Mentre scendeva verso Timnata per incon trare la donna filistea che sarebbe diventata
bolenta, condannata all'allontanamento dal
sua moglie, Sansone si imbatté in un giovane
suo popolo e dalla donna amata, a una dispe
leone, e "investito dello spirito del Signore, lo
rata solitudine, a subire continui tradimenti:
squartò come si squarta un capretto". Quan
un uomo il cui stesso corpo rappresenta
do , tornò per il matrimonio, deviò dalla strada
un"'aspra terra d'esilio". E grazie a questa
per vedere i resti del leone. N ella carcassa
scoperta, il mito "filtra sorprendentement,e
le api avevano fatto un alveare, e Sansone si
nel nostro quotidiano, nei nostri momenti
riempì le mani di miele, lo mangiò lungo la
più intimi e nei segreti meglio custoditi di
strada e lo portò ai genitori. Questo episodio
ciascuno di noi".
(che ispira a Sansone l'enigma che porrà agli invitati del banchetto di nozze) è all'origine
DAVID GROSSMAN,nato a Gerusalemme nel
della lotta mortale tra l'eroe d'Israele e i filistei. Per David Grossman, che narra e insieme commenta la storia di Sansone, la strana e misteriosa bellezza dell'immagine del miele che esce dal corpo del leone get ta
una luce nuova e diversa sul mito. Chi è
Sansone?
È il "nazireo" consacrato a Dio che
non può bere vino né tagliarsi i capelli, "un energumeno capace di portare distruzione e morte ovunque vada", un automa (una sorta di Golem) usato da Dio come un'arma letale. Per Grossman è anche un emblema
1954, è uno dei maggiori scrittori israeliani e ..
un acuto interprete del nostro tempo. Tra i suoi romanzi ricordiamo Vedi
alla voce: amore, Che tu sia per me il coltello e Col corpo capisco, tutti editi da Mondadori.
Il miele del leone, insieme a Il canto di Penelope L'elmo del terrore di Viktor Pelevin, inaugura la collana Rizzo/i miti, un progetto che coinvolge venticinque
di Margaret Atwood e
importanti editori di tutto il mondo.
dell'odierno Stato d'Israele, incline a fare un uso sproporzionato di una forza a cui si associa un senso di insicurezza e precarietà. Soprattutto, Sansone è un'anima sola e tur-
In copertina: progetto grafico e illustrazione di Jeffrey Fisher art direction di Mucca Design
www.rizzoli.rcslibri.it
[email protected]
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DAV1D GROSSMAli Il. mi.eli Jet l.wtlft
Il mito di Sansone
traduzione dall'ebraico di Alessandra Shomroni
l\!_zzoli
Introduzione
Proprietà letteraria riservata Cl 2005 Davz'd Grossman Published by a"angement with Canongate Books Ltd, 14 High Street, Edinburgh, EHl lTE © 2005 RCS Libri S.p.A., Milano
ISBN 88-17-00792-7 Titolo originale dell'opera: Dvash Arayot
Lion's Honey Prima edizione: ottobre 2005
«Sansone l'eroe», così imparano a chiamarlo le bambine e i bambini ebrei che per la prima volta ascoltano la sua storia. Ed è così che più o meno viene rappresentato in centinaia di dipinti, libri, opere teatrali e cinematografiche realizzate in periodi e in lingue diverse: un eroe mitico e un audace guerriero, capace di squartare un leone a mani nude; un leader carismatico degli ebrei nelle guerre contro i filistei e, indubbiamente, una delle figure più burrascose e pittoresche della Bibbia. Ma nel leggere la sua storia tra le pagine della Bibbia l'impressione che io ne riporto è in un certo senso contraria a quella della figura del San sone familiare a tutti: non proprio un valoroso leader nazionale (Sansone non governò mai vera-: mente il suo popolo), né un nazireo di Dio (il nostro eroe, ammettiamolo pure, era piuttosto
Realizzazione editoriale: Studio Editoriale Littera, Rescaldina (MI)
lussurioso e lascivo), e nemmeno un muscoloso
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assassino. Più di tutto ciò Sansone era un uomo che nel corso della sua vita ha lottato per accet
mento, segna il punto in cui il mito - con le sue immagini grandiose, le sue gesta e le sue imprese
tare l'immane destino che gli era stato imposto,
sovrumane - filtra sorprendentemente nel nostro
un destino che non è mai riuscito a realizzare
quotidiano, nei nostri momenti più intimi e nei
appieno e forse nemmeno a comprendere.
segreti meglio custoditi di ognuno di noi.
È la
storia di un bambino nato estraneo a suo padre e a sua madre; di un giovane dalla muscolatura pos
D.G.
sente che si sforzava incessantemente di guada gnarsi l'amore dei genitori e l'amore in generale. Un amore che non ha mai ottenuto. Raramente troviamo nella Bibbia storie tanto drammatiche, ricche di peripezie, dalla trama avvincente e rivelatrici di istinti quantò quella di Sansone: la lotta contro il leone, le trecento volpi in fiamme, le donne con cui ha fatto l'amore, l'u nica che abbia mai amato, il tradimento .da parte di tutte le donne della sua'vita - a partire da sua madre per finire con Dalila - e, infine, il suo sui cidio-omicidio, allorché fece crollare sulla propria testa l'edificio al cui interno vi erano tremila fili stei. Ma al di là dell'enorme caos e degli impulsi selvaggi, sotto i nostri occhi si dipana un'esistenza che non è altro che il tormentato viaggio di un'a nima sola e turbolenta, che non ha mai trovato una vera casa in questo mondo e il cui stesso corpo rappresentava una sorta di aspra terra d' esi lio. Per me questa scoperta, questo riconosci-
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7
Dal Libro dei Giudici
13 Ifigli di Israelefecero di nuovo male al cospetto del Signore che li diede nelle mani dei filistei per ·qua,. rant'anni. Orbene, vi era a Zorah un uomo della tribù diDan di nomeManoah il quale aveva una moglie ste:.. rile e senza alcunfiglio. A costei apparve l'angelo del Si gnore che le disse: «Tu sei sterile e senza prole ma ecco con:.. cepirai e darai alla luce unfiglio. Guardati però dal bere vino o bevande inebrianti e dal mangiare nulla d'im mondo, poiché concepirai e darai alla luce unfiglio sul capo del quale non passerà il rasoio. Egli sarà nazireofin dalla nascita e comincerà a liberareIsraele dalle mani dei filistei». La donna allora disse a suo marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; il suo aspetto era simile all'angelo del Si gnore e quanto mai terribile. Non gli ho chiesto da dove provenisse, né egli mi ha detto il suo nome; solo mifece sa pere: Tu concepirai e darai alla luce unfiglio; or dunque, non bere vino, né bevanda inebriante e non mangiare nulla di immondo, perché ilfanciullo sarà nazireo diDio
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dalla nascita efino al giorno della sua morte».Manoah allora rivolse alSignore questa preghiera: «OhSignore, l'uomo di Dio che tu hai mandato ritorni, di grazia, per insegnarci ciò che fare col bambino che nascerà». Dio esaudì la preghiera diManoah e l'angelo di Dio tornò da sua moglie che stava seduta nel campo mentreManoah, il marito, non era con lei. La donna corse infretta ad av visare il marito, dicendogli: «Ecco mi è apparso quel l'uomo che venne da me l'altra volta». Manoah si alzò e seguì la moglie e arrivato dall'uomo gli domandò: «Sei tu l'uomo che ha parlato con questa donna?».Quello ri spose: «Sono io».EManoah soggiunse: «Quando si com piranno le tue parole quale sarà la regola di vita del fan ciullo e quale la sua missione?». L'angelo delSignore gli rispose: «Tua moglie si astenga da tutto ciò che le ho detto: non mangi niente di quanto nasce dalla vite; non beva vino né alcunché d 'in�briante, non mangi nulla d'immondo e osservi tutto ciò che le ho prescritto». AlloraManoah parlò all'angelo delSignore: «Perfa vore trattieniti un poco: noi ti prepareremo un capretto». Ma l'angelo del Signore rispose: «Quand'anche tu mi trattenessi, non mangerei del tuo cibo; se tuttavia vuoi farne un olocausto, offrilo alSignore». Manoah non sa peva che quello fosse l'angelo delSignore. Allora gli do mandò: «Qual è il tuo nome, affinché noi ti possiamo onorare quando si compiranno le tue parole?». L'angelo delSignore rispose: «Perché domandi il mio nome? Esso è 12
misterioso». Manoah prese allora un capretto e l'obla zione e li offrì in olocausto sulla pietra al Signore che opera meraviglie. E mentre lafiamma dall'altare si le vava verso il cielo alla vista diManoah e di sua moglie, in mezzo ad essa salì pure l'angelo delSignore. Al vedere tal cosa Manoah e sua moglie caddero a terra bocconi. L'angelo delSignore non si mostrò più a Manoah né a sua moglie. AlloraManoah comprese che quello era l'an gelo delSignore e disse a sua moglie: «Sicuramente mor remo, poiché abbiamo visto Dio». Ma la donna gli ri spose: «Se il Signore avesse voluto farei morire non avrebbe accettato dalla nostra mano l'olocausto e l'obla zione, non ci avrebbe fatto vedere tutto questo, né ci avrebbe dato istruzioni su tali cose». La moglie dette dunque alla luce unfiglio e gli mise , nomeSansone. Il fanciullo crebbe, benedetto da Dio, e lo spirito delSignore cominciò a vibrare in lui nel campo di Dan, fra Zorah edEshtaol. 14 Sansone scese aTimnata e vide una donna, figlia di
filistei, e tornato a casa disse a suo padre e a sua madre: «Ho visto a Timnata una donna filistea. Or dunque, prendetemela per moglie»..Gli risposero: «Non c'è una donna tra le figlie dei tuoifratelli e di tutto ilpopolo per ché tu vada a prendere moglie tra i filistei incirconcisi?». Ma Sansone insisté presso il padre: «Prendimi questa, perché è onesta ai miei occhi». I suoi genitori non sape13
vano che tal cosa veniva da Dio il quale cercava d'avere un gi,usto motivo di contesa coifilistei, che a quel tempo dominavano sopra Israek. Sansone discese dunque in compagnia di suopadre e di sua madre a Timnata, ed era appena arrivato aUe vigne della città, quand'ecco un gi,ovane leonefarglisi incontro, ruggendo. Sansone, investito dello spirito delSignore, lo squartò come si squarta un capretto, a mani nude, ma non dissè al padre e alla madre di ciò ch e avevafatto. Poi scese e si intrattenne con la donna che apparve onesta ai suoi occhi. llitornando dopo qualche tempoperprenderla come sposa, deviò dalla sua stradaper vedere i resti del !,eone. Ed ecco nella carcassa uno sciame di api e delmiele che San soneprese in mano e mangi,ò stradafacendo. Raggiunse poi i suoi genitori, lo divise con loro, ed essipure ne man gi,arono. Tuttavia non disse {oro di averpreso quel mù:le dal carcame della belva. Suopadre scese a casa della donna e lì Sansone diede un banchetto che durò sette gi,orni: così usanofare i gi,ovani. Allorché i cittadini lo videro, scelsero per lui trenta sociperfargli compagnia. E Sansone disse loro: «Vi vo glio proporre un enigma: se me lo spiegherete entro i sette gi,orni del banchetto e lo risolverete, io vi darò trenta tu niche e trenta vesti di ricambio; se non potrete scioglierlo, darete voi a me le trenta tuniche e le trenta vesti». Rispo sero: «Proponi pure l'enigma che lo sentiamo». Sansone disse loro: «Dal divoratore è uscito cibo e dalforte è uscita ·
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la dolcezza».·Per tre gi,omi nessuno di loro poté spiegare l'enigma. Al quarto gi,orno dissero alla moglie di San sone: «Adesca tuo marito perché ti di.a la spiegazione del l'enigma, altrimenti daremofuoco a te e alla casa di tuo padré: ci aveteforse chiamati quiper spogliarci?». La mo glie di Sansone, allora, piangendogli al collo, lo supplicò: «In realtà tu mi odi e non mi ami, perché non vuoi spie gare nemmeno a me l'enigma proposto aifigli dél mio po polo». Ed egli: «Non l'ho svelato neppure a mio padre e a mia madre, perchédOVTei spiegarlo a te?». E leipianseper i sette gi,omz che durò lafesta, e al settimo lo importunò a tal segno, chefinalmente Sansone glielo spiegò; ma ella lofece sapere subito ai suoi coniittadini. Sicché al settimo gi,orno, prima del tramontar delsole, dissero a Sansone: «Cosa èpiù dolce del mieke cosapiùforte delkone?». Ma egli rispose loro: «Se non aveste arato con la mia gi,ovenca non avreste risolto il mio enigma». Allora lo spinto del Signore lo investì e, disceso in Ashkelon, uccise trenta uomini, li spogliò e diede le vesti à coloro che avevano sciolto l'enigma. Poi, incolkrito, tornò a casa di suo padre. La moglie di Sansone intanto venne data a colui che gli avevafatto da testimone. 15 Qualche tempo dopo, durante la mietitura delfru mento, Sansone andò a visitare la moglieportandole un capretto e disse: «lo voglio entrare da lei nella sua ca mera». Ma ilpadre di costei non glielo permise, dicendo:
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«Ero convinto che tu l'avessi presa in avversione e l'ho data in sposa a colui che ti hafatto da testimone. Ma la sua sorella minore è migliore di lei. Prendila dunque in luogo dell'altra». E Sansone rispose: « Questa volta io sarò senza colpa sefarò del male aifilistei». Catturò trecento volpi, prese delle torce e legò le code delle bestie a due a dueponendofra le due code una tor cia. Poi, datofuoco alle torce, cacciò gli anim.ali nelle messi deifilistei e bruciò non solo i covoni, ma anche le messi, le vigne e gli oliveti. Or ifilistei domandarono: « Chi hafatto questo?». Efu loro risposto: «È stato San sone, ilgenero del tamnita, perché questi gli ha ritolto la moglie e l'ha data al suo compare». Ifilistei allora anda rono e bruciarono la donna e suo padre. Ma Sansone disse loro: «È questo il vostro modo difare? Ebbene non mi darò pacefinché non mi sarò vendicato di voi». E vi brando colpi su colpi, fece una grande strage; poi scese ad abitare nella caverna della rupe diEitam. Alùrra ifilistei salirono, posero il campo in Giuda efe cero delle scorrerie intorno aLehi. Quelli di Giuda doman darono: «Perchévenite contro di noi?». Ed essi: «Veniamo perimprigionare Sansone e trattarlo come ha trattato noi». Allora tremila uomini di Giuda discesero alla caverna della rupe diEitam e dissero a Sansone: «Non sai tu che ifilistei dominano su di noi? Perché dunque ci haifatto tal cosa?». Alùrra Sansone rispose: «Come essi hanno trattato me, così io hofatto a loro». «Siamo venuti per arrestarti e conse16
gnarti nelle mani deifilistei», ripresero quelli. Allora San sone disse: « Giurate che non mi amma;,z,erete». Ed essi: «No, noi non ti uccideremo, soltanto ti legheremo e ti daremo nette loro mani». Lo 'legarono dunque con duefuni nuove e lo cond,ussero via dalla caverna. 4ppena arrivato a Lehi gli sifecero incontro ifilistei con grida digioia. Lo spirito del Signore investì alùrra San sone, kfuni che gli legavano /,e braccia si spezzarono come fili di lino abbruciacchiato e i lacci alle sue mani si sciol sero. Poi, trovata una mascella d'asino squartato di re cente, l'afferrò e uccise con quella mille uomini e disse: « Con una mascella d'asino ne ho ucciso una gran quan tità, con una .mascella d'asino hopercosso mille uomini». Detto questo gettò via la mascella e per tale atto quel luogofu chiamato Ramat-Lehi. Provandopoi molta sete invocò il Signore e disse: « Tu hai operato per mezzo del tuo servo questa grande liberazione e ora dovrò morire di sete e cadere nelk mani degli incirconcisi?». Allora Dio apri unafenditura nella conca che è in Lehi, da lì sgorgò dell'acqua e Sansone poté bere, si rianimò egli tornarono leforze. Quel luogofu indi chiamatofontana dell'orante ed esiste tuttora in Lehi. E Sansonefu giudice di Israele pervent'anni al tempo deifilistei. 16 Andatosenepoi Sansone a Gaza, vi incontrò una me retrice ed entrò da ki. Orfu riferito a quei di Gaza: «È ve nuto qui Sansone». Alùrra si misero afar la ronda e gli te-
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sero un agguato alle porte della città, si tennero quieti tutta la notte e dissero: «Attendiamo.fino al mattino e l'uccideremo�. Sansonedormìfino a mezzanottepoi, al zatosi, afferrò i battenti delleporte della città con i dW! sti piti, li staccò insieme al catenaccio, se li mise sulle spali.e e sparì in cima al monte che è in direzione di Hebron. Sansone si innamorò poi di una donna della valle di Sotek, chiamataDalila. Andati da l.ei i capi deifilistei, le dissero: «Cerca, con le tue lusinghe, di scoprire in che con sista la sua grandeforza e in qual modo cisiapossibile do minarlo, perpoterlo legare e ridurlo all'impotenza; in com penso ciascuno di noiti darà mille e cento sicli d'argento». Disse dunque Dalila a Sansone: «Dimmi, ti prego, donde ti viene tantaforza e in che maniera ti si potrebbe legareper domarti?». Rispose Sansone: «Se mi legassero con sette nervifreschi, non ancora seccati, mi indebolirei e sarei come un uomo qualunque». Allora i capi deifilistei portarono aDalila sette nervifreschi, non ancora seccati, e con quellilo l.egò, mentre nascosto in casa di lei c'era un uomo in agguato. Ma quand'ella disse: «Ifilistei ti sono addosso Sansone!» egli spezzi> i nervi come si rompe unfilo di stoppa lambito dallafiamma. Così non sipoté sapere il segreto della suaforza. Gli disse alloraDalila: «Ti sei bur lato di me, mi hai raccontato delle menzogne; suvvia, dimmi almeno ora con che cosapotresti essere l.egato». Ed egli: «Se mi legassero confuni nuove, non ancora usate, mi indebolirei e sarei come un uomo qualunque». Dalila 18
prese delle corde nuove, lo leg/J e. disse: «Ifilistei ti sono ad
dosso Sansone!», e l'uomo era in agguato nella camera. Ma egli spezzò lefuni e se I.e tolse dalle braccia come sefos serofili. Dalila tornò a dirgli: «Ti sei burlatofinora di me con le tue menzogne; dimmi una buona volta con che cosa potresti essere legato». E Sansone le rispose: «Se tu intrec ciassi le sette trecce del mio capo con il liccioperderei la mia forza». CosìfeceDalila e dopo averfissato le trecce con un chiodo, disse: «lfilistei ti sono addosso Sansone!». Ma egli, destatosi dal sonno, strappò il chiodo e il liccio. «Come osi dire che mi ami», disse allora Dalila, «e il tuo cuore non è con me? Sono ormai tre volte che ti burli di me senza rivelarmi il segreto della tuaforza straordinaria.» Così lo tormentava ogni giorno, importunandolo con le sue insistenze, sino a che Sansone, esasperato al punto di voler morire, le aprì tutto il suo cuore e le disse: «Il rasoio non è maip0$sato sopra il mio capo, essendo io nazireo di Diofin da che stavo nel grembo di mia madre. Se mi ve nissero rasi i capelli perderei tutta la miaforza, mi inde bolirei e sarei come gli altri». Dalila, visto che Sansone le aveva aperto tutto il suo cuore, mandò a chiamare icapi deifilistei dicendo: «Ve nitefinalmente! Egli mi ha svelato ilsuo segreto». Allora andarono da lei i ministri deifilistei portando con sé le monete d'argento. Dalila, fatto addormentare Sansone sopra le sue ginocchia, chiamò un uomo, poi gli recise le sette trecce del capo e cominciò a legarlo. Allora la sua 19
forza cominciò ad abbandonareSansone. Dalila disse: « I filistei ti sono addosso Sansone!». Egli, destatosi dal sonno, pensava: «Riuscirò anche questa volta a disfar mene». Ma non sapeva che ilSignore si era ritirato da lui. Lo presero dunque i filistei, gli cavarono gli occhi, poi lo condussero a Gaza e !,o legarono con due catene di bronzo. Sansone dovette restar così a girare la macina in carcere. Ma i suoi capelli ricominciarono a crescere, come prima che fossero stati rasi. Or, i ministri dei filistei si erano radunati per offrire un solenne sacrificio a Dagon, loro dio, e per gioire, e dicevano: «Il nostro dio ci ha dato in manoSansone, nostro nemico». E tutto il popolo nel vedereSansone acclamava il proprio dio dicendo: «Dio ci ha dato finalmente nelle mani il nemico che devastava le nostre contrade e uccideva tanti dei nostri. E mentre il !,oro cuore era pieno di gioia, gridavano: «ChiamateSan sone che venga a divertirci>>.. Lo estrassero dunque dalla prigione ed egli cominciò a divertirli, poi lo misero in mezzo alle colonne. AlloraSansone disse al ragazzo che l,o teneva per mano: «Mettimi in posizione che io tocchi le co lonne sulle quali si regge la casa, perché mi ci appoggi». Ora, la casa era piena di uomini e di donne, vi erano tutti i capi dei filistei. Sul terr azzo stavano circa tremila fra uomini e donne, che assistevano ai giochi diSansone. Alwra egli si rivolse alSignore dicendo: « OSignore Iddio, ricordati ti prego di me e dammi forza ancora questa volta affinché mi vendichi finalmente dei filistei per la perdita 20
dei miei occhi, o Dio». Tastò poi le due cownne maestre su cui si reggeva l'edificio, puntò contro l'una il braccio de stro e contro l'altra il sinistro e disse: «Muoia la mia anima con i filistei». Spinse con forza e la casa crollò sui capi dei filistei e su tutti i presenti. Sicché quelli chefece perire erano più numerosi di quanti ne aveva uccisi in vita sua. Allora vennero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre a prenderne la salma e la portarono a seppellire nel sepolcro di suo padre Manoah, tra Zorah ed Eshtaol. Sansone era stato giudice di Israele per vent'anni.
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11. miei.e Jet l.e.onf!
C'è un passaggio nella storia di Sansone- quando si addormenta sulle ginocchia di Dalila- in cui pare concentrarsi l'intero racconto. Sansone in quell'istante sembra tornato bam bino, neonato quasi, libero dagli scoppi di vio lenza, dagli istinti che gli hanno sconvolto la vita, devastandola. Questo, naturalmente, è anche un momento fatidico perché Dalila ha già in mano le sue trecce e il rasoio mentre fuori i filistei assa porano la vittoria. Di lì a poco a Sansone ver ranno cavati gli occhi e la sua forza svanirà. Di lì a poco verrà gettato in prigione e i suoi giorni sa ranno contati. Eppure, proprio in quel mo mento, forse per la prima volta in vita sua, rag giunge la pace. Nell'attimo del tradimento crudele, di cui è quasi certamente consapevole, trova finalmente ri poso: da se stesso e dal dramma della sua vita bur rascosa.
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In quel periodo-probabilmente tra la fine del Do
tale zona era un. avamposto di difesa mentre per i
non vi era in Israele un re né un potere centrale. I
filistei era il primo, imprescindibile passo per un tentativo di conquista dei monti della Giudea.
popoli limitrofi -madianiti, cananei, moabiti, am
L'uomo si chiamava Manoah mentre il nome della
dicesimo e l'inizio dell'Undicesimo secolo a.C. -
moniti e filistei - approfittavano della debolezza delle tribù israelite per invaderne i territori, con
moglie è sconosciuto. Di lei sì sa unicamente che era «Sterile e senza alcun figlio», e questo basta a
quistarli e depredarli. Di tanto in tanto faceva la
far capire che i due non solo conoscevano le diffi
sua comparsa un uomo in grado di guidare il pro
coltà dellavita di frontiera, ma che anche la loro unione era segnata da contrasti e da dolori.
prio clan, talvolta più clan, e di reagire con le armi. In caso di vittoria, quell'uomo veniva nominato capo e arbitro di giustizia e riceveva l'appellativo di "giudice". Furono giudici Gedeone,Jefte, Ehud Ben Ghera, Samgar Ben Anate Deborah, moglie di Lapidot. Così vivevano i figli di Israele in un' al ternanza ciclica di periodi di schiavitù e periodi di redenzione a cui corrispondevano, secondo quanto è narrato nel Libro dei Gfo.dici, anni di peccato se guiti da anni di riscatto: gli israeliti adoravano altri dei, Dio scatenava contro di loro i popoli vicini e i figli di Israele, in preda alla disperazione, lo invo cavano; Il Signore allora inviava tra di loro l'uomo che li avrebbe salvati.
Chiunque abbia però qualche familiarità con i "segnali di avvertimento" della Bibbia sa che una
donna sterile è quasi sempre promessa diun parto fatidico. Un giorno, infatti, durante uno dei pe riodi in cui i figli di Israele facevano «di nuovo male al cospetto del Signore», mentre la donna è
sola, un angelo le appare e le annuncia: «Tu sei ste
rile e senza prole ma ecco concepirai e darai alla luce un figlio». Aggiunge subito dopo una serie di
istruzioni, di avvertimenti ma anche di buone no
tizie: «Guardati però dal bere vino o bevande ine brianti e dal mangiare nulla d'immondo, poiché concepirai e darai alla luce un figlio sul capo del
una donna della tribù di Dan, residenti a Zorah,
quale non passerà il rasoio. Egli sarà nazireo fin dalla nascita e comincerà a liberare Israele dalle
nella pianura della Giudea, una zona particolar
mani dei filistei».
mente tribolata poiché segnava il confine tra i ter
La donna corre dal marito: «Un uomo di Dio è venuto da me», dice, e i lettori drizzano le orec-
In questa realtà turbolenta vivevano un uomo e
ritori d'Israele e quelli dei filistei. Per gli israeliti
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chie, perché la futura madre di Sansone non ripete il verbo utilizzato dal narratore biblico: «A costei
Ecco, ha detto tutto. Si è tolta il peso di quell'in contro, di quell'insolita rivelazione. Il testo biblico
apparve l'angelo del Signore», ma preferisce l'e spressione «è venuto da me», ambigua e carica di
non riporta alcun moto di tenerezza tra i coniugi, nessun sorriso e neppure uno sguardo tenero. E non,c'è da stupirsi perché in genere la Bibbia è
significati giacché non di rado è utilizzata nella Bibbia per descrivere un rapporto sessuale. Anche il marito, forse, drizza le orecchie e la
molto parca nel rivelare i sentimenti dei suoi per sonaggi. Descrive azioni e fatti, ma lascia a noi let
moglie si affretta a descrivergli lo straniero: «Il suo aspetto era simile all'angelo del Signore e quanto
tori il compito di speculare. Un compito eccitante di per sé ma che comporta il rischio che la mente
mai terribile» dice «non gli ho chiesto da dove pro venisse, né egli mi ha detto il suo nome». E a noi
divaghi e le ali dell'immaginazione si dispieghino. Eppure, nelle prossime pagine, oseremo fare ciò che hanno fatto prima di noi infinite generazioni
pare di cogliere nelle sue parole un tono di giusti ficazione per non aver avuto il coraggio, intimorita dall'aspetto del forestiero, di chiedergli donde provenisse, né come si chiamasse.
Ma come reagisce Manoah? Cosa significa il suo
di lettori che hanno interpretato il laconico testo •
sacro in base al loro credo, alle concezioni del loro tempo e alle propensioni del loro cuore, congettu rando su ogni virgola e parola, attribuendovi signi
silenzio? Aggrotta la fronte stupito nel tentativo di
ficati e proiettandovi talvolta anche i loro sogni e i
formulare una domanda, di riprendersi dallo
loro desideri. I
sconcerto improvviso in cui lo ha gettato la mo
Così, con la dovuta cautela, ma anche con il pia
glie? Lei però non aspetta che lui le chieda qual
cere dell'intuizione e dell'inventiva, cercheremo
cosa. In preda all'agitazione, quasi atterrita, lo
di immaginare l'incontro fra la coppia: fra la mo
sommerge di informazioni: l'uomo di Dio mi ha
glie che racconta e il marito che l'ascolta, fra lei
detto: «Tu concepirai», e ha promesso che darò
che si dilunga e lui che tace. Non sappiamo cosa
alla luce un figlio. Mi ha ordinato di non bere vino
nasconda il suo silenzio. Forse emozione, gioia; op
né bevande inebrianti, e di non mangiare cibi im
pure collera nei confronti della donna che ha con
mondi «perché il fanciullo sarà nazireo di Dio
versato con tanta disinvoltura con un estraneo. Ci
dalla nascita e fino al giorno della sua morte».
possiamo anche domandare se lei, mentre parla
28
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con il marito (al quale chissà perché l'angelo di
superfluo farvi cenno. Ma com'è possibile spiegare
Dio non è apparso) �bbassi lo sguardo oppure lo
il suo silenzio sul seconqo particolare? Perché una
fissi negli occhi. E anche se solo una minima parte
moglie non dice al marito -o gli nasconde delibe
di quanto abbiamo immaginato è accaduto vera
ratamente-una notizia tanto importante sul figlio
mente, non c'è dubbio che la notizia abbia profon
che hascerà, che certo è motivo di soddisfazione e
damente turbato la coppia e sconvolto le correnti
di orgoglio e potrebbe ricompensarli in parte dei
sot�erranee in gioco fra loro: tra il marito e la pro lungata sterilità della moglie e la sua attuale, sor
tristi anni di sterilità?
prendente gravidanza e forse anche tra la moglie e
motivazioni della donna, proviamo a rileggere la
Per capire tutto questo, per comprendere le
l'inerzia del marito che, a quanto pare, comincia a
storia dal suo punto di vista. Come si è detto il testo
far capolino in questa breve scena.
non ne riporta il nome; tutto quello che viene
Noi lettori, testimoni di questo momento di in timità così cari co di tensione, ne siamo talmente conquistati che quasi non notiamo che la donna non ripete fedelmente ciò che ha detto l'angelo. Omette infatti due partiçolari importanti. Innanzi
•
detto dì lei, enfatizzandolo persino, è che era «ste rile e senza alcun figlio». Questo ci fa capire che da molti anni la moglie di Manoah attende un figlio che non arriva. Forse ha ormai perso la speranza di
averlo e quell'aggettivo-«sterile»-si è già diffuso
tutto non dice che sul capo del figlio non potrà pas
in famiglia, nella tribù e in tutta Zorah, come una
sare il rasoio e dimentica persino di accennare al
sorta di suo secondo nome. E non è nemmeno da
fatto che il ragazzo «comincerà a liberare Israele
escludere che anche suo marito, nei momenti di
dalle mani dei filistei», Perché? Forse l'emozione e lo spavento le hanno fatto semplicemente dimenticare la faccenda del ra
rabbia, l'abbia occasionalmente insultata con quell'epiteto bruciante, divenuto per lei una spina nel fianco ogni qualvolta pensa a se stessa e al pro prio destino.
soio. Senza dubbio è in preda a una grande agita
Ma ecco che a quella donna «Sterile e senza
zione e presumendo che Manoah abbia capito che
alcun figlio» appare l'angelo del Signore e la
il figlio sarà consacrato a Dio, e quindi tenuto a ri
informa che darà alla luce un bambino. Nel mo
spettare le regole del nazireato note a tutti, ritiene
mento stesso in cui il suo sogno si realizza, però, e
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lei è certamente al settimo cielo per la felicità, l'an gelo aggiunge che il piccolo «Sarà nazireo fin dalla nascita e comincerà a liberare Israele dalle mani dei filistei». La futura madre è in preda a un turbine di pen sieri e di sensazioni. Lei avrà un figlio. Fino a quel momento non ne
sapeva nulla, naturalmente. È stato l'angelo a darle la notizia. E forse, nell'udirla, ha avvertito dentro
di sé un palpito sconosciuto (gli angeli sanno che a ogni rivelazione deve corrispondere una prova concreta). Indubbiamente ha provato orgoglio per quel bimbo destinato a salvare Israele: quale madre non sarebbe fiera di dare alla luce il salva tore del proprio popolo? Ma forse, in un angolo del suo cuore, la sua gioia non è completa. Qualcosa la turba, una sensazione vaga, per il momento: il figlio che aspetta non sarà completa
siderato, nel momento stesso in cui le viene dato, nell'attimo in cui comincia a germogliarle dentro, è già "contaminato" da un'entità estranea, e que sto significa - e qui lei forse prova una stretta al cuore-che non le apparterrà mai veramente. Lo capisce in quel momento? Non si sa. Forse la notizia della gravidanza l'ha talmente turbata da provocarle una vertigine; oppure ha provato solo gioia e orgoglio per quel figlio speciale che nascerà proprio� lei, unica tra le donne del villaggio e della tribù che la consideravano «sterile e senza alcun fi glio». Ma non è nemmeno da escludere che dentro di sé, nel profondo, la madre di Sansone avverta, grazie a un intuito femminile che non ha niente a che vedere con la fede religiosa o con il timore di Dio, che nell'istante stesso in cui quel bimbo le viene dato, le viene anche portato via; che il mo mento più intimo della sua vita di donna le viene
mente suo ma una "figura pubblica", un nazireo di
sottratto e diventa di dominio pubblico (e lo dimo
Dio e salvatore di Israele. Questa sua caratteristica
stra il fatto che anche noi, degli estranei, ce ne oc
inoltre non si rivelerà gradatamente, nel corso
cupiamo ancora oggi, a migliaia di anni di di
degli anni, così che sia possibile abituarsi e «cre
stanza). Per questo motivo, con un istintivo moto
scere» nell'impegnativo compito di "madre del sal
di rifiuto, la futura madre di Sansone accantona
vatore", ma probabilmente è innata in lui, è impre
quel particolare opprimente della notizia.
scindibile e ineluttabile: «Egli sarà nazireo fin dalla nascita [ ... ] ». La donna cerca di capire: il figlio da lei tanto de-
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E a questo punto viene alla mente un'altra donna della Bibbia, dal destino analogo: Anna, la madre di Samuele, che aveva tanto pregato e sup-
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plicato per avere un figlio da far voto di consa
manzo Samson the Nazarite,2 sono andati oltre, sol
crarlo a Dio se il suo desiderio fosse stato esaudito.
levando l'ipotesi che il bimbo fosse nato çl:a una re
E quando il piccolo fu svezzato, fu costretta a con
lazione della madre con un filisteo. In base a que
segnarlo al sacerdote Eli. A queste due storie di
sta interpretazione la storia «dell'uomo di Dio»
gravidanze eccezionali si accompagna la sensa
non sarebbe quindi altro che una copertura inven
zione (sgradevole da un punto di vista umano) che
tata per necessità,
Dio abbia approfittato della disperazione di quelle
barazzante gravidanza. Tale teoria, naturalmente,
due donne, del loro desiderio di maternità, della
colora di tinte forti i complessi rapporti tra San
loro disponibilità ad accettare qualsiasi compro messo e anche persino, per usare un termine mo
presteremo fede alla versione ufficiale della donna
una scusa per giustificare un'im
sone e i filistei. Ma noi, a dispettO della tentazione,
derno, a servire da "utero in affitto", per mettere
perché tra poco scopriremo che, se lei ha detto la
in atto i suoi grandiosi piani.
verità1 ecco che il suo tradimento, grande efatale, non è stato nei confronti del marito. Come ricorderemo, infatti, dopo aver annun
La moglie di Manoah va dunque dal marito e gli ri
ciato a Manoah la prossima nascita del figlio, sua
ferisce l'incontro con l'angelo. Abbiamo già accen ' nato al suo tono quasi apologetico, al racconto in
però con precisione le parole dell'angelo. Non ac
farcito di particolari irrilevanti. All'apparenza lei
cenna alla proibizione di tagliare i capelli al bam
dice tutto ma, chissà perché, noi abbiamo l'impres
bino né alla sua futura missione di salvatore di
sione che nasconda qualcosa. È il caso di ricordare
moglie si addentra nei particolari senza ripetere
Israele. «Il fanciullo sarà nazireo di Dio dalla na
che non pochi esegeti di questo brano della Bibbia,
scita», dice, aggiungendo poi, di propria iniziativa,
fra cui, naturalmente, anche poeti e drammatur
«e fino al giorno della sua morte».
ghi, pittori e scrittori che nei secoli si sono occupati
Questa è senza dubbio una frase che suscita stu
della figura di Sansone, hanno suggerito che il fu
pore. Una donna a cui è stata appena annunciata
turo giudice di Israele fosse frutto del legame di
la nascita di un figlio dopo lunghi anni di sterilità
sua madre con «l'uomo di Dio». Alcuni, come l o
confida la notizia al marito e aggiunge: «e fino al
scrittore Ze'ev Jabotinsky nel suo splendido ro-
giorno della sua morte».
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Anche chi non ha figli, chi non ha mai vissuto l'attimo emozionante in cui si scopre una gravi danza, sa che niente in quel momento è più lon tano dalla mente e dal cuore della futura madre della morte del proprio bambino. E anche se molti genitori sono costantemente in ansia e in appren sione per i possibili pericoli e i rischi a cui sono esposti i figli, fin tanto che la cosa dipende da loro eviteranno di pensare ai loro rampolli come a vec chi senescenti, letargici, né men che meno morti. Per descrivere un figlio in questo modo occorre esercitare un'opera energica e quasi violenta di estraniazione nei suoi confronti, contraria, a quanto pare, all'istinto materno. Una donna che pensa, e parla, della morte del figlio che ha appena cominciato a svilupparsi den tro di lei, possiede una misura incredibile di amara lucidità. Quella donna, in quel momento, si trova in uno stato psicologico di brutale alienazione, sia nei confronti del bambino sia del marito che l'a scolta e, in misura non minore, di se stessa. Cosa ha portato, dunque, la moglie di Manoah ad aggiungere di propria iniziativa quelle parole? . Proviamo a "riavvolgere il nastro" e a ricostruire la vicenda: l'angelo le appare, le annuncia la na scita di un figlio e scompare. Lei corre dal marito con il cuore in gola per quella notizia sconcer-
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tante: ha appena saputo che è incinta, o lo sarà, ma il bambino, per così dire, non le appartiene vera
mente. Non è come per le altre madri. È una sorta di pegno che le viene affidato e i pegni, si sa, un giorno saranno riscattati. Avverte una certa pesantezza alle gambe: chi è
dunque quel figlio che le cresce dentro? È compo sto interamente dal sangue suo e del marito? E se sì, perché ha l'impressione che si stia già stempe rando in lui una sostanza misteriosa, arcana e so vrumana
(o forse anche "disumana"?) . Con un baJzo del pensiero di migliaia di anni, mi
viene alla mente una commovente intervista alla madre di Andrej Sacharov, il famoso fisico vincitore del premio Nobel. In quell'intervista lei parlava del figlio con orgoglio, naturalmente, e con amore, ma alla fine diceva, con una sorta di sospiro: «A volte mi sento come una gallina che ha generato un'aquila». Nelle sue parole si poteva percepire una sfumatura di meraviglia, estranea all'amore semplice, naturale. Era intuibile lo sguardo stupito con cui, dopo aver al lontanato da sé il figlio, lei lo osservava con obiettività, come una sorta di fenomeno, o di totale sconosciuto. Quasi lo ponesse su un piedes41.1lo e lo guardasse dalla stessa distanza-e con lo ste�so distacco-da cui lo osservavano gli altri e si domandasse sommessa,
chi sei tu? Fino a che punto sei veramente mio?
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Forse anche la madre di Sansone si poneva quelle domande mentre si recava dal marito: fino
pare un caso unico di "sterilità ereditaria" e lo con
a che punto questo figlio tanto agognato sarà vera
damentale e naturale dell'esistenza umana.
mente mio? Potrò amarlo con l'intensità e la natu ralezza con cui ho per tanto tempo sognato di farlo? Quando poi incontra il marito, e gli parla ad alta voce, le parole dell'angelo le si imprimono nella coscienza con tutta la loro forza, il loro signi ficato e la loro complessità. E un istante prima di pronunciare la frase, «[egli] sarà nazireo di Dio dalla nascita», noi avvertiamo che qualcosa in lei si
danni a rimanere estraneo a una componente fon
È vero che è Dio, e non sua madre, a decidere
che Sansone gli sia consacrato, ovvero che sia, in un certo senso, allontanato dalla vita (e nella pa rola ebraica nazir, «nazireo», si ritrova l'eco non solo del vocabolo neder, «Voto», ma anche di zar, «estraneo»). Eppure è difficile non provare la sen sazione che anche il modo in cui la moglie di Ma noah abbia guardato il bambino che si stava svilup pando dentro di lei, e quella sua frase risoluta, ag
esattezza, ne pronuncia altre, sorprendenti e inat
ghiacciante, siano stati determinanti per il destino di suo figlio quanto la volontà di Dio. Per tutta la
tese forse anche per lei: «e fino al giorno della sua
vita e fino al giorno della sua morte.
morte».
La diversità di colui che ancora non è nato si fa subito più evidente. Manoah, sorpreso, si rivolge a
blocca, si raggela, e anziché ripetere le parole con
Se mi sono dilungato su questa scena è perché ho l'impressione che se una madre, persino per un istante, osserva un figlio con un simile distacco, ne
Dio e chiede altre istruzioni: «Oh Signore, l'uomo di Dio che tu hai mandato ritorni, di grazia, per in
vede la morte ancora prima che lui sia nato, quel ragazzo sarà sempre un po' alieno e distante nei suoi rapporti col prossimo, incapace di stabilire
segnarci ciò che fare col bambino che nascerà».
dei contatti naturali, semplici, e non potrà mai es
con distacco, con un tono semi-ufficiale? Per anni
sere, come dice lo stesso Sansone «come gli altri».
probabilmente le sue labbra hanno anelato a pro
E così, benché sua madre "guarisca" miracolo
«Il bambino che nascerà»? Sansone è ancora in grembo a sua madre e già suo padre parla di lui
nunciare altre frasi: «il nostro bambino», oppure
samente dalla sua sterilità, sembra che questa si tra
«il mio bambino», «mio figlio», ma ora Manoah
smetta metaforicamente al figlio in quello che ap-
bada a ripetere le parole che la moglie gli ha rife-
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rito essere quelle dell'angelo di Dio. Forse perché già si sente in dovere di prendere una riguardosa distanza da chi è destinato a essere superiore agli altri.
giunge Manoah e gli riferisce che quell'uomo «che venne da me l'altra volta», è comparso di nuovo ... «Manoah si alzò e segu� la moglie.» Bastano queste parole, il loro tono, per evocare
Ma non è nemmeno da escludere che Manoah
il m@vimento pesante e fiacco di Manoah (il cui
intuisca che dovrà prendersi cura di quel ragazzo
nome, in ebraico moderno, significa fra l'altro
come di un oggetto prezioso, forse troppo pre
«defunto»). Cpsì, con questa breve frase, in spas
zioso per lui, e la sua educazione sarà in un certo
soso contrasto con «La donna corse in fretta ad av
senso al di sopra delle sue capacità e di quelle della
visare il marito», il narratore biblico descrive il
moglie. Non sarà infatti possibile crescere il pic
padre di Sansone come un «fannullone accidioso»
colo secondo l'istinto naturale, quindi, o Signore,
che arranca dietro l'agile moglie. E per questo mo
mandaci subito altre istruzioni! E l'angelo ritorna. Ancora una volta appare solo alla moglie «che stava seduta nel campo men tre Manoah, il marito, non era con lei». E in noi let tori si rafforza l'impressione che l'angelo preferi sca, per qualche motivo;affidare le informazioni, il segreto, alla donna, e che cerchi di incontrarla quando lei è sola. Ma lei, forse per timore delle ma lelingue, per fedeltà verso il consorte, o per un senso di destino comune, vuole che anche lui sia presente all'incontro. Questa volta il narratore bi blico è più prodigo di dettagli: «La donna corse in fretta ad avvisare il marito [ ... ]». E noi possiamo immaginare le gambe che balenano tra le spighe, le braccia che fendono l'aria con forza, i pensieri che si rincorrono nella sua mente mentre rag-
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tivo nel Talmud viene anche rimproverato ed eti chettato come un
am ha 'aretz,
un «ignorante» in
quanto, nel camminare alle spalle di una donna, viola le regole: «Un uomo non cammini dietro a una donna per strada, anche se essa è sua moglie, e se si trova con lei su un ponte, che le stia di lato. Chiunque oltrepassi un fiume stando dietro a una donna, non sarà parte dell'altro mondo».3
Manoah segue dunque la moglie, incontra lo straniero e lo osserva perplesso. Malgrado in pre cedenza si sia rivolto a Dio per chiedere il ritorno dell'angelo, ecco che in cuor suo prova forse an cora diffidenza nei confronti di quell'uomo che ha incontrato sua moglie per ben due volte mentre lei era sola in un campo, e che le ha annunciato l'ar rivo di un figlio... «Sei tu l'uomo che ha parlato con
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questa donna?» domanda Manoah. E anche se il
crede di conversare con un uomo di Dio, né tanto
lettore non è presente alla scena può immagh1are
meno con un angelo, altrimenti si sarebbe pro
lo sguardo torvo con cui osserva l'angelo e avver
strato al suolo e non gli si sarebbe rivol to con quel
tire nelle sue parole la diffidenza, la gelosia e, così
tono, senza una formula di cortesia.
pare, la meschina irritazione, di chi non può fare a meno di riconoscere la propria inferiorità.
C'è da sottolineare che Manoah non domanda
·
A questo punto ci si domanda se l'angelo fosse
tanto cambiato dalla prima volta in cui è apparso alla donna.
È chiaro infatti che agli occhi del ma
all'angelo: «Sei tu l'uomo venuto da questa donna».
rito quel messo divino non ha l'aspetto inequivo
Forse qualcosa lo trattiene dal pronunciare espli
cabile di un «angelo del Signore e quanto mai ter
citamente una frase simile che in un momento
ribile». Forse, per qualche motivo, la moglie ha
così carico di tensione - in cui due uomini e una
esagerato nel descriverlo dopo il primo incontro,
donna, probabilmente incinta, si trovano l'uno di
oppure il suo aspetto non è cambiato e i coniugi
fronte all'altro-potrebbe condurli a uno scontro
hanno una diversa percezione dei segni che ne ri
aperto. Manoah, inoltre, si rivolge.allo straniero
velano l'identità.
chiamandolo «UÒmo» e non «Uomo 'di Dio». Acco sta in un solo respiro le parole «Uo�o» e «donna»,
creando intorno al forestiero e alla moglie una
L'angelo ripete le istruzioni e le regole da se guire affinché il bambino cresca nel modo mi
gliore. È impossibile tuttavia non rilevare la rilut
sorta di aura intima, quasi i due fossero una cop
tanza con cui si rivolge a Manoah, quasi voglia sot
pia e lui l'escluso e rivelando maggiormente il suo
tolinearne il ruolo secondario: «Tua moglie si
sospetto e la fiamma della gelosia che gli arde
astenga da tutto ciò che le ho detto».
dentro.4 L'angelo risponde laconico: «Sono io».
Mentre l'angelo parla i due lo ascoltano, e noi possiamo solo immaginare ciò che avviene nei loro
«Quando si compiranno le tue parole, quale
cuori e nella loro mente al pensiero del figlio che
sarà la regola di vita del fanciullo e quale la sua mis
nascerà, un bimbo corredato di un "Manuale di
sione?» domanda Manoah, e anche qui è rilevabile
istruzioni per l'uso".
la sua diffidenza verso l'estraneo e fors'anche
verso il figlio promesso. È evidente che ancora non
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Un manuale peraltro non particolarmente det tagliato. A una seconda lettura, infatti, si nota che
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anche langelo, nel ripetere a Manoah le istruzioni su come crescere il bimbo, non accenna alla proi bizione di tagliargli i capelli. Come si può spiegare
e apparentemente immotivata, rifiuta: «Quand'an che tu mi trattenessi, non mangerei del tuo cibo», dice, e aggiunge che Manoah farebbe meglio a sa
questo suo silenzio? La madre di Sansone non
crificare il capretto a Dio. Forse sospetta che lui vo
aveva accennato a questa proibizione forse a causa
glia trattenerlo per studiarlo meglio perché, è
di una momentanea confusione, ma il silenzio del l'angelo appare più grave. Il punto debole di San sone, si sa, era nei capelli e quando questi gli ven nero tagliati la sua fine non tardò ad arrivare.
È
possibile dunque che la madre di Sansone e l'an gelo volessero, per qualche motivo, nascondere al
scritto, «Manoah non sapeva che quello fosse l'an gelo del Signore». E il fatto che non ne fosse an cora convinto dopo aver trascorso con lui qualche · minuto , rafforza in noi l'impressione che non fosse di intelletto pronto. Avvilito, Manoah domanda all'angelo il suo
padre quel segreto? Che entrambi presentissero
nome, aggiungendo impacciato: «affinché noi ti
che un particolare tanto cruciale per la vita del fan
possiamo onor;ire quando si compiranno le tue pa
ciullo dovesse rimanere nascosto a Manoah per
role». Ma il messo divino respinge anche quel tenta
ché non ci si poteva fidare di lui?
tivo: «Perché domandi il mio nome? Esso è miste
Anche dopo la spiegazione la tensione rimane alta. Su Manoah piovono più informazioni di
rioso». In altre parole: al di là della tua compren sione, troppo elevato per te. Si può supporre che
quante lui ne possa trattenere e si trova in una si
È travolto da un turbine di
questo aggettivo, pronunciato con la chiara inten
tuazione impossibile.
zione di mettere a tacere Manoah, si imprima nella
sentimenti violenti e contrastanti. In primo luogo
sua mente a chiare lettere. Ed è possibile che una si
il sospetto che sua moglie e quell'estraneo arro
mile offesa riecheggi in lui anche più tardi, quando
gante stiano tramando qualcosa alle sue spalle.
si troverà dinanzi al figlio che nascerà, e quando si
Anche un uomo più sveglio di lui, e dai riflessi più
imbatterà, come contro un muro, nei suoi compor
pronti, si sarebbe sentito disorientato in un mo mento simile. Cerca dunque di ingraziarsi l'an gelo: «Per favore trattieniti un poco: noi ti prepa reremo un capretto». Ma costui, con freddezza ostile
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tamenti incomprensibili, strani, misteriosi. Manoah, indubbiamente imbarazzato e morti ficato per la sdegnosa risposta dell'angelo, posa un capretto e un'oblazione su una pietra. L'angelo al-
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lora compie un miracolo: fa sprigionare dalla roc cia una fiamma e poi sale al cielo mentre i futuri genitori di Sansone si prostrano al suolo. Solo ora, finalmente, Manoah si convince che quello è un angelo del Signore. «Sicuramente morremo, poi ché abbiamo visto Dio», dice alla moglie. E nella sua voce risuona una nota di paura non solo nei confronti di Dio e del suo angelo ma anche di tutto ciò che quell'apparizione straordinaria porterà nella loro vita, compreso il figlio che nascerà. Un bimbo atteso e sospirato, già circondato dal li-: quido amniotico ma anche da una coltre impene trabile di mistero e di minaccia. Sua moglie, però, risponde con buon senso e una punta di scherno, mutuata forse dalla fredda supponenza dell'angelo:.«Se il Signore avesse vo luto farci morire non avrebbe accettato dalla no stra mano l'olocausto e l'oblazione, non ci avrebbe fatto vedere tutto questo, né ci avrebbe dato istru zioni su tali cose». Così, quella donna che fino a pochi min.uti prima veniva riduttivamente bollata come «Ste rile», di versetto in versetto cresce e acquista spes sore agli occhi dei lettori. Forse è la gravidanza a infonderle forza; forse, malgrado tutti i dubbi e i ti mori, è la consapevolezza di portare dentro di sé un bimbo unico nel suo genere. E non è nemmeno 46
da escludere che lei abbia acutamente no.tata come l'angelo ,... per ben due volte - l'abbia prefe rita al marito... �a chissà! Tutte queste congetture potrebbero essere infondate e confondere la causa con l 'ef fetto. Probabilmente la madre di Sansone era fin dall'inizio una donna forte, vivace, dotata di pre senza di spirito, coraggiosa e intraprendente, e pro prio .p er questo l'angelo ha scelto lei e non il ma rito. E interessante notare a questo proposito che Rembrandt, nel suo quadro raffigurante l'incontro della coppia con l'angelo, ritrae Manoah prono a terra, in posizione sottomessa e persino ridicola (a un primo sguardo sembra un sacco di patate), men tre sua moglie, contrariamente a quanto è narrato nella Bibbia, gli è seduta al fianco, sicura, impettita, con, un'aria nobile e determinata. Sembra quindi che anche l'artista, come molti altri lettori, abbia percepito che fosse lei a predominare tra i due e, se le cose stanno così, possiamo immaginare quanto abbiano influito sul futuro del figlio le sue parole: «dalla nascita e fino al giorno della sua morte».
Zorah è oggi un kibbutz verosimilmente poco di stante dal sito della Zorah biblica. I suoi fondatori, veterani del Palmah (un 'unità scelta di combatti47
mento istituita prima della fondazione dello Stato di Israele) si insediarono in questa zona verso la fine del 1948, dopo la guerra d'indipendenza scoppiata quando, subito dopo la proclamazione dello Stato, gli eserciti di quattro nazioni arabe in vasero Israele. Anche in quella guerra, come all'e poca dei giudici, la pianura ai piedi delle colline della Giudea era di grande importanza strategica e meta degli sforzi degli eserciti contrapposti. Quando le truppe israeliane si avvicinarono al vil laggio arabo di Zorah gran parte degli abitanti fuggì e i pochi rimasti vennero scacciati. Gli esuli vivono ancora oggi nel campo profughi di Dehei she, nei pressi di Hebron. È la metà del mese di ottobre 2002, una gior nata calda e afosa. I notiziari del traffico parlano di pesanti rallentamenti al crocevia Sansone, fra Zorah ed Eshtaol. Un sentiero di terra battuta con duce dalla strada principale verso un bosco, sno dandosi tra i frutteti e le macerie del villaggio arabo. In mezzo agli alberi appaiono all'improv viso le figure di una donna e di un ragazzo, madre e figlio palestinesi giunti da Deheishe per la rac colta delle olive nella piantagione che un tempo era di proprietà della loro famiglia. La donna scrolla un albero con forza, ne colpisce i rami con una pertica mentre il figlio, un bambino di circa 48
dieci anni, raccoglie lesto e silenzioso le olive ca dute - una grandine nera - su un telone disteso al suolo. Qui, pressappoco tremila anni fa, in questo pae saggio riarso di colline brulle e pietrose, tra olivi, querce, terebinti e carrubi, la moglie di Manoah diede alla luce il figlio e gli impose il nome «San sone» (Shimshon in ebraico significa «piccolo sole» o è unafusione tra shemesh, «sole», e on, «virilità») . Com'è noto vi sono molte analogie tra Sansone e altri «eroi solari» quali Ercole, Perseo, Prometeo e Mopsus, figlio di Apollo.5 Nella Ghemarà il rab bino Yohanan ha cercato di «purificare» Sansone da questo alone di divinità pagana: «Sansone venne così chiamato in onore del Signore bene detto, giacché è scritto: "Perché il Signore Dio è sole e scudo" (Salmi, 84,12) [ ... ] E così come il Si gnore Iddio protegge il mondo intero, Sansone protesse a suo tempo Israele [ ... ] ». 6 Giuseppe Fla vio, nelle Antichità giudaiche, sostiene che il signifi cato del nome Sansone è «robusto», «forte» e ag giunge: « [Il fanciullo] crebbe e dalla semplicità del suo vitto e dalla sua sciolta capigliatura appa riva chiaro che sarebbe stato un profeta».7 «Il fanciullo crebbe, benedetto da Dio» recita la Bibbia, e nella Ghemarà questo passaggio viene in terpretato come «benedetto nel membro», ossia 49
dotato di eccezionali capacità virili: «Il suo membro era come quello degli esseri umani ma il suo seme era un torrente impetuoso».8 E benché i rabbini si siano spinti forse un po' troppo in là in questa loro interpretazi one, le future gesta di Sansone sem brano confermarla. Non meno importante della benedizione divina, però, è ciò che avviene in se guito: «E lo spirito del Signore cominciò a vibrare in lui nel campo di Dan, fra Zorah ed Eshtaol». Cos'è esattamente questo «spirito del Signore»? Un senso del proprio destino, della propria mis sione, o un fremito di intima ispirazione? Il verbo ebraico lefaem, «battere1 palpitare» , evoca chiara mente le pulsazioni del cuore che aumentano di intensità nei momenti di grande emozione. E que sto suono, ripetuto e inquieto, sembrerà scaturire dal corpo di Sansone e dcilla sua anima in ogni mo mento della sua vita. Il Talmud Palestinese si sforza di descrivere la fisicità di questo battito dicendo che quando Sansone era investito dallo spirito di vino ogni suo passo corrispondeva alla distanza tra Zorah ed Eshtaol: «I suoi capelli rintoccavano come campane e il loro suono si disperdeva a una distanza pari a quella tra Zorah ed Eshtaol».9 Il libro della Zohar propone un'altra spiegazione , accattivante per il suo realismo: «Lo spirito divino vibrava in lui, ossia andava e veniva, andava e ve50
niva, senza pervaderlo completamente. E dunque è scritto, lo spirito del Signore eominciò a vibrare in lui fin dall'inizio». 10 Il commentatore medievale Gersonide dà invece un'interpretazione diversa e più lucida: «Il fatto che [Sansone] una volta pen sasse di lottare contro i filistei, un'altra di evitare lo scontro, lo rendeva simile a una campana che oscillava di qua e di là [ ] » . . Una lettura testuale del brano biblico rivela però che a. risvegliare quel «palpito» non era un senso di ispirazione o di missione ma qualcosa di molto diverso e sorprenden te. Cosa fa infatti San sone nel momento in cui lo spirito divino vibra in lui? Raccoglie un esercito per salvare il suo popolo dai filistei? Cerca sostegni politici all'interno della tribù? Si reca a chiedere la benedizione e l'appog gio del grande sacerdote? No e poi no: Sansone si risveglia ali' amore. «Sansone scese a Timnata e vide una donna, fi glia di filistei.» 11 Il giovane torna a casa, a Zorah, da suo padre e sua madre: «Ho visto a Timnata una donna filistea. Or dunque, prendetemela per moglie», dice. E no nostante non pronunci la parola «amore», quella frase lascia trapelare la fermezza e la forza dei sen timenti che gli si agitano dentro. Ai lettori è diffi cile capire se in quel momento egli sia in grado di ...
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distinguere fra le diverse sensazioni che lo perva dono: l'amore da un lato e il palpito del nuovo e grande «spirito divino» dall'altro. Ma perché stu pirsi? L'amore, soprattutto il primo, può senz'al tro ispirare un senso di rinascita, come se uno spi rito nuovo, potente e sconosciuto, vibrasse in noi. E questo è il momento di precisare - per chi ri manga stupito che un nazireo provi una simile at trazione per una donna - che il nazireato ebraico si differenzia dal monachesimo cristiano o da quello buddhista.12 Il nazireo deve astenersi da tre cose (Numeri, 6) : dal bere vino e mangiare cibi de rivati dalla vite, dal tagliarsi i capelli e dal venire a contatto con un morto (cosa però non proibita a Sansone) . Può tuttavia sposarsi e avere rapporti sessuali con una donna. I lettori farebbero comun que meglio a non aspettarsi descrizioni piccanti come nel Decameroneo in uno dei Racconti di Can terbury che ha per protagonisti nazirei lussuriosi. L'autore del testo biblico - che è un guastafeste per natura, come gran parte degli scrittori - si af fretta a precisare che l'attrazione di Sansone per la donna filistea «veniva da Dio il quale cercava d'a vere un giusto motivo di contesa coi filistei, che a quel tempo dominavano sopra Israele». In altre parole, nel caso di Sansone non si tratta di amore, di passione, di romanticismo né tanto 52
meno di libero arbitrio. È Dio a risvegliare in lui l'attrazione per quella donna poiché è alla ricerca di un pretesto per colpire i filistei, persecutori dei figli di Israele. Tale spiegazione non può però non suscitare nei lettori perplessità riguardo ai senti menti di Sansone "uomo" verso la sua prescelta. Egli di certo non vive quell'amore come un "prete sto" - per quanto ispirato da Dio - e la fermezza e la rapidità con cui si invaghisce della ragazza dimo strano che è fatto di carne e ossa, cerca l'amore e ne ha bisogno. Riesce però a capire che il senti mento che gli brucia dentro non è interamente "suo" ma è un espediente divino? e· è forse qual cuno in grado di capire una cosa simile? Di soppor tare l'idea che, così come non è "completamente" figlio dei suoi genitori, anche ora, in veste di uomo, la sua attrazione per una donna non è istin tiva ma gli è stata ispirata? Nel porci questa domanda cominciamo a con siderare la triste possibilità che il nostro eroe sia un uomo che non sa, e forse non capirà mai vera mente, che ancor prima che lui nascesse Dio si era già impossessato delle sue passioni, della sua capa cità di amare e di tutta la sua vita emotiva. «Prendetemela per moglie», chiede Sansone, pretende. È interessante notare che, contraria mente a situazioni analoghe nella Bibbia in cui i 53
figli pregano il padre di prender loro una ragazza per moglie, il nostro eroe ora si rivolge a entrambi
toriale a causa delle costanti lotte contro i filistei e
altri popoli più forti che ne decimavano la popola
i genitori. Da questo momento in poi suo padre e
zione, la indebolivano e la allontanavano dal cen;.
sua madre verranno quasi sempre nominati in
tro di influenza culturale, politico e sociale di
sieme e il narratore biblico chiarirà a più riprese
Israele14 (a tale proposito è possibile interpretare
che ai suoi occhi la madre di Sansone è altrettanto
la benedizione data da Giacobbe sul letto di morte
importante del padre.
al figlio Dan come un'espressione di speranza e di
I due rispondono all'unisono ciò che di solito si
desiderio: «Dan giudicherà il suo popolo come
dice ai figli in circostanze simili: «Non c'è una
una delle tribù di Israele» .15 Poi, forse con un
donna tra le figlie dei tuoi fratelli e di tutto il po
profondo sospiro, «nella tua redenzione speravo,
polo perché tu vada a prendere moglie tra i filistei
o Signore ... » ) .
incirconcisi? » . In altre parole: perché non sposi
Questo è i l contesto nazionale e sociale in cui
una delle nostre ragazze? Sansone, infatti, non
sboccia il legame fra Sansone e la donna filistea.
solo ha scelto una straniera, ma quella straniera è
Non meno interessante, però, è notare ciò che av
la figlia di un popolo che è tra i più acerrimi e irri
ducibili nemici di Israele. Grazie infatti alla supe riorità garan tita loro daile armi in ferro i filistei compiono occasionali scorrerie tt'a le tribù di Israele, le sottomettono e impediscono che produ cano a loro volta armi efficaci, mentre gli ebrei non possono fabbricare «spade o lance» .13 Da qua rant'anni, inoltre, come si narra all'inizio del brano, dominano sulle tribù di Israele, vessandole con le loro angherie.
È poi risaputo che la tribù di Dan, alla quale ap
viene tra i genitori e il figlio. Innanzi tutto Manoah e la moglie appaiono sconcertati dalla richiesta del
giovane di contrarre matrimonio con quella stra niera perché sanno
(o per lo meno, sua madre sa)
che egli è destinato a salvare il suo popolo dai fili stei. Perché dunque ha scelto per sposa proprio
una di loro? In secondo luogo nella domanda «Non c'è una donna tra le figlie dei tuoi fratelli e
di tutto il popolo perché tu vada a prendere mo glie tra i filistei incirconcisi?» risuona un tono di la mentela e forse di accusa: «perché non puoi essere
parteneva Sansone, occupava una zona di fron
come gli altri?». E a questo punto è difficile tratte
tiera e faticava a trovare una propria stabilità terri-
nere un sorriso, giacché questa tipica frase "da ge-
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nitori" è simile ad altre che molti di noi si sono sen titi rivolgere e che abbiamo giurato di non ripetere
ai nostri figli. .. Ma la vicenda di Sansone non è una
commedia. È una tragedia, e la diversità di questo ragazzo da chi lo ha messo al mondo è talmente
evidente che talvolta pare che egli appartenga a una sfera differente dalla loro, che un baratro in valicabile lo separi dai suoi e proprio per questo a quella frase sembra accompagnarsi un gemito del cuore e un dolore profondo, inguaribile. Si può infatti supporre che i genitori di Sansone abbiano ormai intuito che a ogni passo del loro fi gliolo la sua diversità e la sua stranezza si faranno più marcate. Tutti allora capiranno che lui, in un certo senso, è di una natura diversa, che una so stanza arcana e misteriosa è stata infusa in lui quando ancora era nel grembo materno e ora, forse, gli impedisce di amalgamarsi a loro e agli altri con naturalezza e armonia. Nonostante suo padre e sua madre sappiano che lui non può essere «come gli altri» (in fin dei conti l'angelo li ha informati della sua peculiarità) ora quella domanda, quel grido: «Non c'è . una donna tra le figlie dei tuoi fratelli e di tutto il po polo perché tu vada a prendere moglie tra i filistei incirconcisi?» prorompe dai loro cuori. Fanno fa tica ad accettare con rassegnazione il grande piano
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di Dio che li ha privati del loro unico figlio. Sof frono quanto lui per quel cordone ombelicale la cerato, la cui ferita non si è mai rimarginata. Forse in questo momento - mentre Manoah e la moglie tentano di opporsi alla sua scelta - il gio vane fissa intensamente il padre con l'intenzione di dimostrargli, con quel suo sguardo, quanto la donna prescelta sia «onesta ai suoi occhi» . Ma noah, di fronte a lui, appare indeciso e spaventato. Ha sempre mostrato diffidenza verso questo ra gazzo spuntato all'improvviso nel suo nido come un uccellino estraneo, imprevedibile e pericoloso.
È difficile immaginare una creatura più energica, irrequieta, decisa, coraggiosa e turbolenta di San sone, più diversa da lui. Stando a quanto è scritto,
il ragazzo ignora la domanda dei genitori e non è dato sapere se lo faccia perché è sicuro della pro pria scelta o perché quell'interrogativo sconsolato, mesto e preoccupato, risveglia in lui la sensazione fugace, il dubbio vago e pungente, che la sua attra zione per la giovane filistea non sia del tutto ovvia, e forse nemmeno naturale. Sansone ripete a Manoah la richiesta: «Pren dimi questa, perché è onesta ai miei occhi». Ora si rivolge unicamente al padre. Probabilmente per ché percepisce che è lui il più debole e il più facile da convincere. Oppure è costretto a distogliere lo
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sguardo dalla madre, in piedi poco lontano, per ché quando dice che quella donna «è onesta ai suoi occhi», non riesce a guardare chi si è resa com plice - seppur involontaria - del piano che lo ha condannato al suo destino. Gli occhi del padre e del figlio si incrociano. È un momento cruciale nella vita di Sansone. Altre dure battaglie lo attendono, ma è la prima volta che sfida l'autorità del padre (e della madre) . Non c'è dub bio che tutti ormai sappiano che è diverso. Circo lano storie in famiglia, nella tribù e di certo nell'in tera regione, sulle circostanze insolite del suo con cepimento e sul compito a cui è destinato. Anche i suoi capelli lunghi, intonsi, attestallo la sua peculia rità. E in quel momento Sansone non solo proclama la sua differenza, ma ancpe la vicinanza spirituale agli stranieri, ai nemici, a coloro dai quali, come ri cordiamo, dovrebbe salvare il suo popolo.
L'aspirante sposo e i suoi genitori si avviano dun que verso Timnata lungo sentieri irti di sterpi e dei rovi secchi di fine estate. Sansone, grazie alle lunghe gambe, procede con slancio vigoroso. I comuni mortali faticano a stare al suo passo. Manoah e la moglie di certo sono costretti a fermarsi di tanto in tanto per ri58
prendere fiato. Qui, per esempio, in cima a questa collina da cui si domina la valle del torrente Sorek. Si fermano, respirano con affanno, si asciugano il sudore. A quel tempo la zona era ammantata di fo reste. «I sicomori che abbondano nella pianura» 1 6
era una frase un tempo metafora di abbondanza. Oggi gli alberi sono radi, le colline brulle, i sico mori sono stati sostituiti dai pini del Fondo nazio nale ebraico che appaiono quasi grigi nella luce opaca dello scirocco. Più sotto, in pianura, si stende la città di Beith Shemesh con le sue strade, i suoi tetti, le fabbriche che la circondano e lo spec chio liscio e sfolgorante dei bacini di raccolta delle acque reflue. Una macchia rosso-arancio n e av vampa all'improvviso lontana. Forse è un albero che brucia nella calura, oppure, più semplice mente, un falò di rifiuti. Sansone scompare oltre il crinale, in direzione della valle che scende verso Timnata. Ma ecco che in prossimità delle prime vigne della città davanti alui appare un giovane leone, appartenente a una specie ancora presente a quel tempo nella terra di Israele ed estintasi negli anni. Lo spirito divino investe allora il giovane che in un batter d'occhio squarta la bestia «come si squarta un capretto, a mani nude, ma non disse al padre e alla madre di ciò che aveva fatto». 59
Due particolari richiedono una spiegazione: com'è possibile che i genitori di Sansone non ab biano assistito alla scena? La soluzione è forse sem plice, tecnica. Il giovane procedeva più rapida mente di loro, tagliando per delle scorciatoie, mentre loro avanzavano lungo la via maestra. Op pure lui aveva deviato in prossimità delle vigne di Timnata per non contrawenire alla proibizione di avere contatti con la «vite del vino», 1 7 mentre loro le avevano attraversate. Il secondo quesito è invece più inquietante. Sansone si reca con i genitori a Timnata, squarta un giovane leone a mani nude e non dice nulla? Perché tace? Per modestia? O perché ritiene insi gnificante quell'episodio? È difficile crederlo, sia perché l'evento è piuttosto inusuale, sia perché, di lì a poco, si scoprirà qua:nto sia vivido dentro di lui, · che tra l'altro se ne vanta. Ma forse tace perché percepisce che l'episodio non "appartiene" alla sfera dei suoi rapporti con i genitori, e nemmeno con gli esseri umani. In altre parole, si rende probabilmente conto che la lotta con il leone è un segnale, un simbolo arcano del dialogo che intrattiene con lo «spirito divino» che lo pervade. È una sorta di codice segreto con cui Dio gli conferma il legame particolare che ha con lui e gli ordina di procedere lungo la via che gli ha 60
tracciato, affidandosi alle sensazioni che lo gui dano anche quando non coincidono con il volere dei suoi genitori. L'episodio del leone è talmente straordinario e sovrumano che Sansone evita forse di informarne i genitori per non dare un 'ulteriore prova di quanto sia diverso da loro e dagli altri. Nessuno più di lui, infatti, capisce che a ogni nuova dimostra zione di questa diversità la distanza che lo separa dai genitori aumenta e che ogni passo in questa di rezione - per quanto essenziale al mantenimento della sua peculiarità - gli è estremamente penoso, straziante, e lo conduce verso la strada dell'esilio. Ma è anche possibile che ciò che Sansone ha scoperto su se stesso durante quella lotta - la forza sovrumana annidata in lui ed esplosa all'improv viso - lo abbia spaventato e sconvolto, creando una cortina sottile tra il vecchio e il nuovo sé, svelando gli un essere "mitico", non del tutto appartenente alla razza umana. E forse chi è stato guardato come un estraneo dai genitori quando ancora era nel grembo ma terno senza ottenerne l'approvazione istintiva e to tale, è destinato a rimanere sempre un poco sospet toso nei confronti di sé, di un lato strano e incom prensibile della propria personalità, un aspetto "misterioso" - come l'angelo che ha annunciato la 61
sua nascita. Si può inoltre supporre che giunga anche a dubitare di essere figlio "legittimo" dei propri genitori e membro "legittimo" della razza umana, di essere cioè «come un uomo qualun que». In lui sarà sempre presente il veleno di que
dopo qualche tempo (e in questo caso «qualche tempo» potrebbe essere addirittura un anno) lui stesso abbia cominciato a dubitare che quell' e vento straordinario sia mai avvenuto e a ritenere che fosse solo un sogno. Oppure sente il bisogno
sto dubbio che lo farà sentire estraneo, clandestino
di t 'mare sul luogo della sua eroica vittoria per
e ostile, e forse, anche, un possibile traditore.
avere una sorta di conferma della sua virilità,
Sansone arriva a Timnata, si incontra ancora
con la donna filistea e probabilmente la osserva in
segreto per essere sicuro che sia adatta a lui (e nel frattempo segue con apprensione le reazioni dei genitori) . Ancora una volta il narratore biblico sot
prima di recarsi dalla futura moglie. Quando si trova accanto alla carcassa del leone ucciso Sansone vede «uno sciame di api e del miele, che
[ ... ] prese in mano».18 L'uomo musco
loso e imponente (benché mai nel testo biblico si
tolinea che dopo questo nuovo incontro lei «ap
affermi che fosse gigantesco ! ) rimane sbalordito.
parve onesta ai suoi occhi» e il lettore - che sa che
Davanti ai suoi occhi, all'interno dello scheletro,
questo amore non è che un espediente divino per
ronzano delle api e la carcassa è piena di miele.
colpire i filistei ..... riflett� sulla tragica distanza che
Tende la mano, senza paura delle api, raccoglie il
separa l'attrazione di Sansone per la donna dal
modo in cui Dio intende sfruttarla.
miele e noi lettori ci commuoviamo dinanzi a quel gesto ingenuo, semplice e spontaneo. Sansone
Quando il giovane torna, dopo qualche tempo,
vede il miele, lo vuole, lo prende ... Così come ha
a celebrare le nozze, ripassa a vedere «i resti del
ucciso il leone a mani nude, ora raccoglie il miele
leone». Non vi si imbatte per caso, ma «deviò dalla
dalla sua carcassa. Non con un recipiente, non con
sua strada».
un mestolo, ma con le mani. Poi «mangiò strada fa
Naturalmente non è difficile capire questo suo desiderio, il bisogno di tornare ad assaporare l' e mozione dell' impresa, che è gelosamente rac chiusa dentro il suo cuore. Non è tuttavia da esclu dere che Sansone si sia recato laggiù anche perché
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cendo» . Torna dai genitori e divide il miele con loro. «Tuttavia non disse loro di aver preso quel miele dal carcame della belva.» Osserviamo la scena: Sansone, modello di viri lità, nasconde in sé un bambino goloso. Com'è stu-
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pefacente e toccante il divario fra la sua immane forza fisica e l'animo un po' fanciullesco e imma turo. Sansone mangia mentre cammina, lecca il miele, arriva a casa, dalla mamma e dal papà, e offre loro il miele perché «essi pure» ne mangino. Forse direttamente dalle sue mani. Che gesto me raviglioso e sensuale! Sarebbe esagerato supporre che mentre lecca il miele, di ritorno a casa, scopra anche qualcosa che diverrà più chiaro nel corso della suavita? Una sorta di rivelazione intima, ispirata dalla carcassa del leone, dal sapore del miele e anche dai sentimenti che prova verso la donna da cui si stava recando? Nel vedere quell'insolito spettacolo - il miele nel leone - è possibile che in Sansone sia nata una nuova consapevolezza, quasi profetica, relativa a un modo diverso di considerare la realtà. Una nuova visione del mondo, suscitata dalla rivela zione di un'immagine dal potere simbolico ecce zionale. Sansone guarda il leone e il miele che cola. È in dubbio che rimanga esterrefatto (e infatti quella vi sione si celerà nel quesito che di lì a poco proporrà al suo banchetto nuziale) . È lui l'autore di quello spettacolo, ha ucciso lui il leone. Solo in seguito le api hanno costruito l'alveare, hanno prodotto il miele e ora quel miele gli riempie la bocca... Tutti i 64
suoi sensi si rimescolano e forse lui prova una sorta di rapimento per qualcosa di sbalorditivo, di stra namente bello, di unico nel suo genere, che evoca significati occulti, profondi, simbolici. Come definire questo momento? Di "rivela- · zione", l'abbiamo già detto. Ma possiamo anche aggiungere, con prudenza, che in quell'istante Sansone, all'apparenza tutto muscoli e concre tezza, scopre all'improvviso anche il modo in cui un artista vede il mondo. Benché appaia strano a questo punto della sto ria definire il nostro eroe "un artista", ecco che da questo momento in poi, dopo aver visto il miele nel leone, Sansone manifesterà la chiara tendenza a imprimere un suo marchio particolare alla realtà - qualsiasi realtà con cui verrà a contatto - a pla smarla a modo proprio e, oserei dire, secondo un proprio stile. Lui non è un artista nel senso classico della pa rola, eppure, di fronte alla carcassa della belva, in tuisce che forse lì si racchiude l'indizio di un nuovo modo di considerare la realtà, che non è solo passivo ma contiene forze creative e vitali (evocate probabilmente anche dal ronzio delle api dentro lo scheletro) , grazie alle quali potrà dissi pare un poco la solitudine in cui è nato senza dover rinunciare alla propria peculiarità. 65
Sansone torna a casa dei genitori mentre il miele gli gocciola ira le dita. Èun bambino gigan.:. tesco che nasconde un segreto. Offre al padre e alla madre il miele dalle sue mani� ma non dice di averlo preso dalla carcassa della belva. Nemmeno ora osa raccontare di avere squartato il leone, né rivela da dove provenga quel miele. E, cosa non meno sorprendente, i genitori non gli fanno do mande. Forse hanno paura. Temono una risposta che riveli la profondità del baratro che li separa dal
figlio. E siccome loro tacciono, tace anche lui. Forse Sansone spera che qualcosa si riveli da sé; senza bi sogno di parole o di spiegazioni, come un bam bino che si augura che i genitori indovinino i suoi desideri e si lascino sfuggire una frase a proposito della provenienza di qùel miele, del suo sapore in solito. E, grazie a un'illuminazione improvvisa e geniale, scoprano anche qualcosa di lui, del suo mondo interiore, a loro nascosto, o preduso. Nonostante il silenzio opprimente, o forse pro prio a causa di esso, vi è un che di accattivante, di giocoso e persino di buffo in questo momento fa miliare che non ha paragoni nella Bibbia. Manoah e sua moglie tacciono, non fanno domande e San sone non dice nulla, eppure è così allettante imma ginare i due, di certo più piccoli del figlio, saltellare 66
a bocca aperta e con le lingue tese mentre lui, con le mani alzate, ruggisce di gioia, li tocca, balla e ride con loro, come . qualsiasi altro essere umano. Il miele gli cola sulle guance, sul mento, e lui lo lecca, scoppia in risate scroscianti, fino alle lacrime ... Cdn quel miele Sansone dice ai genitori qual cosa che probabilmente non è in grado di manife stare altrimenti e il suo bisogno di comunicarlo è talmente forte che ha persino dimenticato dove si stava recando: a Timnata! Perché all'improvviso ha fatto dietro front ed è tornato a casa, dalla mamma e dal papà? Si è scordato che stava an dando a sposarsi? (E qui naturalmente tornano alla mente le parole di Gersonide a proposito della tendenza di Sansone a oscillare di qua e di là come una campana.) Questa improvvisa inversione di rotta, quasi istintiva, lascia intuire fino a che punto il giovane oscillasse tra il desiderio di separarsi dai genitori, di costruirsi una vita propria, da adulto, e quello di rimanere con loro, di ottenere la loro ripetuta ap provazione. Il cordone ombelicale che lo lega a loro continuerà a tendersi e ad accorciarsi per tutto il racconto e, forse, il fatto che non si sia mai sviluppato a dovere è ciò che impedisce che venga reciso in modo naturale. E qui sorge un dubbio: non sarà questa ambivalenza a impedire a San67
sone, per tutta la sua vita, di innamorarsi di una donna che possa tagliare una volta per tutte quel cordone e legarlo a sé con naturalezza? Ma c'è tempo per questa domanda. Per il mo mento Sansone è ancora con i genitori che leccano il miele dalle sue mani. Come si è detto, forse pro prio quel miele raccolto dalla carcassa del leone simbolizza per lui ciò che vorrebbe dire senza es serne capace, ciò che ha sempre desiderato spie gare: che nonostante il destino lo abbia sottratto a loro e gli abbia negato una vita propria, nono stante possieda muscoli potenti e una forza im mane, ha ancora bisogno della loro compren sione, del loro amore, della loro ripetuta approva zione. «Ecco, guardate» sembra dire mentre il padre e la madre leccano il miele dalle sue dita «guardate cosa c'è dietro tutti questi muscoli pos senti, questa criniera di capelli che mi è proibito tagliare, dietro la missione che mi è stata imposta e a cui sono condannato. Guardatemi dentro per una volta e capirete finalmente che "dal forte è uscita la dolcezza".» Manoah e la moglie continuano a leccare il miele dalle dita del figlio ma ora, passati i momenti di gioia e di ilarità, riaffiorano gli antichi dubbi nei suoi confronti e faticano a guardarlo apertamente perché lui, probabilmente, non è mai apparso 68
"onesto" ai loro occhi. Di certo avvertono il suo de siderio, il suo bisogno di stare con loro - una vici nanza semplice, familiare. Anch'essi la deside rano. Percepiscono il suo amore e vorrebbero, com� tutti i genitori, contraccambiarlo con tutto il cuor.e. Ma qualcosa glielo impedisce. Un qualcosa che fa sì che il loro ragazzo sia fonte d'orgoglio ma anche un personaggio indecifrabile. Qualcosa che lo rende importante, ma non veramente amato. Sanno inoltre per certo che Sansone non si sot tometterà mai alla loro autorità. Non per quanto concerne la donna filistea, che insiste a voler pren dere in moglie, né in alcun'altra occasione, giac ché è subordinato a un'autorità più grande della loro. Sanno anche, con rammarico e probabil mente con un senso di colpa, che il loro ragazzo è destinato a farsi strada da solo nella vita, a seguire un cammino unico nel suo genere, riguardo al quale non possono insegnargli niente perché niente nella loro vita e nella loro esperienza li ha preparati a essere genitori di un uomo come lui. E anche quel miele, che Dio solo sa da dove pro venga e che adesso loro assaporano, racchiude un mistero incomprensibile, così come è incompren sibile ciò che Sansone intende comunicare attra verso di esso. Ma proprio questa loro incomprensione rafforza 69
in noi lettori la sensazione che il ragazzo li voglia tranquillizzare su se stesso e sul segreto opprimente che porta dentro di sé. Circonda il padre e la madre di dolcezza, come se cercasse di trattenerli a sé con quel miele vischioso, implorandoli di credere in lui, di avere fiducia in lui, di essere certi che lui appar tienè a loro - nonostante le circostanze eccezionali del suo concepimento - e che, a modo suo, è a loro fedele. Il tradimento è infatti nell'aria. Non se ne parla esplicitamente, non è il tradimento a cui di solito si fa riferimento ( quello di sua madre con lo stra niero misterioso) , ma è probabilmente più profondo e deleterio. Se infatti una coppia di geni tori prova alienazione nei confronti del figlio fin dal momento in cui que�ti ha comin ciato a svilup parsi nel grembo materno, se avverte verso di lui un senso di ripulsa o persino un rifiuto istintivo (ful mineo come una contrazione dell'utero) , se lo guarda con meraviglia, con timore, e persino con sospetto, diffidando di lui e di tutto ciò che può ve nire da lui, il tradimento è nell'aria. Per essere pre cisi, la sensazione di venire traditi. Occulta, profonda e reciproca. Nessuno lo vuole, natural mente, ma tutti e tre - Sansone, suo padre e sua madre vi sono condannati. Il primo vivrà portan dosi dentro questa sensazione fino alla fine dei suoi -
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giorni e tutte le sue azioni saranno mirate al tenta tivo di ritj.verla, per comprenderla, o per soffrirne. Ecco, tre persone. Una coppia espropriata del figlio prima ancora che questi nascesse; un figlio nato orfano. Com'è diffidle per Sansone questa sua vita doppia, contraddittoria: mantenersi fe dele a se stesso, alle proprie inclinazioni e peculia rità e, al tempo stesso, ai genitori, così diversi da lui. Lasciamoli in pace ora. Tutto il miele del mondo non potrebbe addolcire questo momento.
Sansone riparte per Timnata, per festeggiare le nozze. Questa volta è accompagnato dal padre e noi lettori ci domandiamo se quella fosse l'usanza del tempo oppure se sua madre avesse deciso, per qualche motivo, di non prendere parte alla ceri monia nuziale. E se questa ipotesi fosse vera, come interpretare la sua decisione? Come una protesta alla determinazione del figlio di non ubbidirle e di sposare una filistea? Oppure è contraria alle nozze perché, grazie a un intuito sottile, femminile e ma terno, capisce che quel matrimonio non durerà a lungo? Non necessariamente per colpa della sposa ma perché Sansone, suo figlio, per qualche motivo che lei conosce ma non osa rivelare, non è adatto al matrimonio. 71
«E lì Sansone diede un banchetto che durò sette giorni: così usano fare i giovani.» Ecco, pensa il lettore, finalmente il nostro ra gazzo fa qualcosa «come un uomo qualunque». Ma anche questo suo semplice desiderio è desti nato a fallire. Non appena i filistei lo vedono, in fatti, scelgono trenta «soci» che gli stiano a fianco. Perché? Non si sa. Forse il suo aspetto, la sua forza palese e la sua presumibile irrequietezza e selvati chezza li spingono a circondarlo di un simile "cor done di sicurezza" per prevenire ogni sorpresa. Il narratore biblico non spiega chi fossero quei «soci», nonostante sia piuttosto evidente che un uomo come Sansone non può avere amici, nem meno alla sua cerimonia di nozze, ma solo «soci» (e il suono stesso di questa parola non lascia presa gire nulla di buono) . Già all'inizio del banchetto Sansone lancia una sfida: «Vi voglio proporre un enigma» dice ai soci «Se me lo spiegherete entro i sette giorni del ban chetto e lo risolverete, io vi darò trenta tuniche e trenta vesti di ricambio; se non potrete scioglierlo, darete voi a me le trenta tuniche e le trenta vesti». Gli ospiti raccolgono la sfida e lui propone l'in dovinello: «Dal divoratore è uscito cibo e dal forte è uscita la dolcezza». Quasi ogni volta che Sansone apre la bocca noi 72
rimaniamo stupiti dal tono lirico delle sue parole. Dopotutto, come dimostrano le sue gesta, egli su scita paura e repulsione. È un energumeno capace di portare distruzione e morte ovunque vada, la sciandosi dietro una scia di sangue. Ed è anche una sorta di Golem, 1 9 un automa posto sulla terra per agire come un'arma letale nelle mani di Dio. Ma ecco d'un tratto un enigma, raffinato, sa gace, poetico. Sansone avrebbe potuto intrattenere gli ospiti dando spettacolo con prove che mettessero in luce la sua incredibile forza, come eseguire un eserci zio mozzafiato, meglio se non pericoloso quanto demolire le colonne portanti di un edificio ma che senza dubbio li avrebbe lasciati a bocca aperta. Propone invece un enigma. E non uno qualun que. Uno di cui è impossibile trovare la soluzione mediante precedenti conoscenze o un ragiona mento logico. Un enigma irrisolvibile. A lungo gli ospiti si lambiccano il cervello nel tentativo di uscire dalla trappola che Sansone ha teso loro. Il banchetto prosegue, ma l'atmosfera è torbida. Un mistero aleggia nell' aria e a poco a poco si ingigantisce, diventa più grande dell'e nigma stesso, tanto che l'interesse del lettore si sposta, inevitabilmente, dall'enigma a colui che lo ha proposto e alle sue motivazioni. Per sette giorni 73
Sansone gira fra gli ospiti compiaciuto del loro sconcerto, della loro curiosità, della rabbia cre scente. Di tanto in tanto presta orecchio a goffi ten tativi di soluzione, .scuote la testa in segno di di niego, con garbo velato da leggera ironia, con pia cete palese. Essendo un nazireo non beve il vino che viene offerto agli ospiti, e che loro certo non rifiutano annegandovi la frustrazione e la collera. Anche il fatto che Sansone non si unisca alla liba gione accresce lostilità nei suoi confronti. Si può dunque supporre che, dopo un giorno o due, i fili stei ne abbiano abbastanza dell'enigma, e di certo non abbiano mai avuto intenzione di sondare l'a nimo di quel bizzarro straniero. La situazione li ir rita enormemente e ancora più il pensiero delle trenta tuniche e vesti che dovranno pagare. «Dal divoratore è uscito cibo e dal forte è uscita la dolcezza.» Penso che vi siano poche cose al mondo che possano esasperare quanto la tortura prolungata di un enigma impossibile da risolvere (e questo è forse l'unico episodio della Bibbia in cui anche un fervente patriota ebreo può simpatizzare con i fili stei) . In quanto a Sansone, è possibile percepire in lui il piacere segreto che trae da quanto sta acca dendo, dal fatto che i suoi ospiti non riescano a ri solvere l'indovinello, dalla prossimità eccitante, 74
quasi erotica, che talvolta si crea tra gli aspiranti so lutori e la soluzione elusiva. Ma forse... Forse Sansone propone agli ospiti un enigma impossibile da risolvere proprio perché, essendosi portato dentro tutta la vita un mistero irrisolto, in comprensibile anche per lui stesso, avverte il biso gno incontroU.ato di rivivere quella sensazione. Anche chi propone l'enigma, infatti, dopo tre, cin que, sette giorni, si trasforma in una sorta di mi stero. In un recipiente gigantesco in cui ribolle un segreto che preme per uscire ... Forse è questo ciò che si nasconde dietro il com portamento di Sansone, e non solo in questa occa sione. Il nostro eroe si aggira per il mondo come un rebus gigantesco, stupito del proprio segreto, del proprio mistero. Prova piacere ad avvicinarsi, in modo quasi pericoloso, alla possibilità che gli altri lo risolvano. Anche se, ripensandoci, l'espres sione «prova piacete» non è esatta. È possibile che lui sia costretto, forzato a rivivere quella sensa zione, nonostante l'amara consapevolezza di es sere impenetrabile, di non poter redimere se stesso da un senso intrinseco di estraneità, dal mi stero che è in lui. A un certo punto i «Soci» ne hanno abbastanza. Si rivolgono senza mezzi termini alla moglie di 75
Sansone: «Adesca tuo marito perché ti dia la spie
che la lamentela della giovane sposa alluda a qual
gazione dell'enigma, altrimenti daremo fuoco a te
cosa di molto più serio e pregnante di una sem
e alla casa di tuo padre» .
plice lite familiare; a un enigma infinitamente più
«E l e i pianse» è scritto « per i sette giorni che durò la festa.» Oltre alla rabbia crescente dei «soci», Sansone deve sopportare per un ' intera settimana il pianto incessante della moglie! Per sette giorni lei piange, insistendo perché lui le riveli la soluzione, ma San sone tace. All'improvviso è disposto a contrariare, a torturare letteralmente, questa donna tanto one sta ai suoi occhi da avere ignorato le suppliche dei genitori di non sposarla. Perché? Forse perché vuole che la prima donna
grande e complesso: quello del popolo d' Israele t
che fin dalle sue origini ha suscitato stupore e dif fidenza e ancora oggi può apparire a taluni avvolto da un alone divnistero, di diversità _e di distacco. Ma lasciamo che tutto questo orbiti nel profondo e torniamo ai due giovani, alla loro prima lite che dura un'intera settimana, con pianti e insistenze e rifiuti, finché lo sposo perde la pazienza e sbotta: «Non l ' ho svelato neppure a mio padre e a mia madre, perché dovrei spiegarlo a te? » . Forse i l narratore biblico s i è mostrato benevolo
della sua vita si renda conto che nemmeno lei
con Sansone per non aver riportato la risposta
potrà conoscerlo fino in fondo. Oppure quei sette
della moglie.
giorni sono una sorta di estenuante cerimonia di
«Per questo l'uomo lascia suo padre e sua madre
iniziazione che lui celebra per se stesso; una ceri
e si unisce alla sua donna ed essi diventano una sola
monia interiore in cui stabilisce i limiti della pro
carne» è scritto nella Genesi.20 E infatti, il signifi
pria disponibilità, oltre i quali nessun essere umano,
cato del matrimonio è, fra l ' altro, che l 'uomo ab
per quanto amato, potrà penetrare nel Sancta Sanc
bandona i genitori per unirsi alla donna prescelta
torum della sua anima, nel luogo in cui è custodito
e fare di lei la sua intima compagna. Nel leggere le
il suo segreto.
parole di Sansone, però, ci si rende conto che evi
«In realtà tu mi odi e non mi ami» piange la mo
dentemente per lui le cose non stanno proprio così
glie «perché non vuoi spiegare nemmeno a me l'e
poiché non sembra del tutto convinto a separarsi
nigma proposto ai figli del mio popolo.»
dai genitori per «diventare una sola carne» con la
Per un istante, nel leggere queste parole, pare 76
moglie. Insomma, al culmine della sua festa di nozze 77
Sansone proclama, con una sorta di goffa immatu rità, con una supponenza un po' infantile, che per quanto attiene la vicinanza e l'intimità, lui preferi' sce ancora i genitori. Alla fine, però, in seguito alle in sistenze della moglie o forse per umana vanagloria, la sua deter minazione viene meno e lui le rivela la soluzione. Il testo non riporta le sue esatte parole né tanto meno il tono. Si pavoneggia nel raccontare la lotta sostenuta contro il leone? Lo fa con modestia? Si limita a riferire i fatti oppure, nella foga del rac conto, aggiunge particolari vivaci descrivendo, per esempio, la visione incomparabile del miele che luccica tra le costole dello scheletro? L'alveare ron
zante di api? Se davvero racconta tl;ttto questo - ciò che è suc cesso durante la lotta con il leone, ciò che ha pro vato davanti alla sua carcassa, il sapore del miele, il suo colore, il ronzio delle api - è perché spera che nella sua sposa si accenda una nuova scintilla per lui? Che lei capisca ciò che i suoi genitori non hanno capito? E cosa accade poi? Lei lo guarda stupita, mera vigliata, imbarazzata o forse disgustata? Prova una passione nuova, eccitata, per questo suo uomo che d'un tratto le appare molto diverso da quello che sembra? Avverte vagamente che con quel racconto 78
le sta confidando non solo la soluzione delre nigma ma anche un indizio per risolvere il mistero che è in lui? Se ci poniamo tante domande è perché questo è cettamente un momento topico per Sansone. Anche supponendo che abbia solo accennato alla moglie ciò cheiosi nasconde dietro la soluzione del1' enigma, per la prima volta solleva davanti a un altro essere umano un lembo della cortina che cela la sua dimensione misteriosa, e parla di un episodio-simbolo che non ha svelato nemmeno ai genitori. Ma la moglie, angosciata e tesa, non si dimostra all'altezza del ruolo che lui le ha destinato. Terro rizzata dai suoi concittadini, riferisce la soluzione. Consideriamo per un istante l'affascinante pos sibilità che questa donna, di cui nemmeno cono sciamo il nome, si fosse mostrata veramente degna della fiducia del suo sposo. Cosa sarebbe accaduto allora e come sarebbe stata la vita dell'eroe se lei fosse stata in grado di capirlo? Di sondare le profondità di un uomo trasformatosi in estraneo ancor prima di nascere, che non appartiene a que sto mondo, capace di squartare un leone con le sole mani, ma anche di godere la visione suggestiva di un alveare colmo di �ie le all'interno della sua carcassa? Il miracolo che forse Sansone chiede è 79
che un unico cuore lo ami con semplicità, in modo totale e spontaneo, non a causa delle sue qualità prodigiose ma a dispetto di esse. Nonostante il testo non riporti che lui amava quella donna, quello che trapela su di lei probabil mente era molto importante: lei era «Onesta ai suoi
occhi». La frase viene ripetuta due volte. In altre parole non possedeva le tortuosità e le ambiguità a cui era abituato fin da bambino. L'onestà di quella donna racchiudeva una promessa di tranquillità,
di pace dello spirito. Guardandola negli occhi San sone si sentiva accettato, finalmente, e forse per questo l'aveva scelta. Ma anche lei lo tradisce, e fin da subito. In fondo il nostro eroe poteva immaginarlo. Non avrebbe dovuto spingerla fin dall'inizio in quella trappola di doppia fedeltà: verso di lui e verso il suo popolo. Eppure lo ha fatto, come se avesse "predi sposto" lucidamente il tradimento della moglie, come se l'avesse condannata a tradirlo. E in noi si risveglia il sospetto pungente che fosse proprio questo che voleva.21
«Cosa è più dolce del miele» dicono i filistei in
risposta al suo enigma «e cosa più forte del leone?» Chi gli risponde non sono «i soci» ma «i concit
tadini» . In altre parole, non solo il suo segreto è
stato scoperto, ma ha travalicato i confini del han-
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chetto ed è giunto in città, a Timnata, diventando
di dominio pubblico. Sansone è furibondo: «Se non aveste arato con la mia giovenca non avreste risolto
il mio enigma» dice. Accusa i filistei con una frase caric;:a di allusioni sessuali (benché badi a serbare un tono lirico anche in quell'accesso d'ira) . È fu
rioso, natural�nte, assalito da una rabbia umana,
naturale, verso i «soci» che sono riusciti a raggi rarlo. Ancor più, però, gli brucia il tradimento della
moglie, perché per la prima volta in vita sua aveva
permesso a qualcuno di accedere a un luogo del suo cuore che fino a quel momento era stato solo
suo; un luogo di dolcezza in mezzo ali'asprezza che lo circonda, e proprio lì è stato tradito.
Un istante dopo aver rivelato alla moglie il se greto, e aver goduto un raro momento di grazia,
l'intimità della coppia si riempie di estranei. Pos siamo solo immaginare il dolore di Sansone che ar
riva a toccare corde profonde, si insinua in luoghi che non hanno nome e in cui non vi sono parole,
fino all'origine del suo essere, al momento dell'in contro tra la madre e il figlio che darà alla luce, nel quale ora si è introdotto un estraneo.
Ma forse è qualcos'altro a scatenare la terribile
collera dell'eroe che lo porterà alla vendetta e alle stragi future. Proviamo a immaginare la conversazione tra la
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moglie e i «SOCÌ». Secondo il testo biblico «ella lo fece sapere [il segreto] subito ai suoi concittadini ». Non è da escludere che la donna abbia rivelato anche qualcos'altro, qualcosa di più profondo, una verità appena scoperta nel marito. Natural mente è difficile sapere se la moglie abbia com preso il significato di ciò che Sansone le ha confi dato. Dalla risposta dei filistei pare che, anche dopo avere appreso la soluzione dell'enigma, loro non sappiano granché, né di lui, né del grande evento a cui le sue parole si riferiscono . A quanto pare la moglie ha riassunto brevemente ciò che è avvenuto - qualcosa a proposito di un leone ucciso e di un alveare pieno di miele - e ora i filistei osten tano in tono beffardo quei pochi cenni, fingendo di sapere molto di più. . Questa è solo una supposizione. Se le cose sono andate così, però, può darsi che l'ira del giovane sia stata scatenata proprio dalla risposta succinta dei filistei, da quel riassunto laconico e malizioso. Nel sentire la frase «Cosa è più dolce del miele e cosa più forte del leone?» leroe si rende conto che il segreto che gli stava tanto a cuore, che espri meva ai suoi occhi la sua peculiarità e la sua eletti vità, è stato violato, calpestato, umiliato e ridotto alla stregua di una barzelletta, una battuta orec chiabile come un ritornello che di colpo lo tra82
sforma in un luogo comune, in un pettegolezzo che i «concittadini» possono ripetere agli amici, nonostante non lo capiscano. Nel libro Lettere a un giovane poeta Rainer Maria Rilke Scrive: «E coloro che vivono il mistero male e in modo errato (e sono moltissimi) , lo perdono solo per se stessi e tuttavia lo passano come un plico chiuso, senza saperlo » .22 , Questa frase profonda, riferita alla vita di San sone, la illumina in modo ironico e a tratti commo vente. Sansone ha un segreto, un mistero, che spesso vive «male e in modo errato» (come nel caso della prostituta di Gaza, di cui ci occuperemo tra poco) . Lui stesso talvolta si comporta còme se fosse condannato a «passarlo come un plico chiuso», ossia ad attuare il piano divino per il quale è stato prescelto senza capirlo fino in fondo, senza essere in grado di risolvere l'enigma che è in lui fin da quando si trovava nel grembo materno. In un modo o nell'altro, una cosa è certa: un es sere umano si sentirà inevitabilmente oltraggiato nel momento in cui degli stranieri indegni, che non capiscono il suo segreto, lo sveleranno ad altri. Questa è la sensazione che Sansone ha forse pro vato nell'udire la soluzione del suo enigma dalla bocca dei «soci» sbeffeggianti. E nel suo caso I).On è da escludere che questa sensazione sia paragona83
bile a quella di un artista la cui opera omnia, dopo essere stata esposta in pubblico, non venga capita, e persino derisa. Accecato dall'ira e dall 'offesa Sansone si reca adAshkelon, una città filistea, e vi massacra trenta persone. È strano. Perché proprio ad Ashkelon, che dista quaranta chilometri da Timnata, e non in un'altra città filistea - Akron, per esempio - lontana solo cinque chilometri? Perché Sansone sceglie di per correre decine di chilometri in territorio filisteo? Forse la risposta è racchiusa nella domanda stessa. Il nostro eroe deve penetrare il più profonda mente possibile nella vita dei filistei, venire a con tatto con loro, con chi lo deride, lo odia. Ad Ashkelon uccide trenta innocenti che, di sgraziatamente, si imbattono in lui nelle vie della città. Prende le loro tuniche e le porta ai «soci». Così come è stato oltraggiato, ora oltraggia trenta estranei. Toglie loro la vita e simbolicamente li priva della «pelle». È un atto abominevole che te stimonia, a modo suo, la tendenza di Sansone a confondere in maniera spaventosa tra forma e so stanza, tra mistero e straniero. Dopo il fallimento del suo matrimonio e I' of fesa subita, Sansone torna a casa dei genitori come un bambino. Ricordiamolo: è sposato, ha lasciato 84
la casa natale, ma vi torna a leccarsi le ferite, a cer care consolazione. Dopo qualche tempo, durante il periodo della mietitura, si reca di nuovo a Timnata. Ancora una volta:il cordone ombelicale si tende, Sansone cerca di staccarsi dai genitori e di riunirsi alla moglie filistea. Porta con sé un capretto, dono di riconcilia zione, e chiede di vedere la donna. La cosa però è impossibile perché suo padre, nel frattempo, l'ha data in moglie a un altro, «a colui che ti ha fatto da testimone», probabilmente uno dei «soci» presenti al banchetto di nozze che aveva costretto la donna a svelare il segreto. L'uomo propone a Sansone, se condo l'uso del tempo, di prendere in moglie la fi glia minore che, a suo dire, è meglio della sorella. Ma l' eroe è furibondo: «Questa volta io sarò senza colpa se farò del male ai filistei» dichiara.
«Catturò trecento volpi, prese delle torce e legò le code delle bestie a due a due ponendo fra le due code una torcia. Poi, dato fuoco alle torce, cacciò gli animali nelle messi dei filistei e bruciò non solo i covoni, ma anche le messi, le vigne e gli oliveti.» Anche in questa occasione Sansone si dimostra selvaggio, terribile, crudele. Ma che vendetta splendida, ingegnosa, e persino raffinata! 85
Pensiamo allo sforzo compiuto per catturare tre cento volpi, legarle a due a due, mettere delle torce fra le loro code, accenderle e liberarle nei campi. Non meno dello sforzo fisico, però, colpisce il pensiero, l'idea, l'inventiva. La Bibbia, si sa, ab bonda di episodi brutali, barbari (sarebbe interes sante stilare un elenco di tutti i 'tipi di vendetta e di violenza diffusi a quel tempo tra il popolo di Israele e i suoi nemici: da sevizie su cadaveri a massacri e circoncisioni di massa) . La vendetta di Sansone però è originale, possiede un lato estetico, persino artistico (nel linguaggio dell'arte moderna defini remmo questo episodio una vera e propria "instal lazione") . Non solo Sansone dà una dimostrazione della sua immane forza fisica, ma rivela anche un proprio stile, imprime vn marchio distintivo in tutto ciò che fa, in tutte le sue azioni, grandi e pic cole, in ogni suo gesto e in ogni suo contatto con il mondo. E se è vero che ha un temperamento da artista, le sue imprese sono significative non solo nel con tenuto ma anche nella forma. Un episodio come quello delle volpi non è il risultato di un capriccio. Richiede riflessione, premeditazione. Sansone avrebbe potuto legare una torcia a ciascuna volpe, liberare gli animali, lasciare che incendiassero i covoni e le messi e causare ai filistei un danno due 86
volte maggiore, Ma una tale soluzione, probabil mente, non avrebbe soddisfatto il suo bisogno profondo, "artistico", di esprimere qualcosa di in timo, di peculiare. RiJeggiamo il brano� Sansone lega le code delle volpi a due a due e pone fra loro una torcia accesa. Possiamo immaginare ciò che le bestie provano in quel momento. La loro corsa folle nel tentativo di allontanarsi l'una dall'altra, da quello che riten gono essere l'origine di quel fuoco. Di colpo si tra sformano in una creatura a due teste, in fiamme, incapace di fuggire da se stessa. Ogni animale cerca la salvezza in una direzione diversa trascinan dosi però dietro il suo alter ego, il suo opposto, la sua tragedia. È questo probabilmente ciò che esplode dall'a nimo di Sansone, il "marchio d'artista" segreto che lui scaglia nel mondo con tutte le sue forze: la dop piezza intrinseca, il fuoco che gli brucia dentro, gli istinti che lo lacerano, le forze contrapposte che spesso lo sconvolgono: il nazireato da un lato e gli appetiti del corpo dall'altro; i muscoli possenti e l'animo sensibile e spirituale; la brutalità assassina e incontrollata e l'indole poetica; la consapevo lezza di essere forse uno strumento nelle mani di Dio e gli sprazzi di ferma volontà; il bisogno di avere un'espressione propria e la determinazione 87
a serbare il proprio segreto per sé; il desiderio di sperato e palese di avere un'anima vicina, con la quale confidarsi... Non c'è dunque da meravigliarsi che abbia bi sogno di trecento volpi, non . una di meno, per esprimere tutto ciò. Le volpi, simili a torce vive, corrono per i campi seminando distruzione e rovina. Inceneriscono l'intero raccolto (come si ricorda è il tempo della «mietitura del frumento») e agonizzano in quella folle corsa come in una sorta di oscuro presagio: «Muoia la mia anima con i filistei».
Costoro si vendicano allora di chi, a parer loro, ha causato quel disastro: la donna di Timnata. Vanno a casa sua e bruciano lei e il padre. Occhio per oc chio, fiamma per fiamma. Sansone li ripaga anche di questo: «vibrando colpi su colpi, fece una grande strage». Così la guerra di un solo uomo contro un intero popolo si complica ancora di più. Un uomo destinato a «liberare Israele», ricordiamolo, ma questa sua missione di "salvezza", a quanto pare, non va mai oltre le stragi di filistei. A questo punto occorre richiamare alla mente ciò di cui forse ci siamo dimenticati nell'enfasi del racconto: Sansone era un giudice, un leader nazio88
nale che guidò Israele per vent'anni. Un giudice· strano, senza dubbio. Quando mai ebbe qualche contatto con la sua gente? Quando mai si occupò di questioni interne, si diede la pena di dirimerle? Come sa chi ha letto l'intera vicenda, le imprese da lui compiute sono sempre proiettate verso l'e sterno, verso i filistei, con i quali ha legami d'a more e di vendetta, con cui condivide banchetti e ingaggia battaglie (e ci sono non pochi momenti della storia in cui ai lettori Sansone appare più fili steo che ebr�o ... ) . Eppure la sua storia fa parte della Bibbia ed è narrata con dovizia di particolari. E anche se di tanto in tanto il protagonista viene biasimato per la sua violenza, la dissolutezza e il li bertinaggio, nella coscienza del popolo ebraico ri mane un eroe e un emblema nazionale. Forse per ché, nonostante tutto, la sua figura solitaria, di stante, ansiosa di serbare la propria peculiarità, ma al tempo stesso di amalgamarsi e di assimilarsi agli estranei, esprime e incarna caratteristiche squisi tamente "ebraiche". Ma c'è dell'altro, naturalmente. In ogni epoca gli ebrei sono andati orgogliosi delle gesta eroiche di questo loro giudice, anelando a possederne la forza, il coraggio e la virilità. Hanno ammirato il suo vigore privo di remore e di inibizioni morali, una caratteristica negata alla stirpe di Giacobbe 89
per migliaia di anni, fino alla fondazione dello Stato di Israele. In ebraico ci si riferisce a lui quasi sempre come a «Sansone l'eroe». Unità scelte dell'esercito israe liano sono state chiamate «Le volpi di Sansone» (durante la guerra d'indipendenza del 1948) , op pure semplicemente «Sansone» (nel corso della prima Intifada, nei tardi anni Ottanta) e così pure una rete di palestre fondata negli anni Sessanta dal nerboruto rabbino Rafael Halperin! Ma, come il nostro eroe, anche lo Stato di Israele dimostra spesso un atteggiamento problematico nei confronti della propria forza, talvolta parados salmente deleterio e prono a distorsioni. Sembra infatti che gli israeliani non abbiano ancora interio rizzato il fatto di posseder� una grande potenza mi litare (che pare essere frutto di un vero e proprio miracolo) e capita quindi che le attribuiscano un valore esagerato, che la trasformino in un valore in sé o ne facciano un uso sproporzionato e automa tico senza considerare altre vie d'azione. Questo comportamento è tipicamente "sansoniano". A tutto ciò si può aggiungere la loro ben nota insicu rezza di fronte a ogni possibile minaccia. Un'insicu rezza presente anche in Sansone, che sembra crol lare o perdersi d'animo in determinate occasioni. Un simile crollo psicologico non riflette però lo 90
stato delle cose e spesso innesca reazioni violente ed esagerate che complicano ancor più la situa zione. Tutto ciò testimonia, a mio avviso, un senso di precarietà nei confronti della forza posseduta e una profonda fragilità esistenziale dovuta. senza dubbìo ai pericoli reali che incombono su Israele ma anche alla tragica esperienza di emarginazione e di alienazione vissuta dal popolo ebraico nel corso della storia e che il programma di armamento nu cleare - denominato a suo tempo «Opzione San sone» -- non riesce probabilmente a cancellare. Dopo aver fatto strage di filistei Sansone si ritira in una caverna sulla rupe di Eitam, probabilmente poco distante dall'omonima città della Giudea1!3 e lì vive solo, isolato e deluso da tutti. I filistei decidono di vendicarsi. Arrivano in Giu dea e schierano le loro truppe per la battaglia. Gli abitanti dellazona, allarmati da quel dispiegamento di forza, domandano perché li si voglia attaccare e gli aggressori rispondono : «Veniamo per imprigio nare Sansone e trattarlo come ha trattato noi». Tremila uomini si recano allora alla caverna della rupe di Eitam perparlare con chi, ricordia molo, non appartiene alla loro tribù ma potrebbe trascinarli in una guerra a cui sono estranei. 91
«Non sai tu che i filistei dominano su di noi?» gli domandano timorosi «Perché dunque ci hai fatto tal cosa?» Tremila uomini atterriti stanno intorno all'eroe mentre Sansone con semplicità, con lo gica testarda, risponde: «Come essi hanno trattato me, così io ho fatto a loro». I rappresentanti della Giudea si guardano di sottecchi. Possiamo quasi udire i loro colpi di tosse imbarazzati. «Siamo venuti per arrestarti» osano dire «e consegnarti nelle mani dei filistei.» Anche a migliaia di anni di distanza si può cogliere un tono di supplica nelle loro voci: ti preghiamo, non renderci le cose più difficili, facciamola finita con questa brutta faccenda in modo onorevole. Sarebbe facile sorvolare su questo episodio della vita di Sansone, apparentemente insignifi . cante rispetto ad altri drammatici e dalle tinte forti. Ma noi, che siamo interessati anche ai repen tini passaggi dell'eroe dagli amici ai nemici e agli stranieri, che percepiamo fino a che punto sia con dannato a soffrire per la sua diversità (dai suoi ge nitori, dal suo popolo e in ultima analisi da tutti) , ci soffermeremo su questo brevissimo episodio. Siamo imbarazzati davanti a lui, stupiti della so litudine di quest'uomo appollaiato su una rupe la cui audacia è già forse diventata leggenda tra le tribù di Israele, ma che indubbiamente suscita 92
anche rabbia e inquietudine per le sue continue provocazioni dei filistei. Rabbia e inquietudine non sono però tutto ciò che suscita. Lui solo, infatti, osa fare ciò che migliaia di suoi connazionali non fanno. E forse, in un angolO del loro cuore non ancora op presso e sfinito dal peso della dominazione filistea, costoro riescono a indovinare che un giorno, nelle cronache del loro popolo, Sansone - diversamente dai suoi connazionali - sarà il simbolo della lotta contro l'occupazione e la tirannia. «Siamo venuti per arrestarti» mormorano gli abitanti della Giudea «e consegnarti nelle mani dei filistei.» È quasi certo che in quel momento de testino Sansone almeno quanto odiano i filistei. Se non lo temessero, di certo lo catturerebbero e lo ucciderebbero al posto dei loro nemici. Ma sor prendentemente lui non cerca di ribellarsi. Si li mita a dire: «Giurate che non mi ammazzerete ». E loro promettono di non farlo: lo arresterann o, lo consegneranno nelle mani dei nemici, ma non lo uccideranno. Il dialogo tra Sansone e gli uomini della Giudea è riportato con tenerezza, con indulgenza persino. Sembra che si voglia tirare il lettore per la manica e suggerirgli di prestare attenzione a quanto suc cede. Gli uomini della Giudea si guardano bene dal far del male al loro interlocutore. Per quanto 93
incolleriti badano a m antenere una rispettosa e meravigliata distanza da lui. Ma il lettore� che già conosce i meccanismi profondi dell'animo del no stro eroe, sa che potrebbe interpretare quella di stanzanon come un'espressione di rispetto, ma di estraniamento e di diffidenza. Sansone conosce bene quell'atteggiamento di timore che, anche questa volta, lo spinge a isolarsi e a chiudersi in se stesso. Ricordiamo che gli uomini della Giudea sono suoi connazionali - lui è il loro capo, il loro giudice - eppure non considerano nemmeno la possibilità di opporsi, anche simbolicamente, alla richiesta dei filistei e di rischiare la vita per proteggerlo. Non gli propongono, per esempio, di mettersi in salvo mentre loro cercheranno di placare in qualche modo la collera dei nemici. Vogliono consegnarlo nelle loro mani e non nascondono l'ansia con cui desiderano liberarsi del pericolo costante che lui rappresenta. Di certo Sansone è consapevole di quell'ansia. Però non si lamenta: «Giurate che non mi ammazzerete» è tutto ciò che chiede in quel mo mento di grande tensione . Sa che gli uomini della Giudea non potranno ucciderlo perché lui è più forte di loro tutti messi insieme, eppure, probabil mente, avverte il bisogno quasi patetico, commo vente, di udire quelle parole, quella promessa con94
solatoria e rassicurante: «No, noi non ti uccide remo». Come se con quella frase i suoi fratelli po tessero dissipare per un attimo il senso di oppres sione che grava su di lui da che sua madre ne ha procJamato la morte ancor prima che nascesse. Gli uomini della Giudea.lo legano con due funi nuove. Chi ha letto l'intero brano della Bibbia sa che quando Dalila gli domanderà, di lì a poco, con che cosa lo si possa legare per domarlo, lui, pren dendosi gioco di lei, risponderà: «Con sette nervi freschi». Ma quando lei lo farà, li spezzerà come se fossero fili. Ora però l'eroe lascia che gli uomini della Giu: dea lo leghino con quelle funi. È in mezzo a loro, forse svetta sugli altri, ma lascia che lo consegnino agli stranieri, che lo stringano nella loro rete. Per cepisce sulle carni le funi del loro tradimento. Si ha l'impressione che provi quasi un piacere strano, amaro e perverso, a questa sua passività. Come se partecipasse a una cerimonia intima, in cui gli uo mini della Giudea non sono che marionette mano vrate dai fili dei suoi bisogni profondi, primordiali: l'esigenza di rivivere ripetutamente il tradimento di chi gli è vicino, di venire consegnato a degli estranei, abbandonato. A questo punto, però, dopo essere stato condotto dai filistei, pronti a riceverlo in un luogo chiamato 95
Lehi- «mascella» in ebraico -, dopo aver spremuto fino all'ultima goccia il nettare torbido di quell 'in contro di cui probabilmente si nutre, Sansone ri prende un comportamento brutale e violento. Anche chi non ha assistito alla scena può imma ginare i tremila uomini che lo conducono legato in un lungo corteo lillipuziano, alla testa del quale lui appare come una statua gigantesca. Quando i filistei lo vedono esplodono in grida di esultanza, ansiosi di ingaggiare una lotta, ma appena si avvi cinano per prenderlo in consegna, lo spirito del Si gnore investe Sansone, il suo corpo si infiamma di una tale sete di vendetta che le funi intorno alle sue braccia si sciolgono come fossero «fili di lino abbruciacchiato» . Lui tende la mano, trova per caso una mascella d'asino appena squartato e con quella uccide mille filistei. Compiuta la strage ecco che dall'energumeno rispunta il poeta: «Con una mascella d'asino» com menta «ne ho ucciso una gran quantità, con una mascella d'asino ho percosso mille uomini». E anche noi, malgrado l'orrore della strage, non pos siamo fare a meno di notare che le armi che uti lizza Sansone portano sempre il marchio della sua creatività, della sua inventiva: le volpi, la mascella d'asino, le mani nude contro il leone. Tutti stru menti "organici", naturali, originali... 96
«Detto questo» Sansone è colto da un 'ardente sete (non è chiaro se a causa dello sforzo compiuto per sterminare mille uornini o per comporre la poesiola) . Invoca Dio: «Tu hai operato per mezzo del tuo servo questa grande liberazione e ora dovrò morire di sete e cadere nelle mani degli in circoncisi?». Nell'udire questa supplica proviamo una stretta al cuore. Il nostro eroe appare così de bole e vulnerabile! Come un bambino che piange davanti al padre, dolorosamente sbigottito dal fal limento del «grande piano» che non ha mai avuto la presunzione di capire fino in fondo e di cui sa di essere solo una pedina, uno strumento. Prestiamo di nuovo ascolto a questa invoca zione. Siamo stupiti dalla sua brusca e improvvisa trasformazione da eroe e sterminatore di masse a personaggio quasi infantile. In un batter d'occhio, con una repentinità sbalorditiva, Sansone sembra cadere a pezzi, crollare. Grida, ha un bisogno di sperato di una sorta di abbraccio paterno, affet tuoso e benevolo. Per un istante è come se si sollevasse il lembo di un sipario e noi lettori scoprissimo che questo giu dice di Israele intrattiene un dialogo diretto con Dio di cui finora non vi è stata menzione e che ri vela un rapporto privilegiato e denso di significati. E, benché questo non basti a cambiare il destino 97
già scritto del nostro eroe, tale rivelazione è di un certo conforto perché sembra attenuare la grande solitudine che lui prova tra i suoi simili, gli esseri umani. Tuttavia forse questa invocazione nasconde un dramma molto più umano, che riguarda il rap porto di Sansone con Dio. È possibile che l'eroe ca pisca che là sua bruciante sete è una punizione per essersi vantato di aver fatto tutto da solo, di aver colpito i filistei con la mascella dell'asino e senza àlcun aiuto soprannaturàle. Ora, tormentato dàlla sete, dice di sapere a chi va il merito della vittoria: «Tu hai operato per mezzo del tuo servo questa gran.de liberazione» mormora, .e Dio accetta il «ringraziamento», in cui sono racchiusi anche un pentimento e un'ammenda. Apre àllora «Una fen ditura nella conca che è in Lehi» e lascia che vi sgorghi dell'acqua.
Dopo quegli avvenimenti Sansone andò a Gaza, «vi incontrò una meretrice ed entrò da lei». Vi sono svariati motivi per cui un uomo può fre quentare una prostituta; ancor prima però di do mandarci quali fossero quelli di Sansone e di ricor dare a noi stessi che era un nazireo (nel suo caso è facile dimenticarlo, dal momento che non era te98
nuto a rispettare la regola del celibato) dobbiamo chiederci come mai si rechi proprio a Gaza, una città filistea i cui abitanti sono senza dubbio ansiosi di ucciderlo. Chi può comprendere la strana molla che spinge Sansòne a mescolarsi ai filistei? Ad accoppiarsi con loro, ad azzuffarsi? Tutti i suoi contatti con i mem bri di questo popolo hanno infatti a che fare con il corpo e i suoi fluidi, con il sangue, con risse e pro miscuità. Si potrebbe leggere in questo suo com portamento il desiderio di sopperire, attraverso un contatto intenso con gli altri, soprattutto con degli estranei, alla sensazione di vivere un'esistenza dai confini poco chiari e definiti. Nel mondo di Sansone, infatti, nessuno gli asso miglia, nemmeno un poco. Egli vive e agisce in una sorta di vuoto in cui la sua identità sfugge a ogni de finizione, è contraddittoria, mitica e fantastica. Non è difficile immaginare la confusione presente in un animo simile, il suo bisogno costante di "se gnali" provenienti da àltre realtà, da altre identità, per poter definire la propria. E non è sorpren dente che un uomo come lui si senta attratto da en tità estranee che sembrano possedere fin dall'ini zio limiti chiari e ben precisi, e che appaiono, a chi le osserva, persino monodimensionali. Quando Sansone entra in contatto con quelle entità può 99
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percepire - al di là della soddisfazione di agire per lo scopo divino al quale è destinato - i propri con fini, le barriere che lo separano da quelle creature e allora, forse, è anche in grado di definire se stesso. Per questo va a Gaza e in altre città filistee: pervenire a contatto con chi è diverso, alieno, per toccare quegli estranei, azzuffarsi con loro, ucci derli, amare le loro donne e uccidere ancora... E viene da pensare a un'altra cosa: forse San sone sente il bisogno profondo di spartirsi tra genti e luoghi diversi. Di sdoppiarsi continuamente per proteggere il proprio segreto, il fulcro della sua esi stenza e, spinto da una sorta di istinto di sopravvi venza, deve sempre trovarsi in movimento. Tratte nersi poco in ogni luogo - a Zorah, a Eshtaol, a Timnata, ad Ashkelon, nella regione di Giudea, a Gaza, a Hebron, nella valle di Sorek-per poi allon tanarsi in fretta. Scoprire un lembo di sé e nascon derne un altro. Creare una realtà in cui, ovunque vada, la gente conoscerà solo un aspetto della sua personalità, un unico tassello del mosaico, per ren dere così difficile agli estranei - che hanno una vi sione fugace di ciò che è dentro di lui - il farsi un'i dea dell'intero quadro e risolvere, una volta per tutte, l'enigma chiamato Sansone. Nel leggere la descrizione dei suoi spostamenti rapidi, frenetici e frequenti ci si rammenta di sua 100
madre che correva nei campi, agile e veloce, per ri ferire a Manoah dell'incontro con l'angelo ( «La donna corse in fretta [ . . ] » ) . Ed è come se la forza, lo slancio e il piacere di quella corsa fossero rima sti impressi nel figlio che portava in grembo... Se la visita di Sansone a Gaza sorprende, quella alla prostituta appare più semplice da spiegare. Il nostro eroe è solo, non ha una donna. Quando lo spirito del Signore aveva cominciato a vibrare in lui la prima cosa che aveva cercato era stata l'amore: è facile immaginare quanto siano ora profondi la sua solitudine e il suo malessere dopo la perma nenza alla grotta della rupe di Eitam. Ma forse Sa,n sone si reca dalla meretrice anche a causa dell'a mara delusione del suo primo tentativo di matri monio con la donna di Timnata, che alla fine era stata data a un altro. Così, pur senza sottovalutare i suoi bollori sessuali, si può supporre che la visita alla prostituta esprima la disperazione di trovare un amore vero, di poter affidare il proprio segreto, le chiavi del proprio cuore, a un essere umano degno di fiducia. Ma c'è dell'altro: recarsi da una prostituta vuol dire anche donare qualcosa di molto prezioso, di intimo, a un totale estraneo. A qualcuno che non prova il minimo interesse nei confronti della per sona con cui compie l'atto sessuale. È questo l'a.
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spetto ripugnante ma anche il fascino segreto della prostituzione: il contatto sconvolgente tra ciò che è intimo e ciò che è anonimo, tra pubblico e privato, tra inseminazione e alienazione. Attenendosi a questo punto di vista è chiaro perché Sansone abbia scelto questa possibilità: gia cendo con una prostituta, fa sì che il segreto che porta dentro di sé si riveli a un totale estraneo. An cora una volta gioca con il suo bisogno di donarsi,' ma non del tutto; di proporre un enigma, ma non la sua soluzione. Ancora una volta pùò trovarsi con una sconosciuta durante il più intimo atto di cono scenza e rimanere ignoto, irrisolto. Probabilmente è questo ciò che cerca ogni volta: un contatto elusivo e ambiguo, che non gli dà pieno appagamento, co�forto e vicinanza, ma so prattutto non gli dà amore. E che non soddisfa mai il suo bisogno più profondo: quello di donarsi inte ramente a un altro, di essere accettato e giungere a una vera conoscenza reciproca per amarsi vera mente e, forse, uscire dall'isolamento in cui è nato. Cosa spinge Sansone a comportarsi così? Per ché non cerca redenzione in un cuore "sincero" che soddisfi le sue esigenze più profonde e lo gua risca dalla sua innata diversità? A questo punto possiamo ampliare il discorso e chiederci perché mai gli esseri umani tendano a ri102
cadere nei propri erro ri, a fallire laddove hanno più bisogno di essere salvati. Ciò è vero sia per i sin goli che per le società, per i popoli, che talvolta ap paiono condannati a ripetere, con deprimente ci clicità, le scelte e le decisioni più tragiche della loro storia. Anche in Sansone è presente questa forza autodistruttrice che sembra spingerlo a per petuare le distorsioni causate in lui dagli altri e a trascurare i suoi bisogni più veri, essenziali: essere amato e accettato per quello che è; aspirare a un rapporto di totale onestà e fiducia. Per questo, non solo va da una prostituta, ma da una prostituta di Gaza: in altre parole, da chi gli è doppiamente estraneo. Una donna che senza dub bio non esiterà a denunciarlo o a consegnarlo ai nemici, ansiosi di vendicarsi di lui. E infatti, quando agli abitanti di Gaza giunge notizia che l'odiato rivale si trova a casa della pro stituta, si radunano per tendergli un agguato in un punto di passaggio obbligato per uscire dalla città. Rimangono in attesa per tutta la notte, in silenzio, con l'intenzione di sopraffarlo alle prime luci del l'alba e di ucciderlo. Ma Sansone rimane con la donna solo fino a mezzanotte. Forse ha intuito il piano dei filistei e lascia la città prima del previsto, per cogliere di sorpresa i suoi aggressori. Se ciò è vero, abbiamo un 'ulteriore prova che non solo lui 103
voleva giacere con una prostituta ma anche perce pire (o forse godere, assaporare) l'inquietudine, la tensione, loffesa per il prevedibile tradimento della donna e (o soprattutto) la consapevolezza che la loro intimità era stata violata da estranei. Mentre lui giace con la prostituta gli estranei sono lontani, ma i loro propositi di congiura sono ben presenti nella stanza in cui i due si accop piano. Sansone ha quindi la possibilità di provare le due sensazioni che più lo eccitano e che insegue da tutta la vita: una grande intimità e la penetrante consapevolezza che i confini del suo segreto sono stati violati, che la sua unione con la donna è stata profanata fin dal primo momento. In questo modo ottiene un'ulteriore conferma di ciò che ha sem pre percepito, ha influenzato gran parte della sua esistenza, ha guidato il sub cammino e continuerà a rappresentare un tormento per lui fino alla fine dei suoi giorni: che l'intimità, qualsiasi tipo di inti mità è, per definizione, contaminata. «Sansone dormì fino a mezzanotte poi, alzatosi, afferrò i battenti della porta della città con i due sti piti, li staccò insieme al catenaccio, se li mise sulle spalle e sparì in cima al monte che è in direzione di Hebron.» Malgrado nella Bibbia non si accenni al fatto che fosse gigantesco (come abbiamo già avuto 104
modo di ricordare) , nel leggere queste parole ab biamo l'impressione di trovarci di fronte a un co losso. Ed è così che viene raffigurato nella famosa incisione di Doré, Sansone strappa le porte di Gaza: un gigante che si arrampica su un monte (proba bilmente già nei pressi di Hebron, perché vicino a Gaza non vi sono montagne. Esiste solo una colli netta oggi denominata dai locali «La tomba di San sone») . Una luce divina si irradia da uno squarcio nel cielo ma il nostro eroe non la vede perché è na scosta dagli enormi battenti che porta sulle spalle, mentre la sua figura, per metà umana e per metà divina, ispira un senso di dolore e di sofferenza. Anche in questa occasione, come sempre con Sansone, ci troviamo di fronte a un'impresa senza eguali nella Bibbia. Una sorta di spettacolo straor dinario e dai molteplici significati: un forestiero giunge in città e nell'andarsene prende con sé le porte, ossia ciò che separa l'interno dall'esterno. Viola i confini del luogo e lo priva della barriera che divide i residenti dagli estranei e dai nemici. Anche questa, naturalmente, è una metafora non estranea al dialogo che Sansone intrattiene con se stesso. In questo caso, però, tale dialogo viene for mulato in un'ottica diversa. Nello scardinare le porte, infatti, l'eroe non solo vuole colpire i filistei e umiliarli, come fa quasi sempre in modo istin105 .
tivo, ma anche ribellarsi, o esprimere una protesta
unica nel suo genere, contro la violazione del suo "io" più profondo. Alla vista di quest'uomo che, dopo aver scardi nato le porte della città, se ne va portandosele sulle spalle, ilettori possono consolarsi al pensiero che, malgrado Sansone sia condannato senza appello a portare a termine la sU:a missione di combattere i filistei, malgrado la sua vita si svolga secondo un piano deciso a priori, lui si concede degli sprazzi di libertà.scegliendo, di volta in volta, di eseguire una determinata impresa secondo un suo stile perso nale, particolare e unico.
Nel bosco che conduce a Tel Zorah - la collina dove probabilmente so;geva l'omonima città bi blica - alcuni cartelli gialli segnalano la presenza delle «Tombe di Sansone e Manoah» e risvegliano la curiosità dei gitanti. La terra è grigia, coperta di rovi e di sterpi radi e giallastri. In cima alla collina, su una spianata di cemento, si erge una sorta di pic colo mausoleo di pietre levigate sormontato da due cupolette blu. Sulla prima spicca un'epigrafe: «Sansone l'eroe, che giudicò Israele così come il Signore dei Cieli. Sia benedetta la sua memoria». E la sua presunta data di morte: il 24 del mese di 106
Tamuz. «Manoah il giusto» è inciso a lettere da amanuense sulla seconda «che incontrò l'angelo del Signore. Sia benedetta la sua memoria;» Alla madre di Sansone, i cui contatti con l'angelo fu ronopiù frequenti, non è stato concesso l'onore di alcuna tomba, o lapide, nel sepolcro di famiglia. Queste, naturalmente, non sono le vere tombe di Sansone e di suo padre. Nessuno sa chi vi sia se polto, o se qualcuno lo sia veramente. Sono spun tate qui dal nulla all'incirca quattro anni fa,. non si sa per iniziativa di chi. In poco tempo, però, il luogo è diventato sacro ai fedeli che arrivano da soli, o in gruppi, e pregano, accendono piccoli ceri ai piedi delle tombe e chiedono guarigioni da ma lattie, consorti per i loro figli, successo negli affari e progenie per le figlie sterili. Di notte si possono incontrare qui i seguaci del rabbino di Braslev, im pegnati in riti di "riparazione": preghiere e la menti per la distruzione del Tempio. A poca distanza dai sepolcri si apre una grande grotta. Al suo interno, scavate nella roccia, sono rico noscibili le conche tonde di un frantoio. Un tempo un asino girava in cerchi infiniti trainando una grossa macina ancora visibile, per quanto spezzata in un angolo, e spremendo le olive per ottenerne l'olio. In un altro angolo una seconda vasca, più 107
r ampia e squadrata, era adibita alla pigiatu a dei grappoli d'uva. A giudicare dalle sue dimensioni doveva essere una delle più grandi della zona e poi ché l'uva va pigiata appena colta, è probabile che i terrazzamenti lungo i pendii della collina fossero ricoperti di vigneti. In cima alla collina, poco lontano dalle tombe, qualcuno ha collocato una minuscola edicola in cui vi sono delle Bibbie e dei libri di preghiera. Una piccola Bibbia, fra le cui pagine sono infilati un'infinità di biglietti d'autobus a mo' di segnali bri, si apre solo a toccarla con la mano a una pagina letta mille volte, macchiata di sudore e di lacrime: «Sansone si innamorò poi di una donna della valle di Sorek, chiamata Dalila ».
Chi era Dalila? La Bibbia non lo spiega. Non dice nemmeno se fosse filistea, come le altre compagne di Sansone, ma è la prima di cui conosciamo il nome ed è l'unica che lui abbia mai amato. Dove l'ha incontrata? Cos'ha trovato in lei? Non lo sa premo mai. E non sapremo nemmeno se l'ha cor teggiata o se, innamorato, si sia comportato diver samente con lei che con le altre; ma soprattutto, non sapremo mai quali fossero i sentimenti di Da lila verso Sansone, su cui il testo tace. 108
Il narratore biblico infatti non è prodigo di informazioni. Si limita a riportare i fatti, gli eventi, come quando, con un balzo nel tempo, era passato da «La moglie dette dunque alla luce un figlio e gli misenome Sansone. Il fanciullo crebbe, benedetto da Dio» a «e lo spirito del Signore cominciò a vi brare in lui nel campo di Dan, fra Zorah ed Eshtaol» tralasciando particolari interessanti sull'infanzia di quel bambino eccezionale, sulla sua educazione, i suoi passatempi (aveva strangolato serpenti, come Ercole, oppure lottato contro un cinghiale, come Ulisse?) , i suoi amici. Oppure, come suggerisce il cuore, sulla sua totale e incontrastata solitudine. Siamo completamente all'oscuro di tutto ciò, così come ignoriamo se Sansone avesse dei fratelli, bam bini normali, nati da genitori normali, liberi da ogni missione, dal peso di un "segreto". Anche nell'episodio di Dalila nessun partico lare biografico separa il nome della nuova amata da ciò che segue: «Andati da lei i capi dei filistei, le dissero: "Cerca, con le tue lusinghe, di scoprire in che consiste la sua grande forza e in qual modo ci sia possibile dominarlo, per poterlo legare e ri durlo all'impotenza; in compenso ciascuno di noi ti darà mille e cento sicli d'argento"». Molte opere ispirate dalle vicende di Sansone nel campo della letteratura, dell'arte, della musica 109
e del cinema -24 hanno raffigurato Dalila come un personaggio tragico, restia atradire l'amante e tor mentata dai rimorsi per quanto gli accade dopo che lei lo denuncia ai filistei. Una simile interpre tazione si trova, per esempio, nel quadro di Van Dyck, Sa.nsone eDalila, in cui l'eroe guarda con di sperazione la donna nel momento in cui i filistei fanno irruzione nella loro camera e lo strappano dalle sue braccia. Anche lei lo guarda, con un' e spressione di soddisfazione per il proprio successo ma insieme di dolore e di tenerezza. La sua mano è tesa verso il volto dell'amante in un gesto di com miato, di rinuncia e di compassione, come se vo lesse accarezzarlo un 'ultima volta, confortarlo nel cammino di tormenti che dovrà percorrere. Ma una semplice lettura del testo rende molto dif. ficile questa interpretazione, anzi, la contraddice. La condotta di Dalila non suggerisce amore, eppure Sansone ama questa donna traditrice e crudele. Forse, come si è detto, sono proprio queste sue carat teristiche ad attrarlo, costringendo i lettori ad am pliare e a rendere più flessibile la loro concezione del sentimento amoroso. Forse proprio la crudeltà di Da lila, il suo desiderio quasi palese di colpire Sansone, come nessuna delle sue precedenti donne aveva di mostrato, creano tra i due un legame perverso, più forte dei precedenti, da cui nasce l'amore.25 110
Ma l'interpretazione che attribuisce a Sansone un bisogno ossessivo di essere tradito è talmente sconfortante, vincolante, meccanica e nega ogni li bertà interiore, che noi vogliamo, di pari passo, cerqune un'altra, o sperare che il testo ci conduca a essa. Dalila, corrotta dalla promessa di denaro dei capi dei filistei, lega Sansone e lo coinvolge in una specie di gioco sadico e ambiguo. All'apparenza cerca di scoprire, valendosi della collaborazione dell'amante, il segreto della sua forza e in che modo lo si possa ridurre all'impotenza: «Se mi le gassero con sette nervi freschi, non ancora seccati, mi indebolirei e sarei come un uomo qualunque» dichiara Sansone stendendosi in tutta la sua lun ghezza sul giaciglio, mascherando un sorriso e forse, anche, lisciandosi con indifferenza i capelli, le settefatidiche trecce. I giochi erotici, si sa., sono questione di gusto, e al nostro eroe evidentemente piaceva l'idea di es sere legato con sette nervi freschi, non ancora sec cati. Dalila riferisce subito questo suo vezzo ai capi dei filistei che le forniscono l'attrezzatura necessa ria. Non bisogna dimenticare che per tutto quel tempo «nascosto in casa di lei c'era un uomo in ag guato» e niente esprime meglio la terribile confu sione sempre presente nelle azioni di Sansone, in 111
cui si rimescolano pubblico e privato, amore e tra dimento. Dopo aver legato il compagno Dalila gli dice (con un grido improvviso? sussurrandogli nell' o recchio come se volesse confidargli un segreto? ) : «I filistei ti sono addosso Sansone !». Ma in men che non si dica lui spezza i nervi, come se fossero «Un filo di stoppa lambito dalla fiamma». Ti sei preso gioco di me, protesta Dalila, mi hai mentito. Con incredibile freddezza è lei ad accusare lui di averle mentito. Lo awolge nei fili della sua ragnatela lan ciando forse anche un'occhiata all'uomo in ag guato per poi tornare a guardare l'amante : adesso sii sincero, come ti si può immobilizzare? Con che cosa ti devo legare? Sansone - ancora supino? mentre si stiracchia con piacere? - propone una nuova soluzione: «Se mi legassero con funi nuove, non ancora usate, mi indebolirei e sarei come un uomo qualunque». Usa il termine ebraico haliti. Il significato lette rale di questo verbo è «mi ammalerò», ma lesegeta biblico medievale Radak (il rabbino David Kim chi) lo interpreta con maggior moderazione come «mi indebolirei». Dalila non perde tempo. Trova delle funi nuove, ruvide e robuste, lega Sansone e ripete: «I filistei ti sono addosso». L'uomo in agguato è 1 12
pronto a intervenire ma Sansone, con un semplice gesto, spezza le funi «Come se fossero fili». Ti sei burlato di me, mi hai mentito, si lamenta di nuovo Dalila. Con cosa ti si può legare? Indub biamente a Sansone non passa inosservata l'insi stenza della compagna, la sua ostinazione che gli fa capire che non ha nessuna intenzione di desi stere. «Se tu intrecciassi le sette trecce del mio capo con il liccio» (il dispositivo con cui si mano vrano i fili dell'ordito tesi sul telaio) «perderei la mia forza.» Cosa si legge ora negli occhi di San sone? Con che tono di voce pronuncia quelle pa role? Chissà. In questa frase però è rilevabile qual cosa di nuovo. Fino a questo momento Sansone ha usato espressioni più generali. «Se mi legassero», ha ripetuto per due volte, usando una forma im personale, guardandosi dallo specificare chi do vesse farlo, chi avrebbe potuto causargli del male. Ora si rivolge direttamente all'amante, lucido, consapevole: «Se tu» - Dalila- «intrecciassi le sette trecce del mio capo [ ... ] », Dimentichiamo per un istante la tragedia che awerrà di lì a poco e soffermiamoci sul fatto che solo ora, al culmine di questa specie di gioco e verso la fine della storia, veniamo a sapere che San sone aveva sette trecce. Questa informazione ci suggerisce che lui amava i suoi capelli, li curava, li 1 13
intrecciava ciocca per ciocca. Ma c'è dell'altro: chiunque abbia mai portato i capelli lunghi sa cer tamente quanto sia difficile averne cura senza l'aiuto di un'altra persona. E qui, un istante prima che quelle trecce stupende gli vengano tagliate, i nostri pensieri volano a un'altra donna, alla madre di Sansone che forse, da bambino, lo aiutava a in trecciare i capelli, a pettinarli, a lavarli e, una volta divenuto uomo, ha continuato a farlo quando il fi glio era senza una compagna. Sansone si addormenta. È stanco dopo aver fatto l'amore, oppure qualcosa in lui ha comin ciato a incrinarsi. Ma Dalila non riposa. Lega le trecce dell'amante, le fissa per sicurezza con un chiodo, poi ripete, per la terza volta, «I filistei ti sono addosso». L'eroe si sveglia e con un solo gesto
strappa il chfodo e il liccio. Così, in quello che sulle prime sembrava un gioco d'amore, si stempera a poco a poco una goc cia d'amarezza. Sansone si concede a Dalila, alle sue corde, ai suoi chiodi. È questo il momento di ricor dare che l'intera vicenda è intersecata da lacci e fili. Vi troviamo le corde usate per legare le volpi, le funi nuove degli uomini di Giudea, i nervi freschi e le trecce strette col liccio. Di volta in volta emerge la passione del protagonista di legare ed essere legato, «catturato» persino. E noi, che ci sforziamo di sbro-
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gliare questo groviglio di fili, pensiamo a quante corde sono necessarie a un uomo per rimpiazzare un unico, mal riuscito, cordone ombelicale. Per tre volte Dalila dice «I filistei ti sono addosso Sansone» e per tre volte lui accantona ogni so spetto nei suoi confronti e si presta alla sua traspa rente macchinazione. Ogni volta si rende conto che la donna usa le sue risposte per ingannarlo, ma non si ribella né recrimina.26 Naturalmente non è solo la slealtà di Dalila ad affascinarlo, ma anche l'uomo in agguato nella stanza, l'estraneo perennemente nascosto dietro le quinte che, in un certo senso, deve trovarsi lì per completare, nei recessi della sua anima, la scena fondamentale della sua vita, il momento in cui la sua esistenza è stata letteralmente compro.;. messa quando ancora era nell'utero: madre, fi glio, straniero. E poiché Dalila non desiste, Sansone è «esaspe rato al punto di voler morire» . È questo l'unico passo della Bibbia in cui ci si im batte in una frase simile. Antichi esegeti delle Sacre Scritture hanno attribuito questo stato d'animo di Sansone a Dalila, che «al momento dell'eiacula zione sgusciava via da sotto di lui».27 Non c'è dubbio che un simile espediente perverso avrebbe potuto esasperare chiunque. Eppure, questa frase unica 1 15
nel suo genere, ci induce a cercare un altro motivo all'esacerbazione di Sansone. Forse l'insistenza di lei nel domandare «Donde ti viene tanta forza e in che maniera ti si potrebbe legare per domarti?» ovvero: chi sei ve ramente? qual è il tuo segreto e che uomo saresti senza di esso? - risveglia in Sansone sensazioni mai provate prima. Pur sospettando infatti le motiva zioni della donna, egli vede in Dalila l'unica che gli abbia mai posto la grande e significativa do manda della sua vita; l'unica che abbia saputo chiedergli la cosa giusta, quasi lo esortasse ad affi dare a lei il segreto che si porta dentro e per il quale le altre donne non avevano mostrato alcun interesse, o che forse temevano. Proprio per que sto, nonostante i sentimenti contrastanti e confusi scatenati dal comportamento dell'amante, San sone nutre la fievole speranza che lei potrà otte nere una "risposta" da lui, la soluzione all'enigma che si porta dentro, nel profondo, e che non riesce a risolvere del tutto. Dentro di sé, sotto le montagne di muscoli, una voce gli suggerisce che l'accanimento di Dalila potrà redimere in lui un "io" che non troverà altri menti redenzione e che desidera ardentemente es sere scoperto, donare se stesso, scrollarsi di dosso tutto ciò che lo separa dal mondo, liberarsi dal
peso del mistero, dell'enigma, di quella sua male detta diversità, essere finalmente «come gli altri». E forse, allora, il mistero si chiarirà anche per lui. Abbiamo già osservato l'atmosfera di disagio, di ambiguità, che circonda costantemente Sansone, dovuta allo stridente contrasto tra la sua missione divina, sacra, e il suo carattere terreno, decisa mente "corporeo" (e spesso anche infantile) . A tratti notiamo chiaramente che egli non com prende se stesso, né la missione che gli è stata affi data. Ma è anche possibile - e questa è un 'idea de cisamente inquietante - che fin dall'inizio Dio non volesse che il suo prescelto capisse chi è veramente al di là del ruolo che gli è stato imposto, della mis sione che gli è stata affidata, né quale strumento sia nelle sue mani (e all'improvviso pare che la parola ebraica shimush, «USO», racchiuda la spiegazione segreta del nome Shimshon-Sansone ... ) . Se queste ipotesi corrispondono al vero, il per sonaggio di Sansone si rivela qui in tutta la sua de solazione. È un uomo solo, perennemente tor mentato, schiavo di un Dio che lo ha scelto per una missione - salvare Israele - troppo grande per lui, per il suo carattere e la sua debole personalità. Tutto ciò che riesce a fare è rimanere coinvolto di volta in volta in controversie personali con i nemici di Israele, mettere in pericolo i suoi connazionali 1 17
anziché salvarli; fallire e deludere loro e il Dio che
che per la prima volta in vita sua il nostro eroe non
gli ha affidato la missione.
agisce come uno strumento divino ma in base a un
sica non sia che un enorme apparato muscolare tra
prima volta prova dei sentimenti, ama.
E a questo punto pare che tutta la sua massa fi
sformatosi in colossali porte di ferro - le «porte della città» - destinate a proteggere un nocciolo
fragile, vulnerabile, umano; oppure a impedire che
quel nocciolo, ansioso di essere scoperto, redento, si schiuda e divenga finalmente «come glialtri».
proprio giudizio, al proprio libero arbitrio. Per la
E se questa ipotesi è vera non si può escludere
(ma forse è solo un 'illusione) che Sansone per
metta a Dalila di ingannarlo ripetutamente perché
spera di sbagliarsi; spera che la prossima volta che aprirà gli occhi si ritroverà nella camera con l'a
Ma come può un uomo redimere se stesso? Qual è il modo più naHirale, e desiderabile, con
mata ma senza nessun «uomo nascosto». Un uomo
si riveli, si doni e venga anche accettato?
volta, l'eroe capisce, inesorabilmente e senza illu
In questa frase si trova forse il piccolo, audace, tentativo di ribellione umana di Sansone contro
gno. Il destino impostogli quando ancora era nel
cui dischiudere le porte che lo opprimono, lo soffocano, e permettere che quel nocciolo fragile «Sansone si innamorò poi di una donna.»
che Sansone non ha nemmeno bisogno di vedere per avvertirne la presenza.
Quando però Dalila lo inganna per la terza
sioni, che lei non lo ama; L'unica donna che lui abbia mai amato non gli darà ciò di cui ha più biso
Dio e il suo sfruttamento crudele. Un tentativo de stinato a fallire in partenza, perché Dio non ha
grembo materno lo perseguiterà, non gli darà tre
una donna filistea per compiere la missione che gli
scerà un altro amore.
o una donna «onesta ai suoi occhi».
più di ogni cosa, «al punto di voler morire».
di là del bisogno ossessivo di essere tradito e di spe rimentare un'intimità violata dagli estranei, ecco
Dalila il proprio segreto. E non solo. Le apre «tutto
alcun bisogno che il suo prescelto si innamori di ha affidato. Per questo basterebbe una meretrice,
Ma se il legame con Dalila ha veramente risve gliato in Sansone un sentimento nuovo, che va al
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gua, persino nell'intimità, e lui non vi si potrà ri
bellare e per questo, probabilmente, non cono
E chissà, forse è proprio questo che lo esaspera Con parole semplici, che pare attendano solo
questo momento per sgorgare, Sansone rivela a
il suo cuore»,
kol libò in ebraico. Questa frase è ri119
petuta due volte in due versetti. Ma che cos'è «tutto il suo cuore»? Ecco: «Il rasoio non è mai pas sato sopra il mio capo, essendo io nazireo di Dio fin da che stavo nel grembo di mia madre. Se mi venis sero rasi i capelli perderei tutta la mia forza, mi in debolirei e sarei come gli ajtri». Nell'apprendere il segreto di Sansone, nello scoprire che questo era «tutto il suo cuore», è pos sibile pensare che non solo il segreto contasse per lui ma il fatto stesso di possederlo. In altre parole che quel segreto fosse vitale non solo perché na scondeva la sua debolezza, ma perché lui solo (a eccezione di sua madre) ne era a conoscenza. Era il suo feudo privato, incontaminato dagli estranei, .diversamente dagli altri aspetti della sua vita, che erano di dominio "pubblico". Dalila si accorge subito che questa volta San sone non si sta prendendo gioco di lei. Chiama i capi dei filistei e li informa di ciò che ha appreso. Anche loro, dal tono della sua voce, capiscono di avere in pugno l'acerrimo nemico e le consegnano la somma pattuita. Naturalmente questo è un momento cruciale anche per la donna. Non c'è dubbio infatti che quando i capi dei filistei le avevano detto: «Cerca, con le tue lusinghe, di scoprire in che consista la sua grande forza», lei avesse percepito nelle loro 120
voci una nota di sfida e si fosse sentita chiamata a dimostrare il suo potere di seduzione. Ma quanto più Sansone riesce a resistere alle sue lusinghe, tanto più quel potere viene messo in discussione e forse, per la prima volta in vita sua, lei giunge a du bitare delle sue arti femminili. Anche i capi dei fili stei di certo q>minciano a domandarsi il perché del ritardo, e così pure l'uomo in agguato nella stanza, testimone dei suoi ripetuti fallimenti, che le lancia sguardi eloquenti. Non è difficile quindi supporre che il gioco erotico della coppia si sia fatto via via più carico di tensione e gli insuccessi di Dalila abbiano acquisito un significato personale ai suoi occhi. Così, se dopo i primi due tentativi lei si rivolge a Sansone con sorprendente compostezza, tanto da poter quasi vedere le sue labbra compunte, con tratte con collera mentre esclama: «1'i sei burlato di me, mi hai raccontato delle menzogne», ecco che al terzo tentativo prorompe in una sorta di ge mito profondo, femminile: «Come osi dire che mi ami e il tuo cuore non è con me?». Assale l'amante con rabbia e umiliazione, cogliendo, forse incon sapevolmente, il senso della sua estraniazione, non solo da lei: «il tuo cuore non è con me [ ... ] ». Ed è probabilmente questa la frase che conti nua a ripetergli, scavando nella ferita profonda 121
della sua diversità, facendola echeggiare nel bara· tro spalancato tra {
Quando arrivano i capi dei filistei Sansone dorme, «fatto addotmentare» da Dalila «sopra le sue gi nocch ia». Abbiamo già accennato al fatto che un attimo prima che Dalila gli tagli i capelli Sanson e appare come un neonato, rannicchiato in una po sizione quasi fetale in grembo alla "mamma". I suoi occhi sono chiusi, ma: sotto le palpebre si dipanano forse ricordi e visioni in una lunga e tur bolenta sequela che lui ripercorre passo per passo, 122
fino a giungere al momento in cui tutto ebbe ini zio, e tutto cominciò a guastarsi: madre, figlio, tra dimento. Lì, forse, potremo trovare una risposta alla do manda che ci siamo posti in precedenza: perché Sansone si ostina a rivivere il momento più deva stante della sua vita? L'attimo che gli ha avvelenato l'esistenza fin dal principio? In altre parole, perché gli esseri umani tendono a ripetere le loro espe rienze più distruttive, quasi fossero condannati a farlo, ricostruendo nel corso della vita relazioni sbagliate o situazioni problematiche che risve gliano in loro le sensazioni più terribili e deleterie? Forse perché quando provano un senso di of fesa, di alienazione e di incomprensione, gli esseri umani si sentono veramente "se stessi", com'erano all'inizio della loro esistenza. Allora sono stati ab bracciati, circondati dal calore e dall'amore, cul lati dolcemente contro il petto o sulle ginocchia finché si sono addormentati. Ma forse, proprio al lora, hanno subito anche la prima ferita, seppur in volontaria, che li ha segnati nel profondo, susci tando in loro una sorta di malessere esistenziale, l'amara consapevolezza di essere creature acciden tali ed estranee, in un certo senso, persino all'in te�o della propria biografia intima e personale. E stato allora che la madre di Sansone ha pro123
nunciato le terribili parole «fino .al giorno della sua morte» o un'altra frase micidiale che i genitori pronunciano, talvolta senza riflettere, a proposito dei loro figli e che rimane scolpita dentro di essi per tutta la vita come una condanna. Probabil mente per questo Sansone sente il bisogno di rivi vere il momento del dramma torbido e fondamen tale della sua vita. Per qualche strano motivo, rivi vendo quel dramma, l'eroe prova l'ardente sensa zione di essere vivo, per quanto la ferita torni a bru ciare. E anche in noi, in tutti noi, si annida la con sapevolezza di essere, in fin dei conti, creature di stinte e separate dagli altri, esseri misteriosi e per sino "straordinari" agli occhi del prossimo - e forse anche ai nostri - e per questo infinitamente soli. Sansone dorme, è sfinito. Probabilmente si sente sollevato, dopo essersi liberato dal peso del segreto, di non essere più costretto a tendere i mu scoli per difenderlo. Il suo viaggio è terminato. Ora può essere uguale agli altri uomini. «Perderei tutta la mia forza» ha rivelato un istante prima a Dalila «mi indebolirei e sarei come gli altri.» Quando Dalila lo aveva legato precedentemente, lui le aveva detto due volte che se avesse perso le proprie forze sarebbe stato «Come un uomo qua lunque», quasi volesse inconsciamente serbare an cora una sua peculiarità. Ora rinuncia anche a que124
sta aspirazione, le rivela che sarà «Come gli altri »e assapora per la primavolta quelle parole. E forse non è veramente una malattia essere «come gli altri» . È dò che Sansone, in cuor suÒ, ha sempre desi derato. E così scrive la poetessa Leah Goldberg: [ ] E anch 'egliforse ignorava la sua condanna a nazfreo, a sognatore, ..•
e semplice soluzione a ogni enigm a era in petto il suofrag;i,le cuore. 2s
Dalila chiama rinforzi: «un uomo» (quasi certamen te colui che era in agguato nella stanza) . Alla fine però è lei a recidere le sette trecce di Sansone. Forse per evitargli l'umiliazione di essere rasato da un estra neo, anche se, così facendo, lo umilia probabilmente an cora di più. Oppure ha scelto di separarsi da lui con centrando in un unico gesto i sentimenti che c'era no fra loro. A migliaia di anni di distanza poss iamo im maginare l'espressione di Dalila men tre gli tagli a le trecce, un gesto che evoca un contatto eroti co da un lato e un'evirazione simbolica dall'altro. O forse invece lei sorride, sorniona, per essere finalmen te riuscita a dimostrare le sue capacità di seduzion e. 125
Sansone ha già perso le forze ma ancora dorme, ignaro. Lei riprende a tormentarlo. Per la quarta volta dice: «I filistei ti sono addosso». Lui si sveglia e pensa fra sé: «Riuscirò anche questa volta a disfar mene». Tende i muscoli ma scopre che «il Signore si era ritirato da lui». I suoi nemici non perdono tempo, gli cavano gli occhi. Quegli occhi vigili, fiammeggianti, avidi, in quieti. «Sansone seguiva i suoi occhi» hanno scritto gli antichi saggi «per questo i filistei glieli hanno cavati.»29 Così come lui ha divelto le porte di Gaza, ora i filistei gli strappano le porte dell'a nima; Cosa prova in quel momento? Si può sup porre non solo dolore fisico, rabbia e delusione per il tradimento dell'amata, ma anche una sensa zione mai percepita prima, da quando lo spirito del Signore aveva comin�iato a vibrare in lui. La sua forza proverbiale è svanita. Il corpo non gli ub bidisce più. Anch'esso gli è estraneo, lo ha tradito.
Cieco, legato con due catene di bronzo, Sansone viene tradotto in carcere, a Gaza, e condannato a girare una macina. E mentre gira in cerchi inter minabili, chino su se stesso, vede forse qualcosa che non poteva riconoscere quando ancora posse deva il lume degli occhi: l'intero percorso della sua 126
vita,. il destino che lo ha tormentato senza alcuna possibilità di scelta; di appello, né di pace. Gira la macina, non ha più segreti, non pos siede più una forza sovrumana, non è più circon dato'da un alone di gloria. Alla fine dei suoi giorni impara a conoscere i limiti della propria forza e forse anche la vera indipendenza, affrancata dal soffio dello «spirito di Dio» tirannico e burrascoso. A tratti riesce ad assaporare un aspetto più sem plice di sé, sopportabile, sostanzialmente \Imano, che gliera stato negato ancor prima di nascere. E non è nemmeno da escludere che Sansone provi sollievo per essersi liberato dal peso di quelle sette trecce che non erano mai state recise e che gli ricadevano come una cascata intorno al viso e al corpo, creando indubbiamente una sorta di cor tina che accresceva la sua distanza dal mondo cir costante.
Così trascorrono i giorni. I capelli ricominciano a crescere e insieme a essi torna la forza. La Bibbia narra che l'eroe era impegnato a «macinare» ben ché quel lavoro presentasse probabilmente aspetti diversi. Il verbo ebraico takhan, «macinare», è in fatti talvolta usato in un'accezione erotica, come nel Libro di Giobbe: «Macini per un altro mia mo127
glie e su di lei si curvino altri»/30 e �osì Pu�e el � . gergo israeliano moderno e volgare. E qumd1 all � rigine delle leggende che si diffusero sul modo m cui Sansone trascorse gli ultimi giorni. Il Talmud racconta che «ognuno gli portava al carcere la pro pria moglie perché la in?'ravidasse».31 9-�esta pos sibilità, piccante a un pnmo sguardo, s1 nvela ben presto una nuova tortura per l'eroe, un modo per umiliarlo, trasformandolo in una bestia da monta. In fin dei conti è un ennesimo esempio - estremo, rozzo e crudele - della grande maledizione della sua vita, della sua diversità. Un giorno i filistei lo conducono dava� ti a un� folla esultante. I loro capi si sono radunati per eri gere un grande altare agli dei e ringrazia�e Dagon. Sansone si trova di fronte a quel pubblico che lo guarda meravigliato. An·che nella rovina app�re . come un titano e i filistei inneggiano ancor pm a Dagon che lo ha sconfitto. . . . Dopo essersi saziati della sua vista, gh aguzzm1 lo riconducono in carcere e i festeggiamenti pro seguono. Poi, rallegrati dal vino, i convitati vo gliono che il prigioniero torni a trastullarli. �an sone viene allora ricondotto dal carcere perche co minci «a divertirli». C'è chi interpreta anche que sto episodio in chiave ero�ica �acc�é l� �adice d�1 verbo ebraico tzakhak, «divertire», e utilizzata pm.
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di una volta nella Bibbia per descrivere l'atto ses suale. 32 Non c'è dubbio comunque che Sansone sia stato umiliato e ingiuriato dai filistei in festa. Egli ode le grida di giubilo ma non vede nulla, unico ebreo fra tremila filistei, uomini e donne «che assistevano ai giochi di Sansone ». Al suo fianco c'è solo un ragazzino, che lo tiene per m;ano e lo guida. A un tratto l'eroe si ritrova tra le colonne portanti della casa e, combattente irriducibile, co glie subito l'occasione che gli si presenta. Chiede al ragazzo di posargli le mani contro le colonne. Perché «mi ci appoggi» dice usando un verbo inso lito in ebraico, hamisheni, dalla sfumatura carezze vole, calda e concreta, in contrasto con l'azione raccapricciante che sta per compiere. Il ragazzo fa come gli viene ordinato, le dita di Sansone toccano il mondo per l'ultima volta, si accomiatano dal senso del tatto, così carico di significati per lui, ri portandogli forse alla memoria tutto ciò che ha toccato: gli uomini, le donne, il leone, le volpi, il miele, le funi, la roccia, la mascella d'asino, la sor gente, la meretrice, le porte di Gaza, Dalila. «O Signore Iddio» invoca Sansone con il cuore pieno di amarezza «ricordati ti prego di me e dammi forza ancora questa volta affinché mi ven dichi finalmente dei filistei per la perdita dei miei occhi, o Dio.» È la supplica agghiacciante di un 129
che ha ca uomo che sa che Dio lo ha abbandonato, la quale pito di aver fallito la grande missione per to mo ques In so. era stato crea to, di avere delu nte, pare mento, ripetendo il nome dell'Onnipote cia nel suo che Sansone voglia aprir e una brec onal e e pers cuor e alla ricerca di una divinità più lo ha preso intima, del Dio che lo ha prescelto, che lui na che a sotto la sua protezione ancor prim per tutta la scesse e il cui spirito ha vibrato in lui asco lterà vita. Natu ralm ente , non sa se il Signore alla rupe di la sua preg hiera come era succ esso di mor ire di Eitam , quan do era stato sul punt o ente il mo pres sete. Dop otutto ha anco ra ben e ques ta mento in cui aveva detto: «Riuscirò anch Dali la gli volta a disfarmene», per poi scoprire che forze e lo aveva rasato il capo, lo aveva privato delle t spirito del Signore si era ri lrato da lui. ne e spe Con un misto di incertezza, disperazio maestre ranza, Sansone si appoggia alle «colonne «contro su cui si reggeva l'edi ficio », puntando tro». sinis il a l'una il braccio destro e cont ro l'altr ento, un Cosa gli passa nella men te in quel mom colonne le con atto istante prima di morire? Il cont tori, di suo gli restituisce il ricordo dei suoi geni nne ramm a padre e di sua madre, e l'antico, pere un padr e e te rico di non aver mai avuto vera men com prenuna mad re? Rimane fulm inato dalla
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sione straziante di essersi sempre trovato fra due entità metaforiche fra cui anelava stare e che
avrebbe voluto abbracciare senza la presenza di estranei: le colonne di questa casa, due volpi con
una fiaccola ardente nel mezzo, i battenti delle portè di Gaza? Sansone muore all'interno di un.a casa, bayitin ebraico. Lui, che fin dalla nascita era stato esiliato da ogni dimora, anche dal grembo materno, che era stato espropriato di una vita propria, che non
àveva mai avuto un posto che potesse chiamare suo
e non si era mai sentito patte di qualcosa, né del suo popolo né di quello verso il quale la sua anima e i suoi istinti lo avevano condotto; lui che aveva cono
sciuto molte donne ma non aveva mai avuto un fi glio suo e il cui cordone ombelicale era statO all'apparenza reciso a entrambe le estremità, ora si trova
. fra le due colonne su cui poggia- in ebraico nachon ....: la casa. Ma nachon significa anche «giusto»: alla fine, per ironia, bayit nachon, una «Casa giusta», «O Signore Iddio» invoca, cieco, «ricordati ti prego di me e dammi forza ancora questa volta
[ . . ] . » Poi spinge con vigore le colonne e mentre .
quelle cominciano a incrinarsi e a muoversi, San sone capisce che Dio non lo ha abbandonato. L' e dificio crolla sui capi dei filistei e su tutto il popolo. «Sicché quelli che fece perire, erano più numerosi
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·
di quanti ne aveva uccisi in vita sua.» E noi, alla luce di quanto avviene ai giorni nostri, non possiamo fare a meno di pensare che lui sia stato, in un certo senso, il primo kamikaze della storia. 33 Benché le circostanze del suo atto differiscano da quelle del moderno Israele, non è da escludere che il fatto stesso di averlo compiuto abbia aperto nella co scienza umana la possibilità di perpetrare la ven detta mediante il massacro di innocenti; un me todo perfezionatosi negli ultimi anni. Dopo la sua morte Sansone viene finalmente ri portato a casa. «Allora vennero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre a prenderne la salma e la por tarono a seppellire nel sepolcro di suo padre Ma noah, tra Zorah ed Eshtaol. » Non si sa se «i suoi fra telli» fossero quelli nati ai suoi genitori dopo di lui, oppure dei parenti, o anche solo i membri della sua tribù. Sembra però che tutta la famiglia ora gli si stringa intorno. Con tenerezza e commozione quegli uomini scendono in pianura, prendono il suo corpo e lo trasportano per seppellirlo nel luogo in cui finalmente troverà la giusta pace. Sansone tace. Per un istante regna il silenzio e in noi nasce una riflessione: forse non è un caso che gli esegeti della Bibbia abbiano ritenuto che vi fosse un nesso tra il verbo ebraico lefaem, «pulsare, vibrare», e paamon, «campana», e descrivano il 132
mod o in cui la Shkhinà, lo spirito divino, «batt eva le ali dinanzi a Sansone come una campana» .M Pare infatti che d'un tratto la campana che rinto c cava nel momento in cui lo spirito del Signore in vestiva Sansone si sia zittita. L'eroe era una sorta di campana gigan tesca che Dio percuoteva a piaci mento producendo un insieme di suoni stran i che a tratti ricordavano la melodia di un artista ma per lo più erano un'accozzaglia di note stridenti e vio lente . Una campana triste, scossa sempre con forza, il cui tintinnio si ampliava ed echeggiav a dalla tribù di Dan fino alle città dei filistei. Ma prima che quella campana si chetasse, nel momento rimasto così vivamente impresso nella mem oria, nella coscienza, nel mito e nell' arte, Sansone si è puntato contro le due colonne por tanti, le ha abbattute e ha distrutto la casa, i filiste i e se stesso. E come per tutte le sue spettacola ri im prese anche quell 'istante si è distillato in un'u nica frase, chiara e tagliente: Muoia io, così come ho vis suto tutta la vita. Abbandonato e solo in mezz oa estranei che cercano di ferirmi, di umiliarm i, di tradirmi. Muoia io con tutti i filistei.
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Note
I. La Bibbia, naturalmente, presenta la storia di San sone come un «dramma del destino», e non come un «dramma della personalità», Il modo in cui sono raffigurati i personaggi, e in particolare San sone, non può però non sollecitare l'attenzione del lettore moderno - forte delle cognizioni e della sensibilità garantitegli dalla nostra epoca sui punti di incontro e di scontro tra «il destino» e «la personalità». Inoltre, quanto più la storia si dipana, tanto più si chiarisce che forse proprio il temperamento di Sansone gli impedisce di realiz zare il destino deciso per lui. 2. Il lettore può trovare una bibliografia dettagliata di tutte le fonti menzionate dopo le note.
3. Talmud Babilonese, Trattato di Berachot (delle Benedizioni) , 61a.
4. Yair Zakovitch, nel suo libro sulla vita di Sansone (p. 49) , rileva che in questa occasione Manoah si riferisce alla moglie come a «questa donna», un
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appellativo che indica estraniamento e forse sospetto. Anche Adamo aveva preso le distanze da Eva dopo aver mangiato il frutto proibito. «È stata la donna che mi hai dato per compagna a presen tarmi il frutto dell'albero e io ne ho mangiato» (Genesi, 3,1 2) . A questo proposito rileviamo che lo storico Giuseppe Flavio sostiene che Manoah «era pazzamente innamorato di sua moglie e
è possibile che la forma ebraica del complemento di moto a luogo, come per Yerushalayma - a Geru salemme - si sia imposta quale denominazioq:e del luogo stesso. 1 2. Nei testi ebraici si riscontra un atteggiamento ambi
valente verso il nazireato. Alcuni ravvisano in que sto fenomeno un alto grado di spiritualità al quale non tutti possono giungere, come per esempio il profeta A1nos - «E. tra i vostri figli suscitai dei pro
[smodatamente] geloso» (Antichità gi,udaiche, Libro V, VIII, 2, p. 326) . 5. Zakovitch (p. 70) puntualizza che alla scelta del nome «Sansone» non viene data nessuna spiega zione, cosa assai insolita nella Bibbia. Lo attribui sce al fatto che il narratore biblico abbia cercato di
feti e
naggio. 7. Giuseppe Flavio, Antichità gi,udaiche, Libro V, VIII, 4, p. 327. 8. Talmud Babilonese, Sotah, lOa. 9. Talmud Palestinese, Sotah, 7b. 10. Zohar I, 194a. 1 1 . Il nome della città è probabilmente Timna (vedi
Giosuè, 15,10 e II Cronache, 28,18; sebbene in
Giosuè, 19,43 appaia anche il nome Timnata) ma 138
giovani dei nazirei» (A1nos, 2,1 1 )
-
I la) . C'è invece chi considera peccato l'ascetismo e il distacco da quanto la vita ci offre, come nel caso del rabbino Shimon Bar Yokhay (Talmud Palesti nese, Nazir, 8a) , del talmudista Shmuel e del rab
evitare il legame tra Shimshon, «Sansone», e la parola shemesh, «sole», un legame che giustifiche rebbe una visione pagan� e mitologica del perso
6. Talmud Babilonese, Sotah, lOa.
tra i vostri
e il rabbino Elazar nel Talmud Babilonese (Tàanit,
bino Elazar Hakappar, contemporaneo di Yehudà HaNassì, compilatore della Mishnà (Talmud Babi lonese, Tàanit, I la) . 13. l Samuele, IS,19. 14.
È interessante notare, a questo proposito, la teoria esposta dall'archeologo Yigael Yadin nel suo arti colo And Dan, Why Did He R.emain in Ships? secondo la quale esisterebbe un legame tra la tribù di Dan e i danei, un popolo gentile giunto dal mare. Non
fu infatti faine al clan di Dan conquistarsi una posizione
tra
quelli di Israele ed essere ricono
sciuto come uno di essi. 139
15. Genesi, 49,16. 16. I Re, 10,27.
testi 17. Secondo l'interpretazione dello studioso di
m: rabbinici del Diciannovesimo secolo Malbi gliava germo cui in o temp «Probabilmente era il ne l'uva e arrivando al sentiero delle vigne Sanso o: seguì la. via traversa poiché si è detto al nazire "Alla vigna non ti avvicinerai"».
svi 18. Le api, com'è noto, hanno un olfatto molto inse luppato. Si può quindi dedurre che si siano pro il che diate nella carcassa del leone solo dopo
to e cesso di decomposizione fosse stato ultima l'i za raffor o Quest tro. fosse rimasto solo lo schele
di San potesi che fosse passato un anno tra la lotta ata. Si sone contro il leone e il suo ritorno a Timn 58. p. veda il libro di Haim Shmueli,
19. La scrittrice Linda Grant, nel suo articolo ]ews Behaving Badly, parla di Sansone in relazione al
da Golem di Praga. Il Golem, secondo una leggen ral di ebraica, fu plasmato con l'argilla dal Maha Ben Liva ehuda Y o Praga (appellativo del rabbin com Betzalel, vissuto nel Sedicesimo secolo) per ral gli battere chi odiava gli ebrei. Allorché il Maha il scritto era cui infilava in bocca un biglietto su
gli nome di Dio, il Golem si animava ed eseguiva di elismo parall al base In ordini del suo creatore. to bigliet Linda Grant è possibile considerare quel
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con il nome di Dio una sorta di concretizzazione dello «spirito divino» che vibrava in Sansone.
20. Genesi, 2,24. 21. L'idea del bisogno ossessivo di Sansone di essere t:z:adito dalle donne è stata suggerita e discussa in modo approfondito dal dottor Ilan Kutz, psichia tra, che in un articolo sul «complesso di Sansone» analizza il «disturbo comportamentale» dell'eroe biblico. Secondo Kutz «il punto focale di questo disturbo è da ricercarsi nel bisogno inconsapevole . di rivivere, con il pensiero e con i fatti, la sensa zione del tradimento. Una sensazione a cui si accompagnano accessi d 'ira distruttiva, rivolta verso gli altri ma, in ultima analisi, verso se stesso e la sua tormentata personalità». Kutz argomenta che il comportamento problematico della madre è all'origine del disturbo psichico di Sansone: «Sia qualora accettassimo l 'identità dello straniero come angelo inviato da Dio o, più prosaicamente, sospettassimo che sussistessero dei problemi nel rapporto tra i genitori, non è da escludere che maldicenze e malignità circondassero la nascita di Sansone, avvenuta in circostanze tanto singolari.
È
possibile [ .. ] che intorno a questa nascita aleg .
giasse un profondo imbarazzo, provocato dal com portamento di sua madre e dall'oscura identità (biologica o emotiva) del padre» (pp. 123-124) .
141
ne poeta, p. 57. 22. Rainer Maria Rilke, Lettere a un gi,(J(}a 23. II Cronache, 11,6 . tazioni di 24. Un'esauriente rassegna delle rappresen sì trova Sansone nell'arte e nella cultura mondiale
nel libro di Oavid Fishelov. rticolo di Ilan 25. Si veda la nota 20 a p. 134 dell'a Kutz. tiva dell'e26. Kutz. sottòlinea la tendenza autodistrut te a un roe: «Sostanzialmente ci si trova di fron o concluso patto distruttivo, non scritto e nemmen naggi, perso due a voce ma molto concreto tra i danza di Sansone e Dalila, che piroettano in una tamente e morte. Dalila conduce Sansone - aper o fatale, consapevolmente - sulla via del tradiment - segreta benché sia lui a manovrarla e a istruirla minuetto quel in mente e inconsapevolmente one, con suicida. Si può persino sostenere che Sans osservato il suo strano comportamento, abbia mor ballo attentamente la partner durante quel propria tale prima di affidarle l'esecuzione della condanna a morte» (p. 130) .
32. Per esempio nelle parole della ,m�glie di Putifar, che denuncia Giuseppe: «[ ... ] chiamò la gente di casa e disse loro: "Vedete, ci ha messo in casa
un
ebreo per divertirsi con noi [ l.etzahek banu] , è venuto da me per giacere con me"» (Genesi, 39,14) . 33. Il rabbino Saadia HaGaon, in The Book of Beliefs
and opinions (Trattato 10, capitolo 13, pp. 390392), punta il dito sullo scempio che la sete di ven detta opera nell'anima di chi ne è ossessionato e sui danni che subiscono le vittime, portando come esempio di vendetta estrema e devastante l'ultimo atto di Sansone. Nelle Sacre Scritture, tuttavia, non c'è condanna di tale atto malgrado la violenza di Sansone venga talvolta biasimata. 34. Talmud Babilonese, Sotah, 9b.
27. Talmud Babilonese, Sotah, 9b. one», nella 28. Leah Goldberg, da «L'amore di Sans 112. raccolta cli poesie, Barak Ba-Baker, p. 29. Talmud Palestinese, Sotah, 7a. 30. Giobbe, 31,10 .
31. Talmud Babilonese, Sotah, lOa.
142
143
Bibliografia
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Hayei Shimshon [La vita di Sansone],
Gerusalemme, 1982. La traduzione italiana della Bibbia è fondamental mente quella stabilita dalle Edizioni Paoline (Roma, 1968), con alcune modifiche apportate per rendere
più fedelmente l'originale ebraico . Un'edizione italiana completa del Talmud ancora . non esiste, pertanto la traduzione delle citazioni pre senti nel testo è della traduttrice.
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Ringraziamenti
I miei ringraziamenti vanno a: Rivka Miryam e Yehudah Ben David,
miei compagni di studi biblici, al dottor Yehudah Dagan, archeologo, e ad Amos Yinon.
Indice
Introduzione
5
Dal Libro dei Giudici
9
Il miele del leone
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Note
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Bibliografia
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Ringraziamenti
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Finito di stampare nel mese di ottobre 2005 presso il Nuovo Istituto Italiano d'Arti Grafiche - Bergamo Printed in Italy