«Magnifico, divertente, affascinante. » Oliver Sacks
Stuart Sutherland
Perché la nostra mente ci inganna e come possiamo evitarlo
«Avvincente e scritto in modo straordinario! " Richard Dawkins «Superbo! Questo è il libro che ogni uomo pensante dovrebbe tenere sul comodino.,. Ben Goldacre, autore di «La cattiva scienza » «Con buona pace di Aristotele, è possibile affermare che tra gli uomini i comportamenti irrazionali costituiscono la norma, non l'eccezione. Per dimostrarlo, ho raccolto molti, sconcertanti esempi di irrazionalità attinti dalla vita di ogni giorno e dalle più svariate sfere professionali, dai quali emerge che le decisioni dei medici, dei genera li, degli ingegneri, dei giudici, degli imprenditori e così via non sono affatto più razionali di quelle prese da voi o da me, sebbene i loro effetti siano spesso ben più disastrosi.", Stuart Sutherland
www.Lind::au.it
Titolo originale: lmllkmality
Traduzione dall'inglese di Lucilla Congiu
Copertina di Enzo Carena e Thc estate of Stuart Sutherland 1992, 2007 Published by Pinter & Martin Ltd 2001 AlI rights reserved
e 2010 Lindau s.r.l. corso Re Umberto 37· 10128 Torino
Prima edizione: maggio 2010 ISBN 978-88-7180-864-2
\
Stuart Sutherland
IRRAZIONALITÀ Perché la nostra mente ci inganna e come possiamo evitarlo
-
•
RINGRAZIAMENTI
Sono grato a Nicllolas Bagnall, Colin Fisher e Phil 10hnson-lAird per i loro preziosi commenti alle bozze del manoscritto. Sono profondamente in debito con ,II/in Pllrcell, sin per le sue osservazioni che per il SIlO incoraggiamento. Ringrazio le mie figlie Gay e ,ulia Sutherland per avermi aiutato a redigere /'indice analitico e le note. Sono particolarmente riconoscente alla mia segretaria, AmI Doidge, per la rapidità, l'accuratezza e lo pazienza con cui ha trascritto al computer le successive stesure di questo lavoro, nonché per lo sua abilità nell'interpretare lo mia calligrafia, sl/periore perfino alla mia. Ringrazio inoltre la Cambridge University Press e David Eddy per avermi dato il permesso di riprodurre le tabelle 3 e 4.
Prefazione
Con buona pace di Aristotele, è possibile affermare che tra gli uomini i comportamenti irrazionali costituiscono la nonna, non l'eccezione. Per dimostrarlo, ho raccolto molti. sconcertanti esempi di irrazionalità attinti dalla vita di ogni giorno e dalle più svariate sfere professionali, dai quali emerge che le decisioni dei medici, dei generali, degli ingegneri, dei giudici, degli imprenditori e così via non sono affatto più razionali di quelle preSE da voi o da me, SEbbene i loro effetti siano spesso ben più disastrosi. Ma la vera prova del prevalere dell'irrazionalità viene dall'impressionante numero di studi condotti in materia dagli psic~ logi negli ultimi decenni. Eppure le loro scoperte - a differenza di quelle dei cosmologi - sono tuttora scarsamente note al grande pubblico. Per quanto mi riguarda, benché non mi sia occupato direttamente di quest'argomento, sono rimasto affascinato dall'ingegnosità dei loro esperimenti e dalla luce che essi gettano sui complessi meccanismi della mente umana. Questo Libro costituisce una sintesi organica dei molteplici fattori che, com'è emerso da tali studi, sono alla base dei comportamenti irrazionali, tra cui le distorsioni del giudizio di origine sociale ed emotiva, come pure le tante aberrazioni del pensiero generate da errori quali il non tener conto dei casi negativi o il farsi influenzare troppo dalla prima cosa che ci viene in mente. Molti dei risultati di tali esperimenti sono così sconcertanti che la fiducia del lettore può essere messa realmente a dura prova: quasi tutti, però, sono stati riprodotti più volte. Per scoraggiare gli scettici, ho preparato un elen-
8
IRRAZIONALITÀ
co decisamente impressionante di fonti, destinato soltanto a coloro che non credono che io dica il vero o desiderano approfondire più dettagliatamente alcuni temi specifici. Ho tentato di rendere accessibili al profano contenuti spesso difficili da recepire nella forma in cui sono esposti nelle riviste tecniche; per lo più ho evitato di utilizzare concetti matematici e statistici, ma sono stato costretto a introdume e spiegame alcuni - i più elementari - verso la fine del libro. Questo non è un libro fai-da-te per imparare a pensare, tuttavia mi sono permesso di inserire alcuni spunti in questo senso alla fine dei vari capitoli; seguendoli, i lettori potranno scoprire come evitare qualcuna delle tante trappole che insidiano costantemente i loro processi mentali, sempre ammesso che siano già abbastanza razionali da desiderare di esserlo di più. Un intento realmente lodevole, se c'è del vero in queste parole di Oscar Wilde: «Non esiste altro peccato che la stupidità». Se Wilde ha ragione, l'irrazionalità è un argomento troppo importante per poterne parlare seriamente ': una massima alla quale, di tanto in tanto, anch'io mi sono attenuto. Sebbene non mi consideri affatto più razionale di chiunque altro. invito i lettori a non segnalarmi gli eventuali errori che sc0prissero in questo libro: è stato già abbastanza difficile sintetizzare la voluminosa letteratura sull'irrazionalità per sopportare di sentirsi dire che il prodotto finale è esso stesso irrazionale. Nel decidere quale pronome generico impiegare, mi sono tr0vato di fronte a un dilemma: l'uso dei pronomi maschili avrebbe potuto offendere le femministe. ma dal momento che, nella quasi totalità dei casi, essi sono utilizzati per designare persone che agiscono irrazionalmente, ho deciso che era più sicuro usare il maschile: il lettore è autorizzato a dedurne che considero le donne più razionali degli uomini. Infine, desidero salutare tutti coloro di cui ho letteralmente saccheggiato le opere: il mio debito verso di loro è esplicitamente riconosciuto nelle note che ho inserito alla fine del libro.
Stuar! Sutllerla"d ~
Sussex University, agosto 1992
PR.Ef.... ZIONE
,
' L'autore parafrasa un'altra massima di Oscar Wilde, .. Vivere è una cosa troppo importante per poteme parlare seriamente .. , tratta da Il vm taglio di Lndy Willd(17ltl'Tl', alludendo allo stile ironico adottato a tratti nel libro. La precedente citazione, invece, è tratta da ti critico come artista (N.d.T.].
Introduzione
Nel complesso, la razionalità ha sempre goduto di buona stampa. Già Amleto dichiarava: ..Che capolavoro è l'uomo! Quanto è nobile nella sua ragione!» L. E Thomas Huxley, fervente apostolo del razionalismo, andava ancora oltre: ..Se un qualche grande Potere acconsentisse a farmi sempre pensare ciò che è vero e fare ciò che è giusto, a condizione che venissi trasformato in una sorta di orologio e caricato ogni mattina prima di alzarmi dal letto, accetterei immediatamente )' offerta» l, Che la razionalità sia o meno un dono cosi prezioso come lo riteneva Huxley, è certo che le persone, se mai la manifestano, lo fanno solo sporadicamente. Pensate, ad esempio, a come rispondereste alle seguenti domande: «Che cos'è più probabile? Che una madre con gli occhi azzurri abbia una figlia con gli occhi azzurri o viceversa?» «Sono di più le parole che iniziano con la lettera "k" o quelle dove la "k" compare al terzo posto?» «Un colloquio è un metodo di selezione valido?» ((Sapendo che il fumo decuplica il rischio di cancro ai polmoni e raddoppia quello di malattie cardiache mortali, sono di più i fumatori che muoiono di tumore polmonare o di gravi cardiopatie?» «Vi considerate guidatori migliori della media? .. «Vi lascereste persuadere a infliggere scosse potenzialmente letali a qualcuno nell'ambito di un esperimento psicologico?» «Muoiono più persone d 'infarto o di incidenti ?» «Che cosa è più pericoloso: andare in bicicletta o fare un giro su una ruota panoramica?» ,(Prendete due reparti-maternità, di cui uno con una media di 45
12
IRRltZIONItUTA
nascite al giorno e l'altro di 15: in quale dei due è più probabile che il 60% dei bambini nati in un certo giorno siano maschi? .. ,, ~ sempre vantaggioso ricompensare le persone per aver eseguito bene un incarico?». A meno che non siate stati messi in guardia dal titolo di questo libro, è probabile che alcune delle risposte che avete dato a queste semplici domande siano irrazionali, come peraltro lo sono state anche alcune delle mie la prima volta che me le sono trovate di fronte. Inoltre, se avete risposto a tutte siete certamente irrazionali, perché alcune di esse non contengono informazioni sufficienti per fornire una risposta: l'incapacità di sospendere il giudizio, infatti, è una delle più diffuse forme di irrazionalità. La cultura occidentale - a partire da Aristotele, che definiva l'uomo «un animale ragionevole» - è sostanzialmente incline a credere che tutti o quasi, a meno che non siano dementi, siano al· meno in gran parte razionali. Ovviamente i nostri amici e con~ scenti lo sono meno di noi, ma nel complesso anch'essi si p0ssono ritenere tali. Non sempre, però, l'Occidente ha abbracciato queste convinzioni, men che meno l'Oriente, dove prevale tutt~ ra il pensiero mistico. È vero, le opinioni di Aristotele erano quel· le ufficiali del mondo classico, ma nel Medioevo la fiducia nella ragione umana venne largamente meno, lasciando il posto all'i· dea che le persone debbano agire sulla base della fede, e forse, ma in misura minore, delle emozioni. Fu Cartesio a riportare in auge la tesi secondo la quale l' uomo è - o dovrebbe essere - una crea· tura razionale, ossia capace di operare secondo le evidenze forni· tegli dai sensi e la propria capacità di ragionamento: una tesi che diede origine alla tradizione umanistica tuttora dominante. L'u~ mo non ha bisogno di ispirazione divina: la sua ragione basta a se stessa. Fino a poco tempo fa, i filosofi, gli psicologi e gli econ~ misti davano per scontato che gli uomini agissero per lo più in base a criteri razionali. il grande filosofo Gilbert Ryle ha affermato: "Lasciamo pure che lo psicologo ci spieghi perché ci facciamo trarre in inganno: possiamo sempre replicare, a noi stessi come a lui, che non è ve-ro» l, In altre parole, egli riteneva che la razionalità fosse la nor·
INTRODUZIONE
IJ
ma, o, se preferite, una realtà indiscussa: credeva infatti che solo le azioni che si discostano da essa necessitino di essere spiegate. Ryle conduceva una vita claustrale al Magdalen College di Oxford, un contesto in cui forse non è troppo difficile agire razionalmente, ma anche Sigmund Freud, che pure, a Vienna, non interagiva con accademici esangui, bensì con pazienti nevrotici e con colleghi spesso altrettanto nevrotici, condivideva l'approccio di Ryle. Freud partiva dal presupposto che i comportamenti razionali siano la norma: perciò tentava di spiegare solo le azioni irrazionali, soprattutto i sogni, i sintomi nevrotici e i lapsus linguae. Le sue spiegazioni sono un tentativo di dimostrare che, una volta compresi i processi inconsci soggiacenti alle nostre azioni, in particolare il conflitto tra la libido e il super-io, tutti questi comportamenti apparentemente irrazionali si rivelano in realtà razionali: rendono infatti possibile, sia pure in forma camuffata, il soddisfacimento della libido. I meccanismi di difesa che occultano al super-io l'appagamentp dei desideri libidici sono sì inconsci, ma totalmente confonni a ragione: ad esempio l'avaro, intento ad accumulare ricchezze che non userà mai, non agisce in modo veramente irrazionale, ma gratifica se stesso realizzando il proprio desiderio infantile di trattenere le feci. Fino a qualche tempo fa, anche l'economia era quasi interamente basata sull'idea che l' uomo fosse una creatura razionale. L'homo oeconomicus veniva concepito come un essere dotato di una serie di preferenze per beni diversi. che si limitava a mettere di volta in volta a confronto prezzi e prodotti, acquistando tutto ciò che era più conveniente per lui in tennini di rapporto costi-benefici. Quanto all'imprenditore, si supponeva che anch'egli operasse in maniera totalmente razionale, limitandosi a produrre i beni che gli consentivano di realizzare i profitti più elevati, e stabilendo i prezzi che gli permettevano di incrementare al massimo tali profitti. La possibilità che anche lui fosse una persona pigra, stupida, poco efficiente o alla ricerca di un titolo nobiliare era contemplata di rado. Vedremo che gli economisti classici avevano torto, sia a proposito del consumatore che del produttore.
14
IRRAZ/ONAUT),
n mio intento è dimostrare che le persone sono molto meno razionali di quanto comunemente si pensi, e illustrare in modo sistematico le molteplici ragioni di ciò. Nessuno - incluso, è inutile che lo dica, me stesso - ne è esente. Dimostrerò il prevalere dell'irrazionalità in parte descrivendo alcuni dei numerosi esperimenti effettuati sull'argomento negli ultimi decenni, in parte proponendo alcuni esempi, spesso sconcertanti, tratti sia dalla vita quotidiana, sia da vari ambiti professionali. Ognuno di noi manca di razionalità, almeno qualche volta, e più le decisioni da prendere sono complesse, più è probabile che siano irrazionali. Si p0trebbe pensare che la causa principale dei comportamenti irrazionali sia il fatto che ('emozione annebbia il giudizio. Ora, sebbene tale fattore svolga un ruolo innegabile, non è la motivazione più importante. Vi sono molti difetti intrinseci del pensiero umano, ed è soprattutto di essi che mi occuperò qui. È possibile definire !'irrazionalità soltanto in rapporto alla razionalità, quindi occorre chiedersi cosa si intende per "razionalità ». Quest'ultima assume due forme: il pensiero razionale - che ci conduce alle conclusioni verosimilmente più corrette in base agli elementi di cui disponiamo -, e le decisioni razionali, decisamente più complesse in quanto è possibile giudicarne la validità solo alla luce degli obiettivi che si prefiggono: è razionale un'azione che, sulla base delle conoscenze di chi la compie, ha più probabilità di fargli conseguire il suo scopo. La razionalità quindi può essere valutata solo in rapporto alle conoscenze che si possiedono: per chiunque abbia anche solo una minima familiarità con l'astronomia, sarebbe sciocco tentare di raggiungere la luna arrampicandosi su un albero, ma lo stesso comportamento da parte di un bambino potrebbe essere del tutto razionale, anche se per certi versi fuorviato. È importante inoltre distinguere !'irrazionalità dall'ignoranza, fenomeno anch'esso largamente presente nel nostro mondo. Nel 1976, il 40% degli americani pensava che Israele fosse un paese arabo, mentre oggi in Gran Bretagna un tredicenne su tre pensa che il sole giri intorno alla terra. Non tenterò in alcun modo di illustrare nel dettaglio la natura del pensiero razionale. Basti dire che in genere esso si esplica nel-
INTR.ODUZIONE
15
lo scoprire gli elementi di regolarità insiti nel mondo e nell'usarli per fare previsioni sul futuro o deduzioni su aspetti finora sconosciuti del presente o del passato. Ma alla base di dò vi è uno dei paradossi più sconcertanti della filosofia: il pensiero razionale, incluse tutte le forme dì pensiero scientifico, si fonda sul presupposto che il mondo sia retto da leggi, e che queste leggi rimangano costanti nel tempo, per cui in futuro saranno le stesse che in passato. Questa premessa non è affatto giustificabile: non è corretto infatti affermare che, per quanto ne sappiamo, tali leggi sono rimaste immutate in passato e quindi resteranno identiche anche in futuro, poiché quest'affermazione si basa sullo stesso presupposto che stiamo cercando di dimostrare. Mi limiterò a bypassare il problema con un atto di fede, poiché sono interessato soprattutto alle manifestazioni concrete della razionalità e del!'irrazionalità, e poiché la maggior parte delle persone è in grado di cogliere la differenza tra esse, perlomeno quando viene indotta a notarla. Occorre altresì distinguere tra irrazionalità ed errore: per essere irrazionale, un'azione dev'essere compiuta deliberatamente, mentre un errore commesso involontariamente non lo è. Nel sommare due colonne di cifre, ad esempio, possiamo dimenticare di riportame una, incorrendo cosi in una svista accidentale. Né il pensiero razionale, né le decisioni razionali conducono necessariamente ai risultati migliori. Se foste vissuti prima della scoperta dell' Australia, ad esempio, sareste stati in diritto di credere che tutti i cigni siano bianchi, ma avreste avuto torto, perché non conoscevate abbastanza la fauna delle regioni australi. Altro esempio: se qualcuno vi sfidasse a testa o croce e si impegnasse a darvi 1000 sterline se viene testa, mentre voi dovreste sborsame 100 se esce croce, sarebbe razionale accettare la scommessa, a condizione che tra i vostri scopi ci sia quello di arricchirvi, e che non vi preoccupi troppo la possibilità di perdere un amico. Ma p0trebbe uscire croce: in tal caso la vostra decisione, per quanto razionale, non avrebbe avuto esito positivo.ln uno dei suoi racconti, Saki I propone un bell'esempio di deduzione razionale che si rivela sbagliata. Un ragazzino, mentre faceva colazione, informò
16
IRRAZIONAUT.4
gli adulti presenti che c'era una rana nel suo latte. Malgrado la sua dettagliata descrizione delle macchie sulla pelle dell 'animale, essi replicarono che la rosa era del tutto impossibile. Benché la loro conclusione - se rapportata con le loro conoscenze - fosse pienamente razionale, con grande soddisfazione del ragazzino si scopri che avevano torto. Egli infatti spiegò di aver messo lui stesso la rana nella tazza. Dunque, non necessariamente la decisione più razionale ci garantisce il risultato migliore, poiché nelle vicende umane subentra quasi sempre un elemento di casualità. Ma neU'arco di una vita i fattori casuali tendono a compensarsi, e, se vogliamo realizzare in pieno i nosm scopi. faremo meglio a prendere decisioni razionali il più frequentemente possibile, anche se, di tanto in tanto, una scelta diversa potrebbe condurci a risultati migliori. Può darsi che questo libro, mettendo in evidenza i vari errori in cui incorriamo, aiuti i lettori a prendere più spesso decisioni migliori, ma, come vedremo neU' u1timo capitolo, questa potrebbe rivelarsi una speranza eccessiva. Ho già sottolineato che la razionalità di una decisione dipende dalle conoscenze di chi la prende. Ma vi è una postilla a tale affennazione: se si ha motivo di credere che le proprie conoscenze siano insufficienti, aUora, specie nel caso dj decisioni partirolannente importanti, è ragionevole procurarsi ulteriori elementi. Purtroppo, come vedremo, di solito lo facciamo in modo del tutto irrazionale, dal momento che cerchiamo solo queUe evidenze che supportano le nostre precedenti convinzioni. Esistono mezzi razionali per conseguire uno scopo, ma è lecito chiedersi se esistano anche scopi razionali. Di sicuro ve ne s0no di irrazionali. Ad esempio, quasi tutti considerano irragionevole perseguire un obiettivo impossibile da raggiungere, anche se l'esempio classico - andare sulla luna - è oggi superato. Inoltre, è irrazionale proporsi scopi in contrasto tra loro. Non ci si può impegnare costantemente per rendere felice il proprio partner e al tempo stesso sfruttarlo il più possibile. Forse un'ulteriore fonna di irrazionalità è data dal fatto che poche persone si preoccupano di mettere bene a fuoco i loro obiettivi e le loro priorità neUa vita.
,/IlTAOVUZJONE
17
I più agiscono spontaneamente, e a prescindere da quanto, a se-conda dei punti di vista, tale modus operandi possa apparire affascinante o irritante, esso può condurli ad azioni irrazionali: in altre parole, se riflettessero prima di agire, avrebbero maggiori probabilità di conseguire i loro scopi. I filosofi hanno discusso a lungo del fine ultimo d ell' umanità, ammesso che ve ne sia uno, ma non hanno raggiunto alcun accordo al riguardo, poiché tale è la natura della fil osofia . Questo ipotetico fine, per essere razionale, dev'essere tale che ognuno possa seguirlo senza entrare in conflitto con gli altri. I tre candidati più plausibili sono: la sopravvivenza della specie umana, la massima felicità per il maggior numero possibile di persone e la ricerca del sapere. Nessuno di essi, tuttavia, regge a un attento esame. Se sulla terra sbarcassero degli alieni più gentili, più intelligenti e più dotati di noi sotto ogni punto di vista, ma scoprissimo che sono portatori di un virus il quale potrebbe annientarci tutti, e l'unica alternativa all'estinzione fosse ucciderli, senza dubbio lo faremmo, anche se il nostro potrebbe essere visto come un atto meschino ed egoistico. In simili circostanze, alcuni p0trebbero voler prendere in considerazione altri scopi oltre alla s0pravvivenza della specie umana. Per quanto riguarda la felicità, come si fa a misurarla? Come si può compensare l' infelicità di una persona con la gioia di un'altra? La ricerca del sapere, infine, sembra un obiettivo davvero magnifico, ma perché dovrebbe essere migliore dello sforzo per diventare buom atleti o eccellenti giocatori di scacchi? Inoltre, essa potrebbe rivelarsi controproducente, in quanto un incauto impiego dei suoi derivati tecnologici potrebbe far sì che sulla terra non restasse più nessuno in grado di conoscere nulla. Quando riflettiamo sui fini ultimi, ci collochiamo o ltre la sfera della razionalità. Un dato scopo può essere difeso solo in vista di uno scopo superiore: non è lecito, come si suoi dire, «dedurre il dover essere dall'essere.. ~. Oppure. per dirla con Pascal: «11 cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce .. •. Pertanto i fini ultimi non sono difendibili: data la loro natura, infatti, non ammettono fini superiori alla luce dei quali p0ssano essere giustificati . In pratica. ci si può chiedere se qualcuno
18
IRRAZIONALITÀ
abbia mai sistematicamente perseguito uno quahmque di questi fini ultimi. Noi nasciamo con una serie di «pulsioni biologiche», quali la fame, la sete, il desiderio sessuale e la tendenza a evitare il dolore, come pure con altre motivazioni, più elusive ma non per questo meno potenti, quali la curiosità, il desiderio di dominio o di appartenenza a un gruppo. La presenza di tali spinte tende a farei mettere al primo posto noi stessi. Si può sostenere - e di fatto è stato sostenuto - che ciò è irrazionale. Le persone, in fondo, non sono tanto diverse le une dalle altre: il mio vicino potrà essere più o meno intelligente, più spiritoso o bello di me, ma possiede la mia stessa struttura biologica, la mia stessa sensibilità al dolore fisico, e le sue gioie, come pure le sue pene, sono simili alle mie. A livello razionale, dovrei porre la sua felicità sullo stesso piano della mia, ma purtroppo questa considerazione non tiene. Una persona può infatti. sostenere che le sue esperienze - dolorose o gioiose che siano - sono uniche, in quanto solo lei può provarle. Una persona può perfino, senza per questo essere tacciata di incoerenza, sposare una visione solipsistica, ossia convincersi che lei sia l'unica creatura esistente e che il mondo esterno sia Wl prodotto della sua immaginazione: quindi ha tutto il diritto di mettere se stessa al primo posto. Bisogna distinguere tra razionalità e moralità: infatti. i tentativi di giustificare la seconda sulla base della prima sono sempre falliti. Le persone adottano per lo più una posizione di compromesso: pur mettendo al primo posto la propria felicità, tentano, più o meno strenuamente, di tener conto anche di quella altrui. Non dedicheremo altro spazio al problema della razionalità dei fini: ci occuperemo soltanto dell'irrazionalità dei mezzi. Qualche lettore potrà protestare, dicendo che a1cWli degli esempi di irrazionalità proposti in questo libro non sono affatto irrazionali. Di certo esistono molti casi borderline. In primo luogo, gran parte dei comportamenti irrazionali nasce dal fatto che non dedichiamo abbastanza tempo a riflettere sulle cose. Ma Wla persona potrebbe sentirsi già abbastanza soddisfatta di Wla scel-
INTRODUZIONE
" ta compiuta e credere che qualsiasi vantaggio connesso a una ri-
flessione più prohmgata non sia commisurato all'ulteriore dispendio di tempo e fatica che essa comporta. Al limite, un dirigente impegnato a pronunciarsi su una questione complessa potrebbe impiegare così tanto tempo ad analizzarne tutte le ramificazioni che l'azienda fallirebbe prima che egli fosse riuscito a decidere. Per contro, il manager che prende una decisione rapida, anche se questa non si rivela ottimale, non può essere accusato di irrazionalità, purché abbia utilizzato al meglio il tempo a sua disposizione. D'altro canto, molte persone che non sono soggette a pressioni di natura temporale compiono scelte sbagliate perché non tengono conto di tutti i fattori in questione. Risparmiarsi lo sforzo di un'attenta riflessione può avere senso in caso di scelte di lieve entità, ma, come dimostreremo, è sempre irrazionale, e spesso deleterio, quando si tratta di prendere decisioni complesse e importanti, quali quelle inerenti al mondo degli affari, della medicina o della politica. _ In secondo luogo, poiché la nostra mente riesce a trattenere solo poche idee alla volta, le persone, quando sono chiamate a prendere decisioni complesse, non tengono simultaneamente conto di tutti i fattori rilevanti. Un modo per aggirare questo problema è usare carta e penna per fissare i pro e i contro delle diverse linee di azione, ed è irrazionale non adottarlo. Nella sua autobiografia Charles Darwin afferma di aver usato questo metodo - guardacaso con successo - per stabilire se sposarsi o no, ma è probabile che non siano in molti a imitarlo quando si tratta di prendere questa particolare decisione: se ne potrebbe dedurre che ci sono troppe incognite. In terzo luogo, come dimostrerò verso la fine del libro, prendere la decisione migliore, nell'aula di un tribunale o nella vita di tutti i giorni, può spesso implicare l'uso di elementari nozioni di statistica. Pochi sono in grado di utilizzare questi preziosi strumenti al servizio del pensiero razionale. Devo dire, tuttavia, che molti degli errori derivanti dal fatto di ignorare i più basilari concetti matematici sono così lampanti da dover essere indubbiamente classificati come irrazionali.
lO
IRRAZlONI\LtTA
In quarto luogo, molte organizzazioni non riescono a conseguire i loro scopi specifici poiché sono strutturate secondo modalità che incoraggiano comportamenti egoistici nei loro membri.
L'egoismo di questi ultimi. sebbene immorale, non è irrazionale, ma l'organizzazione nel suo insieme funziona in modo irrazionale, nel senso che non riesce a utilizzare i mezzi migliori per realizzare i propri finì. In quinto luogo, spesso elaboriamo visioni distorte della realtà per sentirei più a nostro agio o più felici. Un esempio di tale strategia è il pensiero desiderante, per cui una persona nutre !'irrazionale convinzione che qualcosa che desidera ardentemente accadrà, o che una parte di lei sia migliore di quanto in realtà non sia. Questo genere di pensiero è universalmente diffuso. Anche la pratica dell'autoinganno può aiutare a sentirsi felici: il preside sadico, che si illude di picchiare i ragazzini per il loro bene anziché per indulgere ai propri desideri erotici, di fatto inganna se stesso. Tanto il pensiero desiderante quanto l'autoinganno possono contribuire alla felicità di una persona, nella misura in cui costituiscono un mezzo razionale per conseguire uno scopo. Ma io ho definito .. irrazionale» la pratica del pervenire a conclusioni che non possono essere giustificate sulla base delle conoscenze possedute, e, nella misura in cui qualcuno distorce la propria visione del mondo o di se stesso, il suo è un pensiero irrazionale. Noi siamo fatti in maniera tale che, pur di gratificarci, talora ci aggrappiamo a credenze irrazionali: il fatto che esse ci gratifichino così tanto non le rende certo meno irrazionali. In breve, tratteremo come irrazionale qualsiasi procedimento di pensiero il quale porti a conclusioni o decisioni che non sono le migliori a cui saremmo potuti giungere alla luce degli elementi dei quali disponevamo ed entro i limiti di tempo applicati. Questo, lo ammetto, equivale a definire standard molto elevati per la razionalità. Ma di fatto mi occuperò principalmente di quelle decisioni e di quei giudizi che sono inequivocabilmente irrazionali, in quanto scaturiscono da sistematiche, ed evitabili, distorsioni del pensiero. Il mio intento di fondo sarà quello di mostrare e analizzare tali distorsioni, che sono straordinariamente comuni e
INTRODUZIONE
21
che comportano spesso conseguenze alquanto deleterie. Solo nel capitolo finale tenteremo di stabilire se un comportamento completamente razionale sia sempre auspicabile. Non siamo solo vittime dei nostri istinti e dei nostri desideri egoistici, siamo anche governati dalle condizioni del nostro corpo, in particolare del nostro cervello. Non mi soffermerò sugli effetti dei danni cerebrali o delle gravi malattie mentali sulla razionalità, ma può valere la pena di proporre due bizzarri esempi. Vi è una piccola area, al centro dell'emisfero destro del cervello, che produce un curioso effetto se vi si sviluppa un focolaio epilettico: le cellule nervose del focolaio di tanto in tanto si attivano tutte insieme e, quando lo fanno, provocano una crisi epilettica. La presenza di un focolaio in questa specifica area può rendere un uomo profondamente religioso, e portarlo a evitare il sesso in ogni sua forma e a rinunciare a tutte le dipendenze, inclusi alcol e fumo. È significativo notare che~ quando il focolaio viene rimosso, la persona ritorna alla sua precedente esistenza: può diventare ateo, riprendere a fumare, a bere e a fare sesso. È possibile che la particolare direzione presa dalla religione cristiana sia stata in parte causata dal fatto che san Paolo ebbe un attacco di epilessia sulla via di Damasc0 7• Ma anche la schizofrenia ha effetti devastanti sulla razionalità: il paziente può credere che i suoi pensieri siano controllati o monitorati da qualche entità esterna, oppure convincersi di essere Napoleone o Gesù Cristo. Alcuni schizofrenici interpretano tutto alla lettera, tanto che, quando camminano in un corridoio, se si imbattono in una porta con la scritta .. Si prega di bussare» bussano ogni volta che passano. Di fatto, gli psicologi sanno molto meno sui comportamenti irrazionali causati da malattie mentali o da danni cerebrali di quanto non sappiano sull'irrazionalità comune a cui ognuno di noi è soggetto, e di cui ci occupiamo in questa sede. Gli errori che saranno descritti sono comuni alla maggior parte deUe persone, ma non necessariamente a tutti. Il lettore che darà la risposta sbagliata ad alcuni dei quesiti proposti può consolarsi pensando che
22
IRJU.Z/ONAurA
non è il solo. Ricordatevi che sapete che questo è un libro sull'irrazionalità, per cui è probabile che stiate in guardia: dunque potreste anche non cadere nelle trappole irrazionali che vi ho teso. Ma quasi sempre, quando le stesse domande vengono poste a persone che non sospettano nulla e non sono state preavvertite, esse ci cascano, spesso in maniera plateale. Molti degli esempi utilizzati provengono dalla sfera della medicina. D lettore tuttavia non dovrebbe farsi l'idea che i medici siano più irrazionali di chiunque altro. I loro errori sono semplicemente meglio documentati di quelli dei giornalisti, dei funzionari pubblici, degli storici, degli ingegneri, dei giudici e - rincresce dirlo - degli psicologi: in questo libro compariranno bestialità commesse da esperti di tutti questi settori. Sebbene le cifre tratte dalle statistiche mediche sui tassi di mortalità, l'efficacia diagnostica dei vari esami e così via fossero corrette all'epoca in cui sono stati effettuati gli stu· di descritti, non è detto che lo siano ancor oggi, dato che le tecniche mediche sono in costante miglioramento. Per i nostri scopi, però, ciò che conta è lo stadio di conoscenza del periodo in cui è stata p~ sa una decisione, in quanto si può dimostrare che un medico ha agi· to irrazionalmente solo alla luce delle nozioni di cui disponeva. Nel descrivere gli esperimenti psicologici, ho quasi sempre evitato i termini tecnici, ma ce ne sono tre che ricorrono in modo sistematico nel testo: ,<soggetto»,«spalla» e debrieftng 8 • TI soggetto è la persona su cui viene condotto l'esperimento. Di solito i sog· getti sono volontari, ma possono anche essere studenti universi· tari costretti a «offrirsi volontari» dai loro professori, o ai quali è stato detto che tale prestazione è parte integrante del corso. Inol· tre, a volte si diventa soggetti senza saperlo: lo sperimentatore, infatti, può inscenare con grande abilità un incidente automobili· stico e osservare chi passa oltre e chi accorre in aiuto delle «vitti· me», oppure una persona può incautamente iscriversi a un grup. po il cui presunto scopo è aiutare i suoi membri a dimagrire, ma i cui veri fini sono ben più sinistri. Di questi tempi, occorre una notevole circospezione per evitare di cadere preda della fame di soggetti degli psicologi sociali.
INTRODUZIONE
23
Il secondo termine è «spalla» (ma si può dire anche «complice» o «cospiratore»). La spalla agisce come se fosse un soggetto, ingannando così i soggetti reali dell'esperimento, oppure assume altri ruoli predeterminati, e comunque falsi. Essa viene "addestrata » dallo sperimentatore a parlare o ad agire in modo particolare al fine di registrare gli effetti di tali comportamenti sui soggetti reali. Le spalle possono materializzarsi ovunque. La cameriera che vi rovescia addosso un piatto di minestra, il commesso che sbaglia a darvi il resto o il tipo seduto accanto a voi a teatro che grida: "Al fuoco! » possono essere tutti spalle. Che io sappia, non c'è modo di difendersi da loro, ma in tutte queste circostanze fareste bene a tenere gli occhi aperti per scoprire se nell'ombra si aggira una figura dal look professorale, con un tac. . curno rn mano. Quasi tutti gli psicologi sottopongono i loro soggetti alla pratica del debriefing. Il termine, nella sua accezione psicologica, ha in pratica il significato oppost~ a quello che assume in ambito militare: al termine di un esperimento, al soggetto viene spiegato per filo e per segno il senso del procedimento, in particolare quando è stato usato l'inganno. Se, come spesso acçade, il soggetto è stato indotto a fare qualcosa di riprovevole o ha ottenuto risultati molto negativi in un test, gli viene detto che non è peggiore di chiunque altro e viene congedato con una rassicurante pacca sulla spalla. Le strategie di debriefing di cui ci occuperemo sono soprattutto quelle che vengono messe in atto a metà di un esperimento per scoprire quali effetti avranno sulle successive performance dei soggetti. Molti degli studi citati in questo libro includono l'inganno, perché gli psicologi, e in particolare gli psicologi sociali, sono tutt'altro che candidi. Tali procedure capziose possono generare disagio nel lettore. Personalmente non ho opinioni al riguardo: il meglio che si possa dire è che, se un soggetto viene persuaso con !'inganno ad agire in modo riprovevole durante un esperimento, è probabile che impari comunque qualcosa da ciò. Molti sperimenta tori riferiscono che tutti i loro soggetti li hanno poi ringraziati per l'interessante e sa lutare esperienza che avevano avuto
24
IRRAZIONAurA
occasione di fare, ma chi può dire se in seguito l'avrebbero ripetuta oppure no? ~ consuetudine, al termine dell'introduzione, proporre un dettagliato riassunto dei capitoli del libro. Poiché non ho intenzione di semplificare la vita allettare risparmiandogli la necessità di continuare a leggere, qui non troverete riassunti del genere. Tuttavia, a mo' di sommaria guida alla struttura del libro posso dire questo: il primo capitolo analizza la principale causa degli errori di ragionamento, responsabile anche di molte altre storture dettagliatamente esposte nel prosieguo del testo; i capitoli dal 2 a11'8 passano in rassegna le cause sociali ed emozionali dell'irrazionalità, mentre quelli da19 a118 trattano degli errori prodotti dalla nostra personale incapacità di pensare correttamente. I due capitoli seguenti descrivono alcuni dei metodi idea· li per interpretare le evidenze, i quali, se fossero usati, potrebbe-ro produrre, almeno in teoria, conclusioni il più possibile confar· mi a tali evidenze. I risultati ottenuti con tali metodi vengono confrontati con quelli raggiunti con l'intuizione: si scopre cosÌ che essa lascia seriamente a desiderare. Il capitolo 21 è una sin· tesi di alcuni degli errori esposti in precedenza, che mostra come essi spieghino la diffusa ma irrazionale credenza nel paranor· male. L'ultimo capitolo, infine, esplora le cause più profonde dell'irrazionalità alla luce della nostra storia evolutiva e della na· tura del nostro cervello; inoltre, prende in esame le possibili stra· tegie - ammesso che ve ne siano - per incrementare la raziona· lità. Un compito tuti' altro che facile, come vedremo. Il libro si conclude con la domanda: «La razionalità è davvero necessaria, o perlomeno auspicabile?».
Wùliam Shakespeare, Amitto, Atto II, Scena II, BUR, Milano 1994, p. 78 (nuova ed. 2007). lThomas Henry HuxIey, Col/eeted Essays, val. I, Method nlld RtSults, Appieton, New York 1898, pp. 192·193 (nuova ed. Adamant Media Corporation, Boston 2001).
1
fNTRODUZIONE
25
' Gilbert Ryle, The Concept oj Mind, Hutchinsons University Library, Lon· don 1949, p. 308 (ed. it. Il concetto di mente, LaterLa, Roma·8ari 2007). 'Saki, pseudonimo di Hector Hugh Munro (1870-1916), scrittore anglo-bir· mano autore di racconti arguti e talora macabri in cui fa la satira della s0cietà edoardiana. Quello citato è The Lumber Room, disponibile onIine in lingua originale http:/ /www.repcatafterus.com/title.php?i=2308. La traduzione italiana, II ripostiglio, si trova in Saki, lA reticenza di lady Anne, F.M. Ricci, Milano 1992IN.d.T.]. l Lctt. «to get an "ought" from an "is"», citazione da David Hume, A Treafise oj Humall Nature, libro III, sez. I, dove l'autore sottolinea l'impossibilità logica di derivare il dover essere daU'essere, sulla quale si fonda la sua particolare concezione dell'etica (N.d.T.]. ' Blaise Pascal, Pmsieri, n. 277, Rusconi, Milano 1994 (nuova ed. Newton Compton 2009). 1 Amold J. Mandell, «Toward a Psychobiology of Transcendcncc. God in thc Brain», in Julian M. Davidson. Richard J. Davidson (a cura di), The Psychobiology oj Consciousness, Plenum Press, New York 1980. ' Dal verbo debriej. «chiamare a rapporto, interrogare», comunemente usato in ambito militare (come segnala più avanti l'autore) o per gli interrogatori di agenti segreti, prigionieri o spie. Per il significato psicologico del termine cfr. infra in questo stesso capitolo [N.d.T.].
IRRAZIONALITÀ
Capitolo 1 L'impressione sbagliata
Il protagonista dello Squalo è, per l'appunto, uno squalo che divora gli uomini. L'uscita del film provocò un netto calo del numero di bagnanti allargo delle coste californiane, dove in effetti, di tanto in tanto, in prossimità delle spiagge viene avvistato qualche squalo. Eppure è stato calcolato che per un nuotatore il rischio di essere aggredito da lI!'0 squalo è di gran lunga inferiore a quello di restare ucciso in un incidente stradale mentre è in viaggio per raggiungere la costa. Le persone non tengono conto della realtà: si basano su quello che le impressiona di più, sulla prima cosa che viene loro in mente. Se volete un altro esempio, prendete queste due domande: «Le parole che iniziano per "r" sono più numerose di quelle in cui la "r" figura al terzo posto?,> e «Le parole che iniziano per "k" sono più numerose di quelle in cui la "k" figura al terzo posto?». A meno che non percepiate la presenza di un trucco, è probabile che rispondiate di sì a entrambe. Ma avete torto: infatti ci sono più parole che contengono «r» o «k» in terza posizione che non all'inizio. L'errore è dovuto al fatto che i vocaboli, sia nei dizionari che nelle nostre menti, sono classificati in base alla lettera iniziale: è facile quindi ripescare dalla memoria parole che cominciano per «r» come «ruggito», «rugginoso», «ribaldo» -, mentre è molto più difficile ricordare termini come «strada», "cura», «portare», sebbene essi siano più frequenti. Nel caso pensaste che questo esperimento è scorretto perché nessuno può conoscere la risposta senza contare le parole su un dizionario, ecco una sua variante che non ri-
JO
/RRAZloNALrrl'l
chiede particolari conoscenze: «Ci sono più vocaboli che terminano in "-ma" o in "-n-" (cioè in cui "n" è la penultima lettera)?». La maggior parte della gente pensa che la desinenza "-ino" sia più comune, ma in realtà è il contrario, dal momento che tutte le parole terminanti in «-mo» hanno «n» come penultima lettera, senza contare i tanti vocaboli (come «fine») in cui «n» figura al penultimo posto, ma all' interno di un'altra desinenza. Le persone ricordano con più facilità le parole che terminano in «-inQ» di quelle che terminano in «-n·», e non si fermano a considerare il semplice argomento a cui ho accelUlato. La tendenza a giudicare sulla base della prima cosa che viene in mente prende il nome di «errore di disponibilità» l. Ho scelto di descriverlo per primo in quanto permea tutti i tipi di ragionamento, e poiché, come vedremo nel resto del libro, molti altri errori specifici sono in realtà casi particolari di esso. Supponiamo che stiate pensando di comprare un'auto e che accenniate la cosa a un amico. Lui vi fornisce una descrizione entusiastica della sua macchina, e voi, profondamente impressionati, vi precipitate ad acquistare lo stesso modello, per poi scoprire che è totalmente inaffidabile e che ha un consumo di benzina spaventoso. L'immediatezza e l'intensità (cioè appunto la «disponibilità») della sua descrizione vi hanno fatto dimenticare tutte le statistiche riportate dalle riviste per consumatori. Ma avete commesso un secondo errore, anch'esso molto comune, che verrà analizzato più avanti: a prescindere dalle qualità della macchina del vostro amico, non è detto che essa sia rappresentativa di quel modello in generale. Non esistono due auto dello stesso tipo capaci di prestazioni identiche, e il vostro amico può semplicemente essere stato fortunato con la sua. Esistono miriadi di esperimenti che evidenziano le anomalie di ragionamento causate dall'errore di disponibilità. In un caso estremo l , due gruppi di soggetti hanno prima dovuto imparare un elenco di parole (compito molto caro agli psicologi). Le parole erano le stesse per tutti, con un'eccezione: per un gruppo includevano quattro termini di significato elogiativo - «avventuroso», «sicuro di sé», «indipendente» e «perseverante» - , per
L'IMPRESSIONE SBACUATA
31
l'altro invece quattro aggettivi di carattere dispregiativo, e cioè «temerario», «presuntuoso», «distaccato» e «cocciuto». Dopo aver memorizzato le parole, tutti i soggetti hanno letto un racconto che parlava di un giovane il quale coltivava vari hobby pericolosi, aveva una buona opinione delle sue capacità ma uno scarso numero di amici, e cambiava idea solo raramente una volta presa una decisione. Infine, è stato chiesto loro di formulare un giudizio su di lui. Sebbene fosse stato chiarito che l'elenco di parole proposto in precedenza non aveva la benché minima connessione con l'uomo menzionato nel racconto, i soggetti che avevano memorizzato gli aggettivi di senso positivo hanno espresso su di lui opinioni molto migliori di quelli che avevano imparato i termini di significato negativo. Quei vocaboli erano nella loro mente (ossia disponibili) nel momento in cui hanno letto il racconto, perciò avevano colorato la loro interpretazione di esso. Se esistono fattori, come le parole apprese da un soggetto nel corso di. un esperimento, in grado di influenzare la nostra opinione su qualcosa che non ha niente a che vedere con essi, quale non sarà l'influsso esercitato su di noi da quegli aspetti di una determinala situazione che sono non soltanto altamente salienti, ma anche strettamente connessi con ciò che siamo chiamati a giudicare? Per comprendere l'esperimento successivo, è necessario prima illustrare un diabolico gioco noto come «dilemma del prigioniero». Esso si basa sul seguente scenario: due persone sono in prigione per un crimine che si presume abbiano commesso insieme, e il direttore del carcere comunica loro che l'entità della pena che dovranno scontare dipenderà, in modo piuttosto complesso, dal fatto che confessino o meno il loro crimine. Le pene correlate alle diverse opzioni sono le seguenti: 1. Se uno dei due confessa e l'altro no, il primo sarà liberato, l'altro invece condannato a vent'anni di carcere. 2. Se nessuno dei due confessa, entrambi riceveranno una condanna di due anni. 3. Se confessano entrambi, ciascuno dei due trascorrerà cinque .. .. anni m pnglOne.
IRRAZI0NAurA
32
dilemma che i prigionieri sono chiamati ad affrontare è: confessare o non confessare? (Da notare che si trovano in celle separate, e che nessuno dei due sa cosa farà l'altro.) La soluzione migliore è quella in cui nessuno dei due confessa, perché il tempo totale che trascorreranno in carcere è di soli quattro anni; tuttavia non confessare è pericoloso perché, se l'altro prigioniero lo fa, quello che non confessa dovrà restare vent'anni in prigione. n gioco non è cosi avulso dalla vita reale come potrebbe sembrare a prima vista. A hmgo andare, è chiaro che a tutte le nazioni converrebbe ridurre le emissioni di anidride carbonica, principale causa dell'effetto serra, le cui conseguenze potrebbero rivelarsi disastrose. D'altra parte, tale processo di riduzione è costoso: richie.de infatti o un ridotto utilizzo di combustibili fossili per produrre energia, o un minor impiego di energia tout caurt. Se tutti i paesi decidono di ridurre le emissioni, ognuno ne trarrà beneficio, ma se la maggior parte di essi accetta mentre alcuni (come gli USA) si oppongono, questi ultimi trarranno vantaggio sia dal risparmio dei costi legati alla riduzione delle emissioni, sia dall'attenuazione dell'effetto serra, determinata dalla scelta degli altri paesi di ridurre le emissioni. Facciamo un esempio più terra terra: immaginiamo che le persone debbano decidere se innaffiare o no i loro giardini di nascosto durante un periodo di siccità. Se tutti lo facessero, le riserve d'acqua rischierebbero di esaurirsi e gli effetti sarebbero disastrosi per tutti. D'altro canto, se solo in pochi adottassero questo comportamento antisociale, essi beneficerebbero di tale scelta, a prezzo di una piccola perdita per la comunità nel suo insieme. Tali situazioni sono l'esatto pendant del «dilemma del prigioniero», un gioco spesso usato dagli psicologi per misurare la disponibilità delle persone a collaborare tra loro. Si parla di «collaborazione» per indicare quelle opzioni che, se adottate da tutti e due i soggetti, portano al minor danno complessivo per entrambi, di «defezione» per quelle scelte che, se effettuate da uno solo di essi, conducono a una grave perdita per l'altro se egli collabora. Il gioco ha prodotto speculazioni senza fine tra i filosofi, in quanto non è chiaro quale sia la cosa più razionale da fare. Fino a non molto tempo fa, il dilemma era ancora irrisolto. lnfatti, anche se il tuo avversario collabora con te per un po', non sai mai [J
nMPRESSIONE SBAGUATA
3J
quando deciderà di defezionare, facendoti così appioppare una sostanziosa multa nel caso tu stessi cooperando J • È interessante notare che oggi disponiamo di indicazioni sul modo migliore di condurre il gioco. Premesso che una strategia è una qualunque linea di condotta adottata da un giocatore per un certo numero di mani contro lo stesso avversario - ad esempio «defezionare sempre», o «defezionare saltuariamente per metà del tempo e collaborare per l'altra metà» -, in uno studio abbastanza recente' un gruppo di matematici ha proposto numerose strategie diverse, che in seguito sono state testate e confrontate con l'ausilio di un computer. La migliore, ossia quella che incrementava più di ogni altra le vincite del giocatore, è risultata essere: «Collaborare alla prima mano e poi copiare l'ultima mossa dell 'altro, qualunque essa sia». Questa strategia punisce l'avversario quando defeziona e lo premia quando coopera. Il suo successo è particolarmente interessante perché suggerisce che comportarsi in modo altruistico (almeno in alcune occasioni) può assicurare il maggior vantaggio possibile aUa persona che sceglie di farIo: i comportamenti altruistici, la cui esistenza ha costituito a lungo un rompicapo per i teorici dell'evoluzionismo, possono pertanto contribuire al raggiungimento degli scopi dell'individuo, e quindi alla sua sopravvivenza. Sebbene nella vita reale raramente il "dilemma del prigioniero» si presenti nella stessa forma per più di una volta, esso si ripropone più e più volte in forme diverse. Di conseguenza, è probabile che la strategia indicata sia tuttora la migliore. Negli esperimenti ispirati al (,dilemma del prigioniero» , alle pene carcerarie si sostituiscono premi o multe di natura pecuniaria, se non altro per facilitare l'individuazione di volontari disposti a fare da soggetti. In genere, i «prigionieri» hanno di fronte due pulsanti, che chiameremo C e D (indicanti rispettivamente la «collaborazione» e la «defezione»), e ricevono una serie di regole del tipo: - se entrambi schiacciano C, riceveranno 5 sterline ciascuno; - se uno di essi schiaccia C e l'altro D, al primo viene comminata una multa di 10 sterline, mentre il secondo riceve lO sterline; - se entrambi schiacciano D, devono pagare ciascuno una multa di 1 sterlina.
34
IRRAZIONAUTA
Nell'esperimento riportato di seguito s, a un gruppo di sogget· ti è stato proposto un commovente programma radiofonico su una persona che aveva donato un rene a un perfetto sconosciuto il quale aveva bisogno di un trapianto, mentre l'altro gruppo ha ascoltato il resoconto di un comportamento umano particolarmente meschino, in pratica di un episodio di atrocità urbana. In seguito, ai soggetti, preventivamente divisi in coppie, è stato chiesto di giocare al «dilemma del prigioniero'>. Quelli che avevano ascoltato la toccante storia del trapianto di reni hanno collaborato molto di più di quelli che avevano sentito il racconto del caso di atrocità, sebbene le due vicende non avessero assolutamente nulla a che fare con il gioco al quale stavano giocando. Ancora una volta emerge che le esperienze recenti possono indurre le persone a comportarsi più o meno egoisticamente anche quando non sono attinenti al contesto in cui esse si trovano. Ecco un esempio piuttosto diverso ", ma altrettanto irrazionale, di giudizio scorretto direttamente causato dall'errore di disponibilità. A un gruppo di soggetti sono stati letti alcuni elenchi di nomi di uomini e donne, alcuni dei quali fittizi, altri invece di personaggi famosi. Tutti erano indicati sia con il nome che con il cognome, di modo che l'identità sessuale di ciascuno fosse chiara. Ogni elenco era formato per circa la metà da donne e per l'altra metà da uomini, e i soggetti dovevano stabilire se fossero di più i nomi maschili o quelli femminili. Ora, quando gli uomini erano tutti personaggi famosi, come Winston Churchill o John Kennedy, e le donne non lo erano, i soggetti pensavano che fossero più numerosi gli uomini delle donne, e viceversa. l nomi della gente famosa producevano un maggior impatto (erano più «disponibili ») di quelli degli sconosciuti, e i giudizi si basavano su questo fattore piuttosto che sull'effettivo numero di uomini e donne presenti in ogni elenco. Prima di accuparci di cosa rende disponibile un contenuto mentale, vale la pena di esaminare alcune forme di errore di disponibilità abilmente sfruttate nella vita reale. Gli organizzatori delle lotterie, ad esempio, danno il massimo risalto ai vincitori delle edizioni passate, mentre naturalmente non dicono nulla
L'IMPRESSIONE SBAGUArA
J5
della grande maggioranza di coloro che non hanno mai vinto. In questo modo, farmo sì che i potenziali acquirenti di biglietti si concentrino in primo luogo sulla vittoria, e li convincono di avere più probabilità di vincere di quante non ne abbiano in realtà. Analogamente, il tintinnio delle monete che escono da una slot machine è volto a richiamare l'attenzione della gente sulla possibilità di vincere del denaro: altre volte, infatti, la macchina mantiene un rigoroso silenzio. La tendenza delle persone a basare i loro giudizi su fattori "disponibili» è sfruttata dai negozianti di tutto il mondo, come pure da editori peraltro rispettabili. È più probabile che compriate un libro che costa 5,95 sterline o uno che ne costa 6? La cifra che conta è quella relativa alle sterline, che quindi è più «disponibile» di quella indicante i penny, così la gente si soffenna su di essa sorvolando sul fatto che, come nel caso citato, la differenza di prezzo è di soli 5 pence.
Ci si potrebbe chiedere cos'è che rende «disponibile» qualcosa. Gli esperimenti citati dimostrano che sono disponibili tutti i contenuti proposti per ultimi, ma è altresì emerso che anche tutto ciò che produce forti emozioni, che è drammatico, che porta alla fonnazione di immagini e che è concreto anziché astratto è altamente disponibile. Se un omicidio è stato commesso da un musulmano o da un giapponese, avrà molto più spazio sui giornali di uno commesso dal signor Rossi: trattandosi di un evento più drammatico e meno frequente, esso è più disponibile. Inoltre, è probabile che la gente provi emozioni più forti nei confronti dei musulmani e dei giapponesi che del signor Rossi. È stato condotto un enonne numero di ricerche anche sulle immagini che influenzano ogni aspetto della nostra vita mentale 7• Se una persona deve imparare ad associare un termine a un altro, ad esempio a dire «auto» quando le viene proposta la parola «cane», ci riuscirà molto prima se le viene detto di crearsi un'immagine che colleghi i due elementi della coppia, immaginando, per ipotesi, un cane all'interno di un'auto. Inoltre, le persone hanno un'incredibile capacità di ricordare le figure: ai soggetti di un esperi-
IRRAzrONAtJrA
mento sono state mostrate una volta sola 10.000 fotografie, e a una settimana di distanza essi sono riusciti a riconoscerle con esattezza quasi tutte 5• Ciò è in netto contrasto con la scarsissima memoria che in genere abbiamo per le parole isolate. Più avanti, nel corso del capitolo, illustrerò il potere di evocare risposte irrazionali insito nelle immagini, alla luce del loro impiego in pubblicità. Sono stati effettuati numerosi esperimenti dai quali è emerso che i contenuti mentali concreti sono più disponibili di quelli astratti. Uno di essi era di nuovo basato sul «dilemma del prigioniero» ~. II partner di gioco del soggetto non era un vero partner, e le sue mosse, riconducibili in realtà allo sperimentatore, consistevano in un mix prestabilito di «collaborazione» e «defezione». In una delle due condizioIÙ sperimentali, i soggetti scoprivano la mossa compiuta dal partner dal lampeggiare di una delle due luci poste di fronte a loro; nell'altra, veniva passato loro un biglietto scritto a mano attraverso W1a fessura. Si potrebbe pensare che la diversità di procedimento influisse ben poco su ciò che pensavano dell'avversario, ma in realtà era il contrario. Infatti, quando veniva passato loro il biglietto i soggetti vedevano assai più deliberazione nelle mosse del partner, cioè percepivano come intenzionali i suoi atti di collaborazione o defezione. Inoltre, mostravano più fiducia nel partner che compiva scelte cooperative quando ricevevano il biglietto rispetto a quando la comunicazione avveniva attraverso le luci, perché anche loro agivano in modo più collaborativo nel primo che nel secondo caso. Analogamente, diffidavano di più delle defezioni del partner nella situazione basata sull'uso dei biglietti che in quella fondata sull'impiego delle luci. È straordinario che la scelta di utilizzare W1 pezzo di carta anziché un segnale luminoso possa avere effetti tanto diversi sul comportamento delle persone: il biglietto è un modo concreto per ricordarsi che si ha a che fare con un individuo in carne e ossa, il quale, come tale, può essere più o meno affidabile. L'errore di disponibilità è responsabile di un gran numero di giudizi irrazionali che formuliamo in varie situazioni della vita reale. Considerate pericolosi i lW1a park? Di sicuro la maggior
L'IMPRESSIONE SBAGLIATA
37
parte della gente sì. C'è la ruota panoramica, con le sue cabine che girano vorticosamente nell'aria in precario equilibrio, l'ottovolante, con le sue curve spaventose e le sue altrettanto spaventose variazioni di velocità, il polipo, che sottopone chi vi sale a una massiccia forza centrifuga, e al tempo stesso lo fa violentemente ondeggiare su e giù, e tanti altri congegni mobili, con le loro molteplici, terrificanti contorsioni. Eppure, la maggior parte della gente (me compreso, finché non ho accertato i fatti) si sbaglia: secondo un rapporto del British Health and Safety Committee (Commissione del Regno Unito per la salute e la sicurezza), la probabilità di restare uccisi è quaranta volte maggiore andando in bicicletta per un' ora su una strada maestra che non passando lo stesso tempo sui giochi del luna park, i quali peraltro sono sette volte più sicuri dell'auto. Tuttavia, gli incidenti che si verificano nei luna park sono drammatici e hanno un grande rilievo mediatico: sono, in una parola, «disponibili». È altresì noto che si tende a sopravvalutare enonnemente la possibilità di morire di morte violenta, ad esempio in un incidente aereo o in una rivolta di piazza. Da uno studio in proposito IO è emerso che le persone pensano di avere il doppio di probabilità di morire per incidente che d'infarto; in realtà la percentuale di coloro che muoiono d'infarto è quaranta volte superiore rispetto a quella di coloro che muoiono per incidente. la causa di quest'errata convinzione è che, nonostante la maggior parte delle persone muoia nel proprio letto, gli incidenti aerei e gli episodi di violenza sono costantemente segnalati dai media e decisamente drammatici: perciò sano «disponibili» . Le persone non solo coltivano credenze irrazionali circa la frequenza delle morti violente, ma sono anche indotte da tali credenze a compiere azioni totalmente irrazionali. Nel 1986 il numero di turisti statunitensi in Europa subì un brusco calo: a farli fuggire fu il forte risalto mediatico dato ad alcuni casi di dirottamento aereo, unito forse ai bombardamenti americani in Libia ". Stranamente, essi non avevano tenuto conto dell'incidenza dei crimini violenti negli Stati Uniti, assai più marcata ma meno pubblicizzata: in effetti, per gli americani residenti in città il rischio di
38
IRRAZIONALITÀ.
andare incontro a una morte violenta è molto più alto restando in patria che recandosi all'estero. Un uguale, e altrettanto irrazionale, rifiuto di volare si osservò durante la Guerra del Golfo. Talvolta l'errore di disponibilità sembra indurre le persone ad agire razionalmente. In California, ad esempio, il numero di polizze assicurative sottoscritte contro i terremoti aumenta vertiginosamente dopo che se n'é verificato uno, per poi diminuire gradualmente fino a quello successivo. Ma anche questo comportamento non è veramente razionale, in quanto la scelta di stipulare un'assicurazione antisismica non dovrebbe dipendere dall'ultimo terremoto, ma dalla probabilità di quelli futuri. Un altro esempio: dopo che la signora Ford e la signora Rockfeller si ammalarono di cancro al seno, un gran numero di dOlUle americane si precipitarono in ospedale per effettuare test diagnostici, mentre fino a quel momento erano rimaste totalmente indifferenti agli appelli governativi a sottoporsi agli stessi test a intervalli regolari. Ma c'è Wl esempio più banale degli effetti della «disponibilità» che ogni guidatore ha presente: un automobilista, appena superata la scena di Wl incidente, quasi invariabilmente rallenta; l'incidente, infatti, rende «disponibile» ai suoi occhi la possibilità che anch'egli vada a schiantarsi con l'auto. Purtroppo, l'effetto svanisce nel giro di pochi chilometri. lo stesso risultato è prodotto dalla vista della polizia. L'errore di disponibilità è tanto diffuso in ambito professionale quanto nella vita di ogni giorno. È noto che Wl medico il quale di recente si sia trovato di fronte a numerosi casi di una certa malattia è più incline a diagnosticarla anche in pazienti che non ne sono affetti. Ciò logicamente avrebbe senso nel caso di patologie contagiose, ma il fenomeno si verifica anche con quelle che non lo sono, come l'appendicite Il. Nello stesso tipo di errore incorrono gli operatori di borsa che, quando il mercato sale, consigliano ai clienti di comprare, e quando scende di vendere. Statisticamente non vi è quasi alcuna connessione tra gli aumenti e le diminuzioni che si registrano negli scambi azionari da un giorno all'altro, e neppure da una settimana all'altra, ma il solo fatto che le azioni salgano spin-
L'IMPRESSIONE SBAGUATA
39
ge la gente a comprarle. La strategia giusta, sebbene di non facile attuazione, è esattamente il contrario di quella comunemente adottata, e consiste nel comprare sui minimi e vendere sui massimi Il. Ma nemmeno i dirigenti di alto livello sono esenti da errori di giudizio: è più probabile, infatti, che si facciano influenzare da una conversazione avuta a pranzo, o da un insignificante dettaglio letto su un giornale, anziché utilizzare tutti i dati a loro disposizione o, ancor meglio, cercare nuovi elementi quando ciò è necessario. Le statistiche sono sempre astratte e poco vivide. Per questo motivo la maggior parte della gente le ignora. Il fatto di sapere che il fumo decuplica il rischio di cancro ai polmoni ha scarso effetto su chi coltiva tale vizio. Le persone che smettono di fumare in genere lo fanno solo in conseguenza di un evento isolato e drammatico: ad esempio se contraggono la polmonite e si sentono dire che potrebbe essere stata provocata dal cancro, o se un loro caro amico muore di tumore ai polmoni. Si potrebbe pensare che il motivo per cui la perc.entuale dei fumatori è diminuita maggiormente tra i medici che nella popolazione in generale è che essi sono persone intelligenti e conoscono le statistiche relative ai decessi indotti dal fumo; si potrebbe inoltre presumere che essi vogliano dare il buon esempio ai loro pazienti. Ma un'indagine su vasta scala condotta in ambito medico ha dimostrato che si tratta di un quadro notevolmente idealizzato IO: il fumo è diminuito più drasticamente tra quei dottori che sono più spesso a contatto con i suoi effetti, come gli specialisti delle vie respiratorie e i radiologi, mentre è calato notevolmente meno tra i titolari di altre specializzazioni e i medici generici. Persino per i dottori le statistiche sul tabagismo non hanno lo stesso impatto della vista di una persona che muore per effetto di tale vizio. Si dice spesso che la prima impressione è quella che conta. Il detto sembrerebbe in contrasto con l'errore di disponibilità, in quanto questo sembra indicare che ciò che occupa il primo posto nella nostra mente, e quindi conta di più, è ciò che accade per ultimo. Prima di risolvere tale paradosso, occorre esaminare alcune evidenze sperimentali sull'importanza della prima impressione.
IRRAZlON .... LlTÀ
Uno dei primi studi sull'argomento è stato condotto negli Stati Uniti da Solomon Asch 15, il quale ha chiesto ad aIcWli soggetti di dare Wl giudizio su Wla persona in base a W\a sommaria descrizione costituita da sei aggettivi. Al primo gruppo è stato detto che era «intelligente, laboriosa, impulsiva, ipercritica, cocciuta e invidiosa», mentre ad altri sono stati proposti gli stessi sei aggettivi, ma in ordine contrario: «invidiosa, cocciuta, ipercritica, impulsiva, laboriosa e intelligente». Poi, tutti i soggetti sono stati invitati a compilare W\a scheda di valutazione finalizzata a elaborare Wl giudizio complessivo su quella persona, indicando ad esempio quanto fosse felice, socievole ecc. I soggetti a cui era stato proposto il primo elenco - quello che iniziava con gli aggettivi di significato elogiativo - hanno dato Wl giudizio assai più positivo di quelli a cui era stata fornita la lista con i termini di senso dispregiativo. Questo effetto - che consiste nell'essere influenzati molto più profondamente dai primi dati che dagli ultimi - è detto «effetto primacy». Ne esistono due possibili spiegazioni. Ecco la prima: nell'esperimento di Asch, quando i soggetti hanno ascoltato i primi aggettivi, forse hanno iniziato a formarsi Wl'immagine mentale della persona, poi hanno tentato di armonizzare con tale immagine quelli successivi. Un soggetto che aveva sentito la descrizione che cominciava con «intelligente» e
L'IMPRESSIONE SBACUATA
41
gli ultimi o viceversa. Poi, ai soggetti è stato chiesto quanti anagrammi avesse risolto la persona che avevano osservato, ed è emerso che per loro gli enigmi risolti erano di più quando erano concentrati all'inizio che non alla fine. Questo è solo un altro esempio dell'importanza della prima impressione, ma la parte geniale dell'esperimento sta nel fatto che, dopo ogni anagramma, ai soggetti veniva chiesto di indovinare se la persona che stavano osservando avrebbe risolto o meno quello successivo. In tale circostanza, di sicuro la loro attenzione non è mai venuta meno, perché le loro congetture variavano in funzione del numero di anagrammi risolti: quando ne venivano azzeccati parecchi uno dietro l'altro, tendevano a pensare che anche il successivo lo sarebbe stato, mentre in caso contrario erano inclini a rispondere di no. Quindi, nonostante abbiano continuato a prestare attenzione per tutto l'esperimento, i soggetti pensavano ancora che il numero di anagrammi risolti fosse maggiore quando essi erano concentrati per lo più aU'inizio che non alla fine. Pertanto, la mancanza di attenzione agli ultimi input non può essere la causa dell'effetto primacy. Questi e molti altri esperimenti suggeriscono che le nostre convinzioni si formino sulla base della prima impressione: gli input successivi sono interpretati alla luce di tali convinzioni. Tuttavia non vi è alcun conflitto tra l'effetto primacy e il cosiddetto «effetto recency», che ha a che fare con l'errore di disponibilità. TI primo è dovuto al fatto che, quando ci vengono proposti più materiali connessi tra loro (ad esempio un articolo di giornale o una conferenza) l'interpretazione degli ultimi è colorata dall'impressione prodotta dai primi. L'effetto recency, invece, si verifica quando i contenuti che ci vengono presentati non sono connessi tra loro: in tal caso tendiamo a essere influenzati da ciò che abbiamo visto o sentito più recentemente. L'effetto primacy può essere considerato una particolare fonna di errore di disponibilità: infatti i dati iniziali sono immediatamente disponibili nella nostra mente quando ci imbattiamo negli altri. Nella formulazione di un giudizio, ciò che conta non sono tanto i fatti in sé, quanto il significato che attribuiamo loro, e tale
lMAZlONIIUTA
"significato può essere alterato dai primi dati in cui ci imbattiamo,
specie se sono attinenti a quelli successivi. Questo errore è a sua volta connesso con Wl'altra distorsione del pensiero che sarà esaminata in un successivo capitolo, nel quale dimostreremo che, per vari motivi, le persone si aggrappano tenacemente alle loro convinzioni e fanno di tutto per evitare di scoprire che esse potrebbero essere sbagliate. L'effetto primacy ha importanti conseguenze sulla vita di tutti i giorni. Se incontrate per la prima volta qUalCWlO Wl giorno in cui è di cattivo umore, è probabile che siate prevenuti nei suoi confronti anche se in seguito si comporta in modo più gradevole. È stato dimostrato che, dwante Wl colloquio di lavoro, il selezionatore si forma Wl'impressione del candidato entro il primo minuto o giù di lì, e passa il resto del tempo a cercare di confermare quell'impressione 11. Se state scrivendo un libro, fate in modo che l'inizio sia realmente buono. Si può infatti osservare, per inciso, che poche persone finiscono veramente i libri, sicché per la maggior parte dei lettori farebbe ben poca differenza se gli ultimi capitoli fossero redatti in un gergo verboso e incomprensibile. Se state redigendo uno scritto per un esame, assicuratevi di produrre un primo paragrafo davvero ottimo. E se siete un medico che sta formulando la diagnosi di un paziente, fate di tutto per tener conto degli ultimi sintomi scoperti tanto quanto dei primi. Ugualmente collegato all'errore di disponibilità è l'«effetto alone». Se una persona ha un tratto positivo molto evidente (e quindi «disponibile»), è probabile che anche le altre sue caratteristiche vengano giudicate dagli altri come migliori di quanto in realtà non siano. Gli uomini e le donne belli tendono a essere considerati anche decisamente intelligenti, atleticamente prestanti, ricchi di senso dell'umorismo e così via. ID realtà l'aspetto fisico ha poco a che fare con questi ultimi aspetti: esiste una tenue correlazione tra la bellezza e l'intelligenza, ma non basta a spiegare gli errori di giudizio commessi in questo senso. Per inciso, esiste anche l'effetto opposto, conosciuto come deviI effect o demonizzazione. La presenza in un individuo di un tratto negativo partico-
L'IMPRE5510NE 5/IAGUATA
4J
lannente saliente, come l'egoismo, può portare le persone a giudicare in modo riduttivo anche le sue ulteriori caratteristiche: egli tende cosi a essere visto come più disonesto o meno intelligente di quanto in realtà non sia. Un esempio-Umite di tale effetto è quello di cui sono stato testimone quando ero membro di una giuria chiamata a pronunciarsi su un caso di stupro ai danni di un minore. Uno dei miei colleghi giurati ha iniziato la seduta osservando, a proposito dell'imputato: «Non mi piace il suo aspetto. Dovremmo dichiararlo colpevole». Le persone influenzate dall'effetto alone sono del tutto inconsapevoli di essere condizionate da esso. Una delle conseguenze più incredibili dell'effetto alone si osserva nel gioco del black jack. In un casinò, se la prima carta scoperta dal mazziere è un asso, ogni giocatore può «(assicurarsi», ossia effettuare una puntata collaterale fino a un massimo di metà della posta originaria. Se il mazziere fa black jack il giocatore riceve il doppio del valore della puntata collaterale, altrimenti perde tutto. Un semplice calcolo dimostra che il giocatore (a meno che non abbia contato le carte) perde in media il 7,7% della somma puntata come «assicwazione». Tuttavia Willem Wagenaar ha dimostrato che in un casinò olandese la maggior parte dei giocatori si assicura, almeno ogni tanto, e che più del 12% lo fa sempre. Egli ne deduce che l'unica spiegazione di questo comportamento irrazionale è che i giocatori si lasciano ingannare dal termine «assicwazione'), che li porta a credere che quella sia la linea d'azione più prudente 16. L'effetto alone ha ulteriori e perniciose conseguenze. Nel corso di un esperimento 19, gli stessi compiti d'esame sono stati trascritti due volte, la prima in bella grafia, la seconda con una pessima scrittura. Poi sono stati consegnati a due gruppi di esaminatori: tutti hanno potuto vedere che metà dei compiti era scritta male e l'altra bene, e a tutti è stato detto di non tener conto della calligrafia e di valutare unicamente il contenuto. Eppure, in media i compiti scritti bene hanno ricevuto voti di gran lunga superiori agli altri. Un esperimento analogo ha prodotto risultati ancora più inquietanti: quando ad alcuni esaminatori è
44
IRRAZIONALITÀ.
stato mostrato lo stesso tema, su cui, accanto al cognome, figurava ora un nome maschile ora uno femminile, il tema ha ottenuto un voto più alto quando l'esaminatore pensava che l'autore fosse un maschio 20 . Da molti anni ormai l'effetto alone è messo abilmente - o malamente, a seconda dei punti di vista - a frutto dall'industria della pubblicità. Una lattina d'aranciata che si chiama «5unblessed» (baciata dal sole) evoca visioni di arance che maturano al caldo sole mediterraneo, e tale effetto può essere amplificato raffigurando sulla confezione deliziosi alberi carichi di grosse arance dai colori vivaci. E perché non aggiungere in più una bella spiaggia? Agli occhi del potenziale acquirente, gli attributi evocati dal nome e dall'immagine si trasmettono al contenuto della lattina ed egli si aspetta soltanto che abbia un gusto delizioso, che questo sia vero o no. Di fatto è probabile che l'aranciata gli sembri più buona di quanto in realtà non sia, perché trasferisce su di essa una serie di aspettative - arance succose e mature sullo sfondo di una vacanza esotica - che ne influenzano l'effettivo sapore. Per la maggior parte dei prodotti, però, il nome e la confezione sono irrilevanti, se non nella misura in cui attestano che chi li crea ha abbastanza buon senso da scegliere un'efficace agenzia pubblicitaria o di packaging. Sebbene l'effetto alone sia noto ormai da molto tempo, è incredibile quanto poco se ne tenga conto. Solo di recente nella maggior parte delle università è invalsa la consuetudine di ordinare i testi delle prove d'esame in base a criteri numerici piuttosto che alfabetici, un accorgimento che i responsabili amministrativi degli atenei rendono peraltro vano, dato che di solito classificano i compiti in ordine alfabetico, presumibilmente nell'errata convinzione che gli esaminatori non sappiano contare. Una delle conseguenze più dannose del fatto di ignorare l'effetto alone è la quasi universale diffusione del colloquio come metodo di selezione, usato indiscriminatamente per il personale ospedaliero, gli studenti universitari, gli ufficiali dell'esercito, i poliziotti, gli impiegati statali, insomma, per tutti. Dimostrerò più avanti che la stragrande maggioranza di tali colloqui è inutile, anzi, che essi
L'IMPRESSIONE SBAGUATA
45
possono perfino diminuire le probabilità di scegliere il candidato giusto, in parte a causa dell'effetto alone: i selezionatori, infatti, si lasciano influenzare troppo da aspetti relativamente banali ma appariscenti del candidato, che incidono sul giudizio che danno delle altre sue caratteristiche. Si potrebbe pensare che nel mondo scientifico l'effetto alone non sia attestato. Sfortunatamente non è così. Quando uno studioso, o più spesso un gruppo di studiosi, propone un articolo a un periodico specializzato, bisogna decidere se accettarlo o no. Normalmente l'articolo viene inviato a due o tre referee, scelti in qualità di esperti nel campo, in genere piuttosto ristretto, di cui si occupa la rivista, e il direttore decide se ammetterlo o no in base alle loro indicazioni. Nel 1982, due psicologi hanno pubblicato il resoconto di un'illuminante ricerca basata su uno stratagemma lI: hanno selezionato da dodici famosi periodici di psicologia altrettanti articoli (uno per rivista), scritti dai membri delle dieci più prestigiose facoltà di psicologia statunitensi, come Harvard o Princeton, quindi da eminenti psicologi. Poi, hanno sostituito i loro veri nomi con nomi fittizi e le loro facoltà di appartenenza con università immaginarie, come il Tri-Valley Centre far Human Potential. Quindi, hanno esaminato attentamente gli articoli e, ogni volta che si imbattevano in un passo che poteva fornire un indizio sull'identità dei veri autori, l'hanno leggermente modificato, lasciando però immutati i contenuti essenziali. In seguito, ogni articolo è stato battuto a macchina e inviato, con tanto di nomi e affiliazioni false, allo stesso periodico che l'aveva pubblicato in origine. Dei dodici periodici, soltanto tre si sono accorti di aver già pubblicato gli articoli. Questo indica un grave vuoto di memoria da parte dei direttori e dei loro referee, ma dopotutto la memoria è fallibile; tuttavia, il peggio doveva ancora venire. Otto dei restanti nove articoli, che in precedenza erano stati tutti pubblicati, sono stati respinti. Inoltre, dei sedici referee e degli otto direttori che avevano letto i paper, ciascuno, senza eccezioni, ha affermato che l'articolo che aveva esaminato non meritava la pubblicazione. Questo è certamente un esempio lampante di errore di disponibi-
..
IRRAZIONAUTÀ
lità. Esso suggerisce che, quando i referee e i direttori decidono se Wl articolo debba essere pubblicato o no, prestano più attenzione al nome degli autori e al prestigio dell'istituzione a cui appartengono che ai suoi effettivi contenuti scientifici. Si potrebbe pensare che tali errori di giudizio da parte dei referee non possano in alcun modo verificarsi in un campo rigoroso come quello della fi· sica, ma una rassegna di episodi simili, basata su 619 articoli apparsi su riviste di fisica, conclude che (d'accesso alla pubblicazione talora può essere più facile» se si fa «parte dell'élite dei fisici più noti del momento». Di sicuro un modo alquanto delicato di esprimere il concetto. Vi sono varie spiegazioni possibili del clamoroso svarione relativo agli articoli di psicologia. Partirò dal presupposto che già in partenza essi meritassero tutti la pubblicazione, ma dò non infida il mio argomento: dal punto di vista dell'irrazionalità umana, i direttori delle riviste avevano commesso un errore o acconsentendo a pubblicarli in origine o non accettando di farlo in seguito. Essi e i referee potrebbero aver agito in quel modo per una, o forse due, motivazioni razionali. La. prima: la ricerca in questione avrebbe potuto essere già stata pubblicata da altri studiosi nei due anni successivi all'uscita dei paper originali. Ma l'attento esame delle valutazioni dei referee ha rivelato che non è così: nessuno di loro ha rifiutato gli articoli perché i risultati non erano inediti. In secondo luogo, avrebbero potuto pensare che i ricercatori appartenenti a un'istituzione prestigiosa siano più attenti nella raccolta dei dati e meno inclini alla frode di quelli di un'università sconosciuta. Questa non è una ragione plausibile, se non altro perché alcuni psicologi che operano presso illustri atenei devono la loro fama proprio a una frode attuata con successo. ~ improbabile che sia questa la causa del rifiuto dei paper, dal momento che i referee hanno formulato dettagliate critiche su vari punti di essi - molte delle quali, peraltro, appaiono valide -, contestando ad esempio le statistiche utilizzate e facendo rilievi del tipo: «L'organizzazione teoretica [... ] appare debole e piena di [ ... ] conclusioni non documentate», o:«~ tutto molto confuso».
L'IMPRESSIONE SBAGUATA
47
La spiegazione più probabile è che sia l'accettazione originaria che il successivo rifiuto siano stati dettati da motivi irrazionali. Le prime parole che un refe ree, o un direttore, vede quando legge un articolo sono i nomi degli autori e quelli delle loro istiruzioni di appartenenza. Se entrambi sono prestigiosi, egli sarà pregiudizialmente indotto a interpretarlo nel modo più favorevole possibile; in caso contrario, probabilmente andrà a cercare rutti i difetti e sarà più pronto a cogliere i punti deboli che quelli azzeccati. Insomma, qui abbiamo una plateale manifestazione di errore di disponibilità combinato con l'effetto primacy e l'effetto alone. Tutti sono irrazionali, almeno ogni tanto, e soprattutto nessuno è esente dall'errore di disponibilità. Riporto un ultimo, clamoroso esempio, stavolta tratto dal mondo dell'editoria. Nel 1969 il romanzo Steps di Jerzy Kosiilski vinse l'American National Book Award per la narrativa. Qtto anni dopo, un burlone lo fece ribattere a macchina, quindi inviò i.1 manoscritto, senza titolo e sotto falso nome, a quattordici importanti editori e tredici agenzie letterarie statunitensi, tra cui Random House, la casa editrice che l'aveva pubblicato in origine. Delle ventisette persone alle quali fu sottoposto, nessuna si accorse che si trattava di un testo già edito. Inoltre, tutte e ventisette lo respinsero. L'unica cosa che gli mancava era il nome di Jerzy Kosiilski a fare da effetto alone: senza di esso, fu visto come un libro insignificante. lo ribadiamo ancora Wla volta: l'industria editoriale non è più irrazionale di qualunque altra, e, malgrado il caso Kosiilski, probabilmente non merita l'impietosa osservazione di Colin Haycraft 12 : «Se non sai vivere, scrivi; se non sai scrivere, fai l'editore; se non sai fare l'editore, fai l'agente letterario, e se non sai fare l'agente letterario, che Dio ti aiuti~~.
Morale 1. Non basate mai un giudizio o una decisione su un singolo caso, per quanto eçlatante esso sia.
IRRAZIONALITÀ
2. Quando vi formate un'impressione su una persona (o una cosa), tentate di scomporre il vostro giudizio fino a induderne i singoli aspetti, senza lasciare che un'unica qualità positiva o negativa, per quanto saliente, influenzi la vostra opinione su rutto il resto. Può sembrare un procedimento freddo, ma è importante in quelle situazioni, come i colloqui di lavoro o le diagnosi mediche basate su una vasta gamma di sintomi, in cui il giudizio può seriamente incidere sulla vita della persona che ne è oggetto. 3. Quando siete di fronte a più input collegati tra loro, sospendete il giudizio fino alla fine; cercate di dare peso tanto all'ultimo quanto al primo. 4. Per quanto potete, evitate di procurarvi informazioni che p0trebbero indurvi al pregiudizio: ad esempio, se dovete pronundarvi in merito alla pubblicazione di un articolo o di un libro, rimanete all'oscuro del nome dell'autore finché non vi sarete formati un'opinione personale sul suo lavoro, 5. In caso siate un editore, quando ricevete un manoscritto controllate la lista di quelli già usciti per i vostri tipi, se non volete correre il rischio di pubblicare due volte lo stesso libro.
Amos Tversky, Daniel Kahneman, Avai/ability: A Heurislic /Or ludgillg Frequency and ProbnbiIity, ",Cognitive Psychology,., n. 5, 1973, pp. 207232. Quest'articolo ha reso disponibile per la prima volta la nozione di «disponibilità ... ' Edward T. Higgins, WilIiam S. Rholes, Cari R. Jones, Cntegory Accessibility and Inrpressioll Formation, «JoUIl\a1 of Experimentai Social Psychology", n. 13,1977, pp. 141-154. J Riferimento agli esperimenti sul "dilemma del prigioniero .. descritti più avanti, che prevedono l'impiego, al posto delle diverse pene carcerarie, di premi o multe di natura pecuniaria [N.d. T.J . • Robert Axelrod, The Evolutioll o{Cooperotion, Basic Books, New York 1984 (trad. il. Giochi di reciprocità. L'insorge/lUI della cooperazione, Feltrinelli, Milano 1985) . • Harvey A. Homstein, Elizabeth LalGnd et al., Effects of Knowledge aboliI
1
Remote Social Evellts
011
Prosocial BehaviOllr, Svcial CO/lceptioll, Ilnd Mood,
"Joumal of Personality and Social Psychology», n. 32, 1975, pp. 1038-1046.
L'IMPRESSIONE SBAGLIATA
"
"Tversky, Kahncman, Avai/abi/ity: A Heuristic for Judging Frequency and Probabi/ity cito ' Gordon H. Bower, .. Mentallmagery and Associative Leaming", in Lee W. Gregg (a cura di), Cognilio" in lLarning and Memory, John Wilcy and Sons, New York 19n. • Lionel Standing. lLarnillg 10.000 Pictum, «Quarterly Joumal 01 Experimental Psychology", n. 25, 1973, pp. 207-222. • Michael E. Enzlc, Ranald D. Hansen, Charles A. Lowe, Humanizing the Mixed-Motive Parodigm: Metlwdologicallmplications fram Attributioll Theory, "Simulations and Games", n. 6, 1975, pp. 151-165. IO Paul Siovic, Baruch Fischhoff, Sarah Lichtenstein, «Characterizing Perceived Risks.., in Robert w. Kates, Cluistopher Hohencmser, Jeanne X. Kasperson (a cura di), Pm"lous Progress: Managillg the HtlUlrds of Technology as HaUlrd, Westview Press, Boulder (USA)-London 1985. " Allude alla crisi libico-statwUten.5e innescata dall'attacco relloristico alle biglietterie della compagnia israeliana El Al nel gennaio del 1986, e culminata, il 15 aprile dello stesso anno, nel bombardamento di Tripoli, ordinàto da Reagan in segno di rappresaglia contro l'esplosione di W\a bomba in W\a discoteca di Berlino Ovest costata la vita a due militari americani [N.d.7:]. Il Arthur S. Elstein, Lee S. Shulman, Sarah A. Sprafka, Medicai Prob/em 501villg. An Analysis of Clinical Reasoning, Harvard University Press, Cambridge 1978. IJ David Dreman, Contrarwn lnvestment Strottgy, Random House, New York 1979. " Eugene Borgida, Richard E. Nisbett, The Di/frrmlinl Impad of Abstrad vs COllerete lnJorntatioll on Decisions, ..Joumal of Applied Social Psychology", n.7, 1977, pp. 258-271. " Solomon Eliot Asch, Forming Impressions and Personll/ity, ..Joumal of Abnormal and Sodal Psychology», n. 41, 1946, pp. 258-290. '· Edward E. Jones, Leslie Rock, Kelly G. Shaver et al., Pattern 01 Performallce alld AbiUty Attribullon: An Unexpected Primacy Elfed, ..Jouma! of Personality and Social Psychology», n. lO, 1968, pp. 317-340. '; Robyn M. Dawes, Rntiollal Choice in an Ullc"tain World, Harcourt-BraceJovanovich College PubI, Orlando 1988 (nuova ed. Rcid K. Hastie, Robyn M. DawC$, IWliollal Choice in an Ullctrta;n World. The Psycllology 01 Judgmml a/Id Decisio/I Maki/Ig, Sage Pubi., Thousand Oaks 2009). " Willem Albert Wagenaar, Paradoxt'S olGl/mbling 8ellnvlour, l..awrence Erlbaum Associates, Hove 1988. 19 Richard E. Nisbett, limothy D. Wilson, Tlle Hl/lo Elfecl: Evidellce for UncOliscious A/tl'rotioll oJ Judgmrnts, «Joum.tl of Pcrsonality and Social Psychology", n. 35, 1977, pp. 250-256.
so
IRRAliONAUTA
Jl lnge K. Broveman, Donald M. Broveman. Frank E. Oarkson et al., SaRDlt 5ttreOfypN Ql1d Clinical Judgmttl/s 01 Mental Health, "Joumal of Consulting and Clinical Psychology», n. 34, 1970, pp. 1-7. II Douglas P. Peters, Stephen J. Ceci, Pttr-Review Practices 01 PsychoIogical lournal5: The Fate 01 Pub/ished Ariicles, Submitted Agaill, ..The Behavioral and Brain Sciences". n. 5, 1982, pp. 187-25S. z:. Famoso editore britannico scomparso ne11994, direttore per venticinque anni deUa casa editrice Gerald Duckworth &- Co nonché uno degli ultimi grandi editori indipendenti inglesi (N.d.T.].
Capitolo 2 Obbedienza I
All'inizio degli anni '60, Stanley Milgram mise un'inserzione su un quotidiano locale per cercare soggetti disposti a partecipare a un esperimento che intendeva condurre presso la Yale University. Malgrado il magro compenso offerto (4 dollari), riuscì a reclutare centinaia di persone, appartenenti a tutti gli ambiti professionali: postini, insegnanti, <;:ommessi viaggiatori e così via. A tutti, quando arrivarono in laboratorio, fu detto che avrebbero preso parte a un test volto ad accertare gli effetti delle punizioni sull'apprendimento. Ogni soggetto fu presentato a una «spalla» e a entrambi velUle spiegato che uno dei due avrebbe dovuto insegnare all'altro un semplice compito. Il soggetto e la spalla tirarono a sorte da una scatola contenente due bigliettini di carta per stabilire chi dei due sarebbe stato l'insegnante e chi l'allievo. Con quell'astuzia che è ormai divenuta il tratto distintivo degli psiçologi sociali, lo sperimentatore aveva scritto (,insegnante» su entrambi i fogli, di modo che il soggetto pensasse di essere stato scelto a caso per quel ruolo. Compito dell'allievo era imparare ad associare un termine a un altro, ad esempio «scatola» a «blu». L'insegnante avrebbe letto ad alta voce la parola «blu», seguita da altri quattro termini - «cielo», «inchiostro», «scatola», «lampada» - e l'allievo, ossia la spalla, avrebbe dovuto schiacciare uno dei quattro pulsanti posti di fronte a lui per indicare quale delle quattro fosse quella giusta. Naturalmente, vi erano molte coppie di parole da imparare.
52
IRRAZIONALIT"
L'insegnante era nella stanza accanto a quella in cui si trovava l'allievo, ma poteva vedere se aveva dato la risposta giusta in base a quale delle quattro luci si accendeva. Prima che l'allievo iniziasse a imparare le parole, il docente vide che veniva legato a una sedia tramite cinghie. 10 sperimentatore disse che questo serviva a impedirgli di muoversi troppo quando gli sarebbero state inflitte le scosse elettriche, e aggiunse: «Benché le scosse possano essere estremamente dolorose, non causano alclUl danno pennanente ai tessuti». Nella stanza dei docenti vi era un generatore di corrente corredato da diversi interruttori, ognuno dei quali recava un'etichetta indicante un voltaggio, che andava da 15 a 450 volto Inoltre, sotto ai vari gruppi di interruttori vi era una descrizione verbale dell'intensità delle scosse, ad esempio «scossa leggera», «scossa forte», o «pericolo: scossa fortissima». Ogni volta che veniva premuto uno degli interruttori, si accendeva un segnale acustico. Ai soggetti fu detto di far partire una scossa tutte le volte che gli allievi sbagliavano, e dì aumentarne dì un grado l'intensità a ogni nuovo errore. Allorché si mostravano esitanti o esprimevano obiezioni, lo sperimentatore li esortava a continuare con frasi del tipo: «L'esperimento richiede che lei continui», o «Lei non ha altra scelta, deve continuare». In realtà, è logico, non veniva inflitta alcuna scossa, ma la spalla che, almeno in teoria, le riceveva, iniziò a gridare e a lamentarsi quando fu raggiunta l'intensità di 75 volt, e a ogni ulteriore aumento le sue wia divennero sempre più strazianti, mentre implorava di essere liberato e gridava che il dolore era insopportabile. Oltre i 330 volt, smise di parlare e di rispondere, sebbene all'insegnante fosse stato detto di punire con una scossa ogni mancata risposta. È sconvolgente, ma nel primo esperimento 25 soggetti su 40 continuarono a infliggere le scosse fino a quella dì intensità massima (450 volt), a cui corrispondeva la scritta «pericolo: scossa fortissima». Nessuno di loro si fermò a «scossa moderata», e molti arrivarono a «scossa estremamente intensa». Milgram elaborò diverse varianti di quest'esperimento, i cui risultati fwono altrettanto sconcertanti di quelli della sua versio-
OBBEDrENZA
53
ne originale. Forse può apparire sorprendente, ma tra coloro che inflissero le scosse più elevate vi erano tante donne quanti uomini, probabilmente perché, sebbene in genere la donna abbia il cuore più tenero dell'uomo, è anche più obbediente all'autorità (come attesta la minor percentuale di crimini che commette): è possibile che queste due tendenze si siano in qualche modo neutralizzate a vicenda. Quando i soggetti furono collocati nella stessa stanza dell'allievo, il numero di quelli che si spinsero fino alla scossa più intensa scese a uno su quattro, presumibilmente perché la vicinanza faceva percepire loro le conseguenze di quello che facevano: in pratica, un altro esempio di «disponibi1ità~}. È possibile inoltre che tale prossimità desse al soggetto la sensazione di appartenere allo stesso gruppo della spalla, e non a quello dello sperimentatore, che si trovava in un luogo distante, e che ciò lo facesse sentire più solidale nei confronti del primo che non del secondo. Infine, quando lo sperimentatore, una volta date le istruzioni iniziali, lasciò la stan~ e quindi non continuò a c0stringere il soggetto a proseguire, solo 9 soggetti su 40 si spinsero fino alla scossa di livello più intenso, sebbene anche questo sia un dato piuttosto negativo; inoltre, perfino quando i soggetti furono lasciati liberi di decidere in totale autonomia, senza alcun tipo di pressione esterna, !'intensità massima della scossa da infliggere, uno di loro arrivò a quella più alta. Si potrebbe pensare che i soggetti avessero capito che si trattava solo di una finzione e che in realtà non veniva inflitta alcuna scossa. Purtroppo non è vero. Molti di loro, via via che il test procedeva, divennero estremamente nervosi: sudavano, tremavano e supplicavano lo sperimentatore di farli smettere. Tutti i protocolli relativi ai soggetti attestano la stessa dinamica. Al momento di impartire la scossa di intensità massima, uno di loro disse allo sperimentatore: «Che cosa succede se muore lì dentro? Insomma, mi ha detto che non può sopportare la scossa ... », ma andò avanti lo stesso, fino a infliggergli una scossa da 450 volto Un altro affennò: «Sono veramente preoccupato per l' uomo lì dentro. Ho paura che abbia avuto un attacco di cuore. Ha detto che ha il cuore debole~). Altri invece, del tutto imperturbabili, somministraTO-
fRRAZfONAUf),
no le scosse in base agli ordini ricevuti senza mostrare alcun segno di emozione. La descrizione di uno di loro fatta da Milgram suona così: La scena è brutale e deprimente: il suo volto, duro e impassibile,
esibisce una totale indifferenza mentre si impone l sull'allievo che urla e gli infligge le scosse. Non sembra trarre alcun piacere dall'atto in sé, ma solo il tranquillo compiacimento derivante dalla consapevolezza di stare svolgendo bene il proprio lavoro. Quando somministra la scossa da 450 volt, si gira verso lo sperimentatore e chiede: ...E ora, cosa facciamo, professore?». il suo tono è deferente e rivela la sua disponibilità a essere un soggetto cooperativo, in netto contrasto con l'ostinazione dell'allievo. Anche se, quando fu spiegata loro ogni cosa, per salvare la faccia ritennero opportuno dire allo sperimentatore di essersi resi conto che si trattava di una finzione e che non veniva inflitta alcuna scossa reale, quasi nessuno di loro lo aveva capito. Nel followup che fece seguito all'esperimento alctmi anni dopo, molti dei soggetti affennarono di aver imparato qualcosa di prezioso dalla loro esperienza. &co due tipiche risposte: «Quest'esperimento ha rafforzato la mia convinzione che l'uomo deve evitare di far del male ai suoi simili anche a costo di violare il principio di autorità)), e: «Nel 1964, quando ho fatto il soggetto dell'esperimento, sebbene credessi di fare del male a qualcuno ero totalmente all' oscuro dei motivi per cui lo facevo. Pochi si rendono veramente conto di quando agiscono in base alle loro convinzioni personali e di quando si sottomettono passivamente all'autorità». I risultati ottenuti da Milgram non si limitano all' America: l'esperimento fu ripetuto a Monaco, a Roma, in Sudafrica e in Australia, e in tutti queste località un numero di soggetti ancora maggiore che a Yale arrivò a somministrare le scosse di intensità più elevata. Che cos'aveva indotto tanti americani per bene e rispettosi della legge a infliggere, o almeno cosi credevano, scosse da 450 voIt a persone del tutto innocenti? La risposta è: l'obbedienza all'autorità.
OBBEDIENZA
55
Lo attesta il fatto che, ogni volta che lo sperimentatore lasciava la stanza con un pretesto, delegando la supervisione del test a una spalla che non aveva alcuna effettiva autorità, il numero di coloro che infliggevano le scosse più alte scendeva di un terzo, benché tale cifra equivalesse ancora al 20% dei soggetti testati. L'obbedienza all'autorità ci viene inculcata fin dalla nascita: obbedienza ai genitori, agli insegnanti, ai superiori nell'ambiente di lavoro, alla legge. Inoltre, essa è un prerequisito per il funzionamento di ogni gruppo organizzato. I piloti degli aeroplani devono inchinarsi all'autorità dei controllori del traffico aereo, se si vuole evitare il caos nei cieli. Tanto in un piccolo gruppo, quanto nelle grandi e complesse società in cui oggi viviamo, qualcuno deve fare da guida e altri devono seguirlo, anche se può capitare che chi in una situazione svolge il ruolo di leader in un'altra sia tra coloro che seguono. In pratica, ci viene sistematicamente insegnato a rispettare le autorità e a non gettare discredito su di loro. Pertanto, molti soggetti dell'esp~rimento di Milgram potrebbero aver avvertito come scortese e alquanto imbarazzante non obbedire agli ordini dello sperimentatore. Inoltre, negli Stati Uniti, e ancor di più in Gran Bretagna, i professori universitari, forse soprattutto quelli di materie scientifiche, sono visti come figure autorevoli. Inoltre, essi sono ritenuti credibili, quindi è possibile che alcuni dei soggetti dell' esperimento abbiano creduto all'assicurazione iniziale per cui le scosse non avrebbero arrecato danni permanenti ai tessuti; ma, a giudicare dalle loro risposte, di certo non tutti. Tuttavia, tra coloro che si spinsero fino alle scosse di livello massimo nessuno dubitava di star infliggendo acute sofferenze semplicemente per obbedire a un ordine dello sperimentatore. In questi esperimenti non erano previste sanzioni per chi si rifiutava di obbedire: i soggetti erano volontari, quindi potevano andarsene dal laboratorio ogni volta che lo desideravano. In molti ambiti della vita reale - nell'esercito, nella polizia e perfino nel mondo degli affari -, invece, sono previste pene in caso di disobbedienza. In tali contesti, l'obbedienza irriflessiva dev'essere certamente ancor più accentuata di quella emersa negli esperimenti
56
IRRAZIONALITA
di Milgram. Lo psicologo statunitense ritiene che sia proprio la tendenza a obbedire e a conformarsi il motivo per cui cosi tanti tedeschi, per il resto infinitamente perbene, hanno commesso atrocità tanto inqualificabili nella seconda guerra mondiale. Esistono altri esperimenti sul potere dell'autorità, ognuno dei quali con esiti identici. In uno di essi, alcune infermiere hanno ci· cevuto una telefonata da un tale che ha detto di essere un medico del loro ospedale - che esse, tuttavia, non avevano mai incontrato - e ha ordinato loro di somministrare a un paziente una dose da 20 mg di un farmaco di nome Aspaten (in realtà un pIacebo), aggiungendo che dovevano darglielo immediatamente perché voleva che gli facesse effetto prima che lui arrivasse in reparto a visitarlo. Ha anche detto che avrebbe firmalo la ricetta in quell'occasione. Benché avesse prescritto una dose doppia di quella massima indicata sul bugiardino, e benché esistesse una regola per cui nessuna infermiera doveva somministrare un farmaco prima che il medico avesse firmato la ricetta, il 95% delle infermiere contattate ha ubbidito. Tale è il potere dell'autorità J . In un altro test, anch'esso legato alla vita reale, un uomo di bell'aspetto è salito sulla metropolitana di Londra, si è avvicinato a un estraneo e ha detto: «Le dispiacerebbe lasciarmi il posto?». Quasi tutti coloro a cui si è rivolto si sono alzati e lo hanno fatto sedere. Se avete abbastanza faccia tosta, non dovreste avere difficoltà a trovare un posto su un autobus o un treno, per quanto affollato esso sia. Vi è un'interessante situazione, anch'essa correlata con l'obbedienza, cioè quella in cui due (o più) persone ricoprono incarichi di responsabilità, ma una delle due ha autorità sull'altra: in questo caso, il rispetto per l'autorità può far sÌ che il subalterno esiti a esprimere i suoi punti di vista o le sue osservazioni. Ciò ha condotto a diversi incidenti aerei, in quanto il co-pilota credeva che il pilota stesse sbagliando, ma non ha osato dirglielo '. E ancora: da uno studio condotto all'interno di un reparto di ostetricia britannico ~ è emerso che il n% degli assistenti di medicina interna (Senior House Officers) non hanno il coraggio di esprimere il proprio dissenso nei confronti delle strategie terapeutiche adottate
OBBEDIENZA
57
da un medico con qualifiche superiori. In entrambi i casi, il rispetto estremo per l'autorità è chiaramente mal indirizzato. Ovviamente, le persone non sempre obbediscono agli ordini. Anzi, possono reagire facendo l'esatto opposto di quanto viene loro intimato se sono contrariate dalla natura del comando. Benché esistano pochi lavori sperimentali in proposito, sembra probabile che le persone reagiscano sfavorevolmente a un ordine se chi glielo impartisce non ha l'autorità per farlo, se è formulato in maniera grossolana, se non è prevista alcuna punizione in caso di disobbedienza e se disapprovano violentemente quanto viene chiesto loro di fare. Un noto esempio di obbedienza sfociato in un prevedibile disastro fu la carica della Brigata Leggera durante la guerra di Crimea. Lord Raglan, l'aristocratico ma stolto comandante britannico, tramite un aiutante di campo inviò un dispaccio in cui ordinava «alla cavalleria di avanzare rapidamente verso il fronte (... ] e impedire al nemico di impad.r0nirsi dei cannoni». Nella valle prospiciente il luogo in cui era schierata la Brigata Leggera c'era una batteria di artiglieria turca; sulle colline, da entrambi i lati della valle, altri cannoni e fucilieri turchi. Obbedire all' ordine così com'era formulato avrebbe significato la distruzione della Brigata Leggera, poiché essa si sarebbe trovata sotto il fuoco nemico sia frontalmente che da ambo le parti. Inoltre, era pura follia che un reparto di cavalleria ne attaccasse uno di artiglieria senza il supporto dei fanti. Tuttavia, malgrado i loro dubbi, gli ufficiali della Brigata Leggera obbedirono all'ordine alla lettera. Con estremo coraggio, le truppe eseguirono la carica con la stessa precisione che se si fossero trovate su una piazza d'armi. Dei 700 che vi parteciparono, tornarono indietro meno di 200. In seguito, Lord Raglan accusò il comandante della cavalleria di non essersi accertato della disposizione del nemico e di non aver chiamato altre truppe in suo aiuto. L'episodio pone la questione se esistano circostanze in cui è necessario disobbedire a un ordine in ambito militare. Quanto alla più ampia questione di quando sia razionale disobbedire all'autorità in generale, essa è di difficile soluzione. Sa-
58
IRRAZIONAlrrÀ
rebbe senz'altro folle guidare sul lato destro della strada in Gran Bretagna o su quello sinistro negli Stati Uniti: infatti, sebbene si tratti di regole arbitrarie imposte dalle autorità, se gli automobilisti le violassero sarebbe il caos. Ma che dire del consumo di marijuana, una droga probabilmente non più nociva delle sigarette, almeno nei suoi effetti a lungo termine? Se si ritiene che la legge così com'è costituisca una violazione delle libertà individuali, è senz'altro razionale violarla, a patto - è ovvio - che le probabilità di essere scoperti siano relativamente basse. Di fatto, sono in molti a sfidare la legge: molti ricchi, ad esempio, trascurano di pagare le tasse sui redditi, o non si sentono affatto in colpa se fanno entrare merci di contrabbando attraverso la dogana, mentre i poveri spesso ottengono i sussidi di previdenza sociale con falsi pretesti. Ma in questi casi non vi è alcuna autorità riconosciuta che incombe su di loro, non si vede nessuno a cui sarebbe imbarazzante disobbedire. In pratica, la maggior parte della gente reputa razionale sfidare una legge cattiva o un governo malvagio nella misura in cui può farlo di nascosto. La rivolta popolare scoppiata a Pechino nel 1989 riscosse il plauso dell'Occidente: esiste una soglia oltre la quale non solo è razionale, ma anche auspicabile disobbedire. Di sicuro questa soglia fu superata negli esperimenti di Milgram: in fondo molti soggetti arrivarono a temere di poter uccidere i loro allievi, e tutto per un esperimento psicologico. Benché per spiegarli occorra molto di più dell'obbedienza, le scoperte di Milgram gettano un po' di luce anche sugli episodi tatalmente irrazionali di distruzione di massa che hanno caratterizzato gran parte del XX secolo. Si pensi al bombardamento insensato di Dresda, attuato, per ordine di Bomber Harris ' e con l'approvazione di Churchill, in un momento in cui la guerra era già quasi vinta; o allo sterminio degli ebrei perpetrato dai nazisti; o all'uso del napalm sulla popolazione da parte delle truppe americane di stanza in Vietnam, e infine al massacro di civili inermi, tra cui donne e bambini, ordinato dagli statunitensi a My Lai. L'attuazione di queste atrocità è dipesa in massima parte dall'obbedienza irrazionale di persone comuni, e, alla luce dei risultati ottenuti da Milgram, si può solo dire: «Grazie a Dio non c'ero».
0 88EDIENZA
"
Quel che è certo è che in tutti questi casi nessuno nutriva alcun dubbio sui terrificanti effetti delle sue azioni. E allora perché l'ha fatto? Ecco i motivi: 1. Tutte queste atrocità sono state commesse da persone che avevano ricevuto un forte imprinting all'obbedienza da parte di organizzazioni militari o paramilitari all'interno delle quali avevano sistematicamente appreso a non discutere gli ordini. 2. Il comando iniziale in genere è stato dato da persone lontane daUe situazioni, e che quindi non erano costrette a vedere le vittime: le agghiaccianti conseguenze dei loro ordini non erano dunque «disponibili». Il generale Haig,. che nella prima guerra mondiale fu responsabile della morte inutile di centinaia di migliaia di uomini al suo comando, non poteva sopportare di entrare in un ospedale militare, dove gli effetti delle sue reiterate bestialità erano sotto gli occhi di tutti. Secondo Norman Dixon, sia Eichmarm che Himmler, entrambi colpevoli di aver mandato a morte milioni di ebrei, si sentirono mal.e quando furono messi di fronte alle conseguenze dei loro ordini 7 . Nel caso dei bombardamenti o del fuoco d'artiglieria, anche l'atto finale è stato compiuto da persone che non hanno assistito ai suoi risultati, e quindi hanno potuto ignorarli perché non erano «disponibili». 3. In tutti questi casi una disobbedienza avrebbe comportato gravi punizioni. 4. I gruppi contro i quali sono state perpetrate tali atrocità - tedeschi, ebrei, vietnamiti (o, come li chiamavano i soldati americani, «musi gialli») - erano tutti percepiti come estranei se non ostili ' . 5. In alcuni casi era stato fatto di tutto per degradare e svilire i membri di tali gruppi. Fin dall'inizio degli anni '30 Hitler aveva lanciato una violenta campagna propagandistica diretta a gettare fango sugli ebrei; nei campi di concentramento i servizi igienici erano volutamente insufficienti, cosicché i detenuti che andavano alle camere a gas non erano soltanto sporchi, ma letteralmente coperti di escrementi. t: più facile uccidere qualcuno se lo consideri una creatura subumana. 6. Le persone convinte di dover sempre obbedire agli ordini tendono a discolparsi negando perfino a se stesse le loro responsabi-
6iJ
IlUtAllONAUTA
lità morali. Ciò emerge chiaramente dai protocolli di Milgram, in cui si legge che i soggetti chiesero allo sperimentatore se si sarebbe assunto lui la piena responsabilità di ciò che stava accadendo. Se non ci sentiamo colpevoli delle nostre azioni, i sentimenti di
colpa e di vergogna che in genere proviamo nel fare del male agli altri scompaiono: i danni arrecati sono colpa di qua1cun altro. 7. Infine - e forse è il motivo più importante di tutti - come si è visto dai protocolli di Milgram. agire per obbedienza è spesso un'abitudine automatica: le persone obbediscono senza nemmeno accorgersi che lo stanno facendo. Se l'obbedienza è indiscussa e abituale, è totalmente impossibile stabilire se sia razionale: ciò implicherebbe la capacità di riflettere. Molti dei fattori elencati contribuiscono a detenninare l'attitudine al conformismo e le dinamiche esistenti all'interno e tra i vari gruppi sociali: essi saranno sviluppati più ampiamente nei
prossimi due capitoli, dai quali emergono i potenti effetti che essi esercitano.
Morale 1. Riflettete prima di obbedire. 2. Chiedetevi se un ordine è giustificato. 3. Non offritevi mai volontari per partecipare a un esperimento al laboratorio di Psicologia di Yale.
' La maggior parte di questo capitolo è basata su Stanley Milgram, ObtdiNlCt' lo Alllhority. Ali E:rperimt'lI lal Vi("ttl, Harper and Row, New York 1974 (nuova ed. Pinter and Martin, London 2006). l Per comprendere il senso di questo termine (subdues nell'originale) occorre conoscere il contesto che lo pre«.'dc. U soggetto, un certo Bruno Batta, si rivela particolalTIlente zelante nell'esecuzione del compito affidatogli dallo sperimentatore, anche se, nelle parole dello stesso Milgram: .. D0po la scossa da 150 voli (deve1 costringere l'allievo a posare la mano sul
OBBED/ENZA
61
punto in cui viene somminis trata la scossa elettrica, dal mOml'Tlto che egli si rifiuta di toccarla ... La scena si ripete alla scossa da 3JO voltoSt.'b'lle il passo citato http:// home.swbell.net/ revscat / perilsOfObedience.html IN.d. T.). ' Charles K. Hofling, Eveline Brotzman, Sarah Dalrymple et al., Ali ExperitIIt'IItal Stlldy iII Nll r$t'-Plrysicimr Rt'latiollslrip, «Joumal Of Nervous and Mental Disease", n. 143, 1966, pp. 171-180. ' Roger Green, HI/lllml E, ror 011 thl:' Flight Deck, RAF Ins titute of Aviation Medicine, Famborough 1991 (rapporto non pubblicato). 5Maeve Ennis, Trai/lil/g illld SIIpt'rvisioll oj Obst!'t,ic Sm;o, Hou$(' Officers', "Britis h Medicai Joumal ,., n. 303, 1991. pp. 1442-1443. ' Si tratta di sir Arthur Travers Harris (1892-1894), capo dci Comando Bombardieri della RAF durante la seconda guerra mondiale. soprannorninato .. Bomber.. Harris dalla stampa IN.d.T.1. ' Nonnan F. Dixon, Our Dmll Worst Ellmly, Jonathan Cape. London 1987. • L'autore introduce qui la nozione di out-group, che verr.l però sviluppata nel capitolo S IN.d.T.).
Capitolo 3 Conformismo
Obbedire significa comportarsi nel modo stabilito da un'autorità, conformarsi significa agire nello stesso modo dei propri pari. Spesso è razionale conformarsi alle norme sociali. Chi passa col rosso, ad esempio, lo fa a proprio rischio e pericolo, e, a meno che non vi troviate in un paese arabo, è improbabile che ruttare forte a tavola accresca la soddisf.azione vostra o di chiunque altro durante un pranzo ufficiale. Tuttavia il desiderio di conformarsi, di cui, nella maggior parte delle occasioni, non ci rendiamo neppure conto, può sfociare in comportamenti altamente irrazionali. Immaginate di esservi offerti volontari come soggetti di un esperimento psicologico. Vi conducono in una stanza contenente nove sedie disposte a semicerchio, e vi fanno accomodare accanto a un tale seduto a un'estremità del semicerchio. Ben presto gli altri posti si riempiono, e lo sperimentatore vi spiega che il compito dei soggetti è pronunciarsi in merito alla lunghezza di alcune linee. Quindi, al gruppo vengono mostrate due schede. Sulla prima figura un'unica linea, sulla seconda tre, di cui una della stessa identica lunghezza di quella della prima scheda, mentre le altre due sono chiaramente o più lunghe o più corte: ad esempio, la linea sulla prima scheda potrebbe essere lunga 20 cm e quelle sull'altra rispettivamente 15, 20 e 25 cm. A questo punto lo sperimentatore spiega che ciascuno di voi deve scegliere, tra le linee della seconda scheda, quella di lunghezza uguale alla linea contenuta nella prima: è talmente ovvio qual è la risposta giusta che probabilmente penserete che sia un po' svanito (dopotutto è uno
"
IRRAZIONALITÀ
psicologo). Poi, egli chiede ai vari membri del gruppo di esprimere ad alta voce il loro giudizio, uno dopo l'altro, a partire dal soggetto più lontano da voi, e, con vostro grande stupore, nessuno degli altri sceglie la linea giusta: indicano tutti la stessa linea, ma è sbagliata. La domanda è: che cosa dite quando tocca a voi? In realtà, nell'esperimento a cui mi sono ispirato! tutti gli altri componenti del semicerchio erano «spalle», ed era lo sperimentatare a suggerire loro le risposte da dare. Vi erano più gruppi diversi, a ognuno dei quali sono state mostrate diciotto differenti coppie di schede: in sei casi le spalle hanno scelto la linea giusta, negli altri dodici la stessa linea sbagliata. La domanda è sempre la stessa: cosa fareste voi se foste un soggetto di quest'esperimento? Di fatto, solo un quarto dei soggetti si è fidato abbastanza dei suoi sensi da scegliere la linea giusta in tutte e dodici le occasioni in cui gli altri avevano dato un giudizio errato. I restanti tre quarti hanno scelto almeno una volta la linea sbagliata, e la maggior parte di essi lo ha fatto varie volte. Alcuni hanno alterato di proposito il proprio giudizio, credendo che la maggioranza avesse torto ma non avendo la forza di contraddirla; alcuni nutrivano dei dubbi sul fatto che gli altri avessero ragione o meno, e pensavano vi fosse qualcosa che non andava nella propria vista; altri, invece, erano assolutamente convinti che la maggioranza fosse nel giusto. Inoltre, quasi tutti i soggetti che non si sono fatti influenzare dal giudizio degli altri si seno mostrati estremamente nervosi ed esitanti. L'esperimento, originariamente condotto negli Stati Uniti da Solomon Asch, è stato replicato varie volte, sostanzialmente con gli stessi risultati, anche se in genere il numero dei soggetti che hanno dato la risposta sbagliata è stato leggermente inferiore. Ciò può essere attribuito a diverse ragioni: forse, nel periodo maccartista in cui fu effettuato per la prima volta l'esperimento, }' America era un paese particolarmente conformista; oppure è possibile che, col passare del tempo, la partecipazione degli studenti ai test psicologici sia talmente cresciuta che essi sono divenuti sospettosi nei confronti dei trucchi degli sperimentatori. Tuttavia, quando le tre linee della seconda scheda erano pressoché della
CONFORMISMO
65
stessa lunghezza, per cui era difficile decidere quale fosse quella giusta, quasi nessuno è stato condizionato dalle false risposte date dalle spalle. È particolarmente interessante notare che quasi tutti i soggetti testati in questa situazione, in seguito, hanno affermato di non essere stati realmente influenzati dal giudizio della maggioranza: si sono semplicemente confonnati a esso, senza neppure rendersene conto. Spesso si è conformisti per abitudine, proprio come si obbedisce per abitudine. Dagli esperimenti di Asch è anche emerso che, nel caso in cui è evidente quale sia la linea giusta, è sufficiente che una sola spalla risponda esattamente perché pochissimi soggetti sbaglino, forse per il fatto che, tra i motivi che spingono ad allinearsi con la maggioranza, vi è la paura di essere scartati: vedere che un'altra persona non è stata emarginata per aver dato la risposta giusta può persuadere il soggetto di non aver nulla da temere se anche lui lo fa. In un ulteriore sviluppo del suo esperimento, Asch ha chiesto ai soggetti di esprimere .il loro giudizio in segreto e per iscritto; anche se molti di loro si sono fatti influenzare ancora dalla maggioranza, quelli che hanno risposto correttamente sono stati più numerosi che nei test precedenti. Le scoperte di Asch dimostrano che le persone tendono a conformarsi ai comportamenti altrui sia quando sono consapevoli che così facendo sbagliano, sia quando non si rendono conto né del loro errore, né della pressione sociale che le induce a commetterlo. Ora, distorcere il proprio giudizio per adeguarlo a quello degli altri senza accorgersi di farlo è indubbiamente irrazionale, come lo è gran parte dei comportamenti conformistici a cui assistiamo ogni giorno. Prendiamo un esempio banale: in Inghilterra, per tradizione, vi è un'estrema riluttanza a parlare con gli sconosciuti, al punto che molti sono capaci di continuare a stare in una carrozza ferroviaria in cui si gela o si muore dal caldo perché sono troppo imbarazzati per chiedere a un altro passeggero di chiudere o aprire il finestrino; perciò, spesso è possibile vedere due persone, sedute l'una di fronte all'altra, che tremano entrambe dal freddo perché nessuna delle due ha l'ardire di chiudere il finestrino. In questo caso, l'imbarazzo deriva dall'incapacità, in-
..
IRRAZION~urA
tenzionale o casuale, di conformarsi adeguatamente a una data situazione per paura del giudizio altrui. Ma mentre è sbagliato offendere gli altri, che importanza ha cosa pensa di noi un estraneo, specie su una questione così banale come regolare la temperatura su un treno? Gli effetti del conformismo sulle convinzioni e i comportamenti, ben più importanti, sono tanto più nocivi in quanto le persone tendono a frequentare altre persone che hanno le loro stesse convinzioni. In un successivo capitolo dimostreremo che l'unico modo per provare la validità di una credenza è tentare di confutarla. Ma poiché «il simile va col simile)', le persone ben di rado si confrontano con argomenti contrari alle loro più profonde e radicate convinzioni, figuriamoci poi con evidenze tese a smentirle. Così le loro idee si conformano a quelle delle persone che frequentano: di conseguenza, è praticamente impossibile sradicare gli errori persistenti. ~ noto che qualunque decisione annunciata pubblicamente ha
più probabilità di essere messa in atto di una che è stata presa in forma privata. Le persone hanno paura di sembrare sciocche se non si attengono a una scelta comunicata in pubblico, ma sono pronte ad arretrare se la stessa scelta è stata compiuta in privato. In parte è perché le decisioni politiche sono pubbliche che i politici sono così incredibilmente riluttanti a cambiare idea, anche quando - come nel caso dell'introduzione in Gran Bretagna dell'imposta pro capite -la risoluzione iniziale era chiaramente sbagliata. Dal momento che nessuno ha sempre ragione, la disponibilità a cambiare opinione alla luce di nuovi elementi è segno di razionalità, non di debolezza. Nell'ambito di varie inchieste effettuate da alcune agenzie pubblicitarie, un certo numero di estranei sono stati riuniti e catechizzati sulle virtù di un particolare prodotto. AI termine del!'incontro è stato chiesto loro di dire ad alta voce, o di scrivere in segreto, se intendessero o no acquistare il prodotto in questione, ed è emerso che coloro i quali avevano manifestato davanti a tutti la loro intenzione di comprarlo erano molto più
CONrO RMISA10
67
orientati ad acquistarlo di coloro i quali l'avevano espressa per iscritto e in segreto. In uno studio più formale, uno sperimentatore, spacciandosi per un membro della locale azienda del gas, ha condotto un'inchiesta tra i proprietari di appartamenti, informandoli che stava effettuando un sondaggio sulla loro capacità di ridurre j consumi energetici l . Ha esposto loro varie strategie possibili per risparmiare energia, spiegando che i risultati dell'inchiesta sarebbero stati pubblicati su un quotidiano locale. A metà dei soggetti è stato detto che, se avessero acconsentito a collaborare, i loro nomi sarebbero apparsi nell'articolo, all'altra metà che sarebbero rimasti anonimi. Tutti hanno accettato di partecipare e firmato un modulo in questo senso, in cui si specificava che davano il loro consenso alla pubblicazione dei propri nomi, o che essi non sarebbero stati riportati. Alcuni mesi dopo è stata misurata la quantità di gas utilizzato per il riscaldamento centrale di ogni appartamento: ebbene, tra i soggetti che avevano risposto al questionario, quanti avevano accettato di far apparire i loro nomi ne avevano consumato molto meno di coloro che avevano scelto di • nmanere anoruffil. Questo fenomeno è alla base del successo di organizzazioni quali la Weight Watchers e gli Alcolisti Anonimi. Impegnarsi pubblicamente a perdere peso o a smettere di bere è di gran lunga più efficace che decidere di farlo in privato. L'approvazione tributata dal gruppo a chi compie scelte lodevoli ma difficili, infatti, aiuta a mantenere l'impegno preso, mentre la disapprovazione che esso riserva a chi fallisce può generare un senso di vergogna. L'efficacia degli impegni presi in pubblico è stata dimostrata più volte, ma uno studio realistico l condotto su un gruppo di donne sposate residenti presso la Yale University segna un ulteriore passo avanti in questo senso. Tutte le donne selezionate per !'inchiesta erano decisamente favorevoli alla diffusione di informazioni relative al controllo delle nascite; a metà di loro è stato chiesto di firmare una petizione pubblica che chiedeva di dare agli alunni del liceo locale una specifica formazione su questi temi, mentre l'altra metà non è stata contattata in alcun
68
IRJV.ZIONALITA
modo. 11 giorno seguente, metà delle donne che avevano firma· to la petizione e metà di quelle a cui non era stato chiesto di farlo hanno ricevuto un dépliant alquanto persuasivo, che elencava una serie di ragioni per cui un adolescente IlOti dovrebbe ricevere informazioni sul controllo delle nascite (esse favorirebbero la promiscuità, la decisione di fornire tale genere di indicazioni dovrebbe spettare ai genitori, e così via). Uno o due giorni dopo, qualcuno (neanche a dirlo. uno degli sperimenta tori) ha contattato le donne a una a una e ha chiesto loro di entrare a far parte, in qualità di volontarie, di un gruppo nato per promuovere la diffusione di informazioni sul controllo delle nascite. In quell'occasione si è avuta la prova che il dépliant che era stato consegnato a una parte dei soggetti era veramente persuasivo: tra le donne che nOli avevano firmato la petizione (e che quindi non si erano pubblicamente impegnate a divulgare le informazioni tra i giovani), quelle che, pur avendolo letto, hanno accettato di far parte del gruppo di volontariato, erano meno di quelle che non lo avevano ricevuto. Tra le donne che avevano firmato la petizione, si è osservato esattamente l'effetto opposto. Metà di quelle che avevano sia firmato che ricevuto il dépliant hanno accettato di aderire al gruppo, mentre solo una su dieci tra quelle che avevano firmato ma 110 11 avevano avuto il volantino ha acconsentito.ln altre parole, le donne che avevano apertamente espresso il loro impegno firmando hanno reagito con forza al dépliant, il cui messaggio, in netto contrasto con le loro opinioni, anziché ridurre il loro impegno ha finito per accrescerlo. Una volta che qualcuno ha scelto di impegnarsi intensamente in qualcosa in cui crede (in questo caso annunciandolo davanti a tutti), gli argomenti contrari possono solo aumentare la forza delle sue convinzioni: quando le idee di una persona sono contestate, infatti, essa può ulteriormente convincersi di avere ragione, un fenomeno noto come «effetto boomerang». Questo effetto è causato, almeno in parte, dal bisogno di giustificare ai nostri occhi una scelta a cui sentiamo di non poterei sottrarre. lnsomma, il dépliant, pur contenendo argomenti contrari - anzi proprio per questo - ha accresciuto le con-
CONfOKMlSMO
"
vinzioni delle donne già decise a fornire informazioni sul controllo delle nascite perché dovevano dimostrare a se stesse che avevano fatto bene a firmare la petizione. È chiaro che in tutto ciò vi è qualcosa di profondamente irrazionale: tutte le donne, infatti, partivano dalle stesse posizioni, ma dopo aver esaminato "l'altro lato della medaglia», quelle che non avevano ufficializzato il loro impegno hanno leggermente attenuato l'intensità delle loro convinzioni, mentre quelle che lo avevano fatto hanno maturato punti di vista ancora più estremi. Conformarsi acriticamente alle abitudini vigenti può avere conseguenze alquanto negative. Si pensi alle strane e spiacevoli consuetudini un tempo imperanti nei licei privati inglesi, dove le matricole erano costrette a bruciarsi le dita sul fuoco mentre preparavano i toast per gli allievi più «anziani», oppure venivano frustate per puro capriccio. Per quanto riguarda la Germania nazista, benché nel suo caso entrassero in gioco molti altri fattori, tra cui l'obbedienza, anche la tendenza a conformarsi ad allucinanti norme collettive ebbe un preciso ruolo nelle atrocità che vennero commesse in quella nazione. In passato tale tendenza era anche alla base della strana consuetudine di dirimere le dispute con i duelli: i contendenti, infatti, avevano il coraggio fisico occorrente per duellare, ma mancavano del coraggio morale necessario per rifiutare perché temevano di essere considerati vigliacchi dai loro amici, per cui erano costretti a conformarsi. Molte azioni malvagie compiute dietro il paravento della fede, come bruciare gli eretici, furono motivate almeno in parte dal conformismo. Quando le usanze in vigore in una società sono buone, naturalmente, tale conformismo può sortire un effetto benefico, ma ben di rado esse lo sono del tutto; per giunta, la maggior parte della gente preferisce conformarsi anziché elaborare autonomamente quali consuetudini valga la pena di seguire e quali no. Se volete un esempio più banale dei deleteri effetti del conformismo, prendete la moda femminile, un campo in cui la combinazione tra il desiderio di conformarsi e quello di eccellere può cond urre a risultati finali davvero sconcertanti. Di solito le ten-
70
lRRAZIONlourA
denze della moda vengono lanciate da un gruppo che gli altri ammirano: a seconda del periodo, può trattarsi della famiglia rea· le, di qualche star del cinema, oppure - come negli armi '60, in cui si tributava un vero e proprio culto alla giovinezza - dei giovani. Quelli che lanciano una moda in genere vogliono differenziarsi dalla moltitudine che li segue. Quando il volgo li raggiunge, i leader tentano di mantenere il primato accentuando la moda del momento: ne deriva una competizione in cui ogni nuovo eccesso viene di volta in volta emulato dagli altri. Ciò può sfociare nella creazione di articoli nocivi come le scarpe con il tacco a spillo, il busto stretto e la crinolina (a sua volta una riedizione, per l'esattezza la terza, del guardinfante). li desiderio di confonnarsi su cui si fonda il ciclo della moda è in massima parte irrazionale. Nessuno può ottenere uno degli altri attributi delle star del cinema e delle dOlU\e dell'alta società copiando il modo in cui si vestono. Comunque, gli esiti estremi e irrazionali talora indotti dalla moda non sono tanto il frutto dell'irrazionalità individuale, quanto dell'interazione di una serie di fattori operanti all'interno di un gruppo, tra cui in particolare lo spirito di conformismo e di competizione. Ho scelto come esempio di moda quella che ispira l'abbigliamento femminile, ma molte delle stesse considerazioni valgono per le varie mode vigenti nel mondo della pittura, della musica, della poesia, dell'architettura e dell'abbigliamento maschile. Sebbene quest'ultimo, almeno di recente, non abbia fatto registrare tendenze estreme, dev'essere stato fastidioso indossare le brachette rigonfie del XVI secolo '. Anche in questo caso, alla radice vi era il duplice desiderio di conformarsi e - per quanto riguarda i leader - di mantenere la loro posizione di primo piano. Le persone, quindi, si adeguano sia agli orientamenti dei gruppi cui appartengono, sia a quelli della società nel suo insieme. Vi sono altri due tipi di conformismo: quello suscitato dai comportamenti o dagli atteggiamenti di un solo individuo per il quale si prova un particolare rispetto, e quello ispirato alla condotta di una moltitudine di estranei che la pensano allo stesso modo.
CONfORMISMO
71
Copiare il comportamento di un «(modello» può avere risvolti positivi. È noto che i bambini piccoli imparano soprattutto modellando i propri comportamenti su quelli dei genitori, una tendenza quasi certamente innata. La lingua parlata, ad esempio, viene appresa quasi integralmente per imitazione: i genitori ben di rado correggono gli errori di grammatica dei figli o le loro improprietà lessicali; li riprendono soltanto quando dicono qualcosa di falso. Tutti i bambini hanno meccanismi innati che permettono loro di imparare a parlare correttamente sulla base dei limitati campioni di linguaggio con cui entrano in contatto. Un bimbo di sei mesi che tira fuori la lingua in risposta a un identico gesto della madre sta compiendo un' impresa non da poco: egli infatti non ha mai visto la propria lingua, eppure è capace di collegare a essa il gesto della mamma e di rispondere di conseguenza '. È stato ripetutamente accertato che, se un messaggio proviene da un esperto o da persone altamente credibili, risulta ben più persuasivo di quando è trasmesso da una fonte scarsamente attendibile. Ad esempio, ai soggetti di un esperimento sono stati fomiti alcuni articoli sulla medicina preventiva, ed è stato detto loro che erano tratti o da autorevoli riviste mediche, o dalla "Pravda» é . Non c'è da sorprendersi se gli stessi articoli hanno modificato molto di più i loro atteggiamenti nel caso in cui credevano che provenissero da fonti mediche attendibili. Ora, quando un esperto si attiene alla sua specifica sfera di competenza è ragionevole avere fiducia in lui, o forse si dovrebbe dire «una certa» fiducia, dato che anche gli esperti sbagliano spesso, talora con effetti disastrosi. Purtroppo, però, le persone possono godere di buona reputazione per motivi che non hanno niente a che vedere con il messaggio che trasmettono: una dichiarazione fatta da una star del baseball per dire che usa questa o quella lozione per capelli ha un forte impatto sulle vendite, tuttavia, anche se i giocatori di baseball possono essere degli esperti in campo, sono tanto poco noti (salvo rare eccezioni) per la raffinatezza della loro pettinatura quanto per la loro eleganza sartoriale. In questo caso, la spinta a conformarsi alle idee del giocatore scaturisce dalla tendenza a vedere tutti gli attributi di una perso-
n
IRRAllONAUTÀ
na come un insieme coerente. Il ragionamento implicito è che, siccome il testimoniai è bravo a giocare a baseball, dev'essere anche bravo a giudicare le lozioni per capelli e qualunque altro articolo sia pagato per promuovere. Questo non è che un altro esempio di effetto alone. Ma vi è un secondo motivo per cui è irrazionale farsi persuadere da uno spot in cui un esperto pubblicizza un prodotto: anche quando ci viene mostrata la vmcitrice della finale femminile di Wimbledon che impazzisce per una racchetta Whizzbang, non significa che la apprezzi, significa solo che è stata pagata per apprezzarla. Eppure, l'irrazionalità dei giocatori di tennis dilettanti è tale che in genere si precipitano ad acquistare una Whizzbang 7•
Fin qui ho trattato del conformismo che si esplica nei confronti della società nel suo insieme, e di quello che ci spinge a omologarei agli atteggiamenti di un individuo particolarmente apprezzato. Passo ora a esaminare i fenomeni conformistici che si manifestano all' interno delle folle, e che possono dar luogo a tre com· portamenti estremi: il panico, la violenza e le conversioni religio-se di massa. Supponete di essere al cinema, seduti a circa dieci metri dal· l'uscita più vicina, e di accorgervi che è scoppiato un incendio. Tutti quanti si alzano in piedi. Vì precipitate all'uscita, spingendo o magari calpestando gli altri? Oppure aspettate con calma il vo-stro turno, sperando che si formi una coda ordinata? La situazio-ne è analoga a quella già descritta a proposito del (,dilemma del prigioniero». Se tutti si comportano in modo ordinato, si salverà il maggior numero di persone, anche se alcuni - quelli seduti più lontano dalle uscite - potrebbero perdere la vita. Se la maggior parte delle persone non si fa prendere dal panico, la minoranza che si affretta verso le uscite potrà salvarsi a spese degli altri. Se tutti si fanno prendere dal panico, allora saranno in molti a per· dere la vita. A meno che non sia presente qualche autorità, è pro-babile che molti si facciano prendere dal panico, in parte perehé stanno ccreando di salvarsi, in parte perehé il panico si diffonde
CONFORMISMO
73
in genere per due motivi. n primo: se vedete che qualcuno si fa largo a spintoni verso l'uscita, probabilmente penserete che è ingiusto, e vi sentirete autorizzati a farlo anche voi. Il secondo motivo è che all'interno di una folla qualunque forte emozione sembra diffondersi in misura esponenziale: la paura è contagiosa, come pure le lacrime; cosi, se gli altri provano panico, anche voi finirete per provarlo. Tuttavia tale panico è quasi sempre irrazionale, se non altro perché la mischia che ne risulta spesso riduce le probabilità di sopravvivenza per tuttP. Il panico può essere attenuato dalla presenza di figure autorevoli. Negli incidenti aerei in genere le manifestazioni di panico sono rare, soprattutto perché gli equipaggi sono addestrati a esercitare un influsso calmante. Lo stesso vale per il campo di battaglia, sebbene sia difficile trovare un luogo in cui si respiri una paura maggiore. Da uno studio condotto sulle truppe americane durante la seconda guerra mondiale è emerso che, subito prima della battaglia, un soldato su quattro vomitava e uno su cinque perdeva il controllo degli intestini ·. L'addestramento prolungato, l'esempio degli ufficiali e dei sottufficiali, e - il che è forse altrettanto importante - il desiderio di conformarsi agli ideali del gruppo e non deludere i propri commilitoni, esercitano tutti un effetto di contenimento sui soldati, malgrado l'estrema paura. Pochi individui indulgono a una violenza sistematica e insensata sui loro simili; però, dai linciatori del profondo Sud dell'America ai sostenitori delle squadre di football inglesi, essa non è infrequente tra le folle. Forse non c'è gusto a compiere atti di teppismo da soli. I disgustosi linciaggi perpetrati a danno dei neri negli Stati Uniti del Sud, che spesso implicavano non soltanto l'uccisione, ma anche la tortura gratuita, avevano uno scopo, almeno agli occhi dei loro autori: sottomettere le vittime. Ma la violenza ingiustificata dei tifosi di calcio sembra non averne alcuno. Essa si esprime per lo più in comportamenti di massa, e ciò per varie ragioni, tra cui il venir meno della responsabilità dovuto al fatto di sentirsi parte di una moltitudine. L'effetto spersonalizzante della folla, peraltro, è abbastanza ben documentato: essa dà ai suoi membri un senso di anonimato, perché al suo interno nes-
"
lAAAZlONAUTA
suno può sapere chi è stato a fare qualcosa. Ciò è stato dimostrato da un esperimento ne) quale alcuni soggetti sono stati invitati a infliggere delle scariche elettriche a una «spalla .. : in tale occasione. quelli che indossavano camici e cappucci da laboratorio il che consentiva loro di restare del tutto anonimi - hanno impartito più scosse di quelli vestiti normalmente e di cui si conosceva il nome. Ovviamente, in realtà non c'è stata nessuna scossa, ma la spalla ha solo finto di averle ricevute l0, Tra le altre cause della violenza di massa possiamo segnalare: la tendenza delle emozioni ostili a diffondersi; il desiderio di esibire atteggiamenti machisti per impressionare gli altri membri del gruppo; l'aspirazione a conquistare la leadership essendo i primi a commettere un atto violento, e il proposito di rafforzare l'identità del proprio gruppo attaccandone altri. l'escalation nella violenza è inoltre dovuta al fatto che i leader cercano di restare all'avanguardia, mentre gli altri si conformano (come nel caso della moda). Ma forse è altrettanto importante il senso di trasgressione innescato dal fatto di accorgersi che altri membri del gruppo non osservano i valori convenzionali della società. Molti studi hanno dimostrato che la gente copia i comportamenti devianti degli altri, a partire dal pedone, che attraversa la strada nonostante il semaforo rosso (cosa che in molti stati americani è illegale), fino a varie forme di aggressione. Purché quella scelta non sia punita, altri la imiteranno. .. Dopotutto, se lui può passarla liscia, perché io no?" Un terzo effetto prodotto dalla folla sono le conversioni religiose di massa. La conversione di per sé non è necessariamente irrazionale, ma è senz'altro folle convertirsi solo perché si è all'interno di un gruppo formato in parte da credenti. Quanti di coloro che sono stati influenzati da Billy Graham Il sarebbero diventati ardenti cristiani attraverso una solitaria meditazione sui Vangeli? E quanti si sarebbero convertiti se avessero semplicemente fatto una chiacchierata a tu per tu con lui? Anche in questo caso, la massa favorisce le emozioni contagiose e il conformismo. Sia Graham che altri individui della sua risma fanno ricorso più a tern.iche di persuasione che a un mero isterismo di massa.
CONFO AA1/SMO
75
Essi sfruttano anche il potere degli impegni presi in pubblico e la tendenza di molte persone, una volta imboccata una certa linea d'azione, a scivolare inavvertitamente in gradi di coinvolgimento sempre maggiori, una tecnica di cui ci occuperemo più avanti 11 . Dopo aver catechizzato il loro pubblico sull'importanza di ottenere la redenzione mediante la conversione, per attenuare il senso di colpa e di vergogna che tutti noi ogni tanto proviamo, chiedono a coloro che sono pronti a offrire la loro testimonianza di salire sul palco, dove rievocano i loro antichi peccati e annunciano pubblicamente la loro adesione al movimento religioso, suggellando tale decisione con la firma di una promessa. Dopo essere passati attraverso tutto questo, occorre davvero una robusta attitudine al non conformismo per.. ricadere nel peccato» e, cosi facendo, attirarsi la disapprovazione dei propri nuovi amici. La credulità della gente in queste circostanze è tale che molti predicatori evangelici americani sono diventati immensamente ricchi a spese dei loro ingenui greggi: nel Nord Carolina, Jim Bakker ha ricevuto donazioni per 158 milioni di dollari, di cui almeno 4, in teoria destinati a Cristo, sono finiti nelle sue tasche. Grazie all'irrazionalità delle sue pecorelle, ha potuto godere di uno stile di vita a dir p0co sfarzoso. se è vero che aveva installato l'aria condizionata perfino nelle cucce dei suoi cani. AI momento, sta scontando una condanna a 45 anni di prigione. L'influsso dei propri simili può talora agire in modo diverso, ma ugualmente indesiderabile. Spesso non è facile decidere se soccorrere o meno un estraneo in difficoltà. Se è gravemente ferito e non si possiedono conoscenze mediche, si corre il rischio di peggiorare le cose; se per caso si scopre che in fondo non ha bisogno d'aiuto, la cosa si fa imbarazzante, anzi, può esserlo anche se ne ha davvero bisogno, sia perché noi non siamo in grado di darglielo, sia per la nostra riluttanza a parlare con gli sconosciuti; se è stato aggredito, c'è il pericolo che chiunque interviene in suo soccorso sia a sua volta aggredito; coloro che si impressionano alla vista del sangue o di altri tipi di ferita dovranno farsi forza per avvicinarsi, e forse, cosa più scandalosa di tutte, di questi
"
III:JU.ZIONAurA.
tempi potrebbe benissimo venir fuori che il «ferito» è in realtà uno di quei perfidi psicologi sociali che finge di essere stato aggredito, ed è probabile che si finisca per fare la figura degli sciocchi. Nella migliore delle ipotesi, il soccorritore perderà Wl po' del suo tempo prezioso. Ecco due esempi ben documentati tratti dalIa vita reale. New York, 1964, notte inoltrata. Una giovane donna di nome Kitty Genovese stava percorrendo a piedi il tratto di strada tra il punto in cui aveva parcheggiato la macchina e casa sua quando venne aggredita da un uomo e si mise a gridare. Nel palazzo le luci si accesero e l'assalitore si allontanò, per poi tornare a pugnalarla di nuovo. Si allontanò ancora una volta, il che le diede la possibilità di trascinarsi fino al portone dci suo palazzo, ma l'uomo la assalì per la terza volta, e infine la uccise. L'intero episodio durò mezz'ora e vi assistettero trentotto persone affacciate alla finestra. Nessuno intervenne e nessuno chiamò la polizia. li secondo episodio è ancora più noto. Sulla strada solitaria che va da Gerusalemme a Gerico, un uomo fu assalito dai predani. che lo percossero violentemente. Per caso sopraggiunse un sacerdote, ma passò oltre, dall'altra parte della strada, e lo stesso fece un levita. Quindi venne un samaritano, che «fu mosso a compassione e andò da lui e gli fasciò le ferite », per poi portarlo in una locanda e qui pagare l'albergatore perché si prendesse cura di lui. È probabile che il sacerdote e il levita siano passati oltre perché più si è vicini a una persona in difficoltà, più è difficile resistere all'impulso di aiutarla, e perché forse ciò ha permesso loro di negare a se stessi di avere una qualche responsabilità o dovere nei confronti di quello sventurato. Ci si sarebbe potuti aspettare che, delle trentotto persone che assistettero all'uccisione di Kitty Genovese, ce ne fosse almeno una che, pur senza arrivare alle vette di nobiltà del buon samaritano, si fosse almeno presa il disturbo di telefonare alla polizia. Perché il samaritano agì in modo cosi diverso da loro? La risposta è nota. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che, quando molte persone assistono a un fatto che richiede un loro intervento, ognuna
CONFORMISMO
n
di loro si sente meno responsabile che se fosse da sola . Nel corso di uno studio, ad alcuni soggetti - tutti matricole - è stato detto che dovevano discutere delle difficoltà che comporta adattarsi alla vita universitaria. Potevano sentirsi, ma non vedersi. n numero di soggetti presenti andava da l a 5, e inoltre c'era sempre una «spalla" che fingeva di essere un vero studente. Durante la conversazione, in genere la spalla rivelava di soffrire di epilessia e poco dopo simulava un attacco epilettico. Quand'era presente un solo soggetto autentico, 1'85% degli studenti segnalava il fatto allo sperimentatore, mentre, quando ce n'erano due oppure cinque, rispettivamente solo il 62% e il 32% di loro lo faceva. Chiaramente, ognuno pensava che fosse compito di qua1cun altro intervenire. L'effetto è stato dimostrato anche grazie a un divertente studio, ancor più vicino alla vita reale. Due sperimenta tori sono entrati in Wl negozio di alcolici nello stato di New York, e, mentre il negoziante era nel retrobottega, se la sono filata con una cassa di «Lager» dicendo: «Non si accorgeranno mai che sono sparite». Per i loro furti sceglievano ogni volta un orario tale che vi fossero uno o due veri clienti nel negozio. Dopo che le «Lager» erano state portate via, il negoziante, che era al corrente dell'esperimento, tornava al banco. Se i clienti - gli involontari testimoni - non gli riferivano subito del furto, egli chiedeva loro cosa fosse successo: ora, se nel negozio c'era un solo cliente, il furto gli veniva segnalato nel 62% dei casi, mentre, quando i clienti erano due, solo nel 51')/0. Se ogni cliente si fosse comportato nello stesso modo, a prescindere da quante altre persone c'erano nel negozio, in presenza di due clienti ci si sarebbe aspettati che il furto venisse denunciato neU'87% dei casi, o da uno o dall 'altro di loro. ~ ovvio infatti che, se ognuno dei due non fosse stato inibito dalla presenza dell'altro, avrebbe dovuto esservi una percentuale più elevata di scgnalazioni da parte di due clienti che da parte di uno solo. In breve, quando è presente più di una persona, è assai meno probabile che un determinato individuo intervenga di fronte a un atto criminoso. Sono stati condotti molti altri studi su quello che è chiamato «effetto spettatore» Il. Tutti hanno ottenuto sostanzialmente gli
78
IRRAZIONALrrÀ
stessi risultati, ma sono emersi ulteriori elementi: ad esempio, la gente va più spesso in aiuto di una donna in difficoltà che non di un uomo, e tende a soccorrere i membri della sua razza piuttosto che quelli di altre. Un esempio apocrifo ma bizzarro di effetto spettatore è la stariella dei due sociologi i quali, passando davanti a un uomo che è stato aggredito, lo lasciano sanguinante in un fossato, dopodiché uno dei due dice all'altro: «Dobbiamo trovare la persona che ha fatto questo: di sicuro ha bisogno d'aiuto». Concludiamo il discorso su questo fenomeno, esaminando i motivi per cui esso è irrazionale. In primo luogo, se le persone non aiutano gli altri quando è presente più di un possibile soccorritore è perché, non prendendo iniziative, si conformano alla mancanza di iniziativa degli altri. Certo, è possibile che percepiscano come imbarazzante un lo-ro intervento, ma l'imbarazzo a sua volta nasce da una malsana forma di conformismo. È altresì possibile che credano non ci sia bisogno di un loro intervento perché tanto ci penserà quakun altro. Ma chiunque si fermi a riflettere capirà che, se lui non interviene di persona perché pensa che altri lo facciano, anche gli altri possono pensarlo, con il risultato che alla fine non interverrà nessuno. Inoltre, il venir meno del senso di responsabilità perché s0no presenti altre persone in grado di intervenire non può essere l'unica spiegazione. Nel caso del furto delle birre, c'erano due clienti in negozio eppure nessuno dei due lo ha denunciato, sebbene ognuno dei due avesse visto che l'altro non l'aveva fatto. Evidentemente, ognuno si stava conformando al comportamento deU'altro.
Morale 1. Pensateci bene prima di annunciare in pubblico una decisione:
vi risulterà più difficile cambiarla. 2. Quando intraprendete una linea d 'azione da cui non intendete recedere, comunicatelo al maggior numero di persone possibile. 3. Chiedetevi se state facendo una cosa solo perché altri la fanno, e se è così domandatevi se essa giova realmente ai vostri scopi.
CONFORMISM O
79
4. Non fatevi impressionare dai consigli di qualcuno che ammirate a meno che non sia un esperto in materia e, anche se lo è, ricordatevi che gli esperti sbagliano spesso. 5. Non fatevi trascinare dal comportamento di una folla fino a compiere gesti che non fareste mai quando siete più calmi. 6. Non evitate di andare in soccorso di qualcuno perché ci sono altre persone che possono farlo: potrebbero non farlo. 7. Tenete a mente il detto di Kipling: «Se riesci a parlare con le folle senza perdere la tua virtù [... l, sarai un uomo, figlio mio» ".
' Per gli esperimenti di Asch sul conformismo, si veda Solomon Eliot Asch, Social Psychology, Prentice-Hall, New York 1952; Asch, Opùrions and Soda/ Pressure, ..Sc:ientific American», n . 193, 1955, pp. 31-35; Asch, Studies of In dl'pe,lde'lCf" and Confonni/y: a Millority against a Unanimous MIljority, ",Psychological Monographs», n. 70, 1956. ' Michael S. Pallack, William Cwrunings, Commi/ment and Voluntary Energy Conserva/ion, Chicago 1975 (paper presentato al convegno annuale della American Psychological Association). ' Charles A. Kicsler, P. Mathog. P. Pool. R. Howenstein, "Conurutment and the Boomerang Effect: A Field Study", in Kiesler (a cura di), Thr Psychology ofCommitmm/. E::rperiments Linkillg Behavior fa Belirf. Academic Press, New York 1971. 'Parte anteriore delle brache maschili, nella quale venivano racchiusi i genitali [N.d. T.}. ' Roger Brown, A First LAnguagr. The Ear/y Stages, Harvard University Press, Cambridge 1973. "Carllver Hovland, Waltcr Weiss, The lIif1umce of Sourr:r Cmiibility 011 CommWlicatil)/! Ejfrc/Wnre5S, "Public Opinion Quarterly», n. 15, 1951, pp. 6J5.65O. ' Gioco semantico s u whizzbang (Iett. «granata .. , "petardo», e in senso figurato anche «scheggia»), particolarmente adatti a simboleggiare la rapidità e la potenza di una racchetta da tennis IN.d.T.) . • Per una rassegna dei comportamenti generati dal panico e dalla violenza di massa vedi David Joe Schneider, Social Psychology, Addison-Wesley, Reading 1976, pp. 298-305. ' Samuel A. Stouffer, Edward A. Suchman, Leland C. DeVinney et al., Stlldies il! Social Psyclrology iII World WaT II. TIre Alllt'"Ticall So/dieT, Adjus/ment durillK Army Li/r, vol. I, Princeton University Press, Princeton 1949.
80
IRRAZIONAurA
I· Philip G. Zimbardo, n,e Hlm/UII Choict: lndividuatiol', Rrasoll Qlld Drder v:s Deilldividuation, Impu/se tllld Chaos, in William J. Arnold, Oavid Levine (a cura di), Ntbraslat Symposium 011 MOtivatiOIl, Univcrsity of Nchraska Press, Lincoln 1%9. " BilIy Graham [William Franklin Craham] è un predicatore evangelista staturutense originario di Charlotte (North Carolina). ~ stato consigliere spirituale di molti presidenti degli Stati Uniti. Il suo carattere, la sua capacità di toccare vari tipi di uditori e la sua abilità nell'usare le moderne
tecniche di comunicazione gli hanno consentito di raggiungere e convertire oltre 2 milioni di persone. La sua reputazione è rimasta intatta da quegli scandali finanziari c sessuali che hanno infangato la figura di Jim Oames Orsen] BiliCI, telcpredicatore di successo costretto poi a lasciare il ministero in seguito a uno scandalo sessuale e finito anche in ciU'Ct're per un'accusa di frode fiscale IN.d.T.]. 'l efr. infra, capitolo 6, "Un malinteso senso di coerenza» [N.d.T.]. " Per una rassegna sull' «effetto spettatore .., vedi Bibb Latane, John M. Darley, Help iII a Crisis. Bystalldtr Respoll~ fo an Emtrgt'llcy, Generai Leaming Prcss, Morristown 1976. il La citazione è tratta dalla poesia Se, in Rudyard Kipling. PotSit, Mursia, Milano2008IN.d.T.].
Capitolo 4 ln-grollP e ollf-grollp (gruppi di appartenenza e di non-appartenenza)
Eccezion fatta per Groucho Marx, gli uomini sono essenzialmente animali sociali, sia che facciano parte del Garrick Club I, sia che seguano l'Arsenal oppure i Red Socks. I membri del Rotary o del circolo di tennis locale si riuniscono perché hanno interessi comuni, in entrambi i sensi della parola. Possono iscriversi a un club perché è probabile che ciò giovi alla loro carriera, come si ritiene che avvenga nel caso dei rotariani; perché amano il vino e le conversazioni mediocri, come i soci del Garrick, o perché desiderano praticare un'attività sportiva o Iudica - ad esempio gli scacchi che richiede la presenza di due o più persone. Oppure possono essere parte di una «minoranza», come gli ebrei, i neri, o, paradossalmente, le donne. In ogni caso, l'appartenenza a un gruppo comporta molti benefici: la sensazione di essere accettati, un senso di coesione, l'aiuto nel conseguimento di scopi comuni e la possibilità di ricevere favori dagli altri membri. Le persone di solito entrano a far parte di gruppi con orientamenti simili ai loro, assicurando così un supporto alle proprie idee. Nel gergo psicologico, qualsiasi gruppo al quale una persona appartiene è detto ;n-grollp, mentre tutti quelli di cui non fa parte sono definiti ollt-group. Nel precedente capitolo ci siamo occupati dei modi in cui i comportamenti di una persona tendono a conformarsi a quelli del gruppo in cui è inserito, qualunque esso sia. Appartenere a un gruppo, però, ha altre e più complesse implicazioni: l' interazione tra i suoi membri ha infatti importanti effetti sui loro atteggiamenti e sul loro comportamento nei confronti degli altri gruppi.
82
IRRIIZ/ONAUT~
L'individuo si conforma al gruppo, ma al gruppo stesso, inteSO come un tutto, accade qualcosa di infinitamente più sorprendente. Alla luce di quanto si è già visto, è lecito attendersi che le idee di ogni singolo membro si allineino con le posizioni medie del resto del gruppo. In pratica, se le idee dei vari membri sono pregiudizialmente orientate in un senso, per il solo fatto che interagiscono tra loro esse si radicalizzeranno ancor di più nello stesso senso. Ciò è stato efficacemente dimostrato in uno studio realistico condotto a Bennington, uno dei più prestigiosi college femminili statunitensi, in cui ha sempre prevalso un orientamento politico liberale. Ebbene, è emerso che nelle studentesse esso si accentuava quanto più a lungo vi restavano. Ciò suggerisce una cosa: non solo i membri di un gruppo si allineano alle norme in esso vigenti, ma se all'interno del gruppo vi è un orientamento prevalente, esso diviene ancor più marcato nei suoi membri 2. Naturalmente il Bennington College è piuttosto grande, e le sue studentesse non prendono decisioni di gruppo. Nella nostra società, invece, le decisioni più importanti in genere sono prese da piccoli gruppi familiarmente noti come «comitati», o, come ha detto qualcuno, «organismi che impiegano minuti [a nascere] e fanno sprecare ore". b importante stabilire fino a che punto è probabile che tali gruppi prendano decisioni più razionali di quelle che adotterebbero i loro membri se fossero da soli. Nel primo esperimento condotto al riguardo, ad alcuni individui è stata descritta un'azione rischiosa che poteva tramutarsi in un disastro. Ad esempio, sono stati invitati a immaginare che intendevano investire tutti i loro risparmi in un'azienda impegnata ad aggiudicarsi un appalto governativo: se ci fosse riuscita, i loro capitali iniziali si sarebbero moltiplicati per mille; in caso contrario, l'azienda avrebbe fatto bancarotta e loro avrebbero perso tutto. Se le probabilità di successo fossero state di un milione a uno, presumibilmente quasi tutti i soggetti avrebbero scelto di investire. Per valutare fino a che punto fossero disposti a rischiare, a ognuno di loro è stato chiesto di indicare la soglia di probabilità che riteneva necessaria per effettuare !'investimento. La percentuale di rischio che ciascun individuo era pronto ad affrontare si poteva ri-
IN-GROUP r OUT-GROU P
8J
cavare dal margine di incertezza che accettava: più questo era basso, più alto era il rischio accettabile per lui. A ogni soggetto s0no stati prospettati dodici diversi tipi di rischio, e, dopo che ciascuno ha indicato la soglia di probabilità che riteneva tollerabile, vi è stata una discussione di gruppo volta a concordare una strategia condivisa in questo senso. Il gruppo nel suo insieme ha optato per una soglia molto più bassa di quelle indicate dai singoli individui: in altre parole, il gruppo era disposto a correre più rischi dei suoi singoli membri (un fenomeno noto come shifty risk (<<spostamento del rischio»). Questo effetto è stato osservato in oltre un centinaio di studi, in molti dei quali, però, il rischio era un po' più realistico di quello appena descritto: ad esempio, la probabilità di ricevere una forte scossa elettrica contro la possibilità di ottenere una ricompensa in denaro l . Il fenomeno per cui gli orientamenti di un gruppo sono più estremi di quelli degli individui non si limita all'accettazione di rischi più elevati. Uno studio ha misurato ad esempio l'atteggiamento di alcuni liceali francesi nei confronti del presidente De Gaulle e degli americani, dapprima in fonna individuale. Poi, i ragazzi hanno discusso su entrambi gli argomenti e sono dovuti arrivare a un accordo in proposito. Inutile dire che gli orientamenti individuali nei confronti di De Gaulle erano in genere decisamente favorevoli, mentre quelli relativi agli americani erano alquanto negativi. Ma le posizioni concordate dopo le discussioni di gruppo sono apparse ancor più favorevoli al primo e ancor più ostili ai secondi. Anche in questo caso, l'orientamento del gruppo si è rivelato più estremo di quello dei singoli·. Questo fenomeno è dovuto a diverse ragioni. lnnanzitutto, i membri di un gruppo vogliono essere apprezzati dal gruppo stesso, e, se questo è prevalentemente schierato in una direzione, essi possono tentare di ottenere l'approvazione degli altri esprimendo posizioni estreme in quella stessa direzione (si pensi al successo delle scarpe col tacco a spillo); oppure possono censurare argomenti che vanno in senso opposto; infine, quando si tr0vano all'interno del gruppo sono inclini ad accettare soluzioni più estreme, in particolare in tennini di sllifty risk, perché, come
84
IRRAZIONAUTA
abbiamo visto, l'appartenenza a un gruppo riduce le responsabilità individuali.
Numerosi studi hanno evidenziato che i membri di un gruppo, oltre a prendere decisioni più estreme di quelle a cui perverrebbero da soli, hanno più fiducia nella correttezza delle scelte del gruppo che non nelle proprie. Tale fiducia nelle decisioni collettive, che in genere sono peggiori di quelle prese dagli individui, nasce probabilmente dal senso di solidarietà comunicato dal gruppo stesso. Se tutti o quasi sono d'accordo, è improbabile, pensa il singolo membro, che abbiano torto ~. Irving 1anis, sulla scorta di George Orwell 6, ha definito grollptllillk (<
IN-G ROUP r. OUT-GROUP
85
conseguenza gli altri membri fanno affermazioni ancora più estreme. È un tipico circolo vizioso. Janis annota che, quando il presidente Kennedy discusse con i suoi consiglieri l'operazione Baia dei Porci, dapprima Arthur Sch· lesinger era contrario allo sbarco. Ma Robert Kennedy lo prese da parte e gli disse: "n presidente ha deciso. Non tirare troppo la corda. Ora è tempo che ognuno di noi lo aiuti in tutti i modi possibi· li» f. Uno dei pericoli che insidiano chi è a capo di un'organizza· zione, che si tratti di un primo ministro, di un amministratore de-legato, di un generale o di un professore universitario, è il fatto di non ricevere abbastanza critiche. Margaret Thatcher aveva una scarsa, per non dire inesistente, capacità di autocritica, difetto che esasperava cacciando dal suo entourage tutti coloro che erano ca. sì imprudenti da dissentire con lei. Ronald Reagan, invece, era conscio della riluttanza dei collaboratori a criticarlo, tanto che nella sua autobiografia scrive: «In ogni posizione di comando, il rischio è di ritrovarsi isolati. La gente ti dice quello che vuoi sentirti dire, ed è restia a parlarti di qualcuno che forse non sta facendo tutta la sua parte, o sta agendo in modo dannoso per la tua amministrazione. Non sono molte le persone accanto a te che sono di· sposte a dirti: "Hai torto"». Sebbene non esista alcuna prova sperimentale al riguardo, sembra evidente che una persona la quale è oggetto di un'eccessiva adulazione tenda a perdere la capacità di autocritica, e quindi a prendere decisioni poco flessibili e sbagliate. Herbert Beerbohm Tree osservava: «L'unico uomo che non fu rovinato dal fatto di essere idolatrato (/io"ised) fu Daniele» 9 . A sostegno delle sue teorie, Janis cita molti altri esempi tratti dalla vita reale, tra cui la decisione del presidente Johnson di intensificare la guerra in Vietnam, presa con il supporto dei suoi consiglieri ma malgrado i rapporti dei servizi segreti, dai quali emergeva che la guerra non poteva essere vinta. L'interazione tra i molteplici fattori operanti all'interno di un gruppo è ulterior· mente illustrata dai resoconti delle battaglie di Arnhem e Pearl Harbor, proposti in due successivi capitoli. I comitati, quindi, implicano evidenti pericoli: in particolare, tendono ad adottare posizioni estreme. Inoltre, come vedremo,
..
I/UVoZION....UTA
uno dei principali problemi che affliggono !'individuo è che. quando deve decidere cosa fare. invece di prendere in esame tutte le possibili strategic, tende semplicemente ad attenersi alla prima che gli viene in mente. Ora, sarebbe lecito attendersi che un comitato composto da persone di idee diverse producesse e considerasse accuratamente più soluzioni alternative e più ragio ni a favore o contro ognuna di esse di quanto non farebbe un singolo individuo. Gli unici studi sistematici su questo problema sono stati quelli relativi al brai,,-stormifl8. una tecnica che consiste nell'assegnare a un gruppo un compito che richiede creatività, come inventare un buon titolo per un racconto breve. Le risposte date vengono valutate da una commissione di giudici IO. I risultati di tali esperimenti, però, non sono conclusivi ai fini dci nostro discorso: talora da Wl gruppo di brain-storm;'Ig esce Wla risposta migliore di quella di un individuo, altre volte è il contrario. Le sole conclusioni che si possono trarre da quanto detto è che è irrazionale sia soffocare la critica, sia creare comitati costituiti da persone che la pensano allo stesso modo, anche se è ovvio che, per poter funzionare, essi devono condividere un obiettivo comune. Se i comitati arrivano tanto spesso a decisioni meno razionali di quelle degli individui, ci si può chiedere perché siano cosI popolari, dato che è risaputo che: .. Nessuno prende una decisione per conto proprio a meno che sia impossibile formare un comitato». Forse la ragione per cui tali forme di aggregazione sono così diffuse è che sono «rassicuranti .. , in quanto la responsabilità delle scelte compiute è ripartita tra più individui, e nessuno deve sentirsi troppo in colpa se poi si rivelano sbagliate. Sebbene i membri dei comitati prendano parte a tutti i processi decisionali, si è scoperto che in genere essi credono di contribuirvi molto più di quanto in realtà non avvenga: ad esempio, quando a uno di loro viene chiesto quanto tempo ha parlato durante un incontro, tende a esagerare notevolmente. Siamo di fronte all'ennesima forma di errore di disponibilità: prima di parlare, le persone sono impegnate a riflettere su ciò che diranno, il che probabilmente impedisce loro di percepire i contributi altrui; inoltre, è probabile che ricordino molto meglio i loro interventi di quelli degli altri, in
IN-G ROUP E otJT-G ROUP
BI
parte perché il loro investimento emotivo al riguardo è più forte, in parte perché le loro affermazioni corrispondono a orientamenti personali elaborati nel corso degli anni. Gli in-group fanno di tutto per differenziarsi gli uni dagli altri. Uno dei metodi che adottano a tal fine è elaborare un look in grado di contraddistinguerli. Da questo punto di vista i punk, con le loro creste color verde brillante, i loro vestiti di pelle e le loro catene, o gli skinhead, con i loro crani rasati, non sono affatto diversi dai membri dell'aristocrazia, con i loro abiti di ermellino, o dagli accademici, con i loro tocchi, le loro toghe e i loro cappucci colorati. Anche se, nell'era della lavagna luminosa, le toghe non servono più a proteggere dal gesso, perlomeno consentono al d~ cente che, immerso com'è nei suoi elevati pensieri. si rovescia addosso la salsa, di non sporcarsi i vestiti. L'usanza di indossare toghe e uniformi deriva in parte dalla tradizione. in parte dal nostro amore per i riti. Si tratta per lo più di una consuetudine relativamente innocua, che può perfino suscitare nello spettatore un risolino discreto. l pericoli che essa comporta sono due: può trasmettere alle persone un esagerato senso della loro importanza, e crea divisioni sociali. Non a caso le uniformi sono meno diffuse negli Stati Uniti che in Gran Bretagna, perché la società americana è più egualitaria. Inoltre. indossare la divisa tipica di una particolare professione separa una persona dalle altre e la spinge a comportarsi in modi estremi e irrazionali. U giudice che qualche tempo fa ha condannato a soli 18 mesi di carcere un uomo che aveva violentato e sodomizzato una donna. e l'aveva poi costretta a un rapporto orale, sarebbe stato così demente se fosse stato vestito con abiti civili e si fosse quindi maggiormente identificato con i cittadini comuni? E il giudice Bertrand Richards Il avrebbe detto a una donna la quale aveva subito violenza che era imputabile di «grave concorso di colpa per aver fatto l'autostop" ? ~ difficile immaginare qualcuno che fa delle affermazioni così stupide senza una parrucca addosso. Tali osservazioni sono suffragate da alcuni esperimenti IZ nel corso dei quali i soggetti sono stati invitati a infliggere (finte) sca-
88
IRRAZIONttUTA
nche elettriche a una «spalla» indossando abiti diversi. Quand'erano vestiti da infermieri, si mostravano meno aggressivi che quando erano vestiti normalmente, mentre, quando indossavano i costumi del Ku lClux Klan, lo diventavano molto di più. Naturalmente è irr;Jzionale permettere che il proprio comportamento sia influenzato dagli abiti indossati, ma questi test dimostrano che ciò accade. Se le unifonni possono avere effetti così marcati in un esperimento, quanto più potente sarà il loro influsso su coloro che sono effettivamente autorizzati a portar le? Va aggiunto che alcune uniformi sono del tutto razionali, in quanto rispondono a finalità utili: ad esempio, a volte è importante riconoscere rapidamente che lavoro fa una persona. Dobbiamo poter identificare i poliziotti, i pompieri e i controllori degli autobus, e le loro uniformi ci consentono di farlo, mentre il soldato, prima di premere il grilletto, deve poter stabilire se ha di fronte un amico o un nemico.
Purtroppo esistono modi molto più deleteri di realizzare la coesione di gruppo che adottare un look caratteristico. l membri di un gruppo, infatti, possono arrivare a provare disprezzo, av· versione e perfino odio per quelli di altri gruppi. Lo studio classico su questo tema fu condotto da Muzafer Sherif tra gli anni '40 e 'SO, con risultati sensazionali u. Poiché egli effettuò esperimenti con cadenza annuale per più anni di seguito, e sempre con gli stessi esiti, per comodità ho raggruppato i materiali relativi ad alcuni di essi. I soggetti erano ragazzi americani bian· chi di circa dodici anni, di estrazione borghese e religione protestante, e non avevano idea di essere oggetto di uno studio, dal momento che erano stati invitati a prendere parte a un campeg· gio estivo e che gli sperimenta tori si erano fatti passare per il direttore del campo, per i capigruppo e persino per un tuttofare: gli psicologi sociali sono, più di ogni altra cosa, versatili. I ragazzi, che erano stati scelti da scuole e quartieri diversi, in modo che tra loro non vi fosse nessuno che si conosceva già, dap· prima furono collocati tutti in un unico, grande edificio, di quel· li destinati ad accogliere i mandriaru.
IN-CR OUP l: OUT·GROUP
"
Dopo tre giorni, quando avevano già iniziato a fare conoscenza, a ciascuno fu chiesto quali fossero i suoi migliori amici. Poi, furono divisi in due campi diversi e fu fatto dì tutto per separare gli amici. Sebbene mangiassero anCora tutti insieme, ognuno dei due gruppi iniziò a elaborare i propri codici: uno si autodefinì "le aquile», l'altro "i serpenti a sonagli .., e fecero stampare questi nomi sulle loro magliette, dal momento che, anche a quei tempi, gli indumenti erano spesso oggetto di lettura. Poi cominciarono ad andare a nuotare in luoghi separati, e ogni gruppo mise a punto un proprio gergo. Dopo alhi quattro giorni, ai ragazzi fu di nuovo chiesto, in maniera informale, quali fossero i loro migliori amici, ed ecco quanto emerse: le precedenti amicizie erano state dimenticate, visto che su dieci ragazzi indicati come amici, nove appartenevano alloro gruppo. Nella fase successiva, lo sperimentatore introdusse tra le attività proposte ai due gruppi una serie di giochi agonistici, come il softball o il calcio. A ognuno dei membri della squadra vincitrice sarebbe toccato in premio un coltello da campeggio. Inizialmente, le gare si svolsero in un clima abbastanza amichevole, ma ben presto entrambe le squadre divelU1ero decisamente ostili tra loro. Cominciarono a circolare le accuse di gioco sleale o di frode, e i membri di ogni gruppo presero a urtare, spingere e spintonare quelli dell'altro mentre erano in coda per i pasti. Quando fu chiesto loro di valutare le prestazioni dei singoli giocatori, entrambe le squadre assegnarono ai propri membri punteggi molto più elevati che a quelli della squadra avversaria. Di notte, poi, un gruppo attaccò il campo dell'altro, rovesciando i letti e sparpagliando in giro gli effetti personali. Quindi, i ragazzi finirono per rifiutare di condividere la stessa sala da pranzo. Questi esperimenti furono ripetuti più volte sia da Sherif che da altri, sempre con esiti identici: anzi, si dice che uno di essi dovette essere interrotto per paura che degenerasse nella violenza. Tra parentesi, è bene notare come questi risultati suggeriscano che le gare disputate tra paesi diversi (e perfino tra diverse città dello stesso paese), lungi dal promuovere l'amicizia fra loro, non fanno che alimentare l'animosità reciproca. Anche gli incontri in-
IRRAZIONI\UTA
temazionali di cricket avvalorano questo dato, nonostante il cricket sia solitamente considerato uno sport da gentiluomini. Tali incontri hanno generato un notevole astio tra Inghilterra e Australia, con accuse di frode o di scarsa sportività che si ripetono ormai da decenni. Qualche tempo fa, in occasione di uno di essi, i giocatori delle Indie Occidentali Britanniche sono stati accusati dagli inglesi di averli costretti al pareggio giocando con eccessiva lentezza, espediente nient'affatto sportivo che l'arbitro, anch'egli delle Indie Occidentali, non aveva fatto nulla per impedire. In seguito, gli inglesi hanno accusato l'arbitro di essere stato scandalosamente parziale, e per rutta risposta il paese ospite ha sospeso le radiocronache realizzate per la BBC da un commentatore inglese reo di aver stigmatizzato il comportamento del direttore di gara. Neppure gli incontri internazionali di calcio sembrano contribuire molto ad alimentare il cameratismo tra i tifosi delle squadre avversarie: la violenza e l'odio che divampano tra i sostenitori delle squadre di paesi diversi durante i mondiali sono tristemente noti. Alla luce di tutti i dati esistenti, che vanno dalle irregolarità di gioco e dalle esplosioni d'ira nelle gare di rugby tra liceali alle mosse sleali durante gli incontri di scacchi, è incredibile come tanti possano ancora credere che gli sport agonistici migliorino le relazioni tra le nazioni o i gruppi di appartenenza delle squadre in gara. Forse quest'errata convinzione è dovuta alle connotazioni insite nel termine «gioco», il quale evoca qualcosa che non dovrebbe essere preso eccessivamente sul serio, cosa che invece avviene anche troppo spesso. Come osservava George Orwell, «il vero sport non ha niente a che fare con il fair play. Semmai è connesso con l'odio, !'invidia, la vanagloria, il disprezzo di tutte le regole e il piacere sadico che si prova a essere testimoni di scene di violenza» ". Tornando a Sherif, la sua ricerca evidenzia quanto è facile che tra gruppi diversi nascano sentimenti di odio. In fondo i ragazzi in questione erano tutti americani, tutti bianchi, tutti protestanti. Inoltre si era cercato di mettere gli amici in gruppi diversi, il che avrebbe dovuto ridurre le rivalità di gruppo. L'esperimento è una
IN-(;ROUP E OUT-(; ROUP
91
perfetta illustrazione dell'assoluta irrazionalità insita nel provare avversione per qualcuno che appartiene a un altro gruppo. La causa di tale avversione si può in parte ricercare nel fatto che i due gruppi erano in competizione per una risorsa limitata (in questo caso, i coltelli da campeggio). Ma poiché negli studi condotti da Sherif l'ostilità si manifestò prima delJ'introduzione dei giochi agonistici, questa spiegazione non è esaustiva. Probabilmente è difficile essere orgogliosi del proprio gruppo senza considerare inferiori gli altri. Nella fase finale del suo esperimento, Sherif riuscì a ridurre l'antagonismo tra i gruppi persuadendo i ragazzi a impegnarsi in compiti che richiedevano i loro sforzi congiunti. Li convinse a mettere in comune i loro risparmi per acquistare una copia del film L'isola del tesoro, che tutti desideravano vedere; fece in modo che un camion adibito al trasporto delle provviste restasse impantanato, e i due gruppi dovettero unirsi per estrarlo dal fango; inoltre, il serbatoio idrico del campo cominciò «casualmente» a perdere e tutti contribuirono a ripararlo. La partecipazione a tali attività comuni ridusse sensibilmente l'antagonismo e tra i membri dei due gruppi diversi iniziarono a nascere delle amicizie. Tornano alla mente i rapporti amichevoli sorti in Inghilterra, tra estranei di classi sociali e credi differenti, durante la seconda guerra mondiale, quando tutti o quasi erano concentrati sullo stesso obiettivo prioritario: la sconfitta della Germania. Evidenze più recenti, tuttavia, suggeriscono che impegnarsi in un compito comune diminuisce l'ostilità fra due gruppi soltanto se i loro sforzi congiunti sono coronati dal successo: in caso contrario, essi si limitano a incolparsi l'un l'altro del fallimento. Nella vita reale, la rivalità tra gruppi può essere così irrazionale da portare ognuno dei due a tentare di «fregare » l'altro, anche a costo di rimetterei personalmente. In una fabbrica di aeroplani inglese, ad esempio, gli operai dci reparto utensili ricevevano un sa lario settimanale leggermente superiore a quello degli addetti alla produzione. Nei negoziati per il rinnovo salariale, i rappresentanti sindacali della prima categoria hanno tentato di conservare questo differenziale anche a costo di accettare una di-
92
IKRA,ZIONAUTÀ
minuzione di salario per lOTO, preferendo un accordo che prevedeva una paga settimanale di 67,30 sterline per gli operai del ceparto utensili, e di una sterlina in meno per gli addetti alla produzione, a un altro in base al quale loro avrebbero ricevuto un aumento di due sterline (passando così a 69,30), ma agli addetti alla produzione sarebbe toccato qualcosa in più (70,30 sterline) l~.
Certo, è rassicurante appartenere a un gruppo affiatato. Alla maggior parte della gente piace essere apprezzata, e quasi tutti preferiscono trovare negli altri un supporto alle loro idee piuttosto che sopportare i dubbi derivanti dal fatto di vederle messe in discussione. Come si è visto, il bisogno di avere un'alta opinione del proprio gruppo è una delle cause dei pregiudizi nei confronti di altri gruppi: è difficile, se non impossibile. considerare «speciale» il gruppo di cui si è parte senza ritenere in qualche modo inferiori gli altri. Tali pregiudizi nei confronti degli out-group s0no in genere accompagnati dalla formazione di stereotipi: gli ebrei sono etichettati come avari, i neri come pigri e cosÌ via. Questi stereotipi spesso non hanno alcun fondamento nella vita reale: gli inglesi di solito considerano avari gli scozzesi, eppure le raccolte di denaro a scopo di beneficenza effettuate in Scozia fruttano somme pro capite più alte che in Inghilterra. Prima di esaminare le cause degli stereotipi, occorre sgomberare il campo da una teoria infondata. È stata avanzata "ipotesi che !'intolleranza nei confronti degli altri gruppi sia dovuta a un'educazione eccessivamente rigida, ma ciò non può essere vero, perché in molte società si registrano mutamenti repentini sul fronte della tolleranza. Gli ebrei tedeschi, ad esempio, nel 1920 erano sostanzialmente tollerati, ma nel giro di pochi anni finirono per essere non soltanto sistematicamente perseguitati dal regime nazista, ma disprezzati da gran parte della popolazione tedesca. Eppure, non si era verificato alcun significativo mutamento nei metodi educativi. Le cause dell'esistenza degli stereotipi sono varie '". Richard Nisbett e Lee Ross sottolineano che non tutti gli stereotipi sono dannosi: essi infatti funzionano per i bibliotecari, i disc jockey, j
rN-GII.OUP [OUT..(;ROUP
docenti universitari, gli operatori di borsa e così via. I principali motivi per cui li coltiviamo sono i seguenti: L Gli stereotipi sono comodi: non dobbiamo sforzarci di valutare il singolo caso, ma unicamente partire dal presupposto che esso sia conforme a quel dato stereotipo. 2. In genere tendiamo a notare tutto ciò che conferma le nostre opinioni. Non ci sfugge lo scozzese attaccato al suo denaro, mentre non prestiamo particolare attenzione a quello generoso. 3. Siamo molto più pronti a notare le azioni dei membri di un gruppo minoritario che non quelle di un gruppo più vasto. Esse infatti saltano agli occhi (sono «disponibili») perché rare. Analogamente, i comportamenti negativi si notano di più di quelli normali, per cui saremo particolarmente colpiti se è un membro di una minoranza ad agire in modo sbagliato l? A tale proposito vi è un ben noto esempio, risalente all'epoca in cui le dOlU1e che guidavano erano poche. Ogni volta che una di loro commetteva un errore, gli uomini le davano un'occhiata sprezzante e dicevano: «Oddio, un'altra donna al volante!». Le donne che guidavano bene non emergevano, e perciò non venivano notate. Le prove inoppugnabili di queste ultime due affermazioni saranno fomite nei capitoli seguenti. 4. A volte gli stereotipi si confermano da soli. Se si pensa che i neri siano pigri, essi faranno fatica a trovare lavoro. Di conseguenza li vedremo oziare per le strade, e avremo così la conferma del fatto che sono pigri. 5. Alcuni aspetti di uno stereotipo possono avere un fondamento reale. Sembra verosimile che nel complesso i professori universitari siano più seri dei disc jockey. Ma, anche se tale stereotipo ha una base concreta, è irrazionale applicarlo indiscriminatamente a ogni singolo caso, perché senza dubbio esistono anche disc jockey seri e accademici frivoli. 6. Si è scoperto che la differenza tra un gruppo di oggetti e un altro viene accentuata incollando su di essi delle etichette. In un semplice esperimento, ai soggetti sono state prima mostrate quattro linee brevi e quattro leggermente più lunghe, poi è stato chiesto loro di indicare che differenza vi fosse in media tra i due grup-
94
IRRAZIONALITÀ.
pi dì linee. A questo punto, le prime quattro sono state etichettate come «A» e le altre quattro come «6». Quando i soggetti sono stati nuovamente invitati a pronunciarsi in merito alla differenza di hmghezza, hanno indicato un valore più alto di quando avevano osservato gli oggetti in assenza di etichette. Tutti gli outgroup a proposito dei quali esistono degli stereotipi vengono etichettati in base al nome, ed è questo che può indurci a percepirli come più diversi da noi di quanto in realtà non siano IS, 7. Come abbiamo visto esaminando l'effetto alone, a una persona caratterizzata da un tratto saliente possono essere attribuiti tratti analoghi che in realtà non possiede. Questo vale anche per i gruppi: dal momento che i membri di alcuni gruppi etnici sono fisicamente diversi dai bianchi, questi ultimi sono portati a credere che essi differiscano radicalmente da loro anche sotto altri aspetti. 8. Se tra i membri di un gruppo all'inizio vi è una lieve tendenza a giudicare in chiave stereotipata quelli di un altro gruppo, essa tende a crescere nel tempo per effetto delle interazioni sociali tipiche dell'ill-grollp che sono state descritte all'inizio del capitolo. Inoltre, una volta che una persona ha accettato certe idee preconcette, può continuare ad agire sulla base di esse anche quando non sta cercando di impressionare gli altri membri del suo gruppo. Negli anni 70, negli Stati Uniti è stata condotta una serie di esperimenti sui pregiudizi nei confronti dei neri, con risultati davvero notevoli: in sostanza si è scoperto che, se un bianco si trovava di fronte un nero che aveva bisogno di aiuto, ed era in un luogo pubblico, era pronto a intervenire come avrebbe fatto con un bianco; se però si trovava in un contesto in cui il suo intervento sarebbe passato inosservato, era assai più incline ad aiutare un bianco che non un nero. Lo si è scoperto lasciando in un luogo pubblico una busta affrancata, ma non sigillata, indirizzata a un'università, da cui sporgeva un modulo di iscrizione sul quale spiccava una foto del candidato: ebbene, era molto più frequente che i bianchi si prendessero il disturbo di imbucare il modulo di un altro bianco che non quello di un nero. Questa scoperta è avvenuta in un periodo in cui, perlomeno negli ambienti del ceto medio, i pregiudizi nei confronti dei neri erano stati fortemente
IN-GROUP EOUT-GROUP
95
sconfessati. Perciò le persone non manifestavano tali pregiudizi in pubblico, ma essi riaffioravano ancora quando non erano osservate. 9. Infine, gli pseudo-filantropi possono rinforzare i pregiudizi degli altri ammettendo l'esistenza delle stesse qualità che sono oggetto di pregiudizio e tentando di giustificarle. Per citare Richard Nisbett e Lee Ross, quando una persona afferma che la pigrizia dei neri è dovuta alla «cultura della povertà, o alla sindrome del padre assente, o all'anomia nata dall'oppressione e dall'impotenza », dimostra di nutrire nei loro confronti esattamente gli stessi pregiudizi di coloro che credono nella loro pigrizia ma non cercano di giustificarla. Per tutte queste ragioni, quindi, gli stereotipi di natura preconcetta sono comuni, potenti e difficili da sradicare: la loro irrazionalità è del tutto evidente. Essi nascono dall'ostilità nei confronti degli ollt-grollp e, una volta formatisi, rafforzano questa ostilità. Ma anche gli stereotipi che non sono basati su pregiudizi possono condurre a forme di pensiero irrazionale. Lo dimostra un esperimento nel corso del quale ad alcuni soggetti è stato proposto un elenco di frasi del tipo: «La bibliotecaria Carol è attraente e seria». Ogni frase conteneva un nome, una professione e due caratteristiche, di cui una stereotipata (in questo caso «seria») e l'altra solitamente non associata alla professione (in questo caso «attraente», perché il cliché relativo alle bibliotecarie vuole che siano insignificanti). Quando in seguito è stato chiesto loro quali caratteristiche fossero state indicate e in riferimento a quali professioni, i soggetti hanno evidenziato una spiccata tendenza a ricordare i tratti stereotipati e a dimenticare quelli che non lo erano: pensavano infatti che il termine ,(attraenti» fosse stato usato per descrivere le hostess, e non le bibliotecarie, a cui associavano invece solo l'aggettivo «serie». Ricordiamo quello che ci aspettiamo di sentire: in questo caso, l'aspettativa era stata influenzata dagli stereotipi l'. Questo capitolo si è occupato di due argomenti correlati tra loro: la tendenza all'estremizzazione che caratterizza gli orientamenti degli in-grollP e la formazione dei pregiudizi nei confronti
"
IRRAZ/ONAUTA
degli out-group. Probabilmente, tali pregiudizi hanno causato più sofferenze di qualunque altra forza distruttiva si sia manifestata lWlgo tutto l'arco della storia umana. In particolare, sono stati in parte responsabili dell'ultima guerra mondiale: è quantomeno innegabile che lo slogan del gruppo di Hitler, He"enuolk zo, abbia contribuito a indurre il popolo tedesco a seguirlo e a sostenere l'Anschluss. :t: possibile che l'avversione nei confronti degli Qutgroup sia in qualche misura innata, e risalga alla nostra storia tribaie. Ma ciò non la giustifica, e non implica necessariamente che essa sia impossibile da controllare.
Morale 1. Che siate membri di un comitato o di un club del golf, state attenti a non farvi trascinare dalle idee prevalenti in esso. Prendete in considerazione ed esprimete opinioni contrarie. 2. Se state costituendo un comitato, fate in modo che al suo interno siano rappresentati vari punti di vista. 3. Se siete a capo di un' organizzazione, cercate di non farvi condizionare dagli adulatori. 4. Siate cauti nel formulare stereotipi, ma, se lo fate, ricordatevi che non tutti li rispecchieranno pienamente. 5. Se proprio dovete indossare un'uniforme, indossate quella da infermiere/a.
Prestigioso club privato fondato nel 1831, situato nel cuore dello West End dì Londra IN.d.T. I. ' Theodore M. Newoomb, Persolla!ity and Social Change. Attilllde muf Sodal Formation in a SII/dent Commwlity, Dryden Press, Ncw York 1943. ' Nathan Kogan, Michael A. Wallach, Risk Taking. A SllIdy in Cogniliol! mld Personality, Halt, Rinehart & Winston, New York 1964 . • Serge Moscovid, Bcmard Personnaz, Stlldies iII Social TnfIuellce. V: Minority lnfIumce and ConVt'rsion Behavior ;', a Perceptual Task, «Joumal of Personality and Social Psychology», n. 12, 1%9, pp. 125-135. I
tN-GROUP E Otrr-GROUP
'l
97
A. Sniezek, R.A. Henry, Accuracy and Confidence in Group fudgments,
«Organizational Behaviour and Human Decision Processes», n. 43, 1989, pp. 1-28. "Riferimento al termine doub/efhink, coniato da Orwell in 1984 per indicare la doppiezza politico-ideologica, e prima ancora mentale, alla base del regime totalitario del Grande Fratello [N.d.T.). 1Irving L Janis, Leon Mann, Decision Maldng. A PsychologiCil/ Ana/ysis of Conflict, Choice, and Commifment, The Free Press, New York 1977. ' Ivi. ' Gioco di parole intraducibile tra il significato comune di to be lioniud (<<essere idolatrato») e il suo significato etimologico (<<essere esposto ai leoni») con riferimento alla vicenda del profeta biblico Daniele. Per l'etimologia del termine vedi http://www.etymonline.com/index.php?l=I&p=12 IN.d. T.]. IO Morris {saac Stein, Stimu/atillg Creativity, voI. II, Academic Press, New York 1975. " Giudice inglese che nel 1982 condannò a una semplice multa l'uomo che aveva violentato una ragazza rea di aver fatto l'autostop; in seguito fu escluso dai processi per violenza sessuale (N.d.T.]. " Robert D. ]ohnson, Lcslic L Downing, DeindividuatiOtl and Valence of Cues. Effects on Prosocial and Alltisocia/ Behavior, «Joumal of Personality and Social Psycholosy», n. 37, 1979, pp. 1532-1538. I ) Muzafer Sherif, Group Conflict and Co-cperation. Their Socia/ Psych%gy, Routledge and Kegan Paul, London 1966. "George Orwell, «The Sporting Spirit>., in The Collected ESSt/ys, ]ounza/ism and I..etters of George Orwel/, Secker &: Warburg, London 1%8 (trad. it. Guido Bulla [a cura di), Romanzi e saggi di Ceorge OrwdI, Mondadori, Milano 2000 IN.d.J:[). " Rupcrt J. Brown, Divided We FaI/. Ati Alla/ysis ofRe1atiOlls between Sections ofa Factory Work-Force, in Hcnri Tajfel (a cura di), Differen/iation betweell Socia/ Groups. Studies in the Socia/ Psychology oj IlItergroup Re/atitms, Acadcmic Press, London 1978. '"Per un'analisi degli stercotipi: Richard E. Nisbett, Lee D. Ross, Humall Injerence. Strategies and SllOrtcomillKs oj Social ]udgment, Prentice-Hall, Englewood Cliffs 1980, pp. 237-242 (ed. il. L'infrrenU/ umana. Strategie e lacune del giudizio sociale, il Mulino, Bologna 1989). " Si vedano le testimonianze fomite nel capitolo 11. " Henri Tajfel, Claude Flament et aL, Sodal Ca/egoriwtioll mld bltergroup Behaviour, «European Journal of $ocial Psychology", n. 1, 1979, pp. 149-
"
IRRAZIONALITÀ
178; Henri Taifel, A. L. Wilkes, Classification and Quanfifafiw Judgemmt, .. British Joumal of Psychology", n. 54, 1963, pp. 101-114. IO David L. Hamilton, Terrence L. Rose, lIIusory Correlalion and the Maintenance 0/ Slereotypic Btliefs. in ..Joumal cf Personality and Social Psychology.., n. 39, 1980, pp. 832-845. lO Lctt. "popolo di dominatori .., Alla base dello slogan c'è il principio della superiorità del popolo tedesco. volto a legittimame la supremazia a scapito di tutti gli altri gruppi etnici e sociali (N.d. T.l.
Capitolo 5 Follia delle organizzazioni pubbliche e private
Chiunque, almeno una volta, abbia fatto parte di un comitato, avrà certamente sentito qualcuno dire: (.Non possiamo farlo: si creerebbe un precedente». Questa osservazione è del tutto irrazionale. La proposta contro cui è rivolta, infatti, può essere sensata o no. Se lo è, metterla in atto creerà un precedente positivo; in caso contrario, essa va respinta. Pertanto è irrilevante che venga creato O meno un precedente: la decisione va presa in base alla sua validità intrinseca. Inoltre, al di fuori dei tribunali nessuno è obbligatoriamente vincolato dalle decisioni passate: il passato è passato e non può essere cambiato; la sua sola funzione è che talvolta ci permette di imparare qualcosa da esso. Seguire le procedure tradizionali è la scelta più facile. Cambiare qualcosa, infatti, di solito richiede un'attenta riflessione, cosa che molti trovano sgradevole, e l'energia necessaria per vincere l'inerzia che spesso caratterizza le grandi organizzazioni, forse soprattutto nel settore pubblico. Questo capitolo è una sorta di intermezzo: infatti non si occupa dell'irrazionalità degli individui, ma di quella delle organizzazioni, e si basa sul presupposto che un' organizzazione razionale dovrebbe utilizzare i mezzi migliori di cui dispone per perseguire i suoi fini. Nella realtà ciò accade di rado, perché spesso i suoi membri sono mossi dall'avidità o dall'ignavia, e possono anteporre i propri fini - ad esempio l'affermazione personale o la fuga dai rischi - a quelli dell'organizzazione alla quale appartengono: di conseguenza, l'organizZilzione nel suo insieme agirà irra-
100
IRRAZI0NAurA
zionalmente. Certo, ogni organizzazione dovrebbe essere strutturata in modo tale da prevenire il più possibile atteggiamenti egoistici da parte dei suoi membri, ma molte di esse sembrano gestite secondo criteri irrazionali, che premiano tali atteggiamenti anziché punirli. Anche se, nell'esaminare le forme di irrazionalità presenti all'interno delle organizzazioni, mi concentrerò soprattutto su quelle che derivano da motivazioni opportunistiche, fornirò anche alcuni esempi di situazioni in cui esse scaturiscono da un pensiero viziato da lacune o pregiudizi. Partendo dal settore pubblico, in un brillante libro intitolato Your Disobedient Servant I LesHe Chapman ha fornito il resoconto dei suoi tentativi di ridurre gli sprechi in un segmento del Civil Service (Pubblica Amministrazione) britannico. All'epoca egli dirigeva il dipartimento meridionale del Ministero dell'Edilizia e dei Lavori Pubblici (in seguito ribaUezzato Property Services Agency) l . Questo ministero era responsabile della fornitura di edifici e servizi a un gran numero di enti governativi, tra cui altri segmenti del Civil Service e le forze armate. Chapman decise di scoprire le forme di spreco più diffuse nella sua regione di competenza. Ecco alcuni dei risultati a cui pervenne con l'aiuto dei team da lui istituiti allo scopo: 1. Magazzini poco usati, ogmmo dei quali grande quanto l'hangar di un aeroporto, erano illuminati da tubi a incandescenza. Ogni volta che un tubo si bruciava, per sostituirlo bisognava ricorrere a un carrello elevatore azionato da due operatori e dotato di notevole capacità di sollevamento. Dato che uno o due tubi in meno comportavano una differenza minima ai fini dell'illuminazione complessiva, egli ordinò che tutti i neon difettosi fossero sostituiti in un unico intervento con cadenza periodica (ad esempio, ogni sei mesi). 2. Tali magazzini erano riscaldati esattamente come gli uffici. Egli fece spegnere il riscaldamento e dispose che, in caso qualcuno dovesse entrare in un magazzino, si accertasse di essere ben coperto. 3. Avendo scoperto che gran parte dei magazzini erano inutili, ne svendette una parte. Invece quelli che non poterono essere ven-
FOWA. DELLE ORCANIZZAZIONI PU88UCHE E PRIVATE
IO!
duti, li fece demolire per paura che qualcuno trovasse il modo di utilizzarli. 4. Vendette tutte le gru di proprietà della regione tranne sei, più molte altre attrezzature superflue, tra cui betoniere e camion. Aveva calcolato che era più economico noleggiarli per i brevi periodi in cui erano necessari. 5. Vendette una serie di appezzamenti di terra superflui. e così facendo non solo recuperò il costo di capitale, ma eliminò la necessità di provvedere alla loro manutenzione. 6. Avendo appurato che stoccare e distribuire un piccolo oggetto, ad esempio la guarnizione di Wl rubinetto, costava (nel 1972) circa 3 sterline. proibì lo stoccaggio di tali articoli e diede istruzioni al personale di acquistarli dai negozi locali in caso di necessità. 7. TI suo dipartimento forniva macchine con autista sia al personale del dipartimento stesso, sia ad altre organizzazioni governative. Egli chiuse il servizio e stabili che in futuro i membri del suo staff avrebbero o guidato loro, oppure, se l'occasione lo richiedeva veramente, noleggiato una limousine da una ditta privata. 8. Infine, scoprì che era molto più economico appaltare la maggior parte del lavoro al personale di alcune ditte locali che impiegare manodopera propria. Pertanto, dopo aver ottenuto il consenso dei sindacati e aver messo a punto un progetto per ricollocare altrove i lavoratori che ora risultavano in esubero, dimezzò la forza lavoro. Per effetto dell'insolita iniziativa di Chapman, nel dipartimento meridionale del Ministero degli Edifici e dei Lavori Pubblici le spese complessive annuali si ridussero di un terzo, passando da circa lO milioni di sterline a 6,5 milioni di sterline. Anche gli altri sei dipartimenti furono informati dei metodi che egli aveva utilizzato per ottenere questi risultati, ma fecero ben pochi sforzi per imitarlo: infatti, mentre lui aveva ridotto di un terzo il suo budget, negli anni successivi essi risparmiarono in media solo 1'8%, e nessuno di essi si impegnò a realizzare questi tagli in modo sistematico, benché egli si offrisse di «prestare» loro i suoi team di collaboratori, che avevano ormai imparato a scovare gli sprechi.
102
IIUV.ZIONALIr....
Chapman era un uomo deciso, e tentò di ottenere risultati concreti non solo negli altri dipartimenti del Property $ervices Agcncy, ma anche in altri segmenti del Civil Service. L'assurdo sussiego di tale istituzione è rispecchiato dalla risposta alla lettera scritta da Chapman a sir William Armstrong, all'epoca direttore del Civil Service '. Arrnstrong (meglio noto per la sua equivoca affermazione secondo la quale "era stato parco di verità». non si degnò di rispondergli personalmente, ma gli fece pervenire la seguente laconica nota, redatta da un membro del suo 5taff: «Le confermo che abbiamo ricevuto la sua lettera [ ... ], completa di allegati, indirizzata a sir WiIliam Annstrong. Entrambi sono stati letti con interesse. Cordiali saluti ...... Nonostante fosse chiaro che sir WiIliam e il suo staff non erano interessati a far risparmiare il contribuente. in seguito egli fu nominato Pari per i servigi resi alla nazione. Una volta, un membro del Civil Service ha detto: «Il Civil Service è un'oligarchia che si autoperpetua; c'è forse un sistema migliore»? Può darsi che avesse ragione, ma alcuni potrebbero trovare alquanto sconcertante questa sua dichiarazione. Tornando a Chapman, dopo aver lasciato il Civil Service per scrivere un libro a1 vetriolo in cui ne denundava impietosamente gli sprechi 4, è divenuto membro del Consiglio Direttivo del London Transport (Azienda Trasporti londinese), ente pubblico finanziato in gran parte dal Greater London Councll (Consiglio della Grande Londra ~) e dal governo. Anche qui ha scoperto molte mostruose forme di spreco, tra cui una grossa auto aziendale utilizzata a turno per scarrozzare dirigenti di tutti i livelli ovunque avessero voglia di andare. Non c'è da meravigliarsi che preferissero questo metodo di trasporto ai disagi, alla sporcizia e ai ritardi degli autobus e delle metropolitane che gestivano. La dirigenza si trattava bene anche sotto altri aspetti: la "mensa» destinata ai top manager benefidava di cospicui sussidi, e il direttore generale aveva un uffido di oltre 80 metri quadrati. Chaprnan ha scoperto che era possibile risparmiare almeno il 30% sulla manutenzione dei binari; risparmi simili si sarebbero potuti ottenere anche in altri settori, ad esempio le p"lizie, affidando il lavoro a operai esterni anziché a personale alle dirette dipendenze del London Transport, e così via.
FOLl.lA DE.l1L O RGANIZZA ZIONI PUBBUCHE. E. PRIVATE.
'"
Nel caso del London Transport, Chapman ha potuto fare ben poco a causa delle resistenze opposte dagli altri membri del Consiglio direttivo, in particolare dal presidente. Ha fatto numerose proposte per ridurre gli sprechi, ma sono state tutte respinte. Inoltre, è stato rimosso dal Consiglio meno di due anni dopo essere entrato a farne parte; in seguito ha raccontato le sue straordinarie esperienze in un secondo libro, Waste Away (6). Se la mia succinta esposizione non ha convinto il lettore dei vergognosi e irrazionali sperperi che affliggono il settore pubblico britannico, i libri di Chapman lo faranno certamente. Lo spreco negli organismi pubblici non conosce limiti, ed egli ne segnala molti altri esempi. Ecco tre dei più bizzarri: il Consiglio comunale di lslington ha pagato a una ditta 730 sterline per liberare dalle erbacce due metri quadrati di cespugli; quello di Liverpool ha versato a due addetti all'accensione dei lampioni a gas più di 250.000 sterline per un periodo di otto anni - ma a Liverpool non ci sono lampioni a gas -; nel Leicestershire, il Consiglio di Contea ha privato delle vacanze duecento bambini affetti da handicap fisici tagliandone il sussidio, ma in compenso ha aumentato l'indennità al suo Presidente corrispondendogli una cifra che sarebbe bastata a pagare loro almeno quattro vacanze. In rapporto ai nostri attuali scopi, la domanda importante è: perché si verificano tali sprechi? Le ragioni sono molteplici: 1. Come evidenzia Chapman, negli enti pubblici ben pochi devono effettivamente rendere conto a qualcuno: le decisioni vengono prese per lo più all 'interno di comitati. Abbiamo già visto che in molti di essi i membri tentano di ingraziarsi il presidente citando argomenti a sostegno delle sue tesi e talvolta esprimendo posizioni ancor più estreme delle sue: in questo modo finiscono per spingerlo ad accentuare ulteriormente le sue convinzioni iniziali. Di solito queste tendenze si fanno ancor più marcate quando, come spesso avviene, le prospettive future degli altri membri, incluse le eventuali promozioni, dipendono in gran parte dal presidente. Per questo in genere i comitati non sono certo il luogo ideale per poter prendere decisioni razionali: essi si limitano a
lO.
IRRAZIONAUTÀ
confermare, D, il che è peggio, a esasperare, gli orientamenti del presidente, sollevandolo al tempo stesso da ogni responsabilità. Ma senza responsabilità è difficile trovare un incentivo a raddrizzare le cose, se non forse nella consapevolezza - spesso assentedei doveri che tutti i funzionari pubblici hanno nei confronti dei concittadini che pagano i loro stipendi. 2. Chapman sostiene che all'interno del Civil Service le promozioni sono in gran parte determinate dall'anzianità, c che, salvo circostanze eccezionali, un lavoro è per sempre. Anche questo favorisce l'inerzia. Qualunque cambiamento comporta dei rischi e poche persone sono disposte a correrne, a meno che non vedano in tutto ciò qualche beneficio per loro. 3. La struttura della maggior parte degli enti pubblici incoraggia le spese eccessive. La promozione può scaturire dalla creazione di un nuovo posto di lavoro che preveda un certo numero di persone alle dipendenze di chi lo ricopre, o dalle somme di denaro maneggiate. Qucsto è un chiaro incentivo a indulgere in pratiche che comportano sprechi. 4. In molti organismi pubblici, la quantità di denaro assegnata a un settore per un determinato alUlo dipende in gran parte dal budget stanziato per l'anno precedente. Ora, nessuno verifica com'è stato effettivamente speso questo budget, né se tali spese fossero necessarie. Anche questo costituisce un deciso incentivo agli sprechi, perché incoraggia determinati settori degli enti pubblici (e di certi enti privati) a spendere il più possibile anziché il meno possibile. ~ irrazionale penalizzare quei reparti che in un dato anno sono riusciti a risparmiare decurtandone il budget per l'anno successivo. Niente può sostituire un attento esame di come viene effettivamente speso il denaro. Chapman ha provato che ciò è possibile, e che in tal modo si possono ottenere significativi risparmi. 5. Chiunque voglia modificare un aspetto di un'istituzione, indubbiamente darà parecchio fastidio agli altri: in caso decida di fare delle economie, al fastidio può accompagnarsi anche una perdita di posti di lavoro. Ed è improbabile che tutto ciò lo renda popolare. Chapman ha attirato l'attenzione su diversi casi in cui
FOWA DELLE ORGANIZZAZIONI PU8BUCH E E PRIVATE
105
gli impiegati del London Transport che tentavano di ridurre i costi sono stati licenziati o minacciati. La paura di perdere il lavoro o di non ottenere una promozione agitando le acque è un potente disincentivo alla ricerca di modi per risparmiare. 6. L'avidità e la ricerca di prestigio halU\o anch'esse un ruolo importante. Entrambe spingono i top manager a circondarsi di comodità inutilmente sontuose, come lussuose sale da pranzo e macchine con autista. Nella misura in cui il prestigio di un dirigente dipende dalla consistenza del suo budget e dal numero di persone che lavorano sotto di lui, egli tenderà a dilatare inutilmente le spese. 7. Chapman sostiene che gli enti governativi preposti a investigare su taluni settori del Civil Service sono essenzialmente inefficaci. I dipendenti statali sono pagati dalla collettività, e hanno dei doveri verso di essa (lo stesso vale per i consigli comunali e per quelli di contea). Ora, se gli sprechi all'interno del Civil Service giungessero all'attenzione della stampa, un'arma potente, diventerebbero ben presto di dominio pubblico e, volente o nolente, qualcuno dovrebbe intervenire. Ma purtroppo il Regno Unito è uno dei paesi meno democratici del mondo occidentale: l'Offidal Secrets Act (legge sul segreto di Stato), che a partire dal 1989 è stata ulteriormente rafforzata, proibisce ai dipendenti pubblici di rivelare senza autorizzazione qualunque cosa abbiano appreso nell'esercizio delle loro funzioni. Anche gli enti locali prevedono per i propri impiegati regole che mirano allo stesso scopo. Di conseguenza, in Gran Bretagna gli organismi pubblici operano dietro una cortina di segretezza: i loro errori e la loro malagestione sono per lo più occultati ai cittadini, a cui pure dovrebbero rendere conto. Il governo inglese spinge la sua ossessione per la privacy a livelli estremi: informazioni che riguardano direttamente il consumatore - come quelle sulla presenza di droghe nell'acqua potabile, sull'igiene nei ristoranti, sulla sicurezza dei pesticidi e sui risultati delle ispezioni agli stabilimenti per la lavorazione delle carni - vengono tenute nascoste. Tempo fa, il governo ha perfino occulta lo il rapporto di alcuni ispettori scolastici su un progetto finalizza to a formare gli insegnanti ai più moderni metodi per pc-
106
IRRAZION.... LITÀ
tenziare il corretto uso della lingua inglese. Naturalmente, per i cittadini di un paese democratico l'informazione è essenziale. In sua assenza, essi non possono né stabilire su basi razionali come votare, né compiere scelte sensate nella vita di tutti i giorni. Ma il culto della privacy ha altri effetti a catena: secondo Amnesty Intemational, la Gran Bretagna detiene il triste record di paese meno rispettoso dei diritti umani di tutta l'Europa occidentale, sebbene sia difficile credere che i cittadini britannici siano meno umani di quelli di altre nazioni. Vi sono due riforme essenziali in grado di migliorare la qualità dei servizi pubblici. La prima: fare in modo che i criteri con cui sono gestiti diventino accessibili a tutti. La seconda: insistere perché chi lavora nel pubblico impiego usi i servizi pubblici quando esistono. Se i parlamentari e i pubblici funzionari fossero costretti a spostarsi in metropolitana e non in taxi, a ricorrere al Servizio Sanitario Nazionale e non a specialisti privati (aspettando il proprio turno in coda), e se i loro figli dovessero frequentare le scuole statali, assisteremmo a un rapido miglioramento in tutti questi settori. La situazione della Gran Bretagna può essere confrontata con quella degli Stati Uniti, paese più democratico, dov'è possibile non solo rendere pubblico quanto avviene all'interno delle agenzie governative (a meno che ciò non metta a rischio la sicurezza nazionale), ma addirittura intimare a tali agenzie di presentare in tribunale determinati documenti, che esse sono quindi legalmente tenute a produrre. Naturalmente non sono i singoli membri dei vari organismi pubblici a essere irrazionali: in fondo è perfettamente razionale essere mossi dall'avidità, dall'ambizione e dall'ignavia. Sono le organizzazioni a non essere in grado di conseguire gli scopi per i quali sono state create, per cui si possono considerare veri e propri esempi di follia istituzionale. Inoltre, tale follia potrebbe essere ridotta se gli organismi pubblici fossero strutturati in modo più razionale: ad esempio se dovessero rispondere del loro operato a rappresentanti della collettività adeguatamente retribuiti e non facenti parte dell'ente in questione; se conferissero promozioni ai dipendenti non perché è
fOl.l.IA DEllE ORGANIZZAZIONI PUBBUCHE E PRlVATE
107
arrivato il loro turno, ma perché hanno contribuito al successo degli scopi dell'organizzazione; se licenziassero, in particolare i manager anziani, molto più spesso di quanto attualmente non facciano, e rendessero accessibili alla stampa e al pubblico i meccanismi con cui essi funzionano. Senza dubbio la follia gestionale esiste anche nel settore privato, ma non conosco alcun resoconto al riguardo altrettanto accurato e documentato quanto quello di Chapman, anche se qualche tempo fa la Director's Guide to Relocation Management (Guida «Director» alla gestione dei trasferimenti di stabili industriali 7) ha rivelato che esistono direttori i quali forse agiscono nel loro interesse, ma non certo in quello delle loro aziende. Ci si aspetterebbe che, nel decidere dove trasferire la propria sede, essi tenessero conto dell'affitto per metro quadro, della facilità di trasporto delle merci e di accesso ai rifornimenti di materie prime (nel caso delle industrie manifatturiere) e della disponibilità di personale adeguato. Neanche per sogno. Una ditta si è trasferita a Nottingham perché i dirigenti credevano che in questa città vi fossero più bionde per metro quadro che in qualunque altra; un altro criterio considerato importante ai fini del trasferimento era la lunghezza delle liste d'attesa nei golf club; una ditta, poi, ha inviato un'apposita squadra di ricerca allo scopo non solo di trovare una città su un fiume, ma anche di contare il numero di cigni che esso ospitava. Un grave abuso di cui si è parlato molto un po' di tempo fa ha riguardato i consistenti incrementi di stipendio che i dirigenti di alcune industrie si sono autoassegnati in un periodo in cui il management stava tentando di convincere i lavoratori ad accettare aumenti commisurati, o di poco superiori, alla crescita del costo della vita. Stando al British Institute of Management', nel 1990 i dirigenti delle aziende inglesi si sono aumentati lo stipendio in media del 22,7 %, ma molti si sono spinti oltre: ad esempio Mick Newmarch, direttore generale del grande gruppo assicurativo «Prudentiah>, ha avuto un aumento del 43%, portando il suo compenso a oltre mezzo milione di sterline. Eppure non si può
108
IRRAZI0NAUTÀ
dire che sotto la sua gestione l'azienda fosse andata esattamente a gonfie vele, se è vero che aveva dovuto svendere, con una perdita di ben 340 milioni di sterline, tutte le agenzie immobiliari da poco acquistate, ragion per cui i titolari di polizze «Prudentia1» si erano visti ridurre i bonus per la prima volta in cinquant'anni. Nonostante la pubblicità negativa che gli ha attirato, l'incremento di cui ha beneficiato Newmark era in realtà relativamente modesto in confronto agli altri: nello stesso anno, ad esempio, sir Ian MacLaurin ha avuto un aumento del 330%, portando così il suo compenso a circa un milione e mezzo di sterline. Si potrebbe pensare che questi aumenti fossero giustificati dal valore che i dirigenti in questione rivestivano per le loro aziende, ma non sembra che le cose stiano così. Di fatto l'azienda di MacLaurin, la Teseo, l'anno prima che egli si aumentasse vertiginosamente il compenso aveva visto scendere i suoi profitti in seguito a una diminuzione di capitale 9 • Un simile egoismo da parte di un top manager, che è destinato ad avere effetti disastrosi sui suoi rapporti con i dipendenti, non è certo illogico. Ma l'avidità dei dirigenti fa sÌ che anche le aziende nel loro insieme agiscano irrazionalmente, e il fatto che esse siano strutturate in maniera tale da consentire tali forme di egoismo è di per sé irrazionale. Gli aumenti di stipendio dei dirigenti sarebbero più ragionevoli se fossero decisi in base al rendimento o venissero approvati con il voto di tutti gli azionisti. È difficile dire cosa scateni le offerte pubbliche d'acquisto, ma molte di esse sembrano determinate dall'ambizione dei dirigenti. Quel che è certo è che le azioni dell'azienda offerente crollano quasi invariabilmente, e a ragione: infatti si è scoperto che in genere, dopo un'acquisizione, si registrano pesanti perdite per quattro anni, e ce ne vogliono in media otto prima di ricominciare a vedere degli utili. Un esempio di OPA particolarmente irrazionale fu quella lanciata alla fine degli anni '60 dalla Staveley Industries, che acquistò la Craven Brothers, azienda in perdita impegnata per lo più nella produzione di componenti per motori a vapore, articolo di cui sopravvivevano ormai pochissimi esemplari. Quest'offerta d'acquisto evidenzia un chiaro rifiuto di guardare in faccia la realtà (le cui ragioni saranno esposte nei capitoli
FOWA DEllE ORGANIZZAZIONI PUBBUCHE E PRIVATE
109
9 e lO). Vale la pena di proporre ancora alcuni esempi di irrazionalità in ambito industriale. La Dimplex era specializzata nella produzione di piastre riscaldanti elettriche ad accumulazione di calore e di radiatori a petrolio. La crisi petrolifera del 1974 portò a un raddoppio dei costi dell'elettricità, protrattosi per quattro anni. Comprensibilmente, i consumatori passarono a forme di riscaldamento più economiche, tra cui in particolare il carbone e il gas. Ma, anziché tentare di diversificare la sua produzione, la Dimplex continuò a concentrarsi sul riscaldamento domestico mediante elettricità. li suo presidente era cieco di fronte agli eventi, tanto che nel 1975 annunciò che «l'elettricità sarebbe divenuta la principale fonte di energia utilizzata in casa» . Ancora ne11977 egli attribuì le perdite record subite dall'azienda nel precedente semestre al fatto che i clienti non erano «consapevoli che il riscaldamento domestico mediante elettricità presenta molti vantaggi rispetto a quello basato su altri combustibili». Pochi mesi dopo, fu nominato un curatore fallimentare. Un altro esempio di attaccamento irrazionale alla tradizione è offerto dalla vicenda della divisione trasformatori di Ferranti Intemational. L'industria era nata come produttrice di trasformatori ad alto voltaggio, e tanto Sebastian quanto Basi! de Ferranti, i quali ricoprivano due dei tre principali ruoli manageriali, probabilmente per ragioni sentimentali erano restii a vendere o chiudere tale divisione. Ma poiché - come conseguenza dell'eccesso di capacità produttiva dell'industria dei trasformatori - la domanda di tali articoli era risultata sovrastimata, e siccome i giapponesi riuscivano a venderli sul mercato mondiale a prezzi inferiori, il settore trasformatori di Ferranti Intemational perse circa un milione di sterline l'anno fino al 1974, quando l'intera azienda entrò in crisi e fu salvata da un'immissione di capitale di oltre 20 milioni di sterline da parte del governo. Infine, l'industria dei trasformatori fu abbandonata, anche se un po' tardivamente, nel 1978. Da uno studio condotto dalla rivista «Fortune» è emerso che oltre il 50% degli imprenditori americani pensava che seguire la tradizione sia più importante che guadagnare. Seguire la tradizione, come è avvenuto nel caso di Dimplex e di Ferranti, può
""
IRRAZIONAUTA
essere la strada più semplice da seguire, ma non sempre è la più saggia. n mondo va avanti. Un tratto spaventosamente irrazionale che sembra caratterizzare molte aziende, in particolare quelle piccole, è l'incapacità di mantenere il controllo finanziario, vale a dire di registrare le entrate e le uscite per i singoli settori. Nel 1976, ad esempio, la
Queensway Discount Warehouse, che vendeva mobili e tappeti, era in perdita, ma poiché non era stata tenuta un'accurata documentazione di tali voci, fu impossibile determinare quali dei suoi ventisctte rami dessero profitto c quali no. Ecco due ultimi casi, entrambi dovuti a una mancanza di previdenza talmente estrema da risultare incredibile. La RFD Group Ltd, che produceva attrezzature da soccorso tra cui paracadute, decise di trasferirsi da Belfast a Newcastle. Aveva trascurato il falto che la maggior parte dei suoi dipendenti migliori non voleva lasciare l'Ulster. Di conseguenza, in fabbrica non era mai presente più di un terzo del personale. Infine, un 'industria mobiliera aveva il reparto manutenzione a Norwich e il reparto produzione a Dundee, per cui, ogni volta che c'era da cambiare una lampadina, bisognava mandare un furgone da Norwich a Dundee. Questi due ultimi esempi suggeriscono che i dirigenti dovrebbero studiare la geografia, ma è lecito dubitare che anche tale misura riuscirebbe a estirpare la loro pervicace irragionevolezza. Nella mia trattazione dell'irrazionalità nell 'ambito delle aziende private, ho potuto proporre solo alcuni esempi sparsi, poiché non conosco alcun resoconto tanto dettagliato quanto quelJo fornito da Chapman a proposito di un ramo del Civit Service. Una cosa sembra essere certa: gli imprenditori tendono a nutrire speranze eccessive, se è vero che negli Stati Uniti tre piccole aziende su quattro fanno bancarotta entro i primi quattro anni, vuoi per sfortuna, vuoi per cattiva gestione. lo tutte le categorie profcssionali ogni tanto si incontrano esempi di comportamenti irrazionali, ma l'irrazionalità dei consulenti finanziari è pari solo a quella dei loro clienti. La maggior
FOlliA DEllE ORGANIZZAZIONI PUBBUCHE E PRIVATE
III
parte degli investitori, a quanto pare, non si accorge della loro inettitudine, ma essa è ben documentata da un libro di piacevolissima lettura scritto da David Dreman, CO/ltrariall lllvestment Strategy (Strategie di investimento controcorrente), che è la fonte di gran parte delle informazioni che seguono LO. h stato dimostrato da una miriade di studi separati che i consulenti finanziari specializzati nel settore delle azioni ordinarie si muovono peggio del mercato in cui operano, senza contare i lauti compensi che esigono. Lo stesso vale per gli esperti di fondi pensionistici o di fondi di investimento a capitale variabile, come pure per i gestori dei portafogli delle compagnie di assicurazione. Probabilmente il motivo principale dei loro pessimi risultati è che seguono il gregge anziché anticiparlo, vale a dire comprano quando i prezzi s0no alti e vendono quando sono bassi. Quanto ai loro sventurati clienti, per decidere cosa acquistare farebbero meglio a piantare uno spillo a caso nel listino ufficiale della Borsa Valori anziché seguire i loro perniciosi consigli o comprare fondi di investimento a capitale variabile. Un paio di esempi possono aiutare a illustrare questo punto. Da un sondaggio effettuato durante una conferenza tenutasi a New York nel 1970, alla quale partecipavano duemila investitori istituzionali, è emerso che il titolo preferito dai delegati era National Student Marketing. uno dei più trendy del momento. Nel giro di sei mesi, esso è sceso da 120 a 13 dollari. L'anno dopo, hanno dato un' ulteriore dimostrazione della loro .. competenza » indicando come industria candidata al miglior rendimento nell'anno successivo la rompagnia aerea, le cui azioni sono invece scese del 50"10, per giunta in un periodo in cui il mercato nel complesso era in salita. I metodi utilizzati per fonnulare previsioni sui valori futuri delle azioni sono sostanzialmente due. li primo sembra sensato. L'analista degli investimenti determina le prospettive future delle aziende scomponendo le loro operazioni in tanti segmenti distinti. Ad esempio, analizzando il profilo di una compagnia assicurativa può esaminare separatamente i profitti, la crescita recente e via dicendo dei settori deUe assicurazioni sulla vita, sull'auto, sulla casa e sui beni mobili, e cercare di scomporre ulteriormente i da-
ll2
/RRAZIONAUTA
ti relativi a tali settori in base alle varie zone. ~ possibile tuttavia
che alcune delle informazioni di cui necessita non gli vengano far· mte dalla dirigenza, e che gran parte di ciò che gli viene comunicato non sia del tutto esatto. Inoltre deve tener conto delle prospettive delle compagnie concorrenti. Dopo aver ottenuto tutte queste informazioni, dovrebbe metterle insieme, ma questo è impossibile per tre motivi. Il primo è la natura intrinsecamente limitata della mente umana, che non è in grado di elaborare sistematicamente grandi quantità di dati per arrivare alla conclusione giusta: in altre parole, l'analista soffre di un sovraccarico informativo. n secondo è che, per le ragioni che esporremo nel capitolo 19, egli non ha modo di scoprire quale sia il sistema corretto per assemblarle. Infine, anche il caso gioca un ruolo importante nelle sorti di un'azienda, ed è impossibile calcolarne l'incidenza: per quanto alto sia il suo rendimento, le sue performance possono crollare a seguito di uno sciopero o di una recessione generalizzata. Per una ragione o per l'altra, i consulenti finanziari che seguono questo metodo ottengono risultati peggiori del mercato in cui operano. Nel 1974 è stato chiesto a trentasei consulenti degli investimenti di indicare i loro cinque titoli preferiti: è emerso un ampio consenso tra loro, ma, quando è stato esaminato il rendimento dei loro dieci titoli preferiti nel bierutio 1972-1973, si è scoperto che essi erano scesi del 27% in più rispetto aUa percentuale media di calo evidenziata dal mercato in un periodo di perdita generalizzata. C'è un altro modo per predire il futuro delle azioni, noto come «cartismo», che può essere applicato sia al mercato azionario nel suo insieme che a singoli titoli. Il valore dell'azione viene riportato su un grafico (clmrt), e l'analista cerca di individuarne le tendenze, soprattutto le cosiddette «tendenze primarie», ascendenti o discendenti, trascurando i lievi cali o i picchi di scarsa entità. Purtroppo per il «cartista », è stato inequivocabilmente dimostrato mediante analisi matematica che le variazioni di prezzo delle azioni sono del tutto casuali: non vi è quindi modo di predirle sulla base dei dati passati. Sebbene, in seguito a questa scoperta, il numero dei ((cartisti" sia drasticamente diminuito, sono ancora in molti a perseverare in quest'inutile approccio.
fOLUA DEIJ.E ORGANIZZAZIONI PUBBUCHE E PRIVATE
113
Il fatto che sia l'uomo della strada, sia le grandi aziende con forti capitali da investire continuino a ricorrere agli analisti di investimento è un vero mistero, poiché è risaputo che sono più che inutili. ~ come se si dovesse pagare un medico perché ha prescritto a un paziente farmaci che si sono rivelati più nocivi di quelli che chiunque avrebbe potuto scegliere a caso. La differenza tra gli analisti da un lato, i funzionari pubblici e gli imprenditori dall'altro, è che i secondi danno vita a molteplici forme di follia collettiva col loro egoismo e la loro irrazionalità, mentre i primi falliscono perché seguono il gregge. Comprando le azioni di moda e vendendo quelle che non lo sono, si assicurano di essere sempre un passo indietro rispetto alle esigenze del momento.
Leslie Chapman, YOllr Disobt't1ie/lt 5mxmt, Chatto, London 1978. [D titolo gioca sul doppio senso di servrmt inteso come «servo», ma anche come membro del Civil Service, ossia la Pubblica Amministrazione inglese, N.d.T). , Il Property Services Agency cessò di esistere nel 1993, quando fu smembrato e trasformato in una serie di holding private, per essere poi abolito nel 1996, quando i singoli ministeri decisero di farsi personalmente carico della gestione del patrimonio edilizio di loro competenza [N.d.T.). )5i tratta di sir Wìl1iam Armstrong, barone di Sanderstead (1915-1980), che fu direttore dci Civil Service dal 1968 al 1974. In realtà l'espressione citata dall'autore (<<economical with the truth,,), fu pronunciata da sir Robcrt Annstrong, capo del Civil Service dal 1981 al 1987, durante il processo legato allo scandalo 51'ycatcller [libro scritto da Peter Wright, ex funzionario dl'i servizi segreti ed ex vicedin'ttore dell'MIS, insieme a Paul Greengrass, che svelava gli inquietanti retroscena dei servizi segreti britannici, e di cui il governo inglese cercò di impedire la pubblicazione facendo causa agli autori] ncl 1986, e da allora è entrata nell 'uso popolare. Cfr. http: //w ww.indepcndenl.co.uk / news/ pl'ople / obitua ry-pcter- wright1617351.html [N.d.T.). 'Leslie Chapman, Waste Awtly, Chatto, London 1982. ' Massimo organo amministrativo londinl'St', in vigore dal 1%5 al 1986 [N.d.T.[. I
Il'
IRRAZ/ONAUTII
• Anche questo titolo è giocato s u un doppio senso: U'V2Stt' Qway. infatti, conserva il significato di up{lstt', ..s precare, sperperare .. , ma ha anche queUo di .. deperire, corrompersi, marcire» IN.d,T.I. ' la Director Publications è una casa editrlct' di proprietà dell'lnstitute c f DirectoI'S (associazione che dispensa direttive e stnunenti di formazione ai top manager britannici), e pubblica una serie di ri viste specializzate, nt'w· slctter, guide e libri per la gestione d 'impresa. La Guida citata dall'autore è Tom Nash (a cura di), Dirr clor's GI/idl' lo Re/oca /ion Mallagmll.'Ilt, The Director Publications ltd for thl.' Institute cf Oirectors and Black Hof'S(' Relocation Services Ud, London 1992 [N.d.T.). I Associazione professionale dei manager britannici; nel 1992, insieme alla Institution of Industriai Managcrs. costituì J'lnstitute 01 Management, oggi Chartered Management lnstitute [N.d.T.]. "Gli esempi di decisioni irrazionali pi ese da manager britannici sono trai· ti da Stuart Siatler, Corpvra l~ Rrcurxry. A G I.id~ la TUnlaoout Mlltwgrmnlt, Penguin Books, Harmonds worth 1984 (nuova ed. Stuart Siatler, David Lovett, CorporalI' Rrcot'"Y. Ma//agi/tg CompnlliN ili DistrtSS, Beard Books, Fre-d eri ck 1999). 10 11 resto del capitolo s i basa su David Dreman, COlltrariall IlIves tll/ml Stratrgy, Random House, Ncw York 1979.
Capitolo 6 Un malinteso senso di coerenza
Le persone fanno di tutto per restare coerenti con le proprie idee, spesso a scapito della verità. Un esempio di ciò è costituito dall'effetto alone, già descritto nel capitolo l: se qualcuno possiede un tratto positivo particolarmente evidente (leggi: «disponibile»), esso tende a colorare anche il modo in cui percepiamo le altre sue caratteristiche, che ai nostri occhi appaiono distorte in maniera tale da armonizzarsi con quell'unico tratto pregevole. Non siamo disposti ad accettare che gli altri possano essere una miscela di bene e male, perciò cerchiamo di vederli come un insieme coerente I . L'effetto alone entra in gioco anche quando non abbiamo un particolare interesse a vedere un'altra persona o cosa in una luce del tutto positiva (oppure negativa), ma gli effetti del nostro bisogno di coerenza si accentuano quando abbiamo investito molto in qualcosa. Se una coppia è alla ricerca di una casa, ne passerà in rassegna moIte tra quelle che le piacciono - o, più verosimilmente, tra quelle che si può permettere -, trovando in ciascuna di esse qualcosa che la soddisfa, come una cucina ben attrezzata, e qualcosa che non la convince, come una sala da pranzo troppo piccola. Naturalmente, il suo giudizio su una parte della casa sarà influenzato da quello che pensa delle altre (effetto alone), e quasi sicuramente sarà condizionato in misura eccessiva dalla prima impressione. Infine, dopo molti conflitti interiori, i due si accontenteranno di un particolare appartamento e finiranno per comprarlo. A prescindere dal tempo e dalla fatica profusi nella ncer-
116
IRRAZIONALITÀ
ca, avranno certamente speso un sacco di soldi: quindi, se non vogliono sentirsi degli sciocchi, devono giustificare a se stessi la scelta fatta, per cui, dopo aver acquistato la casa, tenderanno a enfatizzare quegli aspetti che, fin dall'inizio, avevano percepito come particolarmente positivi, e a minimizzame quelli negativi. La cucina ben attrezzata diverrà la cucina ideale, e la sala da pranzo piccola ora sarà vista come un ambiente tutto sommato intimo e confortevole. Questa rivalutazione delle qualità della casa è in parte dovuta al bisogno di coerenza. La maggior parte della gente, infatti, è convinta dì prendere decisioni sensate, specie se ha riflettuto a lungo su una cosa, e, nel nostro caso, quanto più bello sarà considerato l'appartamento, tanto più sensata sembrerà la decisione. Tuttavia può entrare in gioco anche un fattore motivazionale: poiché sarebbe oltremodo deprimente pensare di aver buttato via un sacco di soldi, la coppia che ha comprato la casa decide inconsciamente di convincersi che ha fatto la cosa giusta. Ovviamente ciò è del tutto irrazionale, dato che il fatto di aver acquistato una casa non la rende né migliore né peggiore di quello che è, anche se, a livello soggettivo, la fa apparire più desiderabile ai nostri occhi. Questi effetti dei processi decisionali sono stati accertati in numerosi esperimenti: ecco due esempi. Ad alcune adolescenti è stato mostrato un vasto assortimento di dischi, quindi sono state invitate ad assegnare un punteggio a ciascuno di essi in base alloro grado di apprezzamento. Poi, a ogni ragazza è stato chiesto di scegliere tra due dei dischi che le piacevano, ma non alla follia, e quello che ha scelto le è stato regalato. Quindi, ciascuna è stata invitata a esprimere una nuova valutazione sui due dischi in questione, ed è emerso che considerava il disco scelto decisamente più bello che in partenza, mentre quello scartato le piaceva molto meno di prima l . Il secondo esperimento è stato condotto nella vita reale. Ad alcuni studenti che si avvicinavano alla fine di un corso per dirigenti, e avevano già visitato alcune aziende in cui avrebbero potuto lavorare, è stato chiesto di assegnare Wl punteggio a ognuna delle tre prospettive occupazionali che trovavano più interessan-
UN MALtNTESO SENSO DI COERENZA
117
ti. A giudicare dalle valutazioni espresse, in questa fase il loro grado di preferenza nei confronti dei tre posti di lavoro era pressoché identico. Poi, dopo che avevano scelto quale accettare ma prima che avessero effettivamente iniziato a lavorare, sono state effettuate nuove valutazioni, ed è emerso che le occupazioni scelte erano ora considerate decisamente più allettanti di prima, mentre quelle scartate erano ritenute assai meno stimolanti. Evidentemente, dopo aver preso una decisione, gli studenti dovevano giustificarla a se stessi: a nessuno piace avere torto. Entrambi gli esperimenti mettono in luce un'ulteriore forma di irrazionalità: quella per cui si tende a sminuire ciò che non si ha o non si può avere. Tale fenomeno, molto più conosciuto di altri, è il cosiddetto effetto «la volpe e ('uva»). Sebbene in genere la tendenza ad avvalorare la correttezza di W\a scelta si manifesti soltanto dopo che tale scelta è stata effettuata, in alcuni casi è stato appurato che essa può presentarsi (altrettanto irrazionalmente) già all'interno del processo decisionale. Ad alcW\e studentesse australiane, che si erano offerte volontarie per un esperimento, è stato comunicato che esso era finalizzato ad accertare gli effetti degli stimoli sensoriali sgradevoli sull'esecuzione di un compito intellettuale: in pratica dovevano decidere se assumere una sostanza dal sapore disgustoso o ascoltare W\ rumore alquanto fastidioso. Prima sono state messe al corrente del fatto che entrambi gli stimoli potevano produrre sgradevoli effetti a breve termine, ad esempio vertigini, mal di testa e nausea, ed è stato chiesto loro di formulare una previsione sul grado di spiacevolezza di ognuno di essi. Poi, ad alcune è stato detto che, prima di scegliere, avrebbero ricevuto ulteriori informazioni sugli effetti del cattivo sapore e del rumore fastidioso, mentre alle altre è stato comW\icato che non avrebbero appreso nient'altro in proposito. Pochi minuti dopo, sono state tutte invitate a valutare di nuovo la spiacevolezza dei due stimoli. Se nel gruppo che attendeva ulteriori informazioni non si è registrato alcW\ cambiamento, nell'altro si è osservata invece una sensibile variazione: mentre, a giudicare dalle valutazioni iniziali, le ragazze vedevano ben poca differenza tra le due opzioni,
118
IRRAZ/ONAUTA
ora consideravano molto meno spiacevole dell'altra quella per cui all'inizio avevano espresso una leggera preferenza. Infatti, in seguito hanno tutte optato per quest'ultima, anche se, con loro grande sollievo, non sono state costrette ad affrontare né "una né l'altra'. Quest'esperimento suggerisce che in alcuni casi le persone tendono ad amplificare l'appetibilità di una scelta ancor prima di averla compiuta. Un tale processo non soltanto le aiuta a prendere una decisione difficile, ma, ancora una volta, permette loro di convincersi che si tratta di quella giusta. Una persona che ha appena acquistato una macchina nuova tende a celebrarne l'accelerazione, la manovrabilità e il basso consumo di benzina. Tali vanterie sono spesso, e giustamente, lette come segni di insicurezza: in realtà chi sta cercando di convincere? Bruno Bettelheim ha registrato un caso estremo di questa tendenza a enfatizzare una decisione presa: nei campi di concentramento nazisti, alcuni prigionieri si identificavano con le guardie, facendo propri i loro agghiaccianti valori, indossando brandelli di uniformi della Gestapo e imitandone il comportamento a tal punto che lì aiutavano a torturare i propri compagni di prigionia. Probabilmente, avendo perso ogni speranza di resistere, avevano deciso di adeguarsi fino in fondo e, per rafforzare la loro fede in tale decisione, erano arrivati ad assimilare i valori delle guardie 5. Ci sono due casi in cui una decisione può essere seguita da rimpianto anziché da compiacimento. In primo luogo, alcuni ricercatori hanno appurato che le persone, dopo aver compiuto una scelta, per qualche tempo tendono a rimpiangerla perché non sono sicure di aver fatto la cosa giusta. Poi, però, finiscono per convincersi del contrario, sopravvalutando i benefici della loro decisione. Ma ecco un altro modo in cui può manifestarsi il rimpianto. Se le conseguenze di un'azione sono molto peggiori di quelle previste, non è più possibile dissimularle: chi ha comprato una casa e, nel momento in cui va ad abitarci, scopre che ha bisogno di un tetto nuovo ed è letteralmente divorata dalla carie del legno, non può nascondere il suo errore neanche a se stesso. In tal caso è probabile che, lungi dal giustificare la sua decisione attri-
UN MAUNTESO SENSO DI COERENZA
U9
buendo all'appartamento immaginarie virtù, finisca per riconoscere e rimpiangere il suo errore. Le persone, quando devono fare marcia indietro rispetto a una decisione presa, spesso si spingono all'estremo opposto, ossia ne ingigantiscono nella mente le perniciose conseguenze. Che io sappia, non esiste alCW10 studio sperimentale al riguardo, ma Irving Janis e Leon Mann citano un simpatico esempio tratto dai diari di James Boswell 6• Nel 1762 egli iniziò una relazione con una giovane e bella attrice di nome Louisa, e se ne innamorò tanto follemente da rimanerIe fedele, almeno per un po', derogando cosi alla sua prassi consueta, che consisteva nell'avere rapporti sessuali occasionali con chiunque ogni volta che ne aveva voglia. Gli amici non riuscivano a credere al suo entusiastico resoconto delle virtù di lei. Sei mesi dopo, Boswell scoprì di essere affetto da gonorrea. Louisa gli assicurò che, sebbene avesse contratto la malattia molto tempo prima di incontrarlo, era sicura dì essere completamente guarita, ma Boswell non volle crederle e la definì una ('puttana ipocrita». Il suo amore per lei si tramutò in odio, iniziò a diffamarla e infine la lasciò. Per giustificare a se stessi la scelta dì recedere da una decisione o da un'opinione che si è rivelata chiaramente sbagliata, è utile raffigurarsene le conseguenze nelle tinte più fosche possibili. Un altro espediente consiste semplicemente nel dimenticare il passato, o rutto ciò che ce lo ricorda. Gli innamorati delusi bruciano le foto dell'ex-partner, e molte mogli lasciate dai mariti non possono sopportare di restare nella stessa casa in cui hanno vissuto con loro, perché contiene troppi ricordi del passato. (Noglio proprio togliermi dalla testa quell'uomo», dice una canzone del musical South pacific' . Rappresentarsi a tinte cupe il passato è sicuramente irrazionale perché distorce la verità, ma tentare di dimenticarlo sembra un modo perfettamente sensato di gestire le cose, purché non ci impedisca di imparare qualcosa che potrebbe distoglierci dal commettere di nuovo lo stesso errore, come in genere tendiamo a fare. L'opposto del cambiare diametralmente opinione è lasciare che, a poco a poco, essa divenga sempre più estrema. Spesso le persone
12Q
IRRl.ZlONAUTÀ
scivolano inavvertitamente in una sequenza di azioni concatenate tra loro senza però cessare di prendere, momento per momento, decisioni consapevoli. Molti criminali cominciano col conunettere piccoli reati che, gradualmente, diventano sempre più gravi, e finiscono per arrivare alla rapina a mano annata o ali' omicidio. È possibile che all'inizio della loro «carriera» inorridissero aI pensiero di uccidere, ma via via che procedono, un passo dopo l'altro, sulla strada del crimine, si ritrovano a compiere Wla serie di azioni e di scelte che, prese singolarmente, sono tutte grossomodo in linea con quelle che le hanno precedute. Gran parte dei nostri comportamenti è dettata da questa impercettibile deriva irrazionale: una donna, ad esempio, usa una certa marca di profumo, che in effetti le piace, forse perché era di buon umore la prima volta che l'ha provato; poi però acquistarlo diventa per lei Wl'abitudine, e non ne prova più altri per non doverli confrontare col suo. Quest'umana debolezza è sfruttata, fra gli altri, dagli agenti assicwativi che utilizzano la tecnica del «piede-nella-porta)). Una volta che la porta è aperta, tentano di introdursi in casa con le lusinghe. Se ci riescono, prima iniziano a evidenziare i pregi delle assicurazioni in generale e a informarsi della specifica situazione del potenziale cliente, poi scoprono - ma che sorpresa! - di avere casualmente una polizza fatta su misura per lui, e per giunta decisamente economica. Per effetto di queste mosse graduali e insidiose, il malcapitato che ha aperto si ritrova ad acquistare una polizza che non vuole e non può permettersi. In questo caso, alla radice del suo comportamento vi è qualcosa di più della tendenza a scivolare inavvertitamente, passo dopo passo, in una determinata situazione: anche l'imbarazzo, che è alla base di gran parte dell'irrazionalità umana, svolge un ruolo considerevole. La «vittima)) può erroneamente pensare che in fondo 1'assicwatore deve guadagnarsi da vivere, che gli ha dedicato un sacco di tempo, che rimarrà deluso se non riesce a piazzare una vendita, e che comunque sembra un tipo molto simpatico. Ma anche il bisogno di coerenza ha il suo peso: una persona che ha intrapreso una linea d'azione può sentire di dover perseverare in essa per giustificare la sua decisione iniziale.
UN MALINTESO SENSO DI COERENZA
121
Numerosi esperimenti hanno documentato l'efficacia dello «scivolamento graduale» nel persuadere le persone a fare qualcosa che altrimenti non avrebbero fatto , In WlO di essi, sono state avvicinate alcune casalinghe californiane, alle quali è stato cluesto se acconsentivano a far collocare fuori da casa loro Wl piccolo cartello che diceva: "Sn PRUDENTE QUANDO GUIDI», Quasi tutte hanno detto di sì. Nella seconda fase dell'esperimento, a loro e a un altro gruppo di dOlU1e che prima non erano state contattate è stato chiesto se erano disposte a far esporre ali' esterno delle loro abitazioni Wl cartello molto grande e decisamente antiestetico che recitava: «GUIDA CON AlTENZlONE», I tre quarti di quelle che avevano detto sì al primo cartello hanno espresso parere favorevole anche per il secondo, mentre solo una su sei delle donne contattate per la prima volta si è detta disponibile a far deturpare la propria casa da quella mostruosa insegna ', Nella storia umana la seduzione sessuale è forse la forma più antica, e probabilmente ancora la più comune, di «scivolamento graduale»: a patto che entrambi i partner ne apprezzino le singole tappe, essa è perfettamente razionale, mentre essere condotti per gradi a fare qualcosa che in partenza non si approvava e di cui in seguito ci si può pentire è palesemente irrazionale, Si dice spesso che, se una cosa è difficile da raggiungere, diventa più seducente, È stato dimostrato che ciò è vero, ma solo se una persona sceglie volontariamente di affrontare le prove necessarie per ottenerla, In un esperimento modellato sulla vita reale, alcune donne sono state invitate a prendere parte a un dibattito sulla psicologia del sesso. A un gruppo di loro è stato detto che, per superare ogni residua timidezza, dovevano prima sottoporsi a un'esperienza che avrebbero potuto trovare spiacevole: leggere una serie di parole oscene e di descrizioni pornografiche relative ad attività sessuali (l'esperimento è stato effettuato in un'epoca in cui in effetti una giovane donna avrebbe potuto trovare tale esperienza più sgradevole di quanto non lo sarebbe oggi). Al secondo gruppo, invece, non è stato chiesto di sottomettersi a questi curiosi preliminari. Tutte le donne presenti ai dibattiti, tranne i sog-
122
IRRAZIONALITA
getti, erano «spalle», che chiacchieravano in modo sconnesso, ini· bito e noioso del comportamento sessuale degli animali. Dopo aver ascoltato questo tedioso dcaleçcio, i veri soggetti sono stati invitati a dare un giudizio su quel dibattito insulso. Ebbene, le donne che erano passate attraverso la cerimonia di iniziazione hanno detto di averlo trovato molto più interessante delle altre 9• In un esperimento ancor più convincente, alcune donne sovrappeso sono state invitate a provare una nuova forma di terapia dimagrante, che consisteva nell'eseguire diversi compiti piuttosto spiacevoli, tra cui leggere ad alta voce delle filastrocche per bambini e, dopo un breve intervallo, riascoltare il suono registrato della loro voce - un procedimento che induce balbuzie ed esitazione, e rende assai difficile parlare. Metà dei soggetti ha svolto compiti di questo genere per cinque sedute, ognuna di un'ora, mentre l'altra metà ha affrontato lo stesso numero di sedute, ma della durata di pochi minuti ciascuna. L'anno sucçessivo, le donne sono state tutte pesate: quelle del primo gruppo, che avevano dovuto sostenere uno sforzo maggiore, avevano perso in media almeno 3 chili, le altre, invece, poco più di un etto. La presunta terapia era ovviamente del tutto priva di valore, e non aveva niente a che fare con la perdita di peso, ma le dOIUle che l'avevano affrontata con particolare impegno dovevano giustificare a se stesse la scelta fatta: per questo haIUlo continuato a dimagrire 1D. Esiste una forma di irrazionalità correlata con le precedenti, ma ancora più estrema. Le persone che hanno sostenuto un qualche tipo di sacrificio (in termini di denaro, di tempo o di fatica) per riuscire a fare una cosa tendono a continuare a farla anche quando in tal modo rischiano di andare incontro a una perdita anziché a un guadagno. Tra voi che state leggendo queste pagine, quasi tutti almeno una volta avranno speso dei soldi per assistere a un brutto film o a un'orribile rappresentazione teatrale. Nonostante la noia atroce, spesso le persone si rifiutano di andarsene anche quando lo spettacolo è talmente orrendo che avrebbero pagato qualcosa pur di evitare di vederlo. Così facendo, sopportano irrazionalmente una duplice fregatura: lo spreco
UN MAUNTESO SENSO DI COERENZA.
123
di denaro e un paio d'ore di inutile noia. La cosa più sensata da fare per loro sarebbe andarsene, in tal modo subirebbero solo la perdita pecuniaria. Questo caso (e altri simili, rutti ben documentati a livello sperimentale) è leggermente diverso e più sconcertante di quelli esaminati finora, perché una persona è capace di continuare a guardare uno spettacolo noioso anche se non riesce a ingannare se stessa al punto di convincersi che ha fatto bene a decidere di andare a vederlo: è semplicemente decisa a «far buttare fino in fondo il denaro spesO». Tale rifiuto di ,dimitare le perdite», conscio o inconscio che sia, è una diffusa forma di irrazionalità. Le persone non vendono azioni che hanno perso valore e non hanno più prospettive perché ci hanno rimesso del denaro, anche se è ovvio che ce ne rimetteranno ancora di più ostinandosi a non cederle anziché rassegnandosi alla perdita e investendo altrove 11. E i generali sono tristemente famosi perché perseverano nelle strategie in cui si sono imbarcati anche quando la loro inutilità è sotto gli occhi di rutti 12. Nella prima guerra mondiale era divenuto evidente - almeno dopo la battaglia di Verdun, in cui avevano perso la vita 800.000 persone - che nella guerra di trincea gli attacchi diretti non solo erano destinati al fallimento, ma costavano a chi li sferrava molte più perdite che a chi li subiva. Eppure nella battaglia della Somme, sebbene avesse perso 57.000 uomini solo nelle prime ore, il generale Haig continuò ad attaccare le ben difese posizioni tedesche, con ulteriori e orribili perdite per le sue truppe. In questo caso, naruralmente, non era Haig a soffrire, ma i suoi uomini. La riluttanza a interrompere un progetto in cui sono già stati investiti cospicui fondi emerge da questa osservazione del senatore Denton, risalente al periodo in cui insisteva perché il senato statunitense continuasse a finanziare un piano, chiaramente irrealizzabile, destinato alla creazione di un'idrovia: «Porre fine a un progetto in cui sono stati investiti 1,1 miliardi di dollari costituisce un irragionevole abuso del denaro dei contribuenti» 13. Quello che non riusciva a capire era che continuare i lavori avrebbe costituito un abuso ancor più irragionevole.
'"
IRRAZIONAUTÀ
Il rifiuto di abbandonare un progetto inutile in cui è stato investito del denaro è noto come «errore dei costi sommersi» (slInkcosts) . È una forma estrema di pseudo-coerenza per cui le persone non sono disposte ad ammettere con se stesse che non avrebbero dovuto tirar fuori i soldi fin dall'inizio, e perciò continuano a consumare denaro e fatica nella vana speranza di recuperare qualcosa, anche quando è chiaro che non c'è nulla da guadagnare agendo cosÌ. Come vedremo nei capitoli seguenti, l'incapacità di riconoscere i propri errori anche di fronte a se stessi è una delle cause fondamentali dell'irrazionalità. Esiste una significativa variante dell'errore dei costi sommersi, anch'essa ben documentata a livello sperimentale 1~. Supponete di andare a vedere un'opera teatrale. Al vostro arrivo scoprite di aver perso il biglietto. Vi presentate al botteghino e vi lanciate in una patetica supplica, ma la custode è inflessibile e si rifiuta di sostituirvi il biglietto perduto. Però, dal momento che il teatro non è pieno, si offre di vendervi un altro biglietto allo stesso prezzo che avevate pagato per il primo, ad esempio 15 sterline (il che significa o che avete trovato un teatro dove i prezzi sono molto ragionevoli, o che avevate prenotato un posto in galleria). Allora calcolate che, se comprate un altro biglietto, assistere alla rappresentazione vi costerà 30 sterline, e pensate che non ne valga la pena, per cui ve ne tornate a casa. È stato sperimentalmente provato che molte persone ragionano così, ma sbagliano. Avete già perso il denaro speso per il primo biglietto, e niente può restituirvelo. Quindi, se in partenza eravate disposti a sborsare 15 sterline per un posto, dovreste essere disposti a comprare un nuovo biglietto allo stesso prezzo (naturalmente partendo dal presupposto che nel frattempo non abbiate cambiato idea sui pregi dello spettacolo). Chiedetevi se il fatto di avere perso una banconota da 20 sterline vi tratterrebbe dall 'acquisto di un biglietto. Quest'errore, come quello dei costi sommersi, scaturisce dall'incapacità di comprendere che l'unica cosa importante sono i guadagni e le perdite a venire. 11 passato è passa to, e non conta. Se in questo momento, per me, continuare un'attività implicasse una perdita, dovrei sospenderla a prescindere da quanto ho già
UN MAUNTESO SEN SO DI COERENZII
125
investito in essa . Analogamente, se per me nelle attuali condizioni prendere una certa iniziativa (ad esempio andare a teatro), comportasse un guadagno, non dovrei farmi dissuadere dal fatto che ho già perso una parte dei miei investimenti al riguardo (il costo del primo biglietto) . Tutte le decisioni dovrebbero essere basate unicamente sulle circostanze presenti: dovrebbero guardare al futuro e ignorare il passato, se non nella misura in cui è possibile imparare qualcosa da esso. Ora, le cose che si possono imparare dagli esempi citati sono solo due: la prima è che è bene non spendere soldi per andare a vedere un brutto spettacolo, la seconda che è meglio tenere il biglietto in un posto sicuro, e non accanto allavello della cucina. Entrambi gli errori descritti possono essere considerati il risultato di un malinteso senso di coerenza. Nel caso dei costi sommersi, continuare un'attività è coerente con il fatto di averla iniziata; nella sua variante, interromperla è coerente con l'intento di non dedicarvi più denaro (o fatica) del solito U . Vi è un'ulteriore forma di irrazionalità correlata alle precedenti. Supponiamo che qualcuno acquisti delle casse di vino rosso a 6 sterline la bottiglia, e che cinque anni dopo scopra che il loro valore è notevolmente aumentato, per cui ora potrebbe rivenderle a 60 sterline la bottiglia. Sembrerebbe che per lui la cosa più logica da fare sia rivendere il vino: infatti, ogni volta che apre una bottiglia è come se spendesse 60 sterline (o se vogliamo, 2 sterline circa a sorso). Eppure molti, se non quasi tutti, non sono disposti a farlo, perché dicono a se stessi che il costo di ogni bottiglia aperta è solo quello delle 6 sterline che hanno speso all'inizio per comprarla, mentre in realtà è quello che potrebbero ricavarne qualora la vendessero. Questo curioso errore è diffuso in ogni aspetto della vita quotidiana. Quando una persona rompe un antico vaso del valore di 1000 sterline acquistato anni prima a una sola sterlina, se la prende molto meno che se l'avesse comprato il giorno precedente per lo stesso prezzo. Eppure, il suo vero valore in termini monetari è lo stesso in entrambi i casi: 1000 sterline. È difficile capire il senso di questa particolare forma di irrazionalità; forse per noi la cifra spesa per
12.
IIUVoZIDNAUTA
acquistare un bene è più «disponibile» di quella che ci frutterebbe se lo vendessimo. C'è un'altra diffusa forma di pseudo-coerenza che è altrettanto irrazionale. Le persone che vengono persuase a compiere un'azione sgradevole o immorale devono legittimarla a se stesse inventandosi di averla commessa per una qualche ragione. Se ricevono un lauto compenso per tale azione, questa può essere una ragione sufficiente: devono giustificarsi con se stesse solo se la ciha non è grande abbastanza da legittimare quell'atto sgradevole. In uno dei primi studi che hanno portato in luce questo fenomeno, i soggetti sono stati invitati a far ruotare per venti minuti dei pioli disposti in più file consecutive. Dopo che hanno portato a termine questo lavoro inutile e monotono, è stato chiesto loro di dire al soggetto più vicino (una «spalla») che il compito era molto interessante, per incoraggiarlo a partecipare. Per compensarli di questa menzogna, ad alcuni di loro è stato offerto un dollaro, ad altri venti. Tutti i soggetti hanno accettato di mentire, dopodiché sono stati invitati a dare un giudizio sull'utilità del compito: in tale circostanza, è emerso che quelli che avevano ricevuto la cifra più bassa lo avevano trovato molto più interessante di coloro a cui era stato dato il compenso più alto. Presumibilmente, i soggetti a cui erano stati promessi venti dollari ritenevano che questa fosse una buona ragione per dire una bugia tutto sommato veniale, mentre quelli a cui ne era stato offerto solo uno non potevano ricorrere a tale scusa. Perciò raccontavano a se stessi che il compito era meno noioso di quanto fosse in realtà, per ridurre l'entità della loro menzogna 1_. In un esperimento successivo, la persona alla quale è stata detta la bugia (la «spalla ») si è rifiutata di eseguire il compito, per cui la menzogna non ha avuto effetti deleteri. In questo caso, sia i soggetti a cui erano andati venti dollari sia quelli che ne avevano ricevuto uno solo hanno giudicato il compito ugualmente noioso: quelli del secondo gruppo, infatti, potevano legittimare a se stessi la loro bugia perché non era andata a buon fine, e quindi non dovevano sminuire la monotonia del compito. Si è scoperto inol-
UN AMUNTESO SENSO DI COERENZA
127
tre che tale effetto non si verifica se le persone pensano di non avere altra scelta se non quella di mentire. Alcuni soggetti, a cui era stato detto che la loro menzogna era parte integrante di un esperimento per il quale si erano offerti volontari, in seguito non halUlO avuto problemi a dire che il compito era noioso. Se si fa qualcosa perché costretti, non c'è bisogno di giustificarsi Il. Si potrebbe ipotizzare che in questi esperimenti i soggetti non si siano lasciati veramente ingalUlare, ma abbiano ridimensiona· to la monotonia del compito solo per non apparire stupidi agli cc· chi dello sperimentatore. Tale possibilità è stata verificata in un certo numero di studi If, la maggior parte dei quali basata su un ingegnoso espediente noto come «apparecchiatura fasulla». Ai soggetti sono stati applicati degli eletttodi in testa che, a detta dello sperimentatore, avrebbero registrato le loro onde cerebrali; poi, egli ha garantito loro che tali metodi di registrazione erano molto più potenti di un lie detector, e che avrebbero rivelato con certezza se dicevano la verità. Va detto che i soggetti erano inva· riabilmente studenti universitari americani, la cui malriposta fi· ducia nei loro professori è tanto grande che non sorprende che si siano fatti ingannare da questo stratagemma. Nella maggior par· te di questi esperimenti, il gruppo che aveva ottenuto il compen· so più basso ha continuato a dare un giudizio più positivo dell'esperienza noiosa rispetto a quello che aveva ricevuto la cifra più alta. Tuttavia, la differenza non era più così marcata, il che suggerisce che i soggetti in parte si lascino ingannare, in parte ten· dano a mentire allo spcrimentatore per giustificare se stessi.
Morale 1. State attenti a non sopravvalutare i pregi di una scelta che
avete compiuto, specie se vi è costata moltissimo tempo, fatica o denaro. 2. Cercate di non scivolare, passo dopo passo, in un comportamento o in una linea d 'azione che in partenza non approvavate. 3. A prescindere da quanto tempo, fatica o denaro abbiate dcdi-
12'
IRRAZIONA lITA
cato a un progetto, limitate le perdite se continuare a investire in esso non dovesse pii! rivelarsi vantaggioso. 4. Valutate tuHo ciò che fate o possedete al prezzo che ha per voi adesso, a prescindere dal passato. 5. Se vi lasciate convincere a fare una cosa spiacevole, cercate di non minimizzare la sgradevolezza deUa vostra azione per giustificare voi stessi. 6. Non permettete mai a un agente assicurativo di varcare la s0glia di casa vostra.
' Per un classico resoconto dei modi in cui le persone tentano di risolvere i conflitti interiori, vedi l..eon Festingcr, COl/fIiel, Ckdsiolls alld Disso,uJllu, Stanford Univcrsity Press, Sianford 1964. l lvi. ' Vietor Harold Vroom, OrgalliZiltiolla/ Chaiet'. A 5tudy oj Pre- and Post-Ckeisio/l Procl!SSl!S, «Organizational Bchavior and Human Performance .., n . I, 1966, pp. 212·225. • Leon Mann, Irv ing L Janis, Ruth Chaplin, n/t Effi'CIS 01 Allticipa/io" 01 Fortllcomillg lllformatioll 011 Predecisiollal ProasSf>S, ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 11 , 1969, pp. 10-16. ' Bruno Bcttdheim, IlIditliduo/ olld Moss BriuwiOl4r in Extrt'm~ Situo/iol/s, ..Joumal of Abnonnal and Social Psychology", n. 38, 1943, pp. 417-452. ' lrving L Janis, Leon Mann, D~t:isìo" Mnkillg. A PsycJlologicol Ana/ysis of CtmJ1ic/. Choic~, olld Commitml'llt, The Free Press, New York 1977. l Allusione a .. l'm Gonna Wash That Man Righi Dulia My Haino, titolo di una canzone di South Pacific, musical del 1949 vincitort' dci Premio Puliizer per la drammaturgia dal quale è stato tratto un film nel 1958, e che ha avuto miriadi di repliche e numerosi adattamenti IN.d.T.I. •Jonathan L Frl"Cdman, Seotl C. Frascr, CO"'I,/iallCt' ",ill/Ollt Prtssurt'. TIIt' Foot-itHht'-Door Tl'dllliqut', ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 4, 1966, pp. 19,5..202. • Elliot Aronson, Judson Mills, TI/t' Effl'Ct of 5t'writy of 111itiatiOll 011 Likillgfor o Grol/p, ..Joumal of Abnormal and Social Psychology .., n. 59, 1959, pp. 171-181.
JO Danny Axsom, Jcel Cooper, .. Rcducing Weight by Rcducing Dissonanre. The Rale of Effarl Justification in lnducing Weight Loss", in Elliot Aron-
UN MAUNTe50 SCNSO VI COE ReNZA
'"
son (a cura di), Rradirrss abollt the Sacial Allimal, Frccman, San Francisco 1981 (nuova ed. Worth Publishers, 2(08). " Hai Riehard Arkcs, Catherine Blumer, 11rl' Psyclro/ogy of $wrk Cost, «Organizatior\il! Bchavior and Human Performance .., n. 35, !9&5, pp. 124-140. " Norman F. Dixon, DII the Psydlo/ogy 0/ Mi/itary Irr eorrr~terrce, Jonathan Cape, London 1976 (nuo,'a ed. Pimlico, London 1994). " La dichiarazione di Denlon è citata da Jonathan B.non, TIrirrkirrg arrd Dtcidirrg, Cambridge University Press, Cambridge 1988 (nuova ed. 2008). " Amos Tversky, Danicl Kahneman, nrl! Frulllirrg 01 Drcisiorrs arrd tirI' Psyeholosy 01 Clroiel', «Scicncc», n . 211, 1981, pp. 453-458. ,. Richard H. Thalcr, Tmmrd a Positivt TIrl'Ory oJ ( orrsumer Clroice, «Joumal of Economie Behavior and Organization .. , n. l, 1980, pp. 39-60. IO l..ron Festinger, Jamcs M. Carlsrnith, Cogllitive COIISl'qunrces 01 FormI Compliarrce, ..Joumal of Abnormal and Soda! Psychology", n. 58, 1959, pp. 203-210. ,; Elizabcth Nel, Robert Hdmreich, Elliot Aronson, Opilliol! Claa/lge in the Adt'OCatl' IIS a Furrctiorr of the Pl!rsl/asibilily of His Audience. A C/arificatiorr of tirI' M<'lIIrirrg oJ Dissol/al/cl', .. Jouma! of Personality and Soda! Psycho!ogy", n. 12, 1%9, pp. 117- 124. " Per una rassegna di questi studi vedi Philip E. Tetlock, Anthony S.R. Manstcad, /nrp rt'SSiorr Marragenrerrt Vt'rSus Irrlraflsyehie Explarratiolls ;'1 Social PsycholOSY, .. Ps ychologieal Review", n. 92, 1985, pp. 59-n.
Capitolo 7 Uso improprio dei premi e delle punizioni I
Alla fine del capitolo precedente ho dimostrato che. se una persona riceve un compenso esiguo (o al limite nessun compen· so) per aver compiuto un'azione spiacevole, questa le appare m~ no sgradevole di quanto in realtà non sia. Ci si può anche chiedere quale sia l'effetto di una grossa ricompensa sul modo in cui viene percepito un compito piacevole. La risposta è inequivocabi· le: svaluta il compito agli occhi di chi lo esegue. Ai bambini di una scuola materna, nel corso della ricreazione, sono stati distri· buiti dei pennarelli indelebili colorati e della magnifica carta da disegno. In seguito, quelli che avevano mostrato interesse per il disegno hanno ricevuto lo stesso materiale anche in classe, e s0no stati invitati a usarlo: ad alcuni di loro è stato promesso (e con· segnato) un attestato su carta patinata se avessero disegnato be-ne, ad altri nulla. Due settimane dopo, ai bambini è stato fomito di nuovo il materiale da disegno ed è stato detto loro che poteva· no scegliere se utilizzarlo o no. Il gruppo che la volta prima aveva ricevuto l'attestato ha manifestato un netto calo d'interesse, mentre gli altri hanno continuato a disegnare come nelle due pee-cedenti sessioni. Probabilmente i bambini hanno pensato che il disegno di per sé non fosse un'attività poi così interessante, se ci voleva una ricompensa per spingerli a impegnarsi in esso l . Questo tipo di esperimento è stato replicato più volte. sia con bambini che con adulti, e modulato in una vasta gamma di compiti, che andavano dal risolvere enigmi al lavorare come docenti volontari. l risultati sono stati sempre gH stessi. Ecco un esempio
132
IRRAZION....UTÀ
tratto da una situazione reale. Otto studenti che - divisi in due gruppi di quattro - scrivevano i titoli per il loro giornale universitario, sono stati monitorati nel loro lavoro per dodici settimane. I quattro del primo turno hanno ricevuto 0,50 dollari per ogni titolo, mentre quelli del secondo gruppo non sono stati retribuiti. Nelle ultime settimane di osservazione, gli studenti che non avevano ricevuto alcun compenso non solo hanno scritto più titoli degli altri, ma anche più di quanti essi stessi ne avessero realizzati nelle prime quattro settimane, mentre il rendimento di quelli che erano stati pagati non è migliorato: probabilmente la presenza di un premio in denaro aveva svalutato il compito ai loro occhi ). In un altro studio, a 1200
uso IMPROPRIO D[I PR[AII f
D[LL[ PUNIZIONI
qualcuno, promettergli qualcosa in cambio - che si tratti di lodi, di dolci o di denaro - è il modo migliore per riuscirei. Questo può essere vero nel breve periodo, ma gli esperimenti dimostrano chiaramente che, almeno nel caso di attività intrinsecamente piacevoli, coloro che ricevono un compenso, una volta che esso viene loro sottratto, si impegnano meno di chi non è mai stato ricompensato. Ciò è in netto contrasto con una delle principali teorie psicologiche della motivazione, secondo la quale, se una persona viene ricompensata per un'attività svolta, a lungo andare il desiderio di impegnarsi in tale attività diventerà autonomo in lei: in altre parole, sarà motivata a svolgerla anche senza compenso. Molti profani, erroneamente, la pensano allo stesso modo. Prima di esaminare l'uso irrazionale d elle ricompense nella vita quotidiana, è necessario fare una precisazione. Quasi tutti gli esperimenti condotti dagli psicologi si servono di forme di compenso, quali il denaro o gli attestati, che non hanno alcuna attinenza con il compito in questione. Tuttavia, in molti casi per imparare un'abilità è necessario scoprire dove si è fatto bene e dove si è sbagliato. Questo tipo di feedba ck, che in gergo tecnico si chiama «conoscenza dei risultati", spesso è fornito dall'ambiente e non richiede l'intervento wnano. Ad esempio, nessuno impara a giocare a freccette andando a lezione: in qualche modo misuriamo con quanta violenza abbiamo scagliato la freccetta, osserviamo se è al di sopra o al di sotto del bersaglio, e regoliamo i lanci successivi di conseguenza. Analogamente, quando guidiamo una macchina che non ci è familiare, impariamo a quale velocità è possibile effettuare le curve in sicurezza registrando mentalmente fino a che punto l'auto si proietta verso il punto più esterno della curva stessa. Esistono però molti tipi di abilità, come quella di imparare a risolvere le equazioni algebriche, in cui la conoscenza dei risultati dev'essere fornita da un'altra persona (o, in alcuni casi, da un software scritto da una persona). l 'allievo non può apprendere in alcun modo competenze di questo genere a meno che non gli venga detto quando è nel giusto e quando sbaglia. Queste informazioni svolgono due ruoli molto diversi: da un lato gli permettono
134
IRR.AZ/ONALrr....
di capire come può migliorare le sue performance, ma al tempo stesso egli le interpreta come lodi per le prestazioni corrette e rimproveri per gli errori, vale a dire come premi o punizioni. In breve, spesso è impossibile in5egnare un'abilità senza dare !'impressione di elargire elogi e critiche. Sembra proprio che gli allievi apprendano meglio quando interpretano le osservazioni del docente come strumenti per aiutarli a migliorare le loro prestazioni piuttosto che come giudizi. Chiaramente, più i commenti dell'insegnante su un determinato lavoro sono specifici, più è probabile che siano annoverati nella prima categoria: le osservazioni pW1tuali sono molto più utili di un elogio o di un rimprovero generico. Tutto ciò suscita un quesito: fino a che punto impegnarsi per ottenere l'approvazione del docente (o di chiunque altro) svaluta il compito agli occhi di chi lo esegue? ~ possibile che la lode hmzioni in modo diverso rispetto ad altre forme di compenso, come il denaro, e che non possieda i loro effetti indesiderati; anzi, ciò è stato confermato da un esperimento nel quale è emerso che gli elogi per le prestazioni positive non comportavano una svalutazione del compito 6 • La lode differisce dalle ricompense materiali per due aspetti fondamentali. In primo luogo, può essere interiorizzata, il che significa che è possibile gratificare se stessi per aver fatto bene qualcosa anche in assenza di altri: le persone traggono soddisfazione dai loro successi, e questo somiglia molto a un autoelogio. Nessuno ha bisogno di ricevere lodi (o denaro) da altri per aver completato un cruciverba. In secondo luogo, vi sono molti casi in cui una performance positiva suscita sistematicamente l'elogio di altre persone, come amici, parenti o colleghi: in questi casi, non esiste una soglia temporale oltre la quale è lecito attendersi che il compenso rappresentato dalle lodi esterne venga a mancare come i premi pecuniari previsti per altre attività, che dopo un po' cessano. Questi due aspetti suggeriscono che l'elogio può avere effetti molto diversi da quelli di altre forme di ricompensa estrinseca: può essere interiorizzato e, nel caso in cui provenga dall'esterno, può protrarsi nel tempo. Il passo precedente è una digressione, ma era necessario chiarire che non tutti i tipi di rinforzo, in particolare la lode e la gra-
uso IMPR.OPRlO D[I PR.EMI [
DELLE. PUNIZIONI
135
tificazione intrinseca (autoelogio), hanno necessariamente effetti dannosi. Dopo questa precisazione, possiamo passare a esaminare gli impieghi irrazionali, nella vita di tutti i giorni, di ricompense che hanno ben poco a che fare con l'attività che si intende rinforzare.
Le ricompense materiali riducono l'attrattiva delle attività piacevoli; inoltre, una volta eliminate, incidono assai poco su quelle meno piacevoli; eppure, nel mondo occidentale l'istruzione e molti altri settori sono spesso basati su di esse. Le scoperte relative agli effetti delle ricompense mettono in discussione l'uso del voto come criterio di valutazione in ambito scolastico. Bisognerebbe persuadere i bambini - ogni volta che questo è possibile - che la lettura, e perfino l'algebra, sono attività pregevoli in sé e per sé, oppure che sono mezzi per realizzare uno dei loro «scopi sovraordinati» 7. La curiosità a proposito del mondo e la spinta a manipolarlo con successo sono innati in tutti i mammiferi, e sono particolarmente forti nei parenti prossimi dell'uomo: le scimmie e i primati. La soddisfazione di riuscire a fare, o di scoprire qualcosa, è di per sé una ricompensa potente, ancorché largamente ignorata dalla scuola psicologica behaviorista. Gli effetti deleteri delle ricompense estrinseche, se si eccettua la lode, hanno implicazioni per tutte le istituzioni, compresi gli ospedali, le università e le fabbriche. Nella maggior parte delle aziende i lavoratori sono motivati per lo più da incentivi economici, tra cui vanno annoverati non soltanto lo stipendio o la paga settimanale, ma anche le gratifiche, le provvigioni e il cottimo. Questo sistema sopprime nel dipendente ogni interesse per il lavaro, com'è stato riconosciuto in primo luogo negli Stati Uniti, dove, aH'inizio degli anni '60, è stata introdotta la "Teoria Gestionale V», un approccio che mira a strutturare il lavoro in modo tale che il dipendente sia motiva to dal suo stesso desiderio di far bene. Ove possibile, la pianificazione c l'esecuzione di un lavoro sono associati. Ai lavoratori è concesso di partecipare il più possibile alle decisioni poiché, come vedremo, l'impegno è di gran lunga maggiore quando un'azione viene scelta liberamente
"'
IRRAZIONALITÀ
che in caso contrario. Purtroppo, questo stile manageriale è ancora raro negli Stati Uniti, e ancor pii!. raro in Gran Bretagna '. Benché sia difficile, se non impossibile, strutturare tutte le attività in questo modo, in molti casi ciò è fattibile, come dimostra il Giappone. I benefici effetti di questo approccio sulla produttività, l'efficienza e il morale sono ben documentati da esperimenti condotti all'interno delle fabbriche ", ma un po' per sussiego. un po' per ignoranza. sono in gran parte trascurati dai manager britannici. Tutte le prove di cui disponiamo suggeriscono che, se si vuole ottenere un buon rendimento dai lavoratori, bisogna motivarli con l'orgoglio, e non con il convenzionale metodo del bastone e della carota. Per quanto riguarda i premi - curiosa abitudine ormai endemica nella nostra società - prendiamo in esame due episodi fittizi risalenti agli anni '30, che il lettore può tranquillamente aggiornare alla luce della prassi contemporanea. Ecco un estratto tutt'altro che atipico del discorso tenuto da una preside dopo le preghiere del mattino: «E ora, ragazze, ho un annuncio importante da farvi. Mi fa molto piacere informarvi che Celia Blagworthy ha vinto il premio per la sciarpa fatta a maglia più lunga dell'anno. Volete per favore lanciare tre calorosi urrà? E ora, Celia Blagworthy, fa ' un passo avanti ... Celia, arrossendo violentemente, sale sul palco e riceve in dono un libro, per poi scoprire che ce l'ha già o che è troppo noioso per leggerlo. Comunque, le acclamazioni delle sue compagne sono un premio sufficiente. Ma come credete che si senta l'amica di Celia, Monica Moonstoppcr? In fondo, la sua sciarpa è appena un centimetro più corta del capolavoro di Celia: anzi, se l'avessero tesa un po' di più quando l'hanno misurata, avrebbe potuto benissimo vincere lei. Piena d 'invidia e di delusione, fugge in bagno, dove è talmente sopraffatta dalle lacrime che perde tutte le lezioni del mattino. Nel frattempo il re di Svezia, che in questo caso svolge il ruolo della preside, ha appena consegna to al padre di Celia, il professor Martin Blagworthy. il più ambito riconoscimento scientifico: il premio Nobel. la dicitura recita che gli è stato conferito per
USO /MPROPI/JO VE./ PIUM/ E.
m:UE. PUN IZIONI
137
la sua «ricerca epocale sull'occhio del rospo dalla cresta nera », ma è stata una vittoria di misura e il padre di Monica, il dottor Moonstopper, che ha scoperto quasi tutto ciò che c'è da sapere sull'occhio della rana comune, era cosi avvilito quando ha appreso la notizia che ha gettato via il suo becco Bunsen. Né gli era di conforto il pensiero che quell 'anno, nei circoli scientifici, andassero di moda i rospi e non le rane: era a se stesso, infatti, che rimproverava con particolare amarezza di non aver saputo scegliere la specie «giusta«». Le scuole maschili sono gestite con gli stessi discutibili criteri di quelle femminili, ma questo vale anche per la maggior parte delle istituzioni del mondo adulto. Ci sono premi per il miglior romanzo dell'anno (o meglio, per quello che è considerato tale da un team di giudici, molti dei quali hanno talmente paura delle critiche che non osano discostarsi da1le opinioni tradizionali), per il miglior palazzo da uffici di recente costruzione, la migliore autovettura, la migliore opera teatrale, il miglior dipinto, il miglior giornalista in una dozzina circa di categorie, la ditta più intraprendente dell'anno, e poi per il miglior film, il miglior regista, la migliore attrice femminile eccetera eccetera eccetera. In tutta onestà, dovrebbe esistere un premio per il miglior premiatore dell'anno. La Gran Bretagna esaspera questo sistema conferendo onorificenze che hanno non solo tutti gli svantaggi dci premi, ma anche quello di incrementare lo snobismo. Come dovrebbe apparire chiaro dai due esempi fittizi citati in precedenza, bisogna distinguere tra il danno fatto al vincitore del premio e la delusione arrecata ai suoi rivali: entrambi sono il prodotto di un'istituzione irrazionale. Le evidenze sperimentali (che verranno esaminate nel prossimo capitolo) suggeriscono che chi si sforza di vincere un premio lavori in modo meno creativo e meno flessibile di chi, a parità di talento, non mira a tale obiettivo. Inoltre, a volte capita che, dopo averlo ottenuto, il vincitore non si impegni più come prima . Non esiste alcuno studio sugli effetti del Nobel, ma si ha l'impressione che molti di coloro che lo hanno vinto siano sensibilmente peggiorati, sebbene in alcuni casi si debba tener conto anche del decadimento senile. Molti di loro
1J8
IRRAZJONAurJ.
sviluppano una notevole superbia. e passano a occuparsi di campi per cui non sono minimamente qualificati; altri tentano di risolvere problemi grandi ma privi di significato come la nahtra della consapevolezza, o si dedicano a sponsorizzare la vitamina C come panacea per tutti i mali, dal cancro al raffreddore comune (e purtroppo questi non sono esempi immaginari). Dopo il premio Nobel, molti pensano di non avere più alcuna meta da raggiungere nella loro disciplina. Quanto agli effetti sui loro rivali. quasi non occorre documentarli. È neUa natura delle cose che, per ogni vincitore di premi, ci siano miriadi di sconfitti. II romanziere David Lodge ha tutte le carte in regola per parlare di ciò, dal momento che non solo ha vinto il premio Whitbread per la narrativa, ma ha anche fatto parte della giuria del premio Booker. Egli scrive: l plemi sono inevitabilmente ingiusti e fonte di divisioni (... ). Oggi un narratore di un certo tipo non puÒ pubblicare un romanzo senza che vengano pubblicamente discusse le sue probabilità di vincere il Booker, e quindi è incline a provare un fittizio senso di fallimento se il suo libro non viene selezionato [... ). Questa situazione, posso attestarlo personalmente, crea altrettanta ansietà ai giudici che ai candidati, anzi, ai primi un po' di piit. IO E rosì. i premi sono fonte di tormento per le giurie come per i concorrenti. Senza dubbio la preside di Celia Blagworthy aveva trascorso molte notti insonni, valutando la lWlghezza delle sciarpe. Eppure, nonostante le angosce che genera, il sistema dei premi e delle onorificenze continua a prosperare senza freni. ~ razionale tutto ciò? E alla luce della tesi di questo libro, cioè che i giudizi complessi sono in genere sbagliati, è razionale formulare più giudizi di quanto non sia necessario? ~ opportuno distinguere tra i premi, che accrescono la quota complessiva dell'infelicità umana, e le borse di studio, che consentono a Wla persona di portare a termine Wl'opera utile che altrimenti non vedrebbe la luce. Se si ritiene auspicabile che esista un libro definitivo, diciamo, sulla storia della navigazione port~
USO IMPROP/UO 0 [ 1 PII.[IolJ E OaL! PUNIZIONI
'"
ghese, ha senso dare una sovvenzione al potenziale autore, spede se è bisognoso, per permettergli di consultare i manoscritti sull'argomento custoditi a Lisbona o a Rhode Island . Lo stesso vale per la ricerca scientifica: essa è diventata così costosa che sarebbe possibile praticarla solo in minima parte se non fosse per l'esistenza, in tutti i paesi sviluppati, di enti che assegnano borse di studio. Come abbiamo dimostrato nel capitolo 1, i giudizi formulati dagli scienziati sulla qualità della ricerca di un loro collega sono spesso sbagliati, ma poiché in qualche modo bisogna decidere a chi vanno le sovvenzioni, è necessario convivere con tale prassi. Non è però necessario convivere con i premi, perché non sen'ono assolutamente a niente.
Se premiare qualcuno per una cosa che ha fatto lo porta a svalutare l'attività in questione, è lecito chiedersi se la minaccia di punirlo per una cosa che potrebbe fare lo condurrà a sopravvalutarla. Esistono prove convincenti del fatto che, se un bambino viene indotto a non comportarsi male da una minaccia blanda, al venir meno di tale minaccia è molto meno probabile che commetta una cattiva azione che se gli vengono prospettate severe punizioni. Diversi studi hanno esaminato le reazioni dei bambini alla proibizione di toccare un particolare giocattolo, accompagnata in alcuni casi dalla minaccia di lievi castighi, in altri di punizioni più forti. È emerso che il giocattolo era più desiderato da quelli a cui erano stati preannunciati i castighi più severi; inoltre, una volta venuta meno la paura della punizione, questi bambini ci giocavano di più di quelli che avevano ricevuto solo blande minacce Il . Non occorre certo documentare l'esistenza dell'abitudine di punire i bambini, ma ecco un esempio di consiglio inutile dato ai genitori qualche tempo fa da uno psicologo behaviorista: Con un pizzico d'ingegno, quest'elementare procedimento puÒ essere modificato e utilizzato per risolvere la maggior parte dei problemi che sorgono al momento deUa "buonanotte ... Se genera lmente si rivela efficace la strategia della porta aperta o chiusa, si
,
IRRAZIONAUTA
può ricorrere anche alla luce o alla coperta preferita del bambino. In pratica, nella stanza del piccolo si lascia accesa o spenta una luce a seconda del suo comportamento; oppure gli si toglie la coperta - o il giocattolo, o l'orsacchiotto - che preferisce finché non si comporta come si deve. Il
In pratica: Parla con rudezza al tuo bambino, e picchialo quando starnutisce; lo fa solo per irritarti, perché sa che ti infastidisce. 1J
In realtà, alcuni esperimenti condotti in ambito domestico hanno dimostrato che meno si punisce un bambino e più lui obbedisce, sia in presenza dei genitori che quando è da solo. Inoltre, i bambini che vengono ignorati quando piangono lo fanno di più di quelli la cui madre accorre ogni volta che li sente lamentarsi. Si potrebbe supporre che gli esseri umani, bambini inclusi, siano semplicemente capricciosi: più una cosa è proibita e più la desiderano. Ma è più probabile che in questo caso entrino in gioco fattori cognitivi simili a quelli che determinano le reazioni alle ricompense esterne. 11 bambino che sceglie di non fare una cosa, magari sotto la minaccia di un castigo lieve, continuerà a non farla anche quando la minaccia è scomparsa perché ha compiuto una scelta volontaria, mentre quello che si astiene dal comportarsi maJe per paura delJa punizione vede il suo comportamento controllato da una minaccia esterna: non c'è motivo di non disobbedire una volta che la minaccia è venuta meno Il. In pratica questo significa che gli esseri umani, compresi i bambini piccoli, non reagiscono alle ricompense e alle punizioni esterne in modo così semplicistico come vorrebbero farci credere i bchavioristi: essi elaborano dentro di sé vaJori propri, che a lungo andare non possono più essere controllati dai premi e dai castighi, forse soprattutto da quelli che non hanno alcuna reale attinenza con le attività che intendono promuovere o impedire. Le
uso IMPROPRIO DCI PRCMI E DELLE PUNIZIONI specifiche motivazioni che conducono all'elaborazione di tali valori sono tuttora al centro di un complesso e tormentato dibattito, anche se è certo che tra esse gioca un ruolo centrale la tendenza a modellare i propri comportamenti su quelli di coloro per i quali proviamo ammirazione. Per i nostri attuali scopi, basti soUoli· neare quanto sia folle e irrazionale tentare di controllare il comportamento mediante premi o castighi, a meno che questi non possano essere resi permanenti. Gli ultimi due capitoli hanno analizzato in modo particolare le ripercussioni delle scelte. Le persone tendono a minimizzare le spiacevoli conseguenze di un'azione solo se hanno liberamente scelto di compierla, e a considerare più desiderabili di quanto in realtà non siano gli effetti di una decisione solo se l'hanno presa liberamente e autonomamente. Ma cosa accade se una cosa viene loro imposta e non hanno scelta? In genere, le persone preferiscono una cosa che hanno scelto liberamente alla stessa cosa se è stata loro imposta. L'effetto emerge in modo spettacolare da uno studio non direttamente correlato con i premi e le punizioni. Ai dipendenti di due ditte sono stati venduti alcuni biglietti della lotteria dci costo di 1 dollaro ciascuno; ad alcuni è stato permesso di scegliere il numero del pnr prio biglietto, altri invece non hanno avuto scelta. Poco prima dell'estrazione, lo sperimentatorc si è avvicinato a ogni soggetto offrendosi di ricomprargli il biglietto. Quelli che non avevano potuto scegliere erano disposti a rivenderlo a un prezzo medio di 1,96 dollari, mentre gli altri sono arrivati a chiedere in media 8,67 dollari per il loro biglietto l~. Non potrebbe esserci dimostrazione migliore del fatto che tendiamo a sopravvalutare irrazionalmente ciò che abbiamo liberamente scelto. In un altro esperimento, ad alcuni bambini di circa dieci anni è stato detto che avrebbero ricevuto in dono un giocattolo, e che avrebbero potuto scegliere quello che preferivano, quindi ciascuno di loro è stato invitato a indicare le sue preferenze. Poi però lo sperimentatorc ha detto: «Ecco i giocattoli. Hmmm, a me sembrano tutti uguali, ma suppongo che vi darò questo», e ha dato a
142
IRRAZIONAUTA
ognuno di loro proprio quello per il quale aveva espresso la sua preferenza all'inizio. Tuttavia, per il solo fatto che all'ultimo mO"" mento la loro libertà di scelta era venuta meno, ora ai bambini i giocattoli piacevano molto meno di prima. Inoltre, è emerso che li apprezzavano meno di un altro gruppo di bambini a cui era stato veramente permesso di sceglierli l0, Benché sia giusto valorizzare la libertà di scelta, è irrazionale svalutare un oggetto solo perché altri lo hanno scelto per noi. È come se il fastidio per non averlo potuto scegliere personalmente si trasferisse su di esso: tipico esempio dell'assenza di rigore che contraddistingue il pensiero dei più. Esperimenti analoghi sono stati condotti su alcuni studenti universitari, ai quali è stato chiesto quale poesia desiderassero recitare. Successivamente, a ciascuno è stato permesso di recitare il brano che preferiva, ma a metà di loro è stato detto che dovevano usare proprio quello, mentre ad altri è stato consentito di cambiare idea e di recitare la poesia che volevano. In seguito si è visto che gli studenti a cui era stata data la possibilità di scegliere erano quelli che frequentavano più assiduamente, erano maggiormente soddisfatti di sé e ottenevano i risultati migliori nella recitazione 11. Queste scoperte, e molte altre simili, hanno importanti implicazioni in medicina e in altri ambiti professionali. Da uno studio effettuato su un certo numero di donne che avevano abortito in un ospedale di Boston è emerso che quelle che sentivano di essere state costrette a farlo accusavano molti più disturbi psichici di quelle che pensavano di aver scelto liberamente la. In una ricerca sul cancro al seno condotta in Gran Bretagna, ad alcune donne, previa discussione con il chirurgo, è stato consentito di scegliere se farsi asportare tutto il seno o solo una parte di esso, mentre per altre la decisione è stata presa dal chirurgo. Dopo l'operazione, le donne che avevano potuto scegliere erano meno ansiose e accusavano meno dolore delle altre 14. E, caso ancor più drammatico, su diciassette donne che sentivano di essere state costrette a entrare in una casa di riposo per anziani, tutte, tranne una, sono morte nel giro di dieci settimane, mentre so-
uso IMPROPRIO DEll'REMI E DELLE PUNIZIONI
14J
lo una delle trentotto che erano convinte di aver scelto liberamente di entrarvi è deceduta nello stesso arco di tempo. Non vi era alcuna differenza nel loro stato di salute al momento del!'ingresso nella struttura l<J . Normalmente veniamo costretti a fare solo le cose che non vogliamo fare. Quindi, per «coerenza», arriviamo a convincerci che qualsiasi cosa ci venga imposta è per forza cattiva. Se ciò è irrazionale, lo è anche costringere gli altri a obbedirci: spesso, infatti, si ottiene l'effetto opposto a quello che ci eravamo prefissati. È probabile che molti lettori considerino gran parte di questo capitolo un po' troppo idealistica. Purtroppo, non tutte le attività lavorative possono essere riorganizzate in maniera tale da renderle intrinsecamente interessanti; la minaccia della punizione sembra essere l'unico modo per dissuadere un bambino o un adulto da un comportamento negativo e, quando la vita di un paziente dipende da una particolare strategia terapeutica, sarebbe sbagliato proporgliene altre. Tuttavia, è importante ricordare che tanto i premi quanto i castighi possono essere dannosi, e che concedere a se stessi e agli altri l'opportunità di scegliere liberamente, quando ciò è possibile, è sempre una cosa positiva.
Morale 1. Se volete che qualcuno apprezzi un compito e lo esegua bene, non offritegli compensi materiali. 2. Se siete un dirigente, adottate per quanto possibile un approccio partecipativo ed egualitario. 3. Se volete trattenere un bambino dal fare qualcosa (ma la cosa vale quasi sicuramente anche per un adulto), provate a persuaderlo anziché a minacciare di punirlo. 4. Accordate alle persone la massima libertà di scelta possibile, specialmente in ambito medico e scolastico. 5. Se vi capita che vi offrano il premio Nobel. rifiutatelo.
'44
IIUtIIZ/ONAUTA
' Per una panoramica sugli effetti indesiderati dei premi e delle punizioni. vedi Kenneth O . McGraw, ~ The Delrimenlal Effccts of Reward on Performance. A Litcrature Review and il Prediction Model.. , in Mark R. Lcppcr, David Grecne (a cura di), TIi!' H iddnl Costs of Rrward, Lawrence Erlbaum Associates, Morristown 1978. l Mark R. Leppcr, David Creene, Richard E. Nisbett, Ulldffl7r inillg Chi/dren's fllfrillsic llit/'rrst with Ex /rinsi, Rn.vard. A Tt'St of Ihe Ovt>rjlISlifiClltiO/I Hypotht'Sis, ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 28, 1973, pp. 129-137. ' Edward L Deci, Tht Eff« ts af EXlt"TItal/y Mtdiattd Rt'llwrds 011 lntrin si( Matil'atiOll, ..Joumal of Pcrsonality and Social Psychology". n. 18, 1971, pp. 105-115. ·W. E. Sntith. Tht E/f«/ of Anticipo /n! vs. UIIQnticipott'd SociDl RLurard Oli SubSl'qut'llt Intrinsic Mo/nra/ion, Comell University. l!haca 1975 (tesi di dottorato inedita). ' Sulle lokm t'Conomits si veda ad esempio David Greene, Betty Stembt>rg. Mark L Lepper, O!xrjustifico tioll iII o Tokm Eco/lomy, ..Jouma! of PerSOI\illity and Socia! Psycho!ogy*, n . 34, 1976, pp. 1219-1234. "I::>eci, TizI' Effects 0/ Exter/lal/y Mediated Rl'fl'ards Oli IlItrillsic Motivatiol! ciI. ' L'espr?SSione è di Muzafer Sherif, che la utilizza in riferimento alla fase finale degli esperiml'llti citati dall'autore nel capitolo 4, in cui ries«' a ridurre la rivalità tra i due gruppi sostituendo a quelli che definisce "scopi connittuali .. una serie di scopi cooperati vi (l'acquisto del film, l'estrazione dal fango del camion delle provviste, la riparazione del serbatoio idrico), che chiama appunto ..scopi sovraordinati,. http:// www.ch.unich.it / facolla 1 psicologial contributi 104 1 pregiudi7jo.pdf IN.d. T. J. ' Rensis Likert, The Humon Orgotliznt io/l, McCraw-Hill, New York 1967. ' /
n'e
USO IMPRO PRIO 0(1 PRUil
r DI:UJ: PUNI ZIONI
'"
"Silvia M. Bell, Mary D. Salter Ainsworth, Inftmt CryiuK Il,,d MalmUlI RespeJIISit't'llfSS, .. Child lÀ>velopment», n. 43, 1972, pp. 1171- 1190. " Ellen Jane Langer, TI/(' Psycllology o/Choict, ..Joumal for thc Tht.'Ory of Soeial Behavior\o, n. 7, 1977, pp. 185-208. '·Thomas Hammond, Jack W. Brehm, The Attractiw nl!SS o! Clloiet AIttr/lIltiVt'5 W/lnl Frt't'dom to ChOOSl.' is Elimillated ùy a Social Agellt, .. Joumal of Personality .., n. 34, 1966, pp. 546-555. " G. Ramsay Liem, Ptrformollu olld Solis!oclion 05 Affrcled by PrrSOllal Con trol otJt'7" Salirllt DràsiOlls, "Journal of Personality and Social Psychology .., n. 31, 1965, pp. 232-240. Il Comelia M. Friedman, Rhoda Greenspan, Fay Mittelman. 1711' D«isiOlIMakill8 Prouss and tht Olltcome oj TIu'rapt'utic Aborlion, .. American Joumal of Psychology", n. 131, 1974, pp. 1332-1337. '"TU"Ia Mortis, Stevcn Grecr, Patricia Whitc, Psychologicili alld Sociol Adjustmen/ fa Mast«tomy. A nllt>-Ytar FoIlow-up, ..Canct.'l">', n. 40, 1977, pp. 23812387. lIl N. A. Ferrari, IIIs titlltiOllali~tiOIl a/Id Atti/lldt ClUlnge in 011 Ago'd Pop"IIIlioll. A Firld Stlldy iII Dissollollcr 171oory, Case Western Reserve University, Cleveland 1962 (tt.'Si di dottorato inedita).
Capitolo 8 Pulsioni ed emozioni
Dall'irmamorata che sopravvaluta enormemente il fascino dell'amato al codardo che muore perché, paralizzato dalla paura, resta inchiodato sul posto, chiunque, sotto la spinta di una forte emozione, può essere indotto a pensieri e azioni irrazionali. Le emozioni sono difficili da definire e resistono a qualunque tentativo di analizzarle. Grossomodo si può dire che l'emozione è la tendenza ad agire e a pensare in un certo modo, associata a una data gamma di sentimenti. Le emozioni forti includono anche talune componenti fisiologiche, quali il battito accelerato o la bocca secca, che si manifestano quando la persona è particolarmente eccitata. Si può discutere semmai sul grado di intensità che tali variazioni fisiologiche assumono in rapporto alle diverse emozioni. Questa definizione, tuttavia, è insoddisfacente, perché esistono molti casi borderline. La. timidezza è un'emozione? E la curiosità lo è? Perché non chiamiamo «(emozioni .. la fame e la sete? Le emozioni sono fonte di irrazionalità per il semplice fatto che, quando sono molto forti - come la gelosia sessuale, la depressione e la tristezza -, possono portare chi le prova a rimuginare o a esserne ossessionato, con il risultato che gli viene a mancare la concentrazione necessaria per pensare e decidere in modo razionale. Inoltre, le emozioni possono condurci a guardare al mondo in maniera distorta, come notoriamente avviene nel caso della gelosia sessuale, che spesso non ha alcun fondamento concreto; lo stesso vale per la depressione, che ci porta a guardare al futuro in termini più cupi di quanto la realtà non
148
IRRAZIONAUTÀ
giustifichi, e ancor di più per l'esaltazione, che induce a un ottimismo eccessivo. Molte emozioni comportano un circolo vizioso: i pensieri cupi, talora generati da eventi esterni, possono dare origine a uno stato d'animo depresso, e questo è a sua volta fonte di nuovi pensieri cupi. Tutto ciò è in qualche modo scontato, tuttavia, prima di esaminare alcuni effetti controrntuitivi delle forti emozioni è necessa rio dire qualcosa sulle pulsioni. Uso questo termine per designare quelle molle interiori che ci spingono a perseguire un particolare scopo: la fame, l'ambizione, la cupidigia sono tutte pulsioni. Le pulsioni assumono differente intensità anche nella stessa persona: se abbiamo appena mangiato dieci ciambelle alla crema, è improbabile che sentiamo il bisogno di divorare una bistecca, per quanto squisita possiamo trovarla in un altro momento. Inoltre, le pulsioni possono essere rafforzate dall'aspettativa di conseguire gli obiettivi correlati, che si concretizza negli incentivi: ad esempio la vista del cibo acuisce la fame, e la presenza del partner giusto può risvegliare l'impulso sessuale a prescindere da quanto esso fosse sopito in precedenza. Principalmente per motivi etici, è difficile suscitare emozioni forti in un esperimento, per cui gran parte degli studi che esamineremo s0no stati condotti su pulsioni la cui intensità può essere manipolata variando l'entità dell'incentivo, costituito generalmente da un premio in denaro. Ma, come vedremo in seguito, le pulsioni violente, le forti emozioni e lo stress hanno tutti gli stessi tragici effetti sulla razionalità. Nello capitolo precedente abbiamo dimostrato che offrire a qualcuno un grosso incentivo perché svolga un'attività può indurlo a svalutare tale attività e a smettere di impegnarsi in essa una volta venuto meno l'incentivo. Ora prenderò in considerazione gli effetti dell'aspettativa di una ricompensa sulla qualità dell'esecuzione di un compito. I seguaci ingenui del behaviorista Burrhus F. Skinner - ne sono rimasti alcuni - credono che più grande è il compenso, migliore sarà la prestazione. In uno dei primi esperimenti effettuati in proposito, ad alcuni bambini di otto anni sono state mostrate cento coppie dì disegni raffiguranti due
PULSIONI ED (MOZIONI
149
persone: in ognuna di esse compariva, con abiti e pose diverse, un bambino di nome Bill, e ai soggetti è stato chiesto di indicare quale dei due membri di ogni coppia fosse Bill; dopo ogni risposta, veniva comunicato loro se era giusta o sbagliata. Ad alcuni di essi sono stati offerti D,SO dollari per ogni identificazione corretta, ad altri 0,01; altri ancora, invece, non hanno ricevuto alcun incentivo economico. Eppure questi ultimi hanno ottenuto risultati migliori di entrambi i gruppi che avevano ricevuto la ricompensa in denaro e, tra essi, quello che aveva avuto di più ha fatto leggermente peggio dell'altro. Questo tipo di esperimento è stato ripetuto più volte, sia con bambini che con adulti, utilizzando molti compiti diversi: dalla soluzione di rompicapi alla stesura di saggi i risultati sono stati gli stessi l . In genere, più alto è l'incentivo e peggiori sono le prestazioni. Intuitivamente si potrebbe pensare che quanto più alta è la ricompensa, tanto maggiore dovrebbe essere l'impegno, e di conseguenza tanto migliore dovrebbe essere il rendimento. E allora che cosa succede? In realtà l'incentivo favorisce la prestazione nel caso di compiti molto semplici, ma la compromette quando questi diventano più difficili: ad esempio, si è osservato che alcuni soggetti ai quali era stata promessa una ricompensa se avessero riconosciuto parole molto fa cili, come «comune» o ((cadere», lo hanno fatto più rapidamente di quelli che non erano stati incentivati, mentre, quando sono state mostrate loro parole più difficili come «vignetta» o «elegia», la presenza dell'incentivo ha implicato una minore precisione e un allungamento dei tempi di risposta l . A gettare nuova luce sugli effetti delle ricompense è un esperimento nel corso del quale ai soggetti sono stati posti problemi del tipo: ..Se avessi tre caraffe vuote, della capacità rispettivamente di 21, 127 e 3 quarti di gallone l , come misureresti 100 quarti d 'acqua usando solo queste caraffe?». La risposta è piuttosto ovvia: si riempie la caraffa da 127 quarti e poi si versa parte del suo contenuto una volta nella caraffa da 21, e due volte in quella da 3. A questo punto, nella caraffa più grande saranno rimasti esattamente 100 quarti. Lo spcrimentatore ha proposto ai soggetti tutta una serie di problemi che potevano essere risolti proprio
150
IRRAZIONALITÀ
in questo modo: riempiendo la caraffa più grande c poi versando
un po' d 'acqua una volta in una di quelle più piccole e due volte nell'altra. In questa fase, i soggetti ai quali era stato offerto un premio in denaro si sono comportati all'incirca come quelli a cui non era stato promesso alcun incentivo. Ma veniamo al dunque. L'ultimo problema prevedeva un diverso metodo di soluzione, che non richiedeva l'uso di tre caraffe, ma solo di due: si trattava, ad esempio, di misurare 52 quarti utilizzando una caraffa da 26, una da 100 e una da 5. Tutto quello che bisognava fare era versare per due volte il contenuto della caraffa da 26 quarti in quella da 100. In questo problema, i soggetti ai quali era stato offerto un compenso hanno ottenuto risultati molto peggiori degli altri, e il motivo è il seguente: chi è troppo teso, tende a continuare a fare la prima cosa che gli viene in mente. In questo caso, i soggetti si sono ostinati a cercare di risolvere l'ultimo problema usando la stessa tecnica che avevano utilizzato nei precedenti: trovavano difficile passare al nuovo metodo richiesto dal diverso genere di difficoltà proposta·. Ecco un altro problema ingegnoso ma semplice, anche se molti lo trovano difficile. Immaginate di avere una candela, un accendino e una scatola di puntine, e di dover trovare il modo per far aderire la candela a un muro usando solo questi tre oggetti. Fermatevi a riflettere per trovare la risposta: se ci mettete meno di tre o quattro minuti, siete eccezionali. La soluzione è questa: si svuota la scatola di puntine, con l'accendino si scioglie un po' di cera della candela e si utilizza la cera fusa per far aderire la scatola vuota al muro; infine, si posiziona la candela nella scatola ed essa resterà in piedi perché è tenuta ferma dalla cera sciolta colata dalla sua base. La difficoltà di questo problema è che in genere si vede la scatola come un contenitore: finché ci si concentra sulla sua consueta funzione, non si capisce che può avere anche un diverso impiego, ossia servire da supporto per la candela. Analogamente, si tende a vedere la candela solo come fonte di luce, e non come oggetto in grado di fornire una sostanza, la cera, che può essere usata come colla. I soggetti ai quali era stata offerta una ricompensa per risolvere questo problema hanno impie-
PULSIONI ED EMOZIONI
151
gato in media tre minuti e mezzo in più di quelli a cui non era stato promesso alcun compenso ). Ancora una volta è evidente che l'eccessiva tensione inibisce la flessibilità del pensiero, poiché induce a restare attaccati alla prima cosa che ci viene in mente (in pratica, un altro errore di disponibilità). Se si vuole un esempio tratto dalla vita di tutti i giorni degli effetti di un'eccessiva tensione, si pensi al comportamento irrazionale di un uomo che ha perso un portafoglio contenente 100 sterline, tutte le carte di credito, la patente e così via. Egli tende a cercarlo più e più volte negli stessi posti, e cioè in quelli in cui di primo acchito ritiene più probabile di averlo perso. Agitato com'è, non si ferma a pensare attentamente a quale sia l'ultima volta in cui l'ha visto, e a dove sia andato da quel momento in poi. La sua frenetica smania di trovarlo gli rende impossibile frugare i recessi della sua memoria, e così continua a fissarsi sui primi due o tre posti che gli vengono in mente. È stato appurato che qualunque emozione intensa è nemica di quell'attenta riflessione che permette di prendere in esame alternative diverse. I processi mentali stereotipati indotti dalla promessa di un compenso o dalla minaccia di un castigo impediscono di cogliere i principi generali che presiedono al compito in cui si è impegnati. Nel corso di un esperimento, ad alcuni soggetti è stato mostrato un display contenente 25 quadrati, disposti in una matrice 5 x 5; nel quadrato in alto a sinistra vi era un segnale luminoso, ed essi potevano premere due pulsanti contrassegnati rispettivamente con una B e una D: il pulsante B spostava il segnale un quadrato più in basso, quello D un quadrato più a destra. A un gruppo di soggetti è stato detto che, se avessero schiacciato i pulsanti secondo determinate sequenze, avrebbero ricevuto un premio in denaro, ad altri che dovevano scoprire la regola esatta che governava la sequenza di pressione dei pulsanti. La regola consisteva nell'utilizzare una qualunque sequenza di 4 B e 4 D (ad es. BDBDBDBD o BBBBDDDD): ogni volta che ciò avveniva, la luce si spostava sul quadrato in fondo a destra senza uscire fuori dal bordo della matrice. Una volta che i soggetti ai quali era stata promessa la ricompensa hanno capito come ottenerla, è sta-
15'
IRRAZ IONAUTA
to chiesto loro quale fosse la regola, ed essi hanno indicato uno schema fisso del tipo BBBBDDDD. mentre gli altri hanno scoperto la regola generale. che era quella giusta. Potreste pensare che la cosa non sia affatto sorprendente, dal momento che a un solo gruppo era stato chiesto di individuare la regola e all'altro no. Ma l'esperimento prevedeva un secondo stadio, in cui ai soggetti che in precedenza erano stati incentivati è stato chiesto di trovare la regola senza compenso: stavolta, messi di fronte allo stesso compito di prima, essi hanno sbagliato molto di più dell'altro gruppo. L'esperimento dimostra che i comportamenti scarsamente flessibili indotti dalla prospettiva del compenso possono protrarsi anche dopo che esso è venu to meno ~. Non sono solo le motivazioni forti a rendere poco flessibile il pensiero: ogni forma di stress sortisce lo stesso effetto. In un esperimento, è stato chiesto ad alcuni soggetti di risolvere degli anagrammi . Prima veniva mostrata loro una parola, poi altre sei, e dovevano decidere quale di queste sei parole fosse il suo anagramma. Una parte di loro era sotto stress perché temeva di ricevere delle scariche elettriche, gli altri invece no. In confronto all'altro gruppo, i soggetti stressati hanno tralasciato di esaminare le sei alternative il quadruplo delle volte, oppure le hanno analizzate in modo assai meno sistematico, e hanno dato il doppio di risposte sbagliate '. PUÒ essere che la mentalità scarsamente flessibile di molti militari di alto grado, di cui forniremo alcuni esempi nei prossimi due capitoli, sia in parte determinata dallo stress. Lo stress influisce anche sulla memoria, che è strettamente legata alla capacità di ragionamento. In un esperimento condotto nella vita reale, ad alcuni milita ri che si trovavano a bordo di un aereo sono state date istruzioni su come fuggire in caso di emergenza, e in seguito è stato chiesto loro di memorizzare le istruzioni mentre erano ancora in volo. Per un gruppo di loro è stato lasciato acceso l'interfono, cosicché hanno potuto sentire una discussione simulata tra i membri dell'equipaggio, il succo della quale era che, a causa di un guasto meccanico, stavano per effettuare un ammaraggio di fortuna . Ebbene, questo gruppo ha ricordato le istruzioni ricevute molto peggio di un altro, che pure
PU!..SIONI ED EMOZIONI
' 53
era stato sottoposto alla stessa identica procedura, ma non aveva sentito l'allarmante conversazione che si svolgeva in cabina di pilotaggio ' . La tensione, le ricompense, le punizioni e le forti emozioni, quindi, riducono la flessibilità mentale, generano comportamenti irrazionali e producono effetti deleteri nella vita quotidiana. Ad esempio, se un operaio viene premiato in base al numero di articoli prodotti, è probabile che si concentri sulla quantità a scapito della qualità . Sebbene, anche per questo motivo, il cottimo sia assai meno diffuso che in passato, alcune aziende britanniche continuano a utilizzarlo. Argomenti analoghi valgono per l'uso delle ricompense in ambito educativo: esse non solo portano i bambini a scegliere i problemi pii! facili, ma impediscono loro di andare al di là delle soluzioni standard e di riflettere sui principi generali implicati da essi. Questo è vero anche quando la ricompensa è costituita semplicemente dall'elogio dell'insegnante. I bambini dovrebbero essere lodati non soltanto perché hanno risolto un problema, ma perché sono arrivati a comprendere i principi generali che esso sottende. Incoraggiare questo tipo di creatività sembra essere una pratica assai poco apprezzata al giorno d 'oggi, forse a causa di un 'erronea identificazione tra la creatività e la capacità di produrre contenuti non comuni ma inutili, come insegnano a fare autori tipo Edward de Bono '. La vera creatività non consiste nell'immaginare i cento possibili usi di un mattone, ma ncl risolvere problemi nuovi, nel ricavare da essi, per induzione, i principi generali, e nell'elaborare sulla base di essi solide teorie esplicative. Né si può considerare creativo chi getta a caso delle macchie di colore su una tela: la vera creatività sta nel dipingere un quadro che, per un motivo o per un altro, suscita una forte impressione in colui che lo osserva. Come le altre emozioni, anche la paura inibisce il pensiero razionale, ma essa produce altri nefasti effetti. Molte persone che sospettano di avere una grave malattia, ad esempio, rimandano il pii! possibile il momento di andare dal medico perché temono il peggio. Ora, a meno che non nutriamo la convinzione - non del
'54
IRRAZIONAUTA
tutto irrazionale - che la maggior parte dei medici ci può fare più male che bene, questa è una scelta stupida. Non è il fatto in sé di recarsi dal dottore a causare la malattia che temiamo di avere: o l'abbiamo, o non l'abbiamo. la tendenza a posporre una visita medica non è peraltro causata dall'ignoranza di ciò che i sintomi potrebbero significare. Da \UlO studio condotto in America è emerso che un terzo dei pazienti affetti da cancro aveva aspettato tre mesi prima di andare da un dottore dopo che aveva notato i primi sintomi; inoltre, i malati che avevano rimandato la decisione di rivolgersi a un medico erano più informati delle possibili implicazioni dei sintomi rispetto a quelli che erano stati più solleciti nel farlo lO. La stessa irrazionalità che può indurci a rinviare il «momento della verità» nello srudio del medico, può renderei talora incapaci di aspettare a concederci tutto quello che vogliamo. A volte ci lasciamo guidare dall'impulso anche quando, nel lungo periodo, faremmo meglio a rimandare o ad agire in maniera tale da procurarci grandi vantaggi a lungo termine anziché piccoli benefici a breve termine: il fumo, il consumo eccessivo di alcol, la sovralimentazione, l'asslillZione di droghe che generano dipendenza e i rapporti sessuali occasionali nonostante il propagarsi dell' AIDS lo illustrano molto bene. Tutti questi esempi riguardano appetiti di natura fisiologica: quanto più spesso vi indulgiamo, tanto più difficile è non cedervi in successive occasioni. Ma è quasi certo che la pratica dell'autocontrollo può renderci meno impulsivi in tutte le circostanze della vita. Se un uomo ha un accesso di rabbia perché la moglie è in ritardo nel preparargli la cena o, com'è più probabile ai giorni nostri, perché è in ritardo per la cena che lui le ha preparato, tr0verà più difficile non arrabbiarsi la volta successiva. t: praticamente certo che l'autocontrollo (come peraltro la mancanza di autocontrollo) può diventare un'abitudine, un argomento su cui ritornerò nell'ultimo capitolo. Noi discendiamo da animali che vivevano alla giornata. Essi lottavano per trovare abbastanza cibo e acqua da poter sopravvivere, per procurarsi dei compagni/e con cui procreare, per man-
PULSIONI ED EMOZIONI
155
tenere in vita la prole e per sottrarsi ai furibondi assalti dei predatori. Gli animali non risolvevano questi problemi con il pensiero, ma con azioni immediate e istintive, ad esempio con la fuga o la lotta. Certo, alcuni animali di fatto adottano una serie di misure finalizzate in vista del futuro: ad esempio falUlo il nido, o scavano tane, o percorrono enormi distanze in autunno e primavera per cercare un clima migliore. Ma si tratta di attività istintive, ossia innate e non derivanti da una pianificazione consapevole. SaIo l'uomo ha la capacità di fare progetti a lungo termine, ma il desiderio di gratificazione immediata, ereditato dai nostri antenati animali, troppo spesso gli impedisce di utilizzarla. NeU'epoca puritana in cui viviamo, forse è superfluo insistere sul fatto che non sempre è opportuno cedere alla gratificazione immediata. Paradossalmente, oggi può essere più importante sottolineare quant'è assurda la scelta di rinunciare a questo tipo di gratificazione senza aver prima verificato che i benefici a lungo termine che ne derivano siano tali da giustificarla. Gli americani sono diventati un popolo di masochisti, che passano ore inutili a fare jogging e si privano di tutto fuorché del peggiore cibo-spazzatura. Ma dietro tutto ciò non vi è alcun calcolo razionale in termini edonistici. Perfino il fumo, che di tutte le cattive abitudini è quella che più di tutte è risultata essere un'effettiva causa di morte, porta via in media al fumatore solo due anni di vita, ed è improbabile che si tratti dei suoi anni più felici. Quanto alla colesterolemia, non esistono prove certe che il suo tasso sia influenzato da ciò che mangiamo, mentre esistono prove - ne discuteremo più avanti - del fatto che ridurre il livello di colesterolo non accresce la longevità: si muore semplicemente di cancro anziché di patologie cardiache. Il tasso di mortalità tra chi pratica jogging, vuoi per incidenti d'auto, vuoi per attacchi cardiaci o per le agglessioni dei rapinatori, sembra essere elevato, ed è quasi certamente più sicuro e meno scomodo fare una bella camminata a passo svelto. Queste tendenze autopunitive sono tanto irrazionali quanto l'afferrare sempre il piacere più a portata di mano. b allettante credere che siano stati i medici a trasformarci tutti in cultori del jogging, ma in realtà la letteratura medica sulle
156
IRRAZIONAurA
diete e le forme estreme di esercizio fisico è generalmente piuttosto cauta. I risultati degli esperimenti vengono invece distorti in chiave sensazionalistica dagli organi di stampa e dalle aziende che speculano sulla salute dei consumatori con i loro cosiddetti «cibi naturali ». Ma c'è dell'altro: il desiderio di vivere in eterno e le attività punitive che lo corredano sono influenzati dalla moda tanto quanto la crinolina e la minigonna. E, dietro a tutto questo, si cela la più diffusa, la più irrazionale e la più potente di tutte le paure: la paura della morte. Le motivazioni di una persona possono influire sul suo modo di vedere il mondo e introdurvi una nota di pregiudizio. In un esperimento che lo dimostra, ad alcuni soggetti è stato chiesto di tenere l'avambraccio immerso nell'acqua gelata fino a che non riuscivano più a sopportare il dolore. Poi, sono stati invitati a fare un po' di cydette. Quindi, sono stati divisi in due gruppi, ognuno dei quali ha partecipato a una conferenza: ai membri del primo gruppo è stato detto che nelle persone dal cuore sano la tolleranza al freddo estremo aumenta dopo l'esercizio fisico, agli altri che, se avevano il cuore sano, l'attività fisica avrebbe ridotto la loro resistenza a tale fattore. Infine, tutti i soggetti sono stati tutti sottoposti una seconda volta al test, e tutti hanno evidenziato modifiche nei tempi di sopportazione del freddo in linea con quelle che a loro avviso erano le reazioni di un cuore sano. In altre parole, quelli che avevano appreso che l'esercizio fisico aumenta la tolleranza al freddo nelle persone dal cuore sano hanno tenuto l'avambraccio nell'acqua gelata più a lungo che in precedenza, mentre quelli a cui era stato detto il contrario lo hanno estratto prima. Quando è stato chiesto loro perché l'avessero fatto, solo pochi hanno risposto che avevano modificato di proposito il loro tempo di immersione, mentre è emerso che i più l'avevano fatto inconsciamente ". 11 desiderio di avere un cuore sano, quindi, può influenzare la nostra percezione del dolore senza che • ce accorglamo. Le reazioni appena descritte si possono considerare forme di pensiero desiderante !l . Ovviamente esistono molte prove del fat-
l'U LSJONJ ED EM OZIONI
157
to che il pensiero desiderante è una realtà, e non soltanto un'espressione vuota: i fumatori, ad esempio, prestano meno fede dei non fumatori alle statistiche che attestano che il fumo è nocivo. Nel corso di un esperimento, ad alcuni soggetti è stata proposta una conferenza sui potenziali danni alla salute indotti dal caffè: ebbene, gli appassionati di caffè l'hanno trovata molto meno credibile degli altri Il. È altresì dimostrato che le persone tendono a sopravvalutare le loro probabilità di vincere alla lotteria e sottovalutano quelle di essere vittime di furti o incidenti stradali. Esistono anche molti esperimenti relativi al cosiddetto self-servillg bias (pregiudizio in favore di se stessi), per effetto del quale una persona attribuisce a se stessa il merito dei suoi successi, mentre imputa alle circostanze esterne i propri insuccessi (<<Era un esame difficile», «Non mi piaceva la mia nuova racchetta», e così via). Qualcuno ha detto che forse questo pregiudizio non ha niente a che fare con la motivazione, ma è semplicemente un errore di ragionamento: infatti, dal momento che la persona ha pianificato tutto in funzione del successo, se lo ottiene lo attribuisce alla propria pianificazione e abilità, perché nella sua mente esse sono associate al successo; se invece fallisce è costretta a ripensare alla situazione, e poiché i suoi piani non includevano il fallimento, lo imputa alle circostanze. La questione è tuttora irrisolta: probabilmente alla radice del fenomeno vi sono sia l'autostima, sia un modo di pensare sbagliato. Le emozioni non sono né razionali, né irrazionali: sono semplicemente qualcosa che proviamo, ed. è difficile reprimerle. Ma esse possono dar luogo a molti tipi di azioni irrazionali. Si pensi al p0tere dell'invidia, quale emerge da un esperimento condotto da un ingegnoso psicologo sui suoi due figli piccoli. Egli ha messo loro davanti due piatti di arachidi: uno di essi ne conteneva tre ma ne aveva accanto altre quattro, mentre l'altro ne conteneva due e ne aveva accanto W1a sola. A ognW10 dei due bambini, che sono stati testati separatamente, è stato detto che, qualsiasi piatto avesse scelto, l'altro avrebbe potuto mangiare le arachidi che si trovavano accanto a esso. Il bambino più piccolo ha preso il piatto con le due arachidi perché non poteva sopportare il pensiero che al fratello ne
158
IRRAZIONA.UTÀ
toccassero più che a lui, mentre il più grande ha scelto quello che ne conteneva tre. Ma si è scoperto che neppure lui era Wl santo, perché in realtà intendeva colpire alla testa il fratellino fino a che non avesse rinunciato all'arachide in più 11. Siete liberi dì credere che il comportamento del bambino più piccolo sia stato razionale oppure no: tutto dipende dal fatto che consideriate razionale o meno sacrificare Wl'arachide per soddisfare Wl' emozione poco nobile.
Si potrebbe pensare che la noia sia un sentimento spiacevole ma innocuo. In realtà, è praticamente certo che essa è in gran parte responsabile dei molteplici e futili omicidi che si registrano di tanto in tanto negli Stati Uniti, ed è tra le cause del fenomeno degli hooligan, nonché di altri atti di violenza gratuita compiuti per scacciare il tedio con il brivido del pericolo e della confusione. Nel 1973 un OC-IO stava sorvolando il Nuovo Messico col pilota automatico inserito. TI comandante e il tecnico dì bordo non avevano niente da fare. Stando al registratore dì volo IS, il tecnico di bordo ha detto, rivolgendosi al comandante, che si chiedeva se il pilota automatico avrebbe risposto ai comandi qualora avesse tirato la manetta del motore numero uno. Il comandante ha replicato che non lo sapeva, ma ha avvisato il collega che i motori erano alla velocità massima. Nonostante dò, halUlo deciso di tentare l'esperimento. In men che non si dica la noia è sparita: il motore di destra ha acquistato velocità a tal punto che è esploso, frantumando un finestrino, e la conseguente decompressione ha risucchiato fuori dall'aereo il passeggero seduto accanto a esso, facendolo precipitare per circa 12.000 metri l0. Anche il disastro dì Chemobyl potrebbe essere stato causato dalla noia. Benché le sue cause non possano essere ricostruite con certezza sulla base dei resti della centrale, ridotti a un cumulo di macerie, una delle ipotesi è che a provocarlo sia stata la manipolazione non autorizzata dei comandi da parte di un operatore, forse dovuta alla noia 17. Le persone trovano difficile stare senza far niente, come può testimoniare qualsiasi attore che abbia dovuto rimanere immobile in scena per un lasso di tempo qualunque. C'è un'ultima ragione per cui le pulsioni e le emozioni possono portare a comportamenti irrazionali: le motivazioni posso-
PULSIONI ED EMOZIONI
'"
no essere conflittuali. Una persona, ad esempio, può desiderare di dominare gli altri e al tempo stesso di essere apprezzata da loro: le due finalità, in genere, sono incompatibili. Lo stesso vale per le persone vanitose: essendo smisuratamente fiere del loro aspetto fisico (o meglio, di ogni loro caratteristica personale), è improbabile che riescano a farsi degli amici. Comportarsi razionalmente significa agire, in base alle proprie conoscenze, nel modo che rende più probabile il conseguimento dei propri obiettivi. Per agire razionalmente, quindi, bisogna stabilire delle priorità tra essi. Si deve altresì tentare di considerare tutte le possibili ri· percussioni dell'azione, per stabilire a quali fini risponde (oltre a quelli immediatamente evidenti) e per scoprire se potrebbe avere effetti che si desidera evitare. Sono poche le persone che ri· flettono seriamente sui loro obiettivi, e ancor meno quelle che ponderano accuratamente le molteplici conseguenze possibili delle loro azioni. Quanto all'amore, un autorevole dizionario di psicologia 1& lo ha definito «una forma di malattia mentale non ancora riconosciuta dai manuali diagnostici tradizionali». Quale che sia la sua natura, l'innamoramento non è di per sé irrazionale, ma può con· durre ad azioni irrazionali: l'innamorato che lotta per conquista· re l'amata non si ferma a riflettere se i difetti di lei sono superiori alle sue (talora superficiali) virtù, e tantomeno ad analizzare le proprie priorità a lungo termine. L'amore, come altre forti emozioni o pulsioni, rende le persone incapaci di pensare ad altro se non all'idea fissa che domina la loro mente: esse «rigettano l'arte di misurare col bilancino il più e il meno» 19. Molti possono esal· tare il comportamento dell'innamorato come romantico, e perfi· no come ammirevole, ma questo non ci riguarda: ben di rado es· so può essere definito razionale. Qualche tempo fa, uno psicologo che si occupa di emozioni ha detto compiaciuto: «Oggi esistono decine di teorie diverse sull'emotività, centinaia di volumi sull'argomento, e decine di migliaia di articoli che trattano dei vari aspetti dei sentimenti umani». Questa è una notizia deprimente, perché gli psicologi ne sanno poco più del profano in fatto di emozioni. Per questo motivo, nel·
16"
IRRA.ZIONIIUTA
la seconda parte del capitolo ho esposto ben pochi concetti che il lettore potrà trovare nuovi o sorprendenti.
Morale l. Non prendete decisioni importanti quando siete in preda allo stress o a una forte emozione. 2. Se siete insegnanti, non proponete ai vostri alunni questionari a scelta multipla: esortateli invece a scoprire i principi generali. 3. Ricordatevi che, ogni volta che riuscite a controllare un impulso, vi risulterà più facile farlo di nuovo. 4. Se siete annoiati, frenate il vostro desiderio di emozioni, specie se state pilotando un aereo. 5. Chiedetevi se i benefici del jogging e degli yogurt «light» valgono i sacrifici che richiedono.
' Louise B. MilIer, Bctsy W. Estes. M OIII!/ary Rnvard alld M otiva/iol! iII Discrimilla/ioll Uanli"g, ... Joumal af Experimental Psychology .., n. 64, 1962, pp. 393-399. ' Sam Glucksberg. TIu! ltiflut'llu of Stmlgth of Driw 011 FU/letiollal Fixtdlless al/d Pt'ru ptlla/ R«ogllitiOll, ..Joumal of Experimcntal Psychology", n. 63,
l %2. pp. 36-41. ' Misura di capacità equivalente in Gran Bretagna a 1,1365 litri, negli Stati Uniti a 0,9463 litri; in questo caso si è sct'lto di lasciarla come nell'origina· le, perché la trasfonnazione avrebbe inficiato i calcoli descritti in questo e nel successivo esperimento (N.d.T.). • Kenncth O. McGraw, JOM C. McCullcrs, Mom>fary RJward alld Wat;>r·jar Task Pt'rformallrt . Evidnru of a Ottrimmta/ Effrrt 0/ Rrn",rd 011 Prob/em Sol· vil/g, Ncw Orleans 1976 (papcr presentato al convegno della Southeas tcm Psychological Association). ' Glucksberg, TIII:' lIif1l1t'IICt 0/ Strf'IIgtli of DrilN! 01/ Fllllctiol/a/ Fixf'dlless alld Percf'ptua/ R«ogllitioll cit. "Barry Schwartz, ReitiforCt'TIll!lll-il/dllct'd 1kluwiora/ Stereo/YIIY. How IIOt /0 Teach PfOF,lt lo Discot'f'r Rules, ••Joumal of Expcrimental Ps)'chology ", n. 111 , 1982, pp. 23--59.
PU/SIONI (D [MOZIONI
161
' Giora Keinan, lkcisioll Mabllg Ullder SlrtSS. Sca/Urillg 01 AIIf'rtratil't'S Ullder Contral/ablt' a/ld Ullcol/trallable Threals, ..Joumal of Pcrsonality and Social Psychology", n. 52, 1987, pp. 639-644. ' WiIliam Norris, Tlre UnSI/II' Sky, Arrow Books, London 1981. ' Psicologo maltl'SC ideatore dci concetto di " ~nsiero laterale... Ritenuto la massima autorità ncl campo dci pensiero creativo e dei meccanismi della mente, è autore di numerosi libri, tradotti in più lingue, e insq,,'Tla in prestigiO${' Università, tra cui Cambridge, Odord, Harvard e Londra IN.d.T.). " Rose K. Goldsen, P.J.ul R. Gcrhardt, Vincent H. Handy, Some Fa(fors &Iatillg to Palinrl lklay irr Seekùrg Dingrrosis /Or Com:" Symptonrs, .. Cancer", n. lO, 1957, pp. 1-7. " Gcorgc A. Quattrone, Amos Tversky, Causai Ut7SUS Diagllostic COl/lirrgmcirs. O" Srll-Dt'Ct-ptiorr arrd tlre Vot.'r 's 1IIusiOI/, ..Joumal of Pcrsonality and Social Psychology", n. 46, 1984, pp. 237-248. I l Per una rassegna critica sulle prove dell'esistenza del ~nsicro d esiderante, cfr. Dale T. Miller, Michad Ross, St'lf-Servillg Bia5('S i" tlrt' Altribrdion olCausality. Facl or Fiet iol/ ?, .. Ps}'chological Bullctin .. , n . 82, 1975. pp. 213-225. " Irving L ]anis, Robert F. Tenvilliger, Ali Expmmmtai Study of Psyclrological Rrs;stllllrrs to Fror-Arousillg Commlmiratioll s, «Joumal of Abnormal and Social Psychology", n. 65,1962, pp. 403-410. " Jonathan Ba ron, TIrilrbllg alld D«idilrg. Cambridge University Press, Cambridge 1988 (nuova cd. 2008). " Si tratta ~r l'esattezza dci CVR (cockpit t'();cr rt.'CordtT), una delle due «scatole nere .. presenti su un aereo. che registra i suoni presenti in c.J.bina di pilotaggio nelle ultime ore di funziona mento. Da non confondersi con il FDR (Flight Data Record"), che registra i parametri numerici di volo (velocità. quota. posizione dell'aereo, accelerazioni !.'Cc.) nelle ultime ore di funzionamento (N.d.T. ] " Norris. T/w Uusafi' Sky ciI. ,rNigel Hawkcs, Geoffrey Lean et al., TlU' Worst Accidnrt i" t/w World. Pan. London 1986. " Stuart Sutherland, T/w Mncmillall Dicliol/ary of Psyclrology, Macmillan, London 1989. " Si tratta di una citazione da William Wordsworth, Ecclesiastical Somlt'ls III, 43 ltrad. miaj. Cfr. http: // www.cverypoct.com / archive / poetry / William_ Wordsworth / will iam_wordsworth_690.htm IN.d. T.).
Capitolo 9 Ignorare le evidenze
Chiunque abbia preso una decisione, in genere è estremamente riluttante a modificarla, anche in presenza di prove schiaccianti del fatto che è sbagliata. Ciò è efficacemente illustrato da un noto disastro navale, che fu almeno in parte causato dal rifiuto di cambiare atteggiamento e di tener conto delle evidenze di segno contrario. La seguente descrizione degli eventi che condussero alla battaglia di Pearl Harbor è in gran parte tratta dal libro già citato di Irving Janis e Leon Mann l . Nell'estate del 1941 l'ammiraglio Kimmel, comandante in capo della flotta americana del Pacifico, ricevette molti avvertimenti da Washington in merito ai rischi di una possibile guerra col Giappone. Poiché i suoi uomini non erano preparati in modo adeguato, diede il via a un corso di addestramento, ma ritenne che il pericolo non fosse abbastanza imminente da giustificare la sospensione delle licenze di sbarco normalmente in vigore in tempo di pace. Pertanto, nel week-end vi erano sessanta navi da guerra americane ancorate a Pearl Harbor, e gli aeroporti delle isole Hawaii ospitavano file e file di aerei allineati ala contro ala. Pare che Kimmel fosse ben deciso ad attenersi alla sua strategia di addestramento a lungo termine, rispetto alla quale la decisione di mettere i suoi uomini in stato di massima allerta avrebbe costituito un'ovvia interferenza. Il 24 novembre ricevette il seguente avvertimento dal quartier generale della Marina: «t: possibile una manovra aggressiva a sorpresa in qualsiasi direzione, incluse le Filippine e Guam». Allora tenne una riunione con i
'64
IRRII ZIONAUT..I
membri del suo staff, i quali, probabilmente per un misto di obbedienza, conformismo c voglia di compiacere i1lafo capo, si affrettarono a rassicurarlo. Uno di essi. ad esempio, sottolineò che Pearl Harbor non era stata nominata nel messaggio di Washington, e quindi non era a rischio. Sebbene ciò non fosse affatto in linea con iJ messaggio, che parlava di un attacco «in qualsiasi direzione», dall'incontro scaturì la conclusione che non c'era affatto bisogno di ulteriori provvedimenti. Era chiaro che Kimmel stava difendendo le sue convinzioni anche contro le evidenze: se davvero pensava che il messaggio fosse ambiguo, avrebbe dovuto chiedere chiarimenti a Washington. Inoltre, egli partiva dall'errato presupposto che l'esercito - che presidiava i cannoni antiaereo - fosse in stato di massima allerta. Doveva soltanto alzare la cor· netta per verificare la sua supposizione, ma non lo fece, un'omis· sione che Janis attribuisce alla sua riluttanza ad ammettere che aveva torto e che un attacco a Pearl Harbor era effettivamente probabile. Ulteriori avvertimenti relativi a possibili ostilità giunsero il 27 novembre e il3 dicembre. Il secondo riferiva che i crittografi ame-ricani a\'evano decifrato un messaggio proveniente dal Giappone in cui si ordinava alle ambasciate di quel paese presenti in tutto il mondo di distruggere «la maggior parte dei loro codici segreti». Con la prontezza tipica di chi è intenzionato a interpretare un messaggio nel modo che più si confà alle proprie convinzioni, Kimmel e il suo staff si affrettarono ad appigliarsi alle parole
IGNORARE; LE EVIDENZE
165
era il dove. Ancora una volta gli ufficiali del suo staff lo rassicu· rarono, affermando che i giapponesi, tenuto conto dei mezzi imo piegati per le operazioni nell'area asiatica, non avevano forze suf· ficienti per colpire Pearl Harbor. Cinque ore prima dell'attacco, due dragamine americani avvistarono un sottomarino appena allargo di Pearl Harbor: pensarono che fosse giapponese, ma, poiché non vigeva lo stato di massima allerta, non segnalarono la cosa. Quattro ore dopo, tuttavia, un sottomarino giapponese fu affondato vicino all'ingresso del porto. L'ufficiale di guardia lo riferÌ a tutti gli ufficiali di marina competenti che riuscì a contattare, e il messaggio arrivò anche al· l'ammiraglio Kimmel, il quale però, invece di prendere provvedimenti immediati, decise di aspettare la conferma che il sottomarino era davvero giapponese. Quel che seguì fu la distruzione della flotta americana. Quanto all'ammiraglio Kimmel, fu giudi· cato dalla corte marziale e rimosso. Se Kimmel avesse decretato lo stato di massima allerta, avrebbe quasi certamente salvato gran parte della sua flotta. Il controllo radar avrebbe rivelato la presenza degli aerei giapponesi in tempo utile per prendere provvedimenti, e gli incidenti con i sottomarini sarebbero stati segnalati prima. Inoltre, sareb· be stata predisposta un'adeguata difesa antiaerea e la flotta non sarebbe rimasta ferma a Pearl Harbor durante il week-end. Va detto che Kimmel aveva i suoi motivi per non proclamare lo stato di massima allerta: l' uso prolungato della ricognizione aerea avrebbe condotto all'esaurimento delle scorte di carburante, e il suo programma di addestramento sarebbe stato interrotto. Comunque, egli avrebbe potuto adottare alcune misure intermedie, come allertare al massimo la difesa antiaerea e il controllo radar, predisporre uno schieramento meno compatto del· le sue navi, sospendere i permessi di sbarco ed esigere che qualsiasi segno di attività giapponese fosse immediatamente riferito al suo quartier generale. 1anis e Mann sostengono che Kimmel, ansioso com'era di negare l'esistenza di una minaccia, finì per fissarsi sulle due altemative estreme: non fare niente o decretare lo stato di massima allerta. Come abbiamo già visto,
'"
IRRAZIONAurA
tali forme di fissazione mentale tendono a manifestarsi quando si è sotto stress. La riluttanza a rinunciare al proprio punto di vista è diffusa in
tutte le categorie professionali. Essa fa sì che un medico non modifichi la sua diagnosi neanche quando è chiaramente sbagliata; è fonte di clamorose ingiustizie, come quando un Ministro dell'interno rifiuta per anni di riesaminare i casi di persone che sono state condannate ma che sono innocenti; induce gli scienziati a restare ancorati a teorie che si sono rivelate palesemente false - perfino il premio Nobel Linus PauHng persistette nella sua convinzione che massicce dosi di vitamina C fossero una panacea per tutto, dal raffreddore comune al cancro, anche molto tempo dopo che erano emerse prove in senso contrario -, ed è in parte responsabile dell'inefficienza di tanti dirigenti industriali, i quali, come abbiamo visto, spesso si preoccupano più di restare fedeli alla tradizione che di prendere la decisione giusta. La ritrosia dei manager a cambiare opinione può essere ilIu· strata da una mia esperienza personale. Quand'ero piuttosto gi
IGNORAR E LE EVIDEN ZE
167
venderlo. Insomma, era deciso a restare attaccato alle sue convinzioni a prescindere dalle evidenze. Nel resto del capitolo esporrò le ragioni per le quali le persone si aggrappano così tenacemente alle proprie opinioni anche quando esse sono palesemente false. Questa tendenza è talmente pervasiva che può influenzare perfino le nostre percezioni visive o uditive. Ad esempio, guardate le parole riportate nelle tre righe qui sotto:
PARIGI NELLA NELLA PRIMAVERA Molti lettori a prima vista non noteranno l'errore. Siccome non si aspettano di trovare due «nella» di seguito, tenderanno a leggere erroneamente: «Parigi nella primavera» anziché in primavera. In questo caso l'attaccamento alle conoscenze precedenti è un fatto inconscio, ma non occorre che ci soffermiamo ulteriormente sull'esempio, perché l'irrazionalità non si annida nella percezione, ma solo nel pensiero cosciente o nell'azione volontaria. Si p0trebbe pensare che il vero motivo per cui le persone sono così riluttanti a modificare le loro convinzioni è che non amano riconoscere di avere torto. t: difficile chiedere scusa, e anche ammettere di fronte a se stessi che si è sposata una causa sbagliata può nuocere alla propria autostima. Per molti, in particolare per i politici, è infinitamente meglio fare affidamento sulla propria faccia tosta e trovare un qualsiasi argomento in propria difesa, per meschino che sia, piuttosto che ammettere di aver commesso un errore. Sebbene tali fattori abbiano indubbiamente illoco peso, esistono molte altre e più insidiose ragioni per cui non è facile cambiare opinione, due delle quali saralU10 analizzate in questo capitolo. La prima è che chi nutre una convinzione spesso fa di tutto pur di sottrarsi alle evidenze che potrebbero confutarla, perfino in situazioni nelle quali non entrano in gioco il suo prestigio o la sua autostima. La seconda è che, quando troviamo delle prove in contrasto con le nostre opinioni. rifiutiamo di prestarvi fede.
168
IRMZlONAUTA
Esaminate questa serie di numeri: 2, 4, 6. Essi seguono una certa regola e voi dovete scoprire qual è. Potete scegliere ulteriori sequenze di tre numeri e, per ognuna di esse, vi viene detto se obbedisce alla regola o no. Vi viene anche chiesto di enunciare la regola, appena sarete sicuri di averla trovata, dopodiché vi diranno se l'avete azzeccata o no. Se avete sbagliato, continuerete a scegliere nuove triplettc fino a che non penserete di nuovo di aver individuato la regola giusta. Messe di fronte a questo compito, la maggior parte delle persone scelgono come prima sequenza qualcosa come 14, 16, 18, C, quando viene detto loro che è giusta, ne indicano altre del tipo 100,102,104. Presumibilmente all'inizio pensano che la regola sia «una sequenza di tre numeri pari che crescono di due in due», c, poiché gli esempi che hanno scelto vi rientrano, alla fine enunciano tale regola, ma si sentono dire che è sbagliata. Dopo aver riflettuto a lungo, è probabile che decidano di provare una regola diversa, ossia «una sequenza di tre numeri qualunque che crescono di due in due». Quindi scelgono la tripletta 15, 17, 19, e viene detto loro che anch'essa obbedisce alla regola. Dopo aver scelto alcune sequenze simili, pensano di aver di nuovo individuato la regola giusta e la enunciano, ma con loro grande disappunto scoprono che anche questa è sbagliata. Probabilmente provano con molte regole diverse, tipo: «qualunque sequenza di numeri che differiscono di più due o di meno due», ma, quando verificano quest'ultima con la tripletta Il,9,7, si sentono dire che non obbedisce alla regola. Alla fine, solo pochi scopriranno la regola giusta, che è: «Una sequenza di tre numeri qualunque in ordine ascendente», come ad esempio 2, 90, 100; 1, 2, 3; 1,4, l00 l , Perché è così difficile trovare questa semplice regola? Il motivo principale è che in genere tentiamo di dimostrare che la nostra ipotesi del momento è quella giusta, e quindi la verifichiamo scegliendo solo esempi che la confermano e non cercando quelli che la smentirebbero. Come ha evidenziato il filosofo Karl Popper, nessuna ipotesi generale può essere del tutto confermata: è sempre possibile imbattersi in qualcosa che costituisce un'eccezione rispetto a essa. Uno degli esempi più noti è stato già menzionato:
IGNORARE. LE. E.VID[NZE.
169
è la generalizzazione «tutti i cigni sono bianchi», che si rivelò falsa solo quando in Australia furono scoperti per la prima volta dei cigni neri '. Quindi, per stabilire se una regola ha qualche probabilità di es-sere quella giusta, bisogna cercare di smentirla, ma questo è proprio quello che non vogliamo fare . Questo è un fattore molto importante, nonché scarsamente compreso da molti scienziati. Siccome, per quanti casi esaminiamo, possiamo sempre imbatterci, prima o poi, in una situazione che costituisce un'eccezione alla regola, nessuna ipotesi è suscettibile di una verifica logica definitiva se non nel banale caso in cui essa riguarda un numero limitato di oggetti che possono essere controllati a uno a uno, ad esempio: "Tutte le sedie del mio ufficio sono bianche». Anche se un'ipotesi generale non può mai essere dimostrata in modo conclusivo, possiamo tuttavia nutrire una certa fiducia nella sua validità, ma solo nella misura in cui avremo tentato di confutarla. Nel nostro caso, per confutare la regola «una sequenza di tre numeri qualunque che crescono di due in due», non serve a niente scegliere solo sequenze come 14, 16, 18, ma bisogna sceglicme altre del tipo 8, 11, 17, perché, qualora esse risultassero conformi alla regola stabilita daDo sperimentatore, dimostrerebbero che la nostra ipotesi non è corretta. La difficoltà che si incontra a escludere un'ipotesi scorretta è dimostrata dal fatto che molti soggetti, quando si sentono dire che una data regola è sbagliata, si limitano a riproporre la stessa regola ma in forma diversa. Una volta ho proposto questo problema a uno dei più illustri biologi inglesi, il quale subito ha indicato la regola: «Qualunque sequenza di tre numeri che aumentano in misura identica»; poi, quando gli ho detto che era sbagliata, ha replicato: «Be', allora dev'essere "qualunque sequenza di tre numeri in cui, a partire dall'ultimo, ognuno degli altri decresce in misura identica"». Questa, però, è chiaramente la stessa regola. Alcuni dei soggetti hanno riproposto un'identica regola almeno quattro volte prima di rinunciarvi, anche dopo essersi imbattuti in varie lTiplette che la smentivano: stavano incorrendo nel secondo errore che illustrerò qui: negare r esistenza o la rilevanza delle prove in contrario.
170
IRRA.ZlONAUTÀ
Il primo studio sull'argomento è stato condotto a Londra da Peter Wason, il quale ha effettuato. sempre sullo stesso tema, un altro esperimento altrettanto seminale. Ha mostrato ad alcuni soggetti quattro carte posate su un tavolo, due delle quali raffiguranti lettere e due numeri. Sul lato scoperto di ognuna si leggevano rispettivamente: A D 3 7 Ai soggetti è stato delto che ogni carta presentava un numero su un lato e una lettera sull'altro, poi è stato chiesto loro quali carte avrebbero dovuto girare per accertare la validità della seguente regola: «Qualunque carta abbia una A su un lato, ha un 3 sull'altro». Prima di continuare a leggere, pensate a quali carte scegliereste voi; di fatto, la maggior parte delle persone sceglie la «A» e il «3». Ma ora esaminiamo quali carte è ragionevole indicare per dimostrare la validità della regola; chiamerò ogni carta con la lettera o il numero che presenta sul lato anteriore.
- Otrta A. Chiaramente la gente fa bene a scegliere questa carta: se non ha un 3 sul lato posteriore, la regola è confutata; se ce l'ha viene parzialmente confermata; ma tenete presente che nessuna regola può essere mai confermata del tutto. - Carta D. Le persone fanno bene a non scegliere questa carta: ai fini della nostra regola, è irrilevante quale numero presenti sull'altro lato. - Carta 3. Questo caso è più interessante: la maggior parte deUe persone la sceglie, ma ha torto. A prescindere da quale lettera riporti sul retro - che si tratti di una A, di una B o di una Z - la regola potrebbe essere ancora valida. Ricordatevi che la regola dice che tutte le «A» devono avere un 3 sul lato posteriore, 1I01! che tutti i «3>, devono avere una A sul lato posteriore. Indipendentemente dal fatto che ci sia o meno una A sul retro del «3», quindi, la regola potrebbe ancora essere corretta. Dal momento che la lettera riportata sul retro di questa carta non ha alcun rapporto con la validità deUa regola, è inutile prenderla.
IGNOKARE LE. E.VIDENZE
l7l
- Carta 7. In pochi scelgono questa carta, eppure essa è determinante. Se si scopre che dietro ha una A, si avrà una confutazione della regola, dal momento che questa asserisce che tutte le «A» hanno un 3 sull'altro lato s. Entrambi questi ingegnosi esperimenti suggeriscono che le persone tendono a cercare conferma alle loro ipotesi mentre dovrebbero tentare di confutarle. Per quanto sia impossibile provare una regola con assoluta certezza, basta una sola osservazione discrepante a invalidarla. Nel primo esperimento, i soggetti hanno scelto le triplette in linea con la loro ipotesi del momento; nel secondo, non hanno preso una carta (la «7,» , che avrebbe potuto smentire la loro ipotesi, preferendo sceglieme una (la «3») che avrebbe potuto conciliarsi con essa, ma non confutarla. Questi test sono stati ripetuti più volte, sempre con gli stessi risultati di fondo. Ai soggetti sono stati proposti molti compiti diversi, tra cui uno che consisteva nel determinare gli effetti di una serie di proiettili sparati contro bersagli di differente forma e luminosità in una partita di Space Wars é • Anche in questo caso, i soggetti non hanno fatto alcun tentativo di invalidare le loro ipotesi. Ci si può domandare se sia possibile migliorare i risultati ottenuti dai soggetti in compiti del genere. Ad esempio, in quello relativo alle triplette di numeri, insegnare loro a concentrarsi sull'obiettivo di invalidare la loro regola gioverà alle loro prestazioni? Gli esiti degli esperimenti al riguardo si sono rivelati ambivalenti: se in alcuni di essi, infatti, i soggetti sono leggermente migliorati, in altri hanno fatto registrare variazioni minime, poiché, anche quando ricevevano informazioni che smentivano la loro ipotesi, continuavano a restare attaccati a essa. È interessante segnalare che i soggetti eseguono meglio il compito «2, 4, 6» se viene detto loro che lo sperimentatore sta valutando due ipotesi che si escludono a vicenda, chiamate rispettivamente «DAX» e «MED». DAX equivale a .< una sequenza di tre numeri qualunque in ordine ascendente», MED a ««una sequenza di tre numeri qualunque in ordine non ascendente». Così, quando i soggetti scelgono una tripletta, invece di informarli se è giusta o sbagliata, cioè se è conforme o meno a una data re-
IRRAZIONAUTA
gola, lo sperimentatore dice loro se obbedisce alla regola DAX o a quella MEO. I soggetti, essendo obbligati a elaborare due regole diverse, non si fissano più su una sola: pertanto scelgono una più vasta gamma di triplette, ognuna delle quali volta a confutare l' una o l'altra regola, e quindi risolvono il problema molto più in fretta. Ciò dimostra che, quando si tenta di confutare un'ipotesi, è meglio prenderne in considerazione anche altre; ma su questo ritornerò in seguito. A questo punto, forse il lettore dovrebbe essere informato che esiste una spiegazione alternativa dei risultati del compito relativo alle carte, anche se essa li interpreta semplicemente come irrazionali. La regola prevede che tutte le "A» abbiano un 3 sul lato posteriore, per cui la «A» e la «3» sono in cima ai pensieri del soggetto quando deve scegliere le carte, e forse sceglie proprio quelle carte a causa dell'errore di disponibilità. Ci può essere del vero in questa spiegazione, come è emerso da un esperimento condotto da Jonathan St Evans, basato su quattro carte e sulla seguente regola: «Se su un lato di una carta c'è una A, sull'altro non può esserci un 3». I soggetti hanno evidenziato ancora la tendenza a scegliere le carte con la A e il3 sul lato superiore, ma in effetti, alla luce della nuova regola, sono proprio queste le carte da scegliere: con un 3 sull'altro lato della «A», infatti, la regola è confutata, come pure con una A sull'altro lato della «3»; d'altro canto, scegliere la «O» e la ((7" non ci fornisce alcuna informazione utile, in quanto la regola può risultare vera o falsa qualunque cosa vi sia sul loro lato inferiore. Quindi, l'esperimento documenta un'altra forma di irrazionalità: nel decidere quali carte scegliere, le persone non si basano sulla logica, ma si fanno influenzare da quelle presenti nella regola da testare. Anche questo, però, è un esempio di errore di disponibilità 7. Probabilmente !'incapacità di scegliere le carte giuste nell'esperimento originale è dovuta sia a questo errore, sia al rifiuto da parte dei soggetti di cercare evidenze che invalidassero le loro ipotesi. Esistono molti altri esperimenti dai quali emerge che le persone, una volta formulata un'ipotesi, non provano a smentirla. In
IGNORARE LE. EVIDENZ E
173
uno di essi, ad alcuni soggetti è stato chiesto di intervistare una «spalla» per scoprire se era un tipo estroverso, mentre altri dovevano accertare se era un introverso. Entrambi i gruppi tendevano a fargli domande in linea con l'ipotesi suggerita: i primi, ad esempio, gli hanno chiesto: "TI piace andare alle feste?», gli altri invece: .. Detesti le feste rumorose?». In entrambi i casi, una risposta affermativa avrebbe confermato la loro ipotesi ~ . Il rifiuto di cercare evidenze che potrebbero invalidare le proprie convinzioni - com'è noto - opera con altrettanta forza nella vita di tutti i giorni come nell'esperimento del «2, 4, 6». È stato appurato che le persone tendono a frequentare altre persone che la pensano come loro. Se si ha una buona opinione di se stessi, non sorprende affatto che si desideri interagire con individui che condividono quest'opinione. Ma da uno studio condotto in alcuni college americani è emerso che gli studenti che avevano una bassa opinione di se stessi preferivano dividere la stanza con altri studenti che avevano un giudizio negativo su di loro piuttosto che con chi li teneva in grande considerazione. In pratica, cerchiamo conferme all'idea che abbiamo di noi stessi anche quando tale idea è negativa. Vi sono molti altri esempi di questa tendenza nella vita reale. I sostenitori di un determinato partito politico frequentano solo le riunioni di quel partito: non si confrontano con gli argomenti della parte avversa; inoltre, le persone tendono a comprare solo giornali che sostengono idee favorevoli alloro partito, e non agli schieramenti opposti. Le ricerche di mercato rivelano che chi possiede una data marca di automobile legge solo il materiale pubblicitario - e qualunque altra cosa gli capiti sotto gli occhi relativo a quella marca, mentre in genere ignora tutto ciò che riguarda le altre marche 9. Quanto al rifiuto di accettare notizie spiacevoli, uno studio ha dimostrato che il 20% delle persone alle quali viene detto che hanno il cancro si rifiutano assolutamente di crederci lU. Naturalmente non è vero che le persone trascurano sempre di cercare evidenze contrarie alle loro idee, ma spesso le eccezioni confermano la regola: quelle evidenze, infatti, vengono
174
IRRAZIONAUTA.
cercate per altri motivi. Un caso simile è stato documentato in uno studio realistico sulla renitenza alla leva messa in atto dagli studenti universitari americani durante la guerra del Vietnam. Essi sono stati divisi in due gruppi a seconda che avessero firmato o no una petizione anti-arruolamento, che tra l'altro asseriva: «Non possiamo in tutta coscienza partecipare a questa guerra. Di conseguenza dichiariamo la nostra determinazione a rifiutare il reclutamento finché gli Stati Uniti combatteranno in Victrlam». Poi è stato effettuato un sondaggio per valutare la disponibilità sia degli studenti che avevano firmato la petizione, sia di quelli che non l'avevano firmata, a leggere materiale in favore o contro la scelta di sottoscriverla. Quelli che avevano firmato hanno evidenziato una disponibilità pressoché idcntica nei confronti di entrambi i tipi di materiale; quando sono stati intervistati, però, si è scoperto che l'avevano fatto per due motivi: in primo luogo perché volevano sapere quali obiezioni sarebbero state mosse alla loro decisione dai genitori e dagli altri, per essere in condizione di controbatterie; in secondo luogo perché volevano scoprire la strategia migliore per sottrarsi all'arruolamento, se, ad esempio, diventare obicttori di coscienza, o scegliere una professione, come l'insegnamento, che li avrebbe esentati dalla leva, oppure emigrare. Anche se la decisione principale - evitare il servizio militare - era stata presa, avevano tenuto conto del fatto che c'erano ulteriori decisioni da prendere, e avevano letto il materiale contrario all'arruolamento per adottare una serie di misure derivanti dalla decisione principale, non per stabilire se essa fosse giusta o no Il . Tuttavia, esistono alcuni casi in cui le evidenze contrarie possono essere ricercate per se stesse. Questo si verifica ad esempio quando la convinzione che si nutre è molto debole, o quando è possibile ribaltare senza grossi danni una decisione marginale; ma le prove del fatto che in genere le persone restano deliberatamente attaccate alle loro idee, evitando tutto ciò che potrebbe confutarle, sono schiaccianti. Abbiamo così determinato due strategie errate, che vengono inconsciamente utilizzate per difendere le proprie idee: il rifiuto
IGNORARE LE EVIDENZE
175
di cercare evidenze che le contraddicano, e il rifiuto di dar loro credito, o di agire sulla base di esse, quando vengono portate alla nostra attenzione. L'ammiraglio Kimmel si è reso colpevole di entrambe: ha evitato di chiedere a Washington le informazioni che gli avrebbero permesso di chiarire un messaggio ambiguo, e ha rifiutato di credere che il sottomarino affondato al largo di Pearl Harbor fosse giapponese.
Morale 1. Cercate evidenze che contraddicano le vostre convinzioni. 2. Cercate di formulare ipotesi opposte tra loro. 3. Siate particolarmente attenti a tener conto di tutto ciò che è in contrasto con le vostre idee. 4. Ricordatevi che nessuno ha sempre ragione, anche se qualcuno ha sempre torto.
Irving L. Janis, Leon Mann, Decisivn Mnking. A Psychv/ogica/ A/la/ysis 01 COllflict, Choicr, a/Id Com mitmrllt, The Free Press, New York 1977. ' La Distillers Company Ltd era un'azienda leader nella produzione di bevande alcoliche (nonché nel settore farmaceutico), fino al 1986, quando è stata acquistata da Guinness; oggi è in gran parte confluita in Diageo, nata nel 1997 dalla fusione di Guinness e Grand Metropolitan (N,d,T. ]. IPeter C. Wason, 011 tht' Failurt' to Elimillatt' Hypothl'5eS iII a CO/Jeep tual Task, «Quarterly Joumal of Experimental Psychology .., n . 12, 1960, pp. 129-140. • Karl Popper, COlloscrllZil oggrttiva. Un punto di vista rvo/UZiOllistico, Armando, Roma 2002 (ed. or. Objl"ctivr KIIO'w/l'dgl', Oxford C1arendon Press, Oxford 19n ). ' Peter C. Wason, «Reasoning», in Brian Foss (a cura di), Nl"w H OriZOllS iII PSycllO/ogy, Penguin Books, Harmondsworth 1966. · Videogioco in cui due giocatori, entrambi muniti di astronavi virtuali, devono cercare di colpirsi e distruggersi fra loro [N.d.T. ). , Jonathan B.T. St Evans, Lil/g/l istic Dl'termillllllts ai Bias iII Co" ditioIlQ/ Reasollillg, «Quarterly Joumal of Expcrimental Psychology», n. 35A, 1983, pp. 635-644. 1
176
IRRAZIONAI.ITA
' Mark Snyder. Wìlliam B. Swann. Bdlall;oral Con/irmalioll in Socialln/mution. From Sodal Pm:eption lo Social Rea/il!!• ..Joumal of Experimental Soda! Psychology", n. 14, 1978, pp. 148-1 62. ' Per le prove di ciò, ammesso che ne servano. vedi Paul F. Lazarsfeld, Bernard Berenson, Hazel Caudet, TIIl' Propll";; Qwicl', Columbia University
Presso New York 1948. IOJack L Kar,o;, Herbert Weiner et al.. $trrss, Distrrss, Q/ld Ego Dift'tl~. Psyclwmdocrilll! Rrspolls.' fa ImlN'" dhrg Brt'tlst- Tumour Biopsy, .. Archives of Generai Psychiatry", n. 23, 1970, pp. 131-1942. " Irving L. Janis, Curt N. Rausch, ~1t'Ctit't IIltt'ttSt in Camnl/micaliolls Ihnl COI/Id ArouSt' Dl'cisional CO/iflict. A Fit'ld Stlldy 0/ Por/idrmllS iII 1111' Draft-Rtsistan ct M owml'II t, "loum3l of Pcrsonality and Sociall'sychology», n. 14, 1970, pp. 46-54.
Capitolo 10 Distorcere le evidenze
Ignorare o non cercare le prove che le contraddicono sono solo due dei metodi irrazionali con cui tentiamo di difendere le nostre convinzioni. Lo stesso effetto può essere ottenuto - è una strategia diffusa - distorcendo le evidenze. Un esempio di tale errore ci viene da un altro fiasco militare, la battaglia di Arnhem, uno dei più inutili disastri subiti dalle truppe britanniche durante la seconda guerra mondiale '. Pare che il generale Montgomery, come del resto molti altri generali, fosse più preoccupato della sua gloria personale che di vincere la guerra. Poiché le sue truppe erano bloccate davanti ai campi intrisi d 'acqua dell'Olanda meridionale l , egli escogitò il piano di paracadutarle nei pressi di Arnhem, dove i parà avrebbero dovuto impadronirsi di un ponte sul Reno prima che i tedeschi lo facessero saltare in aria, e tenerlo fino a quando una colonna del XXX Corps non fosse venuta a rilevarli. Come hanno messo in evidenza Norman Dixon e altri, il piano era mal concepito fin dal principio per le seguenti ragioni: 1. Prima di metterlo in atto, Montgomery avrebbe dovuto prendere Anversa, un'operazione noiosa ma importante; la sua scelta di non farlo, motivata dal desiderio di essere il primo a varcare il Reno, permise alla XXIll Armata tedesca di fuggire dall'Olanda settentrionale e di prendere parte alla difesa di Arnhem. 2. Per raggiungere Arnhem, il XXX Corps doveva procedere su una str.lda scoperta, fiancheggiata da terreni acquitrinosi e solcati da canali, lungo i quali i ca rri annati non avrebbero potuto
l7S
IRRAZIONAUTA
avanzare. Inoltre, la strada era talmente stretta che c'era posto solo per un carro armato alla volta e, se fosse stata bloccata in qualche punto, a causa di un ponte interrotto o di un attacco nemico, il XXX Corps avrebbe subito un grave ritardo. Infatti esso non raggiunse mai Arnhem, neppure dopo nove giorni, men che meno nei due previsti dal piano di Montgomery. 3. L'intera operazione - era questo il suo limite più grande - dipendeva dal fatto che nei dintorni di Arnhem non fossero concentrati massicci schieramenti tedeschi: ciò avrebbe dato ai paracadutisti il tempo di riunirsi prima di trovarsi sotto attacco. A questi problemi si sommarono l'inadeguatezza dei sistemi di comunicazioni radio britannici e la presenza della nebbia nei cieli inglesi - fenomeno httt'altro che imprevedibile nel mese di settembre -, che ritardò il lancio dei parà destinati a servire da rinforzo a quelli della prima ondata. Dopo aver optato per un piano che nella migliore delle ipotesi si poteva ritenere rischioso e nella peggiore stupido, Montgomery non tenne conto di ulteriori elementi dai quali appariva evidente che esso era destinato a fallire: per la precisione, venne informato dallo SHAEF (Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force, Quartier Generale Supremo delle Forze di Spedizione Alleate) che due Panzerdivisionen, di cui prima non si conosceva con esattezza la posizione, erano accampate presso la zona di lancio. Egli definì "ridicolo» questo rapporto. Ciò che intendeva dire, è ovvio, è che non combaciava con i suoi piani, e per questo rifiutò di prestarvi fede. 11 suo staff - come spesso avviene - lo supportò nella sua follia: quando un ufficiale dell'intelligence mostrÒ al generale Browning, un membro dello Stato Maggiore, le foto che attestavano la presenza di carri armati tedeschi nell'area, egli disse: «lo non me ne preoccuperei [... ), probabilmente sono inutilizzabili», un tipico esempio di distorsione delle evidenze finalizzata a farle coincidere con le proprie convinzioni. Browning tentò persino di sbarazzarsi di quella scomoda notizia chiedendo a un medico di suggerire all'ufficiale in questione di prendersi un periodo di congedo perché era troppo stanco.
DISTORCERE LE EVIDENZE
17.
Sia i soldati inglesi che quelli tedeschi combatterono con grande coraggio, ma, come abbiamo visto, il XXX Corps non raggiunse mai Arnhem, mentre la Divisione Aviotrasportata Britarutica non poté far altro che arrendersi, dopo aver perduto tre quarti degli uomini paracadutati. Ovviamente è facile dar prova di saggezza col senno di poi, ma nel caso di Arnhem non occorreva una grande prescienza per farlo anche prima. Il comportamento di Montgomery e del suo staff evoca quello di Kimmel e del suo Stato Maggiore: in entrambi i casi, infatti, ritroviamo il pervicace attaccamento a una decisione presa, il rifiuto, o l'astuta distorsione, dei messaggi in conflitto con essa, e la tendenza dei subordinati o ad avallare le posizioni del loro leader, o ad adeguarsi all'opinione della maggioranza. Questo capitolo si occupa della tendenza a distorcere le evidenze in contrasto con le proprie idee, un fenomeno riconosciuto da tempo, a cominciare da sir Francis Bacon, il quale scriveva: L'intelletto umano, una volta che ha adottato un'opinione, fa in modo che tutto il resto venga a supportarla e a concordare con essa. E, anche se si trovano esempi più numerosi e consistenti che vanno in senso contrario, tuttavia o li trascura e li disprezza, oppure, sulla base di una qualche distinzione, li accantona e li respinge, affinché, per effetto di questa grave e perniciosa predeterminazione, l'autorevolezza della sua precedente conclusione possa rimanere inviolata. l Un ingegnoso esperimento, che senza dubbio sarebbe piaciuto moltissimo a Bacon, ha dimostrato che il modo in cui valutiamo le evidenze è pesantemente condizionato dalle nostre convinzioni '. Gli sperimenta tori hanno preparato quattro dossier, finti ma plausibili, che illustravano gli effetti della pena capitale, poi hanno detto ai soggetti che erano il risultato di studi autentici relativi alle percentuali di omicidi commessi in America, e li hanno invitati a leggerli. Dei quattro «studi », due riportavano il numero di delitti compiuti in diversi sta ti USA prima e dopo l' introdu-
180
IRRAZIONAUT),
zione della pena di morte; uno di essi, però, forniva cifre indicanti che tale misura era un deterrente, l'altro, invece, che non lo era: dal primo infatti emergeva che dopo l'introduzione della pena capitale la percenhlale di omicidi commessi in un determinato stato era diminuito, dal secondo che era aumentato. Gli altri due dossier mettevano a confronto il tasso di delitti compiuti in uno stesso arco di tempo negli stati che avevano introdotto la pena capitale e in quelli che avevano optato per il contrario. Ancora una volta, le cifre erano state manipolate in modo tale che uno dei due documenti suggerisse la presenza di un effetto deterrente e 1'altro no. Poiché i primi due dossier comparavano percentuali di omicidi commessi in periodi diversi, e gli altri due paragonavano dati relativi a più stati nello stesso periodo, chiamerò gli uni «consecutivi») e gli altri «simultanei». È chiaro che le cifre fomite in entrambi i tipi di documenti erano suscettibili di obiezioni: il numero di delitti compiuti in un singolo stato, infatti, potrebbe variare nel tempo per motivi che non harulO niente a che fare con !'introduzione della pena di morte, ad esempio un aumento dell'uso di stupefacenti. È altrettanto chiaro che il tasso di omicidi commessi nei vari stati è influenzato da molti altri fattori oltre che dalla presenza o meno della pena capitale: anzi, quest'ultima potrebbe essere stata introdotta in uno stato proprio perché in esso vi era già un'alta percentuale di delitti. In breve, tutti e quattro i dossier presentavano seri limiti. Tutti i soggetti selezionati per l'esperimento erano o decisamente favorevoli, o nettamente contrari alla pena capitale; tra quelli contattati all'inizio, chi non aveva un'opinione molto decisa al riguardo era stato scartato. Per prima cosa, a ogni soggetto è stato chiesto di leggere due dei quattro dossier, di cui uno «consecutivo» e l'altro «simultaneo»: uno di essi conteneva dati indicanti che la pena di morte era efficace, l'altro evidenze di segno opposto. Tutto era stato sapientemente bilanciato in maniera tale che ad alcuni soggetti toccasse un dossier «simultaneo" favorevole alla pena capitale e uno «consecutivo» contrario a essa, ad altri invece uno «simultaneo» contrario alla stessa misura e uno «consecutivo) a essa favorevole.
DISTORCERE l..E EVIDENZE
181
Mentre leggete i risultati, quindi, tenete presente che sia i soggetti favorevoli, sia quelli contrari alla pena di morte avevano visionato esattamente gli stessi documenti. Dall'esperimento sono emersi tre dati essenziali: 1. Tutti i soggetti, a prescindere dal fatto che fossero o no favorevoli alla pena di morte, pensavano che dei due dossier quello che coincideva con le loro opinioni fosse «più convincente» e «meglio strutturato» di quello in contrasto con le loro convinzioni. Inoltre, tra gli evidenti difetti presenti in entrambi i testi, hanno notato solo quelli che andavano in direzione contraria rispetto alle loro idee, ma non quelli in linea con esse. 2. Dopo la lettura del primo dei due dossier, è stata misurata l'intensità delle loro idee (favorevoli o contrarie) rispetto alla pena capitale, ed è emerso che, se il documento era in sintonia con esse, tale intensità aumentava, mentre, se era contrario, questa rimaneva immutata. Le persone accettano solo le evidenze che concordano con le loro opinioni. 3. Dopo la lettura di entrambi i dossier, le convinzioni dei soggetti non solo erano rimaste intatte, ma si erano rafforzate. Chi era già favorevole alla pena di morte lo è diventato ancora di più, e lo stesso è accaduto per chi era contrario. Questi risultati dimostrano che, quando ci imbattiamo in due evidenze altrettanto forti (o altrettanto deboli) di segno opposto, usiamo criteri completamente diversi per valutare quelle favorevoli alle nostre idee e quelle contrarie a esse. Inoltre, le prove a supporto di una convinzione la rafforzano, mentre, quando le stesse prove la confutano, esse vengono ignorate e la convinzione rimane intatta. Perfino le opinioni che, almeno a prima vista, non sono né particolarmente forti né strettamente correlate con le altre convinzioni di una persona, sono a dir poco tenaci: possono infatti resistere alle prove più schiaccianti in senso contrario. In un altro esperimento effettuato negli Stati Uniti, ai soggetti sono stati consegnati venticinque biglietti d'addio di presunti suicidi, ed è stato detto loro che alcuni erano stati effettivamente scritti da persone che in seguito si erano suicida te, mentre gli altri erano falsi: il
182
IRRAZIONAUTÀ
loro compito era stabilire quali fossero quelli autentici. A ogni giudizio espresso, venivano informati se la loro valutazione era giusta oppure no. In realtà, tutti i biglietti erano stati creati ad hoc dallo sperimentatore, il quale diceva sistematicamente a metà dei soggetti che stavano andando benissimo, e all'altra metà che i loro giudizi lasciavano molto a desiderare. Poi, i soggetti hanno beneficiato di un accurato debriefing: non solo è stata spiegata loro l'origine dei biglietti, ma hanno appreso che le notizie relative ai loro successi o fallimenti erano prive di significato. È stata perfino mostrata loro la tabella usata dallo sperimentatore per assegnarli, in modo del tutto casuale, al gruppo dei «bravi» o a quello degli «scarsi». Infine sono stati invitati a compilare un questionario in cui dovevano indicare quante probabilità di successo ritenevano di avere in futuro in una variante dello stesso compito basata su veri biglietti di suicidi: ebbene, i soggetti precedentemente inseriti nella fascia dei «bravi» hanno valutato le loro performance future in termini molto più ottimistici di quelli inizialmente assegnati al gruppo degli «scarsi», Da una variante dell'esperimento appena descritto è emerso che i risultati non erano dovuti al fatto che i soggetti erano emotivamente influenzati dal loro personale grado di successo o di fallimento. A un nuovo gruppo di soggetti è stato chiesto di osservare alcune «spalle)) che eseguivano lo stesso compito: ancora una volta, a una parte delle spalle è stato detto che stavano andando benissimo, agli altri invece che lasciavano alquanto a desiderare, il tutto sotto gli occhi dei veri soggetti. Quando le spalle hanno terminato il compito, si sono sentite dire, sempre in presenza dei soggetti, che era tutto un trucco e che le informazioni ricevute non avevano alcun significato. Incredibile a dirsi, quando agli osservatori è stato chiesto di indicare quali fossero a loro avviso le spalle brave e quali quelle scadenti, è emerso che erano rimasti attaccati alle loro convinzioni iniziali nonostante il debriefing ~. Prima di valutare l'abilità delle spalle nell'esecuzione del compito, un altro gruppo di soggetti ha partecipato a una lunga discussione sul modo in cui le convinzioni tendono a persistere in noi a di-
DISTORCERE LE EVIDENZE
183
spetto delle prove in contrario. La discussione ha considerevolmente ridotto l'effetto, anche se, al termine dell'esperimento, una piccola parte dei soggetti tendeva ancora a pensare che le spalle a cui era stato detto che erano state brave si fossero effettivamente comportate meglio delle altre. Dunque quest' esperimento dimostra che le nostre opinioni sugli altri, proprio come quelle su noi stessi, sono estremamente resistenti al cambiamento. Questi risultati sono confortati da molti altri esperimenti simili. In uno di essi 6, ad alcuni soggetti è stato detto che c'erano due cestini, di cui uno contenente il 60% di palline rosse e il 40% di palline nere, 1'altro il 40% di palline rosse e il 60% di palline nere. Poi si sono visti consegnare uno dei due cestini e sono stati invitati a scoprire di quale dei due si trattasse estraendo a turno da esso una serie di palline: ogni pal!jna tolta veniva sostituita. Dopo aver riperuto quest'operazione un certo numero di volte, hanno formulato un'ipotesi sull'.
184
IRRAZ/ONAurA
Se, anche di fronte a schiaccianti prove contrarie. le persone sono così restie a cambiare opinione su temi così banali come la loro o l'altrui bravura nel valutare "autenticità del biglietto d'addio di un suicida, quanto maggiore sarà la loro riluttanza a modificare orientamenti profondamente radicati relativi a questioni che formano un tutt'uno con illaro sistema complessivo di valori! Ad esempio, l'adesione al Partito conservatore inglese o a quello repubblicano statunitense implica l'accettazione di molteplici linee politiche diverse ma in parte coincidenti, tra cui il s0stegno alla libera impresa, il ridimensionamento del ruolo dello stato, la promozione dell'autosufficienza dei singoli; la tendenza a ridurre al minimo il sostegno ai poveri, ai malati e agli anziani, un prelievo fiscale contenuto ecc. Queste convinzioni formano un sistema coerente, e in genere vengono sviluppate c perfezionate dall'individuo in un arco di tempo molto lungo. Ho scritto «sviluppate», e non «elaborate», perché nella maggior parte dei casi le convinzioni si fonnano per effetto di fattori totalmente irrazionali, come il proprio ruolo nella società e le idee dei propri immediati collaboratori. Il desiderio di confermare un'ipotesi influisce perfino sui ricordi. Nel corso di un esperimento, ai soggetti è stato chiesto di leggere la descrizione dettagliata di una donna. Due giorni dopo, alcuni di loro sono stati invitati a giudicare se fosse o meno una candidata idonea per il ruolo di venditrice in un'agenzia immobiliare - agli occhi dei più, quest'attività richiede un temperamento estroverso - mentre ad altri è stato chiesto se poteva diventare una brava bibliotecaria specializzata, occupazione in genere ritenuta adatta a una persona piuttosto introversa. I soggetti dovevano indicare le ragioni dei loro giudizi. È emerso così che quelli a cui era stato chiesto se sarebbe stata una brava agente immobiliare rammentavano molto di più, della sua descrizione, i tratti estroversi, mentre quelli che dovevano valutame la riuscita come bibliotecaria ricordavano principalmente i suoi lati introversi. In pratica, i soggetti ricordavano solo quegli aspetti della donna che corroboravano l'ipotesi su cui erano stati invitati a pronunciarsi . Naturalmente l'estroversione o l'introversio-
DISTORCERE LE EVIDENZE
185
ne, essendo qualità tra loro opposte, influiscono considerevolmente sull'idoneità di una persona a ricoprire l'uno o l'altro dei due ruoli 7. In questo e nel precedente capitolo ho mostrato che le convin-
zioni - e perfino le ipotesi temporancc, che non vi è ragione di difendere strenuamente - sono decisamente resistenti al cambiamento. Ho anche delineato in sintesi le quattro ragioni, tutte confortate dal supporto sperimentale, alla base di ciò. 1. Le persone evitano sistematicamente di confrontarsi con evidenze che potrebbero smentire le loro convinzioni. 2. Nel momento in cui vengono a conoscenza di dati in contrasto con le loro idee, spesso si rifiutano di prestarvi fede. 3. L'esistenza di una convinzione pregressa le induce a distorcere l'interpretazione delle evidenze successive fino a renderle compatibili con la convinzione stessa. 4. Le persone tendono a ricordare selettivamente le cose che concordano con le loro idee. A queste quattro ragioni se ne potrebbe aggiungere una quinta: il desiderio di proteggere la propria autostima. Questi fattori, anche combinati tra loro, non sembrano sufficienti a spiegare il persistere delle convinzioni emerse nell'esperimento dci biglietti d 'addio dei suicidi: le prove in contrario - il fatto che le informazioni fornite ai soggetti circa i loro exploit e i loro errori erano del tutto prive di significato - erano state messe il più possibile in risalto; sarebbe stato difficile rifiutare di arrendersi all'evidenza che tutti i biglietti erano falsi; i nuovi elementi non potevano essere interpretati come una conferma delle tesi dei soggetti; non è possibile che abbiano avuto un ruolo in questo senso i vuoti di memoria, e sembra improbabile che l'autostima di una persona possa essere profondamente influenzata dal fatto di cambiare o pinione sull'abilità di una spalla nel distinguere un vero biglietto d'addio di un suicida da uno falso. È stato suggerito un sesto e altamente ingegnoso meccanismo per illustrare il persistere di questa e altre forme irrazionali di convinzione: le persone sono bravissime a inventare spiegazioni
186
IRRAZIONALITÀ.
per ogni sorta di evento o fenomeno ', Ad esempio, se a una donna impegnata a giudicare l'autenticità dei biglietti d'addio dei suicidi viene detto che si sia comportando molto bene, è probabile che cerchi le ragioni per cui è così brava: la sua familiarità con gli scritti di un famoso romanziere che si è suicidato di recente, il suo lavoro part-time come operatrice paramedica, le sue relazioni generalmente «aperte» con i genitori e con gli amici, potrebbero servire a spiegare il suo alto grado di abilità in un compito che richiede una spiccata sensibilità sociale. Una donna che ha fallito in questo compito, invece, potrebbe motivare il suo insuccesso pensando tra sé e sé che in fondo non si è mai trovata di fronte a un suicidio, né ha mai letto il biglietto d 'addio di un suicida. Come avrebbe potuto pretendere di distin· guere i biglietti veri da quelli falsi? Nonostante il debriefillg, i sog· getti possono restare attaccati alle spiegazioni che si sono inven· tati, e quindi pensare di essere particolarmente bravi o scadenti in un compito. È stato dimostrato che nella conversazione ordinaria è estremamente diffusa la tendenza a fornire spiegazioni dei fenomeni; da uno studio condotto al riguardo è emerso che circa il 15% di tutte le affermazioni sono tentativi di spiegare qualcosa e, cosa an· cor più importante, è stato dimostrato che siamo così pronti a in· ventare spiegazioni che possiamo utilizzare praticamente qualsia· si evento del passato di una persona per giustificare un'azione che ha compiuto in seguito. Ad alcuni soggetti è stata fornita la breve biografia autentica di un uomo, poi è stato chiesto loro di spiegare un'azione da lui compiuta alla luce della sua storia precedente: ad esempio perché si era suicidato, o era stato coinvolto in un episodio di pirateria della strada, o era entrato nel Peace Corps ' o si era dato alla politica. Una delle biografie riferiva, tra l'altro, che l' uomo in gioventù si era arruolato in marina: ebbene, i soggetti ai quali era stato chiesto di spiegare perché in seguito fosse diventato un politico hanno interpretato questa scelta come indice della sua socievolezza e del suo desiderio di servire il paese. Peraltro, anche quelli che erano stati sollecitati a spiegare perché poi si fos--
OJ5mRCf.RE LE EVIDENZ E:
187
se suicidato hanno accennato al suo ingresso in marina, ma hanno visto in questo gesto una fuga dalla famiglia e dagli amici o il segno del suo desiderio di punirli: il suicidio, in effetti, può essere considerato una sorta di fuga dalla vita, nonché un atto punitivo nei confronti dei parenti e degli amici intimi. I soggetti, una volta formulate le loro interpretazioni, hanno appreso che il fatto di cui erano stati chiamati a fomire una spiegazione in realtà non era mai accaduto. Sono stati invitati poi a indicare quanto ritenevano probabile che quello e un certo numero di altri eventi potessero verificarsi in futuro nella vita di quell'uomo. Inutile dire che ogni soggetto riteneva che l'evento che era stato chiamato a spiegare sulla base della biografia fosse il più probabile l0. Vi è un altro e decisivo esperimento da cui emerge che il persistere irrazionale di una convinzione può essere causato dal rifiuto di abbandonare una bella storia inventata per spiegare qualcosa che si ritiene vero. Ad alcuni soggetti è stata raccontata la vicenda di due pompieri, di cui uno aveva avuto un grande successo nel lavoro, all'opposto dell'altro. A metà di loro è stato detto che il primo era sempre pronto a correre dei rischi, a differenza del secondo; all 'altra metà esattamente il contrario. Quindi sano stati tutti informati che i due pompieri non esistevano e che lo sperimentatore se li era semplicemente inventati. Nonostante ciò, quando in seguito sono stati chiamati a rispondere ad alcune domande, hanno continuato a fare deduzioni basate sulle informazioni fa sulle che avevano ricevuto: ad esempio, se era stato detto loro che il pompiere pronto a correre dei rischi aveva avuto successo, pensavano che i pompieri dovessero essere selezionati in base alla loro disponibilità ad assumersi dei rischi. Nella parte cruciale dell'esperimento, ad alcuni soggetti è stato chiesto di spiegare allo sperimentatore il nesso esistente tra la disponibilità a correre rischi e il fatto di essere bravi (o cattivi) pompieri: ebbene, nonostante il dt'briefing, le idee di questi soggetti sono risultate ancor più marcatamente influenzate da quanto era stato detto loro in precedenza. Infatti erano stati costretti ad articolare le loro spiegazioni più dettagliatamente degli altri e di conseguenza si erano attaccati ancor più tenacemente alle loro convinzioni.
/88
IRRAZIONAUTÀ
Quindi, le persone prima si inventano una spiegazione arbitraria ma plausibile di un fatto che viene presentato loro come vero, e poi continuano a crederci anche quando scoprono che le informazioni iniziali erano false. Quando si tratta di fornire spiegazioni, le persone sono troppo brave per i miei gusti, certamente troppo brave per essere razionali. Basta ascoltare le argomentazioni spedose dei politici per rendersi conto di come sia astuta certa gente a distorcere le evidenze per adattarle alle proprie convinzioni. Ma la coerenza stessa delle spiegazioni inventate fa sì che i loro artefici siano riluttanti a separarsi da esse. Senza dubbio Montgomery aveva architettato una serie di elaborate ragioni per credere che il suo piano avrebbe avuto successo: per questo non poteva abbandonarlo se non con enorme difficoltà.
Morale
1. Non distorcete i nuovi elementi di cui venite a conoscenza. Valutate attentamente se possono essere interpretati come una smentita anziché come una confenna delle vostre convinzioni. 2. Diffidate della vostra memoria: essa tende a farvi ricordare tutto ciò che concorda con le vostre opinioni del momento. 3. Ricordatevi che cambiare idea alla luce dei nuovi elementi è indice di forza, non di debolezza. 4. State attenti a non farvi influenzare da qualunque spiegazione abbiate elaborato a sostegno delle vostre convinzioni. 5. Non adottate il sistema greco di ignorare le cattive nuove uccidendo il messaggero, o mettendolo in congedo per malattia.
'n resoconto della battaglia di Arnhem è basato in gran parte su Norman F. Dixon, On the Psychology of Milifary Incompetence, Jonathan Cape, London 1976 (nuova ed. Pimlico, London 1994).
VlSTORCERE LE EVIDENZE
189
'Corretta denominazione, come il successivo "Olanda settentrionale», di due province dei Paesi Bassi, situate rispettivamente nella parte occiden· tale e centro-occidentale del paese [N.d. T.J. ' La dtazione di Francis Bacon è tratta da Richard E. Nisbett, Lee D. Ross, L'il1ferellz.a umana. Strategie e lacunl! dI!! giudizio sociale, il Mulino, Bologna 1989 (ed. or. Humall Jllference. Strntl!gies al1d Shortcomhlgs of Sodal Judgment, Prcntice-HalI, Englewood Cliffs 1980). ' Charles Lord, Lee D. Ross, Mark R. Lepper, Binsed AssimilatiOIl alld Atti· tude Polarization. The Effects of Prior TIuories 011 Subsequently COlIsiderrd Evi· dence, «Journal of Personality and Social Psychology», n. 37, 1979, pp. 2{)98-2109. 'Lee D. Ross, Mark R. !.epper, Michael Hubbard, PerseverallCf iII Seif Per·
(md Sodal Perceptioll. Biased Attrihutional Processes in the Dehriefing Paradigm, «Joumal of Personality and Sodal Psychology», n. 32, 1975, pp. 880-892. ·Gordon F. Pitz, Leslie Downing. Hclen Reinhold, Sequential Effects in the Reuisioll ofSubjective Probabilities, «Canadian Journal of Psychology», n. 21, CepUOII
1%7, pp. 381-393. ' Mark Snyder, Nancy Cantori Testing Tlleories abolii Other People. Remembe· rillg AlI the History That Fits, University ai Minnesota, 1979 (manoscritto inedito). JL'idea che inventare una storia renda difficile liberarsi di una convinzione, e gli esperimenti che la supportano - alcuni dei quali riportati qui di seguito -, si trovano in Nisbett, Ross, HUlUall llIference cil. • Agenzia governativa statunitense creata da Kennedy nel 1%1 allo scopo di «promuovere la pace nel mondo», che invia giovani volontari in paesi sottosviluppati per un periodo di 27 mesi [N.d.T.]. '" Nisbett, Ross, Humalllllferellce eit.
Capitolo 11 Fare i collegamenti sbagliati
Perché nella nostra era, in cui la scienza conosce una fioritura mai sperimentata in precedenza, esistono e prosperano cosi tante forme di ciarlataneria travestita da medicina come l'omeopatia, la naturopatia, la biodinamica, l'erboristeria, la radionica e la dietologia '? Perfino la psicanalisi sopravvive ancora, malgrado tutte le evidenze dimostrino che le sue tecniche sono prive di valore. Com'è possibile che gli psicanalisti -la maggior parte dei quali, presumibibnente, sono persone oneste - continuino a credere nell'efficacia delle loro cure? te ragioni sono molte. In primo luogo, anche loro sono passati attraverso un lungo, costoso e generalmente doloroso percorso di analisi «didattica»: quindi, come abbiamo visto, per giustificare a se stessi il fatto di essersi sottoposti a tale esperienza devono convincersi che essa abbia arrecato loro un qualche beneficio. In secondo luogo, i pazienti spesso migliorano spontaneamente, ma l'analista, logicamente, è convinto di essere lui l'artefice del toro miglioramento. Inoltre, molti dei pazienti che peggiorano in seguito alla terapia la interrompono e basta, per cui l'analista si persuade che alla fine del trattamento (certi percorsi analitici durano cinque anni e più) sarebbero migliorati. È altresì possibile che l'analista trascuri o di tenere o di consultare dettagliate cartelle cliniche dei suoi pazienti. Per giunta, egli non ha accesso alle cartelle dei pazienti che hanno seguito altri tipi di terapia (o nessuna terapia tout court), quindi non può dire se queste hanno dato frutti migliori o peggiori della sua. Infine, nel caso dei pazienti che non
192
IRRAzlo NAurA
mostrano alcun segno di miglioramento, l'analista può crederec, a quanto ne so, lo fa spesso - che la colpa sia loro, perché non collaborano abbastanza. Questo è un caso estremo di ragionamento sbagliato sulle cause e le connessioni tra i fenomeni. Di per sé l'analisi ben di rado, per non dire mai, è causa di un reale miglioramento della salute mentale, anche se talvolta un analista empatico può ottenere qualche risultato, nonostante la totale inutilità delle tecniche psicanalitiche. È ovvio che nella mente dell'analista è in atto un vistoso processo di razionalizzazione inconscia, tuttavia, per i no-. stri attuali scopi, intendo concentrarmi sul fatto che egli tralascia di ccrcare infonnazioni su pazienti che presentano problcmatiche simili a quelle dei suoi, ma non seguono un trattamento psicanalitico. La maggior parte delle nevrosi, specialmente la più comune, la depressione, sono patologie autolimitanti, il che significa che il paziente guarisce indipendentemente dalle cure. Quando si effettuano shldi controllati volti a confrontare gli effetti dell'analisi con il cosiddetto trattamento placebo (nel corso del quale una persona visita il paziente, ascolta i suoi problemi e di tanto in tanto emette dei suoni di incoraggiamento, senza tentare alcuna reale terapia), emerge che il metodo placebo è altrettanto, se non più efficace, della psicanalisi l . Questo capitolo esaminerà gli errori che inficiano la nostra capacità di istihlire corrette associazioni tra gli eventi; quelli relativi alle connessioni causali saranno invece oggetto del capitolo successivo. Tornando all'analista, egli collega erroneamente i miglioramenti intervenuti nella condizione del paziente alla propria terapia. Questo difetto, che porta a introdurre errate connessioni tra gli eventi, è ampiamente diffuso: esso è noto come «correlazione illusoria». Prendiamo, ad esempio, un medico che sta effettuando ricerche su una particolare malattia. Questa presenta detenni nati sintomi. che però si manifestano anche in presenza di altre patologie, di modo che nessuno di essi può essere utilizzato per fonnulare una diagnosi certa al primo stadio; ma ce n'è uno che, a suo avviso, è più illuminante degli altri a fini diagnostici. Per stabilire se
FARE I COLLE.GJ\M E,,"I SBAGLIATI
193
esiste realmente una specifica associazione tra questo sintomo e la malattia, il medico registra la storia clinica di tutti i pazienti che a suo giudizio potrebbero contrarla. Una volta catalogato un numero sufficiente di casi, constata che, su cento pazienti che presentavano quel sintomo, successivamente ottanta hanno sviluppato la patologia e venti no. Per il fatto che, tra i portatori del sintomo, quelli che contraggono la malattia sono il quadruplo degli altri, ne deduce che esso è un indicatore valido, anche se non perfetto, della presenza di quella patologia. Ha ragione di farlo? La risposta è no. n caso vuole che incontri un amico esperto di statistica e gli parli della sua scoperta, ma l'altro non è affatto convinto, e osserva che il medico non può arrivare ad alcuna conclusione tenendo conto solo dei portatori del sintomo: deve comparare i dati relativi alla frequenza della malattia in presenza del sintomo e in assenza di esso. Il medico ritorna al suo schedario, malcdicendosi per essere stato tanto sciocco, e scopre che, su cinquanta pazienti che non accusavano il sintomo, quaranta hanno contratto la malattia e dicci no. Egli è convinto che questo supporti la sua tesi: in fondo, i portatori del sintomo che in seguito hanno evidenziato la patologia (ottanta) sono il doppio di quelli che si sono ammalati in assenza di esso (quaranta). Ma il suo ragionamento è ancora sbagliato, ed esaminando la tabella l capirete perché. ~ evidente che la percentuale di pazienti che contraggono la malattia è la stessa (quattro su cinque) sia che essi presentino il sintomo (ottanta su cento), sia che non lo manifestino (quaranta su cinquanta). Quindi, il sintomo non ha niente a che fare con la malattia. Più in generale, si può dire che è impossibile trarre alcuna conclusione in merito all'associazione tra due eventi (Evento A ed Evento B) se non si tiene conto di tutti e quattro i dati numerici relativi alla frequenza con cui tali eventi si verificano oppure no. Le quattro possibili combinazioni sono: Evento A ed Evento B Evento A ma non Evento B Evento B ma non Evento A Né Evento A né Evento B
19.
IRRAZIONALITÀ
Il modo più rapido per scoprire le rispettive frequenze di ognuna di queste eventualità è registrare i dati relativi a esse in una «tabella 2 x 2.. come quella riportata qui sotto. Il motivo per cui il medico ha sbagliato è che ha ignorato per ben due volte i casi negativi. Il suo primo errore è scaturito dal fatto che non ha tenuto conto di quanto era accaduto a coloro che non mostravano il sintomo - in pratica, ha saltato la seconda riga della tabella -, il secondo dall'aver ignorato i dicci pazienti che non presentavano né il sintomo, né la malattia (la cifra in basso a destra nella tabella). Tabella 1 Ma/affili
A SSnlZll
Totalt
di malattia PresnlZJl
80
20
100
40
!O
50
del sinlomo A SSt'IIZl1
dtl sintomo
Come dimostrerò in seguito, l'incapacità di tener conto dei dati negativi è diffusa anche tra persone di notevole cultura, ed è probabilmente dovuta all'errore di disponibilità. n verificarsi di un evento ci colpisce di più (è più «d isponibile») della sua assen· za: per questo un paziente che non presenta né il sintomo né la malattia resta meno impresso di chi manifesta o l'uno o l'altra, oppure entrambi l . Esistono numerosi esperimenti che attestano l'incapacità di stabilire correttamente se due fatti siano o meno associati tra loro. In uno di essi, ad alcune infermiere è stato chiesto di prendere in esame un centinaio di schede, ognuna delle quali conteneva la succinta anamnesi di un singolo caso. I pazienti esaminati rien· travano nelle quattro categorie appena citate: in pratica presenta· vano o un particolare sintomo e una determinata malattia, o il
rARE I COLLt:GM1CNTI SBAGLIATI
'"
sintomo ma non la malattia, o la malattia ma non il sintomo, oppure nessuno dei due. Il numero di pazienti compresi in ogni categoria è riportato nella tabella 2.
Tabella 2: illcidellUl del sintomo e della malattia i1l 100 pazimti Malattia PrI.'sellfe
Assente
Pft'St'lIte
37
33
ASSt'IIIt'
17
13
Sintomo
Se si osserva attentamente questa tabella, risulta chiaro che non vi è alcuna connessione tra sintomo e patologia : la percentuale di pazienti che si sono ammalati è. all'incirca la stessa sia in presenza, sia in assenza del sintomo. Eppure 1'85% delle infermiere che hanno esaminato le schede anamnestiche dei singoli casi hanno interpretato il sintomo come un indicatore della malattia in questione, Ancora una volta emerge che le persone, quando sono di fronte a compiti del genere, tendono a concentrarsi sulle evidenze positive: non a caso le infermiere sono rimaste maggiormente colpite dai trentasette casi caratterizzati dalla simultanea presenza del sintomo e della patologia che non da tutti gli altri ' , l giornalisti sono particolarmente negligenti quando si tratta di utilizzare tutti e quattro gli indicatori in questione. Un articolo apparso qualche tempo fa sul periodico sta tunitense «(The Week .. afferma che gli automobilisti hanno il quadruplo delle probabiHtà di morire in un incidente se si mettono alla guida alle 7 di sera anziché alle 7 del mattino perché il numero dei morti su strada nelle ore serali è il quadruplo di quello dei decessi registrati al mattino. L'argomentazione è fallace: infatti ignora il numero di a utomobilisti che non muoiono né di mattina né di sera (i casi nega tivi).ln realtà, le auto in circolazione alla sera sono il quad ruplo di
'96
IRRAZJONAUTA
quelle del mattino: tenuto conto di questo. è chiaro che il rischio per il singolo automobilista è lo stesso a qualsiasi ora del giorno. Il periodico inglcsc per consumatori «Which? .. sostiene che guidare in stato di ebbrezza è una causa certa di morte perché "in Gran Bretagna un incidente stradale su sei è riconducibile allo stato di ebbrezza del guidatore»: ora, quest'affermazione non può essere interpretata con esattezza se non si conosce la percentuale di ubriachi presente fra tutti i guidatori. E ancora, un editoriale apparso sulJ'«lndependent» afferma: «Viaggiare in treno è più sicuro che viaggiare su strada. Il numero di persone che restano uccise in incidenti stradali in una sola settimana è superiore a quello delle persone che muoiono in incidenti ferroviari in un intero anno». La deduzione può anche essere corretta, ma non discende logicamente dalle premesse: l'unico confronto significativo è quello basato sul numero di passeggeri morti per chilometro '. Anche in questo caso sono stati omessi i dati negativi, ossia il numero di passeggeri dei treni e di automobilisti che non sono morti di incidente nei periodi in questione. Si potrebbero segnalare ancora innumerevoli esempi: basti dire che i giornali, divulgando ragionamenti così poco rigorosi sotto il profilo delle connessioni logiche. danno un pessimo esempio ai loro lettori. Fin qui ho sostenuto che le persone sbagliano a interpretare i dati relativi alla presunta simultaneità di due eventi soprattutto perché tendono a ignorare i casi negativi. Nella vita reale. però, ben di rado ci troviamo di fronte a una serie ordinata di cifre. Entriamo invece in contatto a intervalli irregolari, e spesso lunghi. con ciascuno dei quattro fattori che occorrono per formulare un giudizio razionale in merito all'associazione tra due eventi. Prendiamo, ad esempio, la difficoltà di determinare se le persone con gli occhi azzurri sono più innocenti di quelle con gli occhi castani. Poiché nessuno può tenere a mente un certo numero di cifre per un tempo indeterminato, questa correlazione potrebbe essere stabilita soltanto tenendo un'accurata registrazione di tutti e quattro i casi man mano che li incontriamo: occhi azzurri-innocente; occhi azzurri-non innocente; occhi castani-innocente. occhi castani-non innocente.
rAM / COUEGAM[NTI SBACLlATI
L'irrazionalità del giudizio umano nel caso in cui tali dati non vengano sistematicamente correlati è dimostrata da una serie di notevoli esperimenti condotti nel Wisconsin da Loren e Jean Chapman ", Parte del problema nasce dal fatto che le persone, quando devono decidere quali eventi siano correlati tra loro e quali no, quasi invariabilmente proiettano su quel compito precedenti aspettative, che distorcono la loro interpretazione di ciò che hanno osservato, Gli esperimenti erano incentrati sull'uso di alcuni test proiet· tivi. In teoria questi test dovrebbero far emergere detenninate ca· ratteristiche di una persona (solitamente una persona con distur· bi mentali) che lei non può rivelare apertamente, o perché se ne vergogna o perché (secondo la teoria freudiana) esse sono state represse e quindi non può accedervi in modo conscio, Uno dei più noti test proiettivi è quello di Rorschach, nel corso del quale i pazienti vengono invitati a indicare cosa vedono in una serie di complesse macchie di inchiostro, come quella che compare qui sotto, Essi possono scorgervi un mostro, o una donna dall'aspetto simile a quello di un pipistrello, oppure la loro risposta può vertere su singole parti della macchia: ad esempio, nella parte cen· trale possono vedere un uomo a testa in giù con un grosso fon· doschiena, e in quella esterna una donna decapitata dal seno sporgente,
Gli psicologi e gli psichiatri che ricorrono al test di Rorschach pretendono di poter dire, sulla base delle sue reazioni alle varie macchie di inchiostro, se il paziente è omosessuale, o paranoico,
'"
IRRA ZIONAurA.
oppure un potenziale suicida ecc. Tutte le risposte che hanno a che fare con il retto, i glutei, gli indumenti femminili e gli organi genitali, o che implicano la visione di una persona dall'identità sessuale indeterminata (ad esempio: ..Suppongo che sia un uomo, o forse è una donna ») o confusa (<<Sembra un uomo dalla cintola in giù, ma dalla cintola in su è una donna»), sono interpretate come presunti indicatori di omosessualità. Tutte le risposte di un certo tipo (ad es. quelle che si riferiscono all'ano) sono classificate come "segni,.. Un'attenta ricerca ha dimostrato che in realtà i cinque segni elencati prima compaiono con uguale frequenza nelle risposte degli eterosessuali e degli omosessuali: non vi è la benché minima differenza. A dire il vero, sotto il profilo diagnostico il test di Rorschach - come pure altri test proiettivi - non ha praticamente alcun valore, eppure è stato usato su vastissima scala, anzi, lo è tuttora (si calcola che ogni anno venga somministrato a sei milioni di soggetti): esempio lampante deU'irrazionalità imperante anche in ambito psicologico. l Chapman intendevano scopri re perché, nonostante le prove accuratamente raccolte in proposito attestino il contrario, gli psicologi clinici dovrebbero continuare a credere che le risposte fornite in questo test rivelino la presenza di particolari tratti, in particolare dell'omosessualità. Per prima cosa hanno fatto circolare un questionario fra gli psicologi clinici, per accertare quali indizi a loro avviso fossero più strettamente associati all'omosessualità. Quelli segnalati con maggiore frequenza erano i cinque segni convenzionali già citati: l'ano, gli indumenti femminili, gli organi genitali maschili o femminili, le persone di sesso incerto e quelle caratterizzate da attributi di entrambi i sessi. Sebbene in realtà, nelle loro risposte, gli omosessuali non menzionino alcuno di essi più spesso di quanto non facciano gli eterosessuali, i clinici erano convinti di aver individuato un'associazione tra tali segni e l'omosessualità nel corso della loro esperienza clinica. Ora, è evidente che queste risposte al test di Rorschach sono proprio quelle che intuitivamente ci si aspetterebbe di ricevere da un omosessuale: nella nostra mente, infatti, ognuna di esse è associata all'omosessuali tà. Per avere la conferma di ciò, i Chapman
FARE I COU-EGAM ENTI SBA GUAT/
'"
hanno preparato una lista costituita dagli stessi cinque segni più altri ottanta che, a giudizio dei clinici, 11011 erano indizio di omosessualità, e l'hanno proposta a una trentina di studenti universitari, chiedendo loro di indicare fino a che punto, nella loro mente, ciascuno degli ottantacinque segni fosse connesso all'omosessualità. Gli studenti, che naturalmente non avevano alcuna esperienza clinica, hanno scelto esattamente gli stessi indicati dagli psicologi. Ciò dimostra che questi non avevano imparato nulla dalla loro esperienza clinica: erano stati semplicemente influenzati dai loro falsi preconcetti. In effetti ci sono due tipi di risposta che, cosa alquanto sorprendente, sono davvero leggermente più frequenti tra gli omosessuali che non tra gli eterosessuali: talora i primi vedono in una macchia o un mostro, o una creatura per metà animale per metà uomo. I Chapman hanno chiamato questi due tipi di risposta ...segni validi .. di omosessualità, mentre hanno usato l'espressione «segni non validi» per le cinque risposte a torto interpretate come indizi di tale tratto. In un ulteriore esperimento, a un altro gruppo di studenti universitari sono state date da esaminare trenta schede - ognuna delle quali riportava una macchia di Rorschach, la presunta interpretazione di essa da parte di un paziente immaginario e due disturbi emotivi di cui egli soffriva - ed è stato detto loro che i casi descritti nelle schede erano autentici. A ogni soggetto sono stati fomiti in tutto quattro diversi problemi emotivi, tra cui l'omosessualità, e cinque «segni», di cui uno non valido, più i due validi e altri due neutri (ad esempio cibi o piante). Ognuno dei cinque segni non validi è stato proposto a vari soggetti. L'abbinamento tra segni e disturbi era casuale, per cui nelle schede non vi erano connessioni di sorta tra un dato segno e un determinato tratto della personalità. Quindi, ai soggetti sono state fornite le seguenti istruzioni scritte: Ora vi mostrerò una serie di macchie d' inchiostro, una alla volta. Per ogni macchia troverete la descrizione di ciò che un paziente ha visto in essa nonché l' indicazione dei suoi due principali problemi
100
IRRAZIONAUT'"
emotivi. Ognuna di queste trenta schede corrisponde a un diverso paziente. Scoprirete che cosa hanno visto in una macchia trenta pazienti diversi. Ora lasciate che vi dica cosa desidero che facciate . Per favore, studiate con attenzione ogni macchia d 'inchiostro e la descrizione di ciò che il paziente ha visto in essa. Studiate anche la descrizione dei due più gravi problemi emotivi del paziente. Quando ciascuno di voi avrà esaminato tutte le schede, vi darò un questionario costituito da domande su ciò che hanno visto i pazienti correlati a ogni tipo di problema.
Dopo che hanno finito di esaminare le schede, i soggetti sono stati invitati a dire se avessero notato una particolare connessione tra determinati tipi di risposta e i pazienti omosessuali, ed essi l'hanno erroneamente individuata proprio oeHe risposte che rinviavano ai cinque segni non validi (l'ano, gli indumenti femminili, la confusione tra i sessi ecc.): per loro, quindi, tali segni erano maggionnente associati al tratto dell'omosessualità, chiaro esempio di «correlazione illusoria». Il successivo esperimento dei Chapman ha prodotto risultati ancor più sensazionali e sconvolgenti. Essi hanno di nuovo mostrato a un gruppo di studenti universitari trenta schede, ma stavolta i due segni validi (quelli effettivamente associati all'omosessualità, ossia il mostro e la creatura per metà animale e per metà uomo) erano sempre abbinati a pazienti omosessuali. Malgrado esista una piena correlazione tra tali segni e l'omosessualità, gli studenti non l'hanno assolutamente notata: infatti, mentre solo il 17% di loro pensava che essi figurassero più spesso in connessione con tale tratto, il 50 % ha scelto i segni non validi, cioè quelli associati a esso nella loro mente (ma non nella realtà), sebbene nelle schede essi non fossero stati correlati selettivamente all'omosessualità. Prima di analizzare ulterionnente le implicazioni di questi risuJtati, va detto che i Chapman hanno condotto una seconda serie di esperimenti, dagli esiti identici, usando un diverso test proiettivo noto come « DAP» (Draw-a-Person Test o ((test della figura umana»), in cui il paziente viene invitato a disegnare una fi-
fARE I COLLEGAMENTI SIIAGUATI
101
gura umana, e il disegno viene poi interpretato dal terapeuta . I terapeuti - ma anche i profani, quando vengono interpellati in proposito - dicono di credere che il disegno possa rivelare qualcosa del carattere del suo autore: ad esempio, pensano che la defor· mazione degli occhi indichi paranoia, che i soggetti dipendenti accentuino i tratti della bocca o disegnino di preferenza donne o bambini; che quelli impotenti raffigurino uomini dall'aspetto possente, e così via. In realtà, è stato ripetutamente dimostrato che nessuna di tali associazioni è fondata: anzi, per quel che sappiamo, è impossibile scoprire qualcosa sulla personalità di chi un· que dal modo in cui disegna la figura umana. Eppure, come nel caso del test di Rorschach, gli psicologi hanno usato il DAr per decenni, e molti continuano irrazionalmente a usarlo ancora. I Chapman hanno fornito una dimostrazione eclatante della difficoltà incontrata dalle persone nel percepire che due eventi si verificano simultaneamente. Si potrebbe pensare che siano state solo le precedenti aspettative dei soggetti rispetto ai cinque segni non validi a portarli a ignorare la perfetta correlazione presente tra quelli validi e l'omosessualità. Ma quando i Chapman hanno effettuato ulteriori esperimenti senza la presenza fuorviante dei segni non validi, j soggetti hanno continuato a non accorgersi del· l'associazione esistente tra quelli validi e l'omosessualità, nonostante questi due fattori fossero sempre correlati tra loro nelle schede. Questi sconcertanti risultati suggeriscono che la nostra capa· cità di determinare le reali connessioni tra gli eventi è minima, per non dire inesistente, a meno che non convertiamo le nostre osservazioni in cifre. Quando portiamo con noi dei preconcetti al momento di giudicare, ne siamo pesantemente influenzati. Ma perfino quando non abbiamo pregiudizi di sorta ci sfuggono del· le associazioni che, se rappresentate sotto forma di numeri, di· verrebbero pienamente evidenti. Inoltre, negli esperimenti descritti le condizioni erano pressoché ideali: ogni soggetto, infatti, ha avuto modo di esaminare ciascuna scheda per un minuto, quindi non era sottoposto ad alcuno stress di carattere tempora· le; l'esperimento è durato solo mezz'ora, quindi la sua memoria
202
IRRAZIONALIr'"
non ha dovuto affrontare particolari sollecitazioni; ogni soggetto aveva di fronte solo cinque segni e quattro problemi emotivi. quindi avrebbe dovuto essere piuttosto facile cogliere le connessioni tra i segni validi e l'omosessualità. Paragonate questa situazione a quella di uno psicologo o di uno psichiatra che tenta di stabilire quali risposte vadano associate a determinati tratti: può essere costretto a lavorare in condizioni di stress temporale; p0ssono trascorrere settimane fra l'applicazione del test di Rorschaeh e il momento della diagnosi, e infine, i segni da interpretare s0no molti di più dei cinque previsti dal test di Rorschach, come pure i problemi emotivi di cui tener conto. I risultati ottenuti dai Chapman, ovviamente, hanno implicazioni anche per i giudizi che formuliamo nella vita di tutti i giorni. Esiste davvero una connessione tra gli occhi azzurri e l'innocenza, o non sarà che essi richiamano alla mente gli occhi di un neonato, e sono generalmente associati ai cieli azzurri e ai mari tranquilli? Le persone dai capelli rossi sono davvero inclini alla collera, o non sarà che il rosso è il colore del fuoco, il quale a sua volta evoca la rabbia? E, cosa ancor più importante, per supportare o smentire certi stcreotipi, quali quelli legati all'avarizia degli ebrei o alla pigrizia dei neri, occorrerebbero osservazioni notevolmente accurate e dettagliatamente registrate, che dovrebbero includere anche un campione preso a caso di nonebrei e di non-neri. Gli errori commessi dai soggetti degli esperimenti condotti dai Chapman sembrano così grossolani che potreste benissimo pensare che voi non li avreste mai fatti. Se è così, siete eccezionali. Qualche tempo fa, si è scoperto che 1'S5% delle maggiori aziende dell'Europa continentale incorrono in un errore simile, per giunta a caro prezzo: si servono di grafologi per la selezione del personale. Anche negli Stati Uniti.3000 aziende, tra cui la maggior parte delle banche, ricorrono a tali figure 7. Cosa potrebbe esserci di più naturale del credere che la calligrafia di una persona ne rispecchi il carattere? Quest'idea sarà anche naturale, ma è sbagliata. Da una rassegna degli studi condotti sull'argomento è emerso che l'attendibilità dei giudizi espressi dai grafologi è " pratica-
FARC / COULGA.MC/IIT/ 5IiAGUATI
200
mente pari a zero" ' . Nel corso di un esperimento, a un' «esperta" di scrittura sono stati fomiti numerosi campioni calligrafici, tra cui alcuni appartenenti alla stessa persona, e lei ha formulato giudizi diversi e del tutto slegati tra loro sui vari campioni della medesima scrittura 9 • L'efficacia della grafologia nella migliore delle ipotesi è di poco superiore al caso ma, dal momento che essa sembra plausibile e si presenta come una «scienza .. eccentrica, ha abbindolato gran parte delle principali aziende europee. Non esistono dati precisi sul numero di imprenditori che prendono decisioni importanti leggendo le foglie del tè, ma un procedimento simile sarebbe tanto razionale quanto il ricorso alla grafologia. Anche quando non siamo influenzati da preconcetti, è praticamente impossibile che riusciamo a cogliere l'associazione presente tra due eventi a meno che non registriamo accuratamente tutti i dati che li riguardano. Pensate, ad esempio, quanti anni ci sono voluti perché la classe medica scoprisse il nesso tra fumo e cancro ai polmoni: questo è un caso particolarmente eloquente, in quanto è del tutto naturale supporre che, se c'è un organo che il fumo danneggia, quest'organo siano i polmoni. Eppure, tale nesso è rimasto insospettato per secoli, fino a quando Richard Doli e Richard Peto non hanno proceduto a un'attenta raccolta dei dati statistici che lo documentavano '0. Finora ho esposto tre cause degli errori che commettiamo neU'individuare le connessioni tra due o più eventi: nel caso in cui le quattro possibili combinazioni tra due di essi siano espresse in cifre, l'incapacità di tener conto dei casi negativi; la tendenza a farei fuorviare dalle nostre aspettative, e (anche quando non siamo sviati da tale fattore) l'incapacità di cogliere una correlazione realmente esistente per il fatto che non siamo in grado di tenere a mente •più cifre in uno stesso momento. Vi sono altre due cause di errore: la prima riguarda il giudizio che diamo delle caratteristiche di una persona . Quando osserviamo un gruppo di persone, prestiamo particolare attenzione a chi fra i suoi membri si dis tingue da tutti gli
IRRAZIONAUTÀ
2()4
altri, ad esempio una donna in un gruppo di uomini, un nero in un gruppo di bianchi, e cosi via. Non c'è nulla di irrazionale in tutto ciò. Tuttavia, quando ai soggetti di alcuni esperimenti sono state mostrate o una videocassetta, o delle diapositive che illustravano una serie di interazioni all'interno di gruppi così composti, ed è stato chiesto loro di esprimere un giudizio sui vari membri di essi, è emersa la tendenza a valutare quello diverso dagli altri, nonché ciò che aveva detto o fatto, in termini assai più estremi di quelli applicati al resto del gruppo. In tali esperimenti, insomma, i soggetti hanno visto il «diverso» in modo più positivo o più negativo di tutti gli altri. Quando però la stessa identica persona è stata mostrata loro all'interno di un gruppo di individui simili a lei, non si è registrata tale tendenza all'eccesso, anche se essa si comportava esattamente nello stesso modo di quando era l'outsiderl!. Infine, al momento di effettuare delle connessioni incorriamo in una forma simile, ma ancora più estrema, di irrazionalità. Quando ogni elemento di un gruppo di oggetti viene abbinato a uno di un altro gruppo, e ognuno dei due gruppi comprende un «diverso», spesso si tende erroneamente a individuare un abbinamento tra i due «diversh> dei rispettivi gruppi. Il primo a dimostrare questo fatto è stato Loren Chapman, il quale, nel corso di un esperimento, ha mostrato ai soggetti alcune coppie di parole, come ad esempio: timido - moneta umano - oscuro calzoni - libro sveglia - tappeto Da notare che tutte le parole proposte erano trisillabiche, tranne due che erano bisillabiche. Ebbene, quando ai soggetti è stato chiesto di ricordare quali parole fossero state abbinate tra loro, è emersa la tendenza a pensare che i due outsider (le parole bisillabiche) fossero stati accoppiati assai più spesso di quanto non fosse avvenuto in realtà Il.
FARE I COLLEGAME/lITI SBAGLIATI
205
David Hamilton ha proseguito e approfondito la ricerca sulla scia di questi risultati. In uno dei suoi esperimenti ha detto ai soggetti che avrebbero ricevuto informazioni tramite diapositive sui membri di due diversi gruppi di persone, il «gruppo A" e il «gruppo B»; il primo era più numeroso dell'altro. Ogni diapositiva mostrava il nome di una persona, il gruppo a cui apparteneva e un'affermazione di segno positivo o negativo su di lei, ad esempio: «John, che fa parte del gruppo A, ha fatto il giro del vicinato per raccogliere fondi a scopo di beneficenza" , e: «Bob, che fa parte del gruppo B, ha perso la calma e picchiato un vicino con cui stava discutendo». Nel complesso, le affermazioni positive erano più numerose di quelle negative, ma esse erano state assegnate ai due gruppi in un'identica percentuale. Di per sé, quindi, le frasi non offrivano alcuno spunto ai soggetti per considerare uno di essi migliore dell'altro. Eppure, quando essi sono stati invitati a dire cosa pensavano dei due gruppi, è emerso che giudicavano il gruppo B peggiore del gruppo A, e gli attribuivano, a torto, un maggior numero di affermazioni negative. Avevano associato le affermazioni «diverse» (di segno negativo) al gruppo meno numeroso: quelle affermazioni e quel gruppo avevano assunto uno speciale risalto ai loro occhi. Un risultato simile si è ottenuto in una variante dell'esperimento in cui le affermazioni favorevoli erano meno di quelle sfavorevoli: stavolta il gruppo più piccolo è stato visto in una luce migliore rispetto al più grande. Data la scarsa differenza esistente tra i due gruppi (in pratica solo le due diverse etichette di gruppo A e gruppo B), questo è un risultato notevole I ) , Come abbiamo visto nel capitolo 4, esso serve in qualche modo a spiegare gli stereotipi che nascono dai pregiudizi: i gruppi minoritari, come i neri e gli ebrei, si notano di più di quelli maggioritari, come del resto i cattivi comportamenti guida irregolare, avarizia, pigrizia - si notano di più (perché sono più rari) di quelli normali. Quindi è probabile che vi sia una tendenza ad associare i comportamenti negativi alle minoranze, anche se essi non sono affatto più diffusi tra loro che nei gruppi di maggioranza.
206
IRKAZIONAurA
I due effetti appena descritti -la tendenza a enfatizzare le qualità di una persona che si distingue dalle altre e quella ad associare una qualità rara a una persona rara - sono aJtri due motivi per cui troviamo cosi difficile istituire le giuste correlazioni. Naturalmente, vi sono molti altri esempi di pensiero irrazionale.
Morale 1. Quando volete stabilire se un evento è associato o meno a un altro, non tentate mai di ricordare a memoria i casi in cui essi si verificano simultaneamente. Annotate per iscritto le quattro p0ssibili combinazioni con cui si presentano, come abbiamo indicato nella tabella 1 (p. 194). 2. Ricordatevi che A è associato a B solo se B si verifica perccotualmente più spesso in presenza di A che in sua assenza. 3. Prestate una particolare attenzione ai casi negativi. 4. State attenti a non associare tra loro le cose in base alle vostre aspettative o perché sono insolite. 5. Evitate qualsiasi psicologo o psicanalista che vi chieda di sottoporvi a un test di Rorschach: non sa fare il suo lavoro.
' La biodinamica craniosacrale, creata ai primi del '900 dal d ottor WilIiam G. Sutherland, è una particolare manipolazione delle ossa del cranio e della zona saerale, mirata a ristabilire la corretta circolazione del fluido cerebrospinale e l'annonia corporea http://www.aibic.it/ biodinamica.htm. La radionica è una tecnica medica alternativa fondata sull'utilizzo di un dispositivo elettronico in grado di rilevare le carenze di vitamine e minerali, o le variazioni dell'energia sottile all'interno del corpo, per poter detenninare di conseguenza le appropriate terapie erboristiche o omeopatiche [N.d.T.). I David A. Shapiro, Diana Shapiro, Meta -Ana/ysis 01 ComparatiUf' Thl'T"apy Ol/teomt Stl/dies. A RrplicatiO/I ond &jint'mf'llt, . Psychological Bulletin .., n. 92, 1982, pp. 581-604.
fARE I COUEGAMCNTI SBAGUATI
107
' William C. Ward, Hcrbert M. Jcnkins. ~ Display of lII/o,.matio" a"d th~ }udgmml oI Co"ti"g~"cy, ..Canadian Joumal of Psychology", n. 19, 1967, pp. 231-241. • Jan Smedslund, Tht' COllctpl of Correlation in Adl/lts, ..Scandinavian }ournoli of Psychology», n . 4, 1963, pp. 165-173. ' II passeggero per chilometro (ingl: pa.ssenger-mile) è un' unità di mis ura del trasporto ferroviario indicante il totale dei km percorsi dai passeggeri in un dato periodo, in genere un anno IN.d.T.I. "Loren J. Chapman, lean p. Chapman, II/usory Corrl'latioll as ali Obstacl/!' to llU' USt' 01 Va/id Psyclwdiagllostic Siglls, "}oumal of Abnormal Psychology", n. 74, 1969, pp. 271 -280. ' Jon Cox, Jane Tapsell. Graphology alld ils Validily iII PI!'TSOIlfII'l ASSt'SSm/!'lIl, Cardiff 1991 (paper pn.'SClltalo al Convegno di Ps icologia del Lavoro della British Psychological Society) . • Efrat Neter, Gershon Bcn-Shakhar, ~ Predictiw Validity of Grapho/ogical htfrrmces. A Mt'ta-Alla/ytic Appl'fJQch, .. Personality and Individuai Differences", n . lO, 1989, pp. 737-745. ' Gershon Bcn-Shakhar, Maya Bar-Hillet Yoram Bilu et al., Can Grapllology PredicI Occupatiollal Sllccm ?, ..Jo umal of Applied Psychology", n . 71, 1989, pp. 645-653. '~ Si vedano in particolare Richard Doll, Richard Peto, Mortality in Rt'/ation lo Smoking: 20 Yt'IIrs' ObSt'nVltioIlS 011 Ma/e British Doclors, .. Britis h Medicai Joumal», n. 273. 1976, pp. 1525-1536; Richard Doli, Richard Peto, Keath Wheatleyet al., Morlalily in Re/atiol! lo Smoking: 40 Yt'IIrs' Obsm.'Otions on Ma/e British Doclors, .. British Medicai }oumal .., n. 309. 1994, pp. 901-911; Richard Doli, Richard Peto et al., Mortality in Re/a/iati lo Smoking: 5(} Yt'ars' ObsmJatiOllS on Ma/e BritisJ, Doclors, .. British Medicai Joumal .., n. 328. 2004, pp. 1519-1527IN.d.T.I. " Shelley E. Taylor, Susan T. Fis ke, ..Salienct", Attcntion, and Attribution. Top o f the Head Phenomcna», in Leonard Berkowitz (a cura d i), Adoollces iII Experimmta/ Soòal PSycllO/ogy, voI. XI. Academic Press, Ncw York 1978, pp. 249-288. " l.oren J. Chapman. 1I/IISOry CorrelatiDlI iII Obseroatiollal Rl'por/, "Joumal of Verbal Leaming and Vcrbal Behavior», n. 6,1967, pp. 151-1 55. " David L. Hamilton, Robcrt K. C ifford, I11l1sory Com/atiotl iII 11I11''1lt'rSOllal Pl'Tc"1/tioll. A Cogllilit't' Basis olSlm'Olypic }lldg llll'lltS, ..Jouma! of Experimental Social Psychology». n . 12, 1976. pp. 392-407.
Capitolo 12 Collegamenti sbagliati in ambito medico
Interpretare in modo errato le probabilità di eventi che si verificano simultaneamente può essere molto dannoso, come ha dimostrato David Eddy nel suo devastante resoconto degli errori commessi dai medici nel diagnosticare i casi di cancro alla mammella l . Prima di proporre una sintesi del suo studio, è necessario introdurre il concetto di «probabilità condizionata». Tutto ciò che questa pomposa espressione indica è la probabilità che una cosa sia vera, partendo dal presupposto che sappiamo essere vera un'altra cosa. Prendiamo, ad esempio, una persona che ha sempre con sé l'ombrello, o perché odia bagnarsi o perché è un gentleman della City londinese. Ora, è chiaro che la probabilità che egli abbia con sé un ombrello se piove è pari a 1 (=certezza): dal momento che lo porta sempre con sé, ne avrà certamente uno ogni volta che piove. Consideriamo ora una probabilità diversa, ossia quella çhe piova se egli ha con sé l'ombrello, e supponiamo che piova per un quinto del tempo. Questa probabilità (nota come «probabilità inversa»), è solo dello 0,2 (ciò significa che pioverà un quinto delle volte che egli avrà con sé l'ombrello). È importante chiarire che, salvo casi particolari, la probabilità inversa non coincide con quella iniziale. Ma, come vedremo, molti di coloro che operano in ambito medico credono che sia così, ed è per questo che hanno arrecato tanti danni. Invece di utilizzare la formula «la probabilità di X (pioggia) se Y (presenza dell'ombrello)>>, ricorrono spesso all'espressione «la probabilità di X dato Y», che
2/0
IRRAZ IONAUTA
viene abbreviata dai matematici nella forma «p(X / Y)>>. Come apparirà chiaro, le probabilità condizionate si possono ricavare dalle cifre inserite nelle «tabelle 2 x 2 .. di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente. La tecnica diagnostica di cui si occupa Eddy è la mammograHa, una radiografia del torace volta ad accertare la presenza di tumori alla mammella. Essa, come la maggior parte dei test radialogici, non può essere interpretata con assoluta certezza. Alcuni ricercatori medici conducono studi finalizzati a stabilire la precisione di un determinato esame, e pubblicano i risultati del loro lavoro a beneficio dei clinici che lo usano. Uno di loro ha scoperto che, se una donna è affetta da cancro al seno, vi è una probabilità dello 0,92 che il suo esame risulti positivo (cioè indichi la presenza del tumore): in altre parole, in media 92 donne su 100 risulteranno positive alla mammografia. Lo stesso ricereatore ha appurato che le donne non affette da tumore hanno lo 0,88 di probabilità di risultare negative al test. (Le cifre variano leggermente da una ricerca all'altra, e dipendono, tra l'altro, dallo stato in cui si trovano le apparecchiature radiologiche utilizzate e dall 'abilità del radiologo.) Potreste chiedervi perché la valutazione degli esami diagnostici sia espressa in questo modo: il dato che interessa al medico chiamato a interpretare il risultato di una mammografia non è la probabilità che una donna affetta da tumore risulti positiva al test, ma la probabilità che una donna il cui test è positivo abbia il cancro (come quella che una donna risultata negativa all'esame non lo abbia). Come dimostreremo più avanti, gli ultimi due valori variano a seconda del campione femminile testato: la probabilità che le donne che si sottopongono regolarmente all'esame - inteso come strumento di diagnosi precoce - si ammalino è molto inferiore di quella delle donne che accusano già dei sintomi e vengono inviate dal loro medico a fare la mammografia. Per questo i manuali e i periodici del settore riportano i dati relativi alle probabilità che pazienti affette (o non affette) da cancro risultino positive o negative al test: tali cifre, infatti sono più stabili.
COLLeGAMeNTI
SBl'lGU~TI
IN AM81TO MeVICO
2ll
Purtroppo, però, molti medici confondono i due tipi di probabilità. Da un'indagine effettuata negli Stati Uniti è emerso che per il 95% di loro, siccome la probabilità che una do nna risulti positiva alla mammografia se ha il cancro è di 0,92, anche la probabilità che abbia il canCro se il test è positivo è di 0,92. Ciò è del tutto sbagliato: la reale probabilità che una donna abbia il cancro in presenza di un risultato positivo può essere solo dello 0,01 (il che significa l donna su 100, e non 9 donne su lO). Eppure, il 95% dei medici intervistati è incorso nel madornale errore di credere che la probabilità inversa sia identica alla probabilità iniziale: in pratica, l'errore descritto nel primo paragrafo di questo capitolo. Il problema è illustrato da due tabelle (basate sul testo di David Eddy): la tabella 3 mostra i risultati delle mammografie eseguite su 1000 donne che si erano sottoposte al test perché il loro medico, in base a tal uni sintomi fisici , pensava potessero essere affette da cancro; la tabella 4 indica i risultati ottenuti dalle donne che lo hanno affrontato nell'ambito di una serie di controlli di routine. Inoltre, le tabelle mostrano il numero complessivo di donne che, a fronte di esiti positivi o negativi, successivamente hanno (o non hanno) sviluppato la malattia. In entrambi i casi, la percentuale di pazienti affette da cancro che sono risultate p0sitive è all'incirca la stessa (92% nella tabella 3, ossia 74 donne su SO, e 100% nella tabella 4, ma in questo caso è impossibile stimare con esattezza le probabilità in quanto la tabella riporta i dati relativi a una sola paziente). In entrambi i casi, le donne non affette da cancro con probabilità di risultare negative al test sono 1'88% (810 su 920 nella tabella 3 e 879 su 999 nella 4). Ma le due tabelle illustrano dati radicalmente o pposti per quanto riguarda le probabilità inverse: nella tabella 3, infatti, la probabilità che. se l'esame è positivo, la donna abbia il cancro, è di 0.40 (cioè 74 donne su 184), nella 4, invece, è inferiore a 0,01 (1 su 121), il che equivale a meno di una donna su 100. Un ragionamento analogo mostra che la probabilità di avere il ca ncro per una donna risultata negativa alla mammografia è di 0,01 nella tabella 3 e di O nella 4.
IRF.AZJONAUTA
212
Tabella 3: presenzn di cancro al seno ed esiti radiografici relativi a 1000 donne con quadro clinico anomalo
Donne con mammograftn positiva con mammografia negatioo Dori/W
Totale
Donne affrttl' da cancro
Domll' nOli affette
7.
110
184
O
810
810
80
920
1000
Totale
da COI/CTO
Le probabilità condizionate sono le seguenti: Mammografia positiva in presenza di cancro: 74 su 80 = 0,92 Mammografia negativa in assenza di cancro: 810 su 920 = 0,88 presenza di cancro data una mammografia positiva: 74 su 184 = 0,40 Presenza di cancro data una manunografia negativa: 6su 186 = 0,01
Tabella 4: presenza di cancro al seno ed esiti radiografici relativi Q 1000 donne che non presenta110 sintomi Totale
da cancro
Donne nOli affrtte da cancro
1
120
121
O
879
879
1
999
1000
Donne' affette
Dtmnecon mammografia positiva Donne con mammograjùJ negativa Tolale
•
COLLEGAMENTI SBAGUATIIN AMBITO MW1CO
2IJ
Le probabilità condizionate sono le seguenti: Mammografia positiva in presenza di cancro: 1 su 1 = 1,00 Mammografia negativa in assenza di cancro: 879 su 999 = 0,88 presenza di cancro data una mammografia positiva: 1 su 121 = 0,01 Presenza di cancro data una mammografia negativa: O su 879 =
°
La differenza tra i dati fomiti dalle due tabelle scaturisce dal fatto che già in partenza i due gruppi di dOlUle avevano un diverso grado di probabilità di essere affette da tumore. Ovviamente, se vi sono già dei sintomi (tabella 3), e quindi le probabilità di cancro sono piuttosto elevate, la percentuale di donne per le quali risulterà corretta la diagnosi di cancro sarà superiore a quella ottenuta quando lo screening viene condotto sulla popolazione femminile in generale: questo spiega l'enorme divario tra il 0,40 di diagnosi positive corrette riportate dalla tabella 3 e lo 0,01 della tabella 4. Ma, come abbiamo visto, molti medici applicano con disinvoltura la probabilità sbagliata, ossia partono dal presupposto che la donna abbia una probabilità di avere il cancro dello 0,92 se l'esame è positivo, e di non averlo se l'esame è negativo dello 0,88. Eddy riporta un gran numero di citazioni, tratte da manuali e da periodici medici, dalle quali emerge che sono in molti, tra i professionisti del settore, a operare questa confusione tra la probabilità di un test positivo in presenza di un cancro al seno e quella di un cancro al seno in presenza di un test positivo. Eccone una, proveniente da un'autorevole fonte medica come il «Joumal of Gynaecology and Obstetrics»:
1. Nelle donne in cui è stata provata la presenza di carcinoma della mammella, quando vengono sottoposte a marrunografia, dai raggi X non emerge alcuna traccia di patologia maligna in circa una paziente su cinque di quelle esaminate (quindi la probabilità che il test risulti negativo se la donna ha il cancro è dello O,BO). 2. Pertanto, se sulla base di una mammografia negativa decidiamo di rinviare la biopsia di una lesione solida dci seno, allora c'è una probabilità su cinque che stiamo rinviando la biopsia di una lesione maligna.
214
IRRAZIONAUTÀ
L'autore confonde la probabilità di un test negativo in presenza di cancro (affermazione 1) con la probabilità di un cancro in presenza di test negativo (affermazione 2): sorprendentemente visto che non è un semplice medico, ma un medico che si occupa di ricerca - egli crede che i due dati coincidano. Un altro autore, parlando dello screening di massa condotto sulle donne per accertare la presenza di tumori alla mammella, afferma che, siccome solo 1'85% di quelle il cui test è negativo sono effettivamente libere dal cancro, il restante 15% (
COLLEGAMENTI SBAGUATI IN AMBITO MEDICO
2IS
spiacevole procedura chirurgica che richiede un' anestesia generale, la quale è fatale in circa 2 casi su 10.000, e può avere spiacevoli ripercussioni. Se i medici fossero razionali, come dovrebbero decidere se prescrivere una biopsia del seno? Sia la decisione di effettuarla sia quella di lasciare che il cancro non curato vada avanti comportano rischi. Se le probabilità di cancro fossero di una su un milione, nessuna donna sceglierebbe di sottoporsi a una biopsia al seno e nessun medico gliela raccomanderebbe; se però fossero di una su due, allora, probabilmente, tutte le donne opterebbero per il s1. La soglia di probabilità al di sotto della quale una donna sceglierebbe di non sottoporsi alla biopsia deve trovarsi in qualche punto a metà strada. In effetti, sulla base delle prove fomite da Eddy, risulta che oltre il 30% delle donne rifiuta l'esame se le probabilità di cancro sono inferiori a una su sei. La decisione finale in merito dovrebbe essere comunque lasciata alla paziente, dopo averla informata nel modo più esaustivo possibile di tutte le implicazioni della sua scelta (cosa che i medici, talora, sono restii a fare, altro curioso esempio di irrazionalità, dal momento che, come vedremo, maggiore è il numero di informazioni fomite alle pazienti e meglio esse si comportano) . Tali informazioni dovrebbero includere la probabilità della presenza di un cancro alla mammella e le possibili conseguenze della scelta di effettuare o meno la biopsia in caso poi si scopra che la donna ha davvero il cancro. Ora, se il medico, sulla base della mammografia, sbaglia clamorosamente a calcolare le probabilità che la sua paziente abbia il cancro (come fanno tanti), un gran numero di donne saranno costrette a sottoporsi a biopsie non necessane. Inoltre gli oncologi dovrebbero combinare i risultati della manunografia con altri dati, tra i quali la presenza o l'assenza di sintomi fisi ci, ma le confuse affermazioni contenute nelle riviste mediche suggeriscono che molti di loro siano del tutto incapaci di farlo. Ecco un incredibile passo tratto dal prestigioso «Archives of Surgery»:
'lO
IRRAZIONALITÀ
Le pazienti presentano sintomi riferibili al seno, ma nessuna massa discreta o «lesione dominante» (... ). In questa categoria, il chirurgo e il clinico trarranno i massimi vantaggi dalla mammografia perché qui essa ha carattere confemltltivo. In questi casi, infatti, se l'impressione clinica è benigna. il referto mammografico fornirà lo-
ro una conferma e Wl incoraggiamento. Tuttavia esso non dovrebbe dissuaderli da una precedente opinione di ricorrere alla biopsia. In altre parole, se la rnammografia è positiva, fate la biopsia;
se però è negativa, ignoratela e andate comunque avanti con la biopsia. Questo ragionamento, come tanti altri contenuti nelle citazioni riportate da Eddy, è completamente sconclusionato: esso non tiene conto del fatto che una paziente la cui mammografia è risultata negativa ha scarsissime probabilità di avere il cancro. Eddy fornisce molti altri esempi di tale forma di ragionamento, tra cui questo, tratto dalla stessa rivista: «Rinviare la biopsia di una lesione clinicamente benigna del seno, che la mammografia ha definito benigna, equivale a fare un passo indietro rispetto allo sradicamento del carcinoma della mammella». Eddy fa notare che, partendo dal presupposto che "clinicamente benigna» significhi che c'è solo il 5% di probabilità di cancro, un esito negativo della mammografia dovrebbe ridurre il rischio circa all'l %. Piuttosto che prescrivere una biopsia del seno, il medico farebbe meglio a limitarsi a tenere sotto controllo la paziente. È opportuno sottolineare che la medicina ha per lo più a che fare con situazioni incerte, tra cui in particolare i processi diagnostici, il che conduce a due ultime considerazioni. La prima: per arrivare a una diagnosi precisa, bisognerebbe tentare di trasformare le sensazioni soggettive di incertezza in probabilità matematiche. Infatti, dato ciascuno dei possibili sintomi di una malattia, è possibile calcolare la probabilità che essa si manifesti, sebbene sia necessario tener conto anche di variabili quali l'età. la razza, il sesso, quando esse incidono sulla probabilità di contrarre la malattia. L'ignoranza di alcuni medici riguardo alle più elementari nozioni di teoria delle probabilità li porta a negare la validità di questo metodo. Ecco in proposito un'altra delle citazioni
COllEGAMENTI SBAGlIAT/IN AM BITO M EDICO
217
riportate da Eddy: ..Tra le giovani donne, ovviamente, si manifesta un minor numero di tumori maligni, il che, tuttavia, dovrebbe influire pochissimo sui singoli casi». Dimostrerò in seguito che la manipolazione fonnale delle probabilità ~ può condurre a diagnosi ben più precise di quelle formulate dai medici. In secondo luogo, sebbene sia noto che il ragionamento intuitivo è assai limitato (vedi capitolo 19), molti medici sono allergici alle statistiche. Essi credono nella necessità di curare il singolo caso, ma non si accorgono che il loro modo di curarlo può dipendere solo da ciò che è stato scoperto sui casi simili. Eddy cita il seguente passo, tratto da un altro manuale di medicina: Quando un paziente consulta il suo medico per una patologia che non è stata ancora diagnosticata, né lui né il medico sanno se si tratti di una patologia rara finché non è stato completato il processo diagnostico. I metodi statistici possono essere applicati solo a campioni formati da migliaia di persone. Quanto all'individuo, o ha una patologia rara o non ce l'ha; l'incidenza relativa di due malattie non ha niente a che fare con il problema della sua diagnosi. Gli autori sono apparentemente incapaci di capire che, se una patologia è rara, allora le probabilità che un paziente ne sia affetto devono essere molto minori. All'inquietante quadro già delineato dagli errori elencati va aggiunto un dato, recentemente emerso, secondo il quale le donne al di sotto dei cinquant'anni che si sottopongono a controlli di routine per il cancro al seno in realtà muoiono di questa malattia più spesso di quelle che non lo fanno. Questa scoperta è avvenuta per la prima volta nell'ambito di uno studio condotto su 50.000 donne canadesi. I motivi di questo fatto sono complessi, ma probabilmente uno di essi è che i raggi X rilevano anche quei piccoli tumori a crescita lenta che altrimenti non verrebbero scoperti, e che il medico decide di asportare chirurgicamente; le radiazioni somministrate in seguito all'intervento, tuttavia, riducono la capacità del sistema immunitario di combattere le metastasi. Per questo in Gran Bretagna non è
218
IRRAZ/ONAUTA
più consigliato lo scrcening di massa per le donne al di sotto dei cinquant'anni (e negli Stati Uniti per quelle al di sotto dei quaranta). Questo non significa che prima esso fosse irrazionale: era basato su ciò che si sapeva al momento, ed era razionale alla luce di quelle conoscenze, conoscenze che però erano inadeguate. Non sempre, quindi. prendere decisioni razionali conduce ai risultati migliori. PUI hoppo i medici non fanno collegamenti sbagliati solo a proposito delle probabilità condizionate. Ad esempio, esistono prove oggettive del fatto che siano le ulcere gastriche di grandi dimensioni ad avere maggiori probabilità di evolvere in senso maligno che non quelle di entità ridotte; eppure, su nove radiologi consultati al riguardo, sette hanno affermato che sono quelle piccole a essere più spesso suscettibili di un decorso maligno '. Inoltre, quando formulano le loro diagnosi i medici sono mal· to più sicuri di avere ragione di quanto non sia giustificato, Da uno studio è emerso che, in un caso in cui a un certo numero di pazienti era stata diagnosticata la polmonite, e 1'88% dei medici erano sicuri deUa correttezza di tale diagnosi, solo il 20% dei pa· zienti sono risultati essere veramente affetti da quella patologia', La diagnosi sbagliata è dannosa al paziente, ma può essere inevi· tabile; un falso senso di sicurezza, invece, non è inevitabile ma è altrettanto dannoso, poiché è probabile che impedisca al medico di cercare ulteriori evidenze o di rivedere la sua diagnosi alla luce di nuovi elementi , Inoltre, stando a quanto sostiene John Paulos, due ricercatori dell'Università di Washington hanno scoperto che i medici sbagliano clamorosamente a calcolare i rischi delle opera· zioni e delle terapie, spesso dellO e a volte anche del 100'% s, La percentuale di rischio implicata da qualunque procedura medica in uso da tempo è in genere ben nota, per cui non può esservi alcuna scusante per un tale margine di errore, Infine, esistono prove schiaccianti del fatto che è un bene infor· mare chiunque si sottoponga a una procedura medica di quello che lo aspetta, Ad esempio, nel corso di un esperimento alcuni pazien· ti ricoverati in ospedale per un intervento chirurgico all'addome sono stati divisi a caso in due gruppi: prima di entrare in sala ape-
COllEGAMENTI SMGUATI IN AMBITO MeDICO
219
ratoria, quelli del primo gruppo halUlo ricevuto informazioni dettagliate sulla dwata dell'intervento, sul genere di dolore che avrebbero potuto sentire, e così via; il secondo gruppo, invece, non ha beneficiato di queste informaziolÙ, ma delle nonnali procedure ospedaliere. In 5ebruito, i pazienti che erano stati accuratamente rast,ruagliati si sono lamentati meno per il dolore, hanno avuto meno bisogno di sedativi e si sono ristabiliti più rapidamente, tanto che in media sono stati dimessi dall'ospeda le tre giorni prima degli altri ·. Il paziente al quale viene detto in anticipo che cosa lo aspetta è preparato ad affrontarlo. Perciò è meno agitato, non si pente di aver deciso di sottoporsi all'intervento, non se la prende con il personale ospedaliero perché crede che lo abbia ingalUlato e non pensa che eventuali conseguenze spiacevoli siano il segno che qualcosa è andato storto. Eppure, salvo poche ecceziolÙ, i medici ignorano completamente tutte le ricerche condotte sull'argomento negli ultimi decenni. Recentemente un chirurgo mi ha detto a proposito di uno dei suoi colleghi: «Ah, sì, ci piace. Non perde tempo a parlare con i pazienti». Questo atteggiamento, quali che siano le sue cause - arroganza, ignoranza o un maldestro tentativo di risparmiare tempo - va sicuramente classificato come irrazionale. Sapere che i medici, nella loro professione, commettono gli stessi errori a cui sono soggetti tutti gli altri nella vita quotidiana può forse indurre alcuni lettori a sentirsi rassicurati circa le loro capacità intellettuali, ma è tutt'altro che incoraggiante per chiunque abbia bisogno di consultare un dottore. In tutta onestà, bisogna aggiungere che i medici probabilmente non sono più inetti di chiunque altro: i loro errori, però, sono più «disponibili» a causa degli evidenti danni che causano ai loro pazienti.
Morale 1. Se siete un medico, imparate alcune elementari nozioni di teo-
ria delle probabilità. 2. Se siete un paziente, proponete al vostro medico un elementare test di teoria delle probabilità.
120
/RRAZIONAurJ.
3. Per non complicare ulteriormen te il quadro della ricerca medica, è bene che nessuno in possesso di buone conoscenze di statistica, teoria delle probabilità ed experimellfal desigN ' diventi direttore di una rivista medica, anche se ciò dovesse comportare un'enorme riduzione del numero delle riviste.
' La maggior parte del capitolo è basata su David M. Eddy, " Probabilistic Rcasoning in Clinical Medicine; Problems and Opportunities ..., in Darnel Kahneman, Paul Siavic, Amos Tversky (3 cura di), Judgllllmt wrder Uncerta;/lty. Heuristic5 and Biases, Cambridge University Press, Cambridge 1982 (nuova cd. 2001 ). ' Manipolazione è termine tecnico della teoria delle probabilità c della statistica. Cfr. il/fra, in particolare cap. 14, «Errori nell'interpretazione delle evidenze", e passin!o ' Paul J. Hofhnan, Paul Slavic, Leonard G. Rorer, AlI Ana/ysis of Variallce. Mode/s for thr Assessmrnt af Cur Uti/izati071 in C/il!ica/ludgnu.'1It, .. Psychological Bulletin», n. 63, 1%5, pp. 338-349. •Ja y J. J. Chris tensen-Szalanski. James B. Bushyhead, Physicialls' Use of Probabi/istic lI!formaliol! in a Rtal Clinica/ Setfil/g, ..Joumal of EXJX'rimental Psychology: Human Perreption and Performance», n . 7, 1981, pp. 928-935. ' John Allen Paulos, Gli SIII/maati. /mpan"amo a far di COlltOptr fart i conti con il mondo, lalnardo, Milano 1992 (ed. or. IlIIlIImtracy. Matht matica/Illiterocy olld lts COllseqUt'lU:es, Hill &. Wang. New York 1988, 2001) . • Lawrence D. Egbert, George E. Batti t e t al., Reduc!ÌoII of POSfoperotiVi' Poi" by EllcouragtnJt'll/ alld bls/mc/iol! of Patit nts, "New England Jo umal of Medicine», n. 270, 1%4. ' Nel lessico scientifico designa la programmazione degli esperimenti s u base statistica IN.d.T. ].
Capitolo 13 Errori neU'individuazione deUe cause
Gli stessi cinque fattori, che ci inducono a sbagliare quando si tratta di stabilire le giuste connessioni tra gli eventi, sono fonte di er· rori anche al momento di inferime le cause, perché il primo passo per scoprire una causa è individuare un'associazione tra due even· ti. Nel fare tali associazioni, spesso tendiamo erroneamente a collegare il simile con il simile (come nel caso dei «segni non validi» di omosessualità del test di Rorschach). Questa fallacia è particolar· mente evidente nei ragionamenti riguardanti le cause. Fino alla fine del XVIII secolo, ai medici veniva insegnata la «dottrina delle segnature», secondo la quale, per dtare le parole di un medico, il far· maco da utilizz;lre per la cura di ogni dis turbo doveva indicare: attraverso un'evidente e ben riconoscibile caratteristica esterna la malattia di cui costituisce il rimedio ( ...). l polmoni di una volpe devono essere considerati un rimedio specifico per l'asma, in quanto quell'animale si distingue per la sua eccezionale capacità respiratoria. La curcuma ha un colore giallo brillante, il che indica che ha il potere di curare l' itterizia (... ]; la superficie lucida e la notevole durezza che contraddistinguono in modo così marcato i semi del Litizospermlllll officinale (comunemente detto migliarino), s0no stati visti come un' indicazione certa della loro efficacia nella cu· ra della calcolosi e della renella. l
John 5tuart Mill fu il primo a confutare questa fallacia logica, parlando del "pregiudizio per il quale le condizioni di un feno-
222
1R,1V.ZIONALIT),
meno devono somigliare al fenomeno stesso». Questo errore è ancor più diffuso nelle culture primitive. Come ha messo in evidenza l'antropologo Edward Evans-Pritchard, gli azande 1 credono che gli escrementi di pollo curino la tigna perché la loro forma richiama le chiazze con cui essa si manifesta, e che il cranio carbonizzato di una scimmia sia un rimedio contro l'epilessia perché i movimenti dell'animale non differiscono da quelli dell'epilettico in preda a un attacco. Questi esempi provengono tutti dal libro di Richard Nisbett e Lee RossJ, i quali proseguono sottolineando che l'intera teoria psicanalitica presuppone questo tipo di pensiero primitivo. La fissazione allo stadio orale (che corrisponde al seno) si tradurrà nella vita adulta in un'ossessione per tutte le attività CQrrnesse con la bocca, come fumare, baciare e parlare troppo. Analogamente, l'avarizia (la tendenza a trattenere il denaro) viene attribuita al desi· derio del bambino di trattenere le feci nello stadio anale, e cosi via. L'errore persiste ancor oggi sotto altre forme. L'omeopatia, ad esempio, si basa sulla credenza che la malattia possa essere cwa· ta somministrando Wla quantità infinitesimale di quella sostanza che, in quantità maggiori, produrrebbe la stessa malattia·. Lo straordinario successo della scienza moderna è in gran parte do-vuto all'accurata registrazione dei vari casi, che impedisce la «sco-perla). di false analogie, e al fatto che le associazioni istituite sulla base di questo tipo di registrazione hanno costretto gli scienziati ad abbandonare la credenza che «il simile causi il simile», anche se molte persone continuano a manifestarla nei giudizi che formulano nella vita di tutti i giorni. Ma perfino gli scienziati possono sbagliare in fatto di cause. Un episodio verificatosi qualche tempo fa nel mondo della ricer· ca medica può essere utilizzato come ulteriore illustrazione della fallacia del principio per cui «il simile causa il simile••. È noto che le persone con Wl alto tasso di colesterolo nel sangue sono sog· gette a malattie cardiovascolari dovute all'indurlmento delle arterie provocato da tale sostanza ~. Cosa c'è di più naturale del credere che maggiore è il consumo di cibi a base di colesterolo, più alte sono le probabilità di andare incontro ad attacchi cardiaci?
ERRORI NE.U'/NDlVIDtMZIONE. DE.LLE. CAUSE.
w
Un primo studio, condotto in diversi paesi, ha dimostrato che la quantità di grassi saturi presenti nell'alimentazione era effettivamente correlata con la frequenza delle patologie cardiache, ma ulteriori ricerche in proposito hanno dimostrato che tale associazione è in realtà assai meno stretta. Inoltre, è difficile separare l'incidenza del consumo di grassi saturi da quella di altri fattori, che variano da paese a paese e che notoriamente influiscono sulla predisposizione agli attacchi cardiaci in senso positivo, come l'esercizio fisico, o in senso negativo, come lo stress, Nonostante ciò molte persone, specie negli Stati Uniti, particolarmente attente alla salute, hanno ridotto il consumo di latticini e di grassi animali, Alcuni studi condotti su singoli individui hanno tentato di detenninare se l'aumento del consumo di colesterolo influisce sulla colesterolemia: ad esempio, alcuni volontari hanno bevuto due litri di latte al giorno per un certo periodo, ma il tasso di colesterolo nel loro sangue è rimasto inunutato. Ancor più compromettenti per l'ipotesi che il colesterolo ingerito faccia male al cuore sono i risultati di due studi indipendenti finanziati qualche tempo fa dal British Medicai Research CounciI. Uno di essi ha accertato che gli uomini che non bevono latte sono soggetti a infarto dieci volte di più di quelli che ne bevono oltre mezzo litro al giorno, L'altro ha appurato che quelli che mangiano margarina hanno il doppio degli attacchi di cuore di quelli che mangiano burro, In realtà, esistono delle buone ragioni per cui non dovremmo aspettarci che il nostro tasso di colesterolo varo con la dieta. In primo luogo, il fegato produce il triplo o il quadruplo del colesterolo che assumiamo normalmente. In secondo luogo, il corpo stesso regola il tasso di colesterolemia, che in genere viene mantenuto costante a prescindere da quello che mangiamo, anche se in alcune persone sfortunate è regolato su livelli troppo elevati, per cui hanno forti probabilità di morire giovani di infarto. Le vere cause della presenza di alti tassi di colesterolo nel sangue non si conoscono. Quello che si sa è che, sebbene la riduzione della colesterolemia ottenuta tramite i farmaci diminuisca gli attacchi cardiaci, essa non accresce la longevità: anziché morire d 'infarto, le persone muoiono di cancro. Non esiste alcuna evi-
IRRIIZIONAUTÀ
denza certa del fatto che il consumo di colesterolo incida sulla colesterolemia, eppure la tendenza a saltare alle conclusioni sulla base di prove insufficienti ha prodotto Wla considerevole dose di paura a questo proposito. L'argomento è molto più complesso di quanto non emerga dalla mia descrizione, ma costituisce un chiaro esempio della fallacia per cui .
ERRORI NELL'INDIVIDUAZIONr: DELLE CAUSE
225
Un altro frequente errore connesso all'individuazione delle cause è scegliere come motivazione di un fenomeno il più saliente (ossia il più «disponibile») tra un certo numero di fattori interconnessi, ognuno dei quali potrebbe essere all'origine di quel fenomeno. Questo problema è fonte di continui tormenti per l'epidemiologia, come dimostra il seguente esempio. Negli anni '30 una rivista medica statunitense pubblicò un articolo allannistico da cui emergeva che il cancro era assai più diffuso nel New England, nel Minnesota e nel Wisconsin che negli stati americani del Sud; anche in Inghilterra e in Svizzera esso era molto frequente, mentre era raro in Giappone. E dal momento che nei paesi in cui era più diffuso si beveva molto più latte che in quelli in cui non lo era, l'articolo ne deduceva che il latte causasse il cancro. Benché tale conclusione possa sembrare plausibile, essa è errata. Le zone a più forte consumo di latte, infatti, erano anche quelle caratterizzate da un maggior benessere: pertanto i loro abitanti vivevano assai più a lungo di quelli delle aree povere, dove il consumo di latte era molto minore. All'epoca, l'aspettativa di vita di una donna giapponese era di dodici anni inferiore rispetto a quella di una donna inglese. E siccome il cancro è una malattia che colpisce per lo più gli anziani, non sorprende che fosse più diffuso nei luoghi in cui le persone vivevano più a lungo. Era l'età avanzata, non il latte, il vero colpevole '. Intenzionalmente o no, i politici incorrono nello stesso tipo di errore degli epidemiologi. Il governo Thatcher, ad esempio, ansioso di ridurre i sussidi agli studenti, era solito sostenere che frequentare l'università aumenta la capacità di produrre reddito. È innegabile che i laureati in media guadagnino più degli altri, ma non vi è alcun motivo di istituire un rapporto di causaeffetto tra i due fenomeni. In realtà, gli studenti universitari hanno spesso un quoziente d'intelligenza superiore alla media, e probabilmente sono più determinati degli altri; inoltre, i loro genitori in genere sono persone con professioni prestigiose, di estrazione sociale alto-borghese se non aristocratica, per cui non di rado hanno i mezzi per aiutare i figli a trovare un'occupazione remunerativa. Questi fattori senz'altro bastano a spiegare i
226
IRRAZIONAUTA
maggiori guadagni dei laureati. Il nesso causale tra istruzione universitaria e retribuzione più elevata in ambito lavorativo, quindi, non è affatto provato, e le ripetute asserzioni in questo senso dei ministri dell'Istruzione britannici dimostrano soltanto che il sistema educativo inglese non è riuscito a insegnare loro a pensare. Finora mi sono occupato di casi in cui tra due eventi correlati tra loro - senza che nessuno dei due sia la causa dell'altro - viene erroneamente istituito un nesso causale per effetto dei pregiu· dizi con cui li osserviamo. Un altro errore è quello per cui, quando tra due eventi sembra esservi una vera connessione causale, l'effetto viene scambiato per la causa, anche in questo caso, generalmente, a motivo dei preconcetti che lasciamo filtrare nel nostro giudizio. Ecco due esempi. n primo è tratto da un libro dello psicanalista Christopher Bollas, il quale scrive: «In tutti i casi di [tossico)dipendenza che ho avuto modo di esaminare o di cui ho supervisionato la terapia, la madre e il padre sembravano psichicamente distanti dai figli>}, e ne deduce che il tossicodipendente è «una persona che ha avuto un'infanzia profondamente solitaria e isolata». Ora, per chiunque non sia uno psicanalista è ovvio che qualsiasi genitore di un tossicodipendente è estremamente turbato perché sente di non capire il figlio, e così si allontana da lui. In altre parole, probabilmente è la dipendenza del figlio a portare i genitori a distaccarsi da lui, e non - come sembra credere Bollas - il contrario. Come risulta evidente dal resto del libro, Bollas ha un'ardente fede nella psicanalisi: tale parzialità lo acceca e gli impedisce di prendere in considerazione spiegazioni alternative '. n secondo esempio è tratto dall'ambito della psicologia dinica. Si è scoperto che i pazienti affetti da disturbi mentali a cui piacciono i loro psicoterapeuti tendono a guarire più in fretta degli altri. La conclusione è stata che la simpatia del paziente per il terapeuta è un fattore importante della cura, ma se ne sarebbe potuto dedurre anche che i pazienti che fanno progressi apprezzano il terapeuta che li segue, mentre quelli che non ne fanno o che guariscono più lentamente no ' .
ERRORI NELL'/ND/V/DUAZIONE DELLE CAUSE
227
Gli esempi citati mostrano che, per istituire un rapporto di causa ed effetto tra due eventi, non basta stabilire che essi tendono a presentarsi insieme. Per prevenire errori come quelli descritti, di solito è necessario ricorrere a una teoria più generale in grado di spiegare le connessioni causali. Tornando alla relazione tra cancro ai polmoni e fumo, è indiscutibile che esista una stretta associazione tra i due fenomeni, nel senso che la frequenza del tumore è molto più elevata nei fumatori che nei non-fumatori. Ma Ronald A. Fisher, uno dei maggiori esperti di statistica del XX secolo, ha suggerito che tale correlazione è il risultato di un meccanismo ereditario: lo stesso gene (o gruppo di geni) causa sia l'abitudine al fumo che il cancro ai polmoni lO. La teoria di Fisher è inaccettabile solo alla luce di altri elementi: si è scoperto, ad esempio, che il fumo di sigaretta riduce il battito delle ciglia vibratili dei polmoni, che contiene un noto agente cancerogeno, il catrame, e che l'incidenza del tumore polmonare diminuisce nei segmenti della popolazione che smettono di fumare, come i medici 11 . L'ultima argomentazione è sottile: infatti, se fosse semplicemente emerso che vi erano meno casi di cancro ai polmoni tra i medici che avevano smesso di fumare che tra quelli che non lo avevano fatto, Fisher avrebbe potuto replicare che era stato il fatto che in loro la predisposizione ereditaria era presente in forma leggera a permettere ad alcune persone di smettere di fumare; se gli effetti genetici sull'abitudine al fumo non sono forti, allo stesso modo essi possono predisporci più debolmente al cancro ai polmoni. Ma è difficile credere che esista un gene che fa diventare medici, per cui il fatto che sono più i medici di altri a smettere di fumare, e che quelli che lo fanno riducono il rischio di contrarre il cancro ai polmoni, è una prova efficace che il nesso tra fumo e tumore è di natura causale. Si potrebbe aggiungere che, anche dopo che erano state raccolte tutte le prove di ciò, Fisher, e successivamente Hans Eysenck, hanno continuato ad affermare che il fumo non provoca il cancro ai polmoni Il. La loro insistenza era meno irrazionale di quanto potrebbe sembrare a prima vista, dal momento -che erano finanziati dal Tobacco Manufacturers' Standing Committee (Comitato permanente dei produttori di tabacco).
228
IRRAZIONAurA
La tendenza a farsi allettare da associazioni inesistenti tra due o più eventi e a dedurne rapporti di causalità in assenza di teorie su cui fondarli può essere illustrata dai continui errori commessi dai medici a proposito dell' efficacia di diverse terapie. Come evidenzia Paul E. MeehI, i pazienti affetti da «sclerosi multipla sono stati curati di volta in volta con vitamine, diatermia, somministrazione per via orale di midollo spinale, diete ad alto contenuto di latticini, ioduro di potassio, chinino bisolfato, e adesso è la volta dell'istamina» ll, Un tempo i pazienti psicotici e quelli depressi venivano curati, in modo del tutto inefficace, con metrazolo e insulina, che provocano entrambi convulsioni; oppure venivano asportate loro delle porzioru di cervello (lobotornia), col risultato di trasformarli in vegetali; e ai bambini è stato somministrato per aMi, come polvere per la dentizione, il calomelano, una sostanza contenente mercurio, il quale danneggia in modo pennanente il sistema nervoso. Le cure mediche sono schiave della moda quasi quanto le dOlU\e in fatto di abbigliamento. Ad esempio, fino alla metà degli aMi 'SO ai bambini venivano tolte indiscriminatamente le tonsille. In uno studio effettuato a New York, sono stati presi in esame 1000 bambini di undici anni: al 61% di loro erano già state asportate le tonsille, mentre il restante 39% è stato inviato da vari specialisti, i quali hanno raccomandato al 4% di loro di farsele togliere. I rimanenti, che secondo il primo gruppo di medici non avevano bisogno della tonsillectomia, sono stati mandati da altri medici, i quali hanno consigliato al 46% di loro di farsi operare. In altre parole, i medici erano convinti di poter aiutare il bambino facendogli togliere le tonsille malate, ma non avevano idea di come riconoscere se erano veramente malate l!. Naturalmente i medici non sono più irrazionali di chilmque altro, ma hanno a che fare con la realtà più complessa che si conosca, il corpo umano, e con le altrettanto complesse patologie alle quali è soggetto. Inoltre, come ho già dimostrato, anche molti psicologi nutrono convinzioni altrettanto infondate e false a proposito della diagnosi e dei pregi di fanne screditate di psicoterapia. Oggi la medicina sta iniziando ad adottare un approccio più ra-
ERRORI NELL' INDIVIOUAZIONE DELLE CAUSE
229
zionale. Le possibili cure non vengono più accettate su larga scala in base all'inhtizione: vengono sistematicamente analizzate tramite shtdi controllati prima di essere lanciate tra il grande pubblico. Bisogna menzionare tre ulteriori aspetti, ugualmente singolari, relativi al ragionamento causale ls. Il primo è che le persone dimostrano più sicurezza nel ragionare dalla causa all'effetto che in senso contrario. Quando ad alcuni soggetti è stato chiesto cosa ritenessero più probabile - che una ragazza con gli occhi azzurri avesse una madre con gli occhi azzurri o che una madre con gli occhi azzurri avesse una figlia con gli occhi azzurri - più di tre su quattro hanno optato per la seconda possibilità. Poiché la causa produce l'effetto, e perciò può apparire più potente, si tende erroneamente a pensare che sia più legittimo argomentare dalla causa all'effetto che nella direzione contraria. In secondo luogo, le inferenze in materia di cause sono fortemente influenzate dalla natura degli effetti, almeno quando l'agente causale è una persona. Più drammatici sono gli esiti di un evento, maggiore è la probabilità che ne riteniamo responsabile tale agente. In un esperimento, a un gruppo di soggetti è stato detto che un uomo aveva parcheggiato la macchina in cima a una collina; quando era sceso da essa, l'auto era rotolata giù per la collina, colpendo un idrante antincendio; a un altro gruppo è stata proposta la stessa storia, con la sola variante che la macchina aveva urtato e ferito un pedone. Ebbene, il secondo gruppo - al quale era stato detto che l'azione del guidatore aveva avuto conseguenze serie - lo riteneva maggiormente responsabile di essa rispetto a quello a cui era stato spiegato che l'auto aveva semplicemente colpito un idrante. Ciò non è affatto razionale: le azioni dell'automobilista, infatti, erano state le stesse in entrambi i casi 16. Questo errore è simile a uno in cui incorrono i bambini piccoli, i quali non sono in grado di distinguere tra la responsabilità insita nella rottura accidentale di un barattolo di marmellata e quella implicata dal fatto di mandarlo a frantumarsi per terra in un accesso d'ira: essi tengono conto solo della gravità delle conseguenze di un'azione, non dell'azione in sé ".
'JlJ
IRRAZIONALTTA
Infine, è stato dimostrato che siamo più portati a ritenere qualcuno responsabile di un'azione se essa nuoce a noi che se danneggia un nostro amico, e più inclini a incolpare qualcuno per aver fatto del male a un nostro amico che non a un estraneo. Più saliente, ossia «disponibile», è la conseguenza di un'azione, e più riteniamo l'agente responsabile di essa. La rilevanza emotiva degli effetti sembra rafforzare ai nostri occhi la connessione causale tra atto e risultato.
Prima di continuare, dobbiamo interrogarci su cosa normalmente si intende per causa di un evento. Se accendiamo una luce, è naturale dire che è stato il fatto di aver premuto l'interruttore a causarne l'accensione. Ma in realtà perché ciò avvenga devono verificarsi molte altre condizioni, e anch'esse potrebbero essere - e talvolta sono - considerate la causa di quell'evento. Ad esempio, l'impianto elettrico dev'essere in ordine e la lampadina non dev'essere fulminata; se lo è e la sostituiamo con una nuova, potremmo pensare che sia questa la causa dell'accensione della luce quando premiamo l'interruttore. Molti eventi hanno più di una causa. Una macchina potrebbe essersi ribaltata perché stava andando troppo veloce, o perché la strada era ghiacciata, o perché in quel punto c'era una curva ripida. Tra le possibili cause di un evento, noi tendiamo a scegliere la più insolita (oppure, a volte, quella che ci interessa di più) come l'u,,ica causa. Le azioni di una persona possono essere causate o dalla sua indole o dalla situazione in cui si trova. Ad esempio, se qualcuno si comporta in modo collerico, possiamo attribuirlo al fatto che si tratta di una persona eccezionalmente irritabile (cioè alla sua indole), o al fatto che è stato provocato al di là di ogni limite di sopportazione (ossia alla situazione). Sebbene entrambi i fattori contribuiscano a determinare il suo comportamento, come nel caso della luce elettrica dovremmo attribuirne la causa a quello più insolito: ad esempio, se in genere è eccezionalmente collerico dovremmo concentrarci su questo aspetto, ma se normalmente è calmo, la causa della sua rabbia sarà la situazione. In realtà, quando devono inferire le cause di un comportamento, le persone ten-
ERRORI NEU'INDIVIDUA ZIONE DELLE CAUSE
231
dono a commettere grossolani e sistematici errori. Pensate agli esperimenti in cui Milgram indusse i suoi soggetti a somministrare scariche elettriche potenzialmente letali a degli estranei. Se tutto ciò che sapete è che un uomo di nome Sam è arrivato a infliggere le scariche più intense, potreste dedurne che la causa del suo comportamento è il fatto che è una persona eccezionalmente crudele e senza cuore, Ma una volta appreso che la maggior parte dei soggetti di Milgram ha agito in questo modo, dovreste rivedere il vostro giudizio, Non c'è niente di insolito nel comportamento di Sam se gran parte degli altri ha agito come lui: la causa del suo comportamento è l'inedita situazione in cui si è venuto a trovare 18, Ma le persone non la pensano <:osì: in un esperimento, ad alcuni soggetti è stato detto che il 65% dei protagonisti del test di Milgram erano arrivati a infliggere le scariche di maggiore intensità, ma quando in seguito sono stati nuovamente chiamati a giudicare Sam, pensavano ancora che fosse un uomo particolarmente crudele e senza cuore 1" , Quest'errore - attribuire un'azione all'indole di una persona anziché alla situazione - è estremamente diffuso, Molti esperimenti, tra cui quello appena citato, dimostrano che, quando devono giudicare le cause di un'azione, le persone si fanno influenzare dalle informazioni relative al fatto che l'agente agisce sempre in quel modo, oppure di rado, in situazioni analoghe (Sam è sempre crudele?), ma trascurano le indicazioni da cui emerge se altri fanno la stessa cosa in quella situazione, benché anche questo sia essenziale per formulare un giudizio corretto, Un esempio estremo della tendenza a ignorare le circostanze ci viene dal seguente esperimento, Ad alcuni soggetti sono state mostrate due persone, una delle quali inventava domande per un ipotetico quiz mentre l'altra cercava di rispondere a tali domande, Ovviamente, la prima conosceva tutte le risposte, l'altra invece no, Alla fine del finto quiz, quasi tutti i soggetti credevano che la persona che poneva le domande fosse più colta e intelligente dell'altra, Avevano ignorato il contesto: chiunque può scegliere domande di cui conosce la risposta, ma a cui il «concorrente» non sa rispondere lll ,
232
IRRAZIONALITÀ
Questa tendenza universale ad ascrivere i comportamenti degli altri ai loro tratti caratteriali o alla loro indole è noto come «errore fondamentale di attribuzione»21. Esso è dovuto a due ragioni. In primo luogo, quello che una persona fa in una determinata situazione è particolarmente evidente (<
ERRORI NEU'INDIVIDUAZIONE DEUE CAUSE
giustificate. Jonathan Baron propone un esempio ipotetico. Supponete che un candidato a un'importante carica all'interno di un'azienda arrivi in anticipo e venga invitato a pranzo: è possibile che si mostri molto nervoso e non riesca a nasconderlo, e che i suoi potenziali datori di lavoro lo scartino per questo, senza fermarsi a riflettere su come si sarebbero comportati gli altri candidati se si fossero trovati ad affrontare una situazione imbarazzante come quel pranzo. C'è un altro motivo per cui i tratti della personalità non sono importanti quanto pensiamo: essi sono meno stabili di quanto in genere si creda 23. La stessa persona può essere onesta in una situazione e disonesta in un'altra; a volte irritabile e a volte no; golosa in certe occasioni, ma frugale in altre, e così via. Inoltre, è stato accertato che molti aspetti che tendiamo a considerare collegati tra loro, in realtà non lo sono, Ad esempio, nei bambini non vi è alcun nesso tra il rifiuto di imbrogliare e la capacità di rinviare la gratificazione, ad esempio rifiutando subito una tazza di cioccolata perché gliene sono state promesse cinque di lì a qualche ora. La fragilità dei tratti caratteriali è stata dimostrata ripetutamente: eccone un esempio. Nel corso di Wl'intervista, ad alcuni soggetti sono state poste domande che miravano a suscitare risposte tipiche di un temperamento introverso (ad es.: «Che cos'è che non ti piace nelle feste rumorose?»), mentre ad altri sono state posti quesiti volti a ottenere risposte proprie di una personalità estroversa (ad es.: «Che cosa faresti se volessi ravvivare l'atmosfera a un party?»). In una successiva conversazione con una «spalla», i soggetti del secondo gruppo si sono dimostrati molto più estroversi dei primi: ad esempio hanno attaccato discorso prima e posizionato le sedie più vicine a lui. Se basta porre una domanda piuttosto che un'altra a produrre una variazione in quello che è considerato uno dei tratti caratteriali più stabili (l'estroversione/introversione), quanto più le persone saranno influenzate da modifiche veramente importanti della loro situazione! Senza dubbio il lettore penserà che la mancanza di fattori temperamentali costanti è smentita dalla sua esperienza, ma per le
234
IRRAZIONAUTÀ
nove ragioni indicate alla fine del capitolo 4 egli è di fatto incline a crearsi una serie di stereotipi a proposito delle persone, e a giudicare il loro comportamento più coerente di quanto in realtà non sia: costruirsi un'immagine ordinata dell'indole e del carattere altrui può farci risparmiare un sacco di fatica e riflessione. Una volta che ci si è formati un giudizio su qualcuno, è probabile che si notino solo quegli aspetti del suo comportamento che lo confermano (<
rio tener conto non solo del suo comportamento ma anche di quello degli altri, come pure, in entrambi i casi, della situazione. Ma forse è più divertente, e di sicuro richiede meno tempo, dare dei giudizi affrettati. Né si può ritenere che l'errata individuazione delle cause dei comportamenti umani sia un problema di scarsa rilevanza: l'accumulo di armi nucleari da parte dei russi, ad esempio, è stato spesso visto dai politici americani come un deliberato tentativo di ottenere il dominio del mondo, ma potrebbe essersi trattato anche di una reazione alle circostanze in cui si trovavano, e cioè alla proliferazione di ordigni nucleari avviata da un'altra potente nazione: gli USA. Se uno studente ha un rendimento negativo, bisognerebbe stabilire se ciò è dovuto a un tratto della sua personalità (come la pigrizia), o alle circostanze (ad esempio all'abbandono da parte della fidanzata, o alla morte della sua adorata nonna). Non tutte le azioni sono dovute alle situazioni: ho conosciuto studenti che, a giudicare dalle scuse che inventavano, sembravano avere almeno dieci nonne, per giunta con un tasso di mortalità decisamente inquietante. Comunque, è pur sempre vero che tendiamo a sottovalutare le motivazioni situazionali. Un altro errore che commettiamo nel valutare il temperamento delle persone è credere che gli altri siano molto più simili a noi di quanto in realtà non siano. Ciò è stato dimostrato in un esperimento nel corso del quale ad alcuni soggetti è stato chiesto di portare in giro per il loro campus un grosso cartello con la scritta: "Pentiti»; alcuni hanno acconsentito a farlo, altri no. Alla fine è emerso che la maggior parte di quelli che avevano accettato pen-
ERRORI NEU 'INDIVIDUAZIONE DEllE CA. USE
2.15
sava che anche gli altri lo avrebbero fatto, mentre la maggior parte di quelli che avevano rifiutato credeva che gli altri avrebbero fatto come loro l O, Le ragioni per cui tendiamo a vedere gli altri così simili a noi sono tuttora oggetto di dibattito, Può trattarsi di un'ulteriore forma di errore di disponibilità: dal momento che il nostro comportamento (a differenza della nostra indole) è altamente «disponibile» per noi, nel valutare quello che farebbero gli altri la prima cosa che ci viene in mente, e che costituirà la base del nostro giudizio, è quello che faremmo noi nella loro situazione, L'errore di pensare che gli altri siano simili a noi richiama alla mente il meccanismo psicanalitico noto come «proiezione»: secondo Freud, se una persona ha un tratto sgradevole, ad esempio l'avarizia, tende a vederlo riflesso anche negli altri, probabilmente per nascondere a se stesso che in lui tale tratto è particolarmente sviluppato. Quest'osservazione sembra corretta, anche se, a quanto ne so, non è affatto provata, Questo fenomeno è comunque un ennesimo esempio di irrazionalità, a prescindere dal fatto che a determinarlo siano gli oscuri meccanismi della libido o, più semplicemente, il ben noto errore di disponibilità, In tutto il libro ho fornito esempi di persone che interpretano erroneamente le cause delle loro azioni e delle loro convinzioni. La gente si conforma, oppure tende a esagerare il valore di tutto ciò verso cui ha un forte investimento emotivo, o subisce l'effetto-alone, o distorce i fatti per farli combaciare con le proprie idee, il tutto senza comprendere le vere ragioni di ciò che fa e di ciò che crede. Le persone possono sbagliare anche nell'individuare le vere cause dei loro stati d 'animo e delle loro emozioni, In un famoso esperimento, ai soggetti è stata somministrata dell'epinefrina, un farmaco stimolante che crea forte eccitazione; a una parte di loro è stato detto che era una vitamina e che non avrebbe avuto effetti immediati, agli altri che si trattava di uno stimolante e che li avrebbe eccitati. Quindi sono andati a sedersi in una stanza piena di «spalle», che erano o estremamente euforiche - ad esempio
236
IRRAZIONALfTA,
facevano esplodere palloncini e ridevano fragorosamente - o estremamente aggressive, tanto da insultare ripetutamente i soggetti, la maggior parte dei quali ha reagito con una certa dose di allegria, oppure di fastidio, a seconda del comportamento delle spalle. Ma la cosa più importante è che i soggetti ai quali erano state fomite informazioni inesatte sul farmaco hanno evidenziato cambiamenti di umore decisamente più forti degli altri. Dovevano spiegare a se stessi l'eccitazione fisica prodotta dal farmaco, dei cui effetti non erano a conoscenza, e così hanno pensato che fosse dovuta al comportamento delle spalle: per questo si sono mostrati più irritati o più allegri dei loro colleghi ~. Molti altri esperimenti suggeriscono che siamo cattivi giudici dei moventi delle nostre emozioni: in uno di essi, ad alcuni soggetti di sesso maschile è stato chiesto di pedalare per diversi minuti su una cyclette, mentre venivano mostrate loro immagini di donne nude, ed è emerso che le trovavano sessualmente più eccitanti di altri soggetti che non erano stati fisiologicamente stimolati dalla stessa attività fisica !t>. Questi fenomeni sono correlati alla nostra abilità nell'inventare storie plausibili per motivare tutto ciò che le persone, noi inclusi, fanno o provano. Sentiamo l'impulso di spiegare a noi stessi le cause dei nostri stati d'animo o delle nostre emozioni e, nel farlo, spesso sbagliamo clamorosamente. Ad esempio, escogitiamo scuse per i nostri fallimenti in un esame oppure in amore. Se qualcuno agisce con cattiveria per gelosia, quanti capiscono la vera ragione del suo comportamento? In uno dei periodi di depressione che un tempo ho conosciuto, mi ero convinto che la causa del mio stato d'animo fosse la paura che gli alberi situati nel terreno attiguo alla mia abitazione la stessero abbattendo: dovevo trovare un movente per la mia depressione, ma, quando essa è scomparsa, gli alberi hanno cessato di apparirmi sinistri. L'autoinganno è un fenomeno enormemente frequente: su questo Freud aveva ragione. II suo errore è stato imputare tutto alla libido, ossia l'impulso sessuale latente. Una delle dimostrazioni più convincenti della diffusa incapacità di determinare le cause dei propri fallimenti viene da uno
ERRORI NEU" ND/VIDUA ZIONE DELLE: CAUSE
237
studio legato alla vita reale e condotto presso la Harvard University v. Ad alcune donne è stato chiesto di tenere un diario in cui dovevano registrare per due mesi, giorno dopo giorno, il proprio stato d'animo; inoltre dovevano annotare quali tra una serie di fattori predefiniti - fra cui la qualità del sonno, le condizioni meteorologiche, lo stato di salute, l'attività sessuale e il ciclo mestruale - avessero maggiormente influito sul loro umore, Quando hanno consegnato i diari, i ricercatori li hanno sottoposti a un'analisi matematica volta a ch.iarire in che misura ognuno di quei fattori fosse realmente associato ai diversi stati d 'animo: ad esempio, se una buona notte di sonno era sempre seguita da una giornata in cui la donna era di buon umore - e viceversa - ciò significava che esisteva una perfetta correlazione tra qualità del sonno e stato d 'animo, Se invece la qualità del sonno non risultava legata all'umore del giorno dopo, ciò implicava che non vi era alcun nesso tra i due fenomeni: il sonno, quindi, non influiva sull'umore. Dopo che l'intero processo si è concluso, alle donne è stato chiesto di giudicare fino a che punto ognuno dei fattori predefiniti indicati avesse davvero influenzato il loro umore: sorprendentemente, le loro valutazioni avevano poco, se non nulla a che vedere con quelle emerse dall'analisi oggettiva condotta con criteri matematici. Stando a tale analisi, un fattore decisamente rilevante ai fini dello stato d 'animo delle donne era il giorno della settimana (<
IRRIIZIONALrrA.
Morale 1. Diffidate di qualsiasi spiegazione di un evento in cui la causa
assomiglia all'effetto e viceversa, anche quando proviene dalle massime autorità. 2. Diffidate di tutte le scoperte epidemiologiche, a meno che non siano supportate da evidenze più attendibili. 3. Chiedetevi se un evento possa avere altre cause oltre a quella che vi viene in mente per prima. 4. Nel determinare le cause e gli effetti di un'azione, considerate l'eventualità che vadano ricercati nella direzione opposta a quella che vi viene da scegliere per prima. 5. Siate scettici nei confronti di qualunque correlazione causale a meno che alla base non vi sia una solida teoria che la spiega. 6. Ricordatevi che, nella maggior parte dei casi, è altrettanto ragionevole argomentare dall'effetto alla causa che dalla causa all'effetto. 7. Nel ripartire le responsabilità di un'azione, non fatevi influenzare dall'entità dei suoi effetti. 8. Non ritenete nessuno responsabile di un'azione senza prima chiedervi cosa avrebbero fatto altri nelle stesse circostanze. 9. Non date per scontato che gli altri siano come voi. 10. Mangiate tutto quello di cui vi viene voglia.
La citazione è tratta da Richard E. Nisbett, Lee D. Ross, L'i/z/rrr/zZJI ummza. Stra/t!git! t! WCUllt! del giudizio sociale, il Mulino, Bologna 1989 (ed. or. Hummz III/emzce. Stralegies alld Shortcomi/zgs oj Sociol Judgmcn/, Prentice-Hall, Englewood Cliffs 1980). ' Popolazione nilotica dell'Africa Centrale stanziata nella parte settentrionale della Repubblica del Congo, nel Sud-Ovest del Sudan e nella Repubblica Centrafricana IN.d.T.I. ' Vedi nota lIN.d.T.] . • Nisbett, Ross, HI/malz Tllfrrt'/zCt! cito ' Per una rassegna critica degli studi sugli effetti del colesterolo ingerito per via alimentare, vedi Richard Totman, Mind, Strt!ss, alld Ht!Q/tIz, Souve1
E.R.RORl NELL'/NDIVIDUAZIONE DELLE CAUSE
239
nir Press, London 1990, dal quale, eccetto dove espressamente indicato, sono tratti tutti gli studi citati di seguito. ' Stephanie Booth-Kewley, Howard S. Friedman, Psychological Predictars of Heart Disro5e: A QlltllltitatiVt' Rruiw, "Psychological Bulletin», n , 101 , 1987, pp. 343-362. IDarrell Huff, Haw to Lie with Statistics, Collancz, London 1954. ' Chris topher Bollas, Forcrs cf Drstilly. PsychOllllalysis alld Human ldial11, Free Association Books, London 1989. ' Mary L. Smith, Gene V. Glass, Thomas I. Miller, The Brnt'fits cf Psychatht'rapy, ]ohns Hopkins University Press, Baltimora 1980. " Ronald Aylmer Fisher, LUIIg CanCt'r alld Cigart'ttes?, "Nature.., n. 182, 1958, p. 108. " Richard Doli, Richard Pe to, MOrfality iII Rt'latioll to Smoking: 20 Yrors' ObservatiOllS on Mllie British Dactors, "British Medicai Journal», n. 273, 1976, pp. 1525-1536. " Hans J. Eysenck, Smoking, Hea/th alld Pt'I'solla/ity, Weidenfeldand Nicholson, London 1%5. " Paul E. Meehl, Clilliral vs. Statistical Prt'diction. A Theoretiral Allalysis Qlld QRetliw of file Euidellce, University of Minnesota Press, Minneapolis 1955. " Per la tonsillectomia e altre aberrazioni mediche, vedi Andrew Mallescn, Need Your Doctor bt> 50 USt'less?, Allen and Unwin, London 1973, " Darnel Kahneman, Amos Tversky, "CausaI Schemas in Judgments under Uncertainty», in Daniel Kahneman, Paul Siovic, Amos Tversky (a cura di), Judgmtlll ullder UllcertaÌllty. Heuristics alld Biases, Cambridge Urnversity Press, Cambridge 1982 (nuova ed. 2001), " Elaine Walster, Assigllnlt'IIt af RespOIlsibility for an AccidetJt, ,,]oumal of Personality and Sodal Psychology», n. 3, 1966, pp. 73-79. " jean Piaget, Il giudizio mora/t' dI'I bambillo, Giunti Editore, Firenze 2009 (ed. or. Le jugt'mrllt moral cha l'mfallt, Felix Alcan, Paris 1932), ,. Arthur G. Miller, Barry Gillen et al., 11re Predictioll ami Peruptioll of Obtdimce to Allthority, "Atti dell'81 ° Congresso annua1e deU 'American Psychological Association », n. 8,1973, pp. 127-128. " GOnter Bierbrauer, Efft'ct of Set, Pt'rspt'ctive fl/ld Temporal Factors iII Attribl/tioll, Stanford University, Palo Alto 1973 (tesi di dottorato inedita). "' Lee D. Ross, Teresa M. Amabile, julia L Steinmetz, Social Rolt'S, Socia/ COlltrol, alld Biases iII Social-Pt'I'ceptioll Proct'Sses, "joumal of Personality and Social Psychology», n . 35, 1977, pp. 485-494. II Per un'analisi dell'errore fondamentale di attribuzione, vedi Nisbett, Ross, Hlllllall Ilifermct' cit., pp. 122-127.
2<"
lRAAZ10NAUTA
rMichael O. Stonns, Videotape olld the Altribufion Process: Rrocrsing Actors' and OUseroers' Poin! af Vìtw, ..Jouma! af Personality and 50cial Psychology», n. 27, 1973, pp. 165-175. 11
Per le prove della discontinuità dei tratti caratteriali, vedi Walter Mi-
scheI. Introducfion fa Personality, Holl, Rinchart and Winston. New York 1986 (nuova ed. John Wìley and Sons, Hobokcn 2007) . .. Lee D. Ross, David Greene, Pamela House, The Fa/~ Consensus Phenome-
non: Ali Attributional Bias in &/f-Pm:qJtion and Sodal Pnwption Proc~, "Joumal of Experimental SodaJ Psychology», n. 13, 1977, pp. 279-301. 1I 5tanley Schachter, lemme E. Singer, Cognitivt', Soda! ami PhysiologiCtl/ Dtlerminonrs of Emotiotul/ State, .. Psychologica1 Review», n. 65, 1%'2,. pp. 379-399. )O Joanne R. Cantor, Dolf Zillman, Jennings Beyanl, Enhancemtnt of Experienced Arousal in REsponse fa Erolic 5limul; through Misattribution 01 UnrelaItd RLsidual ArousaI, ..Jouma! af Personality and Social Psychology", n. 32,
1975, pp. 69-75. :or J. Weiss, P. Brown, Self-Insight Errar in fhL Explal1Jlfion University, Cambridge 1977 (manoscritto inedito).
of Mood, Harvard
Nell'originale "Sunday, Blood.y Sunday», probabilmente un riferimento al film omonimo di John Schlesinger (1971), ma l'espressione è ricorrente nel mondo anglosassone, e in particolare britaruùco, in riferimento a molte pagine oscure della storia nazionale che sono coincise con tale giorno, tra cui spicca la "domenica di sangue" del 30 gennaio 1972, quando, nella città di Derry (lrlanda del Nord) l'esercito britannico sparo sui partecipanti a una manifestazione uccidendo quattordici civili inermi. l'evento ha ispirato anche l'omonima canzone degli U2 (1983) (N.d.T.]. lO
Capitolo 14 Errori nell'interpretazione delle evidenze
Abbiamo già visto che le persone distorcono i fatti per farli combaciare con le loro idee. Questo capitolo dimostra che, anche in assenza di preconcetti, esse li interpretano sistematicamente in modo sbagliato. Ecco due semplici problemi. Nel primo dovete immaginare di fare testa o croce per sei volte, e poi prendere in considerazione questi tre possibili risultati, dove T sta per testa e C per Croce:
l.cceeec 2. CCCn I
3. ellCCI -Chiedetevi quale di queste tre specifiche sequenze ha più probabilità di verificarsi. La maggior parte della gente sceglie la terza, ma in realtà ognuna delle tre ha le stesse probabilità di uscire. L'errore nasce dal fatto che nelle prime due sembra esservi un elemento di ordine: esse non appaiono casuali poiché, quando si fa testa o croce, raramente esce o testa o croce tante volte di seguito. Le persone, forse inconsciamente, pensano che, siccome le combinazioni disordinate sono molto più frequenti di quelle ordinate, è più probabile che, delle tre sequenze proposte, esca quella disordinata. Ma questo ragionamento è fallace, in quanto non tiene conto del fatto che questa è una sequenza disordinata particolare, e quindi non ha maggiori probabilità di verificarsi di una qualunque sequenza ordinata. Partendo dal presupposto che la mo-
242
IRRAZIONALITÀ
neta non sia truccata, le possibilità che a ogni lancio esca testa (o croce) sono la metà, e perciò qualsiasi sequenza ha le stesse probabilità di presentarsi di tutte le altre: per l'esattezza, una su sessantaquattro. Questo è un esempio di quello che viene detto errore di (' rappresentatività .> '. Non è facile per noi distinguere diversi tipi di sequenze disordinate, e poiché il lancio di una moneta produce molto più spesso serie disordinate di teste o di croci, vediamo la terza sequenza come rappresentativa del risultato più frequente, a differenza delle prime due. Pertanto pensiamo che essa sia più probabile delle altre. Passando al secondo problema, immaginate che vi venga detto: «Il mio vicino di casa di Londra è un professore universitario. Ama scrivere poesie, è piuttosto timido e di bassa statura», e che poi vi venga chiesto se è più probabile che insegni sinologia o psicologia. Anche in questo caso, quasi tutti dalUlo la risposta sbagliata, ossia dicono che è più probabile che sia un docente di sinologia, mentre la verità è che è più probabile che insegni psicologia. Benché la sua descrizione coincida con quella di un sinologo, in Gran Bretagna ci sono molti più professori di psicologia che di sinologia. Anzi;-i docenti di quest'ultima disciplina sono così pochi che è molto più probabile incontrare professori di psicologia timidi, amanti della poesia e di bassa statura che non docenti di sinologia dotati di queste caratteristiche; ma siccome la descrizione è rappresentativa di un sinologo, le persone concludono frettolosamente che si riferisca a lui, senza tener conto del fatto che esistono pochissimi insegnanti di questa disciplina l . ~ stato dimostrato che la tendenza a basarsi sul fatto che un individuo è un esempio tipico di una determinata categoria di persone conduce a un errore ancor più incredibile. In un esperimento, ai soggetti è stata fornita una breve descrizione di alcuni individui, del tipo di quella seguente: «Linda ha trentun anni, è single, schietta e molto brillante. Ha una specializzazione in filosofia. Quando era all'università, le stavano profondamente a cuore temi quali la discriminazione razziale e la giustizia sociale, e ha anche preso parte ad alcune dimostrazioni contro il nucleare».
ERRORI NElL'INTERPRETAZIONE DEI.1.E EVIDENZE
243
Poi sono stati invitati ad assegnare un punteggio a ognuna delle seguenti affermazioni riguardanti Linda, a seconda di quanto ritenevano probabile che fossero vere. L'ordine in cui esse sono state proposte variava da soggetto a soggetto: a. Linda insegna in una scuola elementare. b. Linda lavora in una libreria e segue un corso di yoga. c. Linda è attivamente impegnata nel movimento femminista. d. Linda è un'assistente sociale che si occupa di persone con problemi psichiatrici. e. Linda fa parte della League of Women Voters (Lega deUe donne elettrici) l . f. Linda è una cassiera di banca. g. Linda lavora come rappresentante nel campo deUe assicura.
.
ZIOOI.
h. Linda fa la cassiera in una banca ed è attivamente impegnata nel movimento femminista. Inutile dire che i soggetti ritenevano molto più probabile che Linda fosse una femminista impegnata (affermazione c) che non una cassiera di banca (affermazione f). Ma quando è stato chiesto loro di valutare quante probabilità c'erano che Linda fosse una cassiera di banca jemmi1!isfa (affermazione h), è emerso che ritenevano assai più probabile quest'ipotesi che non quella che la vedeva come una cassiera di banca tout court. Ora, questo giudizio non può in alcun modo essere esatto: è ovvio che devono esserci più cassiere di banca che cassiere di banca femministe, per la semplice ragione che esistono anche cassiere di banca che non sono femministe. Quest'errore scaturisce dal fatto che la descrizione di Linda è tipica (rappresentativa) di una femminista, per cui si adatta a una delle due categorie sulla cui probabilità combinata i soggetti erano chiamati a pronunciarsi. Irrazionalmente, la probabilità che Linda fosse femminista ha accresciuto agli occhi dei soggetti la probabilità che appartenesse a entrambe le categorie (le femmini ste c le cassiere di banca). Per usare un linguaggio più tecnico, sembra che i soggetti abbiano fatto la me-
'44
IRRAZtONAUfA
dia delle due probabilità anziché moltiplicarle tra loro: se la probabilità che Linda sia una femminista è dello 0,7 e quella che sia una cassiera di banca dello 0,1, allora la probabilità che sia una cassiera di banca femminista è dello 0,07, non dello 0,4', Eppure, di fronte a una domanda del genere anche persone che possiedono nozioni di base di teoria delle probabilità o di statistica ad esempio studenti di un corso di specializzazione post-laurea in psicologia o in scienze della formazione - commettono lo stesso errore, come del resto gli spedalizzandi in medicina o in formazione aziendale. Questo genere di errore può produrre il seguente effetto: quando a qualcuno viene detto qualcosa di molto inverosinùle, è più probabile che ci creda se nello stesso momento gli viene detto qualcosa di altamente verosimile. Ma qualcosa di inverosimile, che è come dire improbabile, non può diventare più probabile so-lo perché gli viene associato un contenuto altamente probabile. Anzi, la probabilità che l'intera comunicazione sia vera è ridotta dal fatto che le sono stati aggiunti ulteriori elementi, per quanto verosimili. Tale situazione è del tutto analoga a quella dell'esperimento appena descritto: la presenza del materiale plausibile tende a rendere più credibile anche l'affermazione implausibile. Questo trucco è utilizzato da tutti i menti tori consumati, come pure da molti avvocati. Va aggiunto però che qui entra in gioco un ulteriore meccanismo. U fatto di sentire qualcuno fare varie affermazioni plausibili può accrescere la nostra fiducia nella sua veridicità, portandoci a credergli anche quando afferma cose meno plausibili. Questo espediente è ampiamente usato dalle agenzie pubblicitarie. Anzi, esse vanno ben oltre, in quanto si sforzano di trovare slogan che risultino credibili per la categoria di consumatori che potrebbero acquistare i loro prodotti, ma non per altre. Ad esempio, possono pubblicizzare un cibo per cani di nome «Yup-YuP» con lo slogan: .. I cani sono proprio come gli esseri umani », che magari apparirà plausibile a molti cinofili, ma a ben pochi altri. Il fatto che gli amanti dei cani sono convinti che questo slogan sia vero li induce a ritenere credibili anche altre affermazioni del pubblicitario,
E.IUWRl NE.U:lNTE.RPRfTA.ZIONr DrLLE. E.VIDE.NZE.
245
quali: ",Yup-Yup rende più lucente il pelo del vostro cane, lo fa di· ventare più sicuro di sé», e così via. Ma lo slogan secondo cui i cani sono come gli esseri umani ha altri due effetti. In primo luogo, l'élite dei cinofili tenderà a pensare che il pubblicitario sia una persona altamente perspicace, e quindi degna di fiducia, perché enuncia una verità che sta loro a cuore, ma non è condivisa dal grande pubblico. Inoltre, lo slogan identifica il suo autore e i cinofili come un unico grande gruppo: a questo punto entra in gioco il senso di lealtà che, come abbiamo già visto, caratterizza gLi appartenenti a un in-group, e pertanto diviene più probabile che chi possiede un cane decida di acquistare il prodotto. In breve i cinofili, abilmente manipolati, si precipitano a comprare "YupYup » perché il pubblicitario ha dimostrato loro in un colpo solo di essere attendibile e perspicace, nonché di appartenere allo stesSO gruppo di cui essi fanno parte. Un esperimento ha dimostrato l'esistenza di un errore collegato a quello che abbiamo appena analizzato e forse meno prevedibile. I soggetti erano studenti di un corso di specializzazione post-Iaurea per assistenti sociali, a cui sono state fomite informazioni su un cliente immaginario, dalle quali sembrava emergere che avesse un particolare problema emotivo. Quelli di loro a cui il cliente era stato descritto semplicemente come «persona con fantasie sessuali di tipo sadomasochistico», ritenevano probabile che si trattasse di un pedofilo, ma quando ad altri studenti è stato detto che un cliente «aveva fanta sie sadomasochistiche, aggiustava automobili vecchie nel tempo libero e una volta era scappato da scuola», sono stati meno inclini a pensare che lo fosse. Eppure le informazioni supplementari non avevano niente a che fare con le sue inclinazioni sessuali, ma il senso di normalità che suggerivano sembra aver indotto gli studenti a credere che non si trattasse di un pedofilo, anche se, per quanto ne sappiamo, un redofilo potrebbe benissimo aggiustare vecchie auto proprio come chiunque altro. L'errore potrebbe essersi verificato anche perché gli studenti, magari inconsciamente, hanno pensato che tra le persone che riparano vecchie auto la percentuale di pedofili è molto bassa, senza però tener conto del fatto che la percentuale è
2"
IRRAZIONALITÀ.
altrettanto bassa anche fra coloro che non lo fanno 3 • Questo è un ulteriore esempio di quell'incapacità di prestare attenzione ai casi negativi che abbiamo già illustrato nel capitolo 11. In sintesi, dunque, la nostra capacità di inferire una cosa da un'altra può essere vanificata dal fatto che includiamo nel nostro giudizio informazioni non pertinenti. Finora ho descritto tre diversi tipi di errore, e precisamente: 1. La tendenza a dare per scontato che qualcosa appartenga a una determinata categoria perché è tipico di essa, senza tener conto delle dimensioni di tale categoria. 2. La tendenza a credere che, se una parte di una descrizione è vera, allora dev'esserlo anche !'intera descrizione. 3. La tendenza a ridimensionare la portata di informazioni insolite a proposito di una persona se essa è descritta come normale sotto altri aspetti (non pertinenti con tali informazioni). Tutti questi errori si verificano in quanto ci facciamo influen· zare dal fatto che un esemplare sembra essere rappresentativo di una particolare categoria: se lo è, ignoriamo le vere probabilità. La diffusa incapacità di valutare correttamente le probabilità senza una specifica formazione è illustrata da un esempio tratto dalla vita reale. In Gran Bretagna ogni alU10 muoiono di malattie cardiovascolari circa 300.000 persone, mentre circa 55.000 muoiono di cancro ai polmoni. Fumare molto in pratica raddoppia le probabilità di morire di malattie cardiovascolari, e decuplica quelle di morire di cancro ai polmoni. La maggior parte delle persone ne dedurrà che tra i danni indotti dal fumo il cancro ai polmoni è più frequente delle malattie cardiovascolari: infatti, in Gran Bretagna e altrove, spesso sono state condotte campagne governative con· tro il fumo sulla base di tale presupposto. Ma esso è falso. Se te-niamo conto della maggiore frequenza delle patologie cardiache, scopriamo che, per ogni fumatore che si ammala di cancro, ce ne sono più di due che muoiono di coronaropatie autoindotte. Il se-guente calcolo (che per comodità ipotizza che metà della popola. zione adulta fumi) mostra come si arrivi a tale conclusione. Dal momento che il fumo raddoppia il rischio di cardiopatie letali,
ERRORJ NEU' /NTERPRETAZ/ONE DEUE EViDENzr
'"
ogni anno moriranno per effetto di tali patologie 200.000 fumatori e 100.000 non fumatori. Ma 100.000 fumatori sarebbero morti anche se non avessero fumato, il che significa che ogni anno sono 100.000 i fumatori che muoiono di cardiopatie indotte dal fumo. Analogamente, se ogni anno muoiono di cancro ai polmoni circa 55.000 fumatori, dal momento che 5000 di essi sarebbero morti anche se non avessero fumato, quelli che effettivamente muoiono a causa del fumo sono SO.OOO. Pertanto, il numero di fumatori che muoiono ogni anno di malattie cardiache è all'incirca il doppio di quelli che muoiono di cancro ai polmoni. È importante capire il corretto modo di manipolare le cifre, ma lo è ancor di più comprendere che, quando si ricevono nuove informazioni circa la probabilità di un evento, esse vanno combi· nate con la probabilità che l'evento si verifichi anche in assenza di tali informazioni, nota come «probabilità di base" (o "probabilità a priori»). il primo a enunciare il teorema formale che definisce il modo in cui devono essere calcolate le probabilità di base fu Thomas Bayes, un matematico inglese vissuto nella prima metà del XVIII secolo. Sebbene si tratti di un teorema tutt'altro che nuovo, l'incapacità di usarlo è endemica, e investe i medici, gli avvocati, i manager, i generali e così via. Quest'incapacità è stata ripetutamente dimostrata nel corso di una serie di studi sperimentali, il più noto dei quali è il seguente. Ai soggetti è stato detto che in una città c'erano due compagnie di taxi, la Blue Cabs (Taxi Blu), proprietaria dell'85% delle vetture, e la Green Cabs (Taxi Verdi), che ne possedeva il restante 15%. Un taxi si era reso colpevole di un episodio di pirateria della strada e una testimone aveva detto che le sembrava di aver visto una vettura verde. Per accertare la validità della sua testimonianza erano stati effettuati dei test, nel corso dei quali, nelle condizioni di illuminazione in cui si era verificato l'incidente, la donna era stata in grado di identificare correttamente il colore dei taxi nell'80% dei casi, mentre nel restante 20% aveva scambiato una vettura blu per una verde. A questo punto, ai soggetti è stato chiesto se era più probabile che il taxi dell'incidente fosse blu o verde, e quasi tutti i soggetti hanno risposto: «verde». Ma avevano
I~ZIONAJ.JTA
torto. Anche se i giudizi della testimone si erano rivelati in genere corretti, i taxi blu erano molto più numerosi di quelli verdi. La probabilità che la donna avesse visto un taxi blu (0,85) e avesse pensato che fosse verde (0,20) era 0,85 x 0,20 = 0,17, mentre la probabilità che avesse visto un taxi verde (0,15) e lo avesse ritenuto verde (D,SO) era 0,15 x O,SO = 0,12 (queste cifre non vanno sommate a 1 perché tutti gli altri giudizi che avrebbe potuto dare si riducevano a uno: «blu»). Ciò significa che le reali possibilità che il taxi fosse verde erano 17 contro 12 o, per dirla in un altro modo, che esisteva solo lo 0,40 di probabilità che il taxi fosse verde. L'errore dei soggetti è stato aver prestato troppa attenzione ai nuovi elementi emersi intorno all'evento da valutare (i giudizi della donna), con il risultato che non hanno tenuto abbastanza conto della nonnale frequenza di quell'evento (il numero di taxi verdi in circolazione) ·. C'è un interessante esempio, tratto dalla vita reale, dell'incapacità di tener conto delle probabilità di base: esso ha a che fare con il mondo aziendale statunitense e con l'impiego dellie detector. Come si conviene a un paese i cui presidenti, da Washington a Nixon 1, hanno dimostrato una spiccata propensione a mentire (o a non mentire), questo congegno è utilizzato molto più spesso negli USA che in Gran Bretagna. Esso misura una serie di valori -la conduttività elettrica della pelle, il ritmo respiratorio e il tono della voce - che tendono tutti ad accentuarsi quando una persona è shessata e agitata. Al soggetto vengono poste varie domande innocenti, infranunezzate da quesiti mirati, più o meno sottilmente mascherati, del tipo: «Ieri lei ha derubato la Chase Manhattan Bank?>, ai quali si presume corrisponda un aumento nei valori misurati dallie detector se la persona è colpevole. Per una serie di motivi, tra cui l'agitazione dovuta alla paura di essere accusati, la macchina della verità è uno strumento imperfetto: anzi, è notoriamente fallibile, se non altro perché molti, che erano stati ingiustamente accusati di furto sulla base di esso, in seguito sono stati scagionati dalla confessione di qualcun altro. Nonostante ciò, esso è ampiamente utilizLlto dalle aziende statunitensi per scoprire se tra i loro dipendenti vi siano o meno dei ladri.
ERRORI NEU'/NTrRPRrTAZ/ONE DELLE EVIDENZE
Ora, supponiamo che la percentuale di successo dello strumento sia del 90% (è quasi sicuramente inferiore), ossia che, tra quanti sono sottoposti allie detector, un innocente su dieci risulti positivo e un colpevole su dieci negativo (nella realtà è improbabile che questi due valori siano identici), e che ogni dipendente il quale sia stato ritenuto colpevole venga licenziato dall'azienda, Sulla base di tali elementi sembrerebbe che, per ognuno di loro che è stato ingiustamente accusato, ce ne siano nove che a buon diritto sono stati giudicati colpevoli: per i dirigenti dell'azienda (anche se non per molte altre persone) questo risultato p0trebbe anche essere accettabile, ma il ragionamento su cui si basa è falso, È probabile infatti che i dipendenti che non rubano siano molti di più di quelli che lo fanno. Prendiamo una ditta con un organico di 1000 persone, e supponiamo che, nell'arco di un dato anno, 1'1% di loro (cioè 10) rubi all'azienda e il 99% (cioè 990) no. Tutti i dipendenti vengono sottoposti al test e 9 dei 10 colpevoli (il 90%) risultano positivi; tuttavia 990 sono innocenti, eppure 99 di loro (il 10%) ottengono lo stesso risultato. Quindi, per ogni colpevole smascherato dallie detector, circa dieci innocenti sono accusati ingiustamente. Tenuto conto delle probabilità di base, risulta che il numero degli innocenti danneggiati dal test è molto superiore a quello dei colpevoli. Va aggiunto che ci sono modi più intelligenti di usare illie detector. Ad esempio, se in un'azienda è sparito un computer, si possono mostrare ai dipendenti vari tipi di computer: soltanto chi conosce l'aspetto di quello mancante risponderà selettivamente al test in relazione a esso e non ad altri. In teoria, quindi, dovrebbe essere impossibile che un innocente sia ritenuto colpevole solo perché si mostra nervoso quando è sottoposto al lie detector. Tuttavia, questi metodi più sottili sono usati di rado e, anche in tal caso, c'è sempre una possibilità di errore: di conseguenza, dal momento che gli innocenti sono molto più numerosi dei colpevoli, è probabile che questi ultimi risultino positivi al test molto meno frequentemente dei primi. Malgrado tali problemi, il lie detector è tuttora impiegato in molti stati americani f .
"O
IRRAZIONALITÀ.
Non tener conto delle probabilità di base può condurre a gravi errori quando si tratta di interpretare i risultati degli esami clinici, come si è visto nel capitolo 12 a proposito dell'incapacità evidenziata da molti medici di utilizzare correttamente la mammografia. Ecco un ulteriore esempio. Al personale e agli studenti della Harvard Medicai School (facoltà di medicina di Harvard), forse la più prestigiosa istituzione medica del mondo, è stato chiesto quale percentuale dei pazienti risultati positivi al test per una data patologia contrarrebbe effettivamente la malattia se essa fosse presente in 1 su 1000 di loro e se il 5% di coloro che no" l'hanno contratta risultassero positivi. Circa la metà dei sessanta medici ai quali era stata posta la domanda ha risposto: il 95"10. S<>Ia undici hanno dato la risposta giusta, cioè il 2%. Evidentemente, anche le persone più inteUigenti non sono immuni da madornali errori 9 • Le probabilità sembrano disorientare le persone anche quando la loro determinazione non richiede alcun tipo di calcolo. Ecco un esempio, anch'esso collegato al mondo della medicina, riportato da Jonathan Baron. Ai soggetti di un esperimento è stato detto: Un paziente ha 0,8 probabilità di essere affetto da «umfite» IO. Se risultasse positivo ai raggi Z, la diagnosi verrebbe confennata, ma se risultasse negativo non si potrebbe trarre alcuna conclusione definitiva: in questo caso, infatti, la probabilità scenderebbe allo 0,6. La terapia per )'umfite è spiacevole, e voi sentite che è tanto sbagliato ricorrervi se il paziente non ha contratto la malattia quanto lasciare senza cure una persona che ne è affetta. Se i raggi Z fossero l'unico esame di cui potete avvalervi, lo usereste? Molti soggetti hanno risposto che il test dovrebbe essere effettuato. In realtà non è così. Anche se i suoi risultati sono negativi, infatti, è più probabile che un paziente sia affetto dalla malattia che non il contrario (la probabilità è almeno dello 0,6), quindi è chiaro che tutti i pazienti dovrebbero essere comunque sottoposti alle terapie, indipendentemente dai risultati del test. Baron ripor-
fKRO/U NEll'INTERPRETAZIONE DElLE EVIDENZE
25l
ta un aneddoto che ha per protagonista un medico il quale, volendo prescrivere a un paziente una costosa TAC alla schiena, anche se sapeva già che l'unica cura di cui aveva bisogno era stare a riposo, si è giustificato dicendo di «voler confermare un'impressione diagnostica ». Ma un simile zelo, il cui solo scopo è di scoprire una verità inutile. può rivelarsi nocivo per il corpo del paziente se l'esame è spiacevole. per la sua tasca se esso è costoso. Nel caso pensaste (giustamente) che non basta affidarsi agli aneddoti, nel 1990 il British Royal College of Radiologists and Anaesthetists (Reale Collegio dei radiologi e anestesisti britaJUlici) ha pubblicato un rapporto dal quale emerge che ogni anno in Gran Bretagna muoiono 250 persone a seguito di radiografie inutili. A meno che i risultati di un'indagine medica non influiscano sulle scelte terapeutiche, essa non dovrebbe essere effettuata Il . Ecco un problema la cui soluzione non richiede praticamente alcuna conoscenza di teoria delle probabilità. Vi viene detto che ci sono tre carte, di cui una è bianca da entrambi i lati, un'altra rossa da entrambi i lati e la terza bianca da un lato e rossa dall'altro. Poi vi viene mostrata una di queste carte posata su un tavolo, con il lato scoperto di colore rosso. Quante probabilità ci s0no che sia quella con entrambi i lati rossi? Provate a rispondere prima di continuare a leggere. La stragrande maggioranza delle persone (me compreso), la prima volta che si trova di fronte a questo problema. risponde: ((1/ 2». lnfatti - è il ragionamento immediato - chiaramente non può essere la carta bianca-bianca, per cui deve trattarsi di una delle altre due. o la rossa-rossa O la rossa-bianca. Ma non è così, in quanto esistono tre possibili lati rossi: quello della carta rosso-bianca ed entrambi i lati della carta rossa-rossa. Esaminiamo i tre possibili casi: in due di essi il lato nascosto è rosso, in uno bianco; di conseguenza, la probabilità che l'altro lato sia rosso (ossia che si tratti della carta rossa-rossa) è 2/3, non 1/2. Non è chiaro però perché commettiamo quest'errore. Forse il numero delle carte possibili (due) è più «disponibile» di quello dei possibili lati rossi (tre) Il . Si potrebbe sostenere che le persone siano più brave a combinare tra loro informazioni diverse nel caso in cui il risultato del-
252
IRIVIZIONM.lTÀ
l'operazione può essere conosciuto con certezza rispetto a quando è possibile attribuirgli solo un certo grado di probabilità, e che quindi gli errori esposti in questo capitolo non siano poi così gravi. Sfortunatamente, però, quasi tutti i giudizi importanti implicano elementi di incertezza. Si pensi, ad esempio, a un generale impegnato a scoprire la strategia che ha le maggiori probabilità di rivelarsi quella vincente, o a un medico che tenti di stabilire la malattia di un paziente a partire da una serie di sintomi, o a una giuria chiamata a decidere se un imputato è colpevole dopo aver ascoltato molteplici testimonianze in conflitto tra loro. Prima di passare a ulteriori esempi tratti dalla vita reale, vale la pena di fare qualche osservazione sull'uso della statistica. La maggior parte delle persone possiedono nozioni di statistica a dir poco rudimentali, per non dire inesistenti. Per molti "sta· tistica» è una parola sporca, infatti si sentono spesso affermazioni del tipo: "Con la statistica si può provare qualunque cosa», ma ciò è vero soltanto nei casi in cui essa viene utilizzata in maniera distorta. Anzi, generalmente la denigrazione di tale disciplina non è altro che l'esped iente usato dagli ignoranti per difendere la loro autostima. Molti lettori potranno pensare che non tutti sono tenuti a conoscere la statistica o la teoria della probabilità el~ mentare, ma nella realtà tutti noi formuliamo di continuo giudizi statistici basati sull'intuizione, e le nostre false intuizioni ci con· ducono a errori gravissimi. Sebbene sia vero che molte persone non sono in grado di affrontare calcoli come quelli riportati nelle pagine precedenti, esse penserebbero in modo più razionale se capissero di dover tener conto delle probabilità di base: infatti, anche se non trovassero le risposte esatte, si avvicinerebbero mal· to di più alla verità. 1: sicuramente possibile sensibilizzare le per· sone sulla necessità di combinare tra loro diversi tipi di probabi· lità e sui requisiti necessari per stabilire che esiste un'associazione tra due eventi - quelli esposti nel capitolo 11- senza che deb· bano per forza imparare la statistica formale o la teoria della probabilità (su cui è fondata tutta la statistica). Dimostreremo più avanti che in molti casi il pensiero razionale - ossia il pensiero che
~K/(O/(I
NEU'/NTERPRHAZ/ONE DELLE EVIDENZE
253
conduce alla conclusione con le maggiori probabilità di essere quella giusta - deve basarsi su una qualche forma di manipolazione dei numeri. Come osservava Pomcaré, ,da matematica è il linguaggio in cui è impossibile esprimere pensieri nebulosi o imprecisi» u, La totale incomprensione dei più elementari ragionamenti statistici è ulteriormente illustrata dai due esperimenti seguenti, Nel primo, ai soggetti è stato detto che in una determinata città c'erano due ospedali: uno grande, con un pronto soccorso ostetrico in cui si verificavano in media 45 nascite al giorno, e uno più piccolo, con una media di 15 nascite al giorno; nell'arco di un anno, il numero dei neonati maschi era all' incirca pari a quello delle femmine, Poi ai soggetti è stato chiesto in quale dei due ospedali si registrasse per più giorni una percentuale del 60% di neonati maschi, e la maggior parte di loro ha risposto che non vi era alcuna differenza tra i due, In realtà, nell'ospedale piccolo tale percentuale si riscontrava in un numero di giorni pressoché doppio rispetto a quello grande, Ciò illustra un importante principio: quando più eventi diversi hanno un certo grado di probabìHtà di verificarsi. maggiore è la sequenza degli eventi e più la frequenza 0sservata si avvicinerà alla loro frequenza reale. Per capirlo, immaginiamo di lanciare in aria una moneta quattro volte. Ci sono 16 possibili sequenze di «teste» e «croci" (4 x 4). Solo una di esse è costituita esclusivamente da teste, per cui la probabilità che esca testa i1100% delle volte è di 1 su 16.lmmaginiamo ora di lanciare in aria una moneta per dieci volte, Ora ci sono 1024 possibili .sequenze, di cui solo una costituita da quattro teste di seguito: di conseguenza, la probabilità che esca sempre testa si riduce a me-no di l su 1000. Per semplicità ho considerato un caso estremoil 100% di teste - ma le stesse considerazioni resterebbero valide se avessi scelto, ad esempio, la percenruale del 75%. Un minor numero di lanci della moneta renderebbe ancor più probabile il raggiungimento di tale percentuale. La regola per cui più grande è il campione, maggiore è la probabilità che la frequenza degli eventi che esso include si avvicini alla sua vera frequenza è no ta come «la legge dei grandi numeri», Essa ha implicazioni per chiunque,
254
IKl
compresi i giocatori di squash. Come fanno notare Daniel Kahneman e Amos Tversky, dal momento che una partita di squash prevede un punteggio che varia dai 9 ai 15 punti, il giocatore migliore ha più probabilità di vincere in una partita da 15 punti u. 11 secondo esempio di ragionamento sbagliato si basa sull'ignoranza della legge dei grandi numeri. Ai soggetti di un esperimento è stato chiesto di immaginare un'urna contenente delle palline rosse e bianche, due terzi delle quali di un colore, il restante terzo di un altro. Poi è stato detto loro che una persona (indicata con A) aveva estratto 5 palline, di cui 4 rosse, mentre un'altra (indicata con B) ne aveva estratte 20, di cui 12 rosse. Quindi, i soggetti sono stati invitati a stabilire chi tra A e B avesse più elementi per ritenersi sicuro che i due terzi delle palline fossero ros· se, e la maggior parte di loro ha indicato A. perché aveva estratto una percentuale più alta di palline rosse. Ma avevano torto: per la legge dei grandi numeri, e poiché B aveva estratto dall'urna un campione maggiore, la sua ipotesi che i due terzi delle palline fossero rosse aveva il doppio delle probabilità di essere corretta rispetto alla stessa ipotesi, ma formulata da A IS. Prima di trarre conclusioni da una serie di informazioni relative a un numero limitato di eventi (un campione) scelto all'interno di una gamma assai più ampia di casi (la cosiddetta "popolazione»), è importante capire qualcosa di statistica dei campioni. l sondaggi d 'opinione fanno un sapiente uso dei campioni per scoprire le intenzioni di voto degli elettori. È possibile determinare in anticipo le dimensioni del campione di popolazione necessario per ottenere un risultato caratterizzato da un margine di errore minimo e comunque non superiore a una determinata soglia predefinita: diciamo un risultato corretto 19 volte su 20, con un margine di errore non superiore all'l % in più o in meno. Naturalmente esistono molti altri fattori che sfuggono al controllo dei sondaggisti - ad esempio la possibilità che l'intervistato menta o cambi idea prima di votare - e che possono ancora dar luogo a errori non trascurabili. Numerosi esperimenti dimostrano l'incapacità di tener conto delle dimensioni dei campioni. In uno di essi, effettuato in Ame-
ERRORI NELL'INTER PR(TAZION E DELLE EVIDENZE
155
rica, ad alcune matricole è stata letta una tabella che riportava una serie di punteggi assegnati a determinati corsi universitari da un gran numero di studenti dell'ultimo anno; altre, invece, hanno incontrato di persona due o tre di questi studenti, che stavano effettivamente frequentando quei corsi, e che in quell'occasione hanno detto loro a voce che cosa ne pensavano, aggiungendo un breve commento a supporto del proprio giudizio, Al termine dell'esperimento, è emerso che per le matricole la scelta dei corsi da seguire era stata influenzata molto di più dalla chiacchierata faccia a faccia con pochi studenti dell'ultimo anno che dalla lettura delle valutazioni espresse da molti altri. Anche stavolta - come spesso avviene - era stato l'errore di disponibilità a distorcere il loro giudizio, portandoli a trascurare l'importanza delle dimensioni del campione: il colloquio con due o tre studenti più grandi, che ben difficilmente potevano costituire un campione rappresentativo, aveva prodotto in loro un'impressione ben più profonda della lettura di una serie di aridi dati fomiti da molti altri I., Richard Nisbett e Lee Ross sottolineano che questo errore permea il sistema giudiziario americano, Ben di rado le sentenze della Corte Suprema statunitense fanno riferimento alle statistiche sui tassi di omicidio negli stati che hanno abolito la pena capitale e in quelli in cui è ancora in vigore. Esse si basano invece su un piccolo numero di casi individuali, Tutto ciò fa venire in mente la frase che si sente tanto spesso ripetere dai fumatori: «Mio padre ha vissuto fino a novantanove anni e fumava un centinaio di sigarette al giorno», o quella equivalente dei bevitori: «Mio nonno ha sempre bevuto una bottiglia di gin a colazione, e non ha mai saputo cosa fosse una malattia». Casi del genere sano facili da trovare e, siccome sono eclatanti, sono facilmente «disponibili» e possono convincere alcune persone che fumare o bere non faccia male. Quel che conta, però, non è il singolo caso, che può essere più o meno eccezionale, ma la probabilità di morire o ammalarsi per effetto del fumo o dell'alcol, che può essere stabilita soltanto esaminando un ampio e rappresentativo campione di fumatori e bevitori.
256
IRRAZIONAurA
I giudizi irrazionali, quindi, spesso nascono dal fatto che si presta un'attenzione eccessiva a piccoli campioni, suscettibili di produrre risultati atipici. Ma vi è un secondo aspetto per cui le valutazioni basate su campioni spesso si rivelano sbagliate: anche quando il campione è abbastanza grande, non ci si preoccupa a sufficienza che esso non sia in qualche modo parziale. lo stesso sono incorso in quest'errore. La maggior parte degli australiani che si incontrano nei bar della Earls Court Road di Londra sono chiassosi e cordiali (le australiane, invece, sono robuste e hanno le gambe lunghe). Per giunta, i media inglesi in genere raffigurano gli australiani come persone un po' rozze, che amano portare grossi cappelli da cui penzolano tappi di sughero. La prima volta che sono stato a Sidncy, con mio grande stupore non ho visto un solo tappo di sughero penzolare da un cappello. Inoltre, sia gli australiani che le australiane si sono rivelati persone estremamente cortesi e gentili. Chiaramente il campione che avevo incontrato a Londra era parziale, ossia non era rappresentativo della maggior parte degli australiani. Forse l'Australia esporta solo i più rozzi dei suoi abitanti, mentre gli altri se ne restano a casa loro. Vari esperimenti attestano la diffusa incapacità di tener conto della rappresentatività dei campioni. In uno di essi ai soggetti, divisi in due gruppi, è stata proposta un 'intervista videoregistrata a una persona che si fingeva una guardia carceraria. Nel caso del primo gruppo, la registrazione mostrava un individuo del tutto disumano, che descriveva i prigionieri come animali al di là di ogni possibile redenzione, nel caso del secondo una guardia umana, che credeva nelle possibilità di riabilitazione dei detenuti. In seguito, ogni singolo gruppo ha ricevuto tre tipi di informazioni diverse: ad alcuni è stato detto che la guardia che avevano visto nella registrazione era tipica della sua categoria, ad altri che non lo era affatto, e ad altri ancora non è stata fornita alcuna indicazione al riguardo. Al termine dell'esperimento, però, è emerso che quanto i soggetti avevano appreso circa la maggiore o minore tipicità del personaggio aveva modificato di poco l'opinione che si erano fatti del sistema carcerario sulla base del video: la
ERRORI NEU'/NTERI'RETAZ/ONE DEUE EVIDENZE
257
maggior parte di quelli che avevano visto la versione con la guardia umana, infatti, pensavano che tutte le guardie trattassero umanamente i prigionieri e avessero a cuore il loro benessere, mentre quelli ai quali era stato mostrato il secondino brutale pensavano esattamente il contrario 17. Quindi, anche quando le persone vengono avvertite che un singolo caso, per quanto eclatante, non può essere considerato tipico, esse tendono ancora a dare per scontato che lo sia e a giudicare di conseguenza una vasta categoria di esseri umani (in questo caso le guardie carcerarie), La tendenza a formulare le proprie valutazioni sulla base di un campione troppo limitato o parziale contribuisce in misura considerevole ad alimentare una serie di credenze irrazionali e, come si è già visto, è in parte responsabile della formazione di stereotipi pregiudiziali. Sfortunatamente, l'insensibilità alle dimensioni dei campioni e alloro grado di rappresentatività non è circoscritta agli individui: essa è spesso evidenziata da organismi che dovrebbero sapemc molto di più al riguardo, Un esempio eclatante è costituito dalla previsione, basata su un questionario inviato per posta dal «Uterary Digest», secondo cui Roosevclt avrebbe perso le elezioni presidenziali del 1937 con un margine schiacciante: infatti il questionario era stato rispedito soltanto dal 23% delle persone, ed esse appartenevano per lo più alle classi americane abbienti. Come osserva John Paulos, si può avere ben poca fiducia nei sondaggi effettuati da columnist come Shere Hite 18 a proposito del numero di donne che hanno relazioni extraconiugali, A parte il fatto che mente clamorosamente, è più probabile che a leggere la sua rubrica siano appunto più le donne che intrattengono questo tipo di relazioni che non le altre, ed è quindi più probabile che a rispondere ai suoi sondaggi siano sempre le stesse lettrici '", Anche il principale organo dei consumatori britannici, nonché editore della rivista .. Which?,, :!D, in genere non sa riconoscere l'importanza delle dimensioni dei campioni. Ogni tanto pubblica dati comparativi su prodotti di marche diverse, assegnando loro vari tipi di punteggi, ma senza indicare quanti esemplari siano stati testati per ogni modello: si ha la netta impressione
258
IRRAZIONAUTA
che spesso, se non sempre, ne sia stato saggiato solo uno. Poi passa a valutare ogni modello in base a diversi criteri. Ad esem· pio, nel numero di .. Which?» del maggio 1990 è apparso un servizio su quarantatré differenti tipi di aspirapolvere, ognuno dei quali ha ricevuto una serie di punteggi relativi a molteplici fattori, tra cui la capacità di raccogliere la polvere o le fibre, !'intasamento del sacchetto, il funzionamento dell'indicatore di sacchetto pieno, l'eventuale ostruzione dei tubi, il potere aspirante, la presenza di polvere nell'aria di scarico, il rumore e la durata . .. Which?», tuttavia, in genere non tiene conto del fatto che possono esserci altrettante differenze tra i diversi esemplari dello stesso modello quante ne esistono tra un modello e un altro, per cui quelli che segnala come «affaroni » potrebbero essere soltanto il risultato di una sorta di lotteria. Quando valutazioni come queste hanno per oggetto diversi modelli di automobili, le possibilità di errore dovute alle differenze tra i singoli esemplari della stessa marca e modello sono ulteriormente accentuate dal fatto che le auto sono estremamente complesse e che anche un piccolo difetto apparentemente circoscritto può avere molteplici ripercussioni. In nessuno di questi casi, quindi. si può pervenire a una conclusione minimamente seria sulle differenze tra più caratteristiche di diversi modelli testando solo uno, o al massimo pochi, esemplari dì ognuno.
Morale 1. Non giudicate unicamente dalle apparenze. Se qualcosa assomiglia di più a un X che a un Y, è comunque più probabile che si tratti di un Y se ci sono più Y che X. 2. Ricordatevi che un'affermazione contenente due o più informazioni ha sempre meno probabilità di essere vera di una che ne contenga una sola. 3. Guardatevi dal credere che un'affermazione sia vera perché sapete che parte di essa è vera. 4. Ricordatevi che, se venite a conoscenza della probabilità di X dato Y (ad esempio, la probabilità che un taxi sia verde perché
ERRORI NEU·/NTERPRfTA.ZION[ DELLE EVIDENZE
259
una testimone afferma che lo è), per arrivare alla reale probabilità di X dovete tener conto della probabilità di base (la frequenza dei taxi verde). S. Ricordatevi che la frequenza con cui si osserva un dato attribu· to o evento ha più probabilità di discostarsi dalla frequenza che assume nel complesso della popolazione, nei campioni piccoli che in quelli grandi. Non fidatevi dei piccoli campioni. 6. Guardatevi dai campioni viziati da pregiudizi. 7. Non fidatevi di «Which?».
' Daniel Kahneman, Amos Tversky, "Subjective Probability: AJudgment of Representativeness», in Daniel Kahneman, Paul Siovic, Amos Tversky (a cura di), Judgmlmt ullder Ullurtaillty. Heuristics and Biases, Cambridge University Press, Cambridge 1982, pp. 32-47 (nuova ed. 2001). l Daniel Kahneman, Amos Tvcrsky, On the Psycho/ogy o[ Predictioll, "Psychological Review", n. 80, 1973, pp. 237-251. ' Organizzazione politica indipendente fondata da Carrie Chapman Catt nel 1920, circa sei mesi prima che il 190 Emendamento riconosce>se aUe donne statunitensi il diritto al voto. Nata come un «potente esperimento politico" volto ad aiutare le neo-elettrici a esercitare le responsabilità appena acquisite, dapprima includeva soltanto donne, ma nel 1973 una modifica dello statuto consentì l'aca!SSO anche agli uomini. La League è un'organizzazione ramificata a livello locale, con sezioni in tutti i 50 stati più il District of Columbia, Portorico e le Isole Vergini. Comprende circa 150.000 membri http://www.lwv.org/ AM/ Template.cfm?<"...ection:::AbouCUs [N.d.T.I . •Amos Tversky, Daniel Kahneman, Ex/nlsia/UII versus lnlrlitive Rcasoning: The Conjwldioll Fallncy iII Probability !«dgment, "Psychological Review", n. 90, 1983, pp. 293-315. ' Richard E. Nisbett, Ronald E. Lemley, Thl' Evil tlUlt Meli do elm bt' Dilrttt'd, the Good mmlot, University of Michigan, Ann Arbor 1979 (manoscritto non pubblicato) . • Amos Tversky, Daniel Kahneman, "CausaI Schemata in Judgments under Uncertainty», in Martin Fishbein (a cura di), Progrrss iII Social Psychology, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale 1978. 7Mentrc non occorre spiegare il riferimento alla menzogna in rapporto al presidente Nixon, è forse necessario ricordare che George Washington era famoso per il suo scrupolo di non mentire, stando al celebre aneddoto ri-
260
/1I.RAZJONAUT A.
ferito dal pastore anglicano Mason L..ocke Wcerns (A History cf t~ Ufo and Droth, Virtut"S Ilnd &ploils ofGmmll Gror;gt' WasllingtOlI, J. B. Lippincott Co, Philadelphia 191 8) secondo cui il giovane Washington, all'età di otto anni, avrebbe abbattuto un ciliegio del padre per provare l'ascia ricevuta in dono il giorno prima. Quando il padre gli chiese se sapeva chi fosse stato, Gcorge replicò semplicemente: .. Non posso mentire, sono stalo io ad abbattere il ciliegio» (N.d.T.). •Stuart Suthcrland, Guilty by Machin!' Errar, "New Scientisl"', 30 gennaio 1975, pp. 262-265. • Ward Casscells, Amo Schoenlx-rgcr, Thomas Graboys, Intnpmatiun by Physicialls cf C/illicn/lAboratory RLsults, ..New England Joumal of Medicine,., n. 299, 1978, pp. 999-1000. IO Malattia immaginaria il cui nome è stalo conialo ad hoc da Jonathan Baron (N.d.T.). 11 Jonathan Baron., lane Beattic. 10hn C. Hershey, Hn/ris,ics atu1 BinSt"S in Diagm)Stic Reasoning (D parte), CougrunlC~, luformnlion , lmd Cnioiuly, ..Qrganizational Behavior and Human Decision Processes,., n. 42, 1988, pp. 88- 110. " John Allen Paulos, Gli snumera/i. Impariamo a far di COllIo P" fart i conti eon il mondo, Leonardo, Milano 1992 (cd. or. fIllIUm"acy. Ma/ht!'ma/icalllfil"acy alld Us COIISt'llllmees, Hil1 &: Wang. New York 1988, 2001). La citazione è tratta da un discorso pronWlCialo da Poincaré in occasione dell 'Esposizione wUversale di St. L..ouis (1904), pubblicata in Henri Poincaré, L'ifal aetutl t"/l'llI.1t'/lir dt la physique mathhlla/iqut, .. Bulletin des sciences mathématiques", n. 28, 1904, pp. 302-324 IN.d.T.I. " Daniel Kahneman, Amos Tversky, 5ubj«tive Probability: A }udgmmt of &prest"1ItaliVl.'IIt'SS, ..Cognitive Psychology", n. 3, 19n, pp. 430-454. " Daniel Kahneman, Amos Tversky, .. Introduzione .. , in Kahneman, Siovic, Tvt"rsky (a cura di), }"dgmt'1l1 1I11dtT Ullcmaillty ciI. '. Eugene Borgida, Richard E. Nisbett, Tht' Diffrml/ia/ Impacl of Abslracl vs Cimerelt' " Ijorma/ioll 071 DtcisiollS, ..Joumal of Applicd Social Psychalogy", n. 7, 1977, pp. 258-271. " Ruth Hamill, limothy D. Wilson, Richard E. Nisbett, Iglloring Somplt Bias: '"frrnlces Aooul Collt'dillilies fram Atypical Ca~, University of Michigan, Ann Arbor 1979 (manoscritto inedito). " Shere Hitc (pseudonimo di Shirley Diana Gregory), è una sessuologa, opinionista e scrittrice statunitense molto noia per i suoi RoI'por/i sulla sessualilà: The Hitt RipOlI Oli Femalt!' s.-xua/i/y, Tht' Hi/e Rt'pOrl 011 MA/t' &xua1)
E/{RORI NEU·/NTEII.PJl.ETAZIONE DELLE EVIDENZE
'61
/ity, Tht Hitt Rt'pOrl & Ikyond, Tht Hitt Report 0" 1M Fnmi/y. t una figura controversa, amata e ammirata da molti, ma anche oggetto di critiche e di distinguo da parte della cultura accademica per i suoi metodi di ricerca, ritenuti approssimativi e poco scientifici. Laureata in storia, esperta in storia della questione femminile, collabora a molti periodici e giornali, è stata visitil/g lf'QcI,I'T alla Nihon Uni\'ersity di Tokyo, e ha tenuto lezioni e conferenze sull'identità psicosessuale femminile in numerose università, dalla New York University a Harvard, da Oxford alla Sorbona a Cambridge [N. d.T.). '0Paulos, J,,"umI'Tncy cil. "" t la ex Consumers' Association, oggi nota come Which ? Di qui il nome della rivista [N.d.T. ).
Capitolo 15 Decisioni incoerenti e cattive scommesse
Le persone sono estremamente incoerenti in fatto di scommesse. Prima di dimostrarlo, è necessario definire cosa si intende
per «valore atteso» di una scommessa: si tratta semplicemente della somma che ci si aspetta di vincere o perdere a ogni puntata se si ripete la scommessa per un gran numero di volte. Ad esempio, se qualcuno si impegna a pagarvi lO sterline con una probabilità di 0,4, mentre voi dovete dargliene 5 con una probabilità di 0,6, su una media di dieci scommesse lui vi pagherà quattro vol· te lO sterline e voi dovrete dargliene 5 sei volte. In dieci scommesse, quindi, è probabile che vinciate 40 sterline e ne perdiate 30, guadagnando così lO sterline. Per calcolare il valore atteso di una singola puntata, le lO sterline vanno divise per dieci (il numero delle puntate): esso è quindi pari a 1 sterlina. Ma questo è un metodo di calcolo piuttosto macchinoso: lo stesso risultato si può infatti ottenere moltiplicando la somma che ci si aspetta di vincere per le probabilità di vittoria e sottraendo quella che si rischia di perdere moltiplicata per le probabilità di sconfitta. II valore atteso, pertanto, sarà di lO sterline x 0,4 meno 5 sterline per 0,6 = l sterlina. Ora, è ovvio che è impossibile guadagnare esattamente 1 sterlina a puntata: o se ne vincono lO, o se ne perdono 5. Il valore atteso rispecchia il risultato più probabile di un gran numero di puntate, che la sorte tenderà a livellare sulla base della legge dei grandi numeri illustrata nel capitolo precedente. Potreste dire che tutto ciò è irrilevante ai fini di una singola puntata, in cui può es·
164
IRRAZIONAUT...
sere che abbiate fortuna e vi ritroviate con 10 sterline in tasca, ma questa è un'argomentazione debole: non potete sapere in anticipo che vincerete, anzi, nell'esempio proposto è più probabile che perdiate. Anche se è possibile che facciate questa particolare scommessa una volta sola, la vita può essere considerata come una serie di scommesse C, se ci tenete a realizzare al meglio i vostri obiettivi, farete bene ad assicurarvi di scegliere sempre la scommessa con il valore atteso più alto: tenuto conto dci fatto che la sorte tende a livellare le cose, ciò massimizza le vostre probabilità di ottenere quello che volete. (In un successivo capitolo dimostrerò che il valore atteso non dev'essere necessariamente espresso in tennini monetari.) La regola per calcolare il valore atteso, pertanto, è: moltiplicare il possibile guadagno per la probabilità che esso si verifichi e sottrarre la possibile perdita moltiplicata per la sua probabilità. Ovviamente, il risultato può anche essere negativo, nel qual caso siete di fronte a una cattiva scommessa: aspettatevi di perdere. Ora passerò a illustrare le manifestazioni dell'irrazionalità umana legate alla scelta delle scommesse da accettare. In effetti, le persone fanno spesso scommesse in cui le probabilità sono contro di loro. Lo stesso identico individuo che non è disposto a puntare lO sterline alla pari a testa o croce spende volentieri una somma uguale per una lotteria, tradizionale o abbinata alle corse dei cavalli, in cui il valore atteso è decisamente inferiore a zero, dati i costi organizzativi e le percentuali intascate dagli organizzatori. Supponiamo che la quota di partecipazione sia di 1 sterlina, che il montepremi sia di 500.000 sterline e che le probabilità di vincere siano 1 su 1.000.000: il valore atteso della lotteria è quindi 50 pence meno 1 sterlina o meno 50 pence. In altre parole, se partecipate a questa o ad altre lotterie simili, siete destinati a perdere in media 50 pence alla volta. Perché le persone indulgono in scommesse così palesemente sfavorevoli? Probabilmente perché si fanno impressionare dall'entità del montepremi, e pensano che in fondo il costo del biglietto sia irrilevante per loro, mentre vincere cambierebbe loro la vita: le dimensioni del premio li spingo-
DEC/S/ONIINCOE II.ENTI E CATTIVE SCOMMESSE
265
no a relegare ai margini della loro mente le scarse probabilità di vittoria. La scommessa in sé è irrazionale solo se l'obiettivo di chi la fa è di ritrovarsi più ricco, ma se per lui il piacere di pensare che potrebbe vincere 500.000 sterline vale 50 pence, allora si può considerare razionale. L'incoerenza nello scommettere, tuttavia, non può essere ritenuta razionale. Naturalmente la stessa scommessa può essere accettata un giorno e rifiutata un altro, dal momento che lo stato d'animo delle persone cambia, ma - e questo è un fenomeno ben più interessante - una persona può essere indotta ad accettare o rifiutare esattamente la stessa scommessa a seconda di come è formulata. In un esperimento, dapprima la maggior parte dei soggetti ha scelto di scommettere su una vittoria di 45 sterline con una probabilità dello 0,20 (valore atteso 9 sterline), anziché su una di 30 sterline con una probabilità dello 0,25 (valore atteso 7,50 sterline): una decisione chiaramente razionale. Le due scommesse, però, prevedevano un'unica fase, ma i soggetti hanno preso decisioni diverse quando le stesse scommesse sono state proposte loro articolate in due fasi: con una probabilità dello 0,75, il giocatore poteva essere eliminato dopo la prima, e quindi non vincere niente, oppure passare alla seconda con una probabilità dello 0,25. Nella seconda fase doveva scegliere tra 30 sterline sicure e 45 con una probabilità dello D,SO. Uno sguardo alla tabella 5 (p. 266) dovrebbe contribuire a chiarire il tutto. Prima di iniziare, i soggetti dovevano decidere l'opzione da adottare nella seconda fase: la maggior parte ha scelto quella che garantiva loro le 30 sterline sicure. Ma in termini di valore atteso il valore delle due opzioni è esattamente lo stesso di quelle della scommessa in un' unica fase, come si può vedere dalla tabella. Siccome i giocatori hanno solo lo 0,25 di probabilità di passare alla seconda fase , la prima opzione corrisponde a 0,25 x D,SO x 45 (o 9) sterline, mentre l'altra è di 0,25 x 1,0 x 30 (o 7,50) sterline. Perché i soggetti si sono comportati in modo così incoerente? Presumibilmente perché si sono fatti influenzare troppo dalla certezza di vincere 30 sterline se avessero superato iI primo stadio della scommessa 1.
IRRAZIONAurA
'66
Tabella 5 Probabilità di passare al/a seconda fase
Probabilità
Somma
Valore
di villcere
il! palio
attt!50
Opzione A
N/A
0,20
45 sterline
9 sterline
Opzione B
N/A
0,25
30 sterline
7.so sterline
Opzione A
0,25
0,80
45 sterline
9 sterline
Opzione B
0,25
l ,O
30 sterline
7.so sterline
U"af~
Due/asi
Vi sono molti altri esperimenti dai quali emerge che le perso-
ne si fanno irrazionalmente influenzare dal fattore «certezza». In uno di essi, i soggetti sono stati informati della scoperta di un nuovo virus, che, stando alle previsioni, avrebbe colpito il 20% della popolazione; il vaccino poteva avere effetti collaterali spia~ cevoli ma non letali. A parte dei soggetti è stato detto che esso avrebbe protetto la metà di coloro a cui fosse stato somministra· to, agli altri invece che esistevano due ceppi del virus, ognuno dei quali avrebbe infettato il 10% della popolazione, e che il vaccino avrebbe garantito una protezione totale contro uno di essi, ma nessuna contro l'altro. Si osservi che, in entrambi i casi, le probabilità che il vaccino fornisse una protezione completa dal virus erano le stesse (il 50%). Eppure, i soggetti del secondo gruppo che hanno optato per la vaccinazione sono stati molti di più di quelli del primo, e questo perché lo stesso problema era stato posto in due modi diversi: essi si sono fatti condizionare dalla certezzn che il vaccino li avrebbe protetti al 100"/0 da uno dei due ceppi del virus, proprio come, nell'esempio precedente, i soggetti si erano fatti pesantemente influenzare dalla sicurezza di vincere 30 ster-
DECISION I INCOERENTI E CATTIVE SCOMMESSE
267
Hne se avessero superato la prima fase della scommessa l . In un semplicissimo esperimento, ai soggetti è stato proposto di scegliere se scommettere su una vittoria di 100 fiorini con una probabilità dello 0,99, o di 250 fiorini con una probabilità dello D,SO. Benché la seconda opzione avesse un valore atteso decisamente più alto (125 fiorini contro 99), la maggior parte di loro ha scelto la prima, il cui esito era quasi certo, ma non del tutto l . In effetti, le persone trovano molto difficile combinare razionalmente le probabilità e i possibili guadagni o perdite connessi a una decisione. Vn settore in cui, nella vita di tutti i giorni, si tende ad attribuire un peso eccessivo alle probabilità e uno insufficiente ai costi è l'individuazione dei guasti. Prendiamo ad esempio un meccanico che si trovi di fronte a una macchina il cui motore non parte: il guasto potrebbe essere nelle candele, nei cavi d'accensione, nel distributore ecc. Ora, egli dovrebbe aver appreso da precedenti esperienze (o, ancora meglio, da un manuale fomito dai costruttori) quali sono le probabilità connesse a ogni singolo guasto, e dovrebbe anche sapere quanto tempo ci vuole per accertare la presenza di ognuno di essi. Il quesito è: quale dei possibili guasti dovrà controllare per primo? Chiaramente questo dipende da quanto tempo occorre per verificare ognuno dei possibili difetti e da quanto è probabile che ognuno di essi sia quello in questione. Maggiore è la probabilità, più ha senso controllarlo per primo, ma, analogamente, meno tempo ci vuole per accertarlo e più è sensato esaminarlo prima degli altri. In altre parole, il tempo che occorre per determinare un guasto dipende sia dalla sua probabilità sia dal tempo necessario per individuarlo, proprio come il valore atteso di una scommessa dipende sia dalla somma in palio sia dalle probabilità di vincerla. Tuttavia è stato dimostrato che, quando cercano i guasti, le persone tendono a passare in rassegna prima i più probabili, senza tenere debitamente conto del tempo che occorre per verificare O!,'1luno di essi. Probabilmente sono troppo interessati a scoprire il difetto, e quindi si concentrano molto di più sulle probabilità di trovarlo che sul tempo che questo richiede '. Vn comportamento simile fa perdere tempo ed è irrazionale: ci si aspetterebbe che tutti gli enti preposti all'individuazione dei gua-
268
IRRAZIONAUTA
sti calcolassero la sequenza ottlmale in cui vanno esaminati i p0ssibili difetti e trasmettessero tali informazioni a chi concretamente esegue il lavoro. Purtroppo dò avviene di rado: ancora un altro esempio dell'incapacità di organizzare razionalmente le cose. Un'altra curiosa forma di incapacità di valutare le probabilità è illustrata dal seguente esperimento. Ai soggetti sono state mostrate una serie di carte nere e rosse, ed è stato detto loro che avrebbero vinto del denaro ogni volta che avessero detto «sì» a una carta di un certo tipo e no a una di un altro. Di fatto venivano premiati a caso ,'80% delle volte quando dicevano «sì» alle carte nere, e il 20% quando dicevano «sì» a quelle rosse. Ebbene, essi hanno scelto di distribuire le loro congetture nella stessa proporzione: 80% di «sì» alle carte nere, 20% di «sÌ» a quelle rosse. Però, se avessero voluto ottenere il premio più alto, avrebbero dovuto dire sempre «sì» alle carte nere e ,(fiO» a quelle rosse, assicurandosi così una vincita nell'SO% anziché nel 68% dei casi. Questo comportamento potrebbe non essere irrazionale come sembra, poiché è possibile che i soggetti stessero cercando di scoprire la regola sottesa all'esperimento, senonché avrebbero potuto riuscirei altrettanto bene concentrando tutti i loro «sì» sulle carte nere e osservando i risultati s. Un problema, a proposito del quale le persone prendono decisioni contraddittorie a seconda di come è formulato, è illustrato dal seguente esperimento. Ai soggetti è stato detto che era scoppiata una rara epidemia, la quale, secondo le previsioni, avrebbe ucciso 600 persone. Vi erano due modi possibili per combatterla, ma non potevano essere utilizzati entrambi. le conseguenze di ogni programma terapeutico, note in partenza, erano le seguenti: Programma A: 200 persone salvate con certezza. Programma B: 600 persone salvate con una probabilità dello 0,33. Quando il problema è stato formulato in questo modo, la maggior parte dei soggetti ha detto che avrebbe scelto il programma A, probabilmente perché non voleva correre il considerevole ri-
VECl SIONI INCOER ENTI E CAlTlVE SCOMMESSE
'" schio di non salvare nessuna delle 600 persone che si prevedeva sarebbero morte. Poi gli sperimenta tori hanno proposto ad altri soggetti esatta· mente lo stesso problema, ma espresso in una diversa forma, che si può sintetizzare così: Programma A: 400 persone morte con certezza. Programma B: 600 persone morte con una probabilità dello 0,67. Quando le informazioni sono state trasmesse in questo modo, la maggior parte dei soggetti ha scelto il programma B, probabil· mente perché tra 600 e 400 morti la differenza non sembra essere poi così grande, e 200 morti in meno non controbilanciano l'o?," portunità di salvare tutti con una probabilità dello 0,33. Naturalmente gli effetti di entrambi i programmi, nell'una e nel· l'altra forma, sono identici. L'unica differenza tra essi è che uno è formulato in termini di guadagni (persone salvate), l'altro in termi· ni di perdite (persone morte). Per convincervene, esaminate le seguenti descrizioni dei due programmi, in cui i loro effetti in termini di persone salvate e morte sono stati accorpati in un'unica frase: Programma A: 200 persone salvate con certezza. Quindi 400 per. sone morte con certezza. Programma B: 600 persone salvate con una probabilità dello 0,33. Quindi 600 persone morte con una probabilità dello 0,67. L'incoerente passaggio da un programma all'altro si verifica per· ché le persone sono più inclini ad accollarsi dei rischi per evitare una perdita che per ottenere un guadagno. Volete la dimostrazione? Pensate a quali opzioni scegliereste nelle seguenti situazioni:
Situazione 1 Opzione A: accettare una vincita sicura di SO sterline. Opzione B: accettare una vincita di 100 sterline con una probabilità dello O,SO.
170
IRRAZIONALlTJt
Situazione 2 Opzione A: accettare una perdita sicura di 50 sterline. Opzione B: accettare una perdita di 100 sterline con una probabilità dello 0.50 di non perdere nulla.
Quando ai soggetti è stato chiesto di scegliere tra le due opzioni, la maggior parte di essi ha indicato A nella prima situazione e B nella seconda. Erano meno disposti a rischiare una vincita certa di 50 sterline per una possibile di 100 sterline che a rischiare di perdere altre 50 sterline per scongiurare una perdita di 50 sterline. Le persone, quindi, sono contrarie ai rischi in fatto di vincite (situazione 1), ma disposte ad accettarli in caso di perdite (situazione 2).
L'esempio dei due programmi per la cura dell'epidemia è in linea con questo risultato generale: un numero molto maggiore di soggetti, infatti, ha scelto il programma che comportava dei rischi (B) quando è stato presentato come potenzialmente in grado di evitare delle perdite (morti) rispetto a quando è stato descritto come potenzialmente in grado di assicurare dei vantaggi (vite salvate). Ma non è affatto razionale prendere decisioni diverse riguardo allo stesso problema a seconda di come viene formulato. Non si sa con certezza perché le persone si comportino così. t: possibile che sentano di poter trarre una certa soddisfazione da una determinata vincita, e che l'ulteriore soddisfazione che potrebbero ricavare da una vincita maggiore ma incerta non basti ai loro occhi a compensare la delusione di non guadagnare nulla se la scommessa non va in porto: per questo corrono il rischio di doversi pentire della loro decisione. Per quanto riguarda le perdite, il fatto di optare per una perdita certa di per sé potrebbe gettarle nello sgomento: perciò probabilmente pensano che valga la pena di rischiarne una maggiore, garantendosi in cambio l'opportunità di evitare ogni perdita, e quindi ogni sgomento. La possibilità di non perdere nulla compensa ai loro occhi il rischio di andare incontro a una delusione maggiore se la scommessa non va a buon fine. Non si può certo dire che questi siano atteggiamenti razionali, ma quando si entra nella sfera delle emozioni non ha molto
VECISIONIINCOE RENTI E CAITIVE SCOMMESSE
271
senso parlare di razionalità. Quello che è davvero irrazionale è prendere decisioni diverse a proposito di uno stesso problema a seconda di come viene presentato '. Probabilmente è perché per loro una perdita è più importan· te dell'equivalente vincita che le persone sono disposte a corre· re rischi maggiori per evitare delle perdite che per ottenere dei guadagni. Ciò è stato simpaticamente dimostrato nel seguente esperimento. Ad alcuni soggetti sono state consegnate delle taz· ze del costo di circa 5 dollari, con la precisazione che potevano tenersele; poi è stato detto loro che potevano venderle a un prezzo da stabilirsi, e sono stati invitati a indicare la cifra che ri· tenevano accettabile. In seguito, ad altri soggetti che non aveva· no ricevuto le tazze ne è stata mostrata una, ed è stato chiesto loro quanto sarebbero stati disposti a pagar la. Ora, il prezzo me· dio indicato dai potenziali venditori era 9 dollari, mentre i potenziali acquirenti ne offrivano solo 3,50. Le persone sono restie a separarsi da ciò che possiedono: sono disposte a farlo soltan· to a un prezzo maggiore di quello che pagherebbero per acquistare lo stesso oggetto '. Va osservato però, tra parentesi, che nella vita di tutti i giorni esistono circostanze in cui le persone si dimostrano contrarie al rischio in fatto di perdite, tanto che a volte accettano una perdita certa per evitare la possibilità di una più grande (ossia, agiscono in modo opposto a quello appena descritto): il miglior esempio è costituito dalla scelta di stipulare un'assicurazione. In tennini di valore atteso, assicurarsi non è un buon investimento: i costi sano superiori alla perdita attesa (la probabilità della perdita moltiplicata per la sua entità) poiché le compagnie di assicurazione in· tascano la loro quota. Nella maggior parte dei casi, però, assicurarsi è razionale. Il potenziale sconvolgimento della vita di una persona, dovuto al fatto che non è in grado di ricomprarsi una casa distrutta dal fuoco, o anche una macchina sfasciata, giustifica le somme relativamente contenute che spendiamo per tutelarei da tali disastri. Sebbene in genere siamo disposti ad affrontare dei rischi a livello personale per evitare una perdita, sembra che siamo meno
272
IRRAZlONAUT),
propensi a farlo se si tratta degli altri. È noto ad esempio che, nel· le donne in menopausa, la terapia a base di estrogeno riduce considerevolmente il rischio di degenerazione ossea, una condizione che può provocare fratture, le quali. a loro volta. possono portare alla morte. Ma purtroppo. in un numero assai limitato di casi l'estrogeno causa l'insorgere del cancro all'utero. Secondo un attento calcolo effettuato dai ricercatori medici, tuttavia, la percentuale di donne che l'assunzione del farmaco può salvare dalla morte dovuta a fratture ossee è di gran lunga superiore a quella delle donne alle quali il medesimo farmaco potrebbe provocare il cancro all'utero. Malgrado ciò, molti ginecologi sono restii a utilizzarlo. Probabilmente temono, somministrandolo, di rendersi responsabili dell'esiguo numero di morti provocate dal cancro dell'utero, mentre non si sentono responsabili dei decessi avvenuti in seguito a fratture ossee, poiché questi possono essere attribuiti a cause naturali. Oggi, però, è noto che, associando la progestina all'estrogeno, si elimina il rischio del cancro, ma molti medici sono ancora riluttanti a prescrivere la combinazione dei due farmaci: le vecchie abitudini, specie queUe cattive, sono dure a morire ~. Vi è un'ulteriore forma di pensiero irrazionale che può condurre a decisioni incoerenti. Quando formulano una previsione, le persone tendono a ignorare le piccole differenze tra i predittori che vengono loro indicati e a concentrarsi su quelle relativamente grandi. Nel corso di uno studio, ai soggetti è stato chiesto di decidere di volta in volta, tra varie coppie di candidati, chi dovesse essere preferito per l'ammissione a una data università; e a tal fine sono state fomite loro le cifre riportate nella tabella 6, che sono i punteggi assegnati a cinque studenti in rapporto a tre fattori: intelligenza, stabilità emotiva e abilità sociale. È chiaro che l'intelligenza è probabilmente il miglior predittore di successo negli studi, ma si noterà che la differenza tra i vari candidati sotto questo profilo era lieve, mentre quella relativa alle altre due variabili era piuttosto marcata. Di conseguenza, i soggetti hanno ritenuto che A dovesse essere preferito a B, B a C, C a D e D a E.
DECIS/ONIINCOER ENTI E CAITIVE SCOMMESSE
27J
Quando è stato chiesto loro chi dovesse essere scelto tra A ed E, fra i quali esisteva una notevole differenza in fatto di intelligen· za, i soggetti hanno scelto E. Ciò è chiaramente contraddittorio: in termini logici non si può preferire A a B, B a C, C a D, D a E ed E ad A. Le prime quattro scelte implicano che A dev'essere preferi· to a E: A è il migliore ed E è il peggiore. Tuttavia, di fronte ad A ed E, i soggetti hanno ritenuto E migliore di A 0. Tabella 6
Candidato
lntelligen'l.a
Stabilità emotiva
Abilità sociale
A
69
84
75
B
72
78
65
C
75
72
55
D
78
66
45
E
81
60
35
Potreste pensare che questo esperimento sia stato abilmente truccato al fine di confondere i soggetti e indurIi a prendere deci· sioni contraddittorie, e ovviamente avete ragione. Tuttavia, nella vita reale tendiamo a ignorare le piccole differenze a nostro ri· schio e pericolo. Quando si tratta di scegliere la carriera da intraprendere, la casa o l'auto da acquistare, non ci sono solo tre variabili tra le diverse opzioni, ma moltissime, ed è sempre possibile che le piccole differenze, una volta sommate tra loro, finiscano per prevalere su quelle più rilevanti. Tra parentesi, esistono dati da cui emerge che i margini di prababilità molto bassi vengono spesso ignorati. Quando ad alcuni automobilisti americani è stato detto che avevano 0,0000025 probabilità di morire in un singolo viaggio in auto, solo il 10% di lo-
274
tRRAZIONAUT~
ro ha manifestato l'intenzione di indossare le cinture di sicurezza. Quando invece si sono sentiti dire che avevano lo 0,1 di probabilità di morire in un incidente d'auto nell'arco di tutta la loro vita (cifra basata sulla precedente), la percentuale di quelli intenzionati a usare la cintura di sicurezza è salita al 39°/0). Ancora una volta abbiamo la prova che la risposta dipende dal modo in cui è formulata la domanda l0, Ecco un ultimo esperimento che dimostra l'esistenza di un'ulteriore forma di incoerenza. Anche in questo caso, ai soggetti s0no state offerte due opzioni: Opzione A: vincere 2 dollari con una probabilità di 29/36. Opzione B: vincere 9 dollari con una probabilità di 7/36.
Il valore atteso della prima scommessa è 1,61 dollari, quello della seconda 1,75, per cui non occorre riflettere a lungo per decidere quale scegliere. Eppure, alla domanda «quale delle due preferiresti accettare?» la maggior parte dei soggetti ha risposto che optava per la prima, mentre, quando è stato chiesto loro di indicare quanto denaro erano disposti a puntare per partecipare alle due scommesse, hatulo offerto di più per la seconda opzione (ad esempio, 1,25 dollari per la prima e 2,10 dollari per la seconda). Perché mai avevano detto che preferivano l'opzione A se in realtà erano pronti a tirare fuori più soldi per scommettere sull'opzione B? La risposta sembra chiamare in causa ancora una volta l'errore di disponibilità: quando gli viene chiesto quale scommessa preferirebbe accettare, il soggetto pensa alla vincita e confronta le cifre per verificare le probabilità, che sono più elevate nell'opzione A, ma quando gli viene chiesto quanto valgono le due scommesse, si concentra sulla somma che potrebbe riscuotere a ogni puntata, la quale è più alta nell'opzione B, e pertanto sceglie quell'opzione Il . Questa sezione si conclude con alcuni esempi - tutti tratti dalla vita reale - di decisioni incoerenti in quanto irrazionalmente influenzate dal contesto in cui si situano '). Supponiamo che una persona voglia acquistare un frigorifero di una particolare marca, che costa poco più di 200 sterline. Insieme alla moglie si reca in
DECISIONIINCOER.ENTI (CA17/vE SCOMMESSE
275
un negozio e trova il frigo a 210 sterline, ma lei gli dice che a pochi chilometri di lì c'è un altro negozio dove lo vendono a 205 sterline; lui però non ha proprio voglia di spostarsi e compra il frigo sul posto. Quello stesso pomeriggio, la coppia si reca in un altro negozio per dare un'occhiata alle radio, e ne sceglie una che costa 15 sterline. Ma la moglie, che a quanto pare è una consumatrice ben informata, afferma che la stessa radio si può trovare a pochi chilometri di lì per lO sterline; salgono in macchina, raggiungono l'altro negozio e la comprano. Questo comportamento è estremamente diffuso e del tutto irrazionale: in entrambi i casi, infatti, il guadagno derivante dalla scelta di recarsi nel secondo negozio è di 5 sterline, per cui o vale la pena di impiegare tempo, fatica e benzina per risparmiare 5 sterline, oppure no. Ma le persone non si fanno guidare dalla reale entità della cifra risparmiata, bensÌ dalla proporzione esistente tra essa e il costo dell'articolo da comprare. Anche se l'esempio citato è immaginario, l'effetto che documenta è stato dimostrato da una serie di studi sperimentali. È ragionevole concludere che la quantità di sforzo che una persona è disposta a sostenere per risparmiare una data somma di denaro dipende dal contesto in cui colloca tale scelta. Qualcuno ha affermato che è questa la ragione per cui, sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti, gli sconti sui prezzi delle automobili sono segnalati a parte. Può sembrare che vi sia poca differenza di prezzo tra una macchina che costa 12.000 sterline (o, più probabilmente, 11.999) e una che ne costa 11..500, ma se lo sconto di .500 sterline è evidenziato separatamente, esso viene percepito come un notevole risparmio (e in effetti, per la maggior parte della gente, lo è). Inoltre, le aspettative sono di fondamentale importanza: se sapete che un'a uto costa Il.500 sterline, è probabile che comprandola crediate di pagarla al prezzo giusto; se però vedete esposta la stessa auto a 12.000 sterline, ma con uno sconto segnalato a parte di 500 sterline, probabilmente penserete di risparmiare acquistandola. Pochi possono resistere a un affare, non importa quanto piccolo esso sia. Ecco un ultimo esempio di contraddittorietà e incoerenza nelle decisioni dovute al fatto che le stesse informazioni vengono
276
IRRAZIONAurA
fornite in forme numericamente diverse. Immaginiamo che fumiate, e che un medico vi dica che il fumo accresce del 3W/" la vostra probabilità di morire nei prossimi vent'anni: probabilmente prenderete in considerazione la possibilità di smettere. Ma supponiamo che il medico avesse espresso lo stesso rischio in modo diverso, dicendovi che, se continuerete a fumare, la vostra probabilità di morire entro i prossimi vent'anni passerà dall'l % all'l~% : sareste ancora disposti a smettere? Anche in questo caso, le nostre reazioni non sono determinate soltanto dalle informazioni che riceviamo, ma dal modo in cui esse sono formulate. Gli studi riportati di seguito dimostrano che è facile manipolare le conclusioni a cui le persone pervengono a partire dagli stessi elementi, anche quando i numeri non ,'entrano. In un esperimento ormai classico l l, Elizabeth Loftus ha mostrato ai soggetti la videoregistrazione di un incidente automobilistico, poi ad alcuni di loro ha chiesto: «A che velocità andavano le auto quando si sono schiantate l'una contro l'altra?», ad altri invece: «A che velocità andavano le auto quando si sono scontrate?». La velocità media indicata dal primo gruppo è stata di 65 km all'ora, quella proposta dal secondo di 54. Una settimana dopo, ai soggetti è stato chiesto se avessero notato la presenza di vetri rotti sulla scena dell'incidente: ebbene, tra quanti hanno (erroneamente) segnalato tale dato, gli esponenti del primo gruppo erano il doppio di quelli del secondo. L'aver suggerito loro che le auto andavano veloce li aveva portati a visualizzare inconsciamente la presenza di vetri rotti. Elizabeth Loftus ha proseguito l'esperimento mostrando a un altro gruppo di soggetti il video di un incidente automobilistico in cui veniva investito un pedone; una macchina verde passava sul luogo dell'incidente senza fermarsi. Poi, ad alcuni soggetti sano state poste domande relative al passaggio di una (immaginaria) macchina blu, e in seguito è emerso che avevano memorizzato in modo errato il colore dell'auto: per loro era blu, non verde. Loftus è perfino riuscita a far visualizzare loro un inesistente granaio situato presso il luogo dell'incidente, facendo casualmente scivolare un accenno a esso nelle sue domande. Ma i soggetti non
DECISIONI rNCOERENTI E CA 1TIVE SCOMMESSE
277
stavano solo cercando di compiacere la sperimentatrice assecondandone i suggerimenti, dal momento che, quando è stato offerto loro un lauto compenso per fare un accurato resoconto dei fatti (resoconto che sarebbe stato messo a confronto con il video), hanno continuato a fare gli stessi errori. Certo, la nozione di potere della suggestione non è nuova, ma questi esperimenti costituiscono una dimostrazione particolarmente convincente di essa. l loro risultati non soltanto suggeriscono che le persone, senza saperlo, si lasciano irrazionalmente influenzare dal modo in cui viene posta loro una domanda, ma mettono m discussione la razionalità del sistema giudiziario antagonistico in vigore in gran parte dei paesi ocadentali: gli esiti di un processo, infatti, possono dipendere in larga misura dall'abilità dei rispettivi avvocati nel fonnulare le domande. C'è un altro tipo di errore, che incide sulla nostra valutazione del numero più probabile di esemplari di uno stesso gruppo, o del valore più probabile all'interno di un particolare continuum. Ad alcuni soggetti è stato chiesto quale percentuale degli stati africani facesse parte dell'ONU, ma, prima che rispondessero, è stata fornita loro una percentuale, ed essi sono stati invitati a indicare se fosse più alta o più bassa di quella reale. La valutazione media dei soggetti a cui all'inizio era stata proposta una percentuale del 10% è stata del 25%, mentre per quelli che erano partiti da una percentuale del 65% è stata del 45%. Restando saldamente legati alle percentuali iniziali, questi soggetti si sono comportati m modo particolarmente irrazionale, perché avevano visto che le cifre di partenza erano state ottenute facendo girare una ruota della fortuna: quindi sapevano che esse non potevano avere alcun rapporto con le vere percentuali che stavano tentando di determmare. In un esperimento analogo i soggetti, divisi in due gruppi, sono stati invitati a stimare rispettivamente le probabilità che gli abitanti della Turchia fossero più di 8 milioni e meno di 6S milioni. Poi, a entrambi i gruppi è stato chiesto di provare a indovinare la reale entità della popolazione, ed essi hanno fornito stime molto diverse, cioè, rispettivamente, 17 e 35 milioni. Anche loro erano riluttanti a discostarsi troppo dalle afre iniziali ".
278
IRRAZIONAUTA
Un errore simile si verifica quando alle persone viene chiesto di quantificare le loro valutazioni scegliendo un punto all'interno di una scala di valori. Quest'errore, che è stato confermato da molti esperimenti, può condurre a gravi inesattezze neUe raccolte di dati effettuate mediante questionari. Ad esempio, a due diversi gruppi di soggetti è stato consegnato un questionario relativo al numero di attacchi d'emicrania di cui può soffrire una persona nell'arco di una settimana: un gruppo doveva indicare se tale numero era compreso tra 1 eS, 6 e lO, 11 e 15 e così via, mentre all'altro sono state proposte serie di cifre suddivise nella forma 13, 4-6, 7-9 ecc. Ebbene, il primo gruppo ha segnalato un numero di attacchi molto più alto del secondo 15. Inoltre, quasi tutti sono influenzati dai due valori estremi di una scala, e tendono a scegliere un numero vicino al centro. Così, se a una persona viene chiesto di indicare quante volte si lava i denti in una settimana cerchiando un numero in una serie consecutiva che va da O a 15, probabilmente risulterà che se lì lava molto meno spesso che se le fosse stata fornita una sequenza compresa tra O e 40. Di fronte a due numeri situati agli estremi di una scala, le persone tendono a scegliere un numero intermedio, indipendentemente dal fatto che sia giusto o no. Questi errori umani possono essere - e di fatto sono - sfruttati dagli enti governativi e dalle agenzie pubblicitarie per produrre statistiche fuorvianti. L'affermazione secondo cui la maggior parte dei cittadini è soddisfatta di Margaret Thatcher o di George Bush non ha alcun significato se è stata ottenuta chiedendo alle persone di mettere un segno di spunta accanto a una delle seguenti voci:
Insoddisfatto - Soddisfatto - Molto soddisfatto - Estremamente soddisfatto Esse tenderanno infatti a barrare una delle due voci al centro della scala. Questi fenomeni vanno sotto il nome di «effetto ancoraggio». Nella scelta di un numero, in genere le persone si orientano su uno vicino, o «ancorato», a quello che è stato presentato loro al-
DfC/S/ONllNCOfRE/lfr1 E CATTIVE SCOMMESSE
279
l'inizio o, nel caso della scala, su uno vicino al centro. La probabile causa di tale effetto è la riluttanza delle persone ad abbandonare un'ipotesi. Se iniziano con un numero, anche quando esso è determinato dalla rotazione casuale di una ruota, adottano quel numero come ipotesi di lavoro e, sebbene talora di fatto si allontanino da esso, solitamente nella giusta direzione, sono restii a discostarsene troppo. Analogamente, quando scelgono un punto su una scala graduata o una cifra all'interno di una serie consecutiva di numeri, sono riluttanti ad allontanarsi troppo dagli estremi e di conseguenza optano per un punto o un numero vicini al centro. Inconsciamente danno per scontato che le estremità siano all'incirca equidistanti dal valore reale. Lasciare che il proprio giudizio sia influenzato dal punto di ancoraggio iniziale è fonte di incoerenza: partendo da punti di ancoraggio diversi, infatti, vengono formulati giudizi diversi, anche se il punto di ancoraggio non ha alcun rapporto con il giudizio più corretto. L'effetto ancoraggio rende le persone incapaci di calcolare approssimativamente il risultato della moltiplicazione o dell'addizione di una serie di numeri. Propongo due esempi: il primo è banale ma chiarisce il punto; il secondo implica risvolti potenzialmente assai dalU\osi per le tasche della gente e la sicurezza dei progetti su vasta scala '~ . 1. A un gruppo di soggetti è stato chiesto di calcolare rapidamente il prodotto di: 8x7x6x5 x 4 x3x2x 1; e a un altro gruppo il prodotto di: 1 x2x 3x 4 x 5x6x7x8. In media il primo gruppo ha risposto 2.250, il secondo invece 512. Probabilmente entrambi i gruppi erano stati influenzati dalle cifre, rispetti vamente più alte e più basse, che comparivano al-
280
IRRAZIONALITÀ
l'inizio deUe loro serie; è anche possibile che ognuno dei due avesse prima moltiplicato tra loro alcuni dei numeri situati a sinistra e poi effettuato una stima basata sulla cifra ottenuta fino a quel momento. E comunque, in entrambi i casi i risultati fomiti erano troppo bassi: la risposta esatta, infatti, è 40.320. Probabilmente le loro risposte erano rimaste ancorate alle otto cifre - tutte relativamente basse - che avevano visto. 2. Vi è però un errore dalle implicazioni ben più importanti: le persone sono negate nel calcolo delle probabilità di una serie di eventi quando si conosce la probabilità di ognuno di essi. Se piazzate una scommessa multipla su tre cavalli, ciascuno dei quali ha lo 0,2 delle probabilità di vincere (con una quotazione di 4 a 1, che difficilmente vi verrà proposta), la probabilità che riscuotiate una vincita dal vostro bookmaker è solo dello 0,008 (8 su 1000). Ora, dal momento che j bookmaker conoscono bene l'aritmetica, e sanno che molti dei loro clienti o non la conoscono o non vogliono conoscerla, è probabile che la quotazione che vi offriranno per la scommessa citata sia molto peggiore di questa. È stato ripetutamente dimostrato che le persone, a meno che non ricorrano all'aritmetica, tendono a sovrastimare le probabilità di un evento determinato da una sequenza di altri eventi, ciascuno dei quali connotato da un proprio grado di probabilità. Per l'effetto ancoraggio, infatti, si concentrano troppo sulle probabilità dei singoli eventi, e non capiscono che, moltiplicandole tra loro per stabilire la probabilità che si verifichi un dato risultato, si otterrà un valore complessivo molto più basso. È in parte per un motivo simile che i soggetti che giudicavano probabile che Linda fosse femminista e alquanto improbabile che fosse una cassiera di banca tendevano a ritenere più plausibile che fosse una cassiera di banca femminista che non una cassiera di banca tout court, come abbiamo visto nel capitolo precedente. Un errore analogo si verifica in presenza di più eventi probabilistici, ognuno dei quali suscettibile di produrre lo stesso risultato. Supponiamo ad esempio che vi siano 1000 possibili cause
DECISIONI INCOERENTI E CATTIVE SCOMMesse
281
strutturali per cui un certo aereo potrebbe precipitare nell'arco di cinque anni, e che ognWla abbia 1 probabilità su 1.000.000 di verificarsi in quel periodo. La probabilità che un qualunque aereo di quel tipo precipiti per guasti strutturali nell'arco dei cinque anni è approssimativamente di 1 su 1000. Eppure, di fronte a problemi del genere, le persone si concentrano molto di più sui possibili guasti delle singole parti, sottovalutando così clamorosamente le probabilità di un evento che dipende dalla somma dei guasti di ognuna di esse. Tale tendenza contribuisce a pnr durre le stime irrealistiche del tempo necessario a completare un progetto su vasta scala: benché le probabilità di Wl singolo inconveniente possano essere piccole, gli inconvenienti che potrebbero verificarsi sono molti: uragani, scioperi, carenza di componenti essenziali e così via. Quando si tratta di determinare la sicurezza dei reattori nucleari, le probabilità vengono calcolate su base matematica, ma in questo caso si presenta un altro problema, ossia quello di valutare tutti i rischi - che vanno dai guasti materiali al terrorismo - e di quantificare con esattezza tutti i possibili inconvenienti. TI lettore potrebbe obiettare che non si può pretendere che una persona ricorra in continuazione alla matematica. Esistono due possibili risposte a tale obiezione. La prima è che in effetti è possibile avere una qualche intuizione dei risultati della moltiplicazione o della somma di più probabilità (si pensi all'esempio dell'aeroplano); tuttavia, dal momento che le persone sbagliano sistematicamente in entrambi i casi, vuoi dire che non hanno sviluppato un 'intuizione tale da avvicinarsi, almeno in misura approssimativa, alla stima esatta. La seconda risposta, che è anche la più importante, è che la matematica costituisce lo strumento principe del pensiero razionale: è impossibile essere razionali senza di essa, che si tratti di seguire le corse dei cavalli, di progettare un aereo o, come dimostreremo più avanti, di selezionare il candidato giusto per un posto di lavoro.
182
IRRAZ/ONAUTA
Morale 1. Calcolate sempre il valore atteso di una scommessa prima di accettarla. 2. Prima di accettare qualunque tipo di scommessa, stabilite cosa volete ottenere da essa: un valore atteso elevato, la remota possibilità di vincere una grossa somma di denaro con un modico esborso, un guadagno probabile ma piccolo, o anche solo il brivido del gioco d 'azzardo, che però, in genere, ha anch'esso il suo prezzo. 3. Ricordatevi che, sia che riusciate a risparmiare 5 sterline sul prezzo di una casa o sul costo di una radio, quel risparmio è ugualmente prezioso per voi. 4. Se state effettuando una stima numerica sulla base di un determinato valore iniziale, ricordatevi che è probabile che la stima corretta sia molto più lontana da tale valore di quanto potreste pensare in un primo momento. 5. Ricordatevi che molte piccole probabilità indipendenti possono sommarsi fino a dar luogo a una probabilità piuttosto grande. 6. Analogamente, se un evento è determinato dal verificarsi di tutta una serie di ulteriori eventi, la probabilità che esso si verifichi sarà molto più bassa di quella di ognuno degli altri eventi.
, Amos Tversky, Danicl Kahneman, TIre Framil1g 01 Decisiolls alld lire Psycllology 01 Choice, .. Science», n. 211, 1981, pp. 453-458.
, lvi. ' Willcm Albert Wagenaar, Paradoxes 01 Gambliflg Belmviour, Lawrence Erlbaum Associates, Hovc 1988. • Marvin H. Detambel, Lawrence M. Stolurow, Probabi/ity alld Work as DtItrmilltT"S 01 Multiclwict BeluJVwr, "Joumal of Experimental Psychology", n. 53, 1957, pp. 73-81. ' Milton P. Friooman, Clctus J. Burke, Michael Cole et al., ..Two-Choice Behavior under Extended Training with Shifting Probabilities of Reinforcement", in Richard C. Atkinson (a cura di), 51udies iII Matl,ematical Psychology,Stanford University Press, Stanford 1964, pp. 250-316.
DECISIONI INCOERENTI E CATTIVE SCOMMESSE
283
"Tversky, Kahneman, fhe Frnmillg of Decisio1l5 nlld tlle Psychology ofChoicr cito , Danicl Kahneman, Jaek L. Knetsch, Richard H. Thaler, Faimess ns a COIIstrnillt Ori Profi/ Seekillg: Elltitltmellts 011 the Marlu/, «American Economie Review», n. 76, 1986, pp. 728-741. ' Arthur S. Eistein, Gerald B. Holzman, Michael M. Ravitch el al., CompariSOli of Pllysicinlls ' DITisiolls Rtgardillg Estrogell Replaeel1lt!llt flu.>rapy Ior Mt1I0pausa/ WOl1lell ulld Dreisiolls Dl.'rived fram a DecisiOlI Alln/ytie Model, «American Jouma! of Medicine», n. BO, 1986, pp. 246-258 . • Amos Tvcrsky, ll1trallsitivity of Prefertllees, «Psychologieal Review ", n. 76, 1976, pp. 3148. ,. Norman D. Schwa!m, Paul Slovic, Drodopmellt Ulld Test of UMotivntiollal Approaeh u/ld Mate/'ia/s for l/1e"asillg Use of Restraillt, relazione tecnica finale PFrR (Perccptronics Final Technica! Report), PFTR-ll00-82-3, Perceptronics Ine, Woodland HilIs 1982. Il Amos Tversky, Shmuel Sattath, Paul Slovic, COIl/illgellt WeighU/lg iII !udgmtllt alld Choice, "Psychological Review», n . 95, 1988, pp. 371-384. II I seguenti esempi sono tratti da Richard H . Thaler, Mmtal Aeeoullti/Ig a"d COIIsume/' Choice, «Marketing Science», n . 4, 1985, pp. 199-214. " Elizabeth F. Loftus, Eyeruitlless Teslimolly, Harvard University Press, Cambridge 1979. "Per l'effetto ancoraggio, vedi Amos Tversky, Danie! Kahneman, ludgmml ullde/' Ulleertainty. Heuristics ulld Biases, "Science», n. 185, 1974, pp. 11241131" Loftus, Eyt1vi//ltsS TestimollY ciI. '" Per questo e i successivi esempi si veda Amos Tversky, Daniel Kahneman, "Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases», in Daniel Kahneman, Paul Slovic, Amos Tversky (a cura di), fr1dgmtllf uI/dtr Ulleertai/lty. Hellristics Qnd Biases, Cambridge University Press, Cambridge 1982 (nuova ed. 2001).
Capitolo 16 Eccesso di sicurezza
Un aspetto dell'eccesso di sicurezza è il cosiddetto giudizio a posteriori, che assume due fonne. La prima è credere che un evento già accaduto fosse inevitabile e, date le circostanze iniziali, avrebbe potuto essere predetto; la seconda è credere che, se avessimo dovuto prendere una decisione che di fatto è stata presa da qualcun altro, avremmo optato per una migliore. Un ingegnoso esperimento per dimostrare l'esistenza del giudizio a posteriori è stato effettuato in Israele da Baruch Fischhoff l. I soggetti sono stati invitati a leggere le descrizioni di alcuni eventi storici, tra cui quella di una battaglia tra esercito britaruùco e gurkha l avvenuta in lndia nel 1814. Ecco un estratto della descrizione che è stata loro proposta: (II Per alcuni anni dopo l'insediamento Idei marchesel di Hastings come Governatore generale deU'lndia, il consolidamento del dominio britannico comportÒ una serie di aspre guelle. (21 La prima di queste guerre fu combattuta presso il confine settentrionale del Bengala, dove gli inglesi dovevano fronteggiare le incursioni e i saccheggi dei gurkha del Nepal. [3] Si era tentato di fermare i raid ricorrendo a uno scambio di territori, ma i gurkha non avevano voluto rinunciare alle loro rivendìcazioni nei confronti di un paese che era già sotto il dominio britannico, (4) e Hastings decise di liberarsi di loro una volta per tutte. [51 La campagna ebbe inizio nel novembre del 1814, e non fu certo gloriosa. 1611 gurkha potevano contare soltanto su una forza di circa 12.000 uomini; (71, ma erano
286
IRRAZIONAUTA
combattenti valorosi. e si muovevano in territori molto adatti alle loro tattiche predatorie. [8]1 comandanti britannici più anziani erano abituati a combattere nelle pianure, dove un attacco risoluto bastava a mettere in fuga il nemko.(9) Ma nelle montagne del Nepal non era facile per loro trovare il nemico. \10) Le truppe e gli animali da soma soffrivano a causa del caldo e del freddo estremi, 111] e gli ufficiali impararono a essere prudenti soltanto dopo una serie di aspri rovesci. [12J Il Generai maggiore sir D[avidl Ochterlony fu l'unico comandante immune da queste sconfitte di minore entità (pp. 383-384(.
Ad alcuni soggetti sono stati proposti quattro possibili esiti della battaglia: una vittoria britannica, una vittoria gurkha, uno stallo nelle operazioni militari ma senza accordi di pace, e uno sta Ilo nelle operazioni militari seguito da un accordo di pace. Poi è stato chiesto loro di valutare la probabilità di ciascuno di essi sulla base degli elementi dei quali disponevano. Com'era prevedibile, essi hanno assegnato gradi di probabilità sostanzialmente identici a tutti e quattro gli esiti: dal momento che nel brano compariva un identico numero di affennazioni a sostegno di una vittoria britannica o di una gurkha, entrambi gli scenari sono stati ritenuti ugualmente plausibili, come pure quelli che, seppur con alcune varianti, configuravano un esito inconcludente dello scontro. Altri soggetti invece, dopo la lettura del brano, sono stati divisi in quattro gruppi, a ognuno dei quali è stato comunicato che la battaglia aveva avuto uno, e uno solo, dei quattro risultati indicati; quindi ognuno di questi gruppi è stato invitato a valutare i quallto possibili scenari sulla base delle informazioni che aveva ricevuto. Ora, il grado di probabilità assegnato da ciascuno di essi all'esito che, alla luce di quanto appreso, ritenevano non solo plausibile, ma realmente accaduto, è risultato molto superiore a quello indicato per lo stesso evento da coloro a cui era stato presentato soltanto come probabile. Ma, cosa ancor più interessante, i diversi soggetti hanno giustificato a se stessi i giudizi a posteriori applicati scorgendo una maggiore connessione tra le affermazioni a sostegno dell'esito che ognuno di loro riteneva più
ECCESSO DI SICUREZZA
287
plausibile e il risultato effettivo: ad esempio, quelli a cui era stato detto che avevano vinto i gurkha tendevano a sottolineare che erano combattenti valorosi, mentre quelli che credevano nella vittoria britannica mettevano in evidenza che i gurkha erano numericamente inferiori. Questo è un ulteriore esempio di distorsione delle evidenze finalizzata a supportare un'ipotesi. Questo genere di test è stato ripetuto più volte, utilizzando materiali diversi: ad esempio, ad alcuni soggetti è stato chiesto di indicare l'esito più probabile di un esperimento scientifico di cui avevano ascoltato la descrizione, in un caso dopo averne appreso il risultato, nell'altro senza sapere cos'era accaduto. Anche questa volta il primo gruppo è apparso assai più incline del secondo a considerare probabile l'esito che gli era stato comunicato. In un altro studio, Fischhoff si è servito di avvenimenti più recenti, come la visita di Richard Nixon in Cina. Prima che l'evento avesse luogo, i soggetti sono stati invitati a prevederne alcuni possibili risvolti, ad esempio se Nixon avrebbe incontrato o no il presidente Mao, e se il suo viaggio avrebbe avuto successo; a visita avvenuta, è stato chiesto loro di ricordare in che misura ne avessero ritenuto probabili i vari esiti in origine. Anche in questo caso i ricordi dei soggetti si sono rivelati quantomai labili e decisamente distorti, dato che erano tutti convinti di aver formulato delle previsioni corrette: ricordavano infatti, sistematicamente ma erroneamente, di avere giudicato probabili i risultati che si erano di fatto verificati, e improbabili gli altri l . Questi esperimenti dimostrano come l'eccessiva e ingiustilicata fiducia che le persone ripongono nella loro capacità di giudizio non solo le induce a credere di poter prevedere il futuro sulla base del passato molto meglio di quanto non facciano, ma le porta anche a distorcere gli eventi già accaduti e il modo in cui ricordano le loro precedenti opinioni. Negli studi descritti, ai soggetti erano stati posti problemi ben definiti: ad esempio, nell' esperimento sulla battaglia in India era stata fornita loro una serie ordinata di dati che dovevano tenere a mente solo per pochi minuti e che contemplavano solo un numero limitato di possibili risultati. Per svariate ragioni, il giudizio a posteriori è probabil-
288
Il!kAZIONAurA
mente assai più diffuso nella realtà che negli esperimenti: nella vita quotidiana, infatti, non siamo chiamati a considerare possibili scenari alternativi a quelli che hanno di fatto avuto luogo, e ciò accresce la nostra convinzione che solo quanto è effettivamente accaduto avrebbe potuto accadere. In secondo luogo, i fatti in base ai quali sosteniamo di essere in grado di prevedere il futuro potrebbero essersi verificati molto tempo fa, per cui è probabile che i nostri ricordi in proposito siano ancora più labili di quelli evidenziati negli esperimenti, e che ricordiamo solo quegli eventi che sono connessi con gli esiti effettivi. Questa tendenza può essere accostata a quella, già descritta nel capitolo lO, per cui le persone ricordano in maniera selcttiva solo le evidenze che si sposano con le loro opinioni. Infine, in genere esse non formulano previsioni sistematiche sugli eventi futuri , il che indubbiamente rende loro più facile credere che, se le avessero fatte, esse sarebbero state quelle giuste. Il mondo è un posto complicato, e il caso svolge un ruolo cruciale nel determinare il futuro, che si tratti delle sorti di un'impresa, delle fluttua zioni del mercato borsistico o di vicende politiche. Nel giudicare retrospettivamente le probabilità di un determinato evento, in genere ci dimentichiamo di tener conto del caso. Come diceva lo storico Richard Henry Tawney: .. Gli storici conferiscono una parvenza di inevitabilità a un ordinamento esistente trascinando in primo piano le forze che halU10 trionfato e ricacciando sullo sfondo quelle che ne sono state fagocitate .. •. Come abbiamo visto, le persone sono brave a inventare spiegazioni causali per gli eventi accaduti: in fondo è un compito fa cile, dato il gran numero di possibili moventi a cui attingere. Nella misura in cui ci porta a distorcere il passato e a sopravvalutare la nostra capacità di formulare previsioni sulla base di esso, il giudizio a posteriori è chiaramente irrazionale, ma esso è anche pericoloso. Per usare le parole di Fischhoff, Quando tentiamo di comprendere gli eventi passati, mettiamo implicitamente alla prova le ipotesi o le regole di cui ci serviamo per interpretare e anticipare il mondo che ci circonda. Se, sotto la spin-
t:CCESSO 01 SICUII:.r::ZZA
289
ta del giudizio a posteriori, sottovalutiamo sistematicamente le sorprese che il pass.lto ci ha riscrvato e continua a riservarci, sottoponiamo quelle ipotesi a test estremamente deboli e, presumibilmente, troviamo ben poche ragioni per cambiarle. Quindi, la stessa conoscenza a posteriori che ci dà la sensazione di capire il senso del passato può impedirci di imparare qualcosa di nuovo da esso.
Il giudizio a posteriori non solo ci impedisce di imparare dal passato, ci induce anche a formulare previsioni create sul futuro e ad avere un'eccessiva fiducia in tali predizioni. Come diceva George Bernard Shaw, «la storia ci insegna che gli uomini non imparano mai nulla dalla storia .. '. Vista la fallibilità dei giudizi umani, sarebbe auspicabile che le persone fossero in qualche modo consapevoli del fatto che possono sbagliare, specie se devono prendere decisioni importanti. Invece è stato ripetutamente dimostrato che, come nel giudizio a posteriori, in genere tendiamo a peccare di eccesso di sicurezza. Ecco due semplici esempi. Da un sondaggio condotto qualche tempo fa tra gli automobilisti britannici è emerso che il 95% pensa di guidare meglio della media degli altri. Com'è possibile? Circa la metà degli intervistati, evidentemente, ha ingigantito la propria abilità al volante. Ancora una volta si conferma che la maggior parte delle persone pensano di essere destinate a vivere più a lungo delle altre. In uno studio sperimentale, ai soggetti è stato chiesto, tra l'altro, di fare lo spelling di alcune parole e di indicare, per ognuna di esse, in che misura erano certi di averla sillabata correttamente: ebbene, quando erano sicuri al 100% del loro spelling, in realtà esso era esatto per lo più solo nell '8O% dei casi 7. In un altro esperimento condotto a Hong Kong, ad alcuni soggetti asiatici sono state poste domande del tipo: «Qual è la capitale della Nuova lelanda? Auckland o Wellington?». Dato che vi erano solo due alternative, tirando a indovinare avrebbero potuto conseguire un punteggio del 50"10 a ogni risposta . Ora, quando avevano o ttenuto un risultato di poco superiore a quello di una risposta casuale
''''
IRRAZIONAUT.4
(65%), essi erano sicuri al 100% di aver risposto correttamente. In seguito, alcuni soggetti britannici sono stati sottoposti allo stesso test. Essi si sono dimostrati leggermente più cauti dci loro colleghi asiatici, ma il giudizio che hanno dato sulla correttezza delle loro risposte denotava ancora un marcato eccesso di fiducia: erano sicuri al 100% di aver risposto esattamente a domande in cui invece avevano riportato solo un punteggio del 78%1. Questo eccesso di sicurezza non è dovuto solo a una forma di presunzione. In un altro esperimento, infatti, i soggetti si sono dichiarati pronti a scommettere con lo spcrimentatore di aver ragione anche quando lui ha attribuito loro una quota superiore a quella che essi stessi avevano assegnato alle proprie probabilità di essere nel giusto. Se avessero fatto una stima corretta, avrebbero vinto del denaro ·, Invece ne hanno perso 1<1. In un altro interessante esperimento, a un gruppo di psicologi clinici e di studenti è stato mostrato il resoconto in sei pagine della storia di un paziente reale, che era stato sottoposto a una serie di trattamenti perché soffriva di disadattamento adolescenziale. n racconto era articolato in quattro fasi: un brevissimo profilo del paziente, e poi, in successione, la descrizione della sua infanzia, del periodo scolastico, del servizio militare e della sua carriera lavorativa. AI termine di ognuno dei quattro stadi, ai soggetti sono state proposte 25 serie di affermazioni sul paziente: ognuna di esse conteneva 5 affermazioni alternative, solo una delle quali era vera. Lo stesso tipo di affermazioni ricorreva in ognuno dei quattro stadi. Al termine di ogni stadio, i soggetti dovevano decidere quale delle 5 affennazioni alternative avesse maggiori probabilità di essere corretta. Nel complesso, tutti harmo ottenuto risultati molto scarsi, azzeccando solo 7 affermazioni circa su 25 (di cui 5 potevano essere indovinate affidandosi al caso). Ma il dato più importante è che le loro prestazioni non sono migliorate via via che ricevevano nuove informazioni; per contro, è gradualmente cresciuta la loro sicurezza di essere nel giusto: evidentemente credevano che le ulteriori infonnazioni fossero loro di aiuto, anche se non era vero Il . Se ne deduce che un eccesso di conoscenze è sempre pericoloso, perché potrà anche non accrescere la precisio-
ECCESSO DI SICURf:l.lA.
29J
ne del giudizio, ma sfocia invariabilmente in una falsa sicurezza (un tema, questo, su cui tornerò in seguito). Benché la stragrande maggioranza degli studi sull'argomento abbia dimostrato che le persone hanno un'eccessiva fiducia nella correttezza dei propri giudizi, esistono due eccezioni. Quando viene posto loro un mix di domande facili e difficili, a volte sottostimano la frequenza con la quale rispondono correttamente a quelle difficili: possono ritenere, infatti, di non indovinarle mai, mentre di fatto il 30% delle voIte lo fanno. In realtà questo è solo un altro esempio di eccesso di sicurezza: i soggetti, infatti, sono convinti di rispondere sempre male alle domande difficili, e nutrono una tale fiducia in questa convinzione che sottovalutano la loro capacità di fornire risposte corrette. Inoltre, è possibile che giudichino tali domande ancor più difficili di quanto in realtà non siano, al contrario di ciò che accade loro con le altre, che tr0vano per lo più alquanto facili. Comunque sia, l'eccesso di sicurezza è la regola, la sua carenza l'eccezione I:. Prendiamo alcuni esempi tratti dalla vita reale. Si è scoperto che i medici, gli ingegneri, i consulenti finanziari e altre categorie professionali hanno una fiducia ingiustificata nei propri giudizi. I pericoli connessi a tale eccesso di fiducia sono ovvi. Un paziente, ad esempio, può morire in un'operazione che non si sarebbe mai dovuta effettuare, ma che secondo il dottore sarebbe certamente andata bene. Quanto ai consulenti finanziari, in media le loro performance sono notevolmente peggiori di quelle del mercato in cui operano: se comprate dei titoli piantando a caso uno spillo nel listino della borsa, in genere vi frutterà di più che affidarvi ai fondi di investimento a portafoglio variabile gestiti dai consulenti finanziari, se non altro perché risparmierete la commissione mostruosamente alta che vi fanno pagare per la loro fantomatica competenza. Se parlate con un qualsiasi consulente finanziario, egli si dirà al corrente di questi dati, ma sosterrà di essere un'eccezione: altro esempio di eccesso di sicurezza. Sia l'industria edilizia che quella della difesa sottovalutano sistematicamente i tempi che occorrono per completare un progetto, e lo stesso fanno con i costi. La sottoslima dei tempi non può essere
fRRA ZIO/llAUTA
dovuta unicamente al desiderio di assicurarsi il contratto, dal momento che si verifica anche quando sono previste forti penali in caso di ritardi Il . Kahneman e Tversky suggeriscono che essa derivi dal fatto che gLi ingegneri guardano solo allo specifico progetto in esame, senza confrontarlo con altri precedenti e simili a esso. In effetti, a volte capita che sappiano prevedere un certo margine di ritardo, ma non stimano in forma sistematica le p~ babilità dei diversi contrattempi possibili: ad esempio uno sciopero, condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse, il ritardo nell'arrivo dei rifornimenti da parte di altre ditte, e così via. L'esame di precedenti progetti simili ai loro potrebbe metterli in guardia rispetto all'eventualità che qualcosa possa andare inaspettatamente storto. Infatti, anche se in genere le persone sono in grado di calcolare con esattezza le probabilità di una serie di singoli eventi, tendono a sottovalutare la probabilità combinata che uno o più di essi si verifichino simultaneamente, come abbiamo dimostrato nel capitolo precedente. Infine, uno dei più irrazionali esempi di fiducia ingiustificata nel proprio giudizio è la diffusa credenza secondo cui il colloquio è un efficace metodo di selezione del personale, errore, questo, che sarà dettagliatamente discusso più avanti l'. t stato ripetutamente dimostrato che le persone non nutrono un'eccessiva fiducia soltanto nei propri giudizi, ma anche nella propria capacità di controllare gli eventi. Se un soggetto che ha di fronte due pulsanti - di cui uno ha il potere di far accendere un segnale luminoso che gli dice se ha fatto centro oppure no -, schiaccia per un certo numero di volte il pulsante «giusto», dopo un po' può arrivare a convincersi di esercitare un certo controllo sulla comparsa della luce «azzeccata », anche se in realtà essa si accende a caso, indipendentemente dal pulsante che viene premuto ". La portata di questa «illusione di controllo» è efficacemente illustrata dal gioco d 'azzardo. A Las Vegas, dopo una serie di puntate decisamente sfortunate per il banco, i croupier vengono licenziati. Molti di essi, peraltro, credono davvero di poter detenninare il numero su cui cade la pallina nel gioco della roulette con il particolare modo in cui la tirano, una credenza falsa, ma
Eccesso DI S/CUREZU
spesso condivisa dai clienti. ~ noto inoltre che molti giocatori di dadi li lanciano delicatamente se vogliono che esca un numero basso, e più violentemente se desiderano un numero alto, anche se, è ovvio, la cosa non fa alcuna differenza. E, cosa ancor più incredibile, in un esperimento si è osservato che i soggetti scommettevano di più sul lancio di un dado prima che questo venisse tirato che non dopo: forse pensavano di poter influire sul risultato anche se non erano loro a lanciarlo 1&. Le principali cause dell'eccesso di sicurezza sono quasi certamente le stesse che portano le persone a difendere una credenza falsa anche in presenza di prove contrarie. In primo luogo, esse evitano di cercare le evidenze che ridurrebbero la loro fiducia nei propri giudizi. Ciò è stato confermato da un esperimento in cui i soggetti, dopo aver risposto a una domanda ma prima di indicare quanto erano sicuri di aver dato la risposta giusta, sono stati invitati a fornire una serie di motivi per i quali le loro risposte avrebbero potuto essere sbagliate. L'averli indotti a cercare le evidenze contrarie ha di fatto ridotto la loro eccessiva sicurezza, anche se non del tutto 17 . In secondo luogo, in molti, se non nella maggior parte dei casi. è impossibile scoprire quali avrebbero p0tuto essere le conseguenze di una decisione diversa. Se si sceglie un particolare candidato per un posto di lavoro, non c'è modo di sapere se un altro sarebbe stato migliore. A patto che il candidato scelto se la cavi discretamente, è probabile che chi l'ha assunto pensi di aver fatto una buona scelta, il che, naturalmente, accrescerà la sua fiducia nella propria capacità di prendere decisioni del genere. ln terzo luogo, come abbiamo visto, le persone sono inclini a distorcere sia i loro ricordi, sia ogni nuova informazione ricevuta, in maniera tale da farla coincidere con le loro convinzioni e decisioni: anche questo, inevitabilmente, produce un eccesso di sicurezza. In quarto luogo, le persone tendono a elaborare una serie di storie causali in grado di spiegare perché i loro giudizi sono giusti. Come sottolineano Richard Nisbctt e Lcc Ross, ciò può innescare un circolo vizioso, per cui resistenza della storia le induce a distorcere le evidenze per adattarle a essa, e la distorsione delle evidenze finisce per avvalorare il racconto espli-
IRMZIONAurA
'"eativo. Nelle storie che ci costruiamo può entrare in causa l'erro-
re di disponibilità: se il nostro pensiero sta seguendo un particolare percorso, infatti, è più probabile che richiamiamo alla mente il materiale più strettamente associato a quella linea di pensiero, il quale servirà a confermare le nostre convinzioni, generando r0si un eccesso di sicurezza. La straordinaria facilità con cui ci inventiamo spiegazioni in grado di avvalorare i nostri giudizi ci porta a riporre una fiducia eccessiva in esse, anziché a esaminare attentamente le possibili alternative. Infine, anche l'autostima può avere il suo ruolo in questo processo: a nessuno, infatti, piace avere torto. Ma, come abbiamo visto nel capitolo lO, l'autostima da sola non basta a spiegare ogni cosa. Tutti i fattori elencati sono inoltre alla base dell'illusione di controllo, ma in essa entra in gioco anche la correlazione illusoria. il croupier che lancia la pallina nel gioco della roulette prende mentalmente nota di tutte le occasioni in cui essa va a finire nel punto desiderato, ma ignora quelle in cui cade nel buco sbagliato.
Morale 1. Diffidate di chiunque sostenga di essere in grado di prevedere il futuro sulla base del passato. 2. Guardatevi dagli operatori di borsa (e da chiunque altro) pretenda di saper prevedere il futuro. 3. Per evitare delusioni, cercate di tenere a freno la vostra eccessiva sicurezza: prendete in esame evidenze o argomenti contrari alle vostre convinzioni. 4. Se siete il proprietario di un casinò e siete in perdita, non licenziate il croupier: non è colpa sua.
Fischhoff, Hilldsight FortSight: Tht Effrct 01 Outcomt K1Iowll!dgl! 011 Judgment u"der Ullcertaillty, ..Jaumal af Experimental Psychology», n. 1, 1975, pp. 288-299. I Baruch
ECCESSO DI SICUREZZA
29'
' Popolazioni indigene del Ncpal occidentale che, al tennine della guerra anglo-nepalese (1812-1815), nel corso della quale si erano distinti per le loro spiccate doti nel combattimento, iniziarono a essere arruolati come volontari nell'esercito della Compagnia Britannica delle Indie Orientali. D0po l'indipendenza dell'India, i reggimenti gurkha furono incorporati nelle file dell'esercito britannico, all'interno del quale esiste tuttora un'unità nota come Brigata Gurkha IN.d.T.I. ' Baruch Fischhoff, Ruth Bcyth-Marom, .. 1 Kllew Il Would Happe"": Remembered Probnbi/ities of Once-Future Things, «Organizational Bchavior and Human Performance,., n. 13, 1975, pp. 1-16. ' La citazione di Tawney è tratta da Saruch Fischhoff, «For Those Condenmed to Study the Past; Heuristics and Biascs in Hindsight .., in Daniel Kahneman, Pau! Slovic. Amos Tversky (a cura di), Judgment under Uncertainty. Hl'uristics and BiaSt'S, Cambridge University Press, Cambridge 1982 (nuova ed. 20(1). JGeorge Bcmard Shaw, Casa cuorinfranto, Mondadori, Milano 1981 (ed. or. Hearlbreak Hou~, Brentano's, New York I928lnuova ed. Penguin Classics, London 20051) . • «The Tndependcnt,.. Vedi anche 01a Svcnson, Are Wl' Ali Less Risky and More Skilful tllan Our Fellow Drivers?, «Acta Psychologica», n. 47, 1981, pp. 143-148. ' Pauline Austin Adams, Jce K. Adarns, Confidence in thl' R.ecognition and Reproduction of Words Difficult to Spell, «American Joumal of Psychology,.. n. 73,1960, pp. 544-552. ' George N. Wright, Lawrence D. Phillips, Peter C. Whalley et al., Cultura/ DifJmnces in Probabilistic Thinking, ..Journal of Cross-Cultural Psychology", n 9. 1978, pp. 285-299. ' Alla base di questo non facile passo sta la nozione di odds o «quota,., "quotazione», la cifra che permette di calcolare il guadagno legato a una sconunessa. Essa è l'inverso della probabilità di occorrenza di un risultato: più la quota è bassa, più è alta la probabilità che il risultato si verifichi. In questo caso quindi, dato che lo spcrimentatore aveva alzato la quota assegnata dai soggetti alle loro probabilità di vincere, calcolando correttamente avrebbero dovuto capire che le loro probabilità erano ridotte, e quindi rifiutare la scommessa http://www.sportytradcr.it/glossario.htm IN.d.T.). '°Baruch Fischhoff, Paul Slovic, Sarah Lichtenstein, Ktlowitlg with Certainty: The Appropriatt'lIess of bIreme COtifidence• ..Joumal of Experirnental Psychology". n. 3, 1977. pp. 552-564.
29.
IRRAZIONAUTJI
n 5tuart Oskamp. OIXrCOllfidmct ;11 CtlSf'-S!lldy ludgmrnls • ..Joumal of Consu lting Psychology", n. 29,1965. pp. 261·265. " Fischhoff. Siovic, Uchtenstein, KIIOWil'g with C"'aitlly: Thr APF,roprilttt1Il'SS of Extrffllt COllfidmct cit. u per l'eccesso di sicurezza in ambito professionale, vcdi ad esempio Lee B. Lustro, Inlrodllctioll lo Mo'dical Dl'cisiOll Mabllg. Charles C. Thomas, Springficld 1968, e David Dreman. COlltrarial,ltlil('stmnlt Slrategy, Random Housc, Ncw York 1979. " Danicl Kahneman, Amos Tvcrsky... lntuitive Predirnon: Biases and Corrcctivc Procedures... in Kahncm.m, Slovic, Tversky (a cura di), ludgmtnt Imd" UlluTtaillty cit. Ll Herbert M. Jenkins. William C. Ward, 'udgmt1lt ofGmtirlgNICY I1thlwlI &sptmSt'S alld Oulcom($• .. Psychological Monogtaphs.. , n. 79, 1965. IO Erving Goffrnan, Il rituale d,l/'j"tI!rQziolll', n Mulino. Bologna 2005. " Ashcr Koriat, Sarah lichtenstein, Baruch Fischhoff, &aSOtlS for eo"jidmu, ..Joumal of Experimental Psychology: Human leaming and Memory", n.6, 1980, pp. 107-11 8.
Capitolo 17 Rischi l
Come abbiamo visto, molti progetti militari avanzati vengono cancellati dopo che sono state spese enormi somme di denaro perché si sono rivelati inattuabili, ma la fiducia ingiustificata degli esperti può portare a danni molto maggiori di questo. Nel caso dell'energia nucleare, l'eccessiva sicurezza e una serie di ragionamenti sbagliati hanno causato i disastri di Threc Mile Island l e di Chernobyl. Di tutte le dighe costruite negli Stati Uniti. una su trecento cede la prima volta che viene riempito il bacino. Da uno studio è emerso che, su sette eminenti gcotecnici, nessuno era in grado di stimare quale dovesse essere l'altez7.a massima di una diga perché questa potesse sorgere con sicurezza su fondamenta d 'argilla. l disastri possono essere causati daUe decisioni irrazionali dei dirigenti, degli ingegneri, degli operatori o della gente comune. Di solito entra in gioco più d'uno di tali fattori, ma, come vedremo, le responsabilità maggiori vanno ai dirigenti e agli ingegneri, rei di nOn aver saputo prevedere le reazioni degli operatori e della gente comune. Gli ingegneri sono tristemente noti per la loro incapacità di tenere conto dei limiti degli operatori umani e di fornire loro display e strumenti di controllo facili da capire e da usare. La Commissione presidenziale nominata per far luce sul disastro di Three Mile Island ha concluso che gli operatori non e rano adeguatamente addestrati e che la sala di controllo era mal progettata. Perciò essi hanno continuato a formulare errate diagnosi del problema, adottando le misure sbagliate. Come abbiamo dimostrato
'911 nel capitolo 8. le persone. quando sono tese, si fissano sulla prima idea che si presenta alla loro mente: se i display non possono essere letti inhtitivamente nel modo giusto e se l' uso dei controlli non è anch'esso intuitivo, è probabile che gli operatori, di fronte a una situazione critica, sbaglino a leggere gli indicatori e ad azionare i controlli. Fino a non molto tempo fa, gli altimetri erano progettati in maniera tale che vi era il 10% di probabilità che venissero letti male: così i piloti potevano credere di volare a 300 metri di altihtdine quando invece erano a soli 30 metri dal suolo. t probabile che i primi tre incidenti che hanno avuto per protagonisti gli Airbus A-320 da quando essi sono stati introdotti nel 1988 siano stati provocati almeno in parte da una cattiva configurazione dei videoterminali che trasmettevano le informazioni ai piloti. Un comandante dell' Air France ha commentato: «Ho sempre pensato che quest'aereo avesse seri problemi di interfac· ciamento tra il pilota e la macchina. L'aereo futuri stico trasmette un'enorme quantità di informazioni che i piloti devono vagliare [. .. ]. Nell'aereo classico, riceviamo quelle che chiamiamo informazioni essenziali. E solo quelle contano». Successivamente, la configurazione della cabina di pilotaggio dell ' A·320 è stata og· getto di una serie di modifiche. Inoltre, all'operatore che esegue un compito monotono può sfuggire la portata di un'informazione rilevante. Nella storia del trasporto ferroviario, vi sono stati centinaia di incidenti dovuti al fatto che i macchinisti non avevano rallentato, o non si erano rer· mati ai segnali, o avevano superato i limiti di velocità in tratti che conoscevano molto bene. La British Rail ha tentato di incremen· tare la sicurezza ferroviari a posizionando nella cabina di guida un c1axon che si attiva schiacciando un pulsante: se il macchini· sta riconosce un segnale di pericolo, deve premere il pulsante en· tro tre secondi da quando lo ha superato; se non lo fa, si aziona· no automaticamente i freni. Eppure, nel 1989 a South London un macchinista ha superato due segnali di pericolo schiacciando ogni volta il bottone, ma omettendo di azionare i freni, e così si è scontrato con un altro treno, provocando la morte di cinque per· sone. l progettisti del sistema non si erano resi conto che schiac·
~SCHJ
'"
dare un pulsante in risposta a un segnale dì pericolo può diventare una reazione automatica, e non significa necessariamente che il macchinista abbia preso davvero atto del segnale di pericolo. Bisogna ammettere che è difficile tener conto dell'assoluta stupidità (=irrazionalità) della gente. Gli operatori, infatti, possono allontanarsi dalle procedure prescritte in modi imprevedibili. Ad esempio, un incendio divampato nel reattore della centrale nucleare di Browns Ferry è stato innescato da un tecnico che slava accertando la presenza di una perdita d 'aria con una candela. Per poco !'incendio non ha portato aUa fusione del nocciolo, che avrebbe potuto avere conseguenze disastrose. Quanto all'incidente al reattore di Three Mile Island - anche qui si è sfiorato il meltdowlI -, esso è stato in parte provocato dal fatto che gli operatori si rifiutavano di credere ai monitor, i quali mostravano un surriscaldamento del nocciolo (dovuto a un guasto a una pompa di refrigerazione). Gli ingegneri non solo non tengono conto dei limiti degli operatori umani: talvolta ignorano anche le reazioni della gente comune, perfino quando sono prevedibili. Negli USA, ad esempio, è stato accertato che, quando in un'area precedentemente sogget· ta a inondazioni viene costruita una diga a scopo preventivo, si tende a edificare nella zona a rischio. Di conseguenza, sebbene il numero e la violenza delle inondazioni diminuiscano, i danni provocati possono essere ancora maggiori. E non è tutto: in Gran Bretagna l'introduzione delle cinture di sicurezza come misura obbligatoria a bordo delle auto ha ridotto il tasso di mortalità per guidatori e passeggeri, ma in compenso ha aumentato il numero di decessi tra i ciclisti e i pedoni. Evidentemente, il fatto di sen· tirsi protetti dalla cintura di sicurezza incoraggia gli automobilisti alla guida spericolata. In un esperimento condotto negli Stati Uniti, si è scoperto che le persone che indossavano la cintura di sicurezza guidavano i ga.kart a una velocità maggiore rispetto a quelli che ne erano sprovvisti l . Il treno ad alta velocità introdotto in Gran Bretagna all'inizio degli anni 'BO sarà anche stato sicuro, ma si è rivelato un fiasco, perché gli ingegneri erano talmente presi dalla progettazione che si sono totalmente dimenticati del
lOO
IARAZIONIIUTA
fatto che, una volta in sen'jzio, esso avrebbe trasportato dei passeggeri. n treno era concepito per viaggiare su rotaia convenziO"" naie facendo inclinare le ca rrozze in curva; ma quando, dopo una spesa di milioni di sterline, è stato testata per la prima volta, si è scoperto che il movimento oscillatorio provocava la nausea ai passeggeri: e così, i cibi elaborati che erano stati preparati per gli illustri viaggiatori sono andati sprecati. il treno non è mai entralo in servizio.
Oltre a non tener conio delle possibili reazioni degli operatori e della gente comune, gli ingegneri a volte progettano sistemi intrinsecamente pericolosi, perché non riflettono abbastanza da prendere in considerazione l'eventualità di un guasto: difetto, questo, anch'esso in parte dovuto all'eccesso di sicurezza. Molti dispositivi moderni sono alquanto complessi, e può succedere che il progettista non si renda conto dell'impatto che il guasto di una parte di essi può avere sulle altre. I primi incidenti aerei che hanno visto coinvolti i OC·I0 si sono verificati perché i progetti· sti non si erano accorti che la decompressione della stiva di cari· co provocata dal fatto che il portello tendeva a spalancarsi dan· neggiava i sistemi di controllo dell'aereo. Un errore connesso al precedente è l'incapacità di riconoscere che un'unica causa può dar luogo al guasto simultaneo di due o più sistemi destinati a integrarsi a vicenda. Ad esempio, i cinque sistemi di raffreddamento d'emergenza del nocciolo del reattore di Browns Ferry in Alabama erano stati concepiti per funzionare indipendentemente l'uno dall'altro, di modo che il guasto di uno o due di essi non si trasformasse in un disastro. Di fatto, si sono danneggiati simultaneamente tutti e cinque perché i cavi elettrici che li alimentavano erano posizionati a distanza ravvicinata ed erano stati bruciati da un incendio. Quando vi è un enorme numero di componenti fondamentali, anche se l'eventualità che uno di essi si guasti è assai remota, la probabilità che a deteriorarsi sia !'intero sistema può essere molto alta, in quanto è data dalla somma delle probabilità di guastarsi di ognuna delle sue parti. E se tale somma non è calcolata con precisione matematica, si tende, come abbiamo visto, a sotto-
RISCHI
JOI
stimarla in misura macroscopica. Inoltre, poiché i componenti dei reattori nucleari e le loro reciproche interazioni sono realtà relativamente recenti, spesso non c'é un metodo oggettivo per determinare le reali probabilità di guasti a esse correlati: le cifre citate suggeriscono comunque che le stime degli ingegneri sono un po' troppo ottimistiche. Può essere impossibile accertare se un componente nuovo ha 1 probabilità su 10.000 o 1 su 1.000.000 di guastarsi in un anno, ma, quando i componenti nuovi sono tanti, la differenza diventa fondamentale. Spesso è difficile prevedere tutte le possibili concatenazioni per effetto delle quali può insorgere un rischio, in particolare se il danno è pii! insidioso che spetta colare, come nel caso delle piogge acide, o delle particelle di piombo presenti neU'aria, o ancora dell'effetto serra c della distruzione dello strato di ozono neU'atmosfera. La difficoltà è inoltre illustrata da un errore marchiano verifica tosi qualche tempo fa in relazione alle piante di ravizzone. Esse sono state geneticamente modificate per proteggerle dagli erbicidi. c nel processo sono stati inclusi geni in grado di resistere a un antibiotico utilizzato dall'uomo. Ora, siccome gli uomini non mangiano il ravizzone, l'Advisory Committee 00 Releascs to the Environment (Comitato Consultivo per le Immissioni nell'Ambiente) del governo britannico ha approvato la coltivazione commerciale del ravizzone geneticamente modificato. Ha però trascurato il fatto che le api fanno il miele anche con il polline raccolto dai fiori di ravizzone, e che gli uomini mangiano il miele, incluse le sue componenti polliniche. Vi è quindi il pericolo che i nuovi geni possano trasmettersi ai microorganismi dello stomaco, provocando allergie e producendo ceppi di batteri antibiotico-resistenti. L'Advisory Committec ha agito irrazionalmente nella misura in cui non ha esaminato in modo sufficientemente dettagliato tutte le concatenazioni in seguito alle quali le piante geneticamente modificate avrebbero potuto avere effetti nocivi. In seguito, ha fatto ricorso all'antico e collaudato metodo di difesa tanto spesso utilizzato da chi commette un errore, lo scarica barile: il miele è un prodotto alimentare, dunque esula dalla sua sfera di competenza, essendo di spc-
302
IRRAZIONAUTA
dfica pertinenza del Ministry af Agriculture and Fisheries (Ministero dell' Agricoltura e della Pesca). Un ulteriore esempio di disastro provocato da comportamenti irrazionali a tutti i livelli è costituito dall'affondamento del traghetto Herald oj Free Enterprise, avvenuto nelle acque tranquille al largo di Zeebrugge nel 1987 e costato la vita a 193 persone. La causa immediata è stata l'acqua penetrata nei ponti-auto perché il portellone di prua era aperto. Ma al disastro hanno contribuito i seguenti fattori: 1. Sebbene il comandante avesse chiesto di installare sul ponte una segnalazione automatica che indicasse lo stato di apertura o chiusura del portellone, non ne era stata predisposta alcuna. 2. L'aiuto-nostromo che avrebbe dovuto chiudere il portellone dormiva profondamente. 3. L'ufficiale che avrebbe dovuto verificame la chiusura era stato chiamato altrove a svolgere altre mansioni, a causa di una carenza di personale. 4. Originariamente lo Herald era stato progettato per il servizio di linea tra Dover e Calais, e poiché la rampa d'accesso delle macchine di Zeebrugge era più bassa di quella di Calais, la nave doveva caricare acqua di zavorra per ridurre il dislivello in modo tale da far salire le auto a Zeebrugge. Ma siccome al comandante era stato ordinato di guadagnare venti minuti sulla traversata, non c'era stato il tempo di svuotare le casse-zavorra prima di partire, per cui la nave aveva un dislivello eccessivo. 5. A causa dei tempi stretti, il comandante era partito a tutta velocità, provocando così un'onda di prua che aveva invaso i ponti-auto. Bisogna fare due considerazioni. La prima: se uno qualunque di questi fattori fosse stato assente, la nave avrebbe potuto benissimo non affondare. La seconda: come sottolinea Willem Wagenaar, la responsabilità principale va addebitata ai proprietari. Erano stati loro a mettere in pericolo la nave insistendo per una traversata veloce, rifiutando la precedente richiesta del capitano di installare un segnale automatico indicante lo stato del portelIone e non fornendogli un equipaggio sufficiente. Il capitano era
RISCHI
J03
anch'egli responsabile, seppure in minor misura, per non essersi accertato che la nave fosse veramente pronta a partire. Lui e il primo ufficiale, inoltre, avevano interpretato l'assenza di qualsiasi segnalazione da parte dell'aiuto-nostromo in merito a un'eventuale apertura del portellone come !'indicazione che era chiuso, mentre per ovvie ragioni di sicurezza è sempre meglio insistere per ottenere una conferma reale che fare affidamento sulla sua assenza. Tuttavia, in qualche misura il comandante, e anche il primo ufficiale, stavano solo obbedendo agli ordini. Quanto al nostromo, chiaramente avrebbe fatto meglio a investire poche sterline nell'acquisto di una sveglia. Wagenaar afferma giustamente che questa combinazione di eventi avrebbe anche potuto non essere prevista. Ma il rischio di lasciare Zeebrugge con il portellone di prua aperto avrebbe potuto esserlo, e di fatto il comandante lo aveva previsto. Alla luce di un'ampia serie di casi simili, Wagenaar sostiene che quasi tutti i gravi incidenti sono dovuti a errori di chi comanda: le persone che fanno concretamente ftmzionare un sistema obbediscono semplicemente agli ordini. Che ciò sia vero o no per lo Herald, i capi hanno la tendenza ad agire sull'onda dell'avidità o dell'ignavia: in questo caso ad esempio non c'era un sistema di segnalazione, i tempi erano troppo stretti e la nave era a corto di personale. Per quanto Wagenaar definisca questo incidente «(impossibile» a causa dell'elaborata concatenazione di circostanze che l'hanno causato, esso avrebbe potuto essere prevenuto grazie a un comportamento più razionale da parte dei proprietari ~. Quest'incapacità di valutare correttamente i rischi deriva in parte dall'eccesso di sicurezza e in parte dalla mancanza di un'adeguata riflessione, che consenta di prendere in esame tutte le possibilità. l sistemi ingegneristici stanno diventando sempre più complessi, quindi è sempre più difficile tenere conto di tutte le possibili interazioru tra i loro componenti. Il sistema più complesso di tutti, è ovvio, è il corpo umano: è stata !'incapacità di comprendere che un farmaco innocuo se somministrato alla madre poteva avere effetti nocivi sul feto a scatenare la tragedia del talidomide.
IIl.Jl.AZlONAUTA
Nella valutazione dei rischi, gli ingegneri possono peccare di eccessiva sicurezza o essere incapaci di tener conto di tutti i fattori importanti, ma l'atteggiamento della gente comune nei confronti dei rischi è ancor più irrazionale. È stato ripetutamente dimostrato che avvertire le persone dei pericoli che corrono influisce ben poco, se non per nulla, sul loro comportamento: ad esempio, le campagne condotte in diversi stati USA per persuadere più guidatori a indossare la cintura di sicurezza sono completamente falJite s. Ma non è solo sulle strade che le persone ignorano i rischi. Wagenaar ha affittato uno stand a una fiera di articoli per la casa e invitato i visitatori a provare quattro diversi prodotti, che andavano dagli insetticidi a un nuovo combustibile per i fornelletti da fonduta . Tutti recavano una serie di istruzioni sull'etichetta: ad esempio, sulla bombola del combustibile figurava l'esortazione a indossare i guanti, a non annusare il contenuto del recipiente, a spegnere il fuoco prima di aprirlo e a richiudere il contenitore dopo l' uso. I visitatori dello stand sono stati invitati a provare questi prodotti all 'interno di un contesto ad hoc, ad esempio una finta cucina. Malgrado i segnali di pericolo fossero ben visibili. meno di uno su tre li ha letti prima di utilizzare i prodotti. Wagenaar sostiene che molti comportamenti, tra cui quelli dei guidatori, diventano automatici, e che tali automatismi persistono anche quando le persone vengono informate dei rischi che corrono. Egli segnala che il 770/0 dei suoi soggetti ha confessato di non aver letto le etichette per una sorta di abitudine ("Mi sono dimenticato/a», «Non leggo mai le etichette»; "Non avevo visto l'etichetta»). Il loro comportamento, però, era in netto contrasto con quello di altre persone che aveva inten' istato: il 97'fo sosteneva di leggere sempre le etichette dei prodotti potenzialmente pericolosi. Sembrerebbe esservi un enorme divario tra ciò che la gente crede di fare e dò che effettivamente fa -o Anche nella valutazione dei rischi le persone si dimostrano irrazionali. In particolare, per l'errore di disponibilità. tendono a sovrastimare enormemente i pericoli connessi agli incidenti drammatici in cui muoiono più individui simultaneamente nello
/USCHI
J05
stesso luogo, a differenza di quanto fanno per quei processi, ben più insidiosi, che provocano la morte di molte persone ma in tempi e in luoghi diversi. Inoltre, temono le nuove tecnologie con le quali non hanno dimestichezza. llIustrerò queste forme di irrazionalità mettendo a confronto i possibili rischi derivanti dall'impiego dei combustibili nucleari e di quelli fossili '. Nonostante gli errori di progettazione già descritti, finora l'energia nucleare ha fatto ben poche vittime in Occidente, dove le centrali nucleari $0no soggette ad accurate ispezioni e controlli. Eppure, il profano è restio a credere che essa sia più sicura dei combustibili fossili. l rischi legati all'utilizzo dei combustibili fossili includono quelli per i lavoratori che li estraggono e per quel1i che li trasportano. Ogni anno nelle miniere muore un minatore su 10.000, e il rischio per chi lavora sulle piattaforme petrolifere è ancor più elevato; quanto al trasporto su strada del petrolio, causa 12 morti l'anno in Gran Bretagna. Inoltre, bruciare combustibili fossili libera nell'aria diversi idrocarburi, alcuni dei quali cancerogeni, più vari acidi, in particolare l'acido solforico, che provoca danni diffusi agli alberi e a tutta la vegetazione. In Gran Bretagna vi è uno scarto di 12.000 unità tra il numero di decessi annui delle persone che vivono in città e di quelle che risiedono in campagna. La stragrande maggioranza di questi decessi è quasi certamente dovuta ai prodotti tossici emessi dai combustibili fossili. Infine, l'impiego di tali combustibili esaspera sia l'effetto serra sia il graduale assottigliamento dello strato di ozono neU'atmosfera, due fenomeni le cui potenziali ripercussioni a lungo termine sull'umanità rischiano di far apparire i meltdoum di alcuni reattori nucleari nient'altro che dei banali incidenti. Gli effetti dei combustibili fossili, quindi, sono distribuiti ad ampio raggio, subdoli e a lungo termine. Per questo sono largamente ignorati, a differenza di quelli legati all' uso dei combustibili nucleari, che sono concentrati in un 'unica area e in genere improvvisi e immediati. Tutto ciò malgrado sia stato stimato che la percentuale dei probabili decessi per unità di elettricità prodo tta è tra dieci e cento volte più grande di quella delle morti imputabili alle centrali a carbone e a quelle nucleari.
IRRAZIONA/IfA
La principale preoccupazione che il cittadino comune avverte nei confronti del nucleare è legata alla potenziale fuga di radiazioni. Questa infatti, anche quando si verifica su scala limitata, è un evento relativamente drammatico, localmente circoscritto e ampiamente illustrato dai media. Insomma, è altamente «disponibile.., pertanto suscita allarme. Qualcuno ha affermato che le radiazioni sono più pericolose dei combustibili fossili perché provocano danni genetici, danni che si ripercuotono sulle generazioni future. Tuttavia si è scoperto che il numero di bambini che nascono con difetti genetici a Hiroshima non è superiore a quello riscontrato a Osaka, città giapponese di proporzioni analoghe ma che non è stata irradiata dalla bomba atomica. In realtà, i rischi connessi alle radiazioni prodotte dalla combustione del carbone sono quasi sicuramente più alti di quelli legati all'energia nucleare. n carbone, infatti, contiene diverse sostanze radioattive, alcune delle quali, quando bruciano, vengono rilasciate nell'a tmosfera. Ma vi è un pericolo maggiore: tali sostanze sono presenti in concentrazioni ancor più elevate nelle ceneri di carbone che si depositano sulla superficie tellcstre: è stato calcolato che (agli attuali livelli) la loro immissione nell'acqua freatica e nell'aria provocherà la morte di 40 milioni di persone prima che la terra diventi inabitabile a causa dell'espansione del sole. Un altro fattore che predispone la gente comune a percepire erroneamente i pt?ricoli insiti nei due diversi sistemi è il potere delle associazioni mentali. Mentre il carbone è in genere associato al calore e all'intimità del focolare domestico, l'energia nucleare evoca la bomba atomica, e quindi crea un effetto alone. La percentuale media di rischio implicata dalle centrali nucleari britanniche in rispetto all'aspettativa di vita è stata calcolata come l'equivalente di un grammo di sovrappeso: un peso che, sul palmo della mano, non si sentirebbe nemmeno. Inoltre, i rischi connessi alle centrali nucleari vanno inquadrati alla luce di altri rischi comunemente accettati: ad esempio, la probabilità di un incidente grave (tale, cioè, da provocare la morte di 10.000 persone) negli impianti chimici e nelle raffinerie di Canvey Island è di 1 su .5OC'O; il progetto stesso della barriera del Tamigi prevede che esista una probabilità su
RISCHI
30'
1500 all'anno che essa possa essere sommersa da un'onda anomala, la quale causerebbe devastazioni e migliaia di morti nell'area a monte. Per contro, è stato stimato che il rischio annuo di decessi indotti dalle centrali nucleari è di l su 1.(X(l.000 per coloro che vivono in prossimità degli impianti, e di 1 su 10.(0).000 per tutti gli altri. Di circa 1 su 1.000.000 è anche la probabilità di morire fulminati dalla COllente m casa propria. la maggior parte delle cifre che ho citato sono tratte da un rapporto del British Health and Safety Executive (Comitato esecutivo britannico per la salute e la sicurezza), un organismo che non ha pregiudizi di sorta né contro, né a favore deUe centrali nucleari. Tuttavia, dal momento che si basano su una tecnologia relativamente nuova, è possibile che alcune di esse presentino notevoli margini di rischio. Se mi sono soffermato così a lungo sull'energia nucleare non è per difenderla, ma per mostrare quanto siano irrazionali gli atteggiamenti dell'
308
IRIVo ZlONA LITA
Quanto sia irrazionale avere così paura del nucleare emerge dal confronto con l'atteggiamento delle persone nei confronti dei raggi X. Secondo il quotidiano «The lndependcnt» i radiologi inglesi somministrano ogni anno ai loro pazienti una dose di radiazioni equivalente a quella prodotta ogni anno dalla centrale per il ritrattamento del combustibile nucleare di Sellafield, che a sua volta equivale a quella delle circa 1600 centrali sparse in tutto il territorio britannico e «simili a tanti ospedali». Sebbene i raggi X provochino 250 morti inutili ogni anno (più molte altre, che potrebbero essere giustificate dai benefici diagnostici), non si inscenano pubbliche proteste contro il loro abuso. Il motivo è che i raggi X sono una tecnologia ormai nota e associata a un miglioramento della salute, mentre l'energia nucleare è nuova e correlata alla bomba atomica '. In breve, per lo più gli atteggiamenti delle persone nei con· fronti dei rischi non si basano sulle reali probabilità dei rischi stessi - o meglio, su quelle che, al nostro attuale stato di conoscenza, si ritiene che siano tali probabilità -, ma su fattori irrazionali quali l'errore di disponibilità e l'effetto alone.
Morale 1. Se siete un ingegnere, tenete conto dei limiti degli operatori umani e delle probabili reazioni della gente comune al vostro progetto. 2. Se siete un dirigente, ricordatevi che siete voi il responsabile ul· timo della sicurezza. È probabile che i vostri operatori agiscano secondo le vostre direttive, senza prendere iniziative proprie. 3. Ricordatevi che i pericoli subdoli possono uccidere più perso-ne dei disastri spettacolari. 4. Nel valutare le nuove tecnologie, ricordatevi che quello che conta non è se sono nuove o no, ma se possono presentare peri· coli sconosciuti. 5. Se potete scegliere, andate a lavorare in una centrale nucleare piuttosto che in una piattafonna petrolifera sul Mar del Nord.
RISCHI
' Salvo dove diversamente indicato, l'analisi delle cause di rischio è basata su Paul siovic, Baruch Fischhoff, Sarah Lichtenstein, «Facts versus Fears: Understanding Perceivcd Risk», in DanicJ Kahneman, Paul siovic, Amos Tversky (a cura di), Jlldgmml undt'r Ullct'r/ain/y. Ht'ltrislics a/ld Biases, Cambridge University Press, Cambridge 1982 (nuova cd. 2(01). lThree Mile Island è una centrale nucleare situata sull'isola omonima, in prossimità di Harrisburg (Pennsylvania), che il 28 marzo 1979 fu teatro dci più grave incidente nucleare nella storia degli Stati Uniti, durante il quale si verificò una pericolosa fusione parziale dci nocciolo e fu sfiorata la tragedia. Cfr. http://www.fisicamcnte.net / DIDATIlCA /index-1570.htm (N.d. T.I. ' Fredrick M. streff, Scott Getler, An Expuimt'llla/ Test 01 Risk Compellsation: Bt'tween-Subjec/ Vt"rsus Wi/hin-Subjl'Ct Alla/yses, .. Accident Analysis and Prevention», n. 20, 1998, pp. 277-2137. 'Per l'analisi del disastro della Ht'ra/d 01 F"r"t't' Ellterprise, vedi Willem Albert Wagenaar, .. Risk Taking and Accident Causation», in J. Frank Yatcs, RiskTabllg 8t'havior, John Wiley and 5ons, Chichcster 1992, pp. 257-2131. ' Paul s lovic, Baruch Fischhoff, Sarah Lichtcnstein, A ccidt'llt Probabilities alld St'al Bt'1t Usagt': A Psycllo/ogica/ Pt'TspeClilX, «Accident Analysis and Prevcntion», n. lO, 1978, pp. 281-2135. ' Wagenaar, «Risk Taking and Accident Causation» cit. 'n confronto tra i rischi insiti nell'energia nucleare e nei combustibili fossili è in gran parte basata sul rapporto dci British Health and Safety Executive dal titolo The Tolt'Tabi/ity 01 Risk from Nlle/t'ar PoWt'r StatiOfls, HMSO (Her Majesty's Stationery Office), London 1988. 'Struttura di regolazione del flusso del fiume costruita fra il 1974 e i11984 allo scopo di prevenire eccezionali ondate di alta marea [N.d. T.]. •r dati sui raggi X sono stati pubblicati in un rapporto del Royal College of Radiologists, riportato in fonna sintetica su ..The Indcpendent».
Capitolo 18 Inferenze sbagliate
Ben di rado ci è dato conoscere con certezza tutte le implicazioni di una decisione. Di conseguenza, la maggior parte delle decisioni sono basate su un calcolo intuitivo delle probabilità. U generale non può sapere in anticipo qual è la strategia migliore: deve per forza scegliere quella che ha le maggiori probabilità di essere tale. Spesso il medico, specie ai primi stadi della diagnosi, non può essere certo della malattia di cui soffre il paziente: se questi accusa un dolore al petto vuoi dire che ha l'angina, in quel caso dev'essere indirizzato da un cardiologo, o ha semplicemente un'ernia iatale, e quindi basta dargli qualche farmaco e rispedirlo a casa? La probabilità che Winged Pegasus (Pegaso Alato) vinca la corsa delle 15.30 ad Ascot è maggiore o minore della quotazione offerta? In tutti questi casi vi sono molti e diversi fattori di cui bisogna tener conto. Winged Pegasus ha un ottimo pedigree, ma tende a correre male quando il tempo è umido e piovoso; la sua forma è stata eccellente quest'anno, però non ha terminato l'ultima corsa; inoltre, per valutare le sue probabilità bisogna considerare gli altri concorrenti. Nessuno di questi fattori da solo può dirci se vincerà: bisogna tenerli presenti tutti e, il che è più difficile, bisogna combinarli tra loro per determinare la reale probabilità. Quando si trova di fronte a obiettivi differenti e a molteplici linee d'azione, una persona soffre di un sovraccarico informativo, ossia non riesce a esaminare sistematicamente tutte le possibili strategie per decidere qual è la migliore. In tali circostanze, presta
312
IRRAZIONJ\UTA
attenzione solo a quegli aspetti delle varie opzioni che si presentano con più evidenza alla sua mente (in genere quelli suscettibili di esiti molto diversi tra loro) e si accontenta di una linea d'azione «sufficientemente buona », ma probabilmente non ottima. Il premio Nobel per l'economia Herbert Simon ha definito questa modalità decisionale satisficitlg (abbastanza soddisfacente) 1: in pratica, la persona che deve prendere una decisione importante smette di analizzare le possibili opzioni quando ne ha trovata una che sia «abbastanza buona», ma non necessariamente ottimale 1• Anche chi è chiamato a compiere scelte di particolare rilievo non si mette a valutare l'intera gamma delle opzioni e le loro possibili conseguenze: se una persona deve scegliere quale professione intraprendere, ad esempio, non solo non prende in esame tutte quelle che è in grado di svolgere, ma raramente tiene conto di tutti i vantaggi e gli svantaggi insiti in una determinata occupazione, quali la retribuzione, le prospettive di carriera, il trattamento pensionistico, l'orario di lavoro, le ferie, l'eventuale simpatia dei colleghi, la sicurezza lavorativa, il grado di responsabilità, i tempi di spostamento da casa all'ufficio, lo status, la possibilità di rendersi utile alla società, di esprimere la sua creatività, di svolgere un'attività intrinsecamente stimolante, la quantità di stress ecc. :t: invece probabile che finisca per farsi allettare dall'unico aspetto in cui le varie occupazioni differiscono più nettamente, ad esempio la disponibilità di un'auto aziendale. Si potrebbe dedurre che la politica del snfisficing sia in qualche modo razionale. Le conseguenze di una data decisione, infatti, ben di rado possono essere conosciute con certezza, e arriva un momento in cui cercare ulteriori informazioni o indulgere a ulteriori riflessioni è solo una perdita di tempo. Tutto questo è vero, ma, alla luce degli standard - devo ammetterlo - alquanto elevati di razionalità che sto proponendo, è probabile che ne scaturisca una decisione irrazionale. In realtà bisognerebbe tenere presenti tutti i fattori, perlomeno tutti quelli importanti, ma è un limite intrinseco della mente umana il fatto che essa riesca ad analizzare solo un numero molto limitato di idee alla volta. Inoltre, non è detto che i pochi aspetti su cui ci basiamo per prendere una deci-
rNFfRENZf SBAGUATf
313
sione importante siano quelli di maggior rilievo: probabilmente sono solo i più «disponibilh>. È senz'altro sciocco lasciare che la disponibilità di un'auto aziendale prevalga su ogni altra considerazione. Sarebbe logico attendersi che le persone dedicassero più tempo a riflettere sulle decisioni importanti di quanto non faccia~ no per quelle di minor entità. E invece, stranamente, si è scopcr~ to che non è così: la gente impiega lo stesso tempo a meditare su un grosso acquisto come su uno piccolo. Ancora un curioso esempio di irrazionalità. Il capitolo successivo dimostrerà che tendiamo a fare cattive previsioni, e quindi, dal momento che ogni decisione implica un elemento predittivo, a prendere cattive decisioni, quando ci sono molti fattori da considerare, mentre questo dimostra che, quando siamo chiamati a giudicare situazioni dagli esiti incerti, le nostre previsioni, e quindi anche le nostre decisioni, sono altrettanto scadenti perfino quando gli elementi da prendere in esame s0no solo uno o due. Dai capitoli precedenti è emerso che le persone incorrono in gravi errori quando devono raccogliere e valutare le evidenze; questo considera gli errori che commettono nell'usarle. Per semplicità, partirò dal presupposto che colui che formula la previsione conosca il vero valore degli elementi a sua disposizione. Nel resto del capitolo userò il termine «predizione» per designare ogni inferenza sulle probabilità di un evento fondata su evidenze, non solo le previsioni relative al futuro. Gli errori che commettiamo sono gli stessi sia che, sulla base dei dati a nostra disposizione, formuliamo deduzioni sul passato, sul presente o sul futuro . Se si conoscono il quoziente d 'intelligenza e l'attitudine all'impegno di uno studente, è possibile «prevedere» i suoi risultati universitari nel passato come nel futuro. Per indicare quella parte dell'evidenza, quale che sia, su cui si basa una previsione, userò il termine «predittore»l. Daniel Kahneman e Amos Tversky riportano il seguente aneddoto, realmente accaduto. Gli ufficiali dell'aeronautica militare israeliana impegnati nell'addestramento dci piloti lamentavano il
IRRAZ/ONAlIrA
fatto che, quando lodavano i loro allievi perché avevano volato particolarmente bene, la cosa non sembrava certo aiutarli: infatti, dopo che erano stati elogiati, le loro performance peggioravano regolarmente. Invece avevano scoperto che, quando li rimproveravano per aver volato male, quasi sempre la volta dopo facevano meglio. Perciò hanno suggerito agli ufficiali superiori di rimproverare i piloti in caso di cattive prestazioni. ma di non lodarli quando volavano bene ·. Dietro questo ragionamento vi è un sottile errore. Volare eccezionalmente bene o eccezionalmente male sono entrambi eventi rari. Ne consegue che, a prescindere dalle lodi o dai rimproveri, se un pilota vola molto bene o molto male una volta, probabilmente ritornerà alle sue prestazioni medie la volta seguente, per il semplice fatto che una performance media è più frequente di una eccezionalmente positiva o eccezionalmente negativa. Di conseguenza, il pilota che ha volato bene in un'occasione probabilmente volerà peggio in quella seguente, e quello che ha volato male una volta probabilmente volerà meglio la volta dopo. il principio per cui, se un evento è estremo (in un senso o nell'altro), è probabile che il successivo evento dello stesso tipo sia meno estremo, è noto come «ritorno alla media». Esso influisce su tutti i fenomeni in cui entra in gioco il caso. Ad esempio, due genitori che hanno quozienti di intelligenza molto elevati - o perché hanno una combinazione genetica eccezionalmente propizia, o perché sono cresciuti in un ambiente eccezionalmente favorevole - probabilmente avranno dei figli molto meno intelligenti di loro. Dal momento che i figli ricevono solo metà del patrimonio genetico dei genitori, è improbabile che ereditino da loro proprio quelli che li hanno resi così intelligenti, come pure, se i genitori hanno beneficiato di un contesto estremamente positivo, è probabile che i figli crescano in uno meno favorevole, perché in media ciò si verifica più spesso. A ulteriore illustrazione di tale principio, ecco due esempi tratti dalla vita reale, il primo dei quali è riportato da Richard Nisbett e Lee Ross s. Nel baseball americano vi è un fenomeno talmente comune che gli è stato dato un nome: )'"effetto secondo anno (sophomore")>>. Supponiamo che in una stagione un battitore se-
INFUENZC SIIAGU JlTC
J I5
gni un numero stratosferico di punti e sia acclamato da tutti come una star, mentre la stagione seguente le sue prestazioni subiscono un crollo, e gioca appena un pochino meglio della media. Sui giornali compaiono molteplici spiegazioni di questo fenomeno: i lancia tori hanno capito come marcarlo, è stato rovinato dal successo, è ingrassato, è dimagrito, si è sposato, ha divorziato e così via. In realtà non occorre alcuna spiegazione: di sicuro il caso c'entra, e non poco, con il numero di punti segnati da un battitore e, se egli è stato favorito dalla sorte in una stagione, è probabile che la cosa non si ripeta in quella successiva, e che i suoi risultati tornino ad attestarsi su livelli medi. Jonathan Baron fornisce un altro esempio, basato su un'esperienza che tutti abbiamo fatt0 1• Una persona si reca in un ristorante per la prima volta e trova i cibi eccellenti, ma, quando ci ritorna, li trova deludenti . n caso svolge un ruolo no tevole anche in ambito culinario, per cui, se la qualità dei cibi è stata eccezionale in un'occasione, è probabile che tomi ad attestarsi su livelli medi in quella successiva. Come fa notare Baron, se una persona mangia male in un ristorante non ci ritorna, per cui non avrà mai modo di scoprire se la seconda volta sarebbe andata meglio, il che è probabile. L'effetto del ritorno alla media è stato sfruttato per fini pratici da un consulente assicurativo I. Spesso una stessa società offre un'ampia gamma di fondi di investimento a portafoglio variabile: lui ha iniziato comprando, tra i fondi proposti da una data s0cietà, quello che l'anno precedente aveva avuto il rendimento peggiore, poi, anno dopo anno, ha venduto quel fondo e trasferito il capitale su un altro, sempre della stessa società, scegliendo sistematicamente quello che l'anno prima aveva ottenuto i risultati peggiori. Dopo dieci anni, aveva guadagnato dieci volte di più di quello che avrebbe incassato investendo ogni anno nel fondo dal rendimento migliore. Eppure i consulenti finanziari si ostinano a consigliare ai loro clienti di acquistare fondi di investimento con "buoni precedenti». Le persone, quindi, in genere non capiscono che ciò che è stato eccezionale una volta probabilmente tornerà su livelli medi la
316
IRMZIONAUTÀ
volta seguente, almeno in quei campi in cui vi è una componente casuale. Perciò formulano previsioni troppo estreme e quindi preswnibilmente sbagliate. Finora ci siamo occupati delle predizioni di un evento (o di una qualità) effettuate sulla base di un altro evento dello stesso tipo. Ma il principio del ritorno alla media si applica altrettanto bene ai casi in cui la natura dei fattori su cui si fonda la previsione è totalmente diversa da quella dell'evento da prevedere. In questi casi la regola è: peggiore è la qualità del predittore, maggiori sono le probabilità di tornare alla media. Essa è illustrata dal seguente esperimento ~. Ad alcuru soggetti, divisi in tre gruppi, è stato chiesto di predire la media complessiva di uno studente (Grade Point Average). A ogni gruppo sono stati fomiti elementi diversi: a uno il punteggio riportato nei vari corsi (Grade Point Rank l0) in confronto a quelli degli altri studenti (a partire dal quale è possibile dedurre con precisione, ed esprimere con un valore numerico, la Grade Point Average); a un altro il punteggio ottenuto in un compito che richiedeva concentrazione mentale (dalla quale è possibile inferire la media solo con moderata precisione); a un altro ancora un indicatore del suo senso dell'umorismo (una qualità che ha ben poca, per non dire nessuna attinenza, con i suoi voti scolastici). Ai tre gruppi è stato detto rispettivamente che il Grade Point Rank era un predittore perfetto, la concentrazione mentale uno discreto e che il senso dell'umorismo era totalmente irrilevante ai fini della previsione. Il primo gruppo, com'era prevedibile, si è comportato bene, mentre gli altri due non hanno tenuto conto della legge del ritorno alla media: infatti, in presenza di un punteggio molto alto (o molto basso) in fatto di concentrazione mentale o di senso dell' umorismo, hanno previsto una Grade Point Average altrettanto alta (o altrettanto bassa). Avevano dimenticato che stavano operando con un predittore imperfetto, e che, siccome la maggior parte dei punteggi si aggira intorno a valori medi, era assai più probabile che lo studente in questione avesse una Grade Point Average vicina alla media che non una altissima (o bassissima), e comunque equivalente al suo indice di concentrazione mentale o di senso dell'umorismo. Gli economisti hanno sprecato fiumi di inchiostro e
INFER. ENZF. SIII\ CUATE
317
tonnellate di carta nel tentativo di spiegare perché un'impresa che in un certo anno ha ottenuto risultati eccezionalmente positivi l'anno successivo tende a peggiorare: se avessero fatto ricorso al principio del ritorno alla media, avrebbero risparmiato un sacco di tempo a se stessi e ai propri lettori. Le cause di quest'errore sono tuttora dibattute. È possibile che tra esse rientri l'effetto disponibilità, poiché, se una persona ha davanti a sé un predittore caratterizzato da un valore particolarmente alto o particolarmente basso, senza riflettere tende ad assegnare il valore equivalente al fenomeno che sta cercando di prevedere. Perfino quando sa che il predittore è imperfetto, non riesce a liberarsi dall'errata convinzione che il valore dell'evento da predire corrisponda a quello del predittore, come invece è logico che sia nel caso di un predittore perfetto. È un errore non dissimile da quello che induce a non tenere conto delle probabilità di base nel calcolo delle probabilità complessive, come abbiamo visto nel capitolo 14 a proposito del caso dei taxi verdi e blu. Vi è un altro errore, ugualmente connesso all'incapacità di tener conto del ritorno alla media: esso ha a che fare con il grado di fiducia che le persone ripongono nei loro giudizi. Come abbiamo visto, quando un predittore imperfetto ha un valore elevato, la stima della variabile da prevedere dovrebbe essere ritoccata al ribasso in direzione della media e, analogamente, dovrebbe essere ritoccata al rialzo se il suo valore è basso. Ora, non solo le persone non lo fanno, ma esprimono più fiducia nei loro giudizi erronei quando questi sono basati su valori alti o bassi del predittore che quando sono vicini alla media. 1 valori estremi di un predittore generano una fiducia estrema, anche se tali valori sono proprio quelli suscettibili di condurre agli errori più grandi. È come se le persone pensassero, inconsciamente, che se una cosa (il valore del predittore) è estrema, allora tutto ciò che è connesso con essa (la loro fiducia nella previsione) debba essere altrettanto estremo u. Un ulteriore e curioso errore che ha a che fare con la fiducia può essere illustrato da un semplice esempio. Supponiamo che,
118
IRRAZIONAUTA
prima dell'era delle calcolatrici, un ragioniere cercasse di stabilire se un candidalo aveva le qualità per diventare un buon impiegato: probabilmente avrebbe verificato la sua rapidità nell'ese guire le addizioni e le sottrazioni; di sicuro avrebbe tenuto conto anche di altri aspetti, ad esempio di quanto era ordinato nel suo lavoro. coscienzioso e così via. Ora, è altamente plausibile che l'abilità nelle addizioni sia strettamente correlata con quella nelle sottrazioni: quindi, se conosciamo il grado di abilità di una persona nell'eseguire le somme, potremo prevedere con sostanziale esattezza la sua bravura nelle sottrazioni. Ne consegue che. per stabilire se il candidato sarà un bravo impiegato, non occorre tener conto dei dati relativi alla sua competenza in entrambe le operazioni: dal momento che si tratta di aspetti correlati, ci basta considerarne uno solo. Invece, siccome l'ordine e la coscienziosità sembrano avere poco a che fare con l'abilità nel sommare e nel sottrarre, l'impiego di questi due fattori (ovviamente associati alla capacità di eseguire le addizioni o le sottrazioni) aiuterà a prevedere se sarà o meno un impiegato brillante. In realtà, come dimostra il seguente esperimento, le persone si comportano nel modo esattamente opposto: ripongono più fiducia nelle qualità correlate tra loro che in quelle che non lo s0no. Ai soggetti è stato detto che il successo accademico di alcuni studenti poteva essere predetto sulla base di quattro test, ciascuno dei quali poteva essere considerato un predittore solo moderatamente attendibile e tutti caratterizzati dallo stesso grado di affidabilità. I test erano suddivisi in due gruppi, ognuno composto da due qualità: il primo comprendeva la «flessibilità mentale» e il «ragionamento sistematico», il secondo il «pensiero creativo» e l'«abilità simbolica ». Ai soggetti è stato specificato che i punteggi del primo gruppo di test erano strettamente connessi tra loro (cioè che il valore della flessibilità mentale poteva essere dedotto con precisione da quello del ragionamento sistematico), mentre quelli del secondo non lo erano (per cui il valore del pensiero creativo non poteva essere ricavato da quello dell'abilità simbolica). In seguito, sono stati fomiti loro i risultati fittizi riportati da alcuni studenti immaginari in tutti e
/NFERENZE SBACUATE
quattro i test, strutturati in conformità con quanto era stato det· to loro: ad esempio, se uno studente aveva un 16 in "flessibilità mentale", il suo punteggio nel .. ragionamento sistematico» poteva collocarsi tra 15 e 17, mentre un 16 in «pensiero creativo» era abbinato in maniera casuale con un punteggio compreso tra l e 20 in "abilità simbolica». I soggetti dovevano formulare le loro previsioni sul successo accademico di ogni studente basandosi o sulla coppia di qualità correlate, o sulle due caratteristiche slegate fra loro. Quando sono stati invitati a indicare quanta fiducia avessero nella correttezza di tali previsioni, hanno detto di confidare molto di più in quelle basate sui punteggi correlati, il che è l'esatto contrario di un giudizio razionale: se un risultato è un predittore attendibile di un altro, conoscere il secondo non ci dice niente di nuovo sul primo, mentre, se due punteggi non sono collegati fra loro, l' uso di entrambi può migliorare la previsione I l. Presumibilmente l'errore descritto è dovuto al fatto che i punteggi correlati sono coerenti tra lOTO, e ciò induce a pensare che lo siano anche con il risultato da prevedere, mentre quelli slegati in genere non lo sono, e quindi si pensa che non possano costituire predittori affidabili del valore ricercato. Questo capitolo termina con alcuni esempi sparsi deU'incapa· rità di trarre le giuste conclusioni da evidenze limitate. Supponiamo che una commissione selezionatrice stia decidendo se ammettere o no uno studente a un corso posi-laurea di psicologia eli· nica Il. Essa può basarsi su due elementi: il risultato ottenuto dal candidato in un particolare esame e la durata della sua esperienza di lavoro in un ospedale psichiatrico, due dati slegati, per cui è impossibile prevedere l'uno a partire dall'altro (nel caso in questione, il candidato aveva lavorato in un ospedale psichiatrico assai più a lungo della maggior parte degli studenti ammessi al corso). Naturalmente, la commissione guarda con grande favore a quest'ultimo elemento, ma i risultati del suo esame sono spa riti. Quando finalmente vengono ritrovati, si scopre che sono leggermente superiori alla media di quelli ottenuti dagli altri candidati.
320
IRRAZIO NAUTA
Provate a decidere se la commissione dovrebbe rivedere al rialzo O al ribasso il suo giudizio su di lui. La maggior parte delle persone pensa che dovrebbe ridimensionarlo, ma in realtà è il contrario. Anche quest'errore è legato all'incapacità di tener conto del ritorno alla media: dal momento che l'esperienza con i pazienti psichiatrici mentali non è correlata con i risultati dell'esame, la miglior previsione che si possa fare è che tali risultati siano nella media, per cui, quando la commissione scopre che essi sono in realtà superiori alla media, dovrebbe rivedere al rialzo la sua opinione su di lui. L'errore è in parte dovuto al fatto che le persone tendono a fare la media tra due valori quando invece dovrebbero sommarli, proprio come fanno con le probabilità (lo abbiamo dimostrato nel capitolo 15). Supponiamo che stiate giocando alla roulette e che la pallina finisca sul nero per sei volte di fila. La maggior parte delle persone, inclusi alcuni incalliti giocatori d'azzardo, ritiene più probabile che al lancio seguente essa finisca sul rosso che non sul nero. Questa previsione è fondata sul fatto che in media, su un gran numero di lanci, la pallina tende a cadere con una frequenza pressoché uguale su entrambi i colori. Tornando a un'idea già esposta, la serie NNNNNNR è più rappresentativa della sequenza-tipo di quanto non lo siano sette neri di fila. Ma la pallina non ha memoria: a prescindere da quante volte di seguito sia già finita su un colore, le probabilità che tomi a cadere su quel colore al lancio seguente restano uguali. Per ovvie ragioni, quest'errore è chiamato «fallacia del giocatore d'azzardo». Come fa notare Baruch Fischhoff, lo stesso errore può verificarsi anche in contesti più seri del gioco d 'azzardo: perfino l'insigne storico americano Rodney J. Morrison vi è incorso. Egli s0steneva che Roosevelt, all'inizio del quinto anno del suo mandato, aveva annunciato che avrebbe volto a proprio favore la Corte Suprema scegliendo personalmente alcuni giudici. lnoltre, dal momento che nessun giudice era andato in pensione nei primi quattro anni della presidenza Roosevelt, e tenuto conto dei normali ritmi di pensionamento della categoria, «le probabilità erano di undici a una in favore [di Roosevelt] che egli sarebbe riu-
INfERENZE SBAG/JATE
321
sdto a nominare uno o più giudici della Corte Suprema con metodi tradizionali I< proprio quell'anno». AI che Fischhoff commenta: "Gli ultimi quattro anni sono acqua passata, e la probabilità che nell'anno a venire si sarebbe reso vacante almeno un posto era ancora dello 0,39» ,~. Un esempio di fallacia correlato al precedente è la tendenza a vedere uno schema in una serie di eventi quando di fatto essi si presentano in successione casuale. Un caso frequentemente citato ,. è quello dei bombardamenti tedeschi su Londra durante la seconda guerra mondiale: i londinesi avevano formulato elaborate teorie sugli obiettivi a cui miravano i tedeschi, e di conseguenza sui luoghi in cui cercare riparo. Molti erano arrivati all'errata conclusione che l'East End avesse ricevuto più bombe del dovuto, e che i tedeschi intendessero allontanare i poveri dai ricchi. Quando, dopo la guerra, lo schema dei bombardamenti tedeschi fu sottoposto ad analisi statistica, si scopri che essi erano totalmente casuali. Il desiderio umano di dare un senso alle cose - vedendo schemi dove non ce ne sono, o inventando teorie in grado di spiegare perché qualcuno è particolarmente bravo a identificare i biglietti d'addio dei suicidi - può condurre a risultati decisamente fuorvianti. Infine, ecco un esempio dal quale emerge come spesso siamo totalmente incapaci di accorgerci che qualunque previsione formulata sulla base di elementi scarsamente attendibili non può che essere aleatoria 1 ~. Ai soggetti di un esperimento è stato fornito il profilo dello studente di un corso di specializzazione past-laurea, elaborato a partire da alcuni test proiettivi. Essi erano convinti che tali test, tra cui il Rorschach o il DAr descritti nel capitolo 11, non avessero praticamente alcun valore predittivo; come si è già visto, avevano ragione, almeno a questo proposito. Poi, hanno ricevuto una lista di nove corsi a ognuno dei quali lo studente avrebbe potuto essere iscritto, e sono stati invitati a scegliere quello giusto. Sulla scorta della descrizione, formulata secondo i canoni dei test proiettivi (<<mancanza di genuina creatività», «esigenza di ordine e chiarezza; necessità di operare in contesti chiari e ordinati», «scarsa sensibilità e solidarietà nei
322
IRRAZION.... urA
confronti degli altri»), la maggior parte di loro ha pensato che si trattasse di un ingegnere, per poi scoprire che era iscritto alla Graduate School of Education (corso post-Iaurea in Scienze delia formazione), dove seguiva uno specifico indirizzo per l'insegnamento ai bambini handicappati. A questo punto, è stato chiesto loro come conciliassero tale dato con la descrizione basata sui test proietti vi, e quasi tutti lo hanno fatto sottolineando quegli aspetti della descrizione che meglio si adattavano a una persona impegnata in ambito educativo (ad esempio, «profondo senso morale»). Quasi nessuno di loro, tuttavia, ha scartato tout CQurt il profilo emerso dai test. La tendenza a sopravvalutare informazioni a dir poco incomplete è un fenomeno quantomai diffuso.
Morale 1. Ricordatevi che quando si verifica un evento estremo - inteso
come molto positivo o molto negativo - è probabile che il successivo evento dello stesso tipo sia decisamente meno estremo per ragioni puramente statistiche: esso torna ad attestarsi su livelli medi. 2. Quando dovete fonnulare una previsione a partire da dati incompleti, regolatevi sul valore medio del fenomeno che state cercando di prevedere piuttosto che su quello del predittore. 3. Se due evidenze concordano sempre tra loro, per la vostra previsione vi basta tener conto di una sola. 4. Imparate alcune elementari nozioni di statistica e di teoria della probabilità, specialmente se siete un professionista: non dovrebbe volerci più di qualche giorno. Un modo divertente per cominciare è leggere lmrumeracy di John Allen Paulos (che trovate citato nella bibliografia specifica a p. 393). 5. Cadere nella «fallacia del giocatore d'azzardo» non vi farà vincere denaro, né, se è per questo, ve ne farà perdere.
INFERENZE S8AGUATE
' Termine formato dall'unione di sotisfyùlg (soddisfacente) e suffiu (essere sufficiente) (N.d.T.]. ' Hcrbert Simon, Mooe/s o/ Mali: Sacia/ alld RBliollal. John Wiley & Sons, New York 1957. ' Sebbene in italiano sia più frequente il termine " previsio ne», recentE'" mente, nel lessico tecnico-scientifico, a esso s i è venuta affiancando la foro ma " predizione» (mutuata dall'inglese predictian) (http:// www.trecca. ni.it I Portale I elements I categoriesI tems. jsp ?pathFile= I s itcs / default / Ba ncaDati / Vocabolario_online/ P / VIT_III]_084308.xm1 ). Pertanto, in questo come nei successivi capitoli, tali termini e i loro corradicali sono stati utilizzati come equivalenti o sinonimi (N.d.T.). 'Salvo d ove diversame nte indicato, il resto del capitolo è basato su DanieI Kahneman, Amos Tversky, 011 the Psycha/ogy 01 Predicfioll, " Psychological Review », n. BO, 1973, pp. 237·251. ' Richard E. Nisbett, Lee D. Ross, L'illll.'TeliUl uma/la. Strategie e laculle del gil/dizio $OCia/e, il Mulino, Bologna 1989 (ed. o r. Hl/mali flilemice. Strategies alld Shortcomillgs o/Sacia/ Judgmellt, Prentice--Hall, Englewood Cliffs 19BO) . • Propriamente sophamore (slang USA) d esigna gli studenti al secondo ano no del college o del liceo, ma si applica anche, per estensione, a chi è al secondo anno di qualsias i esperienza (N.d .T.] . ' Jonathan Baron, TIlillki/lg alld Decidillg, Cambridge University Press, Cambridge 1988 (nuova ed. 2008). ' Independent Research Services, SI/ccmful Persona/lnvestil'g, 1992 (ra?" porto non pubblicato) . • Kahneman, Tversky, O" the Psycho/ogy a/ Predictioll ciI. 10 11 Grade Poilll R.lIIk è il valore numerico assegnato al voto, espresso in let· tere, ottenuto in un corso o esame universitario, moltiplicato per il nume-ro dei crediti attribuiti per quell'esame (N.d.T.J. Il Daniel Kahneman, Amos Tversky, O" tlle Psycho/ogy 01 Predictio" ciI.
" lvi. uSarah Lichtenstein, Tunothy C. Earle, Paul Siovic, CI/e UtiliZiltiali il, (I Nu· merical Predictian Task, «Joumal of Experimental Psychology: Human Per· cE'ption and Performance .., n. 104, 1975, pp. 77·85. " Baruch Fischhoff, " Far Those Condemned to 5tudy the Past: Heuris tics and Biases in Hindsight», in Daniel Kahneman, Paul Slovic, Amos Tver· s ky (a cura di), Judgmell t IIIzdl.'T U"crrtaillty. Heuristics alld Biast'S, Cambrid· ge Uni versity Press, Cambridge 1982 (nuova ed. 2001). '! William Feller, AI! I"trodr.ctiall to Probability Tlzeory a"d Its ApplicatiOlzs, voI. I, John Wiley & Sons, New York 1968 (nuova ed. 1991). ,. Kahneman, Tvers ky, 011 tlze PsycllOlogy 01 Predictio" ciI.
Capitolo 19 l limiti dell'intuizione
Una delle più apprezzate facoltà umane è l'intuizione. A molte persone fa più male sentirsi accusare di essere poco intuiti ve che di essere sciatte, pigre o egoiste. Come diceva La Rochefoucauld: ..Ognuno si lamenta della sua cattiva memoria, nessuno del suo cattivo giudizio» '. Vi sono solo poche voci di dissenso al riguardo: ad esempio, c'è chi ha detto che l'intuizione è lo strano istinto che dice a una persona che è nel giusto, a prescindere dal fatto che lo sia o no. Nel capitolo precedente abbiamo visto che le persone sono inclini a sbagliare quando fonnulano previsioni basate su un numero limitato di fattori. Nella vita reale, però, bisogna tener conto di molti fattori diversi, ognuno dei quali è un predittore più o meno affidabile: dò significa che la previsione effettuata sulla base di ognuno di essi ha una certa probabilità di essere giusta. Prendiamo in esame il seguente brano, tratto da un manuale di oncologia; la citazione è di David Edd y 2, come pure i corsivi, utilizzati ogni volta che compare un'espressione indicante un determinato grado di incertezza. li brano si propone di aiutare i media a distinguere una cisti di natura benigna da un cancro alla mammella: La mastopatia fibrocistica viene spesso confusa con il carcinoma della mammella. Di Sll/ito si manifesta in donne dal seno piccolo e che hanno gia avuto figli. Per lo più è localizzata nel quadrante superiore esterno, ma Imò comparire anche in altri punti e, infine, in-
326
IRIVIZIONAUTI'I
teressare l'intera mammella. È spesso dolente, specie nel periodo premestruale, ed è comUlU'mfnte accompagnata da disturbi mestruali. La fuoriuscita di liquido dal capezzolo, gel/eraill/ente accentuata, si osserva all'incirca nel 15% dei casi, ma non comporta modificazioni del capezzolo stesso. La lesione è diffusa, senza demarcazione netta né adesione alla pelle che la ricopre. Le cisti multiple sono sode, circolari e fluttuanti, e, se contengono un liquido chiaro, può essere utile sottoporle a transilluminazione ' . Una grossa cisti localizzata in un'area fibrocistica sembra un tumore al tatto, ma di solito è più liscia e i suoi contomi sono ben delineati. I linfonodi ascellari iII genere non sono ingrossati. La mastopatia fibrocistica si manifesta rarammte con grandi cisti bluastre. Più spesso le cisti s0no multiple e piccole.
Questa citazione dimostra che, per formulare una diagnosi, può essere necessario tener conto di un gran numero di sintomi diversi, la cui affidabilità va da «può» a
I UMfTI DELL'INTUIZIONE
J27
ste un metodo matematico che consente di stabilire la validità dei diversi predittori e di combinarli tra loro in modo da effettuare la miglior previsione possibile sulla base dei dati disponibili (salvo rare eccezioni, che richiedono l'uso di altre tecniche matematiche), Come fa notare Robyn Dawes, uno dei ricercatori di punta in questo campo, tale metodo è stato in qualche modo anticipato da Benjamin Franklin, che all'amico Joseph Priestley scriveva: In mancanza di premesse sufficienti, non posso consigliarti che cosa decidere, ma, se lo desideri, ti dirò come farlo (.. ,l, Il mio metodo consiste nel tracciare una linea su un foglio di carta per dividerlo in due colonne, che intitolo rispettivamente «pro» e «contro», Poi, nel corso di tre o quattro giorni di riflessione, annoto in forma schernatica, in corrispondenza delle due sezioni, i vari motivi che mi vengono in mente, in momenti diversi, afavare o COlltro la decisione. Quando, grazie a tale metodo, li ho tutti presenti e posso abbracciarli simultaneamente con un solo sguardo, mi sforzo di valutame i rispettivi pesi' [... ) [per) individuare infine dove risiede l'equilibrio [ .. ,), E, sebbene il peso delle differenti ragioru non possa essere detenninato con la precisione delle quantità algebriche, tuttavia, una volta che ho esaminato ciascuna di esse, sia separatamente sia in confronto alle altre, e ho presente il problema nel suo complesso, ritengo di essere in grado di giudicare meglio, e sono meno incline a passi affrettati; e devo dire che ho tratto grandi vantaggi da questo tipo di equazione, emblematica di quella che può essere definita algebra morale o prudenziale.•
In effetti è stato dimostrato che l'uso della tecnica di Franklin permette di tener conto di un maggior numero di dati e di alternative prima di pervenire a una decisione. n metodo matematico che mi accingo a descrivere consente di valutare nel miglior modo possibile i pesi (per riprendere il termine di Franklin) contrari a ognuno dei fattori rilevanti per una decisione, Esso è illustrato da uno studio finalizzato a prevedere il s uccesso dei candidati ai corsi post-Iaurea della Oregon University. Per il
328
IRRA, ZIONAUTA
proprio giudizio, i docenti responsabili delle ammissioni avevano a disposizione la media dei voti Wliversitari, i risultati di uno specifico esame destinato ai potenziati studenti dei corsi post-laurea (Graduate Record Examination) e le referenze dei garanti (rcfcree), referenze che i quattro membri del comitato di anunissionc halUlo convertito in valori numerici. I punteggi degli studenti nelle tre voci che costituivano i criteri di valutazione andavano da 3 a 4,9 per i voti universitari, da 70 a 90 per il Graduate Record Examination e da 1 a 5 per le referenze. In sintesi, a ogni candidato sono stati attribuiti tre punteggi, uno per ognuna delle tre voci. Infine, sulla base di tali punteggi il comitato di ammissione ha inserito ogni candidato in una delle sei fasce di giudizio che aveva predisposto per quantificare le sue potenzialità di riuscita nei corsi post-Iaurea È sempre difficile stabilire se una commissione selezionatrice faccia bene il suo lavoro, in quanto è impossibile sapere quale sarebbe stato il rendimento dei candidati respinti se fossero stati ammessi. Ma è senz'altro possibile confrontare i risultati effettivamente ottenuti dagli studenti prescelti alla fine (o quasi) delloro percorso culturale con la fascia (1-6) in cui erano stati inseriti dal comitato di ammissione. Questo confronto ci dice fino a che punto le valutazioni dei comitati di ammissione riescano a prevedere i risultati degli studenti nei corsi post-Iaurea. Nella fattispecie, le previsioni della commissione si sono rivelate scadenti ma comunque migliori che se fossero state lasciate al caso. Ora, è ovvio che i tre fattori utilizzati come criteri di selezione non p0tevano avere lo stesso valore ai fini della previsione dei risultati finali degli studenti: ad esempio, i voti riportati negli esami universitari costituivano un pred.ittore migliore delle referenze, che potevano essere viziate dalla parzialità di chi le aveva fornite. Per arrivare al miglior giudizio possibile, la commissione avrebbe dovuto attribuire il giusto peso a ognuno dei tre elementi di cui disponeva. Ma abbiamo già visto quanto sia difficile per la maggior parte delle persone individuare le giuste correlazioni. Come fa normalmente un comitato di ammissione a stabilire che i voti degli esami universitari sono più importanti delle referenze, e se sì in che misura? Lo fa sulla base dell'intuizione.
/ UMITI DEU'/NT1lIZI0 Nf
Il metodo attuariale che mi accingo a descrivere è noto come «analisi di regressione multipla», Nel caso in questione, esso consiste nel prendere i tre punteggi iniziali riportati dai candidati in ognuna delle tre voci considerate e nel metterli sistematicamente a confronto con le loro valutazioni finali, per calcolare fino a che punto ciascuna di esse costituisca un predittore attendibile dei risultati che otterranno verso la fine della loro carriera universitaria, Il valore predittivo di ognuno dei tre fattori è indicato da un decimale compreso tra Oe 1, che ne rappresenta il peso. Per ottenere la previsione, tutto ciò che occorre fare è prendere ognuno dei tre punteggi iniziali di uno studente, moltiplicarlo per il giusto peso e sommare tra loro le tre cifre risultanti, Questa procedura non solo tiene conto dei rispettivi valori di ogni fattore ai fini della previsione dei risultati, ma compensa il fatto che il range dei tre predittori è molto diverso: ad esempio, 3-4.9 per i voti degli esami universitari contro 70-90 per il Graduate Record Examination. Nel complesso, l'analisi matematica fornisce la miglior previsione che sia possibile formulare a partire dai dati iniziali, Potreste giustamente obiettare che in tutto ciò c'è un pizzico d'imbroglio: dal momento che l'analisi matematica non si avvale solo dei tre predittori, ma anche degli effetti da prevedere, difficilmente le sue previsioni potrebbero essere peggiori di quelle dei giudici. Per ovviare a questo inconveniente, i risultati dell'analisi iniziale vengono testati applicandoli a un altro gruppo di studenti, e calcolando in che misura funzionino anche per loro le predizioni ottenute: a questo punto. le predizioni possono essere confrontate con quelle effettuate dai giudici umani sulla base del!'intuizione. Va tenuto presente che anche il metodo attuariale non è perfetto: esso formula soltanto le previsioni migliori in rapporto ai dati di partenza. Naturalmente. non è mai possibile prevedere con precisione assoluta le prestazioni umane: nel caso degli studenti, qualcuno si innamorerà e tenderà a distrarsi, altri verranno lasciati dalle fidanzate e si distrarranno ancora di più, alcuni sceglieranno per la loro tesi di dottorato un progetto che, per pura
3JO
IRRAZ/ONAUTÀ
fortuna, produrrà risultati di rilievo, altri invece uno che, malgrado tutti i loro sforzi, si rivelerà terribilmente ostico. E non s0no solo i comportamenti umani a non poter essere previsti con assoluta certezza: le condizioni meteorologiche, l'ubicazione dei si· ti geologici caratterizzati dalla presenza di petrolio, la natura di una malattia a partire da una data serie di sintomi si possono prevedere soltanto con un certo grado di probabilità. In questi e in molti altri casi è stato dimostrato che le predizioni attuariali fun· zionano meglio dei giudici umani. Anzi, da oltre cento studi comparativi sull'esattezza della previsione attuariale e di quella intuitiva è emerso che in nessun caso la seconda ha ottenuto risultati migliori della prima, sebbene talora tra i due metodi non sia stata riscontrata alcuna differenza; nella stragrande maggioranza dei casi. però, la previsione attuariale si è rivelata notevolmente più precisa. Ecco alcuni esempi scelti a caso di occasioni in cui essa si è mostrata più efficace delle intuizioni degli esperti (prima viene menzionato l'oggetto della previsione, seguito dall'indicazione degli esperti i cui giudizi sono stati confrontati con il metodo attuariale): - il tasso di detenuti in libertà vigilata che avrebbero mostrato buona condotta o che avrebbero violato tale disposizione (tre studi separati condotti da psicologi e psichiatri su oltre 3000 detenuti in libertà vigilata); -le future performance dei piloti al termine dell'addestramento (responsabili del personale delle forze aeree statunitensi); - il grado di adattamento al riformatorio di alcuni adolescenti (psichiatri); - il futuro tasso di soddisfazione nel lavoro di alcuni studenti di ingegneria (consulenti scolastici); - il grado di recidività di alcuni criminali (medici); -la frequenza dei tentativi di suicidio in alcuni pazienti psichiatrici (psichiatri); -la percentuale di miglioramento delle condizioni mentali di alcuni pazienti schizofrenici (medici) - la classificazione di un paziente psichiatrico come psicotico o come nevrotico (psichiatri e psicologi);
I UMffI DHUNTU/ZIONE
331
- il tasso di crescita di alcune corporation (analisti finanziari); - le future performance di alcuni cavalli alle corse (esperti di scommesse). Si noterà che in tutti gli esempi eccetto uno le previsioni riguardano persone, che si tratti del loro comportamento, dei loro risultati, delle loro capacità o della loro salute mentale. Curiosamente, è proprio a proposito delle persone che sosteniamo di avere delle intuizioni. Eppure, quasi tutti ormai riconoscono che per comprendere il mondo esterno e predirne le caratteristiche è meglio utilizzare metodi scientifici piuttosto che intuitivi. Se volete sapere che tempo farà, invece di consultare l'Old Moore Almanack' o di controllare se il cielo è rosso di sera, farete meglio a leggere le previsioni del tempo o a procedere, come ogni servizio meteorologico che si rispetti, a un'attenta osservazione e registrazione dei vari fenomeni atmosferici, che consente di formulare previsioni relativamente precise con l'ausilio dell'analisi matematica. E se la vostra auto non parte, vi conviene controllare i cavi dell'accensione, le candele, il distributore e così via, usando le vostre conoscenze, non le vostre intuizioni. Pertanto, per verificare la razionalità o meno dell'intuizione umana, è meglio basarsi sulle predizioni che essa formula a proposito delle persone. Sebbene le previsioni fondate su metodi attuariali nella grande maggioranza dei casi siano molto più precise di quelle basate sull'intuizione, è necessario premettere tre avvertenze. La prima è che i dati utilizzati per la predizione attuariale (o almeno, parte di essi) devono essere attinenti alla predizione stessa, e sono in primo luogo le persone a decidere cosa è attinente e cosa non lo è. Nel caso citato, il comitato di ammissione aveva stabilito che i criteri pertinenti alla selezione degli studenti fossero i voti degli esami universitari, i risultati del Graduate Record Examination e le referenze dei garanti, ma ve ne sono molti altri che potrebbero essere ritenuti altrettanto utili, quali lo stato di salute del candidato o il giudizio che danno della sua coscienziosità o della sua perseveranza le persone che lo conoscono. Ora, è estremamente difficile per un giudice umano accertare se questi ulteriori elementi hanno a che fare o no con il grado di successo finale dello
JJ2
IRRAZIONAUTÀ
studente. Parte della bellezza del metodo attuariale sta nel fatto che, se al computo viene aggiunto un qualunque predittore, esso determina automaticamente se è pertinente o no. Se il nuovo dato è del tutto slegato dalla previsione in corso, gli viene assegnato un peso pari a «O», il che significa che, nel calcolo finale, verrà semplicemente ignorato. Come abbiamo visto, le persone istituiscono spesso correlazioni inesistenti, e la predizione attuariale ci tutela contro il rischio di utilizzarle. Anche se i dati immessi nel calcolatore devono essere suggeriti dalle persone, il computo attuariale determina accuratamente quale uso fare di essi. La seconda avvertenza è che il paragone tra il giudizio intuitive e quello attuariale è valido solo se l'analisi matematica e il giudice umano hanno a disposizione gli stessi dati. Questo però non sempre è possibile, dal momento che spesso le persone non conoscono i fondamenti dei propri giudizi. Per citare un esempio estremo, in un esperimento le fotografie di alcuni uomini e di alcune donne sono state prima ritoccate in maniera tale che le loro pupille risultassero o molto grandi, o molto piccole, e poi mostrate a soggetti del sesso opposto, con l'accortezza di proporre a ognuno di loro più foto della stessa persona, ma con le pupille ora rimpicciolite, ora ingrandite. Ebbene, essi tendevano a giudicarla molto più attraente e sexy nella versione con le pupille grandi che nell'altra, anche se non si rendevano minimamente conto di essere stati influenzati dalle dimensioni di quel dettaglio -. Comunque, anche se i giudici possono formarsi un'impressione generale di una persona tramite un colloquio senza sapere esattamente come ciò avvenga, è possibile indurii ad assegnare un punteggio a un candidato sulla base di un colloquio, e inserire quel punteggio nell'analisi matematica. Di fatto, come vedremo, i colloqui non migliorano le previsioni: anzi, tendono a peggiorarle. La terza avvertenza è che i dati immessi nel modello matematico devono essere espressi in forma numerica. Ciò non costituisce un problema. I giudici umani non hanno difficoltà ad assegnare valori numerici alle prove su cui si basano: nell'esempio citato, il comitato di ammissione aveva misurato la bontà delle referenze su una scala da 1 a 6. Se le persone sono contrarie a usa-
I UMITI VEU'INTUIZ/ONE
ili
re i numeri, si può chiedere loro semplicemente di mettere un segno di spunta accanto a una serie graduata dì aggettivi, ad esempio «pessimo, scarso, mediocre, buono, eccellente», e in seguito, a seconda degli aggettivi che ha scelto, assegnare al candidato un punteggio numerico da 1 a 5. Naturalmente non c'è alcuna garanzia del fatto che il singolo giudice sia coerente nei suoi giudizi: se esamina le stesse referenze in giorni diversi, è possibile che un giorno le valuti da 1 e un altro da 2. Nella misura in cui i giudici sono fallibili sotto quest'aspetto, il valore del predittore in questione sarà ridotto. Ma se un giudice è incoerente nelle sue valutazioni, ciò andrà ovviamente a scapito sia del suo successo prcdittivo sia di quello del modello matematico. Un modo per superare questo problema è chiedere a più persone di assegnare un punteggio a un predittore, e poi fare la media dei loro risultati: gli errori tendono ad annullarsi e si ottengono cifre più uniformi. Inoltre, sembra probabile che il fatto di essere costretti a classificare una qualità in forma numerica aiuti davvero i giudici a essere più coerenti. Supponiamo che due delle qualità più ricercate in un rappresentante siano il fascino e la fiducia in se stesso, e che tali qualità vengano valutate attraverso un colloquio. Quasi sempre chi conduce il colloquio riporta soltanto un'impressione globale del candidato (peraltro fortemente alterata dall'effetto alone), ma se fosse costretto ad assegnare valori numerici al fascino e alla fiducia in se stessi, avrebbe di sicuro più probabilità di estrapolare tali qualità dalla propria impressione generale. Il valore predittivo dei suoi giudizi può essere misurato tramite l'analisi matematica sulla base di un congruo numero di casi, e a condizione che sia possibile accertare il successo del rappresentante prescelto. L' ultima avvertenza è che è possibile applicare il metodo attuariale soltanto quando si effettua lo stesso tipo di previsione, sulla base delle stesse conoscenze (i predittori), a proposito di un numero sufficientemente grande di casi simili: ad esempio, i risultati degli studenti di un corso post-laurea di cui si conosce il curriculum accademico, o la classificazione di una malattia di cui sono noti i sintomi. Tranne che in alcuni casi particolari, è diffici-
IRRAZIONAUT),
le prevedere l'esito di una battaglia o di un corteggiamento. Stra· namente, però, il metodo attuariale si è rivelato efficace nel predire la felicità di un matrimonio, grazie al semplice espediente di sottrarre al numero medio di rapporti sessuali della coppia nel corso di una settimana il numero medio dei suoi litigi nello stes· so arco di tempo. Finora, dunque, abbiamo dimostrato che il metodo attuariale, ove applicabile, è quasi sempre più efficace dei giudizi umani. Ma esso possiede un'altra proprietà ancor più straordinaria: è possibile prendere le previsioni fatte dallo stesso giudice a proposito di un certo numero di casi, e calcolare il peso che ha im· plicitamente attribuito a ognuno dei predittori, neU'esempio cita· to ai voti degli esami universitari, all'esito del Graduate Record Examination e alla credibilità delle referenze. Anche se forse non lo sa, infatti, inconsciamente egli assegna un peso a ogni predit· tore, peso che può essere determinato confrontando i valori dei predittori di un candidato con la valutazione che il giudice ha da· to delle sue potenzialità di riuscita nel corso post·laurca. (Si noti che non stiamo affatto parlando dell'effettivo rendimento del candidato.) Una volta determinati in questo modo i pesi applica· ti dal giudice, si scopre che la formula matematica basata su di es· si consente una previsione migliore di quella del giudice stesso. Com'è possibile? La risposta ci viene da Lewis R. Goldberg: [li giudice) non è una macchina. Sebbene possieda un'ampia cui· tura e sia pienamente in grado di formulare ipotesi, gli manca l'affidabilità di una macchina. Ha le sue giornate sì e le sue giornate no. La noia, la fatica, le malattie, le distrazioni di natura contingente o interpersonale, tutto può assillarlo, e di conseguenza i suoi giudizi di uno stimolo dello stesso tipo, se formulati in momenti diversi, non sono identici ( ... ). Se potessimo ovviare almeno in parte a questa carenza di affidabilità, dovuta al fatto che è un essere umano, eliminando gli errori casuali presenti nei suoi giudizi, accresceremmo la validità delle predizioni che ne conseguono. '
I UMITI DE.LL"lNTU/ZlO NE
335
Anche in questo caso, facendo la media dei giudizi espressi dal giudice su certo numero di casi, gli errori si annullano e arriviamo a stabilire i valori medi dei suoi pesi. dai quali, ahimè, si allontana fin troppo spesso. Il modello matematico, invece, non si discosta da tali valori, e quindi fa meglio del giudice. Sebbene il procedimento appena descritto, opportunamente definito bootstrapping 'Q,in genere non consenta previsioni altrettanto buone di quelle che si ottengono applicando una formula basata sui pesi ottimali - pesi che vengono determinati confrontando i punteggi iniziali di un individuo con i suoi risultati finali - spesso non sbaglia di molto. Questo significa che il giudice ha implicitamente elaborato dei pesi piuttosto ragionevoli, ma che non li usa in modo coerente. Va sottolineato che il bootstrapping ci fornisce i pesi che il giudice (o i giudici) effettivamente utilizza, non quelli che è convinto di utilizzare. In realtà, di solito i giudici non sono consapevoli dei criteri su cui basano i loro giudizi: quando sono state analizzate le valutazioni che tredici distinti operatori di borsa avevano dato di alcune azioni, si è scoperto infatti che il peso che realmente attribuivano a ogni predittore era praticamente l'opposto di quello che credevano di assegnargli li . Possiamo ora esaminare i motivi per i quali la previsione inhtitiva è molto più scadente di quella attuariale. In primo luogo, il giudice umano non assegna ai predittori valori veramente ottimali, per tutte le ragioni esposte nei precedenti capitoli. Come abbiamo visto, l'uomo è decisamente incapace di effettuare le giuste connessioni: il giudice umano può quindi attribuire un'importanza eccessiva a un predittore che ha poco, se non nulla, a che vedere con il risultato da predire. In secondo luogo, l'uomo è altrettanto incapace di combinare tra loro informazioni diverse: di conseguenza il giudice non è in grado di assegnare un valore ai predittori in modo consapevole. Come si regola, allora, se un candidato ha ottenuto risultati straordinari nel Graduate Record Examination, ma i voti dei suoi esami universitari sono scadenti? Risolve il dilemma con l'«inhtizione». Ma purtroppo !'intuizione non si fonda su dati oggettivi: anzi, è probabile che scahtrisca da una o più aspettative fuorvianti. In terzo luogo, come abbiamo vi-
3"
IRRAZIO NAIJTÀ
sto, il suo stato d'animo cambia di giorno in giorno, di conseguenza i suoi giudizi sono incoerenti. Se ha appena scoperto che la moglie ha una relazione extraconiugale, è verosimile che si formi un quadro alquanto cupo delle potenzialità del candidato, mentre, se è stato appena nominato professore ordinario, è probabile che si senta magnanimo verso tutti, e che dia una chance anche a candidati molto deboli. In quarto luogo, il giudice umano tende a farsi influenzare in modo eccessivo dal predittore che si trova davanti per primo, e quindi a interpretare i valori di quelli successivi sulla scorta del giudizio che ha dato del primo (effetto primacy). Infine, se vi sono molti predittori (più di tre o quattro) egli trova impossibile tenerli presenti tutti simultaneamente dando a ognuno il giusto peso. , L' uomo, quindi, è irrazionale per il fatto che prende decisioni intuiti ve. Naturalmente, nel caso di previsioni riguardanti qualcosa di relativamente insignificante, il tempo impiegato per formularle con i metodi attuariali potrebbe non essere giustificato. Non vale la pena di effettuare un'accurata registrazione delle caratteristiche di una bistecca per prevedere quanto ci vuole per CUOCerne una: è più semplice tenerla d'occhio e, magari, assaggiarla quando è quasi cotta. Inoltre, il metodo attuariale funziona solo se esiste un numero piuttosto grande (almeno trenta) di casi precedenti, e se sono stati accuratamente registrati tutti i valori dei predittoli e tutti i risultati di ogni singolo caso. Tuttavia, quando tali condizioni sono soddisfatte e la decisione da prendere è di una certa importanza, ci si aspetterebbe di vedere impiegato tale metodo. Una volta stabiliti i pesi ottimati dei predittori, l'analisi di ogni nuovo caso può essere eseguita dal computer in una frazione di secondo. n fatto che molti rifiutino strenuamente di utilizzare il metodo attuariale anziché le loro intuizioni, perfino nei casi in cui esso si rivela indiscutibilmente più efficace del semplice giudizio umano, è un ulteriore esempio di irrazionalità. Robyn Dawes fa notare quanto poco sia di fatto impiegata la previsione attuariale: infatti evidenzia che, all'epoca in cui scriveva (anni '70, primi anni 'SO), solo quattro grandi università
I UMITI DELUNTU/ZJONf
americane la usavano per l'ammissione degli studenti, e neanche loro la utilizzavano per la selezione finale, ma solo come mezzo per sbarazzarsi dei candidati del tutto inadeguati: gli altri venivano scelti tramite colloquio. Il metodo attuariale fu usato per la prima volta in un ospedale statunitense aUo scopo di stabilire se alcuni pazienti fossero psicotici o nevrotici; tuttavia, benché si fosse rivelato più preciso degli psichiatri, fu abbandonato col pretesto che aveva dato adito a evidenti errori. Non è chiaro se gli errori commessi dagli psichiatri fossero altrettanto evidenti, ma quel che è certo è che erano più numerosi. Dawes sottolinea che l'impiego del metodo attuariale non solo migliorerebbe la qualità delle decisioni prese, ma consentirebbe un notevole risparmio di tempo e di denaro: calcola infatti che, anche se fosse usato solo per le ammissioni ai corsi post-Iaurea di tutte le università americane, si otterrebbe un risparmio di 18 milioni di dollari l'anno. Perché quest'ostilità nei confronti del metodo attuariale? Le ragioni che mi accingo a esporre sono in parte tratte dagli articoli di Dawes. 1. In genere ricordiamo soltanto i successi, specie se hanno qualcosa di eccezionale. Il membro di un comitato di ammissione, ad esempio, può rammentare di aver scelto «a naso» un candidato che aveva punteggi pessimi in tutti i predittori, e che poi ha ottenuto risultati incredibilmente brillanti. Chiaramente, il modello attuariale non lo avrebbe mai ammesso. Il limite di tale argomentazione è che i giudici umani tendono a dimenticarsi di tutti gli altri candidati, anch'essi scelti «a naso», che si sono però rivelati eccezionalmente scadenti. Ho già dimostrato (nel capitolo Il) che sono gli aspetti più insoliti, non quelli normali, che ci restano impressi. 2. I giudici di professione amano credere di possedere un'abilità e un talento speciali: sono quindi riluttanti ad accettare che le loro competenze possano essere eclissate da un computer. Inoltre, per le ragioni esposte nel capitolo 16, essi tendono a peccare di un'eccessiva fiducia nelle loro capacità. Forse potrebbe confortarli il pensiero che sono loro a scegliere i predittori: l'analisi matematica si limita a combinarli in maniera ottimale.
IRRAZIONAUT),
3. L'illusione di aver formulato un buon giudizio può essere talvolta alimentata da una profezia autoavverantesi. ~ possibile, cioè, che un professore il quale ha ammesso un candidato leggermente al di sotto degli standard tenda in seguito a dedicargli molto tempo e a seguirlo in modo particolare, in parte per dimostrare che ha fatto bene ad accettarlo, in parte perché è davvero interessato ai suoi progressi. Per illustrare il concetto, Dawes fa l'analogia con un cameriere il quale è convinto che certi clienti non gli daranno la mancia, e di conseguenza è brusco con loro, il che a sua volta fa sì che le sue aspettative si avverino: infatti non riceve alcuna mancia. 4. Alcuni sostengono che, perlomeno nella maggior parte dei casi, anche la previsione attuariale è tutt'altro che perfetta. Si tratta di un argomento incredibilmente stupido, perché nessuna predizione che ha a che fare con le prestazioni umane potrà mai essere perfetta. L'unica cosa che conta è che la previsione attuariale è migliore del giudizio umano. Se viene utilizzata come metodo di selezione degli studenti, le sue scelte si rivelano più azzeccate di quelle effettuate sulla base dell'intuizione. Se viene usata per distinguere i pazienti nevrotici da quelli psicotici, naturalmente è possibile che vi siano degli errori, ma sempre meno di quando la classificazione è affidata a uno psichiatra. 5. Si pensa che il procedimento attuariale non sia in grado di gestire l'imprevisto. Cosa accadrebbe, ad esempio, se un docente decidesse di abbassare i normali standard di ammissione in funzione di un candidato la cui preparazione di base è molto scarsa? In realtà, anche questo fattore può essere immesso nell'analisi matematica. È possibile infatti decidere di stabilire se quel tipo di preparazione costituisca esso stesso un predittore, verificando se gli studenti poco preparati ottengono risultati migliori di quelli il cui background culturale è superiore, ma che hanno i loro stessi punteggi negli altri predittori. Se è così, quel particolare tipo di preparazione può diventare un predittore. Se invece la ragione per cui si desidera abbassare i criteri di ammissione per i candidati scarsamente preparati è che si vuole dar loro una chance anche se rischiano di non farcela, è abbastanza facile ridurre il pun-
I UMrrl DEU.·INTUIZIONE
teggio necessario per l'ammissione agendo sul modello matematico. Le uniche evenienze che la previsione attuariale non è in grado di gestire sono quelle totalmente imprevedibili. Supponiamo ad esempio che uno studente stesse molto male quando ha sostenuto il Graduate Record Examination: è possibile che il giudice umano desideri tenerne conto, ma quella malattia potrebbe non essere stata inclusa tra i predittori compresi nel modello attuariale in uso. La risposta a questa obiezione è: non buttiamo via il metodo attuariale tout court, ma, in simili eventualità, teniamo conto del curriculum dei candidati. Se, sulla base di esso, si decide di ammetterli, è possibile verificare nel tempo il loro rendimento e decidere se includere l'eventualità in questione tra i predittori del modello attuariale. 6. Alcuni si ostinano a credere che vi sia qualcosa di magico nell'intuizione, qualcosa che non può essere sostituito da rigorosi calcoli formali o da un'accurata misurazione degli eventi passati. Per capire quanto ciò sia sbagliato, chiedetevi su cosa si basa un giudice umano per formulare i suoi giudizi: si basa sulla sua esperienza, ma questa a sua volta non è altro che la somma delle singole circostanze in cui si è imbattuto. In altre parole il giudice, senza rendersene conto, usa anche lui un metodo attuariale: il guaio è che non lo usa molto bene. 7. Infine, alcuni ritengono crudele che decisioni in grado di influenzare la loro intera vita vengano affidate a modelli matematici formali piuttosto che a esseri umani in carne e ossa. Una studentessa, ad esempio, si è lamentata di essere stata scartata da un'università californiana senza neanche essere stata sottoposta a un colloquio: (,Come possono capire che genere di persona sono? ... Come osserva Oawes: «La risposta è che non possono. E di certo non potrebbero capirlo da un colloquio». Egli fa inoltre notare che è presuntuoso pretendere di poter imparare di più sulle qualità di uno studente da mezz'ora di colloquio che dalla media degli esami universitari, frutto di quattro anni di valutazioni sistematiche. In linea di principio, il problema della mancata conoscenza personale del candidato potrebbe essere risolto assegnando un
IRRAZIONAUT'"
punteggio ai risultati del colloquio e immettendolo nell'analisi matematica. In realtà ciò sarebbe del tutto inutile, dato che l'analisi quasi sempre attribuirebbe un valore «O» al colloquio. È stato ripetutamente dimostrato che il colloquio come metodo di selezione del personale non soltanto è inutile, ma può anche essere dannoso. Neal Schmitt inizia un articolo su questo tema affermando che quattro distinte rassegne critiche, ognuna basata su un gran numero di studi, «sono giunte alla conclusione che il colloquio, spesso impiegato come strumento di selezione nel mondo del lavoro, manca sia di attendibilità sia di validità» Il, in quanto non solo i giudizi dei differenti seleziona tori non concordano tra loro, ma non hanno alcuna attinenza con l'idoneità del candidato a svolgere un determinato lavoro. Sono molte le ragioni per cui il colloquio è un metodo di selezione così insoddisfacente: una di esse è l'effetto alone. Se un candidato è vestito in modo impeccabile, ha modi gradevoli ed è sicuro di sé senza essere presuntuoso, è probabile che gli vengano attribuite le qualità richieste per il lavoro, che le possieda oppure no. Inoltre, è stato dimostrato che i colloqui sono soggetti all'effetto primacy e a un fenomeno non ancora menzionato: l'effetto contrasto. Se i selezionatori esaminano un candidato particolarmente affascinante o brillante, è probabile che tendano a sottovalutare quello successivo. Naturalmente l'effetto funziona anche in senso contrario: se un candidato che ha fatto una pessima figura è seguito da uno di livello medio, i sclezionatori riterranno quest'ultimo molto migliore di quanto in realtà non sia. L'esistenza di tale effetto è stata dimostrata più e più volte: esso distorce il giudizio umano in molte e diverse situazioni. Qualcuno ha detto che il colloquio è l'unico modo per scoprire qualcosa di anomalo nel candidato, ad esempio una balbuzie invalidante, o l'abitudine di girare vestito di pelle e coperto di catene. In realtà, sembra improbabile che chi fornisce le referenze del candidato possa trascurare di segnalare un dettaglio simile. Alcuni invece hanno s0stenuto che i colloqui servono alle aziende, che li usano per «vendersi » ai candidati. Per quanto plausibile possa sembrare tale argomento, le ricerche in proposito dimostrano che è falso: in gene-
I UMm DEU'/NTU/Z/ONE
M'
re l'opinione dei candidati su un'azienda è peggiore dopo il colloquio che prima di esso. Forse perché ci arrivano con aspettative troppo alte, e quindi restano inevitabilmente delusi. Bisogna aggiungere che non vi è un pieno accordo circa il valore del cosiddetto «colloquio strutturato», in cui a tutti i candidati vengono proposti gli stessi argomenti di discussione e gli stessi quesiti predefiniti, ma sembra probabile che, anche in questo caso, sia meglio proporre le domande in forma scritta, per evitare l'elemento di parzialità introdotto dall'incontro con il candidato n. Il predittore che si è rivelato di gran lunga più efficace ai fini della selezione del personale è l'abilità cognitiva, che viene determinata attraverso una serie di test verbali e spaziali. Questi test sono stati somministrati a persone che si candidavano per tutti i settori professionali, tra cui migliaia di reclute e centinaia di uomini d'affari americani, e si sono dimostrati i migliori indicatori dei loro successi futuri. Naturalmente esistono numerosi test oggettivi ancora più specifici, ma non siamo altrettanto informati sulla loro efficacia. È curioso che, sebbene siano apparsi tanti articoli da cui emerge l'inutilità dei colloqui ai finì della selezione del personale, le ditte continuino a usarli. Il loro impiego è una delle più singolari forme di irrazionalità del mondo occidentale, e il fatto che i selezionatori continuino ad avere fiducia nei loro giudizi infondati è solo un altro esempio del tristemente noto eccesso di sicurezza. È interessante confrontare i diversi gradi di utilizzo della previsione attuariale in ambito medico e commerciale, visto che essa
funziona in entrambi. Nel corso di un esperimento, ad alcuni medici è stato chiesto di stimare l'aspettativa di vita di 193 pazienti affetti dal morbo di Hodgkin, sulla base di dieci diversi predittori ricavabili dalle biopsie. Malgrado i medici nutrissero una profonda fiducia nelle loro capacità previsionali, è emerso che, in realtà, i loro giudizi erano stati formulati in modo del tutto casuale: avrebbero potuto ottenere gli stessi risultati estraendo a caso da un cappello un numero per ogni paziente. Invece, quando è stato elaborato un modello matematico che metteva sistemati-
342
IRRAZ/ON~UTA
camente a confronto i valori dei predittori e la longevità dei pazienti in un'ampia gamma di casi, tale modello si è rivelato notevolmente più preciso di una previsione casuale 14. Un altro esempio. anch'esso di provenienza medica, è offerto da MVCTN, un software sviluppato a Stanford al fine di diagnosticare le infezioni batteriche del sangue e di suggerire gli antibiotici più appropriati per curarle. Esso è sostanzialmente basato sul tipo di analisi matematica che ho descritto finora, ma è leggermente più elaborato. La conoscenza e le probabilità incorporate nel programma provengono interamente dai medici. Anche tutte le informazioni su un detenninato caso vengono fomite e immesse dall'uomo, ma il software può richiedere ulteriori informazioni o l'effettuazione di ulteriori esami sul paziente ogni volta che ciò è necessario. Da uno studio condotto a Stanford è emerso che il programma aveva diagnosticato correttamente il 65% dei casi, mentre medici diversi avevano azzeccato le diagnosi tra il 42,5% e il 62,5% delle volte. MYCIN è stato seguito da molti software analoghi, con finalità che andavano dalla diagnosi dei disturbi gastrici alla valutazione del rischio di morte improvvisa nei neonati 1 ~. Passando al mondo del commercio, fino a poco tempo fa, se una persona voleva un prestito da una banca, fissava un appuntamento con il direttore, il quale poteva acconsentire alla sua richiesta come opporre un cortese rifiuto. Oggi il 9Q<'/o dei prestiti (e tutte le carte di credito) vengono concessi o rifiutati da un software sulla base di una serie di criteri, che vanno dal possesso di un'abitazione e di un telefono allo stato civile del cliente, dalla natura del suo lavoro alla storia del suo conto bancario e così via. Per contro, quando ad alcuni funzionari di banca particolarmente esperti è stato chiesto di valutare la capacità di credito di un gruppo di clienti, è risultato che tra quelli che avevano ritenuto idonei al prestito la percentuale degli inadempienti era superiore che tra quelli scelti dal computer. Ovviamente è da anni che le compagnie di assicurazioni usano il metodo attuariale per quantificare i rischi e offrire così premi realistici ai loro clienti. Oggi esistono molti altri esempi del-
I JJM1T1 DI:U'INTUIZIONI:
J4J
l'impiego di tale metodo in ambito commerciale, mentre al confronto i software medici sono ancora assai poco usati. Sembrerebbe che, dov'è in gioco il denaro, si utilizzi spesso quello che è il modo migliore per prendere decisioni, mentre, dove a essere a rischio è «solo» la vita umana, continuiamo ad affidarci a un'abilità ormai screditata: l'intuizione. La maggior parte delle imprese, tuttavia, sono ben lungi dall'agire razionalmente, in quanto continuano a usare metodi inefficaci di selezione del personale. Le grandi aziende, ad esempio, quando vogliono individuare le persone adatte a ricoprire incarichi importanti e lautamente retribuiti (oltre 50.000 sterline all'arulO), ricorrono spesso, per giunta a un costo considerevole, ai cosiddetti «cacciatori di teste», i quali generalmente non possiedono alcuna preparazione specifica e si avvalgono di metodi soggettivi tra i quali il colloquio. E, cosa ancor più sconcertante, due di queste aziende si avvalgono dell'astrologia. Andrew Dickson, direttore di una delle maggiori agenzie britanniche, ha affermato a proposito del metodo attuariale: .. Non ha senso pretendere di ricavare una scienza da qualcosa che chiaramente non ha nulla di scientifico. Com'è possibile predire con una precisione del 1000/0 il rendimento di una persona in un nuovo lavoro? ». Quest'affermazione sintetizza in pieno l'irrazionalità di tanti uomini d'affari. Logicamente non si può avere sempre ragione, ma a Dickson non converrebbe di più agire sulla base dei dati reali, e in tal modo portare il suo tasso di successo dal 5%, o forse 10%, al60% se non al 70%?
Morale 1. Diffidate di chiunque si vanti di possedere una buona intuizio-
ne. 2. Se siete un professionista, non esitate a prendere decisioni sulla base di un modello matematico se è stato dimostrato che funziona meglio del giudizio umano. 3. Se siete un candidato a un posto di lavoro, invece di indignarvi perché non vi hanno fatto un colloquio riflette te sul fat-
IRRAZIONAUTÀ
to che l'organizzazione in questione è quasi sicuramente all'avanguardia. 4. Se siete un cacciatore di teste, cercate di non fare osservazioni demenziali.
' François de La Rochefoucauld, Massime, Newton Compton, Roma 2005. ' David M. Eddy, " Probabilistic Reasoning in C1inical Medicine. Problems and Opportunities», in Daniel Kahneman, Paul Siovic, Amos Tversky (a cura di), ludgmt.'1lt ullder Ull certainty. Heuristics alld Biases, Cambridge University Press, Cambridge 1982 (nuova ed. 2001). lLa transilluminazione (meglio nota come diafanoscopia) è un esame diagnostico che si basa sull'analisi della trasparenza di organi o tessuti alla luce emessa da una sorgente luminosa (N.d.T.]. '"Attuariale" è un termine tecnico dci lessico malematico-statistico, che concerne l'applicazione del calcolo delle probabilità alle attività assicurative, nonché le operazioni relative a fatti o non certi nel loro verificarsi o di cui è incerto il momento del verificarsi (N.d.T.]. 5ln statistica è la denominazione dei coefficienti che si attribuiscono ai singoli termini di una serie di dati numerici o di misure in relazione alla loro importanza o frequenza [N.d.T.]. • La citazione è contenuta in Robyn M . Dawes, Bemard Corrigan, Lillear Mode/s in Drcisioll Makillg, "Psychological Bulletin», n. 81, 1974, pp. 98-106. Salvo dove diversamente indicato, il resto del capitolo è basato su quest'articolo e su Robyn M. Dawes, «The Robust Beauty of lmproper Linear Models in Decision Making», in Kahneman, Siovic, Tversky (a cura di),
Judgmellf Wldl'T U7IcI'Tta;,lty cito Antico e popolarissimo almanacco inglese, la cui pubblicazione risale al 1697. Prende il nome dall 'autore, Francis Moore, medico e astrologo autodidatta vissuto alla corte di Carlo II. Oltre alle previsioni meteorologiche, contiene predizioni astrologiche nonché su eventi politici e sportivi. È tuttora pubblicato con cadenza annuale http:// www.foulsham.com/ productl122.htm [N.d.T.). • Eckhard H. Hess, .. Pupilometrics.., in Norman S. Greenfield, Richard A. Sternbach (a cura di), Halldbook of PsychophysioIogy, Holt, Rineheart and Winston, New York 19n. • Lewis R. Goldberg, Mn71 Vt'7"SUS ModeI of Mali. A RatiOllale, plus Some Evidmcf for a Metlwd of /mprovillg 011 Clinica / rlljerellces, "Psychological Bulletin», n. 73, 1970, pp. 422-432. I
I UMm OELL'/NTWZION[ 1
345
°11 termine bootstrappùlg, da bootstrap (Iett. «linguetta per calzare lo stivale», da cui la frase idiomatica to pu/l ol/eself IIp by one's alV/I boots/raps, lett. .. tirarsi su con i tiranti dei propri stivali», ma, in senso figurato, «farcela da solo, cavarsela con le proprie forze »), allude al fallo che questo procedimento statistico consente di «arra ngiarsi», ossia, nello specifico, di non dover ricorrere alle complesse formule matematiche proprie della statistica convenzionale per stimare la pn."Cisione e la varieta di un campione o di altre misure statistiche, in quanto si avvale dei dati contenuti in un unico campione e li ricampiona attraverso un gran numero di semplici calcoli eseguiti da un computer. Per sapcme di più, cfr. hllp:/ /coincidenzemate.altervista.org /bootstrap_e_dati. php IN.d. T.J. " David Dreman, Contrariali Inves/mt',,1 S/rategy, Random Housc, New York 1979. " Neal Schmill, Social and Si/uatio/wl Ddt'rmillants of lnterview Decisions: lmplieatiolls far thl' EmploYllleJlt flltt'roi~l), «Personncl Psychology», n. 29, 1976, pp. 79·101 . 13 reter Herriot, Carol Rothwell, OrganiZJ//ional CllOiet' and Decision Theory: Effects of Employers' Li/era/urI' a/ld Se/t'cliotl Ill/erview, «Joumal of Occupational Psychology», n. 54, 1981, pp. 17·31. " Hillcl J. Einhom, Exper/ Measurt'rIlt'lIt a/ld Mt'clumical COn/billa/io/l, «Organizational Behavior and Human Performancc», n. 7, 19n, pp. 86-106. l! Paul Harmon, David King, E:rpcrl SysteJ//s, John Wiley and 5005, New York 1989.
Capitolo 20 Utilità
Dal capitolo precedente è emerso che esiste un metodo matematico in grado di fornire (quasi sempre) la miglior previsione possibile purché si conosca un certo numero di predittori nessuno dei quali, preso singolarmente, è sinonimo di previsione certa: tale metodo fissa uno standard in base al quale è possibile giudicare la razionalità delle predizioni intuitive formulate dall'uomo. Vi è un secondo modeUo, il quale stabilisce i modi in cui dovremmo agire per realizzare al meglio i nostri obiettivi. Esso è noto come teoria dell'utilità. All'inizio del capitolo 15 ho mostrato come si fa a calcolare il valore atteso di una scommessa: si moltiplica il valore monetario di ogni possibile esito per la probabilità che esso si verifichi e poi si sommano tra loro le cifre risultanti. Si ottiene cosi il valore atteso, e, se tutto ciò che si desidera è massimizzare le proprie vincite pecuniarie, si dovrebbe sempre scegliere la scommessa con il valore atteso più alto. In teoria, nella vita si potrebbero prendere tutte le decisioni assegnando un valore monetario a ognuno dei loro possibili esiti, calcolandone i valori attesi e scegliendo l'azione i cui esiti hanno il valore atteso più alto. Disgraziatamente c'è un intoppo: in genere la .. desiderabilità .. (utilità) di lO milioni di sterline non equivale al decuplo di quella di l milione di sterline, così come il possesso di 1000 paia di scarpe non moltiplica per 1000 il beneficio di possedeme un solo paio. Per molti un milione di sterline basta a soddisfare quasi tutte le loro esigenze, di sicuro tutte le più importanti. In termini di gratifica-
348
IRRAZIONAUTA
zione dei desideri, ogni milione in più significa meno del primo: pertanto, il significato che una data somma di denaro assume per una persona varia in funzione di quanto ne possiede già. II principio per cui a quantità crescenti di denaro corrisponde un beneficio decrescente è noto come «utilità marginale». Esso è alla base del concetto di tassazione progressiva: un prelievo fiscale pari a una piccola percentuale dei suoi guadagni può nuocere a un povero più di quanto uno equivalente a una percentuale maggiore nuoccia a un ricco. Prendiamo ad esempio le due seguenti sconunesse: opzione A: lO milioni di sterline con una probabilità di 0.2; opzione B: 1 milione di sterline con una probabilità di 0,8.
U valore atteso della prima opzione è di 2 milioni di sterline, quello della seconda di 800.000, per cui il valore monetario atteso della prima scommessa è decisamente più alto di quello della seconda. Ma quasi tutti sceglierebbero la seconda, e la loro sarebbe una scelta razionale perché, dal punto di vista dell'appagamento dei desideri, lO milioni di sterline non equivalgono semplicemente a dieci volte 1 milione di sterline. La teoria dell'utilità consente di risolvere questo problema utilizzando un valore arbitrario per indicare la desiderabilità dei differenti esiti. In termini di utilità, ad esempio, si potrebbe pensare che lO milioni di sterline corrispondano solo al doppio di 1 milione di sterline: di conseguenza si potrebbe arbitrariamente assegnare il valore di utilità «20» a lO milioni di sterline, e «lO» a 1 milione di sterline. L'utilità attesa della prima opzione diventa quindi 4 (20 x 0,2) e quella della seconda 8 (lO x 0,8), per cui, sotto il profilo dell'utilità, si dovrebbe sempre scegliere la seconda, come del resto avviene nella maggior parte dei casi. La teoria dell'utilità indica i modi migliori per realizzare i propri obiettivi al più alto grado possibile, e poiché è questo che tutti desiderano. che si tratti di individui o di organizzazioni, farebbero bene a seguime i principi. l limiti di tale approccio verranno discussi al termine della sua descrizione. Dal momento che è im-
UTIUTÀ
'"
possibile esporre questa teoria in modo semplice, le prossime due pagine possono presentare qualche difficoltà, ma, una volta su· perato questo ostacolo, il percorso si fa più agevole. Può essere utile partire da quattro definizioni, alle quali il lettore potrà fare riferimento: Opz.ione:
una delle diverse linee d'azione che si prospettano a un individuo o a un'organizzazione;
Esito:
una qualsiasi delle possibili conseb'Uenze della scelta di una determinata opzione;
Utilità:
un valore numerico che rapprest.'nta la desiderabilità (o l'indesiderabilità) dei possibili esiti di un'opzione;
Utilità IIHesa: la sollUTla delle utilità di tutti i possibili esiti di una scel· ta, ognuna moltiplicata per la probabilità del verificarsi dell'esito corrispondente.
La teoria dell' utilità si fonda su un procedimento simile a
quello utilizzato per calcolare il valore atteso di una scommessa, con la sola differenza che ai valori monetari si sostituiscono quel· li delle rispettive utilità. La sua applicazione prevede le seguenti tappe: 1. Si fa una lista dei possibili esiti di ogni opzione. 2. Si attribuisce a ogni esito un valore numerico (un'utilità) indicante quanto esso è desiderabile (o indesiderabile) per colui che deve prendere la decisione. 3. Dal momento che alcuni esiti non sono del tutto certi, si molti· plica l'utilità di ognuno di essi per la probabilità che esso si veri· fichi: si ottiene così l' «utilità attesa» di quell'esito. 4. Si confrontano le utilità attese di tutte le opzioni e si sceglie l'opzione con l'utilità attesa più alta. Le utilità assegnate ai diversi esiti da colui che prende la deci· sione sono cifre arbitrarie, ma devono sempre essere coerenti tra
lSO
IItRAZIONIIUTÀ
loro: se egli considera uno di essi doppiamente desiderabile rispetto a un altro, non importa se attribuisce loro i valori di 30 e 60, o di 300 e 600. Per comodità, di solito gli viene chiesto di indicare con ,,0.. un esito neutro (ossia né desiderabile né indesiderabile). Ai costi vengono quindi assegnate utilità negative, e ai benefici utilità positive. Da notare che i valori non rappresentano solo la «felicità attesa» dell'autore della decisione: essi rispecchiano in che misura i possibili esiti di questa corrispondano ai suoi scopi, ad esempio quando essa implica la possibilità di giovare ad altri a sue spese. Ora, dal momento che i possibili esiti di una detenninata decisione sono molteplici, bisogna aggiungere e sottrarre correttamente i valori di ognuno di essi per determinarne il valore ultimo. Ad esempio, se attribuisco un'utilità di +40 alla visione di uno spettacolo teatrale, di -20 al costo del biglietto, di -lO al fastidio di dovenni spostare per raggiungere il teatro, e di -lO alla necessità di affrettare la cena per arrivarci in tempo, il risultato complessivo è O: è totalmente indifferente per me andarci o no. Come abbiamo visto, la maggior parte degli esiti sono incerti, per cui la probabilità che si verifichino è inferiore a 1. Per tener conto di questo, d obbiamo moltiplicare l'utilità di ciascuno di essi per la sua probabilità e poi sommare tra loro, per ogni opzione, le utilità attese di tutti i suoi possibili esiti. Ecco un esempio - riportato da Baron e modificato da me - di decisione difficile ma importante che molte donne sono chiamate a prendere, e che potrebbe avvalersi della teoria dell 'utilità. Una donna di 45 anni scopre di essere incinta: vuole un figlio, però, data la sua età, teme che il bambino nasca con la sindrome di Down. Per determinare se il bimbo che ha in grembo è affetto da tale sindrome, potrebbe ricorrere all'amniocentesi: se il risultato fosse positivo, potrebbe abortire, evitando così di mettere al mond o un figlio handicappato. Sfortunatamente, neU' l % circa dei casi questo esame comporta il rischio di un aborto, nel qual caso la donna, per colpa dell'amniocentesi, avrebbe perso la possibilità di avere un bambino perfettamente normale. Vista la sua età, s0no altresì note su base statistica le probabilità che il feto sia affetto da sindrome di Down. Cosa dovrebbe fare questa donna? Per
IITIUTA
35 1
prendere una decisione razionale, dovrebbe attribuire un'utilità ai quattro possibili esiti di essa - dare alla luce un figlio con la sin· drome di Down (eventualità che potrebbe verificarsi solo qual~ ra non effettuasse l'amniocentesi); dare alla luce un figlio normale (il che potrebbe accadere sia che faccia il test, sia che non lo faccia, ma con una probabilità leggermente inferiore nel primo caso dato il rischio di aborto); abortire in seguito all'amniocentesi; abortire volontariamente se il risultato dell'esame è positivo - e poi moltiplicare l'utilità dei singoli esiti di ciascuna delle due opzioni (fare o non fare l'amniocentesi) per la sua probabilità, e sommare i risultati ottenuti. l 'opzione che totalizza il valore pii! alto è quella che dovrebbe scegliere I . Esiste un'altra versione della teoria dell'utilità, nota con l'altisonante nome di «teoria dell 'utilità multiattributo», secondo la quale ogni esito va scomposto in molteplici attributi indipendenti. Ad esempio, se state pensando a quale macchina acquistare, potreste prendeme in considerazione alcune compatibili con il range di spesa che potete permettervi, poi fare una lista degli attributi che vi interessano e assegnare a ognuno di essi un peso indicante quanto conta per voi; un simile elenco potrebbe includere le seguenti voci: affidabilità (0,7), accelerazione (0,4), comfort (0,6), tenuta di strada (0,7) ecc. Quindi potreste assegnare un punteggio, diciamo da 1 a 100, a ogni attributo delle diverse auto, e moltiplicarlo per il peso di quell'attributo; a questo punto, non vi resta che sommare i risultati ottenuti per ogni macchina e comprare quella che ha il punteggio complessivo pii! alto. Di sicuro avreste utilizzato un metodo razionale per scegliere la vostra auto, ma vi sarebbe costato un mucchio di tempo, e, come spesso accade per molte decisioni personali, potreste ritenere che gli eventuali vantaggi economici non giustifichino il ricorso a tale procedimento. Ricordatevi però che esso vi impedirà di acquistare una macchina solo perché siete stati irretiti da un commesso, o perché siete sta ti conquistati da una delle sue caratteristiche più vistose, ad esempio il colore. Affinché tale metodo sia applicabile, è necessario che ogni attributo sia indipendente da tutti gli altri, ossia che, per la persona che deve decidere, l'utilità di uno di essi non
IRRA l lO NAUTA
dipenda da quella di un altro. Per capire il perché, pensate a una cena composta da tre portate - una delle quali comprende vari piatti a base di pesce - come se fosse caratterizzata da tre attributi, e immaginate di attribuire un valore a ogni piatto da cui è costituita ciascuna delle tre portate. Siccome vi piace il pesce, p0treste ritrovarvi a mangiare soltanto salmone affumicato, rombo e acciughe con pane tostato. Pochi considererebbero soddisfacente questa scelta: il valore dei singoli piatti di ogni portata, infatti, dipende da cosa viene servito nelle altre due. I tre «attributi » della cena non sono indipendenti, perciò la teoria dell' utilità multiattributo dà il risultato sbagliato. La teoria dell' utilità presenta due limiti pratici. In primo luogo, è estremamente difficile portare le persone a stimare correttamente le loro preferenze e ad assegnare valori di utilità coerenti ai diversi esiti di un'azione. Di fatto esistono vari e ingegnosi stratagemmi per accertare se i loro giudizi di utilità sono coerenti: ad esempio, se una persona pensa che l'esito A sia doppiamente utile rispetto all'esito B, e che l'esito C abbia la stessa utilità di B, allora, per coerenza, quando confronta A con C deve credere che A valga il doppio di C. Va ricordato che, fino a quando le persone non saranno in grado di valutare coerentemente gli esiti di una scelta in rapporto alloro grado di desiderabilità, le decisioni che prenderanno nella vita di tutti i giorni saranno totalmente inaffidabili: costringerli a esplicitare le loro valutazioni, quindi, non può che aiutarli a decidere nel modo migliore. In secondo luogo, la teoria dell'utilità non ci dice come si fa a stilare correttamente una lista dei possibili esiti di una decisione, tanto meno ci insegna a valutame le probabilità; anche le decisioni intuitive, però, sono soggette agli stessi limiti: non siamo in grado di tener conto delle conseguenze impreviste. Per quanto le cifre immesse nel modello della teoria dell'utilità non siano sempre totalmente corrette, essa sembra essere comunque utile, dal momento che le combina tra loro secondo criteri razionali anziché a casaccio, come tende invece a fare il pensiero umano. Anche se quasi nessuno ricorre alla teoria dell'utilità per le sue decisioni personali, essa costituisce un modello di processo decisionale su
UTIUTA
lSJ
base razionale: il suo impiego ci consente di realizzare al meglio i nostri desideri alla luce delle conoscenze di cui disponiamo. t:. stato dimostrato che la teoria dell'utilità può aiutare le persone a vincere la propria irrazionalità, e soprattutto può costringerle a tener conto di evidenze contrarie ai propri punti di vista. Lo dimostra un esperimento condotto in California, dove il diritto di edificare le diverse aree costiere è accordato dalle locali .sezioni della California Coastal Commissiono Tali commissioni comprendono un mix eterogeneo di persone, tra cui potenziali costruttori, ambientalisti e responsabili della pianificazione territoriale a livello statale. Inutile dire che in genere essi trovano difficile raggiungere un accordo in merito alle richieste di edificazione. Spesso si spreca un'enorme quantità di tempo per un singolo caso: per ogni richiesta, infatti, vengono raccolti e catalogati così tanti dati fattuali e statistici che è letteralmente impossibile assimilarli tutti. Petcr Garrliner e Ward Edwards, autori dell'esperimento, sostengono che le decisioni a cui hanno assistito venivano spesso prese non sulla base dei pro e dei contro, ma del caso o di qualche stratagemma. Ad esempio, una richiesta esaminata verso la fine della riunione aveva più probabilità di essere approvata perché tutti volevano accelerare i tempi; altre invece passavano perché uno o due esponenti chiave di due «schieramenti .. contrari non erano presenti. Per confrontare i risultati delle stime intuitive con quelli che si ottengono mediante la teoria dell'utilità multiattributo, a 14 persone che si occupavano di pianificazione costiera è stato chiesto di assegnare un punteggio ad alcuni progetti in base a entrambi i metodi. Per consentire l'impiego della teoria dell'utilità, i possibili valori dei progetti sono stati scomposti in otto distinti attributi, quali il numero di metri quadri occupato da un edificio, la sua distanza dal mare e così via. Poi a ogni attributo è stato assegnato un peso, indicante il grado di rilevanza che gli veniva attribuito: ad esempio, un soggetto poteva ritenere ugualmente importanti la superficie e la distanza dal mare, ma del tutto irrilevante l'estetica degli edifici. Per ogni progetto, ai soggetti sono stati quindi fomiti i punteggi ..grezzi» : to talizzati da ognuno degli otto attributi, ad
IRRA ZIONAUTA
esempio dalla distanza dal mare. Sulla base di tali punteggi, essi dovevano dare un voto da O a 100 a ogni progetto in rapporto a ogni attributo. Questi valori non corrispondevano semplicisticamente ai punteggi grezzi. Ad esempio, il valore di utilità attribuito da un soggetto alla densità di un complesso abitativo passava di colpo da 100 - per una densità di O unità abitative a metro quadro - a 40 per una di 20, e poi continuava a scendere, ma assai meno bruscamente, fino ad arrivare a O per 200 unità. In altre parole, egli vedeva un notevole vantaggio in un lieve calo del numero di abitazioni quando in partenza non erano molto numerose, ma un piccolo beneficio nello stesso fattore quando lo erano. Infine, il valore di utilità assegnato da ogni soggetto ai singoli attributi di ciascun progetto è stato moltiplicato per il peso che egli aveva precedentemente assegnato a quegli stessi attributi, e le otto cifre risultanti sono state sommate tra loro, fino a ottenere, per ogni soggetto, il valore di utilità complessivo del progetto. Nelle valutazioni intuitive della validità di un progetto, era emersa ben poca, per non dire nessuna sintonia tra i soggetti generalmente favorevoli allo sviluppo edilizio e gli ambientalisti, che erano contrari a esso, ma quando entrambi sono stati costretti a usare la teoria dell'utilità multiattributo le loro posizioni si s0no notevolmente avvicinate. Sebbene gli ambientalisti restassero meno inclini degli altri ad autorizzare la costruzione di nuovi edifici, l'ordine progressivo attribuito ai progetti è divenuto esattamente lo stesso per entrambi. L'impiego della teoria dell' utilità aveva indotto ogni gruppo a prestare attenzione a fattori contrari alla propria visione complessiva, fattori che aveva del tutto ignorato nei suoi giudizi intuitivi l . Quindi, la teoria dell'utilità multiattributo può evitare molte dispute e potrebbe ridurre enormemente le perdite di tempo all'interno delle commissioni. L'unica riserva è che prima bisogna raggiungere un accordo su quali siano gli aspetti importanti da valutare, ma, dato che ogni membro è libero di ignorare uno di essi (attribuendogli un peso .. O»), è improbabile che ciò costituisca un serio problema . Una seconda applicazione d ella teoria dell'utilità che ne conferma ulteriormente il valore si è avuta, qualche tempo fa, a pro-
tJTJUTA
J55
posito dei proiettili utilizzati dalla polizia di Denver. J poliziotti avevano scoperto che i proiettili convenzionali mancavano di «potere d 'allesto,.: in pratica, non riuscivano a impedire alla persona colpita di fare fuoco a sua volta. Perciò volevano sostituirli con dei proiettili a punta cava, che tendono a espandersi a ll'impatto, per accrescere il potere d 'arresto delle loro armi e ridurre le probabilità di colpire i passanti di rimbalzo. Ma l'American Civil Liberties Union (Unione americana per le libertà civili) era contraria alla nuova pallottola, poiché a suo avviso non era affatto diversa da un proiettile dum-dum ', e avrebbe potuto causare lesioni gravissime. Si è arrivati così a un punto morto, fino a quando due psicologi non hanno suggerito di applicare la teoria dell'utilità. Vi erano tre aspetti cruciali rispetto ai quali i proiettili potevano differenziarsi: il potere d'allesto, il rischio di procurare gravi lesioni al bersaglio e il rischio di colpire i passanti. Poiché le autorità a cui spettava la decisione non riuscivano ad accordarsi sulla loro importanza relativa, gli psicologi hanno assegnato loro un peso uguale. Poi si sono rivolti a degli esperti di balistica e haJUlo chiesto loro di indicare quale proiettile fosse ugualmente efficace sotto tutti e tre i punti di vista (naturalmente potevano esisterne altri più efficaci, ma sotto un unico profilo). Ciò ha portato all'adozione di un proiettile che accontentava sia la polizia che l'American Civil Liberties Union '. Vi sono alcuni esempi molto chiari, tratti principalmente dagli ambiti della medicina e dell'analisi tempi e metodi, che dimostrano l'efficacia della teoria dell 'utilità. Uno di essi riguarda le masse di tessuto abnorme che possono formarsi nei reni. Una radiografia può portare a interpretarle come cisti o come tumori, ma raramente il radiologo è in grado di distinguere con certezza tra le due opzioni diagnostiche: per sciogliere il dubbio, è necessario ricorrere a un'aspirazione in Iaea o a un'a rteriografia. La prima consente di stabilire se la massa è una cisti, la seconda se si tratta di un tumore, ma il fatto di escludere una delle due patologie non implica necessariamente la presenza dell'altra, perché il problema potrebbe non essere riconducibile né alla prima né alla seconda. L'aspirazione è un esame relativamente innocuo, che
ISO
consiste neU'inserire uno speciale ago nella cute della schiena si· no alla regione interessata, per scoprire se la massa contiene del liquido. L'arteriografia. invece. è una metodica spiacevole, in quanto implica l'inserimento di un catetere nell'arteria femorale fino a raggiungere il rene, richiede un ricovero di almeno due giorni e può portare alla formazione di coaguli. Nel corso di uno studio comparativo sui due metodi diagnostici. si è scoperto che in un ospedale l'arteriografia veniva eseguita ogni volta che il radiologo stimava che la probabilità di un tumore fosse superiore allo 0,5. Eppure sia i pazienti che i medici, quando sono stati interpellati al riguardo. concordavano sul fatto che l'arteriografia fosse un esame almeno dieci volte più invasivo dell'aspirazione. Se la .. disutilità .. (utilità negativa) dell'arteriografia è dieci volte superiore quella di un'aspirazione, la loro utilità attesa sarà uguale quando la probabilità di un tumore è pari a 10/11. Quindi, si dovrebbe eseguire un'arteriografia solo se il radiologo stima che la probabilità di un tumore sia superiore a tale percentuale. Per dirla in un altro modo, il risultato di dieci aspirazioni ha la stessa utilità del risultato di un'arteriografia: pertanto, quando la probabilità che si tratti di una cisti è superiore a 1/ 11, andrebbe eseguita per prima l'aspirazione. L'impiego di questo calcolo p0trebbe risparmiare a molti pazienti la dolorosa esperienza dell'arteriografia '. Nel capitolo precedente abbiamo visto che l'analisi della regressione multipla, quando è stata utilizzata in controntocon l'intuizione umana, si è sempre rivelata superiore, o almeno non inferiore a essa. Nella maggior parte dei casi, non disponiamo di test comparativi analoghi per la teoria dell 'utilità, per due ragioni. in primo luogo, se si prende una decisione alla luce di questo metodo in un progetto su vasta scala, non si può essere certi di quale sarebbe stato l'esito del progetto se tutte le decisioni fossero state prese in base all'intuizione umana. Inoltre, tutti i grandi progetti sono diversi tra loro: perciò non è possibile confrontare i successi della teoria dell'utilità con quelli dell'intuizione in rapporto a progetti differenti. Quindi, sebbene sia stato provato che la teoria dell'utilità può portare a raggiungere un ampio accordo su
UTILITÀ
questioni rispetto alle quali in genere esiste un marcato dissenso, esistono meno prove empiriche del fatto che con tale teoria sia possibile prendere decisioni migliori di quelle basate sull'intuizione, se non in quei problemi che ammettono solo un numero limitato e ben definito di esiti di ognuno dei quali si conoscono le probabilità, come la decisione se eseguire prima un'arteriografia o un'aspirazione. Nonostante ciò, la teoria dell'utilità sembra davvero essere il modo migliore per prendere decisioni importanti: evita, o riduce al minimo, molti degli errori dettagliatamente esposti in questo libro e, per il fatto che tiene conto sia delle probabilità degli esiti sia della loro desiderabilità, nel lungo periodo potenzia al massimo il conseguimento degli obiettivi. Sul piano pratico, però, la teoria dell'utilità è troppo complessa e la sua applicazione richiede troppo tempo perché essa possa essere impiegata con profitto nella maggior parte delle decisioni personali. Tuttavia, anche se non la si utilizza in toto, mettere per iscritto tutti i possibili esiti di una scelta, tenere conto delle loro probabilità e assegnare un valore alla loro desiderabilità dovrebbe aiutare le persone a prendere decisioni più razionali. Esistono però alcuni limiti della teoria dell 'utilità ben più fondamentali di quelli finora esposti. Anche se una persona può non sbagliare a proposito di quello che vuole, può sbagliare a credere che sarà felice se lo otterrà. Come diceva George Bemard Shaw: «Vì sono due tragedie nella vita. Una è non ottenere ciò che il nostro cuore desidera. L'altra è ottenerlo" ;. Molte vite sono state r0vinate da grosse vincite alla lotteria o al totocalcio: le persone non sanno gestire !'improvvisa notorietà e il possesso di enormi somme di denaro. È stato altresì dimostrato che le promozioni sul lavaro spesso portano stress e infelicità. È peraltro evidente che il matrimonio non sempre regala quelle gioie che i coniugi avevano atteso con tanta impazienza . Né la teoria dell'utilità, né nessun altro metodo di ragionamento può tenere conto del fatt o che raramente le persone possono sapere con certezza come staranno in una nuova situazione, a prescindere da quanto ardentemente l'abbiano desiderata. Un altro problema è che una persona può
lS8
IRRAZIONAUTA
semplicemente non sapere cosa vuole, e di conseguenza non è in grado di prendere decisioni razionali, tranne, ovviamente, nel caso in cui sa almeno che cosa 11011 vuole, nel qual caso può impegnarsi per evitarlo. Un'altra obiezione è che massimizzare l'utilità non è l'unico obiettivo razionale contemplato da una decisione. Al contrario, si può optare per una scelta sicura che, se ci preclude il conseguimento dei massimi benefici. in compenso ci protegge da tutto ciò che di terribile potrebbe accaderci. Abbiamo già visto che questa tendenza è alla base dei meccanismi che inducono le persone ad accettare o no una determinata scommessa: spesso preferiscono quella che garantisce loro un guadagno piccolo ma sicuro anziché uno grande ma incerto, anche quando la seconda opzione ha un valore atteso più alto. Un'impresa potrebbe benissimo adottare una strategia che le garantisca di non fare mai bancarotta a costo di rinunciare alla probabilità di ottenere profitti maggiori. O ancora, una persona può aspirare a migliorare di poco la sua situazione piuttosto che rischiare di non migliorarla affatto, e ciò la porta a rinunciare all'opportunità di progressi più grandi. Purché l'obiettivo generale che si persegue sia sufficientemente chiaro, esistono modelli matematici dì tipo prescrittivo (varianti della «teoria della decisione») che consentono di raggiungerlo (a condizione che si conoscano le utilità e le probabilità delle varie opzioni), ma nella vita reale le persone sembrano aspirare a molteplici obiettivi generali: vogliono al tempo stesso massimizzare l'utilità, assicurarsi a tutti i costi di non incorrere in perdite disastrose e garantirsi almeno di uscire a testa alta dal gioco. A meno che non mettano chiaramente a fuoco i propri obiettivi di fondo, in molti casi per loro diventa impossibile agire razionalmente; e, comunque, anche quando li conoscono, per il fatto che possono sempre compiere scelte in grado di smentirli, hanno ancora la prerogativa di comportarsi irrazionalmente. Pertanto la teoria dell'utilità dev'essere considerata, seppur con cautela, come un modello teorico di processo decisionale razionale, ma in molti casi essa sembra anche in grado di fornire le soluzioni migliori dal punto di vista pratico. Inoltre, per diversi
UT/UTA
35'
progetti su vasta scala in cui la posta in gioco è abbastanza alta da giustificare il dispendio di tempo e fatica che essa richiede, e in cui gli obiettivi di fondo sono chiaramente definiti, essa resta l'approccio più razionale. Di fatto la teoria dell'utilità è utilizzata in misura crescente dai governi, dalle imprese e dalle istituzioni militari. Alcuni esempi? La scelta dell'ubicazione dell 'aeroporto di Città del Messico, dei siti da destinare allo smaltimcnto dei rifiuti radioattivi, e perfino delle strategie per attuare la desegregazione a Los Angeles. Una versione di questa teoria, come vedremo, conosce un sempre più frequente impiego in ambito medico. La teoria dell'utilità è un modello di carattere generale, ma esi-
stono due metodi decisionali più specifici che possono essere visti come sue filiazioni. n primo, detto «analisi costi-benefici», è stato ideato dagli economisti e conosce svariate applicazioni, alcune delle quali irrazionali. La seconda è una tecnica introdotta di recente in medicina: sebbene potenzialmente razionale, è irrazionalmente rifiutata da molte persone. L'analisi costi-benefici in genere è usata dalle aziende per valutare in termini monetari i benefici o i costi che è lecito attendersi da un particolare progetto. Si tratta di un metodo semplice e diretto: si calcolano i potenziali costi e guadagni legati all'attuazione del progetto, e si prende una decisione sulla base di essi. Se non altro, il suo impiego costringe i dirigenti a prendere in considerazione tutti i costi di un progetto, alcuni dei quali possono non essere cosi ovvi: ad esempio la perdita di profitti in altri settori dell'azienda causata dalla dislocazione di una parte della manodopera sul progetto in questione, oppure dalla necessità di predisporre ulteriori parcheggi e servizi igienici se si assume ulteriore personale. Dove gli esiti possibili sono molti, ancora una volta i loro vantaggi e i loro costi vengono moltiplicati per la probabilità stimata che si verifichino. Però l'analisi costi-benefici è US<1ta piuttosto spesso anche per valutare i benefici o i costi implica ti per !'intera società dall'adozione di progetti ingegneristici su vasta scala, come la costruzione di una diga o di un aereo supcrsonico. Impiegata in questo
llIlUIZIONAUTA
modo, essa può portare a decisioni irrazionali. Anche in questo caso si assegna un valore monetario a tutti i principali costi e benefici de) progetto; poi si moltiplica il valore di ogni costo e di ogni beneficio per la probabilità che esso si verifichi, e si sommano i risultati fino a ottenere il valore atteso complessivo del progetto. Se i costi superano i benefici, non vale la pena di intraprendere il progetto, ma, sostengono alcuni, se i benefici superano i costi esso dev'essere messo in atto. . Le seguenti critiche mosse a ll'analisi costi-benefici intesa come strumento per valutare l'utilità di un progetto destinato alla collettività sono in gran parte tratte da un articolo di Baruch Fischhoff·. Un primo problema è la difficoltà di assegnare un valore in denaro alla vita umana. Molti pensano che questo valore sia illimitato, ma in realtà non agiscono come se lo fosse . Non c'è dubbio che, se i fondi attualmente erogati dal governo britannico al settore delle arti venissero invece destinati al Servizio Sanitario Nazionale, si potrebbero salvare d elle vite umane. E in teoria non c'è limite ai sistemi di sicurezza aggiuntivi che si potrebbero introdurre nel trasporto aereo, ferroviario, stradale. In realtà, la spesa per la sicurezza è determinata da quello che le persone sono disposte a pagare per utilizzare questi servizi. Di fatto, le compagnie aeree e le autorità che gestiscono il trasporto aereo decidono quali dispositivi di sicurezza adottare confrontando i costi per vita che ognuno di essi consente di risparmiare. Anche se a molti questa conclusione potrà apparire ripugnante, bisogna ammettere che noi non attribuiamo un valore monetario illimitato alla vita umana. Anzi, spesso le persone agiscono come se dessero ben poco peso alla loro stessa vita. Da un'inchiesta condotta nel 1973 è emerso che la maggio r parte degli americani erano disposti a svolgere un'attività pericolosa pur di guadagnare 200 dollari in più l'anno, anche se ogni anno ciò comportava un incremento d ello 0,001 del rischio di morte accidentale, il che equivale a valutare una vita 200.000 dollari l'anno ·. Una d elle occupazioni più pericolose è la pesca d'altura: sebbene la probabilità di morire sul lavoro sia di l su 1000 l'anno (o del 4% circa ne ll'arco di una vita), la prospettiva di una lauta paga fa sì che non si registri mai
UfIUJ'A
J6J
una carenza di personale l0. Quindi, visto che attribuiamo continuamente valori impliciti aUa vita umana, è irrazionale sostenere che essa non ha un prezzo economicò, anche se la maggior parte delle persone sono troppo schizzinose per ammetterlo. L'analisi costi-benefici, tuttavia, spesso affronta questo problema assegnando a una vita un valore corrispondente alla capacità di reddito della persona se fosse rimasta in vita (da cui viene talvolta detratto il valore delle risorse che avrebbe potuto consumare). Tali forme di calcolo sono utilizzate anche in ambito giuridico, dove costituiscono un modo per quantificare la perdita finanziaria subita dalle persone che vivevano a carico del defunto in caso di decessi causati da negligenza. Ma questo è un modo insoddisfacente di valutare j costi di un progetto. Se fosse portato agli estremi, la morte di un individuo che viveva con il sussidio di previdenza sociale potrebbe essere considerata non un costo, ma un beneficio, visto che lo stato risparmia grazie alla sua morte. Inoltre, tale metodo non tiene conto di un'equa ripartizione dei redditi. Molti lo ritengono sbagliato se è semplicemente un modo per compensare le perdite finanziarie subite da molti p0veri con gli enormi guadagni ottenuti da pochi ricchi. Il valore di una cattedrale o di una chiesa, che potrebbe essere demolita per far posto a un progetto ingegneristico, può forse essere equiparato a quello delle donazioni volontarie di coloro che la visitano? E un sentiero di campagna che rischia di andare distrutto per un analogo motivo può non avere alcun valore economico, ma dare comunque piacere a molti. A differenza della teoria dell'utilità, le cui applicazioni non hanno queste perniciose conseguenze, l'analisi costi-benefici si occupa solo di valori monetari e non tiene conto di altri tipi di benefici e di costi. Per questo è improbabile che usandola per stimare il valore di un progetto pubblico si possa ottenere una valutazione razionale dell'effettiva utilità attesa del progetto stesso. Tuttavia, il suo impiego da parte dei governi e delle autorità locali avrebbe potuto evitare alcuni mostruosi errori. Ad esempio, avrebbe potuto impedire al consiglio comunale di Camden Il di costruire quegli orrendi complessi di case popolari che hanno da
362
JRRAZIONAUTA
poco sostituito tanti splendidi quartieri in stile georgiano: si è scoperto troppo tardi che i costi per la realizzazione delle nuove .. unità abitative .. (è così che il comune definisce le case e gli appartamenti) erano di tre volte superiori a quelli che avrebbero consentito il restauro degli edifici più antichi. Malgrado tutti i suoi difetti, l'analisi costi-benefici ha il pregio di mettere in risalto che, se vogliamo prendere decisioni razionali, dobbiamo in qualche modo quantificare il valore della vita umana. Un ambito in cui ultimamente si riflette con sempre più attenzione sulla necessità di attribuire un costo alle strategie richieste per salvare una vita umana è la medicina. Dal momento che non esistono risorse sanitarie sufficienti per tutti, tocca ai medici decidere, dopo una riflessione indubbiamente approfondita, ma probabilmente poco rigorosa e in gran parte basata sull'intuizione, chi deve vivere e chi dev'essere lasciato morire. Si pensi che solo in Gran Bretagna, ogni anno muoiono oltre 1000 pazienti renali per la carenza di centri nerrologici. n problema ha due aspetti. In primo luogo, chi ha diritto a un trattamento medico che non può essere garantito a rutti coloro che ne hanno bisogno, ad esempio a un'operazione di bypass cardiaco o a un trapianto di reni? In secondo luogo, per quali risorse mediche devono essere spesi i fondi disponibili? Per potenziare il numero di psicologi clinici o per acquistare un altro tomografo? Che io sappia, non è stato messo a punto alcun piano razionale per decidere quali individui abbiano diritto a una determinata prestazione. Chiaramente, la capacità reddituale è un criterio inadeguato: uno scrittore, un insegnante o un docente universitario squathinato è forse meno utile alla società di un ricco imprenditore? Si potrebbe basare tale giudizio sui potenziali contributi di un paziente alla società e sul valore che ha per lui la sua vita. Ora, le persone contribuiscono alla società in molti modi che non hanno niente a che fare con quanto guadagnano: ad esempio p0ssono essere gentili, divertenti, interessanti, e avere molti parenti e amici che sentiranno la loro mancanza, oppure non averne nessuno. E non sono importanti solo i contributi presenti: i dipinti di
lITlUTA
J6J
Van Gogh, ad esempio, quando lui era in vita non erano apprezzati, ma hanno regalato gioia alle generazioni successive. E quanto al valore che un individuo ha per se stesso, anche qui non è facile pronunciarsi: una persona felice ha mollo di piu da perdere dalla propria morte di una infelice, e un giovane molto di piu di un vecchio. Ora, anche lasciando fuori il calcolo delle probabilità, è evidente che è assai difficile attribuire un valore numerico ai molteplici aspetti di una persona. Eppure, malgrado tutti i motivi di incertezza - e ve ne sono molti altri che non ho elencato - un metodo sistematico, che tenga conto dei fattori citati, porterebbe di sicuro a decisioni più eque di quelle dei medici, che sono basate unicamente sull'intuizione, se non altro perché, consapevolmente o meno, essi possono essere influenzati dalla maggiore o minore simpatia personale che provano per i pazienti, o dal grado di affinità esistente tra loro in termini di classe sociale, di credo politico e religioso, e così via. Senza dubbio molti lettori insorgeranno, sostenendo che le decisioni in materia di vita e di morte non si prendono per mezzo di regole: preferirebbero che venissero prese in base al caso, il quale, bisogna ammetterlo, svolge un ruolo così importante nella vita di ognuno di noi. Ma le decisioni dei medici non possono essere casuali, e se davvero scelte di questo genere dovessero essere affidate al caso, allora si dovrebbe organizzare una lotteria per ogni operazione di bypass. Il rifiuto di prendere coscienza del fatto che ogni giorno vengono prese decisioni implicite sul valore della vita umana, non solo in ambito medico, ma in relazione a tutti i sistemi di trasporto e a tutti gli aspetti del lavoro ingegneristico - è una fonna eclatante di irrazionalità. Poiché le persone rifuggono dal problema, raramente si analizzano a fondo le modalità dei processi decisionali. D'altro canto, un metodo più rigoroso potrebbe apparire discutibile; ovviamente non sarebbe CS('nte da pecche, ma queste potrebbero essere molto minori di quelle dell 'a ttuale sistema basato sull'intuizione. Forse la peggiore caratteristica del metodo proposto è che il giudizio su l valore della vita di un individuo spetterebbe ad altri.
364
IRMZIONAUTA
Sebbene, nella scelta di un dipendente o di un amico, non ci facciamo alcuno scrupolo a prendere decisioni che influiscono in misura determinante sulla vita delle persone, troviamo in qualche modo ripugnante decidere per loro in materia di vita e di morte. Pochi se la sentirebbero di condannare a morte qualcuno, anche al fine di salvare molte altre vite umane. Esiste tuttavia, da qualche anno a questa parte, un metodo razionale per prendere decisioni mediche che non dipende dal «valore)' di un paziente, ma unicamente dai benefici (o dai costi) implicati per lui da una particolare terapia. Questo metodo si basa sul concetto di QAlY, che sta per Quality-Adjusted Life Year (anno di vita rapportato alla qualità) 12, Molti trattamenti medici comportano spiacevoli effetti collaterali: ad esempio, la radioterapia e la chemioterapia talvolta sconfiggono il cancro, ma a prezzo di considerevoli sofferenze per il paziente. Sareb· be chiaramente irrazionale sottoporre a tali terapie una novan· tenne cieca, sorda e artritica, ma come si fa a decidere quando curare e quando no? Un modo per rispondere a questa doman· da è scoprire quanti anni di vita con una data limitazione sa· rebbe disposta a scambiare una persona comune con un numero minore di anni, ma senza limitazioni di sorta. Quasi tutti preferirebbero 40 anni di vita normale a 42 trascorsi su una sedia a rotelle, e, analogamente, preferirebbero 40 anni in carrozzella a uno di vita normale. Per calcolare il QALY, si tenta di stabilire quanti anni di vita con un certo handicap equivalgono a un anno di vita normale nelle preferenze del paziente. Quel numero di anni corrisponde a un QALY per quel che riguarda l'handicap in questione. Per determinare il valore complessivo dei QALY implicati da una data procedura terapeutica, si divide l'aspettativa di vita per il numero degli anni di invalidità equi· valenti a un QALY (partendo dal presupposto che l'invalidità duri fino alla morte). Ad esempio, supponiamo che 3 anni di vi· ta per una persona affetta da angina acuta siano ritenuti l'equi· valente di 1 anno di vita normale. Se un paziente ha un'aspet· tativa di vita di 12 anni, l'angina la riduce a 4 QALY. Questa cifra può essere confrontata con l'aspettativa di vita in termini di
UTlurA
se egli subisce un intervento di bypass (tenuto conto delle probabilità di morte o di complicanze derivanti dall'intervento). Mediante questi criteri, è possibile calcolare i probabili benefici (o costi) per il paziente nel caso venga sottoposto a un determinato trattamento oppure a nessuno, e quindi decidere se curarlo o no. Teoricamente, quindi, l'uso dei QALY potrebbe impedire il ricorso a terapie che fanno più male che bene al paziente, lottando così contro il rifiuto dei medici di obbedire a uno dei dieci comandamenti del poeta Arthur Hugh Clough:
QALY
Non devi a tutti i costi tentare Di mantenere in vita in modo invasivo. " Inoltre, dove le risorse non bastano a curare tutti, gli stessi criteri possono essere usati - e di fatto lo sono, in misura crescente - per decidere chi curare. Le probabilità di aumento dei QALY per effetto della cura possono essere usate per istituire un ordine di priorità tra i pazienti che necessitano di un tipo di trattamento che non può essere fornito a tutti coloro che ne trarrebbero beneficio. In Gran Bretagna il metodo dei QALY è stato principalmente utilizzato per decidere non il destino di singoli pazienti, ma il modo di spendere le risorse finanziarie disponibili nei vari distretti sanitari. I dirigenti della North Western Regional Authority (Autorità Regionale del Nord-Ovest) hanno fatto il seguente esperimento: per determinare la desiderabilità di un maggiore investimento di denaro in una strategia terapeutica, hanno calcolato i QALY aggiuntivi che avrebbe garantito a ogni paziente, e hanno diviso questa cifra per il costo per paziente. Sorprendentemente, è venuto fuori che, in base al criterio dei QALY, sostituire un'articolazione della spalla era circa venti volte più conveniente in termini di costi-efficacia che sottoporre a dialisi un paziente affetto da insufficienza renale. Purtroppo, come sottolinea Lesley Fallowfield, la tecnica de i QALY è tuttora applicata in maniera tutt'altro che soddisfaccn-
IRRA ZIONAUTA
te. In Gran Bretagna solo pochissime persone sono state contattate per scoprire in che termini effettuerebbero lo scambio tra anni di vita sana e anni segnati da un certo handicap. Inoltre, le preferenze variano a seconda dell'età, e le priorità di chi è già malato non sono le stesse di chi sta bene. Si è scoperto che le donne, prima di entrare in travaglio, affermano di non volere un anestetico durante il parto, mentre, quando iniziano le doglie, cambiano idea, per poi tornare alle loro precedenti posizioni dopo aver partorito l'. Nonostante ciò, quello dei QAlY è potenzialmente un buon approccio a problemi che al momento sono affrontati in modo irrazionale: l'uso delle sale operatorie non dovrebbe dipendere dal fatto che il chirurgo cardiovascolare urla più forte di quello colorettale. Malgrado le attuali imperfezioni, questa tecnica esplicita alcuni dei criteri che è possibile utilizzare per prendere decisioni spiacevoli. Inoltre, essa può costringere le persone a confrontarsi con problemi reali e molto dolorosi, anziché rifiutare di adottare un approccio razionale rispetto a questioni di vita e di morte. E può anche contribuire a dissipare l'idea, ampiamente diffusa ma del tutto irrazionale, che l'unica cosa che conta in medicina è tenere in vita la gente.
Morale 1. Quando l'importanza di una decisione giustifica il dispen-
dio di tempo che richiede, usate la teoria dell'utilità o una sua versione annacquata. 2. Prima di prendere una decisione importante, stabilite qual è il vostro obiettivo di fondo, che esso consista nel raggiungere al meglio i vostri scopi, nel risparmiarvi una perdita , nel migliorare almeno di poco la vostra condizione o in qualcos'a ltro. 3. Non valutate ogni cosa in termini economici a meno che non siate un ragioniere.
[lTIUTA
367
Jonathan Raron, Tlrilrkillg arrd D«iditrg, Cambridge University Press, Cambridge 1988 (nuova ed. 2008). ' Lett. raw scort', indica il punteggio ri portato da un soggetto in un test e non ancora elaboralo sulla base del confronto con quello degli altri candidati, necessario per poterlo interpretare (N.d. T.j. J Peter Gardincr, Ward Edwards, "Public Values: Multiattribute Utility Measurement for Socia! lÀ'Cision-MalUngo>, in Martin F. Kaplan, Sleven $chwartz (a cura di), Hunrmr ludgml'lIt alld D«isioll Processes, Acadcmic Press, New York 1977. • Proiettile per armi portatili (il cui impiego per scopi militari è stato proibito dalla Convenzione di Ginevra dopo la prima guerra mondiale per il particolare effetto dilaceranle), a cui è stala asportata o sezionata l'incamiciatura anleriore (il ri vestimento di rame o di ottone che ricopre il proiettile) in modo che, colpendo un bersaglio, il nuclt'O interno si deforma aumentando gli effetti vulneranti. U nome deriva dall'arsenale di Dum-Dum (Bengala occidentale), dove tali proiettili furono fabbricati la prima volta nel 1890 http://www.everything2.com / index.pl?node=dum-dum%2Obullet INd.T.). ' Kennelh R. Hammond, Leonard Adelman, 5cil'IICt, Va/ues, (md Hunrall ludgment, «Science .., n. 194, 1976, pp. 389-3%. "Dennis G. Fryback, J. R. Thornbury, EtlQ/ltation 01 a Conrpllteriud Bayesiall Mode/for Diagllosis of Rmal Cysts WN IIS IiI/ilor WNU5 Normal Varia"t from Exp/oratory Urogra/tl lllfornratiDlI, ...lnvestig.ltive Radiology", n. lI , 1976, pp. 102-111. ' George Bcmard Shaw, Uomo t Supt7Uomo. in G. B. Shaw, LL opere. U ) El, Torino 1978 (ed. or. Mnll alld SI/permall, A. Constable & c., london 19(6). ' Baruch Fischhoff, Cost-lkllejit Ana/ys is and tirI.' Art of Motorcycle MaillttIlallce, "Policy Scicnces.. , n. 8,1977, pp. 177-202. I
"lvi. 'o Health and Salcty Executive, Tht Tolrrability 01 Risk from Nuc/rar Pou,"
5tatiolls, HMSO (Her Majesty's Stationcry Officc), London 1988 (OPSI(Office o f Public Scctor Informationj, 1992). n Quartiere situato nella parte settentrionale di Londra, noto anche come Camdcn Town (N .d.T. j. " Per un resocon to leggibile della nozione di QALY c d egli approcci a essa correlati, vedi Lesley Fallowfield, T/rl' QI/a/i/y 01 Ufo, Sou venir Press, london 1990, da cui sono traiti i successivi esempi.
l6S
JKKJ!.ZlONAUTA
1) 1 \'crsi sono tratti da ~ LAlest Ckallogul', in Frt'dcrick L. Mulhauser (a cura di), Tlzt' POfflIS of Artlzur Hugh C/ough. Oxford University Press, London 1974 [N,d.T.] . " Ja y J. J. Christenscn-Szalanski. Discollllt Funclions and thl' Mrasurrmn.' of Patif'lIts' Va/ut'S: Womnr 's DrciS;OllS during Childbirth, ... Medical Dccision Making". n. 4, 1984, pp. 47-58.
Capitolo 21 11 paranormale I
Secondo un calcolo approssimativo, sono state descritte circa cento diverse cause sistematiche di pensiero irrazionale: sarebbe indubbiamente tedioso concludere passandole in rassegna tutte. Ne illustrerò invece alcune, mostrando come, grazie a esse, sia possibile spiegare la diffusa credenza nel paranormale. Nelle na· rioni più primitive tale credenza è universale, e nel mondo occi· dentale tre quarti degli adulti accettano come autentici almeno al· cuni fenomeni extrasensoriali. Ad esempio, la maggior parte del· le persone, sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti, crede che ci sia qualcosa di vero nell'astrologia !. A titolo di preambolo, devo dire perché personalmente non credo in tali fenomeni. Una delle ragioni principali è che essi sfi· dano per definizione tutte le leggi note della fisica, leggi che fi· nora hanno resistito molto bene: anzi, alla luce di alcuni dci loro perniciosi effetti secondari si potrebbe pensare fin troppo bene. Gli eventi paranormali -la trasmissione del pensiero tra due per· sone in assen7.a di fenomeni fisici, gli effetti della posizione delle costellazioni alla nascita di un individuo sulla sua personalità, o lo spostamento degli oggetti sen7.a l'intervento di forze fisiche richiederebbero, se fossero provati, una completa revisione delle leggi della fisica. Da questo punto di vista, esse sono altamente improbabili, e più una cosa è improbabile, miglio ri devono esse-re le prove empiriche che occorrono per accoglierla, come abbia· mo dimostrato nel capitolo 14. lo realtà, in questo caso tali prove non esistono: nessuno ha mai accumulato una fortuna in Borsa
370
IRRAZION ....urÀ
con la chiaroveggenza, ed è stato provato che è impossibile replicare a comando eventi extrasensoriali in condizioni controllate. Inoltre, vi è una lunga storia di frodi, che vanno dalla medium del XIX secolo Margery Crandon a Uri Geller. t interessante notare che tali frodi generalmente non sono state smascherate da fisici o da psicologi. ma da maghi come Harry Houdini e il Grande Randi " i quali si sono ripetutamente offerti di riprodurre qualsiasi evento «extrasensoriale» usando i loro trucchi ingegnosi ma tutt'altro che extrasensoriali. Infine, dove le rivendicazioni relative ai fenomeni paranormali sono state sottoposte ad attenta verifica, esse si sono rivelate false. Ad esempio. ai trenta più famosi astrologi stahmitensi sono stati fomiti la data di nascita di un cliente e tre profili personali, uno dei quali era quello giusto, e nessuno di loro è riuscito a effettuare il corretto abbinamento. Inoltre, si è scoperto che i criteri di ripartizione dei segni zodia· cali corrispondenti alle date di nascita di 16.000 dei più noti scien· ziati americani erano completamente casuali. Esistono due diverse domande a cui occorre rispondere a proposito delle credenze nel paranormale. La prima è: «Come si far· mano tali credenze nella mente di una persona?», la seconda: «Una volta che si sono formate, come si conservano?». Quanto al· le loro origini, sembrano esistere tre ragioni. In primo luogo, co-me ho già mostrato, le persone non amano sospendere il giudizio: cercano spieg-1:tioni. Se non riescono a dar conto in maniera sod.. disfacente di una porta che sbatte, di un soffio d'aria gelida o di uno strano fruscio possono essere tentate di spiegare questi feno-meni in termini paranormali piuttosto che non spiegarU affatto. In secondo luogo, è noto che i bambini piccoli e numerose tribù primitive hanno una concezione animistica deUa realtà, ossia, sic· come i loro movimenti sono gli agenti causali di cui sono più im· mediatamente consapevoli, pensano che tutto ciò che si muove sia animato. La credenza nel paranormale potrebbe essere in par· te uno strascico di questo stadio di sviluppo, sebbene si tratti semplicemente di una supposizione. In terzo luogo, la maggior parte delle antiche culture a noi note credeva in entità sopranna· turali e immortali situate in un altro mondo e dotale di poteri su·
tL PARANORMALC
J7J
periori a quelli dei mortali. Sono molte le ragioni che spingono l'uomo a inventarsi degli dèi: una di esse è senz'altro la paura della morte, un'altra il desiderio di dare un senso a una vita altrimenti priva di significato. Quindi la credenza nel paranormale potrebbe essere in parte interpretata semplicemente come una fuga dalla nostra banale esistenza. Inoltre, l'invenzione degli dèi può contribuire a fugare il mistero dell 'origine dell'universo. Poiché tutto ciò che conosciamo è il risultato di una creazione, tendiamo irrazionalmente a credere che questo valga anche per !'intero universo. Nel prosieguo del capitolo analizzerò una serie di ragioni più specifiche che inducono l'uomo a credere nel soprannaturale, tutte basate sugli errori irrazionali descritti in questo libro. Tra essi, di sicuro ha un ruolo chiave l'effetto disponibilità. Esistono molti titoli di giornale del tipo Poltergeist semilUllo scompiglio i1f ca1fDnica, mentre nessun redattore che ci tenga al suo lavoro farebbe uscire un pezzo intitolato Tell/ativo di telepatia fallito. Il paranormale fa notizia, la sua assenza no. Nel 1979 un eccellente libro di David Marks e Richard Kammann, che smascherava i trucchi di Uri Geller e altri presunti fenomeni paranonnali, è stato rifiutato da oltre trenta editori americani, che invece, nello stesso periodo, facevano a gara per pubblicare testi che avallavano gli eventi extrasensoriali. Questo dimostra che il paranonnale è «disponibile»: il carattere inusuale delle sue presunte manifestazioni, infatti, attira l'attenzione su di esse e ne accresce la popolarità. Sebbene, in assenza di statistiche, questo punto non possa essere provato, ho !'impressione, fondata su esperienze personali, che la credenza nel soprannaturale sia coltivata per lo più nell'ambito di certe famiglie. Se questo è vero, essa è in parte ascrivibile a confonnismo, come pure alle pressioni esistenti all'interno degli j" -group. Inoltre, come ho già mostrato, nei piccoli gruppi (e nclle folle) le emozioni forti tendono a propagarsi con maggior facilità. I medium hanno spesso sfruttato questa tendenza a loro uso e consumo: l'atmosfera delle sedute spiritiche era - e in alcuni casi lo è tuttora - decisamente spettrale, in quanto si tenevano in stanze dalla luce fioca, generalmente in gran parte na-
372
IRRAZIONAUTA
scoste da ampi tendaggi, ed erano accompagnate da misteriosi tonfi e dal suono intermittente di strumenti musicali. Quando si è in preda a emozioni esasperate, il pensiero razionale e la capacità di osservazione si affievoliscono, e i frequentatori delle sedute spiritiche possono benissimo scambiare un pezzo di stoffa per il fantasma del loro caro defunto. Tra parentesi, si può osservare che le forme assunte dal soprannaturale in una data epoca sono soggette alla moda proprio come 1'abbigliamento femminile: oggi le sedute spiritiche sono per la maggior parte «aut», il triangolo delle Bermude e i dischi volanti decisamente «in». La fiducia nel potere predittivo delle foglie di tè o nell'influsso degli astri sulla propria vita è facile da spiegare. Ci sarà sempre qualcosa di vero in un insieme di predizioni ambigue, e se una persona crede in queste pratiche tenderà ad aggrapparsi a quel pizzico di verità che esse contengono. Inoltre, se la predizione è formulata in termini sufficientemente vaghi, si tende a distorcerne il senso per adattarla alla propria situazione (distorsione delle evidenze). Fortunatamente, esiste una notevole conferma sperimentale di questa tesi. Nello studio in questione, i soggetti sono stati prima invitati a compilare un questionario per un test di personalità fasullo; poi, lo sperimentatore ha fornito a tutti loro lo stesso identico profilo di personalità, sostenendo che era basato sui risultati dei test. Quando è stato chiesto loro se quel profilo era corretto, il 90% dei soggetti ha risposto che si trattava di una descrizione molto buona, o addirittura eccellente, della loro personalità. Le persone sono talmente brave a distorcere la realtà per adeguarla alle proprie aspettative che circa cinquanta soggetti sono arrivati a credere che la stessa identica descrizione si applicasse specificamente a ognuno di loro l. Chiunque paghi per consultare un/a chiromante - a meno che non lo faccia solo per divertirsi -, non solo cercherà inconsciamente una conferma alle proprie convinzioni, ma, dal momento che ha investito tempo e denaro nella cosa, vorrà a tutti i costi convincersi di averne ricavato qualcosa di buono (malinteso senso di coerenza), e quindi sarà propenso a credere a ciò che sente.
Il. PARANORMAl.E
Alla radice della credenza nel paranormale vi è anche la marcata tendenza a fare i collegamenti sbagliati. Abbiamo visto com'è facile che questo avvenga, specialmente quando una persona ha delle idee preconcette a proposito delle correlazioni esistenti tra gli eventi. Supponiamo che vi capiti un fatto, e che questo fatto vi richiami alla mente uno o più eventi simili che avete sognato la notte prima. Ora, però, pensate a quanti fatti accadono in un giorno, compresi quelli di cui venite a conoscenza attraverso i giornali, la televisione o i vostri amici. Sono veramente tantissimi, ed è altamente probabile che, di tanto in tanto, uno di essi somigli, almeno in parte, a qualcosa che avete sognato. Eppure, quando si verifica una (o più) di queste coincidenze, le persone tendono a dedurne che i sogni predicono il futuro. La maggior parte di noi ha seri problemi a calcolare le probabilità di una coincidenza. Ad esempio, se in una stanza ci sono ventitré persone, la probabilità che almeno due di loro compiano gli anni nello stesso giorno è superiore al 50%: per l'effetto ancoraggio, però, si tende a pensare a ventitré coppie di persone, mentre in tutto le coppie sono 23 x 2212 = 253, e i membri di una qualunque di esse possono essere nati nello stesso giorno. Le persone sottovalutano enormemente la probabilità che si verifichino coincidenze del genere. Arthur Koestler ~, ad esempio, ha tentato di dimostrare la veridicità dei fenomeni paranonnali sulla base di cinquanta coincidenze che si erano verificate nella sua vita, e che, a suo dire, non avevano alcuna spiegazione naturale, ma Marks e Kammann sottolineano che in tutta la sua vita avrebbe potuto sperimentare 18 miliardi di coppie di eventi: sarebbe stato alquanto improbabile che alcuni membri di queste coppie non coincidessero. Vi è un altro esempio, legato alla vicenda di una donna che ha vinto per due volte in quattro mesi la lotteria del New Jersey: dato che i giornalisti hanno scarsa dimestichezza con i numeri come chiunque altro, i giornali hanno scritto che c'era una probabilità su un trilione che ciò accadesse. Ora, questo può valere per quella singola donna in quelle due lotterie, ma è stato calcolato che, se si tiene conto dei vincitori di tutte le lotterie statunitensi, nell'arco di sette anni ci sono più del 50% di probabilità che vi sia un doppio
l74
IRRA ZIONAUTA
vincitore. Le persone si concentrano suDa specifica coincidenza che osservano, ma non tengono conto di tutte le altre occasioni in cui avrebbe potuto verificarsi una «coincidenza" simile, ma ciò non è accaduto. Tralasciano i casi negativi, e questa, naturalmente, è una delle cause principali dell'irrazionalità. La credenza nella telepatia può essere spiegata nello stesso modo. La maggior parte degli aneddoti relativi a questo fenomeno hanno per protagoniste due persone molto vicine tra loro: ad esempio un marito e una moglie, o un fratello e una sorella. Siccome queste persone hanno tanto in comune, è altamente probabile che a volte pensino alla stessa cosa nello stesso momento. Così, quando un soldato viene ferito in battaglia e simultaneamente la moglie avverte una fiUa d'ansia, la donna non si chiede quante volte ha già provato fitte simili e lui non è stato ferito: non col· lega correttamente i due eventi perché ignora i casi negativi. Inol· tre, è probabile che la memoria la inganni a proposito dell'ora esatta in cui ha avvertito la sensazione d 'ansia. È pratica mente certo che le persone che credono nel paranormale basino la loro «fede» su campioni troppo limitati: basta un unico evento inverosimile a «convertirle», e le aspettative che ne derivano fanno il resto. Comunque sia, di sicuro, come chiunque altro, anch'esse soffrono di un eccesso di fiducia nelle loro convinzioni. Per giunta, architettano storie elaborate ma plausibili per difenderle: .. La telepatia non può essere controllata, bisogna essere nello stato d 'animo giusto. Sono cose che succedono e basta», oppure, nel caso di un/a medium: «Non riesco a evocare il defunto. Fra noi c'è uno scettico». Nella mia spiegazione delle cause della credenza nel s0prannaturale, non sono riuscito a includere se non una piccola parte degli errori di ragionamento esposti in precedenza, ma essa include molti dei più importanti. La fede nel para normale non sembra essere causata da fallacie legate al modo in cui viene posta una questione, né dall'incapacità di formulare previsioni raziona li. Non mi sono cimentato con "analisi delle cosiddette «evidenze scientifiche» del paranormale, ossia delle prove di fenomeni
IL PARANORMAl.!
375
extrasensoriali accuratamente raccolte in condizioni controllate. Sembra comunque probabile che, quando sono stati ottenuti risultati positivi, essi siano stati raggiunti con la frode, com'è stato dimostrato in molti casi. Nel 1953 Samuel George 5oal, uno stimato matematico dello University College di Londra, sbalordì il mondo intero fornendo le prove dell'esistenza della precognizione. Sarà anche stato stimato, ma dopo la sua morte si è scoperto che aveva falsificato i risultati ottenuti, usando un metodo semplice ma ingegnoso. Nei suoi esperimenti sulla telepatia, il trasmettitore .. inviava» una carta (le carte erano in tutto cinque) e il ricevente doveva scrivere quale carta fosse. Soal aveva una lista, preparata in precedenza, di numeri da 1 a S, corrispondenti alle carte che dovevano essere inviate a ogni tentativo. Le congetture del ricevente venivano registrate da un osservatore indipendente utilizzando uno di questi numeri. A esperimento finito, Soal si Limitava a trasformare gli .. 1» sulla sua lista in «4 » o in «5» tutte le volte che il ricevente aveva indicato un 4 o un 5. 11 suo raggiro è stato scoperto solo dopo la sua morte, e solo grazie a un'attenta analisi dei risultati dei vari test, perché l'esame della calligrafia nelle tabelle da lui redatte non era riuscito a evidenziare le modifiche che aveva apportato &. U Grande Randi, uno dei maghi più famosi del mondo, non ama i ciarlatani che utilizzano i suoi trucchi ma pretendono di avere p0teri extrasensoriali, e, come Houdini prima di lui, ha trasformato in hobby il suo desiderio di sbugiardarli, ma i pregevoli risultati a cui è pervenuto, tra cui il fatto che ha smascherato Uri Geller, esulano dall'ambito di questo Libro. Forse val la pena di 5E1,>nalare un episodio abbastanza recente. Randi ha inviato due dei suoi assis tenti in un laboratorio statunitense di psicologia del paranormale, raccomandando loro di eseguire i propri trucchi di magia ma di non dire come funzionavano a meno che qualcuno non glielo chiedesse. Essi hanno trascorso due anni in quel laboratorio, e i loro poteri «extrasensoriali» sono stati debitamente documentati nelle riviste sul paranormale. Nessuno ha pensato di chiedere loro come ottenessero quei ris ultati. Quando se ne sono andati, Randi ha fatto una soffiata , e per merito suo l'università ha chiuso il laboratorio.
"6
IR.RAZIDNAUTÀ
La credulità non è una prerogativa dei profani. Da Conan Doyle a Brian Josephson, premio Nobel per la fisica ex-titolare di una cattedra alla Cambridge University, sono molte le persone illustri che sono cadute nella trappola del paranonnale. Nancy Reagan, ad esempio, consultava regolarmente un'astrologa. la quale affermava di riuscire a influire. attraverso di lei, sui tempi dei discorsi del presidente Reagan e sui suoi viaggi all'estero, e di aver influenzato le opinioni di quest'ultimo su Gorbatev. Nello stesso periodo, i russi investivano milioni di rubli nella ricerca sul paranormale perché credevano che potesse avere una notevole importanza sul piano militare: essi nutrivano la curiosa convinzione che, a differenza dei messaggi inviati con le onde radio, le comunicazioni telepatiche non potessero essere intercettate dal nemico. Per non essere da meno, anche l'aviazione, l'esercito e la marina statunitensi si affrettarono tutti a finanziare la ricerca sull'argomento. La Cambridge University, nella sua infinita sapienza, di recente ha conferito il titolo di dottore di ricerca a uno studente che nella sua tesi asseriva di aver dimostrato l'esistenza della telepatia, mentre l'Università di Edinburgo ha istituito una cattedra di parapsicologia, il cui primo titolare ha dato subito prova di essere rigorosamente aggiornato: ha infatti annunciato la sua intenzione di indagare «il ruolo delle funzioni extrasensoriali nelle insolite interazioni tra uomo [... ] e computer». Come le altre fonne di irrazionalità, la fede nel soprannaturale non conosce limitazioni di classe sociale, o di credo politico e religioso, ma coinvolge tutte le istituzioni, dalla più prestigiosa alla più insignificante.
Salvo dove diversamente indicato, i fatti esposti in questo capitolo sono tratti da David Marks, Richard Kamman, nre Psydro/ogy of tlre Psyclric, Prometheus Books, Buffalo 1980 (nuova ed. 2000). , Le cifre relative all'astrologia sono basate sui sondaggi d 'opinione riportati in John Allen Paulos, Gli s"umerati. Impariamo afar di co"'o per fare i co,,· ti CDII il mOlldo, Leonardo, Milano 1992 (ed. or. lmlllllll'Tacy. Matlrt'matical I/{ilt'racy alld lts COlrseq/lerlces, Hill & Wang. New York 1988, 2001). I
Il PA/ùlNORMAlE
' James Randi (Jamcs Hamilton Randall Zwingel è un illusionista e divulgatore scientifico canadese naturalizzato statunitense, noto in pilrticolare per la One Million Dollar Paranormal Challenge, ovvero il premio di un milione di dollari messo in palio dalla sua fondazione, la Jamcs Randi Educational Fo undation, per chiunque riesca a dimostrare, in condizioni scientificamente controllilte, un qualsiasi fenomeno paranormalc (N.d.T.). • Roger E. Ulrich, Thomas J. Stachnik, N. Ransdell Stainton, St /4dent Acct'ptallCt' ojGf'1leraliud PerS(mality Profiles, "Psychological Reports .., n. 13, 1963, pp. 831-834. ' Scrittore ungherese (Budapest 1905-Londra 1983), naturalizzato britannico, famoso soprattutto per il romanzo Buio a mezzogiorno, denuncia del regime terroristico crealo in URSS da Stalin, che forma una sortii di trilogia con I gladiatori e Arrivo e partellZil. All'attività di romanziere affiancò un'abbondante produzione saggistica, politica c scientifico-filosofica. Ncll983, ormai affe tto dal morbo di Parkinson e da leucemia, si suicidò insieme alla terza moglie, malata di cancro [N.d.T.) . • Charlcs Edward Mark Hansel, ESP alld Parapsychology, Promctheus Books, Buffalo 1980.
Capitolo 22 Cause, cure e costi
Dopo aver esaminato le molte cause specifiche dell'irraziona· lità umana, è tempo di considerarne alcune più generali, da cui quelle più particolari hanno origine. Alla base dei molti tipi di· versi di irrazionalità descritti vi sono cinque cause essenziali. Desidero sottolineare che le prime tre sono di natura speculativa. La prima ha a che fare con l'evoluzione. In genere, i nostri ano tenati nel regno animale halUlo dovuto risolvere i loro problemi in fretta , combattendo o fuggendo. Una scimmia che si trova di fronte un leone sarebbe sciocca se restasse impalata a soppesare qual è l'albero migliore su cui arrampicarsi: è meglio sbagliare che essere divorati. Forse è per questo che le persone, quando sano sottoposte a un forte stress o a un intenso sforzo, agiscono e pensano in modo così stereotipato. Proprio come la scimmia, non si mettono a rimuginare sulle possibili alternative: agiscono sulla base deU 'impulso. Analogamente, le emozioni forti come la rabbia o la paura, che possono condurre a comportamenti altamente irrazionali, erano probabilmente più utili in un tempo in cui le dispute tra due membri di una specie venivano risolte dagli scontri fisici, non da più o meno sofisticati scambi verbali. Quasi sicuramente anche il conformismo e !'imbarazzo, che spingono le persone ad allinearsi alle norme del gruppo, sono in parte innati. Dal punto di vista fisico l'uomo è una creatura indifesa, e la sua s0pravvivenza dipende dal fatto di appartenere a un gruppo. Questo è vero adesso come lo era nella preistoria, quando la sua uni· ca probabilità di gustare una bistecca decente era cacciare le anti-
380
IRRA ZIONAUTA.
lopi insieme agli altri. Oggi siamo altrettanto dipendenti dagli altri per la nostra sopravvivenza e i nostri comfort. Sono gli immensi sistemi delle fabbriche, dei negozi, delle strade, delle ferrovie e degli aeroplani a rendere possibile l'esistenza attuale, e tali sistemi. a loro volta, dipendono in toto dalla cooperazione di gruppo. È probabile che, senza le comodità della vita moderna, molti non sarebbero in grado di provvedere a se stessi. Ma la fedeltà al gruppo su cui si fonda la nostra società rischia facilmente di estendersi anche a situazioni in cui è inopportuna, sfociando così in comportamenti irrazionali. L'ampia diffusione di ragionamenti e comportamenti irrazionali solleva la questione delle modalità che caratterizzano la s0pravvivenza della nostra specie. Perché l'irrazionalità non è stata eliminata, o almeno significativamente ridotta dalla spinta evolu· tiva? Una possibile risposta è che nella nostra società non occor· re un alto tasso di razionalità per trovare riparo e nutrimento e per allevare una prole vitale. Anzi, chi dedicasse il suo tempo a studiare la teoria della probabilità e la statistica e ad arrovellarsi su ogni scelta nell'intento di renderla totalmente razionale avreb· be ben poco tempo (e forse nessuna inclinazione) per metter su famiglia. I tragici effetti dell'irrazionalità si manifestano soprat· tutto quando sono in gioco decisioni importanti: gli errori degli ingegneri sono rivelati dagli incidenti e quelli dei medici dalle morti che avrebbero potuto essere evitate. Le loro decisioni sono enormemente complesse, specie in confronto a quelle dei nostri lontani progenitori, i cui principali problemi erano la scelta della caverna, della compagna o dell'antilope giusta. In breve, mancando la spinta evolutiva a potenziare la razionalità, la sofisticazione delle nostre tecnologie ha di gran lunga superato l'evoluzione del nostro cervello. Una seconda causa generale dell'irrazionalità è il fatto che alcune parti del nostro cervello sembrano essere costituite da reti di cellule nervose interconnesse in modo casuale. Ogni volta che impariamo qualcosa, alcune delle connessioni tra queste cellule si rafforzano, mentre altre si indeboliscono. Un determinato concetto, ad esempio «casa» o «figlia», una volta che è stato appreso, è
CAUSE. CURE E COSTI
381
rappresentato non dalla scarica di una singola cellula cerebrale, ma dalle scariche simultanee di molteplici neuroni distribuiti su una vasta area. Tali sistemi neurali hanno proprietà notevoli. Le cellule che vengono attivate producono una scarica simultanea piuttosto che sequenziale, per cui l'elaborazione è molto rapida, come notoriamente avviene nel cervello umano. Inoltre, le reti neurali generalizzano con facilità. Se viene mostrato loro un certo numero di uccelli diversi, classificheranno senza difficoltà come uccello anche un membro di una specie mai vista in precedenza. Tuttavia, tali reti implicano un problema: tendono a essere poco rigorose. Dal momento che le stesse identiche cellule s0no impegnate in processi di apprendimento diversi, quando si impara qualcosa di nuovo alcune delle connessioni stabilite nella precedente fase di apprendimento possono alterarsi, e ciò può dare luogo a errori (di solito lievi). L'esistenza di questi sistemi all'interno del cervello umano spiegherebbe sia l'effetto disponibilità che l'effetto alone. Entrambi dipendono dal fatto che una persona è indebitamente influenzata dai dati più evidenti, il che, in termini di reti neurali, corrisponderebbe all'attivazione delle cellule dotate delle connessioni più forti. Tutto ciò che è particolarmente saliente tenderebbe a sopprimere le altre connessioni, e quindi a impedire di tener conto di altri materiali meno rilevanti. t. probabile che i sistemi neurali inviino un input alle aree del cervello associate al pensiero conscio, aree i cui processi non si attivano simultaneamente, ma in modo graduale: non a caso non siamo in grado di pensare a più di un certo numero di cose per volta, al massimo sette. Se l'input inviato a tali livelli superiori proviene da reti neurali poco rigorose, conterrà errori: solo se siamo abbastanza perseveranti possiamo eliminarli dal nostro pensiero conscio. Ognuno, prima o poi, ha avuto delle idee originali, probabilmente prodotte dalle sue reti neurali, ma tutti sanno che molte di queste idee sono inutilizzabili: occorre passarle al vaglio mediante un'attenta riflessione. Ma la riflessione - la riflessione seria - richiede sforzo: le persone devono essere allenate, o allenarsi per conto loro, a concentrarsi per il tempo sufficiente a risolvere qualunque problema siano chiamate ad affrontare. Parago-
182
1!UtA.lIONAUTA
nate la rapidità e la facilità con cui riconoscete un volto alla difficoltà di risolvere un nuovo problema geometrico. Ora. il riconoscimento dei volti dipende da un sistema neurale in gran parte parallelo: il cervello effettua contemporaneamente molti calcoli, ma le sue operazioni non accedono alJa sfera della coscienza. Capire la geometria, invece, comporta un consapevole e faticoso procesSO di natura graduale. Eppure, alcuni studi sulla vista hanno suggerito che i calcoli eseguiti dal cervello quando ci guardiamo intorno sono molto più complessi di quelli che hanno condotto Einstein a formulare la teoria della relatività. L'evoluzione ci ha portato a sviluppare una vista eccellente. ma non ha fatto di noi degli eccellenti fisici. Tutte queste considerazioni, bisogna ammetterlo. sono alquanto speculative, ma resta il fatto che i processi cerebrali di cui non siamo consapevoli operano con una rapidità, un'efficienza e una facilità enormi, mentre la maggior parte deUe persone devono sforzarsi di elaborare con il pensiero cosciente i processi necessari a risolvere un problema difficile o a prendere una decisione complicata. Ma, senza questo sforzo, molte decisioni saranno irrazionali e molti problemi rimarranno insoluti. Una terza causa generale del pensiero irrazionale ha anch'essa a che vedere con la pigrizia mentale. Per ridurre la necessità di riflettere seriamente e a lungo, abbiamo elaborato una serie di trucchi che ci consentono di prendere decisioni rapide. Essi vanno sotto il nome di «euristiche», e costituiscono una serie di strategie mentali che in genere producono risultati accettabili, ma non perfetti, in tempi brevi. Questo libro è stato dedicato, tra l'altro, a mostrare in quali casi tali procedimenti euristici possono fuorviarci, ma bisogna ricordare che spesso essi ci portano alla risposta giusta. Se comprate un particolare modello di automobile perché un amico vi ha detto che è valido, probabilmente sarete soddisfatti del vostro acquisto anche se non avete usato il metodo ottimale per formulare la vostra decisione. E se tra più aspiranti a un posto di lavoro ne scegliete uno perché siete rimasti fortemente colpiti dalla sua spigliatezza durante il colloquio (effetto alone), è improbabile che poi si riveli del tutto inadeguato, anche se potrebbe non essere il migliore di tutti i candidati.
CAuse. CURE r COSTI Un quarto fattore che contribuisce all'irrazionalità umana è la nostra incapacità di utilizzare alcune elementari nozioni di teoria della probabilità e di statistica e i concetti che ne sono scaturiti. La causa di fondo, in questo caso, sembrerebbe essere l'ignoranza, che a sua volta può essere in gran parte attribuita al nostro sistema educativo. Questa lacuna può causare errori che apparentemente sembrano non avere niente a che fare con i numeri: ad esempio, l'incapacità dei piloti israeliani di usare il concetto di ri~ torno alla media, o il giudizio secondo cui è più probabile che Linda sia una cassiera di banca femminista che una femminista tout court. Le nozioni matematiche necessarie per risolvere ogni problema numerico proposto in questo libro sono molto più scm~ plici da apprendere della geometria o del calcolo elementari. Her~ bert George Wells era convinto che per un cittadino istruito la sta~ tistica fosse tanto importante quanto la lettura o la scrittura, e che ben presto essa sarebbe stata sistematicamente insegnata insieme a queste materie. La sua fede nel valore di tale disciplina era sen· za dubbio fondata, mentre la sua fiducia nella razionalità del sistema educativo inglese era del tutto infondata. Dato che i contenuti intellettuali della statistica non sono inferiori a quelli di altri rami della matematica, e che moltissime persone potrebbero avvalersene nel loro lavoro e nella loro vita quotidiana, è difficile ca· pire perché essa sia raramente insegnata a scuola. la risposta può essere cercata in un'altra forma di irrazionalità: la difficoltà di infrangere le tradizioni. Non ho dato un particolare risalto all'ultima causa generale di irrazionalità - il self-servitlg bias - soprattutto perché è fin troppo ovvia. Benché abbia dimostrato che alla radice di tali fenomeni vi sono anche altri fattori, è difficile credere che il desiderio di aver ragione o di corroborare la propria autostima non abbia nulla a che fare con la nostra riluttanza a rinunciare a un'ipotesi, a modificare una decisione sbagliata o a vedere un appartamento appena acquistato per quello che realmente è. Ora che conosciamo le molteplici cause dell'irrazionalità, sorge il problema di stabilire se sia in qualche modo possibile porre
fRRA ZIONIIUTA
un freno a essa. L'approccio più generale sembra quello di provare a convincere le persone a tenere la mente aperta, ad arrivare a una conclusione soltanto dopo aver esaminato tutti i dati di cui dispongono e a rendersi conto che, quando le circostanze lo richiedono, cambiare idea è un segno di forza, non di debolezza. Inoltre, bisognerebbe insegnare loro a cercare prove che contrastano con le loro opinioni e, se ne trovano, a stare in guardia contro il pericolo di interpretarle erroneamente o di ignorarle. Cercare le pecche negli argomenti a sostegno delle proprie tesi è sempre salutare. Inoltre, è un errore prendere decisioni in fretta o in condizioni di stress, perché si tende a pensare in modo troppo poco flessibile. Quando le evidenze non consentono di trarre conclusioni definitive, sarebbe meglio sospendere il giudizio, cosa che i più trovano difficile fare. Come diceva Bertrand Russell: «L' uomo è un animale credulone e ha bisogno di credere in qualcosa. In assenza di fondamenti validi per le sue convinzioni, si accontenta di quelli sbagliati)}I. Si potrebbe poi attirare l'attenzione delle persone su tutti gli errori specifici che ho descritto, ad esempio su quello relativo ai costi sommersi, o sull'incapacità di basare le inferenze in materia di connessioni sui quattro dati numerici rilevanti. I consigli che ho dato fin qui sono piuttosto astratti, e perciò non immediatamente «disponibili», ma potrebbero essere inseriti nell'ambito di esempi specifici, che invece lo sono. Sarebbe peraltro utile anche solo convincere le persone a mettere per iscritto i pro e i ·contro prima di prendere una decisione importante, come raccomandava Benjamin Franklin. Numerosi studi halUlO analizzato gli effetti che si osservano incoraggiando gli studenti ad agire alla luce dei principi generali appena descritti l. Nel corso di essi, ad esempio, i soggetti sono stati invitati a interrogarsi sui motivi per cui una risposta è sbagliata (oppure giusta), a prendersi il tempo necessario per riflettere prima di agire e a non farlo sulla base dell'impulso, a essere perseveranti e a prendere in considerazione più alternative. Tali consigli, proposti nell'ambito di problemi specifici, hanno quasi sempre prodotto alcuni miglioramenti, peraltro in genere non molto significativi, in una serie di test che si proponevano di mi-
CAUSE. CURE f COSTt
J8S
surare la razionalità. Sfortunatamente, poiché a questi test non è seguito un follow-up a lungo termine, non si sa quanto durino i loro effetti. È stato accertato che conoscere la statistica aiuta le persone ad affrontare razionalmente alcuni problemi della vita di tutti i giorni. Come ho già dimostrato, la soluzione di tali problemi richiede spesso, esplicitamente o implicitamente, l'uso di concetti statistici. Forse può sorprendere, ma nei test citati la conoscenza della logica non ha aiutalo gli studenti a individuare gli errori (ad esempio, l'inversione del rapporto causa-effetto) presenti nelle argomentazioni che sono state loro proposte, mentre, anche in questi casi, si è rivelato di una qualche utilità il ricorso alla statistica. Qualche tempo fa, Richard Nisbett e i suoi colleghi l hanno condotto una serie di ingegnosi studi, i quali dimostrano che la capacità di utilizzare concetti statistici aiuta davvero le persone a prendere decisioni valide, non solo nei test effettuati nei laboratori di psicologia, ma anche nella vita di tutti i giorni. Gli esperimenti si proponevano di misurare la capacità dei soggetti di applicare la legge dei grandi numeri (vedi capitolo 14) ai ragionamenti quotidiani; a tale scopo, essi sono stati invitati a risolvere tre tipi di problemi diversi. il primo dato emerso è che il grado di abilità con cui riuscivano a utilizzarla variava in base al tipo di problema proposto, nelle seguenti proporzioni: 1. quando i fenomeni al centro del problema avevano una chiara natura casuale (come ad esempio il comportamento di una slot machine), essi applicavano la legge piuttosto bene; 2. ci riuscivano meno in presenza di eventi misurabili e che implicavano una componente di abilità (ad esempio una prestazione atletica, o i risultati di un esame); 3. la applicavano con esiti scarsissimi in riferimento a caratteristiche personali (come l'onestà). Ad esempio, capivano che un campione esiguo dei comportamenti di una slot machine era di scarsa utilità per determinarne l'andamento complessivo; erano meno inclini alla cautela, invece, quando si trattava di trarre conclusioni generali da un saggio li-
38.
IRRAZIONAurA
mitato delle prestazioni di un atleta, e, infine, erano totalmente incapaci di comprendere che, se venivano brevemente a contatto con una persona che si mostrava cordiale, non potevano dedurne che lo fosse sempre. Vi è però un ulteriore dato da segnalare, più strettamente connesso ai nostri attuali scopi. Quando i soggetti sono stati allenati a risolvere problemi che rientravano in una delle tre tipologie citate - imparando a usare nozioni quali "dimensioni del campione» e «ritorno alla media» - e in seguito sono stati testati su tutte e tre, si è scoperto che erano migliorati non solo in quella in cui si erano esercitati, ma anche nelle altre due. Questo dimostra che, se si impara ad applicare i concetti statistici a uno specifico problema logico, i benefici di tale allenamento si ripercuotono anche sulla nostra capacità di risolveme altri. Un altro articolo fornisce le prove che la capacità di prendere decisioni razionali nella vita di tutti i giorni è correlata con il successo nel lavoro, in particolare con l'entità dello stipendio percepito'. Nell'ambito di un esperimento, 126 professori dell'Università del Michigan sono stati intervistati telefonicamente e invitati a rispondere a una serie di domande relative ai costi sommersi e ad altri problemi simili. Si è scoperto così che, all'interno di ogni fascia di età, la capacità di fomire risposte esatte era direttamente correlata alla retribuzione. Ora, tali esiti erano tutto sommato prevedibili nel caso dei docenti di economia, le cui competenze professionali includono la conoscenza di una serie di teorie che dettano le regole per decidere nel modo migliore, ma il dato è risultato vero anche per i loro colleghi di materie letterarie. I ricercatori hanno inoltre verificato in che misura i soggetti erano capaci di prendere decisioni razionali nella vita di tutti i giorni, chiedendo loro, ad esempio, se negli ultimi cinque anni se ne fossero mai andati dal cinema prima della fine di un film. Dato il numero di brutti film in circolazione, è probabile che alla maggior parte delle persone sia capitato di vedeme almeno uno in cinque anni: quelli che non cadono nella trappola dei costi sommersi in genere se ne vanno, mentre gli altri vedono il film sino alla fine. Quanto ai nostri soggetti, tra coloro che hanno affermato di essersene andati prima i docenti di economia erano quasi il doppio
CAUSE, CURE E COSTI
387
di quelli di biologia o di lettere. In altre parole gli economisti, che si presume non siano affatto più intelligenti dei loro colleghi, ma la cui disciplina fornisce loro una migliore conoscenza di come si prendono decisioni logiche, agiscono più razionalmente degli altri almeno in alcuni aspetti della loro vita quotidiana. Ciò sembrerebbe dimostrare in maniera diretta che conoscere le teorie decisionali può migliorare la razionalità d elle nostre decisioni pratiche. Che io sappia, questa è l'unica conferma sperimentale esistente, ma è probabile che nei prossimi anni vi saranno ulteriori ricerche sull' argomento. Oltre alla conoscenza dell'economia, è stato dimostrato che anche quella della psicologia e, seppur in misura minore, della medicina, migliorano le risposte degli studenti a quesiti del genere di quelli proposti in questo libro. Entrambe le discipline, in effetti, pongono l'accento sulle trappole in cui è possibile cadere quando si formulano deduzioni di natura causale a partire da una serie di dati, ed entrambe presuppongono alcW\e nozioni di statistica elementare. Per apprezzare appieno i benefici effetti della psicologia, forse bisognerebbe ricordarsi che quasi tutti i test sulla razionalità sono stati elaborati da psicologi, anche se non occorre alcuna specifica conoscenza psicologica per affrontarli. L'unica materia, oltre a quelle citate, che si sia rivelata di una qualche utilità sotto il profilo logico è il diritto: infatti, anche se non migliora la qualità dei ragionamenti basati sulla statistica, accresce il numero di argomentazioni causali proposte dagli studenti; tuttavia, come si addice a futuri avvocati, tale aumento è limitato esclusivamente agli argomenti a sostegno delle loro ipotesi. Altre discipline, come la chimica e la logica, sembrano avere ben pochi effetti, se non nessuno, sulla capacità di ragionare correttamente, almeno alla luce dei risultati emersi in relazione ai problemi esposti nella seconda parte d el libro. lnoltre, vi sono numerosi elementi che smentiscono la teoria secondo cui imparare una particolare materia facilita l'apprendimento di un'altra, a meno che i contenuti delle due discipline non siano in parte coincidenti. Fino a poco tempo fa, c'era la diffusa conv inzione che studiare le lingue classiche fosse una sorla di palestra d el pensiero
J88
Ituv.ZIONAUT'"
logico, che avrebbe consentito in seguito di apprendere con facilità qualsiasi altra materia. Purtroppo, però, la perfetta conoscenza del latino e del greco non vi aiuterà a diventare dei fisici preparati e nemmeno dei buoni storici. Se si ritiene che una delle finalità dell'istruzione sia insegnare alle persone a ragionare, allora le tipologie di esame utilizzate in Gran Bretagna e negli Stati Uniti appaiono in gran parte irrazionali. In Inghilterra la preparazione per l'A-Level (esame di maturità S) privilegia per lo più uno studio di tipo mnemonico, mentre assegna scarso rilievo al ragionamento logico; in America questo criterio è spesso adottato anche dalle università, dove sono comunemente usati i questionari a scelta multipla, che non lasciano alcuno spazio al pensiero, ma dipendono interamente dalla memoria. Inoltre, gli esami che si svolgono entro precisi limiti di tempo di solito portano gli studenti a ragionare in modo impulsivo e poco flessibile. Concludo con una domanda che probabilmente assilla già da un po' molti lettori: «La razionalità è veramente necessaria, o almeno auspicabile?». Nel caso deUe decisioni affidate agli esperti, non vi sono dubbi: il generale Montgomery, l'ammiraglio Kimmel, il generale Haig e Bomber Harris, con il loro rifiuto di cambiare idea di fronte aU'evidenza, hanno causato un gran numero di morti inutili. Alcuni medici, per la loro ignoranza nel calcolo delle probabilità, hanno sottoposto molte donne a inutili e spiacevoli biopsie, mentre altri sono stati indirettamente responsabili della morte delle loro anziane pazienti, decedute in seguito a fratture ossee, perché non avevano voluto somministrare loro l'estrogeno; molti, poi, rifiutano di usare software le cui capacità diagnostiche sono di gran lunga superiori alle loro. l funzionari pubblici continuano a sperperare il denaro pubblico in virtù di un sistema irrazionale che incoraggia la pigrizia, il pervicace attaccamento alla tradizione e la ricerca dell'affermazione personale. Gli ingegneri spesso non riflettono a sufficienza sui rischi impUcati dai sistemi che creano, causando così la morte di molte persone. Perfino le università, per decidere se anunettere o no un
CAUSE:. CURE: E: COSTI
38'
candidato - una scelta dai risvolti indubbiamente importanti, almeno per lui - non si avvalgono ancora di quella che è palese mente la strategia migliore per accertarne !'idoneità. Un modo per superare questa diffusa incompetenza è introdurre metodi matematici ogni volta che è possibile dimostrare che sono più efficaci delle intuizioni decisamente fallibili degli uomini. Questa è quasi sicuramente una ricetta migliore per il successo professionale di qualsiasi formazione di tipo statistico, anche se tale formazione non deve comunque venir meno. Nella sfera personale, gli effetti delle decisioni irrazionali s0no minori che in ambito professionale, anzi, in molti casi esse influiscono solo marginalmente sulla vita degli individui. La maggior parte delle decisioni personali, dopotutto, sono alquanto insignificanti. Che differenza fa se mangiamo spaghetti o fagioli in scatola per cena? O se passiamo la sera a casa anziché a teatro? O se andiamo in vacanza a Parigi, a Monaco oppure sulla Costa Brava? Neanche il fatto di aver acquistato un'auto che si rivela un «pacco» è poi cosi grave, anche se è indubbiamente irritante. Nella sfera privata, le persone prendono pochissime decisioni importanti, che, nella maggior parte dei casi, si riducono a quattro: in che quartiere abitare e che appartamento comprare; che professione intraprendere e quali opzioni scegliere all'interno di quell'ambito professionale; con quale partner vivere - ammesso che se ne desideri uno - e quando porre fine alla convivenza; se avere figli o no (un'eventualità, questa, che spesso si verifica c0munque a prescindere dalla nostra volontà). In tutte queste scelte, di solito, vi sono molte incognite, il che significa che il pensiero razionale può accrescere solo marginalmente le probabilità di successo. Se l'applicazione della teoria dell'utilità possa portare a matrimoni più felici è tuttora una questione aperta. Ci si può anche chiedere se tutti considerino auspicabile essere completamente razionali. In genere apprezziamo molto la spontaneità, ma, come abbiamo visto, decidere razionalmente richiede tempo. Quando due innamorati si incontrano, un bado dato spontaneamente è più gradito di uno che arriva dopo attenta riflessione. Vi sono due ragioni che ci inducono ad apprezzare
390
IRRA ZIONAUTA
così la spontaneità. La prima è che consideriamo iru:inceri i gesti emotivi a meno che non siano spontanei. Se una persona prova davvero l'emozione che dice di provare, lo capiamo dalla rapidità con cui la manifesta. Se si ferma a pensare, dà l'idea di non provaria veramente: la sua reazione ci appare studiata e non autentica. In secondo luogo, le persone molto riflessive, preoccupate s0lo di prendere la decisione migliore, possono essere alquanto noiose. Capita spesso, infatti, che si immergano in lunghi silenzi mentre ponderano la cosa giusta da dire, e la loro costante ricerca della soluzione più razionale può sfociare in irritanti tentennamenti. Persone del genere rischiano di apparire troppo caute per essere gradevoli. La generosità, per essere veramente tale, deve venire dal cuore e non dalla testa: non amiamo «l'arte di misurare col bilancino il più e il meno». La spontaneità, però, ha i suoi limiti: benché la ammiriamo molto quando si esprime in azioni nobili e positive, la disapproviamo in egual misura quando ne produce di cattive. Tranne che in particolari circostanze, l'esibizione incontrollata dell'ira, della frustrazione, della depressione o dell'invidia ci è tutt'altro che gradita; né, sull'onda della spontaneità, dovremmo dar sfogo a impulsi che possono condurci a vantaggi minimi nell'immediato a prezzo di danni enormi nel lungo periodo. Ma come si fa ad agire spontaneamente e con esiti positivi, e in modo controllato quando potrebbero essere negativi? La difficoltà è che sembra impossibile distinguere senza un'attenta riflessione in quali casi abbandonarsi alla spontaneità e in quali casi reprimerla: ma, d'altro canto, è impossibile ponderare a lungo ed essere spontanei. Per risolvere questo dilemma, dobbiamo tornare al punto di partenza. Secondo Aristotele l'uomo veramente buono è quello che agisce bene per natura, ossia senza costrizione. Logicamente si può abbracciare la tesi opposta, e ritenere che l'uomo veramente buono sia quello in grado di combattere le proprie inclinazioni malvagie: se si è buoni di natura - argomentano alcunicomportarsi bene è facile, e di certo non implica un grande merito. Però, a prescindere da questa querelle, è innegabile che l'uomo a cui il bene riesce naturale sia una compagnia migliore di
CAuse. CURe E COSTI
J91
quello che si tormenta per conquistarlo, anche se poi riesce a placare i suoi dubbi. C'è ancora un problema: pochi di noi sono buoni per natura. A questa impasse Aristotele ha fornito una parziale risposta. Secondo lui, sta a noi formare il nostro carattere. Ogni volta che resistiamo a una cattiva azione, opporsi a essa diventa più facile, e ogni volta che facciamo qualcosa di buono diventa più facile rifarlo. Con la pratica assidua, l'uomo può trasformarsi in un essere che fa spontaneamente la cosa giusta, e spontaneamente evita quella sbagliata. Se si sono analizzate a sufficienza le ragioni per le quali è bene essere amabili con il proprio partner e non tenergli il broncio, e ci si è esercitati ad agire di conseguenza, in futuro le azioni verranno spontanee. Esistono serie prove del fatto che coltivare un'abirudine porta a metterla in atto senza riflettere: pensate al modo automatico in cui guida un automobilista esperto. Ma il consiglio di Aristotele può essere accolto soltanto dall' uomo razionale, da qualcuno il cui scopo è formare il proprio carattere in un certo modo e che ha accettato il principio per cui un attento esame delle sue azioni è il mezzo migliore per raggiungere tale scopo. Per mettersi in condizione di fare la cosa giusta senza riflettere, ossia senza interrogarsi su quale sia la scelta razionale, occorre allenarsi per molto tempo ad agire di proposito nel modo che più ci aiuta a plasmare il nostro carattere in conformità dei nostri desideri: questa sì che è razionalità.
' Bertrand Russell, Saggi impopolari, La Nuova Italia, Firenze 1%3 (ed. or. "An Outline of Intellectual Rubbish», in Unpopular Essays, George Allen and Unwin, london 1950 [nuova ed. Routledge, London 2009]). l Per una rassegna di tali studi cfr. Jonathan Baron, Thif/killg a/ld fkcidÌllg, Cambridge Univcrsity Press, Cambridge 1988, pp. 461-483 (nuova ed. 2008). JGeoffrey T. Fong, David H. Krantz, Richard E. Nisbett, The Eff«ts 0/ Sta· tistica/ Trainillg 011 Tlli"kùlg a/xmt Everyday Problems, «Cognitive Psychology», n. 18, 1986, pp. 253-292 . •Richard P. Larrick, Jamcs N. Morgan, Richard E. Nisbctt, Who U5("S th e Cosl-Bem'fit Ru/es o/ Choict'? lmp/icatiolls far Ihe Normative Status o/ Microt'collo-
J92
IRRAZ/ONItUTA
mie Theory, «Organizational Behavior and Human Dccision Processes,., n. 56,1993, pp. 331 ·347. ' Più precisamente «A-Level" (Advanced-Level) indica una serie di esami sostenuti in due, tre o quattro materie al termine della scuola secondaria. Le materie sono in parte obbligatorie, in parte scelte dagli studenti in base alla facoltà a cui intendono iscriversi. I corsi di preparazione durano in genere due anni e gli studenti sostengono l'esame finale a 18 anni; ,'ammissione all'università di solito dipende dai risultati ottenuti negli A-Levels [N.d.T.).
Ulteriori ringraziamenti e bibliografia specifica
Oltre a quelli riportati nella bibliografia generale. desidero segnalare qui alcuni libri dei quali mi sono avvalso in modo particolare. e al tempo stesso ringraziame gli autori per l'ingegnosità delle loro ricerche e delle loro idee. In questo elenco non ho inserito testi sulle cause sociali ed emotive dell'irrazionalità, in quanto, che io sappia, non ne esiste nessuno che sia dedicato esclusivamente a quest'argomento. A beneficio dei lettori i quali desiderassero approfondire ulteriormente la materia, ho aggiunto un commento per ogni libro citato. Richard E. Nisbett, Lee D. Ross, L'inferenza umana. Strategie e lacune del giudizio sociale. il Mulino, Bologna 1989 (ed. or. Human lnfermce. Strategies alld S/lortcomings of Social l"dgmellt, Prentice-Hall, Englewood Cliffs 1980). Un resoconto eccezionalmente chiaro, ben scritto e a tratti originale delle cause cognitive dell'irrazionalità. Può essere letto con piacere anche dai non specialisti.
Jonathan Baron, Tlrinkillg alld Deciding, Cambridge Uruversity Press, Cambridge 1988 (nuova ed. 2008). Un manuale sulle cause cognitive dell'irrazionalità. Più aggiornato, ma più difficile del libro precedente.
394
/K.'tAZIONJlurA
Darne! Kahneman, Paul Slovic, Amos Tversky (a cura di), Judgment Iwder UlIcertainty. Hellristics and Biases, Cambridge University PresS, Cambridge 1982 (nuova ed. 2001). Trentadue capitoli di autori diversi, per lo più affascinanti, eccetto pochi; illaro liveUo dì difficoltà è estremamente vario. Willem Albert Wagenaar, Paradoxes oJ Gambling Behaviour, Lawrence Erlbaum Assodates, Hove 1988. . Un attento studio delle convinzioni irrazionali dei giocatori d 'azzardo. Irving L. Janis, Leon MaIU\, Decision Making. A Psychological
A11Ulysis ofConflict. Choice, a/ld Commitment, The Free Press, New York 1977. Un'analisi decisamente originale dei processi (molti dei quali irrazionali) alla base delle decisioni umane, illustrati per mezzo di esempi tratti dal mondo della politica. Estremamente leggibile. Robyn M. Dawes, Rational Choice in an Uncertain World, HarcourtBrace-Jovanovich College Publishers, Orlando 1988 (nuova ed. Reid K. Hastie, Robyn M. Dawes, Rntiollal Clloice in nn Un certnill World. The Psyc11010gy oJ /udgment and Decision Makilrg, Sage Publications, Thousand Oaks 2009). Una spiegazione leggibile, ma a tratti leggermente tecnica, dei modi giusti (o sbagliati) di scegliere. Norman F. Dixon, O" tl,e Psyc11010gy o[ Military brcompetmce, Jonathan Cape, London 1976 (nuova ed. Pimlico, London 1994). Norman F. Dixon, Ollr OlOfI Worst Ellemy, Jonathan Cape, London 1987.
ULTERIORI RlNGRAZIA.MENTI E BIBUOGKAflA SPECIFICA
'95
Due libri di facile e piacevole lettura, il primo dei quali riporta una serie di impressionanti esempi di irrazionalità tratti dall'ambito militare, mentre il secondo è incentrato sui comportamenti irrazionali propri di varie categorie professionali. John Allen Paulos, Gli sllIlmerati. Impariamo ti far di COlltO per fare i COliti COli il mOlldo, Leonardo, Milano 1992 (cd. or. lmwmeracy. Matl!emafica/ l//iferacy O1ld lfs Conseqllences, Hill & Wang, New Yo,k 1988, 2(01). Una rassegna molto breve, ma estremamente divertente, degli errori - a volte comici, a volte catastrofici - commessi da persone che non vogliono prendersi il disturbo di comprendere dei semplici dati numerici. Ho utilizzato molti altri libri e articoli tratti da riviste specialistiche, tutti segnalati nelle note (e nella bibliografia).
Bibliografia
Prtml!SSll dl'lf'autort Di quasi tutti i risultati sperimentali segnalati ncl testo ho indicato le fonti . Alcuni episodi e un paio di esperimenti citati, tuttavia, sono tratti da articoli di giornale: in questo caso, do\'e non ho potuto consultare l'originale, non ho fornito alcun rimando. Tutte le indicazioni bibliografiche vanno intese non solo come una guida per il lettore, ma anche come un tributo ai numerosi psicologi che, con le loro eleganti ricerche c tcorlzzazioni, hanno contribuito alla nostra conoscellZ
ADA.\tS Pauline Austin, ADAMS Jce K., COl/fidl'IICI' in tlU' &cogl/itioll alld ~ productiOfI of Words Difficu/t lo Spell, "American Joumal of Psychology", n. 73, 1960, pp. 544-552. ARKES Hai Richard, BI.UMER Catherine, The Psycho/ogy of SUI/k Cost, «Organizationallk'havior and Human Performance.., n . 35, 1985, pp. 124-140. ARONSON Elliot, Mn.LS Judson, The Effrct oJ 5nJn'ity of lllitUtlioll 011 UkillgJor Q Group, "'Joumal of Abnormal and Sodal Psycho1ogy", n. 59, 1959, pp. 177-181. AscH Solomon E1iol. Formillg /mpressiolls alld P"'5(mnlity, "Joumal of Abnormal and Social Psychology .., n. 41. 1946, pp. 258-290. AscH Sclomon Eliot, 50cml Psychology, Prcntice-Hall, New York 1952. AscH Solomon Eliot, Opil/iol/s QI/d 50cial Prrssurl', ..$cienlific American .., n. 193, 1955. pp. 31-35. AscH Solomon Eliot, Sludits of llldqwl/dmCl' alld COliformity: a Minority agail/st Q U"a"imOIIS Majority, " Psychological Monographs", n. 70, 1956. AXElllOO Robert, Giochi di miprocità. L'il/sorg('l/ZQ della cooperaz.ioll/', Feltri· nelli, Milano 1985.
39'
lRRAZIONAUTÀ
AxsoM Danny, COOPER Ioel, «Reducing Weight by Reducing Dissonance. The Role of Effort ]ustification in Inducing Weight Loss», in ELLIOT Aronson (a cura di), Readings about the Sodal AnimaI, Worth Publishcrs, New
York 2008. BARON Jonathan, BEArnE lane, HERSHEY John
c. , Heuristics and Biases in
Diagnostic Reasoning, Congruence, lliformat;otl, alld Certainty, II parte, «Organizational Behavior md Human Decision Processes», n. 42, 1988, pp. 88-110. BARON Jonathan, Thinking and Deciding, Cambridge University Press, Cambridge 2008.
BELL Silvia M., SALTER Ainsworth Mary D., Infimi Crying and Mater/U2/ Respollsiveness, "Child Development», n. 43, 19n, pp. 1171-1190. BEN-SHAKHAR Gershon, BAR-HlllEl Maya, BllU Yoram et al., Om Graplzo-
logy Predict Occupational Success?, «Joumal of Applied Psychology», n. 71, 1989, pp. 645-653. BEllElHEIM Bruno, Individuai and Mass Behamour in Ex/reme Sifua/ions, «Joumal of Abnonnal and Social Psychology», n. 38, 1943, pp. 417-452. BTERBRAUER Giinter, Effect of Set, Perspective and Temporal Factors in Atlribution, Stanford University, Palo Alto 1973 (tesi di dottorato non pubblicata). BoLlAS Christopher, Forces of Destiny. Psychoal1l1/ysis and Human Idiom, Free Association Books, London 1989. Boo"rH-I<EwLEY Stephanie, FRlEDMAN Howard S., Psyeh%gical Prediefors of Heart Disease: A Quantitalive &view, «Psychological Bulletin», n. 101, 1987, pp. 343-362. BoRGIDA Eugene, NISBETT Richard E., The Differential lmpact of Abstract vs Concrete lnformalion 011 Decisions, «Joumal of Applied Social Psychology», n. 7, 1977, pp. 258-271. BoWER Gordon H., «Mental Imagery and Associative Leaming», in LEE W. Gregg (a cura di), Cognition in Learning alld Memory, John Wiley and Sons, New York 1972. British Health and Safcty Executivc, The Tolerability of Risk from Nuclear Power Statums, HMSO, London 1988 (nuova ed. OPSI, London 1992). BROVEMAN Inge K., BROVEMAN Donald M., CLARKSON Frank E. et al., SexRo/e Stereotypes and Clinica/ Judgments of Menta/ Hea/th, «Journal of Consulting and Clinica1 Psychology», n. 34, 1970, pp. 1-7. BII.OWN Roger, A First lAnguage. The Enrly Stages, Harvard University Press, Cambridge 1973. BROWN Rupert I., Divided We Fall. An Ana/ysis of Relatwns between Sectwns of a Faetory Work-Force, in TAJFEl Henri (a cura di), Difftrentiatioll betwem
B1BUOGRAFIA
399
Socinl Groups. Studies in the Sacinl Psychology af lnle/gioup Relntions, Aeademie Press, London 1978. CANTOR Joanne R., ZILLMAN DolI, BRYANT Jennings, Enhancement of Experienced Arousal in &sponse to Erotic Stimuli through MisaltrillUtion of Unrelated Residual Arousal, «Joumal of Personality and Social Psychology», n. 32, 1975, pp. 69-75. CASSCELlS Ward, ScHOENBERGER Amo, GRABOYS Thomas, Interpretati01l by Physicians of Clinical Lnboratory Results, «New England Joumal of Medicine», n. 299, 1978, pp. 999-1000. CHAPMMI Leslie, Your Disobedient Servant, Chatto, London 1978. CHAPMAN Leslie, Waste Away, Chatto, London 1982. CHAPM.AN Loren J., lIIusory Correlalion in Observational Repart, ..Joumal of Verbal Leaming and Verbal Behavior», n. 6, 1%7, pp. 151-155. CHAPMAN Loren J., CHAPMAN Jean P., lIIusory Correlation ns an Obstac/e to the Use of Vnlid Psychodiagnostic Signs, «Joumal of Abnormal Psyehology», n. 74, 1969, pp. 271-280. CHRISTENSEN-SZAlANSKI Jay J. J., Discount Functions nnd the Mensurement of Patients' Values: Women's Decisions during Childbirth, ..Medicai Decision Making», n. 4, 1984, pp. 47-58. CHRlSTENSEN-SZAlANSKl Jay J. J., BUSHYHEAD James B., Physicinns' Use of Probabilistic Information in a Reni Clinicnl Setting, ..Joumal of Experimental Psychology: Human Pereeption and Performance», n. 7, 1981, pp. 928-935. CONDRY John, «The Role of lncentives in Socia1jzation», in LEPPER Mark R., GREENE David (a cura di), The Hidden Costs Dj Reward, Lawrenee Erlbaum Associates, Morristown 1978. Cox Jon, TAPSELL Jane, Graphology and its Validity in Personnel Assessment, Cardiff 1991 (paper presentato al Convegno di Psicologia del Lavoro della British Psychological Society). DAVIDSON Julian M., DAVIOSON Richard J. (a cura di), The Psychobiology of Consciouslless, Plenum Press, New York 1980. DAWES Robyn M., Rntionnl CllOice in alI Uncertnin World, Harcourt-Brace-Jovanovich College Publishers, Orlando 1988. DAWES Robyn M., "The Robust Beauty of lmproper Linear Models in Decision Making», in KAHNEMAN Danie!, SWVlC Paul, TVEI6KY Amos (a cura di), fudgment under Uncertainty. Heuristics nlld Biasa, Cambridge University Press, Cambridge 2001. DAWES Robyn M., CORRIGAN Bemard, Linear Models iII Decision Making, "Psychological Bulletin», n. 81, 1974, pp. 98-106. DEel Edward L., The Effects af Externll//Y Media/ed Rnvards 011 IntTinsic Ma-
IRRA.ZIONAurA
tivatiOIl , ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 18, 1971, pp. 105-115.
DErAMBEl Marvin H., STOlUROW l.awrence M., Probnbi/ity alld Work as Dttf!f"rnillf'rS of Multiclloiu &1uwior, «Joumal of Experimental Psychology", n. 53, 1957, pp. 73-81. DE LA ROCHEFOUCAULD François, Massirnt, Newton Compton, Roma 2005. DlXON Nonnan F., Our Ofllll Worst Ellemy, Jonathan Cape, London 1987. DlxON Norman F., O" tht Psychology oj Military tllcompetn/et, Pimlico, tondon 1994. Doll Richard, PEro Richard, Morlatity in Relatioll to Smokillg: 20 Years' absavatiOl/s 0 11 Mo/e British Doctors, .. Brilish Medicai Joumal .., n. 273, 1976, pp. 1525-1536. DoLl Richard, PEIO Richard, WHEAT1.EY Keath et al., Morlality iII Re/atio" to Smokù/g: 40 Years' ObservQtiolls O" Male Britisl! Doctors, .. British Medicai Journah>, n. 309, 1994, pp. 901-911. Doll Richard, Puo Richard et al., Mortality in &Iatioll to Smokillg: 50 Ytars' Obseroatio"s 0" MotI! British Dcctors, .. British Medicai Joumal», n. 328, 2004, pp. 1519-1527. DREMAN David, COI/traritll/lnvtStment Strattgy, Random House, New York 1979. Eoov David M. .. Probabilistic Reasoning in C1inical Medicine: Problems and Opportunities.., in KAIINEMAN Daniel, SWVfC Paul. TvERSKY Amos (a cura di), ludgment ullda Ullca taillty. Heurisfics alld Biases, Cambridge University Press, Cambridge 2001. Eooy David M., .. li ragionamento probabilistico nella medicina clinica: problemi e opportunità», in CRUPI Vincenzo, GENS!NI Gian Franco, Motterlini Matteo (a cura di), ÙI dime1lSio/lt cogllitiva del/' errore iII medicilla. Franco Angeli, .. Fondazione Smith K1ine .., Milano 2006 (nuova ed. 2008). EGBERT Lawrence D.. BAnTI George E. et al, Reductio" of Postoperativt Paill by Ellcouragemtllt alld /lIstructioll o[ Pafienfs, .. New England Joumal of Medicine», n. 270, 1%4. EINHORN Hillel J., Expm Measllremt'1/t and M« hanical Combinalioll, «Organizational Behavior and Human Performance», n. 7, 1972, pp. 86-106. ElSfElN Arthur S., SHULMAN Lee S., SrRAFKA Sarah A., Medicai Probltm So/viflg. Ali Alla/ysis of Clinica/ &aso/liflg. Han'ard Uni\'ersity Press, Cambridge 1978. ELSTElN Arthur S., HOl.L\tAN Gerald B., RAVrTCH Michael M. et aL, Comparisoll of Pllysicums' Decisiofls Rtgardiflg Estragm Replacemtfll Therapy far Ml'-
IlIBUOCRAFIA
401
noptlusal WOnte71 a7ld Decisi07ls Deriutd from a Ot>cisio71 Allalytic Mode!, .. American Journal of Medicine", n. BO, 1986, pp. 246-258. ENNIS Maeve, Traillillg Imd Sr/peroisiOlr o/Obstetric Smior House Officm', .. British Medicai }oumal», n. 303, 1991, pp. 1442-1443. ENZLE Michacl E., HANSEN Ranald D., Low"E Charles A., Hr/ntmrizing the Mixed- Motiuc Poradigm: Mrthodological Tmplicatiolls from AffribrdiOIl Theory, «Simulations and Games", n. 6, 1975, pp. 151 -165. EYSENCK Hans J., Smokillg, Hroltlr olzd Pt'T"sOIIality, Weidenfeldand Nicholson, London 1965. FALLOWFlELD Leslcy, The Quality af Life, Souvenir Press, London 1990. FELUiR William, Ali IlItrodl/etiOlz to Proba/JiIity Tlreory alld Us ApplicatiOllS, voI. I, John Wiley & Sons, New York 1991. FERRARI N. A., 1llstitutionoTiznlion a"d Attilude Challge iII 011 Aged Poplilatioll. A Field Study iII Dissollallce TIlt'Ory, Case Western Rescrve University, Cleveland 1%2 (tesi di dottorato inedita). FESTtNCER Leon, CARLSMITH James M., Cognitive Consequt'nces 0/ Fcm:ed ComplianCf, "Joumal 01 Abnormal and Social Psychology», n. 58, 1959, pp. 203-210. FESTI:>''G ER Leon, Conjlict, Ot>cisions ond DisscmonCf, Stanford University Press, Stanford 1964. FISCHHOFF Baruch , Hindsiglrt Foresight: The E!fecl 0/ Oulcome Kllowledge on Judgmen t I/lIder Ullct'T"toillty, ..Joumal al Experirncntal Psychology", n. 1, 1975, pp. 288-299. FISCHlIOFF Baruch, BEYrn-MAII.OM Ruth, «1 Knetll It Would Happen "; Remem/Jered Probabililies o/Ollce-Futl/re Thing5, ..Organi7.ational Bchavior and Human PerformanCi!», n. 13, 1975, pp. 1-16. FISCHlIOFF Baruch, Cost-Bmtfit Anolysis olld the Art 01 Moforcycle Mainfe1I01lce, «Policy Sciences», n. 8, 1977, pp. 177-202. FISCHHOFF Baruch, SLOVIC Paul, LiCHTENSTEI!'" Sarah, KnolVing lVith Certoillty: The Appropriatt'lll.'SS 0/ Exturne COlljidf!1ICe, ..Joumal of Experimental Psychology», n . 3, 1977, pp. 552-564. FISCHHOFF Baruch, «For Those Condemned to Study the Past: Heuristics and Biases in Hindsight», in KAH"-'EMAN Daniel, SLOVIC Paul, T VERSKY Amos (a cura di), Jr/dgmmt under Ullcertaillty. Heuristics olld BwSI.'S, Cambridge University Press, Cambridge 2001. FISIIER Ronald Ay!mcr, LUlIg COllcer alld Cigauttes?, ~Na ture», n. 182, 1958,
p. 108.
.i"
IRRAZIONAUT),
FoNG Geoffrey T., KRANTZ David H., NI5BElT Richard E., TIre Effects of Slatistica/ Trailzing O" Thinking a""ut Ewryday Problr17ls, ..Cognitive Psycho10gy», n. 18, 1986, pp. 253-292. FREEDMA..'1 Jonathan L., FRASER Sco" c.. Compliance without Prrssurr. The Foot-ilz-the-Door Trclmique, «Jouma! of Personality and Social Psychology", n. 4, 1966, pp. 195-202. fRlEDMAN Cornelia M., GREg.,'SPAN Rhoda, MITTELMAN Far, The DecisicmMahng Process Q/ld Ihe Qutcome of Therapeutic Abortioll, "American Joumal cf Psychology», n. 131, 1974, pp. 1332-1337. FRlEDMAN Millon P., BURKf Cietus l., COLE Michael, KELLER Leo et aL, «Two-
Choice Behavior under Extended Training with Shifting Probabilities cf Reinforccment», in ATKlNSON Richard C. (a cura di), Studies iiI MilthenUltical Psychology, $tanford University Press. $tanford 1964, pp. 250-316. FRYBACK Dennis G., THORNBURY 1- R., EvalullfiQfI of a Computerized Baytsian
Mode! for Diaglzvsis af &/la/ Cysts uersus Tumor wrsus NomlU/ Variant from Exp/oratory Urogram l/lformatioll, .. Investigative Radiology», n. 11, 1976, pp. 102-111. CAROINEI!. Peter, EOw .... 1I.DS Ward, "Public Values: Multiattribute Utility Measurement far Sodal Decision-Making», in KAplAN Martin F., ScHWARTZ Steven (a cura di), Human ludgment and Decision Prrxtsses, Acadcmic Press, New York 1977. GlUCKSBERG Sam, TIze rllfluence of Strengtll 0f Drive 011 Functiona/ FixedntsS and P/7ceptual Recogllitian, "Joumal of Experimental Psychology», n. 63, 1%2, pp. 36-41. GoFFMAN Erving, II rituale dell'interazione, li Mulino, Bologna 2005. GolDBERG Lewis R., Man wrsus Model of MalI . A <iolla/e, plus $ome Evidellce for a Mtlhod of lmprovillg 011 Clillical IIl/ere/lCts, " Psychological Bulletin», n. 73, 1970, pp. 422-432. GolOSEN Rose K., GERHARDT Paul R., HANDY Vincent H., Some Factors &/atitlg to Patient Delay iII Seeking Diagnosis for Callcer Symptollls, "Cancer», n. lO, 1957, pp. 1-7. GREEN Roger, HzmlOII Error Oli tlte Flight Dt'ck, RAF lnstitute af Avianon Medicine, Famborough 1991 (rapporto non pubblicato). GRfE!'>':E David, STER>'IIBERG Betty, LEPPER Mark L., Overjustificatiolz iII a rokel! Ecollomy, «Joumal of Personality and Social Psychalogy», n. 34, 1976, pp. 1219-1234. HAMlll Ruth, WllSON limothy D., NISBETT Richard E., Igllori1lg Sample Bias: IIIf/7encts Abouf Collectivities frolli Atypical Cases, University of Michigan, Ann Arbor 1979 (manoscritto inedito).
8/8UOCRAF/A.
HAMIlTON David l., GIFFORD Robcrt K., 1lIusory CorrelatiO/I iII l11terpersollal Peruptioll. A Cognitive Basis of Stereotypic ludgmellts, «Joumal of Expcrimental Sodal Psychology", n. 12, 1976, pp. 392-407. HAMILTON David L., ROSE Terrence L., IIIusory CorrelatiO/I a/ld the Maill/eIla/Ice o/ S/errotypic Belitjs, in «Joumal of Personality and Sodal Psychology», n. 39, 1980, pp. 832-845. HAMMOND Kenneth R., ADEU.IAN Leonard, Scienu, Valut'S, a/ld Humall 'udgment, «Science», n. 194, 1076, pp. 389-3%. HAMMOl\'D Thomas, BREHM Jack W., The Atlractivelit'SS o/ Choiu AltemativtS Whell Freedom lo Choost is Eliminated by a Social Agent, "Joumal of Personality», n. 34, 1966, pp. 546-555. HANSEl Charles Edward M., ESP a/ld Parapsychology, Prometheus Books, Buffalo 1980. HARMON Pau!, KING David, Expert Systems, John Wiley and Sons, New York 1989. HASTIE Reid K., ROBYN M. Dawes, &tiollal Choice iII ali Ullcertai" World. The Psychology o/Iudgment alld D«isioll Mnkillg, Sage Publications, Thousand Oaks 2009. HAWKES Nigel. LEAN Geoffrey et al., TIu- Worst Accidt'llt iII Ihe World, Pan, London 1986. HERRlOT Peter, ROTHW"Ell Caro!. Orgallizatiollal Choice alld Decisioll Theory: Efficts o/ Employers' Literature a/ld Se/ectioll lnterview, «Joumal of Occupational Psychology», n. 54, 1981, pp. 17-31. HESS Eckhard H., «Pupilomctrics», in GREENFlELD Norman S., STERNBACH Richard A. (a cura di), Halldbook o/ Psychophysiology, Holt, Rineheart and Winston, New York 19n. HIGGIl'o'S Edward 1., RHOlES William S., JONFS Cari R., CategDry Accessibility a/ld Impressum Formatiol!, «Joumal of Expcrimental Social Psychology", n. 13,1977, pp. 141-154. HOFlING Charles K., BROTZMAN Eveline, DALRYMPlE Sarah et al., An Experimellta/ Stlldy ;', Nurse-Pllysiòan Re/aliotlship, «Joumal Of Ncrvous and Mental Disease», n. 143, 1966, pp. 171-180. HOFFMAN Paul J., SLOVTC Paul, RORER Lconard G., Ali Allalysis o/ Variallce. Mooels for tl,e AsSt'SslIIt'Ut 01 Cile Uti/iU/tioll iII Clinical Judgmellt, "Psychological Bullelin», n. 63, 1%5, pp. 338-349. HORNSTEIN Harvey A., LAKIND Elizabeth el al., Ef!ects o/ Kllowledge about
Remote Social Evellts Oli Prosocia/ Be/wlliour, Social COllceplioll, alld Mood, "Joumal of Personality and Social Psychology», n. 32, 1975, pp. 10381046.
IRRAZIONAUT.4
HOVLAND Carllver, WEiSS Wa1tcr, The lt/flul!lICI! ofSource Credibility 011 CommUllicatiorl Eff«tiVOIes5, "Public Opinion Quarterly .. , n. 15, 1951, pp. 63565().
HUFF Darrell, How fa Lie witll Statistics, Gollancz, London 1954. H UXLEY Thomas Heruy, Collected Essays, vol. I, Method alld Resufts, Appie-
ton, Ncw York 1898 (nuova ed. Adamant Media Corporation, Boston 2001). Indcpcndent Research 5ervices, Successful Persorlal lmJesting, 1992 (rapporto non pubblicato). JANIS Irving L., TERWTLUGER Robert F., Ali EX1X'riltll!/ltaI Study of Psychological Resistallces to Fear-Arousillg CO,lI/flullicatiol/5o, "]oumal of Ahnormal and Social Psychology», n. 65, 1%2, pp. 403-410. JAl\;lS Irving L., RAUSCH Curt N., St/ective IlIterest iII CommullicotiollS that Could Amuse Deeisional Gmflict. A Field Study of Partic/pall/s iII thl! Draft-Resistallct Movemen/, ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 14, 1970, pp. 46-54. JANIS Irving L., MANN Leon, DI!c/sioll Makillg. A Psyclwlogical Alla/ysis of Cotrj1ict, Choice. alld Commitml!"t, The Free Press, New York 1977. JENlC1NS Herbert M., WARD William c., 'udgme"t of COllti"gl!llcy behvem ReSfX'IISt'S alld Oll/comes, «Psychological Monographs», n. 79, 1965. JOHNSON Robert D., DoWNlNG Leslie L., lJt>illdividuatio/l al/d Valtllce ofCues. Effects 01/ Prosoc/nl olld AlltisocialBehovior, «Joumal of Personality and Seeial Psychology», n. 37, 1979, pp. 1532-1538. JONES Edward E., ROCK Leslie, SHAVER Kell y G. et al., Pattmt of Performa,,CI! alld Abi/ity Attributioll: Ali UlIl!xpec/l!d Primacy Eff«t, ..Joumal of PersonaHty and Social Psychology», n. lO, 1968, pp. 317-340. KAHNEMAN DanieI. TvERsKY Amos, Subjfftive Pmbobility: A 'udgml!llt of RtpresentatiM'es5, «Cognitive Psychology», n. 3, 19n, pp. 430-454. KAHNEMAN Daniel, TvERSKY Amos, 011 tlll? Psycllology of PredicfiOrl, " Psychological Review>o, n. SO, 1973, pp. 237-251. KAHNEMAN Daniel, TvERSKY AMOS, .. Subjectivc Probability: A Judgment of Represcntativeness.., in KAHNEMAN Daniel, SLOVIC Paul, TvERSKY Amos (a cura di), judgmmt Ulldf'T' UIlCfrtaillty. Hl!uristics alld BiaSt'S, Cambridge University Press, Cambridge 2001, pp. 32-47. KAHNEMAN Daniel, KNETscH Jack L., THAlER Richard H., Fairlless QS a Constrai,,/ al' Profit Setkillg: Elltitlelllents O" tlU' Marlcet, «American Economic Rcview .. , n. 76, 1986, pp. n8-741. KAHNEMAN Daniel. TvERSKY Amos, "Causai Schemas in Judgments under Uncertainty.. , in KAHNEMAN Daniel, SWVlC Paul. TvERSXY Amos (a cura
B/BUOGRAFlII
di), Judgment rmd,., Ulrc,.,taill~. Heurislics alld Biases, Cambridge University Press, Cambridge 2001 . KAHJ\'EMAN Danicl, TvERSKY Amos, .. lntuitive Prediction: Biases and Correctivc Proccdures», in KAHNEMAN Daniel, SWVIC Pau\, Tvcrsky Amos (a cura di), ludgm!'!rt ulld..,. Ulrc,.,tailrty. Heuristics und Biases, Cambridge University Prcss, Cambridge 2001. KATZ Jack L., WEINER Herbert, GALLAGIiER Thomas F., HElil.1AN Leon, Stress, Oislress, alld Ego Drfmses. PsyclllNlldocrine Response to Impnrding Breast-Tumour Biopsy, "Archives of Generai Psychiatry.. , n. 23, 1970, pp. 131-1942. KEINAN Giora, Decision MakilrK Under Stress. SCU/lflirlg of Altl'matives Und..,. Contro/lab/e and Uncontrollable Tllreats, «Joumal of Personality and Social Psychology», n. 52, 1987, pp. 639~44. KIEStER Charles A, MATHOG R, POOL P., HOWENSTEIN R, «Commitment and the Boomerang Effect: A Field Study», in KlESLER Charles A (a cura di), 1111' Psychology of Commitment. Experinl/?IIts Ullkillg &Iurvior fo Be/ief, Acadcmic Press, New York 1971. KIPUNC Rudyard, Poesie, Mursia, Milano 2008. KOGAN Nathan, WALLACH Michael A, Risk Takillg. A Sludy iII Cognition and Pl'fSOflalily, Holt, Rinchart & Winston, New York 1964. KORIAT Asher, LrCHTENSTE1N Sarah, FISCHHOff Baruch, ReaSO/IS for ConfidenCC', «Joumal of Experimental Psychology: Human Leaming and Memory", n. 6, 1980, pp. 107-118. UNGER Ellen Jane, 1111' Psyc/rology cf Choicl', «Joumal for the Theory of Soeial Behavior.., n. 7,1977, pp. 185-208. LARRlCK Richard P., MORCAN Jamcs N., NISBETT Richard E., Who Uses tirI' Cost-Benefit Rules of Choice? lmplicatiolls for tlll' NormatiVl' Status of Microeconomic 11Irory, «Organizational Behavior and Hurnan Decision Proccsses», n. 56, 1993, pp. 331-347. LATANE Bibb, DARlEY John M., Hrlp in a Crisis. Bystander RC'Spon~ fo un Emergt'llcy, GeneraI Lcaming Prcss, Morrlstown 1976. LAZAIISFELD Paul F., BERENSON Bemard, GAUDET Hazel, The Propll" s Choice, Columbia University Press, Ncw York 1948. LEM'ER Mark R., GREENE David, Nisbett Richard E., UlldermillillK Chi/dml 's Intrillsic IlItl'rest witlt Extrillsic Reurard. A Test of tlll' Overjllstificatio/l HypollU"sis, «Joumal of Personality and Social Psychology<>, n. 28, 1973, pp. 129-137. LErPER Mark R, GREENE David (a cura dO, nre Hiddell Costs of Rnvard, Lawrence Erlbaum Associates. Morristown 1978.
/KMZ /ONAUTI'I
l lCllTFj\,"STE1N Sarah, EARLE limothy c., StoVIC Paul, CI/l' U/iliza/iol/ in a Nllmmcal Prn/ic/ioll Task, "Joumal of EXfX'rimental Psychology: Human Perception and Performance", n. 104, 1975, pp. 77-85. ltEM G. Ramsay, Pnformallct olld Sa/isfoc/ioll as Affl'C/rd by Persollal COlltral 0VfT Solinlt DrcisiollS, "Joumal of Personality and Social Psychology", n. 31 , 1965, pp. 232-240. ltKERT Rcnsis, 11Il' Hl/mali Orgallizatioll, McCraw-Hill, New York 1967. looGE David, ..The Author.. , n. 2, 1990. LoI'TUS Elizabeth F., Eyewitllt!Ss TtstimollY, Harvard University Prt'SS, Cambridge 1979. loRo Charles, Ross lee D., la'l'ER Mark R., BiaMd Assimilatioll Qlld Atti/lidI' Po/arizatioll. Thl' Effl'C/s of Prior TIlrorirs 011 SI/bst-qurntly COIIsidl'rffl E1';drncr, ..Joumal of Personality and Socia! Psychology", n. 37, 1979, pp. 2Q98.2109. UJSTEO J..c.c B., /litrodl/etion lo MNlica/ Dtcisioll Makillg, Char!es C. Thomas,
Springfidd 1968. MALlESON Andrew, Nttd YOllr Doclor bt so USl'ltss?, AlIen and Unwin, london 1973. MANDELl Amold L ..Toward a Psychobiology of Transcendence. God in the Brain", in DAVIOSON Julian M., DAVIOSON Richard J. (a cura di), TIU' Psychobio/ogy ofCoIIsciousl1t'SS, Plmum Press, New York 1980. MANN Leon, J........'IS Irving L, CHAPUN Ruth, Thl' Effrcfs of Alllitipatioli of Fortlrcomil1g ltrfontlaliol/ Oli Pred«isiolUJ/ Proc~, ..Joumal of Personality and Social Psychology", n. 11 , 1969, pp. 10..16. MARXS David, KM~IAN Richard, T1w Psychologyofthl' Psychic, Prometheus Books, Buffalo 2000. McGRAW Kenneth O., •Thc [)emmental EHects of Rcward on Performance. A literature Review and a Prediction Mode!>·, in LEPPER Mark R., GKEENE Dilvid (a cura di), Tht Hiddrn Cosls of &ward, lawrence Erlbaum Assodates, Morristown 1978. McGRAW Kenneth O., McCULlERS John c., Monrtary Rnl'tlrd alld Wattr-jar Task PtTjontlOllct. Evidtllu 0f Il CHlrimt'II/111 Efftc/ of Rtward 01/ Problrnl Solvillg, New Orleans 1976 (paper presentato al convegno della Southeaslem Psychological Association). MEEHL Pau! E., Clil/ical vs. Statistical Prtdictioll. A Thrort/ical Alla/ysis olld o Rroitw of tht Evidtllu, University of Minncsota Press, Minneapolis 1955. MILGRAM Stanley, OWitllct lo AI//llOrity. AlI Experinrrntal Vit'Ul, Pintl'[ and Martin, London 2006. MILLER Arthur G., GllLEN Barry et al., 17U' PmJiction ond PtTCtp/ioli 0f Obt-
B/8UOCMFIA
O"
dinru lo Authorily, .. Atti dell'81° Congresso annuale deU'American Psychological Association». n. 8, 1973, pp. 127-128. MILLER Dale T., Ross Michael. Sdj-5mJillg Biast'S ù' the Allribuliotl of Causo.lily. Facl or Fictioll?, .. Psychological Bulletin», n. 82,1975, pp. 213--225. MiLLER Louisc B., EsrES Betsy w., M Olle/ary Rnvard atld Motiva/iol! iII Discriminatiotl Learnillg• ..Journal of Experimental Psychology .. , n. 64, 1962, pp. 393--399. t..1IscHEL Waltcr, IlItrodu ctioll /0 Pers(ma/ily. John Wiley and Sons, Hoboken 2007. MORRIS Tma, GREER Stevcn, WHITI Patricia, Psydrological a/ld Socio/ Adjl/slmml lo Maslt'Ctonry. A Thro-YMr Follow·up• ..Cancer", n. 40, 1m, pp. 2.381-2387. MOSCOVICI 5erge, PERSONNAZ Bernard, Studits in Social/llf1ul'llu. V: Millority IIlflumu a/ld CotlPl'F"Siotl Ikluwior;" a Perceplual Tast, "Joumal of Per· sonality and Social Psychology", n. 12, 1969, pp. 125-135. MULHAI.JSEK Frederick L. (a cura di), The Poons of Artllur Hugh Clough, Oxford University Press, London 1974. NASH Tom (a cura di), Dirrclor's Guidt lo Re/ocaliotl Mallagemml, The Director Publications Ltd for the Institute of Directors and Black Horse Relocation 5ervices Ud, London 1992. NEL Elil'.abeth, HEL\IRElCII Robert, AKONSON Elliot, Opillioll Cllallge iII lire Advocale as a Functioll olille Persuasibili/y 01 His Audience. A C/arificatioll of lire Meallillg 01 DisS4mallu, "Jouroal of Personality and SociaJ Psychology», n. 12. 1969, pp. 117-124. NETER Efrat, BEN,SHA"'IAR Gershon, The Prnliclive Validi/y of Gral"lOlogical lnll'rnlus. A Meta·Allalytic Appl'(JQch, .. Personalily and Individuai DifferenCCS". n. lO, 1989, pp. 737-745. NE\'.'COM8 Theodore M., Persomlli/y and Sodal Challgt. Attiludt ami 50cial Forma/iol/ iII aStI/dm/ Conmllmity, Dryden Press, New York 1943. NIS810TT Richard E., WILSON Tunothy D., Tht Halo E/ft'CI: EvidnlCt far UncoIIsciol/s AI/eratiDlI 01 judgmnl/s, ..Joumal of Personality and SociaJ Psychology», n. 35, 1977, pp. 25()..256. NlSBioTT Richard E., LEMl..EY Ronald E., The Euil Ihal Men do Cml bt Di/uled, Ihe Good cmlllol, Universy of Michigan, Ann Arbor 1979 (manoscritto non pubblicato). NISBETI Richard E., Ross Lce D., L'i"terenza umal/a. Stra/egi(' t laClwe di'I giu· dizio sociale, il Mulino, Bologna 1989. NORlUS William, TI'e U"so.lr: Sky, Arro\\' Books, London 1981. ORWELL George, .. Lo spirito sportivo'" in BULLA Guido (a cura dO, Romanz; t so.ggi di Grorgi' Onl",ll, Mondadori, Milano 2000.
IRMZIONAUTA
OsKAMP Stuart, ~rcollfidenct' i" Case-Stlldy judgmtllts, "Joumal of Consulting Psychology", n. 29, 1965, pp. 261-265. PAU--\CK Micnael S., CUMMING$ WiIliam, Commitmmt alld Vollmtary Ellngy eollserootiOll, Chicago 1975 (paper presentato al convl..'gIlo annuale della American Psycnological Association). PASCAl Blaise, Pensieri, Rusconi, Milano 1994, n. 271 (nuova ed. Bompiani, Milano 2000). PA ULOS John AlIen, Gli Sllumerati. Impariamo a far di COlltOper fare i conti con il mDlldo, Leonardo, Milano 1992. PETERS Douglas P., CECI Stephen J., Peer-Review Prac!ices 01 Psychological loumals: The Fate 01 Published Articles, Submitted Agaill, ..The Behavioral and Brain Sciences», n. S, 1982, pp. 187-255. PlAGET Jean, /I giudizio morale dd mmbino, Giunti Editore, Firenze 2009. Prrz Cordon F., DoWNING Leslie, REINHOLD Helen, Sequetrtia/ Effrcts in tlle Revision ofSubjective Probabilitres, "Canadian ]ournal of Psycnology", n. 21, 1967, pp. 381-393. POl'rER Karl, COlloscrnza oggettiva. UII pUlito di vista l''VOluzioliistico, Armando, Roma 2002. QUAITRONE George A., TvERSKY Amos, Causai versus Diagnostic ContingrnM. 011 St'lI-Deception and the Voter's WI/sioll, ..Journal of Personality and Social Psychology", n. 46, 1984, pp. 237-248. Ross I...ee D., LErrER Mark R , HUBBARD Michael, Persrommce iII $tll Pm:eptioll and Social Perceptioll. Biased Attributiolla/ Processes ÙI tlle Debrifjillg Paradigm, "Joumal of Personality and Sodal Psycnology», n. 32, 1975, pp. 880-892.
Ross I...ee D., AMABILE Teresa M., STEIl\'METZ Julia l., Socia/ Roles, Social COIItrol. and Biases in Social-Perceptioll Processes, ..Joumal of Personality and Social Psycnology.. , n. 35, 1971, pp. 485-494. Ross I...ee D., GREENE David, HoU$E Pamela, n,e Fa/se COIlse/lSUS PhmomenOli: An Attributiolla/ Bias in Self-PerceptiOlI alld Social PerceptiOlI Processes, "loumal of Experimental Social Psycnology», n , 1971, pp. 279-301. RUSSEll Bcrtrand, Saggi impopolari, La Nuova Italia, Firenze 1963. RYLE Gilbert, II COlluttO di /IImte, Laterza, Roma-Bari 2007. 5cHAorrER Stanley, SINGER Jemme E., Cognitive, Social Q/ld PJryswlogicnl DrlL'Tminatlts of E"wtioll~1 State, "Psychological Review», n. 65, 1962, pp. 379-399. ScHMm Neal, Social and SitutJtiimallJt>termilla/lts of IlIteroiw Dt"Cisiolls: Imp/icatiolls far the Employmmt ltltervinv, .. Pcrsonnel Psychology», n. 29, 1976, pp. 79-101. ScIlNELDER David Joe, Socia/ Psychology, Addison-Wesley, Reading 1976.
8/8UOGRAFIA
SOiWAUA Nocman D., SLOVIC Paul, Drvelopmel/I al/d TesI of a Motivaliol/al Approach a/ld Malerials for hlcr(tlsillK Use of Reslra;"I, relazione tecnica finale PFTR (Pcrceptronics Final Technical Report), PFlR-ll00-82-3, Perceptronics Inc, Woodland Hills 1982. SCHWARTZ Barry, Rei"forcemelll-illduced Be/Uluioral Slerrotypy. How noI lo TeadI Peoplr to Disc(Jt't'1' Ru/es, "Joumal of Expcrimental Psychology», n. 111, 1982, pp. 23-59. SHAKf5PEARE William, Amleto, BUR, Milano 1994 (nuova ed. 2007). SIIAPIRO David A., SIIAPlRQ Diana, Meta-AIUllysis o/Comparative Thempy Gutcome Studies. A ReplicatiOlI a/ld Refi/lm/etlt, "Psychological Bullctin .., n. 92, 1982, pp. 581-604. SHAW George Bcmard, CnSl/ cuorinfranto, Mondadori, Milano 1981. SHAW George Bcmard, Uomo e Supt'ruomo, in Le opt're, U I El, Torino 1978. SHERlF Muzafer, Group Cotiflict al/d Co-cpm!tioll. Their Socwl Psychology, Routlcdge and Kegan Paul, London 1966. SIMON Hcrbert, Models of Man: Social a/ld Rillio/llIl, John Wiley & Sons, New York 1957. SU.TTER Stuart, Corporate Recovery. A GI/ide to Tr/malxmt Mmlagrnllmt, Penguin Books, Harmondsworth 1984. SU.TTER Stuart, Lovett David, Corporate RecCTVf!1"!/. Ma/iagillK Compa/lies in Distress, Beard Books, Frederick 1999. SLOVIC Pau!, FISCHHOFF Baruffi, UCIITENSTElN Sarah, Accide"t Probabi/ities a/ld $eat Beli USl/Ke: A Psychological Perspective, «Accident Analysis and Prevention», n. lO, 1978, pp. 281-285. SLOVIC Paul, F1SCHHOFF Baruch, UCHTENSTETN $arah, «Characterizing Perceived Risks», in KAn:s Robcrt W., HOHENEMSER Christopher, KASPERSON Jeanne X. (a cura di), Perz'/OIIS Progress: Mallagillg the Hazards of T«hllology as Hazard, Wcstview Press, Boulder 1985. StOVIC Paul, FISCHHOFF Baruch, LIC1ITENSTEIN Sarah, .. Facts versus Fears: Understanding Perceivcd Risk», in KAw..'EMAN Daniel, SLOVlC Pau!, T"vERSKY Amos (a cura di), }lIdgmmt u/lder U/lcertai/lty. Heuristics and Bwses, Cambridge University Press, Cambridge 2001. SMEOSLUl\'D Jan, The COIICept o/ Corre/atiOIl i/l Adlllts, "Scandinavian Joumal of Psychology", n. 4,1%3, pp. 165- 173. S!l.IITH Mary Lce, GLASS Gene v., MllLER Thomas I., TI!e Benefits of Psydzotlzero,/y, Johns Hopkins University Press, Baltimora 1980. SMm~ W. E., Tlze Effrct o/ A"ticipated t'S. U/la"ticipat.'d Socinl Re'll'ard al! SIIUseqllent lntrillsic Motivatioll, Comell University, Ithaca 1975 (tesi di dottorato non pubblicata).
IRRAZIONALITA
J. A .,
Accuracy alld Co'zjidf!llce in Group Judgmf!llfs, ..Organizational Bchaviour and Human Decision Processcs", n. 43, 1989, pp. 1-28. SNYDER Mark, SWANN William B., Behavioml CO'lfirnratiml in Socinl l'lferactiOtI. Fram Sodal Peruptiotl to Socinl Reality, «Joumal of Experimcntal Social Psychology», n. 14, 1978, pp. 148-162. SNYDER Mark, CANTOR Nancy, Testillg TIltaries aoout Other Ptople. Remembering Ali the History That Fits, University 01 Minnesota, 1979 (manoscritto non pubblicato). STAI>.'DING Lione!, uartling 10.000 Pictures, "Quarterly Journal of Experimental Psychology", n. 25,1973, pp. 207-222. STEIN Morris lsaac, Sfimulatillg Creativify, voI. II, Academic Press, Ncw York 1975. ST EVANS Jonathan B. T., Unguistic CHUTmi'lallts of Bins in COllditionnl ReaSO'litlg, «Quarterly Joumal of Experimental Psychology», n. 35A, 1983, pp.
SNlEZEK
H EN RY R. A.,
635-644.
STORMS Michael D ., Videotape alld the Attribulio" Process: Rn1eTSillg Aclors' and ObseTlJ€1's' Point of Viero, «Joumal of Personality and Social Psychology», n. 27, 1973, pp. 165-175. STOUFFER Samuel Andrew, SUCHMAN Edward A., DEVINNEY ~land C. et al., Sludies in Socinl Psychology in World War 11, The American SoldieT. Adjustment duritlg Army Ufo, voI. I, Princ('ton University Press, Princeton 1949. STREff Fredrick M., Grn.ER Scott, An Experimf!lltal Test of Risk Compensation: Betwml-Subject Vt"TS US Withill-Sllbjecf Amt/yses, .. Accident Analysis and Prevention», n. 20, 1998, pp. 271-287. SlITHERLAND Stuart, Guilty by Mnchine Errar, «New Scientist», 30 gennaio 1975, pp. 262-265. S!Jl'HERLAr..'D Stuart, The Macmillan Dictumary of PsycJwlogy, Macmillan, London 1989. SVEl\'SQN Ola, Are Wl' Ali Less Risky and More Skilful fhan Our Fellow Drivns?, .. Acta Psychologica", n. 47,1981, pp. 143-148. TAJFEL Hcnri, WILKES A. L., Classificatiotl a'ld Qllantitative jlldgement, .. British Joumal of Psychology", n. 54, 1%3, pp. 101-114. TA1FEL Hcnri, FUME""'" Claudc et aL, Socinl Calegorizaliorl and Intergrollp Behaviour, .. Europcan Joumal of Social Psychology", n. 1, 1979, pp. 149·178. TAYLOR Shclley E , FISKE Susan T., «Salience, Attention, and Attribution. Top of the Head Phenomcna», in BERKOWITZ Leonard (a cura di), Advatlces iII Experimenta/ SOCW/ PSyclIO/ogy, voI. Xl, Academic Press, New York 1978, pp. 249-288.
BIBUOGRAFIII
TETl..OCX Philip E., MAo... ~"EAD Anthony S.R., ImF,ressio/l Ma/lagement Vt'rsU$ l/ltrapsyehic Exp/allatiolls in Social Psyclrology, "Psychological Rcview», n. 92, 1985, pp. 59-77. THALER Richard H., Toward a Positive Thi'Ory of CO/lsumer Clroiee, «Joumal of Economie Bchavior and Organization», n. 1, 1980, pp. 39-60. THALER Richard H., Merztal Aecoullti/lg and COl/sumer Choia , «Marketing Science», n. 4, 1985, pp. 199-214. TOTMAN Richard, Mil/d, Stress, and HeaIlh, Souverur Press, London 1990. TVERSKY Amos, bltrtmsitiuify of Prefemlees, «Psychological Review», n. 76, 1976, pp. 31-48. TvERSKYAmos, KAHNE.\tAN Daniel, Availability: A Hrurislic Ior }udgillg Freqllt.'llcy and Probability, «Cogrutive Psychology», n. 5, 1973, pp. 207-232. TVERSKYAmos, KAHNEMAN Daniel, IlIdgmt'7lt zmder Un eertaillly. Heurlstlcs a/ld Biases, "Science», n. 185, 1974, pp. 1124-1131. TvERSKY Amos, KAHNB.lAN Danicl, «Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases», in KAHI'.B.tAN DanieI. SWVlC Paul, TvERSKY Amos (a cura di), }lldgmmt l/IIda Uneataillty. HeuristiC$ alld Biases, Cambridge University Press, Cambridge 2001. TvERSKY Amos, KAHNEMAN Daniel. "Causal Schemata in Judgments under Uncertainty», in FISH8EIN Martin (a cura di), Progress j ll Sodal Psychology, Lawrence Erlbaum Associates, Hillsdale 1978. TvERSKY Amos, KAHN9>lAN Darnel, n,e Framillg of Drcisiolls alld the Psyehology of Choiee, "Science», n. 211 , 1981. pp. 453-458. TvERSKY Amos, KAHNEMAN Daniel. ExtmsiOlla/ veTS lIS IIItuitive Rtasoning: TJu. COlljU/lCtiOll FallacY;'1 Probability ludgmmf, " Psychological Review", n. 90,1983, pp. 293-315. TvERSKY Amos, SATIATI! Shmuel. SLOVIC Pau!. C07zti/lgent Weightillg iII ludgmtllt IIIId Choiet, "Psychological Re\'iew», n. 95, 1988, pp. 371-384. ULRICH Roger E., STACHN]J( Thomas J., STAll\'TON N. Ransdcll, Stl/dmt Acceptmzce af Gmeraliud Persolla/ity Profiles, ..:Psychological Reports .., n. 13, 1%3, pp. 831-834. VROOM Vietor Harold, OrglluiUltimral Choiee. A Stlldy af Pre- mzd Post- DeòSiOl1 Prousses, «Organizational Behavior and Hurnan Performance», n. 1, 1966, pp. 212-225. WAGENAAR Willem Albert, Parlldoxes ofGamblillg BehauiOllr, Lawrence Erlbaum Associates, Hovc 1988. WAGENAAR WilIem Albert, "Risk Taking and Accidenl Causation .. , in YATES J. Frank, Risk-Takillg Belzarlior, John Wilcy and Sons, Chichcsler 1992, pp. 257-281.
m
I/UtAZIONALITA
WAlSTER Elaine, Assignmmt
of Rtspotlsibility!or
ali Accidmt. ..Joumal of Personality and $ocial Psychology .., n. 3, 1966, pp. 73-79. WARD WiIliam c., JE..'l"KlNS Herbert M., Thr Display of Infom/atioll alld tht Judgmml o/ColltillErllCIJ • ..Canoldian Joumal of Psychology», n. 19, 1967, pp. 231-241. WASQN Petcr
c., 011 thr Fai/Un! lo Eliminalt Hypotheses in Il COlluptrml Task,
..Quarterly jouma1 of Experimental Psychology», n. 12, 1960, pp. 129-140. WASON Peter Reasoning», in Foss Brian (a cura di), NrnJ Horiums in
c., ..
Psyc/wlogy. Penguin Books. Harmondsworth 1966. Wass J., BROWN p" 5rlj-fllsight Error iII thl' uplmlalion of Mood, manoscritto non pubblicato. Har\'ard University, Cambridge 1977. WIUGHT George N., PUllUI'S Lawrencc D., WHAllEY Peter C et al., Cultura/ Diffrmlct'S in Probabilistic Thilltillg ...Joumal of Cross-Cultural Psychology», n. 9, 1978, pp. 285-299. ZAl\'NA Mark P., UPPER Mark R., ABEl..SON Robert P., Allmliallnl MI'Challisms in Childmr 's Dnrall/alioll of a Forbiddnl Activily in n Forr:ed-CompluJ/let' Silun· tioll, "Joumal of Personality and Social Psychology", n. 3, 1973, pp. 355-359. ZIMBAROO Philip G., Thl' Humall Clroiet': i"dividuatiOIl , RraSOIl alld Order vs CHindividunlion, impulSi' alld Chaos, in ARNOLD William 1-. lEV1NE David (a cura di), Nt'braskiJ Symposillm 011 Motivalion, University of Nebraska Press, lincoln 1%9.
Indice dei nomi
La maggior parte dei nomi citati in quest'indice appartengono a perseme la cui irrazionalità è stata incquivocabilmcnte dimostrata, gli altri s0no quelli di coloro che hanno provveduto a dimostrarla. Poiché conferire titoli è una pratica irrazionale (vedi cap. 7), li ho sempre omessi.
Aristotele, 7, 12, 390-391 Armstrong. William, 102 Asch, Solomon Eliot, 40, 64-65 Bacon, Francis, 179 Bakker, Jim Uamcs Orsen), 75 Baron, Jonathan, 233, 250-251, 315,
3;0 Baycs, Thomas, 247 Bettelheim, Bruno, 118 Bollas, Chris topher, 226 Bombcr Harris (vedi Harris, Arthur Tra"ers), 58, 388 Boswcll. James, 119 Browning. Frederick Arthur Montague, 178 Cartesio [Rcné Descartes[, 12 Chapman, Jean r., 197-202
Chapman, leslie, 100-105, 107, 110 Chapman, Loren J., 197-202, 204 Churchill, Winston, 34, 58 Clough, Arthur Hugh, 365 Crandon, Margery, 370 Dawes, Robyn M., 327, 336-339 De Bono, Edward, 153 De Ferranti, Basi!, 109 Dc Ferranti, Sebas tian, 109 De Gaulle, Charlcs, 8J Dickson, Andrew, 343 Dixon, Norman F., 59, 177 Doll, Richard, 203 Doyle, Arthuf Conan, 376 Dreman, Da\'id, 111 Edd y, David M., 209-211 , 213-217, 325 Edwards, Ward, 353
414
Eichmann, Alfred, 59 Evans-Pritchard, Edward, ili Evans SI. Jonathan, 172 Eysenck, Hans, 227 Fallowfield, Lesley, 365 Fisher, Ronald Aylmer, 227 Fischhoff, Baruch, 285, 287-288, 320-321. 360 Franklin, Benjamin, 327, 384 Freud, SigmWld, 13, 235-236 Gardiner, Peter, 353 Geller, Uri, 370-371, 375 Genovese, Kitty [Catherine Susan], 76 Goldberg. Lewis R., 334 Gorbarev, Michail, 376 Graham, BilIy IWilIiam Frank1in],
7. Grande Randi, il (vedi Randy, JamesI, 370, 375 Haig, Douglas, 59, 123, 388 Hamilton, David, 205 Harris, Arthur Travers, 58, 388 Hastings, marchese di (vedi Rawdon-Hastings, Francis), 285 Haycraft, Colin, 47 Himmler, Heinrich, 59 Houdini, Harry IEhrich Weisz], 370,375 Huxley, Thomas Henry, 11 Janis, Irving L., 84-85, 119, 163-165 Johnson, Lyndon Baines, 85 Josephson, Srian, 376 Kahneman, Daniel, 254, 292, 313 Kammann, Richard, 371, 373
IRRAZIONAUTA
Kcrmedy, John Fitzgerald, 34, 85 Kenned»Robert,85 Kimmel, Husband Edward, 163165, 175, 179,388 KiplinSt Rudyard, 79 Koesller, Arthur, 373 Kosinski, Jerzy, 47 La Rochcfoucauld, François de, 325 Lodge, David, 138 Loftus, Elizabeth F., 276
MacLaurin, lan, 108 Mann, Leon, 119, 163, 165 Marks, David, 371, 373 Marx, G roucho Uulius Henry Marks],81 Meehl, Paul E., 228 Milgram, Stanley, 51-52, 54-56, 58, 60, 231 Mill, John Stuart, 221 Montgomery, Bemard Law, 177179,188,388 Morrison, Rodney I., 320 Newmarch, Mick [Michael], 107 Nisbett, Richard E., 92, 95, 222, 255, 293,314,385 Nixon, Richard, 248, 287 Ochterlony, David, 286 Orwell, George, 84, 90 Paolo di Tarso, san, 21 Pasca1, Blaise, 17 Pauling, Unus, 166 Paulos, John Allen, 218, 257, 322 Peto, Richard, 203 Poincaré, JuJes Henri, 253
INDICE DEI NOMI
Popper, Karl, 168 Pricstley, Joseph, 327 Lord Raglan (vedi FitzRoy Jarncs Henry Sornerset), 57 Randi, Jarnes, 370, 375 Reagan, Nancy, 376 Reagan, Ronald, 85, 376 Richards, Bertrand, 87 Roosevelt, Franklin Delano, 257, 320 Rorschach, HelTIlann, 197-199,201202,206, 221, 321 Ross, Lce D., 92, 95, 222, 255, 293, 314
Russell, Bcrtrand, 384 Ryle, Gilbcrt, 12-13
'" Shaw, George Bcmard, 289, 357 Shere Hite [Shirley Diana Gregory l, 257 Sherit Muzafer, 88-91 Simon, Herbcrt, 312 Skinner, Burrhus E, 148 Soa\' Sarnuel George, 357 Tawney, Richard Henry, 288 Thatcher, Margaret, 85, 225, 278 Tse-tung [Zedong), Mao, 287 Trcc, Hcrbert Bccrbohm, 85 Tvers ky, Amos, 254, 292, 313 Wagenaar, WiIlem Albert, 43, 302304 Washington, George, 163-164, 175,
248 Saki (Hector Hugh Munro), 15 Schlcsinger, Arthur, 85 Schm.itt, Neal, 340
Wason, Peter, 170 Wells, Herbcrt George, 3&3 Wilde, Oscar, 8
Indice
5 7 11
Ringraziamenti Prefazione Introduzione IRRAZIONALITÀ
29 51 63 81 99 115 131 147 163 177 191 209 221 241 263 285 297 311
I. L'impressione sbagliata 2. Obbedienza 3. Conformismo 4. j"·grollp e ollt-group 5. Follia delle organizzazioni pubbliche e private 6. Un malinteso senso di coerenza 7. Uso improprio dei premi e delle punizioni 8. Pulsioni ed emozioni 9. Ignorare le evidenze lO. Distorcere le evidenze 11. Fare i collegamenti sbagliati 12. Collegamenti sbagliati in ambito medico 13. Errori nell'individuazione delle cause 14. Errori nell'interpretazione delle evidenze 15. Decisioni incoerenti e cattive scommesse 16. Eccesso di sicurezza 17. Rischi 18. In(crenze sbaglia te
325 347 369 379
19. I limiti dell'intuizione 20. Utilità 21. Il paranormale 22. Cause, cure e costi
393 397 413
Ulteriori ringraziamenti e bibliografia specifica Bibliogra fia Indice dei nomi