente ri cercate, e buttate fuori una quantità incredibile di pa role che non hanno né peso né prezzo al confronto di una sola parola di costoro. Vi immaginate allora che ne sarà di voi, dico a voi , massa di greci, se ci sarà un giu dizio di Dio come quest'uomo afferma? Ma adesso smettetela di prendere in giro, per vostra rovina, que st'uomo, e chi di voi lo desidera mi risponda, perché di fatto col vostro solo abbaiare rintronate le orecchie an che di coloro che vogliono salvarsi e stornate col vostro strepito, portandole all'infedeltà, anche le menti che sono aperte alla fede ! Potrete mai essere perdonati, voi che ve la ridete del messaggero divino che vi promette la conoscenza di Dio, coprendolo d'insulti? Ma anche nel caso che non vi portasse alcun barlume di verità, dovreste mostrarvi verso di lui accoglienti e grati se non altro per la sua benevola intenzione nei vostri con fronti ! » .
l O . Avendo continuato un po' s u questo tono, si produsse nella folla presente una scossa molto forte: alcuni furono presi da compassione, mi trattarono co me un ospite e approvarono di conseguenza il discorso che avevo tenuto; gli altri sfacciatamente e stupida-
Rrtrovamentr , l, 1 0- 1 1
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mente fomentarono la rabbia più sfrenata contro di me così come avevano fatto con Barnaba. Ma ormai il giorno volgeva al tramonto. Afferrai la destra di Barnaba e, malgrado le sue resistenze, lo con dussi a casa mia e là lo trattenni per paura che magari qualcuno del popolino più sfrenato gli mettesse le mani addosso. Restammo così insieme alcuni giorni, durante i quali io stavo ad ascoltare volentieri le poche verità che mi spiegava. Ma lui aveva fretta di partire. Diceva che doveva assolutamente andare a celebrare in Giudea il giorno festivo della propria religione che era ormai im minente . E lì, poi, si sarebbe fermato con i suoi concitta dini e fratelli . Voleva farmi capire, evidentemente , che era stato ferito e scosso dallo sgarbo ricevuto.
1 1 . A un certo punto gli dissi : « Tu esponimi sol tanto la dottrina di quella persona che dici essere ap parsa , e io ne trarrò dei discorsi con i quali annuncerò il regno dell'onnipotente Iddio e la sua giustizia. E do po aver fatto questo , se tu lo vorrai , mi imbarcherò con te, poiché ho un vivo desiderio di vedere la Giudea e può anche darsi che resti con voi per sempre» . Lui mi rispose : « Se vuoi effettivamente vedere la nostra patria e venire a conoscere ciò che desideri , im barcati pure subito con me; ma se invece hai qualche affare pendente , ti lascio le indicazioni per trovare la nostra abitazione , così che quando vorrai venire ci po trai trovare facilmente, poiché io mi devo mettere in viaggio domani » . Convintomi che per lui l a data d i partenza era im prorogabile , scesi con lui fino al Porto [di Roma ] , e mi segnai con cura le indicazioni per trovare la sua abita zione di cui aveva parlato. Gli dissi : « Se non fossi co stretto a ritirare una certa somma di denaro dai miei debitori , non porrei alcun indugio. Comunque , ti se guirò al più presto possibile » . Detto questo , dopo averlo ben bene raccomandato ai comandanti della nave , con tristezza me ne tornai a casa. Il ricordo di quei giorni trascorsi con quel bravo ospite e ottimo a mico non mi lasciava .
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Pseudo-Ciemente
1 2 . Solo pochi giorni rimandai la partenza per si stemare almeno in parte ciò che dovevo; per la fretta, infatti, trascurai molte altre cose che mi avrebbero im pedito di attuare il proposito preso. E così mi imbarcai presto per la Giudea, e dopo quindici giorni arrivai a Cesarea di Stratone, che è la più grande città della Pa lestina. Appena sbarcato, stavo cercando un albergo quando dalle chiacchiere della gente venni a sapere che un certo Pietro, discepolo molto conosciuto di quel personaggio che era apparso in Giudea e che aveva da to prova di molti prodigiosi miracoli di divina potenza fra gli uomini, il giorno dopo avrebbe sostenuto un di battito verbale su impegnativi problemi con un certo Simone proveniente dal paese dei getoni in Samaria. Udita questa notizia io chiesi per favore che mi si indi casse la sua casa. Rintracciatala, mi fermai all'ingresso e mentre informavo il portinaio sulla mia identità e provenienza, ne vidi uscire Barnaba il quale, appena mi vide, volò tra le mie braccia piangendo di gioia e, presomi per mano, mi introdusse in casa di Pietro. Me lo indicò a distanza dicendomi : « È lui Pietro, quello che ti dicevo essere profondissimo nella sapienza di Dio e al quale ho parlato a non finire di te. Va' da lui come da uno che ti conosce bene. Lui è perfettamente al corrente di tutte le tue buone qualità, conosce molto bene le tue inclinazioni religiose e per questo ha un de siderio grandissimo di vederti. Per cui, oggi, ti offro a lui con le mie mani come un grande dono ,, . E presen tandomi disse: «Eccoti Clemente, o Pietro ,, . 1 3 . Pietro, udito il mio nome, con una benevolenza estrema mi venne incontro e subito si lasciò baciare; dopo di che mi fece sedere e mi disse: << Hai fatto bene ad accogliere Barnaba, questo predicatore della verità, a casa tua, sfidando il furore di gente scalmanata. Ne sarai felice. E dal momento che tu lo hai ritenuto degno di ogni onore quale messaggèro della verità, anche tu sarai accolto come pellegrino e ospite dalla stessa verità che ti registra come cittadino della propria città. Ti aspetta una grande gioia, perché se per adesso sei fatto
Ritrovamenti, l , 1 3- 1 4
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partecipe di una piccola grazia, vieni però annoverato fra gli eredi dei beni eterni. Non affaticarti, ora, a co municarmi l'anima, poiché Barnaba mi ha detto tutto di te e della tua vita con molta accuratezza, richiaman do alla memoria quasi ogni giorno e senza stancarsi i tuoi meriti . E per esporti in due parole il programma, considerandoti già un amico che condivide il mio stesso pensiero, ebbene, se non c'è niente che te lo impedisce mettiti in viaggio con noi, e ascolta le parole di verità che pronunceremo tappa dopo tappa, finché raggiunge remo, come dobbiamo, proprio la città di Roma 6• E ora, se hai qualche desiderio, dimmelo » . 1 4 . Gli esposi, allora, cosa avevo fatto da quando avevo preso quella decisione: come mi ero perso in questioni inutili, e tutto il resto che fin dall'inizio, mio amato Giacomo, ti ho fatto conoscere e che non ti sto a ripetere; e gli promisi che con gioia mi sarei messo in viaggio con lui. « È proprio ciò che mi auguravo con tutto il cuore - gli dico -, però desidero che mi venga prima detto qual è la verità, per sapere se l'anima è mortale oppure immortale e, se immortale, se verrà giudicata sulla base di come ha operato in questa vita. Desidero inoltre sapere quale sia la vita retta che piace a Dio, e ancora: se il mondo è stato fatto e perché è sta to fatto; se finirà o se invece si trasformerà in meglio, oppure se dopo questa esistenza il mondo scomparirà del tutto. Vorrei insomma che mi si dicesse, per non di lungarmi sui singoli punti , qual è la vera risposta a queste e altre domande del genere » . Pietro mi rispose: « Ti insegnerò l a scienza d i ogni cosa, o Clemente, dandotene un riassunto, ma fin d'ora stammi a sentire. 6 In realtà, il racconto dei viaggi di Pietro termina ad Antiochia (libro 1 0, 68). Alcuni manoscritti hanno pertanto aggiunto: «In se guito Pietro venne a Roma dove, con la sua predicazione, convertì una grande quantità di persone alla fede di nostro Signore Gesù Cri sto e dove, messo in croce, raggiunse Cristo il 29 giugno» (cf. B. Rehm, Rekognitionen . . . , pp. XXVIII e 37 1 ) .
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Pseudo-Ciemente
1 5 . La volontà e il disegno di Dio sono stati nasco sti agli uomini per molti motivi . Al primo posto stanno la cattiva formazione, le pessime amicizie, la condotta perversa, le conversazioni non buone, le disoneste pre sunzioni. Per tutte queste cose, ripeto, all'errore è se guito il disprezzo. E fu così che l'infedeltà e la malizia, perfino l'avarizia e la stupida boria e altri difetti simili a quelli , hanno riempito totalmente l'abitazione di que sto mondo come un fumo immenso che ha impedito ai suoi abitanti di avere lo sguardo libero per intuire inte riormente il proprio Creatore e di capire chiaramente qual è la sua volontà. Che cosa conviene che facciano, allora, coloro che vi abitano ? Nient'altro che gridare dal profondo del cuore per invocare l'aiuto di colui che è il solo a non essere racchiuso nella casa ripiena di fu mo affinché venga ad aprire la porta di casa in modo che il fumo che ci sta dentro possa uscirne, e possa co sì venire inondata dalla luce del sole che risplende all'esterno. 1 6. Ebbene, colui che andiamo cercando come quegli che può venire in aiuto alla casa piena della cali gine dell'ignoranza e del fumo dei vizi, noi diciamo che è proprio colui che si chiama Vero Profeta. È solo lui che può illuminare l'anima degli uomini per metterli in grado di vedere con chiarezza la via della salvezza. Non esiste altro modo possibile, per venire a conoscen za delle verità divine ed eterne, se non di impararle da questo Vero Profeta. Tu stesso, d'altronde, hai ricorda to poco fa che la verità sulle cose e le opinioni raziona li acquistano peso a seconda delle teste di chi le sostie ne. Ed è perciò che il medesimo argomento viene con siderato ora giusto ora ingiusto, e ciò che poco fa sem brava vero ti suona falso quando un altro afferma il contrario. Per questo motivo la fede religiosa e filiale postulava la presenza del Vero Profeta, perché fosse lui a dirci qual è la verità di ogni singola cosa e ad inse gnarci come bisogna credere a proposito di ciascuna. La prima cosa da fare, dunque, è di provare il più ac curatamente possibile la credibilità del Profeta. Quan-
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do avrai appurato che è veramente un profeta, non ti resta che di credergli in tutto senza andare ulterior mente a mettere in discussione ogni cosa che insegna e, anzi, ritenere indiscutibili e sacre le affermazioni che fa. Anche se poi sembra di averle accettate per fe de, l'assenso però che si dà ad esse è fondato su prove precedenti . Una volta infatti che si è appurata fin dall'inizio la verità sul suo essere profeta e ti è parsa incontrovertibile, tutto il resto devi poi in definitiva ascoltarlo e accoglierlo con la stessa fiducia che ti vie ne dalla provata certezza che lui è un maestro. E come è certo che bisogna ritenere come norma di verità tutto ciò che si riferisce alla scienza divina, così è fuori di dubbio che nessun altro può conoscere ciò che è vero all'infuori di lui » 7•
1 7 . Dopo questa premessa mi espose tanto aperta mente e lucidamente chi era questo Profeta e come tro varlo, che mi pareva di avere davanti agli occhi e di toccare con mano le prove che mi aveva dato sulla sua autenticità , e con sommo stupore non riuscivo a capa citarmi che le verità da tutti cercate, pur avendole da vanti agli occhi, nessuno le vede. È per volere suo , del resto, che ho messo ordine a tutto ciò che mi aveva detto per poi scrivere un libro sul Vero Profeta, libro che ti ho inviato da Cesarea su tuo invito. Affermava infatti di aver avuto disposizione da te che ogni anno doveva inviarti per iscritto quanto lui aveva detto e operato. Devo dire, inoltre, che all'ini zio del discorso che mi tenne il primo giorno sul Vero Profeta e su vari altri argomenti, dopo avermi esau rientemente istruito aggiunse anche questo : « Quanto al resto - mi disse -, sii presente e attento alle discussioni che avrò, quando si renderà necessario, con coloro che mi daranno contro. Nel dibattito con questi awersari , 7 Sul «Vero Profeta» delle Pseudoclementine , cf. l'importante studio di Cerfaux, Le Vrai Prophète des Clémentines, in « Recherches de Science Religieuse» , 1 8 ( 1 928), pp. 1 43- 1 63 (riedito in Recueil Lucien Cer{aux, Gembloux 1 954, I, pp. 30 1 -3 1 9).
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anche se per caso ti sembrerò perdente, io non ne sarò affatto preoccupato, per evitare che tu possa magari mettere in dubbio le verità che ti ho comunicate . Per ché anche se apparentemente verrò schiacciato , non per questo tuttavia sembreranno deboli le verità lascia teci dal Vero Profeta . Spero comunque che neppure nella discussione saremo inferiori, se poco poco coloro che ci stanno a sentire sono ragionevoli e amici della verità: capaci di distinguere parole forti e parole ele ganti; di riconoscere un discorso artificioso di matrice sofistica che contiene non verità ma solo sembianze di verità, e un discorso che, pronunciato con semplicità e senza colore, ha la sua forza non nell'awenenza e nei fronzoli ma nella verità e nella razionalità)) .
1 8 . Rispondo: « Ringrazio l'Onnipotente per essere stato istruito secondo l'intenso desiderio che ne avevo. Devi comunque star tranquillo sul mio conto, poiché su ciò che ho imparato da te nessun dubbio potrà sfio rarmi , al punto che se a te stesso saltasse in mente un giorno o l'altro di dirottare la mia fede dal Vero Profe ta, non ci riusciresti . È con tutte le mie facoltà, infatti, che ho fatto mio quanto mi hai comunicato; e non pen sare che sia esagerata la promessa che ti ho fatto , ne gando la possibilità di venire dirottato da questa fede. Sono convinto che qualsiasi uomo, una volta illumina to sul Vero Profeta, non riuscirebbe più ad avere dubbi sulla verità. Ho perciò totale fiducia su questa verità divina fissata in cielo e che trascende ogni altra teoria malefica. Di fronte alla profe zia, infatti, nessun altro sistema riesce a sostenersi, neppure le trappole dei so fismi e sillogismi . È vero piuttosto che chiunque abbia fatto conoscenza col Vero Profeta viene inevitabilmen te subito preso dal desiderio della sua verità, senza ul teriormente lasciarsi ingannare da altre dottri ne erro nee con la scusa di cercare la verità. E perciò, Pietro , signore mio, non voglio che ti preoccupi ancora di me come di uno che non capisce quanto ha ricevuto e qua le responsabilità gli è stata data. Sta' certo che questa grazia l'hai data a uno che sa e capisce. Non è facile
R1trovament1 , l , 1 8-20
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che io possa venir tratto in inganno su cose che , a lun go desiderate, sembro aver ottenuto così presto. Può succedere , del resto , che uno raggiunga in fretta l'og getto del proprio desiderio mentre un altro non arrivi a quanto desidera neppure a lunga scadenza» .
1 9. Dopo avermi ascoltato, Pietro mi disse: « Rin g razio il mio Dio tanto per la tua salvezza quanto per la mia pace. Mi ha dato grande gioia vedere che hai capito l'enorme portata del dono profetico e anche il fatto che, come hai detto tu, neppure se fossi io stesso a volerlo absit! - riuscirei a trascinarti verso un'altra fede . Ebbe ne , da questo momento comincia a vivere con noi e do mani sii presente alla discussione che avremo , perché dovrò battermi contro Simone il Mago » . Dopo queste parole si ritirò per mangiare con i suoi, invitando me a prendere cibo in disparte. Finito di mangiare diede lode a Dio, lo ringraziò e poi mi spiegò perfino questo suo comportamento , aggiungendo: « Che il Signore ti dia di adeguarti in tutto a noi , così che, una volta ricevuto il battesimo , possa anche tu partecipare con noi alla stes sa mensa » 8• Poi mi ordinò di riposare, dato che tanto il corpo quanto l'ora già invitavano a dormire.
20. Il giorno seguente, di buon mattino venne in casa Zaccheo e dopo averci salutati disse a Pietro: « Si8 È evidente il legame tra il pasto preso in comune e l'Eucaristia (per cui si richiede il battesimo), confermato dalla Didachè: « Nessu no mangi o beva la vostra Eucaristia se non è battezzato nel nome del Signore, poiché è a questo proposito che il Signore ha detto: non date le cose sante ai cani » (9, 5). «Questo legame è stato abbandona to molto presto. In ambiente culturale greco possiamo capirne il per· ché se leggiamo, in Paolo, gli abusi che avvenivano a Corinto. Bo Reicke (Diakonie, Festfreude und Zelos , Uppsala 1 95 1 ) ha mostrato del resto come questi pasti diventavano, in ambiente giudeo-cristia· no, focolai di esaltazione messianica» (J. Daniélou, Théologie du Judéo-Christiamsme, Desclée 1 958, I, p. 388, il quale aggiunge in no ta che «ha dunque ragione G. Dix a pensare che l'uso di ]egare J'Eu· caristia al pasto sarebbe stato abbandonato dai giudeo-cristiani subi to dopo il 70 » , come scrive in Jew and Greek, pp. 1 03- 1 04).
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mone rinvia il giorno del dibattito all'undici di questo mese, ossia fra sette giorni . Dice che per allora avrà più tempo libero per discutere . Ma sono del parere che questo rinvio sia necessario anche a noi per farvi parte cipare più persone o come uditori o come giudici del nostro dibattito. Però, se ti sembra opportuno, mentre siamo in attesa discutiamo prima tra di noi quanto im maginiamo possa essere l'oggetto della controversia, così che ognuno di noi , sapendo ciò che deve proporre o rispondere, rimugini personalmente se va bene così oppure se l'avversario potrà trovare spunti di obiezioni o magari mandare a vuoto le obiezioni nostre. Se inve ce le tesi che dobbiamo sostenere noi ci sembrano chiaramente inattaccabili sotto ogni aspetto, potremo con tutta fiducia dare inizio al dibattito. Il mio parere comunque è questo, che bisogna prima di tutto porre il problema di che cosa ci sia stato all'inizio di tutte le cose, o stabilire se un essere increato sia anche la cau sa di tutto ciò che esiste . In secondo luogo: tutto ciò che esiste, nel caso sia stato creato, da chi o per mezzo di chi o per chi è stato fatto? Da uno solo, o da due o da molti ha ri cevuto la propria sostanza, o da nessuna sostanza precedente? O da quali sostanze è stato preso e abbellito? Ancora : esiste qualche Potenza nell'alto dei cieli o agli inferi? E se esiste, qual è la più alta e quale la più bassa di tutte ? Esistono dei movimenti o no ? Le cose che vediamo esistono da sempre? Continueranno a esistere? Sono esistite senza intervento di nessuno? Voglio dire che se la discussione parte da queste do mande, penso che questi interrogativi , sottoposti ad ac curato esame, con facilità troveranno risposta. E una volta messi in chiaro quelli, si arriverà subito all'accet tazione delle conseguenze. Ho esposto il mio pensiero. Non preoccuparti di farmi conoscere anche il tuo » .
2 1 . E Pietro, d i rimando: << Di' a Simone, intanto, che faccia come gli pare , perché sono certo che grazie alla provvidenza divina ci troverà sempre preparati » . E Zaccheo se ne uscì per riferire a Simone questa rispo-
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R1trovament1 . l , 2 1 -22
sta. Pietro, invece, gli occhi rivolti a noi e intuendo che io ero un po' deluso per il rinvio del dibattito, disse : « Colui che crede che il mondo è governato dalla prov videnza di Dio non deve , amico mio Clemente , acco gliere con risentimento gli awenimenti comunque si presentino, ma deve star certo che la giustizia di Dio regola con competenza e porta a opportuna condusio ne anche le cose che sembrano non i mportanti o con trarie ai nostri interessi personali, soprattutto quando riguardano coloro che sono in rapporto di devota fami liarità con lui ; e per ciò, chi è certo che le cose stanno così - come ho detto -, se succede qualcosa di contra rio alle sue aspettative sa cacciare lo sconforto dall'ani ma sapendo chiaramente , grazie a un giudizio più illu minato, che nel disegno del buon Dio anche ciò che sembra contrariarci si trasforma in un bene più gran de. Per questo motivo, Clemente, non !asciarti ora con tristare da questo rinvio di Simone il Mago, perché cre do che , per prowidenza divina, ciò sia accaduto a tuo beneficio in quanto durante questi sette giorni di dila zione ho la possibilità di darti le ragioni della nostra fede al riparo da ogni baccano, e di esportene l'ordine logico così come ce l'ha trasmesso il Vero Profeta. Lui solo conosce ciò che è stato fatto e perché , ciò che ac cade e perché, ciò che sarà e perché 9• Si tratta di realtà, tuttavia, apertamente espresse a voce ma non chiaramente messe per iscritto, così che quando le si legge non si riesce a capirle se non si ha un interprete , a motivo appunto del peccato che ha seguito di pari passo la vita degli uomini, cosi come ho detto poco fa . E per questo, dunque, che io ti chiarirò ogni cosa: per farti riconoscere senza dubbio alcuno , in quegli scritti , quale sia il pensiero del Legislatore )) .
2 2 . Dopo questa premessa com inciò a espormi ogni dettaglio di quei capitoli della Legge che sembra vano far problema, da quando ebbe inizio la creazione fino al momento in cui lo raggiunsi a Cesarea. Mi ri9
Cf. Lettera di Barnaba
l , 7.
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peté che questo favore di aver potuto conoscere ordi natamente tutto quanto me l'aveva procurato il rinvio di Simone, e mi disse ancora che di ogni singolo argo mento, a cui per il momento si era fatto soltanto un breve cenno, se ne sarebbe parlato più diffusamente al tre volte, quando se ne fosse presentata l'opportunità, così che secondo la promessa fattami venissi a cono scere ogni cosa in modo più completo e perfetto. « Ma dal momento che ci resta un giomo ancora, di quelli guadagnati dal rinvio - aggiunse -, voglio di nuovo ri capitolarti quanto detto per imprimertelo bene nella memoria>> . E cominciò di fatto, subito dopo, a richia mare alla mia coscienza quanto mi aveva detto: « Ti ri cordi , amico mio Clemente, il discorso che ti ho fatto sul tempo eterno che non conosce fine? » . E io: « Niente riuscirei mai più a ricordare, Pietro, se mi permettessi di non dare importanza o dimenticare questo» .
2 3 . Accolta con gioia questa mia risposta, Pietro prosegui: « Mi congratulo con te per aver risposto così , non cioè che tu possa ripetere con facilità quelle cose , ma di aver ammesso di ricordarle. Le realtà più alte, infatti , esigono di essere onorate col silenzio. Tuttavia , p e r darmi conferma c h e ti ricordi d i quelle realtà inef fabili , dimmi ciò che hai ritenuto in mente delle cose che ti ho detto la seconda volta e che possono essere facilmente espresse, così che io possa accertarmi della forza della tua memoria per poi rivelarti più in fretta e aprirti con gioia quanto desidero » . Io, allora, come capii che lui gioiva quando chi ascoltava aveva buona memoria, gli risposi: « Non solo ricordo le tue precise indicazioni , ma anche le premes se che hai posto in precedenza; e conservo il senso in tegro di quasi tutto ciò che mi hai comunicato, se non proprio di tutte le parole. Tutte le cose che mi hai det te, in verità , sono diventate come realtà connaturate con la mia anima. Ero assetato e tu mi hai offerto un calice stracolmo e dolcissimo. Ma per non farti pensa re che ti inondo di sole parole dimenticando i contenu ti, fin d'ora voglio richiamare alla memoria quanto mi
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hai detto . Ne sono d'altronde molto facilitato dall'ordi ne che tu hai seguito nell'espormele. E in effetti , poiché nel parlare usi un metodo diretto e consequenziale, or dinato e piano, riesce facile rievocarle seguendo la li nea logica che tu hai seguito. Si sa, del resto, che aiuta molto la memoria l'ordinata disposi zione dei pensieri , poiché quando cominci a richiamare nella loro conse quenzialità i singoli concetti , se ne salti uno, subito il bisogno di senso te lo va a scovare e una volta trovato lo fissa nella mente; e se per caso non è in grado di tro varlo non si vergognerà di rivolgersi al maestro. Ma non voglio indugiare oltre a rispondere alla tua richie sta, e ti ricapitolo in breve le idee che mi hai comuni cato sulla verità. . 24. Dunque: è da sempre esistito ed esiste ed esi sterà un essere dal quale è stata generata la prima vo lontà anch'essa eterna. Dalla prima volontà, una nuo va volontà . Dopo di che, il mondo; dal mondo, il tem po; col tempo, una moltitudine di uomini; di mezzo a questa moltitudine, l'elezione degli amici grazie alla cui unanimità viene costruito il regno pacifico di Dio. Di tutto il resto che dovrebbe logicamente seguire mi avevi promesso di parlarmene in un secondo tempo. Poi mi hai detto della creazione e mi hai fatto cono scere il piano di Dio da lui espressamente promesso alla presenza di tutti i primi angeli e stabilito quale eterna legge di ogni cosa . Mi dicesti che distinse due regni, quello del presente e quello del futuro 10, dando a ciascuno un tempo appropriato; che stabilì ancora che si dovesse attendere il giorno del giudizio - da lui stesso fissato - nel quale si avrà il di scernimento delle cose e delle anime, così che gli empi vengano destinati al fuoco eterno a motivo dei loro peccati , mentre colo ro che hanno vissuto obbedienti alla volontà di Dio creatore saranno benedetti per le loro buone opere e, ri splendenti di chiarissima luce, verranno fatti entrare nell'abitazione eterna dove non saranno soggetti alla 10
L'argomento ritornerà più ampiamente nei libri III, 5 2 e V, 9.
Pseudo-Ciement e
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conuzione beni » .
e riceveranno
il premio eterno di ineffabili
2 5 . Mentre andavo avanti di questo passo Pietro, irradiante soddisfazione come uno che esulta per un proprio figlio, temendo che nel continuare mi si incep passe la memoria e dovessi far brutta figura davanti ai presenti, mi disse: «Basta così, Clemente. Hai esposto più lucidamente di me quanto io stesso ti avevo comu nicato » . E io: « La capacità di una esposi zione ordinata e di una presentazione più chiara degli argomenti trat tati ce l'ha favorita l'educazione liberale . Ora, se ce ne servissimo a proposito dei vaneggiamenti antichi , un discorso fiorito e carezzevole metterebbe in pericolo la nostra vita, mentre se impieghiamo erudizione e grazia per affermare una verità, penso proprio che ne acqui steremmo non poco vantaggio. Comunque, o Pietro, mio signore, immagina quanta riconoscenza hai fatto nascere in me per tutto quanto mi hai detto, ma so prattutto quando hai affermato quella verità secondo la quale uno solo è Dio, che la sua opera è il mondo, e che essendo Dio giusto verso tutti renderà a ciascuno a seconda della loro condotta. Hai aggiunto poi che a motivo dell'affermazione di questa verità si solleveran no parole a non finire, ma che per coloro ai quali è sta ta donata la scienza del Vero Profeta tu tta questa selva di parole è già recisa alla base . E perciò, avendomi tu comunicato la verità del Vero Profeta, mi hai consoli dato con la piena autorità delle tue affermazioni » . E infine, avendo intuito che lì stava l'essenza di ogni fede religiosa, subito ripresi: « D i bene in meglio hai poi pro seguito, Pietro ! Per cui, d'ora in avanti , esponimi senza esitazione , come a uno che gi à conosce quali sono i fondamenti della fede e della religiosità, gli insegna menti del Vero Profeta, dal momento che è più che provato che solo a lui bisogna credere . Riserva invece quell'esposi zione che ha bisogno di ragionamenti e di prove a chi ancora non crede, a chi a tuo giudizio non puoi ancora trasmettere la certissima fede della grazia del Profeta » . Dopo queste parole ho detto ancora: « Tu
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m i hai pro messo due cose, e cioè che m i avresti comu ni cato col tempo sia questa semplice esposizione che m i hai fatto, priva di ogni errore, sia quelle realtà che d evo no essere spiegate problema per problema, man mano che tu stesso li avresti sollevati . Dopo di che mi hai sciorinato per filo e per segno la successione stori ca degli avvenimenti dall'inizio del mondo fino ad oggi . Se ti fa piacere, sono in grado di ripeterti tutto a me moria >> .
26. E Pietro: cc Mi compiaccio moltissimo, Clemen te, di poter affidare le mie parole a una memoria così sicura ! Perché ricordare tutto ciò che viene detto vuoi dire essere in grado di operare ogni momento secondo la fede. Quando invece un cattivo demone ti ruba le pa role della salvezza e te le fa scomparire dalla memoria, anche se uno vuole non riesce a salvarsi perché perde la via che conduce alla vita. E allora vale davvero la pe na ripetere le cose dette per fissarle nel tuo cuore, os sia: come e da chi è stato fatto il mondo, poiché lo sco po è di tendere all'amicizia del Creatore . Ora, l'amici zia con lui s'instaura col vivere bene e con l'ubbidire al la sua volontà, dal momento che la sua volontà è la leg ge di tutti i viventi 1 1 • E così ti ricapitolo ancora quanto già detto per rafforzare la memoria. 27. Dunque: in principio Dio ha creato il cielo e la terra come un'unica casa. :Lombra che si è formata per causa dei corpi naturali ha prodotto automaticamente le tenebre per tutto ciò che era contenuto in essa. Ma quando per sua volontà Dio introdusse la luce, le tene bre formatesi dall'ombra dei corpi furono di colpo di vorate, e da quel momento la luce è assegnata al giorno e le tenebre alla notte . :Lacqua, poi, che si trovava rac11 Q uesto concetto viene spesso ripreso dai Padri della Chiesa, come ad esempio da Girolamo: • Ciò che [Dio] promette è legge del la natura» (Comm. ad Amos 3 , 9 , 1 3- 1 5, in Corpus Christianorum 76, p. 348). È la base della teologia della storia (cf. H . Urs von Balthasar, Ùl théologie de l'histoire, Paris 1 954, pp. 3 1 -48).
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chiusa nel mondo, condensata, per così dire, in gelo e consolidata in cristalli si è distesa tra la metà del primo cielo e lo spazio terrestre , ed è in questo firmamento che stanno così racchiusi gli spazi mediani del cielo e della terra. Questo firmamento il Creatore l'ha chiama to cielo, usando un vocabolo più antico ancora, e così l'edificio del mondo intero, che era un'unica abitazio ne, lo divise in due parti . Il motivo di questa divisione era di offrire la regione superiore come abitazione agli angeli e quella inferiore all'uomo 1 2 • Poi, tutto ciò che rimaneva al di sotto delle acque, per ordinamento dato dalla sua eterna volontà, si dispose in modo da far po sto al mare e agli abissi , e come le acque defluirono verso i luoghi bassi e concavi ne emerse la terra asciut ta. Le acque , radunate assieme, sono diventate i mari . Dopo di che la terra emersa produsse diversi generi di erbe e di pianticelle, e da essa sgorgarono pure sorgen ti e fiumi non solo in pianura ma anche sulle monta gne. E così tutto era ormai pronto perché gli uomini, destinati ad abitarvi, avessero la facoltà di far uso di tutto a proprio arbitrio , vale a dire: sia per il bene ma anche per il male, se lo vogliono .
2 8 . Fatto questo, ornò di stelle questo cielo visibi le, e vi pose anche il sole e la luna, così che il giorno si serve del primo e la notte della seconda; e tutti e due sono indicazione delle realtà passate, presenti e future, dal momento che sono state fatte come segni delle sta gioni e dei giorni che gli uomini vedono ma che solo quelli intelligenti e colti sanno decifrare . In seguito or dinò che terra e acque producessero esseri animati , e così formò il paradiso che chiamò luogo di delizie. Do po tutto ciò fece l'uomo, in vista del quale aveva prepa rato ogni cosa 1 3 • La sua bellezza interiore (anima) è più antica, ed è per essa che tutto ciò che esiste è stato 1 2 Tutto questo brano viene citato da Beda: « Nella storia di san Clemente viene riferito che l'apostolo Pietro ha detto: In princi pio . . . » (In Genesim 1, l , 6-8; Ch.W. Jones, CCSL 1 1 8A, p. 1 2 ). 1 3 Cf. Gen. 2.
R1trovament1 l, 28-30
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fatto, messo a suo servizio e dato per usame nella sua dim ora.
29. Una volta dato compimento a tutte le cose che stanno in cielo, in terra e nelle acque, essendosi poi an che moltiplicata la specie umana, avvenne che all'otta va generazione gli uomini giusti che avevano vissuto una vita da angeli furono sedotti dalla bellezza delle d onne 1 4 , e si lasciarono andare a unioni promiscue e il lecite, così che agendo senza discernimento e in modo contrario all'ordine stabilito, stravolsero lo stato delle cose umane e l'ordinamento vitale dato loro da Dio. Fu così che costrinsero tutti gli uomini a peccare, sia con la persuasione sia con la violenza, contro il proprio Dio che li aveva creati. Alla nona generazione nascono i giganti 1 S , non quelli che dal mondo vengono assimilati ai draghi stando alle parole dei greci - ma uomini dotati di corpi enormi dei quali ancora oggi si trovano tracce in certi luoghi ove si possono vedere ossa smisurate. Contro costoro la giusta provvidenza divina fece cadere sul mondo il diluvio 16, affinché la terra fosse lavata del lo ro cattivo esempio, e venissero trasformati in mare tut ti i luoghi che avevano visto la strage degli empi . Vi si trovava un solo uomo giusto, in quel tempo, di nome Noè, il quale trovò scampo nell'arca con i suoi tre figli e le rispettive mogli . Dopo il deflusso delle ac que, divennero gli unici abitanti del mondo assieme agli animali e ai semi vegetali che aveva messi in salvo . 30. Alla dodicesima generazione, avendo Dio be nedetto gli uomini e avendo questi cominciato a molti plicarsi, fu dato loro il precetto di astenersi dal san gue 1 7, poiché anche per questo motivo si era abbattuto il diluvio. 14 15 16 17
Cf. Cf. Cf. Cf.
Gen. Gen. Gen. Gen.
6, l 6, 4 6, 5; 7, 1 1 -23. 9 , 4.
Pseudo-Ciemente
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Alla tredicesima generazione il mediano dei tre fi gli di Noè compì un atto offensivo contro suo padre e si attirò la maledizione su tutta la propria discenden za 1 8 mettendola in condizione di schiavitù mentre il fratello più anziano , nel frattempo, ebbe la fortuna di abitare nella parte centrale della terra dove si trova la Giudea. Al figlio minore toccò invece in sorte la regio ne orientale, mentre a Cam quella occidentale. Alla quattordicesima generazione uno della discen denza maledetta fu il primo, a motivo di magia, a erige re un altare ai demoni offrendo sacrifici di sangue in loro onore . Alla quindicesima generazione gli uomini per la pri ma volta fabbricarono un idolo e lo adorarono. Fino a questo momento la lingua degli ebrei data dal cielo per tutti gli uomini era stata l'unica a essere parlata 19, finché alla sedicesima generazione quelli di Oriente si mossero per tornare alla terra dei loro padri, e ciascuno chiamò con lingua diversa 20 il territorio che gli era toccato. Alla diciassettesima generazione , nei dintorni dell'attuale Babilonia il primo a regnare fu Nemroth, che vi costruì la città e che poi, spingendosi nel territo rio dei persiani 2 1 , insegnò loro a venerare il fuoco. Alla diciottesima generazione si costruirono città murate , si formarono eserciti , armamenti e giudic i , si sancirono leggi , si eressero templi e i capi dei popoli vennero adorati come dèi.
3 1 . Alla diciannovesima generazione i discendenti di colui che dopo il diluvio era stato maledetto usciro no dai propri confini che avevano avuto in sorte nelle regioni occidentali, cacciarono verso l'Oriente coloro cui erano toccate le regioni centrali e li spinsero verso la Perside per occupare essi stessi, ingiustamente , le terre di quegli esiliati . 18 Cf. Gen . 9, 22-2 5 . 1 9 Cf. Gen. 1 1 , l .
20 21
Allusione alla torre di Cf. Gen. 1 0, 8- 1 0.
Babele, Gen.
1 1 , 2-9.
Alt rovam e nti, l, 3 1 -33
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Alla ventesima generazione, per un delitto d'ince sto successe che un figlio morisse pri ma di suo padre 22• di m orte naturale
3 2 . Alla ventunesima generazione visse un uomo saggio, della discendenza di quegli esiliati che discen deva no a loro volta dal primogenito di Noè. Si chiama va Abramo 23 • Da lui ha origine la nostra stirpe ebraica. Ma tutto quanto il mondo era di nuovo, a quel tempo, sotto il peso di svariati errori , e a motivo della gravità delle nefandezze gli si stava preparando un opportuno castigo letale, non con l'acqua, questa volta, ma col fuoco. Ma quando questo flagello, che aveva iniziato con Sodoma, stava per abbattersi anche su tutto il re sto della terra Abramo, grazie alle amicizie di cui si compiaceva e attraverso le quali trovava rapporti di fa miliarità con Dio, salvò tutto il mondo dalla distruzio ne 24 • Fin dall'inizio, tuttavia, mentre tutti gli altri erano fuori strada lui , che di professione era astrologo 25, poté dalla disposizione e dall'ordine delle stelle riconoscere il Creatore, e capì che ogni cosa era retta dalla sua provvidenza. Per questo persino un angelo, apparsogli in visione 26, lo istruì più a fondo sulle realtà che aveva incominciato a intravedere. Gli mostrò inoltre la terra che sarebbe stata data alla sua famiglia e alla sua di scendenza e gli assicurò che quelle terre non erano tanto un dono quanto una restituzione .
33 . Ma poiché Abramo desiderava conoscere quale fosse l'origine del mondo - questo pensiero lo assillava interiormente - gli apparve il Vero Profeta 27, l'unico 22 Cf. Gen. 1 1 , 2 8 . 2 3 C f . Gen. 1 1 , 2 7-32 ; 1 2 , 1 -5 . 2 4 C f . Gen. 1 8 , 20-33 . 25 Estrapolazione d a Gen. 1 5 , 5 . 26 Cf. Gen. 1 5 , 1 . 2 7 Sull'apparizione ad Abramo de) Vero Profeta che avrebbe da to al patriarca la conoscenza perfetta (gnosi), cf. L. Cerfaux, op. cit. (Recueil), pp. 3 1 5-3 1 6 .
Pseudo-Ciementf'
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che conosce il cuore e le intenzioni di tutti: gli fece co noscere quanto desiderava e lo istruì su Dio mostran dogli contemporaneamente l'origine e la fine del mon do. Gli parlò dell'immortalità dell'anima e delle norme di condotta da seguire per piacere a Dio. Dichiarò che i morti sarebbero risorti, che ci sarebbe stato un giudi zio finale per rimunerare i buoni e castigare i cattivi e che sarebbe stato tutto quanto deciso da un giudizio equo. E dopo averlo istruito in modo conveniente ed esaustivo, fece ritorno alla sua invisibile dimora. C'è da dire però che quando Abramo viveva ancora senza conoscere queste cose, come ti ho detto prima, ebbe due figli : uno fu chiamato Ismaele e l'altro Elie sdro 28. Il primo ebbe come discendenza i popoli barba ri , il secondo i persiani, dei quali alcuni si fecero segua ci dei bramani e dei loro propri insegnamenti mentre altri si insediarono nei pressi dell'Arabia. Alcuni discen denti di questi ultimi andarono a finire in Egitto. Fu co sì che un certo numero di indiani e di egiziani ebbero conoscenza della circoncisione e si mantennero più strettamente osservanti degli altri anche se, con l'andar del tempo, la stragrande maggioranza di essi stravolse ro in empietà i motivi e il valore morale della castità. 3 4 . Dicevo dunque che [Abramo] nel periodo della sua ignoranza aveva avuto due figli. Ma una volta avu ta la conoscenza di Dio chiese a lui, che era giusto, di meritare di avere una discendenza da Sara, sua legitti ma moglie ma sterile. Ne ebbe infatti un figlio che chiamò !sacco 29. Da questi nacque Giacobbe, da Gia cobbe vennero fuori i dodici patriarchi e da questi do dici i settantadue 30• Costoro, per una sopraggiunta ca restia, scesero in Egitto con tutti i loro familiari 3 1 ; nel 28
Cf. Gen. 1 6, 1 5 e 1 5, 2 . Cf. Gen. 2 1 , 1 -2 . 3 ° Cf. E s . l , 1 -5 . I n realtà, nel testo ebraico si parla d i 70, men tre l'antica versione greca parla di 75, numero ripreso da Atti 7, 1 4 . In Deut. 1 0, 22 si parla ancora di 7 0 (cf. Gen. 4 6, 2 7 ) . 3 1 C f. Gen. 1 5 , 1 3 29
Ritrovamenll, l, 34-35
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giro di 400 anni, grazie alla benedizione e alla promes sa di Dio, si moltiplicarono, ma vennero oppressi dagli egiziani. Durante il tempo dell'oppressione, il Vero Pro feta apparve a Mosè. Ma poiché gli egiziani si oppone vano a lasciar uscire il popolo ebraico dalla propria terra e al loro ritorno in patria, furono colpiti con dieci piaghe mandate dal cielo e [Mosè] poté condurre fuori dall'Egitto il popolo di Dio. Gli egiziani soprawissuti, però, presi dalla stessa rabbia del loro re, inseguirono gli ebrei e, ritrovatili sulla riva del mare, erano decisi ad ammazzarli per distruggerne la razza. Mosè, allora, rivolta una preghiera a Dio, divise il mare in due parti così che le acque, sia a destra sia a sinistra, ristettero come congelate; e mentre il popolo di Dio vi passava attraverso come su strada asciutta, gli egiziani che li inseguivano vi si buttarono anch'essi temerariamente, ma vi trovarono la morte. Successe insomma che quando l'ultimo ebreo raggiunse l'altra riva e l'ultimo egiziano scese nel mare, subito le onde che si erano immobilizzate come se fossero contratte dal gelo, a un comando di colui che le aveva così contratte, si sciolse ro. Una volta castigato quel popolo empio, le acque ri presero la loro naturale fluidità. 3 5 . Dopo questi fatti Mosè, per ordine di Dio che a tutto prowede, condusse il popolo ebraico nel deserto, e rinunciando al percorso molto breve che dall'Egitto porta in Giudea, guidò quella gente attraverso lunghi e tortuosi itinerari allo scopo di purificarli, con qua rant'anni di prove nella nuova situazione di vita, dalle cattive pieghe che avevano preso a contatto per così lungo tempo con i costumi degli egiziani . Arrivarono fra l'altro al monte Sinai dove, tramite voci e visioni ce lesti, venne loro data la Legge composta di dieci co mandamenti: il primo e più importante ordinava di ve nerare lui solo come Dio, ma che per venerarlo non si facessero di lui alcuna immagine o modello. Mentre però Mosè, salito sul monte, vi si tratteneva per qua ranta giorni, il suo popolo che era stato testimone delle dieci piaghe abbattutesi sull'Egitto, del mare diviso e
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Pseudo-Ciemente
attraversato a piedi asciutti, della manna che avevano ricevuto dal cielo come pane, dell'acqua sgorgata e of ferta dalla roccia - quel tipo di cibo, per potere divino, acquistava il sapore che ciascuno preferiva -, nonché del fatto che quando si trovavano sotto la tortura del cielo infocato una nube li riparava di giorno per salvar li dal calore mentre di notte venivano illuminati da una colonna di fuoco per evitare che allo spavento di fronte alla vastità del deserto si aggiungesse quello delle tene bre, ebbene, dicevo, mentre Mosè stava lassù, quelli si fabbricarono una testa di vitello in oro sul modello del dio Api che avevano visto venerare in Egitto, e lo ado rarono. Insomma, dopo essere stati testimoni di tanti grossi prodigi, non erano ancora riusciti a grattarsi via e a nettarsi il sudiciume della precedente esperienza di vita; e questo è il motivo per cui Mosè, trascurato il breve percorso che dall'Egitto porta in Giudea, li aveva trascinati nel deserto sconfinato per vedere se fosse possibile - come già abbiamo ricordato - fargli perdere le vecchie perfide abitudini per sostituirle con la nuova legge di vita. 3 6 . Ora, il fedele e saggio amministratore Mosè, accorgendosi che la sua gente dalla convivenza con gli egiziani avevano assorbito più profondamente di quan to pensava la pessima usanza di sacrificare agli idoli e di non riuscire a tagliare alla radice questo male, con cesse loro di fare sacrifici, ma a condizione che quel permesso valesse nei confronti dell'unico Dio, così da tagliare per lo meno una metà del grave errore in cui erano cresciuti. {;altra metà si sarebbe riservato di emendarla in altri tempi colui al quale Mosè stesso si era riferito con le parole: "Il Signore Dio vostro farà sorgere per voi un profeta come me al quale dovrete dare ascolto in tutto. Chiunque non ubbidirà a quel profeta sarà cancellato dal suo popolo" 32 • 12 Deut. 1 8, 1 5 . 1 9. In Atti 3, 22-23 Pietro aveva già preso il pas so del Deut. come la prova apologetica che il Vero Profeta annun-
Ritrovamen ti , l , 37
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3 7 . Oltre a ciò, stabilì pure il luogo nel quale sola mente sarebbe stato lecito sacrificare a Dio 3 3 • Tutte queste prescri zioni erano in previsione del tempo sta bilito che doveva giungere, quando avrebbero i mparato dal profeta che Dio vuole la misericordia e non il sacri fi cio 34 , e avrebbero capito da colui che li istruiva che il luogo da Dio scelto era lui stesso, sapienza di Dio, l'unico luogo conveniente per fare sacrifici a Dio . Il luogo i nvece che era stato scelto nel frattempo fu spes so campo di incursioni nemiche e di stragi , e sentirono persi no dire che doveva essere distrutto 35, tant'è vero che prima ancora dell'awento del Vero Profeta - il qua le avrebbe ripudiato assieme ai sacrifici anche il luogo stesso fu spesso saccheggiato dai nemici , incendiato, e il popolo che l'abitava ridotto in schiavitù e deporta to. Ma quando in seguito si rivolse alla misericordia di Dio, venne richiamato in patria. Dovevano imparare questa lezione: che chi offre sacrifici viene cacciato via e cade nelle mani dei nemici mentre chi opera miseri cordia e giustizia e si astiene dai sacrifici si libera dalla schiavitù e può ritornare alla terra nativa . Successe però che troppo pochi capirono questa lezione , erché anche se parecchi erano in grado di co glierne i senso, erano tuttavia ancora legati dalla irra zionale mentalità comune . In realtà, una decisione giu sta e la libertà di attuarla sono prerogativa di pochi. -
r
ciato è i l Cristo. Nel Vangelo d i Giovanni (6, 1 4 ) sembra trovarsi i l medesimo riferimento: . Questi è veramente i1 Profeta venuto nel mondo» . 3 3 Cf. Deut. 1 2 , 1 3- 1 4. 3 4 Cf. Os. 6, 6; Mt. 9 , 13 e 1 2 , 7 . 3 5 Cf. M t . 2 4 , 2 . 1 5; Le. 1 9, 44. Nell'opera Opus imperfectum in Matthaeum (G. Morin la data verso il 550) si trova un accenno a questo passo delle Recognitiones: • Un esercito di stranieri e di sol dati dell'imperatore di Roma s'era accampato nei pressi di Gerusa lemme, che fino a quel momento era la città santa. Ne parla anche Pietro nello scritto di Clem en te » (24, 1 5 ; PG 56, 906). Per J'Opus im perfectum in Mt. è uscita di recente l'edizione critica di Franz Mali, Wien 1 99 1 , che ha utilizzato i migliori studi precedenti di R. Etaix e di J. Banning
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Pseudo-Ciemente
3 8 . Mosè, dopo aver dato quelle prescrizioni, pose a capo del popolo un certo Ansen (Giosuè) perché lo ri conducesse in patria. Lui, invece, per comando del Dio vivente, salì su un monte e ivi morì, ma la sua morte fu tale che fino ad oggi nessuno è riuscito a trovare il luo go dove ebbe sepoltura 36• Quando poi il popolo pose piede sulla patria terra grazie alla provvidenza di Dio, subito appena entrati misero in fuga gli abitanti di quei territori ostili e i giu dei presero possesso dell'eredità dei padri . Da quel mo mento e per un certo tempo, sotto il governo di giudici e non di re, vissero in relativa tranquillità; ma quando desiderarono avere dei tiranni piuttosto che dei re, quelli costruirono un tempio per soddisfare le proprie ambizioni regali proprio in quel luogo che era stato predestinato a scopo di preghiera. E così , uno dopo l'altro vennero a succedersi re sacrileghi e di conse guenza anche il popolo scivolò in peggiori empietà. 39. Giunse poi il tempo in cui doveva realizzarsi pienamente ciò che mancava - come abbiamo detto alle istituzioni di Mosè. Apparve il Profeta da lui prean nunziato e che per primo li aveva ammoniti di smettere i sacrifici a motivo della misericordia di Dio. E perché non pensassero che smettendo di sacrificare vittime non avrebbero più ottenuto la remissione dei peccati, istituì il battesimo di acqua col quale, invocato il suo nome, venivano liberati da tutti i peccati. Per il resto, se avessero condotto una vita perfetta, una volta purificati non dal sangue degli animali bensì dalla sapienza di Dio, avrebbero avuto una vita immortale. Infine, come evidente prova di questo grande mistero, si sarebbe pu re verificato che chiunque avesse creduto a questo Pro feta preannunziato da Mosè e fosse stato battezzato nel suo nome, sarebbe rimasto incolume sotto lo sterminio della guerra che stava per abbattersi su quella razza in credula e sul loro stesso territorio, mentre i non creden ti sarebbero stati cacciati dal territorio e dal regno af36 Cf Deut . 3 1 , 3-7; 34, 6.
1 R Jtrov amentJ , I , 39-4
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finché, anche se controvoglia, capissero la lezione e si rendessero obbedienti all a volontà di Dio. 40. Dopo questa fase preparatoria si rende presen te col ui che era atteso e che, come prove per manife stare la propria identità, operò miracoli e prodigi . Ma nepp ure così gli credette, quel popolo che pure era sta to istruito per tanti secoli ad avere fede in questi awe nimenti. Non solo, anzi, non credette ma aggiunse al non credere anche la bestemmia tacciando di mangio ne, di essere schiavo del ventre e guidato dal demonio colui che era venuto per la sua salvezza 37• La malizia si awale del contributo dei cattivi a tal punto che, se la sapienza di Dio non avesse assistito coloro che amano la verità, quell'empio errore avrebbe coinvolto quasi tutti. Fummo noi dodici, che per primi abbiamo credu to in lui, a essere scelti, e ci chiamò apostoli 38• Poi fu la volta di altri settantadue stimatissimi discepoli 39• Rico noscendo almeno sotto questo aspetto 40 la figura di Mosè, la massa del popolo avrebbe potuto credere che era questi il Profeta che doveva venire come Mosè stes so aveva predetto . 4 1 . Forse qualcuno può obiettare che a chiunque è possibile imitare dei numeri, ma se si parla di miracoli e di poteri, quali sono quelli operati da lui ? Mosè in Egitto aveva operato prodigi e guarigioni, è vero, ma anche colui che Mosè stesso aveva annunciato come profeta a venire , dopo aver curato ogni malattia e ogni deformazione e operato innumerevoli miracoli e an nunciata la vita eterna, fu messo in croce da quei mal vagi. Questo evento, tuttavia, per suo potere si tra sformò in bene. Del resto, durante la sua passione tutto 37 Cf. Mt. 1 1 , 1 8; 9, 1 4; Gv. 7, 20. 38 Cf. Mt. 10, 1 ,4. 3 9 Cf. L e . 1 0, l . 40 Dal numero dei d1scepoh dJ Mosè che dovevano aiutarlo a «portare il peso del popolo» (cf. Num. l l , 1 6).
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il mondo ha patito assieme a lui, tanto che il sole si è oscurato e gli astri si sono sconvolti, il mare si è agita to e i monti sono franati, i sepolcri si sono scoperchiati e il velo del tempio si è lacerato 41: era come una prote sta per la rovina che stava per abbattersi su quella ter ra. E per quanto tutto il cosmo si fosse sconvolto, quel li neppure ora, di fronte a simili avvenimenti inspiega bili, si scompongono minimamente. 4 2 . La verità è che era necessario che al loro po sto, fermi nella loro incredulità, venissero chiamati i gentili; e per colmare quel numero che era stato fatto vedere ad Abramo 42 , si inizia su tutta quanta la terra la predicazione del Regno di Dio che dà la salvezza. È un disturbo forte, questo, per gli spiriti del mondo che sempre fanno resistenza a chi è in cerca della libertà, e che allo scopo di distruggere ciò che Dio costruisce studiano macchinazioni per trarre in inganno. Ma ad esse resistono coloro che tendono alla gloria della sal vezza e della libertà, e ingaggiando dure lotte contro di esse diventano più forti e ottengono la corona della sal vezza assieme alla palma della vittoria. Compiuta la passione, dopo che le tenebre aveva no gravato sul mondo dall'ora sesta alla nona 43 il sole ridiede luce, la natura tornò al suo ordine, ma anche gli uomini malvagi, finita la paura, ritornarono a se stessi e alla condotta di prima. Alcuni di loro, infatti, che con massima precauzione avevano piantonato il luogo (della sepoltura) senza riuscire però a trattenere il Risorto 44, lo presero per un mago; altri fecero crede re che il corpo era stato rubato. 4 3 . Ma la verità si faceva strada ovunque. E come prova che quegli avvenimenti erano operati da potere divino noi , che a quel tempo eravamo pochissimi, gior41 C f. Mt. 2 7 , 4 5 . 5 1 -52 e sinottici. 42 Cf. Gen. 1 5, 5. 43 Cf. Mt . 27, 4 5 e sinottici. 44
Cf. Mt. 2 7, 63.
R1trovament1 , l, 43-44
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no dopo giorno con l'aiuto di Dio diventavamo più nu merosi di loro, tanto che a un certo momento i sacer doti cominciarono a temere che per disposizione divi na e a loro propria confusione il popolo tutto quanto aderisse alla nostra fede, così che spesso ci mandavano persone pregandoci di parlare loro di Gesù, se fosse lui il Profeta che Mosè aveva preannunciato 45, ossia se fos se il Cristo eterno. In questo soltanto, infatti, pare ci sia differenza tra noi che abbiamo creduto in Gesù e gli increduli giudei. In verità, le loro domande si facevano frequenti mentre noi, da parte nostra, volevamo aspettare il mo mento propizio. Ora, stavano già per compiersi sette anni dall a passione del Signore, e la Chiesa del Signore che si era costituita a Gerusalemme cresceva moltipli candosi in modo sorprendente grazie a Giacomo, che il Signore aveva ordinato vescovo e che la governava am ministrandola in modo più che retto. 44 . Il giorno di Pasqua noi dodici apostoli ci era vamo dati appuntamento lì, assieme a una grande fol la, ed entrando nella comunità dei fratelli Giacomo do mandava a ognuno di noi che cosa avevamo fatto nei luoghi dove eravamo passati, e il popolo stava ad ascol tare i nostri concisi aggiornamenti. Nel frattempo il pontefice Caifa, tramite sacerdoti che ci aveva manda to, ci prega di andare da lui o per convincerlo con mo tivi razionali che Gesù è il Cristo eterno oppure per far ci convincere noi da lui che non lo è, così che il popolo potesse aderire o all'una o all'altra credenza; e più volte ci prega di accontentarlo, ma noi continuamente rin viamo l'incontro sempre allo scopo di trovare il mo mento più opportuno» . Io, Clemente, a un certo punto dico: « Sono del pa rere che il fatto di domandare se Gesù è il Cristo sia molto vantaggioso per la fede, altrimenti mai e poi mai il pontefice avrebbe insistito tanto per imparare qual cosa sul Cristo o per catechizzare noi » . 4 5 Cf. Gv. 1 2 , 34.
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E Pietro: « Hai detto bene, Clemente! Infatti, allo stesso modo che nessuno può vedere senz' occhi, perce pire suoni senza orecchie o odori senza naso, o provare gusto senza lingua o palpare qualcosa senza mani, così è impossibile aver coscienza di ciò che piace a Dio sen za il Vero Profeta )) . E io: « Che sia lui, i l Cristo, il Vero Profeta, già lo so grazie a te; ma che cosa sia questo Cristo o perché si chiami così vorrei proprio venirlo a sapere, per evitare che una verità così importante resti per me vaga e in certa)) . 4 5 . E allora Pietro cominciò la lezione con queste parole: « Quando Dio creò il mondo, come signore di tutte le cose esistenti mise a capo di ciascuna creatura dei prìncipi, e parlo anche degli alberi, dei monti, delle sorgenti, dei fiumi e di tutte le altre cose che - ripeto aveva create. Sarebbe troppo lungo passarle una per una. Comunque, stabilì per gli angeli un angelo princi pe, per gli spiriti uno spirito, per gli astri un astro, per i demoni un demonio, per gli animali un animale, un serpente per i serpenti, un pesce per i pesci, e per gli uomini un uomo che è il Cristo Gesù . Si chiama Cristo, poi, per una singolare usanza religiosa. Sappiamo che i re, ad esempio, hanno certi nomi in comune, come Ar sace per i persiani, Cesare per i romani, Faraone per gli egiziani . Allo stesso modo i giudei chiamano il re col comune appellativo di "Cristo" . E il motivo di que sto nome è il seguente, che essendo lui il Figlio di Dio e l'inizio di ogni cosa, fattosi uomo fu "unto" lui per pri mo dal Padre con l'olio estratto dall'albero della vita 46, e da quell'unzione ha preso il nome di Cristo. Ma sarà lui stesso, alla fine, che secondo la predestinazione del Padre ungerà con un olio simile tutti i giusti che giun geranno nel suo regno, quasi a rifocillarli per i travagli 46 Secondo una tradizione, l'albero della vita del paradiso era un olivo, e col suo olio vennero unti il primo Adamo e il secondo (Cristo) (cf. gli apocrifi Vita Adami 40ss. e Enoc slavo 8). Per l'unzio ne di Aronne (poco sotto), cf. Es. 29, 7; 30, 30-3 3; Lev. 8, 2 . 1 0.
Ritrovamentl , l, 45-47
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superati lungo l'aspro cammino; così che anch'e ssi splenderanno di luce e ripieni di Spirito Santo avranno in premio l'immortalità. Di questa pianticella, dalla quale viene ricavato detto unguento, ricordo di avertene esposto in lungo e in largo la natura. 46. Ma voglio ancora richiamarti alla memoria con una veloce ripassata ogni cosa. Su questa terra il primo pontefice a venire unto con questa mistura oleosa che è il crisma è stato Aron ne. Quel crisma era composto a imitazione di quell'un guento spirituale di cui abbiamo parlato. Aronne fu ca po del popolo, e alla stregua di un re ricevette da ogni membro del popolo le primizie e un tributo e, assunto il compito di giudicare i cittadini, legiferava su ciò che è mondo o immondo. Ma se succedeva che anche un altro venisse unto con quell'unguento, diventava anche lui re o profeta o pontefice, come per un potere tra smessogli da quell'olio . Ora, se tanto potere aveva quel la grazia temporale di fattura umana, pensa tu quanto importante è quell'olio che Dio ha ricavato dall'albero della vita se già una mistura fatta dall'uomo conferisce, qui fra noi , onori tanto eminenti ! C'è forse su questa terra qualche titolo più illustre di profeta, più insigne di pontefice, più sublime di re? » . 47 . A questa domanda i o h o risposto: « Ricordo, o Pietro, che tu mi hai detto che il primo uomo era pro feta, ma non mi hai detto che era stato unto . Ora, se non c'è profeta senza unzione, com'è che il primo uo mo fu profeta senza essere stato unto ? » . E Pietro, sorridendo: cc Se i l primo uomo h a profe tato, sta' certo che è stato anche unto. Benché, infatti, colui che ha scritto le pagine della Legge abbia passato sotto silenzio la sua unzione, ci ha lasciato tuttavia in dizi per scoprirlo noi stessi. Metti che l'avesse chiamato unto: tu non potresti aver dubbi che era anche profeta malgrado non l'avesse chiamato, nella Legge, con que sto nome. Ebbene, essendo certo che lui è stato profeta
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è anche certo che venne unto, dal momento che senza unzione non avrebbe potuto profetare. Avresti piuttosto potuto obiettare che se il crisma è stato composto artifi cialmente da Aronne per primo 47, come ha potuto esse re unto il primo uomo con quella mistura di cui non si conosceva ancora la tecnica di produzione ? » . . Gli risposi: « Non prendermi in giro, Pietro, perché io non mi sto riferendo all'unguento artefatto della ter ra, ma a quello semplice ed eterno che mi hai insegna to essere stato fatto da Dio e al cui paragone tu affermi che questa mistura è umana! ,, . 4 8 . A questa risposta Pietro ribatté con una par venza di stizza: <
Ritrovamenti, l, 49-51
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do lui il giudice di tutte le cose è stato condannato e messo a morte. Ma quando verrà per la seconda volta verrà per giudicare : condannerà i cattivi e accoglierà i buoni accanto a sé, fra i cittadini del suo regno. La fe de, del resto, nel suo secondo avvento è una conse guenza logica della fede nel primo. Del primo ne han no parlato infatti i profeti, soprattutto Giacobbe e Mo sè, ma qualche accenno l'hanno fatto anche del secon do. Ora, la grandezza della profezia è comprovata prin cipalmente dal fatto che riguardo al futuro non hanno pa rlato secondo la logica delle cose, altrimenti si sareb bero visti i saggi dare importanza piuttosto a ciò che suggeriva la logica degli avvenimenti .
50. Voglio dire che sarebbe stato logico che Cristo fosse stato accolto dai giudei fra cui era venuto, che avessero creduto in lui , l'atteso per la salvezza del po polo, secondo la tradizione dei padri ; mentre i gentili ne sarebbero stati all'oscuro, dal momento che ad essi nessuna promessa era stata fatta di lui, né era stato lo ro annunciato e, anzi, non ne avevano mai sentito par lare. E tuttavia i profeti, contro ogni logica aspettativa, dissero che lui era l'atteso dei gentili e non dei giudei . E in realtà successe proprio così , poiché alla sua venu ta non fu riconosciuto proprio da coloro che pareva lo attendessero, mentre credono in lui già venuto e spera no nel suo futuro avvento coloro che non avevano mai sentito parlare di lui. E così, sotto tutti gli aspetti, la profezia si è confermata vera per aver dichiarato che Gesù era l'atteso dai gentili . I giudei, dunque, sono i n errore quanto alla prima venuta del Signore, e questa è la sola discrepanza tra noi e loro. In realtà, che Cri sto dovesse venire lo sape vano anche loro e l'aspettano, ma non si rendono conto che già è venuto, nel nascondimento, e che si chiama Gesù . E la conferma della sua venuta sta soprattutto nel fatto che non tutti ci credono. 5 1 . È lui, dunque, che Dio ha destinato in quest'ul tima età del mondo, perché era impossibile lavare at-
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traverso altri le nefandezze degli uomini lasciando in tegra la creatura umana, ossia salvando ad essa la li bertà di decisione. Senza alterare, perciò, la loro natura, Gesù è venu to per invitare al regno tutti i giusti e coloro che si sfor zano di essergli accetti. Per tutti costoro ha preparato beni ineffabili nella città celeste Gerusalemme che, per la presenza dei santi, risplenderà più del sole. Gli in giusti e gli empi, invece, coloro che non si dettero il minimo pensiero di Dio e spesero la vita da lui ricevuta in varie nefandezze e fecero del tempo destinato al be ne una palestra di opere malvagie, li consegnerà a chi di dovere per un'adeguata punizione. Tutto il resto che succederà lassù, né gli angeli né gli uomini sono in gra do di esprimerlo e di parlame. Ma ci basta sapere sol tanto questo, che Dio darà ai buoni il possesso eterno della felicità» . 5 2 . A questo suo discorso i o risposi: « Se godranno del regno di Cristo quelli che al suo avvento saranno trovati giusti , vuoi dire che quelli che sono morti prima della sua venuta il regno non l'avranno affatto? » . E Pietro: «Tu m i costringi, Clemente, a tirar fuori qualcosa che fa parte delle realtà ineffabili. Comunque, fino al punto in cui è lecito parlame non mi rincresce di farlo. Cristo, dunque, che fin da principio e da sem pre è, lungo tutte le generazioni, magari nascostamen te ma comunque sempre, era presente nei giusti e so prattutto in coloro che lo attendevano e ai quali non di rado è ap parso. Ma non era ancora il tempo, quello, che dopo la morte p otessero risorgere, tant'è vero che il maggior premio che Dio dava a chi viveva rettamente sembrava essere una vita più lunga, o per lo meno si diceva - come riferiscono le parole della Legge a pro posito di un giusto 49 - che Dio se l'era preso. Analoga mente successe anche con gli altri giusti che erano vis suti secondo la sua volontà: portati in paradiso, lì aspettavano il regno. Le anime invece di coloro che 49 Enoch Cf Gen 5 , 24.
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R1tro vam ent1 , l , 52-54
no n erano stati in grado di vivere perfettamente secon do le norme della giustizia e che perciò conservavano nel la propria carne qualche rimasuglio di malizia, una volta sciolte dal corpo venivano conservate in qualche posto gradevole e felice così che alla risurrezione dei morti , riprendendosi il proprio corpo onnai purificato dalla morte, per tutto quanto avevano fatto di bene ot tenevano l'eredità eterna. E perciò sono nella beatitudi ne tutti quelli che hanno raggiunto il regno di Cristo non solo per essere sfuggiti alle pene dell'inferno, ma anche perché rimarranno incorruttibili . I primi inoltre vedranno Dio Padre e avranno l'onore di stare tra i più vicini a Dio. 5 3 . Non è perciò insignificante porsi il problema di Cristo, ed è per questo che tutti i giudei che non hanno creduto in lui se la prendono da matti contro di noi. Con paura si chiedono: "E se fosse proprio contro di lui che abbiamo peccato?" . E tanto più grande è la loro paura perché sono coscienti che non appena ebbe ro inchiodato Gesù sulla croce tutto il cosmo ha patito con lui e che il suo corpo, per quanto da loro piantona to con zelante attenzione, non è mai più comparso, senza dire poi che una grande quantità di persone si sono unite nella fede del suo Nome. Sono stati costret ti, allora, assieme al pontefice Caifa, a mandarci spesso qualcuno a indagare sulla verità della sua persona (No me). E poiché insistevano continuamente er sapere o far sapere a proposito di Gesù se era lui i Cristo, ci è parso opportuno salire al tempio per testimoniare di lui davanti a tutto il p opolo e nello stesso tempo accu sare i giudei di certi loro comportamenti sconvenienti. E infatti la gente già si divideva in varie correnti fin dal tempo di Giovanni il battezzatore.
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54. Infatti, quando onnai era imminente la nascita di Cristo che avrebbe abolito i sacrifici per conferire invece la grazia del battesimo, il Nemico, che dalle pro fezie del passato capiva che era arrivato il momento, era all'opera per produrre vari scismi nel popolo, così
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che se per caso si fosse potuto togliere il primo pecca to, la seconda colpa non si sarebbe più potuta correg gere. Il primo scisma era quello dei cosiddetti sadducei che aveva preso inizio più o meno al tempo di Giovan ni. Costoro, come se fossero più retti degli altri, comin ciarono a distanziarsi dal resto del popolo, a negare la risurrezione dei morti 50 e a dame prova adducendo un motivo di mancanza di fede poiché, affermavano, non era degno venerare Dio in cambio - per così dire - di una ricompensa. Il primo a lanciare questa dottrina fu Dositeo, il secondo Simone 5 1 • Un altro scisma è quello dei samaritani i quali, negando anch'essi la risurrezio ne dei morti, dichiarano che Dio deve essere adorato non a Gerusalemme ma sul monte Garizim 52 • Costoro, in verità, in base alle predizioni di Mosè aspettavano giustamente l'unico Vero Profeta, ma vennero impediti dalla perversità di Dositeo a credere che era Gesù quel lo che attendevano. Anche gli scribi e i farisei vengono poi trascinati in un altro scisma: battezzati da Giovan ni e possedendo il Verbo della verità ricevuto dalla tra dizione mosaica come chiave del regno dei cieli, lo ten nero nascosto non parlando ne alla gente 53• Ma anche tra i discepoli di Giovanni, quelli che si credevano grandi si separarono dal popolo: facevano passare il proprio maestro come se fosse il Cristo. Ora, tutti questi scismi erano ordinati a impedire sia la fede in Cristo che il battesimo. 55. Ma riprendiamo il filo del discorso, là dove di cevamo che frequentemente il pontefice, tramite i suoi sacerdoti, ci pregava di fare un dialogo a due su Gesù. Quando ci sembrò il momento opportuno e ci fu il con senso di tutta la Chiesa salimmo al tempio. Stavamo sulla gradinata assieme ai nostri fratelli fedeli. Tutta la Cf. Mt. 2 2 , 2 3 D i Dositeo, pTedecessore e maestro d i Simon Mago, si paT leTà più ava n ti (II, 8) 52 Cf. Gv. 4, 2 5 . 5 3 Cf. M t . 2 3 , 1 3 ; L e . 1 1 , 5 2 . 5° 51
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ge nte stava in profondo silenzio. Per primo, il pontefi ce co minciò a invitare il popolo ad ascoltare con pa zie n za e calma per poi poter fare da testimoni e giudici su quanto si sarebbe detto. Presero allora a magnifica re il rito del sacrificio che Dio aveva concesso all'uma nità per la remissione dei peccati e a mettere sotto ac cusa il battesimo del nostro Gesù come una invenzione nuova in contrasto con quello. Si fece avanti allora Matteo che su questo tema di chiarò apertamente: "Se uno non si sottopone al batte simo di Gesù non solo resterà privo del regno dei cieli ma alla risurrezione dei morti non sarà esente da ri schi, anche se presenterà a sua difesa una vita buona e una retta intenzione" . Dopo aver detto questo e altre cose del genere, Matteo tacque. 56. Quella setta dei sadducei che negava la risurre zione dei morti si indignò, tanto che uno di essi da mezzo alla folla alzò la voce per dire che erano in grave errore coloro che pensavano che i morti possano un giorno risorgere. A costui rispose mio fratello Andrea, per far capire che no, non è un errore bensì una certissima credenza che i morti risorgano, perché si basa sugli insegnamen ti di colui che Mosè aveva preannunciato come Profeta a venire. "Ma forse voi non siete convinti - disse - che è proprio lui quello al quale Mosè si riferiva. Questa, allora, deve essere la nostra prima indagine, affinché una volta che si provi all'evidenza che è lui , non ci po tranno più essere titubanze sulle altre cose che lui ha insegnato" . Data questa testimonianza, alla quale aveva ag giunto vari altri elementi , Andrea tacque. 57. Ma un samaritano si mise a contraddirlo da vanti al popolo e a Dio dichiarando: "Non è vero che i morti risorgono ! E non bisogna attenersi al culto che si fa a Gerusalemme, perché è il monte Garizim che biso gna venerare!". E contro di noi, aggiunse ancora che il
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nostro Gesù non è il Profeta che doveva venire secondo le profezie di Mosè. A costui e a un altro ancora che con lui insisteva sullo stesso argomento , i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, si opposero con foga. Per la verità, essi ave vano avuto l'ordine di non entrare nella loro città e di non comunicare la Parol a 54; ma per evitare che le paro le dei samaritani, se non venivano confutate, facessero del male alla fede degli altri, con prudenza ma anche con forza diedero la loro risposta per farli tacere una volta per tutte. Giacomo, infatti, perorò la risurrezione dei morti tra gli applausi di tutto il popolo, mentre Giovanni dichiarò che se si staccavano dall'erronea idea del monte Garizim avrebbero di conseguenza po tuto riconoscere che era proprio lui, Gesù, l'atteso di cui aveva parlato il profeta Mosè; poiché se Mosè aveva operato prodigi e miracoli, anche Gesù li aveva fatti, e non c'è dubbio che la somiglianza dei prodigi stava a testimoniare che era lui, appunto, che doveva venire, poiché aveva operato proprio come Mosè. Fatta questa e altre simili dichiarazioni, tacquero. 5 8 . Ma ecco che uno degli scribi da mezzo alla gente gridò: "Il vostro Gesù, quei miracoli e prodigi che ha operato li ha fatti come mago e non come pro feta! " . A costui replicò con veemenza Filippo, facendo gli capire che con questo ragionamento si metteva in causa lo stesso Mosè, dal momento che se Mosè aveva operato miracoli e prodigi in Egitto, la stessa cosa ave va fatto Gesù in Giudea, e non c'era motivo di dubitare che quanto si diceva di Gesù, altrettanto si poteva dire di Mosè. E con questa risposta, naturalmente più am pia, tacque anche Filippo. 59. È stata p oi la volta di un fariseo che, udite que ste parole, incolpava Filippo di eguagliare Gesù a Mo sè; ma gli rispose Bartolomeo il quale con fermezza lo informò che Gesù noi non lo diciamo soltanto uguale a 54
Cf. Mt. 10. S .
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Mo sè, ma più grande, perché Mosè era sì un profeta com e lo fu anche Gesù, ma che ciò che era Gesù, ossia il Cristo , Mosè non lo era stato. È fuor di dubbio, per ciò, che è più grande uno che è insieme profeta e Cri sto, di chi è solo profeta. E dopo questo discorso fece silen zio . Successivamente, Giacomo di Alfeo tenne un discorso al popolo per mostrare che si deve credere a Gesù non perché di lui avevano parlato i profeti, ma che si deve credere ai profeti proprio perché è Cristo la testimonianza che essi sono veri profeti, tant'è vero che la presenza e la venuta di Cristo stanno a indicare che erano stati effettivamente dei p rofeti ! Non è logico, in fatti, che siano gli inferiori a far fede su uno p iù gran de di loro, ma che sia il più grande a farlo degli inferio ri. E anche Giacomo, espressi questi concetti, tornò a tacere. Dopo di lui Lebbeo (Taddeo) prese ad accusare pe santemente il popolo di non credere a Gesù che tanti benefici aveva fatto loro ammaestrandoli sulle realtà divine, consolando gli afflitti, curando gli infermi , confortando i poveri, e anzi, di averlo odiato e ucciso in cambio di tutti quei favori . E dopo questa contesta zione rivolta al popolo, tacque.
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60 . Ma ecco ancora un disce olo di Giovanni sal tar su a dire che era Giovanni, i Cristo, e non Gesù, tant'è vero che fu proprio Gesù ad affermare che Gio vanni era più grande di tutti gli uomini e profeti 55• Ora, se è più grande di tutti, non c'è dubbio che bisogna considerarlo più grande anche di Mosè e di Gesù stes so e che, di conseguenza, essendo il più grande di tutti, era lui il Cristo. La risposta gli giunse da Simone il Cananeo che fece questa osservazione: "Certamente Giovanni è stato più grande di tutti i profeti e di tutti i nati da donna, ma non era più grande del Figlio dell'uomo; ed è perciò Gesù che è anche Cristo, mentre Giovanni è stato solo profeta; e la distanza che corre tra questi e Gesù è la 55 Cf. Mt. 1 1 , 9. 1 1 .
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stessa che corre tra un precursore e la persona che lui annuncia, o ancora: tra uno che dà la Legge e un altro che la Legge la compie" . Questi concetti disse, con altri analoghi, e poi zittì. Gli subentrò Barnaba, detto anche Mattia, che ave va preso come apostolo il posto di Giuda. Cominciò con invitare il popolo a non odiare Gesù e a non bestem miarlo, poiché sarebbe stato molto più onesto - anche per uno che non conosce o ha dei dubbi su Gesù amarlo che odiarlo. Dio, infatti, ha decretato un premio per la carità, un castigo per l'odio. "Ma il fatto stesso aggiunse - che ha assunto un corpo giudaico nascendo tra i giudei, com'è possibile che non ha suscitato in tutti voi un soffio di amore per lui?". Questa fu la sua esortazione, e terminò di parlare. 6 1 . Caifa, allora, tentò di mettere sotto accusa la dottrina di Gesù, affermando che aveva detto delle sciocchezze. Non aveva forse dichiarato beati i poveri? Non aveva forse promesso che il premio sarebbe stato su questa terra? E non aveva forse stabilito che la mas sima retribuzione era avere in eredità la terra? Non aveva promesso a chi viveva secondo giustizia di sa ziarli con cibo e bevanda? Sì, queste e molte altre cose del genere era stato udito insegnare ! A lui rispose Tommaso, rimproverandolo di porta re delle prove senza senso. Gli dimostrò che i profeti, ai quali anche Caifa credeva, molto più di lui avevano insegnato le stesse cose, ma non avevano affatto mo strato come si sarebbero verificate o come si sarebbero dovute interpretare, mentre Gesù aveva chiaramente detto in che senso si dovevano interpretare. E anche Tommaso dopo questa risposta fece silenzio. 62 . Ma Caifa, guardando di nuovo verso di me con occhio ora ammonitore e ora accusatore, disse: "D'ora in avanti devi smettere di predicare Cristo Gesù, per ché lo faresti a tua sicura rovina. Eviteresti così, tu che ti sei lasciato irretire dall'errore, di far cadere altri nel
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tu o stesso errore ! Tu sei un temerario - mi accusava p erché non sei che un volgare pescatore ignorante e osi salire in cattedra come un professore ! " . A questa invettiva rivoltami più o meno con que ste parole, anch'io ribattei: "Se, come tu dici, lui non è il Cristo, e io invece lo considero dottore della Legge, non è poi così grave il pericolo per me; per te invece fa un'enorme differenza se lui è proprio il Cristo come di fatto è! lo infatti credo a lui che è apparso; ma tu, a chi pensi di dover credere se nessun altro è apparso ? Se poi non sono che un idiota - come dici tu - e un volga re pescatore ignorante e mi valuto superiore ai cervelli sacerdotali, tanto più dovresti tremare di paura! Se, in realtà, discutendo con voi su qualche argomento, riu scissi a convincere voi, intelligenti e istruiti come siete, potrebbe sembrare che è dovuto a un mio più lungo studio e non grazie a un potere divino. Ma se - come ho detto - noi poveri ignoranti confutiamo voi cervello ni e dimostriamo di esservi superiori, a uno che abbia buon senso non risulta forse evidente che ciò non p uò dipendere da acume umano ma solo dalla volontà divi na e da un suo dono?". 6 3 . Siamo andati avanti per un bel po' con queste nostre risposte e come risultato abbiamo istruito, noi ignoranti pescatori ma sacerdoti dell'unico e solo Dio del cielo, i sadducei sulla risurrezione dei morti, i sa maritani sullo statuto sacro di Gerusalemme - non sia mo entrati però nella loro città ma abbiamo condotto il dibattito all'aperto -, gli scribi e i farisei sul regno dei cieli , e i discepoli di Giovanni a non scandalizzarsi di Giovanni, e tutto il resto della gente sulla verità che Gesù è il Cristo eterno. E infine li ho avvertiti: "Prima che noi ce ne andiamo verso i pagani per far conoscere loro Dio Padre';' voi riconciliatevi con Dio accogliendo il suo Figlio; del r�o - ho detto chiaramente - non c'è modo per voi di salvarvi se non vi preparate, con la grazia dello Spirito Santo, a lavarvi col battesimo delle tre invocazioni e a mangiare l'Eucaristia di Cristo Si gnore al quale soltant� dovete credere riguardo agli ar-
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gomenti che ci ha insegnato; così meriterete di ottene re l'eterna salvezza, altrimenti è del tutto impossibile riconciliarvi con Dio malgrado bruciate vittime su mil le altari e in mille focolari . 64. Noi infatti sappiamo con certezza che Dio è esasperato per i sacrifici che voi offrite, e tanto più ora che è finito il tempo dei sacrifici; e dal momento che voi non volete riconoscere che il tempo di offrire vitti me ha fatto il suo corso 56, proprio per questo il tempio verrà distrutto e cadrà su quella sacra terra l'abominio della desolazione. Da allora il Vangelo sarà predicato ai pagani , e sarà una testimonianza contro di voi, poiché sarà la loro fede a giudicare la vostra infedeltà ! Tutto il mondo, del resto, in ogni sua epoca passa attraverso diverse esperienze del male causate o da tutti in gene rale o in modo particolare da singoli, ed è perciò che ha bisogno di un medico che lo visiti per guarirlo. Noi, insomma, siamo qui per annunciarvi ciò che a ciascu no . di voi era nascosto. Sta a voi decidere cosa vi conVIene . "
65. Dopo queste mie parole tutti i sacerdoti pre senti si lamentarono per avergli predetto la distruzione del tempio. Gamaliele - capo del popolo, che in inco gnito era fratello nostro nella fede ma per nostro sug gerimento rimaneva fra essi - accortosi della loro forte indignazione che stava per scatenarli con enorme rab bia contro di noi, si alzò e disse: "Un momento di cal ma, rispettabili israeliti, perché non vi rendete conto della prova che state per passare. Per cui lasciate in pa ce questi signori, poiché se ciò che fanno viene da idee umane finirà presto; ma se per caso viene da Dio, per ché far del male senza motivo e senza guadagno? Chi può ostacolare infatti la volontà di Dio ? 57• Ma ora, giacché sta calando la sera, rimandiamo a domani l'in contro in questo stesso posto, e davanti a voi come udì56 Cf. Mt. 24, 1 5 . 57 Cf. Atti 5 , 3 5-39.
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torio parlerò io personalmente con questa gente per convin cerli pubblicamente di ogni loro errore e per confuta rli senza lasciar ombre" . A queste sue parole la loro rabbia si attenuò al quanto, soprattutto per la speranza di vederci pubbli camente convinti di errore il giorno dopo. E così, più tranquilli, li congedò. 66. Noi andammo invece dal nostro Giacomo per a ggiornarlo di tutto quello che avevamo detto e fatto. Cenammo e restammo in casa sua, pregando tutta la notte l'onnipotente Iddio che il contenuto del prossimo dibattito mostrasse in modo indubitabile la verità della nostra fede. Il giorno dopo, dunque, il vescovo Giacomo e noi con lui e con tutta la Chiesa salimmo al tempio dove trovammo una folla enorme che ci attendeva fin dalla mezzanotte. Ci fermammo al punto dove eravamo il giorno innanzi. Piazzati più in alto, potevamo essere os servati da tutti i presenti. Non appena si fece un profon do silenzio, Gamaliele - che come ho detto apparteneva alla nostra fede ma rimaneva tra loro affinché se aves sero ordito qualche trama iniqua o empia contro di noi, potesse nel caso farli sbollire con osservazioni prudenti e adeguate, oppure avvertirci per darci la possibilità di correre ai ripari o di svignarcela - Gamaliele, dunque, in veste di nostro avversario fissò lo sguardo anzitutto sul vescovo Giacomo e gli parlò così: 67. "Io, Gamaliele, non ho vergogna né della mia istruzione né della mia vecchiaia, e sono disposto a im parare qualcosa anche dai bambini o dagli incolti se questo dovesse portarmi utilità e salvezza. Chi infatti vive secondo ragione sa che nulla è più prezioso dell'anima. Com'è possibile che non tutti amino e desi derino di imparare cose che non sanno o di insegnare ciò che hanno appreso? È più che certo, infatti, che né l'amicizia né la parentela né l'essere capo di una nazio ne deve essere per un uomo più prezioso della verità. Ebbene, fratelli, se voi avete qualche conoscenza che
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noi non abbiamo, non fatevi scrupolo di darne comu nicazione al qui presente popolo di Dio e nello stesso tempo ai vostri fratelli, dal momento che tutti quanti vi staranno ad ascoltare volentieri e con tutta tranquillità. E non può essere diversamente se vedono che io stesso, al pari di voi, voglio sapere se per caso Dio vi ha rivela to qualcosa di più ! Ma nel caso foste voi in difetto, non rincresca neanche a voi imparare da noi, così che Dio possa colmare le eventuali lacune da entrambe le parti . Può darsi che qualcuno di voi sia ora intimorito dal fatto che alcuni di noi sono mossi da pregiudizi contro di voi, e che per timore di qualche attentato non abbia te il coraggio di esprimere apertamente i vostri pensie ri . Ebbene , per liberarvi anche da questa paura, io con tutta chiarezza vi giuro, per l'onnipotente Iddio che vi ve in eterno, che non permetterò a nessuno di farvi del male. Avete come testimone di questo mio giuramento tutta questa assemblea, e la garanzia adeguata che ter remo fede al nostro patto. Perciò, senza altre esitazio ni, ciascuno di voi dica ciò che sa e noi , o fratelli, ascolteremo attentamente in silenzio".
68 . Questo discorso di Gamaliele non era piaciuto molto a Caifa che pareva avere un sospetto su di lui. Cominciò pertanto a inserirsi lui stesso, con arte , nel dibattito. Rispondendo con un sorrisino alle parole di Gamaliele, lui in persona, capo dei sacerdoti , pregò Giacomo, primo tra i vescovi , che di Cristo si parlasse unicamente sulla base delle Scritture "per sapere - dis se - se è proprio Gesù, il Cristo, oppure no" . E Giacomo: "Vediamo allora prima di tutto su quali Libri della Scrittura dobbiamo principalmente basarci per questo problema" . Ma Caifa, come sentendosi un pochino scavalcato dalla ragionevolezza della proposta, rispose di basarsi sui Libri della Legge ; e dopo menzionò anche i Libri dei Profeti . 69. Il nostro Giacomo cominciò allora a dimo strargli che anche i profeti , nel parlare, hanno attinto
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alla Legge o hanno detto cose consone alla Legge. Ma si fermò alquanto sui Libri dei Re per spiegare come e quando e da chi erano stati scritti e come bisogna ser virsene . La parte più ampia del suo discorso fu comun que sulla Legge, e con cristallina esposizione mise in luce tutti i passi che riguardano il Cristo dimostrando con abbondantissime prove che Gesù è il Cristo e che in )ui si sono adempiute tutte quante le predizioni fatte riguardo al suo umile avvento. Disse che due, infatti, sono le sue venute preannunciate : la prima nel nascon dimento, già avvenuta, e l'altra nella gloria che è anco ra oggetto di speranza e che si compirà quando verrà a dare il regno a chi crede in lui e a chi mette in pratica tutti i suoi insegnamenti . E dopo aver istruito con chiarezza l'assemblea su questo argomento, aggiunse: "Se uno non viene batte zzato nell'acqua con l'invoca zione delle tre Persone, così come ci ha insegnato il Ve ro Profeta, non può né ricevere la remissione dei pec cati né entrare nel regno dei cieli. E questa - confermò - è la disposizione del Dio non generato" . Poi aggiunse ancora : "Non pensiate che noi parliamo di due dèi non generati, o che uno è stato diviso in due, o - come di cono alcuni blasfemi - che lo stesso Dio sia maschio e femmina. Noi parliamo del Figlio unigenito di Dio che non ha avuto altro inizio se non l'i neffabile nascita che ha avuto da lui. E la stessa cosa diciamo del Paraclito" . Parlò anche abbastanza del battesimo, e per sette giorni consecutivi convinse tutta la gente e il pontefice ad affrettarsi a farsi battezzare.
70. Si era proprio giunti al momento che stavano per essere battezzati quando un tipo, nostro nemico, entrando con altri pochi nel tempio cominciò a grida re : "Ma che state facendo, o israeliti? Perché vi fate in gannare con tanta facilità? Perché vi lasciate accalap piare sconsideratamente da una banda di disgraziati, ingannati da Simon Mago ? " . Queste e altre cose ancora stava dicendo quando, sentendosi sopraffatto dalle repliche del vescovo G ia como, prese a sconvolgere la gente, ad accendere dis-
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sensi per impedire di ascoltare quanto si diceva susci tando un baccano da finimondo, a mettere sottosopra il piano d'ordine che era costato molta fatica e, con temporaneamente, ad accusare i sacerdoti aizzandoli con insulti e ri mproveri. E come un pazzo furioso si mise a istigare ognuno a farli fuori dicendo: " Ma che fate? Perché ve ne restate passivi? O scansafatiche e vi gliacchi , perché non gli mettiamo le mani addosso per farli tutti quanti a pezzi ?" . E lui per primo , dopo que ste parole, afferrato dall'altare un tizzone acceso co minciò a picchiare. Allora tutti gli altri , seguendo il suo esempio, si lasciarono trasportare dalla stessa pazzia. Si crea un pandemonio totale e parecchio sangue scor re da parte tanto degli aggressori che delle vittime. Ini zia una fuga generale . Nel frattempo quel nostro nemi co 58 aggredisce Giacomo e lo scaraventa giù dalla som58 Nell'Introduzione abbiamo parlato dell'antipaolinismo delle Pseudoclementine. Qui troviamo il primo passo dove Saulo (Paolo) viene chiamato homo quidam inzmicus e il/e inzmicus homo: è il rac conto della grande persecuzione scatenatasi contro la Chiesa di Ge rusalemme dopo la morte di Stefano (Atti 8, 1 -3), prima dunque del la sua conversione sulla via di Damasco . Il personaggio più autore vole preso di mira è evidentemente Giacomo, capo della Chiesa di Gerusalemme, e Saulo - in questa tradizione sufficientemente ro manzata del martirio di Giacomo - sarebbe colui che (dopo il di scorso di Gamal iele e la replica di Caifa, quando Giacomo dimostra attraverso le Scntture che Gesù è il Messia e che pertanto bisogna farsi battezzare) vedendo che il popolo accorre in massa per riceve re il battesimo, rimprovera i giudei e aggredisce Giacomo facendolo ruzzolare dalla gradinata del tempio, dopo di che riceve ufficial mente l'ordine di Caifa di perseguitare quelli che credono in Gesù. Ora, che Giacomo sia morto martire durante questa persecuzione non è un dato della Scrittura (Luca negli Atti non ne parl a) ma una notizia divulgata per primo da Giuseppe Flavio (Anttchità giudaiche 20, 1 99-203 ) che accetta come storicamente attendibile una tradi zione orale. Il fatto sarebbe successo nel 62 d . C . , ossia tra la morte del procuratore Festo e l'arrivo del nuovo procuratore Albino, su istigazione del Sinedrio (formato in gran parte da sadducei) e del sommo sacerdote Anania Il. Sulle altre fonti del martirio di Giaco mo (Egesippo , Memorie 5, riportato da Eusebio in Storia ecc lesias tl ca 2, 23, 4- 1 8 ; Clemente Alessandrino , lpotiposi 1, citato ancora da
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rnit à della scalinata; ma credendolo morto si trattiene dall'i nfierire oltre. 7 1 . I nostri , invece, lo rialzano e lo fasciano . Devo dire che i nostri erano più numerosi degli altri e supe riori quanto a forza, ma per rispetto verso Dio preferi rono lasciarsi ammazzare da quei pochi piuttosto che es sere loro a sopprimere gli altri. Scende la sera, i sacerdoti chiudono il tempio e noi torniamo all'abitazione di Giacomo per passarvi la not te in preghiera. Prima dell'alba scendiamo a Gerico. Eravamo circa cinquemila. Tre giorni dopo ci raggiunse un nostro fratello mandato dal sunnominato Gamaliele: ci portò segretamente la notizia che quel nostro nemico aveva ricevuto ordine dal pontefice Caifa di perseguire tutti coloro che credevano in Gesù e di procedere verso Damasco, munito di sue lettere, per far fuori con l'aiuto degli infedeli, anche là, i credenti; e che il motivo prin cipale per cui si dirigeva a Damasco era che, secondo loro, Pietro si era rifugiato l à . Così, dopo circa trenta giorni, passò per Gerico, diretto a Damasco. Nello stes so periodo noi ci eravamo portati alle tombe di due no stri fratelli, tombe che ogni anno diventavano misterio samente bianche per cui, grazie a questo miracolo, l'av versione che tanti avevano contro di noi si attenuò al vedere che i nostri venivano ricordati da Dio. 72 . Ci eravamo dunque fermati a Gerico dove era vamo intenti alla preghiera e al digiuno quando il ve scovo Giacomo mi avvicina e di lì mi manda a Cesarea Eusebio, Storia ecci. 2, 1 -5; Origene, Co m m . a Mt. 1 0, 1 7; Epi fanio, Haereses 78, 1 4 ; Girolamo, De viris 2; Apocalisse di Giacomo 5 , 4) e i rapporti col nostro testo, cf. il già citato L. Cirillo, L 'an tipaolinismo nelle Pseudoclementrne , in «Ricerche Storico-Bibliche » , 2 ( 1 989), pp. 1 34- 1 37, nonché , nello stesso volume, gli articoli di R. Fabris (Figu ra e ruolo di Giacomo ne//'antipaolinismo, pp. 77-92) e di P. Grech (Note sull'antipaolinismo nei Padri, pp. 93-95). Su tutto il problema dell'antipaolinismo (o antimarcionismo?) nelle Pseudoclementine, cf. O. Cullmann, Le problème . . . , ci t., pp. 243-260 e A. Salles, La dia tribe antipaulinienne . . . , ci t . , pp. 5 1 6-55 1 .
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dicendomi che Zaccheo gli aveva scritto che un certo Simone, mago samaritano, stava disorientando una gran parte dei nostri dichiarando che lui stesso era "co lui che resta" (o, detto con altro nome, il Cri sto) e la più alta potenza del Dio eccelso che sta al di sopra del creatore del mondo; e che dando spettacolo con una serie di fatti prodigiosi stava seminando il dubbio in molti , mentre altri li faceva passare dalla sua parte 59 • Tutto questo - diceva - era stato accertato da persone che erano già state o suoi soci o discepoli e che poi si erano convertite grazie a Zaccheo. "È dunque la salvez za di molti , o Pietro - disse Giacomo - che rende ne cessaria la tua partenza ! Devi sconfessare quel mago e fargli conoscere la Parola di verità . Ma non perdere al tro tempo e non affliggerti di partire da solo, poiché sai che attraverso Gesù hai come tuo compagno e aiuto Dio stesso, e che ben presto per sua grazia molti si as socieranno a te con tutta l'anima. E fa' in modo di mandarmi ogni anno per iscritto le cose più importanti che hai detto o fatto , ma soprattutto ogni sette anni " . Dopo queste parole m'accomiatai da lui e in sei giorni raggiunsi Cesarea .
73 . All'ingresso della città mi venne incontro Zac cheo, nostro fratello carissimo, e ci abbracciammo . Mi condusse poi nell'alloggio chiedendomi notizie di ognuno dei fratelli ma particolarmente del nostro insi gne fratello Giacomo. Gli dissi tra l'altro che ancora zoppicava da un piede. Lui mi domandò subito come mai, e io allora gli feci un resoconto di tutto ciò che ti ho detto finora, ossia di come eravamo stati convocati al tempio dai sacerdoti e dal pontefice Caifa; di come il vescovo Giacomo, ritto sull'alto della scalinata, aveva dimostrato a tutto il popolo per sette giorni di seguito attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo; di come, già tutti convinti e pronti a farsi da lui battezzare nel no me di Gesù , il nostro nemico avesse scatenato quanto sopra abbiamo ri ferito e che non sto a ripetere. 59
Cf. Atti 8. 1 0- 1 1 .
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74. Dategli queste notizie, Zaccheo a sua volta mi aggiorna su quanto Simon Mago sta facendo, ma men tre stiamo parlando lo stesso Simone - come sia venu to a conoscenza del mio arrivo proprio non lo so - mi manda a dire: "Domani, davanti al popolo, ci confron teremo" . Rispondo: "Come ti pare" . Questa mia promessa viene resa nota a tutta la cit tadinanza tanto che anche tu , che eri arrivato quel giorno, venisti a sapere che l'indomani mi sarei battuto contro Simone, e dopo aver cercato la mia abitazione grazie alle indicazioni che Barnaba ti aveva date , veni sti in casa mia. Il tuo arrivo, a dire il vero, mi aveva sollevato al punto che, spinto non so da chi , mi sono affrettato a farti conoscere velocemente ogni cosa, ma soprattutto ciò che riguarda il nocciolo della fede , os sia il Vero Profeta. Non ho nessun dubbio che lui , di per sé, possa essere il fondamento sufficiente di ogni verità . Ma ti ho anche aperto la mente al significato più nascosto di tutta la Legge scritta, capitolo per capi tolo, quando c'era motivo di farlo, senza tenerti nasco sti i vantaggi della tradizione. Il resto lo ascolterai di giorno in giorno a cominciare da domani attraverso il contenuto degli argomenti che verranno sollevati nel dibattito con Simon Mago. Finché, se Dio vuole, arri veremo là dove pensiamo di dover orientare il nostro viaggio, la città di Roma ,, . Dichiarai che ero in dovere di ringraziarlo moltis simo per quanto aveva detto, e gli promisi che avrei eseguito premurosamente tutto quanto mi aveva ordi nato. Dopo aver mangiato ci fece andare a dormire e anche lui si concesse un po' di ri poso.
L I BRO I l 1 -2 . FORZA DELLE ABITUDINI; 3 - 1 5 . PRIMA DELL'INCONTRO CON SI· MON MAGO, PIETRO SI FA AGGIORNARE SULLA VITA E SULLE IDEE DI LUI. RISPONDONO NICETA E AQUILA, GIÀ SUOI DISCEPOLI: SEGUACE DI DOSITEO CHE SI FA CREDERE DIO (LO STANTE), SIMONE RIESCE A SOFFIARGLI IL POSTO E LA SUA COMPAGNA (LUNA) GRAZIE AI PRO DIGI CHE COMPIE SERVENDOSI DELLA NECROMANZIA, MA NICETA E AQUILA LO ABBANDONANO PER SEGUIRE IL CRISTIANO ZACCHEO; 1 61 9 . CONSIDERAZIONI DI PIETRO E PREGHIERA PRIMA DI AFFRONTA RE SIMONE; 20-32 . CONDIZIONI DEL DIALOGO PERCHÉ SIA FRUT TUOSO NELLA RICERCA DELLA VERITÀ. DISCUSSIONE TRA PIETRO E SIMONE SUL SIGNIFICATO DELL'AFFERMAZIONE DI GESÙ : «NON LA PACE MA LA SPADA » E «TUTTO CIÒ CHE NON È UNITO CROLLA >> ; 3 3 3 5 . COMPITO DEI « MESSAGGERI» ; 3 6 - 69 . TRE GIORNI DI DISCUSSIO NE TRA PIETRO E SIMONE SU DIO, IL MALE E L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA, CON ESPERIENZE PERSONALI DELLA VITA DI PIETRO; 70-72 . PIETRO SPIEGA A CLEMENTE PERCHÉ NON PUÒ ANCORA PAR TECIPARE ALLA MENSA COMUNE.
l . È l'alba del giorno stabilito per il confronto con Simone. Al primo canto dei galli Pietro si alza e sveglia anche noi che avevamo dormito nella medesima stan za, tutti e tredici insieme: il primo accanto a Pietro era Zaccheo, e seguivano poi Sofonia, Giuseppe e Michea, Eliesdro e Finees, Lazaro ed Eliseo; poi venivo io, Cle mente, con Nicodemo e appresso Niceta e Aquila che erano stati in precedenza discepoli di Simon Mago e che ora, grazie all'insegnamento di Zaccheo, erano pas sati alla fede in Cristo. Di donne, naturalmente, neppu re una 1 • Nel cielo brilla ancora Espero. C i mettiamo seduti e Pietro, vedendoci svegli e con gli occhi rivolti a lui , ci dà il buongiorno e subito prende a parlare : «Vi confes so, fratelli, che per me è sempre motivo di meraviglia la forza che ha la natura umana, al vederla capace;l 1 Dal libro 7, 25-26 risulta che Pietro era accompagnato da sua moglie (alla quale si aggiungono poi la madre di Clemente e forse altre donne) , ma evidentemente alloggiavano separati.
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d 'adattarsi a ogni cosa. Mi viene in mente di dire que st o dalla mia stessa esperienza, poiché come pass a la m e zzanotte, automaticamente mi sveglio e non riesco p iù ad addormentarmi . Questo mi succede per il fatto che ho preso l'abitudine di richiamare alla memoria le parole del mio Signore che avevo da lui stesso ascolta te , e poiché ne ero innamorato, ho ordinato ai miei sensi e ai miei pensieri di rievocarle, affinché applican domi nella veglia ad esse, per ricordarle e ricombinarle assieme, riesca a stamparmele nella memoria. La con seguenza di questo desiderio di rivolgere nel mio cuore con tanta dolcezza le frasi del Signore è stata di aver preso l'abitudine di svegliarm i , anche se non ho niente cui voglia pensare. Sta di fatto, comunque , che per un meccanismo inspiegabile, prendendo questa abitudine ho cambiato quella precedente. Questo è possibile se non vuoi strafare, ma !imitarti a quanto la natura sop porta. Non si può, infatti, fare a meno completamente del sonno, altrimenti non sarebbe stata creata neppure la notte per riposare » .
2 . I o l'ascoltavo . Gli dissi: « Non potevi esprimerti meglio, o Pietro, poiché è vero che un'abitudine si per de con un'altra abitudine . È successo anche a me quando viaggiavo per mare: dapprima ero nervoso e avevo rivolgimenti di stomaco, tanto da impallidire co me un morto e non riuscire a sopportare il freddo umi do e il fastidio delle onde ; pochi giorni dopo, però, fat taci l'abitudine, cominciai ad acquistare capacità di tolleranza al punto che la mattina di buon'ora facevo volentieri colazione con la ciurma, mentre prima non avevo l'abitudine di prender cibo prima delle sette. E adesso, appunto per questa abitudine, mi viene lo sti molo della fame proprio quando si awicina l'ora in cui si mangiava assieme ai marinai . E ho speranza comun que di cambiarla ancora una volta, questa abitudine, acquistandone un'altra. Non ho dubbi , perciò, che an che tu hai acquisito l'abitudine della veglia, come stai dimostrando e come opportunamente hai voluto met tercene a parte, affinché anche a noi non dispiaccia
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perdere un po' di sonno per poter ascoltare gli insegna menti dottrinali del Vivente . Una volta avvenuta la di gestione, infatti, e quando la mente è entrata nel silen zio della notte, quello è il momento più adatto per fis sare nell'anima quanto viene insegnato » .
3 . Pietro fu contento che avessi capito che il moti vo di queste sue parole di introduzione era la nostra utilità. Si congratulò con me - indubbiamente allo sco po di esortazione e di stimolo - e cominciò a fare il di scorso che segue: «Mi sembra opportuno e anzi neces sario, in questo momento, che parliamo un po' su quanto stiamo per fare , vale a dire di Simone. Vorrei sapere qual è la sua moralità e quale il suo comporta mento: se qualcuno di voi li conosce non manchi di mettermi al corrente, poiché è molto utile esserne a co noscenza prima. Se infatti abbiamo tra gli altri doveri qu ello di sapere anticipatamente, quando arriviamo in una città, se c'è qualcuno degno di riceverei a tavola 2 , tanto più è opportuno avere notizie su uno - chi è e co me vive - al quale dobbiamo comunicare parole di im mortalità . Dobbiamo di fatto essere preoccupati, anzi molto più che preoccupati , di non gettare le nostre per le ai porcP. 4 . Ma anche per altri motivi mi è utile avere un profilo di quest'uomo. Se vengo a sapere, ad esempio, che è irreprensibile e senza difetti riguardo a quelle qualità che senza alcun dubbio sono buone - intendo dire se è sobrio, misericordioso, giusto , umile e educa to, qualità che di certo tutti considerano buone - posso trame la conseguenza che a uno come lui , che possiede doti virtuose, possiamo pure comunicare ciò che gli manca quanto a fede e conoscenza; e se la sua vita, com'è probabile, presenta qualche macchia, la si può emendare. Ma se invece vive ancora immerso nell'in2 Cf. Mt. 1 0, 1 1 ; Le. 1 0, 8. 3 Cf. Mt. 7, 6.
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quinamento di peccati che sono veri peccati, sarebbe bene che non gli dicessi niente delle realtà più nascoste e profonde che riguardano la scienza divina, ma piut tosto andargli incontro per chiedergli apertamente che smetta di peccare ed emendi le sue azioni viziose . E se lui si facesse avanti e ci provocasse a parlare di cose che lui, per la sua scorretta condotta, non sarebbe op portuno che udisse, dovremmo con prudenza essere evasivi . Lasciarlo senza alcuna risposta non sarebbe in fatti conveniente a motivo del pubblico il quale potreb be pensare che noi evitiamo di batterci perché siamo a corto di risposte, con la conseguenza che, non capendo i nostri motivi , ne viene scossa la fede» .
S . Questo ci disse Pietro. Dopo d i che Niceta lo pregò di concedergli la parola e col consenso di Pietro , scusandosi, disse: « Ti scongiuro, o Pietro mio signore, di starmi a sentire perché sono molto preoccupato per te : temo che nel dibattito che devi avere con Simone ri schi di fare la figura del perdente. Spesso infatti succe de che chi lotta per la verità non sempre vince, poiché o gli uditori hanno qualche prevenzione o non si preoccupano molto da quale parte stia la ragione mi gliore . E a proposito di quanto abbiamo detto, bisogna anche sapere che Simone è un oratore di notevolissimo peso, preparatissimo nell'arte dialettica e nelle trappole dei sillogismi e, peggio ancora , molto esperto di magia. Temo perciò che succeda , difeso com'è da tutti i ver santi , che pur dicendo falsità, quelli che non lo cono scono lo prendano per un difensore della verità. Persi no noi non saremmo riusciti a staccarci da lui e con vertirci al Signore se , nel tempo che eravamo suoi ac coliti , compromessi nei suoi errori , non ci fossimo ac corti che era un baro dedito alla magia» .
6. Dopo queste parole di Niceta, anche Aquila chiese il permesso di parlare e portò avanti il discorso dicendo: « Ti prego, Pietro carissimo, di tenere in conto anche l'ansia che mi dà l'amore che ti porto, poiché so no fortemente preoccupato per te . E non devi rimpro-
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verarci per questo, dal momento che sentirsi responsa bile di qualcuno non può avere altra motivazione che l'affetto. !:indifferenza, infatti, non è forse peggiore dell'odio? Ebbene, prendo Dio a testimone che pur non considerandoti meno abile nel dibattito, ho tuttavia paura per te. È vero che non ho mai assistito a un tuo contraddittorio, ma conosco bene la malizia di lui. Penso alla tua reputazione e, nello stesso tempo, alla disposizione d'animo di chi ti ascolterà nonché, prima di tutto, a come presenterà lui la sua verità. Questo Mago, in realtà, può rendersi violento quando vuole in ogni circostanza, ed è un fior di canaglia. L'abbiamo potuto appurare molto bene sotto ogni aspetto, dal mo mento che fin da giovinetti siamo stati testimoni e coo peratori delle sua malvagità, e se non ci avesse strappa ti da lui la benevolenza di Dio saremmo ancora invi schiati con lui negli stessi mali . È stato infatti un inna to affetto verso Dio che ci ha reso odiosi i suoi misfatti e amabile invece il culto divino. D'altronde penso che sia stata opera della prowidenza divina l'averci resi dapprima suoi intimi seguaci : abbiamo potuto così renderei conto in che modo e con quali artifizi opera i prodigi che lo si vede compiere. Chi, infatti , può non restare a bocca aperta assistendo alle cose stupefacenti che ti spiattella e non ritenerlo un dio disceso dal cielo per la salvezza degli uomini? Parlando di me stesso de vo dire che se non lo avessi conosciuto interiormente, assistendo alle sue azioni avrei potuto cadere facilmen te nell'inganno . Non fu perciò per noi gran merito ab bandonarlo, scoprendo che si basava sulla pratica della magia e su scellerate macchinazioni . Ma se vuoi anche tu farti un'idea esauriente di que sto individuo, sapere chi è, le sue qualità, l'origine e il metodo che usa per fare ciò che fa, stammi a sentire 4• 4 Sull'intricatissimo problema della gnosi simoniana, sul rap porto del testo delle Recognitiones riguardante Simon Mago (storia, dottrina, magia) con le altre fonti esistenti (il Trattato contro tutte le eresie di Giustino, andato perduto ma incorporato da Ireneo nel Contro le eres te ; il Sintagma con tro tutte le eresie di Ippolito, anch'es-
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7 . Questo Simone è figlio di Antonio e di Rachele, di stirpe samaritana, originario del villaggio di Gettea, ed è di professione mago, anche se ha avuto in prece denza una formazione letteraria greca. Bramoso di glo ria e pieno di presunzione al punto da ritenersi superio re a tutti, ha finito per ritenersi la potenza più eccelsa, al di sopra di Dio creatore; si è creduto d'essere il Cristo e si fa chiamare Stante 5, e usa questo appellativo come per negare che un giorno possa morire, adducendo il motivo che la sua carne è così indissolubile, grazie alla propria natura divina, da poter vivere in eterno. Per que sta ragione, dunque, lo si chiama Stante, come se fosse uno che non può subire alcuna corruzione di sorta.
8. Una volta infatti messo a morte, come sai anche tu, Giovanni il Battista, Dositeo diede inizio alla pro pria eresia con altri trenta principali discepoli e con una donna che veniva chiamata abitualmente Luna, per cui anche quei trenta sembravano raffigurare il numero dei giorni del corso della luna. Il nostro Simone, allora, bramoso di gloria come già ho detto, va da Dositeo e fa cendosi passare per un grande amico suo lo prega che, nel caso venisse a morire , prima o poi , l'uno o l'altro di quei trenta, sia lui a prendere il posto del defunto. Il fat to è che per essi non era lecito superare quel numero stabilito, né potevano inserire in quelle file uno scono sciuto o uno che non aveva ancora dato sicure garanzie; per cui anche gli altri, con l'intento di diventare degni di entrare in quel numero, si comportavano in modo da compiacere in tutto e per tutto le regole della sua setta onde potere , ciascuno di loro che era fuori numero, farso perduto ma in qualche modo ricostruibile attraverso il Contro tutte le eresie dello Pseudo-Tertulliano annesso in genere al De prae scriptrone haereticorum di Tertulliano, l'Haereses di Epi fanio e il Li ber de haeresibus di Filastrio di Brescia) non si può che rimandare allo studio di L. Cerlaux, La gnose simonienne, in Recueil L Cerfaux, cit., l, pp. 191-25 8 . 5 S u questo appellativo, cf. L . Cerlaux, appena citato, pp. 249254.
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si vedere degno di prendere il posto del defunto se per caso, come ho detto, ne venisse a morire uno. Fu così dunque che Dositeo, più volte da lui pregato, non appe na si liberò un posto vi introdusse Simone .
9. Ma non passò molto tempo che questi si inna morò di quella donna chiamata Luna, e a noi tutti, co me amici di famiglia, confidava ogni cosa: che era un mago, che amava Luna e che per desiderio di gloria si era rifiutato di abusarne aspettando pazientemente il momento di poterla possedere in modo onesto e lecito, ammesso che anche noi lo aiutassimo segretamente in tutto ciò che voleva. Ma prometteva anche che ci avrebbe ricompensati per tale servizio, come ad esem pio con l'elevarci ai più grandi onori e farci considera re dagli uomini come dèi. "I.:importante - diceva - è che lasciate il primo posto a me Simone, in quanto so no capace di esibire per magia portenti e prodigi tali da dar credito ragionevolmente alla nostra fama e alla nostra setta. Sono infatti in grado di scomparire da vanti a chi mi vuole catturare e rendermi di nuovo pre sente se voglio esser visto 6• Se volessi fuggire posso passare attraverso montagne e penetrare attraverso rocce come se fossero fango. Se mi butto a precipizio da un monte, arrivo a terra incolume come se vi fossi deposto a mano. Incatenato, mi libero da solo e inca teno a loro volta chi mi aveva messo in catene . Rin chiuso in carcere, posso con la sola volontà abbatterne le sbarre . Posso dar vita alle statue al punto da farle sembrare uomini a chi le vede. Posso far spuntare di colpo nuovi alberi e farne crescere in un attimo i rami. Posso buttarmi nel fuoco senza ustionarmi . Posso cambiare volto per non farmi riconoscere e mostrare agli uomini che ho due facce . Posso trasformarmi in 6 Da questo punto fino a t u t to il pa r 1 1 ci sono molti riferi m e nti scrittunstici tendenti ad attribuire a Simon Mago la stessa potenza di Cristo, come appunto ques ta (cf. Le . 4, 29-30), passare a t traverso le rocce (risurrezione), precipitare dall 'alto senza danni (cf. Mt. 4, S-6), eccetera. .
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pecora o i n capra , far crescere la barba a ragazzini, spi ngermi a volo nell'aria e far apparire oro a volontà. Creo re e li distruggo. Sarò adorato come dio e venera to pubblicamente con onori divini, così che mi erige ranno una statua per offrirmi culto e adorazione da d io. Ma che bisogno c'è di dilungarmi ? Posso fare, in somma, tutto ciò che voglio. A titolo di esperimento molte cose le ho già messe in atto . Una volta, ad esempio - diceva -, mia madre Ra chele mi ordinò di andare nel campo a mietere e io, vi sta la falce lì accanto, comandai ad essa di andare e di mietere, e mieté dieci volte più degli altri . Già ho fatto spuntare da terra molte pianticelle , le ho fatte crescere: in un minuto le ho fatte apparire ! E per due volte sono passato attraverso un monte qui vicino" .
1 0. A sentirlo parlare di arboscelli fatti crescere lì per lì e del monte da lui trapassato, io mi meravigliavo che cercasse di prendere in giro anche noi cui sembra va fare affidamento e confidarsi, poiché sapevamo che queste cose che lui presentava come fatte di recente e di persona erano invece opera di antenati. Noi ascolta vamo dunque queste sue infami menzogne e altre peg giori ancora, tuttavia lo seguivamo nei suoi crimini, la sciavamo che altri venissero ingannati e dicevamo un sacco di bugie in suo favore prima ancora che mettesse in atto quanto aveva promesso; al punto che, senza aver ancora mosso un dito, qualcuno già lo prendeva per un dio.
1 1 . Frattanto, quando ancora faceva parte dei trenta discepoli di Dositeo , fin dai primi tempi comin ciò a prendere le distanze dallo stesso Dositeo come se fosse un maestro parziale e i mperfetto, e diceva di far lo non per invidia ma per l'imperizia di lui . Quando Dositeo si accorse, però, che Simone lo criticava, ebbe paura che la sua pubblica fama venisse oscurata agli occhi di coloro che pensavano fosse lui lo Stante e si arrabbiò; tanto che, riunitisi come al solito per la lezio ne, afferrò una bacchetta e cominciò a colpire Simone .
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Ma al primo colpo si vide la bacchetta attraversargli il corpo come si trattasse di fumo e Dositeo, strabiliato, gli domandò: "Dimmi se sei tu lo Stante, e io ti ado rerò". Simone rispose : "Sì, sono io" . E Dositeo, sapen do allora di non essere lo Stante , si prostrò a terra e adorò Simone e gli cedette la sua supremazia ordinan do ai trenta uomini di ubbidire ad ogni suo comando. Lui prese il posto occupato prima da Simone , ma non passò molto tempo che morì .
1 2 . Fu così che Simone , dopo la scomparsa di Do siteo, prese con sé Luna con la quale sta ancora girova gando - come vedete - per accalappiare la gente, di chiarando di essere una potenza superiore a Dio crea tore mentre Luna, che gli sta accanto, sarebbe un esse re disceso dai cieli superiori e madre universale . Affer ma inoltre che lei è la Sapienza per la quale - dice lui greci e barbari si sono battuti; essi poterono averne sotto qualche aspetto un'immagine , ma ignorarono del tutto la sua realtà dal momento che abitava accanto a lui stesso, il primo di tutti e unico dio. Così, blaterando queste sciocchezze e altre del genere con pomposità di parole, ha tratto molti in inganno . Ma devo darti anco ra un altro elemento: io stesso ricordo di aver visto una volta che quella sua Luna si trovava su una certa torre - una folla intera che era accorsa a vederla. Sta vano in piedi tutt'attorno alla torre, e lei la si vedeva in chinarsi davanti a tutta quella gente o affacciarsi con temporaneamente a tutte le aperture di quella torre 7• 7 Sulla Luna, sulle varie identificazioni storico-allegoriche di questa don na lunare , cf. ancora L. Cerfaux, pp. 233.240 di Recueil, il quale conclude: «La Luna che scende dal cielo nei loro culti misteri ci [dei simoniani] è, secondo essi, Selene, la Signora , la Sapienza, la Luce celeste. Per un processo di metamorfosi essa si trasforma in una donna che ormai si chiamerà col nome mistico di Elena. L'anti ca Elena [di Troia] era già un'apparizione, meno perfetta, di Selene Sofia, ed è per questo che bisogna interpretare allegoricamente tut ta la sua storia. Tutti coloro che possiedono Elena trovano in lei la Sapienza divina . Questo è il frutto della gnosi rivelata da Simone•.
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Insomma, h a fatto e continua a fare molte azioni mira bolanti e gli uomini, incantati , credono che lui, Simo ne , è il sommo dio.
1 3 . Un giorno io e Niceta lo pregammo di farci co noscere com'è possibile con la magia compiere tali co se e su quali principi naturali si basa. Simone, come ad amici intimi, cominciò a darci questa spiegazione: "Con formule che non vi posso dire ho evocata e resa presente a me l'anima di un fanciullo puro ucciso con violenza , ed è attraverso di lei che avviene tutto ciò che comando" . Ed io: "Ma è possibile all'anima fare queste cose ? " . Mi rispose: "Voglio che v i mettiate in mente che l'ani ma u mana, una volta liberata dalle tenebre del proprio corpo, si trova al secondo posto dopo Dio. Subito infat ti acquista anche la prescienza ed è per questo che vie ne evocata attraverso la necromanzia" . Ed io di rimando: "Perché allora le anime degli ammazzati non si vendicano dei propri assassini ?" . Ri spose : "Hai dimenticato che ho detto che una volta uscita dal corpo l'anima possiede anche la prescien za? " . "Lo ricordo" , gli dissi . E lui : "Perciò, quando la scia il corpo viene subito a sapere che ci sarà un giudi zio futuro nel quale verranno comminate pene a cia scuno a seconda del male operato qui ; ed è per questo che rifiutano di vendicarsi dei propri assassini, perché esse stesse sono soggette ai tormenti dovuti al male commesso su questa terra e sanno, d'altronde, che ad essi sono riservati nel giudizio tormenti più pesanti . Ma, oltre a ciò, sono gli stessi angeli che le governano a impedir loro di uscire e di fare alcunché" . Ribattei: "Se gli angeli non permettono loro d i ve _nire a noi o di fare quello che vogliono, come può esse re che l'anima ubbidisca a un mago che la evoca ?" . E lui : "Non assecondano, è vero, le anime che de siderano venire, ma quando gli angeli che le governano vengono intimati dal loro superiore, hanno la giustifi cazione della forza dei nostri scongiuri , e così permet tono alle anime evocate di apparire; poiché a peccare
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non sono solo coloro che subiscono violenza bensì noi che le costringiamo a farlo" . A questo punto Niceta, non sopportandolo oltre, rispose con precipitazione. Anch'io stavo per farlo, ma desideravo che mi spiegasse prima i d ettagli. Comun que, come ho detto, Niceta mi prevenne dicendo: "Ma tu non hai paura del giorno del giudizio, tu che violenti gli angeli , evochi le anime, inganni gli uomini e ti pro curi onore divino dagli uomini? E com'è che ci vai con vincendo che il giudizio non ci sarà - come affermano alcuni giudei -, che le anime non sono immortali - co sa ritenuta da molti - dal momento che tu le vedi con i tuoi occhi e che sono proprio esse a ricordarti il giudi zio divino?".
1 4. A queste parole, Simone si fece cereo . Poco do po, tuttavia, si riprese e diede questa risposta : "Non do vete pensare che io sia uno della vostra razza. Non so no né mago né innamorato di Luna né figlio di Anto nio. Prima infatti che Rachele, mia madre , si unisse a lui , ancora vergine mi concepì, poiché era in mio pote re di essere piccplo o grande e di farmi vedere uomo fra gli uomini 8• E per mettervi alla prova che ho preso voi per primi come amici , poiché se la superate vi si stemerò per primi nella mia celeste e ineffabile abita zione. Mi sono dunque presentato ingannevolmente sotto forma umana per appurare con maggiore eviden za se avete verso di me un affetto indiscusso" . All'udire queste parole lo giudicai un poveretto , pur ammirandone l'impudenza . Arrossii io per lui , ma avevo nello stes so tempo paura che macchinasse qualche accidente contro di noi. Faccio allora cenno a Niceta di secondare per un po' la mia si mulazione e dico a Simone: "Tu , dio i ncorruttibile, non sdegnarti contro noi uomini corruttibil i , ma accetta ancora di più il nostro affetto e la nostra anima che smaniava di sapere chi è Dio. Ancora non sapeva mo chi eri , né 8 Concezione verginale (c f. Mt. l , 1 8) e « uomo fra gh uomini» (c f. Fil . 2, 7): vedi nota 6.
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p erciò potevamo renderei conto che cercavamo ! " .
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sei tu quello
che
1 5 . Con questa faccia d i circostanza siamo andati avanti per un po' a dire frasi del genere. Quel mostro di vanità ci ritenne accalappiati e con maggiore spocchia aggiunse ancora: "Già avete il mio favore per l'affetto che dimostrate verso di me, dio. Mi amavate senza co noscermi , mi cercavate pur ignorandomi . Voglio che non vi resti ombra di dubbio sul fatto che essere il vero dio comporta proprio questo: aver la possibilità di farsi piccolo o grande a volontà. Sotto qualsiasi forma, del resto, avrei potuto apparire agli uomini. Adesso, perciò, inizio a manifestarvi la verità . Per mia propria virtù , a un certo momento, trasmutando l'aria in acqua e l'ac qua in sangue e consolidando la carne, ho dato forma a un fanciullo, l'uomo nuovo, e ho prodotto un'opera molto più nobile di quanto ha fatto dio creatore. Que sti, infatti , ha creato l'uomo dalla terra mentre io, cosa più difficile, dall'aria, per poi restituirlo all'aria una vol ta liberato dal corpo. Ho tuttavia riposto in un cubicolo segreto una sua statua e un suo ritratto perché si con servi la traccia e la memoria della mia opera". Noi pen savamo che lui si riferisse a quel fanciullo ammazzato della cui anima si serviva per i suoi traffici » . 1 6. A questo punto Pietro versando lacrime disse: « Sono profondamente ammirato della pazienza di Dio e - inversamente - della sfacciataggine e della temera rietà che hanno alcuni uomini ! Quale altra ragione po tremo ancora trovare , capace di convincere Simone che Dio giudicherà gli empi? Lui infatti è convinto che l'ob bedienza delle anime si può sfruttare per i suoi scopi scellerati , mentre in realtà sono preda di inganni demo niaci, anche se per le sue idee ha la certezza che le ani me sono immortali e vengono giudicate a seconda delle loro azioni . Lui si crede di vedere effettivamente quanto noi crediamo per fede, e per quanto sia sotto inganno del demonio - come ho detto - è tuttavia convinto di ve dere la sostanza stessa dell'anima! Ora, dico, un tipo co-
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sì quando mai confesserà - immerso com'è in un mare di colpe - di comportarsi in modo scellerato o di dover essere giudicato per ciò che fa, lui che scientemente se ne infischia del giorno del giudizio, si pavoneggia di es sere nemico di Dio e ha la faccia di compiere tante ne fandezze? È d'altronde certo, fratelli miei, che certe persone non sono così ostili alla verità e alla religione di Dio da non poter accettare come evidenti le prove della fede; ma, o perché invischiati in forse troppi pec cati , o perché condizionati dalle proprie disgrazie, o perché gonfi di superbia, non arrivano a credere neppu re a quanto gli sembra di vedere con i propri occhi .
1 7 . Poiché, però, era evidente che bastava per sal varsi, a coloro che lo amavano, l'innato amore verso Dio creatore, il diavolo cerca di pervertire negli uomini questo legame affettivo e di renderli perciò ostili e sen za riconoscenza verso il proprio creatore. Ma giuro sul cielo e sulla terra che se Dio permettesse al diavolo di infierire a sua volontà, tutti gli uomini presto o tardi soccomberebbero. Ma Dio, nella sua misericordia, non lo permette . In realtà, se gli uomini rivolgessero a Dio il loro affetto, tutti certamente si salverebbero anche nel caso che in nome della giustizia si vedessero redar guiti per qualche mancanza. Ma oggigiorno un gran numero di uomini, nel cuore dei quali è entrato il Mali gno, sono diventati nemici di Dio, avendo rivolto verso di lui l'affetto che Dio creatore aveva instillato in essi perché lo rivolgessero a Sé. Ad altri , che sembravano un po' più accorti, si è presentato in un alone di gloria e di luce con grandi e anzi mirabolanti promesse, e co sì li ha fatti allontanare dal vero Dio con la mente e con lo spirito; cosa che gli è permesso di fare per qual che motivo certamente giusto » . 1 8 . Aquila obiettò: «Che colpa hanno allora gli uo mini se il Maligno, trasformandosi in luce splendente, promette agli uomini cose più grandi dello stesso Dio creatore ? » . E Pietro: « Penso che non esista affermazio ne più ingiusta di questa , e se vuoi sapere fino a che
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punto sia ingiusta, sta' a sentire: se un tuo figlio, da te educato con ogni attenzione e nutrito e accompagnato fino alla maggiore età, ti si mostra senza riconoscenza, ti abbandona e va da un altro che ad esempio gli sem bra più ricco e dà a lui quel rispetto che doveva a te, e rinnegando così, in vista di un maggior guadagno, il proprio sangue, si sottrae ai diritti paterni, ti pare che agisca bene o male? » . « Nessuno può dubitare - rispose Aquila - che fa male» . E Pietro: « Se dici che ciò è male nel rapporto tra uomini, quanto più lo è nei confronti di Dio che è degno di essere onorato dagli uomini al di sopra di qualunque altro uomo? Perché noi non solo godiamo dei beni che ci dà, ma è grazie a lui e al suo volere che abbiamo cominciato a esistere. Senza di lui non esiste remmo, e inoltre se ce ne dimostriamQ degni meritere mo pure di vivere eternamente felici. E dunque per di stinguere gli infedeli dai fedeli, i pii dagli empi che è stato permesso al Maligno di servirsi delle sue astuzie, per vagliare insomma i sentimenti di ciascun uomo verso il vero Padre . Anche se effettivamente esistesse qualche altro dio, sarebbe onesto voltare le spalle a quello che ci ha creati, a colui che è stato per noi Padre e creatore , per passare a un altro? » . « Mai e poi mai ! » , rispose Aquila. E Pietro: « Come possiamo dire, allora, che la causa del nostro peccato è il Maligno quando lui agisce così per permissione di Dio? Lo scopo, dunque, è di mettere alla prova e di accusare nel giorno del giudizio coloro che, attirati da promesse più grandi, rinunciano al rap porto filiale col proprio autentico Padre e creatore. Co loro invece che avranno conservato la fede e la carità verso il proprio Padre, fosse anche in situazione di po vertà e di sofferenza, godranno nel suo regno di celesti doni e ricompense eterne. Ma su questo argomento ri torneremo con maggior profondità un altro momento. Ora desidero sapere cos'ha fatto Simone in seguito» . 1 9 . Riprese Niceta: «Quando c i siano accorti che lui aveva capito di essere stato smascherato, dopo aver
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parlato fra noi dei suoi misfatti l'abbiamo piantato e siamo venuti da Zaccheo. Le stesse cose che abbiamo detto ora a te le abbiamo accennate a lui ed egli , acco gliendoci con grande benevolenza, ci ha istruiti sulla fede in nostro Signore Gesù Cristo e ci ha associati al numero dei fedeli » . Dopo queste parole di Niceta, ri�ntrò Zaccheo che poco prima si era assentato e disse: «E ora di andare al dibattito, Pietro. Un mucchio di gente stipata nell'atrio dell'edificio ti attende e in mezzo ad essa, forte di nume rosi seguaci pronti a ogni ribalderia, si trova Simone ,, , Pietro, a sentir questo, intendendo mettersi a pre gare, mi fece uscire perché non ero ancora lavato dai peccati commessi nel tempo della mia ignoranza e disse agli altri: « Preghiamo, fratelli, affinché D io per mezzo del suo Cristo e per la sua ineffabile misericordia mi venga in aiuto, ora che sto per uscire in pubblico allo scopo di salvare gli uomini da lui creati » . Detto questo si mise a pregare e poi si avviò verso l'atrio dell'edificio do ve si era radunata una folla enorme; e quando vide tutte quante le persone con gli occhi su di lui in un silenzio di tomba e, in mezzo ad esse, in piedi come un capo, il ma go Simone, aprì il discorso con queste parole:
20. « Pace a voi tutti che siete disposti ad appog giare la verità. Coloro infatti che sono docili di fronte ad essa , si può pensare che in qualche modo si mostri no riconoscenti a Dio; e in verità, poiché percorrono i sentieri della sua giustizia, otterranno da lui in dono la più alta ricompensa. La cosa più importante, perciò, è di cercare la giusti zia di Dio e il suo regno 9: la sua giu stizia per imparare a comportarci rettamente; il suo re gno per conoscere quale sia la ricompensa che ci verrà corrisposta, per la fatica e la pazienza, là dove per i buoni c'è un premio di beni eterni mentre per ciascuno di coloro che hanno agito contro la volontà di Dio è ri servato un castigo adeguato alle rispettive azioni. È ne cessario dunque che voi , che vi trovate a vivere la vita 9 Cf. Mt. 6, 3 3 .
R1trovament1, I l , 20-2 1
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presente su questa terra che è il campo di azione, co nosc iate la volontà di Dio. Se uno infatti , prima ancora di purificare il proprio comportamento, volesse inda gare su realtà che gli è impossibile trovare, svolgerebbe un'indagine sciocca e inefficace. Il tempo d'altronde è breve, e il giudizio di Dio verterà sulle azioni e non sul le domande ; e perciò dobbiamo chiederci anzitutto: che cosa dobbiamo fare, e come farlo, per meritare di raggiungere la vita eterna ?
2 1 . Poiché se in questo esiguo spazio di vita ci oc cupiamo di futili e inutili problemi arriveremo sicura mente vuoti e digiuni di opere buone davanti a Dio che ci giudicherà, ripeto, in base alle nostre azioni. Per ogni cosa, infatti , esiste un tempo e un luogo opportu no. Qui è il nostro campo d'azione, questo è il tempo. La ricompensa è nell'aldilà . Per non ri manere dunque ostacolati dal confondere l'ordine dei luoghi e dei tem pi, domandiamoci prima di tutto quale sia la giustizia di Dio affinché, come gente che intraprende un viag gio, possiamo premunirei di un abbondante viatico di opere buone . Ci sarà allora possibile raggiungere il Re gno di Dio che è, per così dire, la città più grande che esista. Dio, in realtà, ai benpensanti si manifesta attraver so lo stesso mondo da lui creato, servendosi così della sua stessa creazione come prova 10; e perciò, non essen doci motivo di dubitare di Dio, cerchiamo adesso sol tanto la sua giustizia e il suo regno. E nel caso che la nostra mente ci suggerisca di indagare su realtà segrete e profonde prima ancora di aver preso in esame le ope re di giustizia , dobbiamo metterei bene in testa una co sa, che se comportandoci bene meriteremo la salvezza, andando a Dio casti ed esenti da colpe verremo riempiti di Spirito Santo e conosceremo senza sofisticherie di sorta tutto quanto ci è nascosto e segreto, tutte cose che ora, quand'anche uno consumasse l'intero tempo della sua vita a studiarle, non solo non riuscirebbe a scoprir1° Cf. Rom . l , 20.
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le ma si invischierebbe in errori più grossi ancora nel pretendere di raggiungere il porto della vita senza aver camminato prima lungo la via della giustizia.
2 2 . È per questo motivo che vi consiglio di cercare per prima cosa la sua giustizia: incamminandoci per questa strada ci troviamo già sulla via della verità, e possiamo così incontrare velocemente il Vero Profeta correndo non a piedi ma operando bene. Con lui come guida non rischieremo di sbagliare strada. Se, di fatto, standogli dietro avremo meritato di entrare in quella città che è oggetto dei nostri desideri , tutte le risposte che ora stiamo cercando ci saranno evidenti come se fossimo gli eredi dell'universo . Capite, perciò, che la Via è il cammino della nostra vita; i viaggiatori quelli che fanno opere di bene; la Porta è il Vero Profeta del quale abbiamo parlato; la Città è il regno dove abita il Padre onnipotente che riescono a vedere unicamente i puri di cuore 1 1 • Non ci sembri dunque troppo ardua la fatica di questo percorso, poiché raggiunto il termine troveremo riposo. Anche il Vero Profeta, del resto , in corsa fin dall'inizio del mondo lungo tutti i secoli, non anela che al riposo. Lui è con noi tutti i giorni 12 e quando ne abbiamo bisogno si fa vivo e ci corregge per condurci, se gli diamo ascolto, alla vita eterna. Questo, dunque, è il mio deciso parere che collima con quello del Vero Profeta: che si cerchi anzitutto la giustizia da parte principalmente di coloro che dichiarano di cono scere Dio 13 • Se qualcuno, comunque, ritiene di avere una proposta migliore, la presenti, e una volta che l'ha formulata resti in ascolto con pazienza e in pace. È d'altronde per questo motivo che, cominciando a parla re, a mo' di saluto ho implorato su tutti la pace » . 11
Cf. Mt. 5, 8 . Cf. M t. 28 , 20. E. De Faye (Gnost1ques et Gnost!Cisme, Paris 1 92 5 , p. 83) fa notare che questa espressione si trova in Eracleone (framm. 7) e si riferisce al Logos «l'Invisibile, presente in ogni uomo e in tutto il cosmo » . 1 3 C f . l Gv. 2, 4. 12
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2 3 . Gli rispose Simone: «Della tua pace non ne ab b iamo bisogno, poiché se fra noi c'è pace e concordia non faremo un solo passo in avanti nella ricerca della verità ! Anche i ladri e i donnaioli stanno in pace tra lo ro , e ogni infamia giustifica tranquillamente se stessa ! E anche noi , perciò, se ci mettiamo d'accordo sul fatto che per motivo di pace diciamo di sì a tutto quanto vie ne detto , ai nostri ascoltatori non daremo un bel nulla , anzi, dopo averli presi in giro noi ce ne andremmo amici come prima. E allora non invocare la pace, bensì la battaglia che ne è madre! E, se ci riesci, confuta gli errori, ma non andare in cerca di un'amici zia fatta di falsi assensi ! Voglio che tu sappia, prima di tutto , che tra due persone che stanno lottando, la pace ci sarà soltanto quando uno dei due verrà schiacciato . Com batti , allora, con tutte le tue forze e non cercare la pace senza lottare , perché è impossibile ! O se per caso fosse possibile, fammi vedere come» . 24. Pietro: « Fate bene attenzione, gente, a quanto vi dico. Supponiamo che il nostro mondo sia come una grande piazza d'armi; che due città governate da re che si trovino in ostilità, mandino ciascuna un capitano a fronteggiarsi; che il capitano del re buono faccia la proposta che i due rispettivi eserciti abbraccino la cau sa del re migliore in modo che tutti , senza rischiare, re stino incolumi . Se l'altro capitano è di parere opposto e dice: "Niente affatto, dobbiamo affrontarci! Il trono spetta non a chi è più degno bensì a chi è più forte e a coloro che con lui soprawivono" , ebbene, vi domando, quale sarebbe la vostra scelta ? Non ho dubbi che ap poggereste il re più assennato che salvaguarda, oltre tutto , l'incolumità di tutti i soldati ! E cosa sto facendo, io ? Non i ntendo affatto - come dice Simone - dare il mio compiacente assenso a quanto si dice di falso solo per stare in pace, bensì che con serenità e sistematicità andiamo in cerca della verità.
2 5 . Certe persone, infatti, quando in un contrad dittorio s'accorgono che il loro errore viene smaschera-
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to, per salvare la faccia cominciano subito a creare di sordine e suscitare l itigi per nascondere agli altri un'evidente disfatta . Non per altri motivi rivolgo spesso l'invito a che la ricerca che si propone il dibattito si svolga in tutta pazienza e calma; in modo tale, cioè, che se per caso un concetto appare espresso senza troppa esattezza, si dia la possibilità di ripeterlo e di spiegarlo con maggiore chiarezza. Succede infatti a volte che uno dice una cosa e l'altro ne capisce un'altra solo perché o viene espressa senza troppa chiarezza o ascoltata senza troppa attenzione . Per questo motivo, insomma, desidero che si faccia una discussione in santa pazienza, per evitare così di sopraffarei l'un l'al tro, di interrompere chi sta parlando con intrusioni in tempestive della parte awersa e di ostinarci nella criti ca, bensì - come ho detto - lasciar facoltà di ri formula re un concetto non chiaramente espresso, così che ven ga in luce la verità dopo un'indagine più che onesta. È bene infatti sapere che se uno cede di fronte alla verità non è lui a venire sconfitto bensì l'ignoranza che è in lui, pessima ispiratrice; ma chi riesce a debellarla rice ve in premio la salvezza . La nostra intenzione , del re sto, è di essere di qualche utilità a chi ascolta; non di vincere con malizia ma di arrivare a vivere bene grazie alla verità conosciuta. Se infatti le nostre parole sono indirizzate alla ricerca della verità, quand'anche venis sero espresse non troppo esattamente a motivo della nostra umana limitatezza Dio, nella sua ineffabile bontà, le completerà silenziosamente nella mente di chi ascolta . Lui, infatti , è giusto e, secondo la disposi zione d'animo di ciascuno, ad alcuni presenta subito la risposta alle loro domande mentre ad altri rende oscu ro anche ciò che è stato detto con chiarezza. Ebbene, poiché la via di Dio è la via della pace, ra gioniamo con pace su quanto concerne Dio. Se qualcu no ha qualcosa da aggiungere a quanto ho detto, que sto è il momento; ma se nessuno ha intenzione di obiettare, comincio io a parlare e alle eventuali obie zioni che uno mi può rivolgere darò risposta volta per volta » .
R1tr ov ame ntl, I l , 26-27
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26. Pietro stava per dar seguito al suo discorso quando Simone gli tolse la parola per dire: « Perché ti affanni a sbrodolarti addosso le tue opinioni ? Capisco la tua astuzia: tu vuoi che ti si facciano quelle doman de su cui hai già la risposta pronta, così che di fronte alla gente sproweduta fai la figura di dire cose assen nate; ma a me questo giochetto non me lo fai . E allora, dal momento che da uomo sicuro di te stesso prometti di dar risposta a chiunque ti rivolga domande, rispondi intanto a me per primo» . Pietro: << Sono pronto, purché dialoghiamo in pace » . Simone : << Ma non t'accorgi, razza di ignorante, che pretendendo la pace ti comporti all'opposto del tuo Maestro, cosa piuttosto sconveniente per uno che si ri promette di sconfiggere l'ignoranza? Se hai ragione tu a pretendere la pace da noi ascoltatori , allora ha avuto torto il tuo Maestro a dire "non sono venuto a portare la pace sulla terra, ma la spada" 14 • I casi sono due: o hai ragione tu, e allora ha torto lui ; oppure aveva ra gione il tuo maestro , e allora tu hai torto marcio e non ti rendi neppure conto che stai dicendo il contrario di colui del quale ti professi discepolo» . 2 7 . Pietro: « Quegli stesso che ha mandato me non ha avuto torto a portare sulla terra la spada, né io lo contraddico quando dal pubblico pretendo la pace ! Sei piuttosto tu che, da ignorante e temerario, critichi ciò che non hai capito. È vero che hai udito che il Maestro non è venuto a portar pace sulla terra , ma non hai an che sentito che ha detto: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" 1 5? Non sono io, pertanto, a pensarla diversamente dal mio Maestro quando invito alla pace alla quale, per chi la mantiene, lui ha annesso una beatitudine » . Simone, allo scopo di prendere le difese del Mae stro replicò: << La tua accusa nei suoi confronti, o Pie1 4 Mt. 1 0, 34. 15 M t 5 , 9.
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tro, è molto più grave se , come dici, lui non è venuto per metter pace e pretende poi che gli altri la conservi no! E come starebbe in piedi quell'altra sua parola: "È sufficiente per un discepolo essere come il suo mae stro" 1 6 ? » .
28. Pietro: «Il nostro Maestro, che era il Vero Pro feta del tutto coerente con se stesso , né si è contraddet to né ci ha comandato di agire diversamente da come si comportava lui. È vero che ha detto : "Non sono ve nuto a portare pace sulla terra , bensì la spada , per cui vedrete separarsi il padre dal fi glio e il figlio dal padre, il marito dalla moglie e la moglie dal marito , la madre dalla figlia e la figlia dalla madre, il fratello dal fratello , la suocera dalla nuora e l'amico dall'amico" 1 7 , ma in queste parole si trova appunto la dottrina della pace ! Vuoi sapere perché? Sta' ad ascoltare . Quando ha co minciato a predicare allo scopo di i nvitare e condurre tutti alla salvezza e di esortarli perciò a sopportare con pazienza i travagli e le tentazioni , ha dichiarato beati i poveri 1 8 e ha promesso loro che avrebbero raggiunto il regno dei cieli proprio per non essersi ribellati all'indi ge nza, in modo che con una simile speranza potessero portare con serenità, tacitando i desideri carnali, il pe so della povertà. E infatti tra i peccati più deleteri al primo posto e peggiore di tutti sta la cupidigia. Ha p ro messo anche agli affamati e agli assetati che sarebbero stati saziati 19 dai beni eterni della giustizia, così che rendendo loro tollerabile l'indigenza non ordissero, a causa di essa, nessuna azione di ribellione . Allo stesso modo ha dichiarato beati i puri di cuore perché pro prio per questo avrebbero visto Dio 20; e lo scopo era di portare ciascuno singolarmente a desiderare di guada16
M t 1 0, Mt. 1 0, 18 Cf. M t . 19 C f Mt. 2° C f. M t . 17
25 34-35; Le. 1 2, 5 3 . 5, 3. 5, 6. 5 , 8.
R1tr ova men tl , I l , 28-30
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gnarsi un be ne così �rande facendoli astenere dai pen _ sieri perversi e oscem .
29. È così che il nostro Maestro, invitando i disce poli alla pazienza che la virtù richiede, li convinceva a con servare il bene della pace, anche se la pazienza co stava tanti sacrifici. Era addolorato, al contrario, per quelli che se la spassavano tra ricchezze e lussurie senza dare niente ai poveri ; li ammoniva che avrebbero dovuto render con to, poiché non avevano avuto compassione dei propri prossimi neppure vedendoli in necessità mentre avreb bero dovuto amarli come se stessi 2 1 • Ora, parlando co sì, alcuni li rese suoi discepoli mentre si inimicò altri . Insomma, a chi ha creduto in lui e gli si è sottomesso ha dato il comando di stare in pace tra loro, ed è ad es si che ha detto : "Beati gli operatori di pace, perché sa ranno chiamati figli di Dio" 22; a coloro invece che non solo non gli hanno creduto ma hanno combattuto il suo insegnamento ha dichiarato guerra per mezzo del la parola e della confutazione dei loro errori , ed è per questo motivo che si vedrà il figlio separato dal padre , il marito dalla moglie, la figlia dalla madre , il fratello dal fratello, la nuora dalla suocera, così che nemici di un uomo sono proprio i suoi congiunti . In ogni casa , infatti , quando comincerà a scavarsi un fosso tra chi crede e chi non crede, l'opposizione sarà inevitabile: i non credenti si metteranno contro chi ha la fede, men tre questi costituiranno di per sé un'accusa contro il lo ro incallito errore e contro i peccatori vizios i . 30. Una cosa .del genere ha fatto pure nell'ultimo periodo del suo insegnamento , quando ha dichiarato guerra agli scribi e ai farisei con l'accusarli di condotta non buona, di insegnamenti non ortodossi 23, e perché 21 22 23
C f M t . 22, 3 9 Mt. 5, 9. Cf. M t . 2 3 .
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pur avendo ricevuto la chiave della scienza, lasciata lo ro da Mosè, con la quale era possibile spalancare le por te del regno dei cieli , essi l'avevano tenuta nascosta 24• Ancora: quando ci ha mandati a predicare, il no stro Signore ci ha ordinato che in qualunque città o ca sa entrassimo dicessimo: "Pace a questa casa", perché se lì - disse - "si trova un figlio della pace, la vostra pa ce si trasferirà in lui, ma se invece non c'è, la vostra pa ce tornerà a voi" e, inoltre, che quando fossimo usciti da quella casa o città, dovevamo scuotere su loro anche la polvere che s'era attaccata ai nostri piedi. Il giorno del giudizio, ha detto, sarebbe stato più tollerabile per Sodoma e Gomorra che non per quella città o casa 25 • E tale condanna si sarebbe certamente avverata se in quella città o abitazione si fosse prima annunziata la parola di verità. Di conseguenza, o si accoglie la vera fe de - e si diventa allora figli della pace e figli di Dio - o non la si accoglie , e si viene allora accusati di essere in qualche modo nemici della pace di Dio.
3 1 . Capite dunque perché noi , ubbidendo agli or dini del Maestro, per prima cosa invitiamo chi ci ascol ta alla pace affinché si renda possibile conoscere, evi tando ogni disordine , la via della salvezza. In realtà, se uno non accoglie l'invito alla pace non cede neppure di fronte alla verità. Sappiamo infatti che dovrà sostenere un attacco verbale e un'aspra critica quando dimostre remo la sua ignoranza e biasimeremo i suoi peccati . È imprescindibile per noi , perciò, proporre la pace affin ché, se si trova un figlio della pace, la nostra pace cada su di lui, mentre se uno la rifiuta, la nostra pace torni a noi . Non è dunque per avere il consenso su cose non buone che proponiamo la pace, poiché in questo caso ti avremmo offerto subito la mano, bensì per poter di scutere tra noi con calma e pazienza da che parte stia la verità , in modo che il nostro pubblico sia in grado di 24 25
Cf. Mt. 23, 1 3 ; Le. 1 1 , 52. Mt. 10, 1 2- 1 5 ; Le. lO, S-6.
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riconoscerla con maggior facilità. Del resto, se non hai fi ducia e sei diviso in te stesso, come farai a reggerti in piedi ? Non può non crollare chi è diviso in se stesso! Ogni regno, infatti , diviso in se stesso è destinato a crolla re 26• E ora, se qualcuno ha qualcosa da dire , può parl are » .
3 2 . Simone: cc Mi sorprende non poco la tua balor dagg ine. Tu ci ammannisci le parole del tuo Maestro come se già avessimo la certezza che è un profeta, mentre io posso dimostrare con estrema facilità che ha detto un sacco di cose contraddittorie. Mi limito co munque a prenderti in parola su quanto tu stesso hai detto. Tu affermi che lui ha dichiarato che ogni regno o ogni città divisi in se stessi non reggono, e hai ancora detto che lui ha affermato di aver portato la spada per dividere i membri di una famiglia, così da mettere l'uno contro l'altro figlio e padre, figlia e madre, fratel lo e fratello . . . così che se in una famiglia ci sono cin que membri si mettano tre contro due e due contro tre. O ra, se tutto ciò che non è unito crolla, costui che crea la disunità ha messo lui stesso le condizioni perché crolli, e un tipo del genere non può che essere un mal vagio ! Dammi una risposta, se sei capace » . 3 3 . Pietro: << Non screditare avventatamente ciò che non comprendi , Simone ! Rispondo dunque anzi tutto all'accusa che mi fai di proporre le parole del mio maestro e di trovar giustificazioni a quelle che possono far difficoltà. Ebbene, quando il nostro Maestro ha mandato noi apostoli a predicare ci ha ordinato di in segnare a tutte le genti le cose che ha comunicato a noi 27• Non possiamo , dunque, "dire" le cose così come lui le ha dette, poiché è nostro dovere non "dirle" bensì insegnarle, e dimostrare come ogni sua parola sia fon data sulla verità. Né ci è permesso, per di più, di dire qualcosa di nostro, poiché siamo degli inviati , e uno 26 27
Mt. 1 2 , 2 5 ; Le. 1 1 , 1 7. Cf. Mt. 28, 1 9-20.
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che è inviato deve obbligatoriamente annunciare quan to gli è stato comandato e far conoscere ciò che vuole colui che l'ha mandato. Ed effettivamente , se dico cose diverse da quelle volute da chi mi ha mandato, sono un falso messaggèro poiché riferisco non quanto mi è sta to ordinato di dire, bensì quello che mi pare. Ma uno che agisce così non cerca altro che mostrarsi più intel ligente di colui che l'ha mandato ed è senza alcun dub bio un tradi tore. Se invece ripete quello che gli è stato ordinato facendo un'esposizione molto chiara delle sue parole, viene consiqerato uno che compie la sua mis sione di apostolo. E quello che sto cercando di fare proprio adesso, ma non ti vado a genio. Non biasimar mi comunque perché ti sto riproponendo le parole di chi mi ha mandato! Solo nel caso che facessi una qual che omissione avresti il diritto di criticarmi, cosa che tuttavia non può assolutamente succedere. Il fatto è che, se tu non credi che lui sia il Profeta, dobbiamo an zitutto chiarire questo punto» .
34. Simone: << Non ho bisogno che tu me lo spie ghi. Piuttosto, come stanno assieme le sue parole? Poi ché se si dimostra che lui si contraddice sarà facile ca pire che non può essere, in tal caso , un profeta» . Pietro : « Ma se i o dimostro per prima cosa che è profeta, ciò che ora ti sembra in contraddizione non lo sarà. Non è infatti dalla coerenza verbale che si può provare che uno è p rofeta, poiché la stessa cosa è pos sibile a tanti; ma se non è dunque la coerenza verbale a fare un profeta, a maggior ragione non lo fa la discor danza, dal momento che spesso certe cose sembrano discordanti ad alcuni mentre invece hanno una coeren za in se stesse a un livello più profondo, così come alle volte si trovano coerenti altre cose che, a una analisi più accurata, risultano discordi . È per questo motivo che ritengo non esserci una strada più sicura per ac certarsene se non quella di indagare prima di tutto se colui che ha pronunciato affermazioni che sembrano contraddittorie è un profeta o no . Se infatti arriviamo alla conclusione che è un profeta, tutte quelle afferma-
R1trovament1, I l , 34-36
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.zjon i che sembrano contraddirsi è chiaro che hanno una l oro coerenza anche se non la capiamo, e pertanto d ovremo indagarne più a fondo le ragioni . Noi, per parte nostra, essendo messaggeri di colui che ci ha ma ndati, siamo stati incaricati di annunziarne e di confermarne i detti . Abbiamo insomma l'obbligo di non dire alcunché di personale ma di trasmettere, ripe to, le sue autentiche parole» .
3 5 . Simone: «E allora istruiscici : com'è possibile che uno che crea divisioni - divisioni che causano la rovina di chi le subisce - possa ritenersi buono o sia addirittura venuto a salvare gli uomini? » . Pietro: « Sta' a sentire come mai il nostro Maestro ha detto che non possono reggersi in piedi un regno o una casa divisi m se stessi e come, d'altra parte, se lui stesso ha diviso, l'ha fatto in vista della salvezza: l'ha fatto con la parola di verità, che frantuma il regno del mondo basato sull'errore e ogni casa che vi si trova; e non c'è dubbio che lo scopo è di eliminare l'errore e di far regnare la verità. Ora, nel caso che succeda a qual che "casa" che l'errore introdottovi da qualcuno faccia a pezzi la verità, è J>ÌÙ che certo che prendendo piede l'errore la verità crolla » . Simone : « Ma ancora non sappiamo se il vostro Maestro fa a pezzi l'errore o la verità ! » . Pietro: « Questo è u n altro problema! M a se anche tu sei convinto che tutto c iò che è diviso non si regge , non resta che dimostrarti - se sei proprio disposto ad ascoltare senza arrabbi arti - che il nostro Gesù ha spezzato e dato un colpo mortale all'errore coll'inse gnarci la verità » . 36. Simone: << Smettila di continuare a parlare di pace ! Dicci piuttosto in poche parole ciò che pensi o credi » . Pietro: « Perché ti dà fastidio sentir nominare trop po la pace? O forse non sai che la pace è la perfezione della Legge? È dai peccati , in realtà, che hanno origine le guerre e le lotte, mentre quando non si commette
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peccato l'anima è in pace; e dove c'è la pace si arriva, nelle discussioni, alla verità e si attua, nelle opere, la giustizia» . Simone: « Mi dai l'impressione che non riesci a esprimere i tuoi pensieri ! » . Pietro: « Parlo di mia iniziativa, non certo perché costretto dalla tua astuzia. E infatti desidero proprio portare a conoscenza di tutti quanto è utile alla salvez za, per cui mi affretto a dirlo subito. C'è un solo Dio, quello stesso che ha creato il mondo, giudice imparzia le che a suo tempo ricambierà ogni uomo secondo le azioni compiute . Ma già mi rendo conto che questa so la affermazione può suscitare una discussione a non fi nire » .
3 7 . Simone: « Ammiro l'agilità del tuo cervello, è vero, ma non riesco ancora a inquadrare il punto debo le della tua fede . Sei stato accorto nel prevedere che il pubblico potrebbe contraddirti e perciò tu stesso hai confessato che su quella tua affermazione si scatenerà una tempesta di parole , poiché la professione della tua fede non trova d'accordo nessuno . Che esista un solo Dio, ad esempio , dal quale il mondo abbia avuto origi ne: chi mai può accettare questa tua prima affermazio ne? Penso che non si trovi neppure un pagano, e nep pure il più sproweduto e disgraziato dei giudei , e tanto meno io che ho buona conoscenza della loro Legge » . Pietro: « Lasci a perdere le opinioni degli assenti . Dimmi il tuo parere, faccia a faccia» . Simone: « Posso certo esporre il mio vero pensiero, ma mi sento un po' frenato da questa considerazione , che se io d ico cose su cui tu non ti trovi d'accordo e che questa gente impreparata non ritiene giuste tu, co me stordito, continuerai a tapparti le orecchie come per evitare che si contaminino per una bestemmia, e non trovando risposte adeguate , te la batterai; il pub blico, per parte sua, ti applaudirà senza ragionare, prenderà le tue parti come se tu dicessi cose che già gli risuonano nelle orecchie, mentre avranno per me paro le di maledizione solo perché presento verità nuove,
Altrovamenti, I l , 37-39
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mai se ntite, e perché insinuo nella loro mente i l mio errore » .
3 8 . Pietro: •• Non sei forse tu a girare a vuoto, ciò di cui accusavi me ? Non hai nessuna verità da espri mere ? Se ce l'hai, forza ! Non menare il can per l'aia se poc o poco sei sicuro di te stesso . Se le cose che dirai qualche ascoltatore non le gradisce, se ne andrà, men tre quelli che resteranno saranno costretti dalle tue af fermazioni ad ammettere che dici il vero. Comincia dunque a esporre ciò che ti sembra giusto» . Simone: «Affermo che esistono molti dèi , m a che ce n'è uno che non si può conoscere, ignoto a tutti, e che è il Dio di tutti gli altri dèk Pietro: « Questo Dio che tu dici incomprensibile e sconosciuto a tutti, lo puoi forse provare dalle Scrittu re dei giudei, che fanno testo, o da altri scritti che nes suno di noi conosce ? Forse da autori greci ? O forse dai tuoi propri scritti ? Quali che essi siano, facceli cono scere, ma a patto che ci dimostri anzitutto che si tratta di scritti profetici , perché solo così si potrà accettare senza obiezioni la loro autorità » . 3 9 . Simone: « Fondo l e mie affermazioni unica mente sulla Legge dei giudei, poiché chiunque sia inte ressato al fatto religioso sa bene che quella Legge ha un'autorevolezza indiscussa, anche se è vero che ognu no interpreta la stessa Legge a modo suo. In verità essa è stata scritta da chi ha creato il mondo in modo tale che ne trovi la veridicità in essa stessa e di conseguen za, sia che uno voglia fare affermazioni vere o false, se esse non si basano su quella Legge sono ritenute prive di valore. Ora, dal momento che la mia dottrina è per fettamente in sintonia con la Legge, ho detto bene che esistono molti dèi e che uno di essi sta più in alto ed è incomprensibile e che è appunto il Dio degli dèi. Ebbe ne, che gli dèi siano parecchi l'ho imparato proprio dal la Legge, subito quando inizia, quando qualcuno sotto spoglie di un serpente dice a Eva, la prima donna: il giorno in cui mangerete il frutto dell'albero della cono-
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scenza del bene e del male sarete come dèi 28; vale a dire come coloro che fecero l'uomo; e dopo che hanno man giato il frutto di quell'albero, Dio stesso rivolgendosi agli altri dèi afferma: "Ecco, Adamo è diventato come uno di noi" 29• La prova dunque che esistono più dèi che hanno fatto l'uomo è questa, che fin dalle prime righe Dio si rivolge così agli altri dèi : "Facciamo l'uomo a no stra immagine e somiglianza" 30, e poi più avanti: "Cac ciamolo . . " 3 1 e ancora: "Venite, scendiamo e confondia mo il loro linguaggio" 3 2 • Queste frasi fanno capire che gli dèi sono più di uno. Ma sta inoltre scritto: "Non ma ledire gli dèi e non maledire chi governa il tuo popo lo" 33; e la frase: "Solo il Signore li conduceva, e non ave vano altri dèi stranieri" 34 sta a indicare che esistono più dèi . Ma vi sono moltissimi altri testi della Legge che si possono citare - alcuni piuttosto oscuri ma altri eviden ti - a conferma che gli dèi sono molti . Uno di essi forse è stato scelto per essere il Dio dei giudei 3 5 • Ma io non affermo che il Dio degli dèi è quest'ultimo, bensì quello che è anche il Dio di questi e che neppure gli stessi giu dei conoscono. Non è, infatti, il loro Dio, ma il Dio di coloro che l'hanno saputo riconoscere » . .
40. Pietro : « Non hai nulla d a temere, Simone, per ché né ci tappiamo le orecchie né ci defiliamo, ma ri sponderemo invece con la verità alle falsità che tu ci hai ammannito. Ribadiamo intanto che Dio è uno solo e che è proprio quello dei giudei , ossia l'unico Dio creatore del cielo e della terra e anche Dio di tutti que gli altri dèi di cui parli. Se dunque dimostrerò che nes suno gli è superiore ma che anzi è al di sopra di tutte le 28 29 30 31 12 11 14 15
Gen. 3 , S . Gen. 3 , 22. Gen. l, 26. Gen 3 , 22. Gen. 1 1 , 7. Es. 2 2 , 2 8 . Deut. 3 2 , 1 2 . Cf. Deut. 3 2 , 9 .
Rttrovam entt, I l , 40-42
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cose, dovrai convenire che il tuo errore è il più grande c he si possa pensare » . Simone: << Ma se io mi rifiuto di ammetterlo, cosa il pubblico che ci ascolta? Mi accuserà forse di rà di non voler accettare la verità? » .
4 1 . Pietro: « Stammi a sentire. Devi anzitutto capi re che se esistono più dèi , come dici tu, essi sono sog getti al Dio dei giudei il quale non può aver nessun al tro che lo eguagli o lo superi . Sta scritto, infatti - ed è il profeta Mosè che parla così ai giudei -: "Il Signore vostro Dio è il Dio degli dèi , il Signore dei potenti, il grande Dio" 36• E così , anche se sono molti a essere chi amati dèi, uno solo è il più grande di tutti, il Dio dei giudei, appunto, chiamato anche il Dio degli dèi . Non è sufficiente , infatti, chiamare uno dio perché lo sia di fatto, tant'è vero che anche Mosè è stato chiamato dio dal Faraone 37 mentre è più che certo che era un uomo. Pure i giudici sono stati chiamati dèi 38, mentre si sa che erano semplici mortali. Persino statue pagane sono state considerate dèi, e sappiamo benissimo tutti quan ti che non lo sono. Gli empi se li sono meritati come per punizione, gli dèi, perché essendosi rifiutati di co noscere il vero Dio hanno preso per dio ogni raffigura zione e immagine in cui si imbattevano 39• Insomma, poiché non avevano voluto accettare di riconoscere l'unico Dio che, come ho detto, è il Dio di tutti, fu loro concesso di avere quegli dèi che non sono in grado di aiutare in modo alcuno chi si rivolge ad essi . Quale aiuto, del resto , possono dare agli uomini statue senza vita o animali, dal momento che il potere su ogni cosa ce l'ha Uno solo? 42. Uno può essere detto dio in tre accezioni di verse: o perché lo è veramente; o perché è al servizio di 36 37 38 39
Deut. 1 0, 1 7 . Cf. Es. 7 , l . Cf. Es. 2 2 , 9 .
Cf. Rom. l , 2 1 -23.
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Pseudo-Ciemente
chi lo è veramente ; oppure è in onore di chi lo manda per dimostrare cioè che la sua autorità è senza limiti che l'inviato viene chiamato dio; nome che assume ap punto da chi lo manda, come è accaduto spesso con gli angel i : quando essi appaiono a un uomo, questi - se è intelligente e colto - domanda qual è il suo nome, in modo di riconoscere nello stesso tempo sia il prestigio suo come inviato, sia l'autorità di chi lo manda 40• Esi ste infatti per ogni popolo un angelo al quale Dio ha af fidato la cura dei suoi membri ; ma quando appare, benché sia ritenuto e chiamato dio dai suoi affidati , anche se viene interrogato non confermerà mai tale ap pellativo. Dio i nfatti che è l'Eccelso, e da solo ha il po tere su ogni cosa , ha diviso in settantadue parti le na zioni della terra intera e ne ha stabilito come prlncipi gli angeli . A uno, però, che è il più grande fra gli arcan geli 4 1 , probabilmente è stata affidata la cura di coloro che a differenza di tutti gli altri hanno accolto il culto e la dottrina del Dio eccelso . Ma anche uomini santi, co me ho detto, diventano dèi degli infedeli , come se aves sero ricevuto potere di vita e di morte su di essi, come ad esempio Mosè e i giudici che ho ricordato poco fa. Per questo motivo sta scritto in riferimento a loro: "Non maledire gli dèi e non maledire chi governa il suo popolo" 42 • Sono pertanto chi amati dèi i prìncipi dei singoli popoli. Ma il Dio dei prìncipi è Cristo, che è giudice di tutti; e perciò non possono essere veri dèi né gli angeli né gli uomini o qualsiasi altra creatura, ap4°
Cf. Ge n . 22, 39; Es 3, 1 3 ; Giud. 1 3 , 1 7. Cf. Deut. 32, 8. Nella tradizione giudaica, questo «arcangelo più grande» era Michele, preposto al popolo d1sraele ( c f. Dan. 1 0, 20-2 1 ). Per gli ebioniti Cristo non era che u na nuova manifestazione di questo «angelo di Israele», mentre per la grande Chiesa Cristo è il Verbo di Dio che ha assunto in sé tutte le funzioni degli angeli per unire tutte le nazioni sotto la sua sovranità (cf. l Cor. 1 5 , 24.27). Nelle Omelie la posizione degli e b i on iti è ancora sostenuta (cf. Om. 1 8, 4), mentre è evi de n te il ritocco ortodosso di Rufino nell e Reco gnitiones . 42 Es. 22, 2 8 . 41
R 1trovamenti , I l , 42-44
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pun to perché sono sottomessi a un potere in quanto so no creature e soggetti a mutamento: gli angeli , per ché non esistevano mentre ora esistono; gli uomini in qu anto sono mortali; ogni altra creatura perché può es sere annientata, anche se soltanto nel caso che l'an nienti colui che l'ha creata. E per conseguenza, il vero Dio è soltanto colui che non solamente ha la vita in se stesso, ma la dona agli altri pur potendogliela togliere qua ndo vuole.
4 3 . Ed è per questo che la Scrittura, impersonan do il Dio dei giudei , esclama: "Attenti , dovete ricono scere che sono io Dio, e che oltre a me non ce n'è altri ! Io faccio morire e do la vita, ferisco e do guarigione e nessuno può strapparvi dalla mia mano" 43• Vedi, dun que, come la Scrittura per prevenire col suo misterioso potere i futuri errori di coloro che avrebbero affermato l'esistenza o nei cieli o sulla terra di un altro dio che non è quello dei giudei, dichiara: "Il Signore Dio tuo è l'unico Dio esistente su in cielo e qui in terra, e non ce n'è altri all'infuori di lui" 44• Come hai potuto allora es sere così temerario da sostenere che esiste un altro Dio oltre a quello che è il Dio dei giudei? Ma la Scrittu ra dice ancora: "Ecco, sono del Signore Dio tuo il cielo inferiore e il cielo superiore e la terra e quanto essi contengono. Ma ho scelto i tuoi padri per dimostrare loro il mio amore e , dopo di loro, a voi" 45• Così , lungo tutta la Scrittura, viene attestato il fatto che colui che ha creato il mondo è il vero e unico Dio. 44. Quand'anche allora ci siano altri che sono chiamati dèi , come ho detto, essi sono sottomessi al Dio dei giudei , tant'è vero che la Scrittura si rivolge co si ai giudei: "Il Signore Dio nostro, questi è il Dio degli dèi e dei potenti" 46; ed è ancora la Scrittura che ci av43
Deut. 44 Deut. 45 Deut. 46 Deut.
32, 39. 4, 39. 1 0, 1 4 - 1 5 . 1 0, 1 7 .
Pseudo-Ciemenle
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verte che quello è l'unico Dio da adorare quando dice: "Adorerai il Signore Dio tuo e solo a lui sarai sottomes so" 47, e: "Ascolta, Israele: il Signore Dio tuo è l'unico Dio" 48• Del resto, anche i santi, pieni dello spi rito di Dio e irrorati dalla rugiada della sua misericordia esclamarono: "Fra gli dèi chi è simile a te, o Signore? Chi ti eguaglia?" 49 e ancora: "Quale dio c'è oltre al Si gnore? Quale dio oltre il nostro Signore ?" 50• Fu così che Mosè, quando vide il popolo crescere , lo iniziò po co a poco a capire che esiste un unico monarca e a cre dere in un unico Dio. Lo dice nei versetti successivi : "Non richiamarti alla memoria i nomi di altri dèi" 5 1 , ri cordandosi senza dubbio a quale castigo era stato con dannato il serpente che per primo aveva accennato a più dèi 52 • La condanna era di cibarsi di terra, e venne giudicato degno di tale alimento per il fatto che lui per primo aveva introdotto nel mondo la locuzione "dèi" al plurale. Perciò anche tu sta' attento, perché se hai in tenzione di avallare l'esistenza di molti dèi, può succe detti di incorrere nella stessa pena del serpente .
4 5 . Comunque, puoi star sicuro che non ci potrai ritenere tuoi soci in questa affermazione temeraria, né che ci lasceremo turlupinare da te. Al momento del giudizio, infatti , non ci servirà a nulla la scusa di dire che sei stato tu a ingannarci, poiché neppure la prima donna poté essere scusata per essersi fidata stupida mente del serpente, ché, anzi, per aver creduto disgra ziatamente in lui, venne condannata alla morte . Ed è per questo motivo che anche Mosè, raccomandando al popolo la fede nell'unico Dio , disse: "Bada a non allon tanarti dal Signore tuo D io" 51. Nota come si serve della 47 48
49 50 51 52 53
Deut. 6, 1 3 ; 1 0, 20. Deut. 6, 4. Sal. 34, l O; 70, 1 9. Sal. 1 7, 3 2 ; 1 1 2 , 5 . Es. 2 3 , 1 3 . Gen. 3 , 5 . 1 4. Cf. Deut. 6, 1 2; 8, 1 1 .
R1trovamenti, I l , 45-46
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stes sa parola usata dalla prima donna quando, per scu s arsi , si dichiarò sedotta 54• Ma non ne ottenne alcun giovamento. Insomma, anche nel caso che venisse fuo ri un qualche vero profeta che compisse prodigi e mi racoli ma che cercasse di persuaderei a venerare altri dèi oltre al Dio dei giudei, non potremmo in nessun ca so credergli . Questo insegnamento, infatti , ci ha dato la Legge di Dio affidandoci nella più genuina trasmissio ne questa nascosta verità. Si esprime così : "Se salta fuori da voi un profeta o un visionario che compie fatti straordinari , anche se questi prodigi si avverassero e vi invi tasse a seguirlo o ad adorare dèi stranieri che non conoscete, non ascoltate le parole di quel profeta o di quel visionario; è solo una tentazione per mettervi alla prova, per accertarsi se amate veramente il Signore vo stro D io" 55•
46 . È per questo che nostro Signore, quando ope rava miracoli, metteva in ri salto il Dio dei giudei, ed è perciò logico che si creda alla sua predicazione. Ma tu , quand'anche fossi un vero profeta e compissi prodigi straordinari - come prometti - e annunciassi altri dèi oltre a quello che è il vero Dio, è chiaro che non saresti stato incaricato ad altro che a mettere alla prova il po polo di Dio, e che perciò non si può assolutamente cre derti . Uno solo infatti è il Dio vero, quello dei giudei; e per questo nostro Signore Gesù Cristo insegnava che bisognava cercare non Dio, da essi ben conosciuto, ma il suo regno e la sua giustizia 56 che gli scribi e i farisei, impossessatisi della chiave della dottrina, non avevano chiuso ma avevano impedito che vi si entrasse 57• Se in fatti non avessero conosciuto il vero Dio non li avrebbe mai incolpati - prima ancora di dargli questa cono54 Gioco di significati sul passivo di seducere : essere sedotto da , e quindi allontanarsi da . 55 Deut. 1 3 , 1 -3 . 56 C f . Mt. 6, 3 3 . 57 C f . Mt. 2 3 , 1 3 ; L e . 1 1 , 5 2 .
1 48
Pseudo-ctemente
scenza primaria e fondamentale - di trasgressioni leg
gere e insignificanti, come ad esempio di allungare le
loro filattèrie e di pretendere nei banchetti i primi po sti, di fermarsi a pregare nei crocicchi delle strade 58 e altre piccolezze del genere che, in verità, paragonate a questo fatto fondamentale dell'ignoranza di Dio ap paiono banali bazzecole » . 47. Simone: « Ti dimostrerò con l e parole del tuo Maestro che persino lui ha parlato di un Dio scono sciuto a tutti. Se infatti anche Adamo ha conosciuto il Dio che l'ha creato, l'ha conosciuto Enoch che da lui è stato rapito in cielo, Noè che da lui ha ricevuto l'ordine di costruire l'arca; se Abramo e Isacco e Giacobbe e Mosè nonché tutti i patriarchi e tutto il popolo e tutte le nazioni pagane hanno avuto conoscenza del creatore del mondo e lo riconoscono Dio, il vostro Gesù, invece, che è apparso in tempi molto posteriori ai padri dice: "Nessuno conosce il Figlio all'infuori del Padre, né il Padre all'infuori del Figlio e coloro ai quali il Figlio ha voluto rivelarlo" 59• Ebbene, non sta a indicare, questo, che anche il vostro Gesù ha ammesso che esiste un al tro Dio per tutti incomprensibile e sconosciuto? » . 4 8 . Pietro: « Non t'accorgi che stai dandoti l a zap pa sui piedi? Perché se anche il nostro Gesù conosce questo Dio che tu dici sconosciuto, vuol dire che non sei soltanto tu a conoscerlo. Anzi, se il nostro Gesù l'ha conosciuto, l'ha conosciuto indubbiamente anche Mo sè che predisse la venuta di Gesù, dal momento che era un profeta; e se ha profetato riguardo al Figlio, cono sceva di certo anche suo Padre! Se infatti è volontà del Figlio rivelare il Padre a chi vuole - e parlo del Figlio che fin dall'inizio e senza interruzione lungo tutte le generazioni è stato col Padre 60 - come ha rivelato il Pa58 Cf. Mt. 23, 5-7 ; 59 M t . I l , 2 7 . 60 Cf. G v . l , l .
6,
S.
Ritrovamenti, I l , 48-50
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dre a Mosè allo stesso modo l'ha fatto con gli altri pro feti . E se è così, è chiaro che non è rimasto sconosciuto a nessuno dei padri . Ma a te, che non credi nel Figlio, come è possibile che ti sia stato rivelato il Padre, che nessuno conosce se non coloro ai quali il Figlio ha vo luto rivelarlo 6 1 ? E il Figlio non rivela il Padre se non a quell i che onorano egualmente tanto il Figlio quanto il Padre 62! » .
49. Simone: « Non dimenticare che hai detto che Dio ha un figlio, e questo è un oltraggio ! Come può in fatti avere un figlio se non sottomettendosi alle medesi me leggi naturali degli uomini o degli animal i ? Non è questo, comunque, il momento di mettere in berlina la tua abissale stupidità, perché ho fretta di farti conosce re quanto sia immensa la somma Luce. E allora stam mi subito a sentire . lo ritengo che esista una qualche potenza dotata di luce tanto smisurata e ineffabile da essere incomprensibile nella sua grandezza. Persino il creatore del mondo ne i gnora la potenza, senza parlare del legislatore Mosè e del vostro maestro Gesù » . 50. Pietro : « Non ti sembra che sia un po' matto , uno che pretende di sostenere l'esistenza di un altro Dio oltre il Dio di tutti e dire: "Ritengo che esista una qual che potenza" e di volerne dare ad altri la certezza prima ancora che essi sappiano con certezza di che cosa si sta parlando? Ci sarà qualcuno così avventato da credere alle tue parole , quando vedono che tu stesso non ne sei sicuro, e da ammettere che esista una qualche potenza, sconosciuta al Dio che ha creato, a Mosè, ai profeti, alla Legge e a Gesù nostro Maestro? E che questa potenza sia così condiscendente da non volersi far conoscere a nessun altro se non a uno solo che saresti tu ? E poi, in fin dei conti, se questa potenza è una realtà nuova, co me mai non ci dà un nuovo organo di senso oltre ai cin61 62
Cf. Mt. 1 1 , 27. Cf. Gv. 5, 2 3 .
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que sensi di cui siamo dotati, in modo da potere - con quel nuovo senso che ci offre - accogliere e capire quel la sua nuova potenza? E se non è in grado di darcelo, come ha fatto a darlo a te? Se l'ha rivelato a te, perché a noi no? E se per caso ci sei arrivato da solo a capire una cosa che neppure i profeti sono riusciti a immaginare o comprendere, su, dicci su due piedi i pensieri che pas sano per la testa a ognuno di noi ! Perché se in te c'è una chiaroveggenza così acuta da conoscere le realtà che stanno oltre i cieli, a tutti sconosciute ma anche per tut ti incomprensibili, sarà una bazzecola per te conoscere i pensieri terra terra degli uomini ! Se però non riesci a indovinare i pensieri di noi che ti stiamo di fronte, co me puoi affermare di conoscere realtà che tu stesso di chiari sconosciute a tutti? 5 1 . Credi a me, piuttosto: tu non riusciresti a sape re neppure che cos'è la luce se non avessi ricevuto da chi è la Luce sia l'occhio che la facoltà di vedere. La stessa cosa vale per gli altri sensi. Ma una volta ricevu ta l'intelligenza tu , come uno che delira, vai a fantasti care realtà più grandi e sublimi sfruttando proprio quei cinque sensi senza un minimo di riconoscenza per chi te li ha dati . Puoi essere sicuro, comunque, che fin ché non riesci a inventare un qualche nuovo organo di senso oltre a quei cinque di cui tutti siamo dotati, non potrai mai affermare l'esistenza di un nuovo Dio» . Simone: « Dal momento che tutto ciò che esiste è colto dai cinque sensi , quella potenza che sta al di so pra di tutto non può aggiungere nulla di nuovo ! n . Pietro: « Sbagliato ! I n realtà esiste un sesto senso, quello della prescienza. Questi cinque sensi di cui par lavamo sono ordinati al conoscere, mentre il sesto è quello della prescienza che possedettero i profeti . Co me puoi tu , dunque, aver conosciuto il Dio ignoto a tutti, dal momento che non sei stato degno di avere il senso profetico, vale a dire della prescienza? » . Simone: « Questa potenza incomprensibile di cui parlo - cominciò a dire - e che è al di sopra di tutti e an che dello stesso Dio creatore del mondo, nessun angelo,
Ritrovamentl , I l , 51 -53
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nessun demonio, nessuno dei giudei né nessunissima creatura che ha avuto l'esistenza dal Dio creatore l'han no mai conosciuta. Come avrebbero potuto, del resto, se era sconosciuta persino al Creatore? Ebbene, fu proprio la Legge data dal Dio creatore a farmi capire l'esistenza di quella potenza che neppure essa conosceva>> . 5 2 . Pietro: « È strano! Come hai potuto, tu, ap prendere dalla Legge più di quanto la stessa Legge era in grado di insegnarti o di contenere? E come puoi dire di aver attinto dalla Legge le prove delle tue pretese af fermazioni, dopo aver dichiarato che la Legge non sa niente di quello che tu dici, e che non lo sa neppure l'autore della Legge, vale a dire il Creatore del mondo? Ma mi pare strano anche il fatto che tu, l'unico a cono scere quelle cose, te ne stai qui ora con tutti quanti noi, stretto nello spazio di questo angusto portico! » . Simone, accortosi che Pietro e tutta la gente erano scoppiati a ridere, disse: « TU te la ridi, Pietro, proprio mentre stiamo discutendo di realtà tanto importanti e sublimi b> . Pietro: «Non prendertela, Simone. Non stiamo fa cendo nulla che ecceda la promessa che ci siamo scam biati, né ci tappiamo le orecchie - come dicevi - e nep pure siamo svicolati nel momento che abbiamo ascol tato le tue ineffabili dottrine. Non ci siamo mossi d'un passo! La verità è che da te non è uscita neppure un'af fermazione che si avvicini poco poco alla verità, capace di spaventarci un tantino. Insomma, facci capire bene questo piccolo particolare: come hai potuto apprende re dalla Legge delle verità che la Legge ignora e sono sconosciute persino al Dio della Legge ? >> .
5 3 . Simone: « Stammi a sentire: a tutti è noto, e confermato da motivazioni inspiegabili, che esiste un solo Dio, che è il migliore in assoluto, dal quale ha avuto inizio tutto ciò che esiste e al quale, di conse guenza, sono di necessità soggette tutte le cose che do po di lui sono venute ad esistere, in quanto ne è il ca po più elevato. Ebbene , io mi sono reso conto che quel
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Dio che aveva creato il mondo, stando alle parole della Legge, aveva parecchie pecche - ora, un Dio perfetto non può sopportare un qualunque neo! - e vedendo che non era perfetto capii che necessariamente ne esi steva un altro dotato di perfezi one. Quel primo, infat ti, come ho detto, stando a quanto riferisce il testo del la Legge , lo si scopre pieno di i mperfezioni. Anzitutto perché l'uomo che aveva plasmato non riuscì a rima nere tale e quale lui l'aveva voluto, e poi perché non può essere buono chi ha dato come comando al primo uomo di mangiare, sì , i frutti di ogni albero del para diso, ma di non toccare l'albero della conoscenza, pe na la morte se ne avesse gustato . Per quale motivo gli avrebbe vietato di mangiarne? Se avesse potuto distin guere il bene dal male, avrebbe saputo evitare il male e scegliere il bene ! Ma non glielo concesse, e poiché trasgredendo il divieto ne gustò, venendo così a cono scere ciò che era bene - e imparò fra l'altro a coprirsi per rispetto i genitali , poiché ebbe la sensazione che sarebbe stato indecoroso stare d i fronte al proprio creatore con le parti intime scoperte -, quel Dio ti va a infliggere la pena di morte a chi aveva imparato a mo strargli rispetto e maledice il serpente che l'aveva con sigliato ! Ora, se l 'uomo per colpa del serpente doveva trasgredire, perché Dio aveva posto nel paradiso una sicura trappola per farlo trasgredire? Ma se invece era buono quanto aveva posto nel paradiso, non è da per s ona buona proibire un bene ! 5 4 . E così , di conseguenza, dal momento che chi ha creato l'uomo e il mondo - stando al testo della Leg ge - è un essere imperfetto, la Legge stessa ci fa con certezza pensare a un altro Dio che sia perfetto. Biso gna per forza che ne esista uno più importante di tutti, grazi,e al quale anche ogni creatura sta al proprio po sto. E per questo che io, rendendomi conto dell'assolu ta necessità di un Dio più misericordioso e potente del Dio imperfetto autore della Legge , e capendo che cos'è un essere perfetto dal confronto con un essere imper fetto, ho intuito dalla stessa Scrittura l'esistenza di
R1trovamentt, Il ,
54-55
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quel Dio di cui essa non parlava. In questo modo, o Pi etro, sono venuto a conoscere dalla Legge quanto la Legge stessa ignorava. Ma anche nel caso che la Legge non mi avesse offerto spunti per concludere che il Dio che aveva creato il mondo era imperfetto, mi sarebbe stato possibile arrivare alla stessa conclusione anche partendo dai mali che infestano questo mondo e che non vengono corretti. I casi sono questi: se non può, vuoi dire che il creatore del mondo che non ne correg ge le malefatte è impotente; e se non vuole togliere il male, dev'essere lui stesso un malvagio. Se poi né può né vuole, vuoi dire che non è né potente né buono, e bi sogna dedurne che esiste un altro Dio superiore a tutti e più potente. Ebbene, se hai qualche obiezione da fare a quanto ho detto, sbrigati » . 5 5 . Pietro rispose: '' Di solito, Simone, fantasticano assurdità contro Dio coloro che non leggono la Legge come viene trasmessa dai maestri, ma s'impancano es si stessi dottori e ritengono di poter capire la Legge senza che venga loro spiegata da chi ha avuto un mae stro come insegnante. Adesso, comunque, per farti ve dere che anche noi ci atteniamo al testo della Legge co me è nel tuo stile, poiché dici che da essa emerge un creatore del mondo impotente e non buono, come hai fatto a non accorgerti che sotto alle tue stesse critiche cade e si frantuma anche quella tua potenza che affer mi essere superiore a tutte le altre ? Lo stesso discorso, infatti, puoi riferirlo ad essa, poiché tutto il male che si compie su questa terra o è impotente a correggerlo o, se lo può e non vuole, è perché è malvagia. Se poi ne è incapace e gliene manca anche la volontà, vuoi dire che è impotente e imperfetta; per cui quella tua nuova potenza non solo la riscontriamo ugualmente colpevo le, ma di più, dal momento che la si pensa, pur non es sendolo, superiore a tutto. E infatti, è evidente che co lui che ha creato il mondo è lo stesso che continua a sostenerlo con la stessa potenza con cui l'ha creato, e su questo sei d'accordo anche tu. Ma questa potenza, che tu solo dici di conoscere, non offre il benché mini-
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Pseudo-Cie�
mo indizio che ci permetta di supporre per lo meno che esista e sorregga il creato. 5 6 . Ma come si fa, allora, a mettere da parte quel Dio nel cui mondo viviamo e che ci mette a disposizio ne tutto quanto ci necessita per vivere, per andar dietro a un illustre sconosciuto dal quale non solo non otte niamo alcun bene , ma del quale non possiamo neppure sapere se esiste, proprio perché non esiste? Se infatti tu lo chiami Luce, più luminosa di questa luce che ci batte negli occhi, non fai che prendere a prestito quel nome dal creatore del mondo. Se lo definisci Sostanza superiore a ogni altra, è sempre grazie a lui che con un giro di parole ne manifesti la comprensione. Se lo chia mi la Mente, la Bontà, la Vita o con qualunque altro nome che ti venga in mente , è sempre da lui che prendi a prestito i vocaboli . Perciò, non avendo alcun elemen to nuovo da aggiungere, a quella potenza di cui parli, non solo per capirla ma neppure per darle un nome, come ti permetti di inventare un nuovo Dio se non rie sci nemmeno a trovargli un nuovo nome ? In realtà, il nome "potenza" non si applica solo al creatore del mondo, bensì anche ai ministri della sua gloria e a tut ta la corte celeste . Non ti sembra pertanto meglio di andar dietro al Dio che ci ha creati come a un padre che ci educa e ci istruisce come sa fare lui ? Nel caso poi che esista, co me tu dici , un qualche Dio più benevolo di tutti gli al tri , possiamo star certi che non si arrabbierà contro di noi , perché se si arrabbia vuoi dire che è malvagio. Il nostro Dio, però, anche se va in collera e castiga, non lo fa per cattiveria ma per giustizia, perché non lo fa che per rimproverare e correggere i propri figli , men tre il tuo, che non ha niente che fare con noi, se voles se punirei come può essere buono? Se ci punisce per ché non abbiamo abbandonato il nostro Padre per an dar dietro a lui attratti unicamente da inconsistenti congetture, come puoi dichiarare che un tipo del gene re sia buono, quando non lo si può pensare neanche giusto? » .
R1trovamenti, I l , 57-58
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57 . Simone: « Sei così fuori strada, Pietro, da igno rare che le nostre anime vengono da quel Dio buono superiore a tutti , ma che sono state trasferite in questo mondo come in prigione ! » . Pietro: « Quindi non a tutti è sconosciuto, come di cevi poco fa. E tuttavia, come mai ha permesso, quel tuo buon Dio, che venissero imprigionate le sue anime se la sua potenza sovrastava tutte le altre ? » . Simone : « È stato lui a incaricare i l Dio creatore di creare il mondo ma questi, una volta creato il mondo , si è autoproclamato Dio » . Pietro: « Dunque, colui che ha creato i l mondo lo conosce, contrari amente a quanto affermavi poco fa; ma lo conoscono anche le anime, se è vero che da lui sono state tratte . A chi perciò può rimanere sconosciuto, se l'ha conosciuto anche il creatore del mondo per il fatto che ne è stato da lui incaricato 63, stando alle tue parole, nonché tutte le anime che gli sono state sottratte per es sere scaraventate su questa terra? E vorrei ancora che rispondessi a questa mia domanda: chi lo incaricava di creare il mondo, non sapeva che il suo inviato l'avrebbe tradito? Se ne era all'oscuro, non possedeva la prescien za; se invece lo sapeva e l'ha permesso, il colpevole di quanto è accaduto è proprio lui che non l'ha impedito; e se non ne aveva il potere non è certo onnipotente ! Se poi, pensando che poteva forse essere una cosa buona, l'ha lasciato fare, se ne deduce che è migliore quest'altro che ha avuto il coraggio di compiere quell'azione buona di cui il mandante stesso era all'oscuro ! » . 5 8 . Simone : « Accoglie soltanto coloro che voglio no andare a lui, e li ricompensa» . Pietro: « Niente di nuovo, in questo . Lo fa pure quegl i che tu ammetti essere il creatore del mondo! » . Simone : << Ma i l Dio buono d à l a salvezza a patto solo che lo si conosca , mentre il creatore del mondo pretende che si metta in pratica anche la Legge ! » . 63 Qui e più sotto (incaricato, chi lo incaricava, inviato) in latino viene usato il vocabolo missus , nel senso di missione da compiere.
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Pseudo-Ciemente
Pietro: «Dunque il tuo dio salva persino gli adulte ri e gli assassini, se per caso l'hanno conosciuto, men tre non salva né i buoni né i sobri né i misericordiosi se non ne hanno avuto conoscenza per non aver trova to nessuna traccia della sua esistenza! Stai dicendo un gran bene di uno che non tanto salva i cattivi quanto rifiuta ogni mis��:icordia ai buoni ! » . Simone: « E u n travaglio non indifferente, per un uomo fatto di carne, conoscerlo, dal momento che que sto corpo che racchiude l'anima è più tenebroso di qualunque tenebra e più pesante di ogni fango » . Pietro: « Dunque, quel tuo buon dio ama l e cose difficili ! Ma il vero Dio desidera quelle più facili . Fac cia dunque il buono, il tuo dio, e ci lasci in compagnia del nostro Padre e creatore; e quando ci saremo spo gliati del corpo e avremo lasciate queste tenebre potre mo conoscerlo finalmente con maggior facilità, e in quel momento l'anima capirà meglio che è Dio il suo creatore , e resterà con lui, e non si arrovellerà più con pensieri contraddittori, né vorrà rifugiarsi presso un'al tra "potenza" che nessuno conosce all'infuori di Simo ne, e che è talmente buona che, se uno non si è com portato prima da scellerato nei confronti del Dio che l'ha generato, non ha la possibilità di raggiungerla! Proprio non so a quale titolo quella tua potenza si pos sa chiamare buona o giusta, quando non può riuscirle gradito se non chi si è comportato da mascalzone nei confronti di colui che l'ha creato » . 5 9 . Simone: « È forse u n sacrilegio, quando c'è di mezzo la convenienza di un maggior guadagno, attac carsi a uno che è più potente e glorioso? >> . Pietro: « Ma se, come dici tu, non è un sacrilegio rifugiarsi da un estraneo, è molto più onesto rimanere in casa del proprio padre anche se è povero! Ma se pensi che non sia un'empietà abbandonare il nostro padre per trovar casa da un estraneo che ti può sem brare migliore, e se credi che facendo così il nostro creatore non se l'abbia a male, a maggior ragione non se l'avrà a male il tuo buon dio per non esserci rifugia-
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t i, estranei come siamo a lui , in casa sua, e per essere ri mas ti col nostro creatore . Penso, anzi, che ci loderà ancora di più per essere rimasti fedeli al nostro Dio creatore proprio nella considerazione che pur apparte nendo a lui, non l'abbiamo però mai abbandonato, per quanto sedotti da altre lusinghe. Metti il caso che uno, attratto da promesse più vantaggiose, abbandoni il proprio genitore per andare da un altro: non può suc cedere che poi lasci anche questo per correre da un al tro che gli prometta ancora di più , tenuto conto inoltre che non è neppure figlio suo e che aveva già osato ab bandonare il proprio padre naturale? )) . Simone : « Che mi dici se le anime venissero pro prio da lui, ma non sanno che è lui il loro vero padre? )) .
60. Pietro: « Ce l a metti proprio tutta nel presen tarcelo incapace ! Perché se , come dici, è più potente di tutti, non si potrà mai credere che uno meno forte ab bia strappato prede a uno più potente; o se il Dio crea tore è riuscito con la forza a rubargli le anime per por tarle in questo mondo, com'è possibile che esse, una volta uscite dal corpo e sciolte le catene della prigionia, vengano dal buon dio incolpate e punite , quando è pro prio a causa del suo disinteresse o della sua debolezza che gli sono state sottratte e m andate qui e rinchiuse in un corpo come nelle tenebre dell'ignoranza? Mi dai l'impressione di ignorare che cosa sia un padre e un Dio ! Io al contrario potrei dirti da dove vengono le ani me, quando e come sono state fatte; m a darti queste spiegazioni quando tu ti trovi ancora ostinato in un madornale errore riguardo alla scienza di Dio, non mi è propri o leci to)) . Simone : « Giorno verrà che t i pentirai d i non aver capito ciò che ti ho detto di quella ineffabile potenza)) . Pietro: « M a dacci allora, come ti ho detto e ripetu to, tu che ti presenti come un nuovo dio o come uno che da lui discende , dacci qualche nuova facoltà che ci permetta di conoscere quel nuovo dio di cui parli, poi ché questi cinque organi di senso che ci ha dato Dio creatore sono ligi al proprio creatore e non percepisco-
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Pseudo-Ciemente
no, a motivo della loro propria natura, che esista un qualche altro dio» .
6 1 . Simone: « lmpégnati col pensiero a quanto ti dimostrerò. E adesso ascoltami : ti è mai successo, quando stai pensando, di sconfinare con la mente ver so regioni o isole lontane? E di restarvi così assorto che, a motivo dell'incanto di quanto contemplavi , non riuscivi nemmeno a vedere ciò che ti stava davanti o a sapere dove s tavi seduto ? » . Pietro: << E vero, Simone; m i è successo non poche volte » . Simone: << E allora adesso spazia col tuo pensiero nel cielo, e poi ancora al di là del cielo, e guarda: ci dev'essere un qualche luogo al di là del mondo o fuori del mondo dove non c'è né cielo né terra la cui ombra porti tenebre anche lì. E poiché per questo motivo non vi si trovano corpi né tenebre causate dai corpi, è gio coforza che vi si trovi una luce infinita! E immagina di che razza di luce si deve trattare se non è mai alterna ta da alcuna tenebra ! Se già la luce del nostro sole in vade tutto intero questo mondo, puoi farti un'idea del lo splendore di quella luce incorporea e i nfinita? Non c'è dubbio che la differenza è tale che questa luce sola re a confronto con quella appare tenebra piuttosto che luce » . 6 2 . Dopo questo intervento di Simone, Pietro ri sponde : <
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no stalgicamente la mia Gerusalemme dove ero spesso salito nelle mie veglie per dare offerte e pregare . Anco ra: al sentir altri dire meraviglie di questa Cesarea, non soltanto mi veniva il desideri o di visitarla, ma pur non essendoci mai stato mi sembrava di vederla , e im magi navo ciò che si può immaginare di una grande città, le sue porte, le mura, le tenne, le piazze, i vicoli, i mercati e tutto quanto è ad essi connesso analoga mente a ciò che avevo osservato in altre città; ed ero così beatamente assorto in questa visione che di fatto - come hai detto tu - non mi accorgevo di ciò che mi stava davanti in quel momento, né avrei saputo dire dove stavo seduto » . Simone: << Adesso sì che parli bene ! » . 6 3 . Pietro : « Allora, dicevo, assorto com'ero, non mi ero reso minimamente conto di aver preso un gros so pesce che aveva abboccato e che stava strappando mi dalle mani amo e lenza. Mio fratello Andrea, che mi sedeva accanto, vedendomi intontito e sul punto di ca dere , mi diede di gomito su un fianco per svegliarmi come se dormissi e mi disse: "Non vedi , Pietro, che pezzo di pesce hai preso? Sei andato fuori di testa ? Te ne stai lì imbambolato come un ebete ! Che ti succede? Su, parla ! " . Ed io, un pochino seccato perché mi aveva strappato a quelle visioni di sogno, risposi che stavo benissimo, solo che stavo assorto in contemplazione della mia diletta Gerusalemme e anche di Cesarea, e se col corpo mi trovavo accanto a lui, la mente era stata trascinata in quei posti . E lui, non so sotto quale ispi razione, venne fuori con una verità profonda e segreta: 64 . " Smettila, Pietro! Cosa stai facendo? Non sai che quando il demonio sta per impossessarsi di qual cuno o per sconvolgergli la mente comincia proprio co sì ? Lo fa trasportare dalla fantasia in un primo mo mento in sogni gioiosi e piacevoli per poi farlo precipi tare, gesticolando a vuoto, nell'irrealtà ! E la causa sta in una sorta di debolezza psichica per cui quel tale non vede più le cose reali mentre col desiderio si fa compa-
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Pseudo-Ciemente
rire davanti agli occhi cose irreal i . La stessa cosa suc cede a coloro che cadono in delirio: hanno l'impressio ne di vedere tante figure, ma ciò è dovuto al fatto che per il troppo freddo o per il troppo caldo la loro psiche, sconvolta e dislocata, viene turbata nella sua funzione naturale. Ci sono anche di quelli che hanno sempre una gran sete, e come si addormentano sognano fiumi e sorgenti e di bere e bere, e questa anomalia dipende dal fatto che soffrono di eccessiva secchezza. Insom ma, tutte queste cose succedono senza alcun dubbio per causa di una qualche disfunzione psichica o fisica" .
6 5 . Ti garantisco inoltre che a proposito di Geru salemme , dove spesso ero stato , raccontavo a mio fra tello quali angoli e quali gruppi di persone mi era sem brato di vedere; ma anche di Cesarea, dove mai ero sta to, giuravo comunque che era tale e quale l'avevo im maginata. Quando poi ci sono venuto mi sono reso conto che non corrispondeva per niente a quanto mi aveva presentato la mia fantasia, e ho preso atto che in realtà le porte e le mura e gli altri edifici che le attri buivo non avevano altro che una certa somiglianza con quelli che avevo visto in altre città. Non è infatti possi bile che uno possa immaginare realtà nuove attribuen do ad esse forme mai esistite. Facciamo il caso che uno voglia creare nella sua immagi nazione dei tori a cinque teste: è da quelli che ha visto con una sola testa che si rappresenta questi a cinque teste. E adesso, per venire a te, se effettivamente ti sembra di aver vi sto con la tua immaginazione qualcosa e di aver buttato gli occhi al di sopra dei cieli, è più che certo che hai attribuito, a ciò, tratti di cose che vedi qui sulla terra . O se ti pare che sia facile penetrare col tuo pensiero al di là dei cie li e di poter osservare ciò che vi sta e di impadronirti della conoscenza di quella luce infinita, ebbene io ri tengo che per uno che può comprendere quelle realtà dev'essere molto più facile far penetrare il proprio sguardo - che ha imparato a salire fin lassù - nell'inti mo di qualcuno di noi che ti sta davanti e dire quali so no i suoi pensieri . E dunque, se riesci a i ndovinare i
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pensieri intimi di uno di noi che non sia evidentemente un tuo sostenitore, può darsi che riusciremo anche a credere che sei in grado di conoscere ciò che sta al di là dei cieli , anche se si tratta di realtà molto più alte » . 6 6 . Simone: « L'hai tirata a lungo questa tua canti lena! E adesso ascoltami tu. È impossibile che tutto ciò che viene in testa a un uomo non esista anche di fatto nella realtà, dal momento che ciò che non ha consi stenza non ha neppure fonna, ma ciò che non ha for ma non può venir immaginato >> . Pietro: « Ma se tutto ciò che può essere pensato esiste di fatto, quel tuo luogo che tu affenni essere sen za limiti, fuori del mondo, se uno personalmente lo im magina luminoso, e un altro invece tenebroso, com'è possibile che un unico e medesimo spazio, stando alle loro opposte immaginazioni, sia nello stesso tempo e luce e tenebre? » . Simone: « Lascia perdere, per adesso, ciò che ho detto io. Di' tu cosa pensi che ci sia oltre i cieli » . 6 7 . Pietro: « Se tu avessi fede nell'autentica sorgen te della Luce potrei dirti che cosa è e come è fatto ciò che è senza li miti , e non una fantasia campata in aria; e ti dimostrerei la verità che necessariamente ne deriva servendomi non di ragionamenti sofistici bensì di pro ve basate sulla Legge e sui principi naturali ; così capi resti che la fede nell'Immenso è contenuta principal mente nella Legge . Ora, se la Legge non ignora il con cetto di Immenso, non esiste sicuramente nient'altro di cui essa sia all'oscuro , ed è perciò falso il tuo credere che alla Legge sfugga qualcosa. E ci sono mille ragioni in più per cui nulla è nascosto a chi ha dato la Legge. Non posso comunque dir niente su ciò che è immenso e illimitato se prima non accetti la nostra idea riguardo ai cieli racchiusi in confini precisi, a meno che tu ci di ca chiaramente la tua . Il fatto è che, se non sei in grado di capire ciò che è limitato, tanto meno riuscirai a co noscere o a imparare qualcosa sulle realtà che trascen dono ogni confine » .
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6 8 . Simone: « M i sembra sia meglio credere sem plicemente che Dio esiste e che in tutto l'universo non esista altro cielo di quello che vediamo » . Pietro: « Non basta. Devi essere d'accordo nell'af fermare che esiste un unico Dio che è il vero Dio e che esistono i cieli da lui creati così come insegna la Legge: un cielo superiore - che comprende anche il firmamen to che noi vediamo - che non ha termine ed è eterno assieme a coloro che vi abitano; mentre questo che noi vediamo cadrà nel nulla alla fine dei tempi e scompa rirà 64, cosl che quel cielo che è più antico e più alto sarà quello che apparirà dopo il giudizio ai santi che se lo sono meritato,, . Simone : « Quelli che credono possono pensare che le cose stanno così come tu dici , ma per chi vuole far sene una ragione è impossibile cavarla fuori dalla Leg ge , tanto più se ci riferiamo all'infinita Luce» . 69 . Pietro: << Non credere che noi diciamo che biso gna accettare queste verità soltanto per fede: esse si de vono affermare anche per motivi razionali . Non è pru dente affidare queste verità alla nuda fede priva di so stegno razionale, dal momento che alla verità non mancano evidentemente le spiegazioni razionali . Chi pertanto accetta queste verità perché sostenute dalla ragione non rischierà di perdere la fede; ma se uno le accoglie dicendo di sì a ciò che sente dire senza il so stegno di prove razionali, non è in grado di mantenerle al sicuro né può esser certo che siano vere . Chi crede senza difficoltà, rinnega anche con facilità. Chi invece ha cercato e trovato anche le motivazioni razionali del le verità in cui crede , si trova come legato ad esse da certi vincoli della sua stessa razionalità e mai potrà es sere sradicato o separato da ciò in cui ha creduto. In somma, quanto più uno si è dato da fare nel ricercare le prove di ragione, tanto più rimarrà saldo nel conser vare la fede ,, . 64
Cf 2 Pt 3, 1 0
R1tr ovament1 , I l , 7D-71
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70. Simone: « Non è un po' esagerata la tua pro messa di riuscire a di mostrare in base alla Legge l'eter nità della Luce infinita? » . « Quando vuoi » , rispose Pietro. E Simone prose g uì : « Poiché si è fatto tard i , rimandiamo a domani; e se alla mia presenza e malgrado le mie critiche riusci rai a provare che questo mondo è stato creato e che le anime sono immortali , mi farò tuo compagno di predi cazio ne,, . Dopo queste parole se ne andò, seguìto da un ter zo della gente che era venuta con lui , mille uomini all'incirca. I restanti , invece, si misero in ginocchio da vanti a Pietro il quale, invocato il nome di Dio su di lo ro , guarl alcuni indemoniati e risanò altri ammalati ; e così li congedò tutti quanti nella gioia con la racco mandazione che l'indomani arrivassero un po' in anti cipo. E come la gente si fu ritirata, fece stendere per terra una coperta sotto il portico dove si era tenuto il dibattito e vi si sdraiò assieme ai suoi undici mentre io, con alcuni altri che avevano appena iniziato anch'essi ad ascoltare la parola di Dio ed erano persone vera mente care, consumavo il mio pasto sdraiato da un'al tra parte . 7 1 . Ma Pietro , con la sua grande benevolenza, pensando che questa separazione potesse arrecarmi tristezza, mi disse: « Non è per superbia, o Clemente , che non mangio con coloro che ancora non sono stati purificati . La verità è che ho paura di far del male a me stesso senza recare utilità ad essi . Voglio che ti si pianti in testa questa certezza, che chiunque ha avuto a che fare qualche volta col culto degli idoli e ha adorato quelli che i pagani chiamano dèi o ha mangiato carni ad essi immolate non è esente dallo spirito del male 6S, poiché è diventato commensale dei demoni ed è diven tato compartecipe di quel demonio la cui immagine, o per timore o per amore, si è formato in mente. Per questo non è privo di spirito immondo, e di conseguen65
Cf l Cor 1 0, 20
Pseudc>Ciemente
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za ha bisogno di venirne purificato col battesimo, così che fuoriesca da lui lo spirito del male che aveva preso dimora nelle intime facoltà della sua anima e che, peg gio ancora, non dà segni di starvi nascosto in profon dità per evitare che, una volta smascherato, venga mes so in fuga.
7 2 . Questi spiriti immondi, infatti, amano inse diarsi nei corpi degli uomini per soddisfare tramite es si le proprie passioni e costringerli, col piegar la loro volontà verso gli oggetti del loro desiderio, a sottomet tersi alle loro sfrenate passioni facendoli diventare , corpo e anima, ricettacolo di demoni. Un esempio ne è il nostro Simone che, affetto da una malattia del genere , non può più venir guarito poi ché ad essere colpita è proprio la sua forza di volontà. E non è contro sua volontà che il demonio abita in lui, per cui se uno tenta di scacciarlo e di buttarlo fuori, dal momento che onnai è tutt'uno con lui, diventato - per cosi dire - la sua anima, avrà piuttosto l'impres sione di ammazzarlcr66 e di commettere un omicidio. Nessuno di voi deve dunque aversene a male per non essere ammesso al nostro pasto. È che ognuno deve passare un certo periodo di attesa che dipende eviden temente dalla propria personale decisione, in quanto la separazione è breve per chi desidera ricevere presto il battesimo, lunga per chi vuole ritardarlo. Dipende quindi da ciascuno decidere tempi brevi o lunghi per il proprio rawedimento; e perciò sta a voi la decisione di quando unirvi alla nostra mensa, e non a noi , dato che non ci è permesso di mangiare con chi non è stato pri ma battezzato. Siete piuttosto voi , insomma, a impe dirci di partecipare alla vostra mensa se tardate a puri ficarvi e aspettate troppo a farvi battezzare » . Detto questo, benedì i l cibo e mangiò. Rese poi grazie a Dio ed entrò in casa per riposare. Lo stesso fa cemmo tutti noi , poiché era ormai notte.
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Cf. Mc. 9 , 25.
L I B RO 1 1 1 l . COME PARLARE DELLE VERITÀ DMNE A UN PUBBLICO NON OM OGENEO; (2- 1 1 . DIGRESSIONE INTERPOLATA SUL DIO INGENITO E GENERATO, NON RIPORTATA DA RUFINO); 1 2-29 . CONTINUA LA DI· SCUSSIONE TRA PIETRO E SIMONE SUL MALE E SUL LIBERO ARBI· TRIO; 30-32. PIETRO Al SUOI: NECESSITÀ DI OCCUPARE LA MENTE COL PENSIERO DI DIO PER NON LASCIARE SPAZIO AL MALIGNO; 3 346 . PIETRO A SIMONE: OCCORRE SEG UIRE UN ORDINE METODICO NELLA RICERCA DELLA VERITÀ. MOTIVI DELL'IMMORTALITÀ DELL'ANI MA E DEL GIUDIZIO DI DIO . ATTACCO A SIMONE SMASCHERATO COME NECROMANTE ; 46-48 . SIMONE, ARRABBIATO, SI DICHIARA FIGLIO DI DIO E LA PRIMA POTENZA. PIETRO LO ACCUSA DI MAGIA E LA FOLLA LO COSTRINGE AD ANDARSENE; 49. PAZIENZA DI DIO CON l MALVAGI; 50. CONVERSIONE DEI PRESENTI; 5 1 -62 . PIETRO SI INTRATTIENE CON I SUOI DURANTE LA NOTTE E RISPONDE ALLA DOMANDA DEL PER CHÉ DIO PERMETTE A SIMONE DI COMPIERE QUEI PRODIGI CHE IN· GANNANO LE PERSONE: LA TEORIA DELLE « SIGIZIE» (COPPIE) STORI CHE CHE PERMETTONO ALL'UOMO DI FARE LE SUE SCELTE IN BASE AL PROPRIO LIBERO ARBITRIO. CRITERIO PER VALUTARE l FENOMENI MI· RACOWSI; 63-65. GIUNGE LA NOTIZIA CHE SIMON MAGO È PARTITO PER ROMA. PIETRO ORGANIZZA LA COMUNITÀ CRISTIANA DI CESAREA E LE METTE A CAPO COME VESCOVO ZACCHEO AIUTATO DA UN COLLE· GIO DI DODICI PRESBITERI E QUATTRO DIACONI, FA SEGUIRE SIMONE DA ALCUNI DISCEPOLI E QUANDO QUESTI GLI FANNO CONOSCERE IL MALE CHE SIMONE STA OPERANDO DECIDE DI RAGGIUNGERW A TRI POLI, DOPO AVER INCARICATO CLEMENTE DI AGGIORNARE GIACOMO SUL CONTENUTO DELLA SUA PREDICAZIONE. TITOLI DEI DIECI LIBRI INVIATI DA CLEMENTE A GIACOMO. l . Pietro si era poi alzato al canto dei galli . Voleva svegliare anche noi, ma ci trovò desti mentre ancora brillava la stella di Venere. Ci salutò come al solito, ci mettemmo a sedere e iniziò con queste parole: « Niente è più difficile, fratelli miei, che discutere sulla verità davanti a una folla di gente disparata. Ciò che è, non è opportuno dirlo a tutti così com'è, a motivo di quanti stanno ad ascoltare per pura malignità e per prenderti in fallo; ma non conviene neppure cercare sotterfugi , a motivo di quelli che desiderano sinceramente ascoltare la verità. Come, allora, deve comportarsi uno che parla
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Pseudo-Ciemente
a un pubblico non omogeneo? Sottacerà la verità? E come, però, potrà comunicarla a chi ne è degno? Ma se comunica la pura verità a chi non ha alcun desiderio di essere salvato, porta offesa a colui che gli ha comanda to di non gettare le proprie perle ai porci 1 e ai cani per evitare che questi vi si scaglino contro con ragiona menti sottili e sballati e le immergano nella sozzura di una comprensione carnale . Senza contare che con i lo ro latrati e le loro sordide risposte interrompono e affa ticano i predicatori della parola di Dio. Su m,olti argo menti dovrò usare anch'io, perciò, delle parafrasi, sfor zandomi di evitare di parlare chiaramente del punto centrale che porta alla comprensione della somma di vinità davanti a orecchie non disposte » . Poi , premessa l'invocazione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ci espose brevemente ma con chiarezza, tanto da destare meraviglia in tutti noi che l'ascoltavamo, come è potuto succedere che gli uomini abbiano abbandonato la verità per rivolgersi a cose pri ve di valore 2• 1 Cf. Mt. 7, 6. 2 l paragrafi dal 2 all ' l l c h e trattano del « Dio ingen.ito e gene
rato • , contenuti in alcuni codici e riportati dall'edizione critica del Rehm (Die Pseudoklementinen , II. Rekognitionen , pp. 96- 1 07), non sono stati tradotti. Si deve dire che è troppo evidente l'interpolazio ne: lo stile è totalmente differente; non è più Clemente che registra, poiché sempre quando interviene in prima persona si introduce con «ego, Clemens• , mentre per un suo intervento in questo brano si di ce: « Clemente e gli altri gli fecero questa domanda . . . • . Nel brano c'è effettivamente l a dottrina d i Eunomio , allievo di Aezio e leader del neo-arianesimo. Fatto vescovo di Cizico nel 360, fu cacciato dalla città a furor di popolo, stanco di sopportame la bo ria che si manifestava anche nel suo linguaggio omiletico ( «aveva appreso da Aezio il modo sofistico di ragionare • , dice Socrate nella Storia ecci. 4, 7). Scrisse molto, ma di lui ci è giunta unicamente la I Apologia ( PG 30, 8 3 5-868) dove sostiene appunto che l'unico vero nome di Dio è lngenerato , per cui tutto il resto, essendo generato, è creatura, compreso il Figlio che avrebbe quindi una natura diversa da quella di Dio, anche se è stato creato dal nulla e adottato come Figlio fin dall'origine. Contro questa Apologia hanno scritto Basilio,
Ritrovamenti, 1 1 1 , 1 2- 1 3
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1 2 . Ma si era fatto ormai giorno ed entrò uno a dirci che una notevole folla stava aspettando sotto il portico e che in mezzo ad essa si trovava Simone, desi deroso di precondizionare le orecchie della gente con perfidi mezzi persuasivi . Pietro allora uscì subito e si piazzò nel punto dove aveva sostenuto la discussione il giorno precedente. Tutto il pubblico si voltò verso di lui e lo guardava con gioia. Come Simone s'accorse che tutti esprimevano gioia alla vista di Pietro e gli mostravano simpatia, sconcertato disse : « Mi fa trasecolare la stupidità di questi uomini che a me danno il nome di mago e poi amano Pietro, mentre conoscendomi già da tempo do vrebbero amare me più di lui ! Ma questo è un indizio grazie al quale, chi è in sé , può capire che è piuttosto Pietro che dev'essere considerato mago, dal momento che il loro affetto non è indirizzato a me come si sono sentiti quasi in obbligo di fare in passato; mentre ora viene riversato a piene mani su di lui verso il quale non hanno alcun obbligo» . 1 3 . Simone si dilungò su osservazioni del genere finché Pietro, rivolto come d'uso un saluto al pubblico, rispose: «A ciascuno, o Simone, basta il suo proprio senso critico. Se ti stupisce il fatto che chi ti conosce non solo non ti ama ma ti odia, te ne dico io il motivo. Tu sei un seduttore che giura di predicare la verità, e per questo ti sei fatto amiche molte persone spinte dal desiderio di conoscere la verità. Ma quando si sono ac corti che tu eri l'opposto di quanto andavi predicando, quegli amanti della verità di cui parlavo hanno comin ciato non solo a disamorarsi di te ma ad odiarti. Non è che ti hanno piantato in un momento, poiché tu contiDidimo il Cieco e Apollinare di Laodicea . Due editti imperiali ven nero emanati con l'ordine di bruciare tutti i suoi scritti, per cui qua si tutto andò perso, salvo le citazioni riportate soprattutto da Grego rio di Nissa che scrisse quattro trattati Contro Eunomio ( PG 4 5 , 2 3 7- 1 1 22 ; edizione critica di W. Jaeger, Contra Eu nomium libri, Lei den 1 96()2) e da Basilio nel Contro Eun o m io (PG 29, 497-669).
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nuavi a promettere di essere in grado di mostrar loro la verità. Finché dunque non c'è stato un altro capace di mostrargliela, ti hanno sopportato, ma non appena s'è fatta strada in essi la speranza di una dottrina migliore ti hanno messo da parte e ora desiderano conoscere ciò che intuiscono essere di gran lunga meglio. Tu hai usato artifizi nefasti credendo all'inizio di potertela sotto sotto cavare , ma non sei riuscito a mascherarti. Sei infatti sotto pressione e contrariamente alle tue aspettative fai capire a tutti che non solo non conosci la verità ma che non l'hai neppure voluta ascoltare da chi la conosce ! Se avessi voluto ascoltarla non ti sareb be sfuggita la parola di colui che ha detto : "Non c'è nulla di nascosto che non venga conosciuto, né di se greto che non venga svelato" 3 )) , tro.
1 4 . Questi concetti e altri del genere espresse Pie
Simone gli rispose: « Non intendo }asciarmi soffo care da parole, Pietro. Tomo a chiederti quanto hai promesso ieri: non dicevi forse di poter dimostrare che la dottrina sulla Luce infinita, e l'affermazione che esi stono soltanto due cieli ambedue creati, sono contenu te nella Legge ? Che il cielo superiore è la sede di quella luce dove dimora per l'eternità unicamente il Padre ineffabile e che, a somiglianza di quel cielo, è stato creato questo cielo visibile che anche tu confermavi co me provvisorio? Hai affermato insomma che uno solo è il Padre di tutto ciò che esiste, poiché non possono darsi due infiniti : nessuno dei due infatti sarebbe infi nito , dal momento che quello nel quale il secondo infi nito viene a trovarsi costituisce il limite all'essere di quest'ultimo. Ebbene, se non solo prometti, ma riesci effettivamente a dimostrare in base alla Legge quello che dici, lascia perdere il resto e comincia da qui )) . Pietro: « Se venissi pregato d i trattare questi argo menti unicamente per te che ti presenti al solo scopo di contraddirmi, non riusciresti mai e poi mai a cavarmi 3 Mt. 1 0, 26.
Ritrovamenti, 1 1 1 , 1 4- 1 5
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di bocca una sola parola. Ma poiché è inevitabile che un contadino che vuole buttare la semente in un buon terreno ne perda qualche chicco o in angoli sassosi o ne i sentieri dove gli uomini per forza li calpestano o lungo i margini coperti di rovi spinosi - questo esem p io è del nostro Maestro che ha mostrato così la diver sità di disposizione d'animo di ogni persona 4 non pe rderò tempo» . -
1 5 . Simone: « Ho l'impressione che ti stia arrab biando. Se è così non dobbiamo sentirei obbligati a darci battaglia» . Pietro: <> . Simone: « Imporrò a me stesso di essere paziente verso la tua ignoranza, per dimostrare che sei tu quello che vuoi turlupinare la gente mentre sono io quello che insegna la verità! Ma per ora metto da parte la discus sione riguardante la Luce infinita. Rispondi alle do mande che ti faccio. Poiché Dio ha creato tutto ciò che esiste, come dici tu, da dove viene il male ? » . Pietro: « Fare domande così non è d i uno che sta all'opposizione bensì di uno che desidera sapere . Se dunque vuoi imparare , confessalo, e io ti insegnerò pri ma di tutto "come" devi imparare; e solo quando avrai imparato ad ascoltare potrò cominciare , come è logico, ad ammaestrarti. Se invece, come uno che sa già tutto, non intendi imparare, espongo prima io la fede che predico e poi tu ci dirai quella che a te sembra essere la verità. Quando le nostre rispettive posizioni saranno chiarite , sarà il pubblico a giudicare quale delle nostre due esposizioni è fondata sulla verità » . 4 Cf. Mt. 1 3 , 4-7.
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Simone: « Mi viene da ridere ! Eccolo chi promette di farmi da maestro! Comunque sia, sono pronto a sop portarti e a subire il peso della tua ignoranza e arro ganza. Va bene, lo dichiaro: voglio imparare . Vedrò in che modo riuscirai a indottrinarmih> . 1 6 . Pietro : « Se veramente hai intenzione di impa rare , la prima cosa che devi capire è quanto sia stata mal posta la tua domanda. Hai detto: "Poiché Dio ha creato tutto ciò che esiste, da dove viene il male?". Eb bene, prima di porre questa precisa domanda, tre altri interrogativi avevano la precedenza. Primo: esiste il male ? Secondo: cos'è il male? Terzo: chi è che lo subi sce e perché? » . Simone: « O asino calzato e vestito! C'è al mondo un solo uomo che non ammetta che in questa vita il male esiste ? Io ho pensato che tu avessi per lo meno il senso comune universale ! Per questo ti ho domandato da dove viene il male, e non per volerlo sapere proprio da te che non sai niente di niente mentre io so tutto, ma per smascherare la tua abissale ignoranza ! E non pensare che sono arrabbiato con te se ti parlo così du ramente; è che mi fanno pena tutte le persone qui pre senti che tu cerchi di prendere in giro ! » . Pietro: « Sei parecchio malvagio se sputi frasi così offensive senza essere arrabbiato! Tu sai che è impossi bile che salga fumo là dove non c'è fuoco. Comunque, per non darti l'impressione che ti voglia sommergere di parole, parlerò per rispondere quanto meno a ciò che hai detto poco a proposito. Dici che è convinzione ge nerale che il male esista, e questo è certamente falso perché in primo luogo c'è tutto quanto il popolo ebrai co che nega che il male esista>> .
1 7. Simone lo interrompe: « Fanno bene quelli che dicono che il male non esiste? )) . Pietro: << Non è d i questo che c i siamo proposti ora di parlare, ma del fatto che non tutti ammettono l'esi stenza del male. In secondo luogo c'era da porre la do manda: Che cos'è il male ? È una sostanza, o un acci-
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dente, o u n atto, e così via? E poi ancora: il male a che cos a si attacca? Come si presenta? Chi ce l'ha? Forse D io, o gli angeli, o le persone religiose, o tutti quanti i cattivi, o soltanto alcuni, oppure nessuno ? E la doman da successiva sarebbe: Da dove viene? Forse da Dio, o d al nulla? Esiste da sempre o ha avuto ini zio nel tem po ? È utile o inutile? . . . E altri interrogativi del genere c he il problema solleva» . Simone: « Scusami - risponde -, h o sbagliato la p rima domanda. Fa' conto che questa che ti faccio sia la prima: Il male esiste o no? » .
1 8 . Pietro: « L� domanda, a che scopo l a fai? Come uno che vuole imparare, o insegnare , o soltanto per di scutere ? Nel caso sia per imparare , devo prima inse gnarti qualcos'altro: e cioè a seguire un ragionamento con logica e ordine per capire da te stesso che cos'è il male. Nel caso invece che la fai per farci da maestro, non ho bisogno del tuo insegnamento poiché ho un Maestro che mi ha insegnato tutto. Ma se la fai per sol levare un problema e per discutere, ognuno di noi esponga prima la propria opinione e poi apriamo il di battito, poiché non è ragionevole che tu ti comporti un momento da di scepolo che fa domande e un momento dopo da maestro che corregge; succederebbe che dopo la mia risposta spetterebbe a te giudicare se ho detto bene o male. Non puoi insomma, se fai la parte dell'av versario, essere anche giudice di quanto diciamo. E perciò, ripeto, se dobbiamo entrare in gara ognuno esponga la propria opinione, e una volta messi a con fronto sarà questo devoto pubblico a giudicarci » . 1 9 . Simone: « Non ti sembra un'assurdità che sia un pubblico impreparato a esprimere un giudizio su quanto diciamo noi ? » . Pietro: « Non mi pare affatto. Ciò che forse a un singolo individuo non è tanto chiaro, tanti insieme possono capirlo, poiché spesso anche l'opinione pub blica è una specie di profezia. Ma c'è un fatto più im portante: tutto questo pubblico che ci sta davanti è qui
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spinto dall'amore verso Dio, è qui per conoscere la ve rità, e perciò tutti costoro sono da considerarsi come una persona sola a motivo dell'unico e medesimo at taccamento alla verità; mentre al contrario bastano an che solo due individui che non vanno d'accordo per es sere in realtà molti e disparati. E se vuoi cogliere un in dizio di come tutto questo pubblico presente sia come un'unica persona, considera quanto silenzio fa, come è tranquillo, e come con tutta pazienza - lo vedi anche tu - prima ancora di imparare rendono onore alla verità di Dio. Non hanno ancora appreso del resto a render gli, come dovrebbero, un culto più grande di questo. Per questo mi attendo dalla clemenza di Dio che accol ga la loro santa intenzione . Lui darà la palma della vit toria a chi predica la verità rivelando ad essi colui che è stato l'araldo della verità » . 2 0 . Simone: « Su quale argomento vuoi che discu tiamo ? Dillo, così che possa anch'io esporre il mio pen siero e dare inizio una buona volta al dibattito ! » . Pietro: « Se, a quanto pare, t u vuoi fare a modo tuo, io voglio che si faccia secondo quanto ha ordinato il mio Maestro il quale ha comandato al popolo ebreo prima che a ogni altro - poiché sapeva che aveva la co gnizione di Dio e che era stato lui a creare il mondo non di cercare il Dio che già conoscevano ma di ricer carne la volontà e la giustizia, sapendo che sta al libero volere dell'uomo di cercarla, di metterla in pratica os servando i comandamenti su cui verranno giudicati. Ci ha ordinato perciò di cercare non da dove viene il ma le, come tu poco fa mi chiedevi, bensì la giustizia e il regno del buon Dio perché tutto il resto ci sarebbe sta to dato in aggiunta>> 5• Simone: « D al momento che questi comandamenti riguardano gli ebrei i quali , a quanto pare, conoscono bene Dio e pensano che ognuno ha il potere di fare ciò su cui verrà giudicato, mentre il mio pensiero non va affatto in quel senso, da che parte vuoi che cominci? » .
5
Mt. 6 , 3 3 .
Ritrovamentl, 1 1 1 , 2 1 -22
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2 1 . Pietro: « Il mio consiglio è di chiederci, per pri ma cosa, se è nelle nostre possibilità conoscere su che cosa verremo giudicati » . Simone: •• No, così non va . L'argomento è Dio del quale tutti i presenti vogliono sentir parlare » . Pietro: « Dunque, risulta anche a te che qualcosa si può fare volendolo? Solo se è così possiamo porci do mande su Dio, come dici tu » . Simone: « Non m i risulta affatto » . Pietro: « Ma allora, s e noi non abbiamo alcun pote re, è perfettamente inutile cercar di sapere qualcosa su Dio, dal momento che non è possibile, a chi cerca, di trovare. Avevo dunque ragione a porre come prima questione se è possibile a uno decidere qualcosa » . Simone: « Non riesco neppure a capire ciò che stai dicendo. Cosa vuoi dire con : se uno può decidere qual cosa ? >> . M a Pietro, accorgendosi che quello per paura di essere sopraffatto stava scivolando su un terreno più polemico per tentare, insinuando il dubbio, di fare una gran confusione, gli ri spose : •• Come allora puoi sapere che gli uomini non hanno la possibilità di conoscere qualcosa, se tu almeno questo lo sai ? » .
2 2 . Simone: « Non s o neppure s e s o questo ! Ognu no, infatti, sa o capisce o subisce qualcosa a seconda del capriccio del fato » . Pietro : « Osservate, fratelli, i n quali assurdità è ca duto Simone che prima del mio intervento sosteneva che gli uomini hanno il potere di conoscere e di fare quello che vogliono. Ora , messo alle strette da una logi ca stringente, nega che gli uomini abbiano la facoltà sia di conoscere che di fare alcunché, e malgrado ciò ha il coraggio di dichiararsi maestro. Ma dimmi, come può allora Dio giudicare secondo verità i singoli uomi ni in base alle azioni che compiono, se non è in loro potere di fare alcunché? Se si ammette una cosa del ge nere è un caos totale: inutile è lo sforzo di perseguire il meglio, e persino i giudici secolari è senza senso che difendono le leggi e puniscono i malfattori , dal mo-
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mento che costoro non avevano la possibilità di evitare di compiere il male . Non avrebbero senso neppure le legislazioni nazionali che comminano pene per i crimi ni. Coloro poi che con non poca fatica vivono secondo giustizia sarebbero dei disgraziati , mentre sarebbero fortunati quelli che detengono il potere guazzando nei piaceri e vivendo tra lussuria e delitti. Se le cose stesse ro così non ci sarebbe posto né per la giustizia né per la bontà né per qualsiasi altra virtù e neppure, come pretendi tu, per Dio. Ma io so, Simone, perché hai fatto simili affermazioni : hai voluto eludere le domande, certamente per evitare di venir confutato in modo troppo aperto; ed è per questo che dici che non è in po tere dell'uomo di sapere o di venir a sapere qualcosa, poiché se tu fossi veramente convinto di questo non ti saresti proclamato pubblicamente professorone anche prima di incontrarti con me. In conclusione, io affer mo che l'uomo è padrone delle proprie a zioni )) . Simone: « Cosa vuoi dire, per favore, padrone delle proprie azioni ? )) . Pietro: « Se non hai l a possibilità d i imparare al cunché, perché vuoi risposta ? )) . Simone : « Non hai risposte d a darm i ? >> .
2 3 . Pietro: << Te l a do, non perché sollecitato d a te bensì perché il pubblico la desidera. Il libero arbitrio è una facoltà dell'anima che ha la possibilità di determi narsi verso le a zioni che vuole >> . Simone si congratula con Pietro per ciò che ha detto: «Veramente splendida e insuperabile è stata la tua spiegazione, e sono in dovere di ammettere che hai parlato bene. Tuttavia, adesso ti faccio un'altra doman da e se mi dai una risposta convincente ti seguirò su qualunque altro argomento. Ciò che voglio sapere è questo: Se ciò che Dio vuole che sia, è; se ciò che non vuole che sia, non è. Che risposta mi dai ? >> . Pietro: << Se non ti rendi conto che l a tua domanda è assurda e fuori luogo, ti perdono e ti rispondo; ma se sei cosciente di farmi una domanda senza senso, fai male )) .
Rltrovamenti, 111, 23-25
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Simone: « Ti giuro s u quel sommo Iddio, chiunque es so sia, che giudica e fa vendetta contro coloro che peccano, che non mi rendo conto di aver detto qualco sa di strampalato, e di cosa ci sia di assurdo nelle mie parole, in quelle evidentemente che ti ho rivolto» . 2 4 . Pietro: << Poiché ammetti d i non esserne co s ciente, apri le orecchie. Mi hai fatto una domanda che ne contiene due, una positiva e l'altra negativa, e mi chiedi una sola risposta . In realtà, qualunque movi mento rientra in una di queste categorie: alcune cose si muovono per necessità, mentre altre dipendono dalla volontà. Quelle che si muovono per necessità sono sempre in movimento, mentre quelle che è la volontà a muovere non lo sono sempre . Faccio un esempio. Il so le ha un moto determinato: deve compiere un percorso fisso; e anche tutti gli altri corpi celesti, per le funzioni che compiono, hanno movimenti fissi . L'uomo, invece, decide liberamente gli atti da compiere. Perciò vi sono alcuni corpi creati apposta per svolgere un compito fis so, e non hanno altra libertà di movimento se non quella per essi stabilita; e una volta compiuto il proprio servizio il motore dell'universo che aveva dato loro questa legge li conserva, a suo beneplacito, nel proprio essere. Ce ne sono altri, invece, che possiedono una fa coltà volitiva e sono dotati di libero arbitrio per fare ciò che vogliono. Questi ultimi, come ho detto, non sempre conservano la naturale disposizione in cui sono stati creati ma si determinino verso il bene o verso il male secondo la decisione della propria volontà e l'orientamento del giudizio interiore. Per questo [il Creatore] ha stabilito premi per chi agisce bene e casti ghi per chi si comporta male. 2 5 . Tu dunque dici : se Dio vuole che qualcosa sia, è , e se non lo vuole, non è . Ora, se io ti rispondessi che ciò che vuole è e che ciò che non vuole non è, tu ribat teresti : dunque è lui che vuole che esista il male che si compie in questo mondo, dal momento che tutto ciò che vuole accade e ciò che non vuole non accade. Se
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invece rispondessi che non è vero che ciò che Dio vuole è e ciò che non vuole non è, tu ritorceresti il discorso contro di me dicendo che dunque Dio è impotente per ché non può quello che vuole , e te ne staresti lì, più in solente di prima, credendo di avermi schiacciatç pur non avendo proferito neanche una parola giusta. E che tu non sai, o Simone - e si tratta di ignoranza profon da - che il volere di Dio è in ogni singola cosa: alcune di esse, come ho detto, ha voluto che fossero tali da non poter essere nient'altro che ciò per cui sono state determinate, e per esse non ha stabilito né premi né ca stighi; ma altre le ha volute dotate della facoltà di fare ciò che vogliono, e per queste ha stabilito che, a secon da dell'orientamento delle rispettive volontà e delle azioni compiute, meritino o il premio o il castigo . Ave vo cominciato col dire, insomma, che tutte le cose che si muovono si dividono in due categorie secondo la spiegazione data poco fa: tutto ciò che Dio vuole è e ciò che non vuole non è . » . .
.
2 6 . Simone: « Ma non avrebbe potuto far sì che tutti quanti fossimo buoni senza avere la possibilità di essere altro? » . Pietro: « È un'altra domanda assurda, questa. Se ci avesse fatti immutabili, fissi ad esempio nel bene, non saremmo effettivamente buoni perché ci mancherebbe la possibilità di essere diversi, così che l'essere buoni non dipenderebbe dalla nostra decisione e le nostre azioni non sarebbero attribuibili a noi bensì a un fatto naturale . Come potrebbe dunque dirsi buona un'azione che non dipende dalla nostra volontà? Ma è per questo che il nostro mondo ha avuto bisogno di tempi lunghi: doveva arrivare a completare, prima che finisse , il nu mero delle anime che erano state predestinate . Solo al lora questo cielo visibile tornerà a chiudersi come un libro 6, mentre si schiuderà il cielo superiore ; e mentre le anime dei beati, restituite ai propri rispettivi corpi,
6
Cf. Is. 34, 4; Ap. 6, 1 4.
Ritrovamenti, 1 1 1 , 26-28
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verranno introdotte nella luce, quelle dei cattivi, avvol te da un vento di fuoco, verranno immerse in fiamme inestinguibili a scontare pene a tempo indeterminato. Che le cose stiano così ce l'ha garantito il Vero Profeta. E se vuoi convincerti che lui è effettivamente profeta te lo dimostro con mille prove, tant'è vero che in forza delle sue parole anche ora si stanno compiendo le sue predizioni una per una; e anche le sue previsioni per il futuro dobbiamo credere che si adempiranno, poiché la fede nelle realtà future ci viene da quelle che già si sono verificate» .
2 7 . Simone, essendosi reso conto che Pietro aveva già chiaramente giustificato l'appellativo di profeta che risolve in partenza ogni altro problema, disse che non era il caso di parlarne e proseguì: « Rispondi a quello che voglio io e dimmi: se questo cielo visibile, come di ci tu, verrà a finire, perché mai è stato creato fin dal principio? » . Pietro : « È stato fatto per questa attuale vita degli uomini, perché in questo lasso di tempo avvenga una distinzione tra gli uomini ad evitare che un indegno ar rivi a vedere la dimora degli esseri celesti e il trono di Dio stesso, riservati unicamente per coloro che sono puri di cuore . Presentemente, ossia durante il tempo della lotta, si è voluto che restassero invisibili le realtà destinate ai vittoriosi come premio» . Simone: « Se i l Creatore è buono, se anche il mon do è buono, com'è possibile che un essere buono an nienti a un certo momento delle creature buone? Se poi dovesse annullarle e distruggerle come un male, come può non considerarsi malvagio uno che ha creato il male? » . 2 8 . Pietro: <<Ti avevamo promesso di non andarce ne neppure se bestemmiavi . Così, dato che tu in perso na dovrai render conto per quanto dici , ti sopportiamo con pazienza. E allora sta' a sentire. Se questo cielo vi sibile e temporaneo fosse stato fatto per se stesso, ci sarebbe forse qualche ragione, come dici tu, perché
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non debba in alcun modo venir distrutto. Ma se un qualcosa è stato fatto in vista di un'altra cosa e non per se stesso, è logico che scompaia per far apparire ciò in vista di cui si pensa sia stato fatto. Vorrei farti un esempio: i gusci delle uova, per quanto simili a opere d'arte di preziosa fattura, devono comunque per forza finire rotti p erché il pulcino ne venga fuori e veda la lu ce, dal momento che questo è il motivo per cui l'involu cro dell'uovo, chiaramente, è stato studiato. Ebbene, è necessario allo stesso modo che la figura presente di questo mondo passi perché ri fulga la realtà più eccelsa del regno dei cieli » . 29. Simone: « Non m i pare proprio che possa venir distrutto un cielo creato da Dio. L'Eterno non può che fare cose eterne, mentre sono temporanee e caduche le cose fatte da un essere soggetto a corruzione » . Pietro: « Non è così . E certo che da qualunque es sere mortale nascono cose corruttibili e temporanee , ma dall'Eterno non necessariamente nascono sempre corruttibili o incorruttibili ; come Dio creatore vuole che siano, così saranno le cose che crea. La potenza di Dio non è condizionata da leggi. È la sua volontà che è legge per le sue creature ! 7 » . Simone: « Voglio riportarti alla prima questione. Hai affermato che Dio, qui , nessuno lo può vedere, ma che quando questo cielo scomparirà e risplenderà l'ec celsa realtà del regno dei cieli, i puri di cuore vedranno anche Dio 8. Ora, questa affermazione è contraria a quanto sta scritto nella Legge, e cioè che Dio ha detto: Nessuno può vedere il mio volto e vivere 9 » .
3 0 . Pietro: « A quelli che leggono l a Legge non se condo la tradizione di Mosè , le mie parole possono sembrare contraddirla. Ma ascolta perché non la con7 Vedi Libro l, nota 1 1 .
8
Cf. Mt. 5, 8.
9 Es. 3 3 . 20.
R1trovamenti, 1 1 1 , 30-3 1
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traddicono. Dio lo si vede con la mente, non con i sensi fisici; con lo spirito e non con la carne . Ecco perché gli angeli , che sono spiriti, vedono Dio mentre gli uomini, finché sono uomini , Dio non lo possono vedere. Ma dal momento della risurrezione dei morti , diventando co me gli angeli 10, potranno anch'essi vedere Dio, così che io non contraddico la Legge, né l'affermazione del mio Maestro che ha detto: "Beati i puri di cuore , perché es si vedranno Dio" 1 1 • Lui ci mostra il tempo a venire, quando da uomini diventeranno angeli che vedranno spiritualmente Dio » . Dopo queste parole e altri simili ragionamenti , Si mone cominciò a giurare a più riprese: « D imostram i soltanto che l'anima è immortale, e io farò tutto ciò che vuoi . Ma que sto lo rimandiamo a domani, poiché si è già fatto tardi » . Pietro fece per rispondere, m a Simone s e n e uscì assieme ad alcuni pochi suoi sostenitori, spinti dalla vergogna. Tutti gli altri invece si voltarono verso Pietro e si misero in ginocchio d avanti a lui . Alcuni di loro che erano affetti da varie malattie o preda del demonio ven nero guariti d alla preghiera di Pietro, e se ne andarono pieni di gioia come persone che avevano conosciuto la vera dottrina su Dio e ottenuto insieme la sua miseri cordia. Partita tutta la gente, rimanemmo con lui solo noi di famiglia che risistemammo a terra le stuoie per distenderci ciascuno al suo solito posto. Mangiammo, e dopo aver reso grazie a Dio ci riposammo. 3 1 . Il mattino seguente Pietro si alzò come suo so lito prima dell'alba e ci trovò tutti svegli e pronti ad ascoltarlo. Com inciò con queste parole: « Vi scongiuro, fratelli e compagni miei, che se per caso qualcuno di voi non riesce a stare sveglio non si torturi solo perché si vergogna di farlo davanti a me. Un repentino cam biamento d i abitudini è difficoltoso. Se l'assuefazione
1 ° Cf. Mt. 22, 1 1 Mt. 5 , 8 .
30.
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si fa poco alla volta e a lungo, una volta abituati non sarà più un problema. Non tutti infatti abbiamo avuto la medesima educazione , anche se poi con l'andare del tempo riusciremo ad adattarci a un modo di vivere co mune. Dicono infatti che la consuetudine è una secon da natura. Comunque, Dio mi è testimone che non me la prendo se per caso qualcuno non riesce a stare sve glio. Il problema è piuttosto questo, che se uno dorme tutta la notte, non ricupera di giorno ciò che ha perso di notte. È indispensabile, del resto, darci allo studio della dottrina con intensità e senza posa per far sì che la nostra mente sia occupata unicamente dal pensiero di Dio, poiché quando una mente è piena del ricordo di Dio non ha più spazio per il Maligno 1 2 )) . 3 2 . Mentre Pietro ci diceva questi pensieri ognuno di noi si premurava di assicurargli che, soddisfatti di un breve sonno, già ci eravamo svegliati, ma temevamo di svegliare lui poiché non è bene che dei discepoli im pongano qualcosa al proprio m aestro « anche se, o Pie tro, avevamo quasi avuto la presunzione e il coraggio di farlo dal momento che il nostro cuore, eccitato dal troppo desiderio di starti a sentire, aveva cacc iato to talmente il sonno dai nostri occhi. Ma ancora una volta ci ha bloccati l'amore che ti portiamo, impedendoci di svegliarti bruscamente)) . E Pietro rispose: « E allora, poiché mi assicurate che per il desiderio di ascoltarmi state volentieri svegli, intendo ripetervi e spiegarvi con più cura e ordinata mente solo le cose che ieri si sono dette senza ordine. È il metodo che mi riprometto di seguire in tutti e sin goli i dibattiti che faccio di giorno, così che durante la notte, quando si ha a propria disposizione spazio e tempo, se per caso è successo che qualche cosa duran te la disputa non è stata detta in modo completo, cerco 12
Q uest'ultima frase VIene npresa dall'Opus rmperfectum in Matthaeum (24, 42; PG 56, 92 5 ) e introdotta come concetto espresso da Pietro con molta saggezza apud Clementem .
R1trovamentl, 111, 32-34
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di ricomporre il ragionamento con tutti i dettagli e in modo lineare » . Prese poi a spiegarci come i l giorno precedente si sarebbe dovuto avere una discussione , ma che non era stata possibile a motivo della contenziosità o dell'im preparazione della parte avversa. Motivo per cui aveva dovuto limitarsi a semplici dichiarazioni e a scalzare le posi zioni dell'avversario, così che di suo non aveva det to né tutto né chiaramente . E così espose a noi ogni singolo particolare riproponendocelo in modo ordinato e completo e con esaurienti spiegazioni . 3 3 . All'alba, dopo aver pregato, uscì incontro al pubblico e si piazzò al suo solito posto, pronto per la disputa. Vedendo che Simone era presente in mezzo al la folla, rivolse dapprima l'usuale saluto al pubblico e poi disse: •• Confesso che mi fanno pena certi uomini che vengono da noi per imparare, ma che quando co minciamo a istruirli si proclamano di nuovo maestri . Fanno domande come chi non sa, e poi come saputelli ti contraddicono. Può darsi che qualcuno obietti che chi fa domande le fa apposta per imparare, ma che se poi le risposte non gli sembrano giuste si trova obbli gato a ribattere ; per cui , anche se ha tutta l'aria di esse re un'obiezione, non è affatto un'obiezione bensì una domanda di spiegazione. 34. Ebbene, su questo argomento stammi a senti re . :Linsegnamento di qualsiasi disciplina segue un or dine preciso: ci sono nozioni che vanno date per prime, altre in secondo luogo e altre dopo, e così ognuna di esse ha il suo momento. Se vengono date in ordine lo gico, sicuramente risultano comprensibili, ma se si danno a casaccio, sembreranno persino contrarie alla ragione. La prima cosa da fare, perciò, è di attenersi a un ordine metodico, se effettivamente l'indagine è di retta allo scopo di riuscire a trovare ciò che cerchiamo . In re altà, chi si incammina bene si dirige logicamente al punto successivo, e di qui troverà più facilmente il terzo; e più va avanti più gli si schiude la via della co-
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Pseud
noscenza, fino a raggiungere la sede (città) della verità alla quale te ndeva con ansia. Uno che non è pratico, in vece, uno che non conosce il metodo di ricerca è come un viandante che, se rifiuta la guida di uno sul posto, cammina alla cieca: sicuramente , una volta persa la strada della verità, si ritrova fuori delle porte della vita. Awolto cosi dalle tenebre di una oscura notte cammina lungo sentieri di perdizione. Insomma, se ciò che si vuoi trovare lo si cerca con metodo, si riesce a trovarlo con estrema facilità. Ma chi non è pratico non conosce il metodo di ricerca, e sarebbe dunque logico che, es sendo ignorante, si lasci condurre da chi sa, per impa rare prima di tutto il metodo, onde arrivare una buona volta a capire le norme che regolano le domande e le risposte » . 3 5 . Simone: « Vuoi d ire , insomma, che la verità non è di tutti, ma solo di coloro che hanno appre so l'arte del discutere . Ma è assurdo che non tutti possano conoscere in egual m isura la volontà di Dio quando questi è il Dio di tutti, senza differenze » . Pietro : « Lui ha creato tutti uguali e , ha reso tutti quanti capaci della verità in egual modo . E più che cer to, comunque, che tra tutti quelli che nascono non ce n'è neppure uno che nasca istruito , e che l'istruzione avviene dopo la nascita. D al momento allora che la na scita degli uomini non fa discriminazioni, nel senso che tutti e allo stesso modo sono capaci di apprendere una disciplina, la diversità non sta nella natura ma nel la formazione. C'è forse qualcuno che non sa che tutto quanto ciascuno di noi ha imparato, prima di imparar lo non lo sapeva? » . Simone : << È vero quello che dici » . Pietro: << Se dunque i n quei mestieri che sono di uso corrente prima si impara e poi si insegna, pensa quanto sia più obbligatorio, per coloro che si profe ssa no maestri spirituali, prima imparare e poi insegnare ! Eviterebbero, essendo essi stessi ignoranti , di farsi ri dere dietro quando promettono di riversare la propria scienza su altri » .
R1trovamentl, 1 1 1 , 35-37
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Simone: « Per quanto riguarda i mestieri di uso corrente, è vero che uno resta ignorante se non impara. Ma quando si tratta di conoscenza dottrinale uno, co me ascolta, ha già imparato » . 36. Pietro: << Sì, ma solo se ascolta ordinatamente e con successione logica può venire a conoscere ciò che è vero. Uno invece che rifiuti di seguire una regola di vita più mortificata e di rapporti più casti è un requisito, questo, per chi vuole conoscere la verità - non vuole am mettere di sapere quello che in effetti sa. È come quan do vediamo certe persone che, abbandonati i mestieri che avevano imparati da giovani, si dedicano ad altri la vori, e per giustificare la propria pigrizia cominciano col darne colpa al mestiere, con la scusa che non rende» . Simone: << Ma tutta l a gente che ascolta, dovrebbe forse credere che è vero ciò che sente dire ? » . Pietro : << Chi d à ascolto, passo per passo, a u n ra gionamento veritiero, non è assolutamente in grado di controbatterlo, e sa che quanto viene detto è vero, am messo che accolga volentieri anche le regole d i condot ta che ne derivano; mentre a quegli ascoltatori che tro vano fastidioso tradurre la verità in comportamenti sa ni, la forza della passione malsana non permette di adeguarsi ai principi reputati giusti . E questa è la pro va che dipende da chi ascolta fare la scelta che preferi sce. Del resto, se tutti coloro che ascoltano ne accettas sero le conseguenze, sarebbe piuttosto per legge di na tura che vengono tutti trascinati su un'unica strada. Come infatti non è possibile consigliare qualcuno a di ventare più basso o più alto dal momento che la legge naturale non glielo permette, così succede nei confron ti della verità: se tutti si convertissero in forza di una parola, o se non si convertisse nessuno, ciò dipende rebbe da una imposizione della natura che costringe rebbe a convertirsi alla parola o tutti o nessuno )) . -
3 7 . Simone: << Facci sapere, allora, ciò che deve im parare per prima cosa uno che desidera conoscere la verità ! » .
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Pietro: << Prima di tutto è i ndispensabile doman darsi che cosa può trovare uno che cerca. Il giudizio di Dio, infatti , non può assolutamente non basarsi sul fatto che un individuo aveva la possibilità di fare il bene e non l'ha fatto; e perciò la domanda è questa: hanno gli uomini la facoltà di scoprire , se lo cercano, ciò che è bene , e di metterlo in pratica, una volta che l'hanno trovato? Poiché è su questo che verranno giu dicat i . Del resto, solo il Profeta ha il diritto di saperne di più, e a ragione ! Che bisogno hanno infatti gli uo mini di sapere come è stato creato il mondo? Sembre rebbe necessario saperlo solo se dovessimo anche noi fare una operazione del genere ! Ma per onorare Dio ci basta, per ora, sapere che è stato lui a fare il mon do. Come poi l'abbia fatto non dobbiamo domandar celo perché, come ho detto, non abbiamo urgenza di impararne la tecnica , come se dovessimo fare anche noi qualcosa di simile. E non saremo neppure giudi cati per non aver conosciuto come è stato fatto il mondo, ma unicamente per non aver riconosciuto chi l'ha fatto. Ora, questo creatore del mondo, questo buon Dio, lo conosceremo soltanto se lo cerchiamo camminando sulla strada della giust i zia. Sapere di lui soltanto che è buono , non è una conoscenza che basti per salvarsi, poiché in questa vita della sua bontà e dei suoi doni ne traggono benefici non soltanto chi se li merita ma anche chi non se li merita. Se i nvece cre diamo che lui non soltanto è buono ma anche giusto, e in base a questa credenza che abbiamo di D io prati chiamo la giusti zia lungo tutta l a nostra vita, godre mo in eterno anche della sua bontà. E, tanto per con cludere, agli ebrei che consideravano Dio soltanto co me buono il nostro Maestro diceva che dovevano cer care anche la sua giustizia 1 3 , ossia: rendersi conto che qui , su questa terra, lui manifesta la sua bontà perché tutti viviamo dei suoi doni , ma che nel giorno del giu dizio lui si presenterà come giusto per ricambiare con 1 3 Cf. Mt. 6 , 3 3 .
i'
Ritrovamenti, 111, 37-39
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premi eterni chi se ne è reso degno ed escludep1e in vece gli indegni )) . 3 8 . Simone: « Com'è possibile che un unico e me desimo essere sia allo stesso tempo buono e giusto? )) . Pietro: << !'erché senza l a giusti zia i l bene è piutto sto relativo. E proprio di un essere buono, infatti, far godere del proprio sole e della pioggia in modo eguale tanto i giusti come gli ingiusti 14; ma Dio verrebbe considerato senz'altro ingiusto se attribuisse sempre una eguale sorte ai buoni e ai cattivi , invece di giudi carli in base al raccolto, del quale era opportuno che godessero equamente tutti coloro che nascono. Ma come la pioggia d ata da Dio fa crescere tanto le messi quanto il loglio e poi nella stagione della mietitura, mentre il frumento viene amm assato nel granaio , la paglia o i l loglio vengono bruciati 15, la stessa cosa av verrà il giorno del giudizio: i giusti verranno fatti en trare nel Regno di Dio, m entre gli ingiusti verranno cacci ati fuori . È in quell'occasione che si manifesterà anche la giustizia di Dio. Se infatti Dio non arrivasse m ai a una discriminazione tra cattivi e buoni , già di per sé questo fatto non solo non sarebbe cosa buona, ma apparirebbe ingiusto e iniquo che giusti e ingiusti venissero considerati da lui, quanto a meriti, sullo stesso piano)) . 3 9 . Simone: cc Vorrei che mi dessi soddisfazione su un punto solo: è immortale l'anima? Capisci che non posso accettare il peso della giustizia senza sapere pri ma se l'anima è immortale! D'altronde, se non è im mortale, non avrebbe alcun senso neppure la tua pro fessione di predicatore ! )) . Pietro: « Chiediamoci prima se Dio è giusto. Messo in chiaro che è giusto, risulterà evidente la struttura completa della religione )) .
14
Cf. Mt. 5 , 45 .
1 5 Cf. Mt. 3, 1 2 ; 1 3, 30.
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Pseudo-Ciemente
Simone: « Ho l'impressione che tu, che ti vanti di conoscere le norme procedurali del discutere, mi hai appena dato una risposta contraria alle regole. Io ti chiedo di dimostrarmi se l'anima è immortale e tu ri batti : dobbiamo prima chiederci se Dio è giusto! >> . Pietro : « La mia risposta è più che logica e perti nente» . Simone: « Vorrei sapere perché » . 40 . Pietro: «Ascolta. Ci sono degli uomini che be stemmiano Dio, che vivono tutta la loro vita trovando piacere nelle ingiustizie, e che poi muoiono nei propri letti terminando l'esistenza tra i familiari e in più con una onorevole sepoltura. Altri invece che hanno dato culto a Dio, che hanno con tutta equità e modestia mantenuto la loro vita nella frugalità allo scopo di met tere in pratica la giustizia, muoiono in luoghi abbando nati come se non fossero ritenuti degni neppure della sepoltura. Ebbene, dov'è la giustizia di Dio se l'anima non è immortale, se non trova castighi nell'altra vita se si è comportata male, o un premio se ha vissuto virtuo samente e onestamente? » . Simone : « È proprio questo che ci rende increduli! Il fatto che molti che vivono bene muoiono malamen te, mentre molti altri che fanno il male finiscono una lunga vita felicemente » . 4 1 . Pietro : « Questa constatazione che fa cadere te nell'incredulità, dà a noi invece la certezza di fede che ci sarà un giudizio. Non c'è dubbio infatti che Dio è giusto, ed è di conseguenza indispensabile che esista un altro mondo dove ciascuno riceve ciò che si merita quale prova della giustizia di Dio. La verità è che, se tutti gli uomini ricevessero in questa vita quanto si me ritano, sarebbe più che giusta l'opinione di chi ci accu sa di prendere una cantonata a sostenere che ci sarà un giudizio futuro. E perciò, il fatto stesso che in que sta vita nessuno viene retribuito per come si è compor tato, ci fa credere senza ombra di dubbio, sapendo che Dio è giusto , in un giudizio futuro » .
R1trovamenti, lll, 4 1 -42
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Simone: cc Ma come mai io non riesco a convincer mene ? )) . Pi etro: <
Mt. 6, 3 3 .
1 7 Cf. Gen. 3 , l .
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Pseudo-Ciemente
che ha molti colleghi pari a lui, sia - ripeto - che non esiste assolutamente nessun dio. In seguito, stracciato su questi punti, ti sei buttato a giurare che l'anima è mortale, con lo scopo di sconsigliare la gente a vivere rettamente e secondo giustizia nella speranza dei beni futuri . Hai ragione , del resto : se non si ha speranza nella vita futura, la misericordia non ha senso, e ci si adagia nella lussuria e nei piaceri da cui ha origine, si sa, ogni forma di ingiustizia. E tu, pur iniettando in questa povera vita umana una dottrina così nefasta, ti autoproclami una persona dabbene ! A me dai dell'em pio perché vorrei i mpedire agli uomini - facend o bale nare futuri beni - di metter mano alle armi, di battersi, di lacerare e di sconvolgere il mondo, di tramare tutto ciò che la sfrenata passione suggerisce. Ma che razza di vita sarebbe mai , questa da te pubblicizzata, dove gli uomini si azzuffano e si ammazzano, si arrabbiano e si inquietano e vivono continuamente nella paura? È ine vitabile , d'altronde, che coloro che fanno del male agli altri si aspettino altrettanto. Non ti accorgi , tu, di essere un istigatore di violen za e non di pace, di ingiusti zia anziché di giustizia? Io, per la verità, ho preso atteggiamenti risentiti non per mascherare l'incapacità di di mostrare che l'anima è i mmortale, ma perché mi fanno pena le persone che tu cerchi di portar fuori strada. Abborderò l'argomento , certo, ma non perché tu mi costringi, per così dire . So infatti come parlame, e tu sarai l'unico ad aver bisogno non tanto di spiegazioni quanto di ammonimenti . Darò invece schiarimenti opportuni su quell'argomento a co loro che effettivamente non ne sanno nulla» . 4 3 . Simone : « Se ti arrabbi, non ti rivolgerò do mande né ti starò ad ascoltare >> . Pietro : « Se tu adesso cerchi una buona occasione per andartene , hai il mio consenso; e permettimi di consigliartene una: tutti hanno sentito che non hai pro nunziato una sola cosa giusta, che non sei riuscito a comprovare niente, e che se hai fatto domande è stato unicamente per poi contraddire, cosa che chiunque è
Rttrovamentt , 1 1 1 , 43-45
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in grado di fare. Quando si è trattato di risposte diffici li da dare ad affermazioni evidenti, sei stato zitto. Ma perché tu sappia che sono in grado di dimostrarti con una sola frase che l'anima è immortale , ti domando una cosa che tutti conoscono; tu mi rispondi, e io con una sola frase ti dimostrerò che è immortale» . Simone, che già aveva intravisto come motivo per andarsene lo sdegno di Pietro, restò al suo posto per quel qualcosa di curioso che gli era stato promesso e disse : « Fammi la domanda, perché possa darti la rispo sta che tutti sono capaci di dare, e poi starò a sentire quell'unica frase - come hai promesso - con cui dimo stri ch e l'anima è immortale» . 44. Pietro : ce La esprimerò i n modo che sia una prova più efficace per te che per tutti gli altri. Dimmi, dunque: fra la vista e l'udito , qual è che ha la possibi lità di convincere maggionnente un incredulo? » . Simone: << La vista » . Pietro: « Com'è, allora, che vuoi sapere da una mia parola ciò che tu ritieni di natura sua probante solo se lo vedi ? » . Simone : « Non so d i che stai parlando » . Pietro: cc Se non lo capisci, va' a casa tua, adesso, e una volta entrato in camera da letto vi vedrai , sotto un panno di porpora, un simulacro raffigurante un fan ciullo morto ammazzato. Interrogalo , e ti ri sponderà o a parole o col solo guardarlo . Che bisogno c'è, d'altron de, di udire da lui se l'anima è immortale, quando la vedi lì presente davanti a te? Se non lo fosse (immorta le) non la si potrebbe neppure vedere . E se non capisci a quale simulacro mi riferisco , da questo portico an diamo a casa tua con altri dieci uomini di quelli qui presenti >, . 4 5 . A queste parole Simone prese un colpo, cam biò colore , divenne cereo. Ebbe paura infatti che , se l'avesse negato, avrebbero perquisito la sua casa oppu re che Pietro, sdegnato , lo smascherasse ancor più apertamente, cosi che tutti avrebbero saputo chi vera-
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mente era. Rispose: ceTi scongiuro, Pietro, per quel buon Dio che è in te, di sradicare la mali zia che c'è in mel Accoglimi come un penitente, e ti aiuterò nella tua predicazione. Ora ho capito effettivamente , da come stanno le cose, che tu sei il profeta del vero Dio e che tu solo perciò conosci gli uomini nel loro profondo oc culto » . Pietro: <
Ritrovamenti, 1 1 1 , 46-47
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rioso i n ogni caso, sia che restassi fedele a l pentimento dichiarato, sia che facessi marcia indietro, così che tu facevi la figura del sapientone che aveva previsto tutto, mentre io sarei passato per un povero ingenuo per non aver previsto il tuo inganno . Il fatto è che tu hai previ sto il mio, e con scaltrezza mi hai fatto cadere in trap pola. Ma, ri peto , questa vittoria è dovuta alla fortuna e non alla verità. So, comunque , il motivo per cui non ho previsto questo scacco: t i ho parlato faccia a faccia con benevolenza e mi sono comportato pazientemente con te. Ma ora ti mostrerò la potenza della mia divinità per farti stendere a terra di colpo e adorarmi . 4 7 . Io sono infatti la Prima Potenza 1 8 ; ho un'esi stenza eterna che non ha avuto inizio. Ma sono poi en trato nel grembo di Rachele, da lei sono nato come uo mo per dare agli uomini la possibilità di vedermi. Mi sono librato nell'aria, mi sono unito al fuoco facendo 1 8 Già gli Atti (8, 9- 1 1 ) riferiscono che, di Simone, piccoli e grandi dicevano: « Quest'uomo è la potenza di Dio, la grande potenza di Dio, e gli davano ascolto perché da molto tempo li aveva profon damente sconvolti con le sue arti magiche» . Quell'appellativo è pas sato nella tradizione, da Giustino (Dialogo con Trifone 1 20: « Dio al di sopra di ogni principio e autorità e potenza » ) a Ireneo (Contro le eresie l , 7: ula potenza più alta » ) alle Pseudoclementine (Omelie 2 , 22 ; Recognitiones I l , 7 ) . L . Cerlaux fa notare che, nel I l secolo, teolo gi, filosofi, magi e astrologi parlavano di «potenze» , nei s en s o di emanazioni del Dio supremo che si incarnavano in uomini, come appunto in Simon Mago, per comunicare loro poteri e conoscenza (gnosi); e che Simone non fa altro che usare lo stile dei maghi quan do si proclama «la prima potenza di Dio » . Un testo di lreneo (Con tro le eresie l , 1 3, l ) fa capire che la «potenza,. è , prima di tutto, sor gente di conoscenza e di potere magico, per cui la gnosi magica non fa che contrapporsi al cristianesimo dichiarando - come fa Simone poco più avanti nel nostro testo - che « quel mago che ha mandato te [Pietro] non è riuscito neppure a salvare se stesso dal supplizio della croce » . Mentre, però, i grandi teologi (Giustino, lppolito, Ori gene) cercavano di staccare nettamente la causa de) cristianesimo da quella della magia, le Pseudoclementine tendono a dimostrare che la magia (impersonata da Simone) viene battuta sul suo proprio terreno dai prodigi compiuti da Mosè, Gesù e Pietro.
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Pseudo
Clemente
corpo unico con esso, ho dato vita a statue, ho animato corpi senza vita, ho trasformato pietre in pane, a volo sono passato da montagna a montagna, sostenuto dalle mani degli angeli , per poi ridiscendere a terra. Queste cose non solo le ho fatte , ma posso farle anche adesso per provare con i fatti, a chiunque, che io sono il fi.glio di Dio 19, colui che "sta " 2 0 in eterno . E renderò "stanti" per l'eternità, allo stesso modo, quelli che credono in me. Le tue parole, invece, sono tutte chiacchiere, dato che non sei capace di provare la tua verità con nessun fatto, proprio come quel mago che ti ha mandato, il quale non è riuscito neppure a sottrarsi al supplizio della croce » . 4 8 . A questa tirata d i Simone, Pietro rispose : « Non star a dire delle strane zze. Tu stesso ti sei dichiarato e manifestato mago col tuo comportamento passato. Il nostro Maestro, invece, che è Figlio di Dio e dell'uomo,
19 Che Simone fosse da molti considerato un dio viene confer mato da Giustino (I Apol. 25ss. e l , 56), da Ireneo (Contro le eresie l , 2 3 : « Fu onorato come dio da molti » ). Che Simone chiamasse se stesso «figlio di Dio», oltre che dal nostro testo lo si sa anche da On gene (Contro Celso 7, Sss.) in una citazione appunto di Celso; ma so no testi sospetti poiché pare che i simoniam del II secolo non dava no a Simone un tale appellativo. È che, nella polemica religiosa po polare, faceva effetto contrapporre a Gesù, Figho di Dio, altri perso naggi con lo stesso appellativo; così come quello di «potenza di Dio» serviva a scalzare la dottrina dei primi teologi cristiam che - con si gnificato diverso - parlavano della « potenza di Dio» incarnatasi in Gesù Cristo (Ignazio, Lettera. agli Smirnesz l , l ; Giustino, l Apol. 23 e 32; Origene, Contra Celso 3, 28). 2 0 Hestos , colui che sta, ossia l'Immutabile. All'infuori della set ta dei simoniani questo appellativo non è stato usato da nessun al tro. Sembra evidente che il termine abbia avuto come modello u so no colui che è» di Es. 3 , 1 4 . Filone d'Alessandria l'aveva usato ap punto per esprimere l'immutabilità divina commentando Gen. 1 7, 3 : u "Abramo s i prostrò con l a faccia a terra [davanti a Dio]" . S i prostra davanti all'hestos , riconoscendo la sua immutabilità . . . » . Anche con questo termine, dunque, Simone plagia il Figlio dell'uomo che dopo la risurrezione gloriosa rimane per sempre, incorruttibile, alla de stra di Dio (cf. Le. 2 2 , 69; Atti 7, 56).
Ritrovamenti, 1 1 1 , 48-49
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è evidentemente buono. Che sia veramente il Figlio di
D io è stato detto e lo sarà ancora a chi è opportuno. Ma se tu non vuoi ammettere di essere un mago, ebbe ne, andiamo a casa tua con tutta questa gente, e là si vedrà che mago lo sei per dawero » . Mentre Pietro parlava, Simone cominciò a scal manarsi: urlava bestemmie e invettive per creare sub buglio in modo da evitare, in quel caos, di venire incri minato e nella speranza che Pietro, dileguandosi a mo tivo delle bestemmie, lasciasse l'impressione di essere stato battuto . Ma Pietro non se ne andò, e prese ad ac cusarlo con maggior violenza. 49 . Il pubblico, sdegnato contro Simone , lo tra scinò fuori dal portico, lo spinse oltre l'uscita e lo cac ciò . Solo una persona gli andò dietro . Ristabilitosi il silenzio, Pietro si rivolse al pubbli co con queste parole : « Bisogna avere pazienza, fratelli, con i malvagi , ben sapendo che, pur potendoli elimina re, Dio li lascia stare fino al giorno stabilito nel quale tutti verranno giudicati . Possiamo forse noi non aver pazienza con coloro che Dio stesso sopporta ? E perché non dovremmo passar sopra con forza d'animo alle of fese che çi fanno , quando colui che può tutto non si vendica? E che proprio così veniamo a conoscenza del la sua bontà e dell'empietà dei cattivi . D'altronde, se il Maligno non avesse trovato come suo tirapiedi Simo ne, ne avrebbe trovato di sicuro un altro . E infatti ine vitabile che succedano scandali in questa vita, e tutta via guai a colui che li provoca 2 1 ! Tanto più, dunque, dobbiamo compiangere Si mone per essere diventato il prescelto 22 del Maligno, cosa che non sarebbe certa mente successa se questi non avesse preso potere su di lui a motivo dei suoi peccati precedenti. Cosa devo dire ancora di lui ? Che un tempo avrà creduto nel nostro
21 22
Mt. 1 8, 7; Le . 1 7 , l .
Vas electionis, la stessa espressione usata dal Signore per Paolo, in Atti 9, 1 5.
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Gesù 23 e che, per quanto fosse abbindolato dai demoni , era anche lui convinto che le ani me sono immortali . E tuttavia arrivò a credere di disporre, per qualsiasi suo capriccip, dell'anima di un fanciullo ucciso violente mente. E evidente, ripeto, che è sotto l'inganno dei de moni , ed è per questo che gli ho parlato in base alle sue immaginazioni . In realtà aveva imparato anche dai giudei che esiste un giudi zio e che ci sarà condanna per coloro che si mettono contro la vera fede e non si pentono. Ma è proprio a individui del genere , quasi perfetti nelle loro scelleratezze, che il Maligno si fa pre sente per abbindolarli, impedendo loro di pentirsi. 50. Ebbene, voi che, pentendovi, vi convertite al Signore, mettetevi in ginocchio davanti a lui » . A queste parole tutta la folla piegò l e ginocchia a Dio e Pietro, con gli occhi colmi di lacrime puntati al cielo, implorava su di essi la bontà di Dio perch é si de gnasse di accogliere coloro che a lui si affidavano . Fini ta la preghiera, dopo averli invitati a ritrovarsi l'indo mani di buon'ora, li congedò tutti quanti . E noi, come al solito, mangiammo qualcosa e andammo a riposare . 5 1 . Pietro si alzò all'ora consueta . Trovatici svegli , ci diede il solito buongiorno e si sedette. Il primo a parlare fu Niceta: << O Pietro , signore mio, se me lo per metti avrei qualcosa da chiederti » . Pietro: << Fa' pure , e l a cosa non vale solo per t e ma per tutti, e non solo adesso ma in qualunque momento : ognuno di voi esprima i suoi sentimenti e i dolori che sente interiormente , così che possa trovarvi rimedio, poiché tutto ciò che viene protetto dal silenzio e ciò di cui non siamo consapevoli è difficile curarlo, alla stes sa stregua dei vizi inveterati. Dato , perciò, che a chi non comunica non è facile poter dare il rimedio di una parola opportuna e anzi necessaria, ognuno è in dovere di esternare i punti deboli relativi alla conoscenza. Uno che non comunica, invece, soltanto Dio può curarlo.
23
Atti 8, 1 3 .
Ritrovamenti, 1 1 1 , 5 1 -53
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Lo possiamo anche noi, è vero, ma con tempi lunghi, poiché è indispensabile che la parola di verità, proce dendo per ordine a cominciare dall'ini zio e risponden do di volta in volta a ogni singolo interrogativo, chiari sca ogni cosa e sciolga ogni dubbio, fino a raggiungere anche le domande che ciascuno interiormente si pone. Ma questo, ripeto, è possibile solo in tempi lunghi . E ora fammi la domanda che volevi�> . 5 2 . Niceta: <� Grazie infinite, o Pietro, per l a tua bontà. La domanda che desidero farti è questa: come mai Simone, nostro awersario, è riuscito a compiere tante e tali cose ? Infatti non ha detto nessuna bugia su quanto ha dichiarato di aver fatto>> . Pietro rispose così : << Dio, che è il solo e il vero, aveva deciso di farsi, nella sua prima creazione, degli amici buoni e fedeli. Ma sapendo che non potrebbero essere buoni se non possiedono la libertà per essere buoni in modo che possano esserlo di propria volontà - ché altrimenti non possono essere effettivamente buoni quando non per loro volontà bensì per necessità si attengono al bene - ha dato a ognuno la facoltà di decidere di essere ciò che vogliono. Ma ha pure previ sto che questo potere di decisione avrebbe spinto alcu ni a scegliere il bene e altri il male; e poiché per questo motivo il genere umano doveva inevitabilmente propa garsi in due tipi di uomini, a ciascun tipo ha permesso di scegliersi la terra e il re che desideravano, dato che un re buono si compiace dei buoni e un re cattivo dei cattivi. Ora, benché questo argomento l'abbia spiegato più diffusamente a te, Clemente, quando ti ho parlato della predestinazione e della fine del mondo, mi sem bra opportuno tuttavia chiarire anche adesso, su ri chiesta di Niceta, qual è il motivo per cui Simone, per quanto in opposizione a Dio, ha potuto operare cose così straordinarie. 53. Ebbene , prima di tutto viene considerato catti vo da Dio uno che non ha volontà di indagare su ciò che gli è utile. Uno così, infatti , come può amare un al-
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tro quando non ama neppure se stesso? O di chi potrà non essere nemico , quando non riesce a essere amico neppure di se stesso ? Affinché dunque vi fosse distin zione tra coloro che scelgono il bene e il male, Dio ha celato agli uomini ciò che è utile, vale a dire il possesso del regno dei cieli , riposto e nascosto come un tesoro segreto perché non sia facilmente possibile accedervi con la propria capacità e la propria scienza; ne ha tut tavia fatto arrivare la fama, sotto vari nomi e opinioni, alle orecchie di tutti gli uomini, generazione dopo ge nerazione , affinché gli eventuali amanti del bene , ve nendo a conoscere ciò che per essi era utile e vantag gioso, potessero cercarlo e trovarlo; ma cercarlo non con le proprie forze, bensì richiedendolo a colui che l'aveva nascosto, perché desse loro sia la traccia per ac cedervi che la scienza per condurveli. Questa strada è percorribile soltanto da coloro che amano il bene al di sopra di ogni altra cosa al mondo. Non c'è altro modo perché uno possa arrivare sia pure soltanto a capirla, per quanto si creda un cervellone. Coloro invece che si disinteressano di cercare ciò che è per essi utile e salu tifero, in quanto individui che odiano se stessi e che di se stessi sono nemici vengono privati dei suoi beni pro prio perché amano il male. 54. Occorre perciò che i buoni l'amino al di sopra di tutto, più delle ricchezze, della gloria, della tranquil lità, dei genitori, dei parenti, degli amici e di tutto ciò che si trova in questo mondo. U no che ama con totali tarietà questo possesso del regno dei cieli perderà cer tamente ogni abitudine di cattivo comportamento, la negligenza, l'accidia, la malizia, l'ira e altri vizi del ge nere. Se tu infatti mostri preferenza per essi, come uno che ama più le proprie passioni che Dio, non riuscirai a raggiungere il possesso del regno dei cieli. È una vera pazzia, oltretutto, amare qualcosa più di Dio. Metti ad esempio che si tratti dei genitori : sono destinati a mo rire. I parenti? Passano. Gli amici? Cambiano. Di eter no c'è solamente Dio, Padre immutabile . Coloro per tanto che rifiutano di cercare ciò che è loro vantaggio-
R1trovament1 , 1 1 1 , 54-56
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so, sono cattivi al punto di superare con la loro malizia lo stesso capostipite dell'empietà: poiché costui abusa della bontà di Dio in vista della propria cattiveria e se ne compiace con se stesso, mentre il primo disprezza i beni che gli darebbero la salvezza per compiacere il male dannandosi .
55. A motivo dunque di quelli che trovano compia cimento nel male, infischiandosene della propria salvez za, e di quelli invece che preoccupandosi di ciò che è lo ro utile desiderano compiacersi del bene, sono state sta b ilite come esca, per questo nostro tempo, dieci "cop pie", a somiglianza delle dieci piaghe inferte all'Egitto 24• Mosè, per obbedire al comando di Dio, chiese al Faraone di lasciar partire il popolo, e a prova che si trattava di un ordine venuto dal cielo compì opere pro digiose, trasformando in serpente una verga buttata per terra; ma il Faraone si rifiutò di ubbidire: possede va infatti il libero arbitrio, e anche i maghi, a loro vol ta, sembrarono operare prodigi simili, per permissione divina, allo scopo di provare che la decisione regale era pienamente libera. Ora il Faraone avrebbe dovuto cre dere piuttosto al prodigio di Mosè, che era l'inviato di Dio , che non a quelli più apparenti che reali operati dai maghi ; e avrebbe dovuto capirlo dal loro stesso appel lativo che non erano operatori di verità, poiché non erano inviati di Dio, bensì c hiamati maghi come indi cava la loro funzione. Insomma, ci fu una specie di ga ra fino a quando, dichiaratisi vinti , lasciarono il campo al migliore. Viene mandata, dunque, l'ultima piaga, l'uccisione dei primogeniti, e a Mosè viene dato l'ordi ne di consacrare il popolo aspergendolo col sangue; e così , con pressanti preghiere e dopo avergli offerto per sino dei regali , Mosè viene scongiurato di andarsene con il popolo. 56. Ebbene, vedo che mi sta succedendo una cosa simile. Quando infatti Mosè esortava il Faraone a ere-
24
Es. 7, 8ss. Sulle «coppie • (sizigie) ved1 la nota seguente.
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dere a Dio, i maghi facevano resistenza simulando pro digi analoghi e chiudevano la porta della salvezza a quei non credenti. Adesso è la stessa cosa : sono uscito per insegnare a tutte le genti a credere al vero Dio, e Simon Mago mi si oppone facendo le stesse cose che in quel tempo fecero i maghi contro Mosè, così che ven gono allo scoperto quegli eventuali pagani che non danno prova di giudicare rettamente, e si salvano inve ce quanti sanno valutare in modo giusto i fatti » . Dopo queste parole d i Pietro, fu Niceta a parlare: < .
57. Niceta: <
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Ritrovamenti, 1 1 1 , 58-59
pi ù facile cosl trovare i l ri medio Ricordi che ho detto che la cosa peggiore di tutte è quando uno trascura di a pprendere ciò che gli è utile? » . Niceta: « Ricordo)) . Pietro: «E anche che Dio tiene nascosta la sua ve rità, per farla conoscere a coloro che fedelmente lo se guono? )) . Niceta : « Neppure questo ho dimenticato » . Pietro: « E cosa pensi , allora, che Dio abbia nasco sto la verità seppellendola sotto terra e mettendoci so pra montagne perché possano trovarla soltanto coloro che sono capaci di scavare in profondità? No, non è co si . Come lui ha circondato con lo spazio celeste le montagne e la terra, allo stesso modo ha avvolto la ve rità sotto il velo del suo amore, così che è in grado di raggiungerla soltanto chi abbia prima bussato alla por ta dell'amore divino. .
59. E mi ricollego al discorso iniziato poco fa: che Dio ha destinato al nostro mondo certe "coppie" 25• Eh2 5 Inizia qui l'interpretazione dualistica della storia quale dia lettica tra bene e male, positivo e negativo che si presentano sempre abbinati, a coppie, ossia in tante « sizìgie » . C'è un aspetto filosofico teologico, in questo sistema, inteso a scalzare la base stessa dello gnosticismo simoniano; ma contiene pure una facile regola, voluta da Dio, applicando la quale qualunque uomo, semplice o istruito , può riconoscere la verità dall'errore: se prima della creazione dell'uomo Dio aveva fatto precedere il più perfetto al meno perfetto, il bene al male (il cielo prima della terra, la luce prima delle tene bre, ecc . ) , con la creazione dell'uomo Dio ha capovolto le coppie fa cendo precedere il meno al più , il male al bene (l'eternità e il cielo vengono dopo il tempo e il mondo, la scienza dopo l'ignoranza). Partendo da questo principio, sviluppato soprattutto nelle Omelie Pseudoclementine , Pietro dà una sua interpretazione dell'evoluzione storica a cominciare da Caino (il male) e Abele (il bene) che rappre sentano la prima coppia o sizìgia. Le l O coppie sono definite più avanti al paragrafo 6 1 . L'ottava è rappresentata da Simone ( Paolo) e da Pietro. È stata una trovata di Pietro, ossia dei giudeo-cristiani, questa, per combattere Paolo, l'uomo nemico, che aveva diffuso il proprio vangelo prima di quello di Pietro, e quindi falso? Non è im probabile, dal momento che l'autore delle Omelie Pseudoclementine
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bene, delle coppie , il primo elemento vi ene dal male, il secondo dal bene. In questo modo vi ene offerta a ogni uomo la possibilità di giudi care rettamente, tanto all'uomo semplice che al sapiente . Nel caso, infatti, si tratti di un semplice che crede al primo della coppia che si presenta perché spintovi dai segni prodigiosi , ne cessariamente per la stessa ragione crederà anche al secondo perché persuaso , adesso come prima, da segni prodigiosi. Ma quando crederà a questo secondo, ca pirà che non deve credere a quel primo che viene dal male, e così corregge il primo inganno rimediando col secondo. Nel caso invece che, avendo creduto al primo, rifiuta di accogliere il secondo , merita di venir condan nato come uno parziale, poiché non è logico aver cre duto al primo a motivo dei miracoli e non credere al secondo che si presenta con miracoli anche più grossi. Se poi non ha creduto al primo, è logico che sia porta to a credere almeno al secondo. Non può, del resto, avere una mente così addormentata che non riesca a destarsi da una doppia serie di fenomeni prodigiosi. E se è una persona saggia, è in grado di distinguere con criterio quei fatti . Ha creduto al primo? Sarà indottq, dalla maggiore straordinarietà, a credere al secondo. E mettendoli a confronto che capirà quali sono i più grandi, per quanto ogni persona colta ne possieda indi zi evidenti, come dimostrerò attraverso la logica della successione. Ma se, alla stregua di un individuo sano che non ha bisogno del medico , non si è sbilanciato verso il primo, per coerenza oggettiva sarà incoraggia to verso il secondo. inventa una profezia che mette in bocca al Vero Profeta: « Prima de ve venire un falso vangelo predicato da un impostore e in seguito, dopo la distruzione del luogo santo, verrà annunziato in segreto il vero vangelo che correggerà le eresie future>> (om. 2, 1 7 ). In realtà il vangelo di Paolo è anteriore al 7 0 d.C. , mentre le dottrine dei giu deo-cristiani sono posteriori, ed è anche u na risposta diretta a Paolo che nella Lettera ai Galati dice loro: «0 stolti Galati, chi vi ha incan tati?>> , dopo aver accusato Pietro di « non agire secondo la parola del Signore» (Gal. 3, I ; 2, 1 4 ) (cf. L. Cirillo, L'antipaolinismo nelle Pseu doclementine, cit., pp. 1 2 8- 1 29).
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Come criterio di valutazione dei fenomeni m iraco l osi userà questo: i prodigi che compie chi viene dal male non giovano a nessuno, mentre le opere che com p ie uno che è buono sono utili agli uomini 2 6• 60. In verità, che utilità c'è, ti prego, nel mostrare statue che camminano? nel far abbaiare cani di bronzo o di pietra? nello sbalzarsi di colpo su un monte? nel li brarsi nell'aria o in altre cose del genere come voi dite abbia fatto Simone ? Le cose invece che opera un buo no sono indirizzate alla salvezza degli uomini, proprio come quelle che ha operato nostro Signore che ha fatto vedere i ciechi, udire i sordi, ha messo in piedi deboli e zoppi, ha cacciato via malattie e demoni , ha fatto risor gere morti 27, e altre gesta del genere che voi vedete fare anche da me. Questi fatti, dunque, che servono alla sal vezza degli uomini e che portano qualche beneficio agli uomini , il Maligno non riesce a farli se non alla fi ne del mondo; e soltanto allora, poiché gli sarà conces so di mescolare ai suoi anche elementi che appartengo no ai miracoli veri , come ad esempio cacciare i demo ni, guarire da malattie. Ma proprio per questo, e cioè come uno che esce dai propri limiti e si sdoppia e com batte contro se stesso, verrà distrutto 2 8 • Non per niente il Signore ha predetto che negli ultimi tempi ci saran no tali tentazioni da ingannare, se fosse possibile, an che quelli che Dio si è scelto 29 in quanto, per la confu sione che si creerà nei segni miracolosi , saranno inevi tabilmente messi alla prova anche coloro che sembra no capaci di discernere gli spiriti e di distinguere le va rie potenze. 6 1 . Dunque: abbiamo parlato di dieci "coppie" de stinate a questo nostro mondo fin dall'inizio. Caino e
2 6 Questa regola viene Matthaeum 7 , 1 6 (PG 56, 739). 27 Cf. Mt. 1 1 , S. 2 8 Cf. Mt. 1 2 , 2 5 . 29 Cf. Mt. 24, 2 4 .
citata
dall'Opus
imperfectum
in
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Abele sono la prima coppia 30• La seconda è costituita dai giganti 31 e da Noè. La terza dal Faraone e da Abra mo. La quarta dai filistei 32 e da Isacco. La quinta da Esaù e Giacobbe . La sesta dai maghi e dal legislatore Mosè . La settima dal Tentatore e dal Figlio dell'uomo. L'ottava da Simone e da me, Pietro. La nona dai popoli pagani e da colui che sarà mandato a portare il seme del Verbo tra essi 33• La decima dall'Anticristo e da Cri sto. Di ognuna di queste coppie vi darò spiegazioni più dettagliate un'altra volta >> . Aquila interruppe Pietro mentre parlava per di re : << C'è veramente bisogno di una scuola prolungata per arrivare a conoscere la ragione di ogni singola cosa ! » . 30 Evidentemente Adamo ed Eva, punto di passaggio tra il pri ma e il dopo della storia, fanno ancora parte della precedenza del bene sul male: Adamo, principio maschile, è il bene, Eva è il male, e gli uomini che da essi nasceranno saranno dunque un impasto di bene e di male. Adamo viene presentato nelle Omelie come il profeta del mondo futuro (quello vero, buono), e inizia la serie dei profeti maschi, mentre Eva è la sovrana di questo mondo (cattivo) e la pri ma profetessa che dà inizio alla serie dei profeti « nati da donna • (tra i quali le Omelie inseriscono anche Giovanni Battista in con trapposizione con Gesù « Figlio dell'uomo » ) , tutti falsi profeti, poi ché « il maschio è tutta verità, la donna tutto errore, e chi nasce dal maschio e dalla femmi na a volte mente e a volte dice la verità• (Omelie 3, 27). Ma tutta questa distinzione tra profezia maschile e femminile sembra non tendere ad altro che a questa conclusione: «È per questo che noi non possiamo dare ascolto che al solo e unico Profeta della verità [il Figlio dell'uomo) poiché sappiamo che la pa rola che ci viene da altri, essendo un seme adultero, resta fuori dal regno dello Sposo » (Omelie 28). 3 1 Si indicano, con essi, gli uomini del tempo di Noè che diven tavano sempre più malvagi e che furono la causa del diluvio da cui Noè, uomo giusto, si salvò (cf. Gen. 6, S-9}. 32 Stanno a indicare i popoli stranieri discendenti da lsmaele. 33 Avendo escluso Paolo, l'apostolo dei gentili, che come falso profeta è entrato nella coppia Simone/Paolo-Pietro, viene da sup porre che si voglia indicare Clemente. Per il parallelo tra le 7 sizigie delle Omelie e le 10 delle Recognitiones si può vedere O. Cullmann, Le problème . . . , ci t., pp. 88-9 1 .
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Ritrovamenti, 111, 62-63
62. Pietro: ce Chi è che può dirsi assiduo al nostro insegnamento, i mpegnandosi ad approfondirne ogni dettaglio, se non chi ama la salvezza della propria ani ma e rinuncia a tutti gli interessi di questo mondo per dedicarsi unicamente al Verbo di Dio? Il Vero Profeta ritiene saggio solamente chi vende tutto quanto possie de e compra l'unica autentica perla preziosa 34, chi ca pisce quale sia la differenza tra le realtà temporali e le eterne, tra le piccole e le grandi, tra gli uomini e Dio, poiché allora capisce cosa voglia dire sperare senza fi ne nel Dio vero e buono ! Ma chi è che ama D io se non chi è venuto a conoscenza della sua sapienza ? E come può uno arrivare a conoscere la sapienza di Dio se non si impegna costantemente nell'ascoltare la sua parola? Solo così gli può accadere di concepire amore per lui, di adorarlo con un onore degno di lui rivolgendogli in ni e preghiere in cui trova gioia e riposo , con la conse guenza che ritiene un danno enorme se anche solo per un momento gli succede di dire o fare qualcos'altro ! Poiché, in realtà, un'anima ripiena di amore di Dio, non riesce a fissare gli occhi su nient'altro che non si riferisca a Dio, non trova sazietà al di fuori del suo amore e medita quanto sa che a lui è gradito. Coloro, al contrario, che non hanno concepito il benché mini mo amore per lui e non pensano alla sua illimitata ca rità, sono come immersi nelle tenebre, incapaci di ve dere la luce; ed è perciò che, prima ancora di iniziare la ricerca di Dio, come schiacciati dalla fatica si danno subito per vinti e, annegando nella noia, vengono ben presto risucchiati verso quelle parole dalle quali sono abitualmente incantati . A persone del genere risulta in fatti noioso e sgradito ascoltare qualcosa che riguarda Dio, e il motivo - ripeto è che la loro mente non ha sperimentato mai la dolcezza dell'amore divino » . -
63. Intanto che Pietro parlava s i fece giorno, ed ec co presentarsi uno dei discepoli di Simone che ad alta voce disse: « Per favore, Pietro, accogli questo poveretto 34 Cf. Mt. 1 3 , 46.
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ingannato dal mago Simone ! Gli avevo dato retta come al dio del cielo a motivo delle meraviglie che lo vedevo compiere, ma dopo aver ascoltato i tuoi discorsi ho co minciato subito a non vedere in lui che un uomo, e per di più malvagio. È vero che, quando se ne è andato di qui , sono stato l'unico a seguirlo, in quanto non avevo ancora riconosciuto chiaramente le sue nefandezze. Ma poi, quando vide che gli andavo dietro, mi chiamò bea to e mi condusse a casa sua. Intorno a mezzanotte mi disse: "Ti renderò migliore di tutti gli altri uomini se ac cetterai di perseverare fino alla fine con me" . Io gliel'ho promesso, e allora lui ha preteso da me un giuramento di fedeltà. Presolo per buono, mi caricò sulle spalle cer te cose sue misteriose, sozze ed esecrande, perché le portassi, e mi ordinò di seguirlo. Come arrivammo alla spiaggia, salì su una imbarcazione che per caso vi si trovava, e scaricò dalle mie spalle quel fardello che mi aveva ordinato di portare. Quando poco dopo ne scese, non aveva più niente in mano e sono sicuro che l'aveva buttato in mare. Mi pregò di partire con lui dicendomi che era diretto a Roma dove avrebbe avuto tale succes so da venir considerato dio, tanto da tributargli pubbli camente onori divini . "Dopo di che - proseguì -, carico di ogni ricchezza, se ti farà piacere ritornare qui, ti ci manderò affidandoti molti incarichi" . Al sentirlo parla re così, e vedendo che in lui non c'era niente della pro fessione che vantava, capii che era un mago e un truffa tore e risposi : "Perdonami, ti prego, ma mi fanno male i piedi e non sono perciò in grado di andarmene da Cesa rea, senza contare che ho moglie e figli piccoli che non posso assolutamente abbandonare" . Sentita la mia ri sposta mi diede del vigliacco e partì verso il mare dicen domi : "Quando verrai a sapere quanta gloria mi farò a Roma, ti pentirai" . Detto questo, proprio come aveva annunciato si è messo in viaggio verso Dora mentre io sono venuto subito qui a pregarti di accogliermi come penitente per essermi lasciato imbrogliare da lui » .
64. Finito d i parlare, Pietro invitò questo indivi duo che aveva abbandonato Simone ad accomodarsi
Ritrovamenti, 1 1 1 , 64-65
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nel portico. Lui, invece, Pietro, andò un po' più avanti . Alla vista di un nutrito pubblico, molto più numeroso dei giorni precedenti , si fermò al solito posto e indican do l'uomo venuto via da Simone cominciò il suo di scorso con queste parole : « L'uomo che vi sto indican do , fratelli , è giunto poco fa a casa mia per mettermi al corrente dei malèfici imbrogli di Simone e di come Si mone abbia buttato in mare gli strumenti delle sue ma lefatte non come segno di pentimento bensì per timore di venire scoperto e di cadere in braccio alla legge. Lo aveva pregato - riferisce - di rimanere con lui promet tendogli mari e monti. Ma non è riuscito a convincerlo e allora, accusandolo di essere un vigliacco, lo lasciò andare mentre lui s'imbarcava per Roma» . Dopo che Pietro ebbe comunicato questi fatti al pubblico, l'individuo che aveva abbandonato Simone si alzò e di fronte a tutti prese a raccontare le scelleratez ze di Simone; ma poiché quelli stentavano a conserva re la calma all'udire quanto aveva fatto Simone con i suoi incantesimi, Pietro disse:
65. « Non datevi pena , fratelli , del passato, ma guardate al futuro. Le cose passate non sono più, men tre quelle che ci aspettano prossimamente, sono un pe ricolo per coloro che devono affrontarle . Gli scandali non mancheranno mai in questa vita 35, finché è per messo al Nemico di agire come vuole per dar modo ai saggi , e a chi ha cervello per capire la sua scaltrezza , di vincere le sfide da lui lanciate. Ma coloro che si disin teressano di quanto riguarda la propria salvezza vengo no irretiti giustamente nei suoi inganni . Ora , poiché, come avete sentito, Simone se n'è andato, per arrivare prima di noi a influenzare con la sua dottrina i pagani chiamati anch'essi alla salvezza, è indispensabile per me stargli dietro per porre ri medio ai guasti che può eventualmente provocare. Per altra parte è anche giu sto che io senta una maggiore sollecitudine per voi che già siete entrati nel recinto della vita, dal momento che 35
Mt. 1 8 , 7; Le. 1 7 , l .
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se si lascia morire quanto avete acquisito ne ricevete un danno, mentre ciò che non avete ancora acquisito ammesso che aveste potuto trovarlo e non l'avete tro vato - ha solo l'inconveniente che non l'avete in attivo. Ebbene, sia perché voi siate consolidati sempre più nella verità e sia per evitare che i pagani chiamati alla salvezza possano, in qualunque parte del mondo, veni re preceduti e condizionati dalla perfida astuzia di Si mone, ho pensato di ordinare come vostro pastore Zac cheo mentre io, dopo essere rimasto ancora tre mesi con voi , mi metterei poi in cammino verso i popoli pa gani per evitare che, fermandomi qui troppo tempo e permettendo a Simone di dilagare ovunque con le sue scelleratezze, i guasti diventino insanabili » .
6 6 . Mentre parlava così, tutto quanto i l pubblico che lo sentiva annunciare la sua partenza era in lacri me. Anche Pietro, però, provando pena per essi, si mise a piangere e con gli occhi al cielo disse: «O Dio, che hai creato il cielo e la terra e tutto ciò che essi contengono, a te rivolgiamo una preghiera per supplica(ti di conso lare coloro che nella prova si affidano a te. E per l'amo re che hanno per te che essi mi amano , dal momento che ho annunciato ad essi la tua verità. Custodiscili al lora con la tua misericordia, dato che né Zaccheo né qualunque altra persona può essere per essi un protet tore adeguato» . Dopo queste e altre parole più o meno simili , Pie tro impose le mani a Zaccheo e pregò perché svolgesse il suo ministero episcopale senza manchevolezze. Or dinò poi dodici presbìteri e quattro diaconi e disse: « Ho ordinato vescovo per voi questo Zaccheo sapendo lo timorato di Dio e con buona conoscenza della Scrit tura. Dovete onorario come uno che tiene il posto di Cristo e obbedirgli in vista della vostra salvezza, con la consapevolezza che tanto il rispetto quanto il disprezzo che avrete per lui si riversa su Cristo e da Cristo su Dio. Ascoltatelo perciò con scrupolosità e accogliete da lui la dottrina della fede. Dai presbiteri prendete le nor me di comportamento e dai diaconi le regole discipli-
Ritrovamenti, 1 1 1 , 66-67
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nari. Abbiate religiosamente cura delle vedove e aiutate più che potete gli orfani. Soccorrete i poveri e insegna te ai giovani a essere pudichi. E per riassumere tutto in una parola, in qualunque evenienza aiutatevi l'un l'al tro. Adorate Dio che ha creato il cielo e la terra, credete a Cristo, amatevi a vicenda, siate misericordiosi verso chiunque non solo a parole, ma concretamente e con i fatti portate a perfezione la carità 36 » . 6 7 . Dopo averci fatto queste e altre raccomanda zioni si rivolse al pubblico: « Poiché ho deciso di passa re tre mesi con voi, se qualcuno lo desidera si faccia battezzare così che una volta liberatosi dalle macchie passate possa per il tempo a venire diventare erede dei beni del cielo grazie alle opere buone che compirà di sua volontà. Chi ha questa intenzione venga perciò da Zaccheo, gli dia il suo nome e si faccia istruire sui mi steri del regno dei cieli. Si impegni a digiunare con fre quenza ed esamini sotto ogni aspetto se stesso in modo che, passati questi tre mesi 37 , possiate venir battezzati
36 Per tutto questo brano dell'ordinazione di Zaccheo si posso no vedere i riscontri simili nell'ordinazione a vescovo di Clemente nella Lettera di Clemente a Giacomo, soprattutto ai nn. 2 . 3 . 7 . 8 . 1 0. 1 2 . 3 7 Tre mesi, a quanto pare, sembrano i l tempo normale della catechesi preparatoria al battesimo. Pietro si ferma qui tre mesi e pensa di fermarsi tre mesi in ogni città dove andrà (Recognitiones VII , 2); Paolo resta in Grecia tre mesi (Atti 20, 3) e tre mesi a Malta (Atti 2 8 , 1 1 ). Il digiuno fa parte della preparazione ascetica e viene praticato non solo dai catecumeni ma dalla comunità (cf. Didaché 7 , 3; Giustino, l Apol. 6 1 , 2). L'iscrizione al corso catechistico ( « gli dia il suo nome » ) è accompagnato da un impegno che, almeno nella tradizione siriaca, consiste nella rinuncia a Satana per seguire Cri sto. Più avanti (Recognitiones VII, 34), quando la madre di Clemente chiede di essere subito battezzata, Pietro la dispensa dai numerosi giorni che avrebbero richiesto le catechesi, ma non deroga alla ne cessità del digiuno, anche se limitato a un solo giorno, che è il mini mo richiesto anche dalla Didaché (7, 4). Sembra infatti che al digiu no venisse attribuito il potere di cacciare i demoni, visto che «prima di aver avuto la fede in Dio, il fondo della nostra anima era dimora dei demoni » (Pseudo-Barnaba, Lettera 1 6, 7), e viste le motivazioni
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nel giorno festivo più vicino. Ognuno di voi sarà bat tezzato nelle acque correnti 3 8 dopo che è stato invocato su di lui il nome della Trinità santa e dopo essere stato unto, prima ancora, dall'olio consacrato dall'orazio ne 39; così che, santificato infine da questi atti, possa partecipare alle cose sante>> . 6 8 . Si dilungò parecchio ancora sul battesimo; poi congedò il pubblico e si ritirò nella sua abituale resi denza. Erano lì con lui i dodici, vale a dire Zaccheo e Sofonia, Giuseppe e Michea, Eleazaro e Finees, Lazza ro ed Eliseo, io stesso Clemente e Nicodemo, Niceta e Aquila. A noi parlò cosl : « Fratelli, dobbiamo prendere in considerazione i nostri doveri di giustizia, poiché siamo tenuti ad aiutare in qualche modo i pagani chia mati alla salvezza. Avete udito voi stessi che Simone aveva intenzione di anticiparci sul nostro itinerario ed è già partito. Sarebbe stato opportuno stargli alle cal cagna in modo che dovunque tenta di portar gente fuo ri strada possa subito essere smascherato da noi. Ma poiché non mi sembra giusto di abbandonare coloro che già si sono convertiti a Dio per dare la preferenza a coloro che ne sono ancora lontani, ritengo non sia sba gliato rimanere tre mesi con quelli che in questa città sono passati alla fede per renderli più solidi, senza tut tavia disinteressarci completamente di quelli ancora lontani per evitare che, se viene ad essi instillato per troppo tempo il veleno di una perfida dottrina, risulti poi troppo difficile farli recedere. È perciò mia intendate da Pietro a Clemente per un poter prendere il pasto assieme (Recognitiones Il, 70-72). 3 8 Cf. Didachè 7 , 1 -3 : «Battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Se non c'è acqua corrente si battezzi in un'altra acqua» . In Recognitiones VI, 1 5 si parla ancora di acqua corrente, ma in IV, 32 e VII, 38 si parla del mare. 39 C f. Testamento di Levi 8, 5: «Il primo mi ha unto con olio santo; il secondo mi ha lavato nell'acqua pura e mi ha dato il pane e il vino consacrati. . . » . Per cui l'espressione «possa partecipare alle cose sante» indica certamente la cena eucaristica.
Ritrovamentr, 1 1 1 , 68-70
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zione, se anche a voi però pare bene, di far prendere il posto di Zaccheo, che qui abbiamo ordinato vescovo, a Beniamino figlio di Saba, e il posto di Clemente, che ho deciso debba stare sempre con me poiché essendo di provenienza pagana ha un enorme desiderio di ascoltare la parola di Dio, ad Anania figlio di Safra. Al posto di Niceta e Aquila, invece, che da poco si sono convertiti alla fede in Cristo, Rubelo fratello di Zac cheo e Zaccaria l'architetto. Con questi quattro, che so stituiscono gli altri quattro, intendo riportare il nume ro a dodici affinché Simone senta sempre la mia pre senza attraverso essi » . 6 9 . Messi dunque i n disparte me, Clemente, con Niceta e Aquila, si rivolse a loro dodici: «Voglio che do podomani voi partiate verso il mondo pagano e stiate alle calcagna di Simone per aggiornarmi di tutto quello che fa. Ma indagate anche sulle intenzioni delle singole persone e fate sapere loro che io arriverò presto. Per dirla in breve: per qualunque evenienza, consigliate i pagani ad attendere che io arrivi» . Concetti del genere ci disse, e poi prosegui: « Ma anche voi, fratelli , se avete qualche parere in proposito ditelo, perché può darsi che non sia giusto ciò che io solo desidero» . Tutti insieme scoppiarono in un coro di lodi e ri sposero: « Ma anzi! ti preghiamo di decidere tu ogni co sa come pare a te, e di ordinarci ciò che ritieni meglio, perché siamo convinti che la nostra totale devozione a te consista nell'eseguire quanto ci comandi» . 70. Il giorno stabilito, dunque, ritti davanti a Pie tro gli dicono: "Ma anzi ! ti preghiamo di decidere tu ogni cosa come pare a te, e di ordinarci ciò che ritieni meglio, perché siamo convinti che la nostra totale de vozione a te consista nell'eseguire quanto ci comandi. Non pensare, Pietro, che sia poca la tristezza che ci piomba addosso per dover rimanere tre mesi senza ascoltarti. Ma poiché conviene fare ciò che tu vuoi, ti obbediamo con tutta prontezza. Ci mettiamo perciò in
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viaggio con impazienza, come ci hai ordinato, portan do sempre scolpito nel nostro cuore il tuo volto» . E Pietro, dopo aver pregato il Signore perché li assista, li saluta. Partiti quei dodici che dovevano precederlo, Pietro avanzò come di solito verso il luogo della disputa e ri mase in piedi. Si era fatto un assembramento di pub blico più grande del solito e tutti tenevano gli occhi gonfi di lacrime su di lui perché il giorno avanti lo ave vano sentito dire che per causa di Simone avrebbe do vuto partire. Anch'egli, però, vedendoli in lacrime, pro vava la stessa loro emozione. Si sforzava, è vero, di non mostrarla e di trattenere il pianto, ma la voce tremula e le parole a singhiozzo tradivano la medesima pena. 7 1 . Comunque, passandosi una mano sulla fonte disse: « Non turbatevi, fratelli, e date sollievo ai vostri sentimenti affettuosi facendovene una ragione: dovete abbandonarvi in ogni cosa a Dio, la cui unica volontà dovete compiere preferendola ad �gni altra cosa. Sup poniamo, ad esempio, che per l'affetto che provo per voi io non faccia la sua volontà e rimanga qui con voi: forse che lui non può, una volta che è subentrata in me la morte, procrastinare ancora la mia partenza da voi? Ed è meglio, perciò, accelerarla facendo la sua volontà, dal momento che siamo tenuti a ubbidire in tutto a Dio; e anche voi, del resto, siete tenuti con lo stesso spirito di obbedienza ad ascoltarlo, tanto più che, se volete bene anche a me, è solo per il motivo che amate lui. Come amici di Dio, dunque, siate ligi alla sua vo lontà e riconoscete voi stessi che è giusto fare cosi. Quando Simone vi stava ingannando, non vi sarebbe sembrata un'azione indegna se io non fossi venuto da voi perché trattenuto dai fratelli di Gerusalemme, pur avendo con voi Zaccheo, persona buona ed esperta nel parlare? Allo stesso modo, perciò, dovreste anche ades so ritenermi disonesto se, trattenuto da voi, non cor ressi dietro a Simone che è partito per fare strage dei pagani che si trovano senza qualcuno che li metta in guardia. Stiamo perciò attenti che non succeda, per un
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indebito attaccamento affettivo, che finiamo di fare la volontà del Maligno. 72 . Intanto, come vi ho detto, rimarrò con voi tre mesi, e voi siate assidui nell'ascoltare la Parola. Passati questi giorni, coloro che hanno la possibilità e l'inten zione di seguirei hanno il mio permesso, salva la pietà. Quando dico "salva la pietà" voglio intendere che uno, parten do, non deve gettare nella tristezza chi non deve essere contristato, o i genitori che lascia e che non è bene abbandonare, o la moglie fedele o persone del ge nere alle quali è opportuno dare il nostro conforto per Dio» . Nel frattempo, ogni giorno discuteva e insegnava, e portò a termine nel tempo stabilito il suo insegna mento. Sopraggiunto il primo giorno festivo, vennero battezzate più di diecimila persone. 73 . In quei giorni, inoltre, i fratelli che erano par titi inviarono una lettera che descriveva le malefatte di Simone: come passando di città in città ingannava le folle e faceva a pezzi Pietro punto per punto in modo che, se eventualmente fosse sopraggiunto, nessuno sa rebbe stato a sentirlo. Giurava che era un mago, ateo, maldicente, scaltro, ignorante e che professava dogmi assurdi. « Figuratevi - diceva - che afferma la risurre zione dei morti, cosa impossibile. Ma se qualcuno si permette di confutarlo, lo fa fuori con trame occulte per mano dei suoi tirapiedi; ed è per questo - continua va - che io stesso, dopo averlo spettacolarmente schiacciato, ho avuto paura delle sue trame e sono fug gito per evitare che mi eliminasse con le sue stregone ne o commissionasse nascostamente la mia uccisio ne » . E dava anche l'indicazione che si sarebbe fermato soprattutto a Tripoli.
74. Pietro, a questo punto, fece dar lettura della let tera al pubblico, e al termine tenne un altro discorso do ve li istruiva a fondo su tutti i particolari, insistendo so prattutto sull'obbedienza a Zaccheo che per essi aveva
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ordinato vescovo. Raccomandò al popolo anche i presbi teri e i diaconi, come pure il popolo ad essi, e colse l'oc casione di avvertirli che avrebbe passato il periodo in vernale a Tripoli. Disse: «Vi affido alla grazia di Dio, da to che domani, se Dio vuole, mi metto in viaggio» . Ora, lungo tutti e tre i mesi trascorsi a Cesarea per istruirei, tutte le risposte che di fronte alla gente ri mandava a un altro giorno le spiegava in segreto a noi, che vegliavamo con lui nelle ore notturne, senza reti cenze od omissioni, in quanto eravamo i suoi discepoli più fedeli e chiaramente sicuri. A un certo momento, essendosi reso conto che io fissavo nella mia memori a con maggior precisione ciò che ascoltavo, mi ordinò di mettere per iscritto tutto ciò che reputavo degno di es sere ricordato e di mandare a te questi libri, Giacomo, signore mio, così come ho fatto ubbidendo alle sue rac comandazioni.
7 5 . Dunque, il primo dei libri che ti ho già fatto avere ha per contenuto il Vero Profeta e le condizioni p er comprendere la Legge in base a quanto ci insegna la tradizione di Mosè. Il secondo tratta del Principio, se sia uno solo o molti, e come la Legge ebraica non ignora che cosa sia l'infinitezza. Il terzo tratta di Dio e delle opere da lui fatte. Il quarto dice che, seppure si dà il nome di dio a molti , unico è il vero Dio secondo quanto attesta la Scrittura . Il quinto : esistono due cieli ; uno è questo firma mento visibile e temporaneo, l'altro è eterno e invisi bile . Il sesto tratta del bene e del male, come il Padre ha incluso ogni cosa nel bene mentre del male ci dice il perché, il come, da dove viene e come cooperi al bene anche se non è ispirato dal bene ; quali sono inoltre le caratteristiche che distinguono il bene dal male , e qua le sia la differenza tra la dualità e l'unità. Il settimo: i discorsi tenuti dai dodici apostoli da vanti al popolo, nel tempio.
Ritrovamenti, 1 1 1 , 75
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Lottavo tratta delle parole del Signore che sem brano essere in contraddizione l'una con l'altra senza p eraltro esserlo, e come si conciliano. Il nono: che la Legge è stata data da Dio, che è g iusta, che è perfetta e che solo essa è in grado di paci ficare il mondo. Il decimo tratta della nascita degli uomini carnali e della generazione che awiene col battesimo; qual è la discendenza carnale nell'uomo, la natura della sua ani ma e come questa possegga il libero arbitrio, libertà che non essendo innata bensì creata non può essere fissa nel bene. Di ognuno di questi argomenti trattati da Pietro a Cesarea, su suo invito - ripeto - ti ho spedito dieci ro toli. Quanto a noi, il giorno seguente, com'era appunto stabilito, assieme a un ristretto numero di uomini fede li che avevano deciso di seguire Pietro, lasciammo Ce sarea.
LI BRO IV 1 -4 . PASSANDO PER TIRO , SIDONE E BERITO, PIETRO INVITA I LORO ABITANTI A RAGGIUNGERLO A TRIPOLI. O SPITALITÀ DI MARONE; 5 . DIFFERENZA T RA GIUDEI E CRISTIANI: I PRIMI DEVONO CREDERE AN CHE A GESU E I SECONDI ANCH E A M OSÈ; 6-26 . CATECHESI SUI DE MONI, SULL'ORIGINE DEL MALE E SULL'IDOLATRIA, SUL CASTIGO DEL DILUVIO , E VARI CONSIGLI PRATICI. TATTICA DEI DEMONI PER EN TRARE NELL'UOMO; 27-3 3 . O RIGINE DELLA MAGIA E DEI CULTI IDO LATRICI ; 34. IL DEMONIO HA POTERE SULL'UOMO SOLO SE QUESTI È CONSENZIENTE ; 3 5 . l VERI APOSTOLI DEVONO AVERE UN MANDATO DA PARTE DI GIACOMO A GERUSALEMME, E SONO SOLTANTO LORO, I DODICI, INCARICATI A PORTARE IL VERBO DEL VERO PROFETA; 3 6 . C i ò C H E MACCHIA L'ABITO NUZIALE ( I L BATTESIMO) NECESSARIO PER ENTRARE NEL REGNO DI DIO.
l . Partiti da Cesarea in direzione di Tripoli facem mo la prima tappa a Dora, cittadina non molto distante. Quasi tutti coloro che erano venuti alla fede grazie alle parole di Pietro avevano piuttosto difficoltà a staccarsi da lui, e gli stavano dietro per vederlo ancora una volta, per il desiderio di riabbracciarlo e dialogare ancora. Giungemmo così alla casa che ci ospitava. Il giorno se guente raggiungemmo Tolemaide dove ci fermammo dieci giorni. Poiché un certo numero di persone avevano accolto la parola di Dio, ad alcune di esse che ci pareva no più interessate e desideravano trattenerci più a lungo per venire istruite, proponemmo, se erano d'accordo, di seguirei fino a Tripoli. La stessa cosa facemmo a Tiro, a Sidone e a Berito: a coloro che desideravano approfon dire la dottrina annunciammo che avremmo trascorso l'inverno a Tripoli. Ora, poiché da ogni città si erano ag giunte persone che con entusiasmo andavano dietro a Pietro, entrammo in Tripoli con un notevole numero di eletti. Subito ci vennero incontro alle porte della città i fratelli che ci avevano preceduti, ci accolsero e ci accom pagnarono agli alloggiamenti che ci avevano preparati. In città c'era grande emozione e un grande accorrere di gente desiderosa di vedere Pietro.
Ritrovament1 , IV. 2-3
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2 . Raggiunta la casa d i Marone, che era stata ri seiVata per Pietro, questi si rivolse alla folla per pro mettere che entro due giorni avrebbe tenuto un discor so; dopo di che i fratelli che ci avevano preceduti siste marono nei vari alloggi tutti coloro che ci avevano se guiti . Pietro entrò nella casa di Marone, ma quando lo pregarono di mangiare qualcosa rispose che non l'avrebbe fatto prima di accertarsi che quanti l'avevano accompagnato fossero sistemati; venne però a sapere, dai fratelli inviati in precedenza, che i cittadini, grazie alla viva aspettativa nata in essi nei confronti di Pietro, li avevano accolti non solo dando loro alloggio ma con tutti gli umani riguardi, al punto che alcuni di essi si rammaricarono per essere rimasti senza ospiti. Tutti infatti erano così a disposizione che, se ne fossero arri vati molti di più, non sarebbero stati gli ospitanti a mancare bensì ancora gli ospiti.
3. Pietro ne fu molto contento, li elogiò, li benedis se e li invitò a rimanere con lui; e dopo aver fatto un bagno in mare mangiò e verso sera si concesse un po' di riposo. Alzatosi come di solito al canto dei galli mentre ancora perdurava un vago chiarore vespertino, ci trovò tutti svegli. In tutto, con lui, eravamo sedici: Pietro e io, Clemente, Niceta e Aquila e i dodici che ci avevano preceduti. Dopo il consueto saluto Pietro disse: « Poiché oggi non abbiamo impegni con altri, pensiamo alle cose no stre . Io vi racconto ciò che è successo a Cesarea dopo la vostra partenza e voi mi aggiornate di ciò che Simo ne ha combinato qui » . E mentre su questi argomenti l a parola passa dall'uno all'altro, sul far del giorno si affacciano perso ne amiche per riferire a Pietro che Simone, non appe na saputo del suo arrivo, era partito di notte in direzio ne della Siria. << Ma la folla - proseguono - per il deside rio che ha di sentirti, ritiene che questa giornata di in teiVallo da te proposta sia un'attesa intenninabile, e poiché non riesce a pazientare se ne sta qui, davanti
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all'uscio, a parlottare sugli argomenti che desiderano ascoltare da te, con la speranza di vederti comunque prima del tempo stabilito; e quanto più si fa giorno la gente aumenta, e ha una incrollabile fiducia - non so su quale base - di ascoltare un tuo discorso. Ma tu, co sa ne pensi? Dicci che cosa dobbiamo riferire, poiché è inconcepibile che tutta questa marea di persone venute qui se ne vada rattristata, tanto più se le lasciamo sen za nessuna risposta. Non andranno i nfatti a pensare che sono loro a non rispettare il giorno fissato, ma avranno piuttosto l'impressione che tu non li tieni in considerazione ! » .
4 . Pietro, ammirato, risponde: « Prendete atto, fra telli, di come ogni parola pronunciata profeticamente dal Signore si realizza. Ricordo che lui ha detto: "La messe è molta mentre gli operai sono pochi ; pregate perciò il padrone della messe che susciti operai per la sua messe" 1 • Ed ecco, in questa occasione, che quelle parole pronunciate anzitempo nel mistero, si verificano. Ma un'altra parola ancora, come vedete, si sta realizzan do, e cioè che " molti verranno dall'oriente e dall'occi dente, da settentrione e da mezzogiorno per riparare nel paese di Abramo, di Isacco e di Giacobbe" 2 • Vi scongiu ro, perciò, miei coadiutori nel servire, di apprendere at tentamente l'arte della predicazione e come si deve ri spondere, per essere in grado di salvare gli uomini i qua li, per una misteriosa potenza di Dio, conoscono colui che devono amare prima ancora di essere istruiti. Potete infatti vedere con i vostri occhi che queste persone, co me dei servi buoni, stanno aspettando colui che sperano annunci loro la venuta del loro Signore per poter poi eseguire, una volta conosciuta, la sua volontà. E da Dio, perciò, che gli viene questo desiderio di ascoltare la pa rola divina e di cercare la sua volontà; ed è appunto que sto l'inizio del dono che Dio fa ai pagani onde permet tergli di accogliere la vera dottrina. 1 Mt. 9, 37-38; Le. 1 0, 2 . 2 Mt. 8 , 1 1 ; Le. 1 3 , 29.
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5 . Non diversamente, infatti, s i è comportato fin dal principio col popolo ebraico perché amassero Mosè e credessero alla sua parola. Per questo sta scritto: "Il popolo credette a Dio e al suo servo Mosè" 3• Questo che fu dunque un personale dono di Dio fatto agli ebrei , lo vedi amo oggi elargito anche a quei gentili che vengono chiamati alla fede. Tradurre la fede in vita, però, dipende dalla volontà dei singoli e dal libero arbi trio che il Padre celeste ha dato loro come dono tipico. Ma la salvezza sta nel fare la volontà di colui verso il quale tu hai concepito - per benevolenza divina - amo re e desiderio . Fa' che non venga rivolta a te la parola di colui che ha detto: "Perché mi dite Signore , Signore, e non fate quello che vi dico?" 4• La peculiarità, dun que, del dono dato da Dio agli ebrei è di credere a Mo sè, mentre quella data ai gentili è di amare Gesù. Ed è ancora il Maestro che ha specificato questo quando ha detto: "Ti lodo, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose agli intelligenti e ai saggi mentre le hai svelate ai piccoli" 5• Con questo ha voluto dichiarare che il popolo ebreo, conoscitore della Legge, non lo ha conosciuto, mentre i gentili han no conosciuto e venerano Gesù, ed è perciò che saran no salvati. Non , però, per averlo soltanto conosciuto, bensì se fanno anche la sua volontà. Chi proviene dai gentili , comunque, e ottiene da Dio il dono di amare Gesù, deve essere personalmente intenzionato a credere anche a Mosè; e viceversa, l'ebreo che grazie a Dio crede a Mosè deve anche deci dersi personalmente a credere in Gesù. Così che tanto l'uno che l'altro, accomunando in sé sia quel dono che gli viene da Dio quanto la propria personale decisione, siano in tal modo perfetti . E appunto a questo che si ri feriva nostro Signore parlando dell'uomo ricco che trae dai suoi scrigni cose nuove e cose antiche 6•
3 4 5 6
Es. 1 4 , 3 1 .
Le. 6 , 46.
Mt. 1 1 , 25. Mt. 1 3 , 52.
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6. Ma su questo argomento è stato detto sufficien temente. In realtà, il tempo stringe e la religiosa pietà del popolo ci invita a rivolgergli una parola». Detto questo, si informò dove trovare un locale adatto a una discussione. Intervenne Marone: « Possiedo una casa molto spaziosa, capace di oltre cinquecento persone, e all'in terno c'è anche un giardino nel caso si preferisca un qualche posto all'aperto, come tutti quanti del resto preferiscono, dato che non c'è nessuno che non aneli anche solo a vederti in faccia» . Pietro rispose: « Fammi vedere casa e giardino» . Dato uno sguardo alla casa, si fece avanti per os servare anche il giardino quando d'un tratto tutta la gente, come su richiamo di qualcuno, si riversò corren do in casa e di lì sciamò nel giardino dove già si trova va Pietro ancora intento a valutare quale fosse il posto adatto alla discussione . 7 . Alla vista della folla che straripava come un fiu me ingrossato, seppure ordinatamente, Pietro montò su un piedistallo che si trovava per caso addossato al muro di cinta del giardino e per prima cosa, religiosa mente com'è d'uso, salutò la gente. Alcuni dei presenti che avevano a lungo subìto vessazioni da parte dei de moni caddero a terra, mentre gli spiriti immondi scon giuravano Pietro di permettergli di restare in quei cor pi da essi posseduti almeno per un giorno ancora; ma Pietro, con veemenza, ordinò loro di andarsene, ed essi immediatamente se ne andarono. Fu poi la volta di al tri, afflitti da lunghe malattie, che pregavano Pietro di ridargli la salute, e lui promise di presentare la loro ri chiesta al Signore non appena avesse terminato la sua catechesi; ma nel momento stesso che fece la promessa furono liberati dai loro malanni e Pietro li invitò a ri posarsi in disparte, assieme a coloro che erano stati li berati dai demoni, come se fossero reduci da una spos sante fatica. Mentre si snodano questi fatti, si raduna una gran folla di persone attratta non soltanto dal desiderio di
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vedere Pietro, ma anche dalla voce delle guarigioni che erano state operate. Pietro, con la mano, fa cenno al pubblico di far silenzio, e non appena la folla si mette tranquilla inizia il suo discorso: 8 . « Dovendo cominciare a parlare del vero culto a Dio, mi sembra indispensabile anzitutto far compren dere, a quanti finora non hanno raggiunto alcuna co noscenza su questo argomento, che bisogna ammettere l'esistenza di una prowidenza divina, universale e irre prensibile che regge e governa il mondo. Il motivo di questo esordio ce l'ha offerto ciò che è successo poco fa, ossia il fatto propizio di coloro che sono stati guari ti dalla potenza di Dio. Si scoprirà infatti che la madre di quasi tutti i mali è l'ignoranza. Ma entriamo subito in questione. 9. Dio ha fatto l'uomo a sua immagine e somi glianza 7, e nella sua creatura spirò un certo qual soffio che era come il profumo della sua divinità così che gli uomini, divenuti partecipi del suo Unigenito, potesse ro, attraverso di lui, vivere anche come amici di Dio e suoi figli adottivi . In che modo, poi, avrebbero potuto arrivarci, fu lui stesso, in quanto Vero Profeta, a insegnarglielo, poi ché sa di quali azioni il Padre degli uomini si compia ce. Esisteva allora fra gli uomini un unico culto di Dio, quello di una coscienza pura e di uno spirito non cor rotto, ed è per questo che ogni creatura manteneva con la razza umana un'alleanza a tutta prova. Soggette in fatti com'erano al Creatore, non erano afflitte da nessu na malattia, da nessuna anomalia fisica, da nessuna al terazione di ciò che mangiavano, con la conseguenza che anche l'età di mille anni non influiva nel rendere precaria la vecchiaia. 1 0 . Ma allorché, vivendo quella vita beata, comin ciarono a ritenere che la stabilità del benessere non ve7 Cf. Gen. L 27.
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niva da un dono di Dio ma fosse un dato naturale, e si convinsero che il godere, senza dover sudare, delle gioie di quella beatitudine divina fosse un diritto natu rale e non un dono della bontà di Dio, gli uomini, ispi rati dall'ozio, giunsero così ad aver pensieri empi, con trari alla verità, ritenendo che quella vita da dèi , che non comportava nessuna fatica e nessuna meritevolez za, era loro dovuta per natura. Cadono in seguito di male in peggio, al punto da non credere più che il mondo è sostenuto dalla prowidenza di Dio e che non c'è alcun bisogno della virtù: erano convinti di possede re la chiave della tranquillità e dei godimenti senza bi sogno che venissero conferiti sulla base di precedenti opere buone, e di poter essere ritenuti amici di Dio senza alcuna fatica. 1 1 . Fu più che giusta, pertanto, la decisione di Dio: a gente così indolente, piena di tali sciocchi pensieri, come rimedio vennero date fatiche e afflizioni. Insom ma, come giunsero fatiche e tribolazioni , gli uomini si trovarono estromessi dal luogo della gioiosa beatitudi ne. E la terra cominciò a non produrre più nulla senza la loro fatica. Fu allora che, negli uomini , il pensiero fe ce una giravolta: li consigliò a implorare l'aiuto del pro prio Creatore e a invocare la protezione divina con pre ghiere e promesse. Proprio così successe: l'onore che avevano dimenticato di dare a Dio per i beni loro con cessi, glielo resero grazie ai mali loro inflitti. I pensieri su Dio, pervertitisi a motivo della sua condiscendenza, vennero rettificati dalle afflizioni. Successe dunque che la prowidenza divina, vedendo che era di maggiore uti lità per gli uomini, chiuse loro le strade della benignità e della generosità, in quanto nocive, e li mise su un cammino fatto di sofferenze e tribolazioni. 1 2 . Ma per far capire che tutto questo succedeva a motivo della irriconoscenza umana, uno di quelli che per primi avevano cominciato a essere mortali, ma che Dio vide che non si era dimenticato dei suoi doni poi ché era vissuto continuando a invocare il nome del Si-
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gnore, Dio se lo prese fra gli immortali 8• Tutti gli altri, invece , che persistettero nell'irriconoscenza, al punto da non poter essere emendati e corretti neppure dalle sofferenze e dalle tribolazioni , li condannò a una tragi ca morte 9• Ma anche fra questi ne trovò uno che , con tutta la sua famiglia, era giusto, e volendolo far soprav vivere gli diede ordine di costruirsi un'arca 10 affinché, nella moria generale causata dal diluvio, lui potesse salvarsi insieme a quelli che aveva indicato. Lo scopo era di fare in modo che il mondo, una volta scomparsi gli empi nelle acque del diluvio, potesse ricevere la pu rificazione, e colui che era stato preservato per lo svi luppo del genere umano, purificato anche lui dall'ac qua, potesse ancora una volta salvare il mondo.
1 3 . Ma dopo tutti questi avvenimenti, gli uomini vengono nuovamente trascinati dall'empietà, ed è per questo che Dio emana la Legge onde insegnare a vivere come si deve. Con l'andar del tempo, però, gli infedeli e gli empi stravolgono il culto e il concetto di Dio, come spiegherò più chiaramente fra poco . Vengono introdot te religioni perverse e strane a cui una grossa fetta di umanità si dedica in occasione dei periodi di riposo e di solennità, allestendo festini a base di bevande e di pran zi accompagnati dal suono di flauti, zampogne e cetre e altri generi di strumenti musicali e tuffandosi nell'ubriachezza e nella lussuria. È di qui che ogni errore ha avuto origine; è di qui che è venuta l'idea dei boschi sacri , degli altari, delle corone e delle vittime sacrificali . Una volta ubriachi, eccoli agitarsi come pazzi scatenati; e lasciato così li bero potere ai demoni di penetrare nelle loro teste , quegli uomini si danno a tali danze oscene da sembra re furiosi baccanti con digrignamento di denti e bassi rumori viscerali; uomini dalle facce che incutono ter rore con i loro tratti belluini. Si arrivò al punto che un 8 Enoc. Cf. Gen. 5 , 23-24.
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1°
Attraverso il diluvio. Cf. Gen. 6ss. Cf. Gen. 6, 8-9. 1 4.
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individuo stravolto dall'ubriachezza e istigato dal de monio veniva considerato, da quei poveri ingenui fuor viati, invaso dalla divinità.
1 4 . Essendosi dunque infiltrate in questo mondo un tal numero di forme religiose false e strampalate, siamo stati mandati noi a portarvi , come onesti media tori , il verace culto di Dio tramandatoci e conservato intatto dai Padri . Queste nostre parole sono come dei semi che piantiamo in voi , ed è al vostro giudi zio che lasciamo la scelta di ciò che vi pare più giusto. Se in fatti accogliete la nostra dottrina, riuscirete non solo a evitare gli assalti del demonio ma anche a liberarne gli altri , e al tempo stesso raggiungere il premio dei beni eterni. Chi invece non si curerà di accettare quanto noi diciamo, sarà succube già in questa vita di varie specie di demoni e afflitto da malattie; e, dopo aver lasciato il corpo, anche la loro anima sarà per sempre tormenta ta. Dio, in verità, non è soltanto buono ma anche giu sto. Se fosse infatti sempre buono, e mai giusto - il che significa retribuire ciascuno a seconda delle opere che compie - dovremmo concludere che il Bene è ingiusto. Ed effettivamente Dio mancherebbe di giustizia se va lutasse l'empio alla stessa stregua del giusto. 1 5 . I demoni, dunque, come ho detto poco fa, una volta riusciti a insinuarsi al momento buono nei corpi degli uomini attraverso la breccia delle loro azioni mal vagie e turpi, se riescono a dimorarvi a lungo per colpa della loro negligenza, ossia per non aver cercato ciò che è di vantaggio per la propria anima, necessariamente li costringono a eseguire la volontà, anche quanto al resto, di loro stessi che vi abitano. Ma peggiore di tutto è il fat to che alla fine del mondo, quando quel demonio verrà abbandonato al fuoco eterno, anche l'anima che gli ha ubbidito sarà per forza tormentata come lui dalle eterne fiamme, unitamente al corpo che ne è stato profanato.
1 6. Questo è il motivo per cui i demoni sentono il desiderio di entrare nei corpi umani. Sono spiriti che
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hanno una volontà volta al male, e perciò spingono gli uomini al peccato e alla dissolutezza, facendoli man giare e bere a crepapelle. Si tratta però di coloro che sono decisi essi stessi a peccare poiché, mentre sembra che vogliano soltanto compiere atti naturali necessari, non riuscendo a moderarne l'eccessività, danno spazio ai demoni di entrare in essi. Finché insomma ci si at tiene a un equilibrio naturale e ci si mantiene nella normalità, Dio, nella sua clemenza, non dà loro il pote re di penetrare negli uomini; ma quando o la ragione di costoro scivola nell'empietà o il loro co rp o si rimpin za esageratamente di cibi e di bevande i demoni, invi tati per così dire dalla decisa volontà di chi si disprezza a tal punto, quel potere lo ricevono, quasi per farla pa gare a chi ha infranto la legge data da Dio. 1 7 . Vi rendete conto, dunque, del valore della co noscenza di Dio e dell'osservanza della sua divina reli gione? La quale non si limita a difendere i credenti dal le incursioni dei demoni, ma dà loro anche il dominio sugli stessi demoni che vogliono dominare gli altri ! Ed è perciò una necessità, per voi che venite dal paganesi mo, di rifugiarvi in Dio e tenervi lontani da ogni sorta di impurità in modo che, una volta cacciati via i demo ni, Dio stabilisca la sua dimora in voi. Ma, nello stesso tempo, raccomandatevi a Dio con la preghiera e appel latevi a lui contro la sfrontatezza dei demoni. Se infatti siete credenti, ogni cosa che gli domandate la ottene te 1 1 • Gli stessi demoni, del resto, in proporzione di quanto vedono la fede crescere in un uomo, si ritirano da lui e si limitano a occupare soltanto quella parte in cui continua a persistere una qualche infedeltà, mentre se ne vanno senza scampo da coloro che credono con fede piena. Quando un'anima, infatti, arriva ad aver fe de in Dio, ottiene la forza dell'acqua celeste che estin gue il demonio come se questi fosse una scintilla di fuoco. Il
Cf. Mt. 2 1 , 22.
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1 8 . Della fede, insomma, esistono varie misure : se la fede è integra e totale, caccia totalmente il demonio dall'anima; ma se ne manca un pochino, in questo vuo to di fede si alligna proporzionatamente una parte de moniaca, e per l'anima è una fatica non indifferente ca pire quando, in quale modo, se del tutto o solo in parte il demonio è stato cacciato. Se infatti ne occupa ancora una parte, non appena trova il momento opportuno su boma il cuore umano e gli uomini, non sapendo da che fonte vengono, credono alle suggestioni dei demo ni pensando che siano esigenze del proprio essere: ad alcuni suggeriscono, sfruttando i bisogni primari del corpo, di andare dietro al piacere; di altri giustificano la collera scusandola per la sovrabbondanza di fiele; di altri ancora mascherano la follia attribuendola a un at tacco di bile nera, e la stoltezza di taluni altri la declas sano a un sovrappiù di umore . Ma anche se fosse così, queste cose, prese singolarmente, non riuscirebbero a danneggiare il corpo se non si esageras se nel mangiare e nel bere . I cibi, infatti , che si ingeriscono in misura superiore al dovuto, per la loro quantità non riescono a essere smaltiti dal calore naturale , e così si trasforma no come in veleni che, riversandosi ovunque nelle vi scere e nelle vene come rifiuti , rendono insani e osceni i movimenti del corpo. Per questo motivo si deve in ogni cosa mantenersi nella moderatezza: per non la sciare spazio ai demoni ed evitare così che l'anima, di venuta loro preda, vada a finire nei tormenti del fuoco eterno in loro compagnia. 1 9 . Un'altra trappola con cui i demoni ingannano la sensibilità umana è di far loro credere che le loro sofferenze sono causate dai cosiddetti dèi , motivo per cui gli uomini offrono sacrifici e offerte come per ac- . cattivarseli ; si rafforza così in essi una falsa religiosità e si tengono alla larga da noi che ci preoccupiamo per la loro salvezza sforzandoci di sottrarli all'errore. Ma questo lo fanno, come ho .detto, non sapendo che sono i demoni a suggerirglielo per evitare che si salvino. Ora, poiché l'uomo è stato creato col libero arbitrio,
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ognuno è in grado di decidere se dare ascolto a noi e vivere, oppure ai demoni e morire . Ad altri ancora i demoni si manifestano con varie fantasie visive, alle volte proferendo minacce, altre volte p romettendo rimedio ai loro disagi, così da far pensare a coloro che subiscono l'inganno che essi sono per lo meno degli dèi, non accorgendosi invece che sono de moni. Ma a noi non ce la fanno, poiché conosciamo qu ale mistero è una creatura e per quale motivo viene permesso ai demoni di agire così in questa vita terrena: come abbiano, ad esempio, la facoltà di trasformarsi nella sembianza che vogliono; di suggerire cattivi pen sieri; di penetrare, attraverso cibi e bevande ad essi con sacrati, nelle menti e nei corpi degli uomini che se ne ci bano; o di far loro credere che siano realtà delle sempli ci fantasie, onde spingerli a venerare un qualche idolo. 20. Malgrado tutto ciò, chi può essere così dissen nato da venir convinto a venerare un idolo, sia esso fat to di oro o di qualsivoglia metallo, e da non accorgersi che quel metallo non è niente di più di ciò che ha volu to che fosse chi l'ha fatto? Come si può pensare, allora, che vi è la divinità in quell'oggetto che semplicemente non esisterebbe se chi l'ha fatto non l'avesse fatto ? O come sperano che possa loro pronosticare il futuro, dal momento che non hanno conoscenza neppure del pre sente? Ma anche nel caso che predicessero qualcosa, come si può così di botto considerarli dèi ? Una cosa, infatti, è la divinazione, tutt'altra cosa la divinità. An che i Pitoni, infatti, pare che abbiano un potere divina torio , ma non per questo sono dèi . I cristiani , del resto, si tengono lontani da loro, e come può essere dio, uno che gli uomini rifuggono? Potresti dirmi: eppure ope rano guarigioni e mostrano come ci si debba curare ! Ma allora anche i medici devono essere venerati come dèi, dal momento che guariscono molte persone, e tan te più ne guariscono quanto più sono esperti . 2 1 . È chiaro pertanto che essendo, quelli, spiriti demoniaci, sono molto più veloci nell'apprendere, e lo
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fanno in modo molto più perfetto, poiché non fa loro ostacolo, nell'imparare , la pesantezza del corpo. Moti vo per cui, se i medici arrivano a qualche risultato do po parecchio tempo e duro tirocinio, i demoni, in quanto spiriti , possiedono le medesime conoscenze senza bisogno di tempo e senza difficoltà. Non c'è dun que da meravigliarsi se ne sanno di più degli uomini. Ma bisogna tener presente che il loro sapere lo metto no a servizio non della salvezza delle anime bensì del loro inganno, poiché se ne servono per inculcare in es se il culto di una falsa religione . Dio, però, per mettere alla luce del sole un ingan no così madornale e far vedere a chi è andato fuori strada che non è lui ad esserne causa - essendosi limi tato a permettere ai demoni di riuscire a ingannare gli uomini con i poteri divinatori, curativi e immaginativi - ha provveduto per sua bontà a dare agli uomini un ri medio: a chi desidera avere un criterio per distinguere il falso dal vero ha dato una regola chiarissima. Il crite rio è questo: ciò che dice il vero Dio, sia attraverso i profeti sia attraverso varie specie di visioni, è sempre vero ; le predizioni fatte dai demoni, invece , non sem pre sono vere. Un indizio perciò evidente è che non è il vero Dio a fare affermazioni dove a volte c'è menzogna, poiché mai , nella verità, c'è menzogna. Nelle afferma zioni dei bugiardi, invece, a volte è possibile sia pre sente qualche verità sulla cui base si è costruita la menzogna 1 2 • 2 2 . Ora, si potrebbe obiettare : che bisogno s i ave va d'un fatto del genere, di permettere cioè ad essi di dire, anche se soltanto a volte, la verità? Non è forse un sistema per far bere agli uomini un errore così grosso? Sta' a sentire : se fosse stato loro impedito di non dire mai una qualche verità, si asterrebbero del tutto dal fare predizioni, ma non facendo predi zioni non si 12
Q uesta regola per discernere l'origine divina o diabolica delle profezie in senso lato viene citata e spiegata dall'Opus rmperfectum in Matthaeum 7, 22 (PG 56, 742).
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po trebb e mai scoprire che sono demoni . Ora, se non si s ap esse che in questo mondo esistono i demoni, ci s fu ggirebbe il motivo del nostro lottare e del nostro battagliare; staremmo lì a soffrire , senza conoscerne le cause profonde , se effettivamente si potesse dire che è stato dato ad essi soltanto il potere di agire contro di noi e non di parlare. Quando invece si sentono dire a volte verità e a volte menzogne, dobbiamo renderei conto, come ho detto prima, che quelle risposte vengo no dai demoni , e non da Dio nel quale mai si può tro vare menzogna.
2 3 . U no un po' pedante potrebbe ancora obiettare : m a che bisogno c'era che Dio inventasse mali del gene re, così decisamente vòlti a sconvolgere la testa degli uomini ? A uno che mi pone questa domanda rispondo: an zitutto dobbiamo domandar� i se una sostanza può contenere un qualche male. E vero che sarebbe suffi ciente rispondere, a questo tale , che è disdicevole che una creatura giudichi il Creatore, poiché giudicare un'opera altrui spetta a chi possiede una pari capacità artistica o una pari potenza . Ma stiamo pure al gioco: affermo, in modo assoluto, che nella sostanza non c'è alcunché di negativo. Ma se le cose stanno così, è sciocco dare la colpa a chi ha creato le sostanze . 24. Potresti replicare dicendomi : anche se si è ca duti nel male a motivo del libero arbitrio, non sapeva forse, chi ha creato gli uomini, che le sue creature sa rebbero scivolate nel male ? Sarebbe stato dunque più conveniente non crearli, quegli uomini che lui prevede va che avrebbero deviato dal cammino della giustizia! La risposta alle obiezioni di costoro è questa: con simili parole essi intendono mostrare che non può es sere che la malizia di chi ancora non è nato possa fru strare la bontà del Creatore . Ma Dio aveva stabilito di completare il numero e la dimensione della propria creazione. Se si fosse preoccupato della malvagità dei futuri esistenti, e se si fosse trovato, mettiamo il caso,
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nell'impossibilità di escogitare qualche altra strada, per porvi rimedio e soluzione, se non quella di desistere dal suo proposito di creare onde evitare che venisse in colpato lui stesso della malvagità de gli uomini a venire, ebbene, quale altro significato avrebbe avuto tutto que sto se non mostrare nel Creatore una indegna passio nalità e una disdicevole debolezza per essersi talmente spaventato del comportamento di chi ancora non esi steva da astenersi dal creare? 25. Facciamo piazza pulita di queste ipotesi e con templiamo piuttosto come Dio, che ha creato l'univer so, ha previsto la diversità di condotta che avrebbero tenuto le sue creature : conosceva i diversi comporta menti che ognuna di esse liberamente avrebbe seguito, ne prevedeva i diversi tipi e differenti compiti, e pur es sendo tutte quante di un'unica natura, proprio in quan to creature, sapeva che ci sarebbe stata tuttavia diffe renziazione tra esse, sia come tipi sia come compiti , a seconda delle rispettive libere spinte interiori. Colpe possibili nelle creature le prevedeva, perciò; una ragione di giustizia richiedeva che, a scopo di emendazione, alle colpe sarebbe seguito un castigo. Occorreva pertanto che ci fosse anche chi facesse da ministro per i castighi, ossia degli esseri che soltanto per libera scelta erano caduti a svolgere questo ruolo. Ma oltre a ciò, anche coloro che avrebbero lottato in vista del premio cel_este dovevano pur avere degli av versari da vincere . E così, insomma, che neppure ciò che viene considerato male è privo di utilità se gli spiri ti decaduti , per quanto controvoglia, fanno conquistare il premio eterno a quanti sono riusciti a vincerli . Su questo argomento, comunque, basta così. Col passare del tempo vi saranno svelate altre verità più profonde. 2 6 . Adesso, invece, poiché ancora non vi rendete conto di quanto spessa sia la caligine di ignoranza che vi avvolge, approfitto di questo tempo per esporvi com'è successo che in questo mondo abbia avuto inizio
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il culto degli idoli . Chiamo idoli le figure senza vita che voi adorate, siano esse di legno o di coccio o di pietra o di b ron zo o ricavate da qualsiasi altro metallo. Alcuni angeli, abbandonato il sistema di vita loro proprio, cominciarono a far buon viso ai vizi degli uo mini 13 e ad offrire in qualche modo alle loro passioni un indegno sostegno, così da poter comportarsi in mo do maggiormente consono ai propri desideri sregolati . Per non dare a vedere che fossero naturalmente portati a quelle basse passioni, insegnarono agli uomini che essi , i demoni, potevano essere sottomessi a certe tec niche umane, voglio dire a magiche evocazioni . Cosl, oscurato il rapporto religioso, riempirono tutto il mon do col fumo dell'empietà scaturente, per cosl dire, da una fornace e da una fabbrica di malvagità. 2 7 . Fu per questa e altre colpe del genere che ven ne il diluvio sul mondo, come ho già detto altrove e dirò ancora. Tutti gli uomini che abitavano la terra vennero così soppressi, ad eccezione della famiglia di Noè che sopravvisse con i suoi tre figli assieme alle ri spettive mogli. Ma uno di essi, di nome Cam, i nsegnò la tecnica malconosciuta della magia a uno dei suoi fi gli, chiamato Mesraim, capostipite delle razze egizia na, babilonese e persiana . Le popolazioni di allora gli diedero il nome di Zo roastro, considerandolo con ammirazione come l'inven tore della magia . Sotto il suo nome esistono persino, su questo argomento, un sacco di libri. Costui, insomma, stando a lungo e spesso a guardare gli astri , e deciso a farsi considerare dio dagli uomini, cominciò a trarre giù dalle stelle come delle scintille di fuoco e mostrarle agli uomini, e allo scopo di accalappiare gli ignoranti e gli ingenui affascinati da questi prodigi, unitamente al desiderio di accrescere la propria fama, ripeteva spesso questi giochetti . Fino al giorno in cui quello stesso dia volo, col quale troppo importunamente stava a contat to, lo bruciò vivo riducendolo in cenere.
13 Cf. Gen. 6, 2.
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2 8 . Ma quegli uomini di allora, pazzi com'erano, invece di scrollarsi di dosso, come avrebbero dovuto, la buona considerazione in cui l'avevano tenuto e che ol tretutto avevano visto contraddetta da quel castigo mortale, lo esaltarono ancora di più. In effetti innalza rono un sepolcro in suo onore come se fosse un amico di Dio, trasportato in cielo da un fulmine, ed ebbero il coraggio di adorarlo e di offrirgli un culto quasi fosse un astro vivente. E per ciò che, dopo la sua morte, gli fu dato il nome di Zoroastro, vale a dire "astro viven te" , da coloro che, una generazione dopo, si erano in culturali nella lingua greca. E in base a questo fatto, ancora oggi quelli che muoiono folgorati vengono da molti onorati nei loro sepolcri e venerati come amici di Dio. Lui aveva iniziato durante la quattordicesima ge nerazione. Morì durante la quindicesima, quella in cui venne innalzata la torre e in cui awenne la diversifica zione della lingua umana in vari idiomi. 2 9 . Fra quegli uomini , il primo ad essere stato chiamato re, grazie nondimeno all'arte magica che era scesa su di lui come dal cielo, fu un certo Nembrod, quello che i greci chiamarono Nino e dal cui appellativo prese nome la città di Ninive 1 4 • Fu così , dunque, che dalla magia ebbero inizio svariate e strane superstizio ni. In realtà, poiché non era facile strappare l'umanità dall'amore di Dio e farla andar dietro ad assurdi idoli senza vita, i magi usarono costruzioni piuttosto elevate allo scopo di persuaderli - attraverso presagi e movi menti astrali, quasi venissero dal cielo e per volontà di Dio - ad abbracciare strani culti. Quelli che per primi erano caduti in questo tranello, raccolte le ceneri sepol crali di quel tale che aveva mal sopportato di essere bruciato - a causa dell'indignazione del demonio di cui abbiamo parlato - come se fossero resti del fuoco del 1 4 Il Chromcon paschale (ed. a cura di Ludovicus Dindorfius, Bonn 1 83 2 , in 2 volumi, per il Corpus Scriptorum histonae byzanti nae) cita questo brano con le parole: a.A questo proposito l'apostolo Pietro dice nell'opera di Clemente . » . . .
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fu lmi ne, le portarono ai persiani perché le conservasse ro , quale fuoco divino caduto dal cielo, sotto ininterrot ta cu stodia, e lui venisse venerato come un dio del cielo. 30. Dato questo precedente, altri uomini in altre località eressero templi a coloro che essi ammiravano o veneravano con grande amore o per qualche loro abi lità artistica o per la loro potenza; ne affissero le im magini e istituirono per essi culti misterici con cerimo niali e sacrifici, e fecero di tutto per tramandare ai po steri la fama di cui godevano questi dèi , soprattutto perché - come ho detto - davano l'impressione di ac creditarsi con fenomeni fantasiosi prodotti dalla loro magia, come ad esempio far vedere che agivano e si muovevano mossi da loro dopo che li avevano invocati, allo scopo di ingannare la gente . Se si aggiungono per sovrappiù a questi fatti certe festività accompagnate da orge cui la gente volentieri si abbandonava, si capisce come mai i demoni, trovando la strada spalancata da simili sbornie, penetravano nelle viscere degli uomini e, una volta annidatisi, sviavano le loro azioni e pensie ri a fare tutto ciò che essi volevano. Fu così, dunque, che ebbero inizio simili aberra zioni, coadiuvate dagli istinti libidinosi e dall'ubria chezza che rappresentano il massimo piacere degli uo mini carnali ; per cui il rapporto con Dio, che si soste neva grazie alla continenza e alla sobrietà, cominciò a languire, per non dire che venne pressoché a mancare . 3 1 . Effettivamente, gli uomini all'inizio adoravano Dio nella sua giustizia e provviden za universale, e non osavano peccare né recar danno al prossimo, poiché erano convinti che Dio vedeva le azioni e le intenzioni di ognuno di loro. Ma quando questo atteggiamento re ligioso lo deviarono verso simulacri privi di vita nella certezza che quegli oggetti né vedevano né sentivano né si interessavano di alcuno, cominciarono a peccare senza freno e a cadere in ogni genere di delitti, proprio perché non avevano alcun timore di castighi da parte di quegli idoli che veneravano come dèi .
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Questa è l'origine dell'infuriare delle guerre, delle rapine, della schiavitù. Una volta ridotta la libertà in servitù, ognuno si diede a soddisfare più che poteva la propria lussuria e bramosia di potere , per quanto non ci sia potere alcuno che possa soddisfare i desideri smodati. Allo stesso modo, infatti, che il fuoco si allar ga e prende forza quanta più legna investe, così succe de alla furia della passione: gli obiettivi raggiunti la rendono più incontentabile e violenta. 3 2 . E allora incominciate subito, ora che ci vedete più chiaro, a far resistenza a voi stessi nei confronti dei vostri desideri non normali. Riuscirete così a rimediare e a rientrare in qualche modo - si può sperare - in quella purezza di religiosità e innocenza di vita che all'inizio Dio ha trasmesso agli uomini. Facendo cosi riacquisterete anche la speranza dei beni immortali e renderete grazie al Padre che tutto vi ha dato attraver so colui che ha costituito re della pace e depositario dei beni ineffabili. In tal modo potete mondarvi anche su bito dei vostri peccati attraverso l'acqua - sia essa di sorgente o di fiume o anche di mare - e dopo che è sta to invocato su di voi il Nome della triplice Beatitudi ne 1 5 • Con questo mezzo non solo gli eventuali spiriti maligni che abitano in voi scapperanno ma, una volta che avrete smesso di far peccati e crederete a Dio con fede piena e totale purità di animo, sarete voi stessi a scacciare gli spiriti maligni e i demoni dagli altri uomi ni, e riuscirete pure a liberarli dalle passioni e dalle malattie. I demoni, in realtà, sanno e riconoscono coloro che si sono dati a Dio, e succede a volte che la sola pre senza di costoro li tiene lontani, come appunto avete osservato poco fa quando, appena abbiamo aperto boe15 Sulla teologia del Nome , indicante volta a volta il Verbo , la persona di Cristo e, qui, la natura divina di Cristo comune al Padre e allo Spirito Santo, usato nell'invocazione (epiclesi) battesimale, cf. J. Daniélou, Ihéologie du Judéo-Christia nisme, cit. , pp. 1 99-2 1 6 (so prattutto p. 202).
Ritrovamenti , IV, 32-34
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ca per salutarv:i , subito i demoni hanno cominciato a gridare, a tutto onore della nostra religione , e non sono riusciti a sopportare la nostra presenza neppure per un att imo. 33. Sarà forse perché noi apparteniamo a una qualche altra natura superiore alla vostra, il motivo per cui i demoni ci temono? No, noi e voi siamo di un'uni ca e medesima natura, ma ci distinguiamo quanto a re ligione . Se anche voi, però, desiderate appartenere alla nostra, non vi rifiutiamo, anzi vi invitiamo; e vi assicu riamo che quando avrete la stessa fede religiosa che abbiamo noi e la medesima irreprensibilità di compor tamento, dato che Dio premierà la vostra fede avrete pure voi, alla pari con noi , i medesimi poteri e la stessa forza anche contro i demoni. È come chi viene messo a capo di soldati: per quanto sia inferiore di fronte alla loro superiorità di forze, tuttavia dice a uno: va', e quegli va, e a un altro: vieni, e quegli viene, e a un altro ancora: fa' questa co sa, e lui la fa 16• Da dove gli viene questo potere ? Non dalla sua propria forza, ma dalla paura che essi hanno di Cesare. Allo stesso modo, anche un credente qualsia si comanda ai demoni - anche se sembrano molto più forti degli uomini - non grazie alla sua propria forza bensì a quella di Dio che li ha messi in suo potere . Nell'esempio che ho portato, il fatto che Cesare s i a te muto da tutti i soldati e in tutti gli accampamenti e su tutta la superficie del regno, pur essendo un individuo solo e fors'anche fisicamente debole, non gli viene in realtà che dal potere di Dio il quale a tutti dà il timore affinché ubbidiscano a uno solo. 34. Vogliamo farvi capire questo, insomma, che il demonio non ha alcun potere sull'uomo a meno che uno non si sottometta volontariamente alla sua vo lontà. Lui, del resto, che è il capostipite del male, si ac costò persino a colui che abbiamo detto costituito da 16
Cf. Mt. 8, 9.
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Dio come re della pace per tentarlo; cominciò col pro mettergli tutta la gloria del mondo 1 7 , poiché quando l'aveva offerta ad altri per ingannarli aveva visto che quelli l'avevano adorato. Sacrilego e incosciente, tipi che caratteristiche della malvagità , aveva la faccia to sta di farsi adorare da lui pur sapendo che ne sarebbe stato schiacciato. Ebbene, il Signore nostro, riaffer mando che il culto si deve unicamente a Dio, gli rispo se: "Sta scritto: adorerai il Signore Dio tuo e solo a lui servirai" 1 8 • Messo fuori gioco da questa risposta, e con il terrore che l'autentica religione dell'unico e vero Dio riprendesse piede, si affrettò subito a spedire in questo mondo pseudoprofeti , pseudoapostoli e falsi maestri che parlano, è vero, in nome di Cristo, ma in realtà fanno la volontà del demonio. 3 5 . Per questo dovete stare molto attenti a non credere ad alcun maestro che non vi presenti la garan zia di Giacomo di Gerusalemme fratello del Signore, o di chiunque gli succederà. Se uno non sale a Gerusa lemme per ottenere là l'approvazione di essere un mae stro fedele e capace di predicare la parola di Cristo, se non vi porta di là - ripeto - questa attestazione, non dovete assolutamente credergli . Ma non dovete neppu re aspettarvi, in questo tempo, né un qualche altro pro feta o un qualche altro apostolo all'infuori di noi. Uno solo , infatti , è il Vero Profeta , e siamo noi dodici apo stoli a predicame il verbo. Lui solo è l'"anno" accetto a Dio, e i dodici mesi siamo noi apostoli 19• 1 7 Cf. Mt. 4, 8 . 1 8 Cf. Mt. 4, I O. 1 9 Per tutto questo passo, rimando alla nota l della Lettera di Clemente a Giacomo. Il Vero Profeta, Gesù, è chiamato l'anno accet to a Dio, poiché lui stesso attribuì a sé le parole di Isaia: « Lo Spirito del Signore è su di me, poiché mi ha unto per ( . ) e per annunciare l'anno di grazia del Signore» (Le. 4, 1 8 . 1 9). Ora , poiché in un anno non ci sono che dodici mesi, non ci possono essere che dodici apo stoli, ed essendo stato rimpiazzato Giuda con Mattia (Atti 1 , 26), Paolo non poteva essere considerato apostolo. . .
R 1trovament1 , IV, 35-37
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Per quale motivo sia stato creato il mondo, perché si siano poi verificate in esso tante contrarietà, e per ché quando il Signore nostro è venuto a porvi rimedio abbia scelto noi dodici apostoli per compiere questa missione, vi sarà spiegato più ampiamente altrove. Ma intanto siamo noi , che abbiamo ricevuto l'ordine di uscire a predicare, a invitarvi alla cena del re del cielo che il Padre ha preparato per le nozze del suo Figlio e a darvi l'abito nuziale 20, ossia la grazia del battesimo. Se uno ha ricevuto il battesimo come veste immacolata che gli serve per entrare al banchetto del Re, deve stare attento a non macchiarne col peccato nessuna parte, onde evitare di essere buttato fuori come indegno e bu giardo. 3 6 . Ora, ciò che può causare le macchie su questa veste sono: rinnegare Dio Padre, creatore dell'universo, e accogliere un altro maestro che non sia il Cristo, uni co degno di fede e Vero Profeta che ha mandato noi dodici apostoli a predicare la sua parola; avere un con cetto su Dio, che è al di sopra di tutto, che non sia de gno di lui . Queste sono le cose che macchiano la veste del battesimo fino al giorno della morte. Le azioni in vece che la macchiano sono: gli omicidi, gli adulteri , l'odio, l'avarizia e i desideri cattivi . Le azioni che mac chiano anima e corpo insieme sono: partecipare alla mensa dei demoni , ossia cibarsi di carne immolata (agli idoli) o del sangue o di un animale strangolato o di qualsiasi altra cosa sia stata offerta ai demoni . Questo per voi è il primo dei tre gradini da cui na scono trenta comandamenti. Dal secondo gradino ne nascono sessanta e dal terzo cento 2 1 , come vi spiegherò meglio un'altra volta » . 3 7 . Dopo questo discorso e dopo aver raccoman dato a tutti di trovarsi l'indomani di buon'ora nel me desimo posto, congedò la folla. Ma le persone non se 2° 21
Cf. Mt. 22, 2- 1 2 . All u sione a Mt. 1 3 , 8 . 2 3 .
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ne volevano andare, per cui Pietro disse: « Fatemi que sto favore, perché il viaggio di ieri mi ha stancato. An date a casa , adesso, e trovatevi qui domani per tempo)) . E così, contenti , se ne andarono. Pietro, poi, mi invitò ad allontanarmi un pochino. Diede ordine, più tardi, di preparare una mensa in un punto del giardino protetto dall'ombra. Ognuno di noi sapeva, come al solito, dove prender posto, e mangiammo. In seguito, poiché resta va ancora un po' di luce , Pietro ci intrattenne sulle me raviglie operate dal Signore. Scesa la sera, entrò nella sua cameretta per riposare.
LI BRO V 1 -3 . DISCORSO DI PIETRO SUL POTERE DELLA FEDE CONTRO IL MA ' LE E LA FRAGILITÀ UMANA; 4-3 3 . SULL 'ORIGINE DELL IGNORANZA, ' SUL VERO PROFETA E ANCORA SULL IDOLATRIA E SULLA TATTICA ' MALVAGIA DELL ANTICO SERPENTE; 34-3 5 . NECESSITÀ DI FARSI ISTRUIRE NELLA VERA DOTTRINA.
l . li mattino dopo, Pietro si alzò un po' più presto del solito e ci trovò ancora addormentati. Ne prese atto, e come se volesse ancora riprendere sonno si impose di non dir parola per }asciarci liberi di riposare. Ma quan do, ben riposati, ci alzammo, ce lo trovammo nella no stra stanza che aveva già finito di pregare. Era ormai l'alba. Ci diede il solito buongiorno, ci disse qualche pa rola e si diresse poi subito al posto consueto per esporre i suoi insegnamenti. Quando vide che si erano presenta ti in gran numero per ascoltarlo, augurata loro la pace quale primo atto religioso, cominciò il discorso cosl: 2 . « Dio, creatore di tutto ciò che esiste, all'inizio fece l'uomo a sua propria immagine e gli diede di do minare la terra, il mare e persino l'aria 1, così come ci ha detto il Vero Profeta e come anche la ragione ci fa capire, poiché l'unico essere dotato di ragione è l'uo mo, ed è logico che sia la ragione a dominare gli esseri che ne sono privi. L'uomo, dunque, che all'inizio era ancora giusto, era superiore a ogni sorta di vizi e ad ogni debolezza, ma quando peccò - come ieri vi ho in segnato - e diventò schiavo del peccato, eccolo diventa re di colpo fragile. Se la Scrittura lo dice è per far capi re agli uomini che, se per la loro empietà sono diventa ti preda delle passioni, con l'amore a Dio possono es serne esenti; anzi, anche solo con poca fede in Dio pos1 Cf. Gen. l , 27.
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sono guarirne gli altri. Così infatti ci ha promesso il Vero Profeta quando ha detto: "In verità vi dico che se avrete fede anche solo come un seme di senape, direte a questa montagna: spostati, ed essa si sposterà" 2• La prova di questa parola l'avete avuta anche voi: ieri in fatti avete notato come, per la nostra presenza i demo ni, assieme alle malattie che avevano fatto entrare ne gli uomini, se ne sono andati a precipizio. 3. Ora, poiché alcuni uomini sono soggetti alle in fermità mentre altri sono capaci di guarirli, è indubbia mente opportuno scoprire perché uno ne è preso e un altro invece guarisce. E si può dimostrare che chi ne soffre non è che per la mancanza di fede da parte sua, mentre è la fede che permette di porgere il rimedio. Il non credere, infatti, apre la strada a far peccati, poiché non si crede a un futuro giudizio di Dio, e il peccato poi mette l'uomo in balia delle malattie. La fede, invece, poiché crede nel futuro giudizio di Dio, trattiene gli uo mini dal peccare e, non peccando, essi non soltanto re stano liberi dai demoni e dalle malattie, ma sono capaci di scacciare i demoni e le malattie dagli altri. 4. Da quanto detto si deduce che all'origine di ogni male c'è l'ignoranza e che questa è la madre di tutti i mali. Essa viene generata dall'indifferenza e dalla pi grizia, viene alimentata e ingrandita dall'indolenza e si radica nei sensi degli uomini; e se per caso qualcuno ti fa capire che devi liberartene, solo con fastidio e a ma lincuore la si sradica, annidata com'è sotto strati anti chi e ereditari. È per questo che noi dobbiamo faticare un pochino per mettere al sole i preconcetti dell'igno ranza ed estirparli con la dottrina, soprattutto in colo ro che sono stati prevenuti su alcune opinioni non tan to giuste poiché, facendole essi passare come fondate sulla scienza, l'ignoranza vi si è radicata tanto più ti gnosamente. Non c'è infatti niente di peggio del crede re di sapere ciò che si ignora e di sostenere che è vero 2 Mt. 1 7 , 1 9.
R1trova me nt l , V, 4-7
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ciò che è falso. È come quando un ubriaco si crede so brio, e mentre tutte le sue azioni sono effettivamente da ubriaco, lui è convinto di essere lucido e pretende che anche gli altri lo ammettano. Questa è dunque la situazione di quanti non conoscono la verità pur aven do un'infarinatura di cognizioni, di quanti fanno il ma le prendendolo per bene e corrono verso la propria ro vina scambiandola per salvezza. S. È per questo che bisogna prima di tutto aspira re a conoscere la verità per riuscire, una volta che ci ha illuminati, a disperdere le tenebre dell'errore . Effettivamente, l'ignoranza è un male grave, come ho detto, ma poiché non ha consistenza è facilmente vincibile da chi ha studiato. In verità, l'ignoranza non è altro che mancata conoscenza di quanto è utile, e scom pare non appena ne prendi cognizione. Con tutte le for ze, dunque, si deve cercare la conoscenza, ma nessun altro te la può dare all'infuori del Vero Profeta. È lui la porta della vita per chi desidera entrarvi, è lui la strada della rettitudine per chi anela al porto della salvezza.
6. Uno che abbia ascoltato per bene la dottrina del Vero Profeta, può poi scegliere di accettarne o rifiutar ne anche le conseguenze, ossia le sue direttive di vita. Possediamo infatti il libero arbitrio. Se avvenisse infat ti che, ascoltandolo, non si avesse poi facoltà di fare di versamente da quanto si è udito, si subirebbe una spe cie di violenza naturale che non ci lascerebbe liberi di scegliere un'altra dottrina; o viceversa, se proprio nes suno degli ascoltatori lo seguisse, si tratterebbe ancora di violenza naturale che costringe a che si faccia una cosa sola senza lasciare possibilità di altra scelta. Ora, poiché l'anima è libera di orientare il proprio giudizio nella direzione che vuole e di scegliere la strada che preferisce, è evidente che gli uomini dispongono del li bero arbitrio. 7 . Per cui, prima che uno abbia ascoltato ciò che gli torna utile, è chiaro che non ne è a conoscenza, e
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poiché è per ignoranza che vuole o desidera fare ciò che non gli conviene, non può venirne giudicato. Quando invece gli siano state spiegate le ragioni del suo errore e abbia capito la ragionevolezza della verità, se persiste ancora negli stessi errori in cui si trovava da tempo, è giusto che venga portato in giudizio per subirne il casti go, dal momento che lo spazio di vita che aveva ricevu to per vivere bene l'ha sprecato in false illusioni. Ma se uno ha sentito parlare della verità, l'ha accolta e si mo stra riconoscente per essergli stata offerta la buona dot trina, vi si applica più intensamente e non si dà pace di imparare fino a che non sa se esiste effettivamente una vita futura dove ci sono premi preparati per i buoni. Una volta poi sicuro di ciò, ringrazia Dio di avergli mo strato la luce della verità, e da allora in poi orienta le proprie azioni a operare unicamente il bene, nella cer tezza che gli viene riservata in futuro la ricompensa per ogni azione, restando peraltro sorpreso e stupito degli errori di quegli altri uomini che non riescono a vedere la verità che hanno davanti agli occhi. Felice per le ric chezze di sapienza che ha trovato, ha tuttavia un desi derio insaziabile di goderne , e si diletta nel compiere il bene con l'ansia di arrivare alla vita futura con cuore puro e coscienza casta, perché là potrà anche vedere Dio, il re del creato. 8. È soltanto l'ignoranza che ci deruba e ci priva di tutte queste cose. Fintanto che gli uomini ignorano quanto bene porti con sé la conoscenza, non sopporta no che gli venga strappato via il male dell'ignoranza poiché non hanno idea di quanta diversità comporti questa permuta. Do pertanto un consiglio a ognuno di voi che mi state ascoltando: prestate volentieri orec chio alla parola di Dio e ascoltate, per amore alla ve rità, quanto dico, così che la vostra mente, ricevuto quest'ottimo seme, porti frutti rigogliosi grazie alla vo stra buona condotta. Se infatti, mentre io vi sto inse gnando ciò che è richiesto per la salvezza, qualcuno di voi si rifiuta di accoglierlo e cerca di porre resistenza perché ha la testa piena di storti pregiudizi, la causa
R1trovament1 , V, 8- 1 0
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dell a sua rovina non sarò io, bensì lui. Il suo dovere, in real tà, è di fare un esame imparziale di quanto dico e cap ire che il mio parlare è l'espressione della verità; di modo che, dopo aver preso coscienza della verità così com'è, e aver orientato la propria vita a operare il bene, lo si possa trovare che fa parte del regno dei cieli. Deve insomma vincere i desideri carnali e dominarli: solo così, finalmente, verrà felicemente posseduto da colui che governa ogni cosa. 9. Uno infatti che persiste nel male e ne è schiavo non può diventare parte del Bene, finché almeno perse vera nel male; e il motivo è che all'inizio, come ho già detto, Dio ha stabilito due regni e ha dato a ogni uomo la facoltà di far parte di quel regno a cui volontaria mente e obbedientemente si sottomette. E poiché Dio ha ordinato le cose in modo che un uomo non può ser vire contemporaneamente l'uno � l'altro, mettetecela tutta ad allearvi con il re buono. E a questo scopo, del resto, che il Vero Profeta, quand'era presente di persona tra noi, al vedere che alcuni ricchi si disinteressavano del culto a Dio, disse loro la verità chiara e tonda affer mando che "nessuno può servire due padroni . . . non po tete cioè servire Dio e mammona" 3, dove la parola mammona significa, nella loro lingua, le ricchezze.
1 0. Questi è pertanto il Vero Profeta che è apparso a noi in Giudea, come vi è stato detto, e che, ritto (Stans) in mezzo alla folla, soltanto con un comando faceva vedere i ciechi e udire i sordi, cacciava i demo ni, g uariva i malati e riportava in vita i morti. E poiché nulla gli era impossibile, penetrava anche i pensieri della gente, cosa che a nessuno è possibile fare se non a Dio. Lui annunciò il Regno di Dio, e noi abbiamo prestato fede a tutto ciò che diceva in quanto è il Vero Profeta. La nostra fede in lui è stata resa incrollabile non solo dalle sue parole, ma anche dalle sue opere, poiché i passi della Legge che, molte generazioni fa, 3
Mt. 6, 24.
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già parlavano di questa sua presenza, si autenticavano in lui che impersonava appieno la figure tipologiche delle gesta di Mosè e, prima ancora, del patriarca Gia cobbe. Anche il tempo del suo awento, ossia l'epoca stessa della sua venuta, risulta predetta da essi; ma so prattutto troviamo in quei testi sacri che era l'atteso dalle genti 4, tutte cose che ugualmente si sono awerate in lui. 1 1 . Ora, che un profeta dei giudei abbia predetto che era "l'atteso dai gentili" , conferma più che mai la certezza che si tratta proprio di lui. Se avesse detto in fatti che erano i giudei ad attenderlo, poteva sembrare che non avesse proferito niente di speciale. In realtà il fatto che l' awento di colui che era stato promesso per la salvezza del mondo fosse atteso dai compatrioti, dal proprio paese, sarebbe sembrato più una previsione lo gica che non una mirabile profezia. Ma dal momento che i profeti dicono che tutta quella aspettativa che ri guarda la salvezza del mondo, nonché la novità del re gno che il Cristo avrebbe inaugurato, e ogni altra cosa che si è detta di lui, si sarebbe trasferita ai gentili, eb bene, non si tratta più, qui, di logica storica, bensì del la conferma di una incredibile straordinaria predizione profetica. I giudei, in realtà, da principio sapevano per tradizione incontestabile che un giorno sarebbe venuto quest'uomo per rimettere a posto ogni cosa. Ogni gior no ci pensavano, e cercavano di prevedere l'epoca della sua venuta. Ma quando seppero che era arrivato e che operava - come attesta la Scrittura - miracoli e prodi gi, accecati dall'invidia non riuscirono a riconosceme la presenza; e dire che lo aspettavano con gioia! Solo noi pochi, che siamo stati scelti da lui , l'abbiamo rico nosciuto. 1 2 . Tutto, comunque, è successo provvidenzial mente, perché fosse data anche ai gentili la conoscenza di questo dono, e perché potessero conoscerlo anche 4 Cf Gen. 49, 1 0.
A1trovament1, V, 1 2- 1 3
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coloro che mai ne avevano sentito parlare e che neppu re dai profeti ne avevano avuto notizia, mentre veniva disconosciuto proprio da quanti ne avevano conoscen za grazie alle loro quotidiane riflessioni. Ebbene, ecco adempirsi adesso la verità preannunciata dalle profe zie; ed è per merito vostro, che in questo momento sie te qui col desiderio di ascoltare la sua dottrina della fe de e di sapere chi è colui che è venuto, come è venuto e quale importanza abbia la sua venuta. È proprio que sto che hanno predetto i profeti: a interessarvi di lui sa reste stati voi che non ne avete mai sentito parlare. Rendetevi conto, dunque, che è in voi che si attua no le profezie: voi che giustamente credete in lui solo, che giustamente ne siete in attesa, che giustamente ne volete sapere di più per non limitarvi soltanto ad atten derlo ma, credendo in lui, otteniate anche in eredità il suo regno secondo quanto lui stesso ha detto, e cioè che ognuno diventa servo di colui al quale si sottomette 5• 1 3 . E allora svegliatevi , e mettetevi dalla parte del Signore Dio nostro, di quel Signore che governa anche il cielo e la terra; e rimodellatevi secondo la sua imma gine e somiglianza, così come ha suggerito di persona il Vero Profeta quando ha detto: "Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" 6• E lui che dovete imitare, è lui che dovete temere in base al comandamento dato agli uomini: "Adorerai il Signore tuo Dio e lui solo ser virai" 7 • Ed effettivamente vi conviene servire quest'uni co Signore, poiché riconoscendo in lui l'unico Dio vi li berate dai tanti dèi che inutilmente temevate. Uno che infatti non teme il Dio che tutto ha creato, bensì quelli che si è fabbricato con le proprie mani, cos'altro fa se non rendersi schiavo di una sciocca inutile paura, oltre a svalutarsi e abbassarsi al di sotto di quegli stessi idoli 5
Cf. Mt. 6, 24.
6 Le. 6, 36; Mt. 5 , 4 5 . 7 Deut. 6, 1 3; Mt. 4 , 1 0.
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di cui ha paura? E allora approfittate piuttosto della bontà di chi vi porge l'invito per fare ritorno alla vostra originale nobiltà; mostrate, col vostro comportamento, di portare l'immagine del vostro stesso Creatore, così che vedendo la somiglianza che avete con lui non pote te dubitare d'essere anche figli suoi. 1 4. Cominciate pertanto a eliminare dai vostri sensi le vuote immagini degli idoli assieme alle inutili e sciocche paure: potrete così nello stesso tempo liberar vi anche dal giogo di una iniqua schiavitù, poiché in realtà quegli idoli, che non potrebbero neppure esservi utili come schiavi, sono diventati i vostri padroni. Quei simulacri senza vita, infatti, come possono sembrarvi capaci di servirvi se non hanno orecchi né occhi né al cun'altra sensibilità? Il fatto è che, quello stesso mate riale di cui sono fatti - si tratti di oro o d'argento o an che di bronzo o di legno - mentre poteva tornarvi utile per le necessità di uso quotidiano, avendone fatto degli idoli l'avete completamente sprecato e reso inutile. Noi siamo qui, in conclusione, per annunciarvi il vero culto di Dio, per esortare e invitare nello stesso tempo chi lo pratica a imitare, comportandosi bene, colui che ado rano. Così si accelera il loro ritorno alla sua immagine e somiglianza, come ho detto prima. 1 5 . Sarei del resto contento che coloro che adora no gli idoli mi dicessero se preferirebbero diventare si mili a ciò che adorano. Qualcuno di voi vorrebbe veramente vedere come essi vedono, udire come essi odono, avere la stessa sen sibilità che hanno loro? Mi auguro che non succeda a nessuno di voi che mi ascoltate , poiché una cosa del genere è da ritenersi piuttosto una maledizione e un insulto, per un uomo che porta in sé l'immagine di Dio, anche se ne ha perso la somiglianza 8• Quale conto bi8 Vedere al paragrafo 2 3, dove spiega che «ogni uomo porta l'immagine di Dio; la somiglianza, invece, non tutti, ma solo chi possiede un'anima benevola e una mente pura » .
Altrovamenti, V, 1 5- 1 6
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sogn a fare di questi dèi, la cui imitazione diventa male di zione per chi la coltiva, e dei quali è un insulto assu mere la somiglianza? E allora? Fondete questi inutili si m ulacri e fatene degli utensili che servano; fondete que sto materiale inutile e inerte e fatene degli stru menti che servano all'uomo. "Ma le leggi umane non lo permettono ! " , si potrà dire. Appunto, si tratta di leggi umane e non del potere degli idoli. Come possono essere dèi questi oggetti che vengono difesi da leggi umane e non dal proprio pote re? Non è per questo che si cerca di salvarli dai ladri con cani da guardia e catenacci robusti? E, questo, quando si tratta di pezzi d'argento o di oro o anche di bronzo, poiché a quelli di pietra o di coccio basta come difesa la loro stessa mancanza di valore ! Chi va a ruba re un dio di pietra o di coccio? Non ti sembrano perciò piuttosto disgraziati coloro che vivono ogni momento nell'ansia, a causa di un po' di metallo prezioso? E vi sembra che uomini di buon senso dovrebbero conside rare dèi degli oggetti che possono essere rubati, che de vono perciò essere tenuti sotto custodia, oggetti che vengono fusi, pesati e presi a martellate? 1 6 . Come si è degradata l'intelligenza umana ! Se già si ritiene solenne sciocchezza aver paura dei morti, come possiamo giudicare quelli che hanno paura di oggetti più insignificanti dei morti? Quei simulacri, in fatti, non si possono neppure considerare della catego ria dei morti, dal momento che mai sono stati vivi; ad essi sono da preferirsi persino le tombe dei morti, poi ché per quanto contengano morti, tempo fa per lo me no essi erano vivi. Ma questi idoli che voi adorate non hanno mai vissuto nessuna vita nemmeno al livello più basso che ci sia, quello della rane e dei gufi! Ma perché dilungarci ancora su questi idoli? Ba sterebbe dire a chi li adora: "Non vedi che chi stai ado rando non vede? Ascolta, come mai chi tu adori non sente? E non capisci che lui non capisce? È un manu fatto umano, per forza non ha sensibilità! Tu, dunque, adori un oggetto insignificante quando chiunque sia
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dotato di buon senso non pensa neppure di adorare le , cose che Dio ha fatto e che un significato invece ce l'hanno, voglio dire il sole , la luna e le stelle e tutto ciò che sta in cielo e sulla terra". Ritengono infatti che sia giusto e doveroso venerare il Creatore loro e di tutto l'universo, ma non le cose che lui ha fatte a servizio del mondo. Quando Dio viene adorato e fatto oggetto di culto, ne gode di fatto anche la creazione, la quale non accetta che l'onore dovuto al Creatore venga deviato al le creature. Il culto accetto è quello di Dio soltanto, che è l'unico Essere non creato, mentre tutto il resto è sua creatura. Siccome, insomma, l'essere Dio è proprio soltanto di chi non ha avuto origine, ne segue che tutto ciò che è stato fatto non è effettivamente Dio. 1 7 . Per prima cosa, dunque, dovete capire l'ingan no perpetrato dall'antico serpente con i suoi scaltri suggerimenti. Vi ha ingannati con una certa abilità, e si insinua nei vostri sensi con una parvenza di ragionevo lezza. Comincia proprio dalla testa, per poi scivolare nel profondo del vostro cuore, e valuta il vostro ingan no come un grosso guadagno. Insinua nei vostri sensi le idee di una pletora di dèi, pur di staccarvi dalla fede dell'unico Dio, perché sa che questo vostro peccato è la sua consolazione. Proprio per la sua malizia, infatti, fin dall'inizio venne condannato a mangiare la terra 9 a motivo dell'uomo che preso dalla terra, volle che ritor nasse alla terra, fino al tempo in cui le vostre anime si saranno purificate passando per il fuoco, come vi dirò più estesamente un'altra volta. Da quell'antico serpente sono nati, in effetti, tutti gli errori e le confusioni che vi provocano dubbi sulla fede nell'unico Dio e una certa credulità. 1 8. La prima cosa che fa, è di suggerire al pensiero umano di non dar retta alle parole di verità che sono in grado di far evitare i mali dovuti all'ignoranza; e lo fa 9 C f. Gen. 3 , 1 4 .
R 1trovament1, V, 1 8-1 9
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col presentare, per così dire, un'altra dottrina che so stiene un'idea sfruttata da moltissimi: quelli che credo no che non saranno ritenuti in colpa se vivono nel l'i gnoranza, e che non dovranno render conto di cose che nessuno gli ha detto. E per ciò che li persuade a chi udere le orecchie alla Parola. Ma voi, contro tutto questo, tenete presente che l'i gnoranza, di per se stessa, è un potentissimo veleno, capace da solo di uccidervi l ' anima senza bisogno di al tri concorsi esteriori. E perciò nessuno, che sia nell'ignoranza, si salva_ per ciò che non sa; anzi, è certo che vi trova la morte. E per legge di natura, infatti, che i peccati hanno il potere di uccidere il peccatore. Ma poiché il giudizio sarà basato sulla ragione, si andrà a cercare la causa e l'origine sia dell'ignoranza che di qualsiasi peccato. Chi, pertanto, si è rifiutato di sapere come può arrivare alla vita, preferendo di non sapere per non essere poi considerato colpevole, per ciò stesso è già giudicato come uno che sa e intende. In realtà era cosciente di quanto non voleva sentire, e non gli ser virà affatto di scusa accampare la scaltrezza ingegnosa del serpente, perché quella giustificazione non inganna l'intelligenza. Ma se vuoi capire come mai l'ignoranza produce di per sé la morte, sappi che se l'anima, quan do lascerà il corpo, ne esce ignorando chi l'ha creata e grazie a chi ha avuto in questo mondo tutto l'indispen sabile per vivere, verrà allontanata dalla luce del suo regno come irriconoscente e infedele. 1 9. Ma quel malfattore di serpente suggerisce an cora agli uomini un'altra idea che molti di voi spesso esprimono: "Anche noi affermiamo che esiste un unico Dio che è il Signore di tutti; però anche questi - dico no - sono dèi. Cesare, ad esempio, è uno solo, ma ha sotto di sé molti giudici, come sono i prefetti, i consoli, i tribuni e tutti gli altri che hanno incarichi di governo; noi pensiamo, in modo analogo, che uno solo è il Dio superiore a tutti, ma che anche questi altri - alla stre gua di quei governanti di cui ho parlato - costituiscono una gerarchia di dèi in questo mondo, dipendenti evi-
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dentemente dal più grande ma con funzioni ammini strative su di noi e sulle realtà del mondo" . Ebbene, quanto a questo state a sentire come simi li argomentazioni, basate su una verità, vi danno torto a proposito delle vostre ingannevoli supposizioni. Voi dite che Dio ha la posizione di Cesare, e che quegli altri che voi chiamate dèi sono paragonabili ai suoi giudici e mi nistri. Attenetevi dunque all'esempio da voi proposto di Cesare, e sappiate che a nessun giudice o amministrato re di Cesare - ossia prefetti, proconsoli, generali o tri buni - è lecito venir chiamato Cesare, altrimenti sia chi accetta questo nome sia chi glielo conferisce vengono condannati a morte. La stessa cosa dovete pensare quando uno dà il nome "dio" a un altro all'infuori di Lui e quest'altro lo accetti: ambedue subiranno la mor te, e una morte forse peggiore dei ministri di Cesare, poiché chi fa un torto a Cesare subisce una morte tem porale mentre chi manca contro quell'Uno che è il solo vero Dio sconterà castighi eterni, come è giusto, per aver banalizzato un nome che spetta a uno solo. 20. È anche vero, però, che questa parola "dio" non è il nome di Dio, ma si è permesso agli uomini di usare intanto detto vocabolo come se fosse il suo no me; e comunque, ripeto, quando viene bistrattato, l'of fesa viene rivolta al suo vero Nome. Gli antenati degli egiziani, del resto, che hanno fama di aver trovato le leggi del moto celeste e della natura degli astri grazie alla presenza in essi di un demone, indicarono quel no me ineffabile con appellativi tutti quanti ingiuriosi. Al cuni, infatti, lasciarono per tradizione che bisognava adorare un bue, chiamato Apis; altri un capro, altri an cora i gatti, qualcuno Ibis e alcuni altri un Serpente. Insegnarono che bisognava considerare esseri divini anche il Pesce, la Cipolla, le Cloache, le Scorregge e un'infinità di altre cose che è vergognoso anche soltan to nominare» . 2 1 . A queste parole di Pietro, tutti quelli che ascol tavano scoppiarono a ridere.
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E Pietro continuò: « Voi ridete per le sconcezze al trui, perché non vi accorgete delle vostre che vi sono da sempre abituali. È giusto, in effetti, che scherniate la stoltezza degli egiziani che adorano, pur essendo persone intelligenti, animali morti. Ma state a sentire come essi pure vi prendono in giro. Dicono: "Noi per lo meno veneriamo animali, anche se destinati a morire, ma voi venerate e adorate oggetti che la vita non l'han no mai avuta" . Aggiungono inoltre che quelle cose so no simboli e figure allegoriche di certe potenze, grazie al cui aiuto l'umanità si regge, e si sforzano così di ve lare il loro errore in un alone di pudore associando ad essi questa e altre simili motivazioni. Comunque, non è questo il momento di confutare gli egiziani, di trascurare i presenti per curare le malat tie degli assenti. Ora, un sicuro indizio che voi vi rite nete estranei da una malattia del genere è che non ve ne siete addolorati come se ce l'aveste voi, ma avete ri so come se fosse di altri. 2 2 . Ma torniamo a voi, che vi compiacete di para gonare Dio a Cesare, e gli dèi ai ministri e procuratori di Cesare. Seguitemi attentamente, perché sto per mo strarvi le trappole del serpente piazzate nei contorti meandri del vostro ragionamento. Tutti devono tener per certo e fuori di dubbio che Dio non ha ricevuto l'esistenza da nessuno, ma che è stato lui a fare ogni cosa, e che nessuna delle sue creature può mettersi alla pari con lui, dal momento che è impossibile trovare un individuo talmente irrazionale da pensare che un ma nufatto possa mettersi sullo stesso piano di chi l'ha realizzato. Se quindi la mente dell'uomo, non soltanto col ragionamento ma anche per un certo naturale istin to, pensa giustamente che si chiama Dio colui al quale nulla può essere paragonato o messo sullo stesso piano perché è superiore a tutti e tutti tiene a distanza, come si può pensare di dare in buona fede quel nome, rite nuto superiore a tutto, a coloro che voi ritenete incari cati di amministrare e dirigere la vita umana? Ma vo glio aggiungere un'altra cosa: questo mondo non c'è
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dubbio che è stato fatto e che è corruttibile, come vi dirò più estesamente dopo; ma intanto teniamo per fermo che è stato fatto e che è corru ttibil e Ora, se il mondo non può essere chiamato Dio - e a ragione non lo può, poiché è corruttibile - come si può dare il nome dio a degli oggetti di questo mondo? E ch i a ro che c i ò che non può essere il mondo nella sua totalità, tanto meno può esserlo una sua parte ! Se torniamo perciò all'esempio di Cesare, state at tenti a quanto lo nt an i siete dal vero: se a nessuno è l e cito paragonare un uomo a Cesare, pur essendo della sua stessa natura, come potete credere di mettere qual cuno sullo stesso piano di Dio il quale, per il fatto stes so di non essere stato fatto da altri e di aver fatto inve ce lui stesso ogni cosa, è i n fi n i ta me nt e superiore a tut to? Ma il n o m e di Cesare non avete il corag gio di darlo a nessun altro, perché lui punisce subito chi c ommett e questo delitto; mentre lo avete nei confronti di Dio so lo perché que st i ritarda la punizione del trasgressore per dargli tempo di pentirsi. .
,
23. Q ue l serpente, inoltre, usa normalmente anche altri portavoce per dire ad esempio che noi, in onore del Dio invisibile, adoriamo delle sue raffigurazioni vi sibili. Questo è assol ut ame nte falso. Se voleste infatti venerare veramente l 'immagin e di Dio, fate del bene all'uomo, e così venererete in lui la vera immagine di Dio. Ogni uomo, infatti, porta l'immagine di D i o ; la so migl ianza invece non tutti, ma solo chi possiede un'ani
ma benevola e una mente pura 1 0 • Se dunque volete ve ramente onorare l'immagine di Dio, noi vi facc i amo co noscere la verità: fate del bene all'uomo, che è fatto a imm agi n e di Dio; offritegli onore e rispetto, del cibo se ha fame, un bi cc h i ere se ha sete, un vestito se ne è sen za, un servizio se è malato, un tetto se è forestiero, il fabbisogno se chiuso in carcere. Tutto questo sarà rite1 ° Cf. Massimo il Confessore (Capitoli sulla carità 3 , 25 a cura di A. Ceresa-Gastaldo, Verba Seniorum n.s. 3, Roma 1 963, p. 1 53) che
attribuisce la somiglianza solo ai
buoni e saggi (agathòi e sophòi).
Rttr ovamenti , V, 23-24
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nuto fatto proprio a Dio 1 1 • Dette azioni contribuiscono così tanto a onorare l'immagine di Dio, che chi non le fa è come uno che rechi offesa all'immagine divina. Che onore di Dio è, dunque, quello di rivolgers i a statuette di pietra o di legno, venerare come dèi raffigurazioni in significanti e senza vita, e poi disprezzare l'uomo che è la vera immagine di Dio? Dico di più: state certi che chi commette omicidio o adulterio e tutto ciò che arreca sofferenze e offesa agli uomini, profana l'immagine di Dio che è in essi. È un grave sacrilegio nei confronti di Dio, infatti, far del male all'uomo. Quando perciò fai agli altri una qualun que cosa che tu stesso non vorresti subire 1 2 , deturpi l'immagine di Dio con ingiuste afflizioni. Rendetevi conto, allora, che è dal serpente annidatosi dentro di voi che viene quella fantasia che vi convince di potervi credere religiosi quando adorate oggetti inanimati, e di non ritenervi empi quando fate del male a uomini sen sibili e dotati di ragione. 24. Ma ancora, per bocca d'altri, il serpente ribat te: "Se Dio non avesse voluto queste cose, non sarebbe ro certo esistite ! " . Ebbene, non posso ancora spiegarvi come, per mettere alla prova ciascun uomo, è stato permesso che in questo mondo ci fossero molte possi bilità contrarie. Per il momento è opportuno dire sol tanto che se, secondo voi, non avrebbe dovuto esistere tutto ciò che si potrebbe adorare, quasi niente sarebbe esistito in questo mondo. Che cosa infatti vi rimane da adorare? il sole, la luna, le stelle, l'acqua, la terra, le montagne, gli alberi, le pietre, gli uomini? Non c'è nes suna di queste cose che voi non adorate. Stando dun que alle vostre parole, Dio non avrebbe dovuto creare nessuna di queste cose, per togliervi così la possibilità di adorarle. Ma persino gli uomini che le adorano non avrebbero dovuto esistere ! Ed è propriamente questo il desiderio di quel serpente nascosto in voi: non rispar1 1 Cf. Mt. 25, 35-36. 1 2 Cf. Mt. 7, 1 2 .
Pseud�lemente
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miare nessuno di voi, impedire che qualcuno di voi sfugga alla morte. Ma non sarà così. Dovete sapere in fatti che la colpa non ce l'ha l'oggetto che viene adora to, bensì chi lo adora. Il giudizio di Dio è giusto e valu ta chi subisce l'offesa diversamente da chi la fa. 2 5 . Tu obietti: "Sarebbe opportuno, allora, che co loro che adorano ciò che non è lecito adorare vengano all'istante soppressi da Dio, per evitare che altri lo fac ciano" . Ma sei forse tu più saggio di Dio da dargli con sigli? 1 3 • Lui sa quello che fa. Con tutti quelli che vivono nell'ignoranza, infatti, si mostra paziente, poiché è mi sericordioso e compassionevole; e sa che molti da catti vi diventano buoni, che alcuni di quelli che venerano statue oscene e immagini immonde si convertono a Dio e, tirandosi fuori dai peccati e operando il bene, raggiungono la salvezza. "Ma per agire così - insiste - non avremmo dovuto neppure venire sfiorati da quel pensiero" . Ma non sa pete che cos'è la libertà di giudizio? Non vi è chiaro che veramente buono è colui che lo è per decisione personale ? Uno che per necessità è obbligato al bene non lo si può definire buono, perché non lo è per meri to suo! Poiché, dunque, ogni individuo è libero di sce gliere il bene o il male, è lui che si procura il premio o la condanna. "Ma no - continua quel tale -, perché qualunque cosa pensiamo, è Dio che ce la fa venire in mente ! " . Co sa vi prende, gente? State bestemmiando! Se veramen te tutto c iò che pensiamo è lui a farcelo venire in men te, sarebbe dunque lui a suggerirei pensieri di adulte rio, di avarizia, di bestemmia e di ogni sorta di lussu ria? Smettetela, per favore, di dire bestemmie del gene re, e cercate di capire qual è l'onore che si deve a Dio. E non venite a dirmi, come alcuni di voi usano fare, che Dio non ha bisogno di essere onorato dagli uomini. È vero che lui non ha bisogno di nessuno, ma voi dove te riconoscere che giova a voi onorare Dio. C'è forse 13
Cf. Rom. 1 1 , 34.
R 1trov ament l , V, 25- 27
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qualc osa di più abominevole per l'uomo di non sapere ch e deve ringraziare il proprio Creatore? 2 6 . "Ma noi facciamo di meglio - insiste quel tipo poiché la riconoscenza l'abbiamo per lui e, nello stes so �mpo, per tutti gli altri ! " . Ma non capite che facen do così mandate in malora la vostra salvezza? Un com portamento simile è paragonabile a un malato che per guarire chiama contemporaneamente un medico e de gli awelenatori: questi non possono che farlo peggiora re, non guarirlo! E un vero medico si rifiuta di mesco lare con i loro veleni le sue medicine, per evitare ap punto che si attribuisca il danno a ciò che faceva bene o la guarigione a quegli intrugli dannosi. "Ma Dio, allora, se la prende - mi ribatte - o è ge loso che per il bene che lui opera vengano ringraziati altri?" . Anche se non ne fosse indispettito, non vuole comunque figurare come autore dell'errore di far attri buire a un inutile idolo un atto di bene operato da lui. C'è forse maggiore empietà e ingratitudine, quando si è stati beneficiati da Dio, di ringraziare poi pezzi di le gno e di pietra? Svegliatevi, insomma, e capite dove sta la vostra salvezza! Dio non ha bisogno di nessuno, né chiede qualcosa, né lo si può ferire. Siamo noi che tro viamo giovamento o danno nel comportarci da persone riconoscenti o ingrate. Che cosa aggiungono a Dio le nostre lodi? O cosa gli togliamo con le bestemmie? Niente, all'infuori del fatto che Dio attira vicino a sé in amicizia l'anima che gli è riconoscente, mentre quella irriconoscente diventa dimora del demone cattivo. _
2 7 . Ma voglio che sappiate anche questo, che non è Dio che personalmente infligge punizioni a quest'ulti mo tipo di anime; è tutto il creato che si ribella e si ven dica degli empi. E benché in questo mondo la bontà di Dio elargisca egualmente ai buoni e ai cattivi la luce materiale e i beni della terra, non è tuttavia senza dolo re che il sole offre la sua luce agli empi e che tutti gli al tri elementi della terra si mettono a loro servizio. Suc cede anche spesso che, malgrado la bontà del Creatore,
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gli elementi, stanchi delle malefatte degli empi, si disar mano, ed è per questo che i frutti della terra vanno a male, l'aria si corrompe, il calore del sole diventa ecces sivo, si scatena la violenza incontenibile delle piogge e del freddo. Ne seguono allora epidemie, fame e altre si tuazioni mortifere, poiché il creato non tarda a pren dersi la vendetta sugli empi, anche se poi la bontà di Dio fa cessare tutti quei guai e ne frena la rabbia nei confronti degli empi, costringendo gli elementi a obbe dire alla sua misericordia con una forza che supera la loro ira nei confronti dei peccati e delle scelleratezze degli uomini. La pazienza di Dio, infatti, finché gli uo mini sono in vita, ne attende la conversione. 2 8 . Se poi persistono nella loro empietà fino a quando muoiono, allora l'anima , che è immortale, quando lascia il corpo sconterà la pena per avere persi stito nella propria empietà. Perché anche le anime de gli empi sono immortali. Essi forse desidererebbero che la loro anima morisse col proprio corpo, ma non è così: deve infatti sopportare per sempre il supplizio del fuoco eterno non avendo, per natura sua e per sua sventura, la possibilità di morire. Potreste dirmi: "Tu, Pietro, ci terrorizzi!". Ma in quale altro modo posso dirvi come stanno le cose? Posso forse rivelarvi la verità tacendola? lo non so dirvi le cose diversamente da quelle che sono. E nel caso che tacessi, sarei proprio io a essere responsabile della vostra delete ria ignoranza, dando soddisfazione al serpente che sta acquattato in voi per condizionare i vostri sensi col sug gerirvi scaltramente tutto ciò che può rendervi per sem pre nemici di Dio. Ma noi siamo stati inviati appunto a smascherare i suoi tenebrosi inganni, a liberarvi dalle cause di inimicizia con Dio per riconciliarvi con lui con vertendovi e rendendovi a lui graditi con l'operare il be ne. Le cause d'inimicizia tra l'uomo e Dio , infatti, sono i pensieri irrazionali ed empi e la cattiva disposizione d'animo, soprattutto quando l'uomo crede di sapere qualcosa mentre è nell'ignoranza. Ma una volta che ve ne siete liberati, se cominciano a piacervi le stesse cose
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che piacciono a Dio o se provate dispiacere per ciò che non piace a lui, se comincerete insomma a volere ciò che Dio vuole, allora potrete dirvi veramente suoi amici. 2 9 . Forse, però, qualcuno di voi potrebbe dirmi: "M a D io non si cura degli affari umani, e se non riu sciam o neppure a sapere niente di lui, come possiamo arrivare ad avere con lui rapporti di amicizia?". Ebbene, che Dio si prenda cura delle vicende uma ne ne fa testimonianza il modo in cui governa il mon do: ogni giorno il sole è a servizio dell'uomo, le piogge gli danno il loro aiuto, le sorgenti, i fiumi, i venti e tutti gli elementi sono lì per lui. Tutte cose che, quanto più sono considerate preziose dagli uomini, tanto più stan no a indicare che Dio si prende cura degli uomini. Se non fosse infatti per il potere dell'Altissimo, mai gli ele menti superiori si metterebbero a servizio di quelli in feriori. E questo ci fa capire che Dio non soltanto si prende cura degli uomini, ma che ha verso di essi un grande affetto, visto che ha legato al loro servizio così nobili elementi. Che gli uomini, poi, possono anche ar rivare all'amicizia con Dio ne sono testimonianza quel li dei quali Dio ha ascoltato le preghiere, come ad esempio non far piovere quando non volevano e far piovere di nuovo quando lo chiedevano 14• Ma molti al tri favori ha fatto a chi eseguiva la sua volontà, cose che non si fanno se non per grandi amici. Potreste dirmi: "Ma perché facciamo torto a Dio se adoriamo anche quegli elementi?". Metti il caso che uno di voi rivolga a un altro individuo il rispetto che deve a suo padre dal quale ha ottenuto tanti benefici, che veneri come padre un estraneo o magari uno stra niero: non ti pare forse che commetta un'empietà verso suo padre e che si meriti di venire diseredato?
30. Certa gente dice: "È empietà non venerare ciò che ci è venuto per tradizione dai nostri padri, abban donare la religione dei nostri antenati ! " . 1 4 Cf. l
Re 1 7, l ; 1 8, 1 .44.
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Con questo ragionamento, se uno ha avuto per pa dre un ladro o un ruffiano, non sarebbe dunque tenuto a cambiare la professione paterna e ad abbandonare gli errori del padre per una vita più onesta! Sarebbe forse da considerare un tradimento, allora, il non pec care con i genitori o il non perseverare con essi nel l'empietà? Altri ancora dicono: "Non dobbiamo molestare Dio e angariarlo continuamente, lamentandoci delle nostre miserie o chiedendogli di soddisfare le nostre necessità ! " . Che obiezione sciocca e senza senso! Pensi pro prio di dar fastidio a Dio se lo ringrazi per i suoi bene fici? E pensi invece di non dargli fastidio se in cambio dei suoi doni tu ringrazi pezzi di legno o di pietra? E com'è che, quando succede che non piova per un cielo troppo a lungo sereno, tutti quanti alziamo gli occhi al cielo e chiediamo con insistenza il dono della pioggia all'onnipotente Iddio? e tutti, bambini compresi, im ploriamo la misericordia di Dio con preghiere a non fi nire? Ma è un fatto che le persone prive di senso di gratitudine, una volta ottenuto quanto chiedevano se ne dimenticano subito, tanto che appena fatta la mieti tura o la vendemmia si affrettano a offrire le primizie del raccolto a simulacri sordi e muti ! Per i doni avuti da Dio vanno a mantenere le loro promesse nei templi o nei boschetti dove offrono sacrifici ai demoni ! Una volta ricevuta la grazia, scambiano il donatore con un altro! 3 1 . C'è anche chi dice: "Queste pratiche sono nate a scopo di gioia, per sollevare gli animi; le hanno in ventate proprio perché la mente, presa dalle preoccu pazioni e dalle afflizioni, possa distendersi un po"' . Notate come vi date la zappa sui piedi col vostro comportamento ! Se le vostre pratiche hanno avuto ori gine allo scopo di evadere dalle afflizioni e di procurar vi gioia, com'è che invocate i demoni nelle radure sacre e nelle foreste? Perché mai quelle isteriche convulsioni umane, quelle mutilazioni e castrazioni? Da dove na-
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sce quella rabbia furiosa ? Come mai si cade volontaria mente nella follia? E perché le donne a capelli sciolti si agitano freneticamente? Qual è il motivo del digrignare i denti , dei rutti e dei rumori viscerali e di tutte quelle azioni che - o per simulazione o anche perché architet tate dai demoni - vengono spiattellate �l pubblico per terrorizzare gli stupidi e gli ignoranti ? E forse per sol levare lo spirito che si fanno queste cose, o non piutto sto per deprimerlo ? La vostra sensibilità e la vostra in tellige nza non vi hanno ancora convinti che sono tutte cose che vi suggeri sce il serpente nascosto dentro di voi ? Chi è che vi allontana dalla linea della verità sug gestionandovi con irrazionali falsità allo scopo di ren dervi schiavi e servitori della libidine, della concupi scenza e di ogni sconcezza?
3 2 . Ebbene , parlando senza peli sulla lingua io di chiaro a tutti voi che la religione di Dio vi richiama in vece alla sobrietà e al pudore, vi impone di astenervi dalla lussuria e dai desideri sfrenati , di eliminare da voi gli scatti d'ira con la pazienza e la mansuetudine , di accontentarvi di ciò che avete e, con la virtù della par simonia, evitare che persino lo stato di bisogno vi spin ga a rubare . In ogni cosa, insomma, vi impone di os servare la giustizia, di smettere del tutto i sacrifici agli idoli perché è così che invitate i demoni a venire in voi . Gli spalancate l a porta di vostra iniziativa per farli en trare ! Per cui siete voi stessi ad accettare ciò che causa il vostro scatenarvi , come pure i vostri illeciti amori . 3 3 . Questa è la prima origine di ogni empietà, de gli omicidi , degli adulteri , dei furti ; un semenzaio d i mali e di crimini di ogni specie fate crescere in voi quando vi date a libagioni e a profumi assassini, quan d o fate spazio agli spiriti maligni perché diventino pa droni di voi dandogli, comunque sia, il diritto di posse dervi ! Una volta entrati nei vostri sensi, infatti, quali opere possono fare , loro, se non quelle che riguardano la lussuria, l'ingiustizia e la crudeltà, e costringervi ad assecondarli in tutto ciò di cui essi vanno pazzi ? È an-
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che vero che Dio, nel suo giusto giudizio, pennette che voi subiate tutto ciò affinché impariate proprio dalla bruttura delle vostre azioni e dei vostri sentimenti quanto sia indegno star sottomessi ai demoni invece che a Dio. È stringendo amicizia con i deJ!loni che si arriva a comportamenti indecorosi e laidi. E così che il fuoco della passione ti conduce all'orlo della tua stessa rovina quando non ci arrivi attraverso una rabbia furibonda o perché oppresso dalla tristezza . Non di rado, si sa, al cuni si sono persino mutilati , azione che per giusta de cisione di Dio, ripeto, non viene loro impedito di attua re affinché si rendano conto a chi si sono sottomessi e prendano coscienza di chi si sono resi schiavi . 34. Qualcuno obietterà: "Ma queste passioni pren dono, a volte, anche coloro che adorano Di o ! " . Questo non è vero. Noi non diciamo forse che rende culto a Dio colui che fa la volontà di Dio e mette in pratica i precetti della Legge ? Agli occhi di Dio, infatti, non è giudeo chi dagli uomini è considerato giudeo, né è pa gano chi viene chiamato pagano, ma chi , credendo in Dio, vive secondo la Legge e fa la sua volontà anche se non è circonciso 1 5 • L'autentico adoratore di Dio è uno che non solo è personalmente libero dalle passioni, ma che è capace di liberame anche gli altri; e per quanto le passioni siano così massicce da e ssere equiparate a montagne, grazie alla fede che lo fa credere a Dio rie sce a spostarle 1 6 , così come riesce veramente a sposta re con la fede anche le montagne , se è necessario, con tutti i loro alberi . Se uno, invece , ha l'aria di adorare Dio ma in realtà è sprovvisto di fede piena e di coman damenti messi in pratica, se insomma vive da peccato re , a causa dei peccati spalanca dentro di sé la strada alle passioni , che sono state poste da Dio come pena dei peccatori . Da costoro, infatti , Dio esige che paghi no i propri peccati con i tonnenti ad essi connessi, così 15
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Cf. Rom 2, 28-29 Cf. Mt. 1 7 , 1 9.
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che queste sofferenze li fanno anivare più ripuliti al giudizio universale, a patto comunque che la loro fede non venga meno durante il castigo. In effetti, il castigo degli infedeli in questa vita è una condanna, poiché cominciano fin da qui a es ià g sere estromessi dai beni futuri; mentre il castigo che viene dato, a chi onora Dio, per i peccati che acciden talmente commette è solo un debito che Dio esige per la colpa commessa, in modo che prima di quel giudizio possa già in questa vita pagare il debito del peccato ed essere liberato almeno in buona parte dalle pene eterne che lo attendono di là. 3 5 . Ma chi non crede nel giudizio futuro di Dio non ammette che le cose stiano così e perciò, impanta nato nei piaceri di questo mondo, si trova escluso dai beni eterni. È per questo che ci sta a cuore di annunciarvi tut to quanto sappiamo essere indispensabile alla vostra salvezza, e di indicarvi qual è il vero culto di Dio: per ché possiate anche voi, se credete in Dio, operare il be ne e diventare, assieme a noi, eredi della vita futura. Può darsi però che non abbiate ancora la certezza che sia vero ciò che vi annunciamo. Ebbene, la prima cosa da fare nel frattempo è di non avervene a male e di non mettervi in difesa, poiché noi vi annunciamo ciò che ri teniamo un bene, e non siamo gelosi di mettervi a par te di quanto crediamo utile alla vostra salvezza. Noi mettiamo tutto il nostro impegno, ripeto, per avervi nostri coeredi di quei beni che sappiamo per fede ci sa ranno dati . Ma volete sapere con certezza se è vero ciò che vi annunciamo? Non c'è altro modo se non di met tere in pratica ciò che vi prescriviamo. La verità la co noscerete alla fine, al raggiungimento indiscutibile del la beatitudine eterna. 36. In conclusione, anche se il serpente nascosto in voi tiene in scacco i vostri sensi con mille trame per depravarvi, se vi mette tra i piedi mille ostacoli per stornare le vostre orecchie dalla dottrina della salvez-
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za, tanto più dovete opporgli resistenza e, rifiutando con sdegno i suoi suggerimenti , venire con maggiore frequenza ad ascoltare la nostra Parola e accogliere la nostra dottrina. Nessuno infatti è in grado di imparare qualcosa se non riceve lezioni ! » . Finito di parlare, s i fece portare davanti le persone travagliate da malattie e da demoni e impose loro le mani recitando una preghiera; e dopo aver invitato il pubblico a ritornare ad ascoltare la Parola durante i giorni della sua permanenza in quella città, lo con gedò. Non appena se ne furono andati tutti quanti, Pie tro prese un bagno nelle acque che scorrevano nel giar dino assieme a chi di noi ne aveva voglia, e poi ci invitò a sdraiarci a terra, sotto un albero che dava una fitta ombra, facendoci occupare lo stesso posto secondo l'ordine stabilito a Cesarea. E così mangiammo e rin graziammo Dio alla maniera degli ebrei; ma poiché re stava ancora un po' di luce del giorno, ci chiese di ri volgergli qualsiasi domanda volessimo. Con lui, in tut to, eravamo venti, e ad ogni singola domanda diede la risposta appropriata. Te le ho inserite tutte quante ne gli opuscoli che ti ho già inviato in precedenza. Scesa la sera, entrammo con lui nella casa che ci ospitava e prendemmo il nostro posto per riposare.
LIBRO VI 1 -4. I L VERO PROFETA È VENUTO A DISSIPARE I L MALE DELL'IGNO RANZA; 5-6 . INEVITABILE LA « SPADA » DELLA DMSIONE TRA CHI CRE DE E CHI NON CREDE; 7- 1 1 . CATECHESI SUL BATTESIMO, SULLE VIRTÙ DELL'ACQUA. UTILITÀ E SIGNIFICATO DELLE ABLUZIONI; 1 2 . IMPORTANZA DELLA CONTINENZA E DELLA PUDICIZIA; 1 3- 1 4. I CRI STIANI DEVONO SUPERARE TUTTI GU ALTRI ANCHE NELLE OPERE CHE COMPIONO; 1 5 . CLEMENTE RICEVE FINALMENTE IL BATTESIMO. MARONE VIENE ORDINATO VESCOVO DELLA COMUNITÀ AIUTATO DA UN COLLEGIO DI DODICI PRESBITERI E ALCUNI DIACONI. ISTITUZIONE DELL'ORDINE DELLE VEDOVE E DI ALTRI MINISTERI.
l . Quando l'oscurità della notte cominciò a scio gliersi e spuntò il primo chiarore dell'alba, Pietro uscì in giardino a pregare e poi lo lasciò per rientrare in ca sa. Sembrava volesse scusarsi per essersi svegliato ed essere venuto da noi più tardi del solito. Ci disse infat ti: « Quando la stagione primaverile allunga il giorno, la notte automaticamente si fa più breve. Ora, se qualcu no per motivo di studio desidera approfittare di una parte della notte, non deve mantenere fissa l'ora della sveglia per tutte le stagioni, bensì passare dormendo lo stesso tempo di sempre sia che la notte sia più breve o più lunga, e stare molto attento, se vuole prolungare il sonno di quello spazio di tempo che è solito occupare nello studio, a non svegliarsi anticipatamente. Un'altra norma da tener presente è questa: evitare che il sonno venga interrotto da cibi non ancora digeriti, affinché l'indigestione non renda meno agile la mente e l'esala zione di alito cattivo z:enda più confusa e annebbiata la sensibilità interiore. E giusto pertanto che anche que sta parte sia favorita da un appropriato riposo, in mo do che il corpo, una volta soddisfatte appieno le pro prie esigenze, riesca a offrire per il resto un adeguato servizio alla mente» . 2 . Dopo queste parole, poiché molta gente si era già radunata nel giardino, al solito posto, in attesa di
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ascoltarlo, Pietro si fece avanti, porse il suo consueto saluto alla folla e cominciò a parlare: «Voi sapete che la terra non lavorata produce inevitabilmente spine e rovi. La stessa cosa è successa alla vostra mente lascia ta incolta da troppo tempo: vi hanno germogliato mol te idee nocive riguardo alla realtà, e conoscenze basate su false dottrine. Occorre adesso molto impegno per dissodare il terreno della vostra mente, onde riuscire con la parola della verità, che è la vera e zelante educa trice del cuore, a coltivare quel terreno con assidue le zioni. Sta a voi, dunque, di mostrarvi docili e di tronca re con tutte le occupazioni e preoccupazioni inutili, sì da evitare che i germogli cattivi facciano morire il se me buono della Parola. Può succedere infatti che, con un impegno di breve durata ma assiduo, possiate porre rimedio a un lungo periodo di negligenza. Del resto, la durata della vita di ciascuno di noi è incerta: bisogna perciò accelerare la corsa verso la salvezza per evitare che la morte colga di sorpresa chi si attarda. 3. Per questo dobbiamo tendere con maggior ener gia, finché ci resta tempo, a perdere i vizi accumulati nel disonesto modo di vivere precedente; ma non riusci rete a farlo se non prendendovela in qualche modo con voi stessi p�r tutto ciò che avete operato di inutile e di indecente. E questa la giusta e indispensabile ira che deve riempire di sdegno ognuno di voi e farvi autoaccu sare per gli errori in cui siete caduti e per quanto avete fatto di male. Questa ribellione accenderebbe dentro di voi un fuoco che, gettato per così dire in un campo di secche sterpaglie , consuma e brucia le radici del perver so attaccamento ai piaceri e rende la terra del cuore più feconda per il buon seme della parola di Dio. Penso, d'altronde, che di buoni motivi d'arrabbiarvi ne abbiate a sufficienza per fare sprizzare quel fuoco più che sa crosanto, se solo pensate in quanti errori madornali vi ha fatto cadere il male dell'ignoranza, quanti scivoloni vi ha fatto prendere, quanti precipizi vi ha aperto per indurvi a peccare, da quanti beni vi ha tenuto lontani, in che razza di mali vi ha fatti precipitare e, peggio che
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p eggio, come vi ha esposti a sofferenze senza fine nel l'altra vita. Ora però che avete visto brillare la luce della verità, non divampa forse in voi, a motivo di tutto ciò, il fuoco di una più che santa ribellione ? Non dilaga fra voi l'incendio di uno sdegno gradito a Dio che consuma e fa morire fin nelle radici ogni germoglio di concupi scenza cattiva che magari è spuntato in mezzo a voi?
4 . Per questo motivo, quando è venuto nel mondo Quegli stesso che ci ha inviati, avendolo trovato tutto quanto scivolato nel male e insabbiato nell'errore, non gli diede un attimo di tregua, appunto per non confer marlo nel male , ma si oppose con la dottrina della ve rità alla rovine della sua ignoranza affinché, nell'even tualità che gli uomini si fossero ravveduti e avessero veduto la luce della verità, si rammaricassero per l'in ganno subito e per essere stati trascinati nei precipizi dell'errore, e nascesse in essi il fuoco di un salutare sdegno contro l'ignoranza che li aveva fuorviati. Diceva a questo proposito: "Sono venuto a portare sulla terra un fu_oco, e voglio che divampi" 1 • E, in conclusione, una specie di battaglia, q_uella che dobbiamo combattere in questa vita. E, in effetti, la parola di verità e della conoscenza distacca necessa riamente l'uomo dall'errore e dall'ignoranza allo stesso modo - l'abbiamo visto di frequente - che un bisturi amputa le parti infette e morte del corpo dalle membra sane . E un po' ciò che opera la conoscenza della verità : è giocoforza, ad esempio, che un figlio che ha accolto la parola di verità, per la propria salvezza si separi dai genitori senza fede o, nel caso, çhe il padre si separi dal figlio o la figlia dalla madre. E così che ha origine, tra quei membri della famiglia che sono credenti e quelli non credenti , il dissidio tra il sapere e l'ignoran za, tra la verità e l'errore . Anche a questo proposito co lui che ci ha mandati diceva: "Sono venuto sulla terra a portare non la pace , ma la spada" 2• 1 Le. 1 2 , 49.
2 Mt. 1 0, 34.
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Pseudo-Ciemente
5. Se qualcuno obiettasse: "Come può essere giu sto che ci si separi dai genitori ?", la risposta è questa: restare nell'errore con chi lo è non giova neppure a guesti: gli uni e gli altri moriranno della stessa morte . E dunque giusto, anzi giustissimo, che chi vuole sal varsi si separi da chi non vuole. Ma nota bene anche questo, che la separazione non è causata da coloro che hanno capito dove sta la verità, poiché questi vogliono la vita e, nello stesso tempo, essere di aiuto agli altri in segnando loro ciò che vale di più . Ora, il vizio tipico dell'ignoranza è proprio il non sopportare che un fami gliare possegga la luce della verità, perché verrebbe smascherata; ed è questo il motivo per cui tra essi av viene tale spaccatura. Coloro infatti che accolgono la vera dottrina, essendo questa pervasa di bontà in quan to data ad essi dal buon Dio, desiderano averla in co mune, se è possibile, con tutti, anche con quelli che li odiano e perseguitano, poiché si rendono conto che la causa del peccato di costoro è l'ignoranza. Ed è per questo, in definitiva, che lo stesso Maestro, mentre ve niva condotto alla croce da coloro che non sapevano chi fosse, pregava il Padre in favore dei suoi uccisori e diceva: "Padre, perdona loro questo peccato, poiché non sanno ciò che stanno facendo" 3• E anche i suoi di scepoli, a imitazione del Maestro, sotto tortura interce devano essi pure in favore dei loro uccisori 4• Ebbene, se noi abbiamo questa linea di comportamento, di pre gare anche per chi ci ammazza e ci perseguita 5, non dovremmo forse sopportare anche le persecuzioni dei genitori e dei parenti e pregare per la loro conversione?
6. C'è inoltre un altro punto da considerare atten tamente: qual è il motivo per cui amiamo i genitori? È perché, si risponde, li vediamo come gli autori della nostra vita. Ma i genitori non sono affatto autori della 3 Le. 23, 34. 4 Cf. Atti 7, 60. 5 Cf. Mt. 5 , 44.
Ritrovame nti, VI, 6-7
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nostra vita, bensì ministri. Non sono loro a darci la vi ta, ma si prestano soltanto come strumenti per farci entrare in questa vita. Lautore della vita è uno e uno soltanto: Dio. Se pertanto vogliamo amare chi ci dà la vita , pren di amo coscienza che è Lui che dobbiamo amare ! "Ma lu i - direte - non abbiamo potuto conoscerlo, mentre i genitori non soltanto li conosciamo ma li amiamo" . Va bene, non potrai conoscere che cos'è Dio, ma hai potu to sapere con molta facilità che cosa Dio non è ! Com'è possibile, del resto, che sia sfuggito all'uomo che pezzi di legno o di pietra o di bronzo o di altri materiali del genere, non sono Dio? Se avete rifiutato di impegnarvi in un dialogo su questo argomento che avreste potuto con facilità chiarire, è più che logico che vi siate trovati in seri ostacoli per la conoscenza di Dio, ostacoli dovu ti non all'impossibilità bensì al vostro vizio di apatia. E in realtà, se l'aveste voluto avreste sicuramente imbroc cato la via per conoscerlo partendo da quegli stessi inutili simulacri. 7 . Non c'è dubbio infatti che i simulacri vengono modellati con uno strumento di ferro, mentre il ferro è stato forgiato dal fuoco che a sua volta si spegne con l'acqua, la quale acqua viene mos�a dallo Spirito e lo Spirito ha la sua origine in Dio. E quanto afferma il profeta Mosè: "In principio Dio creò il cielo e la terra, ma la terra era opaca e caotica e le tenebre coprivano gli abissi e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque" 6 ; e detto Spirito, su ordine di Dio, come se fosse la mano stessa del Creatore 7, separò la luce della tenebre, e do po quel cielo invisibile produsse questo cielo visibile, destinati quello superiore ad abitazione degli angeli e
6 Gen. 1 , 1 -2 . Beda, nel De temporum ratione 5, (PL 90, 3 1 1 B) ha un riferimento a questo testo: •San Clemente, discepolo degli apostoli e terzo vescovo della Chiesa di Roma dopo Pietro, nel libro sesto della sua storia , scrive . . . .. . 7 Lo Spirito Santo e , più avanti, al par. 8, il Figlio, vengono considerati le due mani del Padre.
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Pseudo-Ciemente
quello inferiore per gli uomini. È dunque per te che Dio, con un suo comando, ha fatto ritirare l'acqua che awolgeva la terra, così che la terra ti producesse frutti; e nascose in essa anche vene di �equa perché ne scatu rissero per te sorgenti e fiumi. E per te che ha voluto che producesse esseri viventi e tutto ciò che poteva ser vire al tuo uso e al tuo desiderio. O non è forse per te che spirano i venti , dato che grazie ad essi la terra con cepisce e genera frutti per te? Non è per te che cadono le piogge e si alternano le stagioni? Non è per te che il sole sorge e tramonta e che la luna è soggetta a fasi? Persino il mare si mette a tuo servizio, così che tu do mini, ingrato come sei, ogni cosa ! E non ci sarà forse per tutti questi motivi una pena vendicativa, dal mo mento che avete misconosciuto, fra tutti, proprio colui che vi ha dato ogni sorta di beni e che avreste dunque dovuto riconoscere e adorare? 8 . Ebbene, voglio adesso condurvi alla comprensio ne (della verità) attraverso le stesse strade. Voi sapete, infatti, che tutte le cose nascono dall'acqua; ora, l'acqua è stata creata all'inizio attraverso il Figlio unigenito; ma il capo dell'Unigenito è l'onnipotente Iddio. Seguendo l'ordine di cui ho parlato prima, attraverso l'Unigenito si arriva al Padre. Ora una volta arrivato al Padre, cono scerai che la sua volontà è questa: che tu rinasca una se conda volta attraverso le acque che sono state create per prime. Chi infatti è stato rigenerato dall'acqua, dopo aver compiuto opere di bene diventa erede di colui dal quale è stato rigenerato nella incorruttibilità. Accostatevi, allora, con l'animo ben disposto, co me figli al Padre, per lavarvi dei vostri peccati e dimo strare a Dip che li avete commessi unicamente per ignoranza. E chiaro infatti che, se dopo aver conosciu to quanto vi ho detto, voi persistete nel non credere, la responsabilità della vostra perdizione sarà attribuita a voi e non più all'ignoranza. E anche se ti mostri pieno di pietà e osservi appieno la giustizia, ma non ricevi il battesimo, non crederti di poter avere speranza in Dio, ché anzi chi non fa bene il bene sarà degno di castigo
R rtrovamenti , VI , 8-9
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pi ù gra nde. È all'uomo, infatti, che viene dato il merito della sua buona condotta, ma solo se si comporta come Dio comanda. Ora, il volere di Dio è che ogni suo fede le riceva il sigillo del battesimo. Se tu lo rifiuti, e segui la tua volontà invece che quella di Dio, è chiaro che ti metti in opposizione a lui e osteggi la sua volontà. 9. Forse ti domandi: "Per onorare Dio, a che serve l'acqua del battesimo?" . Anzitutto a soddisfare una di sposizione divina, e poi a perdere, una volta rigenerato dall'acqua e rinato a Dio, la fragilità della prima nasci ta che hai avuto da un uomo e poter così infine rag giunger� la salvezza che è impossibile ottenere diversa mente. E quanto ci ha garantito con un giuramento il Vero Profeta con queste parole: "Vi dico, in verità, che se uno non nasce una seconda volta dall'acqua viva, non entrerà nel regno dei cieli" 8 • E perciò non perdete
8 Gv. 3, S. Il testo è leggermente variato, poiché invece di acqua , semplicemente, si parla di acqua viva . Ora l'acqua viva è l'ac qua corrente (cf. Risposta di Giacomo [Contestatio ] l , e Didaché 7), ossia di sorgente e di qualsiasi corso di acqua, alla quale si annette va religiosamente il potere di purificare , di guarire , di generare a vi ta nuova. Pietro (o l'autore del nostro testo) fa qui una specie di teo logia dell'acqua (la prima a essere stata creata, tutto nasce dall'ac qua - par. 8 grazie alla sua potenza misericordiosa che aleggiava all'inizio su di essa - lo Spirito Santo -, acqua che dà la vita ed estingue il fuoco della vita futura) che si riferisce in modo particola re al battesimo rituale, ma le cui proprietà purificatorie si estendo no anche alla vita normale attraverso i bagni frequenti (com'è detto dei farisei, ma la stessa pratica era degli esseni; il prossimo para grafo 1 1 parla del lavarsi il corpo come segno e conseguenza della purezza interiore). Ma il battesimo, nelle Pseudoclementine, viene visto soprattutto come voluto dal Vero Profeta quale sostituto dei sacrifici animali istituiti da uno della maledetta progenie e legati al culto dei demoni e alla magia (Recogn. I, 30). Le Recognitiones (I, 35 e I . 36) fanno la storia d e i tentativi fatti d a Mosè per sradicare quel le pratiche perverse, fino alla venuta del Vero Profeta che dichiara aboliti i sacrifici ( « voglio misericordia e non sacrifici »); ma poiché ai sacrifici animali era legato un significato di remissione dei pecca ti per chi li offriva, il Vero Profeta istituì il battesimo di acqua « che con l'invocazione di Dio libera da tutti i peccati » (Recogn . I , 39) , a -
Pseudo-Ciemente
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tempo, poiché quest'acqua contiene quella potenza mi sericordiosa che fin dall'ini zio aleggiava su di essa, e ri conosce coloro che vengono battezzati su invocazione del triplice Nome: li sottrae ai futuri tormenti e offre a Dio le anime consacrate dal battesimo come un dono . Rifugiatevi dunque in queste acque, l e sole che sono i n grado di spegnere l a violenza del fuoco della vita futu ra. Se uno tergiversa, dimostra che è ancora radicato in lui l'idolo dell'infedeltà che gli impedisce di correre verso quest'acqua che dona la salvezza . In realtà, che tu sia giusto o ingiusto, il battesimo ti è ad ogni costo necessario: a chi è giusto, per completare la propria perfezione ed essere rigenerato a Dio; a chi è ingiusto perché gli sia concessa la remissione dei peccati com messi nell'ignoranza. Tutti, pertanto, devono affrettar si, senza più aspettare, a rinascere da Dio, dal momen to che nessuno sa con certezza quando morirà.
1 0. Una volta rigenerato dall'acqua, mostra con la tua buona condotta che sei diventato simile al Padre che ti ha generato. Hai conosciuto Dio, da' gloria al Pa dre . Gli dài gloria se vivi come vuole lui . E lui vuole che tu viva senza conoscere omicidio e adulterio, rifuggen do dall'odio e dall'avarizia, tenendoti lontano dall'ira, dalla superbia e dalla presunzione, maledicendo l'invi dia e mostrandoti totalmente estraneo a tutti i vizi del genere. Ma c'è in particolare un'osservanza tipica della nostra religione che non è tanto un'imposizione fatta agli uomini quanto, propriamente, una condizione ri chiesta per motivo di purità a chiunque adora Dio: è la continenza. Ne esistono diverse forme, ma viene per prima quella che i mpone a ogni marito di astenersi dai rapporti con la moglie in periodo di mestruazione, poi ché è un atto che la Legge di Dio ritiene esecrabile 9• Ma patto che poi segua una vera vita cristiana ( « Una volta rigenerato dall'acqua, mostra con la tua buona condotta che sei diventato simi le al Padre che ti ha generato . »), come viene detto nel prossimo paragrafo l O. 9 C f. Lev. 1 5 , 24; 1 8 , 1 9. . .
R1trovament1, V I , 1 0- 1 2
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anche se la Legge non ci avesse dato questa nonna, do vremmo noi volontariamente guazzare nella sporcizia? In quanto uomini dotati di ragione e capaci di senti me nti celesti, dobbiamo avere qualcosa di più degli ani mali, e dobbiamo perciò mettere tutto l'impegno per preservare la coscienza da ogni inquinamento interiore. 1 1 . È inoltre cosa buona, e utile alla purezza, la varsi. Dico che è cosa buona, non mettendola sullo stesso piano di ciò che ci purifica l'anima, ma in quan to il lavarsi il corpo è una conseguenza di quel bene. Il nostro Maestro rimproverava infatti certi farisei e seri bi, che passavano per essere migliori degli altri e di stanti dal popolino, accusandoli di ipocrisia perché nettavano solamente le cose che la gente poteva vedere, mentre lasciavano inquinati e sporchi i loro cuori che soltanto Dio vede. Ad alcuni di essi, dunque, non a tut ti, diceva: "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti che pulite la parte esterna dei bicchieri e dei piatti mentre dentro sono pieni di sozzure ! Fariseo cieco, purifica prima quel che c'è dentro e anche l'esterno sarà puro ! " 1 0 • In realtà, se la mente viene purificata dalla luce della dot trina, una volta resa monda e brillante è essa stessa a prendersi cura, per forza di cose, dell'esterno dell'uo mo, vale a dire della sua propria carne, perché anche questa sia pulita. Quando invece questa pulizia esterio re del corpo viene trascurata, è evidente che non ci si preoccupa neppure della purità di mente e della mon dezza del cuore. Succede insomma così, che uno che è interiormente pulito cerca logicamente di essere pulito anche esternamente . Non sempre, comunque, chi si lava di fuori è puli to anche dentro, come ad esempio quando lo si fa per piacere alla gente. 1 2 . Ma bisogna pure salvaguardare quella partico lare forma di continenza che consiste nel non avere, con le proprie mogli, rapporti sessuali sregolati e al so10
Mt. 23, 2 5-26.
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lo scopo di sfogo carnale, invece che allo scopo di assi curarsi la discendenza. Questa regola, che si riscontra attuata persino da alcuni animali, si chiama pudicizia quando chi la osserva non è un uomo dotato di ragione e che adora Dio. La continenza, invece, è così impor tante che la praticano soltanto coloro che danno il vero culto a Dio a motivo delle ragioni di cui abbiamo già parlato e di altre simili, tanto che persino tra coloro che il diavolo tiene ancora legati nell'errore la si vive con particolare attenzione. Vige anche fra essi, infatti, una certa qual pratica della continenza. Se, insomma, la custodivate quando eravate nell'errore, non la osser verete più una volta che ne siete usciti ? 1 3 . Una domanda che qualcuno di voi potrebbe far mi è questa: "Dobbiamo dunque attenerci a tutto quanto abbiamo praticato quando adoravamo gli idoli?". No, non a tutto; ma quello che facevate di buono allora, vi conviene continuare a farlo anche adesso. Il motivo è che, se coloro che sono nell'errore fanno qualcosa di giusto, è chiaro che l'hanno preso dalla verità. Viceversa, se qualcosa di non giusto si compie nel campo della vera religione, non c'è dubbio che è stato preso dall'errore. Il bene, in conclusione, anche se compiuto da chi è fuori strada, è sempre bene, così come il male, anche se viene fatto da chi segue la verità, è sempre male. O saremo a tal punto sciocchi che, se vediamo un adoratore di idoli sobrio, noi che adoriamo Dio smettiamo di esserlo per non dare l'impressione di fare le stesse cose che fa un idolatra? Niente affatto. Piuttosto, se chi è nell'errore non commette omicidi, noi per parte nostra dobbiamo cercare di non arrabbiarci neppure; se essi non ammet tono l'adulterio, noi non dobbiamo neppure desiderare la donna d'altri; se essi amano i loro prossimi , noi dob biamo amare anche i nostri nemici; se essi fanno prestiti a chi può restituire, noi dobbiamo farli anche a coloro dai quali non ci aspettiamo restituzione 1 1 • I n tutte le co se, insomma, noi che abbiamo la speranza di diventare Il
Cf. Mt. 5, 2 1 -22.27-28 .42-44.
Aitrova men ti , VI , 1 3- 1 4
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ered i della vita futura, dobbiamo essere superiori a colo ro c he conoscono soltanto questa vita presente. Dobbia mo renderei conto che se le loro opere, messe a confron to con le nostre nel giorno del giudizio, verranno trovate del tutto simili e dello stesso peso, resteremo confusi di trovarci sullo stesso piano di chi verrà condannato per non aver conosciuto la verità e che non ha mai avuto al cuna aspettativa della vita futura. 1 4 . Confusione più che giusta, del resto, per non aver fatto niente di più di loro, noi che avevamo avuto molta più luce. E se già saremo confusi per ritrovarci e guali ad essi nelle opere buone, cosa succederà se all'esame che ci attende verremo trovati inferiori e più scadenti? State a sentire come il Vero Profeta in persona ci ha fatto capire queste verità. A chi non si interessava di ascoltare le parole della sapienza, disse: "Nel giorno del giudizio la regina del sud si alzerà a condannare questa generazione, poiché essa venne da molto lontano per ascoltare la sapienza di Salomone; ed ecco, qui fra voi c'è uno più grande di Salomone, e non gli danno ret ta" 1 2 • A quelli inoltre che rifiutavano di pentirsi del ma le commesso, disse: "Nel giorno del giudizio gli abitanti di Ninive si presenteranno per condannare questa gene razione, poiché essi quando ascoltarono la predicazione di Giona cambiarono vita; eppure di fronte a voi c'è uno più grande di Giona" 1 3• Vedi, dunque, come a persone che venivano istrui te nella Legge vennero portate in esempio persone che provenivano dall'ignoranza del paganesimo; e mostran do alle prime che erano persino inferiori a coloro che sembravano vivere nell'errore, bastò questo confronto a condannarli. Tutto questo conferma quanto vi stavo dicendo sul tema della continenza, che viene vissuta fino a un certo punto anche da coloro che si trovano nell'errore. 12 Mt. 1 2 , 42; Lc. 1 1 , 3 1 .
1 3 Mt. 1 2, 4 1 ; Le. 1 1 , 3 2.
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Con maggiore radicalità e attenzione perciò de v'essere vissuta da noi, che seguiamo la verità, in ogni sua espressione, secondo quanto vi ho detto poco fa; tanto più che per noi, se la osserviamo, sono state pre parate eterne ricompense» . 1 5 . Finita questa conversazione, congedò l a gente e, come al solito, dopo aver mangiato assieme ai suoi, andò a riposare. Continuò con questo programma per tre mesi, senza interruzione. Insegnava la parola di Dio e con vertiva moltissimi alla fede. Alla fine mi impose di di giunare, e finito il digiuno mi conferi il battesimo nelle sorgenti d'acqua corrente che si trovano contigue al mare. Con gioia facemmo festa, assieme ai fratelli di fe de e agli amici non ancora battezzati, per la grazia, ot tenuta da Dio, della mia rinascita. Pietro, poi, fece par tire per Antiochia quelli che erano stati destinati a pre cederlo. Dovevano aspettarlo li per altri tre mesi. Parti ti loro, Pietro in persona accompagnò alle sorgenti che erano contigue al mare, come ho detto poco fa, coloro che avevano aderito totalmente alla fede nel Signore, e li battezzò. Durante la frazione del pane eucaristico che fece con essi, costituì loro vescovo Marone, colui che lo aveva ospitato e che già era completamente for mato. Con lui ordinò pure dodici presbiteri e altri dia coni. Istituì anche l'ordine delle vedove e organizzò al tri ministeri per tutta la comunità ecclesiale. Racco mandò che tutti quanti ubbidissero a ogni disposizione che avrebbe preso il vescovo Marone e così, sistemato tutto per bene, trascorsi i tre mesi, salutò la comunità di Tripoli e partimmo alla volta di Antiochia.
LI BRO V I I 1 - 1 1 . PuNTATA DI PIETRO E DEI SUOI A 0RTOSIADE E ANTARADO. INTIMO COLLOQUIO TRA PIETRO E CLEMENTE CHE NE APPROFITTA PER RACCONTARGU LA SUA VITA E IL MISTERO DELLA SCOMPARSA DELLA SUA FAMIGLIA; 1 2- 1 8 . VISITA AI MONUMENTI DELL'ISOLA DI .ARADO. PIETRO INCONTRA UNA DONNA DISPERATA CHE GLI RACCON TA LA PROPRIA STORIA E CAPISCE CHE SI TRATTA DELLA MADRE DI CLEMENTE; 1 9-24. INCONTRO E RICONOSCIMENTO RECIPROCO TRA MATTIDIA E CLEMENTE. PIETRO RISANA LA COMPAGNA DI MATTI DIA; 25-2 7 . PARTONO TUTTI PER LAODICEA. AQUILA E NICETA CHIE DONO CHI SIA LA DONNA CHE LI ACCOMPAGNA E PIETRO RACCONTA LORO CIÒ CHE È SUCCESSO A ARAno ; 2 8-3 3 . l DUE FRATELLI CAPI SCONO CHE SI TRATTA DELLA LORO MADRE: SI RICONOSCONO, E NI CETA RACCONTA ALLA MADRE LA LORO AWENTURA DOPO IL NAUFRA GIO; 34-3 8. DIGIUNO DI MATTIDIA E SUO BATTESIMO . PIETRO TIENE UNA CATECHESI SUL VALORE DELLA CASTITÀ PRENDENDO LO SPUNTO DALLA VIRTÙ DI MATTIDIA.
1 . Usciamo finalmente anche da Tripoli, città della Fenicia, e facciamo la prima tappa a Ortosiade, non lon tana da Tripoli. Lì ci fermiamo anche l'indomani, poiché quasi tutti coloro che erano passati alla fede nel Signore ci avevano seguiti, non riuscendo a distaccarsi da Pietro. Poi arriviamo ad Antarado. Ma poiché molti altri ci sta vano venendo dietro, Pietro dice a Niceta e ad Aquila: «È troppo numeroso il gruppo di fratelli che sta con noi. Ogni volta che entriamo in una città ci attiriamo non poco malumore. Mi sembra di dover prendere disposi zioni, per evitare sia di fare star male loro se gli proibia mo di venirci dietro, sia che il Maligno fomenti ostilità contro di noi per tutta questa processione di gente. Pen so che tu, Niceta, e anche tu, Aquila, ci precediate con loro, ma guidando la folla divisa in due gruppi, così da fare il viaggio ed entrare in ognuna delle città pagane piuttosto sparpagliati e non in un unico gruppo.
2 . Mi rendo conto che può sembrarvi increscioso il pensiero di restare separati da me per due giorni alme no, ma credetemi: la misura dell'affetto che avete per
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me io ce l'ho nei vostri confronti dieci volte di più; ma se a motivo dell'affetto che ci lega reciprocamente noi non facciamo ciò che è più opportuno e onesto, un amore del genere sa di irrazionale. E allora, senza che cali per niente il nostro reciproco amore, mettiamo in atto quanto ci sembra utile e necessario, tanto più che non passerà giorno senza che possiate esser presenti al le mie conversazioni. Mi sono proposto, infatti, come ben sapete, di fermarmi tre mesi a scopo di insegna mento in ognuna delle più rinomate città delle provin ce. Adesso, allora, precedetemi a Laodicea che è la città più vicina, e io verrò dietro fra due o tre giorni, stando per lo meno a quanto mi sono proposto. Aspettatemi al la locanda più prossima alla porta della città, e faremo così anche in seguito: dopo aver passato là qualche giorno, mi precederete di volta in volta nelle altre città. Desidero che facciate sempre così, onde stornare, per quanto sta in voi, ogni ostilità altrui. E affinché i fratelli che sono con noi non li si veda troppo in giro, provve dete voi stessi a trovare in ogni città degli asili adatti » . 3 . A queste parole di Pietro non possono che di chiararsi d'accordo e rispondono: <
R1trovament1 , VI I , 4-6
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4 . Quando i nostri due partirono io, Clemente, provai una grande gioia per avermi fatto rimanere con sé . Gli dico: « Ringrazio Dio che non mi hai mandato avanti con gli altri . Sarei morto di tristezza! >> . Pietro mi risponde: « E cosa succederà se mi ve dessi costretto a mandarti da qualche parte a insegna re? Separandoti da me per uno scopo utile, moriresti? Non ti sforzeresti di sobbarcarti pazientemente a una necessità che si presenta? O non sai che gli amici stan no sempre insieme e che, per quanto separati fisica mente, restano uniti nel reciproco ricordo? Succede del resto anche l'inverso: alcuni, fisicamente vicini, so no spiritualmente lontani ! » .
5 . Ribatto: << Non credere , mio signore, che io ne soffra senza ragione, poiché sia la causa che la ragione del mio affetto per te sono più che evidenti ! Tu sei l'unico nel quale posso riversare tutto il mio affetto: mi sei padre, madre e fratello. Ma al di là di tutto, tu sei il solo che mi possa salvare e far conoscere la verità. Inoltre, e non per ultimo, sta il fatto che la mia età gio vanile è esposta al rischio delle passioni, e ho paura a rimanere senza di te, poiché la tua sola presenza dà scacco a ogni tentazione dei sensi anche se irrazionale. Confido nella misericordia di Dio, è vero, poiché anche la mia sensibilità, dopo quello che mi hai insegnato, non riesce a far passare nel mio pensiero nessun'altra cosa. Ricordo per di più che, a Cesarea, tu hai detto che se qualcuno desiderava accompagnarti lungo il viaggio, salvi beninteso i doveri di famiglia, lo facesse. Dicevi "salvi i doveri di famiglia" per non mettere in soggezione nessuno che per volontà di Dio avesse il do vere di rimanervi, per non abbandonare ad esempio la moglie fedele o i genitori o altre persone del genere. Ma io ne sono completamente libero, e perciò ho le c ondizioni richieste per seguirti; e magari mi facessi il dono di farti anche da servo ! » . 6 . Sentendomi parlare così, Pietro s i mise a ridere e mi disse: <<E perché non pensi, Clemente, che tu debba
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Pseudo-Ciemente
farmi da servo per forza di cose? Chi altri, di fatto, potrà stendermi lenzuola di lino e disporre belle coperte? Chi mi terrà in custodia gli anelli, chi mi preparerà i vestiti che spesso devo cambiare? Chi darà ordini anche ai cuochi e mi prowederà svariate e ricercate pietanze da prepararsi con abile maestria e varietà? Senza contare tutte quelle altre cose che vengono ricercate e trasporta te con spese pazzesche per uomini abituati ai sottili pia ceri, o per meglio dire, per soddisfare la loro bramosia che è come una gigantesca belva! Standomi accanto, non ti rendi conto di come io vivo? Abitualmente mi ac contento di solo pane con olive e, raramente, anche con verdure. I miei vestiti sono quelli che vedi: una tunica e un mantello; e quando ho questo non vado in cerca d'al tro, e mi basta, dal momento che il mio pensiero non è rivolto alle realtà presenti bensì a quelle eterne; motivo per cui non trovo appagamento in nessuna delle cose presenti e visibili. Accetto pertanto e ammiro la buona disposizione d'animo che hai verso di me, e non ho pa role per elogiarti per il fatto che, essendo tu un uomo che viene da una posizione di grande benessere, sei riu scito così presto a passare e ad adattarti a questa nostra vita che si accontenta del solo necessario. Noi, infatti, fin da ragazzini - parlo di me e di mio fratello Andrea siamo cresciuti non soltanto orfani ma anche in grande povertà, ed è per bisogno che abbiamo fatto abitualmen te _gli operai. Anche adesso, perciò, sopportiamo senza difficoltà i disagi dei viaggi. Anzi, se tu sei contento e me lo permetti, io che sono più lavoratore di te potrei con maggiore facilità farti da servo» . 7 . A sentire queste parole mi sono venuti i brividi e subito sono scoppiato in pianto. Farmi un simile di scorso, un uomo come lui, di fronte al quale non c'è uno al mondo che gli stia a livello ! Vedendomi in lacrime, Pietro me ne chiede il mo tivo. Gli rispondo: << Che male ti ho fatto per schiacciar mi con parole del genere ? » . E Pietro: « Se è u n male averti detto d i volerti ser vire, sei stato tu, per primo, a peccare chiedendomelo» .
Aitrovamenti, VII , 7-B
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Insisto: « Non c'è paragone ! È logico che lo faccia io nei tuoi confronti; ma che tu, l'araldo inviato dall'Al tissi mo a salvare l'umanità, mi parli così, è insopporta bile ! )) . Pietro: « Sarei d'accordo con te se nostro Signore, che è venuto per la salvezza del mondo intero e che era, per nobiltà, al di sopra di ogni creatura, non si fos se abbassato a servire 1 , per convincerci a non aver ver gogna di farci servitori dei nostri fratelli)) . E io: <<Sarei ben sciocco a pen sare di riuscire a batterti, ma ringrazio comunque la provvidenza di Dio per averti meritato come sostituto dei miei genitori » .
8 . Pietro: << Non ti resta veramente nessuno dei tuoi parenti ? » . Rispondo : << In verità ci sono parecchi e importanti uomini che discendono dalla schiatta di Cesare. A mio padre, infatti, che era suo parente 2 e che da lui ha rice vuto l'educazi one, Cesare stesso ha dato in moglie una donna di famiglia egualmente nobile. Da essa ebbe due gemelli , prima che nascessi io, ma non erano molto si mili fra loro, a detta di mio padre, dato che io non li ho conosciuti abbastanza. Del resto, neppure di mia madre ho un preciso ricordo: è come un'ombra vista in sogno , per cui è opacamente che ne ricordo la fisionomia. Mia madre si chiamava Mattidia e mio padre Faustiniano. Dei miei fratelli uno si chiamava Faustino e l'altro Fau sto. Io avevo appena raggiunto l'età di cinque anni quando mia madre - e lo seppi da mio padre - ebbe un 1 Cf. Mt. 20, 28. 2 La parentela con l'imperatore Domiziano per via del console Tito Flavio Clemente, suo cugino (alcuni hanno voluto persino iden tificare Clemente con questo console) sembra da scartare. Euchèrio, tuttavia, nella Lettera a Valeriano (PL 50, 7 1 8C) scrive: « Clemente, discendente da antica schiatta di senatori e anche dalla famiglia dei Cesari, profondo in ogni disciplina ed espertissimo in tutte le arti li berali, è passato a questa strada dei giusti; e anche in questa ha fat to passi da gigante, al punto da diventare successore del principe degli apostoli» .
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sogno in cui veniva avvertita che se non fosse scappata subito dalla città con i suoi due figli gemelli , e non se ne fosse tenuta lontana per dieci anni, sarebbe morta di morte atroce, lei assieme ai figli.
9. Allora mio padre, che amava teneramente i figli, diede ad essi servi e serve con sufficienti fondi per le spese, mise i figli con mia madre su una nave e li mandò ad Atene a studiare. lo fui l'unico figlio che ten ne con sé per consolarsi, ed era per di più riconoscente che nel sogno non si era avuto alcun ordine di far par tire anche me con mia madre. Passato un anno, mio padre spedì ad Atene uomini e soldi, desiderando sape re oltretutto cosa stessero facendo, ma nessuno degli inviati fece ritorno. Di nuovo, passati tre anni, mio pa dre, addoloratissimo, manda altri inviati con soldi, ma l'anno appresso quelli ritornano con la notizia che non avevano incontrato né mia madre né i miei fratelli , e che nessuno di loro aveva mai raggiunto Atene, visto che non avevano trovato la benché minima traccia di qualcuno che per lo meno li avesse contattati . l O. Mio padre, sentendo queste notizie e i ntonti to di tristezza , non sapendo più dove andare e dove prendere i nformazioni, scese con me al porto e co minciò a indagare fra i marinai se e quando qualcuno di loro avesse visto, quattro anni prima, il cadavere di una donna con i suoi due figli ributtati dal mare. Chi diceva una cosa e chi un'altra , ma in sostanza non si aprì alcuno spiraglio. Stavamo lì a scrutare quel mare senza confini e mio padre , comunque, per l'enorme affetto che aveva per i suoi, continuava a pascersi di vane speranze . Decise infine di lasciare me a Roma sotto la tutela di procuratori, dato che avevo allora dodici anni , e di andare di persona alla loro ricerca. Scese al porto piangendo , si imbarcò e partì . Da quel momento ad oggi non ho ricevuto una sola sua lettera e non so neppure se è vivo o morto. Propendo a pen sare che sia morto anche lui o perché sopraffatto dal la tristezza o per aver naufragato. Sono passati del re-
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sto vent'anni da allora, e non ho mai ricevuto una so l a notizia su di lui » . 1 1 . Per l'affetto che gli portava, Pietro nell'ascol tarlo pianse e disse agli amici presenti: << Se fosse stato uno dedito al culto di Dio a sopportare le prove che so no toccate al padre di Clemente, subito la gente avreb be accusato la religione di essere la causa delle disav venture delle quali, quando capitano ai poveri pagani, se ne dà colpa al fato. Li chiamo poveretti perché, se già in questa vita sono tormentati dagli errori, gli viene a mancare per di più la speranza nel futuro. Chi adora Dio, infatti, quando soffre per queste calamità, le offre in espiazione dei propri peccati e perciò le sopporta con pazienza» .
1 2 . A questo punto, uno dei presenti cominciò a pregare Pietro chiedendogli che l'indomani, di buon'ora, si andasse tutti ad Arado, un'isola vicina che non distava più di sei stadi, per vedervi un'opera stupe facente, ossia delle colonne di vetro di enormi dimen sioni . Pietro, buono com'era, si dichiarò d'accordo ma ci awertì che quando fossimo s barcati non ci precipi tassimo tutti in blocco a vedere l'opera <
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gnarti da vivere ? » . E lei con un sospiro rispose: « Maga
ri avessi delle mani capaci di muoversi! Le mie sono
soltanto una parvenza di mani, dal momento che sono senza vita, indebolite dalle morsicature che mi do e to talmente inservibili» . Pietro: « Per quale motivo ti sei inflitta da sola un danno del gepere ? » . E lei: « E stata l a mia codardia e nient'altro. Se avessi avuto, infatti, poco poco di forza d'animo, avrei potuto buttarmi in un precipizio o annegarmi nel mare e porre così fine alle mie sofferenze» . 1 4 . Pietro: «Pensi forse, donna, che chi sopprime se stesso si liberi dai tormenti? O non è forse vero che l'anima di chi si dà la morte dovrà subire pene più grandi? » . « Magari - rispose lei - fossi certa che le anime continuano a vivere negli inferi ! Sarei contenta di sor birmi anche i castighi legati al suicidio pur di rivedere anche solo per un'ora i miei cari figli ! » . Pietro: « Sarei curioso di sapere cos'è successo di così grave da schiacciarti con un magone del genere ! Se me ne indichi la causa potrei anch'io, donna, con vincerti che le anime, agli inferi, vivono, e invece che sfracellarti o annegarti potresti avere da me un rimedio capace di farti portare a termine la vita senza strazi» .
1 5 . La donna accettò con riconoscenza questa pro messa e cominciò a raccontare: «Da che famiglia venga e quale sia la mia patria non � facile crederlo e non lo ritengo neppure necessa rio. E sufficiente spiegarti soltanto la causa del mio strazio, per quale motivo, insomma, mi sono morsicata le mani fino a renderle inservibili. Sono figlia di nobili e mi sono sposata con un uomo ugualmente importan te. Ho avuto due figli gemelli e, in seguito, un altro fi glio. È successo che il fratello di mio marito si innamo rasse pazzamente, e illecitamente, di me. Ora, per me la purezza è più importante di ogni altra cosa e sia per non rassegnarmi a un delitto così grave e sia perché
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non me la sentivo di parlare a mio marito della pazzia scandalosa di suo fratello, ho pensato come fare per non macchiarmi io e, nello stesso tempo, non rendere ostili e nemici i due fratelli; avrei evitato, così, di infan gare tutta la parentela che è di nobile casato. Ho deciso perciò di allontanarmi dalla patria e dalla città con i due gemelli finché non si fosse raffreddato quell'amore incestuoso che probabilmente era blandito e acceso dalla mia presenza. Ho pensato invece di lasciare con suo padre quell'altro figlio perché vi trovasse un po' di conforto. 1 6. Per rendere questo piano possibile, ho fatto finta di aver visto in sogno un qualche dio che mi si era presentato per dirmi di lasciare immediatamente la città con i due gemelli e di starne lontana finché non m'avesse lui stesso comandato di ritornarvi, perché al trimenti, se non avessi ubbidito, sarei morta io assieme a tutti i miei figli . Avvenne proprio così: non appena ri ferii del sogno a mio marito, lui si prese paura, mi af fidò i gemelli e servi e serve, mi diede anche molto de naro e ci imbarcò su una nave diretta ad Atene dove avrei potuto far studiare i figli. E intanto "rimanete là mi disse - fino al giorno in cui sembrerà opportuno, a chi ti ha ordinato di partire , che torniate da noi" . Ma mentre ero in mare con i figli, un vento impetuoso cau sò un naufragio in piena notte e fui sbattuta, povera me, da queste parti. Morirono tutti quanti, gli altri, mentre io venni crudelmente trascinata e scaraventata da un'ondata anomala su uno scoglio. Me ne stavo lì, seduta, nella sola speranza di poter ritrovare fortuno samente i miei figli; ed è per questo che non mi sono buttata in mare in quel momento in cui, con l'anima sconvolta e satura di patimenti, avrei avuto il coraggio e l'occasione di farlo. 1 7. Quando poi si fece giorno continuai a guardar mi attorno, urlando e gemendo in cerca dei miei di sgraziati figli, nella speranza di vederne almeno i cada veri rigettati dal mare. Ma alcuni di coloro che mi ave-
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vano vista furono presi da pietà e si mi sero a cercarli prima in mare e poi anche lungo la costa nella speran za di trovare almeno uno dei miei figli. Non ne trovaro no nessuno, da nessuna parte . Le donne del luogo, compatendomi , cominciarono a consolarmi sciorinan domi ciascuna le proprie disgrazie allo scopo di farmi coraggio grazie al male comune. Io invece ero sempre più affranta poiché non ero in vena di prendere sollie vo dai mali altrui. Molte di esse desideravano ospitar mi in casa loro . Fu una poveretta che abitava qui a for zarmi di accettare, raccontandomi di aver avuto per marito un marinaio che era morto in mare ancora gio vane, e che malgrado fossero molti ad aspirare alla sua mano lei aveva preferito rimanere vedova per amore del defunto marito . "Metteremo dunque in comu ne mi disse - tutto ciò che riusciremo a guadagnare col nostro lavoro" . 1 8 . Insomma, per non tirar la storia in lungo con particolari di scarso interesse, mi sistemai volentieri con lei, vista la fedeltà d'amore che aveva conservata per il marito. Non passò molto tempo, però, che a forza di mordermi le mani dalla disperazione le resi inservi bili e che la donna che mi ospitava, colta da paralisi , fu obbligata a letto in casa. La simpatia delle altre donne che mi avevano già mostrato compassione si raffreddò. Così siamo rimaste tutte e due impotenti e io , come ve di, sto qui seduta a chiedere l'elemosina. Se alle volte riesco a raggranellare qualcosa, questo è l'unico alimen to di due donne sventurate. Ma basta così : dei miei pro blemi hai sentito a sufficienza. Adesso tocca a te ; per ché aspetti a mantenere la promessa e a darmi il rime dio che riuscirà - come hai detto - a porre fine senza sofferenza alla miserevole vita di tutte e due? , .
1 9. Mentre la donna parlava Pietro, assorto i n mil le pensieri, se ne stava lì come impietrito . Poi soprag giunsi io, Clemente, e gli dissi: «È da un pezzo che vado qua e là cercandoti. Cosa facciamo , adesso ? » . Lui mi ordinò di precederlo al traghetto dove mi avrebbe rag-
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giunto, e poiché non era possibile fare obiezioni feci co me mi aveva detto. Lui, invece, come mi raccontò più tardi , morso da un sospetto, stava cercando di sapere dalla donna sia il suo casato che la patria e i nomi dei figli. « Se tu me li fai conoscere - le disse - ti darò subito il nmedio» . Ma lei, come sotto tensione, perché da una parte non intendeva dare quelle informazioni ma per altra parte voleva avidamente il rimedio, disse un sacco di bugie affermando che era di Efeso e che il marito era siciliano; e contraffece anche i nomi dei figli. Pietro, ritenendo che avesse detto la verità, le ri spose: « Peccato, signora! Pensavo che oggi sarebbe sta to un giorno di grande gioia, poiché avevo il sospetto che tu fossi proprio la donna di cui recentemente e confidenzialmente ho sentito raccontare awenture co me le tue ! » . Lei allora si mise a scongiurarlo: «Dimmi per favore di chi si tratta, per capire se esiste una don na p1ù disperata di me ! » . 20. Pietro, incapace d i ingannarla e mosso a pietà, prese a dire: <
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no io». Pietro: «Qual è il suo nome?». E lei: « Clemente» . Pietro: «È proprio lui; era appunto quello che poco fa parlava con me e al quale ho detto di precedermi al tra ghetto )) . Lei cadde a i piedi d i Pietro e prese a pregarlo di tornare in fretta alla nave. Ma Pietro le disse: « Sì, se mi dai fiducia e fai come ti dico )) . « Faccio tutto quello che vuoi - gli rispose lei - ma fammi solo vedere questo mio figlio, perché penso che in lui vedrò anche i miei gemelli! )) . Pietro: « Quando lo vedrai, fa' come se niente fosse fino a che non usciremo dall'isola» . « Farò così )) , rispose lei. 22 . Tenendola per mano, Pietro la stava accompa gnando alla nave. Quando mi accorsi che stava tenen do per mano una donna mi venne da ridere, tuttavia mi avvicinai e, a motivo del rispetto che avevo per lui, cercai di inserire la mia mano al posto della sua per so stenere la donna. Nello stesso istante che toccai la sua mano lei esplose in un grido altissimo, si buttò fra le mie braccia e prese a coprirmi dei suoi baci di madre. Io, che ero all'oscuro di tutto, la respingevo come se fosse impazzita e intanto, anche se con deferenza, mi sentivo un pochino indispettito nei confronti di Pietro. 2 3 . Ma lui mi disse: « Smettila! Che stai facendo, figlio mio Clemente? Non respingere tua madre! )) . Al sentir questa frase, fui subito in un mare di lacrime, caddi sopra mia madre che giaceva a terra e mi diedi a coprirla di baci. Nello stesso istante che udii quelle pa role, infatti , mi tornò un pochino il ricordo della fisio nomia di mia madre, e più la fissavo più l'immagine si faceva nitida. Intanto si era ammassata là una folla di gente, perché era corsa voce che la donna che se ne stava di solito accovacciata a chiedere l'elemosina era stata riconosciuta da suo figlio, un brav'uomo . Era no stra intenzione lasciare subito l'isola, ma mia madre mi disse: « Figlio mio carissimo, sento il dovere di dire prima addio alla donna che mi ha ospitato, dato che è povera e paralitica, costretta a letto )) . Sentendola, Pie-
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tro e tutti i presenti ammirarono la bontà e la saggezza della donna. Subito Pietro pregò qualcuno di andare da lei e di portarla lì sul suo stesso letto. Venne dunque trasportata e deposta in mezzo alla gente presente. Pie tro, di fronte a tutti, disse: « Se sono l'annunciatore del la Verità, allo scopo di confermare la fede di tutti i pre senti, perché sappiano che uno solo è il Dio che ha creato il cielo e la terra, in nome del suo Figlio Gesù Cristo, alzati in piedi, donna ! » 3• A queste parole, di col p o la donna si alzò guarita, si chinò ai piedi di Pietro e, rivolto lo sguardo all'amica e confidente, le domandò: « Ma cosa sta succedendo? )) . E lei raccontò succinta mente tutta la storia del riconoscimento, che fece re stare a bocca aperta il pubblico attorno. 24. Allora Pietro si rivolse alla gente . Parlò, limita tamente al tempo che aveva, della fede in Dio e delle pratiche religiose nei suoi confronti, ma aggiunse pure che se qualcuno avesse voluto approfondire quell'argo mento «venga ad Antiochia - disse -, dove ci siamo proposti di fermarci tre mesi, e così potrà apprendere quanto concerne la salvezza. Se, infatti, per motivi di commercio o di servizio militare gli uomini lasciano patria e famigliari e non hanno paura di affrontare lunghi viaggi, perché dovrebbe sembrarvi pesante e dif ficile partire per tre mesi in tutto, quando c'è in gioco la vita eterna? )) . Dopo che Pietro finì di dare questi e altri consigli, io regalai mille dracme alla donna che aveva ospitato mia madre e che era stata guarita da Pietro, e pubbli camente la raccomandai a un brav'uomo che era il cit tadino più importante di quella cittadina . Questi pro mise che avrebbe assolto volentieri l'incarico. Distri buii un po' di denaro ad alcune altre persone e a quelle donne che avevano dato una mano, in qualche momen to, come seppi, a mia madre nei momenti di necessità. Le ringraziai e poi ci imbarcammo, assieme a mia ma dre, per Antarado. 3 Cf. Atti 3, 6.
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2 5 . Giunti alla nostra residenza, mia madre comin ciò a pormi domande: «Dov'è finito tuo padre ? )) . Le ri sposi: « È partito per cercarti, ma non è più ritornato)) . Emise soltanto un lungo sospiro, poiché l'enorme gioia che provava per me le attenuava le altre afflizioni. Il giorno seguente si mise in viaggio con noi, sedu ta accanto alla moglie di Pietro 4• Arrivammo a Bala nea e, dopo tre giorni di sosta, passando per Pato e per Gabala, raggiungemmo Laodicea. Qui ci vengono incontro Niceta e Aquila i quali, dopo un bacio di saluto, ci portano alla casa che dove va ospitarci. Pietro, al vedere quest'ampia e splendida città ci dice: << Merita che ci fermiamo qui dieci giorni, o anche di più » . Intanto Niceta e Aquila vogliono sap� re da me chi è questa donna mai vista. Rispondo: « E mia madre, ridatami da Dio grazie al signor Pietro » . 2 6 . M a non finisco di parlare che Pietro comincia a raccontare tutto per filo e per segno, e dice: << Quando giungemmo ad Arado, dopo avervi pregato di preceder mi, lo stesso giorno che voi siete partiti Clemente ha colto l'occasione per parlarmi del suo casato e della sua famiglia: mi disse che era rimasto orfano; che aveva avuto due fratelli gemelli più grandi di lui; che suo pa dre stesso gli aveva riferito del sogno avuto da sua ma dre, sogno che l'aveva consigliata ad allontanarsi da Ro ma con i figli gemelli per evitare di morire subito tutti e tre e che, avendone parlato al marito, questi, che amava teneramente i figli, per scongiurare questa possibile sciagura, mise moglie e figli con tutto il necessario su una nave spedendoli ad Atene perché vi potessero stu diare; che poi aveva mandato qualcuno a trovarli una prima e una seconda volta, ma che non si era trovata
4 Che Pietro fosse sposato risulta da Mc. l , 29-30 e da l Cor. 9, S. Girolamo ha una sua interpretazione: « Quanto a Pietro, possiamo
dire che al tempo in cui era venuto alla fede aveva una suocera, ma non aveva più moglie, quantunque sia scritto nei Viaggi [Periodòi] di sua moglie e di sua figlia» (Contro Gioviniano l , 26; PL 23, 246B). Ma della figlia nel nostro testo non c'è traccia.
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traccia di loro; e che, infine, il padre in persona era par ti to per cercarli, ma che però, fino a quel momento, neppure di lui si era saputo più nulla. Clemente mi ave va appena raccontato questi fatti quando ci avvicinò uno dei nostri per pregarmi di andare tutti quanti alla vicina isola di Arado per poter vedere le gigantesche co lonne di vetro che ci sono. Risposi che ero d'accordo, e ci portammo sul posto. Tutti gli altri entrarono nell'edi ficio ma io, non so perché, non me la sentii di visitarlo.
27. Ebbene , sto lì fuori ad aspettarlo quando l'oc chio mi cade su questa donna che per qualche lesione agli arti superiori non poteva mantenersi col lavoro manuale ed era costretta ad affrontare la vergogna di mend icare . Gliene chiedo il motivo, e lei confessa di essere di nobile casato e che si era sposata con un uo mo di non minore nobiltà, << ma il fratello di mio mari to - continua lei - si era preso una cotta terribile per me e tentava di profanare illecitamente il matrimonio che legava me e suo fratello. Io ne ero inorridita, ma nello stesso tempo non osavo parlare di simile mo struosità a mio marito per non scatenare una guerra tra fratelli e gettare fango su tutta la famiglia. E così pensai bene di allontanarmi dalla patria con i due figli gemelli , lasciando con suo padre mio figlio minore per ché gli desse un po' di conforto. Per dare a questa fuga un'apparenza logica, mi venne in mente di inventare un sogno, e dissi a mio marito che avevo avuto la visio ne di un qualche nume che mi aveva consigliato di al lontanarmi subito da Roma con i gemelli finché lui stesso non mi avesse ind icato quando avrei dovuto ri tornarvi » . Lei diceva che suo marito aveva creduto alle sue parole e che l'aveva mandata con i figli gemelli ad Atene per farli studiare là. •• Ma una violenta tempesta continuò - mi ha buttata su quest'isola; la nave si è spaccata in due e i marosi mi hanno scaraventata su uno scoglio. Se non mi sono tolta la vita - diceva è stato unicamente nella speranza di riabbracciare alme no i cadaveri dei miei poveri figli e di dargli sepoltura . M a, fattosi giorno, era accorsa gente da cui pietosa-
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mente mi venne lanciato un vestito. Ero come dispera ta, e piangendo a dirotto li pregavo di darsi da fare per vedere di rintracciare i corpicini dei miei sventurati fi gli . Io intanto mi stavo dilaniando a morsi il corpo, e fra gemiti e urla non riuscivo che a domandare: "Pove retta me, dov'è il mio Fausto, dov'è il mio Faustino?" » .
2 8 . Questo stava raccontando Pietro quando Nice ta e Aquila si alzarono di scatto e, frastornati , comin ciarono a chiedere con profondo turbamento: << Signore onnipotente e Dio di tutti, è proprio vero quanto sta succedendo o è un sogno? >> . Pietro rispose : << Se non siamo impazziti, è tutto ve ro» . Ed essi, dopo un attimo di sospensione, si stropic ciarono il volto e dissero: << Siamo noi Faustino e Fausto! Sin dall'inizio, è vero, quando hai cominciato la storia, ci ha assalito il dubbio che forse quanto andavi dicendo riguardava proprio noi; ma ritornandoci sopra abbiamo taciuto, pensando che succedono tanti fatti del genere nella storia degli uomini, anche se i battiti del nostro cuore ci davano uno spiraglio di speranza. Stavamo dunque tesi a sentire come finiva la storia: se fosse risul tato che ci riguardava pari pari, allora ci saremmo pub blicamente fatti riconoscere>> . Fatta questa confessione, piangendo entrarono dove si trovava la madre, ma vide ro che stava riposando. Volevano abbracciarla, ma Pie tro glielo impedì dicendo: « Lasciate che prepari prima vostra madre. Solo dopo vi presenterete, perché può darsi che una gioia grande e improvvisa la faccia uscire di mente, che ne sconvolga i sensi, tanto più che in que sto momento è ancora intontita dal sonno » . 2 9 . F u così che, non appena l a madre s i destò, Pie tro prese a parlare con lei: <
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ge ntili finché non siano passati alla fede e, dopo aver accolto la verità, siano stati battezzati e consacrati con la triplice invocazione del suo santo Nome . Solo allora mangiamo con essi, altrimenti non possiamo sederci a lla stessa mensa neppure se si tratta del proprio padre e d ella propria madre , o della moglie o dei figli o dei frat elli . E dato che il motivo principale per cui ci com portiamo così è la religione, non prenderlo per un af fronto se tuo figlio non può pranzare con te fino a quando tu fai tua la stessa fede che professa lui » .
30. Dopo aver ascoltato queste parole, lei do mandò: « Che cosa mi impedisce di venir battezzata og gi stesso ? Anche prima di conoscerti io mi sono oppo sta con tutta me stessa a quelli che chiamano dèi, poi ché dopo aver molto spesso, quasi ogni giorno, offerto loro sacrifici, non ho ricavato da essi alcun aiuto. Che dire, inoltre, a proposito della purezza ? Non sono ca duta a suo tempo nella trappola del piacere e neppure la situazione recente di miseria mi ha spinto a tradirla . Penso del resto che ti è abbastanza noto il mio attacca mento alla purezza fin da quando, per sfuggire alla tentazione di un amore illecito, ho fatto finta di aver avuto un sogno in modo di partirmene con i miei due gemelli, lasciando come conforto a suo padre unica mente questo mio figlio Clemente. Se infatti io potevo a malapena accontentarmi di due, cosa avrebbe prova to papà a non averne manco uno? Quel poveretto aveva un grande attaccamento ai figli, ed è per un pelo che il peso del sogno è riuscito a convincerlo di affidare a me Faustino e Fausto, fratelli di questo nostro Clemente, e ad accontentarsi, restando solo , di Clemente» . 3 1 . Mentre lei parlava, i miei fratelli non ce la fe cero più e si buttarono piangenti fra le braccia della mamma dandole un mucchio di baci . E lei : « Cosa sta succedendo? » , domandò. E Pietro: « Non agitarti, don na. Sii forte. Questi due sono i tuoi figli Faustino e Fausto che tu dicevi annegati in mare. Come abbiano fatto a restare in vita, come siano riusciti a mettersi in
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salvo dalle onde quella tragica notte, come mai uno si faccia chiamare Niceta e l'altro Aquila te lo possono raccontare essi stessi, e anche noi staremo ad ascoltarli assieme a te » . Al sentir questo da Pietro, nostra madre si afflo sciò, non reggendo a quella gioia smisurata. Quando fi nalmente si riprese e tornò in sé, disse : « Ditemi , per fa vore, figli miei carissimi, cosa vi è successo dopo quel la funesta e tragica notte ? » .
32 . Prese la parola Niceta: « Quella notte, mamma, che la nave si è sfasciata e noi venivamo sballottati qua e là dalle onde aggrappati a un legno, alcuni pirati dell'alto mare ci trovarono e ci caricarono sul loro na tante . A forza di remi riuscirono ad averla vinta sulle onde vorticose e ci condussero, cambiando spesso rot ta, a Cesarea di Stratone. Là ci hanno fiaccati affaman doci , picchiandoci e terrorizzandoci, per farci svelare la nostra identità, e dopo averci cambiato i nomi ci ven dettero a una vedova, una donna veramente per bene, di nome Giusta. Ci comprò , ma ci adottò come figli tan to da educarci con molta pignoleria nella cultura greca. Raggiunta l'adolescenza ci dedicammo pure allo studio della filosofia per riuscire a difendere la religione divina e confutare , nelle discussioni filosofiche , i pagani . 33. Studiava con noi anche un certo Simone, dedito alla magia . Noi, a titolo di amicizia, come si usa da ra gazzi, gli andavamo dietro, tanto che per poco non riu scì ad accalappiarci. Nella nostra religione si parla infat ti per tradizione di un certo Profeta la cui venuta era at tesa da tutti coloro che aderiscono a questo credo, poi ché prometteva di dare a chi crede in lui una vita di im mortale felicità. Noi pensavamo che si trattasse di que sto Simone , ma di questo argomento, mamma, ne parle remo in un momento più propizio. Dicevo che noi, nel frattempo, stavamo per cadere nella rete di Simone quando un compagno del mio signor Pietro, di nome Zaccheo, ci mise in guardia dalle trame del mago e ci presentò invece a Pietro, giusto giusto arrivato, per esse-
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re istruiti da lui su quanto è giusto e vero. Ed è quanto auguri amo che succeda anche a te, così come Dio l'ha concesso a noi, per poter avere tra noi cibo e mensa co mune. È stato così , mamma, che tu ci hai creduti morti in mare mentre invece eravamo stati rapiti dai pirati » .
3 4 . Come Niceta finì d i parlare , nostra madre si inginocchiò ai piedi di Pietro pregandolo e scongiuran dolo di ammetterla subito, assieme alla sua ospite, al battesimo, « così che neppure per un giorno - disse debba subire la privazione della vicinanza e della com pagnia dei miei figli >> . Noi , suoi figli, per parte nostra chied evamo a Pietro lo stesso favore. Ma lui : « Credete forse che l'unico a esser privo di misericordia sia io, per negarvi di mangiare assieme a vostra madre? Dico solo che è indispensabile che lei d igiuni almeno per un giorno prima di venire battezzata, e questa eccezione è motivata da alcune sue parole che mi hanno illuminato sulla sua sincerità e mi hanno dato la prova che lei cre de, perché diversamente sarebbe stato necessario istruirla e prepararla per parecch i giorni ! » . 3 5 . Gli domandai: « Puoi dirmi per favore , Pietro, signore mio, qual è l'espressione che ti ha dato, come tu dici, il segno che lei ha la fede? » . Pietro: « È quando m i ha pregato che anche la sua ospite, che lei desiderava ricompensare per l'aiuto rice vuto , ricevesse il battesimo con lei . Non mi avrebbe chiesto di fare questo favore a colei che ama, se non cre desse che il battesimo è un dono piuttosto importante. E colgo l'occasione per fare un richiamo a molti altri i quali, per quanto battezzati e credenti, non fanno alcun atto che sia degno della loro fede nei confronti di coloro che amano, e intendo le mogli, i figli, gli amici; non li esortano insomma a raggiungere ciò che essi hanno rag giunto, tanto da chiedersi se ci credono veramente che col battesimo si ottiene la vita eterna! Perché, se li vedo no ammalati o in pericolo di non resistere alle tentazio ni della carne, magari se ne rattristano e piangono, sicu ri che così si stanno rovinando. Ma allora, se fossero al-
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trettanto convinti che per quelli che non adorano Dio c'è il castigo del fuoco eterno, smetterebbero forse di am monirli ed esortarli ? E se quelli fanno resistenza, com'è possibile che non si rammarichino e non li compianga no, sapendo per certo che stanno rischiando tormenti senza fine ? Noi, frattanto, accogliamo anche quell'altra donna e poi staremo a vedere se ama e crede nella no stra religione. Agiremo poi di conseguenza. Ma questa donna, che ha un giusto concetto del battesimo, digiuni almeno un giorno prima di riceverlo » .
3 6 . Mia madre, per parte sua, alla presenza della moglie del mio capo Pietro , assicurava e spergiurava che, dal momento del ritrovamento del figlio, per la troppa gioia non era riuscita a mangiare neanche un boccone; « unica eccezione - disse - è stata ieri quando ho bevuto solo un bicchiere d'acqua » . Pure la moglie di Pietro assicurava che era proprio così. Aquila disse: « E che cosa impedisce, allora, che venga battezzata? » . Pietro, sorridendo, rispose: « Questo non è stato, in realtà, un digiuno battesimale, perché lei non ha digiu nato in vista del battesimo ! » . E Niceta : « Ma può darsi che Dio, non volendo che nostra madre , una volta riconosciuti i suoi figli , fosse tenuta separata neppure un giorno dalla comunione della nostra mensa, abbia previsto di farla digiunare prima ! Allo stesso modo che quand'era nell'ignoranza ha conservato la purezza che la preparava alla grazia del battesimo, lo stesso vale per il digiuno, anche se non ne conosceva la motivazione : doveva servirle al battesimo e a godere della nostra mensa comune fin dal momento che ci ha riconosciuti » . 3 7 . Pietro: « Non lasciamoci vincere dal Maligno, con la scusa del legame affettivo verso vostra madre. Perché, piuttosto, voi e io insieme non l'accompagnia mo nel digiuno oggi, per battezzarla domani? Non è giusto, infatti, abolire o svuotare le norme dettate dalla Verità per gratificare una persona particolare o in nome dell'amicizia. Non ci sia di peso, pertanto, fare un pie-
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col o sacrifi cio con lei, poiché trasgredire qualunque co manda mento è peccato. Educhiamo piuttosto i nostri sensi fisi ci, che sono superficiali , a sottostare ai sensi interiori e non costringiamo i sensi interiori, che hanno il gu sto delle cose divine, a seguire i sensi �sterni che trovano gusto nelle soddisfazioni materiali. E per que sto m otivo che anche nostro Signore ci ha dato questa nonna: "Se uno guarda una donna perché la vuole, nel suo cuore ha già peccato di adulterio contro di lei" . E ha aggiunto: "Se il tuo occhio destro ti porta a compie re il male, càvalo e gettalo via: ti conviene perdere un organo solo piuttosto che essere gettato tutto intero all'inferno" 5• Non ha detto "se ti ha fatto compiere il male", per farti eliminare la causa del peccato dopo che hai commesso il peccato, ma "se ti porta a compiere il male" , vale a dire che è prima di fare peccato che devi eliminare la causa che ti provoca e ti stimola al peccato. Che a nessuno di voi fratelli, comunque, venga in men te che il Signore abbia ordinato una qualunque ampu tazione materiale ! È la volontà che ha inteso recidere, non le membra, e con essa le tentazioni che portano al peccato ! E questo allo scopo che il nostro pensiero, tra scinato dalla vista, lotti contro i sensi fisici come contro il nemico che ci impedisce di amare Dio; e che non si mollino i freni e allentino le briglie degli occhi carnali i quali, come cavalli in fregola, smaniano di far deviare il carro dalla via dei comandamenti. Si deve ricondurre, invece, la vita fisica sotto il dominio della ragione e non permettere che i nostri occhi, voluti da Dio come osser vatori e testimoni della sua creazione, diventino stru mento infame di desideri cattivi . Devono dunque sotto mettersi alla legge di Dio tanto i sensi esteriori quanto il pensiero; devono insomma aderire alla volontà di colui che, lo sanno bene, li ha creati )) . 3 8 . E così, come richiedeva la logica prassi sacra mentale, l'indomani venne battezzata in mare. Ritornata alla casa che l'ospitava, ricevette poi di conseguenza 5 Mt. 5, 28-29
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l'istruzione su tutte le verità di fede della religione. Era vamo presenti anche noi suoi figli, Niceta, Aquila e io, Clemente. Dopo di che pranzammo con lei e insieme glorificammo Dio non senza ringraziare lo zelo e l'inse gnamento di Pietro che, cogliendo l'occasione di nostra madre, ci spiegò come la virtù della purezza, davanti a Dio, ha sempre valore, mentre invece l'impurità anche se non sùbito ma comunque, benché più tardi, non sfug ge al castigo. «A Dio - disse - la purezza è gradita a tal punto che non la priva di qualche ricompensa neppure nei confronti di chi in questa vita vive nell'errore. La fe licità futura, è chiaro, è riservata soltanto a coloro che per la grazia del battesimo hanno vissuto nella purezza e nella giustizia 6• Ne è un esempio, del resto, anche il fatto di come abbia agito nei confronti di vostra madre: ha riconquistato la piena salvezza in premio della sua purezza. Ma per custodirla e conservarla non è suffi ciente la sola continenza: quando uno s'accorge delle in sidie e degli inganni che la minacciano, deve mettersi in salvo immediatamente come si trovasse in mezzo a un violento incendio o venisse rincorso da un cane rabbio so. E non deve neppure sperare che queste tentazioni si possano frenare con pensieri filosofici oppure blanden dole: bisogna, come ho detto, fuggirle, andarsene lonta no come ha fatto appunto vostra madre che ama la ,virtù della purezza in modo vero e senza compromessi. E per questo che voi avete riavuto lei e lei voi , oltre al dono che le è stato fatto di conoscere anche la vita eterna » . Su questo argomento e altri affini parlò a lungo. Calata la sera, andammo a dormire.
6 Questo passo è ricordato da Origene (Commento a Mt. 77, GCS 38, 1 2 , 46): cc Oualcosa del genere dice anche Pietro nell'opera di Cle mente: Le opere buone fatte dagli infedeli . », e anche nell Opus im perfectum in Mt. 1 0 , 4 1 (PG 56, 770): « Ascolta il mistero che esprime Pietro nell'opera di Clemente: se un credente fa un'opera buona . ». Il motivo teologico che portano è che il bene compiuto da chi non crede non è fatto per Dio ma unicamente per la natura stessa dell'uomo (Ori gene), perché mosso da bontà naturale (Opus imperfectum). . .
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LI BRO VI l i 1 -5 6 . U N ANZIANO VUOLE CONVINCERE PIETRO E I TRE FRA· TELLI CHE PREGARE È INUTILE POICHÉ TUTTO DIPENDE DAL CASO E DALLA POSIZIONE DELLE STELLE (OROSCOPO) E CHE IL UBERO ARBI· TRIO NON ESISTE. DISCUSSIONE PUBBLICA PORTATA AVANTI DA NICE· TA CHE CONFUTA L'EPICUREISMO, DA AQUILA CHE CONFUTA LO SCET· TICISMO PIRRONIANO. LA MENTE E LA PROVVIDENZA DI DIO SI MANI· FESTANO NEL CREATO ; 5 7 . L'ANZIANO ELOGIA LE VARIE ESPOSIZIONI DOTTRINALI, MA NON RIESCE ANCORA A CREDERE AL LIBERO ARBI· TRIO E QUINDI A UN GIUDIZIO FUTURO CHE PREMI I BUONI E CASTI· GHI I CATTM; 5 8-62 . PIETRO , CHE NON È MAI INTERVENUTO NELLA DI SCUSSIONE, CONCLUDE LA GIORNATA CON OSSERVAZIONI SULLA VA· NITÀ DELLE DIATRIBE FILOSOFICHE, POICHÉ PER CONOSCERE IL PEN SIERO DI DIO NON SI PUÒ CHE RICORRERE AL VERO PROFETA.
l . Lindomani Pietro prese con sé i miei fratelli e me e scendemmo al porto per fare un bagno in mare, dopo di che ci ritirammo in un posticino appartato per prega re. Ma un uomo anziano, povero, e a veder com'era ve stito sicuramente un operaio, prese a sbirciarci di nasco sto preso dalla curiosità di vedere cosa stavamo facendo così appartati. Avendo capito che pregavamo, attese che uscissimo all'aperto e dopo averci salutati disse: « Se non ve la prendete a male e non mi tacciate di individuo cu rioso e importuno, vorrei fare una conversazione con voi perché mi ispirate compassione: non vorrei vedervi in errore per quanto concerne la Verità, e neppure sog getti al timore di cose che non esistono. Se ritenete però che qualche verità esista, fatene parte anche a me. Se avete pazienza, allora, io posso insegnarvi brevemente ciò che è giusto, ma se vi importuno me ne andrò per i fatti miei » . Pietro gli rispose: « Ebbene, dicci ciò che t i pare bene e noi ascolteremo volentieri, tanto se ciò che dici è vero, quanto se è falso. Meriti tutta la nostra conside razione, poiché hai il desiderio di comunicarci ciò che tu ritieni un bene, come fa un padre che si preoccupa dei figl i » .
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2 . Quell'uomo piuttosto maturo prese allora la pa rola per dirci: «Ho visto che facevate un bagno in mare e che poi vi siete ritirati in un posticino appartato. Sta vo a osservare di nascosto cosa stavate facendo così in privato, e vi ho visti pregare. Ho provato pena al veder vi sviati , e allora mi sono fatto incontro a voi, aspettan dovi all'uscita, per parlarvi e convincervi che questa vo stra pratica è un errore, dal momento che non esiste nessun dio e che non ha dunque senso la vostra pre ghiera; che il mondo non è retto da alcuna provvidenza ma che sono invece il caso e la posizione delle stelle a dirigere ogni cosa . Me ne sono reso conto in modo evi dentissimo, da solo, studiando fra l'altro l'astrologia. Smettetela dunque col vostro errore: sia che preghiate sia che non preghiate, il vostro destino è segnato dal vostro oroscopo)) . Io, Clemente, non so perché mi sentivo battere il cuore come se quel tipo mi richiamasse alla memoria molte immagini conosciute: ha detto bene un tale, in fatti, che quando si è figli di qualcuno, anche se si resta lontani per lungo tempo, la voce del sangue non si spe gne mai. Presi dunque a tempestarlo di domande: ce Chi sei? Da dove vieni? Qual è la tua famiglia? )) . Lui, che non aveva affatto intenzione di risponde re a questo interrogatorio, disse: << Cosa c'entra, questo, con ciò che vi ho detto? Se vi pare bene, conversiamo prima sull'argomento che vi ho proposto e in seguito, se le circostanze lo richiederanno, potremo comunicar ci reciprocamente, da amici, il nome, la famiglia, la pa tria e altre notizie attinenti )) . Sta di fatto che noi tutti eravamo sorpresi di come parlava quell'uomo, del suo comportamento compassa to e della serenità nel discorrere. 3 . Intanto che si parlava, procedevamo a lenti pas si e Pietro cercava un angolo adatto a conversare . Adocchiato nei pressi del porto un posticino al riparo dagli sguardi, ci fece mettere a sedere e fu lui il primo a intavolare il discorso. Non mostrò la benché minima mancanza di considerazione verso l'anziano, né lo va-
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Iutò di meno per il suo vestito grossolano e sudicio. Gli disse: « Dal momento che mi sembri una persona istruita, e sei così buono da esserti avvicinato a noi col desiderio di comunicarci ciò che per te è il bene, desi deriamo anche noi farti conoscere ciò che per parte nostra riteniamo buono e giusto. Se poi quanto dicia mo ti sembrerà non rispondere alla verità, accetta an che tu di buon grado la nostra buona intenzione nei tuoi riguardi come noi facciamo con la tua » . Mentre Pietro diceva queste cose s i era radunato un crocchio di persone. L'anziano disse: « Forse vi di sturba la presenza di questa gente» . E Pietro: « Ma niente affatto! L'unica cosa che temo è la possibilità che se, nella discussione, viene a galla la verità, tu pos sa provare vergogna, di fronte a questo pubblico, di di chiararti sconfitto e di aderire a quella che capirai es sere la verità» . In risposta l'anziano disse: « Invecchiando, non so no diventato così sciocco da rifiutare, per salvare la faccia davanti al mondo, quella che capisco essere la verità! » . 4 . Allora Pietro riprese: « Quelli che annunciano la verità e che illuminano lo spirito umano mi sembrano simili ai raggi di sole: irradiandosi e investendo il mon do non possono in alcun modo non farsi vedere, né si può occultarli, dal momento che non sono tanto essi a venir visti dagli uomini quanto sono essi che permetto no a tutti di vedere. Per questo un tale ha detto agli an nunziatori della verità: "Voi siete la luce del mondo: una città posta sul monte non può rimanere nascosta, né chi accende una lucerna la pone sotto un secchio, bensì sopra un candeliere perché faccia luce a chi sta in casa" » 1 • L'anziano: « Chiunque l'abbia detto non poteva di re m eglio. Ma qualcuno di voi dica apertamente la ve rità che gli sembra di dover seguire, così che possiamo intavolare la nostra discussione su un determinato ar1 Mt. 5, 1 4- 1 5 .
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gomento. Non è sufficiente, infatti, per arrivare alla ve rità, scalzare quanto dice l'interlocutore, bensì permet tergli di parlare in modo che possa, in quanto interlo cutore, contestarlo. E allora, affinché l'incontro fra le parti sia equanime, mi sembra giusto che, prima, ognuna delle parti proponga la propria tesi. Se siete d'accordo, comincerò io per primo. Ecco la mia: il mondo non è governato dalla prowidenza di Dio, poi ché sappiamo che vi succedono un sacco di cose ingiu ste e caotiche; affermo invece che è la posizione delle stelle a determinare e regolare ogni cosa» . S . Pietro aveva intenzione d i rispondere lui, ma Niceta lo prevenne: «Pietro, mio signore, permettimi che sia io a rispondere, e non considerare un'imperti nenza se non sono che un giovane davanti a un anzia no: parlerò come un figlio con suo padre» . L'anziano riprese: « Non solo desidero, figlio mio, che sia tu a esprimere ciò che pensi, ma che anche un tuo compagno o magari qualche altro dei presenti, se pensa di poter dare un contributo, non siano restii a esprimersi. Tutti noi li ascolteremo volentieri, poiché l'apporto di molti permette di scoprire più facilmente ciò che non si conosce » . Fu dunque Niceta a parlare: << Non credere che ab bia agito da temerario, o padre mio, se mi sono inseri to nel discorso del mio signor Pietro. Se l'ho fatto è perché mi sembra che sia piuttosto per rispetto verso di lui. È infatti un uomo di Dio, preparato in ogni cam po. Conosce persino la cultura greca, poiché è pieno dello spirito di Dio cui nulla è nascosto. Ma lui è più tagliato a parlare delle realtà divine, e allora rispondo io su quanto riguarda il sapere dei greci. Comunque, dopo aver discusso alla maniera dei greci , quando sa remo arrivati a un vicolo cieco, sarà lui allora, pieno di sapienza com'è, a illuminarci senza reticenze e chia ramente sulla verità delle cose, così che non solo noi ma anche tutti gli ascoltatori qui presenti conoscano la via della verità. Lui se ne stia dunque lì a sedere in ve ste di arbitro così che, quando uno qualunque di noi si
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darà per vinto, prenderà in mano il discorso e proferirà il suo incontestabile giudizio» . 6. Quando Niceta finì di parlare, i presenti parlot tava no fra loro chiedendosi : « M a è proprio quel Pietro di cui sentivamo parlare, il discepolo a tutta prova di colui che è apparso in Giudea e che ha operato tanti prodigi e miracoli? » . Tenevano gli occhi fissi su di lui, lì in piedi, pieni di timoroso rispetto come dei bravi servitori che riveriscono il proprio padrone. Pietro se ne accorse, e disse loro: «Ascoltiamoli con attenzione, dando una valutazione equa su quanto i due diranno. Terminata la loro discussione, diremo anche noi la no stra, se ci sembrerà necessario>> . Il pubblico fu soddisfatto delle parole di Pietro. E Niceta aprì il discorso così: « Tu hai sentenziato, o padre , che il mondo non è governato dalla prowidenza di Dio ma che ogni cosa è condizionata dalla posizione delle stelle, sia che si tratti dei costumi individuali sia delle azioni che si compiono. Avrei potuto darti subito risposta, ma poi ché è giusto andare per ordine , anche noi definiamo il nostro pensiero come tu ci hai pregato di fare . Io affermo che il mondo è governato dalla prowidenza di Dio, quella parte di mondo, per lo meno, che ne cessita del suo governo. Uno solo è in realtà colui che ha potere su tutto, quello stesso Dio giusto che ha pure creato il mondo e che a suo tempo tratterà cia scuno a seconda delle sue azioni . Ecco dunque la no stra tesi. Adesso continua pure tu come credi, o scal zando le mie affermazioni o confermando le tue , così che anch'io possa poi replicare a quanto dirai . Se preferisci però che sia io a parlare per primo, lo farò subito » . 7 . L'anziano rispose: « Che ti piaccia parlare per primo, figlio mio, o che si preferisca che sia io, poco importa, soprattutto se la discussione si svolge tra per sone in buona pace. Comunque, di' tu per primo, sono d'accordo; e magari potessi poi anche replicare a quan-
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to dirò io e contestare la mia diversa posizione , affin ché da questo raffronto venga fuori la verità » . Niceta riprese: « Se vuoi, posso anche dire qual è la tua posizione e dare una risposta » . L'anziano: « Fammi prima capire come puoi essere a conoscenza di ciò che non ho ancora detto, e così sarò certo che sei in grado di definire anche la mia po sizione » . Niceta: « La tua scuola filosofica e le affermazioni che hai fatto sono note a chi ha studiato queste disci pline, e non ci sono dubbi sulle conclusioni che se ne traggono. E dato che io conosco le regole dei filosofi, dalle tue premesse già so la conclusione, tanto più che ho frequentato la scuola di Epicuro più che non di altri filosofi. Mio fratello Aquila, invece, ha seguito pri nci palmente Pirrone 2 e l'altro nostro fratello i platonici e gli aristotelici. Stai dunque discutendo davanti a perso ne colte» . L'anziano : « Ci hai detto chiaramente e con esat tezza logica come, dalle tesi proposte, già ti rendi con to delle conseguenze che se ne traggono . Io però mi so no impegnato in un campo più vasto di quella che è la posizione di Epicuro, dal momento che ho approfondi to l'astrologia e l'ho presentata agli uomini come la causa prima di tutto ciò che accade» . 8 . Sentendo l'anziano affermare questo, io, Cle mente, gli dico: « Ascoltami, padre: se mio fratello Ni ceta può dimostrarti che il mondo non può essere retto che dalla provvidenza di Dio, per quanto riguarda il re sto, ossia l'astrologia , potrò risponderti io, poiché ho una certa conoscenza di questa dottrina » . Alle mie parole Aquila, mio fratello, aggiunse: « Ma che bisogno c'è di chiamarlo padre? Fra le nostre nor me c'è quella di non dare a nessuno , in terra , il nome
2 Pirrone (365 ca. 275 ca. a.C.), filosofo greco, considerato il fondatore della scuola scettica, poiché secondo lui bisogna astenersi da ogni affermazione anche solo sul piano dell'opinabile, in quanto le sensazioni e le opinioni non possono dirsi né vere né false. -
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di padre ! 3 » . E poi, volgendo lo sguardo all'anziano dis se: «Non offenderti, padre mio, se ho fatto una colpa a mio fratello di chiamarti padre, poiché abbiamo come norma di non chiamare nessuno con questo nome » . A questo rimbrotto d i Aquila tutti i presenti s i mi ro se a ridere, compresi l'anziano e Pietro. Aquila chie de come mai erano scoppiati tutti a ridere. Gli dissi: <
Lo Pseudo-Atanasio, nella Disputa contro Ario 3 1 (PG 28, 480C) fa un accenno a questo pas so mettendo] o in bocca ad Ario. 4
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potenza creativa, così come non può smettere di essere buono: la bontà lo spinge infatti a creare le realtà esi stenti, la potenza a tenerle insieme e renderle salde . Gli esseri vengono dunque creati , e certuni - come ho detto - constano di due o tre elementi, altri invece di quattro o altri ancora di un numero maggiore. Ma poiché ora ci si interroga sulla struttura del mondo e sulla sua natu ra, che sappiamo essere composta di quattro elementi soggetti a tutte quelle dieci varianti elencate sopra , co minciamo dai gradini più bassi per poi arrivare ai più alti. Il cammino infatti verso le realtà intelligibili e invi sibili ci viene aperto dalle realtà che vediamo e tocchia mo, proprio come ci insegna l'aritmetica. Ti interroghi sulle realtà divine? Bisogna salire dai numeri bassi ai numeri alti. Quando invece si cerca la ragione delle realtà presenti visibili, la linea da seguire è dai numeri più alti ai più bassi. Mi sbaglio, forse ? ))
1 0. I.:anziano: « La spiegazione è ottima)) . Niceta: « Adesso dunque dobbiamo trattare dell'ori gine del mondo, e la prima domanda consta di due par ti. Ci si chiede, infatti : è stato creato, oppure no? Perché se non è stato creato, è dunque lui stesso l'Essere non generato da cui proviene ogni altra cosa; ma se è stato fatto, l'interrogativo è ancora duplice: si è fatto da solo, o l'ha fatto un altro ? Ora, se si è fatto da solo non c'è certo posto per la prowidenza; ma se non si ammette una prowidenza è inutile pungolare l'anima alla virtù, e inutilmente si ossexva la giustizia, dal momento che non c'è chi ripaghi il giusto, un giorno, dei meriti acqui siti. E neppure l'anima si può in questo caso ritenere immortale, se dopo che si è sciolta dal corpo non viene retribuita dalla provvidenza di nessuno.
1 1 . Se si ammette invece che la prowidenza esiste e che da lei è stato fatto il mondo, ci troviamo ancora ad affrontare altre domande: in che modo prowede ? in modo generale sul tutto ? distintamente sulle singole parti ? in generale sulle singole parti ? oppure in modo generale su tutto e allo stesso tempo distintamente sulle
- 2 R itrovamenti , V I l i , 1 1 1
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si ngole part i? 5 • Quando dico "in modo generale" si deve intendere così: che Dio, creando il mondo all'inizio, ha d ato un ordinamento interno alla realtà e ne ha stabili to il corso, e poi ha smesso di interessarsi di quanto ac cade. Quando si dice "distintamente sulle singole parti" si vuole intendere che si prende cura di un certo nume ro di persone o di località e non di certe altre. Quando si dice "in modo generale su tutto e allo stesso tempo dist intamente sulle singole parti" si deve intendere: fin dall 'inizio Dio ha fatto ogni cosa e seguirà ognuno sin golarmente fino alla fine con la sua provvidenza per poi retri buirli a seconda delle loro azioni. 1 2 . Ebbene, la prima ipotesi secondo cui Dio ha creato tutte le cose all'inizio, e dopo aver imposto ad esse un ordinamento interno e un corso fisso non se ne interessa più in alcun modo, è la tesi che tutto viene determinato dalla posizione degli astri. Rispondo dun que anzitutto su questo punto, parlando in particolare a quanti venerano gli dèi e difendono la teoria degli oroscopi 6• È chiaro che costoro, quando fanno sacrifici agli dèi e li pregano, sperano di ottenere qualcosa a di spetto del proprio oroscopo, e così lo svuotano di con tenuto. Quando poi prendono in giro coloro che tendo no alla virtù e che esortano alla continenza, afferman do che nessuno può fare o subire qualcosa all'infuori di quanto gli è destinato dal fato, è evidente che rigettano qualsiasi culto religioso: perché infatti venerare esseri dai quali non puoi aspettarti niente all'infuori di quan to ha stabilito il fato? È a questo genere di persone che 5 Cf. Clemente Alessandrino, Stromati 6, 1 7; 1 56, 3-7; 1 58,4 e Origene, Contro Celso 4, 90. 6 La lunga discussione che si sviluppa qui sull'oroscopo è sem pre di grande attualità. Basterebbe aver partecipato al convegno te nuto a Saint-Vincent, nel luglio 1 992, dagli esperti mondiali di astrologia e del paranormale. Secondo statistiche recenti, oggi il 3 5 pe r cento degli italiani conosce i l suo segno, legge i l suo oroscopo almeno una volta la settimana ed è convinto che gli astri influenzino comunque il carattere e il temperamento . . .
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ho diretto questa risposta. lo invece sostengo che il mondo è stato creato da Dio e che lui stesso un giorno o l'altro gli porrà termine perché si manifesti colui che è eterno, tale appunto da esistere sempre, e da acco gliere chi, a suo giudizio, è degno di Lui. Che ci sia poi un altro mondo invisibile che contiene in sé questo che vediamo, ebbene, tratteremo di quello dopo aver di scusso di questo visibile .
1 3 . Intanto, che questo mondo visibile sia stato creato lo affermano anche molti saggi filosofi . Ma per non darvi l'impressione che vogliamo servirei di affer mazioni altrui solo perché non abbiamo altri argomen ti, interroghiamoci prima, se siete d'accordo , sui prin cipi che lo reggono. Ora, che questo mondo visibile sia corporeo lo prova a sufficienza il fatto stesso che è visi bile. Ma ogni corpo rientra in una di queste due possi bilità: o è compatto e solido, oppure diviso e composto di parti . Nel caso che il corpo da cui è fatto il mondo sia stato compatto e solido e che sia stato poi diviso in parti secondo le rispettive e specifiche qualità, bisogna per forza ammettere che c'è stato Qualcuno che ha di viso quel corpo compatto e solido traendone molti blocchi e varie forme. Inversamente, se l'intera mole di questo mondo è stata assemblata e compaginata da va ri blocchi e co� i dispersi, bisogna per forza ancora ammettere che c è stato Qualcuno che ha ridotto in un solo corpo i blocchi dispersi, dando alle cose la loro specifica diversità. 1 4 . In realtà, so che non pochi filosofi sono stati dell'opinione che, di quell'unico corpo che essi chiama no materia, il Dio creatore ne ha fatto parti distinte, e che è comunque composto di quattro elementi sempli ci, mescolati tra loro e fatti uno grazie a un giusto do saggio provvidenziale . Ritengo infatti fuori causa l'affermazione di certu ni che il mondo sia un corpo semplice , vale a dire sen za alcuna unione di parti, dal momento che è evidente che ciò che è semplice non può essere un corpo, né
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pu ò venir mescolato o esteso o diviso, tutte cose che constatiamo succedere ai corpi di questo mondo. Com'è possibile dividerlo se è semplice, se non contie ne in sé qualcos'altro da cui possa venire staccato e di viso? Quando si sa che i corpi sono composti di due o tre o anche quattro elementi, come si può, per poco buon senso che si abbia, non vedere con chiarezza che è stato Qualcuno ad assemblare in unità cose cosi di verse e a fare con parti distinte un uniço corpo solido in una giusta proporzione di elementi? E appunto que sto Qualcuno che ha creato il mondo che noi chiamia mo Dio e che riconosciamo come Autore dell'universo. 1 5 . I filosofi greci, interrogandosi sugli elementi costitutivi del mondo hanno seguito chi una strada chi un'altra. Pitagora, ad esempio, afferma che gli elementi costitutivi sono i numeri, Callistrato le qualità, Alc meone i contrari, Anassimandro l'infinitezza, Anassa gora le omeomerie, Epicuro gli atomi, Diodoro l'indivi sibilità ossia esseri non composti di parti, Asclepiade ciò che noi potremmo chiamare i tumori o le escre scenze, i Geometri i limiti, Democrito le idee, Talete l'acqua, Parmenide la terra, Zenone, Empedocle e Pla tone il fuoco, l'acqua, l'aria e la terra. Aristotele ha ag giunto anche un quinto elemento che ha chiamato aca tonòmasto n , ossia ineffabile 7, volendo indicare sicura mente colui che, unendo in una sola entità i quattro elementi, ha formato il mondo. In conclusione, siano due o tre o quattro o anche di più o persino innumerevoli gli elementi che costitui scono il mondo, comunque sia, colui che di più cose ne ha fatta una e, viceversa, che di un composto ne ha tratto le diverse specie, è evidentemente Dio. Con que sto è provato che il mondo così com'è non potrebbe esistere senza Uno che l'abbia fatto e vi provvede. 7 Rufino ha tradotto il termine greco con incompellabile. Nella sua Apologia contro Girolamo 2, 33 (CCSL 20, 1 08 , M. Simonetti) di ce ironicamente a Girolamo: « Non sapevo che tu ti chiami acatonò ma.ston e incompellabilem ! » .
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1 6. Ma anche il fatto stesso che nell'unione degli elementi, se uno di questi manca o è eccedente, gli altri si slegano e si dissipano, fa capire che ha avuto origine dal nulla. Faccio un esempio: se un corpo resta senza elemento liquido, anche la parte secca non si sostiene, poiché il secco si nutre di umido, come anche il freddo di caldo: se uno di questi elementi viene a mancare, il corpo intero si dissolve totalmente, e da questo fatto si traggono prove convincenti che alla loro origine le cose sono state fatte dal nulla. Ora, se è provato che la ma teria in quanto tale è stata creata, si può forse pensare che le parti e le specie di essa, costitutive del mondo, non siano state create? Ma non è questo il momento di parlare della ma teria e delle sue proprietà. È sufficiente che si sia capi to che Dio è il creatore di tutto, poiché se la materia di cui è costituito il mondo era solida e compatta, non avrebbe potuto essere divisa e distinta senza un creato re; ma neppure avrebbe potuto, senza un artefice, esse re unita e combinata, se è effettivamente il risultato unitario di parti diverse e distinte. Insomma, se ho di mostrato che il creatore del mondo è Dio, dove va a fi nire la teoria di Epicuro che si fonda sugli atomi e che afferma che da queste particelle impercettibili proven gono non soltanto i corpi sensibili, ma persino le menti capaci di intendere e ragionare? 1 7. Potresti obiettare, come ha fatto Epicuro, che i solidi si sono formati grazie alla continua corsa degli ato mi che si muovono senza sosta lungo tempi incommen surabili e infiniti e che si mescolano fra loro per compat tarsi poi insieme. Non accenno a questo argomento per dichiarare che è una teoria fantasiosa e mal costruita: ve diamo piuttosto se, di qualsiasi cosa si tratti, si può so stenere come teoria. Gli epicurei affermano che quelle particelle che chiamano atomi sono di diverse qualità: al cune sono umide e perciò pesanti e tendenti in basso, al tre sono secche e terrose e perciò anch'esse pesanti, altre ignee e perciò tendenti sempre in alto, le ultime fredde e perciò inerti e sempre in posizione mediana.
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Com'è possibile, allora, se alcune tendono sempre in alto come le ignee, altre sempre in basso come le umide e secche e se altre restano in posizione mediana, com 'è possibile che abbiano potuto, non avendo la stes sa velocità, unificarsi per costituire un'unica mate ria ? Mi spiego: se uno lascia cadere dall'alto in basso, ad esempio, pezzettini piccolissimi di paglia e piccolis sime particelle di piombo della stessa grande zza di quelli, per quanto abbiano la stessa dimensione posso no forse i leggeri pezzi di paglia raggiungere le parti celle di piombo? Si sa che i corpi più pesanti cadono in basso molto più veloci. La stessa cosa si deve dire degli atomi: pure eguali in grandezza, hanno tuttavia un pe so diverso e quelli più leggeri non saranno mai in gra do di raggiungere i più pesanti. Ora, se non possono raggiungerli, non possono neppure combinarsi per di ventare un corpo.
1 8 . E ancora: se si spostano senza mai fermarsi e vanno continuamente ad aggiungersi alle cose che han no già una propria dimensione completa, come può stare in equilibrio il cosmo quando continuano ad ac cumularsi pesi nuovi a quelle masse già immense? Un'altra osservazione : se la volta del cielo che ve diamo si è andata formando per aggregazione di ato mi, come ha fatto a non crollare nello stesso istante che si è formata, se la sommità spalancata di quell� struttura non ha alcuna chiavarda che la tiene unita? E lo stesso come quelli che costruiscono delle cupole ro tonde su edifici : se non stringono la base circolare su cui poggia la sommità centrale, tutto quanto l'edificio crolla. La stessa cosa è per la volta del mondo che os serviamo così splendidamente unita: se non fosse stata fatta di getto, e con un solo movimento circolare di ef ficienza divina , dalla potenza del Creatore , bensì a ma no a mano che gli atomi si accostavano e si congiunge vano, non con un disegno razionale ma come càpita càpita, com'è possibile che non sia crollata e non si sia disintegrata prima ancora di aver potuto essere unifi cata e completata?
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A questo punto mi domando ancora: su quale strut tura sono state gettate le fondamenta di una mole cosl immensa? E ancora: quella stessa struttura su che cosa poggerebbe ? Posso andare avanti con queste domande all'infinito senza mai arrivare a una risposta utile . 1 9 . Se poi qualcuno dicesse che gli atomi di tipo igneo, congiungendosi, sono diventati un solo corpo, e poiché il fuoco per natura non tende al basso ma in alto e quindi che il fuoco, tendendo sempre verso l'alto, spinge in alto tutta la massa del mondo che grava su di lui, gli rispondo: gli atomi di tipo igneo, come hanno potuto, essi che tendono sempre verso l'alto, discendere in basso e venirsi a trovare in posizione sottostante, con tutto il peso addosso? Dal momento, perciò, che gli ato mi più pesanti, ossia quelli umidi e terrosi, sono più ve loci - come si è detto - di quelli leggeri, come spiegano la struttura del cielo che è la parte superiore fatta di atomi ignei e per ciò stesso più leggeri e sempre in mo to ascendente ? Il mondo non può dunque poggiare su una base di fuoco o su qualche altra, né possono unirsi e compagi narsi gli atomi più pesanti con quelli più leggeri, ossia quelli che precipitano sempre in basso con quelli che sfuggono sempre verso l'alto. Insomma, che sia impos sibile che i corpi materiali si fonnino per il congiunger si degli atomi è stato spiegato a sufficienza; come pure è impossibile che quei corpi impercettibili, anche nel caso che potessero ammassarsi e compattarsi a caso, possano dar fonne definite ai corpi o strutturare mem bra o conferire qualità o esprimere quantità, tutte cose che per la loro annonia richiedono la mano di un arte fice e si presentano come l'opera di un essere intelligen te. Questa intelligenza io la chiamo Verbo e Dio. 20. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una legge naturale. Ebbene, questo nome stesso fa discussio ne. Dal momento infatti che è chiaro che ciò che tu chia mi natura è opera di una mente intelligente e razionale che io chiamo Dio creatore, se ne deduce che non posso-
R1trovamenti, VIli, 20-21
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no essere state, o essere, effetto di una cieca casualità, quelle proprietà dei corpi che sono strutturati con diffe renze specifiche così indispensabili, come non può esser lo neppure la sensibilità degli esseri viventi. E se ti sem bra che i filosofi facciano testo, Platone, per citarne uno, te ne dà conferma nel Tzmeo dove, affrontando il tema dell'origine del mondo, si domanda se esista da sempre o se abbia avuto inizio, e conclude che è stato creato. "È infatti visibile - dice -, palpabile e corporeo; ma tutto ciò che ha queste proprietà è chiaro che è stato fatto. Ora, ciò che è fatto postula evidentemente un autore che l'ab bia fatto" 8• E prosegue dicendo che questo artefice che tutto ha generato è difficile capire chi sia ma, an�he se lo si sapesse, è impossibile spiegarlo alla gente. E questo che afferma Platone. Ma posto il caso che neppure lui e gli altri filosofi greci avessero voluto pronunciarsi sul l'origine del mondo, non risulterebbe ugualmente evi dente a chi possiede il bene dell'intelletto? Esiste qualcu no, per quanto di scarso comprendonio, che al vedere una casa provvista di tutto ciò che è indispensabile, al ve deme la volta a botte variamente abbellita e istoriata con tanti affreschi, al vedeme particolarmente le grandi fine stre che l'adornano; chi, ripeto, al vedere una simile co struzione non sentenzierebbe immediatamente che è opera di un artefice sapiente e più che esperto? All o stes so modo, esiste qualcuno cosi sciocco che quando guar da la struttura del cielo, quando contempla lo splendore del sole e della luna, il corso degli astri con tutta la loro bellezza e ne vede il cammino determinato da finalità e tempi fissi, non dichiari a piena voce che tutto è opera non tanto di un artefice saggio e intelligente quanto piut tosto della stessa Sapienza e della Mente in persona? 2 1 . Ma se vuoi ancora udire il parere di altri filosofi greci, e sei preparato in ingegneria, non sei certamente all'oscuro di quanto si dice a proposito dell'universo. Lo suppongono un globo perfettamente sferico la cui super ficie è rivolta in modo eguale dappertutto e divisa in 8 Platone,
Trmeo 28B.
Pseudo-Ciemente
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spazi eguali dal centro della terra; per questo suo equili brio è tanto stabile che la sua massa, così equilibrata, non gli consente di inclinarsi da nessuna parte; per cui il globo si mantiene sospeso senza che sia sostenuto da al cun appoggio. Ora, se effettivamente la struttura del mondo è così, è evidente che si tratta di un'opera divina. Se invece, secondo la teoria di altri, il globo poggia su acque o si muove o gira su di esse, anche in questo caso si deve ammettere che è l'opera di un grande Artefice.
2 2 . Ma queste teorie non sono evidenti per tutti e il sostenerle lascia incerti . Parliamo allora di quello che è sotto gli occhi di tutti . Chi ha ordinato così intelligentemente il corso degli astri , chi ne ha stabilito il sorgere e il tramonto, chi ha reso possibile a ciascuno di essi di tenere la pro pria rotta in tempi fissi e periodici ? Chi ha permesso a quelli che tramontano di tornare ancora a sorgere ? Chi ha regolato i movimenti del sole in modo tale da segna re con i suoi diversi percorsi le ore, i giorni , i mesi e il succedersi delle stagioni , cosl da distinguere con la fis sa periodicità del proprio corso ora l'inverno, poi la primavera e poi l'estate e l'autunno, e da regolare la terra nei sempre identici avvicendamenti, senza ecce zioni ? Chi, ri p eto, può non dichiarare che è la sapienza di Dio la moderatrice di un ordine così perfetto? Quanto ho detto è in riferimento agli studi sui grandi sistemi tramandatici dai greci. 23. Ma se parliamo di quanto osserviamo sulla ter ra o sul mare, non ne traiamo forse l'evidente conclu sione che per queste cose non solo c'è bisogno di Dio bensl anche della sua prowidenza? Vediamo ad esem pio come in certe parti della terra si elevano monti al tissimi: l'aria, quasi che fosse compressa e schiacciata da essi , per ord!namento divino viene espulsa e si for mano i venti 9• E grazie a questi che vengono feconda9 Beda, nel suo Sulla natura 26 (PL 90, 247) riporta questo pas so: «Come Clemente ha detto » . . .
R 1trovam entl ,
VIli,
23-24
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te le piante e che il calore dell'estate viene temperato quan do le Pleiadi infuocate si arroventano per l incan de scen za del sole. Potresti chiederti: "Perché mai un sole così caldo da richiedere di venir temperato? E in che modo ven gono portati a maturazione i frutti della terra necessari all'uom o? " . Devi tener conto anche di questo fatto, che lungo l'asse meridionale, dove il calore è più intenso, non si forma un sufficiente addensamento di nubi e non cade abbastanza pioggia; ciò evita che gli uomini prendano malattie dal momento che le nubi, cariche di umidità, se si scaldano rapidamente corrompono l'atmosfera e la rendono pestilenziale. Ma anche la terra, se riceve una pioggia calda, non offre nutrimento ai campi bensì rovina. Chi può dubitare allora che tutto è opera della divina provvidenza? Prendi l'Egitto: poiché arde del caldo torrido della vicina Etiopia, per non subire, per necessità di piogge, le insanabili corruzioni atmosferi che, ha i terreni che non ricevono la pioggia dalle nubi ma, grazie al Nilo che li inonda, ricevono per così dire la pioggia dalla terra. 2 4 . Cosa dire delle sorgenti e dei fiumi? Scorrono con flusso continuo verso il mare e grazie alla provvi denza divina né la loro portata viene a mancare né il mare, che riceve tanta quantità di acqua, aumenta il proprio volume: l'acqua che vi fluisce e quella che de fluisce è pari. Se mi dici che è l'acqua salata a consu mare per legge naturale l'acqua dolce che vi si riversa, ebbene, anche qui si vede chiaramente che è opera della provvidenza l'aver resa salata l'acqua del mare nel quale confluiscono tutti i corsi d'acqua dolce for nita all'uomo per le sue necessità; altrimenti nel corso dei secoli l'alveo del mare, per il troppo pieno, avreb be causato inondazioni disastrose per i campi e per gli uomini . Nessuno, pertanto, può essere così sciocco da supporre che un sistema così intelligente, che una provvidenza così oculata siano dovuti a un caso for tuito.
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2 5 . Che dire poi dei virgulti e degli animali? Non è forse dovuto alla provvidenza il fatto che quando la vecchiezza li condanna, i virgulti vengono rigenerati dalle piante e dai semi da essi germogliati, e gli animali dai loro piccoli? E non è per uno stupendo disegno provvidenziale che le mammelle si riempiono di latte per i mammiferi nascituri e che il piccolo appena nato, senza che nessuno glielo insegni, sa dove è depositato il proprio alimento? Vengono partoriti, inoltre, non sol tanto maschi ma anche femmine, così che grazie ai due sessi è possibile perpetuare la discendenza. Ma per evitare che gli uomini pensino, come succede, che tut to ciò è dovuto a una qualche legge di natura e non a un preciso disegno del Creatore, questi ha voluto che sulla terra la discendenza venisse salvata a volte in mo do anomalo per offrire qualche raro indizio e prova che si tratta appunto della sua provvidenza; ad esem pio: il corvo concepisce attraverso la bocca; la donnola è fecondata attraverso l'orecchio; alcuni volatili, come le galline, fanno le uova dopo essere state fecondate a volte dal vento o dalla polvere; alcuni altri animali si cambiano alternativamente da maschio a femmina e viceversa, ossia cambiano sesso ogni anno, come fanno le lepri e le iene chiamate belve; altri ancora nascereb bero dalla terra dalla quale prenderebbero carne come le talpe; altri dalla cenere, come le vipere; altri da carni putrefatte: carni equine per le vespe e carni vaccine per le api; altri dallo sterco dei buoi, come gli scarabei; al tri da erbe, come lo scorpione dal basilico e, viceversa, erbe che nascono da animali come ad esempio i sedani e gli asparagi dalle coma di cervo o di capra. 26. Ma che bisogno c'è di moltiplicare gli esempi con cui la provvidenza divina ha voluto che avvenisse in modi così differenti la nascita degli animali, cam biando una legge che si ritiene naturale? Questi esempi ci insegnano che non sono dovuti al cieco caso, bensì regolati da una mente! Un altro fenomeno che mette in luce abbagliante l'opera della provvidenza divina è quello per cui i semi,
R1trovamentl , V I l i . 26-27
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mes si nella terra, s i rigenerano grazie alla terra e all'ac qua . Una volta seminati, infatti, è per volere divino che il terreno ridà l'acqua assorbita ai semi come spremen dola dalle sue mammelle . L:acqua, in realtà, contiene in sé una certa qual potenza dello Spirito che Dio fin dalle origini le ha conferita 1 0 , e grazie a quello Spirito comincia a fonnarsi sùbito dal seme la configurazione del corpo che da esso si svilupperà; seme che poi verrà restituito dallo stelo e dalla spiga . I chicchi di frumento, infatti, si ingrossano per l'u m idità che vi penetra attraverso sottilissimi canali, grazie alla forza dello Spirito che è stata fatta risiedere nell'acqua; ed è questa forza che, circolando dappertut to in quanto incorporea, fa ingrossare i semi e fonna le varie specie di cereali. È dunque per merito dell'ele mento acquoso - cui inerisce immancabilmente quello Spirito vitale innato - che avviene che i semi interrati non soltanto si rigenerino, ma si sviluppino ciascuno secondo la propria specie e fonna in ogni particolare. Ora, per quanto di scarso comprendonio, può uno pen sare che quell'ordinamento razionale sia dovuto non alla sapienza di Dio, ma a un processo naturale casua le? C'è da dire, ancora, che gli esempi addotti sono sta ti fatti sul modello della nascita dell'uomo. Si può im maginare, infatti, che la terra sia come la vulva dove viene introdotto il seme che prende fonna e nutrimen to - ripeto - grazie alla forza dell'acqua e dello Spirito.
27. Un altro motivo per cui dobbiamo ammirare la provvidenza divina sta nel fatto che essa ci ha concesso di vedere e di prendere coscienza di questi fenomeni, ma ne ha tenuto segreti e nascosti il perché e il perco me , onde evitare che possa venime a conoscenza chi non ne è degno, mentre diventano chiari a chi, degno e credente, se lo merita. Vi porto un esempio concreto come prova che i semi non prendono assolutamente nulla dalle sostan ze terrose, ma che tutto si compie in virtù dell 'acqua e ID
Cf. VI, 9
n.
8.
3 14
Pseudo-Ciemente
dello Spirito di cui essa è dotata. Dammi ad esempio un contenitore di notevole grandezza; mettici terra del peso di cento talenti e seminaci poi diverse specie di semi o di erbaggi o di virgulti; irrigali con acqua sufficiente e continua a curarli così per un certo nu mero di anni; dei semi che ne nascono, fa ogni anno dei mucchietti distinti secondo le rispettive specie, frumento, orzo, eccetera, finché il mucchio di ogni singola specie arrivi al peso di cento talenti; pesa poi anche le pianticelle sradicate: con tutto questo che hai tolto dal contenitore, se vai a pesare la terra essa ti restituirà comunque per intero il peso dei suoi cen to talenti . Ora dimmi: da dove è venuto tutto quel ma teriale, costituito dall'insieme di quei mucchi di vari semi e di piante? Non ti sembra evidente che viene dall'acqua? La terra, infatti, conserva intatto ciò che è suo, mentre dell'acqua che è penetrata in ognuno di quei vegetali non ne è rimasto assolutamente nulla grazie alla sua potente virtualità di natura divina che, con quell'unico elemento - l'acqua, appunto -, genera un gran numero di semi e di piante diverse, dà loro una figura diversa e ne perpetua la specie moltipli candone i frutti. 2 8 . Penso che di fronte a questi fatti si abbia la prova più che sufficiente che tutto si compie e che tut to è dovuto alla mente di un artefice e non all'azione cieca della natura. Ma passiamo ancora, se volete, all'essere nostro, ossia all'uomo che è un piccolo mondo all'interno di quell'altro. Osserviamo con quale intelligente armonia è strutturato per farci un'idea soprattutto della sapien za del Creatore. Composto di sostanze diverse, e cioè una mortale e l'altra immortale, per quanto diverse es se non rifiutano, grazie all'utile e provvidenziale mae stria del Creatore, di comporsi in uno, pur essendo so stanze così lontane fra loro. Una infatti è presa dalla terra e modellata dal Creatore, l'altra invece viene da sostanze immortali, e purtuttavia una unione del gene re non priva l'anima dell'onore dell'immortalità né, co-
R1trovamenb, VIli, 28-30
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me p ensano alcuni, d i essere i n condizione d i influire sugli organi del corpo 1 1 • Il corpo umano, infatti , fatto di ossa e di carne, prende origine dal seme maschile: il calore lo fa uscire dal midollo e lo affida alla vulva come se questa fosse il suo terreno; aderendo ad essa, irrigato a poco a poco dal sangue che vi fluisce, sviluppa carne e ossa e si mo della secondo la stessa specie umana di chi ha deposto il se me.
29. E osserva la maestria dell'Artefice , nel porre le ossa come delle colonne interne che sostengono la car ne e le permettono di spostarsi. E poi come viene man tenuta la simmetria tra le parti, tra destra e sinistra, così che a un piede corrisponde un piede, a una mano l'altra mano, le dita alle dita. Ogni membro è perfetta mente simmetrico all'altro; l'occhio all'occhio, l'orec chio all'orecchio; membri che oltre ad essere fra loro armoniosamente paralleli, si sono sviluppati in modo adeguato per le loro necessarie finalità. Le mani , ad esempio, adatte a lavorare, i piedi a camminare, gli oc chi per servire alla vista protetti e vigilati dalle soprac ciglia, le orecchie così predisposte all'udire che , a mo' di cembalo, amplificano il suono della parola che le colpisce trasmettendolo all'organo del pensiero . La lin gua, che nel parlare tocca i denti, svolge il ruolo del plettro. Quanto ai denti, poi, alcuni sono adatti a inci dere e spezzare i cibi per passarli poi a quelli più inter ni i quali , come una mola, li sminuzzano e li triturano in modo che, una volta passati nello stomaco, possano essere più facilmente digeriti; ed è per questo che si chiamano molari . 3 0 . Le narici , a loro volta, sono state fatte allo sco po di respirare, ossia di espirare e di aspirare così che, 11 Q uasi tutti i codici portano· «( ) né, come pensano alcuni, essa è una sostanza composta di razionalità, concupiscibilità e ira scibilità, ma è piuttosto che queste funzioni le contiene in sé e le rendono possibile di manifestarle volta a volta » . . . .
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rinnovandosi l'aria, il calore naturale che viene dal cuore possa venire aumentato o rinfrescato a seconda del bisogno, grazie alla funzione dei polmoni che ade riscono allo stomaco. I polmoni , per la loro elasticità, blandiscono e assecondano l'attività del cuore nel qua le pare che risieda la vita. Dico la vita, non l'anima! Che dire, infatti , della natura del sangue? Sgorga come un fiume dalla sorgente , e incanalato dapprima in un unico alveo si dirama poi attraverso innumerevoli vene nei vari spazi, inigando con le sue onde vitali tutto il terreno del corpo umano, aiutato anche dal fegato, che risiede sul lato destro, sia per una migliore digestione dei cibi sia per trasformarli in sangue. Dal lato sinistro è posta invece la milza, capace di attrarre a sé e di pur gare, per così dire , il sangue dalle impurità . 3 1 . E non è forse enorme l'importanza dell'intesti no? Se è costituito da lunghi tratti curvi è proprio allo scopo di espellere a poco a poco gli scarti dei cibi dige riti, così da non provocare improvvisamente dei vuoti e nello stesso tempo non ostacolare quelli che a mano a mano si aggiungono. E le membrane? Sono fatte in modo che ciò che in esse è contenuto ne riceva una umidità costante, per evitare che disperdendosi tutta quanta insieme faccia evacuare di colpo ciò che esse racchiudono o che, trattenuta da un tessuto più solido, ne dissecchi la superficie esterna sconvolgendo per l'arsura l 'intera struttura del corpo. 3 2 . Passiamo alla struttura femminile, alla cavità della vulva adattissima a ricevere il seme, a mantenerlo caldo e a fecondarlo. Chi può dubitare che una siffatta struttura sia un'opera intelligente e saggia? È il solo apparato in cui la femmina si d i fferenzia dal maschio, finali zzato com'è a generare e perpetuare attraverso i figli la specie . Così è anche della struttura virile che si diversifica unicamente per quell'organo che possiede la potenza di immettere il seme destinato alla generazio ne. Non ci viene offerta una splendida testimonianza della provvidenza proprio da questa necessaria diffe-
Ritrovamentl. VI l i , 32-34
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ren zia zione organica? e tanto più l à dove troviamo, in struttu re so miglianti, diversità di uso e varietà di fun zio ne? Infatti i maschi sono dotati di mammelle come le fe mmine, ma solo quelle delle femmine si gonfiano di latte de stinato , subito dopo che hanno partorito, a far trovare al neonato un nutrimento adatto. Ora, se vediamo che nell'essere umano le membra sono dislo cate con tanta intelligenza da poterne ossexvare la struttura identica in tutto ad eccezione unicamente di quelle parti la cui funzione richiede la diversità; se ve diamo che l'uomo non ha nulla di superfluo e che nulla di necessario gli manca, così come vediamo che alla donna nulla manca e nulla ha di più, ebbene, chi può non riconoscere con evidenza, in base a tutti questi ele menti, l'opera di una mente e la sapienza del Creatore? 3 3 . Ne fa fede pure la logica diversità di tutti gli al tri animali e quanto è attinente alle loro rispettive fun zioni. Ne sono prova anche la varietà degli alberi e le diverse qualità di erbe, così tanto differenziate per for ma e per sapore. Da aggiungere anche il cambiamento delle stagioni che variano quattro volte all'anno con pe riodi racchiusi in ore, giorni e mesi determinati, senza che si prolunghino neppure di un'ora nel corso stabili to; ed è appunto da questo che si può persino misurare l'età del mondo c.alcolandone gli anni grazie al loro certo e stabile corso.
34. Potresti chiederti: quando è stato fatto il mon do? e perché mai così tardi? Ma questa domanda potresti avanzarla anche se fosse stato fatto prima, poiché diresti: e perché non prima ancora? E di questo passo puoi indietreggiare per un numero infinito di secoli e sempre chiederti: e perché non prima? Comunque, non stiamo discorrendo di questo, bensì se il mondo è stato effettivamente creato . Se in fatti ri sulta che è stato creato, non può non essere che opera di un potente e sommo Artefice; e, una volta am messo questo, occorre attribuire il "quando è stato
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creato" alla libera volontà del saggio Artefice che l'ha voluto. A meno che ti sembri che tutta questa sapienza, che ha dato forma all'immensa struttura del cosmo, e che ha modellato in varie figure e tipi ogni singola cosa - facendole tali non soltanto per motivo di bellezza ma perché risultassero perfettamente adatte alle necessità della funzione che avrebbero avuto -, ti faccia suppor re che essa abbia atteso unicamente il tempo più op portuno per questa splendida creazione . C'è di sicuro in lui un disegno preciso - e i motivi sono evidenti - nel perché e nel quando e nel come abbia creato il mondo . A gli uomini, che si sono trova ti davanti agli occhi queste realtà e che, pur essendo di fatto una testimonianza della sua provvidenza, so no stati indolenti nell'ammetterla e nel capirla, non fu opportuno svelarle. Le cose infatti che sono state na scoste e sepolte tra i meandri della sapienza come tra i tesori del re , non vengono conosciute se non da chi le è venute a sapere da colui che le ha sigillate e na scoste . In conclusione, è Dio che ha creato ogni cosa. Lui, nessuno l'ha fatto. E quelli che sostituiscono la natura a Dio affermando che è stata la natura a fare ogni cosa, non si rendono conto dell'errore di riferimento. E in fatti, se pensano che la natura sia priva di intelligenza razionale, è suprema stoltezza dire che una creatura intelligente venga fuori da un elemento irrazionale. Ma se risulta che ogni cosa è stata creata da una mente, da un logos, è inutile cambiargli nome quando ammetto no che si tratta di un creatore. Se hai qualcosa da aggiungere a quanto ho detto, fa' pure » . 3 5 . A questo discorso d i Niceta, l'anziano rispose: «Tu, figlio mio, hai parlato con tale saggezza e forza di convinzione che non credo si possa dire di meglio a proposito della provvidenza. Ma poiché si è fatto tardi, intendo fare domani alcune obiezioni a quanto hai esposto, e se tu mi darai risposte soddisfacenti mi ri terrò in debito di un grosso favore » .
Rrtrovamentr, VI l i , 35-3 6
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Pi etro, a queste parole dell'anziano, s i alzò in piedi . Ma uno dei presenti , una persona di prim'ordine dei lao dicesi , si mise a pregare Pietro e noialtri di cambiare all'anziano gli indumenti sozzi e laceri che indossava . Pietro e tutti noi l'abbracciammo, ed elogiandolo per la sua int enzione onesta e veramente opportuna diceva m o : « Neppure noi siamo così sproweduti e malvagi da non o ffrirgli, dopo avergli confidato parole così prezio se, tutto ciò di cui ha bisogno per il proprio corpo, anzi! E vogliamo sperare che lo accetti volentieri come un pad re dai propri figli; ma crediamo anche che accetterà la nostra ospitalità e di fare vita comune con noi » . Mentre noi porgevamo questo invito , quell'impor tante personaggio della città desiderava anche lui acca parrarsi l'anziano, e lo faceva con estrema decisione e con un sacco di lusinghe. Noi, a nostra volta, con tanta più energia lo trattenevamo . Allora il pubblico, all'uni sono, si mise a gridare che fosse l'anziano a decidere come preferiva. Tornò il silenzio. L'anziano, con deci sione, ci prese tutti in contropiede con queste parole: « Oggi non mi fermerò da nessuno e non accetterò niente da nessuno; eviterò così che la gioia degli uni sia tristezza per gli altri. Queste cose, se lo si vedrà op portuno, si potranno fare in un secondo tempo » . 36. Così disse l'anziano. Pietro s i rivolse allora a quel primo cittadino: « Dal momento che alla nostra presenza hai mostrato la tua buona disposizione, non possiamo lasciarti andare triste ma accetteremo da te un favore in cambio: facci vedere casa tua , e preparala in modo che domani vi si possa tenere il dibattito per mettendo, a chi vuole ascoltarlo , di parteciparvi » . A queste parol e que l primo ci ttadino provò grande gioia, ma anche tutto il pubblico assentì soddisfatto . Non appena la folla si dileguò, ci fece visitare la casa. I.:anziano s'incamminò pure lui per andarsene. Io, però, ordinai a uno dei miei accompagnatori di tal lonarlo, senza farsi vedere, per sapere dove si ritirava, mentre tutti noi tornammo alla nostra residenza e ag giornammo i fratelli di tutto quanto si era svolto tra
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noi e l'anziano. Poi , fatto l'usuale spuntino, andammo a
riposare.
3 7 . L'indomani, Pietro si alzò di buon'ora, ci sve gliò e raggiungemmo insieme quel posticino riservato dov'eravamo stati il giorno precedente a pregare. Ter minata la preghiera, mentre di là ci stavamo portando alla casa stabilita, camminando camminando Pietro ci dava questi awertimenti: « Ascoltatemi bene , amatissi mi compagni miei: è bene che ciascuno di voi si renda utile, secondo le proprie possibilità, a coloro che si ac costano alla fede della nostra religione. Non vi rincre sca, perciò , di istruire e ammaestrare gli ignari espo nendo la verità secondo la sapienza che vi è stata data dalla prowidenza divina; ma fatelo in modo da non ag giungere, a quanto avete udito da me o che vi è stato riferito di mio, nient'altro che la vostra personale elo quenza discorsiva. Nessun pensiero vostro, dunque, dovete esprimere, o altre idee che non vi siano state trasmesse, anche se vi sembra che rispondano a verità. Parlate , ripeto, solo di ciò che io ho ascoltato per sonalmente dal Vero Profeta e che vi ho comunicato, anche se avete l'impre�sione che siano parole non pie namente convincenti. E così, infatti, che spesso succe de ad alcuni di scivolare fuori della verità: quando si credono di trovare nei propri ragionamenti una par venza di maggiore e più credibile verità)) , 3 8 . Annuimmo con gioia a queste parole d i Pietro e gli dicemmo: « Non diremo niente che non sia confor me al tuo pensiero >> . Pietro allora continuò: « Per esercitarvi dunque senza pericolo , ognuno di voi discuta alla mia presen za, uno dopo l 'altro, esponendo ciascuno i propri argo menti . Ora, dal momento che ieri Niceta ha parlato ab bastanza, oggi parli Aquila, e dopo Aquila Clemente. Per ultimo parlerò io, solo nel caso , però, che la discus-; sione richieda un mio intervento )) . Intanto che passiamo il tempo con questi discorsi arriviamo alla casa. Il capofamiglia ci accoglie e ci fa
Rltrova me nt l , V I l i , 38-40
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entrare in u n locale disposto a forma di teatro, una splendida c ostruzione dove troviamo una notevole folla di gente ch e fin da notte è in nostra attesa . Fra essa c'è anche l'a nziano che il giorno avanti aveva discusso con noi. Tene ndo Pietro al centro de l gruppo , entriamo an ch e no i e ci guardiamo attorno per vedere dove si trova l'anziano. Pietro, che lo vede per primo nascosto fra la folla, lo chiama a sé e gli dice : « Tu che hai un'anima più lu minosa di tanti altri , perché ti tieni nascosto sot to un velo di timidezza? Accostati ancora un po' e trat ta l'argome nto che vuoi » .
39. Sentite queste parole di Pietro, la folla si mosse per fare spazio all'anziano il quale, appressatosi, iniziò il suo discorso così: « Dei concetti esposti ieri dal giovane Niceta, anche se non ricordo le parole esatte, ne ho pre senti comunque il senso generale e il logico ragionamen to. Ritengo perciò necessario, per coloro che ieri non era no presenti, rammentare i punti principali di quanto è stato detto, fare insomma una breve sintesi, così che an che nel caso mi sfugga qualcosa me lo possa far notare chi ieri ha parlato. Dunque, il senso del discorso di ieri è che tutte le realtà visibili, dal momento che constano di una determinata misura e funzionalità nonché di forma e di bellezza, sono state fatte senz'alcun dubbio da una saggia potenza. n mondo sarebbe governato appunto dalla provvidenza della sua mente, anche se ciò che acca de nel mondo non sembra così perfetto. Di conseguenza, se il creatore di ogni cosa è Dio, la Mente, questi è anche giusto; e se è giusto, necessariamente giudica; se giudica, è inevitabile che gli uomini vengano giudicati secondo le loro azioni; e se ognuno viene giudicato secondo il pro prio comportamento , vi sarà perciò, una volta o l'altra, una giusta discriminazione tra giusti e peccatori. Questo, mi pare, è stato il contenuto di tutto il discorso. 40. Se perciò è possibile mostrare che tutte le cose sono state create da una mente intelligente , ne viene di conseguenza che anche la loro esistenza successiva è amm inistrata da quella mente prowidenziale.
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Pseudo-Ciemente
Nel caso invece che la realtà sia stata generata da una natura imprevidente e cieca , il motivo del giudizio viene senz'altro a cadere e non si può dunque sperare su un'accusa dei peccati e su una remunerazione dei meriti quando non esiste un giudice. Ora, poiché tutto dipende ed è legato a questo punto base, non prendetevela a male se intendo allar gare un po' di più il discorso ed esaminarlo più a fon do. In verità, con tutta la vostra esposizione mi avete come sbarrato la prima porta, ed è per questo che per prima cosa ho intenzione che mi venga riaperta. Ascol tate dunque quanto vi dico, e se poi qualcuno di voi lo desidera mi dia una risposta, dal momento che non ho nessuna vergogna ad accettare una verità quando ne vengo a conoscenza, di dare il mio consenso a uno che ragiona rettamente. Ecco: il discorso che ci hai tenuto ieri, nel quale affermavi che ogni cosa consta di funzionalità, di pro porzione e di logica, non mi convince granché sul fatto che sia stata una mente intelligente a fare il mondo, poiché sono in grado di mostrarvi che molte cose, do tate di buona proporzione di forma e di bellezza, non sono tuttavia state create da una mente intelligente. Inoltre, vedo accadere nel mondo molte cose che man cano di ordine , di logica e di giustizia, e vi dimostrerò in modo più che evidente, anche per mia personale esperienza, che nulla può accadere se non grazie ai movimenti delle stelle » .
4 1 . F u Aquila a rispondere all'anziano. « Poiché tu stesso hai proposto che può ribattere chi vuole e con comodo alle tue affermazioni , mio fratello Niceta per mette che sia io, oggi , a parlare » . L'anziano disse: « Continua pure come credi, figlio mio » . Aquila riprese: « Hai promesso di dimostrare che esistono al mondo tante cose che si presentano dotate in egual misura di forma e di bellezza e che tuttavia è chiaro che non sono state fatte da un Dio creatore . Eb bene, vuoi soddisfare la tua promessa ? » .
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4 1 -42 A ltr ova me nti, VI l i ,
L'an ziano: « Osserviamo ad esempio l'arcobaleno , sen ta un cerchio perfetto e che ha tutta l'appa pre che re nza di co ncrete zza, ma che forse nessuna mente ha potuto eseg uire né alcuna intelligenza tracciare: la sua es is tenza non è dovuta a nessuna mente. In un breve esempio ti ho detto tutto. Vuoi rispondere ? » . 4 2 . Aqui la: «Non è detto. S e una cosa presenta un determi nato stampo e forma, si può capire d'acchito che è stata realizzata da un essere intelligente, e che non avrebbe potuto aver origine se non da una mente, poich é quello stesso stampo che esprime figure e for me non è stato fatto se non da una mente. Se calchi ad esempio della cera su un anello con sigillo, essa prende evidentemente la forma del sigillo coniato che non è, di per sé, intelligente, ma il sigillo che dà lo stampo è sta to realizzato da un artefice, ossia è stata una mente che, per un qualche motivo, ha fatto di quell'anello un sigillo. È allo stesso modo, insomma, che anche l'arcoba leno si forma nell'atmosfera: il sole stampa i suoi raggi su nubi poco dense, e imprimendo la propria immagi ne circolare su quell'umida nebulosità come se fosse cera molle, le dà la forma di un arco. La causa, ripeto, è il riflesso dello splendore del sole sulle nubi che ri flettono appunto l'impronta luminosa della sua circon ferenza. Non sempre questo succede, ma solo quando le nubi , gravide di umidità, diradandosi ne offrono le condizioni ottimali; tant'è vero che quando le nubi si infittiscono ammassandosi, la figura dell'arcobaleno svanisce e si spegne. Insomma, in mancanza del sole e delle nubi mai compare l'arcobaleno, appunto come in mancanza del sigillo e della cera o di qualsivoglia altra materia non si può coniare una immagine 1 2 • N on ci si deve dunque meravigliare: è Dio creatore che iniziai1 2 Questo brano sull'arcobaleno viene riportato da Isidoro di Sivigli a nel suo Sulla natura 3 1 , l , citando la fonte: «Clemente di Roma, vescovo e martire, così scrive » . . . .
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mente ha creato gli stampi che oggi incidono forma e specificità nelle cose. E un fatto, questo, che ha somiglianza con un al tro, e cioè che all'inizio Dio ha creato gli elementi in sensibili onde servirsene per dar forma e definizione materiale a ogni altra cosa. Ma anche coloro che mo dellano statue, prima creano un calco di creta o di cera e su quello modellano la statua; dalla statua modellata, poi, si toglie il calco che riproduce in ogni sua parte la forma e la fisionomia della statua . Dovremmo dunque dire che a formare la statua materiale è stato il calco, su cui è stata modellata con notevole abilità tecnica la statua stessa, o non si dovrà piuttosto ascrivere il mo dellamento di quel calco a chi ha creato la statua ?
43 . Se perciò anche tu sei del parere che le cose stiano così e che quanto è stato detto sia sufficiente, passiamo ad altri argomenti. Ma se pensi che manchi ancora qualche delucidazione , ritorniamoci su. Lanziano rispose : « Desidero che resti su questo argomento. Vi sono infatti molti altri fenomeni dello stesso tenore che vedo accadere, come ad esempio i frutti degli alberi, che prendono una forma ugualmen te armoniosa nascendo modellati belli e tondi, nonché la varietà di foglie che sono di una bellezza straordina ria e il cui verde rivestimento è un tessuto di squisita fattura . Ci sono però anche le pulci, i topi, le lucciole e animali affini: si deve dire che anch'essi sono creati da Dio? È d'altronde da questi esseri più spregevoli che possiamo arguire che anche quelli più nobili non ven gono a ffatto modellati da un'abile mente » . « Dal tessuto delle foglie - ribatte Aquila - e dai piccoli animali, giustamente tu trai una conseguenza che ti fa screditare anche gli esseri più nobili. Ma non lasciarti ingannare al punto di credere che Dio, quasi che operi con due mani soltanto, non sia in grado di ri finire tutte quante le sue creature. Ricorda piuttosto quanto ti ha risposto ieri mio fratello Niceta - il quale ti ha svelato anzitempo il mistero parlandoti veramen te come a un padre - quando ti ha esposto il perché e il
R 1tr ovame ntl , VI l i , 43-45
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queste cose che sembrano perco me dell'e sistenza di i » 13• util in
44 . L'anzi ano : « Vorrei proprio sentire d a t e perché qu esti esseri inutili, vengano fatti intenzionalmen ai, m te da quella somma Mente» . « Se tu sai per certo - risponde Aquila - che in essi ente la mano di una mente intelligente, non ti res è p darà allora fastidio ammettere che c'è anche un perché so no stati creati, e riconoscere che hanno una buona motivazione » . L'anziano: « Io non posso dire, figlio mio, che le cos e ch e vediamo abilmente modellate siano fatte da una mente, proprio a causa di tutto ciò che di ingiusto e di disordinato accade nel mondo » . Aquila: << Se sono i fenomeni abnormi a non permet terti di ammettere che siano opera della provvidenza, perché quelli normali non ti costringono a dire che sono opera di Dio? E perché mai la natura, priva di ragione, non è in grado di produrre un'opera intelligente? Una co sa è certa, e non possiamo negarla, che in questo mondo accadono fenomeni ordinati e altri disordinati. Ebbene, tutto ciò che succede secondo ragione devi credere che è opera della provvidenza, mentre tutto ciò che accade al di fuori della ragione e dell'ordine lo si deve alla natura e al caso. Mi stupisce che gli uomini non si rendano conto che dove c'è intelligenza le cose possono essere fatte sia ordinatamente che disordinatamente, mentre dove intel ligenza non c'è non succede assolutamente né l'una né l'altra cosa. È l'intelligenza, infatti, che fa agire ordinata mente; ma quando lo svolgersi ordinato delle cose viene turbato da qualche accidente che lo sconvolge, è inevita bile che si produc� qualche disordine>> . L'anziano: << E appunto questo che desidererei mi spiegassi » . 45 . << Lo faccio immediatamente - risponde Aqui la - . N el cielo appaiono due segni visibili: uno è il sole 1 3 Allude forse al paragrafo 25.
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e l'altro la luna. Ad essi stanno dietro altre cinque stelle, ognuna delle quali segue un'orbita distinta e propria . Sono questi gli astri che Dio ha posto in cie lo, ed è grazie ad essi che viene regolata la temperatu ra atmosferica secondo le stagioni e mantenuto l'ordi ne delle successioni e d e i cambiamenti 14• E s s i hanno pure il compito - quando succede che a motivo dei peccati dell'umanità la terra venga percossa da casti ghi emendativi - di sconvolgere l'atmosfera e di diffondere epidemie tra gli esseri viventi , di far gua stare i frutti della terra e di scatenare un anno di cala mità generale per gli uomini ; ed è così che mediante la loro unica e medesima funzione l'ordine dell'uni verso viene sia mantenuto che alterato. Persino gli in creduli e gli ignora nti sanno bene che il movimento del sole , che è utile e i ndispensabile al mondo e che ci viene dalla provvidenza, si mantiene sempre regolare. Quello della luna , invece , paragonato al caso del sole, a motivo delle sue variazioni temporali i n più e in meno, è considerato dagli ignoranti disordinato e scomposto. In verità, il sole si muove con stabile pre cisione e regolarità ed è grazie a ciò , dunque, che ab biamo le ore; è grazie a lui che , quando spunta , ab biamo il giorno e, quando tramonta , la notte; grazie a lui possiamo contare i mesi e gli anni; gra zie a lui si succedono le stagioni: la temperata primavera quan do sale negli strati più alti, l'estate infuocata quando raggiunge la sommità del cielo; e viceversa: ridiscen dendo riporta il clima temperato dell'autunno , ma quando rientra nell'orbita più bassa ci lascia nel rigo re del freddo invernale che ha portato con sé dalla glaciale volta celeste .
46. Ma questo argomento lo tratteremo più am piamente un'altra volta . Orbene, pur essendo questo astro un buon mini stro che regola la successione delle stagioni , quando 14 Cf. ancora lsJdoro, Sulla natura 1 7, 3 : « Come d1ce Clemen
te . . . » .
46-47 Rltrova me nt l , VI l i ,
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tuttavia Dio se ne seiVe, secondo la sua volontà, per correggere gli u �mini, si f� più rovente e bru� ia il m � n do con fiamme mclement1 . La stessa cosa si deve dire dei movimenti della luna : quello che agli ignoranti ap pare come un mutamento disordinato, è a tutto favore della crescita dei frutti della terra, del bestiame e di tutti gli esseri viventi , poiché dal suo crescere e dal suo calare, per una qualche straordinaria fantasia della provvidenza, tutto ciò che viene generato riceve nutri mento e maturazione. Su questo argomento potremmo parlare a lungo con spiegazioni dettagliate, se la meto dicità non ci richiamasse all'argomento in discussione. La luna, in conclusione, con le stesse e medesime fun zioni grazie alle quali genera, alimenta e fa crescere ogni cosa, se per qualche giusto motivo subisce un mu tamento di equ ilibrio nell'ordine costituito, favorisce corruzione ed eccessi quali castighi che per volontà di Dio, ripeto, vengono dati agli uomini.
47. Potresti dirmi: "ma perché questo castigo ge nerale che colpisce egualmente i cattivi e i buoni ?" . La tua osseiVazione è giusta, e anch'io lo ammet to. C'è un fatto, però, che per i buoni il dolore della pu nizione si trasforma in vantaggio poiché per il loro pa tire in questa vita arrivano maggiormente purificati al la vita futura dove li aspetta una pace senza fine; per i cattivi , invece, può succedere o che traggano qualche profitto dal castigo inflittogli, oppure che vengano giu stamente condannati nel giudizio futuro poiché, pur subendo le stesse disgrazie, i giusti ne hanno ringrazia to Dio mentre i cattivi lo hanno bestemmiato. Ebbene, dal momento che si danno due tipi di av veni menti, quelli ordinati e queUi no, per quelli che si svo lgo no in modo regolare è giocoforza credere che la provvidenza esiste, mentre per que11i che si compiono squ ilibrando l'ordine sarebbe opportuno chiederne il m0tivo a coloro che ne hanno conoscenza grazie all'in segnamento profetico. C oloro infatti che sono stati illu mi nati dalla parole del Profeta conoscono quando e per quale motivo si sono scatenati nel corso di ogni ge-
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nerazione l'avidità 1 5, la grandine, le epidemie e mali del genere; per quali peccati da scontare sono stati in viati; quale sia la causa dei malanni dell'umanità che causano sofferenze e lamenti; come insorga il tremito nervoso e come questa malattia sia stata, fin dall'inizio dell'umanità, la punizione per l'omicidio. 48. All'origine del mondo, infatti, questi mali non esistevano. Fu per l'iniquità degli uomini che ebbero inizio e da allora, col crescere continuo dell'iniquità, crebbe in proporzione anche il numero dei mali. Ma è proprio per questo, del resto, che la prowidenza divi na ha stabilito che ci fosse un giudizio per tutti, in quanto la vita presente non è adeguata a che ogni sin golo uomo possa venirvi retribuito a seconda dei pro pri meriti. Non è, dunque, dai mali che sono cascati sul mon do a motivo dei peccati degli uomini, che bisogna guardare alle realtà che in origine sono state create buone e ordinate; tant'è vero che, quale indizio di co me le cose stavano all'inizio, si sa di alcune etnie che non sono state toccate da questi mali . Prendiamo ad esempio i Seri 1 6: poiché vivono castamente, si sa che sono esenti da tutti i mali accennati; e in realtà è vieta to ad essi di avere rapporti con una donna sia durante la gravidanza sia in periodo di mestruazione; nessuno di loro mangia carni immonde, nessuno sa cosa siano i sacrifici , tutti giudicano se stessi secondo giustizia. Per questo motivo, dunque, non vengono puniti con le pia ghe di cui abbiamo parlato; vivono una vita lunghissi ma e muoiono in buona pace. Noi invece, poveretti, che abitiamo a fianco a fianco con la peggiore specie di serpenti - mi riferisco agli uomini malvagi - è inevitabile che veniamo schiacciati con essi, in questo mondo, da quelle pia ghe dolorose. Però abbiamo la speranza dei beni futu ri che ci consola» . 1 5 Altri codici: la ruggine. 16 Vedi libro IX, 1 9 + no ta 4.
Altrova me ntl ,
VIli , 49-50
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49 . L'an ziano: « Se anche i giusti - disse - vengono entat i a causa delle iniquità degli altri , sarebbe nn to o che Dio, in quanto provvidenza, aves s ta to opp ortun uomini di non commettere quei pecca agli ato din se or quali sarebbe stato inevitabile che ve dei a colp r pe ti ai cattivi , anche i buoni; oppu assieme , i ni ssero col pit modo emendarsi, o trovare qualche in sero potes re che o» . are il mond purific di tema sis un Aquila: « Dio quel comando l'ha dato, e ha dato pu re, p er bocca dei profeti, le norme di come gli uomini devono vivere . Ma se ne sono infischiati e, anzi , hanno pure torturato con persecuzioni di vario genere coloro che avevano intenzione di osservarle, fino a farli desiste re dall' osservan za che si erano proposti, di farli passare nella folla di chi non crede e renderli così simili a sé.
50. Ed è per questo, insomma, che fin dall'inizio, essendosi la terra intera macchiata di peccati, Dio fece venire nel mondo il diluvio che voi dite essersi verifica to al tempo di Deucalione 1 7• Non risparmiò che un giu sto, assieme ai suoi figli , nell'arca , e con lui tutte le specie dei semi e degli animali. Malgrado ciò, però, col passare del tempo i loro discendenti tornarono a fare le stesse sciocchezze, anche perché avevano perso la memoria di quegli avvenimenti fino al punto da non credere neppure più che ci fosse stato un diluvio . Dio, allora, decise che per la durata del mondo non ci sa rebbe stato nessun altro diluvio, visto che altrimenti, se si basava sui peccati, sarebbe stato inevitabile ripeterlo una generazione dopo l'altra, a motivo della loro infe deltà. Preferl invece permettere che su ciascun popolo spadroneggiassero certi angeli che godono del male al trui, anche se il potere nei confronti dei singoli uomini gli è stato dato alla condizione che uno , prima, si ren da loro schiavo peccando, e soltanto fino a quando non 1 7 Eroe mitologico greco, figlio di Prometeo e di Climene, sal vato assieme a sua moglie P1rra dal diluvio universale mandato da Zeus per punire la malvagità degli uomini durante l'età del ferro. Fi gura pa rallela a quella di Noè.
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sopraggiunga l'angelo che si compiace del bene e venga così completato, grazie a lui, il numero dei giusti. Cre scendo nel mondo il numero dei buoni, da qualche parte l'empietà viene frenata e tutti prendono coscien za che tutto ciò che è bene è opera di Dio. 5 1 . Ma ogni uomo possiede il libero arbitrio, e fin tanto che non crede nella vita futura si comporta male e cade nel disordine morale. Sono appunto queste ma le azioni che, come è noto, turbano l'armonia del mon do, ed è la mancanza di fede che ne è all'origine . In ogni cosa, insomma, si può contemplare la sag gia economia della provvidenza divina che ai primi uo mini che camminavano per la retta via aveva elargito il godimento dei beni incorruttibili. Cadendo poi nel pec cato, sono stati loro stessi a dare origine al male, parto del peccato. E così, anche ogni singola realtà buona, come per una specie di patto coniugale, si è vista associare in qualche modo il male del peccato, poiché la terra si è macchiata di sangue umano, sulle are si è acceso il fuoco per i demoni, e si è contaminata anche l'atmosfe ra col sacrilego fumo dei sacrifici; così che , in conclu sione, una volta corrottisi gli elementi, il vizio della corruzione è passato anche agli uomini proprio come dalle radici spuntano rami e frutti. 52. Osserva perciò, come ho detto, quanto giusta mente la provvidenza divina viene in aiuto alle realtà bacate dal vizio: poiché alle cose buone venute da Dio si sono appiccicati i mali originati dal peccato, sia le une che gli altri Dio li ha sottomessi a due capi , e ha stabilito che quello che si compiace del bene attiri a sé, nel regno del bene, coloro che hanno fede nella sua provvidenza, mentre quello che si compiace del male attiri a sé tutto ciò che si fa di disordinato e di inutile e che non può non genera:r:.e anche il dubbio sulla fede stessa nella provvidenza. E per questo motivo che Dio, nella sua giustizia, ha operato quella giusta ripartizio ne. E dipende da questo fatto che, mentre il corso rego-
R lt rova men tl
V I l i 52-53
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che il mondo è stato creato da lare d egli astri fa fede atmosferico e l'aria pesti perturbamento il ce, efi rt A un l fanno invece lenziale e i gui z zanti ampi dei fulmini cosa buona, Ogni provvidenza. della mano la ne ga re contra male al unita trova si detto, ho già ome c , tti in fa ri o: la gra ndine è nemica delle piogge fecondatrici; alla be nefi ca rug iada fa riscontro la perniciosa ruggine ve getale; le do lci brezze hanno come corrispettivo i turbi nos i uragani; le piante cariche di frutta, quelle sterili; le erbe utili, quelle nocive; gli animali pacifici, le fiere selvagge e perico lose . Dio h a fatto le cose a questo modo per il fatto che nell'uomo la volontà, libera nel prendere decisioni, si è allontanata dalla ricerca del bene ed è scivolata nel male. 5 3 . Di conseguenza, in ogni realtà del mondo esi ste questa divisione: come ci sono i buoni ci sono pure i cattivi ; come ci sono i profeti, esistono pure i falsi profeti . Del resto, anche fra i pagani ci sono filosofi, ma ci sono pure falsi filosofi; e le popolazioni arabiche, con molte altre , hanno imitato la circoncisione dei giu dei per farne strumento della propria empietà. Ancora: al culto di Dio si è contrapposto il culto dei demoni, al battesimo un altro battesimo, alla Legge altre leggi, agli apostoli degli pseudoapostoli, ai maestri dei falsi maestri . Allo stesso motivo risale il fatto che tra i filo sofi c'è chi ammette la provvidenza e chi no, chi sostie ne l'esistenza di un unico Dio e chi di più dèi . Si è arri vati a un punto tale che, visto che la parola di Dio met te in fuga i demoni e che questo fatto manifesta l'esi sten za della prowidenza, si è inventata la magia per soste n ere il buon diritto della propria infedeltà a Dio, di mod o che anche lì si è avuta, per motivi opposti, un'i mitazione: si è così trovato il modo di rendere in noc uo, con formule magiche, il veleno dei serpenti, uonc hé di operare guarigioni in opposizione a quelle operate dalla parola e dal potere di Dio. La magia ha pu re scoperto come mimare, per contrasto, il ruolo de gli a ngeli di Dio opponendo loro l'evocazione delle ani me e l'app arizione dei demoni.
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Ma, per non tirare in lungo il discorso moltipli cando gli esempi: tutto ciò che porta alla fede nella provvidenza ha un suo contrario che ti viene propinato per impedirti di credere. Coloro che ignorano questo duplice aspetto della realtà, basandosi su fatti che in questo mondo sono in contrasto con se stessi , pensano perciò che la provvidenza non esista. Ma tu, padre mio, da persona saggia come sei, tra questi due mondi contrastanti scegli quello che assicu ra l'ordine e ti fa credere alla prowidenza, invece di se guire quello che va alla rovescia e ti toglie la fede nella provvidenza » .
54. I..: a nziano per tutta risposta gli chiede: << Figlio mio, indicami una strada che mi permetta, tra questi due mondi dei quali uno afferma la prowidenza e l'al tro non l'accetta, di convincermi personalmente su uno di essi » . Aquila: « Per uno che giudica senza prevenzioni, la decisione è facile. Ciò stesso di cui parli, ossia l'ordine e il disordine, può aver origine dallo stesso Artefice. Supponi, ad esempio, che dalla cima di un precipizio si stacchi un sasso, precipiti in basso e, battendo a terra, si spezzi in tanti frammenti : può per caso succedere che fra quella quantità di frammenti se ne trovi anche soltanto uno che abbia conservato integralmente una qualche bellezza e forma? » . I..: a nziano: << Non è possibile » . Aquila: << Ma se fosse presente uno scultore 1 8 , lui sarebbe capace di dare la forma che vuole, con la sua abilità di scultore e con la sua intelligenza, a quel sasso staccatosi dalla montagna,, . I..:a nziano: << Questo è vero,, . Aquila: << Dunque, se manca un essere intelligente non si può dar forma precisa e completa a nessun og getto; ma quando c'è uno scultore intelligente, lì si pos18 Il Rehm, seguendo alcuni codici, invece di si adsit (se fosse presente) legge si Fidias sit (se ci fosse Fidia a scolpire).
R 1trova me nti,
VIli ,
54-55
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. Ad esem sono trovare oggett i sia figurati che informi di p i o: se un o scultore taglia da una roccia un blocco prima deve statua, una fame di zione l'inten p ietra con per forza sgrossare quel materiale informe e grezzo e poi , a colp i di scalpello, modellarlo a. misura della su a _ abili tà dandogli la forma che aveva m mente . È cosi, tra viene deforme o informe materiale un che e, du nqu sformato dalla mano di un artefice in una figura defi . ni ta; e sia l'uno che l'altra sono opera dell'artefice In mondo al succede che ciò tutto insomma, simile, modo dipende dalla provvidenza dell'Artefice anche nel caso che ri sulti non troppo ordinato . Ebbene, tu adesso conosci queste due strade e ne hai conosciuto la differenza: lasciati dunque alle spalle la strada della non credenza per evitare che ti metta nelle mani di quell'angelo che si compiace del male, e segui la via della fede per riuscire a raggiungere quel re che ama gli uomi ni buoni » .
5 5 . L'anziano: cc Ma perché è stato creato anche quell'angelo che si compiace del male ? E chi l'ha crea to? O, forse, non è stato creato ? » . Aquila: cc Questo argomento non si può trattare adesso. Ma perché non te ne vada senza almeno una breve risposta, te ne do qualche accenno. Dio, che prima ancora della creazione del mondo conosceva ogni cosa, sapendo che degli uomini che sarebbero esistiti alcuni si sarebbero volti al bene e altri al suo contrario, prese sot to il suo governo e le sue cure coloro che avessero scelto il bene e li nominò suoi propri eredi ; quelli invece che si fossero volti al male permise che a governarli fossero quegli angeli i quali, non per natura loro bensì per libera decisione, non avevano voluto rimanere con Dio perché sviati dall'invidia e dalla superbia, facendoli così degni principi dei loro pari; ma glieli consegnò tuttavia senza dar loro il potere di agire su di essi a volontà, a meno che la loro trasgressione non avesse superato il limite stabilito inizialmente . E il limite stabilito è questo: i de moni non hanno potere se non su coloro che hanno già seguito la volontà degli stessi demoni » .
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56. L'anziano: « Non potevi esprimerti meglio, fi glio mio. Ora rimane ancora che tu ci dica da dove vie ne la natura del male. Se infatti è Dio ad averla creata, quel frutto guasto ci convince che la colpa è della radi ce, poiché è evidente che essa stessa è guasta per natu ra. Se invece quella natura è coeterna a Dio, come può essere che una realtà ugualmente non-generata e coe terna, sia dipendente dall'altra?)) . Aquila: <
R•trovame nt l ,
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che dipenda da noi agire bene o pos sibile co nvincermi male ; e se noi non siamo padroni delle nostre azioni non è pos sibi le credere all'esistenza di un futuro giudi zi o che retri buirà i cattivi con castighi e i buoni con ri compense. E dal momento che ti vedo masticare bene questo genere di conoscenze , ti dirò alcune poche cose desunte da questa stessa disciplina>> . Aquila: « Se è da questa disciplina che desideri provarci qualcosa, può risponderti con più competenza m io fratello Clem�nte, il quale si è dedicato più a fon d o all'a strologia. E per altre strade che io posso affer m are che siamo noi i padroni delle nostre azion i , e non ho dunque il diritto di arrischiarmi su questo campo che non ho studiato » .
5 8 . Dopo questo invito d i Aquila io, Clemente, pre si la parola. •• Domani , padre mio, potrai parlare a vo lontà, e ti ascolteremo volentieri . Penso infatti che sa rai contento di parlare con chi non conosce la materia che ci spiegherai » . C i trovammo dunque d'accordo, i o e l'anziano, di tenere l'indomani la discussione sul tema dell'orosco po: se insomma tutto d ipende dalle stelle o se invece c'è qualcosa in noi che non è l'oroscopo a determinarlo bensì la nostra personale decisione. Ma Pietro si alzò e prese a parlare : « Per me è sem pre fonte di enorme stupore il fatto che degli uomini, con ragionamenti e parole ricercate , rendano difficili cose che possono essere semplici . Parlo in modo parti colare di coloro che si credono saggi e che, volendo ca pire la volontà di Dio, trattano Dio come un uomo e fors'anche da meno. Nessuno riesce infatti a conoscere ciò che passa per la testa di un uomo se non è lui stes so a dire ciò che pensa. Ma non si riesce neppure ad a pprendere una scienza se non si viene istruiti per lun go tempo da un maestro. Ora, immaginatevi se uno rie � ce a conoscere il pensiero o l'opera di Dio, invisibile e Incomprensibile , se non è Lui stesso a mandare un profeta che sveli i suoi disegni e ci insegni in che modo ha creato, nei limiti almeno di quanto un uomo può
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comprendere. Ritengo pertanto che gli uomini siano ri dicoli quando esprimono un'opinione sulla potenza di Dio basandosi sui mezzi di conoscenza naturali e pen sano: questo può farlo, ma quest'altra cosa non può farla; oppure: questo è più grande di quello. Non ne sanno nulla! Uomini ingiusti che esprimono giudizi su Dio che è giusto, dei buoni a nulla su Chi li ha fatti, delle persone corrotte su Chi è incorruttibile, delle creature sul loro Creatore! 59. E non andate a pensare che parlando così vo glia sopprimere il diritto di indagare. E solo un consiglio che do, per evitare a coloro che trattano di Dio di incor rere in svarioni senza capo né coda. Invito pertanto non solo le persone colte, bensì tutti coloro che sono mossi dal desiderio di conoscere ciò che è loro utile, a scoprire il Vero Profeta, poiché lui solo conosce ogni cosa e sa perché e come ognuno di loro ne è alla ricerca. Ciascuno di noi possiede interiormente un'intelligenza, che però resta inefficace in tutti coloro che non hanno alcun desi derio di conoscere Dio e la sua giustizia, mentre è ope rante e accende la luce della conoscenza in coloro che sono alla ricerca di quanto è vantaggioso per la loro ani ma. Per prima cosa, dunque, cercate lui. Ché, se non lo trovate, non pot�te sperare di ottenere qualche cono scenza da altri. E presto trovato, comunque, da chi lo cerca per amore della verità e ha l'anima libera dalle pa stoie del male. Sì, lui è già presente in chi lo desidera nell'innocenza del proprio spirito, in chi pazientemente non si stanca di cercarlo e che per amore della verità lo sospira con tutta la sua anima. Non si fa trovare invece dalle teste maliziose 20, poiché, in quanto Profeta, cono sce i pensieri di ognuno 2 1 • Insomma, nessuno si creda di poterlo trovare grazie alla propria scienza, a meno che, ripeto, liberi del tutto la propria mente da ogni cattiva disposizione e sviluppi in sé il desiderio sincero e leale di conoscerlo. Quando uno si predispone così, infatti,
2° Cf. Sa p. l , 4. 2 1 Cf. Gv. 2 , 2 5 .
Ri trova menti,
VIli, 59-6 1
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rché Profeta, vede la mente pronta e spon . l ui , proprio � lascia conoscere. si nte e taneam
60 . Se pertanto qualcuno vuole arrivare a conosce
non ci re ogni co sa, non si perda nei particolari poiché e a Dio i di scoprire disegni a com'è, mortale , irà c rius penetrare la sua stessa immensità. Ma se , ripeto , uno vuole avere la conoscenza di ogni cosa, cerchi il Vero Profe ta. E quando l'avrà trovato non si metta a trattare con lu i a base di domande, di di ssertazioni e di ragio name nti . Ma nel caso che dia qualche risposta o faccia qual che affermazione, non deve dubitare sulla verità di quan to di ce . Per prima cosa, dunque, si cerchi il Vero Profeta e si facciano proprie le sue parole. Su di esse non c'è altra discussione che ognuno di noi possa fare, per esserne pienamente soddisfatto, che valutarne la loro autenticità profetica, vale a dire: se esprimono una fede a tutta pro va sulle realtà future, se garantiscono tempi a termine, se mantengono un ordinamento oggettivo, se nell'espo sizione storica non scambiano il passato col presente o il presente col passato, se non contengono trappole o ar tifici magici con l'intento di ingannare, o infine se qual cuno non si attribuisce rivelazioni fatte ad altri farcen dole di menzogne 22 • Una volta valutate con onestà tutte queste condizioni , se risulterà con certezza che si tratta di parole profetiche, si dovrà senz'altro credere a tutto quanto esse esprimono e alle risposte che danno.
6 1 . Valutiamo allora più attentamente l'opera del la provvidenza divina. È un fatto che i filosofi si sono serviti di termini sottili e difficili , al punto che neppure le parole dei loro discorsi riescono a essere chiare e in telligibili a tutti ; ma Dio ha mostrato che costoro che si credevano fabbricanti di parole , nei confronti della co noscenza della verità erano dei perfetti ignoranti. Il sa pere , infatti, che ci viene offerto dal Vero Profeta è semplice, chiaro e sintetico mentre essi , camminando 22
Un altro attacco a Paolo?
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per vie traverse e usando espressioni ostiche, l'hanno ignorato malgrado tutto il loro studi o. In conclusione, alle persone modeste e semplici che vedono awerarsi le previsioni , è più che sufficiente trarre da una indi scutibile profezia una conoscenza più che garantita. Quanto al resto, poi , sono tranquille. Una volta fatta propria la verità così chiaramente conosci uta, a tutto quanto il resto che non può avere in sé alcuna certezza viene data una valutazione relativa. Esiste forse un'af fermazione che non possa essere contraddetta? C'è for se qualche ragionamento che non si riesca a capovol gere con un altro ragi onamento ? Ed è per questo che gli uomini non possono mai arrivare, in una d iscussio ne come la nostra, ad alcuna conclusione definitiva a proposito di dottrina e di conoscenza. Si trovano di fronte la fine della vita prima che dei problemi.
62 . In conclusione, dal momento che a questo pro posito tutto è incerto, è bene accostarsi al Vero Profeta. Dio Padre vuole che tutti lo amino, e perciò tutti i ragio namenti u mani, dai quali nulla si riesce a imparare, ha voluto vanificarli affinché si vada in cerca di lui con maggiore impegno . La via della verità çhe essi avevano sbarrata, è lui che l'apre agli uomini. E in vista di lui, anche, che Dio ha creato il mondo ed è lui che lo riem pie al punto da essere presente, per chi lo cerca, in qual siasi luogo, anche se lo si cerca agli ultimi confini della terra. Se però qualcuno lo cerca senza purezza di cuore, senza sincerità e senza costanza, lui gli è dentro, è vero, perché è onnipre sente e lo si trova perciò anche interio re al pensiero di tutti gli uomini , però - ripeto - per gli increduli è come se dormisse, e viene considerato assen te da coloro che non credono alla sua esistenza>> . Dopo aver parlato a lungo sul Vero Profeta, Pietro congedò la folla . Aveva , è vero , invitato con insistenza l'anziano a rimanere con noi , ma non riuscì a tratte nerlo; così che se ne andò anche lui, ma per poi ritor nare , come d'accordo, il giorno seguente. Rientrammo poi con Pietro nella casa che ci ospita va e, come al solito, mangiammo e andammo a riposare.
LI BRO I X 1 - 3 1 . L UN GA E RICCA ESPOSIZIONE �I CLEMENTE YER DIFENDERE IL LI BERO ARBITRIO E CONFUTARE L OROSCOPO: L INEGUAGLIANZA INEVITA BILE TRA GLI UOMINI LI HA DIVISI IN GIUSTI E INGIUSTI , MA F IL TI MORE DEL GIUDIZIO UTURO E ANCHE LA PAURA UMANA PER METTONO ALL'UOMO DI SCEGLIERE IL B ENE, COSÌ COME VIENE CON FERMATO DALLA DIVERSITA DEI COSTUMI TRA l VARI POPOLI ; LA PO SIZIONE DELLE STELLE NON PUÒ CONDIZIONARE LA VOLONTÀ UMA ' NA; 32- 37. L ANZIANO SI DIFENDE ESPONENDO LA PROPRIA ESPE RIENZA VISSUTA: IL DESTINO DI SUA MOGLIE ERA STATO SEG NATO APPU NTO DALL'OROSCOPO. SENTENDO LA STORIA, CLEMENTE CAPI ' SCE CH E L ANZIANO E SUO PADRE FAUSTINIANO. LA FAMIGLIA E ORA AL CO MPLETO E PIETRO PU B BLICAMENTE NE RITRACCIA I FATTI PER CONFERMARE CHE L'OROSCOPO ERA UNA TRUFFA; 38. PIETRO RISA NA LA FIGLIA DEL PADRONE DI CASA.
1 . Il giorno seguente Pietro, di buon mattino, si af frettò con noi verso il posto dove il giorno avanti si era tenuta la discussione. Si era già radunata una grande folla venuta per ascoltare . Vedendo in mezzo ad essa l'anziano, gli disse : « Ieri, venerand'uomo, si era d'ac cordo con Clemente che oggi venisse discusso il se guente argomento: o tu ci dimostri che nulla succede se non grazie all'oroscopo, oppure Clemente ci proverà che l'oroscopo non esiste » . L'anziano rispose : «Ricordo pure i l tuo punto di vista, e ho presenti le tue parole pronunciate dopo l'ac cordo preso: tu ci hai detto che l'uomo non può sapere per certo qualcosa a meno che lo venga a conoscere dal Vero Profeta >> . Pietro: « Ti è sfuggito il senso d i quanto ho detto. Ades so, perciò, te lo richiamo alla mente. lo parlavo della volontà e del piano di Dio concepito prima ancora �he il mondo esistesse: con quale intenzione ha creato il mondo, ne ha fissato i tempi, ha emanato la Legge, ha promesso ai giusti una vita futura per retribuire le loro buone azioni e h� stabilito per i cattivi, come condan na, dei castighi. E a questo piano, a questa volontà di
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Pseudo-Ciemenle
Dio che mi riferivo dicendo che gli uomini non possono scoprirli da soli , poiché nessun uomo è in grado di co gliere i pensieri di Dio in base a congetture e valutazio ni se non è il Profeta da lui inviato a svelarli. Non ho dunque inteso riferirmi a qualsiasi disciplina o studio, dicendo che è impossibile scoprirli o che non si riesce a conoscerli prescindendo dal Profeta. So molto bene, del resto, che gli uomini conoscono ed esercitano discipline teoriche e pratiche che non hanno appreso dal Vero Profeta ma da insegnamenti umani . 2 . Ora, dal momento che hai confessato di conosce re la posizione degli astri e i movimenti delle stelle, o tu convinci Clemente che tutto è subordinato all'oroscopo, oppure apprenderai da lui che ogni cosa è governata da una provvidenza e che qualcosa dipende anche da noi. Conviene perciò che sbrighiate questo problema» . L'anziano: « Non sarebbe necessario dibattere un problema del genere se ci fosse possibile venirlo a co noscere dal Vero Profeta e appurare con prove definiti ve che esiste qualcosa che dipende da noi in quanto è sottoposto alla nostra libera volontà decisionale. In realtà, mi ha toccato molto il tuo discorso di ieri nel quale hai parlato della potenza profetica. Per cui anch'io condivido e confermo la tua posizione, ossia che l'uomo non è in grado di conoscere alcunché di certo e di assoluto, essendo per altro troppo esiguo il tempo della sua vita, troppo breve e tenue il respiro che sembra tenerlo in vita. Comunque, poiché prima ancora di aver ascoltato qualcosa a proposito della po tenza profetica mi sono trovato ad aver promesso a Clemente di dimostrargli che tutto è sottoposto all'oro scopo, oppure di apprendere da lui che c'è qualcosa che dipende da noi , sia lui a farmi il favore di iniziare per primo, avan zando e risolvendo anche le possibili obiezioni. Io, infatti, da quel poco che ho udito da te sul valore della profezia e considerando l'importanza della prescienza, riconosco di esserne rimasto stupito, e ritengo che non si debba assolutamente accettare ciò che si trae dalle congetture e dalle opinioni » .
R itrov amen ti.
I X. 3- 4
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3 . A queste parole dell'anziano io, Clemente, iniris pondere così: << Dio, attraverso il proprio Fi a iai separate il o ' ha creato il mondo come due abitazioni, chiamiamo che firmamento nostro del i ors dal frapp ci elo . In quella superiore fece abitare le schiere angeli che m entre in questo mondo visibile fece nascere un tra i. quali sce.gliere d � gli a � ici gra� num ero �i �omini potesse gioire, belh e agghmdati co Figho i suo con cu si presenta allo sposo 1 • Per amatissima sa po s na u me que sto, fino al tempo delle nozze, ossia durante il tem po d' atte sa del mondo a venire, ha disposto una certa virtù che scelga e custodisca i migliori di quelli che na scono in questo mondo e li conservi per il suo Figlio, tenendoli separati in qualche parte del mondo al riparo dai peccati. E ve n'è già un certo numero che qui si preparano, ripeto, come sposa splendente all'arrivo dello Sposo. In realtà, il principe di questo mondo e del tempo presente è come un adultero che cerca di cor rompere e violare le menti degli uomini, di sviarle dal desiderio del loro vero Sposo per trascinarle dietro al tre passioni.
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4. Si potrebbe obiettare: ma che bisogno c'era di far esistere questo principe che storna la mente umana dal vero Principe? Ebbene, il motivo è che Dio - il qua le, ripeto, voleva preparare degli amici per suo Figlio non volle che fossero delle persone forzatamente con dizionate a non poter essere diverse, bensì persone che vi aspirassero per libera scelta e intenzionate al bene; ché, d'altronde, non si può dir bene di una cosa che non suscita desiderio, né viene valutato un bene ciò che non si cerca volutamente di ottenere. Ti si può for s e elogiare per essere ciò che sei , se la natura non ti permette di essere altro? La provvidenza di Dio, insomma, ha voluto che �el nostro mondo nascesse un gran numero di uomini, 1ll modo che fra tanti venissero scelti quelli che sono attirati da una vita di giustizia. E poiché sapeva in par1
Gv. 3, 29.
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tenza che questo mondo non poteva essere strutturato che nella diversità e nella ineguaglianza, proprio per ché sono diverse le realtà che ci circondano, a ogni es sere intelligente ha dato libertà di azione e ne ha fatto responsabile appunto il libero arbitrio in modo che, soppesando le opposte possibilità, la scelta dei migliori si basasse sulla pratica della virtù. S . Ma per rendere più comprensibili le mie parole le spiegherò a una a una. Era forse conveniente, ad esempio, che in questo mondo tutti fossero o re, o principi, o padroni o peda goghi o awocati o geometri o orafi o mugnai o fabbri o letterati o ricchi o contadini o erbivendoli o pescatori o poveri? Di sicuro non era possibile che tutti fossero tutto. E tuttavia, questa vita richiede tutti questi me stieri, e anzi molti di più, e senza di essi non è possibi le tirare avanti. In conclusione, l'ineguaglianza in questo mondo è inevitabile . Un re, è chiaro, non può essere tale se non ha servi cui dare ordini, e via di seguito.
6. Ora, poiché il Creatore sapeva che nessuno di per sé è disposto a lottare, dal momento che si vorreb be evitare la fatica di esercitare i mestieri suddetti - i quali permetterebbero di evidenziare sia la giustizia che la misericordia dei singoli uomini - fece l'uomo con un corpo soggetto agli stimoli della fame, della se te e del freddo così che tutti quanti, spinti a tenere in vita il proprio corpo, si rassegnassero, per necessità di mangiare, a eser�itare uno o l'altro dei mestieri men zionati poco fa. E proprio infatti in vista del mangiare e del bere e di vestirei che siamo sollecitati a cercarci uno di quei lavori. Ed è qui che già ognuno manifesta la propria intenzione: se, per necessità di mangiare e di ripararsi dal freddo, cerca di cavarsela rubando e am mazzando e giurando il falso e con altri crimini del ge nere, o se invece risolve le necessità del momento im parando un mestiere o lavorando manualmente, salva guardando così la giustizia, la misericordia e la conti-
6-7 Altrova me ntl, I X ,
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ne n za. Se infatti soddisfa le esigenze fisiche senza pre gi u dica re la giu stizia, la benevolenza e la misericordia, è co m e un o che vince . una ?att.aglia inel � di.bile . e �e esc e am ico e oggetto d1 predileziOne del F1gho d1 D10. se al co ntrario, soddisfa i desideri del corpo impiegan do' mezzi fraudolenti , ingiusti e criminosi, diventa ami co del principe del mondo e di tutti i demoni e addos s erà i propri errori ai movimenti stellari che intenzio nalm ente e deliberatamente vengono considerati re sponsabi li. I me stieri, insomma, si apprendono e si esercitano so tto la spinta di dover soddisfare i bisogni del mangia re e del bere. Ora, questi bisogni si relativizzano quan do su bentra in ognuno la conoscenza della verità, e al lora si diventa più sobri. Uno che si accontenta di pane e ac qua, e che inoltre se li aspetta da Dio, quanto gli viene a costare, in definitiva? 7. Esiste dunque, ripeto, una inevitabile disegua glianza nell'economia sociale, dal momento che tutti gli uomini non possono sapere tutto o esercitare tutte le professioni, mentre invece hanno bisogno pressoché tutti quanti di dipendere dagli altrui servizi. Perciò è in dispensabile che uno lavori e che un altro lo paghi per il suo lavoro, che uno serva e che un altro comandi, che uno sia suddito e che un altro governi. Ma questa dise guaglianza che per necessità di fatto è sorta per i vitali rapporti umani, la provvidenza divina l'ha tramutata in occasione di praticare la giustizia, la misericordia e l'amore per gli uomini. Così che mentre gli uomini svol gono il loro mestiere, ognuno di essi ha la possibilità di mettere in pratica la giustizia con colui al quale deve dare la ricompensa per il lavoro svolto, di usare miseri c ord ia con chi per motivo magari di malattia o di po \ ertà non è in grado di pagare un debito, di mostrarsi umano con chi vede svantaggiato per natura, di mante Pere la calma nei rapporti con i dipendenti e di agire in ogni cosa secondo la Legge di Dio. Il quale, per dare una mano al comprendonio umano, ha dato la Legge perché servisse a capire più facilmente come ci si deve
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comportare in qualsiasi circostanza, per quali vie evita re il male, per quali altre tendere ai beni futuri e, una volta rigenerati nell'acqua del battesimo, come estin guere, attraverso le opere buone, il fuoco della prima nascita. La prima nostra nascita, infatti, è effetto del fuoco della passione carnale , dovuta precisamente a una legge naturale di Dio. Questa seconda, invece, av viene grazie all'acqua capace di spegnere la natura del fuoco; per cui l'anima, illuminata dallo Spirito celeste, elimina la paura della prima nascita a patto beninteso che viva in seguito senza minimamente riattaccarsi ai piaceri di questo mondo, ma vi si comporti invece da ospite straniero sapendosi cittadino di un'altra patria 2• 8. Potresti obiettare che anche nelle cose che ri chiedono, date le necessità naturali , l'esercizio di una professione o di un mestiere, ognuno può avere la pos sibilità effettiva di agire secondo giustizia e di imporre il limite che vuole ai propri desideri e al proprio com portamento. Ma che dire delle malattie, delle infermità che si prendono gli uomini, e del fatto che alcuni di essi vengono tormentati dai demoni? e delle febbri e dei congelamenti ? del fatto che alcuni sono presi da agita zione furiosa e escono di mente, nonché di tutti gli altri accidenti che in innumerevoli casi colpiscono i mortali? La risposta è che, se uno considera globalmente la ragione profonda di questo mistero, converrà che la motivazione di queste ultime disgrazie sia più secondo giustizia di quelle accennate sopra. Mi spiego: Dio ha dato agli uomini una natura che permetta loro di ap prendere il bene e di resistere al male; li ha messi, in altre parole, in grado di imparare dei mestieri, di resi stere ai piaceri e di preferire in ogni cosa la legge di Dio; e per questo ha permesso che delle forze contrarie si aggirino per questo mondo e ingaggino battaglia contro di noi . Il motivo, come ho già detto, è che da questo scontro i giusti ne escono con la palma della vit toria meritandosi i premi stabiliti. 2
Cf Sal . 3 8 , 1 3 ; l Pt. 2, 1 1 .
Ritrova me ntl,
I X , 9- 1 O
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9 . Succ ede però a volte che qualcuno agisca con eranza , e abbia intenzione no n tanto di fare re emp nt i si ste nza qua nto piuttosto di lasciarsi andare e dare spa zio a quelle forze contrarie, così che da quella loro cattiva disp osizione ne viene a nascere una discenden za i ntemperante e vizio sa. Qu ando infatti ci si lascia andare senza freni alla e e ci si accoppia senza alcuna regola, i figli che idin lib ne nascono ereditano disgraziatamente i vizi e le debo lezz e di quei demoni sotto il cui stimolo ci si è compor tati così. E di conseguenza, dei vizi dei propri figli so no colpevoli i genitori che non hanno voluto osservare le norme dell'accoppiamento, quantunque si debba ammettere che esistono altre cause profonde che ren dono le anime schiave di quei mali, cause che non ab biamo tempo di elencare adesso. Bisognerebbe comunque che ogni uomo conosces se la legge di Dio, per trarre da essa il rispetto dovuto alla procreazione ed evitare le cause di impurità, affin ché ì figli che nascono possano esserne esenti. Non è logico, infatti, che nel piantare gli arbusti o nella semi na dei cereali si tenga presente il tempo propizio, si dissodi la terra e si prepari tutto a dovere onde evitare che la semina ne patisca e vada perduta, e che non si usi invece nessuna regola, nessuna cautela, nella pro creazione dell'uomo che governa ogni cosa!
l O. Ma perché succede - mi si può dire - che alcu ni individui, per quanto esenti da deformazioni fisiche
nell'età infantile, con l'andare del tempo vengono poi presi da quei malanni, tanto che un certo numero di es si vanno incontro a una morte persino crudele? Ebbe ne, anche per questi casi la ragione è simile e pressoché identica a quella già spiegata: le forze contrarie all'uma nità vengono per così dire invitate da numerose e varie spinte passionali nel cuore di ogni individuo che trova no aperto per penetrarvi, poiché possiedono effettiva mente una forza attrattiva e un potere di sollecitazione, per quanto non costrittivi e definitivi. Se di conseguen za uno acconsente, fino a tradurre in atto quei cattivi
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desideri, si troverà a subire, come ricompensa del pro prio consenso e dell'atto che ne consegue, una morte orrenda e la perdizione. Ma se uno, al contrario, pen sando al giudizio futuro, si contiene anche solo per paura e fa marcia indietro per non tradurre in atto la spinta originata dai cattivi pensieri, sfuggirà non sol tanto alla rovina di qui, ma anche ai futuri castighi. In effetti, la causa di qualsiasi peccato sembra del tutto simile a della stoppa spalmata di pece: come le si accosta il calore di una fiamma, subito prende fuoco. Ebbene, il fuoco che appicca l'incendio è, beninteso, opera dei demoni. Di conseguenza, se un individuo è spalmato, per così dire, della pece dei peccati e dei desideri passiona li, con estrema facilità cade preda del fuoco. Se invece la stoppa è pregna non della pece del peccato bensì dell'acqua che purifica e rigenera, il fuoco demoniaco non riuscirà a prendere. 1 1 . Qualcuno potrebbe domandare: e che fare, noi, che già ci troviamo immersi nei peccati come nella pece ? Ecco la mia risposta: nient'altro se non di fare in fretta a lavarvi per eliminare da voi il materiale infiam mabile grazie all'invocazione del santo Nome e, in se guito, per timore del giudizio futuro, frenare le passio ni e scacciare con estrema determinazione le forze av verse se per caso attaccano i vostri sensi. Dirai: se uno si innamora, come riesce a contener si, quand'anche veda davanti ai suoi occhi nientemeno che quel fiume di fuoco chiamato Piriflegetonte? Ecco, questa è la scusa di coloro che non intendo no convertirsi alla penitenza. E non mettere di mezzo il Piriflegetonte. Pensa ad esempio. ai castighi che gli uomini infliggono, e tieni presente quale potere abbia la paura. Uno che, per un amore illecito, viene condot to a scontare la pena, legato a un palo per essere arso vivo, riesce forse in quei momenti a provare desiderio della persona amata e a rievocarne la bellezza? Impossibile, mi dirai. Prendi nota, allora, come uno spavento in atto ti sradica i desideri illeciti.
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Può succ edere però che, anche chi crede in Dio e tte l'e sist enza del giudizio futuro e del castigo del me am fuo co ete rno , non riesca ad astenersi dal peccato . In ue sto cas o è chiaro che la sua fede non è piena, poi hé se fo sse a tutta prova anche il timore sarebbe assi cura to, m entre se la fede è un pochino debole anche il tim ore si allenta e allora le forze awerse trovano lo spa zio per entrarvi; e se si acconsente ai loro alletta ment i s i cade per forza in loro potere e si viene trasci nati , sotto le loro tentazioni, nel baratro del peccato.
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1 2 . È perciò che gli astrologi, che sono all'oscuro di questi misteri, credono che queste cose succedano per causa dei movimenti astrali ; per cui, a coloro che si presentano come clienti per consultarli su qualche av venimento futuro, danno risposte per lo più sbagliate. E non fa meraviglia, dal momento che non sono profe ti ; è solo per la loro lunga praticaccia che essi trovano una qualche scappatoia proprio nelle realtà da cui essi stessi venivano ingannati, e vi aggiungono alcuni "cli materi" cosi da far passare per scienza ciò che è soltan to incertezza. Chiamano infatti climateri ciò che po tremmo indicare come un tempo di pericolo nel quale a volte succede che uno ci lasci le penne, e a volte no. Essi non sanno che questo succede non per causa dell'oroscopo, bensì per opera dei demoni i quali accet tano di dare man forte a quella falsa astrologia che con calcoli matematici spinge con inganno gli uomini a peccare; e quando o per permissione divina o per esi genze di legge vengono inflitte le pene del peccato, l'astrologo fa la figura di aver detto giusto. Ma ciò mal grado sbagliano anche qui . Se infatti quegli uomini p assano presto a far penitenza perché rinasce in essi il ricordo e la paura del castigo futuro, una volta ricon vertitisi a Dio attraverso la grazia del battesimo viene a cade re anche la pena di morte. 1 3 . Mi si dirà: tante persone hanno commesso omicidio, adulterio e altre scelleratezze e non glien'è i ncolto alcun male.
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Sta di fatto che fra gli uomini ciò succede rara mente, e tuttavia a chi non conosce il pensiero di Dio sembra che accada spesso. Dio, invece, che sa tutto, sa pure come e perché pecca chi cade in peccato, e anche la causa per cui ognuno è trascinato al peccato . Comunque , in via generale bisogna riconoscere che quelli che sono cattivi non tanto nel pensiero quan to per le azioni e vengono spinti a peccare da una fan tasia eccitata, le conseguenze negative le risentono più presto e soprattutto in questa vita . Dio, infatti, che do vunque e sempre giudica secondo i casi, retribuisce ciascuno a seconda delle azioni compiute. A quelli in vece che agiscono malignamente di proposito, tanto da giungere a volte a far del male persi no a coloro dai quali non hanno ricevuto che bene, e non vengono neppure sfiorati dal pensiero di pentirsi , Dio posticipa il castigo nella vita futura. E in realtà costoro non me ritano , come gli altri di cui abbiamo appena parlato, di scontare la pena delle proprie malefatte in questa vita; viene loro concesso di vivere come vogliono, poiché per la correzione di cui hanno bisogno non sono ade guati i castighi temporanei; essa esige, come condan na , il fuoco eterno dell'inferno . Le loro anime cerche ranno il pentimento là dove non lo possono più avere .
1 4. Se, quando ancora vivevano di qua, si fossero raffigurate le sofferenze che si patiscono di là, avrebbero sicuramente frenato le loro passioni e non sarebbero ca duti nel peccato a nessun costo. Perché è grande, effetti vamente, il potere dell'immaginazione sull'anima per bloccare tutte le sue inclinazioni cattive , soprattutto do po che essa ha acquisito la conoscenza delle realtà cele sti grazie alla quale, una volta illuminata dalla verità, ha evitato le buie strade delle cattive azioni . Allo stesso mo do infatti che il sole, con l'accecante suo splendore, af fievolisce e annulla quello di tutte le stelle, così anche l'intelletto con la luce della dottrina rende inefficaci e vane tutte le disordinate brame dell'anima gettando su di esse il ricordo del giudizio futuro come altrettanti raggi, al punto di impedirgli di affacciarsi all'anima.
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1 5 . Ora, che il timore di Dio abbia una notevole capaci tà di tacitare quelle brame, lo puoi capire para gona ndolo col timore umano: quanti sono fra gli uomi ni qu elli che guardano con desiderio i beni altrui ma c e tu ttavia si frenano e si m'?derano per timore delle pene co mm inate dal codice ? E per timore che un po po lo sta sottomesso al re e l'esercito i n armi gli ubbidi sce. I domestici sono più robusti dei loro padroni, ep pure per timore sopportano gli ordini dei loro signori . Pers ino gli animali feroci diventano più mansueti per pau ra. I tori, malgrado tutta la loro forza, si lasciano aggio gare e gli smisurati elefanti ubbidiscono per ti more alle loro guide. Ma perché servirei di esempi ter reni quando non mancano quelli divini? Prendi la ter ra: non sta forse al proprio posto per paura di trasgre dire un comando ricevuto, come anche dimostrano il suo movimento e i suoi sussulti? Il mare rimane entro i confini stabiliti, gli angeli custodiscono la pace , le stelle stanno al loro posto co me pure i corsi dei fiumi, e sappiamo per certo che an che i demoni fuggono per paura. Insomma, per non di lungarci troppo sui particolari, osserva come chiunque possieda il timore di Dio mantiene con cura ogni cosa nella sua propria armonia e nell'ambito del suo ordine. E allora, quanto più voi dovete essere convinti che an che le tentazioni demoniache che eventualmente na scono nel vostro cuore si possono estinguere e annien tare col richiamarvi al timor di Dio, se persino gli i sti gatori della concupiscenza scappano quando vengono presi dalla paura ! Ebbene, sapendo che i fatti sono questi , se hai in tenz ione di dire qualche parola di risposta, comincia pure» .
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1 6 . Lanziano: « Mio figlio Clemente ha ri finito con �aggezza il suo pensiero, così che non ci resta altro da agg iungere . In verità, tutta la digressione che ha fatto sulla natura dell'uomo presenta questo contenuto: per il fatto che possiede il libero arbitrio, dall'esterno gli può venire qu alche spinta a commettere il male. Grazie
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ad esso infatti gli uomini vengono tentati da vari desi deri cattivi , tuttavia non sono forzati a peccare perché - dice lui - più forte di tutto è il timore che gli permet te di resistere e di frenare l'assalto delle tentazioni, cosl che una volta venute meno le spinte naturali e cacciati via i demoni che lo incitano e lo infiamm ano, è possi bile non commettere peccato . Però, tutto questo non mi porta a credere. Conosco troppo bene taluni fatti che mi h anno fatto prendere coscienza che dipende dalla posizione degli astri se gli uomini diventano omi cidi o adulteri o autori di altre malefatte. Lo stesso suc cede a donne oneste e riservate: il loro buon comporta mento dipende dall'oroscopo.
1 7 . Insomma, quando Marte è al centro e dal qua drato della sua casa guarda Saturno con Mercurio al centro, se vi passa sopra la Luna piena, nell'oroscopo diurno produce omicidi e ammazzati di spada, sangui nari, ubriaconi, passionali, demoniaci, cacciatori di se greti , malefici, sacrileghi e cosl via, soprattutto quando non è rivolto a nessuna delle stelle favorevoli. Lo stesso Marte, ancora, se ha il suo domicilio quadrato volto a Venere, e dai lati al centro non vede alcun astro favore vole , rende adulteri e fa commettere incesti con sorelle e figlie e madri . Venere , con la Luna all'estremità e i domicili di Saturno con Saturno , se ha di fronte Marte, rende le donne come delle virago capaci di coltivare i campi , di costruire edifici e di espletare ogni altro lavoro virile: si accoppiano con chiunque e non vengono rimproverate dagli uomini per essere adultere; non cercano alcuna comodità né unguenti né vestiti né calzature femmini li, comportandosi appunto come maschi. Se invece Ve nere, con Marte, si trova nell'Ariete rende i maschi co me donne , poiché perdono ogni comportamento virile , mentre fa nascere donne se si trova nel Capricorno o nell'Acquario >> . 1 8 . Su questo argomento l'anziano si attardò pa recchio, elencando a uno a uno i quadri astrologici e la
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ttiva delle stelle Voleva dimostrare, con posi zio ne ri spe non basta da solo a frenare le pastimore il che to, ques . ni o si Allora ho ripreso io la parola: « Veramente, padre mio h ai esposto le tue opinioni da uomo estremamen te d tto e colto. Ma è proprio la ragione a invitarmi a repli care su alcuni punti che tu hai trattato, anche per ch é conosco l'astrologia e converso volentieri con un sapien tone come te . Senti dunque come rispondo a qu anto hai detto , per renderti conto con piena eviden za che non esiste alcuna nascita influenzata dagli astri , che a resistere contro l'assalto dei demoni ci riescono solo co loro che si affidano a Dio, e che, ripeto, si pos sono frenare le passioni naturali non solo col timor di Di o ma anche per paura degli uomini, come ascoltere mo fra poco. .
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1 9 . Ogni paese , ogni nazione ha delle leggi impo ste da uomini , siano esse scritte che tramandate dalla prassi, e non è facile per nessuno trasgredirle 3 • I primitivi Seri 4 , che dall'inizio popolano il mon do, non conoscono né l'omicidio né l'adulterio né la prostituzione; non rubano e non sono idolatri , e in tut ta la loro estensione geografica, che è enorme, non tro vi né un tempio né un simulacro; non hanno meretrici o adultere o ladri da portare in giudizio, né si sa che sia mai stato ucciso un uomo. E tuttavia a nessuno di loro è successo che il libero arbitrio, infiammato se condo voi da Marte, li abbia spinti a far morire di spa da un solo uomo; né Venere , trovandosi con Marte, ha 3 Da questo paragrafo a tutto il 29, il testo delle Recognitiones è riportato non ad litteram, ma a senso, come allora usava , da Euse bio (Preparazwne evangelica 6, 1 0, 1 1 -4 8 ) , da Bardesanes (Libro delle lRKf:i dei Paesi 2 5-47, Patrologia Szriaca I , 2 ) e dallo Pseudo-Cesario (Dzalogo 2, 1 0 9 1 1 0 , PG 3 8 , 977-98 8). È chiaro che questa confuta zione dell'astrologia destava interesse ta nto in Occidente quanto i n O riente. 4 Antico nome dei cinesi abitanti la Cina settentrionale e il Turkestan, sulla via della seta, da cui deriva serico. -
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mai spinto nessuno a rovinare il m atrimonio di altri pur trovandosi Marte , rispetto a loro, ogni giorno a metà della volta del cielo. Il fatto è che per i Seri il ti more delle leggi è più forte della posizione delle stelle.
20. Nelle terre degli indi, tra i battriani 5 , ci. sono egualmente un numero immenso di brahmani 6 che an ch'essi , per tradizione, in accordo con i costumi e con le leggi, non commettono né omicidio né adulterio , non venerano simulacri e non usano cibarsi di esseri viventi, non si ubriacano mai e non fanno nulla con malizia, ma sempre temono Dio; e si comportano così malgrado che le altre popolazioni indiane commettano omicidi e adulteri, venerino simulacri e si ubriachino e compiano altre infamie del genere . Anzi , sempre in In dia, limitatamente comunque alle regioni occidentali , esiste una zona ove le persone di passaggio che vi en trano vengono catturate, sacrificate e mangiate, e non c'è stata nessu na buona stella a i mpedire loro simili de litti e quegli abominevoli pasti ; né hanno potuto, le stelle cattive, spingere i brahmani a compiere il male. Ancora: corre l'uso, fra i persiani, di sposare le proprie madri , le proprie sorelle e le proprie figlie; in tutta qu anta la regione, insomma, i persiani contraggo no m atrimoni incestuosi . 2 1 . Ma per non lasciare che i seguaci dell'astrolo gia si servano della scappatoia di ammettere che ci so no sicuramente delle regioni celesti cui è permesso avere alcune loro peculiarità, aggiungo che un certo numero di persiani si sono trasferiti all'estero - si trat ta dei magusei , e se ne trovano anche oggi alcuni nella 5 Abita nti della Battriana, regione dell'Asia centrale compresa tra la parte settentrionale dell'attuale Afghanistan , l'Amu Dar'za e i monti d'Aracosia (Hindu Kush). 6 Appartenenti alla casta sacerdotale , derivano il nome da brah man (l'Assoluto) . Ne parla a lungo lo Pseudo-Palladio (363 ca. 430 ca . ) nell'opera li! genti dell'India e i brahmani , Città Nuova Ed. , Ro ma 1 992 . -
Rltrovam en
tl , I X , 2 1 -23
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Med ia e al tri nella Partia, un certo numero persino in Egi tto e parecchi nell a Galazia e nella Frigia - e tutti quanti m antengono costante l'uso di questa tradi zione i ncest uosa e la trasmettono alla propria discendenza perché venga conservata, anche se h anno cambiato la re gi one cele st� - � t �ttavia Venere, con la Luna all'estre : mità e i do m1c1h d1 Saturno con Saturno e avendo d1 fronte anche Marte, non li ha sottomessi allo stesso oroscopo deg li altri. 2 2 . Anche fra i Geloni 7 è d'uso che le donne lavori no nell'agricoltura e nell'edilizia e in ogni altro tipo di lavoro virile, e possono accoppiarsi con chi vogliono senza che i rispettivi mariti le biasimino e le chiamino adultere: senz'alcuna regola passano da un accoppia mento all'altro, soprattutto con gli ospiti ; ignorano gli oli profumati, non vestono abiti colorati e non usano scarpe, mentre al contrario i Geloni maschi si agghin dano, si pettinano, si vestono con una varietà di indu menti raffinati, portano monili d'oro e si spruzzano di essenze profumate ; eppure tutto ciò non toglie loro le forze poiché, in realtà, sono quanto mai bellicosi e fieri cacciatori. E tuttavia non tutte le donne dei Geloni hanno avuto alla loro nascita, nel Capricorno e nell'Ac quario, il cattivo influsso di Venere; come neppure i lo ro uomini hanno avuto assieme a Marte, nell'Ariete, Venere, posizione secondo la qu ale, stando all'astrolo gia dei caldei, si nasce maschi effeminati e viziosi .
2 3 . Ancora: l e donne d i Susa 8 usano oli profumati e abiti di squisita fattura ornati di pietre preziose, e in cedono appoggiandosi alle proprie ancelle, mostrando un'ambizione molto più accentuata degli uomini . E tuttavia non amano la pudicizia e usano la stessa inti7 Abitanti della Scizia , tra il Don e il Volga, ebbero frequenti scam bi commerciali con i greci dei quali assorbirono la cultura. 8 La più importante città dell'Elam. Le sue rovine si trovano presso l'o dierna Shush, nell1ran. Fu distrutta da Assurbanipal tra il 64 5 e il 640 a . C.
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mità con chiunque va loro a genio , anche coi servi e con gli ospiti, e gli uomini glielo permettono; e non so lo non gli si fa colpa di questo comportamento , ma so no esse stesse a comandare gli uomini. Eppun· la na scita di tutte le donne di Susa non è avvenuta a mezzo cielo quando, con Giove e Marte nel domicilio di Giove c'è anche Venere. Nelle più lontane regioni orientali , se un ragazzo acconsente ad aver rapporti con una donna, non appe na il fatto diventa di pubblico dominio viene ucciso dai fratelli e dai genitori o da qualcuno della parentela, e non gli viene data sepoltura. Fra i galli , inoltre, la legge antica stabiliva che i bambini venissero ceduti pubblicamente come spose, e non si pensava affatto che ciò fosse disonorevole . Ora, è possibile che tutti i galli che hanno su bìto tali turpi tudini abbiano avuto Lucifero con Mercurio nel domi cilio di Saturno e ai confini di Marte?
24 . Nelle zone britanniche molti uomini hanno un'unica moglie in comune ; nella Partia molte donne hanno un unico marito; e sia nell'una che nell'altra di quelle lontane regioni si è ligi ai rispettivi costumi e or dinamenti civili. Nessuna amazzone 9 ha marito; esse, come gli animali, una volta all'anno , attorno all'equino zio di primavera, escono dai propri confini e si accop piano con i maschi della popolazione confinante dan do a questo rito una certa solennità; una volta incinte, ritornano, e se partoriscono un maschio lo buttano mentre invece allattano le femmine. E poiché tutte par toriscono più o meno nello stesso periodo è assurdo che, per quanto riguarda i maschi , si pensi che Marte con Saturno si bilancino sempre in parti eguali, e mai invece nell'oroscopo delle donne. Ma neppure l'avere Mercurio con Venere posti nel proprio domicilio gli rende possibile generare pittori o scultori o banchieri 9 Popolo leggendario di donne guerriere che abitavano tra il Mar Nero e il Mare d'Azov. Costituivano, sec ondo la mitologia gre ca, una società matriarcale.
R ltr ov ame
ntl , IX , 24-25
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si tro :ra nel do_!ll i cilio di Venere, produrre op pure , s � . mus1c 1 o poeti. o n ie um prof Tra i saraceni e, più sopra, i libici e i mauritani e uell i che abitano alle bocche dell'Oceano, ma anche quelli che stanno nelle regioni più settentrionali dell a G erm ania, tra i sarmati e gli sciti e tutti coloro ch e si trovano sotto il Polo Nord, tra le popolazioni del 0 Pont o e nell'isola di Crise 1 , non si trova mai un ban chiere, u no scultore, un pittore, un architetto, u n geo metra, un tragediografo o un poeta, per cui si dovrebbe con clu dere che a loro manca la costellazione di Mercu rio e di Venere.
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2 5 . In tutto il mondo , i medi sono gli unici che con grande venerazione danno in pasto ai cani gli uo mini che stanno per morire, e non per questo hanno Marte con la Luna situati nel Cancro per l'oroscopo diurno. Gli indiani cremano i loro morti e le mogli dei de funti si fanno volontariamente cremare con essi; ma non per questo tutte le mogli degli indiani che si fanno bruciare vive hanno nell'oroscopo notturno , sotto la Terra, il Sole con Marte nel domicilio di Marte . Un gran numero di germani muoiono impiccati , né per questo h,anno tutti , riunite nel proprio oroscopo, la Lu na con Saturno e Marte . Eppure in tutti i p opoli e ogni giorno gli uomini nascono sotto oroscopi diversi. Da tutti questi fatti risu l ta chiaro che in ogni re gio ne del mondo è il timore delle leggi che predomina, nonc hé la li bertà di decisione che grazie allo spirito è insita negli uomini . È per essa che si ubbidisce alle leg gi e l'oroscopo non può costringere i Seri a commettere o mic idi, o i brahmani a cibarsi di carni , o i persiani a evi tare gli incesti, o gli indiani a non farsi cremare, o i medi a non farsi divorare dai cani , o i parti a non avere m olte mogli , o le donne della Mesopotamia a non man te nersi caste, o i greci a non allenarsi nelle palestre, o i raga zzi dei galli a non prostituirsi, o le popolazioni 10
Nei pressi di Lemno, nel Mar Egeo.
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barbare a studiare la cultura greca. Come ho già detto, ogni popolo si serve delle proprie leggi a propria di screzione, e le sanzioni legali vanificano i dati dell'oro scopo. 2 6 . Chi conosce a fondo l'astrologia potrebbe obiettare che l'oroscopo ha sette parti distinte chiama te zone, che ogni zona è dominata da una delle sette costellazioni, che queste differenti leggi di cui abbiamo parlato non sono state volute dagli uomini bensì da queste costellazioni dominanti a seconda della loro ri spettiva volontà , e che le leggi che gli uomini osservano non sono altro, appunto, che la volontà imposta dalle singole costellazioni . Rispondo a queste obiezioni dicendo che : primo, l'orbe terrestre non è affatto diviso in sette parti; secon do, quand'anche fosse così, considerando una sola di quelle parti e anche una unica zona, vi troviamo leggi molto diverse, e che perciò queste non si limitano a sette secondo il numero delle costellazioni, né sono do dici secondo il numero dei segni zodiacali, né trentasei secondo il numero dei decani , ma molte e molte di più . 2 7 . Non dobbiamo dimenticare quelle elencate po co fa, come ad esempio la regione indiana dove vivono sia uomini che si cibano di carne, sia uomini che si astengono anche dalla carne degli animali domestici, degli uccelli e di ogni altro animale. E non è solo in Persia che gli uomini si sposano con le loro proprie madri e figlie: anche in ogni altro paese dove si sono trasferiti mantengono l'incesto come ordinamento le gale delle proprie nefandezze. Abbiamo inoltre ricorda to molte altre popolazioni che sono completamente di giune di letteratura, ma anche un certo numero di uo mini saggi che hanno modificato le stesse leggi in alcu ne loro parti; altre leggi, inoltre , sono cadute in disuso da sole, o perché impossibili ad osservarsi o perché turpi� E alla portata di tutti sapere quanti imperatori hanno cambiato le leggi e gli ordinamenti dei popoli
Rltrovam e nti ,
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vi nti do po averli assoggettati ai propri . Che i romani l'abb iano fatto lo sanno tutti : essi hanno fatto adottare il di ritto roma no con i suoi ordinamenti civili a quasi tutt o il mondo, a tutti quei popoli che prima vivevano segu en do ciascuno le proprie differenti leggi e ordina m enti social i. Re sta, dunque, che anche le costellazioni dei po i dai romani hanno perso le loro zone e il loro vint li po settore . 2 8 . Aggiungo ancora un dato che può soddisfare anche gli scettici più induriti: tutti i giudei che vivono sotto la Legge di Mosè, all'ottavo giorno dalla nascita e senza dilazione circoncidono i propri figli maschi, ver sando il sangue di un tenero neonato. Da che mondo è mondo, nessun pagano ha subìto nel suo ottavo giorno una cosa come questa, mentre nessun giudeo ne ha fat to a meno. Come può, allora, aver qualche valore l'oro scopo, dal momento che i giudei vivono tutti quanti sparsi su tutta la terra mescolati ai pagani , e che all'ot tavo giorno sopportano di farsi tagliare la medesima parte del corpo, mentre nessuno dei gentili ma essi sol tanto, ripeto, lo fanno? Non è dunque la costellazione a costringerli, né il bisogno di versare il sangue, bensì lo fanno per la legge religiosa, in qualsiasi parte del mon do si trovino, come contrassegno della propria razza ! E che portino tutti quanti un unico nome, ovunque si trovino, dipende anche questo dall'oroscopo ? E il fatto che mai , fra loro, si esponga un bambino appena nato? e che il settimo giorno di ogni settimana tutti quanti, dovunque si trovino, osservino il riposo astenendosi persino dal camminare e dall'accendere il fuoco? Cosa d�durne, allora, se l'oroscopo non costringe nessun gtudeo, in quel giorno, o a mettersi per strada o a co 'truire o a vendere o a comprare ? 2 9 . Ma voglio dare una prova ancora più forte par land o di fatti attuali. Ecco: dall'awento del Giusto e Vero Pro feta, sono appena passati sette anni durante i quali, gli uomini di ogni nazione convenuti in Giudea,
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mossi dai miracoli e dalle manifestazioni di potenza cui avevano assistito ma anche dalla maestosità dell a dottrina, dopo aver accolto la fede in lui, ritornandose ne al proprio paese hanno cominciato ad aborrire tutti i culti pagani illeciti e i matrimoni incestuosi . Fra i parti, a d esempio, come ci h a scritto Tomma so 1 1 che sta predicando il Vangelo fra loro , non sono più molto diffusi i matrimoni plurimi; non sono più molti i medi che fanno sbranare i propri morti dai ca ni; i persiani non si danno più a matrimoni incestuosi sposando madri e figlie; le donne di Susa non ricono scono più leciti gli adultèri . L'oroscopo, insomma , non è riuscito a far commettere delitti a coloro ai quali la dottrina religiosa glie li proibiva. 30. Ecco, tira le conseguenze, e da questi luoghi in cui ci troviamo fatti un'idea di come, essendo giunta anche soltanto la voce che in Giudea è apparso un Pro feta che ha insegnato alla gente con miracoli e prodigi ad adorare un solo Dio, tutti , con animo pronto e at tento stessero aspettando, anche prima della venuta del mio signor Pietro, che qualcuno gli annunciasse la dottrina di colui che è apparso. Ma per non tirarla in lungo, esprimo in sintesi la conclusione di tutto: se D io è giusto ed è lui che ha creato la natura umana, poteva forse darsi che proprio lui piazzasse un oroscopo in opposizione agli uomini, capace di condizionarli al peccato, per poi vendicarsi lui stesso dei peccatori? Insomma, è certissimo che non esiste altro motivo per cui Dio punisce il peccatore, sia in questa vita che nell'altra, se non perché lui sa che quell'uomo avrebbe potuto farcela, ma si è disinteressato del risultato. E al lora commina una pena vendicativa, in questa vita, agli uomini, così come ha fatto con quelli che morirono per il diluvio. Ora, tutti quelli hanno perso la vita nel giro di un giorno, e anzi di un'ora, ed è evidente che non tutti 11 Secondo la tradizione ha evangelizzato anche la Media, la Persia e l'India.
Rl trovame
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erano nati , stando all'oroscopo, nel tratto di un'ora! È ertanto una madornale assurdità affermare che ci ca di subire disgrazie volute dalla natura: la realtà è s c he ono state prima precedute da peccati !
�ita
3 1 . In conclusione, se vogliamo badare alla nostra salve zza dobbiamo anzitutto preoccuparci di possede re la conoscenza, nella certezza che se rimaniamo nell'ignoranza dovremo sopportare non soltanto l'oro scopo sfavorevole, bensì anche tutte le altre diavolerie ch e ci vengono di fuori; a meno che il timore delle leg gi e del giudizio futuro blocchi tutti i cattivi desideri e fre ni l'inclinazione violenta al peccato. Anche il timore umano, infatti, è causa di molti beni, come pure di molti mali che l'oroscopo ignora , in base a quanto ho dimostrato prima. In tre modi, insomma, la nostra mente si lascia trascinare dagli errori: da quelli che ereditiamo per abitudini cattive, da quei desideri naturali che il corpo ci suggerisce, da quelli con cui le potenze awerse ci in calzano. Ma la nostra volontà ha per natura sua il pote re di resistere e di respingerli quando viene illuminata dalla conoscenza della verità. E grazie a questa che ci viene dato il timore del futuro giudizio che è per noi l'esperto timoniere dell'anima capace di ritrarla dai gorghi delle tentazioni. Che siamo noi a disporre di questi poteri, dunque, l'ho spiegato a sufficienza. 32 . Adesso anche tu, venerand'uomo, se hai qual cosa d a ribattere, prendi pure la parola» . « Non potevi essere più esauriente, figlio mio. Ma, com e ho detto all'inizio, la mia coscienza mi vieta di dare l 'assenso a tutta questa tua incomparabile dimo '>trazione. È perché conosco il mio oroscopo e quello di n11a moglie, e so che a noi è veramente successo secon do quanto l'oroscopo prevedeva. E non me la sento, ora, di rinnegare a parole i fatti e gli awenimenti che ho sperimentato di persona. Ma poiché prendo atto che tu hai buona conoscenza di questa materia, sta' a
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sentire l'oroscopo di mia moglie e troverai perché è an data a finire come è finita: aveva Marte con Venere al centro, e la Luna calante nel domicilio di Marte e ai confini di Saturno; e questa posizione rende adultere, fa innamorare dei propri servi e porta a morire in viag gio e in acqua. Ed è successo proprio così, poiché si in namorò di un suo domestico e, spaventata sia dalla si tuazione critica che dal disonore che comportava, fuggì con lui e nell'affrontare un viaggio durante il qua le diede soddisfazione al suo innamoramento, morì in un naufragio )) . 3 3 . Gli dico: « Come hai saputo che è andata a letto in viaggio col suo servo e che assieme a lui è morta? )) . L'anziano: << Ne sono più che certo. M a non tanto, veramente, che abbia sposato un suo servo, dal mo mento che non avevo neppure sentore che ne fosse in namorata; la realtà è che, dopo la sua partenza, mio fratello mi raccontò di essere stato lui stesso il suo pri mo amore, ma che essendo però un fratello onesto si rifiutò di macchiare con l'onta dell'incesto il matrimo nio mio. Ebbene, lei per rispetto verso di me e non sop portando la vergogna, poveretta . . . - non la posso accu sare, del resto, di quanto l'oroscopo l'ha costretta a fare - lei, dico, ha fatto finta di aver sognato e mi ha detto: "Mi si è presentato uno in visione che mi ha ordinato di andannene dalla città immediatamente, con i miei due gemelli" . Ora, io, a queste parole, preoccupato per la vita sua e dei figli, li feci partire subito, lei e i figli, trattenendone con me uno solo, il più giovane, visto che chi le aveva dato quegli ordini in sogno me lo per metteva )) . 3 4 . I n quel momento io, Clemente, intuendo che quello era probabilmente mio padre , ero ingozzato di lacrime; ma quando anche i miei fratelli manifestarono l'intenzione di farsi avanti per chiarire la cosa, Pietro ce lo vietò dicendo: «Statevene buoni fino a che non ve lo dirò ,, . Rivoltosi poi all'anziano, Pietro disse: << Come si chiamava tuo figlio minore ? ,, .
Rl trova m entl,
IX, 34-36
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L'anziano rispose: « Clemente>> . E Pietro: « Se oggi o ti renderò la tua castissima moglie assieme ai ss te s tuoi tre figli , credi che sia possibile alla tua mente sen sibile di vincere i sentimenti istintivi e di credere che tutt o quanto abbiamo detto noi è vero e che l'oroscopo non c'en tra niente? » . L'an ziano: «Allo stesso modo che ti è impossibile ese pr ntarmi quanto hai promesso, è impossibile che succ eda qualcosa prescindendo dall'oroscopo » . Pietro: «Voglio avere tutti i qui presenti quali testi ni mo che oggi io ti ridarò tua moglie, che ha vissuto cast issi mamente, con i vostri tre figli. Riconosci come prova, fin d'ora, il fatto che io conosco tutta la storia molto più particolareggiatamente di te, e ti racconterò gli avvenimenti per filo e per ordine perché anche tu ne sia al corrente e il pubblico qui presente ne sia aggior nato». 3 5 . Dopo queste parole si volse al pubblico e co minciò così: « Quest'uomo che vedete vestito così pove ramente, brava gente, è cittadino di Roma, discendente della famiglia dello stesso Cesare. Si chiama Faustinia no. Ha presq in moglie una signora anche lei nobilissi ma di nome Mattidia dalla quale ha avuto tre figli di cui due sono gemelli; il terzo, più giovane, di nome Clemente, è proprio qui - dicendo queste parole mi in dicò col dito - e i suoi figli gemelli sono questi altri, Ni ceta e Aquila, i cui nomi originari sono però Faustino e Fausto » . Nel momento che Pietro pronunciò i nostri nomi le membra dell'anziano si sciolsero come burro e cad de a terra come privo di vita. Tutti noi figli ci gettam mo su di lui, e lo abbracciavamo e lo baciavamo con la paura però che non potesse più tornare in vita. Il pub blico , di fronte a questi avvenimenti, restò impietrito dall a sorpresa. 3 6 . Pietro, a noi , ci fece smettere quegli abbraccia menti che potevano effettivamente ammazzarlo. Fu lui a prenderlo per una mano; e come tirandolo fuori da
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Pseucio-CiernWe
un profondo sonno, dopo averlo un pochino rimesso in sesto, cominciò a raccontare tutta la storia come si era effettivamente svolta: ossia come il fratello di lui si fos se innamorato di Mattidia; come lei, che ci teneva mol tissimo alla purezza, non volle confidare al marito l'amore illecito di suo fratello per non scatenare una guerra tra fratelli e gettar fango su suo genero; come allora si inventò un sogno nel quale le veniva ordinato di andarsene da Roma con i gemelli, lasciando il più piccolo col padre; come lungo il viaggio una violenta tempesta li fece naufragare vicino all'isola di Antarado e come Mattidia venne scagliata da un'ondata anomala su uno scoglio mentre i gemelli, rapiti dai pirati e por tati a Cesarea vennero venduti a una brava donna reli giosa che li tenne con sé come figli facendoli educare e istruire come uomini liberi. Disse come i pirati aveva no cambiato i loro nomi chiamando uno Niceta e l'al tro Aquila; come in seguito avevano aderito a Simone per motivi di studio e per averlo frequentato spesso ma che poi, accortisi che si trattava di un mago e di un truffatore, se n'erano distaccati per awicinarsi a Zac cheo e come, infine, si erano fatti seguaci di lui, Pietro. Parlò anche di come Clemente, partito da Roma per andare in cerca della verità, grazie a una indicazione di Barnaba venne a Cesarea dove appunto lo conobbe, e poiché si mise a seguirlo venne da lui istruito nella fe de religiosa. Raccontò anche come presso Antarado, Clemente trovò una mendicante in cui riconobbe la sua propria madre, e come tutta l'isola aveva fatto festa per questo ritrovamento. Disse della convivenza di lei con quella bravissima signora che l'aveva ospitata, del la guarigione che lui stesso le aveva procurato , della generosità di Clemente con coloro che avevano aiutato sua madre; e come in seguito , quando Niceta e Aquila vollero sapere chi fosse quella donna straniera, come udirono da Clemente la storia intera, avessero esclama to: « ma siamo noi i suoi figli gemelli Faustino e Fau sto ! » , raccontando poi anch'essi tutti gli awenimenti loro successi, e come infine, su suggerimento di Pietro, con estrema cautela per evitare che l'improvvisa gioia
IX, 36-38 Rrtrov amen ti,
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le fa ce sse prendere un colpo, venissero presentati alla
prop
ria madre .
3 7 . Mentre Pietro stava esponendo con brillante st ile questi fatti al pubblico, ma a beneficio dell'anzia no, st andolo ad ascoltare tutti piangevano di commo zi one sia per la straordinarietà di quant'era successo s ia per il risvolto umano. In quel mentre la madre ven ne a sapere non so come del ritrovamento di suo mari to , e si precipitò col cuore in gola in mezzo a noi gri dando: « Dov'è mio marito, il mio signore Faustiniano che da troppo tempo se ne va afflitto di città in città al la mia ricerca? » . Intanto che, come fuori di sé, gridava que ste parole e si guardava attorno, l'anziano corse verso di lei piangendo a dirotto e prese ad abbracciarla e a stringerla. A questo punto Pietro invitò il pubblico ad andarsene, spiegando che sarebbe stato indelicato rimanere oltre, poiché era opportuno trovar loro un ambiente più intimo per stare insieme. « Ma domani disse - chi di voi lo desidera , torni pure qui ad ascolta re il mio insegnamento» . 3 8 . A queste parole di Pietro, la folla se ne andò. Anche noi volevamo tornare all{l casa che ci ospitava, ma il padrone di casa ci disse: « E un'indegnità, è disdi cevole che uomini come voi alloggino in un ostello quando io ho a disposizione una casa quasi tutta vuo ta, una quantità di letti per dormire e tutto quanto il fabbisogno pronto» . Pietro stava dicendo che no, che non era i l caso, quando moglie e figli del padrone si buttarono ai suoi piedi, supplican dolo: << Per favore, rimani con noi ! » . Ma Pietro ancora non si dava per vinto, finché una figlia loro - che da tanto era tormentata da uno spirito immondo e che si trovava chiusa e legata in una �tanza - sentitasi liberata dal demonio ed essendosi spalancato l'uscio, si fece avanti ancora in catene, si prostrò ai piedi di Pietro e gli disse: « Signore mio, è giusto che tu compia oggi qui la mia salvezza e non rattristi né me né i miei genitori » .
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Pietro domanda il motivo delle catene e di quelle parole. I genitori, esultanti per la guarigione della figlia che più non speravano, e come incantati per la sorpre sa non riescono a rispondere. Sono i domestici presen ti a dire: «È da quando aveva sette anni che costei è posseduta dal demonio, e tutti quelli che hanno tentato di awicinarla lei li ha scorticati, dilaniati e persino fat ti a pezzi morsicandoli, e non ha mai smesso di agire così da venti anni a questa parte. Nessuno è riuscito a guarirla; ma nessuno, anche, era in grado di accostar la, poiché molti li ha resi inabili e altri ci hanno lascia to le penne. La realtà è che, forte indubbiamente dell'energia del demonio, era più robusta di qualsiasi uomo. Ma ora, come vedi, per la tua sola presenza il demonio è scappato; l'uscio, che era chiuso e sbarrato con rinforzi, si è spalancato e lei se ne sta lì, davanti a te, guarita, a pregarti di allietare il giorno della libera zione sua e dei genitori rimanendo in casa loro » . F u u n domestico, ripeto, a parlare così , mentre anche le catene si scioglievano da sole dalle mani e dai piedi di lei. Pietro, non dubitando che la guarigione della ragazza fosse dovuta alla sua presenza, accon sentì a rimanere con loro. Vi fece venire, assieme a sua moglie, anche quelli che erano rimasti nell'ostello. Ognuno prese alloggio nella propria cameretta e, dopo aver come al solito cenato e ringraziato Dio, ci ritiram mo a riposare ciascuno al posto suo.
LIBRO X } -4. PIETRO CONSIGLIA I FIGLI DI FAUSTINIANO, ANSIOSI DI CON VERTIRE IL PADRE, A LASCIARLO LIBERO NELLA SUA DECISIONE; 54 1 . DISCUSSIONE TRA PADRE E FIGLI ANCORA SULL'ASTROLOGIA E SU LLA IMMORALITA DELLA MITOLOGIA PER QUANTO INTERPRETATA IN M ODO ALLEGORICO; 42-5 1 . DISCORSO DI PIETRO CHE INVITA FAU STINI ANO E IL PUBBLICO A FARSI BATTEZZARE; 52-72 . DUE AMI CI DI FAUSTINIANO, APIONE E ANUBIO, SI TROVANO A LAODICEA CON SIMON MAGO E DESIDERANO VEDERLO. FAUSTINIANO LI RAG GIUNGE MA IL GIORNO DOPO RITORNA COL VOLTO CAMBIATO IN QUELLO DI SIMONE IN QUANTO QUESTI, BRACCATO COME MAGO DAL CENTURIONE CORNELIO, VUOLE VENDICARSI SIA DEL PADRE CHE DEI FIGLI CHE L'HANNO ABBANDONATO. PIETRO NE APPROFITTA CONSI GLIANDO A FAUSTINIANO DI ANDARE A i.AODICEA E, COL VOLTO DI SIMONE, RITRATTARE TUTTE LE CALUNNIE SEMINATE DA SIMONE CONTRO PIETRO E DICHIARANDO CHE LUI, SIMONE, HA INGANNATO TUTTI CON LA MAGIA. RIVOLTA DEL POPOLO CONTRO SIMONE, MEN TRE PIETRO RESTITUISCE A FAUSTINIANO IL SUO VERO VOLTO. APO TEOSI DI PIETRO AL QUALE TEOFILO OFFRE LA SUA CASA COME CHIESA E CATTEDRA DELL'APOSTOLO. FAUSTINIANO CHIEDE IL BAT TESIMO E VIENE BATTEZZATO.
l . Il mattino seguente, al levar del sole, io Clemen te con Niceta e Aquila, accompagnati da Pietro, andia mo là dove il babbo e la mamma stavano riposando. Li troviamo ancora a dormire, per cui ci sediamo davanti all'uscio e Pietro ci rivolge queste parole: << Statemi a sentire, carissimi compagni . So che avete un grande af fetto per vostro padre, e questo mi fa temere che voglia te forzarlo ad accettare anzitempo gli obblighi che la re ligione comporta mentre, in effetti, lui non vi è ancora preparato. Può darsi che per amore vostro dia l'impres sione di accontentarvi, m a non sarebbe una decisione convinta. Una cosa infatti che si fa per gli uomini non è definitiva e crolla presto. Il mio pensiero, perciò, è che gli lasciate un anno di tempo per vivere come gli pare. Può venire in viaggio con noi, e mentre noi istruiamo gli altri lui può l imitarsi ad ascoltare. Se, ascoltandoci, prende la giusta decisione di conoscere la verità, sarà
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lui stesso a pregarci di sottometterlo agli obblighi della nostra religione. Se invece non è d'accordo ci resterà amico. Quelli infatti che non li accettano liberamente, non appena si accorgono di non riuscire a farcela non solo rigettano quello che avevano abbracciato ma, co me a scusa della propria debolezza, cominciano a be stemmiare il mondo della religione e a sparlare di colo ro che non sono riusciti a seguire e a imitare ,, . 2 . Niceta gli risponde: « Non intendo affatto con traddire, mio signor Pi�tro, i tuoi giusti e saggi consi gli, ma voglio ugualmente dire due parole per imparare da te quanto ancora non so. Che succede se, entro l'an no che gli dai di tempo, nostro padre muore? Se ne an drà nudo e crudo all'inferno a patire per sempre ? ,, . Pietro: « Faccio mia la tua onorevole preoccupa zione per tuo padre e ti perdono per ciò che non sai. Qual è il tuo pensiero: uno che si ritiene d'aver vissuto rettamente, si salverà così , di colpo? Non credi che debba essere sottoposto ad esame, da chi conosce il fondo dell'uomo, sul perché ha vissuto rettamente? Non può averlo fatto solo per ubbidire, a mo' dei genti li, ai loro ordinamenti e alle loro leggi? o per tenersi amici gli uomini? o unicamente per abitudine acquisi ta o per qualsiasi altro motivo o per necessità di cose, e non, invece, per amore della giustizia in quanto tale e per Dio? Arriveranno alla pace eterna, infatti, e saran no accolti per sempre nel regno dei cieli coloro che hanno vissuto rettamente solo per Dio e per attuare la sua giustizia. La salvezza non si ottiene con la coazio ne, ma nella libertà; né come favore di uomini, ma per la fede in Dio . Bisogna inoltre considerare che Dio co nosce ogni cosa, e sa se vostro padre è suo. Ma se sa pesse che non lo è , cosa possiamo fare, noi, riguardo alle determinazioni da lui prese? Per quanto sta in me, vi do un consiglio: quando si sveglia e ci trova qui a sedere come persone che deside rano imparare qualcosa, trattate solo quegli argomenti che gli è utile conoscere; così, mentre ne parliamo tra noi , lui si istruisce.
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Comunque, da principio non parlate; può darsi ch e sia lui a volerei fare qualche domanda, e se ciò suc cede sarà più favorevole l'occasione di parlargli. Nel caso che lui non faccia domande, saremo noi a rivol ge rcele l'un l'altro - ripeto - come persone che deside rano i mparare l'una dall'altra. Questa , per lo meno, è la mia opinione; ma anche voi dite il vostro pensiero» . 3. Dopo esserci complimentati per il suo eccellen sono io, Clemente, a prendere la parola: onsiglio, c te
4 . Pietro risponde: cc Lasciamo perdere, via! Se ve ramente è degno di valicare la soglia della vita, sarà Dio a dargliene l'occasione propizia, e l'iniziativa sarà di Dio e non dell'uomo. Perciò, ripeto, lasciate che se gua il nostro cammino ascoltando quel tanto che di scutiamo! Ma poiché vi vedo un pochino eccitati vi ho consigliati appunto di attendere il momento propizio; e .
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Pseudo-Ciemente
quando Dio ce lo concederà fate buon viso a quanto dirò io)) , Mentre stiamo facendo questi discorsi, viene un ragazzo a dirci che nostro padre si è svegliato. Voleva mo andare noi da lui, ma è lui a raggiungerei. Ci dà il buongiorno con un bacio e, rimessici a sedere, ci dice: « È permesso fare domande a piacere, o stando ai pita gorici, è sempre meglio tacere ? ,, , E Pietro: « Noi non costringiamo quelli che vengono da noi né a star sempre zitti né a fare domande, ma li la sciamo liberi di fare come vogliono poiché sappiamo che, chi ha a cuore la propria salvezza, se sente un qual che dolore interiore non ce la fa a stare zitto; mentre chi si disinteressa della propria salvezza, se è costretto a porre domande, non ne ricava altra utilità se non di far la figura di uno che mostra di avere un interesse cultu rale. E allora, se desideri sapere qualcosa, chiedi pure,, . 5 . L'anziano: «Tra i filosofi greci corre un detto piuttosto forte : afferma che nella vita degli uomini non esiste nulla che sia di per sé buono o cattivo, ma che sono gli uomini a dire che questo è bene e quello è ma le a seconda della loro prassi abitudinaria 1• In realtà, neppure l'omicidio è un male, dal momento che libera l'anima dalla prigione corporea, e ciò è tanto vero che anche i giudici più onesti mettono a morte i trasgresso ri. Ora, se fossero convinti che l'omicidio è un male, gli uomini onesti non lo permetterebbero. Neppure l'adul terio, dicono, è un male, poiché se il marito di lei non ne è al corrente o non se ne cura, per chi lo commette non è affatto un male. Neppure rubare è di per sé un male, poiché se uno necessita di qualcosa lo toglie a chi ce l'ha; sarebbe certo opportuno che se lo prendes se liberamente e pubblicamente, ma poiché lo si fa di nascosto è soprattutto il metodo incivile che il deruba to rimprovera. L'uso infatti di tutte le realtà di questa 1 Aristippo, citato da Diogene Laerzio in Le vtte, le dottrine e le opinioni di filosofi illus tn 2 , 99; Epifane, citato da Clemente Alessan drino in Stromati 3, 2 , 6-9.
5-7 R 1trov amenti, X,
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terra avrebbe dovuto essere comune a tutti gli uomini; è solo l'ingiustizia che fa dire a uno: "questo è mio" e a un altro: "quest'altro è mio" . Ed è così che si è creata la divi sio ne tra gli uomini . Uno dei più noti sapienti gre c i, ad esempio, sapendo che le cose stanno così ebbe a di re: "Tutto, fra gli amici, dev'essere in comune" 2• Ora, in questo "tutto" sono evidentemente compresi anche i coniugi . E come uno non può impossessarsi dell'aria o de lla luce del sole, la stessa cosa vale per tutto il resto che è stato dato a tutti in comune: non si deve spartire per possederlo, ma considerarlo a disposizione di tutti. Ho voluto dire questo poiché desidero orientarmi ad agire bene; ma non mi è possibile agire bene se pri ma non apprendo che cos'è il bene. Se riuscirò ad aver ne un'idea chiara, capirò allora anche cos'è il male, os sia il suo contrario. 6. Desidero ora che uno di voi risponda a queste mie osservazioni, ma non Pietro. Non è giusto, infatti, che alle parole e alla dottrina che da lui beviamo noi mescoliamo i nostri problemi. Quando lui fa un'affer mazione, la si deve accettare senza tergiversare. Faccia dunque fra noi la funzione di arbitro, e se per caso la nostra discussione non arriva a soluzione sia lui a espri mere il suo parere e sciogliere così definitivamente i no stri dubbi. Certo, potrei anche subito fidarmi ed essere soddisfatto del suo solo parere, se lo crede opportuno, cosa che comunque farò senz'altro alla fine. Desidero però prima rendermi conto se è possibile, in una di scussione, arrivare a trovare la verità che si cerca. Sarei contento che fosse Clemente a parlare per primo. Dovrebbe dimostrarci se in natura e nelle azio ni che si compiono c'è alcunché di bene o di male» . 7 . Tocca a me, dunque, rispondere. «Dal momento ..: h e vuoi sapere da me se qualcosa, in natura o nell'agi re, è bene o male, o meglio se nella consuetudine degli uomini che ci hanno preceduto si può dire che alcune 2
Platone, Leggz 739C; Eusebio, Preparazione evangelica 1 3 , 1 9, 1 4 .
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Pseudo-Ciemente
cose siano buone e altre cattive a motivo della spartizio ne che essi hanno fatto tra loro dei beni comuni - cose che, come tu dici, dovrebbero essere a disposizione di tutti come l'aria e la luce del sole -, penso che non devo portarti prove se non da quelle stesse discipline che usi tu e che tu confermi capaci di mettere fuori di dubbio quanto si dice. Voi fissate degli ambiti precisi a tutti gli elementi e agli astri, e in alcune di quelle che voi chiamate co stellazioni essi si uniscono senza danno, quasi maritai mente, mentre in altre l'unione è sfavorevole, come nell'adulterio. Dite anche che certe cose sono universa li e comuni a tutti, mentre altre non sono né comuni a tutti né universali . Ma per non dilungarmi, esemplifico concretamente in due parole. La terra, che è secca, ha bisogno di essere mescolata sponsalmente all'acqua, così che possa produrre generi alimentari senza dei quali l'uomo non può vivere. Questo connubio è dun que conveniente. Se, al contrario, alla terra si unisce il gelo o all'acqua il caldo, un connubio del genere pro duce danni e in questi casi si parla di adulterio» . 8 . Mio padre : «Allo stesso modo che dalla disar monica congiunzione degli elementi e delle stelle sca turisce subito un danno, si dovrebbe dimostrare che anche l'adulterio è un male» . Rispondo: « Dammi prima la tua conferma se, co me tu stesso hai ammesso, da un inopportuno e disar monico connubio ne derivano dei mali, e poi ne trarre mo le conseguenz�» . Mio padre: « E come dici tu , figlio mio, stando a come si comporta la natura». Riprendo: « Poiché dunque desideri sentir parlare di questo, sta' a vedere quanti sono, a giudizio di tutti, i mali . Non ti pare che siano un male la febbre, un in cendio, una sommossa, una catastrofe, una strage, il carcere, le torture, le sofferenze, i lutti, e così via? » . Mio padre: « È vero, figlio mio. Sono tutti mali, e anzi grandi mali. E chi nega che s iano dei mali è sicu ramente degno di subirli! » .
R1trovamen tl , X 9 - 1 0
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9 . Io: << Ebbene , dal momento che sto discutendo con uno che di astrologia se ne intende, parlerò con te a ques to livello in modo che, spiegandoti le cose con gli ste ssi argomenti di tua competenza, ci troviamo più presto d'accordo. Ed ora ascoltami . Hai ammesso che le cose sopra ate sono mali - mi riferisco alla febbre, agli incen enc el di, eccetera -; secondo voi, essi sono causati dalle catti ve stelle , ossia dall'umido Saturno e dal caldo Marte, mentre i loro contrari dipendono dalle stelle favorevoli, val e a dire dal temperato Giove e dall'umida Venere . E così, o no? » . M w padre: «È così, figlio mio, e non può essere al tri menti » . Io: <
1 0. Mio padre: << Sei stato veramente sintetico e in comparabile nel dimostrare che il male nell'agire esi ste. Ma vorrei mi spiegassi ancora una cosa: come fa, Dio, a giudicare con giustizia quelli che peccano - co me voi dite - se è l'oroscopo a costringerli a peccare ? » .
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Pseudo-Ciemente
Rispondo: « Sono un po' esitante, padre mio, a parlartene, poiché dovrei trattarti con tutto rispetto. Sarebbe diverso se ritenessi conveniente parlarti come voglio» . Mio padre: « Di' pure quello che pensi, figlio, an che se ti sembra offensivo. Non sei tu, è chiaro, ma la ragione stessa della discussione che in caso può offen dere, proprio come quando una moglie casta si ribella contro un marito intemperante per salvare la salute e l'onorabilità» . Riprendo: « Se non stiamo bene aderenti a tutte le conclusioni che già abbiamo raggiunte e ammesse, os sia se lasciamo continuamente cadere quanto già ab biamo chiarito, abbiamo tutta l'aria di tessere, causa la dimenticanza, la tela di Penelope, disfacendo ogni vol ta il tessuto già fatto. I casi allora sono due: o non dob biamo dichiararci troppo facilmente d'accordo prima ancora di aver esaminato attentamente l'argomento in questione, oppure, se già ci siamo detti d'accordo e la soluzione è stata accettata, continuare a restar fermi sulle conclusioni già dedotte. Solo così possiamo pas sare ad altri problemi » . Mio padre : << Dici bene, figlio mio. E so perché parli così . È perché ieri, discutendo sulle cause natu rali, hai dimostrato c he una certa potenza malvagia, trasformandosi in costellazione, eccita nell'uomo le cattive tentazioni che lo sollecitano in svariate manie re al peccato, senza tuttavia forzarlo a commettere peccato» . Gli rispondo: <
R1trovam entl , X, 1 1 - 1 2
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1 1 . Gli rispondo: « Sta' a sentire, padre mio, come funziona l'astrologia, e poi fa' come ti dico. Cercati un astrologo 3 e digli anzitutto: "in quel periodo mi sono ca du te addosso queste e quest'altre sventure, e voglio sape re da dove, in che modo e a causa di quali stelle so no pi ovute su di me ! " . Ti risponderà sicuramente che in que l periodo stavi sotto il maligno Marte, oppure Satur no, oppure che uno di essi si era ribellato, o ancora che qualcuno ha guardato quel tuo periodo di tempo dia m etralmente o in congiunzione o centralmente o ti darà altre risposte simili. Aggiungerà che in tutti questi awe nimenti qualcuno o non aveva rapporti col male, o era invisibile, o nel quadro, o fuori campo, o mancante, o in contatto, o fra astri bui . . . e molte altre risposte più o meno come queste ti darà, in base ai suoi propri ragio namenti; e su ogni dettaglio ci metterà il suo sigillo. Dopo di questo va' da un altro astrologo e digli esattamente il contrario: "in quel periodo ho avuto questa e questa fortuna" - digli però quello stesso pe riodo che hai detto al primo - e domandagli per quale posizione astrale ti siano capitati quei benefici . Ma, ri pe to, non cambiare il periodo di tempo che avevi detto in riferimento alle sventure. Avendolo ingannato nel tempo, vedrai quante posizioni astrali scoverà per di mostrarti che proprio in quello s� esso periodo ti dove vano succedere eventi positivi ! E impossibile, infatti, che gli astrologi non trovino sempre, in ognuna di quelle che essi chiamano costellazioni, alcune stelle in posizione favorevole e altre in posizione sfavorevole, poiché lo Zodiaco è astrologicamente una zona della sfera celeste eclittica, capace di molteplici e diverse re lazioni, per cui hanno sempre una giustificazione per dire quello che vogliono. 1 2 . Succede la stessa cosa quando gli uomini fan no qualche sogno senza capirne il significato: quando 3 Tutto questo paragrafo 1 1 si ritrova nello Pseudo-Ambrogio, Atti di Sebastiano 1 6, 55 (PL 1 7, 1 045C). Origene, nel Commento al Genesi 3 (cf. Filocalia 2 3 , 2 1 -22) riporta 1 paragrafi 1 1 e 1 2.
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Pseudo-Ciementè
si verifica un qualche fatto accomodano il sogno avuto al fatto stesso. Lo stesso vale per l'oroscopo: prima che un fatto si verifichi, gli astrologi non si pronunciano mai in modo definitivo; solo dopo che si è verificato ti danno le motivazioni del fatto accaduto. Succede spes so, del resto, che quando anticipano una previsione che poi non si verifica, biasimano se stessi ma dando però la colpa a quella stella che ha impedito l'awerarsi della predizione, e noi non li consideriamo ignoranti perché il loro errore non dipenderebbe dalla loro in competenza bensì da un incidente casuale . In realtà non conoscono quali sono gli atti che noi desideriamo compiere, a prescindere dal fatto di !asciarci trasporta re dalle tentazioni. Noi , però, che sappiamo il motivo di questo miste ro, ne conosciamo anche la causa: possediamo il libero arbitrio, così che alle tentazioni a volte resistiamo e a volte soccombiamo. Insomma , non è mai sicuro quale strada prenda un'azione umana, perché dipende ap punto dalla libera decisione personale. L'astrologo può infatti indicarci quale tentazione scatena dentro di noi la potenza del male, ma se questa ci porterà ad assecondarla oppure no nessuno può sa perlo prima che sia successo, poiché c'è in gioco il libe ro arbitrio. Gli astrologi questo dato lo ignorano, e si sono inventati perciò i climateri, vale a dire delle scap patoie a soluzioni incerte come ho dimostrato ampia mente ieri . 1 3 . Ora, s e t i sembra d i avere qualcosa d a aggiun gere, di' pure » . Mio padre: « Nulla d i più vero d i quanto c i hai det to, figlio mio,, . Mentre facevamo questi discorsi fra noi , un tale venne a darci notizia che fuori ci aspettava una notevo le folla venuta per assistere alla discussione. Pietro ot tenne il permesso di farla entrare, dato che il posto era adeguatamente capiente. Una volta tutti entrati, Pietro disse a noi: « Se uno di voi se la sente, rivolga al pubbli co un discorso sul tema dell'idolatria» .
R1tr ovame ntl , X. 1 3-1 5
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lo, Clemente, gli rispondo: « La tua benignità è grande , e la mitezza e la pazienza che usi con tutti ci permette di avere il coraggio di parlare davanti a te e di chiederti ciò che vogliamo. Perciò, ripeto, la delicatezza del tuo fare è un invito e una esortazione a tutti quanti di accogliere i comandamenti della dottrina della salvez za; e questa è una cosa che fino ad oggi non ho riscon trato in nessun altro all'infuori di te, che non hai un pelo di gelosia e di irritazione. Qual è il tuo parere ? » . 1 4 . Pietro: « Questo atteggiamento non dipende sol tanto dalla mancanza di gelosia e di irritazione. In alcu ni, a volte, cova il timore di non riuscire a dare risposte esaurienti agli argomenti proposti, e vogliono evitare perciò la taccia di incompetenti. Ma non è proprio il ca so che uno abbia questo timore, poiché non esiste un uomo solo che sia obbligato a dichiarare di conoscere tutto . C'è soltanto uno, infatti, che sa tutto, ed è colui che tutto ha creato. Se persino il nostro Maestro ha di chiarato di non conoscere né il giorno né l'ora, pur avendone predetti i segni anticipatori, per riportare ogni cosa al Padre 4, perché mai dovremmo noi vergo gnarci di ammettere che qualcosa ci sfugge, quando ab biamo nientemeno che l'esempio del Maestro? C'è una cosa, tuttavia, che siamo sicuri di sapere, ed è quello che ci ha insegnato il Vero Profeta; ma tutto ciò che il Vero Profeta ci ha comunicato è quanto lui stesso ha ritenuto sufficiente all'uomo di sapere » . 1 5 . lo, Clemente, riprendo allora a parlare: «Quan do a Tripoli polemizzavi contro i gentili ho provato una grande ammirazione per te, mio signor Pietro, perché educato in famiglia nella cultura ebraica e nell'osser vanza della loro Legge , non ti sei lasciato inquinare per niente dalla cultura greca, e perché hai parlato con uno stile così squisito e unico da accennare persino alle sto rie degli dèi che si usa recitare nelle rappresentazioni teatrali. Ma mi sono accorto che quelle loro favole sa-
4 Cf. Mt. 24, 36; Mc. 1 3 , 3 2 .
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Pseudo-Ciemente
crileghe non le conosci abbastanza bene e perciò, n chiamandomi ad accenni fatti da te, se sei contento ne parlo cominciando dall'origine» . Pietro: « Di' pure - mi dice -. Fai bene a darci una mano nella predicazione » . E io: « Parlo allora s u tuo invito; non come uno che vuol fare il maestro ma per tirare in ballo quelle piuttosto sciocche credenze che i gentili hanno nei confronti dei loro dèi » . 1 6 . Sto per iniziare quando Niceta, mordendosi le labbra, mi fa cenno di non parlare. Pietro se ne accor ge e gli dice: « Perché vuoi mortificare una mente aper ta e un temperamento generoso pretendendo che se ne stia zitto per una certa considerazione verso di me che non sento di meritare? Non sai , piuttosto, che se tutte le persone che hanno ascoltato da me la predicazione della verità e sono passate alla fede , desiderassero poi darsi all'insegnamento della verità, mi procurerebbero una gloria più grande , ammesso che tu mi ritenga affa mato di gloria? Esiste forse maggior fonte di gloria del fatto di aver preparato dei discepoli per Cristo? Ma non perché se ne stiano zitti e si salvino da soli, bensì perché ripetano quanto hanno appreso e siano di aiuto a molti altri! Magari che tu, Niceta, e anche tu, carissimo Aqui la, mi aiutaste a predicare la parola di Dio, tanto più che conoscete così bene i punti dove i gentili sono fuori strada! E il mio desiderio sarebbe che non soltanto voi , ma tutti quelli c h e mi ascoltano, ascoltassero e impa rassero in modo tale, ripeto, da essere in grado anche di insegnare. Il mondo, effettivamente, ha bisogno di mol ti che aiutino gli uomini a tirarsi fuori dall'errore» . Dopo queste parole s i rivolge a me: « Ebbene, Cle mente, continua pure quello che volevi dire » . 1 7. Subito allora riprendo: « Poiché, ripeto, quan do a Tripoli discutevi, hai fatto utilmente e necessaria mente molti accenni agli dèi pagani, ho proprio voglia di raccontare alla tua presenza la loro buffa origine, sia
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R ttrovament t , X, 1 7- 1 8
p erch é tu sia aggiornato sulla montatura di questa vuota superstizione, sia per far conoscere al nostro pubb lico le infamie legate al loro errore. Dunque, i pagani più colti dicono che all'inizio dei tempi regnava il Caos il quale, durante un tempo lun ghissimo, ha consolidato la propria superficie esterna dandosi dei confini e una base e prendendo, per così dire, la figura di un immenso uovo. Per lunghissimo te mpo ancora nel suo interno, ossia dentro questo gu scio d'uovo, è stato come covato e ha preso vita una s pecie di essere vivente. Poi quel guscio enorme si è spaccato, e ne è venuto fuori una specie di uomo a due facce da essi chiamato Androgino, ma che hanno an che chiamato Faneta - dal greco phanésco che vuol di re apparire - perché, dicono, quando apparve si spri gionò anche la luce. Dicono perciò che fu generata la Sostanza, la Saggezza, il Movimento, l'Accoppiamento, e che da essi sono venuti fuori il Cielo e la Terra. Dal Cielo sono stati generati sei maschi chiamati anche Ti tani; dalla Terra, parallelamente, sei femmine cui die dero il nome di Titanidi. I nomi dei maschi nati dal Cielo sono questi : Oceano, Ceo, Crio, lperione, Giapeto e Crono - che noi chiamiamo Saturno I nomi delle femmine nate dalla terra sono questi: Tia, Rea, Temi, Mnemosine, Teti e Febe. -.
1 8 . Il primo maschio nato dal Cielo prese in mo glie la prima figlia della Terra, il secondo la seconda e così via. Ora, il primo che aveva sposato la prima ha dovuto, per lei , scendere in basso; la seconda, invece, grazie a chi aveva sposato, salì in alto e così, uno dopo l'altro, in quest'ordine, occuparono quei posti che gli erano capitati in sorte dalle nozze contratte . Dai loro rispettivi accoppiamenti dicono che sono nati un sacco di altri figli. Ma di quei sei maschi, quello chiamato Saturno, che aveva sposato Rea, awertito da un oraco lo che chi fosse nato da lui lo avrebbe superato quanto a vigoria e lo avrebbe detronizzato, decise di mangiarsi tutti i figli che avrebbe avuto. Il primo a nascergli fu il cosiddetto Aide, che noi chiamiamo Orco, che venne
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Pseudo-Ciemente
preso e divorato dal padre per i motivi accennati . Dopo di lui ne generò un secondo chiamato Nettuno, che ugualmente si mangiò. :tultimo figlio, che chiamarono Giove, venne però abilmente sottratto a quel cannibale di suo padre dalla madre Rea che ne aveva avuto com pa ssione : per evitare che i vagiti del bambino gli arri vassero alle orecchie, ordinò ai Coribanti (Cureti) di percuotere cembali e timpani in modo che con quel fracasso non ne potesse udire i vagiti.
1 9 . Il padre , però , s'era accorto che il parto era av venuto dalla perdita di grossezza del ventre della mo glie, e le chiese il figlio per poterlo divorare, ma Rea gli mise innanzi un grosso sasso dicendogli: "Questo ho partorito" . Il padre lo prese e lo ingoiò e quel sa sso, una volta inghiottito, spinse, costringendoli a uscire, i figli divorati pri ma. Il primo in ordine a venire espulso fu Orco, che oggi occupa la posizione più bassa , ossia gli inferi . Il secondo , che veniva dopo di lui, venne espulso sulle acque , ed è quello che chiamiamo Nettu no. Il terzo, superstite grazie allo stratagemma della madre Rea , fu da lei stessa messo in groppa a una ca pra e spinto in cielo .
20. Fin qui si sarebbe sviluppato il vecchio mito pagano riguardante la genealogia; ma non si finirebbe più se volessi spiattellare tutte le nascite di quelli che essi c hiamano dèi e le loro nefande gesta. A titolo d'esempio, comunque, tralasciando tutti gli altri, voglio riportare le scandalose awenture di quello che essi considerano il dio più grande e importante che chia mano Giove. Dicono che questi, in quanto il migliore di tutti, ebbe sede nel cielo e non appena raggiunta l'adolescenza sposò la propria sorella chiamata Giuno- . ne , comportandosi per questo fin dall'inizio come un animale. Giunone partorisce Vulcano, ma dicono che non fu concepito da Giove. Da Giove invece ebbe Medea; ma saputo da un oracolo che chiunque fosse nato da Giu none sarebbe stato più forte di lui e lo avrebbe detro-
Altr ovamentl, X, 20-2 1
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ni zzato, anche lui se la prese e se la mangiò. Partorì poi an cora , dal cervello, Minerva e, dal suo fianco, Libero. In seguito si innamorò di Tetide, ma dicono che Prom eteo gli fece sapere che se fosse andato a letto con le i , il figl io che ne sarebbe nato sarebbe stato più forte d el p adr� e allora Giove, impaurito, la diede in moglie a Peleo. E la volta poi di Persefone , che aveva avuto da Cerere: si accoppia con lei e ne nasce Dioniso che viene sbranato dai Titani ; ma ricordandosi che, se suo padre Saturno avesse avuto un altro figlio, questi sarebbe sta to più forte di lui e l'avrebbe detronizzato, tenta di dar battaglia al padre assieme ai suoi fratelli Titani; questi vengono sconfitti e infine riesce a mettere in catene an che il padre a cui taglia gli attributi maschili e li getta in mare . Il sangue però che sgorga dalla ferita, accolto dalle onde e, per il continuo loro ondeggiare, trasfor mato in schiuma, genera la cosiddetta Afrodite da noi chiamata Venere ; e dicono che Giove, sempre lui, gia cend o con lei che era indubbiamente sua sorella, ge nerò Cipride da cui dicono sia nato Cupido.
2 1 . Questo per quanto riguarda i suoi rapporti in cestuosi. E adesso sta' a sentire gli adulteri commessi . Corrompe Europa , moglie di Oceano, e ne nasce Dodo neo; da Elena moglie di Pandione ha Museo; da Euri none, moglie di Asopo, gli nasce Ogigo; da Ermione , moglie di Oceano, nascono le Grazie: Talia, Eufrosine e Aglaia; da Temi, sua sorella, nascono le Ore : Ennomia, D ike e Irene ; da Temisto moglie di Inaco, nasce Arca de; da Ida di Minasse nasce Asterione ; da Fenissa di Al fione nasce Endimione; da Io di Inaco nasce Epafo. Ebbe pure rapporti con Ippodamia e con Ifione , figlie di Danao: lppodamia era moglie di Oleno , mentre Ifio ne di Orcomeno detto anche Crise. Da Carinea moglie di Fenice nasce Critomaris che fu compagna di Diana; da Callisto moglie di Licaone nasce Orca; da Libia mo glie di Munanti nasce Belo; da Latona ha Apollo e Dia na; da Leanira di Eurimedonte nasce Coron; da Lisitea di Evenio nasce Elena; da Ippodamia moglie di Belle rofonte nasce Sarpedone; da Megaclite di Macareo na-
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scono Tebe e Locri; da Niobe di Foroneo nascono Argo e Pelasgo; da Olimpiade di Neottolemo nasce Alessan dro (Magno); da Pirra di Prometeo na sce Elmete ; da Protogenia e da Pandora, figlie di Deucalione, ebbe Etelio, Doro, Melera e Pandoro; da Taicrucia di Proteo ha Ninfeo; da Salamina di Azopo ha Saracone ; da Tai ge , Elettra , Maia e Plutide , figlie di Atlante, ebbe ri spettivamente : da Taige Lacedemone , da Elettra Dar dano , da Maia Mercurio e da Plutide Tantalo; da Ftia di Foroneo gli nasce Acheo; dalla ninfa Calc is gli nasce Olimpo; dalla ninfa Caridia gli nasce Alc ano; da Clori de, che era stata moglie di Ampige , nasce Mopso; da Cotonia moglie di Lesbo nasce Polimede . Ebbe rappor ti con lppodamia moglie di Aniceto e con Crisogenia moglie di Peneo, e da quest'ultima ebbe Tifeo.
2 2 . Ma ha avuto altri moltissimi rapporti adulteri ni che non gli diedero discendenza . Sarebbe troppo lungo elencarli. Bisogna dire che in tutti gli adultèri che abbiamo elencato, alcune di quelle donne le ha corrotte trasfor mandosi come un mago. Ha corrotto, ad e sempio, An tiope , moglie di Micteo, trasformandosi in Satiro : ne nacquero Amfione e Zeto; per Alcmena ha preso le spo glie di suo marito Anfitrione e ne è nato Eaco. Trasfor mandosi ancora in aquila stupra anche Ganimede di Dardano; per Mantea di Foci diventa orso e ne nasce Arcto; per Danae di Acrisio si cambia in oro e ne nasce Perseo; per Europa di Fenice si trasforma in toro e ne nascono Minosse , Radamante e Sarpedone ; per Euri medusa di Achelao si cambia in formica e ne na sce Mirmidone ; per Talia , ninfa di Etna, si cambia in av voltoio e ne nascono, in Sicilia, i gemelli Palici ; per Imandra di Geneano presso Rodi si trasforma in piog gia e ne nasce Anchino; per Leda moglie d1 Teseo si tra sforma in Cigno e ne nasce Elena , e sempre per la stes sa si trasforma in stella e ne nascono Castore e Polluce. Adesca Lamia sotto le spoglie di un'upupa; Mne mosine sotto quelle di un pastore : d a essi nascono le nove Muse; Nemesi sotto quelle di un'oca ; Semele , fi-
Altrovamentl , X 22-24
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glia d i Cadmo, sotto quelle del fuoco e n e nasce Dioni so . Dalla sua propria figlia Cerere ha Persefone, ma si u ni sce anche a questa trasformandosi in drago.
2 3 . Non risparmia neppure Europa, moglie dello zio paterno Oceano; corrompe Eurinome e punisce suo padre ; corrompe Pluti , figlia di suo figlio Atlante, e il figlio che ne nasce, Tantalo , lo condanna; da Larissa, anche lei di Orcomenio, ha Tizio, anche que sti condan na to al supplizio; rapisce Diana, moglie di suo figlio I s sione, e sottopone pure questi a eterne torture . Insom ma, quasi tutti i figli avuti dalle sue relazioni adulteri ne li ha destinati a morte violenta , e i loro sepolcri , quasi tutti , sono noti. Di questo assassino che ha ammazzato i parenti e ne ha violato le mogli, oltre a stuprare le proprie sorel le, di questo mago che ha assunto mille sembianze la tomba è ancora visibile a Creta . Eppure i cretesi, che sono al corrente delle sue attività incestuose che essi stessi ritengono autentiche e delle quali fanno larga pubblicità, non si vergognano di chiamarlo dio. Per questo mi sembra strano, anzi stranissimo, che uno co me lui che ha il primato universale qu anto a delitti e nefandezze , abbia avuto il titolo di sacro e del migliore in as soluto tanto da venir chiamato padre degli dèi e degli uomini. A meno che quel Maligno che gode dei mali degli uomini abbia persuaso quelle infelici anime a onorare , al di sopra di tutti gli altri , proprio quel dio che superava tutti quanti in fatto di delinquenza: era un invito a tutta l'umanità a imitarne le malefatte. 24. Ma anche dei suoi figli, da essi ritenuti dèi, si mostrano apertamente le tombe disseminate qua e là per il mondo: quella di Mercurio a Ermopoli , di Venere Cipria a Cipro, di Marte in Tracia, di Libero a Tebe do ve si dice sia stato s branato, di Ercole a Tiro dove fu cremato, di Esculapio nell'Epidauro . . . e tutti costoro che essi affermano essere non solo uomini defunti ma uomini dissoluti e impuniti per i loro delitti, vengono tuttavia adorati come dèi da uomini insensati.
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Pseudo-C iemente
2 5 . Se poi vogliono dimostrare, come affermano , che questi sono i luoghi piuttosto della loro nascita che della loro sepoltura, i fatti svoltisi recentemente in pae si vicini sfateranno anche quelli anteriori e remoti quando dimostreremo che essi adorano gente che essi stessi dichiarano essere non solo uomini ma cadaveri e, anzi , condannati, come ad esempio i siri per quanto ri guarda Adone, gli egiziani Osiride, i troiani Ettore, i leuconi Achille, gli abitanti del Ponto Patroclo e, a Rodi, Alessandro il Macedone. E molti altri, in varie località, sono venerati e adorati da singole persone come dèi pur avendo la convinzione che si tratti di uomini morti . È una conclusione logica, allora, che anche i loro antenati sono caduti nello stesso errore , quello di aver dato onori divini a cadaveri di uomini che tutt'al più hanno avuto un qualche potere o abilità, soprattutto poi se hanno incantato uomini sciocchi con magiche visioni . 26. Bisogna inoltre aggiungere che anche i poeti hanno abbellito con eleganza letteraria quelle false fin zioni , e hanno persuaso col loro dolce stile che da mor tali sarebbero diventati immortali . Dirò meglio: che da uomini sono diventati stelle , alberi , animali, fiori, uc celli, sorgenti e fiumi. Insomma , per non apparire pro lisso, potrei fare un elenco di quasi tutte le stelle, al be ri, sorgenti e fiumi in cui quegli uomini si sono tramu tati, ma mi limito a ricordare a mo' d'esempio un caso per ogni tipo. Dicono che Andromeda, figlia di Cefeo si è mutata in stella; Danae, figlia del fiume Ladone , in albero; Giacinto, l'amato di Apollo, in fiore; Callisto nella costellazione detta Orsa ; Procne e Filomela, con Tereo, in uccelli; Tisbe della Cilicia e Piramo, suo con terraneo , cambiati rispettivamente in sorgente e in fiu me . Ma quasi tutte le stelle , ripeto , e gli alberi e le sor genti e i fiumi e i fiori e gli animali e gli uccelli essi af fermano che un tempo erano stati uomini » .
2 7 . Pietro, all'udire queste cose, disse : « Dunque, se condo loro, prima che gli uomini venissero tra sformati
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in stelle o nelle altre cose che hai elencate, il cielo non avrebbe avuto stelle, né la terra alberi e animali e sor ge nti e fiumi e uccelli ! E come hanno p otuto vivere gli u omini senza questi elementi poi trasformati in altro, da l momento che si sa che senza di essi gli uomini non avre bbero assolutamente potuto vivere sulla terra ? )) , Ri spondo: « Ma non hanno saputo neppure prati care secondo la logica il culto dei loro dèi ! Ognuno di quelli che adorano, infatti, ha un qualche oggetto a lui sacro dal quale i loro devoti devono asteners i ! Pensa a ll'oliva, sacra a Minerva ; dicono che la capra sia sacra a Giove, le sementi a Cerere, il vino a Libero, l'acqua a Osiride , il montone ad Ammone , il cervo a Diana , il pe sce e la colomba al dio dei siri, il fuoco a Vulcano. A ognuno di essi , ripeto, è dedicato personalmente qual cosa da cui i rispettivi devoti sono tenuti ad astenersi in onore della divinità cui è consacrato. Ora , astenen dosi ciascuno da quel particolare oggetto, per onorare un dio non fanno che attirarsi l'ira dì tutti gli altri ; ma se vogliono placare questi altri , per onorarli tutti quan ti avrebbero dovuto astenersi da tutto, così che auto condannand osi giu stamente prima del giorno del giu dizio, sarebbero morti miseramente di fame .
2 8 . Ma ritorniamo al nostro tema: qual è il motivo, anzi, quale pazzia schiavizza la ragione umana da in durla a venerare e adorare come dio un uomo sacrilego, scellerato, empio - mi riferisco a Giove -, incestuoso, patricida, parricida, che non solo è riconosciuto tale ma se ne cantano persino le gesta nei pubblici teatri ? Il fat to è che, se ha meritato di esser dio per queste sue av venture , dovrebbero anche oggi adorare come dèi quelli che sanno essere omicidi , adulteri , parricidi, incestuosi ! Ebbene, non riesco proprio a capire perché venerano in lui quello che aborriscono negli altri ! )) , Pietro: « Poiché dici d i non capirlo, t i dico i o per ché venerano quei misfatti in lui . Primo: perché quan do essi compi ono azioni simili alle sue, sanno che gli risulteranno graditi proprio perché ne imitano le scel leratezze .
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Pseudo-Cieme nte
Secondo: perché quelle gesta , adombrate con arte nelle opere letterarie ed elegantemente messe in versi, le hanno tramandate gli avi e oggi, con la scusa della cultura, quando le si fa conoscere ai raga zzi, esse si imprimono nelle loro tenere teste ingenue , e difficil mente poi le si può estirpare e fargliele abbandonax;e )) .
29. A queste parole d i Pietro rispose Niceta : •• Non credere, mio signor Pietro , che gli eruditi pagani non abbiano giustifica zioni verosimili con cui avallare quei comportamenti che appaiono colpevoli e svergognati . Questo lo dico non per approvare i loro errori ! Lungi da me , infatti, che una cosa del genere mi abbia sfiora to la mente . So tuttavia che i più saggi di loro sono in possesso di alcune prove su cui usano basare e colorire quei fatti che sembrano assurdi . Se sei d'accordo che porti qualche esempio di cui in qualche modo sono ve nu to a conoscenza, farò come decidi tu )) . Pietro gli accordò il permesso, e Niceta continuò : 30. «Dei libri dove i greci parlano della propria sto ria antica, oltre a molti altri autori vengono in evidenza soprattutto due più importanti: Orfeo e Esiodo. I loro scritti hanno due chiavi di comprensione : il senso lette rale e il senso allegorico. Ora , la gente ignorante si è ab buffata di quei racconti presi nel senso letterale mentre tutto quello che ne hanno detto i filosofi ed eruditi in base al significato allegorico ha riscosso ammirazione. Ora , è Orfeo che parla del Caos iniziale esistente da sempre, immenso , non creato, da cui ogni cosa ha avu to origine. E veramente ha detto che quel Caos non era né tenebre , né luce, né umido, né secco, né caldo, né freddo , ma era tutte queste cose insieme ; e che è sem pre stato uno solo, da principio informe ma che, diven-. tato come un immenso uovo lungo interminabili secoli, abbia poi partorito e dato alla luce un essere duplice da essi chiamato Androgino, che deriva dalla fusione ap punto di quelle opposte differenze in un unico soggetto. Questo sarebbe stato il principio di ogni cosa. Questa prima realtà nata sarebbe frutto della materia più fine,
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il resto si sarebbe distinto in quattro elementi: con i due elementi più importanti avrebbe fatto il cielo, con gli al tri la terra, e afferma che tutte le cose , ormai, nascono e vengono generate da quegli elementi per reciproca compenetrazione. Fin qui Orfeo.
3 1 . Un'aggiunta fatta da E siodo è che dopo il Caos si sarebb ero subito formati il Cielo e la Terra , dai quali sarebbero nati quegli undici - a volte parla anche di dodici - che egli distingue in sei ma schi e cinque fem mine . Ai maschi dà il nome di Oceano, Ceo, Crio, Ipe rione, Giapeto e Crono detto anche Saturno; alle fem mine Tia , Rea, Temi, Mnemosine , Teti. Questi nomi presi nel loro significato allegorico, significano: il nu mero undici - o dodici - dicono che comprende l'es senza prima, che avrebbero chiamato Rea, che signifi ca appunto "scorrere"; gli altri non sarebbero che i suoi dieci accidenti chiamati anche "proprietà" . Ag giungono tu ttavia come dodicesimo Crono, da noi det to Saturno, che sarebbe il tempo. Dunque, Saturno e Rea sarebbero rispettivamente il Tempo e la Materia. Questa, per la mescolanza di umido e secco, di stagioni calde e fredde, genera ogni altra cosa. 3 2 . La materia - dice lui - per prima cosa, dopo lungo tempo, genera come una consistente bolla che, gra zie allo spirito esi stente nelle acque, a poco a poco si condensa e si ingrossa , e per un certo tempo viene spinta tutta attorno alla superficie della materia dalla quale , come da una vulva , era uscita; e induritasi per il rigido freddo e continuamente estendendosi per so vrapposizione di ghiaccio, un bel giorno si stacca e ca de in basso, giù giù fino agli inferi , condottavi dal suo stesso peso ; e poiché diventa , così , invisibile, viene chiamata Ade o, con altri nomi, Orco o Plutone . Sprofondando però dalle zone alte agli inferi, lascia spazio all'elemento umido di confluirvi e la parte più compatta, la Terra , con il defluire delle acque , emerge. Tutte le acque libere , allora , che prima erano compres se dalla bolla che le proteggeva, dopo essersi ammas-
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sate nei luoghi più bassi, sono state chiamate Nettuno . In seguito a que sto fatto l'elemento freddo, dovu to alla solidificazione della bolla d'acqua ghiacciata, viene dunque inghiottito negli spazi inferiori e l'elemento secco e umido viene allo scoperto, così che l'elemento caldo del fuoco, senza più impedimenti e per la sua propria vitalità e leggerezza, sale agli spazi superiori dell'atmosfera portatovi da tempeste di vento . Questo uragano, che in greco corrisponde a cataìgis , lo chia marono ega , vale a dire capra , e il fuoco salito negli spazi più alti Giove .
3 3 . È perciò che Giove, dicono, è salito all'Olimpo spintovi su dalla capra . Questo Giove , sostengono i gre ci, prende nome da "vivere" o "dare vita" , mentre per i nostri da iuvare , ossia "aiutare" . Dicono dunque che questa è la sostanza viva che , situata nelle zone supe riori , per la forza del calore attrae a sé tutte le cose co me attorno al cervello e le ordina con un certo equili brio, e per questo si dice che dalla sua testa ha partori to la sapienza , chiamata da noi Minerva , e che i grec i chiamano Atena a motivo della sua immortalità . E poi ché il padre universale ha creato ogni cosa per mezzo della sapienza generata appunto dalla sua stessa testa, il posto più nobile in assoluto, grazie a una equilibrata miscela degli elementi, essa viene dunque presentata come colei che ha formato e abbelli to l'universo intero . Perciò si dice c h e l e proprietà insite nella materia e che hanno reso possibile il formarsi del mondo, compresse com'erano dalla forza del calore , vengono mantenute in essere dalla forza di Giove. E poiché sono sufficienti a se stesse - non hanno bi sogno in realtà che si aggiun ga ad esse ulteriormente qu alcosa di nuovo, dal mo mento che qualunque suo seme si riproduce - si dice che le mani di Saturno sono legate da Giove . Insomma, il tempo non produce più , dalla materia, niente di nuo vo; è il calore dei semi che rigenera ogni cosa secondo la propria rispettiva specie e il parto di Rea , ossia la propagazione della m ateria fluida, non si estende ulte riormente ; e perciò chiamano quella prima stessa divi-
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sione degli elementi la castrazione di Satumo, come se fosse impotente a generare qualcosa oltre al mondo.
34. Quanto al significato allegorico di Venere dico no questo: quando le acque si sono trovate al di sotto d el ci elo e la luce , riflessa dalle acque, ha reso il cielo di uno splendore più vivido , la venustà delle cose, che appa riva più fascinosa grazie alle acque, è stata chia mata appunto Venere . Essa si è unita al Cielo quale suo fratello , e poiché ne è scaturita una bellezza affasci nante si parla di lei come della madre che ha generato Cupido, l'Amore. Con la stessa interpretazione allegorica - come già ho accennato - dicono che Crono, ossia Satumo, è il Tempo; Rea , la materia; Ade , ossia l'Orco, l'abisso in fernale; Nettuno l'acqua, Giove il cielo, ossia l'elemento caldo; Venere la venustà del creato; Cupido il desiderio dell'altro che è insito in ogni essere e grazie al quale viene assicurata la discendenza, oppure anche il rap porto tra le cose che, considerato con saggezza, è fonte di piacere ; Era, ossia Giunone, è l'atmosfera che sta di mezzo tra cielo e terra; Diana, che chiamano anche Proserpina, dicono che è l'atmosfera inferiore ; di Apol lo dicono che è il Sole che attraversa la volta celeste; di Mercurio che è la parola con cui si dà spiegazione di ogni singola cosa; di Marte che è il fuoco eccessivo che tutto brucia . Ma per non attardarci nel fare l'elenco di ogni sin gola attribuzione allegorica degli dèi che essi venerano , coloro che sono più ferrati in questa m ateria meno co nosciuta hanno l'impressione che le motivazioni che ne danno siano oneste e giuste » . 3 5 . Alle spiegazioni di Niceta rispose Aquila: « Chiunque sia stato l'ideatore o l'inventore di queste cose, a me non sembra altro che uno spudorato sacrile go !>e ha taciuto su queste attribuzioni allegoriche, che hanno l'aria di essere simpatiche e oneste, per istituire un culto superstizioso fatto di pratiche indecenti e oscene, dato che prese così alla lettera sono manifesta-
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mente disoneste e sporche , e se la piena osservanza della loro religione non è fatta che di queste cose, al punto da insegnare agli uomini di imitare i loro vene rati dèi ricalcandone crimini e misfatti. Quale vantag gio riceveranno da queste allegorie? Per quanto venga no fatte passare per oneste, mettendole in pratica non si arriva ad alcun atto di culto o a un miglioramento dei costumi !
36. E così tanto più è provato che quegli uomini colti, vedendo che quella comune superstizione era tan to perniciosa e oscena, ma non trovando un modo o un sistema per porvi rimedio, hanno cercato, con spiega zioni e interpretazioni a loro portata, di paludare con parole innocenti fatti disonesti, e non - come dicono di nascondere sotto favole oscene oneste verità . Se di questo si fosse trattato , non le avrebbero mai e poi mai raffigurate nei loro stessi simulacri , o nei dipinti che li riguardavano , spiattellandone vizi e delitti. Non avreb bero rappresentato il cigno che com mette adulterio con Leda, o il toro con Europa, o raffigurato i mille aspetti mostruosi del dio che ritengono il migliore . Che se poi, di fatto, quegli uomini importanti e colti che essi hanno sapevano che era tutta una finzione, ossia una falsità, non avrebbero forse dovuto incolpare di sacrilega em pietà i pittori e gli scultori che raffiguravano gli dèi con offensive sconcezze del genere? Ma raffigurino un re ancora regnante sotto forma di bue o di oca o di formi ca o di awoltoio, ci scrivano sopra il nome del proprio re e ne piazzino la statua o il dipinto in pubblico : s'ac corgeranno come verrà valutata quell'opera, e che razza di punizione gli piomberà addosso! 37. Poi ché invece sono effettivamente più realisti che quelle descrizioni che vengono confermate da una spudorata condotta, e poiché a mo' di giustificazione sono state presentate da persone colte con innocenti parole e rivestite di graziosi veli, non solo non vengono proibite , ma durante lo svolgimento stesso delle cele brazioni misteriche si rappresenta scenicamente Satur-
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no che si mangia i figli e il figlio minore che gli fu sot tratto , im personato da un Coribante con accompagna mento musicale di cembali e timpani. Quanto all'evirazione di Satumo, quale prova mi gli ore di autenticità se i suoi devoti, in omaggio al pro prio dio , si evirassero anch'essi per solidarietà con la su a d isgrazia ! Di fronte a simili esempi concreti, si tro ve rà qualcuno di così scarsa o addirittura cieca sensi bili tà che non veda chiaramente che i fatti riguardanti qu egli infelici dèi tanto più sono veri se i loro devoti, pi ù sventurati ancora, ne danno testimonianza muti landosi e castrandosi? 38 . Se poi , come dicono, questi atti così innocenti e pii vengono eseguiti in cerimonie tanto aberranti ed empie, non può essere altro che un perfido sacrilego quel tale, chiunque egli sia, che per primo ha instaura to questa tradizione o chi, oggi, persiste nell'attuare quel pessimo costume arrivato fino a noi. E che dire inoltre dei libri dei poeti? Se hanno screditato con favole oscene le gesta innocenti e pie de gli dèi, n on sarebbe stato il caso di buttarli o di bru ciarli per evitare che influissero sull'età ancora tenera dei ragazzi raccontando che persino Giove, il più im portante degli dèi, era stato nei confronti dei genitori un parricida, nei confronti delle sorelle e figlie un ince stuoso, e per di più un pedofilo? che Venere e Marte erano due adulteri, e tutto quello a cui già abbiamo ac cennato? Oppure tu la pensi diversamente, mio signor Pietro? » . 39. Questi rispose: << Sta' certo, carissimo Aquila, che tutto è successo secondo la benevole prowidenza di Dio, tant'è vero che la motivazione di fondo, che si sarebbe rivelata contraria alla verità, non solo era de bole e fragile, ma anche sporca. Se infatti quell'errore avesse avuto un sostegno più valido e verosimile, non sarebbe stato facile per nessuno di quelli che vi sono caduti ritornare sulla strada della verità. In realtà, se anche oggi, benché venga alla luce tutto quanto si può
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dire di obbrobrioso e di indecente a proposito degli dèi pagani, è un caso che qualcuno abbandoni quell'infa me errore , quanto sarebbe più difficile se esso conte nesse qualche barlume di innocenza e di verosimi glianza? Si sa con quale difficoltà l'anima si stacca da quelle cose che uno ha assorbito fin dalla prima infan zia; e perciò, ripeto, è stato per provvidenza divina che il nocciolo stesso dell'errore fosse debole in quanto osceno . Ma la provvidenza divina governa con compe tenza e opportunamente in modo simile anche tutte le altre cose, anche se noi, ignoranti come siamo sulla causalità storica, non abbiamo chiaro il piano della be nevola e ottima economia divina » .
40. Dopo queste p arole di Pietro io, Clemente, pre gai Niceta che ci esponesse qualche esempio sulle alle gorie pagane che lui aveva studiato così a fondo . Lo scopo era di venime a conoscenza anche noi dal mo mento che è utile , quando si discute con i gentili , di non essere all'o scuro neppure di questo argomento. Niceta: « Se il mio signor Pietro è d'accordo , posso parlame » . Pietro : « Oggi, se vi ricordate , vi ho dato il permes so di criticare i gentili » . Niceta: « Allora, Clemente , dimmi cosa vorresti sa pere>> . Gli dico : « Qual è la tradizione pagana sulla cena degli dèi fatta in occasione delle nozze di Peleo e Teti? Chi di cono che fosse il p astore Pari de? E chi rappre senterebbero Giunone , Minerva e Venere che Paride ha sottoposto a giudizio critico ? E chi era Mercurio, o quale m ale rappresentava ? Dicci tutto, e ciò che logica mente ne consegue >> . 4 1 . Niceta: « La spiegazione della cena degli dèi sa rebbe questa: dicono che il banchetto nuziale rappre senta il mondo, che il posto preso dagli dèi a tavola è la posizione delle stelle ; quelli che Esiodo chiama i primi figli del Cielo e della Terra - sei maschi e sei femm ine indicano il numero delle dodici costellazioni poste at-
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tomo al mondo intero. L e vivande servite l e presentano come le ragioni e le cause delle cose, ossia le varie dot trine filosofiche dolci e desiderabili che , comunque sia retto e governato questo mondo , vengono tratte dalla posi zio ne delle costellazioni e dall'orbita delle stelle. Dicono che tuttavia esse sono a disposizione di tutti, come avviene nei banchetti dove ognuno è libero di scegliere , poiché il gusto personale di ciascuno ha la li bertà di scegliere o di rifiutare di degustare qualcosa di questa scienza . Proprio come in un banchetto dove nessuno viene costretto ma ognuno ha la libertà di nu trirsi , allo stesso modo anche una dottrina filosofica dipende dalla libera decisione individuale. Chiamano la Discordia "concupiscenza della car ne" che si oppone alla volontà interiore e impedisce di dedicarsi alla filosofia; e perciò dicono che quello è il tempo in cui ci si sposa. Peleo e la ninfa Teti rappre sentano, secondo loro, gli elementi secco e umido che, mescolati insieme , formano la natura fisica. Dicono che Mercurio è la parola grazie alla quale viene educa ta la sensibilità, che Giunone è la pudicizia, Minerva la fortezza, Venere la passione sensuale , Paride la capa cità di giudizio. Se , ad esempio, accade che un uomo abbia una sensibilità rozza e non coltivata, che sia un uomo, in somma, che non sa valutare rettamente , costui non te nendo in nessun conto la pudicizia e la virtù darà il primo posto alla passione il che è male - e costituirà così un elemento di sowersione e di disgrazia non sol tanto per se stesso ma anche per i concittadini e tutto quanto il popolo. Ora, benché ad essi sia parso bene fa re questi abbinamenti con ogni realtà esistente , tutta via essi si possono adattare a ogni uomo. Se uno infatti possiede l'intelligenza di un mandriano , rozzo e igno rante e rifiuta di educarsi , quando il calore del corpo gli fa intravedere le dolcezze della passione sensuale, disprezza immediatamente i vantaggi dello studio e _i benefici della conoscenza per darsi ai piaceri fisici . E questa l'origine dell'insorgere di guerre implacabili, della rovina delle città , della decadenza delle nazioni; -
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proprio come Paride, per il ratto di Elena, ha messo in armi greci e barbari a reciproca rovina )) .
42 . Pietro ebbe parole di plauso per questo discor setto, e disse: « A quanto vedo, gli uomini creativi col gono da quello che leggono molti parallelismi. Si deve perciò fare molta attenzione, quando si tratta della Legge di Dio, a non interpretarla in base alla compren sione che ne ha la propria intelligenza. Nella divina Scrittura ci sono infatti molte parole che possono esse re tirate a esprimere ciò che ciascuno istintivamente pensa. Ma questo non va. Quello che devi cercare non è un signi ficato esotico importato da altri o magari fantasioso, per poi confermarlo con l'autorità della Scrittura, bensì cogliere il significato veritiero dalla Scrittura stessa. Occorre quindi apprendere il senso della Scrittura da chi lo ha ri cevuto dai Padri e ne mantiene inalterata la verità, in modo da poter anche personalmente ripetere con pieno diritto quanto ha ri cevuto senza sbavature . Quando uno, infatti, ha accol to dalla divina Scrittura l'integra e incrollabile regola della verità, non è affatto irragionevole se poi si serve, per confermare la vera dottrina, di qualche elemento conosciuto forse in età giovanile dal comune sapere e dagli studi profani ; purché, comunque, una volta cono sciuta la verità, eviti ciò che è falso o pura invenzione )) .
4 3 . A questo punto volse gli occhi a l padre e gli dis se: «E allora, vecchio mio, se effettivamente ti preoccu pi della salvezza dell'anima per farla giungere - quando si separerà dal corpo - alla pace senza fine in cambio di questa breve inversione di rotta, facci le domande che vuoi, e cerca di ri uscire a scacciare gli eventuali dubbi . Il fatto è che persino per i giovani la durata della vita è incerta, e per gli anziani non si può neppure parlare di incertezza! Si sa di preciso che, per quanto tempo ci rc:_ sti ancora a nostro giudizio da vivere, ci resta poco. E perciò indispensabile che tanto i giovani come gli an ziani non perdano tempo a convertirsi e a fare peniten za, ma si diano da fare per abbellire la propria anima,
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nel tempo che resta, con gli ornamenti più nobili, che sarebbero: la vera dottrina, la bellezza della pudicizia, lo sple ndore della giustizia, il candore della pietà e tutti que gli altri ornamenti che un essere razionale deve van tarsi di possedere . Evitare inoltre di mescolarsi con per sone disoneste e infedeli , e avere invece comunione con i cre denti, nonché frequentare le riunioni in cui si parla di pudicizia, di giustizia e di pietà . Pregare incessante mente Dio col cuore e chiedergli ciò che può essere concesso convenientemente da Dio, ringraziarlo e fare una sincera penitenza del comportamento passato. Rinforzare alquanto il proprio pentimento, se è possibi le, con l'aiutare i poveri poiché così si sarà più facil mente perdonati e Dio sarà più prontamente indulgente con chi usa misericordia.
44. Se poi chi arriva a pentirsi è piuttosto avanza to in età, tanto più deve ringraziare Dio per il fatto che, dopo essersi in lui spezzato ogni stimolo di concupi scenza carnale e dopo aver avuto la conoscenza della verità, non è più sottoposto ad alcuna battaglia tesa a tacitare le tentazioni della carne che prima assalivano l'anima . Perciò, una volta conosciuta la verità, resta ancora da esercitarsi nelle opere di misericordia per ché essa possa produrre frutti degni del pentimento; e non si pensi che la prova della conversione venga data dalla lunghezza del tempo trascorso , bensì dalla soli dità della decisione presa e della devozione. Dio, infat ti, conosce bene le intenzioni e non tiene conto del tempo ma della volontà effettiva. È lui, del resto, che valuta se uno, dopo aver accolto la predicazione della verità non si è attardato, vanificandola perdendo tem po, ma se immediatamente e per così dire nello stesso istante ha mostrato orrore per il suo passato e ha co minciato a desiderare le realtà future infiammandosi d'amore per il regno dei cieli.
45. Allora, che nessuno di voi continui a tergiversa re o a guardarsi indietro, ma si accosti con gioia al van gelo del Regno di Dio. Chi è povero non dica: " Mi con-
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vertirò non appena sarò ricco" , perché Dio non preten de da te denaro ma un'anima misericordiosa e un devo to atteggiamento interiore. Il ricco, a sua volta, non ri mandi la sua conversione con la scusa degli affari, stan do a pensare come amministrare i suoi lauti proventi; e non si chieda: "Che fare? Dove riporre i miei prodotti agricoli? " ; e non dica a se stesso: "Hai un sacco di riser ve per molti anni a venire, abbùffati, gòditela", perché si sentirà dire: " Sciocco, questa notte stessa l'anima ti lascerà e tutte le tue riserve a chi andranno?" 5• E allora si affrettino a pentirsi le persone di ogni età , di ambedue i sessi e di qualsiasi condizione socia le, per ottenere la vita eterna. I giovani si mostrino ri conoscenti che nella fase degli istinti passionali posso no sottomettersi al giogo della disciplina. Gli anziani sono anch'essi da elogiare perché, grazie al timore di Dio, cambiano le abitudini che da parecchio tempo avevano acquisito.
46. Insomma, nessuno rimandi , nessuno si attardi. Che motivo c'è di tergiversare quando si tratta di met tersi sulla buona strada ? Hai forse paura che dopo es serti comportato bene non trovi la ricompensa che ti credevi ? O che cosa pensi di perderei a far del bene an che grat is? Non sarebbe più che sufficiente, nel fare co sì, anche la sola buona coscienza? E se poi effettiva mente trovi quanto speravi , non riceverai forse cose grandi in cambio di quisquilie, beni eterni in cambio di beni passeggeri ? In verità, queste cose io le ho dette per chi ancora non crede . Quanto a noi , quello che andiamo predican do è così come è: le promesse del Profeta, del resto, non possono subire varianti. 47. Ora, se uno ha il desiderio di conoscere per fi lo e per punto la verità della nostra predicazione , ven ga ad ascoltarci e impari chi è il Vero Profeta. Solo al lora cadranno tutti i dubbi su di lui, a patto però che 5
Le. 1 2 , 1 7 . 1 9-20.
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no n faccia ostinatamente resistenza alle verità di cui si
è reso conto . Esistono delle persone, infatti , che per un
verso o per l'altro hanno un unico intento , quello di vi ncere , e vanno in cerca più di far bella figura che del la propria salvezza. A costoro non è bene dire neppure una parola, per evitare che la nostra predicazione auto revole venga sottovalutata e condanni il colpevole di questa offesa alla morte eterna . Qual è infatti il motivo per cui uno vuole opporsi alla nostra predicazione? O su quale punto la nostra predicazione può venir biasi mata come contraria alla verità e all'onestà ? Essa affer ma che bisogna onorare Dio in quanto è il Padre crea tore dell'universo , nonché suo Figlio, l'unico che cono sce il Padre e la sua volontà, e l'unico a cui si deve cre dere riguardo a tutto quanto ci ha comandato, poiché lui solo è la legge e il legislatore e il giusto giudice; e la sua legge stabilisce appunto che bisogna onorare Dio, Signore universale, con una vita sobria, casta, giusta e misericordiosa, e che soltanto in lui bisogna riporre ogni speranza.
48 . Qualcuno potrebbe osservare che anche i filo sofi hanno dato precetti simili . Ma non esiste alcuna somiglianza, poiché essi hanno dato norme, è vero , quanto alla giustizia e alla temperanza, ma non hanno avuto idea di un Dio remuneratore delle azioni buone e cattive; e perciò le loro leggi e le loro norme sono volte a evitare unicamente una pubblica condanna, ma non riescono a purificare la coscienza. Perché uno dovreb be aver paura di commettere peccati di nascosto se non sa che esiste Chi valuta e giudica anche gli atti del tutto privati? I filosofi , inoltre, nelle norme che danno, dicono che bisogna pure onorare gli dèi che sono i de moni ! E questo solo fatto - anche se altri potrebbero sembrare accettabili è sufficiente a muovere loro un'accusa gravissima di empietà e a farli condannare con le loro proprie affermazioni , dal momento che di chiarano che di fatto esiste un unico Dio, ma per ac condiscendere tuttavia allo sviamento degli uomini prescrivono di adorarne molti . I filosofi dicono anche -
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che Dio non si arrabbia, ma non sanno neppure loro quello che dicono. L'ira, in realtà, è cattiva cosa quan do sconvolge la mente al punto da far perdere la capa cità di giudicare rettamente; ma quella che ti viene per la punizione dei malvagi non sconvolge la mente; si tratta di un unico, per così dire, e identico movimento: retribuire i buoni con ricompense e i cattivi con casti g h i. Poiché se ricambiasse col bene sia i buoni che i cattivi, se desse la stessa ricompensa alle persone pie e a quelle empie, si mostrerebbe ingiusto anziché buono. 49 . Vuoi forse obiettare che Dio non dovrebbe in fliggere castighi? È giusto quello che dici: non è lui a farlo. Sono gli uomini da lui creati che, credendo di non dover venire giudicati, si sono lasciati trascmare dal proprio piacere e hanno voltato le spalle alla pietà e alla gmsti zia . Vorresti dire che, se è giusto punire i cattivi, questi dovrebbero essere puniti nello stesso istante in cui compiono il male ? Tu fai bene ad aver fretta; ma colui che è fuori del tempo , che conosce ogni cosa e che, non essendo condizionato da un tennine, possiede una pa zienza a non fi nire, non è interessato tanto da una ven detta istantanea quanto dal desiderio di salvare . Non si compiace , infatti, della dannazione di chi pecca , ma della sua conversione . È in vi sta di questa , appunto , che ha dato agli uo mini anche il santo battesimo. Ora, se qualcuno vuole riceverlo non perda tempo e si troverà purificato di tut to, poiché tutti i peccati commessi per ignoranza gli verranno cancellati .
50. I filosofi, diciamolo pure, quale apporto hanno dato alla vita umana dicendo alla gente che Dio non si adira? Volevano evidentemente convincerli a non aver alcun timore che ci fosse qualcuno a giudicarli e a pu nirli, così da indurre i peccatori a mollare ogni freno ! O quale aiuto hanno dato all'umanità quelli che hanno af fermato che Dio non esiste, che tutto accade per caso o fortuitamente ? Non è forse vero che gli uomini , senten-
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do queste dichiarazioni e pensando di conseguenza che non esista alcun giudice e nessuno che governi il mon do, si lasciano trascinare a capofitto, senza paura di nes suno, a compiere qualsiasi crimine ispirato dalla rabbia, dall'avarizia e dalla passione? Bell'aiuto hanno dato agli uomini coloro che hanno affermato che nulla accade senza l'oroscopo ! Ognuno che pecca ne fa responsabile l'oroscopo e si dichiara innocente dei delitti che compie; e così, invece di purificarsi del misfatto con il pentimen to, raddoppia la propria colpa scaricandosi della colpa. Che dire, inoltre, di quei filosofi che hanno istitui to il culto degli dèi, proprio quel genere di dèi di cui avete sentito parlare poco fa? Non è stato forse un de cretare il culto dei vi zi, dei delitti, delle scelleratezze? Sento vergogna e compassione per voi: se credete che si tratta effettivamente di azioni indegne, empie ed ese crabili , o non ve ne siete resi conto finora o, se ne ave vate coscienza, avete reso un culto al male invece che a ciò che è buono e ottimo .
5 1 . Ancora: quale presunzione hanno avuto alcuni filosofi a parlare di Dio, loro che erano uomini, a par lare delle realtà invisibili unicamente in base a conget ture, a parlare dell'origine del mondo, loro che non erano presenti quando veniva creato, a parlare della sua fine o della sorte e del giudizio delle anime agli in feri, ignorando che l'uomo con la sua ragione può solo aver conoscenza delle realtà presenti e visibili ! Oltre tutto, conoscere le realtà future e invisibili è prerogati va unicamente della prescienza profetica! Queste realtà non si possono cogliere con congetture e supposizioni che fanno cadere gli uomini in errori madornali , ma col credere alla verità del Profeta su cui è fondata ap punto la nostra dottrina. E noi, effettivamente, nel par lare non diciamo nulla di nostro né annunciamo opi nioni umane raccogliticce, perché sarebbe un inganna re chi ci ascolta. Noi predichiamo le verità che ci sono state rivelate e trasmesse dall'autorità del Vero Profeta. Ora, se qualcuno, ripeto , vuole avere prove eviden ti della sua prescienza e del suo potere profetico, venga
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sollecitamente alle nostre riunioni e sia pronto ad ascoltare, e noi gliene daremo prove palmari , tanto che crederà non solo di aver ascoltato con le orecchie, ma di aver visto con i propri occhi e toccato con mano la forza della prescienza profetica. E quando ne avrà la piena certezza interiore accoglierà senza alcuna fatica il giogo della giustizia e della pietà 6, e vi troverà una dolcezza così grande che, anziché accorgersi che non costa alcuna fatica, desidererà che vi si aggiunga e gli sia imposto qualcosa di p iù » .
5 2 . Dopo aver pronunciate queste idee e altre ana loghe, guarì alcuni ammalati e posseduti dal demonio presenti fra il pubblico; poi congedò la folla, che rin graziava e lodava Dio , invitandola a ritrovarsi nello stesso posto anche nei giorni seguenti per ascoltarlo . Ci trovavamo già in casa, fra noi, e stavamo per andare a tavola quando entrò un tale a dirci che Apio ne di Plistene era appena arrivato da Antiochia assie me ad Anubio 7 e che era ospite di Simone. Mio padre mostrò gioia per questa notizia e disse a Pietro: « Se sei d'accordo, vorrei andare a salutare Apione e Anubio perché siamo molto amici. Può anche darsi che riesca a convincere Anubio a discutere con Clemente a propo sito dell'oroscopo » . Pietro: « Va' pure - rispose -; e un elogio a te per ché coltivi gli amici . Tieni presente tuttavia che è gra6 Cf. Mt. 1 1 , 30. 7 Apione (I secolo) , originario di Alessandria, di professione
grammatico, insegnò sia nella città natale che a Roma sotto Tiberio, Caligola e Claudio. Era il difen sore dei pagani nelle liti contro i giu dei. Nella sua opera Aiguptiacà , di cui non ci restano che brevi fram menti, dava sfogo al suo antisemi tismo, tanto c he Giuseppe Flavio dovette rispondergli con il Contro Apione sostenendo la priorità del la civiltà ebraica su quella greca. Che Apione sia stato in qualche modo i n rapporto con Simon Mago è un puro espediente letterario. Anubio, lui pure egiziano, di Diospolis, fu un rinomato astrolo go ai tempi d i Nerone. Scrisse un poema didattico di cui ci sono giunti sei distici citati da Efestione di Alessandria nel suo Enchiri dion (compendio di un proprio trattato di metrica in 48 libri).
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zie alla provvidenza divina che tutto viene incontro ai tuo i desideri ! Vedi, non solo grazie a Dio hai riannoda to i legami di sangue ma ti viene anche favorita la pre senza degli a111 ici » . Mio padre: « Sento che è proprio come dici tU » . E con queste parole se ne andò per incontrare Anubio.
5 3 . Noi invece restammo lì con Pietro: per tutta la notte gli rivolgemmo domande su vari argomenti im parando un sacco di cose, e fu proprio la gioia che pro vavamo per il suo insegnamento e la dolcezza del suo parlare a tenerci svegli . Sul far dell'alba Pietro guarda me e i miei fratelli e ci dice: << Sono curioso di sapere che intenzione aveva vo stro padre» . Ma proprio in quel momento mio padre si fa avanti e sente che Pietro sta parlando di lui. Ci saluta e comincia a rispondere a quell'interrogativo dicendoci per quale motivo aveva pernottato fuori. Noi lo fissiamo e prendiamo un colpo per la paura: vediamo che il suo volto ha le fattezze di Simone, anche se la voce che ci parla è quella di nostro padre. Ci scostiamo da lui con parole di maledizione, ma nostro padre si mostra stupi to perché lo trattiamo in modo così duro e incivile. Pie tro, tuttavia, che era il solo a vederlo col suo volto natu rale, ci disse: << Perché maledite vostro padre?» . Noi, e nostra madre con noi, gli rispondiamo: << Co stui ci sembra che sia Simone con la voce di nostro pa dre ! » . E Pietro: <
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racolistici, non faceva altro che convincere la gente a odiare te chiamandoti mago, delinquente, assassino , e ha scatenato un tale odio contro di te che il loro mag gior desiderio, se mai riescono a rintracciarti, è di sbranarti vivo. Visto questo, noi che vi abbiamo prece duti, considerando che tutta la città è piuttosto risenti ta nei tuoi confronti , ci siamo segretamente trovati in sieme pér studiare una soluzione.
5 5 . Non vedevamo alcuna via d'uscita quando è so praggiunto il centurione Cornelio, mandato da Cesare al governatore di Cesarea 8 per affari di Stato. Siamo riusciti ad avvicinarlo da solo e gli abbiamo spiegato il motivo della nostra tristezza, pregandolo di aiutarci in qualche modo. Lui, senza pensarci due volte, ci promet te di cacciarlo via al più presto se anche noi appoggia mo la sua decisione, e noi gli assicuriamo che avremmo fatto di tutto ben volentieri . E lui : "Cesare ha dato ordi ne che, sia a Roma che per tutte le province, i maghi vengano ricercati e giustiziati, e un bel numero di essi già sono stati eliminati. Io allora farò così: farò correre la voce, dai miei amici, che sono venuto qui per arresta re questo mago perché Cesare mi ha mandato apposta per punirlo assieme a tutti i suoi colleghi. I vostri che stanno con lui, perciò, gli faranno sapere, come se aves sero avuto la notizia segretamente da qualche parte, che sono stato mandato per arrestarlo, e state sicuri che non appena sentirà questa notizia se la darà a gambe. Comunque, se voi avete una soluzione migliore, diteme la" . Che dire di più? I nostri, che stavano con lui in in cognito per spiarlo , hanno fatto proprio così e Simone, non appena è stato informato che Cornelio era venuto per lui, ha accolto la notizia come un servizio impaga bile che gli era stato fatto, ed effettivamente ha preso il largo . È partito dunque da Antiochia e ora è qui, assie me ad Atenodoro 9, a quanto abbiamo saputo. 8 Cf Atti 1 0, l
9 DI questo personaggio, da non confondere con Atenodoro d1 Tarso, non SI hanno notizie.
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5 6 . Ebbene, il parere di tutti noi che ti abbiamo prec eduto è questo, che tu non salga ad Antiochia fino a qu ando non ci siamo accertati che dopo la sua par t enza si sia almeno un pochino attenuato l'odio che ha s eminato contro di te » . Dopo queste notizie, comunicateci dal messaggero venuto da Antiochia, Pietro si rivolse a nostro padre per dirgli: « Faustiniano, è Simone il Mago che ti ha cambiato il volto, a quanto stiamo vedendo. Pensando infatti di essere ricercato da Cesare per essere condan nato, per la terza volta si è dileguato dopo avere stam pato sul tuo il proprio volto, sperando che sia tu a ve nir arrestato e messo a morte al s uo posto, così da but tare nell'angoscia i tuoi figli>�. Come mio padre udì queste parole, si mise a pian gere e disse forte: « Hai proprio indovinato, Pietro ! Già Anubio, che era un mio grande amico, aveva comincia to in tutta segretezza a mettermi in guardia dai suoi trucchi ma io, povero me, non ci credevo poiché non gli avevo fatto alcun m ale ! » .
5 7 . Eravamo tutti lì , assieme a mio padre, sconvol ti dalla tristezza e in lacrime, quando ci raggiunse an che Anubio per dirci che Simone se l'era squagliata di rigendosi, col favore della notte, in Giudea. E stava a osservare nostro padre che singhiozzava e si lamentava gemendo: « Che disgraziato sono ! Pur sentendo dire che era un mago non ci credevo ! Che cosa mi è succes so, poveretto me? In un solo giorno venire riconosciuto dalla moglie e dai figli, e invece di far festa con loro an dare a reinvischiarmi nelle precedenti miserie di quand'ero fuori strada ! » . Nostra madre, a sua volta, piangeva in modo an cora più straziante stropicciandosi i capelli sciolti e noi, a bocca aperta di fronte al volto di nostro padre così trasformato , non riuscivamo a capire cosa fosse s uccesso. Ma anche Anubio, vedendoci tutti quanti fra stornati dal dolore, se ne stava lì, senza fiatare. Pietro , allora, fissando noi suoi figli disse : « Date retta a me, costui è davvero vostro padre, e perciò vi
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prego di trattarlo da padre ! Dio ci offrirà sicuramente un'occasione nella quale vostro padre perderà le fattez ze di Simone e riuscirà a ricuperare il suo aspetto ori ginale » .
5 8 . Rivoltosi poi a nostro padre: « Ti avevo co nces so di andare a salutare Apione e Anubio che avevi detto essere tuoi amici d'infanzia, ma non di parlare con Si mone ! » . E nostro padre: « Ho mancato , lo confesso » . Anubio: « Anch'io - disse - m i unisco a lui nel pre garti e supplicarti di perdonare questo anziano , uomo bravo e generoso , sedotto e infelice e messo in berlina da quel mago che sappiamo. Vi spiego com'è successo . Quando venne a salutarci capitò lì proprio mentre noi facevamo cerchio attorno a Simone, il quale stava di cendo che aveva intenzione di scappare quella stessa notte per aver avuto notizia che qualcuno era arrivato anche a Laodicea per arrestarlo su mandato dell'impe ratore, ma che intendeva, prima, sfogare tutta la rab bia su questo Faustiniano appena arrivato . Ci disse: "Fate solo in modo che ceni con noi, e io misturerò un qualche unguento perché se lo passi sulla faccia dopo aver mangiato . L'effetto sarà che tutti avranno l'impressione di vedere me. Ma voi, prima an cora, ungetevi la faccia col succo di questa tale erba, in modo da non confondervi a proposito del suo viso tra sformato , così che, ad eccezione di voi, tutti gli altri avranno l'impressione che sia Simone" 1 0 • 59. Lo interruppi per dirgli: "Cosa ci guadagni in tutto questo?" . E Simone: "Anzitutto , che quelli che cercano me prendano lui e smettano di darmi la caccia. Se poi verrà giustiziato da Cesare, che i suoi figli, che mi han10 Sull'influsso del romanzo pseudoclementino sulla letteratura e soprattutto sul Faust di Goethe, personaggio in cu i è facile rico no scere per molti aspetti la figura d i Simon Mago, cf. O. Cullmann, Le problème , cit. , pp. 1 66- 1 68 .
. . .
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no abbandonato per aderire a Pietro e che ora gli dan no manforte, soffrano il più possibile " . Ti assicuro, Pie tro, che le cose sono andate così, ma in quel momento ebbi paura di metterne al corrente Faustiniano, e d'al tra parte Simone non ci diede neppure l'opportunità di p arlarne tra noi riservatamente e, da parte mia, di sve largli più chiaramente l'intenzione di Simone . Si era fatta circa la mezzanotte, intanto , e Simone, che cerca va di rifugiarsi in Giudea, venne accompagnato da Ate nodoro e Apione. Io finsi di sentirmi male fisicamente per avere, con la scusa di restarmene a dormire, la pos sibilità di venire più in fretta che potevo qui da voi e vedere se vi fosse possibile tenere Faustiniano nascosto da qualche parte, onde evitare che, acciuffato da coloro che erano a caccia di Simone, venga portato a Cesarea per morirvi stupidamente. E adesso, preoccupato per lui, sono venuto a vederlo, ma devo ritornare prima che sopraggiungano quelli che hanno fatto scappare Simone » . Rivoltosi poi a noi , Anubio disse: « lo, Anubio, ef fettivamente vedo il vero volto di vostro padre, poiché ero stato già prima unto da Simone in persona, come vi ho detto, per essere in grado di vedere con i miei oc chi il vero volto di Faustiniano. Ho motivo dunque di essere stupito e meravigliato per l'abilità di Simon Ma go dal momento che voi , qui , di fronte a lui , non lo ri cono�cete come vostro padre » . E u n pianto generale, a cominciare d a papà e mamma e tutti noi insieme per quanto era successo . Preso da compassione, anche Anubio ha le lacrime agli occhi.
60. Pietro, allora, preso da pietà, promette di resti tuire a nostro padre la sua fisionomia originale e gli di ce: << Sta' a sentire, Faustiniano: dal momento che que sto inganno, prodotto dal cambiamento del tuo viso, ci ha prima in qualche modo favoriti essendo servito al nostro scopo , ora io ti ridarò le tue vere fattezze, a pat to però che prima porti a termine gli ordini che ti darò ,, .
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Mio padre promette che a qualunque costo farà tutto ciò che gli avrebbe chiesto, e Pietro allora gli di ce : « Hai udito con le tue stesse orecchie che, uno di quelli che io avevo mandato in avanscoperta, tornando da Antiochia ci ha riferito che Simone , stando là, ha sobillato la folla contro di me e ha infiammato tutti gli abitanti di odio verso la mia persona giurando che so no un mago, un assassino e un truffatore, al punto da renderli desiderosi , se mi rintracciano, di mangiarmi vivo. Per cui, fa' quanto ti dico: lascia con me Clemen te, precèdici ad Antiochia con tua moglie e con i tuoi figli Fausto e Faustino; ti farò accompagnare anche da un certo numero di altri uomini, quanti ne riterrò op portuno, che ubbidiscano alle mie indicazioni.
6 1 . Una volta giunto con loro ad Antiochia, quando incontri Simone fermati in piazza, annuncia aperta mente il tuo pentimento e di': "Davanti a tutti voi metto in stato d'accusa Simone, e dichiaro di essermi comple tamente sbagliato nei confronti di Pietro . Pietro non è né un seduttore, né un mago, né un assassino né nient'altro di quanto ho detto contro di lui. Tutte quelle accuse le ho fatte in un impeto di cieco furore . Vi prego, perciò, io che recentemente vi avevo dato motivi per odiarlo, a cambiare del tutto i vostri sentimenti nei suoi confronti: liberatevi dell'odio e spegnete la rabbia che avete, poiché lui è veramente il discepolo e l'apostolo del Vero Profeta mandato da Dio a salvare il mondo. Questo è il motivo per cui vi consiglio, vi esorto e vi in cito a dargli ascolto, a prestar fede a lui che vi annuncia la verità, per evitare, non dandogli retta, una probabile distruzione della città. Il motivo che mi spinge a fare questa confessione ve lo dico subito: la notte scorsa un angelo di Dio mi ha rimproverato e mi ha flagellato in modo estremamente violento perché osteggiavo il mes saggero della verità . E perciò, se anche mi presentassi a voi in seguito con l'intenzione di parlar male in qualche modo di Pietro, vi chiedo apertamente di non dar retta e di non credere a quello che dirò. Ecco la mia pubblica confessione: sono stato un mago, sono stato un sedutto-
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re, ho ingannato me stesso, ma adesso sono pentito. Poiché è possibile , pentendosi, di cancellare il cattivo co mportamento del passato " » .
62 . Queste furono le consegne date d a Pietro a m io padre. Il quale rispose: « Capisco le tue intenzioni. Non preoccuparti più . Ho capito e so come devo parla re quando sarò sul posto » . M a Pietro continuò a dargli istruzioni: « Quando sarai sul posto e vedrai che la gente, per le tue parole, avrà cambiato parere smettendo di odiarmi e mostran do il desiderio di accogliermi, manda qualcuno a far melo sapere e io verrò subito. Una volta lì , ti toglierò all'istante queste fattezze non tue e ti restituirò il tuo proprio aspetto che tutti conoscono » . Appena finito d i parlare ordina a i miei fratelli di partire con lui, assieme a nostra madre Mattidia e qualche altro del nostro gruppo . Nostra madre, però, si rifiuta di partire con loro . Dice: « Già mi vedo come un'adultera a stare assieme con lui che ha la faccia di Simone . Anche se mi costringi a seguirlo , sarà comun que impossibile per me andarci a letto. Anzi , non so neppure se m i risolvo a partire assieme » . La sua resistenza è forte, m a Anubio inizia a fare opera di persuasione dicendole: « Da' retta a me e a Pie tro ! Non ti basta la sua voce a convincerti che è p ro prio tuo marito Faustiniano che io, del resto, non amo meno di te? E comunque, ci vengo anch'io con voi ! » . Mia madre, dopo queste parole di Anubio, pro mette di andare . 63. Allora io soggiungo: << Dio, prowidenzialmente, ci dà una mano in quello che dobbiamo fare. Avendo infatti con noi anche Anubio, che è un astrologo , se ar riviamo ad Antiochia potremo discutere con lui più a fondo a proposito dell'oroscopo ! » . Passata la mezzanotte , nostro padre parte con Anubio e gli altri indicati da Pietro. Quella stessa mat tina, prima che Pietro si avvii a sostenere la discussio ne , arrivano di ritorno quelli che avevano condotto via
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Simone , ossia Apione e Atenodoro , e vengono da noi a cercare nostro padre . Pietro, come lo viene a sapere, li fa entrare. Quelli si siedono e domandano : «Dov'è Fau stiniano ? » . Pietro risponde: «Non lo sappiamo. Dalla sera, infatti, che è venuto da voi, nessuno dei suoi l'ha più visto . Comunque, ieri mattina è venuto qui Simone a cercarlo, ma poiché non avevamo una risposta da dargli , non so cosa gli è preso: diceva di essere Fausti niano ! Nessuno gli ha creduto, e allora lui , rattristato e in lacrime, ha minacciato di suicidarsi. Dopo di che se n'è andato in direzione del mare » .
64 . A questa notizia Apione e quelli che erano con lui si mettono a urlare , lamentandosi: « Ma che avete fatto? Perché non l'avete accolto? » . Atenodoro h a intenzione di dirmi che si trattava di mio padre Faustiniano, ma Apione lo previene e di chiara: << Qualcuno ci h a assicurati che se ne è andato con Simone, e che era proprio Faustiniano a pregarlo , poiché non voleva più vedere i propri figli che si erano fatti giudei. Saputa questa notizia noi siamo venuti qui a cercarlo , ma dal momento che non c'è vuoi dire che chi ci ha comunicato che era partito con Simone ha detto la verità. E questo è quanto ho da dirvi » . lo, Clemente, intuisco l'intenzione d i Pietro : vole va insinuare in essi il dubbio che spettava a loro cerca re l'anziano, così da mettergli paura e farli scappare . Comincio pertanto ad assecondare la sua idea e dico ad Apione: << Sta' a sentire, carissimo Apione: noi non vogliamo che far partecipe nostro padre di ciò che rite niamo bene; se lui si disinteressa di noi o , peggio anco ra, come tu ci dici, ci sfugge inorridito, ebbene, forse è un po' forte quello che dico ma . . . anche a noi non inte ressa affatto» . A queste mie parole essi , come maledicendo la mia crudeltà, se ne vanno per rintracciare Simone , co me poi abbiamo saputo il giorno appresso. 65. Nei giorni seguenti , intanto , Pietro continuò come al solito il suo insegnamento quotidiano alla po-
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polazione operando prodigi e guarigi oni . Dopo dieci giorni giunse uno dei nostri da Antiochia, mandato da mio padre, per comunicarci che lui se ne stava i n piaz za a coprire di accuse Simone - ossia se stesso che ne portava le fattez ze - e a fare invece lodi sperticate di Pietro, a raccoman darlo a tutti , a renderglielo simpati co . E fu così che tutti quanti, cambiati dalle sue parole, avevano voglia di vederlo; molti di loro , anzi, erano ar rivati a un tale amore per Pietro da prendersela con mi o padre, pensando che fosse Simone, e da volergli mettere le mani addosso per tutto il male che aveva fatto a Pietro . « "Va' subito da lui - mi ha detto allora - , prima che mi ammazzino! " . Aveva infatti una paura tremenda, e mi ha mandato di corsa per farti venire al più presto affinché te lo porti via finché è vivo e, nello stesso tempo, ti presenti a loro al momento buono, mentre sta crescendo nella gente il desiderio di te )) l l . Raccontava inoltre che non appena mio padre era entrato nella città di Antiochia, tutta la popolazione gli si era radunata attorno - lo avevano preso per Simo ne! -, e lui cominciò a confessare a tutti pubblicamente quanto era indispensabile per far cambiare opinione al popolo . In realtà, qualunque fosse il motivo per cui si erano radunati , tutti i notabili e i ricchi e i poveri della città, covavano la speranza di vederlo operare qualcu no dei suoi soliti prodigi . Mio padre comunque rivolge a tutti quanti questo discorso:
66. « È da tempo che Dio, nella sua pazienza, ha sopportato me, Simone, il più miserabile degli uomini ! Tutto quello infatti che ha suscitato la vostra ammira zione nei miei confronti io non l'ho compiuto con la forza arcana della verità , bensì con trucchi diabolici di retti a soppiantare la vostra fede e a condannare me stesso . Vi assicuro che quanto ho detto di Pietro sono tutte menzogne, poiché non è mai stato né un mago né 11 Q uasi tutti gli altri codici aggiungono qui un passo che il no stro, invece, riporta al par. 68, e cioè: « Pietro, sapute queste notizie ( . . . ) lasciò Laodicea » .
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un assassino bensì un inviato di Dio per portare la sal vezza a voi tutti . Se d'ora in poi lo considererete anco ra un essere spregevole, sappiate con certezza che que sta vostra città rischia di andare in rovina. Il motivo di questa mia nuova confessione è questo: la notte scorsa un angelo di Dio mi ha fatto una solenne ramanzina, e poiché mi ero comportato da suo nemico mi ha preso a sferzate con mano pesante. Vi prego dunque di un fa vore: se da questo momento in poi mi sentirete dire una sola parola contro Pietro, non rivolgetemi più lo sguardo, poiché sarà quell'immondo diavolo che è ne mico giurato della salvezza dell'uomo a parlare per bocca mia contro di lui , onde impedirgli di portarvi al la Vita. Quale potere sono riuscito a mostrarvi , io, con la mia magia? Ho fatto abbaiare cani di bronzo, ho fat to muovere statue, ho cambiato faccia alle persone e sono svanito di colpo di fronte a chi mi stava guardan do; ma queste cose avrebbero dovuto farvi maledire questa mia magia che, mentre vi facevo balenare da vanti agli occhi un prodigio truccato, avvolgeva le vo stre anime in una diabolica rete per impedirvi di crede re a Pietro il quale realmente, in nome di colui che l'ha inviato, guarisce i malati e caccia i demoni e dà la vista ai ciechi e sblocca i paralitici e risuscita i morti » .
6 7 . Mentre continuava d i questo passo , il pubblico cominciò a imprecare, e poi a piangere e a rattristarsi di aver peccato contro Pietro per averlo ritenuto impo store e sacrilego. Quello stesso giorno, sul far della sera, Faustinia no riebbe la sua propria fisionomia perdendo quella di Simon Mago. Quando Simone venne a sapere che dan do le sue fattezze a Fausti niano non aveva fatto che av vantaggiare la rinomanza di Pietro, cercò subito di pre venirlo, ansioso di mostrare che era la sua magia a cancellare da Faustiniano la fisionomia che gli aveva prestato. Ma il cambiamento, in verità, l'aveva già ope rato Cristo per bocca del suo apostolo. Niceta e Aquila si erano accorti che, dopo aver fatto le dichiarazioni impostegli da Pietro, il loro padre aveva ricuperato il
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proprio volto; ne resero grazie a Dio ma non sero più di rivolgere la parola al pubblico.
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gli permi
68. Simone, invece, per quanto nascostamente, co minciò ad avvicinare i propri amici e famigliari e a sparlare di Pietro più ancora di prima, ma tutti quanti gli sputarono addosso e lo cacciarono via dalla città di cendogli : « Sarai tu stesso colpevole della tua morte se, co ntinuando a parlar male di Pietro, ti verrà in mente di ritornare qui >, . Pietro, sapute queste noti zie, invitò i l pubblico a ritrovarsi il giorno seguente. Ordinò vescovo per loro uno di quelli che erano al suo seguito; altri li fece sa cerdoti; battezzò un gran numero di persone e guarì tutti coloro che soffrivano di malattie e di possessione demoniaca. Dopo essersi fermato per altri tre giorni e dopo aver tutto sistemato per bene, lasciò Laodicea, attesissi mo dalla popolazione di Antiochia che, grazie a Niceta e Aquila, era informata che Pietro sarebbe venuto da lo ro. Quando poi seppe che Pietro stava arrivando, gli andò incontro. Quasi tutte le persone maggiorenni e qnelle della nobiltà , col capo cosparso di cenere, mani festavano il proprio pentimento per aver accolto Simon Mago malgrado conoscessero il pensiero di Pietro . 69. Con questa disposi zione interiore gli portaro no quanti erano afflitti da malattie, oppressi dai demo ni , nonché paralitici e altre persone in varie difficoltà. Era una folla enorme di gente che per un verso o per l'altro soffriva. Pietro, al vederli, li invitava a manife stare a Dio non solo il pentimento per averlo giudicato male , spinti da Simone , ma anche una fede piena, al punto che quegli stessi che soffrivano delle malattie più diverse dovevano credere che lui poteva salvarli. Alzò le braccia al cielo, e commosso fino alle lacrime ringraziava Dio dicendo: << Padre benedetto e degno di ogni lode, che ti degni di esaudire ogni parola e ogni promessa del Figlio tuo affinché ogni creatura sappia che sei tu l'unico Dio in cielo e in terra,, .
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70. Pronunciando simili preghiere, salì su un'altu ra, fece venire davanti a sé tutta quella folla di amma lati e rivolse loro queste parole: «Voi vedete che io sono un uomo come voi 1 2 , e quindi non pensate di poter ot tenere la guarigione da me 1\ bensì da colui che è di sceso dal cielo e che ha fatto conoscere, a chi crede in lui, l'autentica medicina dell'anima e del corpo. Per cui adesso, davanti a tutto questo pubblico che vi è testi mone, dichiarate che credete con tutto il cuore nel Si gnore Gesù Cristo, così che anch'essi sappiano di poter essere salvati da lui )) . Ora, mentre a una sola voce tutta l a folla procla mava che il vero Dio era quello annunciato da Pietro, ecco che d'improvviso apparve in mezzo alla gente la luce sfolgorante della grazia di Dio, e si videro i parali tici correre con le proprie gambe ai piedi di Pietro, gli storpi camminare dritti ringraziando, gli ammalati esultare di gioia per la guarigione ottenuta. Riebbero la salute persino alcuni che restavano in vita unicamente per un filo di fiato, privi ormai di sensibilità e di voce; e anche gli epilettici e gli indemoniati furono liberati dei loro mali. 7 1 . E così lo Spirito Santo manifestò quel giorno con una grazia così abbondante la propria potenza che, dal più piccolo al più anziano, tutti quanti a una sola voce davano gloria a Dio. Per non dilungarmi troppo: nel giro di una setti mana vennero battezzati e segnati dallo Spirito più di diecimila persone che erano passate alla fede in Dio, tanto che Teofilo, il più alto in carica di tutta la città, spinto da uno zelo senza pari, fece della sua casa una grandiosa basilica consacrandola col nome di chiesa; tutto il popolo vi eresse una cattedra per l'apostolo Pie-. tro, e tutta la gente che vi si radunava ogni giorno per ascoltare la Parola accoglieva con fede la sana dottrina, confermata dall'efficacia delle guarigioni. 12 Cf. 1 3 Cf.
Atti 1 0, 26; 1 4 , 1 5 . Att1 3 , 1 2 .
RJtrovamentl , X, 72
41 1
72 . Un giorno io, Clemente, d'accordo con i fratelli e mia madre, rivolsi questa domanda a mio padre: « Pensi che ti sia restata ancora dentro qualche traccia di paganesimo? » . Ci rispose : <
14 Cf. Libro l,
nota 6 .
INDICE DEl NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI
Legenda lntr. l = Introduzione, pagina l LC l Lettera di Clemente a Giacomo, paragrafo 1 I, l = Libro l, paragrafo l n. l = Nota l I, l + n. 5 Libro I, paragrafo l e nota 5 =
=
.ABELE: III, 6 1 ABITO NUZIALE ( battesimo): IV, 3 5 ; ciò che lo macchia: IV, 36 ABITUDINI: difficili da cambia re: III, 3 1 ; di Pietro: II , l ABLUZIONI: VI, 9 + n. 8 , 1 1 , 1 2 ABRAMO: I , 3 2 , 3 3 , 34, 42 ; astrologo: I, 3 2 ; capostipi te degli ebrei: I, 3 2 ; profe ta della venuta di Gesù: I, 49 ; 111 , 6 1 A.CA.TONOMASTON (quinto ele mento secondo Aristote le) : VII, 1 5 + n. 7 ACHILLE TAZIO (di Alessan dria) : I n t r. 1 8 ACQUA: contiene una potenza dello Spirito: VIII, 2 6-27 ; tutto nasce dall'acqua: VI , 8; si rinasce dall'acqua del battesimo: VI , 8 ACQUA CORRENTE: lntr. 1 3 + n. 20; per il battesimo: III , 6 7 + n. 3 8 ; VI , 9 + n . 8 ; VI , 1 5 ADAMO: identificato con Cri sto: Intr. I l ; profeta: I, 47 ADULTERIO : LC 7-8; VI, 1 0 , 1 3 ; VII , 3 8 ; X, 5, 7, 9; vedi an che PUREZZA AEziO: Intr. 2 2 ; III, l n. 2 =
ALBERO DELLA VITA: J, 45 + n. 46; I, 46 ALBERONI F.: In tr. 2 5 , 27 ALcmiADE: In tr. 1 0 ALESSANDRIA: Intr. 6 ALLEGORIE: spiegazioni dei miti: X, 30-34; contrappo
ste al senso letteral e dei miti : X, 3 0 ; critica di Aqui la alle -: X, 3 5 - 3 8 AMAzzoNI: IX , 24 + n. 9 AMORE : lntr. 2 6 , 2 7 ; LC 8 , 9 , 1 1 , 1 7 ; reciproco: VII, 2 ; materno: VI I , 1 1 AMORE DI DIO: III , 62
ANAGNOSEON Intr. 20
(Recogmtiones ):
ANANIA (del gruppo di Pie tro) : III , 68 ANDREA (apostolo, fratello di Pietro): l, 5 6 ; II, 6 3 ; VII, 6 ANDROGINO: X, 30 ANGELI : principi delle n azio ni : II, 42 n. 4 1 ; vedono Dio perché spiriti : m. 30 ANIMA: immortalità: passim; suoi ornamenti: X, 43 ANTARADO (località) : VII, l ,
24
ANTicRISTO (in sizigia Cristo) : III , 6 1
con
Indice de1 nom1 e delle cose n otevoli
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ANTioCHIA: Intr. 7 , 8 ; VI , 1 5 ; VII, 2 4 ; X, 5 4 , 5 5 , 5 6 , 60, 6 3 , 65 , 68 ANTIPAOLINISMO: Intr. 16; l. 70 + n. 5 8 ANTONINO IL PIO: lntr. 1 1 ANTONIO (padre di Simon Ma go) : n. 7 ANUBIO (astrologo, amico di Faustiniano): X, 52 + n. 7 , 5 6 , 5 7 ; racconta come Si mon Mago ha cambiato il volto di Faustiniano: X, 58-59, 63 API: l , 3 5 APIONE (letterato, amico d i Faustiniano): X, 52 + n . 7 , 5 8 , 59, 6 3 , 64 APOLOGIA GIUDAICA: lntr. 1 6- 1 7 APosTOLI (i Dodici): l, 40, 43; sacerdoti dell'unico Dio: I , 6 3 ; inviati da Cristo e loro doveri: II, 3 3 , 3 4 ; IV, 3 5 , 36 APPRENDIMENTO (metodo): I I I , 34- 3 7 AoUILA: Il, 1 8 ; III, 68 ; VI I , l , 2 5 , 2 8 ; VIII, 7 , 8 , 4 1 , 4 3 , 44; x . 1 6 , 3 5 ARABIA: I , 3 3 ; arabi e circoncisione: VIII, 5 3 Alw>o (località) :VII. 1 2 ARCOBALENO: VIII, 4 1 , 42 AR!STIPPO: X, 5 + n. l ARONNE: primo pontefice: l , 46 , 47 ASSEMBLEA CRISTIANA: LC 17 + n. 8 ASSURBANIPAL: IX, 23 n. 8 ASTROLOGIIASTROLOGIA: lntr. 1 2 , 2 9 ; VIII, 2 , 6, 7, 8, 1 2 , 40, 5 7 , 5 8 ; IX, l . 2, 1 6 , 1 7 ; critica del l - : IX, 1 2 , 1 83 1 ; X, 1 1 - 1 2 , SO; oroscopo di Faustiniano e Mattidia: IX, 32 '
ATENE: VII, 9 ATENODORo: X, 5 5 , 59, 6 3 , 64 AUTOCRITICA ( p entimento ) : VI, 3-4 BABELE (Torre di): IV, 2 8 BABILONIA/BABILONESI : Intr. 6 ; I, 30 BALANEA (località): VI I , 2 5 BALTHASAR H . U . voN : I, 2 6 n . 11 BARNABA: Intr. 7; I , 7, 8 , 1 2 , 13 BARTOLOMEO (apostolo): l , 5 9 BATTESIMO: d i Giovanni: Intr. 8; cristiano: I, 1 9 , 39; IV, 1 7; cancella i peccati: X, 49; estingue il fuoco della prima nascita: IX, 7, 1 0 ; estingue il fuoco futuro: VI, 9 ; iscrizione per il -: III, 67 + n . 3 7; necessario ai giusti e agli altri: VI, 9 ; sostituisce i sacri fici anti chi: I , 48 , 54 , 6 3 , 69; Il , 72; voluto da Dio: VI, 8-9 BATTRIANI (popolo): IX, 20 BEBELIUS G . : Intr. 1 8 BEDA: l, 2 7 n . 1 2 BENE: nel mondo è sempre unito al male (esempi) : VIII, 5 1 -5 3 ; X, 6-8 BENIAMINO ( del gruppo di Pietro): III, 68 BERITO (località) : IV, l BERNARDO D. (vescovo di Trento) : Intr. 1 9, 28 BRAHMANI (popolo) : l , 3 3 ; IX, 20 + n . 6 BRETONIIBRITANNIA: IX, 24 CAFARNAO: Il, 62 CAIFA: I , 44 , 53, 55; attacca la dottrina di Gesù: I, 6 1 , 62 , 68, 7 1
l n d 1ce de1 nom1 e delle cose notevoli
CAINO: III, 6 1 CALDEI: IX, 22 CALLISTO (papa): Intr. l 0 CAM: insegna la magia a suo figlio Mesraim: IV, 2 7 CAOS: nella cosmogonia: X , 1 7 , 30 CARITÀ: prima fra l e virtù: LC 8, 9 CARITONE DI AFRODISIA: Intr. 14 CASTITA: L C 7 , 8 ; l , 33 CATECHESI DI PIETRO: durata normale: III, 67 + n. 3 7 ; VI, 1 5 CATECHISTI (qualità e doveri dei ) : LC 1 3 CATECUMENI: LC 8 + n. 4 CATTEDRA DI PIETRO: LC 3 , 1 9 ; X, 7 1 CENA DEGLI DÈI (mitologica) : interpretazione allegorica: X, 4 1 CERINTO: Intr. 8 , l O CESARE: V, 1 9 , 22 ; X, 5 5 , 5 6 , 59; paragone tra Dio e -: IV, 3 3 ; V, 1 9, 2 2 ; famiglia di Clemente imparentata con -: VII, 8 + n. 2 CESAREA: lntr. 2 1 , 2 2 ; l, 1 2 , 72 ; Il, 62 , 6 3 , 6 5 ; III, 74, 75; IV, l; V, 3 6 ; X, 5 5 , 59 CHIESA: sposa di Cristo : LC 8; grande nave : LC 14, 1 5 CIELI ( I due) : II, 6 8 ; III , 1 4, 2 6 CIELO (cielo visibile): III, 2 8 , 29; VI, 7 CIPRO: Intr. 7 conosciuta CIRCONCISIONE: dagli arabi : I. 3 3 ; degli ebrei : I X, 2 8 CLEMENTE D I RoMA: Intr. 6 , 1 4 , 1 7, 1 9; identificazione storica di -: Intr. 6 , 23-24; successore di Pietro: Intr. -
415 2 1 ; supposto autore delle Intr. 2 0; rapporto personale con Pietro: VII , 4-7; sua storia: I, 1 - 1 4; VIII, 8, 1 0; ritrova la madre: VII , 22-2 3 ; com petente in astrologia: VIII, 57; IX, 1 8 CLETO (papa) : Intr. 2 1 , 24 CLIMATERI: IX, 12 CLIMENE: VIII, 5 0 n. 1 7 (importanza COMUNICARE del): I I I , 5 1 , 5 8 ; VIII, 3 CONCORDIA: LC 1 3 CONDMSIONE DEI BENI: LC 9; X, 5 , 7 CONFESSIONE: LC 1 1 , 1 5 CONTESTA T/0 (Risp osta di Gia como a Pietro): Intr. 1 3- 1 4 + n. 2 0 CONTINENZA: VI, 1 0, 1 3 ; VII, 3 8 COPPIE: vedi SIZIGIE CORNELIO: X, 5 5 COSMOGONIA (mitologica): X, 1 7- 1 9 ; interpretazione al legorica: X, 30-4 1 COSTANTINO (imperatore): confessione di -: Intr. 1 9 CREATO: s i ribella contro gli empi : V, 2 7 CRISE ( isola): IX, 24 + n. l O CRISTIANI: devono superare i non - anche nelle opere: VI, 1 3 , 1 4 CRISTO: eone d i - : lntr. 1 1 ; e la sua Sposa: LC 4; pilota della Chiesa: LC 1 5 ; unico luogo dei sacrifici: I, 37; Cristo eterno: I, 43, 44 , 63 ; Vero Profeta: I, 44; principe degli uomini: I, Unto: I, 45; presente 45; da sempre nei gi usti: I, 52 ; in sizigi a con l'Anticristo: III, 6 1 Recognitiones :
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416 CULTO: degli angeli: Intr. 4 ; di Dio: IV, 8, 9, 1 4 ; V, 9, 1 6; condi zioni per rendere il vero - a Dio: V, 32 , 34, 3 5 DAMASCO: l, 7 1 DEMONI: II, 7 2 ; IV, 1 5 , 1 6 , 1 7; hanno una conoscenza più grande degli uomini: IV, 2 1 , 22; invocazione dei - ed effetti: V, 3 1 , 3 2 , 3 3 ; potere dei -: YIII, 5 5 ; spi riti caduti per libera scel ta: IV, 2 5 , 32, 3 3 , 34; VIII , 5 5 ; loro tattica per entrare nell'uomo: IV, 1 8 , 1 9 DEMONIO (DIAVOLO/MALIGNO): II, 1 7, 1 8 ; III , 3 1 , 7 1 ; VII , 37; angelo c he si compiace del male: VIII , 54, 5 5 ; X, 2 3 ; il Nemico: l, 5 4 ; Il, 1 7; III , 6 5 ; tattica del -: II, 64; principe adultero di questo mondo: IX, 3; i disonesti sono suoi amici: IX, 6 DESTINO: vedi FATAUSMO/FA TO/CASO DEUCALIONE: VII I, 50 DIACONI: LC 5 ; III, 66; doveri dei -: LC 1 2 , 1 5 ; III, 66 DIALOGO (regole del ): II. 2 5 ; VIII, 4, 40; X , 6 DIGIUNO (battesimale): III, 6 7 + n. 3 7 ; VI, 1 5 ; VII , 3 4 , 3 5 , 3 6 , 3 7 ; X, 72 DILUVIO: l, 29 , 3 0; IV, 1 2 , 2 7 ; VIII, 5 0 DIO: accezioni d e l vocabolo: II, 42; V, 1 6 , 2 0; non-gene rato e generato: Intr. 2 2 ; III, l + n. 2 ; Creatore: I, 8 , 1 5 , 2 6 , 3 2 ; I I , 1 7, 1 9 , 2 1 , 3 6 , 4 3 , 5 5 ; IV, 24 , 2 5 ; V, 25; VIII, 9, 1 0-34; giusto: I. 2 5 , 34; VIII, 6 , 39; IX, 30;
I ndice del nomi e delle cose notevoli
immenso: II, 6 7 ; VIII, 9 ; incomprensibile senza l a rivelazione d e l Vero Profe ta: VIII, 5 8 , 59; legislato re: I, 2 1 ; Padre : LC l , 2 , 1 7 ; I , 7 ; remuneratore: II, 36; VIII, 1 0 ; IX, 1 3 ; X., 4 8 ; sconosciuto: I I , 3 8 , 39, 47 , 48 ; in che modo Simon Mago ne dimostra l'esi stenza: I l , 5 3-54; risposta di Pietro: Il, 5 5-60; supre mo Dio degli dèi , Dio del Dio dei giudei: II, 39, 40, 4 1 ; da amare sopra ogni cosa: III, 54; amicizia con V, 26, 29; cause dell'inimicizia con : V, 2 8 ; paziente con i cattivi : V, 2 7 ; IX, 1 3 ; X, 4 9 ; non condanna. . . è l'uomo che condanna: V, 26-27; IX, 49; autore della vita è - , non i genitori: VI, 6; h a creato il mondo per l'uo mo: VI, 7; si lascia cono scere da chi lo cerca con amore: VIII, 5 9, 62 DISUGUAGLIANZA SOCIALE: ine vitabile, ma occasione per praticare la giustizia, la misericordia e l'amore: IX, 7 DMNAZIONE: IV, 2 0 D o RA (città ) : III, 6 3 ; IV , l D OSITEO: l, 54; Il , 8, 1 1 DOTTRINA ( delle Recognitiones ) : Intr. 2 7-30 =
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EBIONEIEBIONITI: lntr. 5, 9, 1 0; Vangelo degli -: Intr. 9 EBREI: devono credere a Mo sè e a Gesù: IV, 5 ; V, 3 5 ; circoncisione: IX, 2 8 ; lin gua degli -: l , 30; III, 3 7;
I nd ice der nomr e d elle cose notevoli
Vangelo secondo gli Intr. 9 EFESO: VII, 1 9 EFESTIONE: X, 52 + n. 7 EGITIO/EGIZIANI: I, 5, 3 3 , 34, 3 5 , 3 6 ; III, 5 7 ; V, 2 1 ; VIII, 23 ELAM: IX, 2 3 n. 8 ELEAZARO (del gruppo di Pie tro): III, 68 ELEMENTI (i quattro) : Jntr. 1 3 + n . 20; VIII, 9, 1 4, 1 7 ; X , 30 ELENA: l n tr . 1 1 ; IX , 4 1 (vedi anche ENNOIA) EUODORO DI EMESA: lntr. 1 8 ELISEO (del gruppo di Pi e tro) : III, 68 ELXAIIE LCESAITI (dottrina de gl i ) : Intr. l O e n. 20 ENNOIA: il Pensiero: lntr. 1 1 ; si incarna in Elena : Intr. 1 1 EPICURO/EPICUREI: Intr. 1 7; VIII, 7, 1 5 , 1 6 , 1 7 EPITOMI : Intr. 1 3 n. 1 8 ERMA: Intr. 2 4 ERODE AGRIPPA: Intr. 7 EsAù : III , 6 1 EsiODO: X , 30; sua cosmogo nia: X, 3 1 -3 3 ESSENI: Intr. 7 , 8 ; VI, 9 n. 8 EucARISTIA: Intr. l O; I, 63; III, 67 EUNOMIO/EUNOMIANI: Jntr. 22 ; dottrina: III, l + n . 2 EusEBIO: Intr. 1 0, 2 3 , 2 5 + n. 5 1 , 28 FARAONE: III, 5 5- 5 6, 6 1 FARISEI : Intr. 6 ; loro scisma : I , 54, 59 , 6 3 ; Il, 30 FATALISMO/FATO/CASO: Intr. 1 7; VII, 1 1 ; VIII, 2 , 1 2 , 24 FAUST ( vedi GOETHE) FAUSTINIANO L'ANZIANO ( p adre di Clemente) : VII, 8 ; Libri
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VIII, IX , e X passim ; ri tro va moglie e fi gli : IX , 3 5 ; Pietro gli ra c conta la vera storia della dispersione della famiglia: IX, 36; me tamorfosi di -: X, 53 -64; discorso contro Simon Mago e in favore di Pietro: X, 65-66; riprende la pro pria fi sionomia : X, 67; chiede il battesi mo e viene battezzato : X, 72 FAUSTINO (fratello di Clemen te) : VII, 8, 2 8 ; X, 60 FAUSTO (fratello di Clemen te) : VII, 8, 2 8 ; X, 60 FEDE: è sostenuta dalla ragio ne: Il, 69; IV, 1 8 ; V, 3 , 3 4; comunicare la : VII, 3 5 ; varie misure della - : IV, 18 FENICIA: Intr. 7; VII, l FIDIA: VII, 1 2 ; VIII, 54 n. 1 8 FIGLIO DI Dm: l, 7, 45 , 4 8 , 63, 69; II, 48 ; III, 48 ; X, 69 FIGLIO DELL'UOMO: III 6 1 FILIPPO ( apostolo) : I , 5 8 , 5 9 FILISTEI: III , 6 1 FILOSOFI: ci sono buoni e cat tivi: VIII, 5 3 ; arl ano diffi cile, mentre i Ve ro Profe ta è c h iaro e sem plice : VIII, 6 1 + n. 2 3 ; p r e cetti equivoci dei - : X, 4 8 , 50; loro presunzione a parlare su Dio: X, 5 1 FINEES (del gruppo di Pietro ) : III, 68 FLAVIO GIUSEPPE: X , 52 + n. 7 FLEGETONTE: l, 4 FORNICAZIONE: LC 7, 8 ; vedi anche ADULTERIO e PUREZZA GABALA: VII , 2 5 GALLIA: IX, 2 3 GAMALIELE : l , 6 5 , 66 , 6 7 , 7 1
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Indice dei nomi e delle cose notevoli
418 GAUDENZIO (vescovo d i Bre scia) : Intr. 1 9 GELONI (popolo): IX, 22 GENITORI: non autori ma strumenti della vita: VI , 6 GENTILI: vedi PAGANI GERICO: l, 7 1 , 72 GERUSALEMME: lntr. 7 , 8 , 9; l , 37; Concilio di -: Intr. 7 , 2 5 ; Chiesa d i -: I, 4 3 ; celeste: l, 5 1 ; 11, 6 5 GEsù: Intr. 1 1 ; più grande di Mosè: I , 59; venuta di -: I , 40, 69; il credere al suo primo avvento è la sola di vergenza tra cristiani ed ebrei: 1 , 5 0 ; la sua venuta profetata da Mosè : I, 49, 56; ha assunto un corpo giudaico: I, 60; è il Cristo: I , 62, 69; secondo avvento di -: l , 49, 69; morte di : 1 4 1 42 49, 5 3 GIACOBBE: l, 34; III, 6 1 ; V, 1 0 GIACOMO (fratello di Gesù e vescovo di Gerusalemme) : Intr. 7, 8 , 1 6; autorità ri spettiva di Pietro e -: LC n. l ; vescovo dei vescovi : LC n. l ; ordinato vescovo dal Signore: I, 43, 44, 6 8 , 69; s u o discorso a l tempio: I, 5 7 , 66; aggredito al tem pio: I , 70 + n. 5 8 ; l, 73 GIACOMO DI ALFEO (apostolo): I, 59 GtAMBLico: Intr. 1 8 GIGANTI: l , 29; III, 6 1 GIOVANNI (apostolo) : l , 5 7 GIOVANNI BATTISTA: lntr. 8 ; l , 5 3 ; ritenuto i l Cristo d a al cuni discepoli : I, 54, 60; meno grande del Figlio dell'uomo: l , 60, 63 GIOVE: Intr. 1 1 ; fatti e misfat,
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ti di -: X, 20-23 ; significa to allegorico: X, 32-3 3 GIROLAMO (santo): Intr. 1 0; I , 26 n. 1 1 GIITAIGETONI: paese natale di Simon Mago: I , 1 2 ; II, 7 GIUDAISMO: lntr. 6 GIUDEA: l, 6, 7, 1 0, 1 1 , 1 2 , 30, 35; IX, 2 9 , 30; X, 59 GIUDEI: l , 38; V, 1 1 GIUDEO-CRISTIANI: Jntr. 5 , 7 , 8 , 9 + n. 8 , 1 0, 2 4 , 2 5 GIUDIZIO (di Dio): III, 3 7 ; V, 3 , 35 GIUSEPPE (del gruppo d i Pietro): III, 68 GIUSTA: VII, 32 GIUSTINO (santo): lntr. 1 1 GIUSTIZIA (di Dio): Il, 2 0 2 1 , 2 2 , 46; III, 20, 37-4 1 ; IV, 1 4 GNOSI/GNOSTICISMO: lntr. 8 , 1 1 , 1 4; - simoniana: II, 6 + n. 4; 7ss GoETHE: influsso delle Pseu doclementine sul Faust : X n. 1 0 GRATI T U D I N E / I N G RATI T U D I N E (verso Dio): V, 29-30 GREci/GRECIA: Intr. 6, 7 ; I , 9, 29; VIII, 5 ; i filosofi - e gli elementi costitutivi del mondo: VIII, 1 5 , 2 2 ; i filo sofi - e l'etica: X, 5 ,
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IDOLATRIAIIDOLI : lntr. 1 2 , 30; V, 1 3 1 6 22; VI, 6, 7 ; defi nizione di idolo: IV, 26 ; e mitologia: X, 1 7-4 1 ; il culto degli - contamina: II, 7 1 ; IV, 20; inizio dell'-: I, 30; IV, 2 3 1 IEROFANTI: l , 5 IGNORANZA: causa di quasi tutti i mali: IV, 8; V, 4, 8 , 1 8 , 2 8 ; VI, 4, 5 , 6 -
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Jndtce de t nomt e delle cose notevoli
IMMAGINE DI DIO: per venerar la, venerare l'uomo: V, 23 IMPEGNO SOLENNE ( diamarturia): Intr. 9 IMPOSIZIONE DELLE MANI: LC 1 9 INCESTo: l , 3 1 INDIA: IX, 20, 2 5 , 27 INFERNO: l , 5 2 ; IX, 1 3 INSEGNAMENTO (della dottrina) : insegnare solo ciò che ha detto il Vero Profeta e non opinioni personali: VIII, 3 7 , 5 8 IPPOLITO: lntr. 1 3- 1 4 n. 2 0 IRA: può essere buona o catti va: X, 48 IRENEO: Intr. 8, 9, 1 1 , 1 7 n. 30, 24 !SACCO : I, 34; III, 6 1 ISMAELE: I , 3 3 ISSJONE: I , 4 ; X , 2 3 =
LAICI (nella Chiesa) : LC 5 , 1 5 ; III, 66 LAODICEA: VII , 25; VIII, 35; X, 68 LAVORO (perché del -) : IX, 6 LAZZARO (del gruppo di Pie tro): III, 68 « LEGARE E SCIOGLIERE» : LC 2 , 6 LEGGE MOSAICA: lntr. 7 , 8 , 9; l , 2 2 , 3 5 ; II, 3 9 ; necessità di un Maestro per interpre tarla: II , 5 5 ; perché Dio ha dato ]a - : IV, 1 3 LETTERA: di Clemente a Gia como: Intr. 1 3, 2 1 , 2 2 , 27; di Pietro a Giacomo: Intr. 1 3 , 1 2 ; di Giacomo a Pie tro (Contestatio) : lntr. 1 3 + n. 20; di Clemente ai Co rinti: Intr. 23; - agli Ebrei: Intr. 1 9, 24; ai Galati: Intr. 24; ai Filip-
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pesi: I nt r . 1 9 LETTERE DECRETALI: lntr. 20 LIBERO ARBITRIO : lntr. 1 7 ; III, 20-26, 36 , 52, 5 5 ; IV, 5, 1 4 , 24, 2 5 ; V, 6, 2 5 ; VIII, 5 1 , 5 2 ; IX, 4 , 1 6; X, 1 2 LIBERTÀ: non forzare a con vertirsi neppure con l'af fetto: X, l , 2, 4 LIBIA/LIBICI: IX, 24 LINO (papa): lntr. 2 1 , 24 LUCE: somma e ineffabile: Il, 49, 5 1 , 56 , 6 1 , 70; III, 1 4 ; sfolgorante, appare in mezzo alla comunità cre dente: X, 70 LuNAISELENE/SoFIA: compa gna di Dositeo : II, 8; S i mon Mago si innamora di : II, 9, 1 2 ; personifica zione della sapienza paga na: II, 1 2 ; donna lunare: II, 1 2 + n. 7 -
MAGIA/MAGHI: lntr. 1 1 ; l, 30; II, 9, 1 3 ; III, 6 1 ; origine della : IV, 27-30; VIII, 63; editto di Cesare contro i - : X, 5 5 MAGUSEI (etnia persiana): IX, 21 MALE: Intr. 1 4; origine del -: III, 1 5- 1 8, 20, 2 5 , 2 7 ; di scussione sui mali del mondo: VIII , 44 - 5 3 ; nel mondo è sempre unito al bene: VIII , 5 1 , 53; X, 6, 8 ; d a dove viene l a natura del -: VIII, 56 MARONE: IV, 2, 6; ordinato vescovo da Pietro: VI , 1 5 MATRIMONIO: LC 5 MATTEO (apostolo): discorso al tempio sul battesimo: I, 55 -
I ndice del nomi e delle cose notevoli
420 MATIIAIBARNABA (apostolo): I, 60 MATIIDIA (madre di Clemen te) : VII, 8; racconta la sua vita: VII, 1 5- 1 8 , 1 9-2 1 , 2 2 ; ritrova Clemente: VII, 2 1 2 2 ; ritrova i figli gemelli: VII, 3 1 ; battesimo di -: VII , 38; ritrova il marito Faustiniano: IX, 37; va ad Antiochia col marito: X, 62 MAURITANI: IX , 24 MEDI: IX, 24 29 MENELAO: lntr. 1 1 MENSA COMUNE : LC 9; l , 1 9; II, 72 ; VII, 2 9, 32 MESRAIM (capostipite delle razze egiziana, babilonese e persiana, poi chiamato Zoroastro) : IV, 2 7 METAMORFOSI (di Faustinia no): Intr. 1 7 ; X, 53-67 METODO (deduttivo e indutti vo): VIII, 9 MICHEA (del gruppo di Pie tro): III, 68 MINERVA: Intr. 1 1 MIRAcou: criterio per ricono sceme l'autore: III, 5 9-60 MITOLOGIA: Intr. 1 2 ; descri zione e critica della -: X, 1 7-4 1 ; interpretazione al legorica della -: vedi AL LEGORIE MOGLIE DI P IETRO : VII, 25 + n. 4, 36 MONARCHIA DMNA: Il , 44 MONDO (creato): discussione sul -: VIII, 1 0-34; elemen ti costitutivi del - secon do i filosofi greci: VIII, 1 5 MONOTEISMO (giudaico): Intr. 17 MosÈ: gli appare il Vero Pro feta: I, 34, 35, 36; prodigi -
operati da -: I, 4 1 ; ill , 5 5 , 6 1 ; anche i pagani converti ti devono credere a : IV, 5; V, 10; morte di -: l, 38 MUSULMANI: Intr. 9 + n. 8 -
NASCITA (dell'uomo): la prima - dal fuoco della passio ne carnale che viene estin to dall'acqua del battesi mo che opera la seconda -: IX, 7 ; viziata dalla libi dine e dagli sregolati ac coppiamenti: IX, 9 NATURA: per alcuni sta al po sto di Dio: VIII, 34 NAZARENI: Intr. 9; Vangelo dei -: Intr. 9 n. 9 NECROMANZIA: l , 5; III, 44, 49; VIII, 53 NEMBROD: l , 30; Nino, fon datore di Ninive: IV, 2 9 NERONE: LC 2 + n. 2 NICETA: II, 5 , 1 3 , 1 9; III , 5 1 , 52 , 5 6 , 5 7 ; VII , l , 2 5 , 2 8 ; VIII, 5 , 6 , 8 , 9, 1 0 , 3 9 , 4 3 ; X, 1 6 , 2 9 , 40; racconta del naufragio e del rapi mento suo e di Aquila: VII, 3 2 - 3 3 NILO ( fiume): VIII, 23 NINIVE: IV, 2 9 NINO: Nembrod, fondatore di Ninive: IV, 2 9 NoÈ: l, 2 9 ; III, 6 1 ; IV, 1 2 , 2 7 ; VIII, 5 0 n. 1 7 NOME (il): IV, 32 + n. 1 5 ; V, 20; VII, 2 9 ; IX, 1 1 =
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ODISSEA : l , 5 n. 2
OLIO (crisma) : l, 4 5 , 46, 47, 48; m. 67 + n. 39
OMEUE
PSEUDOCLEMENTINE:
Intr. 1 2 , 1 3 , 1 5 , 2 1 ORFEO: X, 30
l nd 1ce de1 nom1 e delle cose notevoli
ORGANIZZAZIONE ECCLESIASTI CA: Intr. 2 1 ; LC 5ss. ORIGENE: Intr. 9, 23 OROSCOPO: vedi ASTROLOGI! ASTROLOGIA 0RTOSIADE (località): VII, l PACE: LC 9; condizione per dialogare: II, 22, 23, 24, 2 5, 26, 2 7 , 2 8 , 29, 3 1 , 36; inter pretazione di «non la pace ma la spada>> : Il, 26-29 PADRE (Dio) : l , 45, 63 ; II, 1 8 , 48; rv, 3 2 ; VIII, 9; ha come due mani nel Figlio e nello Spirito Santo: VI, 7, 8 PAGANI ( gentili): l, 42; ill, 6 1 , 65 , 6 8 , 70; IV, 5 ; V, 1 1 , 1 2; VII, 1 1 PAL ESTIN A : Intr. 6 PAMPHLET ANTIPAOLINO: LC n. l PANE E SALE: LC 9 PAOLINISMO: lntr. 24 PAOLO (san) : lntr. 5 , 7, 8, 9, 10, 1 7 , 1 9, 27 PARADISO: l, 28, 52 PAROLA DI DIO : LC 2, 3, 5, 6, 1 2 ; III, 62, 72; V, 1 8; come comunicarla a un pubbli co disparato: III, l ; V, 3 6 ; dissoda i l terreno dell'ani ma: VI, 2, 3; VIII, 5 3 PARTI (p opolo) : IX, 24, 29 PATO (località): VII, 25 PATRIARC HI (i dodici): l, 34 P EN E LOPE (tela di) : X, 1 0 .PENTATEUCO: tutto quanto si riferisce ai sacrifici nel è ritenuto spurio dagli el cesaiti: Intr. l O PERSIA/PERSIANI: I, 30, 3 1 ; IV, 27 , 29; IX, 20, 2 1 , 2 7 , 2 9; discendenti di Eliesdro: I , 33
42 1 PIETRO (san): Intr. 7, 1 6, 1 7; morte di -: Intr. 2 1 ; LC l ; elogio di -: LC l ; autorità rispettiva di - e Giacomo: LC n. l ; - a Roma: LC l ; ordina vescovo Clemente: LC 2; compagni di -: II, l ; III, 68; abitudini di -: II, l ; episodi della vita di -: II, 62 ; suo tenore di vi ta: VI I , 6-7; servo degli uo mini: VII, 7; in sizigia con Simon Mago: III, 6 1 ; rac conta l'incontro con Mat tidia: VI I , 26-27; racconta la storia della dispersione della famiglia di Clemen te: IX, 36; guarisce la fi glia dell'ospite: IX, 3 8 ; sua cultura: X, 1 5 PIRIFLEGETONTE: IX, 1 1 PIRRA : VIII, 50 n. 1 7 PIRRO NE: VIII, 7 + n. 2 PITAGORA : VIII, 1 5 ; X, 4 P ITO NI : IV, 20 PLATONE: sull'origine del mondo: VIII, 20; sull'etica: X, 5 + n. 2 POETI (pagani, hanno abbellito i miti): X, 26, 28 POLITEISMO: lntr. 1 7 P o NTo : IX, 24 POPOLO DI DIO: LC 3 ; anche i non cristiani : I, 67 POTENZA ( LA GRANDE ) : lntr. 1 1 ; I, 7 2 ; II, 7, 49, 50, 5 1 ; III, 47 + n. 1 8 ; si manifesta ai giudei come Figlio, ai sa maritani come Padre, al trove come Spirito Santo: Intr. 1 1 PREDICAZJONI ( KERIGMI ) DI PIE TRO: Intr. 1 3 + nn. 1 9 e 20, 1 6; LC 1 9, 20; datazione: Intr. 24-2 7 ; libri delle -
422
i nviati a G iacomo: III , 7475; V, 36; contenuto es senziale delle -: X, 47 PRESBITERI (doveri dei): LC 71 1 , 1 5 ; III, 6 6 PRESCIENZA: dell'anima : II, 1 3 ; come sesto senso: II, 5 1 ; IX, 2; X, 5 1 PRINCIPE/I: angeli, - delle creature: I, 4 5 PROFETI: Libro dei - n o n ri conosciuto dagli ebioniti e dagli elcesaiti : Intr. 1 0 PROFEZIA: non segue la logica storica: I, 49-50; elementi per conoscerne l'autenti cità : IV, 2 1 , 2 2 ; VIII , 60 ; maschile e femminile: III, 61 n. 30 PROMETEO : VIII, 50 n. 1 7 PROVVIDENZA: lntr. 1 7 ; l, 2 1 , 29, 32 , 3 5 , 3 8 ; IV, 8 , l l ; V, 29; VIII, 6 - 8 ; come agisce e come si rivela nel creato: VIII, 1 0-34 , 40; X, 39 PsEUDO-PALLADio: IX, 20 n. 6 PULIZIA: interiore ed esterio re: VI, 1 1 - 1 2 PUREZZA: di Mattidia: VII, 1 5 , 30, 3 8 RAcHELE ( madre d i Simon Mago ) : II, 7, 9 RE BUONO/RE CATTIVO: LC 4 ; Il, 24; III, 5 2 ; V, 9 REGNI (i due) : l, 24; V, 9; VIII , 5 2 ; come abitazioni : IX, 3 REGNO DI CRISTO : l, 52 REGNO DI D IO : l, 4 2 ; Il, 2 1 ; V, l O; x. 45 REGNO DEI CIELI: l , 5 5 , 69; da amare sopra ogni cosa: III, 54; V , 8 ; X, 44 RELIGIONI: perverse: IV, 1 3, 1 4
lnd1ce del nom1 e delle cose notevoli RISURREZIONE: dei morti : l, 33, 52, 56, 57 RIPOSO (necessità del): VI, l RISORTO (il) : l , 42 RISPOSTA (Contestatio di Gia como a Pietro): Intr. 1 3 , 1 6 ROMA: lntr. 6 ; l , 7 , 1 3 , 74; III, 63, 64; IX, 27; diritto ro mano: IX, 2 7 ; X, 55 ROMANZO PSEUDOCLEMENTINO: Intr. 1 3 RUBELO (del gruppo di Pie tro): III, 68 RuFINO DI AQUILEIA: Intr. 5 , 1 0, 1 4 , 20, 2 8 , 29; III, l + n. 2; prefazione di - alle Recognitiones: Intr. 2 0-24 SACRA SCRITTURA: come inter pretarla: X, 42 SACRIFICI: Intr. l O; origine dei -: I, 30, 36; m isericordia e non -: I, 3 7 , 39, 6 3 , 64; sostituiti dal battesimo : I , 48 ; VIII , 5 1 ; vedi anche BATTESIMO SADDUCEI: lntr. 6 ; loro scisma e dottrina: I, 54, 56, 63 SAGGEZZA: chi è saggio per il Vero Profeta: III, 62 SALVEZZA: condizioni per at tenerla: X, 2; è iniziativa di Dio: X, 2 , 4 SAPIENZA (di Dio): l, 40; III, 62 SARA: l, 34 l SARACENI: IX, 24 SARMATI: IX, 24 scm/SciZIA: IX, 24 + n. 7 SCRIBI: l, 54 , 5 8 , 6 3 ; II, 30, 46 SCRJITO PRIMITIVO : lntr. 1 5 , 1 6, 2 2 SELENEISOFIA: Il, 1 2 + n. 7 SENOFONTE DI EFEso: lntr. 1 8 SENSI INTERIORI ED ESTERIORI: VII, 37
•
lnd1ce dei nom1 e delle cose notevoli
SENSIBILITÀ INTERIORE: può essere annebbiata dalla cattiva digestione: VI, 1 SERI (popolo) : loro abitudini: VIII , 4 8 ; IX, 1 9 SERPENTE (il): l'antico -: V, 1 7, 1 8, 1 9, 2 3 , 24, 28, 3 1 , 36 SETTANTA ( DUE ) DISCEPOLI : di Mosè: I, 34; di Gesù: l, 40 SICARDO G . : lntr. 1 5 , 1 8 , 1 9, 23, 2 8 SICILIA: VI I , 1 9 SIDONE: IV, l SILVIA: lntr. 1 6 SIMEONE METAFRASTO: lntr. 1 3 , n. 1 8 SIMONE I L CANANEO (aposto lo): I, 60 SIMON MAGO: lntr. 1 0, 1 4 , 1 7, 2 5 ; I, 1 2 , 54 , 72 ; colui che resta = Stante = Cristo: I, 72, 74; III, 47; descrizione di - : II, 5, 6, 7; prodigi di -: II, 9, 1 5 ; III, 47; conce pito da una vergine: n. 1 4 ; seduttore: III, 1 3 ; falso co me l'antico serpente: III. 42, 45; si dichiara Dio, la Prima Potenza, eterno : III, 47 + nn. 1 8 e 1 9; III, 6 1 ; VII, 3 3 SIRIA: lntr. 1 6 ; IV, 3 SISIFO: I, 4 SIZIGIE (coppie): lntr. 1 4 ; III, 55, 56 + n. 25; le dieci della storia: III , 6 1 + n. 30 SODOMA: l, 32; Il, 30 SoFONIA (del gruppo di Pie tro): III, 68 SPIRITO SANTo: lntr. 6; l , 4 5 , 6 3 ; II, 2 1 ; I I I , 1 ; IX, 7 ; X, 7 1 ; Paraclito: I , 69 STANTE (= Simon Mago): l , 7 2 ; I I , 7 , 1 1 ; III, 47 + n. 2 0 SuSA: IX, 2 3 , 29
423
TADDEO (apostolo): l , 59 TANTALO : I, 4 TARTARO : l, 4 TEMPIO (di Gerusalemme): di scussione al - su battesi mo e sacnfici: l, 5 5 ; di struzione del -: I, 64, 65 TENTATORE (il): III, 6 1 ; IV, 34 TENTAZIONI: fuggirle: VII, 3 8 TEOFILO DI ANTIOCHIA: trasforma casa sua in basilica: X, 71 TERTULLIANO: lntr. 2 3 TIBERIO CESARE : l , 6 TIMORE DI D IO: frena le pas sioni: IX, 1 1 , 1 4 , 1 5 , 1 6, 3 1 TIMORE UMANO: utile: IX, l l , 1 5, 3 1 TIRo: lntr. 1 1 ; IV, l TIZIO: I, 4 ToLEMAIDE: IV, l ToMMASO (apostolo): IX, 29 + n. 1 1 TRADIZIONE: l, 74 TRANSGIORDANIA: lntr. 1 6 TRINITA DMNA: l , 69; III, 67; IV, 32 ; VI , 9; VII, 29 TRIPOLI: III, 7 3 , 74 ; IV, 1 ; VI, 1 5 ; VII, 1 ; X, 1 5 UBBIDIENZA: lntr. 2 6- 2 7 ; al ve scovo : LC 1 7; III, 66, 74; VI, 1 5 UMANITÀ: strutturata necessa riamente nella diversità e ineguaglianza: IX, 4-5, 7 uoMo: immagine di Dio: V, 23; chi offende l'- profa na l'immagine di Dio: V, 2 3 ; chi vuole venerare l'immagine di Dio veneri l'-: v. 2 3 UOMO NEMICO: lntr. 2 5 ; l , 70, 7 1 , 73
424
lnd1ce del nom1 e delle cose notevoli
uovo (cosmico): X, 1 7 ; gene ra l'Androgino: X, 30 UNITÀ: Intr. 2 7 ; al vescovo: LC 1 7; UNZIONE: vedi OLIO VEDOVE (ordine delle) : VI, 1 5 VENERE (significato mitologi co-allegorico): X, 34 VENRADIO : lntr. 23 VERBO ( Mente Intelligen za = Sapienza = Dio): VIII, =
1 9, 20
=
VERO PROFETMPROFETA DELLA VERITÀ: lntr. 1 4 ; l, 1 6, 1 7 , 1 8 , 2 1 , 2 5 ; è apparso ad Abramo: I, 3 3 ; è apparso a Mosè: I, 34; preannuncia to da Mosè: I, 39, 40; V, 1 0; = Cristo eterno: I, 4 3 , 44 ; l'atteso delle genti: V, 1 0 - 1 1 ; fondamento suffi ciente di ogni verità: I, 74; II, 2 2 + n. 1 2 , 2 8 , 34; III, 2 6; V, 2 ; solo il - può da re la « conoscenza » : V, 5 ,
1 0; VIII, 6 0 ; X, 1 4 ; ogni altra conoscenza su Dio non data dal - è incerta: IX, l VERSIONE SI RIA CA ( delle Reco gnitiones ) : lntr. 2 2 VES covo: qualità e doveri del -: LC 5-6, 1 5 , 1 6 VESCOVO DEI VESC OVI : LC n . l VIAGGI DI PIETRO: lntr. 1 6- 1 7 VOLONTÀ DI D IO : da preferire a ogni cosa: III, 7 1 ; IV, 4 , 5 ; V, 2 8 , 34; VII, 3 7 ZACCARIA (del gruppo d i Pie tro): III, 68 ZACCHEO: lntr. 2 1 -2 2 ; l, 20, 2 1 , 7 2 , 73 , 74 ; Il, 1 9 ; III, 66, 67, 68, 7 1 ; VII, 3 3 ; or dinato vescovo da Pietro: III , 65 , 66 ZEBEDEO (i figli di) : l, 57 ZEUS: vedi GIOVE ZOROASTRO (astrologo e in ventore della magia): IV, 27-28
INDICE SCR ITTU R I STICO
Antico Testamento
15, 1 5, 15, 1 6,
Genesi l , 1 -2 : Vl, 7 l , 26: II, 39 l , 2 7: IV, 9;
2: l, 2 8
V, 2
3 , l : III , l 3 , 5 : II, 39 , 44 3, 1 4 : II, 44; V, 1 7 3 , 2 2 : II, 3 9 5 , 23-24: IV, 12 5 , 24: I, 5 2 6, l ss . : I , 29; IV,
12 6, 2 : IV, 2 6 6, 4: 1, 29 6, 5: I, 29 6, S-9: III , 6 1 6 , 8-9: IV, 1 2 7 , 1 1 - 2 3 : I , 29 8, 2 2 2 5 : I, 30 9 , 4: l , 30 1 0, 8- 1 0: I , 3 0 1 1 , 1: I, 30 1 1 , 2.9: I, 30 1 1 , 7 : II, 39 -
1 1, 11, 12, 1 5,
2 7 32 : I, 32 28: I, 3 1 1 - 5 : I , 32 l : I, 32 -
2 : I , 32 5: I, 32, 4 1 1 3 : I , 34 1 5 : I, 3 3 1 7 , 3: m. 47 n. 20 18, 20- 33 : I, 3 2
2 1 , 1 -2 : I, 34 22, 39: II, 42 46, 27: I, 3 4 49 , l O: V, 1 0
Esodo l , l -S : I, 34
3 , 1 3 : Il, 42 3 , 1 4 : III, 47 n.20 7, 1 : II, 4 1 7, 8ss . : III, 55
14, 3 l : IV, 5 22, 9: II , 41 22, 2 8 : I I , 3 9 , 42 23 , 1 3 : II, 44 2 9 , 7 : I , 47 30, 2 5 : I , 4 7 30- 3 3 : I, 4 7 33, 20: III, 29
Levitico 8 , 2 . 1 0: I, 4 7 1 5 , 24: VI, 1 0 1 8 , 1 9: VI, l O
Numeri 1 1 , 1 6: I, 40
Deuteronomio 4 , 3 9: II, 43 6, 4: II, 44 6, 1 2 : II, 4 5 6 , 1 3: n. 44; v . 1 3 8, 1 1 : II, 4 5 1 0 , 1 4 - 1 5 : Il, 43 1 0, 1 7: Il, 4 1 , 44 1 0, 20: Il, 44 1 0, 2 2 : l, 34
1 2 , 1 3- 1 4 : I, 37 1 3 , 1-3: II , 45 1 8, 1 0- 1 2 : I , 5 1 8 , 1 5 . 1 9: I, 3 6
3 1 , 3-7: I, 3 8
32, 8: I I , 42
32 , 9: n. 3 9
32, t2: n. 39
lnd 1ce scritturistico
426
32, 39: ll, 43 34, 6 : I, 38
Nuovo Testamento
Giudici
Matteo
1 3 , 1 7 : II, 42
l , 1 8 : II, 1 4
l Re 1 7, 1 : V, 2 9 1 8 , 1 .44: V, 2 9
Tobia 4, 1 5 : VIII, 56
Salmi 1 7, 32 : 34, 1 0: 38, 1 3 : 70, 1 9: 1 1 2, 5:
Il, 44 II, 44 IX, 7 II , 44 II, 44
Sapienza l , 4: VIII, 59
Isaia 34, 4 : III, 26
Osea 6, 6: I, 37
Daniele 1 0, 2 0-2 1 : II, 42 41
n. 8 1 2 : III, 3 8 1 7 : I, 4 8 5-6: Il, 9 n . 6 8 : IV, 34 1 0: IV, 34 ; V, 1 3 3 : II, 2 8 6: II, 2 8 8 : I l , 22 , 2 8 ; III , 29, 30 5, 9: II, 2 7 , 29 5 , 1 4- 1 5 : VIII, 4 5 , 2 1 -2 2 : VI, 1 3 5 , 2 7-2 8 : VII, 37 5 , 2 8-29: VI, 1 3 5 , 42-44: VI, 1 3 5 , 44: VI, 5 5 , 4 5 : III, 3 8 ; V, 1 3 6 , 5 : II, 46 6, 2 4 : V, 9, 1 2 6 , 3 3 : II , 20, 46; III , 20, 3 1 , 37, 4 1 7 , 6 : II, 3 ; III, l 7, 1 2 : V, 2 3 ; VIII, 56 8 , 9: IV, 3 3 8 , 1 1 : IV , 4 9, 1 3 : I, 37 9, 14: I, 40 9, 37-3 8 : IV, 4 1 0, 1 -4 : Intr. 26; I , 40 1 0, 5 : 1, 5 7 1 0, 1 1 : I I , 3 1 0, 1 2 - 1 5 : Il, 30 1 0, 25: II, 27 1 0, 2 6 : III , 1 3 1 0, 34: II, 26; VI , 4 1 0, 34-35 : II, 2 8
3, 3, 4, 4, 4, 5, 5, 5,
n.
1 1 , 5: I , 6; III, 60 1 1 , 9. 1 1 : I , 60 1 1 , 1 8 : 1, 40 1 1 , 2 5 : IV, S 1 1 , 2 7 : II, 47 , 4 8 1 2 , 7 : I , 37 12, 2 5 : II, 3 1 ; Ill, so 1 2 , 4 1 : VI, 1 4 1 2 , 42 : VI, 1 4 1 3 , 4-7 : III, 1 4 1 3 , 8-2 3 : IV , 3 5 1 3 , 3 0 : III, 3 8 1 3 , 46: III, 62 1 3 , 52 : IV, 5 1 7 , 1 9: V, 2 , 34 1 8 , 7: 1II, 49, 65 20, 28: VII , 7 2 1 , 2 2 : IV, 1 7 2 2 , 2- 1 2 : IV, 35 2 2 , 2 3 : I, 54 2 2 , 30: 111, 30 22, 39: II, 29 23, l ss.: II, 30 23, 5-7: II, 46 23, 9: VIII, 8 2 3 , 1 3 : 1, s4, n, 30, 46 2 3 , 2 5 -26: VI, 1 1 � 24 , 2 . 1 5 : I, 3 7 2 4 , 1 5 : I, 64 2 4 , 24: III, 60 24, 3 6 : X, 1 4 2 5 , 35-36: V , 2 3 2 7 , 4 5 - 5 2 : I, 4 1 2 7 , 4 5 : I, 42 2 7 , 63 : I, 42 2 8 , 1 9.20: Il, 33 2 8 , 20: II, 22
Marco l , 2 9-30: VII, 2 5 4
n.
427
lndtce scnttu r i sttco
3 , 1 3- 1 9: lntr. 26 9, 2 5 : Il, 72 1 3, 32 : X, 1 4
6, 1 4: l, 3 6 n. 32 7, 20: l, 40 1 2, 34: I, 43
Luca
Atti
4, 1 8- 1 9: IV, 35 n. 19 4 , 29-30: II, 9 n . 6 6, 1 2- 1 6: Intr. 2 6 6, 3 1 : VIII, 56 6, 3 6: V, 1 3 6 , 46: IV, 5 7, 2 6-29: Intr. 8 I O, 1 : I, 40 1 0, 2 : IV, 4 l O, 5-6: II, 30 1 0, 8 : II, 3 I l , 3 2 : VI, 1 4 I l , 52 : I , 54, II, 30, 46 1 2 , 1 7-20: X, 45 1 2 , 49: VI , 4 1 2 , 5 3 : II, 2 8 1 3, 29: IV, 4 1 7 , l : III , 49, 65 1 9, 44: I, 37 22 , 69: III, 47 n. 20 23 , 34 : VI, 5
l , 26: IV, 35 n. 1 9
Ro mani
Giovanni
l , 2 1 -2 3 : II, 4 1
�
l , l : II , 48 2 , 2 5 : VIII , 59 3 , 5 : VI, 9 3 , 2 9 : IX, 3 4, 22 : Intr. 7 4, 2 5 : I, 54 5 , 2 3 : II, 4 8
2, 3, 3, 3, 4, 5, 7, 7, 7, 8,
·
·''
4 2 : LC 1 8 , n . 8 6: VII, 2 3 1 2 : X , 70 22-2 3 : I, 36 n. 32 36: I , 7 35-39: I, 65 1 4 : 1, 34 56: III, 47 n. 20 60: VI , S 1 -3 : I, 70 n. 5 8 ; III, 49 8, 1 0- 1 3: I, 72 9, 1 5 : III , 49 n. 22 1 0, l : X, 5 5 I O, 2 : X , 70 1 5 , 2-6: LC l , n. l 1 8 , 2 5-2 6: Intr. 8 20, 3 : 1II, 67 2 1 , 1 8 : LC l , n. l 2 8 , 1 1 : III, 67
1 5, 24.27: D, 42 n. 41 Colossesi 2 , 1 8 : Intr. 8
Galati 2 , 1 4: III, 59 n. 2 5 3, 1 : III, 59 n. 2 5
Filippesi
2, 7: Il, 14 n. 8
4, 3: Intr. 2 4 , n. 45
l Pietro 2 , 1 1 : IX, 7
2 Pietro 3 , 1 0: Il, 68
l , 20: II, 2 1
2 , 2 8-29: V , 34 1 1 , 34: V, 25
l Corinzi 9 , 5: VII, 2 5 1 0, 2 0 : Il, 7 1
l Giovanni 2,
4: II, 2 2
Apocalisse 6, 1 4 : III, 2 6
I N D ICE DEGLI APOCR I FI C ITATI
1 . Apocalisse
di Giacomo
5 , 4: I, n. 58
2 . Atti di Pietro : Intr. 2 3 , n. 42 3 . Enoc slavo 8 : l, n. 46 4. Lettera di Barnaba
S . Testamento di
1 , 7: l, n. 9; 1 6, 7: ID, n. 3 7
Lev z 8 , 5 : ITI, n . 3 9
6 . Vangelo d i Barnaba : lntr. 9 , n. 8 7. Vangelo degli Ebioniti: lntr. 1 0, n. 9
8 . Vangelo dei Nazareni: lntr. 1 0, n. 9 9. Vita Adami 40ss. : l, n. 46
INDICE D EGLI SCRITTI PATRISTICI CITATI
- �·
l . Al.CIBIADE, in lppolito, Philosophumena 9, 1 3 : Intr. n. 1 2 , i n Epifania, Haereses 30: Intr. n . 1 2
2 . BARDESANE, Ltbro delle Leggi dei paesi 2 5 -47 (cf. Eusebio, Preparazione evangelica VI, 1 0, 1 -48): IX n. 3 3. BASIUO DI CESAREA, Contro Eunomio : ITI n. 2
l , 6: I n. 1 2 I tempi (De temporum ratione ) : VI, 6 Sulla natura 2 6 : VIII n. 9
4. BEDA, Omelie sulla Genesi l ,
5. CLEMENTE n'ALESSANDRIA, lpotiposi 7: I n. 58 Stromati 6, 1 7 : VIII n. 5 6. CRONACA PASQUALE 1 : IV n. 1 4 7. DIDACHÈ 7, 1 -3 : III n . 3 8; 7, 3-4: III n. 3 7 ; VI e VI n. 8 9, 5 : I n. 8 ; 9, 1 0 e 1 6 , 2 : LC 1 8 n. 8
8. EGESIPPO, Memorie 5
in Eusebio, Storia ecclesiastica 2, 2 3 , 4- 1 8: I n. 5 8 3 , 2 2 , 8 : Intr. 2 5 + n. 5 1
9 . EPIFANE, in Clemente d'Alessandria, Stromati 3.2.6-9: X n. l 1 0. EPIFANIO, Haereses 30: Intr. lO n. 1 2 30, 1 5 : Intr. 23 n. 42 30, 1 6: Intr. 9 n. 8
Indice degli
430
scritti patristici citati
76, 1 1 : lntr. 22 n. 3 9 78, 1 4: I n. 58 e ll n. 4 1 1 . ERACLEONE, Commento al Vangelo di Giovanni, 1 2 . ERMA,
Il Pastore 2 , 4, 2-3: lntr. 24 n. 48
.l
fc. 7: ll n. 12 l
1 3 . EucHERIO, Lettera a Valeriano · ' .• . (De contemptu mu ndi et saecularis philosopliW}:. ' 42
VII
D.
1 4. EUNOMIO, I Apologia : ID n. 2 1 5 . EusEBIO DI CESAREA, Preparazione evangelica 5 , 1 0: Intr. 23 n. 42 6, 1 0, 1 1 -48: IX n. 3 1 3 , 1 9, 1 4: X n. 2
Storia ecclesiastica 3 , 4, 9: Intr. 24 n. 46 3 , 3 8 , 5 : Intr. 2 3 n. 42
1 6 . FII.ASTRIO DI BRESCIA, Libro sulle eresie : II n. 4 1 7. GIROLAMO, Gli uomini illustri 2 : l n. 5 8 Lettere 1 1 2 , 1 3 : lntr. 1 0 n. 1 1 Contro Gioviniano l , 26; lntr. 23 n. 42 e VII n. 4 Commento ai Galati : lntr. 23 n. 42 1 8. GIUSTINO, Trattato contro tutte le eresie (in Ireneo, cmum 6 le eres ie) : II n. 4 I Apologia '\ 2 3 . 3 2 : Ill n. 1 9 2 5ss. e l , 5 6 : lntr. 1 1 n. 1 4 ; III n. 1 9 6 1 : I II n . 3 7 Dialogo con Trifone 1 20: Intr. 1 1 n . 1 4; III n . 1 8 1 9. GREGORIO D I NISSA, Contro Eunomio :
III n . 2
20. IGNAZIO DI ANTIOCHIA, Lettera agli Smirnesi l , l : ffi n. 1 9 Lettera agli Efesi n i 5 , 3 e 1 3 , l : L C 1 8 n . 8 Lettera a Policarpo 4, 2 : LC 1 8 n. 8 2 1 . IPPOLITO, Sintagma contro tutte le eresie (nel De praescrip tione haereticorum dello Pseudo-Tertulliano): II n. 4
43 1
Indice degli scritti patrist1ci citati
Philosophumena 7, 3 3 , 1 - 2 : Intr. 8 9 , 3 , 1 5 : Intr. 1 3- 1 4 n. 20 9 , 1 3 : Intr. 10 n. 1 2 2 2. IRENEO , Contro le eresie l , 7: III n. 1 8 l , 1 3 , l : I II n. 1 8 l , 23 : III n. 1 9 Apol. l , 2 6 , 56: Intr. 1 1 n. l , 26, l : Intr. 8 n. 7 l , 26, 2: I n tr. 9 n. 8 3 , 2, 3: Intr. 1 7 n. 30 3 , 3, 3 : Intr. 24 n. 47
14
23. ISIDORO DI SIVIGLIA, Su[la.Jt4tura 1 7, 3 : VIII n. 1 4 3 1 , l : VIII n. 1 2
24. MASSIMO IL CONFESSORE, Cap itoli sul/a carità 3, 25 : V n. 1 0 2 5 . 0PUS IMPERFECTUM IN MAITHAEUM 7, 1 6 : III n. 2 6 7, 2 2 : IV n. 1 2 1 0 , 4 1 : VI I n . 6 24, 1 5 : I n. 3 5 2 6 . ORIGENE, Commento a Matteo l O , 1 7 : I n . 5 8 Omelia 7 7 s u Matteo : VI I n . 6 Contro Celso l , 5 7 : Intr. 1 2 n. 1 5 3 , 2 8 : m n. 1 9 4, 90: VIII n. 5 7, 8ss. : III n. 1 9 Commento a l Genesi 3 (in Filocalia 2 3, 2 1 -22) : X n . 3 Filocalia 2 3 : Intr. 23 n. 42 2 7 . PSEUDO-AMBROGIO, Atti di san Sebastiano 1 6 , 5 5 : X n. 3
2 8 . PsEUDO(?)-ATANASIO, Disputa 480C ) : VIII n . 4
contro Ario
31
(PG
28,
29. PsEUDO-CESARIO, Dialogo (Quaestiones et responsiones) 2 , 1 09- 1 1 0: IX n. 3
432
lndtce deglt sc nttt patnsttc t cttatt
30. PSEUDO-PALLADIO, Le genti dell'India e i brahmani: IX, 2 0 + n. 6 3 1 . RUFINO DI AQUILEIA, Apologia contro Girola mo 2 , 3 3 : VIII n. 7 De adulteratione libroru m Origenis 3 : Intr. 22 n. 3 8 3 2 . SOCRATE, Storia ecclesiastica 4 , 7: III n . 2 3 3 . TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum 3 2 , 2 : lntr. 23 n. 44 De poenitentia 8: LC 8 n. 6 De pudicitia 4, 5: LC 8 n. 6 Apologeticu m 39: LC 1 8 n. 8
ALTRI AUTORI ANTICHI CITATI
ARISTIPPO, in Diogene Laerzio, Le vite, k dottrine e le opinioni di fìlosofì illustri 2, 29: X, 5 + n. l FLAVIO GIUSEPPE, Antichità giudaiche 2 0, 1 99-203 : I n. 58 O MERO, Odissea , canto 1 1 : I n. 2 PLATONE, Timeo 2 8B: VIII n. 8 ; Leggi 7 3 9C : X n. 2
PLINIO IL GIOVANE, Epistola 1 0 , 96 : LC 1 8 n. 8
I N D IC E G EN E RALE
Introduzione
.
.
Il quadro religioso-culturale delle Pseudoclementine Le Pseudoclementine . Le Omelie. Le Recognitiones Lo Scritto primitivo Il testo-base della traduzione La prefazione di Rufino . Datazione delle Predicazioni di Pietro Dottrina Contenuto e traccia della catechesi di Pietro
pag .
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5
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6 12 13 14 15 18 20 24 27 30
Bibliografia .
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35
Pseudo-Clemente LEITERA A GIACOMO, FRATELLO DEL SIGNORE
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39
I RITROVAMENTI
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59
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61 1 14 1 65 214 237 26 1 273
Libro Libro Libro Libro Libro Libro Libro
l.
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II . III .
IV .
V . VI . VII .
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I ndice generale
436
Libro VIII Libro IX . Libro X .
pag. 2 95
Indice dei nomi e delle cose notevoli Indice scritturistico . . . Indice degli apocrifi citati . . . Indice degli scritti p atristici citati Altri autori antichi citati . . . . •
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