STEVEN C. FRAUTSCHi TOM M. APOSTOL
RICHARD P. OLENICK DAVID L GOODSTEIN
L'UNIVERSO MECCANICO MECCANICA E CALORE
A
.
ZANICHELLI
Titolo originale: The mechanical universe - mechanics and heat - advanced edition Copyright © 1986 by Cambridge University Press Traduzione: Alfredo Suvero
Copyright © 1986 Zanichelli Editore S.p.A. Bologna ,
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica di iproduzione e di adattamento totale o ,
r
,
r
parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono iservati per tutti i
Sommario
paesi.
Realizzazione editoriale a cura di: Fulco Douglas Scotti, Firenze Copertina: Duilio Leonardi su progetto grafico di Raimondo Biscaretti Prima edizione. Settembre 1988
1
1992
1991
itampato a Firenze [alla Tipolitografia STIAV S.p.A.
na Aretina 2191
>er conto della N. Zanichelli Editore S.p.A. la Irnerio 34 - 40126 Bologna
1990
1989
1988
Prefazione
XIII
oyXJapitolol INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO 1
1 La ivoluzione copernicana
.
1 2 Unità e dimensioni
1
3
.
1 3 Conclusioni
1
7
.
Problemi
8
X Capitolo 2 LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI 2 1 Premesse storiche
9
9
.
2 La legge di Galileo 10 2 3 I corpi pesanti cadono più velocemente di quelli leggeri? 2 4 Le leggi medievali di caduta dei gravi 11
2
.
.
10
.
2
5 Determinazione sperimentale della legge di caduta dei gravi
2
6 Velocità media di un grave in caduta libera
.
.
2 7 Velocità istantanea: la derivata .
2 8 Accelerazione
15
16
.
2 9 Conclusioni
18
.
Problemi
12
14
19
y Capitolo 3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTÉGRALI .
3
1 2 33 34 3 5 36 37 3 8 .
3
.
.
.
.
.
.
.
Lo sviluppo del calcolo differenziale 23 Derivate e coeficienti angolari delle tangenti 24 Notazione di Leibnitz. Definizione analitica della derivata Regole di derivazione e derivate di funzioni speciali 27 Integrazione indefinita, l'inverso della derivazione 32 Integrazione indefinita e quadratura 33 La notazione integrale di Leibnitz 38 Applicazioni del secondo teorema fondamentale alla fisica
f
2
r
Ristampe. 5 4 3
3 9 Conclusioni
44
.
Problemi
45
27
42
SOMMARIO
Capitolo 4 INERZIA
49
8 3 Forze di contatto
735
.
j wpO J8.4i Applicazione della legge di Newton '"fc~~m
747
~~ _
4
1 Se la Terra si muove: obiezioni aristoteliche
4
2 La Terra si muove: il principio d'inerzia di Galileo
.
4 3 II moto relativo .
4
50
8
6 Viaggiando in automobile su strade con curve
8
8 L'esperienza della goccia d'olio di Millikan
.
757
53
.
4
SséìiàSa. - .'48
<
49
.
4 II moto dei proietti: una conseguenza dell'inerzia 5 Calcolo di una particolare traiettoria 55
54
.
8 9 Conclusioni
757
767
.
.
4 6 Conclusioni
Problemi
58
.
Problemi
762
59
Capitolo 9 FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI Capitolo 5 VETTORI
9 1 Sistemi di riferimento inerziali e sistemi di riferimento non-inerziali
63
.
9
.
5 1 Sistemi di coordinate .
5 2 I vettori 5
.
.
5 5 Prodotto vettoriale di due vettori
.
9 8 Conclusioni .
Problemi
6 Derivate delle funzioni vettoriali in un sistema di coordinate fisso
7 Vettore posizione in coordinate polari
5 8 Moto circolare uniforme .
5 9 Conclusioni
775 775
83
84
X Capitolo 10 ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
88
.
Problemi
171
.
77
.
.
.
.
74
.
5
5 Forza centrifuga 777 9 6 Effetto della rotazione su g 9 7 Centrifughe 773
67
5 4 Prodotto scalare di due vettori 5
769
.
9
88
10.1 Verso un concetto di energia
Capitolo 6 LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
93 ,
f
6 1 La ine della confusione .
6
.
2 Le leggi del moto di Newton
93
93
.
.
.
6
.
5 Equilibrio: equilibrio delle forze 6 Equilibrio dei momenti delle forze
6 7 Conclusioni
97
Problemi
-
Problemi
207 206
100 104
XCapitolo 11 CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
115
11.1 L'universo come macchina 213 11.2 Le leggi di Newton considerate retrospettivamente 11.3 Centro jdi njassa .2.75. . 11.4 Il principio di conservazione della quantità di moto 11.5 Propulsione a razzo 227
1 La genesi di un'idea 115 2 La legge di gravitazione universale 7 3 Accelerazione di gravità sulla Terra
11 .ó òsaervazione dell'energia e conservazione della quantità di moto negli
.
.
.
116 122
7 4 Perché la Luna non cade sulla Terra .
7 5 Orbite circolari
6 Altri esempi di moto circolare uniforme
7 7 Conclusioni
-
.
123
11.8 Impulso: forze e tempi negli urti 11.9 Conclusioni
128
Problemi
228
232!
234 235
130
.
Problemi
(urti J) 223
1 l.'r,, s9r(linate del centro di massa
126
.
278
,
7
7
274
.
_
.
273
110
Capitolo 7 GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
7
204
205
10.9 Conclusioni
seconda legge di Newton
110
.
766
Energia potenziale gravitazionale 793 Energia potenziale e stabilità 797 Calore ed energia 207 Vantaggio meccanico e rendimento delle macchine
10.8 Potenza
6 3 Unità di massa, quantità di moto e forza 6 4 II moto dei proietti come applicazione della f<Xt 6
i
779
779
10.2 Lavoro ed energia potenziale 767 10.3 Energia cinetica e conservazione dell'energia 10.4 10.5 10.6 10.7
73?
Capitolo 12 MOTO OSCILLATORIO
X Capitolo 8 FORZE
733
SA Le forze fondamentali: classificazione e unificazione
f
jL?n !ntCT tà Hclln fnrri gravitazionale e della forza Elflpca
733
735
765
766
9 4 Forze inerziali in un sistema di riferimento rettilineamente accelerato
3 Somma e differenza di due vettori; prodotto di un vettore per uno scalare
2 Relatività galileiana
9 3 Forze inerziali
63
64
.
765
239
12.1 Costruzione di un orologio immune dal mal di mare 239 12.2 Moto armonico semplice 247 12.3 Soluzione generale dell'equazione differenziale del moto armonico semplice 243 12.4 Esempi di oscillatori armonici semplici 246
769
Vili
SOMMARIO
SOMMARIO
12.5 Conservazione dell'energia e moto armonico semplice 12.6 II pendolo semplice 257
248
12.7 Come si approfondisce la conoscenza attraverso le approssimazioni 12.9 Oscillazioni forzate
i l 6.1 La icerca della precisione
jl6.2 Leggi di Keplero
256
r
12.10 Descrizione della isonanza
16.4 L'ellisse .
,
716.5 Coniche ed eccentricità
1/16.6 Proprietà dell'ellisse
I 16.8 Conclusioni Problemi
Capitolo 13 MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO
\ 17.1 Premesse
273
13.5 La legge delle aree di Keplero 13.6 Vortici e tempeste di fuoco
;
279
280 283
dell'energia 13.8 Conclusioni Problemi
.
289
Problemi
y Capitolo 14 DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI 14.2 Centro di massa di una distribuzione continua di massa
377
r
309 312
305 307 309
18.3 Orbite di trasferimento ;
18.5 Conclusioni Problemi
384 387
389 390
Capitolo 19 TEMPERATURA E LEGGI DEI GAS
14.10 Combinazioni di traslazione e rotazione 14.11 Cinematica del rotolamento di una ruota
14.12 Rotolamento lungo un piano inclinato
3J2 376
377
378
327
19.1 19.2 19.3 19.4
Temperatura e pressione 293 Le leggi di Boyle e di Gay-Lussac Equazione di stato dei gas perfetti Temperatura ed energia 407
19.5 Conclusioni
322
Problemi
15.1 Un problema antico
.329
402 403
15.5 Conclusioni Problemi
340 340
20.1 L'età del vapore 407 20.2 Lavoro e diagramma pressione-volume 20.3 Primo principio della termodinamica
329
15.2 II giroscopio 330 15.3 Velocità angolare della precessione 15.4 La terra come giroscopio 339
336
393
398 400
Capitolo 20 IL MOTORE DELLA NATURA
yCapitolo 15 GIROSCOPI
387
1 18.1 Autostrade nel cielo 387 / 18.2 Navigazione nello spazio 382 ! 18.4 Assistenza gravitazionale
302
14.5 Teorema di Huygens-Steiner (teorema del trasporto) 14.6 Energia e lavoro nella rotazione di un corpo igido 14.7 Analogie tra il moto rotatorio e il moto traslatorio
Problemi
293
374
376
Capitolo 18 NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
'
299
14.4 Calcolo del momento d'inerzia
293
293
f
14.1 Rotazione di un corpo rigido attorno a un asse isso
14.14 Conclusioni
370 372
17.10 Calcolo dell'orbita a partire dalle condizioni iniziali 17.11 Conclusioni
14.13 Forze di Coriolis
368
17.9 Applicazioni alla dinamica orbitale
289
14.8 II pendolo composto 14.9 II pendolo di torsione
364
\l7.4 Le comete: presagi celesti 365 ll 7.5 Energia ed eccentricità 366 7 6 Orbite ed eccentricità
285
14.3 Momento d'inerzia
360
J7.7 Terza legge di Keplero 369 17.8 Moto dei pianeti e potenziale efficace
ffXj3.7 Conservazione del momento della quantità di moto e conservazione
359
359
A 17.3 Risoluzione del problema di Keplero
.
13.4 Forza e momento di una forza
357
\/17.2 Coordinate polari e versori r e §
13.2 Moment di una.foiz e momento della quantità di moto 274 13.3 .gssseraazione-deLmomento della quantità di moto 275. .
355
357
Capitolo 17 RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
273
13.1 Moto rotatorio
350 352
1 16.7 Equazioni cartesiane delle sezioni coniche
269
ANGOLARE)
348
349
'
265
266
Problemi
343
343
344
16.3 Sezioni coniche
257
12.11 Oscillazioni forzate e smorzate 26J 12.12 Fili che oscillano e suonano nell'aria 12.13 Conclusioni
253
254
r
12.8 Oscillazioni smorzate
Capitolo 16 LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
407 ' 408 473
20.4 Trasformazioni adiabatiche e trasformazioni isoterme
20.5 Secondo principio della termodinamica 20.6 La macchina di Carnot 20.7 Conclusioni Problemi
423 424
479
478
475
IX
SOMMARIO
Capitolo 21 ENTROPIA 21.1 21.2 21.3 21.4
427
Verso una comprensione dell'entropia 427 Macchine ed entropia 429 Entropia e secondo principio della termodinamica L'implicazione del principio dell'entropia 436
21.5 Conclusioni Problemi
PREFAZIONE
43S 439
Capitolo 22 LA CORSA ALLE BASSE TEMPERATURE 22.1 Raffreddamento
22.5 L'effetto Joule-Thomson Problemi
44?
44?
22.2 Gli stati di aggregazione della materia 22.3 Comportamento dell'acqua 445 22.4 Liquefazione dei gas 446 22.6 Conclusioni
434
442
449
452 453
Appendice A IL SISTEMA INTERNAZIONALE DI UNITÀ DI MISURA Appendice B FATTORI DI CONVERSIONE
457
Appendice C FORMULE ALGEBRICHE, GEOMETRICHE E TRIGONOMETRICHE
455 i
j INTRODUZIONE GENERALE
459 '
L
467
f
Appendice D DATI ASTRONOMICI
Universo meccanico è un progetto nato nella tradizione dell'insegnamento della fisica nel California Institute of Technology (Caltech). Il Caltech ha cominciato a dedicarsi all'insegnamento della isica cinquanta anni à con un manuale introduttivo che fu scritto da Robert Millikan, Earnest Watson e Duane Roller e che ebbe ampia diffusione. Millikan, le cui imprese sono celebrate lei capitolo 8 di questo libro, fu il fondatore il presidente, il vincitore del primo premio Nobel assegnato a un docente del Caltech e il suo versatile santo patrono. ìarnest Watson fu preside della facoltà; egli e Duane Roller furono eminenti docenti. Venticinque anni fa, i corsi di isica introduttivi vennero tenuti nel Caltech da f
Richard Feynmann, il quale è stato non soltanto uno scienziato che si è assicurato jn posto nella storia, ma anche un docente efficace e divertente. Le parole di Feynjiann sono state amorevolmente registrate, trascritte e pubblicate in una serie di tre folumi che sono diventati veri e propri classici della letteratura scientifica. L'insegnamento della isica nel Caltech, come l insegnamento delle materie Scientifiche in tutto il mondo, è soggetto a una trasformazione continua. L'ultimo '
ìforzo del Caltech di infondere nuova vita nella fisica per gli studenti del primo anno i stato compiuto da David Goodstein e ha inito per condurre alla creazione di L'Universo meccanico L'Universo meccanico è un progetto che comprende 52 programmi
f
.
'
televisivi, ciascuno della durata di mezz ora, 2 manuali in 3 volumi (compres O que'
jto), manuali per i docenti, videotape realizzati appositamente per l'uso didattico, e inolto altro ancora. Si può dire con sicurezza che nulla di simile è mai stato tentato prima in isica (o in qualsiasi altra disciplina). Questo manuale è destinato agli studenti che intraprendono una carriera scientifica o tecnica, mentre i programmi televisivi sono destinati al pubblico generico.
il
PREFAZIONE PER GLI STUDENTI
Per potere padroneggiare la isica si deve compiere un attivo sforzo mentale e isico per porre domande, rispondere a esse e, specialmente, risolvere i problemi. Gli esemf
469
,
f
Indice analitico
465
,
f
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
463
f
Appendice E COSTANTI FISICHE
f
pi sparsi in ogni capitolo e i problemi alla ine di ogni capitolo sono destinati a svolgere un ruolo essenziale nel processo di apprendimento .
'
Sotto la splendida direzione della segretaria del progetto Renate Bigalke, le parole e le equazioni, gli errori e le correzioni degli autori sono stati inseriti con pazienza ,
L ossatura de L Universo meccanico è costituita da una serie di eventi che comin-
e precisione nella memoria di un elaboratore da Laurie Cornachio, Marcia Goodstein
ciarono nel 1543 con un trattato pubblicato da Copernico (il De revolutionibus orbium coelestium libri VI) e culminarono centocinquant'anni dopo con una concezione dell'Universo che, coscientemente o no ha costituito da allora la base di quasi tutte le
e Sarb Nam Khalsa. Tutto il lavoro è stato sorvegliato attentamente da Hyman Field dell'Annenberg/CPB Project (sponsor di L'Universo meccanico) e sollecitato delicatamente da David Tranah e Peter-John Leone della Cambridge University Press. Siamo particolarmente lieti del fatto che la Cambridge, che pubblicò i Principia di Newton, abbia deciso di pubblicare anche L Universo meccanico. Sally Beaty, executive producer della serie televisiva L Universo meccanico, è stata presente e utile in ogni fase importante della creazione di questi libri. Geraldine Grant e Richard Harsh hanno presieduto a una vasta valutazione formale delle varie componenti del progetto L Universo meccanico, tra cui le prime stesure dei capitoli di questo volume: i risultati di quell'impegno hanno avuto il nostro debito effetto sull'opera finale. Carrol Bugé ha scelto molte fotografie e ne ha reperito le fonti. Infine, un particolare ringraziamento va a Don Delson direttore del progetto L Universo meccanico, il quale attraverso una capacità organizzativa, una perizia e
'
,
attività intellettuali umane. È nostra ferma opinione che la conoscenza di quella rivoluzione del pensiero umano sia necessaria per qualsiasi istruzione seria Offrire questa conoscenza in modo innovativo è lo scopo di L Universo meccanico. .
'
Ili
PREFAZIONE PER I DOCENTI
'
f
Nell'ambito del progetto L'Universo meccanico non è proposta alcuna attività di laboratorio non perché giudichiamo poco importante o poco interessante un corso di laboratorio di isica, bensì perché riteniamo impossibile presentarlo. Ci aspettiamo che ogni scuola che adotti il corso decida come affrontare la componente laboratorio f
dell'apprendimento della isica.
f
Gli studenti di discipline scientifiche o tecniche che seguono un corso di isica basato sull'analisi matematica hanno una certa conoscenza dell'analisi elementare
oppure seguono un corso di analisi contemporaneamente al corso dì fisica. La trattazione delle derivate e degli integrali nel capitolo 3 dovrebbe essere utile a entrambi i gruppi; fornisce un'introduzione agli argomenti dell'analisi che possono essere nef
cessari in isica prima che vengano presentati in un corso parallelo di analisi matema-
tica e, per chi conosce già l'analisi, serve da ripasso. Si è cercato dì rendere la materia compatibile con ciò che lo studente potrebbe imparare da un corso tenuto da un docente di matematica.
f
f
Infine i capitoli 19-22 sulla isica «termica» sono stati collocati alla ine del libro per facilitare la flessibilità di programmazione del corso. Per esempio un corso semestrale potrebbe non comprendere questi capitoli.
f
In tutto L'Universo meccanico è usata la storia per «umanizzare» la isica. È inutile dire che non ci aspettiamo che gli studenti mandino a memoria nomi e date,
come non ci aspettiamo che mandino a memoria formule particolareggiate e costanti numeriche. L Universo meccanico può contribuire alla preparazione professionale di ogni studente; speriamo però che contribuisca anche alla sua educazione. '
IV
RINGRAZIAMENTI
I manuali de L'Universo meccanico come la serie televisiva stessa, non sarebbero ,
stati possibili senza il lavoro accurato e sensibile di-numerose persone che hanno contribuito alla sua realizzazione.
r
Un particolare ingraziamento va al Locai Advisory Committee di L'Universo meccanico, ogni membro del quale ha letto criticamente ogni capitolo dei manoscritti mettendo a disposizione la sua notevole e fruttuosa esperienza didattica: Keith Miller, professore di isica, Pasadena City College; Ronald F. Brown professore di isica, California Polytechnic State University, San Luis Obispo; Eldred F. Tubbs, membro dello staff tecnico, Jet Propulsion Laboratory Caltech; Elisabeth Hodes, professore di matematica, Santa Barbara City College; Erich J. Woodbury, chief sdentisi (in ,
f
f
,
,
pensione), Hughes Aircraft Company. Inoltre parti del manoscritto sono state lette criticamente da Margaret Osler (University of Calgary), Judith Goodstein (Caltech) e Robert Westman (UCLA), tutti ,
eminenti storici, Dave Campbell (Saddleback Community College) e jim Blinn (Jet Propulsion Laboratory) membri dell'équipe di L'Universo meccanico; Theodore Sarachman (Whittier College); e da tutte le matricole del Caltech degli anni 1983 e 1984. Oltre ai contributi di tutte queste persone, vari problemi sono stati fomiti da Mark Muldoon e Brian Warr: l'esattezza dei problemi è stata verificata oltre che da ,
,
Muldoon e Warr
,
'
'
da George Siopsis e Milan Mijic, tutti del Caltech.
,
'
,
'
un
attenzione che hanno del miracoloso è riuscito a mettere in moto l'intera impresa. ,
CAPITOLO 1
INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO Al centro di tutti i corpi celesti sta immobile il Sole. CHi infatti, in questo magnifico tempio, potrebbe collocare questa lampada in un luogo diverso o migliore
che non sia quello da cui esso può illuminare ogni cosa nello stesso tempo? E invero non è inappropriato che alcuni l abbiano chiamato la luce del mondo; altri la sua mente; e altri ancora il suo sovrano. Trismegisto lo chiama il Dio visibile; l Elettra di Sofocle l'onniveggente. E in verità, sedendo su un trono reale, il Sole governa la famiglia delle stelle 'che lo circondano. '
'
Niccolò Copernico De Revolutìonibus Orbium Coelestium (1543) ,
11 .
LA RIVOLUZIONE COPERNICANA
r
Ci iesce difficile immaginare la struttura della mente delle persone che un tempo credevano fermamente che la Terra fosse il centro immobile dell Universo, con tutti '
i corpi celesti che le rotavano armoniosamente attorno. È un'ironia che questa concezione, ereditata dal Medioevo e tramandata dai Greci, in particolare dal pensiero greco cristallizzato negli scritti di Platone e Aristotele, fosse quella destinata a illustrare la nostra scarsa importanza nel grande schema dell Universo, persino mentre isier
'
devamo al suo centro.
f
Il mondo di Aristotele era costituito da quattro elementi fondamentali, fuoco, acqua, aria e terra, e ciascun elemento era incline a cercare il proprio luogo naturale. La iamma guizzava nell'aria, le bollicine salivano nell'acqua, la pioggia, cadeva, dal cielo, e i sassi cadevano verso la Terra: il mondo era ordinato. Ogni elemento si '
sforzava di ritornare verso la sua sfera che circondava il centro deU'Universo. Ma
persino quando considerò l ordine del mondo, Aristotele non lo giudicò perfetto: esso '
era soggetto alla morte e alla decomposizione come i suoi abitanti, mentre la perfezione era riservata al solo cielo, che era sereno e immutabile.
f
Al disopra della sfera di fuoco c'erano le sfere cristalline della Luna, dei pianeti, del Sole e, più avanti, delle stelle. Ogni corpo celeste era isso nella sua sfera orbitante, descrivendo nel cielo un cerchio, la forma perfetta che, a giudizio di Platone, era la traiettoria ideale che tutti i corpi celesti avrebbero dovuto seguire. L'Universo, così concepito, era cosi semplice che poteva essere rappresentato adeguatamente nella sua interezza nei grandi orologi costruiti e dipinti dagli artigiani medievali. E i moti dei corpi celesti somigliavano a quelli dei meccanismi interni degli orologi: regolari, prevedibili e, nella mente dell uomo, esenti dalla decomposizione terrena. '
2
1. INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO
1 INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO .
Questo schema, questo grande piano, era uno sforzo di descrivere l'ambiente
I suoi risultati furono tanto sorprendenti quanto eleganti: i pianeti si muovono instan-
come sì presentava ai sensi dell'uomo. Era un tentativo di trovare un'unica spiegazio-
cabilmente attorno al Sole descrivendo orbite ellittiche.
ne, semplice e onnicomprensiva dei fenomeni naturali. L'era moderna cominciò quando si cominciò a porre domande a cui la concezione aristotelica del mondo non era in grado di rispondere.
All'inizio del XVII secolo la scoperta del cannocchiale seppellì definitivamente la concezione aristotelica dell'Universo." Galileo Galilei (1564-1642) esplorò il cielo con lo strumento inventato di recente e scoprì, tra le altre meraviglie inattese, le lune rotanti attorno a Giove. Questa osservazione astronomica offrì la dimostrazione di-
,
Il nostro obiettivo è comprendere quella che finì per essere chiamata meccanica classica: la scienza che nacque per rispondere a quelle domande. Nessuna scoperta del pensiero umano è più importante: essa fece crollare il tempio del pensiero aristote-
,
retta del fatto che la Terra non doveva essere il centro di tutti i moti celesti. Attraver-
lico, dalle cui rovine nacque gradualmente una concezione del tutto nuova del nostro posto nell Universo. Perciò prima di cominciare a studiare la fisica, introdurremo
so la sua fertile sperimentazione e la sua acuta capacità di penetrare nel carattere dei fenomeni naturali il genio di Galileo consolidò l'opera che era cominciata con la teoria di Copernico e accelerò la distruzione e sostituzione della fenomenologia ari-
alcuni dei principali eroi della vicenda al cui svolgimento stiamo per assistere
stotelica con la scienza della meccanica.
'
,
.
Il monaco Niccolò Copernico (1473-1543) iniziò la rivoluzione con il suo tratta-
to De Revolutìonibus Orbium Coelestium («Sulle ivoluzioni delle sfere celesti») pubr
,
blicato nel 1543, l'anno della sua morte. In quest'opera fermò il Sole nel cielo e pose ,
la Terra in movimento attorno a esso.
,
Come gli antichi greci, gli scienziati della nuova meccanica si proponevano di inventare una teoria generale che fosse capace di spiegare e descrivere ogni aspetto dei fenomeni osservabili. Su tutti gli scienziati della storia della meccanica sovrasta Isaac Newton. Nato nel 1642, l'anno della morte di Galileo, Newton compose una
,
che contem-
grande sintesi che riunì le leggi del cielo e le leggi della Terra. La isica che egli fondò f
Nel tentativo di semplificare il modello aristotelico dell'Universo
piava cerchi su cerchi («epicicli») per descrivere il moto complesso dei pianeti, Copernico collocò il Sole al centro dell'Universo e, così facendo ridusse la Terra a un
?olish Cultural Institute di
pianeta come gli altri cinque noti a quel tempo
OIlin-)
Questa teoria sconvolse a tal
Figura 1.4
,
in orbita anch'essa attorno al Sole.
punto il mondo accademico che il termine rivoluzione ha inito per essere associato a un cambiamento radicale: abbiamo così non soltanto la rivoluzione della Terra attorno al Sole ma anche quella delle colonie contro la Gran Bretagna.
Galileo Galilei
(1564-1642). (Scala/Art Resource, N.Y.)
,
1
.
2
UNITÀ E DIMENSIONI
f
-
dominò incontestata ino all'inizio del nostro secolo. f
igura 1.1 Niccolò Copernico
;i473-1543). (Per cortesia del
Uno dei temi della storia della scienza è la grande scoperta che esiste un collegamenossia quello che siamo capaci di osservare, e la matematica. La scoperta di questo collegamento fu fatta per la prima volta dai pitagorici, seguaci del ilosofo greco Pitagora vissuto nel V secolo a.C, ossia al tempo in to tra ciò che accade nel mondo
,
,
f
,
cui l Iliade e l'Odissea ricevettero la loro forma inale, in cui Confucio camminava f
'
sul nostro pianeta e in cui i greci cominciarono a interrogare la natura, anziché gli oracoli, per ottenere risposta alle loro domande. Questo collegamento si conservò nel tempo principalmente grazie agli astronomi, i quali sapevano che i pianeti e le stelle seguivano cammini che potevano essere previsti mediante formule e tavole matematiche. Però, durante tutto questo tempo si credeva che le leggi che governano il cielo, quali che fossero, non fossero affatto collegate con quelle che governano la Terra. E così, quantunque i pitagorici sapessero che gli eventi che accadono sulla Terra ubbidivano a leggi matematiche questo concetto venne in seguito dimenticato quando le concezioni di Aristotele e Platone finirono col dominare il pensiero greco e, pertanto, tutto il pensiero occidentale per quasi 2000 anni. La quantificazione nelle scienze della natura, ossia la descrizione dei fenomeni ,
naturali in termini matematici cominciò a rinascere alla fine del Medioevo, all'incir,
Figura 1.2
ca nello stesso periodo in cui venne inventata la partita doppia, un mezzo di fondamentale importanza per registrare i fiorenti commerci di quel periodo. Gli studiosi discutono ancora quale di queste due grandi scoperte abbia ispirato l'altra.Tndipendentemente da quale fu fatta per prima, è di certo vero che il commercio e la scienza hanno in comune la necessità di unità di misura standardizzate. Nel corso della storia, stabilire unità comuni di tempo lunghezza e peso per dare ordine all'agricoltura e al
Rappresentazione del sistema eliocentrico,
,
commercio è stata una delle principali responsabilità dello Stato, e l alterazióne di '
tratta dal De Revolutìonibus Orbium Coelestium di
questi campioni, generalmente allo scopo di aumentare le imposte effettive, è stato
Copernico. (Per cortesia degli Archives, California Institute of Technology.)
uno dei più noti sintomi di corruzione dello Stato. Oneste o no che fossero, le unità di misura erano raramente le stesse in differenti
Sebbene le idee di Copernico fossero destinate a mutare la concezione occidenta-
giurisdizioni politiche ed erano generalmente basate su qualche grandezza comoda o tradizionale. Per esempio, il miglio (dal latino milia, «mille»), che l'uso ha conservato negli Stati Uniti odierni, era un tempo equivalente a 1000 passi di una legione romana; la iarda era la distanza tra il naso e l estremità delle dita del braccio teso; il piede è abbastanza evidente; e il pollice era la distanza tra la nocca e l'estremità di questo
rchives, California Institute
disponibili sui moti apparentemente irregolari dei pianeti, Keplero pervenne a un
(1642-1727). (Per cortesia
'
sistema di equazioni matematiche che descrivevano con grande precisione quei moti
Mansell Colìections.)
r
571-1630). (Per cortesia degli
le del mondo, il suo trattato venne inizialmente ignorato dai più e in seguito considerato eretico. Uno dei primi scienziati che fecero proprie le idee ivoluzionarie del monaco fu Johannes Kepler (1571-1630) (italianizzato in Giovanni Keplero) nato una generazione dopo la morte di Copernico. Keplero credeva ardentemente nel sistema eliocentrico. Nello sforzo di adattare al modello copernicano i migliori dati allora
g 1.3 Johannes Kepler Giovanni Keplero) .
Technology.)
,
.
'
dito. .
Figura 1.5
Isaac Newton
INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO
1
.
INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO
giorno. Per fortuna, a differenza delle unità di lunghezza e di massa, vengono usate Esempio 1
dappertutto le stesse unità di intervallo di tempo anche negli Stati Uniti. Le unità secondo (s) e quelle maggiori hanno nomi tradizionali (minuto ora, giorno, settimana. mese, anno, secolo) mentre le unità minori prendono i prefissi del sistema metrico decimale: millisecondi (ms) microsecondi ((xs), nanosecondi (ns) ecc. ,
Si determini il numero di minuti contenuto in 24 h (ore). Per convertire le ore in minuti moltiplichiamo 24 h per 1, scritto però in modo creati-
,
,
,
,
vo:
24 h = 24
60 min
= 1440 min
Tab. 1.1 Prefissi usati per le unità di misura nel Sistema Intemazionale e loro simboli
.
f
Il termine che igura tra parentesi quadre è uguale a 1, per conversione delle
unità di misura. Elidendo le unità di misura come simboli algebrici, si ottiene come unità inale il minuto.
Moltiplica per Prefisso
Simbolo
Alternativamente, si possono trattare le unità di misura come simboli algebrici ed esprimere i simboli con altri equivalenti:
IO12
tera
T
IO9
giga
G
IO6
mega
M
IO3
kilo
k
IO-2
centi
c
IO"3
milli
m
f
24 h = 24 (60 min) = 1440 min
Ogni scienziato si serve dell'uno o dell'altro di questi metodi quando esegue i suoi calcoli.
Una delle eredità delle conquiste di Napoleone in Europa fu un nuovo sistema di unità di misura, non basato sulla tradizione e sulla fantasia, bensì su una logica francese fredda e precisa e sul sistema decimale. Ciò nonostante, esso è saldamente basato su grandezze umane e sulle proprietà dell'acqua, un elemento essenziale della vita. Per esempio, l unità fondamentale di lunghezza è il metro, che equivale all incirca a una iarda; ma, anziché essere diviso in piedi e pollici come la iarda, è diviso in '
'
IO-6
micro
decimi (decimetri), centesimi (centimetri), millesimi (millimetri), e così via. L'unità di massa, il kilogrammo, è la massa di un decimetro cubo di acqua; l'unità di volume,
io-9
nano
n
il metro cubo, è 1000 dm3, e quindi 1 m3 di acqua ha una massa di 1000 kg; e così via. Le definizioni di queste grandezze non variano più da un paese all altro: sono
IO-12
pico
P
io-15
femto
f
'
fissate da un trattato intemazionale e sono usate pressoché dovunque, tranne che '
negli Stati Uniti. Questo sistema è detto formalmente Système International d Unités ed è denotato con la sigla SI.
Benché relativamente nuovo, il SI ha già subito una notevole evoluzione. Inizialmente, il metro era definito come 1/10 000 000 della lunghezza del meridiano terrestre fra l equatore e il polo. Successive ridefinizioni hanno lasciato invariato il metro domestico, aumentando però progressivamente la precisione del campione per gli usi '
incisi su una barra di platino-iridio conservata a 0 "C nell'Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure a Sèvres, vicino a Parigi. Nel 1960, venne ridefinito come 1 650 763,73 lunghezze d'onda della luce rosso-arancio emessa da una lampada a
cripto-86, un campione che ha migliorato la precisione portandola a 4 parti su IO9
.
Più recentemente, nel 1983, il metro è stato ridefinito come la lunghezza del cammino che la luce percorre in (1/299 792 458) s. Quest ultimo metodo di misurazione ha una precisione di 2 parti su IO10 che permette di misurare la circonferenza della Terra con una precisione di ± 8 mm. Un'altra misurazione isica fondamentale è quella degli intervalli di tempo. Padroneggiare il flusso del tempo e dividerlo in unità sembra avere fatto parte della '
,
crescita di ogni civiltà sulla Terra. Ai sacerdoti-astronomi delle civiltà agricole spetta'
va la responsabilità di decidere quando iniziare il ciclo annuale dell aratura, della
semina e della mietitura. Più piccole divisioni del tempo corrispondevano, almeno grossolanamente, alla morte e alla rinascita delia Luna (mesi) e, naturalmente, al ciclo giornaliero di luce e oscurità. Nacquero anche gruppi intermedi di giorni, 5 o 10 o,
al tempo dei romani, 7 giorni per la settimana. La suddivisione del tempo in unità minori di un giorno si dimostrò più difficile, poiché ichiedeva l invenzione di orologi, anziché il semplice conteggio. Le ore, i minuti e i secondi sono invenzioni relativar
'
idea che queste unità debbano avere la stessa durata tutto anno, indipendentemente dalle durate relative della luce e dell oscurità in ciascun
mente recenti, come lo è l l
'
'
'
Per definire un'unità di intervallo di tempo come il secondo
,
si deve identificare
un fenomeno ricorrente che abbia luogo a intervalli di tempo uguali A un livello di precisione molto basso, in assenza di qualsiasi strumentazione, il secondo potrebbe .
essere basato sul battito regolare del cuore umano (circa 1 s al battito nel caso di un soggetto sano a riposo). Per secoli fu basato sulla molto più regolare rotazione della
Terra (il secondo fu definito come 1/86 400 di un giorno e in seguito furono apportati miglioramenti alla definizione per tenere conto del fatto che il moto della Terra attorno al Sole non è del tutto uniformemente circolare e del lento allungamento dell'anno idi circa mezzo secondo al secolo). Di recente, il secondo è stato basato sui moti ancor ,
più precisi, degli elettroni atomici (a cominciare dal 1967, quando il secondo Venne ridefmito con iferimento a un orologio atomico controllato da una delie frequenze caratteristiche che sono associate agli atomi dell'isotopo cesio-133) '
-
r
scientifici e tecnici. Per molti anni, il metro fu definito come la distanza fra due tratti
f
.
.
Le grandezze espresse in secondi kilogrammi e metri hanno non soltanto unità, ,
che possono variare da una giurisdizione a un'altra ma anche dimensioni che sono, rispettivamente il tempo, la massa e la lunghezza. Le grandezze che hanno le stesse dimensioni ma differenti unità, possono essere confrontate facilmente (si veda l esempio 1): 1 h è maggiore di 1 min ma minore di 1 d (giorno) Ma le grandezze ,
,
,
,
'
.
che hanno differenti dimensioni non possono essere confrontate affatto quali che ,
siano le loro unità: 1 kg non è maggiore né minore di 1 h o di 1 m. Per molti anni dall'inizio della quantificazione della natura ogni quantificazione ,
consisteva nel confrontare grandezze aventi le stesse dimensioni: l'idea di comporre grandezze aventi dimensioni diverse, per esempio di dividere una lunghezza per un tempo per ottenere una velocità è un'invenzione piuttosto recente ma assai utile e ,
5
1
INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO
.
INTRODUZIONE ALL'UNIVERSO MECCANICO
fruttuosa. Una grandezza composta come la velocità* ha sempre le stesse dimensioni (lunghezza divìsa per tempo), ma può essere espressa in varie unità (centimetri al
13
secondo, kilometri all'ora, ecc.):
La scienza moderna nasce dalla quantificazione Ma il termine quantificazione significa molto più che esprimere le osservazioni in forma matematica: è anche allontanarsi dalla ilosofia naturale, e cioè dai grandi schemi basati sulla preferenza estetica per volgersi verso le osservazioni e le misurazioni particolareggiate e precise. In altre parole, significa rivolgersi all'accumulo della conoscenza per incrementi piccoli e particolareggiati. Galileo disse che preferiva imparare un unico fatto comunque ordinario potesse essere anziché discutere continuamente sui grandi problemi. Prima di Copernico, molti avevano avanzato ipotesi su un Universo eliocentrico ma Copernico si diede la pena di eseguire i calcoli particolareggiati e di compilare le tavole astronomiche che fecero di questo sistema un valido concorrente del sistema tolemaico che l aveva preceduto con grande successo. Altri prima di Galileo avevano avanzato ipotesi sulle proprietà della materia in moto ma Galileo basò i propri ragionamenti su osservazioni particolareggiate: le sue esperienze con sfere lasciate scendere lungo ,
f
=
CONCLUSIONI
.
spazio percorso tempo impiegato
-
.
Il segno sopra la u (u «soprassegnata») ci ricorda che stiamo parlando di una velocità media durante quell intervallo di tempo. Se gli spazi si misurano in metri e gli intervalli di tempo in secondi, l unità di velocità è il metro al secondo (in simboli, '
'
m/s). La velocità (vettoriale) può essere positiva o negativa; il suo valore assoluto è detto modulo della velocità o velocità intensiva.
Un'altra grandezza fisica che incontreremo è l'accelerazione, termine che useremo per designare sia un aumento sia una diminuzione della velocità. Spesso sentiamo parlare di automobili che accelerano, per esempio, da 0 a 100 km/h in tot secondi. Ecco un esempio di accelerazione. L'accelerazione media durante un intervallo di
,
,
,
'
,
piani inclinati lisci condussero alla legge del moto dei gravi (capitolo 2), al principio
'
tempo è il rapporto tra la variazione della velocità durante quell intervallo di tempo
d'inerzia
'
e l intervallo dì tempo stesso,
(capitolo 4) e, infine al principio di conservazione dell'energia (capitolo 10). ,
Prima che venissero inventati gli orologi come li conosciamo oggi egli ideò un metodo per misurare i tempi nelle sue esperienze pesando la quantità d'acqua che fluiva ,
variazione della velocità a =
:
attraverso un tubo di speciale costruzione: queste misure avevano una precisione di un decimo di secondo. Il risultato finale di questo tipo di accurata attenzione per i particolari, insieme all ingegnosità rappresentò una vera e propria concezione nuova
:
tempo impiegato
'
,
Esattamente come la velocità si può misurare in metri al secondo (m/s), l'accele-
dell'Universo.
razione si può misurare in metri al secondo al secondo [(m/s)/s], ossia in metri al secondo quadrato (m/s2)
.
'
L
La quantificazione della fisica tende a concentrare le idee in formule matemati-
che: come disse con incantevole eleganza Galileo il grande libro della natura è sempre aperto davanti ai nostri occhi ma è scritto in caratteri matematici. La storia insegna che la matematica aiuta la fisica a progredire ma indica anche che le idee, come le ,
appendice A contiene un elenco di unità SI e britanniche, dei relativi fattori
di conversione, dei loro simboli e dei prefissi metrici.
,
,
maree, fluiscono in entrambi i versi Le nuove scoperte in un campo conducono .
spesso a miglioramenti nell'altro Per esempio, all'inizio del XVII secolo il matemati.
co francese Pierre de Fermai ideò un metodo grossolano per tracciare una tangente
Esempio 2
a una curva. Questo metodo forni a Newton un suggerimento per determinare la velocità di un punto in movimento e ciò a sua volta, condusse Newton a formulare la sua versione del calcolo differenziale In questo libro, la matematica è sviluppata
Qual è il limite di velocità di 50 km/h espresso in metri al secondo? Possiamo scrivere la seguente equazione:
,
.
in questo stesso spirito: quando vengono introdotti nuovi concetti matematici come le derivate gli integrali e i vettori, essi scaturiscono in modo naturale dai problemi isici e poi ci aiutano a leggere il grande libro della natura e a scrivere nuovi capitoli Dopo Copernico e la sua rivoluzione e gli eventi che condussero l'Europa attra,
km
5o km
_
h
h
1000 m
1h
1 min
1 km
60 min
60 s
,
.
f
*0
ossia
verso gli anni di Keplero e Galileo e infine di Newton la nostra concezione dell'Uni,
50 km/h - 13,9 m/s
verso fu e continua a essere, che viviamo su un granello di polvere in un angolo sperduto dell Universo. Aristotele e Platone avevano cercato dì insegnarci l'umiltà collocandoci in una sfera modesta isolata dalla serena perfezione del cielo, ma non ,
'
f
È importante ricordare sempre che la maggior parte delle grandezze isiche è dimensionata e perciò è caratterizzata sia da un valore numerico sia da un'unità di misura. È senza significato descrivere una grandezza fisica con un solo valore numeri'
unità di misura ichiede un cambiar
'
co, senza l unità relativa. Un cambiamento dell
mento del valore numerico.
,
avrebbero mai potuto immaginare neppure nei loro sogni più audaci, l'effetto del mutamento psicologico che si produsse quando si capì per la prima volta che non ci ,
troviamo al centro dell'Universo
.
Quando studiamo la storia, veniamo a sapere di re e regine, di problemi sociali ed economici guerre, ecc. Ma tutte queste cose vanno e vengono e, quando se ne sono andate il mondo è all'incirca lo stesso di prima. Se oggi visitiamo un'antica ,
,
città romana per esempio Ercolano, siamo in grado di percepire esattamente dove ci troviamo e ciò che facevano i suoi antichi abitanti e perché fu costruita la città: la condizione umana non è cambiata molto negli ultimi 2000 anni Ma un profondo mutamento ha modificato per sempre la specie umana: è la scoperta del nostro posto reale nell Universo. Studiando la storia, veniamo a sapere del Rinascimento e della ,
.
Come si vedrà più avanti la velocità è una grandezza isica vettoriale, cioè definita, oltre che da un valore numerico, anche da una direzione e un verso (velocità vettoriale, velocity in lingua *
f
,
inglese). La velocità di cui si parla in questa sezione è il valore algebrico della velocità vettoriale, cioè il valore numerico dotato di segno e associato all appropriata unità di misura, detto velocità scalare. Il valore assoluto della velocità vettoriale, ossia il valore numeico privo di segno e r
'
associato all
'
appropriata unità di misura, è detto modulo della velocità
o velocità intensiva o
celerità (speed in lingua inglese). Nelle discussioni seguenti il termine velocità verrà usato per indicare indifferentemente la velocità vettoriale, la velocità scalare o il modulo della velocità
quando questa semplicificazione della terminologia non genera ghe si possono fare per l accelerazione. [N.d.T.] '
equivoci. Considerazioni analo-
'
Riforma della Controriforma e della Guerra dei trent'anni ,
,
che furono gli eventi che
dominarono la storia europea ai tempi di Copernico Keplero, Galileo e Newton. Ma quegli eventi rappresentarono ritocchi di secondaria importanza del tessuto sociale ,
rispetto a questo mutamento monumentale che era in corso e cioè la nascita di nuove ,
idee nella storia delle idee e che doveva produrre un cambiamento assoluto e perenne ,
della specie umana. Il compito che ci proponiamo di svolgere in questo libro è studia-
7
INTRODUZIONE ALL UNIVERSO MECCANICO '
re quella vicenda, per capire esattamente come e perché accadde che scoprimmo il '
nostro posto reale nell Universo.
Problemi
1
.
Si determini quale di queste lunghezze è la massima: (a) 560 yd (c) 0,5 km
2
.
CAPITOLO 2
(b) 0,3 mi (d) 52 300 cm
(a) Se un'automobile viaggia a una velocità di 100 km/h, qual è la sua velocità in
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
metri al secondo?
.
(b) Se uno scattista corre 100 m in 10 s, qual è la sua velocità in kilometri all'ora? Si convertano le seguenti misure in metri al secondo: (c) 23 km/h (e) 40 cm/a 3
.
(d) 88 nm/ms
Si determini quali delle seguenti bizzarre misure sono misure di lunghezza, velocità, o accelerazione:
(a)2j3JEA s
(b) U4(c)4 mi a2
L
s secolo
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta I aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non ...
'
.
Si converta ciascuna delle misure del problema 3 nelle corrispondenti misure espresse in unità SI di lunghezza, velocità, o accelerazione.
s impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in i lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza j i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto... '
1
Galileo Galilei // Saggiatore (1623). {In: Galileo Galilei, Opere, a cura dì Franz Brunetti, Volume fprimo, Torino, UTET, 1964, p, 631.) ,
r
1
1
21 .
1
PREMESSE STORICHE
-
,
j
Prima che imparassimo a leggere il libro matematico dell'Universo scrìtto da Galileo, le nostre descrizioni della natura erano qualitative e verbali. Per secoli, vennero usate soltanto le parole per descrivere il moto dei corpi e quelle parole erano basate in gran parte sugli scritti di Aristotele, vissuto nel IV secolo a.C. La descrizione aristotelica del moto era incentrata sul concetto di «luogo naturale». Nella concezione di Aristotele, la terra occupava il luogo naturale più basso, e quindi un corpo pesante ,
,
.
,
l fatto di terra, se lasciato libero, cadeva naturalmente. I corpi più pesanti, contenenti più terra, cadevano più velocemente di quelli più leggeri. E ogni corpo, se lasciato
I libero, acquistava velocità verso il suo luogo naturale. *
j
1 (
I concetti di Aristotele presentano una descrizione qualitativa (e apparentemente corretta) del moto. Egli credeva che la matematica e la misurazioiié'quantitativa precisa fossero di scarsa utilità nella descrizione del mondo circostante.
Ciò nonostante, la dottrina aristotelica lasciò aperto un problema: come fa un
t corpo in caduta ad acquistare velocità inizialmente? Quale legge segue? E nel corso
di parecchi secoli durante il medioevo, vari saggi esposero le loro idee su questo problema scabroso. Galileo stesso seguì inizialmente questa tradizione, ma presto il suo talento per le osservazioni e le esperienze incisive e la sua tendenza alle descrizioni matematiche precise lo condussero a una isica del tutto nuova avulsa dalla dottri,
I
f
4
,
na aristotelica: ;
Enunceremo il risultato di Galileo e poi ritorneremo al passato per vedere nei
,
particolari quale era la sua relazione con i concetti precedenti e come Galileo giunse
'
a stabilirlo.
2 LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
2. LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
2 2 .
Quando si trovò sulla superfìcie priva d'aria della Luna, l'astronauta David R. Scott, della missione «Apollo 15» non riuscì a resistere alla tentazione di ipetere questa esperienza classica, perché potesse vederla il mondo intero. Come ebbe a dire in quella occasione, egli non sarebbe potuto arrivare dove si trovava se Galileo non avesse fatto quella scoperta.
LA LEGGE DI GALILEO
Ne vuoto> tutti ' C £
>
-
_
,J
P' cadono conjajtessa accelerazione costante.
Questo enunciato, dall'apparenza innocente, stabilisce tre fatti distinti:
f
(a) La forza di gravità ha lo stesso effetto su tutti i corpi, indipendentemente dalla loro grandezza o dal loro peso. Da Galileo a Newton ad Albert Einstein, questo fatto è stato uno dei più importanti misteri di tutta la isica. Ritorneremo su di esso a vari livelli, via via che procederemo nel nostro studio.
(b) L'effetto della forza di gravità sulla superficie della Terra è un'accelerazione costante. Per capire che cosa significa questo fatto, introdurremo una nuova invenzione matematica, la derivata, che si dimostrerà uno strumento di importanza cruciale per la comprensione del mondo.
(c) I fatti (a) e (b), profondi e importanti come sono, violano la nostra più semplice intuizione, poiché si producono soltanto nel vuoto, e non nel mondo dell'aria e dell acqua con cui abbiamo familiarità. In presenza della resistenza dell aria, le piume '
'
cadono più lentamente dei sassi, ma questo fatto risulta essere una complicata devia'
zione dalla norma, non l
2
.
3
essenza del fenomeno della caduta dei gravi.
I CORPI PESANTI CADONO PIÙ VELOCEMENTE DI QUELLI LEGGERI?
Nella isica aristotelica
i corpi pesanti cadono più velocemente di quelli leggeri; natuquesto è il comportamento che si osserva nell'atmosfera. Ma Galileo, nei suoi Discorsi intorno a due nuove scienze pubblicati nel 1638, prese in considerazione la caduta dei gravi in assenza della resistenza dell'aria. Fu una brillante intuizione: Galileo non essendo in grado di otteneré il vuoto, lo immaginò. Egli si rese conto del fatto che il problema di iuscire a ottenere il vuoto non era cruciale: ciò che era importante era che per capire la caduta dei gravi, si ralmente
,
,
,
Figura 2.1 L'astronauta David R. Scott della missione Apollo, nell'atto di lasciare cadere una penna di falco e un martello sulla Luna. ,
r
,
,
doveva trascurare la resistenza dell'aria.
Il ragionamento seguito da Galileo fu il seguente. Consideriamo un sasso pesante collegatomediante un filo a un sasso leggero. Secondo Aristotele quando i due sassi vengono abbandonati a se stessi fi sasso più pesante tira verso il basso quello più leggero, tentando di farlo cadere con una velocità maggiore di quella che acquisterebbe se fosse indipendente. D'altra parte, il sasso più leggero tende a rallentare quello più pesante. Perciò, il sistema dei due corpi deve cadere con una velocità maggiore di quella con cui cadrebbe il corpo più leggero e minore di quella con cui cadrebbe il corpo più pesante se i due corpi fossero indipendenti. Ma il sistema dei dùe corpi è più pesante del corpo pesante e perciò dovrebbe cadere più velocemente di quest'ultimo. La isica aristotelica conduce perciò a una contraddizione se trascuriamo gli ,
,
,
,
effetti atmosferici come la resistenza dell'aria.
Erano stati ragionamenti come questi che avevano indotto Aristotele stesso a credere che fosse impossibile il vuoto in quanto avrebbe condotto a risultati assurdi. Galileo giunse invece alla conclusione che, se fosse esistito il vuoto, ivi tutti i corpi ,
sarebbero caduti con la stessa velocità.
.
LE LEGGI MEDIEVALI DI CADUTA DEI GRAVI
Come abbiamo accennato, alcuni studiosi medievali tentarono di descrivere il moto
di caduta di un grave. Uno dei primi tentativi è attribuito a uno studioso del XIV corpo acquista velocità mentre cade?»
,
Alberto trasse la conclusione che la velocità V
Un altro studioso del XIV secolo, Nicola di Oresme
,
[
egli jjLjfl trovò una legge che gli sembrò capace di descrivere la caduta dei gravi, benché non
f
|
differente. Basandosi su uno studio matematico dei vari tipi possibili di moto
,
gli interessasse molto una cosa cosi disordinata come il mondo reale. .Quella che egli \f
!i W, f .cwì
£
j
~
prospettò era una relazione tra velocità e tempo, anziché tra velocità e-spazio percor-
so: la velocità è direttamente proporzionale al tempo di caduta. [
j
.
,
,
.
un grave. Nel XV secolo, Leonardo da Vinci formulò una legge di tipo diverso, che «S.O*v-s. x.ci, » jj . \,v < < v espresse mediante grandezze facili da misurare: lunghezze degli spazi percorsi e inter-
valli di tempo impiegati per percorrerli. Egli prospettò che gli spazi percorsi in inter- A % valli di tempo successivi uguali fossero direttamente proporzionali ai numeri interi j\jt
|\|
~ -
_
consecutivi (1, 2, 3, ...). Se un grave percorre 1 unità di-spazio in 1 unità di tempo,
moneta cadono con la stessa velocità in un tubo in cui è stato praticato il vuoto.
quali somigliava alla formulazione di Leonardo. Egli disse che lo spazio percorso in
Galileo enunciò le sue idee sulla caduta dei gravi in alcuni modi diversi, uno dei
successivi intervalli di tempo è direttamente proporr'"""11* t\ numftP disp i/l. 3, l J) .
alla forza di pravità. fN.d.T.l
,
avanzò una congettura
allora nella 2* unità di tempo percorre 2 unità di lunghezza, 3 nella 3a, e così via.
In meccanica, è detto corgojrave a. più semplicemente. grgye.uii-£nrrio rwvintp. cio soggetto.
IjL
acquistata da un grave è direttamente proporzionale allo spazio che ha percorso cadendo. Per secoli, la maggior parte degli studiosi che si occuparono del problema ritenne che Alberto avesse ragione.
Oggi siamo in grado di verificare facilmente la legge di Galileo. Innumerevoli studenti hanno osservato in aula l'esperienza dimostrativa in cui una piuma e una
*
ì
secolo, Alberto di Sassonia. Nel tentare di rispondere alla domanda «In che modo un nXfciuXó cLi tD&us/wv e-
Queste due leggi concentravano l'attenzione sul modo in cui varia la velocità di
Le possibilità che Galileo aveva di veriicare sperimentalmente questa conclusione erano molto limitate, in quanto egli non disponeva del vuoto. Il meglio che poteva fare era fare rotolare sfere di differente massa lungo lo stesso piano lievemente inclinato e verificare che si muovevano con la stessa velocità (quando i corpi si muovono lentamente, la resistenza dell'aria può essere trascurata). .
24
r
'
f
N
r
,
La legge di Galileo per la caduta dei gravi* può essere scritta così: %ii
11
.
f
)
i.
In altre parole, se un grave percorre 1 unità di spazio in 1 unità di tempo, ajìòra nelli 2a unità di tempo
esso percorre 3 unità di spazio, 5 nella 3a, e così via.
-
r
l
.S-wLco Cy J
~/\ h
Kj U
.
j \ jj
v
! ~ Aj£jja
.
'i àj f-,
2
2. IJ\ LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
.
Nicola dì Oresme
Alberto di Sassonia
Leonardo da Vinci
35 co
-
di
20
1 1S : 1 13: o
essere determinato misurando la caduta reale di un' grave. Nel SI c ha un valore di
Galilei
o 15
05
.
o
:
i
Ma quale relazione ha questa legge con le altre leggi? La relazione con la regola
o
.
o
.
i
o
.
E
.
I
2
3
4
5 6
dei numeri dispari di Galileo ha a che fare con un fatto matematico noto in dai tempi dei pitagorici (VI secolo a.C): gli intervalli tra i quadrati (I 4 S lfi 25 L. sonojjmmerLdi axLll 5,,7,J,_,Ji£ercià-seJo_spazÌ£i_rc!iaie-peicorso f
tempo di caduta
tempo di caduta
,
Figura 2.2
Le leggi che pongono in relazione il tempo di caduta, lo spazio di caduta e la
,.
_
unità di tempo cresce come
Q
Vinci e Galileo Galilei.
02 = 0,
12=1
lo spazio incren li~m= 1
'
l
di caduta? e cosi via. Ma non era chiaro come le differenti questioni fossero legate l una all altra, né se una di esse fosse più basilare delle altre. Una seconda ragione '
tale percorso in successive unità di tempo cresce come 1
,
,
22 - l2 = 3 .
,
32 - 22 = 5 .
,
.
'
zione. r
DETERMINAZIONE SPERIMENTALE DELLA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
Di fronte a queste difficoltà, Galileo trovò un modo per rallentare il moto di caduta e riuscire così a misurarlo. Egli usò (tra altre tecniche) un orologio ad acqua per cronometrare sfere rotolanti lentamente lungo piani inclinati soltanto lievemente. Scoprì che, se aumentava la pendenza, la sfera rotolava più velocemente, ma la natura del suo moto rimaneva invariata: lo spazio totale percoiso dalla sfera era direttamente. proporzionale al Quadralo dell intervallo di tempo inmiegato per percorrerlo. In altre parole, in 2 s la sfera percorreva uno spazio pari a 4 volte quello percorso in 1 s, in 3 s uno spazio pari a 9 volte, e cosi via. Galileo congetturò che sarebbe accaduto lo
P .
3, 5, 7,
4i-A2 = 7 .
moto di caduta.
I dati di questo tipo non verificano direttamente la legge di Alberto di Sassonia né quella di Nicola di Oresme per la velocità di caduta di un grave, poiché abbiamo misurato non la velocità, ma la posizione del corpo. D altra parte, questi dati sono ideali per scegliere tra la legge di Leonardo e la legge di Galileo per lo spazio percorso in successivi intervalli di tempo. Prima di tentare di scegliere, dovremmo renderci conto che si tratta di dati sperimentali reali, i quali, come tutti i dati sperimentali reali, sono imperfetti. Per esempio, non siamo in grado di stabilire esattamente dove si trova la sfera, poiché le immagini sono un po' confuse e alcune di esse sono parzialmente sovrapposte. Inoltre, in realtà è presente la resistenza dell'aria, che Galileo (ma non Leonardo) si proponeva di trascurare. Esistono anche altre possibili fonti di errore. Un errore sperimentale è insito in tutte le esperienze, comunque ingegnose e accurate esse possa'
no essere.
Questa formulazione può essere scritta sotto forma di equazione. Denotando con s lo spazio percorso, la scriveremo come s{t), dove t è il tempo. Questa notazione s(t), che si legge «s di I», rappresenta s in funzione di t, ossia, in altre parole, il modo in cui s dipende da t. La risposta a come s dipende da t la scriviamo nel secondo
essere 3c, e cosi via. La figura 2.4 rappresenta la nostra fotografia in cui sono stati tracciati segmenti rettilinei per indicare dove dovrebbe trovarsi ciascuna immagine secondo le due leggi in esame. Ricostruiamo ora le previsioni della legge di Galileo dei numeri dispari. Se c è
'
s(i) = c?
'
,
lo spazio tra il primo e il secondo lampo, la distanza successiva dovrebbe essere 3c, quella dopo dovrebbe essere 5c, e cosi via (occorre ricordare che la legge di Galileo
equazione:
(2.1)
dove c è una costante. _
Poiché s(t) ha le dimensioni di una lunghezza e ? ha le dimensioni di un tempo anche la costante c deve avere dimensioni/Le dimensioni di, r devono essere qufiUs
,,
.
.
o
.
o
.
f
Con gli orologi moderni possiamo studiare direttamente la caduta libera e verificare noi stessi i risultati di Galileo. La igura 2.3 è una fotografia che mostra la caduta di una sfera in successivi istanti di tempo. L'immagine (cronofotografia) è stata eseguita con una macchina fotografica con l otturatore aperto, mentre la sfera era illuminata con un lampeggiatore stroboscopico, un dispositivo che emette lampi di luce a intervalli di tempo regolari: è il nostro orologio in questa esperienza. Tra ogni coppia di immagini consecutive della sfera nella fotografia è trascorso lo stesso intervallo di tempo. Una scala posta dietro la sfera ci permette di misurare gli spazi percorsi nel
stesso se il suo piano fosse stato verticale, in altre parole, nella caduta libera.
membro dell
o
esperienza*.
Esaminiamo i nostri dati nel modo seguente: misuriamp lo spazio percorso tra il primo e il secondo lampo (il primo lampo illumina la sfera nell'istante in cui essa viene abbandonata a se stessa). Denotiamo con c questo spazio. Secondo la legge di Leonardo, il successivo spazio percorso dovrebbe essere 2c, quello dopo dovrebbe
'
\
'
assenza di qualsiasi tentativo di verificare le leggi proposte. La forma mentis aristotelica non faceva sembrare importante compiere esperienze. E, in assenza di orologi precisi, le misurazioni sarebbero state comunque proibitivamente dificili. 11 gravi cadono con grande velocità dopo che hanno cominciato a muoversi. Anche se Galileo avesse lasciato cadere una palla da cannone dall'alto della torre pendente di ; Pisa (cosa che probabilmente non fece), essa avrebbe impiegato soltanto circa 2 s per raggiungere il suolo, e quindi un intervallo di tempo troppo breve per consentire a Galileo di compiere misurazioni particolareggiate con la tecnica che aveva a disposi-
.
42 = 16
,
Una ragione di questa profusione di leggi era che alcune delle descrizioni proposte per la caduta dei gravi erano risposte a differenti questioni iguardanti il loro moto: , come dipende la velocità dallo spazio percorso? come dipende la velocità dal tempo
25
S2 = 9,
Le due leggi di Galileo sono descrizioni equivalenti della caduta dei gravi mentre la differente legge di Leonardo per gli intervalli di tempo è in disaccordo con
essere la risposta corretta: accelerazione costante!
era l
22-
poiché
Abbiamo incontrato Onora quattro tentativi di descrivere il moto di caduta dei gravi: la velocità è direttamente proporzionale allo spazio o al tempo; lo spazio percorso in un intervallo di tempo è direttamente proporzionale ai numeri interi o ai numeri interi dispari. E nessuna di esse somiglia molto a quella che già sappiamo
'
,
1
_
,
velocità dei gravi in caduta, secondo Alberto di Sassonia, Nicola di Oresme, Leonardo da
ì
u
ml<- F h-< In «tccc-, valnr.» p,.r fiitt; i oro vi rt... >-J
tà della superficie dejla Terr . ,
.
spazio di caduta
1
jmj.
circa
S IO
.
5
i
.
f
-
"" tampn .Lqiiarira snltantn in questo modo le unità
,
.
3 25
S
IW i f m iv
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAV
di tempo elevate al quadrato si elideranno per dare le unità di lunghezza per s(t) Quando t = l,s(l) = c,e quindi c è numericamente uguale allo spazio che qualsiasi grave percorrerà nella la unità di tempo nel suo moto di caduta. Il valore di c può
30
r
12
Si veda comunque il problema 5.
Figura 2.3
Cronofotogr
una sfera in caduta liber
[PSSC Physics, Newton ( USA), D.C. Heath and Company e Education Development Center, 19 trad. ìt.: La fisica del PS Bologna, Zanichelli, 198
2
2 LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
.
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
15
.
esempio r,; cioè, calcoliamo .?(*,) mediante la nostra equazione. L'intervallo di tempo
è
Nonostante tutte le incertezze sperimentali, il confronto tra le due previsioni è decisivo: scegliamo la legge di Galileo. Misurazioni di questo tipo permettono anche di determinare il valore della costante che compare nell'equazione della caduta libera,
rapporto è la velocità media in quell intervallo di tempo:
f
r
equivale alla legge dei quadrati dei tempi, che è stata usata or ora). Il isultato è presentato nella igura 2.4.
spazio percorso
c-4,9m/s2
3(1 - s(t)
'
(2.2)
.
2
.
6
tempo impiegato
media durante il 1
Ora che conosciamo come varia la posizione di un grave con il tempo, siamo in grado di trovare la velocità con cui cade? Dobbiamo stare molto attenti a porre la domanda
correttamente. Chiedersi con quale velocità cade il grave significa chiedersi quanto spazio percorre in un determinato intervallo di tempo: dobbiamo quindi specificare di tempo durante il quale il grave cade.
*
,
e quindi la velocità media durante i primi 2 s è 9,8 m/s. La velocità media continua a crescere, il che era previsto ma sorge un problema. Nel nostro esempio, il grave ,
cade con una velocità minore di 9,8 m/s all inizio dell'intervallo di 2 s e con una '
velocità maggiore al termine di questo intervallo. Ciò che vorremmo realmente conoscere non è la velocità media, bensi è la velocità in ogni istante. Ma la velocità in un
Se specifichiamo realmente l'intervallo di tempo, l'equazione della caduta libera
certo istante implica che l intervallo di tempo è nullo. Se proviamo a prendere lo
dei gravi ci permetterà di determinare la velocità media durante quell'intervallo di tempo, nel modo seguente. Prima determiniamo s(t) in un certo istante t, usando
spazio percorso in un intervallo di tempo nullo e a dividerlo per quell intervallo di tempo nullo, iniamo con il tentare di dividere zero per zero, che da un punto di vista
equazione s(t) = et2. Poi calcoliamo lo spazio di caduta in un istante successivo, per
matematico è un vero disastro. Tuttavia abbiamo un idea intuitiva del fatto che in
'
l
'
'
'
ogni istante un grave in caduta ha realmente una velocità definita.
spazio di caduta totale
spazio percorso tra un lampo
e quello consecutivo
Questo problema aflisse i matematici per migliaia di anni e fu risolto soltanto
legge dei numeri '
f
legge dei numeri dispari di Galileo
quando fu inventata l analisi matematica, una generazione dopo la morte di Galileo. '
interi di Leonardo
spazio percorso tra un lampo
spazio di caduta totale
e quello consecutivo
3c 9c
6c
2
7
.
VELOCITÀ ISTANTANEA: LA DERIVATA
In questo paragrafo ci proponiamo di trovare la velocità di un grave in caduta libera in qualsiasi istante. La nostra strategia consisterà nel calcolare la velocità media in un determinato intervallo di tempo e poi, al termine del calcolo, nel fare tendere a zero l intervallo di tempo. Aspettando sino alla fine prima di fare tendere a zero l'intervallo di tempo, riusciremo a evitare l operazione priva di significato di dividere zero per zero. Questa idea semplice conduce a una delle più importanti invenzioni nella storia della matematica quella della derivata. La derivata occupa la posizione centrale nell'analisi matematica e isolve il problema di trovare la velocità istantanea. Lo spazio che il grave ha percorso all'istante t nel suo moto di caduta libera è '
lOc
'
16c
ISc
21c
r
,
28c
s(t) = e?
(2.1)
Supponiamo di chiederci quale sia lo spazio che il grave ha percorso dopo un piccolo intervallo di tempo h. Questo intervallo di tempo può essere pari a 1 s o a IO"6 s; ma il suo valore adesso non ha importanza. Secondo l'equazione (2.1), lo spazio percorso dopo un intervallo di tempo t + h è
s(t + h) = c(t + i)1 64c
(2.3)
[È importante notare che le parentesi tonde indicano dipendenza funzionale nel primo membro, ma moltiplicazione di c per (t + A)2 nel secondo membro. Il significato delle parentesi risulterà normalmente chiaro dal contesto.]
r
r
A questo punto, iscriviamo l'ultimo isultato sviluppando esplicitamente il quaSic
drato. Otteniamo che
s(t + h) = cU2 + 2th + h2)
(2 4) .
La velocità media li nell'intervallo di tempo h è, per l'equazione (2.2), s(t + h)-s(t)
-
(2.5)
h
ossia, in altre parole, -
Figura 2.4
Confronto tra le previsioni di Leonardo e quelle di Galileo
iguardo alla caduta dei gravi.
_
c(t2 + Ith + h2) - et2
V = Al r At
Per esempio, un grave percorre s(\) - s(0) = 4,9 m nel 1* secondo: la sua velocità secondo è 4,9 m/s. Dopo 2 s i(2)-= 4,9 . 22 = 4,9 . 4 = 19,6 m,
VELOCITÀ MEDIA DI UN GRAVE IN CADUTA LIBERA
l'intervallo
tx
- t
f
/i
'
t
o
r
,
- t e lo spazio percorso durante questo intervallo di tempo è j(r,) - s(t). Il
{2 6)
- ci /mcu
s
2
In quest'ultima espressione i due termini et1 si elidono e quindi eseguiamo anzi-
2c(t + h) - 2ct
-
,
=
2ch =
tutto questa elisione: :
+
(2.7)
h
v = 2ct + eh
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAV
(2.12) «s-e.cs-aU- ióJìv.-.: .-i
2c
È il più semplice risultato ottenuto finora. Risulta che a non dipende da t, e neppure dipende da A! Qualunque cosa facciamo, anche se facciamo tendere h a zero, otteniamo lo stesso risultato costante, 2c. Ciò significa che anche l accelerazione '
Ora possiamo elidere la h che compare nel denominatore con una h che compare in ciascuno dei termini del numeratore, ottenendo che
)
.
istantanea è 2c:
(2.13)
'
a(f)= v {t) = 2c
(2 8) .
È questa la velocità media del grave in un intervallo di tempo arbitrario h dopo
Ma questa è esattamente l'espressione della legge di caduta dei gravi che abbiamo
l'istante t.
presentato in dall inizio: tutti i gravi cadono con la stessa accelerazione costante.
Ma è accaduto qualcosa di davvero straordinario: se ora tentiamo di trovare l'esatta velocità in un istante qualsiasi ponendo h = 0 non dividiamo più per zero! Invece
Questa accelerazione costante è cosi importante in tutta la meccanica che la denotiamo con un proprio simbolo: g (accelerazione di gravità); cioè, possiamo scrivere tutte le formule trovate inora sostituendo g al posto di 2c:
f
'
,
,
f
otteniamo una semplice equazione per la velocità istantanea in funzione del tempo
,
V(èr)=ze£-
u(t) = 2ct
(2.9) (2.14)
lv(t) non è più soprassegnata, poiché non è più una velocità media, bensì è una
y:<
a.ì... m *<«yelQrità Kta
ni p
alnir«
iimi
(2.15)
/ni tende la velocità attedia al tendere a zero .
_
""
deOnlSIvaUojdiJEnuiQj
j
(2.16)
È un isultato importante. Tanto per cominciare abbiamo risposto a una delle f r
,
domande poste precedentemente: la legge di Galileo s(t) = et2 equivale alla legge di Nicola di Oresme cioè la velocità è davvero direttamente proporzionale al tempo di
.
,
caduta (la legge di Alberto di Sassonia secondo la quale la velocità è direttamente ,
proporzionale allo spazio di caduta, non risulta corretta; troveremo nell'esempio 1 qual è la reale dipendenza della velocità dallo spazio di caduta). Ma, alla lunga il ragionamento che conduce all'equazione (2.9) rappresenta qual,
cosa di molto più importante: è la base del calcolo differenziale Ecco qual è il concet- j s to generale. Cominciamo con il calcolare la velocità media con cui qualcosa varia .
.
Poi ci chiediamo: che cosa accade se calcoliamo quella media in un intervallo più
,
piccolo? Di solito, via via che l'intervallo diventa sempre più piccolo, la velocità di variazione media non subisce ampie e irregolari variazioni; invece tende con un ,
andamento regolare verso un valore ben definito Se ciò è vero al limite in cui l'intervallo tende a zero quel valore prende il nome di derivata o rapidità (o velocità) istantanea di variazione della funzione di partenza La derivata è l'elemento fonda-
Il valore di g in prossimità della superficie della Terra è di circa 9,8 m/s2. Su un altro pianeta o sulla Luna, g può avere un valore diverso, ma la forma della legge di caduta dei gravi è la stessa. Per esempio, se ci trovassimo sulla Luna, i gravi cadrebbero più lentamente: g sarebbe soltanto 1,6 m/s2, ma potremmo ancora usare l'equazione s(t) = %gt2 per trovare lo spazio di caduta. In realtà, le equazioni (2.14) + (2.16) valgono,
con appropriati valori di g, per qualsiasi problema in cui interviene un accelerazione '
costante, anche se la causa di tale accelerazione non è la forza di gravità. Per esprimere il fatto che l'accelerazione si ottiene dallo spazio derivando due volte, spesso si scrive
.
= s (t)
(2.17)
"
a(t) =
,
.
'
V ipy
= (tj-y
mentale con cui è costruita l'analisi matematica.
La velocità
,:
è la derivata dello spazio
rispetto al tempo. Il procedimentoj che permette di ottenere la velocità partendo dallo spazio i(f) è detto derivazione Per\ .
porre in rilievo che \){t) proviene da s{i), scriviamo '
u(0 = J (0
La notazione s" significa (sj; è detta derivata seconda di i rispetto a t. ; P fP *»qna7irmi (7 14) - (7 1 6Ì mntpngnnn ciò che Hnhhiamn conoscere ripiardQJijBSt Q d'- dtttfi dei gravi, Ogamia.di esse desrrivp. rorrFttamsnte il moto, La__ j laiionc che Ir Ifga n il onnecttft-rii deriva7Ìone Di esse, l enunciato che l accelerazio.
-
'
'
ne è costante risulterà il più importante, la chiave per comprendere la fisica sottostan-
(2.10)
Il secondo membro si legge «s primo di t» dove il segno «primo» denota la derivata di s rispetto a t. ,
te quando studieremo le leggi di Newton nei capitoli seguenti. Un quarto enunciato, la legge di Galileo dei numeri dispari, è anch'esso corretto, ma di gran lunga meno utile. Le leggi proposte da Alberto di Sassonia e da Leonardo da Vinci erano sbagliate. Attorno al 1350, molto tempo prima dell'invenzione della derivata, Nicola di Oresme era riuscito a dedurre tutte queste relazioni, usando sostanzialmente ragiona-
28 .
ACCELERAZIONE
menti geometrici. Galileo si servì di ragionamenti pressoché identici 250 anni dopo, per dedurre.di nuovo tutte queste relazioni. Egli vi aggiunse l ingrediente cruciale della verifica sperimentale e comprese che non si trattava semplicemente di un tipo di moto teorico, ma del modo in cui si comportavano realmente i gravi in caduta, o almeno si sarebbero comportati se fossero caduti nel vuoto. La derivata fu inventata un altra generazione dopo, da Isaac Newton e Gottfried Wilhelm Leibniz. La scoperta delle proprietà del moto uniformemente accelerato, per opera di Nicola di Oresme e Galileo, fu un'impresa intellettuale straordinaria. Il problema è che l aspetto semplice e costante del moto non è la posizione occupata dal grave, né '
Poi ci chiediamo: «Con quale velocità varia la velocità di caduta di un grave?» La isposta si ottiene derivando v(t) Prima vogliamo trovare la rapidità media di variazione di u(0 fra t e ; + h La .
r
Tn
.
rapidità di variazione della velocità è detta accelerazione; denotiamo con 5 l'accelera-
zione media. Quindi
,
'
'
h
È esattamente quanto abbiamo fatto con s(i). Alla fine vogliamo fare tendere h a zero
,
ma non è ancora giunto il momento. Prima introduciamo 2c(t + h):
= 2ct e v(t + h) =
è la velocità con cui si muove, bensì è la rapidità con cui acquista velocità. È un concetto difficile da pensare, e tanto più da esprimere a parole. È difficile usare la geometria. Ma l abbiamo reso molto più facile con l aiuto del calcolo differenziale, che è uno strumento ideale per questo tipo di analisi. '
'
cu = ì e /
.
2
2 LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
.
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
.
stato quello di esprimerla con precisione. Abbiamo svolto anche questo compito: abbiamo appreso che tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione costante. L accelerazione di un corpo b la rapidità di variazione della sua velocità. Il fatto
Esempio 1
'
'
che l
accelerazione di un grave è costante deriva dal fatto che la velocità di un grave
f
Un vaso di fiori cade dal davanzale di una inestra situato a un'altezza di 10 m sopra il suolo. Qual è la velocità del vaso immediatamente prima che colpisca il suolo? In base all'equazione (2.15) abbiamo che o(0 = gt. Il tempo t non è specificato, ma, risolvendo rispetto a / l'equazione (2.14) per la caduta libera troviamo che t è ,
,
legato allo spazio di caduta dalla relazione t = \/2s/g. Perciò
,
la relazione fra velocità
e spazio di caduta è
v = gt = g \/
= \/2gs
inizialmente in quiete che viene abbandonato a se stesso cresce in modo direttamente
proporzionale al tempo di caduta. La rapidità di un corpo è la velocità di variazione dello spazio percorso dal corpo. Il fatto che la velocità di un grave è direttamente proporzionale al tempo di caduta deriva dal fatto che lo spazio percorso dal grave è direttamente proporzionale al quadrato del tempo di caduta. Perciò, abbiamo in realtà tre enunciati matematici precisi della legge di caduta dei gravi. Sono tutti e tre veri, e sono legati tra loro da una delle grandi e cruciali invenzioni nel campo della matematica: il calcolo differenziale.
La legge di caduta libera dei gravi fu scoperta e formulata da Galileo Galilei un uomo brillante e arrogante che riuscì a provocare le autorità ecclesiastiche del tempo a tal punto da essere condannato agli arresti domiciliari nel suo podere vicino a Firenze, dove trascorse gli ultimi otto anni della vita ,
e la velocità dopo 10 m di caduta è u
= \/ 2 . 9
,
8
,
10m= 14 i
.
Il calcolo differenziale fu inventato da Isaac Newton e Gottfried Wilhelm Leibniz. Fu un enorme trionfo il più importante evento nel campo della matematica in ,
migliaia di anni. Ma Newton e Leibniz sacrificarono la gioia della scoperta in una disputa aspra e astiosa su chi dovesse ricevere il riconoscimento della sua paternità .
'
D
altra parte, Albert Einstein divenne un eroe popolare per un intero mondo che non pretese mai di capire ciò che egli avesse fatto o perché fosse degno di onore. Tutti questi sono iloni della storia che vedremo proseguire. Vedremo come le leggi della meccanica di Newton attribuiscono all'accelerazione un ruolo particolare e come la sua legge di gravitazione universale fa sì che l'accelerazione di gravità assuma valori diversi sulla Luna nello spazio, e persino in lieve misura sulla superficie della Terra. Impareremo come la rotazione della Terra e degli altri corpi influenza la percezione dell'accelerazione E indicheremo come si può tenere conto di correzioni complicate come quelle dovute alla resistenza dell'aria ,
f
Esennpio 2
f
f
Il vaso di fiori dell'esempio 1, nel cadere, passa davanti a una inestra sottostante con una velocità di 8 m/s. Da che altezza, al disopra di questa inestra, è caduto il
,
vaso?
La relazione ottenuta prima eliminando t dalle equazioni (2.14) e (2.15),
v = \/2gs, può essere scritta anche nella forma ,
J!L
m
_
2g
2
9,8 m/s2
Problemi
È importante notare che in questi esempi abbiamo introdotto i numeri soltanto nel'
ultima tappa dopo avere risolto algebricamente rispetto a s. Generalmente, è questo il metodo migliore per procedere sia perché la soluzione algebrica è ricca di informal
.
.
Leggi medievali della caduta dei gravi
,
,
1
.
zioni (per esempio, in questo caso ci dà s per v e g qualsiasi) sia perché, quando si inseriscono i valori numerici in una delle tappe iniziali portarli attraverso le tappe ,
Nella sua opera Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, Galileo afferma che la legge di Alberto di Sassonia non può essere esatta perché un corpo, quando viene abbandonato a se stesso non ha ancora percorso alcuno spazio e quindi, per questa stessa legge è privo di velocità. Ed essendo privo di velocità naturalmente non comincerebbe a cadere. Di conseguenza, sostiene Galileo, se questa legge fosse corretta il corpo non cadrebbe mai. È persuasivo questo ragionamento? E perché o perché no? ,
successive è un processo difficoltoso che può essere causa di errori.
,
,
,
29 .
CONCLUSIONI 2
.
Si costruiscano i diagrammi della velocità media
,
definita come
S(Q)\
f
Uno dei compiti della isica è quello di trovare princìpi fondamentali semplici ed
in funzione del tempo per le leggi di Leonardo e di Galileo.
economici, che siano capaci di spiegare il mondo complicato in cui viviamo. È quanto abbiamo fatto qui. Se abbandoniamo un corpo a se stesso, esso cade. Mentre cade, al suo moto si oppone, più o meno efficacemente, la resistenza dell aria. Se immagi'
niamo di eliminare l aria e di descrivere l
'
'
effetto della sola forza di gravità, scopriamo
3
.
I seguaci del filosofo greco Pitagora, vissuto nel VI secolo a.C, credevano che i numeri avessero una forma. Una di queste forme era il quadrato. Il primo numero
quadrato era 1 ; si potrebbe disegnare un piccolo quadrato attorno a un punto come
Potremmo accontentarci di questo fatto: dopo tutto, scoprirlo è stato un isultato impressionante. Ma, naturalmente non ci sentiamo soddisfatti. Ci chiediamo: perché
questo: Q]. Il numero quadrato successivo era 4; si può costruirlo partendo dal quadrato iniziale e aggiungendo altri punti in modo da formare un quadrato più
questo fatto è vero? Qual è la natura della forza di gravità che determina un comportamento così strano? Questa domanda si è rivelata una delle più profonde di tutta la storia della isica e ha continuato a essere posta anche nel nostro secolo inoltrato: è stata il punto di partenza da cui Albert Einstein ha cominciato a costruire la sua
grande come questo:
r
un fatto sorprendente e importante: tutti i gravi cadono con la stessa velocità. ,
famosa teoria generale della relatività.
Il numero quadrato successivo era 9; si può continuare a ingrandire il quadrato di partenza aggiungendo altri punti. (Si può anche eseguire questo procedimento usando i quadrati di un foglio di carta millimetrata anziché i punti.) Si esamini questo procedimento per 1, 4, 9, 16, 25, considerando quanti punti si aggiungono
Ma ci stiamo spingendo troppo avanti nel nostro racconto. Dopo avere saputo dell'esistenza di una legge per la caduta libera dì tutti i gravi, il nostro compito è
per formare ogni quadrato successivo. Galileo era a conoscenza di questa scoperta pitagorica. Che relazione ha essa con la sua legge di caduta libera dei gravi?
f
18
19
2
2. LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
4
.
Si faccia riferimento al problema 3. Nel sistema pitagorico esistono anche numeri
.
LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI
Dopo avere percorso un altro metro colpisce un'altra sporgenza, e così via in tappe uguali inché non colpisce la superficie dello stagno. Quanto tempo in più f
triangolari:
r
impiega la goccia di destra per raggiungere l'acqua? Si esprima la isposta per
AA
mezzo dello spazio percorso dalla goccia di sinistra e del numero di tappe percorse dalla goccia di destra.
La figura per r«-esimo numero triangolare si ottiene aggiungendo una ila di n f
i
\
punti al lato inferiore del precedente numero triangolare.
(a) Che cosa hanno a che fare questi numeri con la legge di caduta dei gravi
>
proposta da Leonardo? Si scriva questa legge nella forma s = s(t). (b) Qual è la velocità istantanea secondo questa legge? (c) Qual è l'accelerazione istantanea? 5
.
Si dimostri che, se l'equazione (2.1), s{t) = ci2, viene valutata in successive unità di tempo 1/2, 3/2, 5/2, 7/2, anziché nelle solite unità di tempo 0, 1,2, 3, lo spazio incrementale percorso in queste successive unità di tempo da un grave in caduta cresce in un modo equivalente alla legge di Leonardo.
14. Un pomeriggio, Chuang Tzu si svegliò dopo avere sognato di essere una farfalla. Si chiese se non fosse in realtà una farfalla che aveva sognato di essere una
persona. Supponiamo che avesse fatto questo sogno. Chuang Tzu era una farfalla
Legge di Galileo della caduta libera dei gravi 6
.
'
straordinariamente veloce e agile. Un giorno guardò in alto e vide un incudine 9
in equilibrio 2 m sopra il suo capo. Nello stesso istante in cui l'incudine cominciò a cadere, Chuang Tzu cominciò a volare verso di essa a una velocità di 20 m/s
Un tuffatore che si lancia da un'alta scogliera imane nell'aria 2 s prima di colpire acqua. Si calcolino i seguenti parametri del suo tuffo
(era una farfalla velocissima). Quando raggiunse l'incudine invertì istantanea-
Un corpo cade secondo la legge del quadrato del tempo di caduta. Se percorre 4
,
"
m in 1 s quanto tempo impiega per percorrere 44,1 m? / £ ,
7
.
"
.
3 i '
r
l
'
.
(a) L'altezza da cui è caduto. (b) La sua velocità media durante l'intero tuffo. 8
.
di un edificio di tre piani». Supponendo che l'autore della pubblicità intenda dire che si acquista una velocità di 50 km/h cadendo da un'altezza di tre piani si trovi l altezza esatta dell'edificio di tre piani Una palla è lasciata cadere da una torre molto alta. Dopo 1 s è lasciata cadere ,
'
.
.
incudine del sogno schiacciò la farfalla del sogno. Quanto spazio percorse la
'
farfalla nel suo volo?
,
a una velocità di soli 50 km/h ha lo stesso effetto distruttivo della caduta dall'alto
9
mente il suo moto e volò verso il suolo alla stessa velocità. Raggiunto il suolo, inverti di nuovo il suo moto e volò verso l'incudine, nello stesso istante in cui l
(c) La sua velocità media durante gli ultimi 0,5 s. Secondo una pubblicità di sedili di sicurezza per bambini «l'urto di un'automobile
'
altra palla. (a) La distanza tra le due palle, aumenta, diminuisce, o resta invariata mentre esse cadono? Si spieghi il ragionamento. un
(b) Il rapporto tra le loro velocità (tra la velocità della palla lasciata cadere per prima e quella dell'altra) aumenta, diminuisce, o rimane invariato mentre esse cadono? Si spieghi.
(c) Qual è la distanza tra le due palle dopo che la prima è caduta per 3 s? 10. (a) Si calcoli l'intervallo di tempo che un grave in caduta libera impiega per raggiungere una velocità di 80 km/s.
(b) Se il corpo della parte (a) raggiunge quella velocità immediatamente prima
Accelerazione costante
15. Un'esperienza compiuta sulla Luna determina che una piuma percorre cadendo 20 m in 5 s. Si trovi il valore di g sulla Luna. 16. Un treno merci inizialmente fermo, parte e acquista una velocità di 20 km/h mentre percorre 5 km con accelerazione costante. (a) Si trovi la sua accelerazione in kilometri all'ora quadrato. (b) Si esprima questa accelerazione in metri al secondo quadrato. ,
17. Si supponga che lo spazio percorso in funzione del tempo da un grave in caduta libera sia risultato s(t) = kt, dove k è una costante. (a) Quale sarebbe la velocità di un grave in caduta libera in un istante qualsiasi? (b) Quale sarebbe l'accelerazione istantanea del grave? 18. Per trovare la profondità di un pozzo si lascia cadere in esso un sasso. Si ode che colpisce il fondo 3 s dopo. ' (a) Si calcoli la profondità del pozzo, supponendo che il suono si propaghi con ,
velocità indefinita.
di colpire il suolo, da che altezza è stato lasciato cadere?
11. (a) Si determini quanto tempo impiega un corpo per cadere da un'altezza di 65 m
.
(b) Si trovi la velocità raggiunta dal corpo dopo avere percorso 65 m. 12. Un geologo alto 170 cm stava camminando in una grotta quando vide una goccia d acqua passargli davanti al viso e andare a infrangersi sul suolo Colto dall'ispirazione, rimase in attesa e cronometrò la successiva goccia che impiegò 0,1 s per percorrere lo spazio tra la sommità del suo capo e il suolo. Quanto era alto il
19. Sul pianeta Marte, un astronauta sta salendo lungo uno stretto camino roccioso lungo 30 m, trasportando un apparecchio. Ingombrato com'è, può soltanto cam-
,
.
10 m
,
soffitto della grotta? 13. In una certa fontana, due gocce d'acqua schizzano oltre il bordo di una vasca e cadono in uno stagno sottostante. La goccia proveniente da sinistra cade direttamente nello stagno. Quella proveniente da destra percorre 1 m colpisce una ,
sporgenza e perde istantaneamente tutta la sua velocità poi icomincia a cadere. ,
-
(b) Si calcoli la profondità, supponendo che la velocità dei suono sia 300 m/s.
'
r
20
T
21
2 LA LEGGE DI CADUTA DEI GRAVI .
minare carponi in su o in giù lungo il camino alla stessa velocità costante
.
All'im-
provviso vede che un sasso, situato a 10 m sopra il camino, comincia a cadere verso di lui. Si rende conto istantaneamente che può a malapena fuggire carponi dall'una o dall'altra estremità del camino Di quanto si era inoltrato nel camino? .
CAPITOLO 3
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI È utilissimo che si conoscano le origini delle invenzioni memorabili, specialmente di quelle che sono state concepite non per caso ma attraverso lo sforzo e la meditazione... Una delle più nobili invenzioni del nostro tempo è stata un nuovo tipo di analisi matematica, chiamata calcolo differenziale.
Gottfried Wilhelm von Leibniz, Histoia et Origo Calculi Differentialis (1714) r
3 1 LO SVILUPPO DEL CALCOLO DIFFERENZIALE .
Dopo l'avvento dell'algebra nel XVI secolo le scoperte matematiche inondarono Le più importanti furono il calcolo differenziale e il calcolo integrale, metodi nuovi e audaci per affrontare una miriade di problemi che avevano sfidato le migliori menti di tutto il mondo per più di 2000 anni. Il calcolo differenziale si occupa di concetti quali la velocità, la velocità di accrescimento, le tangenti e la curvatura, men,
l'Europa.
tre il calcolo integrale tratta argomenti come l'area, il volume, la lunghezza di un arco e i baricentri. '
opera iniziata da Archimede nel III secolo a.C. inì col condurre alla nascita f
L
del calcolo integrale nel XVII secolo. Questo sviluppo ha una storia lunga e affascinante, che esamineremo in modo più particolareggiato più avanti. Il calcolo differenziale ha una storia relativamente breve. Il concetto di derivata
fu formulato per la prima volta all'inizio del XVII secolo, quando il matematico francese Pierre de Fermat tentò di ideare un metodo per trovare i valori minimi e i valori massimi di una funzione data. Egli immaginò il diagramma (o grafico) di una funzione avente, in ciascuno dei suoi punti, una direzione data da una tangente, come è indicato dai punti contrassegnati nella igura 3.1, e notò che la tangente è orizzontale nei punti come A e C, dove la funzione ha un massimo o un minimo. Questa f
22
osservazione pose in evidenza l utilità di avere un metodo generale per trovare il '
coefficiente angolare (o pendenza) della tangente in un punto arbitrario. Questo metodo fu la derivazione. Fermat lo trovò nel 1629, lo comunicò a Descartes nel 1638 e
lo pubblicò nel 1642.
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3
.
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
Per essere precisi, supponiamo che la collina abbia la forma di una parabola, y{x) = x2 Per i due punti che useremo per calcolare il coeficiente angolare scegliamo .
A x
s
B
.
= x e x,
= x + h Stiamo usando h come simbolo alternativo a Ax, come abbiamo .
fatto nel capitolo 2. I corrispondenti valori di y saranno yi = y(x) e y2 = y(x
coeficiente angolare medio =
Figura 3.1
-
h). Il
coeficiente angolare del segmento rettilineo congiungente i due punti è
Una curva e le sue tangenti in vari punti.
Ay
y(x + h)-y(x)
Ax
(x + h) - x
(3.2)
Sostituendo y(x) = x2 e y{x + h) = (x + h)2, troviamo Ay
coeficiente angolare medio =
Ax
3 2 DERIVATE E COEFFICIENTI ANGOLARI DELLE TANGENTI
-
(x+/z)2-x2 (x + h) - x
.
Per avere presente un esempio concreto immaginiamo che x, nella igura 3.1, rappresenti la distanza orizzontale dalla nostra abitazione e che y(x) rappresenti la quota sopra la nostra abitazione. La ipidità della curva risulta particolarmente notevole se ci rechiamo a scuola in bicicletta. Vogliamo esprimere questa ipidità con un numero detto coefficiente angolare, o pendenza della curva. Il coefficiente angolare, o pendenza del segmento rettilineo congiungente i punti
2xh + h2
r
f
,
2x + h
(3.3)
r
*
,
,
Poiché h è scomparsa dal denominatore, ora possiamo fare tendere , ottenendo il coeficiente angolare in un punto qualsiasi della parabola:
a zero,
f
(*,, y,) e (x2, y2) è
coeficiente angolare = 2x
f
coeficiente angolare = --x2-xl
Nel caso più generale di una curva si può trovare un valore medio del coefficiente angolare tra due punti approssimando la curva tra i due punti con una retta come è indicato nella igura 3.2. Denotiamo con Ay la distanza verticale tra i due punti, e con Ax la distanza orizzontale. Il coefficiente angolare del segmento rettilineo congiungente i due punti (detto corda) è dato da
Questo risultato può apparire familiare, e in verità lo è: abbiamo appena calcolato la derivata y'(x) della funzione y(x) = x2 rispetto a x [esattamente come abbiamo calcolato la derivata della funzione spazio percorso s(t) - et2 rispetto a t nel capitolo 2 trovando s'(t) = 2ct]. Ma ora abbiamo un'interpretazione geometrica, indicata nella successione di diagrammi della igura 3.3. Al tendere di h a zero, x + h tende a x e la corda si avvicina sempre più a una retta passante per (x, y) e avente coefficiente angolare 2x. Questa retta è detta tangente in (x, y), e il numero 2x è il suo coeficiente
coefficiente angolare medio =
angolare.
,
f
f
,
f
,
= Ax
(3.1)
x2 - x,
>'(*} 2
corda
I
Figura 3.3 Figura 3.2
Diagramma di una funzione con i punti indicati per
La tangente è la posizione limite a cui tende la corda '
quando un estremo si avvicina all altro.
determinare il coefficiente angolare di una corda.
t
In altre parole, la retta passante per (x, y) e avente coefficiente angolare y' (x) è, per definizione, la ìngente alla curva nel punto (x, y). Quindi, geometricamente, la derivazione ci dà il coefficiente angolare della tangente in ogni punto della curva. E questo il collegamento che Fermai cercava e che ci offre un interpretazione geometrica della derivazione. Nei punti particolari A e C della figura 3.1, in cui la funzione ha un massimo locale o un minimo locale, il coeficiente angolare y' (x) = 0.
Ma un ciclista vuole conoscere qualcos'altro, oltre al coefficiente angolare medio tra, per esempio, la sua abitazione e la scuola. In particolare quando sta pedalando
'
f
f
f
in salita, il coefficiente angolare nel punto in cui si trova sembra più importante del coeficiente angolare medio: è il coeficiente angolare locale che determina quanto
Se la collina è semplicemente una retta con coeficiente angolare m, allora y (x) = mx + b e il coeficiente angolare medio tra due punti qualsiasi è
Abbiamo incontrato un problema analogo nello studio della caduta dei gravi quando abbiamo voluto conoscere non soltanto la velocità media del grave in caduta,
f
f
energicamente deve pedalare.
ma anche la velocità in un determinato istante (velocità istantanea). Partendo dalla
Ay
velocità media e facendo tendere a zero l intervallo di tempo, abbiamo trovato la
Ax
velocità istantanea, che era una derivata. Useremo un metodo analogo per trovare il coeficiente angolare della collina in ogni singolo punto.
e quindi anche il coefficiente angolare in ciascun punto della retta è m: y (x) = m.
m(x + h) + b - (mx + b) _
f
'
_
=
m
'
25
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
.
3 3 NOTAZIONE DI LEIBNIZ. DEFINIZIONE ANALITICA DELLA DERIVATA .
Esempio 1 Per la funzione sottostante come si può costruire almeno grossolanamente, un diagramma della sua derivata? ,
,
Un altro modo di scrivere la derivata, invece di y' (x), è dy/dx. È la notazione inventata da Leibniz; vediamo qual è la sua origine. La derivata dy/dx denota il limite* a cui tende Ay/Ax quando Ax tende a zero:
dx 1
a*-»o Ax
k-Mi
(3.4)
h
8 '
L
equazione (3.4) è la definizione analitica della derivata e può essere usata per
f
calcolare la derivata di qualsiasi funzione che si incontra in isica. È facile verificare f
Usando il concetto che la derivata di una funzione in un punto è il coeficiente angolare della tangente in quel punto possiamo stimare i coeficienti angolari delle tangenti nei punti 1- -8. Nel punto 1 il coeficiente angolare è grande e positivo (la funzione è ripida); nel punto 2 è ancora positivo ma minore; nel punto 3 è nullo; nel f
,
+ b possono essere scritti nella notazione di Leibniz nel modo seguente:
f
,
che corrisponde alle tappe che abbiamo percorso per calcolare ogni esempio che abbiamo incontrato finora. I risultati per la parabola y {x) = x1 e per la retta y (x) - mx
,
punto 4 è negativo; e così via. Costruendo graficamente questi punti e congiungendoli
d
,
-
dx
(jc2) = 2jc,
d
-(mx + V) = m dx
con una linea regolare otteniamo il seguente diagramma: ,
'
y
Leibniz considerava la derivata dy/dx come un quoziente di quantità «infinitesime» dy e dx, che egli pensava inimmaginabilmente piccole e tuttavia non esattamente uguali a zero. Questo concetto suscitò un'animata controversia durante i primi decenni del calcolo infinitesimale, poiché né Leibniz né i suoi seguaci erano in grado di offrire una definizione soddisfacente degli infinitesimi. Alla fine la controversia venne risolta con l introduzione della teoria dei limiti, la quale trattava dy/dx come' un unico simbolo, anziché come rapporto di infinitesimi. Ciò nonostante, l idea di Leibniz di trattare dy/dx come se fosse una frazione, costituita da dy diviso per dx, è tuttora diffusa poiché spesso conduce a risultati corretti che, senza l'uso degli infinitesimi, potrebbero essere ottenuti soltanto con un grande sforzo. Talvolta, la notazione funzionale y' (x) è preferibile alla notazione di Leibniz dy/dx, poiché specifica esattamente dove si vuole calcolare la derivata. Per esempio, se y (x) = 2x, allora y'(4) = 8. Nella notazione di Leibniz, l'ultima equazione
M
,
8
'
'
'
'
Esempio 2 Si costruisca un diagramma grossolano della derivata seconda della funzione dell
(4) = 8 si scriverebbe nella forma meno comoda
dy
'
esempio 1.
dx
Come abbiamo visto nel capitolo 2 la derivata seconda è la derivata della deriva-
,
,
ta (prima). Perciò è il coeficiente angolare della tangente della derivata prima in
f
,
ciascun punto. Usando questo concetto stimiamo che y" (x) ha la forma presentata ,
qui.
La barra verticale accanto al simbolo dy/dx, con x = 4 come pedice, specifica il punto in cui viene valutata la derivata. Questo simbolo ingombrante non verrà usato in questo libro; però, essendo presente nella letteratura, deve essere conosciuto dal lettore.
3 4 REGOLE DI DERIVAZIONE E DERIVATE Di FUNZIONI SPECIALI .
8
Abbiamo presentato qualche semplice esempio in cui la derivata-è'utile, ma la potenza del calcolo differenziale sviluppato da Newton e Leibniz sta nel suo ampio campo di applicabilità a funzioni più complicate. Per questa potenza sono essenziali alcune semplici regole di derivazione. Newton e Leibniz compresero che le funzioni complicate sono spesso composte da funzioni semplici, che vengono sommate, sottratte, moltiplicate, o divise. Di conseguenza, le regole di derivazione riguardano i modi in cui le funzioni vengono costruite.
i
Questo esempio illustra tre possibili circostanze in cui y'(x) = 0: un massimo [y (x) < 0 come nel punto 3], un minimo [y (x) > 0 come nel punto 7], un punto di lesso {y" {x) = 0 come nel punto 5].
Consideriamo anzitutto la derivata della somma di due funzioni, y(x) + z(x).
"
f
"
In questo libro il concetto di limite è usato in modo intuitivo, che è suficiente per i nostri scopi. Una più sistematica trattazione dei limiti si può trovare nella maggior parte dei *
manuali di analisi matematica.
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
.
Fisicamente
,
L
y(x) potrebbe rappresentare la quantità d'acqua in un barile in funzione
della precipitazione piovosa x e z(x) potrebbe rappresentare la quantità d'acqua in
uso dei limiti mostra perché l equazione (3.6) è corretta. Infatti, applicando la
'
'
definizione di derivata, abbiamo che
,
un altro barile di forma diversa. L'intuizione ci dice che la variazione della quantità d acqua totale nei due barili in corrispondenza di una variazione della precipitazione '
'
piovosa, [y(x) + z(x)] è semplicemente la somma delle variazioni di ciascuna quantità, y'(x) + z'(x). Per dimostrarlo, applichiamo la definizione di derivata, espressa nell equazione (3.4), alla somma: ,
dx
(x + A*) - x
'
=
lim
y Az + z Ay + Ay Az Ax
dx
[yU + h) + z(x + h)} - {y{x) + z{x)}
(>' + z) = lim
=
o
v(* + h) - \ix)
= lim 1
,
:
-o
+ lim
h
h
dy
dz
dx +
dx
.
Ay
lim it->0
Ax
+ z -r- +
Ay Az
Ax
Ax /
2{x + h) - z{x)
h-.Q
dz
h
dy
Ay Az
= y dx - + z dx -f + it-o hm
(3.7)
Ax
(3.5) L
'
ultimo termine corrisponde al rettangolino nell'angolo. Possiamo scriverlo nel-
la forma
Una seconda regola riguarda la derivata di un prodotto di due funzioni d(yz)/dx. ,
Per esempio, se un rettangolo ha lati di lunghezza y(x) e z(x) che si dilatano al crescere della temperatura x d(yz)/dx è la rapidità di variazione dell'area rispetto alla temperatura. Possiamo trovare questa derivata servendoci dell'intuizione come fece New,
lim Ay
a*-o
oppure nella forma lim Az
\ Ax
Ax-~0
,
,
ton.
f
La igura 3.4a presenta un rettangolo con lati y e z e area yz. Se y cresce di una piccola quantità Ay e z di una piccola quantità Az, l'area cresce come è indicato nella igura 3.4b.
Poiché sia Ay -0 sia Az-*0 per Ax-K), il termine in più è il prodotto di una quantità che tende a 0 per una quantità che tende a una derivata. In altre parole, l ultimo limite è 0, e otteniamo l equazione (3.6). Ecco perché Newton aveva ragione a trascurare il rettangolino nell angolo. Sia Newton sia Leibniz applicarono la regola di derivazione di un prodotto di funzioni per trovare la derivata della funzione potenza y(x) = x", dove « è un numero intero. Illustriamolo nel caso della funzione y(x) = x3, che possiamo scrivere nella '
f
'
'
,
Ay|
y
|
|
y 2
2
forma x x3. Sappiamo già che dxldx = 1 e che d{x2)ldx = 2x, e quindi la regola di Az
(a)
derivazione di un prodotto di funzioni ci dà
(b)
Figura 3.4 (a) Rettangolo di lati y e z e area yz (b) Aumento dei lati e dell'area del rettangolo.
dx
.
Lo stesso ragionamento dimostra che d(xf)ldx = 4x3, d(x5)/dx = Sx4, e così via.
La variazione dell'area è composta da tre elementi:
Ciò che emerge è la regola di derivazione di una funzione potenza:
A )= dx
Az
z
A i-|
area z Ay
|
Ay |
(x3) = dx (x-x2) = x(2x) + (x2)l = 3x2 (3.8)
-\- rettangolino di area (Ay) (Az)
e anche per n = 0, Essa vale per ogni numero intero positivo n = 1 2, 3, poiché la derivata di una costante è nulla. Newton iuscì a dimostrare che la regola r
,
y
- - area y Az
di derivazione di una funzione potenza vale anche per esponenti negativi. In realtà, l equazione (3.8) vale per tutti i valori di n, positivi o negativi, interi o no. Un'altra regola di derivazione riguarda la derivata di una funzione che è essa stessa una funzione di un'altra funzione. Supponiamo, per esempio, di denotare con y il cammino percorso da un automobile e con x la quantità dicarburante che consuma. Il cammino percorso dall automobile dipende dalla quantità di carburante che consuma; in altre parole, y è una funzione di x. E, mentre procede, l automobile consuma carburante, e quindi x varia con il tempo: x è una funzione di t. Se sappiamo che questa automobile percorre 5 km/1 e che consuma carburante con una rapidità di 10 1/h, possiamo calcolare facilmente che marcia a una velocità di 50 km/h: '
Az
*'
'
'
In altre parole, la variazione del prodotto yz è y volte la variazione di z, più z volte la variazione di y più un rettangolino nell'angolo, di area Ay Az, che è molto piccolo rispetto agli altri due rettangoli. Ciò condusse Newton a enunciare la seguente regola di derivazione di un prodot,
to di funzioni: la derivata di yz è uguale al prodotto di y per la derivata di z più il prodotto di z per la derivata di y. In simboli,
'
.
km
d
lx{yZ)
di
dy
=y7x + Zlx
10 -L = 50 h
(3.9)
h
<3£i>
Che cosa è accaduto al rettangolino nell'angolo? Newton scelse di trascurarlo: sapeva di avere ragione, ma non offrì alcuna dimostrazione.
Nel linguaggio delle funzioni e delle derivate 5 km/1 = dyfdx, 10 1/h = dx/dt, e 50 km/h = dy/dt, e quindi ,
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3. IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI dy dx
dy
IxTt
dt
.
spendente sulla cosinusoide. Le dimostrazioni si possono trovare in qualsiasi manuale di analisi matematica.
(3.10)
In molte applicazioni, 9 è una funzione di un'altra variabile, per esempio del tempo t. La regola di derivazione di una funzione di funzione ci permette di scrivere
'
L equazione (3.10) che abbiamo scritto basandoci su un caso particolarmente semplice ha validità generale. Questo risultato è detto regola di derivazione di una ,
,
funzione di funzione o regola di derivazione di una funzione composta. La ragione per cui questa regola è valida è che dyldx è il limite a cui tende Ayl&x
d -
dt
d
d%
M
dQ
dt
dt
sin 6(0 = -sin 9(0 - = cos 9(0 -
al tendere di Ax a zero e dxldt è il limite a cui tende àx/At al tendere di Ar a zero Se Ai e Ax non sono nulli possiamo formare il prodotto delle frazioni ordinarie:
.
In particolare, se 9(0 = bt, dove b è una costante, abbiamo che cfà/dt = b, e quindi
,
Aj Ax A/
d
(3.11)
Ar
-
dt
sin(bl) = b cos(bt)
Al tendere di A; a zero anche Ax tende a zero, poiché Ax = (àxlàt)At Passando ,
.
Enunciamo anche (senza dimostrazione) le derivate di altre due funzioni che si
al limite nell'equazione (3 11), otteniamo .
dy dx
dy
dx dt
dt
incontrano spesso:
(3.12)
In questa equazione possiamo pervenire alla risposta corretta, trattando dy/dx come se fosse una frazione ordinaria ed elidendo dx in dy/dx e dx/dt ,
7x(eX)
= e"
(3 15) -
.
Oltre alle funzioni potenza in fisica si presentano spesso parecchie altre funzio,
ni. I fenomeni che sono ciclici o ripetono il loro moto possono essere descritti como
-
damente per mezzo di funzioni periodiche cioè per mezzo delle funzioni trigonome,
triche: seno coseno e loro combinazioni. Perciò, dobbiamo conoscere le loro derivate I risultati che enunciamo senza dimostrazione sono i seguenti: ,
,
£(lnx) = £(log,x) = i
,
.
x>0
(316)
,
Esse, insieme alla regola di derivazione di una funzione di funzione, ci forniscono le formule più generali -
(sin 8) = cos
(3.13)
d
,
dx
-
(cos 9) = -sin i
u,
du
(e") = e" -
-
dx
(3.14)
dove 9 è misurato in radianti
.
L'equazione (3.13) è illustrata nella igura 3.5 f
.
Il coeffi-
ciente angolare in ogni punto della sinusoide è uguale all'ordinata del punto corri
dx
u dx
-
dove u è una funzione di x.
La funzione esponenziale e* è particolarmente notevole per quanto la principale ragione della sua ampia applicazione a vari fenomeni in cui interviene la crescita di quantità fisiche {popolazione, denaro in banca, ecc.) è il comportamento della sua derivata. Qualsiasi quantità che cresca con una rapidità direttamente proporzionale a se stessa verrà descritta da una funzione esponenziale. Il simbolo In x o log,, x che
figura nella (3.16) è il logaritmo naturale o logaritmo in base e* 2,71828... .* Mediante un'attenta applicazione delle regole di derivazione e delle derivate dì sin 6, e e*, si può derivare facilmente la maggior
d sin S
alcune funzioni speciali come x
"
d8
,
parte delle funzioni che si incontrano in fisica; è impossibile e non è necessario man dare a memoria ogni derivata che esista, in quanto la maggior parte di esse può essere calcolata. Dopo un po di pratica, il procedimento per calcolare le derivate diventerà -
'
-
2*
-3i ri
una seconda natura. Riassumiamo nel iquadro e nella tabella 3.1 le regole che abbiamo imparato e le derivate di tutte le funzioni speciali che useremo in questo libro. r
30
-jt
ytn I
-
2ir
-
*
Occorre tenere presente che nei manuali di analisi matematica e nelle tavole matematiche è
scritto spesso log x in luogo di In x, mentre in alcuni libri tecnici la notazione log x è riservata Figura 3.5
Significato geometrico della derivata di sin 8
.
ai logaritmi in base 10.
IL UNtiUAUCàlO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3
.
s
dy
dz
dx
dx
grazione.
(3.5)
REGOLA DI DERIVAZIONE DI UN PRODOTTO DI FUNZIONI d -
dx
dz
dy
dx
dx
(yz) = y- + z-Z .
,
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
mento con cui si trova una funzione o una quantità la cui derivata è nota è detto inte-
REGOLA DI DERIVAZIONE DI UNA SOMMA DI FUNZIONI dx
,
(3.6)
Nel problema in questione, conosciamo una funzione del genere, e cioè v(t) = gt. Un'altra è u(t) = 3 + gt, e un'altra ancora è v(t) = -5 + gt. In realtà, se prendiamo i>(t) = C + gt, con C una costante qualsiasi, dv/dt = g, e quindi vediamo che esistono molte funzioni siffatte, una per ogni valore di C. Ciò è tipico del procedimento di integrazione indefinita. Una funzione non è
determinata in modo unico dalla sua derivata, poiché possono esistere molte funzioni
REGOLA DI DERIVAZIONE DI UNA FUNZIONE DI FUNZIONE
che hanno la stessa derivata; ma è facile vedere che due qualsiasi di esse possono differire soltanto per una costante. In realtà, se due funzioni g(t) e /(?) hanno la stessa
dy
dy dx
derivata, g'(t) = f'(t), la loro differenza g(t) -f(t) ha la derivata 0, la qual cosa significa
dt
dx dt
.
(3.12)
che la differenza non varia, e quindi la differenza g(t) - f(t) = C, dove C è una
costante. Quindi, g{t) = f(t) + C. In altre parole, se f(t) è un integrale indefinito di '
f (t), allora tutti gli integrali indefiniti sono dati da f(t) + C, dove C è una costante arTabella 3
.
bitraria.
1 Derivate di funzioni speciali usate
Nel nostro problema della velocità, la costante C ha un significato isico specifif
r
f
in isica (b appresenta una costante) Funzione
Derivata
yU!
v ( v) = dvidx
x"
nx"
sin bx
b cos bx
co: rappresenta la velocità quando t = 0, cioè, la velocità iniziale i>0. Perciò, tra tutte le possibili funzioni v(t) = C + gt con derivata g, scegliamo quella per cui C= v0 e otteniamo
'
.
v = v0 + gt
>
-
Ripetiamo ora il procedimento. Sapendo che v = u0 - gt e che ds
cos bx
e
~
"'
log
b sin bx
V = 7t
be'"
,
x = In jc
'1
x
vogliamo trovare s(t), un integrale indefinito di v. Anche in questo caso, conosciamo
(o possiamo congetturare) un integrale indefinito del genere, e cioè s = i>0t + -
(x > 0)
2>
poiché la sua derivata è v0 + gt. Ma sappiamo anche che tutti gli integrali indefiniti devono essere uguali a questo integrale indefinito più una certa costante C, e quindi 2
3
.
s = C + v0t + \gt
5 INTEGRAZIONE INDEFINITA L'INVERSO DELLA DERIVAZIONE ,
In questo caso, la costante C rappresenta la posizione iniziale all'istante ( = 0, che
Nella trattazione del moto di caduta libera dei gravi nel capitolo 2, siamo partiti dalla conoscenza della funzione spazio di caduta s(t) (lo spazio percorso da un grave in caduta libera in un dato intervallo di tempo t) poi abbiamo preso la sua derivata per trovare la velocità del grave v(t) = dsldt (la rapidità con cui il grave cade) poi ,
,
,
abbiamo preso la derivata della velocità per trovare la sua accelerazione a(t) = duldt (la rapidità con cui il grave acquista velocità). Ma non sempre conosciamo la posizione in funzione del tempo Come abbiamo sottolineato nel caso della legge di caduta libera dei gravi il più importante enunciato .
,
di questa legge è quello espresso per mezzo dell'accelerazione: '
a = g
(3.17)
chiamiamo s0. Otteniamo così la funzione posizione richiesta. 2
s = s0 + y0( + \gt
In questo caso, la posizione iniziale 50 = s(0) è misurata a partire da qualsiasi punto che scegliamo come origine delle nostre coordinate, e v0 = L>(0) è la velocità iniziale impartita al corpo all'istante ; = 0. Se il corpo è inizialmente in quiete, va = 0. Il successo di questo metodo dipende dalla capacità di trovare gli integrali indefiniti. Trasponendo le colonne della tabella 3.1, otteniamo (con modificazioni di secondaria importanza della notazione) la tabella di integrali 3.2. La derivata di ciascuna funzione scritta nella colonna di destra è la corrispondente funzione-nella colonna di sinistra.
Supponiamo di partire da questa legge fondamentale e di cercare di determinare la velocità v e la posizione i all'istante / Poiché a - dv/dt, la legge fondamentale stabili.
sce che
3 6 INTEGRAZIONE INDEFINITA E QUADRATURA .
dv dt
Un famoso problema dell'antichità, che sfidò i migliori intelletti del mondo per quasi 2000 anni, fu quello della quadratura: data una regione con contorni curvi, trovare un quadrato avente la stessa area. Uno dei più importanti eventi nella storia della matematica fu la scoperta, fatta da Newton e Leibniz, che l antico problema della '
.
,
f
sia la costante g. Ciò è tipico di molti problemi di isica in cui si tenta di determinare qualcosa partendo dalla sua rapidità di variazione, ossia dalla sua derivata Il procedi.
'
quadratura poteva essere risolto con l aiuto dell integrazione indefinita. Non è affatto evidente che tra la quadratura e la derivazione esiste una relazione: '
la quadratura riguarda l'area, mentre la derivazione iguarda la rapidità di variazione. Possiamo scoprire la relazione che le lega esaminando alcuni esempi semplici. r
e noi vogliamo trovare v Perciò, trovare v è semplicemente questione di invertire dv/dt, ossia in altre parole, di trovare una funzione v(t) la cui derivata rispetto a t
33
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI .
Tabella 3.2 Integrali indefiniti usati in isica (b f
Tracciamo ora il diagramma della funzione velocità, che è una retta di coefficiente angolare g nella igura 3.8a, e calcoliamo l'area della regione situata sotto il suo diagramma dall'istante 0 all'istante qualsiasi t. Questa regione, ombreggiata nella igura 3.8b, è un triangolo di base t e altezza gt, e quindi la sua area (metà del f
e C denotano costanti) Funzione
f
Integrale indefinito
prodotto della base per l altezza) è --gt2, una nuova funzione di t. '
bx"
b n +
\
+C
(« # - 1)
1
v - velocità
o
1
cos bx
sin bx + C
i
(b * 0)
-
b
-
-
cos bx + C
(6
b
>»
i
01
Figura 3.8
g'
I
(a)
0)
(b * 0)
e
area
altezza. = gt 0
sin bx
0»
Curva della velocità di un grave in caduta libera
inizialmente fermo: (a) diagramma della funzione velocità v(t) = gt, (b) '
area della regione compresa tra il diagramma e l asse t. 1
in x + C
( v > 01 .
Anche in questo caso, vediamo che questa funzione area è un integrale indefinito
X
della funzione da cui siamo partiti. L'area -?'2 è uguale allo spazio di caduta nell'intervallo di tempo t.
La igura 3.6 presenta il diagramma dell'accelerazione costante di un grave in
La relazione tra area e integrazione indefinita ivelata da questi due esempi non è semplicemente un caso: è il concetto che sta alia base della sbalorditiva scoperta r
caduta libera: a = g.
fatta da Newton e Leibniz.
Per esplorare ulteriormente questo concetto, cerchiamo di calcolare l'area del segmento parabolico presentato nella figura 3.9. La curva (parte di una parabola) è il diagramma della funzione y = x2, e vogliamo trovare l'area della regione compresa tra la curva e l'asse x, tra x = 0 e x = t. Questa regione (ombreggiata nella igura 3.9) è detta segmento parabolico di base t e altezza t2.
f
a - accelerazione
2
tempo
Figura 3.6
Diagramma dell'accelerazione costante.
Calcoliamo l'area della regione compresa tra questo diagramma e l'asse dei tem'
pi. Quest area dipende, naturalmente da dove partiamo e da dove ci arrestiamo. Supponiamo di partire all'istante 0 e di fermarci all'istante t Allora la regione considerata è il rettangolo ombreggiato della igura 3 7 e la sua area è semplicemente gt, il prodotto della base per l'altezza. Se consideriamo che t sia non un numero fisso bensi una variabile, allora l'area gt è una funzione di / che possiamo chiamare funzio-
X
0
,
.
.
,
,
ne area. Questa funzione ha derivata g e quindi è un integrale indefinito della funzione costante a(t) - g da cui siamo partiti Ma un integrale indefinito dell'accelerazione è la velocità, e quindi in questo caso, la funzione area gt rappresenta la velocità di un grave in caduta libera a partire dalla quiete: .
,
velocità - v(t) = gt
Figura 3.9 Segmento parabolico di base / e altezza r2. Dalla igura 3.9 risulta chiaro che l'area del segmento parabolico è minore di quella di un triangolo avente la stessa base e la stessa altezza. Questo triangolo ha area del segmento parabolico è minore di yf3 Di quanf
f
.
f
3
area -L- t(t2) = - -P, e quindi l
'
.
,
to è minore?
Con un ingegnoso ragionamento geometrico, Archimede (287-212 a.C.) diarea è esattamente - r3: fu il primo a risolvere il problema della quadra'
mostrò* che l
-
'
tura per un segmento parabolico. Risolveremo ora lo stesso problema mediante l integrazione indefinita. -
area della regione « gt tempo
Figura 3.7 0 e t.
Area della regione compresa tra il diagramma e l'asse x, tra
Denotiamo con A(t) l'area del segmento parabolico. È la funzione che cerchiamo di determinare mediante l'integrazione indefinita e quindi cerchiamo di trovare la sua derivata dA/dt. Teniamo presente che la derivata dA/dt è il limite del rapporto
Una descrizione del ragionamento di Archimede si può trovare in: A. Rosenthai, «The History of calculus», American Mathematical Monthly, voi. 58 (1951), pp. 75-86. *
3
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI .
.
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
Leibniz risolvettero il problema della quadratura nel caso di un segmento parabolico:
A(t + h) - A(t)
dopo tutto Archimede l'aveva già fatto circa 2000 anni prima. Invece, l'importanza ,
h
al tendere di h a 0. Il numeratore di questo rapporto è la differenza di due aree,
'
l
della loro scoperta sta nel fatto che lo stesso metodo è applicabile quando la parabola viene sostituita con una qualsiasi curva continua e regolare Il ragionamento si svolge come segue: sia f{x) una funzione il cui diagramma giace al disopra dell'asse x come è indicato nella igura 3.12 e sia A(() l'area della regione ombreggiata compresa tra x = aex=t La differenza A(t + h) - A(t) è l'area della regione ombreggiata nella figura 3 13a, e la igura 3.13b presenta un rettangolo di altezza f(x) e di stessa area Perciò
area
.
di un segmento parabolico di base t + h e l'area di un segmento parabolico di base t.
f
Questa differenza è presentata nella figura 3.1 Oc.
.
.
f
.
area A{t+h) - A{l)
area/!(!+«
A(t + h) - A{t) = kf(x)
rea A(t)
0
t
0
t*h
(a)
t
'+'"
(b)
(0
fM
Figura 3.10 A(t + h) - A(t) è la differenza tra le aree dei due segmenti parabolici. '
L
Nella igura 3.11 abbiamo costruito un rettangolo avente un area uguale a quella '
area A(t) della regione compresa tra la curva y - f(x) e
'
f
l asse x tra x - a e x - t.
della regione della igura 3.1 Oc: esso ha base h e altezza x1 per un certo valore (incof
«
P:#*1?S rettangolo -/(*)
are3
!
A{t + h)-Ad)
'
j t - " altezza del
}
'
v
i
r-rh
i
Figura 3.13
'
x
: + h
(b)
/ + h
(a) Una regione con area A(l + h) - A(t) (b) Un rettangolo .
con la stessa area.
Figura 3.11 Un rettangolo la cui area è uguale a A(t + h) - A(t). L
rettangolo = h f(x)
rettangolo = hx2 (a)
t
,
rettangolo - x2
\ .- area del <
areadel
i !
/ j
-
f
altezza del
-
gnito) di x compreso fra / e ( + h.
È lo stesso risultato che abbiamo ottenuto nell'equazione (3.18)
area del rettangolo è hx2 e quindi abbiamo
ora sostituito da f(x). Dividendo per h e ponendo A-0
,
A(l + h) - A{t) = hx2
,
tranne che x2 è
troviamo
(3-18) dA
= m
ossia, dividendo per h, A(t + K)-A(t)
x7
(3 19) .
Di conseguenza se P(j) è un integrale indefinito di f(t\ allora
h
,
per un certo valore di x compreso fra t e ( + h. Ora facciamo tendere h a 0 e vediamo ciò che accade a questa equazione. Il primo membro diventa dAldt, e x2 diventa t1 .
In altre parole, abbiamo dimostrato che
A(t) = P(t) + C
(3 20) .
per una certa costante C. Ma, poiché l'area A{t) è nulla quando t = a, troviamo che C = A(a) - P(a) = -P(a) e quindi l'equazione (3 20) diventa .
dA
A(l) = P(t) - P(a)
ossia che la derivata di A{() è t1 Perciò, A(t) deve essere un integrale indefinito di t2. .
Ma sappiamo che tutti gli integrali indefiniti di t1 hanno la forma -L?3 + C per una
-
(3 21) .
Questa formula offre la regola semplice e diretta per trovare le aree. Volendo trovare l'area della regione compresa tra una curva y = f(x) e l'asse x tra x = a e x = t, prima si trova un integrale indefinito della funzione data e cioè una qualsiasi ,
,
funzione P(x) la cui derivata è /(x): allora l'area richiesta è semplicemente uguale
certa costante C, e quindi
,
alla differenza tra P(t) e P(a)
.
A(f) = ir3 + C 3
Ma, quando t = 0, l'area è 0 e quindi C = 0; perciò, troviamo che A(t) = yi
.
Abbiamo
ottenuto la formula di quadratura di Archimede usando l integrazione indefinita! La ragione per cui questa scoperta è importante non è il fatto che Newton e '
Esempio 3 Si calcoli l'area della regione compresa tra un arco della curva y = sin x e l'asse x (l'area ombreggiata nella figura).
area A (/)
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
.
Tutti i risultati che abbiamo ottenuto precedentemente per la funzione area Ad) possono essere espressi adesso nella notazione di Leibniz per l'integrale. Per esempio,
un integrale indefinito di sin x La funzione P{x) = -cos x è un integrale indefinito,
la formula per la quadratura del segmento parabolico diventa:
r
Sia A(t) l'area compresa tra x = 0 e x - t. Vogliamo trovare (rc), ma non richiede più sforzo trovare A(i) per ogni t compreso tra 0 e %: tutto ciò che ci è necessaio è poiché P (x) = sin x. Perciò, per la formula (3.21), abbiamo '
A(t) = P(t) - P(0) = -cos t + cos 0 = 1 - cos t
x
2 dx = ir3
Quando t = n, otteniamo '
L equazione (7.1) la quale ci dice che la derivata della funzione area Ad) è la funzione /(?) da cui siamo partiti diventa ora ,
A(ir) = 1 - cos -ir = 1 - ( - 1) = 2
,
-
at Ja
(3.22)
/(x) dx = fd)
Esempio 4 x, tra x - a e x = t, dove n è un numero intero positivo e 0 < a <, t. (Questo diagramma è detto talvolta parabola generalizzata.)
Anche in questo caso, tutto ciò che ci è necessario è un integrale indefinito di x". Un integrale indefinito del genere è P(x) = x"+I/(/i + 1), e quindi l'area A(t) tra x = a e x = t è uguale a r" + 1
A(t) = Pd) - P(a) =
-
n +
a"4"1 ;
Questo risultato affascinante, che pone in relazione la derivata con l'integrale, è detto primo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale: dice che la derivata in un integrale P f(x) dx ispetto all'estremo superiore di integrazione è uguale all'integrana
r
Si trovi l'area della regione compresa tra il diagramma della funzione y = x" e l'asse
da valutata in t.
Il primo che rilevò questa relazione fra derivate e integrali fu Isaac Barrow docente a Cambridge di greco e poi di matematica e teologia. Fu anche maestro di Newton, a favore del quale rinunciò in seguito alla sua prestigiosa cattedra. Ma Barrow non si rese conto mai dell'importanza della sua scoperta Però, sia Newton sia Leibniz compresero l'importanza di questo risultato che sfruttarono per sviluppare ,
.
1
,
Questa formula di quadratura per la parabola generalizzata era stata ottenuta, prima di Newton e Leibniz, da Cavalieri, Fermat, Pascal e Roberval, i quali, però, non avevano usato gli integrali indefiniti.
il loro potente metodo per risolvere i problemi di quadratura mediante l'integrazione indefinita, come è stato descritto precedentemente dall'equazione (3 21). Nella notazione integrale l'equazione (3.21) può essere enunciata come segue: Se P(x) è un qualsiasi integrale indefinito di /(x) allora .
,
,
f(x) dx = Pd) - P(a) 3 7 LA NOTAZIONE INTEGRALE DI LEIBNIZ .
(3.23)
Questo risultato è detto secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale e
Leibniz introdusse una notazione simbolica per denotare l'area Ad) della regione compresa tra il diagramma di una funzione f(x) e l asse x, tra x = a e x = t (la regione indicata nella figura 3.12): '
può essere espresso esclusivamente mediante P. Infatti, poiché .P'(x) =/(x), esso stabilisce che
'
r
Ad) = J /(.«) dx
'
P
(3.24)
(x) dx = Pd) - P(a)
Questa notazione simbolica si legge «Ad) è l'integrale di f(x) dx esteso da a a t». Il
simbolo J (una S allungata) è detto segno di integrale o segno di integrazione. Leibniz
In altre parole, se si integra la derivata P'(x) di una certa funzione P(x) da x - a a x il valore dell'integrale è Pd) - P(a): cioè la differenza tra i valori della funzione negli estremi dell intervallo di integrazione. Talvolta, si usa il simbolo speciale
= t,
lo introdusse nella matematica nel 1675.
La funzione f(x) che compare sotto il segno di integrazione è detta (funzione) integrando, l'intervallo compreso tra a e « è detto intervallo di integrazione, mentre i
'
numeri a e t sono detti estremi o limiti di integrazione.
Il simbolo di Leibniz per l'integrale venne accettato rapidamente da molti dei primi matematici, essendo essi propensi a considerare che l area compresa tra il '
f
diagramma e l'asse x fosse costituita da molti rettangoli sottili di altezza/(x) e base dx, come è indicato nella igura 3.14. Il simbolo /J /(x) dx rappresentava il procedi,
mento di somma delle aree di tutti questi rettangoli sottili. altezza f(x)
P{x)
'
per denotare l operazione di valutazione di P(x) prima per x = t e poi per x = a e di
sottrazione del secondo valore dal primo. Con questo simbolo, il secondo teorema fondamentale, espresso dall'equazione (3.23) può essere scritto come segue: ,
f(x) dx = P(x)
= Pd) - P(a)
È importante notare che il valore dell'integrale, Pd) - P(a), dipende soltanto
a
f
La regione compresa tra la curva e l'asse t, considerata
f
Figura 3.14
costituita dalla somma dì rettangoli sottili di altezza f(x) e base àx.
dagli estremi a & t e non dalla variabile che varia da a a t. Poiché il risultato non dipende da x, la variabile x è detta variabile ittizia. In qualsiasi integrale P f(x) dx, si può sostituire la variabile ittizia x con qualsia-
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI .
3. IL LINGUAGGIO DELLA' NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
si altro simbolo conveniente, per esempio y, u, x (la lettera greca tau). Perciò, possiamo scrivere:
nostra capacità di trovare integrali indefiniti e quindi queste tavole sono assai utili Ogni metodo sistematico per trovare gli integrali indefiniti è detto metodo di integra.
zione. Quando viene chiesto di «integrare J f(x) dx»
,
jj(x) dx = jj(y) dy =
du = £ /(T) dT
ciò che si vuole trovare in realtà
è il più generale integrale indefinito di fix) La tabella 3.3 presenta nella notazione di Leibniz l'elenco degli integrali indefini.
Nello scegliere una variabile ittizia è meglio evitare le lettere che sono già usate per altri scopi. Per esempio, non è una buona idea scrivere S /U) di, poiché si suppo-
ti della tabella 3.2.
f
'
ne che la t associata al segno di integrazione rappresenti un estremo dell intervallo di integrazione, mentre si suppone che la variabile ittizia assuma successivamente tutti i valori compresi nell'intervallo. Un buon compromesso è scrivere '
Tabella 3.3 Integrali indefiniti usati in fisica
f
[/('') di-
bx" dx = i> -- + C J
Leibniz adattò la sua notazione integrale per introdurre un simbolo speciale per gli integrali indefiniti, scrivendo:
J
cos bx dx = ~ sin bx -f C b
(i> * 0)
J
sin bx dx = - 7b cos bx + C
(b * 0)
mdx
senza apporre alcun estremo di integrazione al segno di integrazione per denotare qualsiasi integrale indefinito di f(x). In questa notazione, un'equazione come
(
"' e
e1" dx = - + C
J
jfix) dx = P(x) + C
(n* - 1 )
n + 1
ib * 0)
b
( b -
dx = b\nx + C
{x > 0)
significa semplicemente che P (x) = f{x). Per esempio, poiché disia x)ldx = cos x, possiamo scrivere '
J cos x dx = sin x + C Nel definire l'integrale mediante l'area, abbiamo supposto che l'integranda fosse non negativa e che quindi il suo diagramma non giacesse mai al disotto dell'asse x. Se invece /(x) assume sia valori positivi che valori negativi come è illustrato nella igura 3.15, l'integrale è, per definizione la somma algebrica delle aree delle regioni situate al disopra dell asse x, diminuita della somma delle aree delle regioni situate
Il simbolo C rappresenta una costante arbitraria Perciò, potremmo scrivere .
,
cos x dx = sin x + 5
,
f
'
'
al disotto dell asse x: le aree al disopra dell asse x vengono sommate, mentre le aree al disotto dell'asse x vengono sottratte. Con questa definizione estesa il secondo '
,
teorema fondamentale continua a essere valido. cos x dx = sin x - 7
/' /(*) dx = somma algebrica delle aree Queste relazioni sono corrette entrambe, poiché la derivata di ogni secondo membro è cos x.
+
Nonostante che abbia lo stesso aspetto il simbolo / f(x) dx è concettualmente ,
distinto dal simbolo JJ f(t) dt. Infatti, i due simboli si originano da procedimenti diversi: il primo dall'integrazione indefinita, il secondo dalla quadratura. Ma tra di essi intercorre una relazione in virtù del primo e del secondo teorema fondamentale: ciascuno rappresenta una funzione la cui derivata è f(x). Perciò, essi differiscono soltanto per una costante e quindi possiamo scrivere
giacenti al disotto dell asse.
|f(x) dx = £/(/) di + C
Un'altra osservazione ancora sulla definizione dell'integrale. Nello scrivere f' fix) dx abbiamo sempre supposto che l'estremo inferiore a sia minore dell'estremo superiore t. Se a< t per definizione
(3-25>
Figura 3.15 "L'integrale è la somma delle àfèé delle regioni" giacenti al disopra dell'asse t, diminuita della somma delle aree delle regioni '
'
-
"
e
,
per una certa costante C.
Per una lunga tradizione storica, il simbolo / f(x) dx è detto integrale indefinito (come abbiamo già visto), mentre il simbolo /J f(t) dt è detto integrale definito. Ciò è giustificato, in parte, dall'equazione (3.25), la quale dice che jf(x)dxè un integrale esteso da un certo punto non specificato a a x, più una certa costante non specificata C I manuali di tavole matematiche contengono spesso ampi elenchi di formule dette tavole di integrali indefiniti: la nostra abilità di calcolare gli integrali dipende dalla .
f(x) dx = -
ix) dx
f
40
In altre parole invertendo gli estremi di integrazione, si cambia il segno dell'integrale. ,
Infine
,
se a = t, per definizione
precedente quanto ; - a.
f(x) dx = 0. Ciò è compatibile con l'equazione
41
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
.
3
.
Poiché la velocità è la derivata della quota, possiamo trovare y integrando u otteniamo
8 APPLICAZIONI DEL SECONDO TEOREMA FONDAMENTALE ALLA FISICA
_
Scrivendo
inluogojy
,
t
,
Il secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale stabilisce che
y(f) = yo + '
P
(x) dx = P(t) - P(a)
(3.30)
dT = y0 + vot
(3.24)
Questa formula vale non soltanto per i gravi in caduta libera, ma anche per qualsiasi problema in cui interviene un'accelerazione costante -g. Che velocità acquista un grave in caduta libera percorrendo un dato spazici Né
ossia '
P
(x) dx + P(à)
(3.26)
'
equazione (3.29) né l'equazione (3 30), singolarmente, ci forniscono da sole la risposta. Ma, risolvendo ispetto a t la (3.29) otteniamo l
.
,
r
P(t) =
Questa formula dice come si ricava una funzione P(t) dalla sua derivata: si integra la derivata P (x) da x = a a x = t e poi si somma P(a). Adesso disponiamo di una regola matematica per ciò che abbiamo fatto precedentemente in questo capitolo '
'
e, sostituendo questa espressione nella (3 30), troviamo .
r
quando abbiamo ricavato la posizione e la velocità di un grave in caduta dall accelerazione. Traduciamo quei isultati nel nuovo linguaggio degli integrali.
Possiamo ricavare la yglncità di yn corpo
y - vo = "o
g2
accelerazione a(x) applicando l equazione (3.26): '
r ;-
;
(rì = i/(0) +
fJo
<2(t) dt _
_
2g
e quindi la velocità acquistata soddisfa l'equazione
?
(3.27)
i
(3.31)
f
(Stiamo usando x come variabile ittizia poiché x suggerisce il tempo). Quando un grave è lasciato cadere dalla quiete all istante t = 0, a(x) "gè u(0) = 0, e quindi l equazione (3.27) ci dà '
'
Esempio 5 Una palla viene lanciata lungo la verticale ascendente con una velocità iniziale di
v(t) = gt
29,4 m/s.
r
lo stesso risultato che abbiamo trovato precedentemente. Analogamente, la funzione gosizianfi-JttLpuò essere icavata dalla velocità per integrazione:
a) Qual è la velocità della palla dopo 4 s? b) Qual è la quota raggiunta dalla palla dopo 4 s? c) Quanto tempo impiega la palla per raggiungere la quota massima e qual è il valore ,
hit) = 5(0) +
v(t) d-r \
(3 28) .
Per esempio, se v(x) = gì, la velocità di un corpo in caduta libera inizialmente in quiete, e se la posizione iniziale s(P) = 0, troviamo che lo spazio percorso nel tempo ;
è
di questa quota massima? d) Per quanto tempo rimarrà in aria? e) Qual è la velocità della palla dopo che è salita di 15 m?
Poiché assumiamo che y sia positiva lungo la verticale ascendente in questo ,
problema v0 è positiva e l'accelerazione è g - -9,8 m/s2
-
S(r) I £T fT = \gt
Le risultanti accelerazione velocità e quota della palla sono rappresentate in funzione
2
,
r
del tempo nel diagramma a lato.
come abbiamo ottenuto precedentemente.
È anche interessante conoscere il moto verticale di un corpo lanciato verso Palto overso il basso con velocità iniziale u(0) all istante 1 '
a) Per ispondere alla domanda (a) usiamo l'equazione (3.29): ,
r
o
.0. La prima-xosa da fare è
decidere quale direzione orientata assumere come positiva. Seguiremo la consuetudine di assumere come positiva la direzione verticale ascendente, misurando la_guota v * a partire da un dato livello di iferimento. L accelerazione è quindi negativa e ueua-
lJ(4s) - 29,4 -2- - 9 8 -4- . 4s - -9,8 1?s s2 s ,
'
Il isultato negativo implica che la palla ha raggiunto la sua quota massima e invertito r
r
,
le a -g. Con questa convenzione, la forma fondamentale della legge di caduta libera
il verso del suo moto.
dei gravi è
b) L'equazione (3.30) fornisce la risposta alla domanda (b) Abbiamo y0
dv
.
y(4 s) = 29,4 -
Integrando, troviamo
J v(t) = i;(0) +
a(T) dr = v0 - gt}
s
(3.29)
4s - -L 2
98 ,
- 0 e ,
~ - 16s2 = 39,2 m s2
c) Quando la palla raggiunge la sua quota massima il coefficiente angolare della tangente a y(t) si annulla e quindi v = 0 (v. figura). Perciò, dall'equazione (3.30) ,
,
0 = u0 - gt, ossia * L'accelerazione negativa è detta anche decelerazione o ritardazione. Potendosi quindi parlare di accelerazione positiva e accelerazione negativa, in quanto segue si parlerà di solito semplice-
mente di accelerazione, considerandone il valore algebrico. [N.d.T.]
29,4 m/s t =
9 8 m/s2 ,
3s
,
.
3
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
La quota massima è determinata dall'equazione (3.30) valutata in questo istante:
All'età di 23 anni durante la peste del 1665-1666, Isaac Newton intraprese un incredibile programma di studio nella solitudine della sua residenza di famiglia nel ,
Lincolnshire. Un risultato della sua concentrazione fu la nascita del calcolo differen9 8 m/s:
2g
= 44 1 m ,
ziale e integrale. Ma Newton era una persona tutt'altro che estroversa: essendo riservato e poco incline alla comunicazione ritardò di 20 anni la pubblicazione della sua opera. Di conseguenza le pubblicazioni di Leibniz dedicate al suo calcolo infinitesi,
,
,
male precedettero quelle di Newton. Ciascuno dei due aveva la propria notazione ma i concetti e i metodi erano gli stessi. Questi studiosi alteri erano entrambi talmente consapevoli della profonda potenza del calcolo infinitesimale che intrapresero un aspra disputa sulla priorità della scoperta I seguaci di Newton accusarono Leibniz di plagio, prospettando la possibilità che durante uno scambio di lettere con Newton egli fosse venuto a conoscenza di concetti cruciali e li avesse usati in seguito nella ,
d) Quando la palla tocca il suolo y = y0 = 0. L'equazione (3.30) diventa quindi ,
'
0 = v-è**2
.
"
che ammette due soluzioni, t - 0 e t = 2v0/g.
La prima soluzione è semplicemente l'istante di partenza, in cui la palla ha abbandonato il suolo. La seconda soluzione è quella che cerchiamo,
sua opera pubblicata senza riconoscere a Newton il suo merito.
Nel tentativo di comporre la disputa Leibniz ricorse alla Royal Society di Londra, di cui era membro. Fu un passo maldestro in quanto il presidente della Royal Society era Newton. Inasprito dalla controversia Newton stese da dietro le quinte la relazione inale che fu sostenuta dalla commissione d'indagine, ma non sottoscritta: stabiliva che Leibniz era sostanzialmente colpevole dell'accusa mossagli ,
,
',
=
29,4 m/s
9,8 m/s*
,
,
" 68
,
f
2
.
La controversia era basata sulla rivalità nazionalistica anziché sulla dottrina
.
'
Oggi, gli storici riconoscono che le scoperte di Newton e Leibniz furono fatte indipendentemente e che entrambi meritano la paternità del calcolo infinitesimale .
È un'ironia che la temporanea vittoria inglese avesse un deplorevole effetto sulla
f
per l istante in cui la palla tocca di nuovo il suolo. Come abbiamo trovato prima, la palla ha impiegato 3 s per raggiungere la sua quota massima e quindi il tempo di volo totale è il doppio di quello impiegato per salire ino alla quota massima, come era prevedibile.
e) Usando l equazione (3.31), troviamo che
matematica britannica per oltre un secolo: accecati dalla fedeltà patriottica a Newton i matematici inglesi rifiutarono di adottare la più efficace notazione di Leibniz e si
v2 - (29,4 m/s)2 - 2 (9,8 m/s) 15 m v2 = (864,36 - 294,0) m2/s2 =570 36 m2/s2
esclusero dagli spettacolari progressi della matematica e della fisica settecentesche che furono compiuti da matematici continentali che usavano i simboli di Leibniz anziché quelli di Newton.
,
'
,
o = 23,9 m/s
Problemi
Derivate e coefficienti angolari 3 9 CONCLUSIONI .
1
Più di 2000 anni fa i matematici greci svilupparono un metodo per determinare le aree di varie figure geometriche con contomi curvi. Il metodo di esaustione, così è chiamato, consisteva nelPiscrivere poligoni con un numero crescente di lati in una regione di cui si voleva determinare l area. Archimede (287-212 a.C.) riuscì a usare questo metodo per calcolare l area di un cerchio e di alcune altre igure particolari. Nel XVII secolo, quando i simboli e le manipolazioni algebriche erano diventati
.
,
derivata e la tangente. (b) Si costruisca il diagramma della derivata seconda della funzione presentata nella figura.
'
f
'
(a) Si costruisca un diagramma grossolano della derivata per ciascuna delle funzioni presentate qui di seguito usando la conoscenza della relazione tra la
2
.
Quale delle seguenti,funzioni ha il massimo coefficiente angolare in x = 2? In x = 2?
-
tecniche standard, il metodo di esaustione venne trasformato lentamente in quello
che oggi viene chiamato procedimento di integrazione, un metodo sistematico per calcolare aree e volumi. Molti matematici in vari paesi avevano sviluppato metodi particolari per affrontare problemi particolari. In Germania, Keplero trovò formule per calcolare i volumi dei barili. In Italia, Cavalieri formulò un principio di confronto (detto oggi principio di Cavalieri) per determinare quando due solidi tagliati da piani paralleli hanno volumi uguali. In Francia Cartesio, Fermai e Pascal calcolarono le are e di regioni particolari, come fecero Wallis in Inghilterra e Guldin in Svizzera. Nell'atmosfera dell'Europa settecentesca brulicavano le idee del calcolo differenziale e integrale. Tuttavia, la paternità del calcolo infinitesimale è attribuita a Newton e Leibniz. Perché? Perché fornirono un importante elemento mancante: iconobbero che la derivazione e l integrazione sono procedimenti inversi. Alcuni matematici si erano avvicinati a questo concetto, ma furono Newton e Leibniz che, indipendentemente, sì resero conto dell importanza di questa scoperta. Inoltre, essi sfruttarono questa relazione per creare un calcolo infinitesimale sistematico e soddisfacente che trattava intere classi di problemi mediante operazioni di routine, da eseguire esclusivamente per mezzo di regole, senza ricorrere a ragionamenti geometrici.
(a) (c)
(b) y(x) - x2 + 1 (d) y(x)~lx2-2
y(x) = x y(x)-S
Regole di derivazione 3
.
Un'automobile percorre 4 km/1 a una velocità di 100 km/h Se procede a una velocità di 100 km/h quanto carburante consuma in 20 min? ,
r
.
4
.
il raggio del palloncino quando il suo raggio è 10 cm? 5
.
'
'
Si supponga che del gas venga pompato in un palloncino sferico a una rapidità che fa aumentare il volume del palloncino di 250 cm3/s. Con quale rapidità varia Ogni spigolo di un cubo si dilata con una rapidità di 1 cm/s. Con quale rapidità varia il volume quando la lunghezza dello spigolo è (a) x cm (b) 5 cm? ,
6
.
Si supponga che il reddito y di una persona sia direttamente proporzionale al numero x di ore che lavora: y = ex dove c è una costante. Inoltre, si supponga che questa persona sia spendacciona e che il denaro z che spende vari con il reddito secondo l equazione z(y) = a + bx2 dove a e è sono altre costanti, (a) Come varia ,
'
,
(c)
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI
.
.
la somma spesa da questa persona al variare delle ore di lavoro? (b) Perché il reddito di questa persona sia maggiore della somma che spende, quali condizioni devono essere soddisfatte da y, a e è? 7
.
Una corrente cilindrica d'acqua effluisce da un tubo con una velocità u0. La quan-
indiani Manhattan per circa 24 dollari di perline e tessuti. Poiché l'isola e tutto ciò che vi si trova valgono oggi circa 0,5 trilioni di dollari, si considera di solito che quegli indiani fecero un cattivo affare. Ma supponiamo che gli indiani avessero investito i loro 24 dollari. A quale tasso di interesse annuo avrebbe dovuto crescere il loro denaro perché il suo valore attuale fosse uguale a quello di Man-
f
tità d'acqua che attraversa una sezione trasversale della corrente è la stessa a tutte le distanze dal tubo, cioè, se dal tubo escono 5 1 in 1 s, luiscono 5 1 anche in un punto situato 1 m al disotto dell oriizio del tubo. Poiché l acqua che cade accelera verso il basso, la corrente deve essere tanto più stretta quanto più è distante dal-
11. Si racconta che nel 1626 i coloni olandesi acquistarono l'isola di Manhattan dagli
'
hattan?
f
'
'
f
l oriizio del tubo.
12. L'isotopo radioattivo "C (carbonio-11) decade in modo tale che il numero di
atomi N(t) in un istante qualsiasi è dato da N(t) - N r1" dove N0 è il numero ,
r
(a) Si trovi un'equazione per la variazione dr/dy del raggio r della corrente ispetto f
alla distanza y dall'oriizio del tubo. (b) Se il tubo ha un diametro di 10 cm e se l'acqua effluisce con una velocità di 2 0 m/s, a quale distanza dall'orifizio il raggio della corrente sarà 2 5 cm? ,
8
.
,
Una goccia di sudore cade dalla fronte di un operaio metallurgico che si trova 40 m al disopra di una vasca di metallo caldo. In tutto il problema si supponga che
iniziale di atomi e k = 0,035 min-1.
(a) Quale percentuale di atomi di "C radioattivo rimangono dopo 14 min? (b) In quanti minuti il numero di atomi di "C decresce a 1/10 della quantità iniziale?
(c) Dopo quanti minuti il numero di decadimenti in 1 min è uguale all'I % del numero iniziale di atomi di "C?
,
la goccia sia sferica.
dove c è una costante positiva. Si trovi un'espressione per drfdh, la rapidità di variazione del raggio r della goccia rispetto alla quota h sopra la vasca.
13. I neutroni che colpiscono l'atmosfera reagiscono talvolta con l'azoto per produrre carbonio radioattivo, 14C. Poiché gli esseri viventi usano carbonio che prelevano dall'ambiente, il rapporto tra il .'.C presente negli animali e quello presente nelle piante è lo stesso in tutto il mondo. Quando muore, un animale cessa di assumere nuovo radiocarbonio e il 14C già presente in esso comincia a decadere con un tempo di dimezzamento di 5568 a. (Il tempo di dimezzamento è l'intervallo di tempo che metà del campione impiega per decadere.) Il carbone di legna ottenuto
(b) Si supponga invece che la velocità di evaporazione sia direttamente proporzionale all area della superficie:
dalla legna moderna subisce 15,3 decadimenti al minuto e al grammo [decadimenti/(min g)]. Se supponiamo che la concentrazione del radiocarbonio nell am-
(a) Si supponga che, mentre cade, la goccia evapori con velocità costante, (/(volume)
'
r
f(volume) dt
= -è(area)
in esso.
dove b è una costante positiva. Anche in questo caso, si trovi dr/dh. (c) Nel caso (a), esiste un valore di c, la velocità di evaporazione, tale che la goccia
scompaia non appena tocca la vasca? Nel caso (b), esiste un valore di b per cui la goccia evapora non appena raggiunge la vasca? Se queste costanti esistono, quali sono? Derivate di funzioni speciali 9
(a) Sia y{t) = Cek', dove C e k sono costanti. Si dimostri che
(a) Il carbone proveniente dall'involucro di lino della copia del Libro di Isaia trovato con i rotoli del Mar Morto ha presentato 12 decadimenti/(min g). Quando fu prodotto il rotolo? (b) Un frammento di legno prelevato dalle tavole del ponte della nave funeraria di Sesostri III ha prodotto un carbone che ha dato 9,7 decadimenti/(min g). Quando governò Sesostri? Questa datazione con il radiocarbonio è in buon accordo con quella stabilita in base ad altre testimonianze. (c) Il carbone proveniente dalla grotta di Altamira, in Spagna, ha dato 2,8 decadimenti/(min g). Si usi questo dato per stimare l'età delle straordinarie pitture sul sofitto di questa grotta. f
.
'
biente sia costante da molte migliaia di anni, possiamo stimare l'età di un materiale antico in base al numero dei decadimenti del radiocarbonio che hanno luogo
Integrazione indefinita In altre parole, la rapidità di variazione di y rispetto a t è direttamente proporzionale a y, con costante di proporzionalità k. (b) Sia ora u(t) una funzione qualsiasi di t dotata della stessa proprietà: .
14. Un corpo ha una velocità descritta dall'equazione i#) - ci1, dove c = 2 m/s3. (a) Qual è l'accelerazione del corpo in un istante qualsiasi? (b) Qual è il cammino percorso dal corpo nell'intervallo di tempo compreso fra /.=0e*=10s?
du = ku
15. Un corpo ha un'accelerazione a(t) = a0 sin art, dove a0 e co sòno costanti. Si trovi
dt
dove k è una costante. Si dimostri che u(t) deve avere la forma u(t) = Cefe per f
una certa costante C. [Suggerimento. Si ponga ij) derivata f'(t)\
u(t)e k' e si calcoli la -
10. Sia N il numero degli esseri umani all'istante In assenza di fattori limitanti,come guerre, pestilènze e carestie, la variazione della popolazione con il tempo è dNldt = kN. Si stimi k in base alia conoscenza della biologia, della sociologia, della psicologia e della letteratura. Poi si stimi quanto tempo sarebbe stato necessario per giungere da Adamo ed Eva alla popolazione mondiale odierna in assenza di fattori limitanti.
la velocità o(f) del corpo e lo spazio percorso s(t), supponendo che esso sia partito con i(0) = 0 e v(Q) = 0.
16. Quando un'automobile da corsa parte lungo un circuito, la sua accelerazione è descritta dall'equazione a(t) = 0,1ge-", dove c = 0,07/s e t è misurato in secondi. (a) Se l'automobile è inizialmente ferma, qual è la sua velocità dopo 5 s? (b) Si trovi lo spazio percorso dall'automobile dopo l'intervallo di tempo t. Applicazioni dell'integrazione
17. Un'automobile è ferma a un semaforo e, quando la luce diventa verde, accelera costantemente per 6 s con un accelerazione di 2 m/s2 e poi si muove con velocità '
47
3 IL LINGUAGGIO DELLA NATURA: DERIVATE E INTEGRALI .
costante. Nell istante '
in cui l'automobile è partita, è stata oltrepassata da un
autocarro in moto nella stessa direzione e nello stesso verso con una velocità di 10 m/s.
(a) Si costruiscano i diagrammi per il moto dell'automobile e per quello dell autocarro usando gli stessi assi coordinati. (b) Quando l'automobile raggiungerà l'autocarro? '
'
(c) Quanto cammino avrà percorso l'automobile quando raggiungerà l autocarro?
18. Un sasso è lasciato cadere da un trampolino la cui altezza è di 5 m sopra la superficie dell acqua. Si supponga che, dopo avere colpito l acqua, scenda sul fondo, situato 3 m sotto la superficie, con la stessa velocità con cui ha colpito l ac-
CAPITOLO 4
'
'
'
qua.
(a) Quanto tempo il sasso rimane nell'aria (se si trascura la resistenza dell aria)? '
INERZIA
(b) Qual è la velocità del sasso quando colpisce l'acqua?
(c) Quanto tempo impiega il sasso per raggiungere il fondo della vasca? 19. Supponiamo di essere in un ascensore fermo a un piano quando all improvviso '
sia il cavo di sospensione sia i freni si rompono e l ascensore comincia a cadere.
Diamo avvio a una nuovissima scienza intorno a un soggetto antichissimo
'
(a) Se, nello stesso istante in cui l'ascensore comincia a cadere, lasciamo cadere le nostre chiavi da 1 m sopra il pavimento, quanto tempo impiegheranno per
è
,
(b) Supponiamo ora che, dopo che l'ascensore è caduto di tre piani ( 10 m), i freni rientrino in funzione e rallentino l ascensore con un accelerazione costante. '
'
Se l'ascensore si arresta dopo un altro secondo, quanto cammino ha percorso quando le chiavi colpiscono il pavimento?
.
Nulla
forse, in natura, di più antico del moto, e su di esso ci sono non pochi volumi
,
né di piccola mole scritti dai filosofi; tuttavia tra le sue proprietà se ne trovano molte che, pur degne di essere conosciute non sono mai state finora osservate nonché ,
,
,
dimostrate. Se ne ilevano alcune più immediate come quella, ad esempio che il moto naturale dei gravi discendenti accelera continuamente; però secondo quale ,
r
raggiungere il pavimento?
'
v
,
,
proporzione tale accelerazione avvenga, non è stato sin qui mostrato: nessuno ha dimostrato che un mobile discendente a partire dalla quiete ,
si sappia, infatti
che
,
percorre, in tempi uguali, spazi che ritengono tra di loro la medesima proporzione che hanno i numeri impari successivi ab unitate È stato osservato che i corpi lanciati .
20. Il lievito nell'impasto caldo per il pane si riproduce con la massima rapidità che gli è consentita. Quando il lievito si riproduce con questa rapidità, è una buona approssimazione scrivere
,
ovverossia i proietti
,
descrivono una linea cuiva di un qualche tipo; f>erò
,
che essa sia
una parabola nessuno l'ha mostrato. Che sia così, lo dimostrerò insieme ad altre non ,
poche cose, né meno degne di essere conosciute, e ciò che ritengo ancora più ,
importante
si apriranno le porte a una vastissima e importantissima scienza
,
,
della
quale queste nostre ricerche costituiranno gli elementi; altri ingegni più acuti del mio ne penetreranno poi più ascosi recessi
di
.
Galileo Galilei D/scora intorno a due nuove scienze (1638) Giornata terza. Del moto locale. (In: Galileo Galilei Opere, a cura di Franz Brunetti, Torino UTET, 1964, p. 722) ,
dove a è una costante e TV è il numero delle cellule di lievito.
,
,
(a) Supponendo di conoscere il numero iniziale di cellule di lievito JV(0), si trovi
,
N{l\ il numero di cellule di lievito all'istante t.
(b) Nel corso del suo metabolismo, il lievito produce anidride carbonica come
gas di rifiuto; ecco perché il lievito fa lievitare il pane. Possiamo approssimare la rapidità di produzione di gas nella pasta per il pane dicendo che ciascuna cellula emette gas con tapidità costante:
4
.
1 SE LA TERRA SI MUOVE: OBIEZIONI ARISTOTELICHE
Nel 1543, Nicolò Copernico pubblicò De Revolutionibus Orbium Coelestium [Sulle rivoluzioni delle sfere celesti] Copernico, preoccupato per la propria sicurezza, aveva .
atteso ino al punto di morte per pubblicare le proprie idee Nelle pagine del De .
f
(volume) =ejv(,)
Revolutionibus
dt
,
Copernico affermò che la Terra gira attorno al proprio asse e ruota
attorno al Sole. Nel tentativo di restituire al cielo la sua semplice bellezza Copernico aveva dovuto collocare il Sole e non la Terra, al centro dell'Universo e così facendo aveva strappato il cuore al mondo aristotelico Senza la Terra solida e'immobile al centro dell Universo non potevano esistere le i aristoteliche del mpto e senza queste leggi non c era più alcuna legge poiché Copernico non aveva leggi da sostituire a quelle che aveva distrutto. ,
prepariamo il pane, misceliamo l impasto e lo lasciamo riposare perché lievi'
ti. Dopo circa 90 min esso ha raddoppiato il suo volume. Poi pungiamo e lavoriamo l'impasto in modo che tutto il gas lo abbandoni: l impasto ritoma al volume di partenza (ma ora contiene un maggior numero di cellule di '
r
lievito). Poi lo lasciamo iposare e aspettiamo che raddoppi di nuovo il suo volume. Se occorrono 90 min anche perché raddoppi la popolazione del lievi-
to, quanto tempo impiega la seconda lievitazione?
,
,
.
'
,
,
'
,
Per quasi cinquant'anni il sistema copernicano venne ignorato dai più. Poi con la nascita della meccanica di Galileo e gli sviluppi di Keplero nel campo dell astronomia, il sistema copernicano venne preso in seria considerazione Nacque la scienza ,
,
'
.
della meccanica per rispondere alle sfide degli aristotelici postcopernicani e sostituì completamente e irrevocabilmente la vecchia isica di Aristotele Perché le persone istruite vissute prima di Galileo avevano aderito alle concezioni aristoteliche? Lo schema di Aristotele aveva descritto come si muovono i corpi che si incontrano nella vita di tutti i giorni: i sassi cadono il fumo sale e il carretto si ferma quando non viene più tirato Tutti i moti richiedevano una causa e secondo f
dove p è la rapidità di produzione di gas riferita a ciascuna cellula. Quando
.
,
,
.
,
la natura della loro causa erano naturali oppure violenti. La caduta di un sasso ,
4 INERZIA .
pesante verso il suo luogo naturale sulla Terra era un moto naturale poiché la sua causa era la natura interna del sasso e cioè la sua pesantezza. D'altra parte, Aristotele sapeva che era necessario un cavallo per tirare un carretto e se il cavallo si fermava, ,
,
anche il carretto si fermava. Classificò come moto violento questo tipo di moto causato da un qualche agente o una qualche forza situato all'esterno del corpo Se si elimi,
.
nava la forza il moto violento cessava. ,
Ma perché un sasso dovrebbe cadere verso il centro della Terra se la Terra stessa ,
dovesse rotare su se stessa vertiginosamente attraverso lo spazio? Se il Sole
e non la Terra, fosse il centro dell'Universo lo schema aristotelico dei luoghi naturali e dei moti naturali crollerebbe. E senza la Terra solida e ferma sotto i nostri piedi che cosa ,
,
,
r
ci imane? E anche se ci viene assicurato che esiste qualcosa chiamato forza di gravità che ci impedisce di essere proiettati nello spazio come cominciamo a comprendere ,
il moto degli altri corpi? Se la Terra rotasse da ovest a est, sostenevano gli aristotelici, allora le cose come le nubi, che non sono collegate alla Terra, sembrerebbero sempre muoversi da est a
ovest, come il Sole. Persino gli uccelli andrebbero incontro a un simile destino poiché, con la Terra che compie una rotazione su se stessa ogni 24 h, la velocità della Terra
equatore sarebbe pari a 1600 km/h e nessun uccello sarebbe in grado di volare tanto rapidamente quanto basta per non rimanere indietro; perciò, gli uccelli sembrerebbero sempre volare da est a ovest mentre la Terra ruota rapidamente su se stessa
all
'
sotto dì loro. .
E gli aristotelici opponevano altre obiezioni Sulla Terra immobile, tutti sapeva.
no che un sasso lasciato cadere da una torre colpisce sempre il suolo ai piedi della torre; ma, se la Terra rotasse davvero sotto un sasso che cade allora esso dovrebbe ,
colpire il suolo a ovest del piede della torre E per rendere più persuasivo il loro .
ragionamento indicavano l'ordine di grandezza dell'effetto: se la torre fosse alta 5 m soltanto, allora, durante la caduta del sasso della durata di 1 s, la Terra si muovereb,
be di 450 m!
Un sasso lasciato cadere su una Terra in rotazione su se stessa si comporterebbe sempre come un corpo lasciato cadere su una nave in movimento Se fosse lasciato .
'
'
cadere dall alto dell albero maestro, il corpo non colpirebbe il ponte della nave ai piedi dell albero, bensì a una certa distanza dietro di esso e questa distanza corri'
,
sponderebbe esattamente al cammino percorso dalla nave durante la caduta del sasso Tutti lo sanno pensavano. Gli aristotelici non si preoccuparono mai di verificare le loro previsioni, preferendo le parole e la logica all'esperienza La igura 4.1 mostra come essi confrontavano i moti dei gravi in caduta sulla Terra in movimento e su .
.
f
,
una nave in movimento.
Proprio perché si osserva che gli uccelli volano in tutte le direzioni e i sassi atterrano direttamente sotto il punto da cui sono lasciati cadere gli aristotelici del XVII secolo pensavano di essere in possesso di una valida prova contro il mondo rotante di Copernico: le osservazioni familiari testimoniavano a favore delle leggi del
(a)
(b)
,
Figura 4.1
La descrizione aristotelica della caduta libera dei corpi (a)
sulla Terra in rotazione e (b) su una nave in moto.
moto di Aristotele e dell'immobilità della Terra.
In base a questa osservazione Galileo immaginò ciò che sarebbe accaduto se il ,
(secondo piano fosse stato orizzontale: in questo caso, la sfera non potrebbe mai rag-
4 2 LA TERRA SI MUOVE: IL PRINCIPIO D'INERZIA DI GALILEO .
r
Galileo imase affascinato dalla concezione copernicana del mondo e ne divenne uno strenuo difensore. Inoltre, gli piaceva molto lottare. Con le sue indagini, sperava di persuadere il mondo che il sistema eliocentrico non era soltanto un artificio che semplificava i calcoli degli astronomi, ma che rappresentava la verità isica sull Universo. Nella sua opera Dialogo sopra i due massimi sistemi, pubblicata nel 1632, Galileo riassunse le sue dimostrazioni a favore del sistema copernicano, basando le proprie argomentazioni su esperienze, ragionamenti e intuizioni penetranti. In un'esperienza di importanza fondamentale, lasciò scendere e poi salire alcune sfere lungo piani inclinati. Scelse volutamente le sfere per minimizzare l attrito e
giungere la sua quota iniziale, ma continuerebbe a muoversi indefinitamente con la velocità acquistata scendendo lungo il piano inclinato. Galileo trasse la conclusione
f
'
'
attenzione esclusivamente sul moto. La igura 4.2 illustra come Galileo organizzò la sua esperienza. Quando spostò il piano di destra dalla posizione A alla posizione B, egli notò che la sfera percorre un cammino maggiore lungo il piano, ma f
'
concentrare l
raggiunge sempre la stessa quota da cui è stata abbandonata a se stessa.
Figura 4.2 Illustrazione dell'esperienza di Galileo con le sfere lasciate rotolare lungo piani inclinati, che lo condusse al concetto di inerzia.
51
4 INERZIA .
phe qualsiasi corpo in moto, se non viene ostacolato, continua a muoversi con veloci-
Jtà costante lungo una retta orizzontale. Era la versione galileiana dell inerzia. '
L'iner-
Ì]|ia~si oppone alle variazioni dello stato di moto, rispetto alla quiete oppure rispetto 1 moto con velocità costante nella direzione orizzontale. _
\
Le argomentazioni di Galileo, benché fossero bnllantlTnon erano del tutto cor-
rette. Per lui, una superficie orizzontale era una superficie perpendicolare in ogni suo punto alla direzione orientata verso il centro della Terra. Ma questa definizione descrive una superficie sferica con il centro nel centro della Terra. Quindi, il suo principio d inerzia significa che, in assenza di forze esterne, un corpo posto in moto tende '
a continuare a muoversi indefinitamente in una traiettoria circolare attorno alla Ter-
ra. Ciò che avrebbe dovuto dire era alquanto diverso. I corpi posti in moto tendono a continuare a muoversi con velocità costante in linea retta, non in una traiettoria circolare. Il principio d'inerzia può essere cosi formulato:
Un corpo in quiete o in moto rettilineo con velocità costante persevera nel suo stato di quiete o di moto inché su di esso non agiscono agenti esterni. f
1
È una forza esterna, l'attrazione gravitazionale della Terra, che fa deviare i satelliti e la Luna da moto rettilineo e li fa rotare attorno alla Terra. In questo caso,
Figura 4.3
neppure Galileo fu capace di liberarsi completamente dalla sua prospettiva legata alla Terra e di immaginare il moto naturale in un luogo in cui non fosse presente la Terra.
vista dalla iva
r
Ciò nonostante Galileo iuscì a compiere un altro passo avanti: si rese conto che
la Terra è molto grande e quindi la sua superficie appare piana anche se in realtà è sferica e che una piccola porzione di una circonferenza molto grande è con ottima approssimazione una retta. Perciò, sulla Terra i corpi sembrano muoversi in linea retta. E, pensando che ciò era vero soltanto approssimativamente descrisse perfetta-
r
J Terra: continuando a condividere il moto della Terra mentre cade, il sasso colpisce
J il suolo alla base della torre. Un osservatore situato sulla Terra non sarebbe in grado di dire, osservando il sasso, se la Terra stia rotando o no*. Il moto
,
Per rispondere ai suoi critici, Galileo ebbe l'accortezza di sfruttare proprio gli esempi citati dai suoi antagonisti. Considerando un sasso lasciato cadere dalla coffa di una nave, fece osservare che, se la nave è ferma, esso colpisce il ponte ai piedi
,
i velocità costante. La tendenza di un corpo non era pensava invece Aristotele, quella s di raggiungere uno stato di quiete, bensì quella di continuare a muoversi senza alcuna ,
forza propulsiva. Per Galileo se non ci fosse attrito e un cavallo che tira un carretto si arrestasse all'improvviso e si facesse da un lato il carretto continuerebbe a muover,
,
si muovesse con velocità costante, il sasso continuerebbe a colpire il ponte ai piedi dell'albero maestro. Non ha alcuna importanza che la nave sia ferma oppure si muova con velocità costante in linea retta: il sasso colpirà lo stesso punto del ponte della
si: là sua inerzia lo manterrebbe in movimento
.
nave. Ma perché?
4 3 MOTO RELATIVO .
Galileo si rese conto che il sasso, prima di venire abbandonato a se stesso, si muove insieme alla nave facendo parte di essa. Ciò significa che ha la stessa velocità della nave lungo quella linea retta. Quando il sasso viene abbandonato a se stesso, la sua inerzia fa sì che esso continui a muoversi con quella stessa velocità lungo una linea retta orizzontale. Perciò, il sasso e la nave continuano a muoversi insieme. Ma,
inoltre, la forza di gravità attrae il sasso lungo la direzione verticale discendente. Galileo avanzò l'ipotesi che questo moto verticale del sasso non interferisca con il
Secondo Galileo
,
l'osservazione della caduta di un sasso non permette di determinare
se la Terra sia in quiete o in moto Ci si può quindi chiedere se esista un modo per de.
terminarlo. ;
5
In un certo senso, ogni moto è relativo Un uomo sulla Luna penserebbe di .
suo moto orizzontale. Perciò, mentre cade, il sasso continua a muoversi orizzontal-
ivedere la Terra muoversi mentre per noi è l'uomo sulla Luna j:he si muove. Per descrivere il moto dobbiamo specificare un sistema di riferimento ispetto a cui viene misurato il moto Di solito, per definire il nostro sistema di riferimento usiamo
mente con la stessa velocità costante della nave e colpisce il ponte proprio ai piedi
oggetti vicini come pareti edifici, alberi e altri corpi solidali con la Terra e quindi in
dell'albero maestro, come è illustrato nella figura 4.3.
quiete l'uno rispetto all'altro e descriviamo il moto degli altri corpi rispetto a questo sistema di riferimento. Ma su una barca tendiamo a usare l'ambiente locale (anche
,
.
,
r
,
Ma Galileo si spinse oltre. Lo stato di moto naturale è il moto in linea retta con
dell'albero maestro, e su ciò tutti sono d'accordo. Ma Galileo sostenne che, se la nave
.
Galileo aveva colto nel segno con la sua previsione. Un marinaio a bordo vedreb-
questa volta, un insieme di oggetti in quiete l'uno ispetto all'altro) per definire il nostro sistema di iferimento anche se la barca si muove rispetto alla Terra. Cinema-
su una nave ferma. È difficile dire se gli aristotelici si sarebbero persuasi dei propri t errori vedendo dimostrata sperimentalmente questa previsione, ma comunque soltan-
r
r
be il sasso cadere esattamente nello stesso modo sia su una nave in movimento sia
,
,
,
j jjto nel 1640 il ilosofo francese Pierre Gassendi eseguì l esperienza dimostrando che '
1
.
( Galileo aveva ragione
.
!
Usando il principio d'inerzia, Galileo riuscì a spiegare il moto naturale dei gravi in caduta lìbera sulla Terra in rotazione e a rispondere alle argomentazioni dei suoi
*
A igore, ciò sarebbe vero soltanto se la Terra si muovesse esattamente di moto r
po'
come Galileo si
rese conto è relativo. Vale a dire, la torre, il sasso e l'osservatore muovendosi tutti ! insieme alla Terra appaiono tutti fermi. ,
'
za di comprensione del principio d inerzia.
1
come è
| mente a lasciare cadere un sasso da una torre sulla superficie in movimento della
'
che tutte le argomentazioni contro la rotazione della Terra erano dovute alla mancan-
,
.
| critici. Lasciare cadere un sasso dall'albero di una nave in movimento equivale esatta.
mente il principio d inerzia e determinò molte delle sue conseguenze. Si rese conto
La traiettoria di un sasso che cade da una nave
f
52
rettilineo e non rotasse attorno al proprio asse In seguito troveremo che la rotazione della .
Terra dà origine a una piccola deviazione della traiettoria del sasso detta effetto Coriolis. ,
4 INERZIA
INERZIA
.
colmare il vuoto temporaneo spingendo in avanti la freccia. Persino per i fedeli segua-
r
il vuoto. Pensando che la natura evitasse il vuoto, disse che l'aria si precipitava a
icelta di quale riferimento usare è semplicemente una questione di comodità Quando si passa dalla descrizione cinematica del moto a quella dinamica, e cioè
r
icamente, il moto può essere descritto ispetto a qualsiasi sistema di iferimento: la .
jJalle leggi del moto, si ha ancora un'ampia libertà di scelta del sistema di riferimento, | ma si rende necessario distinguere fra differenti categorie di sistemi di riferimento.
ci medievali di Aristotele questa spiegazione era insoddisfacente.
Nel XIV secolo nacque l'idea che un proietto possedesse qualcosa che venne
'
r
r
pefiniamo un sistema di iferimento inerziale come un iferimento in cui vale il dncipio d'inerzia di Galileo (un corpo su cui non agisce alcuna forza si muove di
'
chiamato impeto: la corda dell arco impartiva alla freccia una certa quantità d impe'
to. Secondo questa teoria, una freccia, dopo essere stata scoccata, dovrebbe volare
inché il suo impeto non si è esaurito e poi cadere a terra. La figura 4.5 è un'illustrazione di questa teoria, tratta da un libro pubblicato nel 1621: i cannoni puntati in
herziale, è inerziale anche ogni sistema di iferimento S' ispetto al quale 5 si muove
base a questa teoria tendono ad arrecare danni relativamente modesti.
r
r
.
f
poto rettilineo uniforme). Si può dimostrare che, se il sistema di riferimento S è
|4i moto rettilineo uniforme. Per considerare l'esempio più semplice, se un corpo ha a velocità u nella direzione x nel sistema di riferimento S e S si muove nella ,
r
<|irezione x con velocità u0 ispetto a 5", allora il corpo ha la velocità nella direzione x nel sistema di riferimento S'
.
'
,
Se u e u0 sono costanti, tale è anche
e il corpo ubbidisce al principio d'inerzia anche nel sistema di iferimento 5", oltre r
)
fiche in S, anche se la sua posizione e la sua velocità saranno diverse nei due sistemi
lidi riferimento. Perciò per quanto riguarda lo studio del principio d'inerzia, i due j/sistemi di iferimento sono equivalenti Tale equivalenza è valida anche per corpi e
4
,
/
.
sistemi di riferimento in moto in differenti direzioni purché le loro velocità siano ,
i costanti
come dimostreremo nel capitolo 9. Qualsiasi sistema di riferimento inerziale è appropriato per descrivere il moto: nessuno è preferibile ad alcun altro In questo senso, è impossibile stabilire se la Terra o qualsiasi altro corpo si trovi in uno stato pi quiete assoluta. ,
i 7 /
.
Si
! i Sé « -te.
Però, non tutti i sistemi di riferimento si muovono di moto rettilineo. Per esem-
r
)io, la Terra ruota giornalmente su se stessa e annualmente attorno al Sole; di conseluenza, un sistema di iferimento solidale con la Terra non è un sistema di rìferimen-
ip inerziale e risulta che il moto dei corpi rispetto alla superficie terrestre fornisce
irove della rotazione della Terra. Esamineremo queste prove più avanti nei capitoli e 14: le cosiddette forze centrifughe e forze di Coriolis Perciò, dopo tutto, siamo grado di dire che la Terra ruota.
Figura 4.4
Vi
é k
1
Illustrazione del 1621 della traiettoria di una palla di
cannone secondo la teoria dell impeto. (Department of Special '
Collections, Stanford University Libraries.)
,
.
G ikocomgrese o
Ma la superficie della Terra in moto essendo così grande, si comporta approssimativamente come un sistema di riferimento in moto rettilineo uniforme Perciò, ,
l'i
confinati come erano sulla superficie della Terra e avendo a disposizione un numero limitato di osservazioni i migliori intelletti dell'Europa medievale non erano in grado di scoprire facilmente la rotazione della Terra su se stessa Sebbene possa apparire banale la scelta del sistema di iferimento ha una grande importanza in isica. Nel difendere il trasferimento del centro dell'Universo dalla .
r
,
JBAM mmsmum lS l
isa-afaMisl sjèS SS
SiMj à.
11 - In0'tre> si rese conto che questi moti noni
sente. Ciò significa cheJa palla di cannone cade verticalmente s ttoXaziongjtell
.
.
Jorza di gravità, mentre l'inerzia cpnjjiiuajjàjj .,miin.ver
fse non interferisce alcuna forzai con velocità costantè È lo stesso concetto che Galileo applicò alla caduta di un sasso su una nave in movimento.
La igura 4.5 è una fotografia (cronafotografia) delle traiettoriejlLdue-palle ese-
r
Terra al Sole, Galileo scopri il più ampio principio che tutti i sistemi di iferimento
tamente che la chiave peiJìniegareJljnQta-ckLproj aiii
interferiscono l'uno con raltro:j>gmjnotojiicomg
,
,
nerzia. Considerò il v s /
.
f
guita con un lampeggiatore stroosco.piccLchej.llumH»
centrale nella teoria della relatività di Einstein
è lanciata orizzontalmente nello stesso istante in cui l'altra è lasciata cadere. La foto-
f
inerziali si equivalgono per quanto riguarda la descrizione del moto Questo concetto non soltanto è importante per comprendere la meccanica ma occupa una posizione
t
.
,
.
neUaTsteS ÌMaSón& eHrcale nello
f
grafirTtvarcEeTélKranfirTr '
stessoTstante: esse cadono entrambe verticalmente-secondala legge-di-caduta libera 4
.
deTjravì7Tnoltre. la palla lanciata percorre lo stesso cammino orizzontale tra due
4 IL MOTO DEI PROIETTI: UNA CONSEGUENZA DELL'INERZIA
r
scatti conseciitivL Ricordando che la velocità media è il apporto tra lo spazio percor-
solfirteinpaimpiegatorcomprendiamò che la velocità orizzontalé-èxostante, Galileo "
.
aveva agione! r
Quando era professore nell'università di Padova, Galileo riusciva a guadagnare qualche scudo in più fornendo consigli militari al governo veneziano La sua opera scientiica aveva una potenziale pertinenza con gli affari militari poiché egli servendosi dei suoi concetti di inerzia e di caduta libera dei gravi aveva calcolato per la prima volta la traiettoria corretta che un proietto quale una freccia o una palla di cannone, avreb,
,
,
4 5 CALCOLO DI UNA PARTICOLARE TRAIETTORIA .
be seguito in assenza della resistenza dell'aria
.
Il moto dei proietti era sempre stato un punto debole per Aristotele che non era in grado di inserire questo moto nel suo schema di moti naturali e vincolati poiché, evidentemente, non c'era alcun motore di una freccia dopo che questa aveva abbandonato l'arco. Perciò egli dovette inventarne uno, avanzando l'ipotesi che il motore
Conoscendo la legge di caduta libera dei gravi e il principio d'inerzia, siamo in grado
fosse l'aria attraverso la quale si muoveva il proietto Quando il proietto veniva
y lungo la verticale ascendente con l origine come origine della traiettoria, come è
lanciato nell'aria l'aria che aveva davanti lo spingeva di lato, mentre dietro imaneva
indicato nella igura 4.6.
,
,
.
,
di determinare la forma della traiettoria di un proietto. Poiché si svolgono moti
diversi lungo la direzione orizzontale e la direzione verticale, sono queste le direzioni '
naturali degli assi coordinati. Scegliamo l asse x lungo la direzione orizzontale e l asse '
'
f
,
r
.
r
4
f
54
55
4
I Completando il quadrato, possiamo riscrivere la (4.2) nella forma
+
(4.3)
2?
I che è l'equazione di una parabola, y - h = a(x - b)2, con a, b, h costanti. La traiettoria !di qualsiasi proietto (se si trascura la resistenza dell'aria) è una parabola, detta, ancora \ bggi, parabola galileiana. :
La quota h del vertice della traiettoria è
h = y massima = i ifi.
(4.4)
In corrispondenza della quota massima il proietto ha percorso x = v v /g orizzontalmente. La gittata R, lo spazio x raggiunto quando il proietto torna al suolo in corriispondenza di y = 0 è ,
,
k=
2
i
(4.5)
g
[Si può ottenere facilmente la gittata risolvendo l'equazione (4.2) rispetto a x quando y = 0; l altra soluzione, x - 0, si riferisce all origine '
'
Figura 4.5
Fotografia stroboscopica di due palle, una lanciata
orizzontalmente nello stesso istante in cui l'altra è stata lasciata cadere. La distanza tra le linee orizzontali era circa 15 cm e l'intervallo di
tempo tra lampi consecutivi era -jg s. (PSSC Physics
,
;
l a discesa.
Newton (Mass.,
l II tempo di volo si può ottenere dall'equazione (3.30). La coordinata y è nulla lnell'istante di partenza e nell'istante in cui il proietto ritorna sul suolo. Quindi,
:
USA), D. C Heath and Company ed Education Development Center,
19652. Trad. it.: La isica del PSSC Bologna, Zanichelli, 1985.)
j
,
f
della traiettoria.] È importante
notare che la gittata è il doppio dello spazio orizzontale percorso in corrispondenza della quota massima: il proietto percorre spazi orizzontali uguali durante la salita e
:
l'equazione (3.30) ammette due soluzioni: t = 0 e
Se lanciamo il proietto con una componente della velocità inizialej gjtejla dire-
'
2v,0
M = -
possono esserejicntte x(P) = yjfi) =0, vx{0) = v , e
.
o CQ) = t))<,.JLprincipio d'inerzia
govgrnaTlTmoto nella direzione x e stabilisce che vjt) è costante. Perciò, la variazione onzzoniatélK1Ia <
'
"
(4.6)
8
.
~
2oM S dire{£amente proporzionaie-al-tempo:
Il moto nella direzione y è governato dall'accelerazione costante verso il basso d2y/dt2 = - g La variazione della quota y(t) di un proiettòTanaafò véaicalmrafeT stata .
~
determinata nell'equazione (3.30):
j Quest'ultima è il tempo di volo.
Esempio 1 Un saltatore con gli sci abbandona l'estremità del trampolino di lancio con una velocità puramente orizzontale u0 = 20 m/s In questo punto, egli si trova a una quota di .
'
y = vy0t - Igt2
(3 30) .
Per trovare la traiettoria
,
eliminiamo t dalle eguazjqni (3 30) e (4.1). Risolvendo
'
equazione (4.1) ispetto a t troviamo che t = x/v , e,- sostituendo nell'equazione (3.30), otteniamo ,
r
l
4 m sopra il suolo che scende sotto di lui con un'inclinazione di 45". ,
(a) A che distanza salta orizzontalmente? (b) Quanto tempo rimane nell'aria? (c) Qual è la sua velocità verticale immediatamente prima di toccare il suolo?
V.,aX
y
yO
(4.2)
2v
RI2
Figura 4.6 Traiettoria di un proietto.
R
Siano x = 0, y = }><,(= 4 m) all inizio del salto. Poiché inizialmente il saltatore non ha '
.
INERZIA
57
velocità verticale
,
la sua posizione in funzione del tempo è, per le equazioni (4.1) e
(3.30),
,
i quali seguono con ottima approssimazione la previsione di Galileo. Il peso lanciato da un atleta segue una traiettoria che è molto più parabolica di quella descritta da
2
x = v0t,
alta massa volumica (densità) bassa sezione trasversale e velocità relativamente bassa
y = y0 - {gt
un palloncino.
Eliminando (, troviamo che la sua traiettoria è
r
Una seconda ragione iguarda la distinzione fra tecnica e scienza. Per la tecnica
del XVII secolo, incapace com'era di calcolare gli effetti della resistenza dell'aria la previsione di Galileo non permetteva di compiere un progresso immediato nella pratica dell'artiglieria. Ma per la scienza, i concetti di Galileo annunziarono il pensiero ,
,
moderno e aprirono la strada alle grandi scoperte di Newton.
Questa traiettoria interseca il suolo quando y «= -x: -
,
= ,0 -
Problemi
Le due soluzioni di questa equazione di 2" grado sono, per la formula risolutiva delle
Moto della Terra
"
equazioni di 2 grado, 1
.
Sapendo che la circonferenza della Terra è circa 40 000 km, si dimostri la fonda-
tezza deirafifermazione fatta nel testo che la superficie della Terra si muove con una velocità di 460 m/s all'equatore. A scopo di confronto si calcoli la velocità della Terra attorno al Sole (la distanza Terra-Sole è pari a circa 150 000 000 km). ,
Soltanto la radice positiva è fisicamente significativa. (La radice negativa fornisce '
l
"
altra intersezione della parabola con la pista di atterraggio a 45 se esse vengono
prolungate a monte, a sinistra del punto in cui comincia il salto). Numericamente, la
Inerzia 2
.
distanza orizzontale raggiunta dal saltatore è
(20 m/s)2 (x 9
8 m/s2 \
+
,
.
A
V
+
Quando un'automobile frena bruscamente, i passeggeri vengono proiettati in avanti. Perché? Se un'automobile si arrestasse a un semaforo e un'altra automobile la
tamponasse, il capo dei passeggeri si sposterebbe bruscamente all'indietro rispetto
2(9,8X4) \
'
all automobile. Perché?
(20>2 / 3
In che modo il principio d'inerzia potrebbe spiegare il fatto che una rapida scossa a una giacca impolverata iesce a liberarla dalla polvere?
4
Immaginiamo di essere Galileo. Come risponderemmo a un aristotelico che dicesse che una palla di cannone sparata orizzontalmente verso ovest percorrerebbe un cammino maggiore rispetto a una palla sparata orizzontalmente verso est sulla
.
r
Il salto richiede
,
=
i_iMm t)0
4 27s
.
,
20 m/s
La velocità verticale immediatamente prima di toccare il suolo è S
v = -gt = - 9,8 M. (4,27 s) « - 42 _2L y
s1
Terra in rotazione? .
s
Un treno si muove lungo un binario orizzontale con una velocità costante di 20 m/s. Un passeggero lascia cadere una palla dal soffitto che è 2,5 m sopra il pavi,
mento del treno.
dove il segno meno indica che y è decrescente.
(a) Secondo il passeggero, quanto tempo impiega la palla per raggiungere il pavi-
In pratica, la distanza registrata per un salto con gli sci non è xt, ma
mento?
Vxl + (y - yj2, la lunghezza del segmento rettilineo congiungente il punto di decollo
(b) Secondo il passeggero, in che punto la palla colpisce il pavimento? (c) Secondo un osservatore situato accanto al binario, di quanto si allontana il treno mentre la palla è nell'aria? (d) Secondò un osservatore situato accanto al binario, di quanto si sposta orizzontalmente la palla mentre cade?
con il punto di atterraggio: il lettore è invitato a determinarla in questo caso. È anche importante notare che i salti reali con gli sci vengono modificati apprezzabilmente dalla resistenza dell'aria.
Moto relativo 4 6 CONCLUSIONI .
6
Né Galileo né gli artiglieri sosterrebbero che i proietti reali si muovono descrivendo traiettorie esattamente paraboliche. Per esempio, è stato stimato che la resistenza dell'aria riduca il cammino delle palle da baseball colpite correttamente di ben il 40% della traiettoria parabolica ideale. Gli artiglieri devono tenere conto di questo effetto. Ai tempi di Galileo lo facevano osservando semplicemente dove i proietti colpivano il suolo e correggendo il puntamento in conformità. Oggi lo fanno generalmente con
.
Supponiamo di essere un passeggero su un'automobile che marcia molto regolarmente su una strada orizzontale rettilinea a una velocità costante. Se chiudiamo ,
gli occhi e ci tappiamo gli orecchi, siamo in grado di dire che siamo in movimento? Se l'automobile compie una svolta siamo in grado di accorgercene con gli occhi ,
chiusi? Perché? 7.
Immaginiamo un veicolo spaziale che procede con velocità costante nello spazio profondo. Un braccio meccanico afferra un carico di ifiuti e lo libera all'esterno r
l'ausilio di elaboratori.
del veicolo. Si descriva il moto dei ifiuti osservato da un passeggero del veicolo r
Quando si include la resistenza dell'aria, la traiettoria di un proietto può somi-
,
spaziale.
gliare più alla traiettoria prevista in base alla teoria dell impeto (figura 4.4) che alla '
parabola di Galileo. Perché allora dovremmo preferire la teoria di Galileo per le '
applicazioni ordinarie nell atmosfera
terrestre?
Una ragione è che, anche senza realizzare il vuoto, si possono trovare proietti di
8
.
Supponiamo di viaggiare in automobile a 120 km/h lungo un'autostrada e di passare accanto a una Ferrari parcheggiata davanti a un autogrill 20 minuti dopo, la Ferrari parte e ci segue a 150 km/h .
.
conto della resistenza dell'aria del vento, della componente verticale del volo
(a) Con quale velocità si muove la Ferrari ispetto a noi?
,
r
,
ecc.)
(b) Con quale velocità ci muoviamo noi rispetto alla Ferrari? (c) Quanto tempo impiega la Ferrari per raggiungerci? 9
.
16. Un bombardiere in picchiata sgancia la sua bomba da una quota di 500 m mentre
Mentre un treno è fermo in una stazione, Michele, nella parte anteriore di una carrozza, e Anna, nella parte posteriore della carrozza, fanno rotolare una palla avanti e indietro. Ciascuno è capace di fare rotolare la palla con una velocità di 10 m/s.
sta scendendo in picchiata verso il suolo a una velocità di 600 km/h sotto un angolo di 45 ,
"
.
(a) Quanto tempo impiega la bomba per raggiungere il suolo? (b) Di quanto si sposta orizzontalmente la bomba tra l'istante in cui viene sganciata e l istante in cui colpisce il suolo? '
(a) Qual è la velocità della palla rispetto a Michele? Ad Anna? (b) Se il treno si muove in avanti a una velocità di 10 m/s, qual è adesso la velocità della palla rispetto a Michele? Ad Anna?
17. (a) Un'iscrizione mongola risalente ai tempi di Genghis Khan registra un primato di tiro con l'arco di 500 m orizzontali [O. Lattimore, Nomads and Commissars, London Oxford University Press, 1962, p. 22]. Se la freccia fu lanciata sotto l angolo ottimale con resistenza dell'aria trascurabile quale fu la .
r
(c) Mentre il treno si muove come in (b), qual è la velocità della palla ispetto a
,
un osservatore situato sul suolo quando essa va da Michele ad Anna? Da Anna
'
,
a Michele?
,
sua velocità iniziale?
(b) Una tattica prediletta dai mongoli era quella di lanciare le frecce contro il nemico mentre cavalcavano verso di esso impartendo così alle frecce la velocità supplementare del cavallo, e poi di svoltare e tornare indietro. Se la freccia ha la velocità iniziale V0 e l'angolo iniziale 9 rispetto al cavallo e se il cavallo si muove con velocità orizzontale V0 rispetto al suolo, si trovi il rapporto tra la gittata della freccia lanciata da un cavallo in movimento e la ,
f
r
f
10. Una palla, che si muove con velocità u, va a colpire, sotto incidenza normale, una parete massiccia stazionaria e rimbalza con una velocità inale v nella stessa direzione ma nel verso opposto. In una seconda situazione, l'unica variante è che ora anche la parete si muove con velocità u verso la palla. Se la velocità della palla è ancora u, sempre secondo una direzione normale alla parete, e la palla imbalza elasticamente sulla parete in movimento, qual è la velocità inale della
gittata della freccia lanciata con lo stesso 9 e la stessa V0 da una posizione
palla?
stazionaria. (Si trascuri l altezza del cavallo.) '
Moto dei proietti (Nei problemi seguenti si trascuri la resistenza dell'aria).
11. Per colpire un bersaglio, un bombardiere dovrebbe sganciare le sue bombe (a) quando si trova sulla verticale del bersaglio, (b) prima di essere sopra il bersaglio, (c) dopo avere oltrepassato il bersaglio. Se il bombardiere continua a volare con velocità costante, qual è la traiettoria di una bomba in caduta secondo il pilota? Che tipo di traiettoria vede un osservatore al suolo?
18. Uno scattista di classe mondiale è capace di correre i 100 m in circa 10 s (uomini) o 11 s (donne). Quale rapporto ci si aspetta tra il primato maschile e quello femminile di salto in lungo? Si faccia un confronto con i primati mondiali registrati nell agosto del 1983: 8,90 m per gli uomini e 7 43 m per le donne. '
,
19. Un giocoliere è in una stanza il cui soffitto dista 3 m dalle sue mani
0 5 s nelle sue mani tra il momento in cui viene afferrata e il momento in ,
.
cui viene lanciata, quante palle è in grado di manipolare? Quante ne potrebbe manipolare in una stanza identica situata sulla Luna? ,
f
12. Un aeroplano che lancia balle di ieno al bestiame in difficoltà a causa della neve sta volando orizzontalmente a una quota di 200 m con una velocità di 65 m/s.
.
(a) Quale velocità verticale iniziale mantiene più a lungo una palla nell'aria? (b) Se il giocoliere lancia in alto una palla ogni 0,7 s, e ciascuna palla rimane per
f
f
(a) Quanto tempo impiega la balla di ieno per raggiungere il suolo? (b) Qual è la velocità della balla di ieno immediatamente prima che colpisca il
(c) Mentre il giocoliere fa il suo gioco di destrezza con le palle, le sue mani distano tra loro 35 cm. Qual è il rapporto fra la velocità orizzontale delle palle lanciate sulla Luna (l'altezza è sempre la stessa) e la velocità orizzontale
suolo?
f
(c) Qual è la componente della velocità della balla di ieno nella direzione orizzontale immediatamente prima che essa colpisca il suolo?
f
(d) Di quanto si sposta orizzontalmente la balla di ieno mentre è nell'aria? 13. Si trovi l'intervallo di tempo che un proietto impiega per raggiungere il vertice della sua traiettoria. Qual è la relazione tra questo intervallo di tempo e il tempo di volo totale espresso dall'equazione (4.6)?
destrezza è la necessità di lanci precisi. (a) Si supponga che tutti i lanci raggiungano la stessa quota h. Si consideri una palla lanciata da una mano nella posizione x = 0. Per essere afferrata, la palla deve scendere in prossimità dell'altra mano nell'intervallo a < x < b. Si ,
trovi un'espressione che ponga in relazione l'angolo di lancio iniziale 9, con la posizione in cui la palla viene afferrata. Si dovrebbe ottenere un'espressio,
f
14. Un sasso attacco a un ilo viene fatto roteare. Quando il ilo forma un angolo di 45' con la verticale viene tagliato. Quale traiettoria seguirà il sasso? Se il sasso si muove inizialmente con una velocità di 5 m/s, di quanto si sposta orizzontalmente prima di ricadere alla stessa quota a cui si trovava quando è stato tagliato il f
delle palle lanciate sulla Terra?
20. Uno dei limiti al numero di oggetti con cui un giocoliere può fare giochi di
ne in funzione di h e della posizione laterale. (b) In pratica, a e è sono dell'ordine di 0,2 m e 0,4 m, rispettrvamente: Nel caso di un giocolière di classe mondiale che lancia le palle molto rapidamente, le ,
quote (in metri) necessarie per manipolare 3, 7 e 13 palle sono le seguenti:
ilo?
f
h
15. Un aeroplano, in volo orizzontale con velocità u a una quota h, si prepara a bombardare un bersaglio B situato a una distanza d davanti a esso. Il bombardiere guarda il bersaglio attraverso l apparecchio di puntamento sotto un angolo 6 = are tan (h/d) al disotto dell orizzonte. In corrispondenza di quale valore di 6 (se si trascura la resistenza dell'aria) dovrebbe essere sganciata la bomba perché vada a colpire il bersaglio? (Nota. Un apparecchio di puntamento automatico imposta l'angolo 8 corretto in base ai valori di h e v che iceve attraverso collegamenti con l altimetro e il tachimetro, apportando ulteriori regolazioni per tenere '
a
b
3 palle
0,35
02 ,
04
7 palle
3 25 ,
02 ,
04
13 palle
13,00
02
04
%
,
,
r
'
'
,
,
Si completi il resto della tabella. (Il primato mondiale è di 13 palle Si rilevi quanto è diventato rigoroso il requisito della precisione angolare in questo .
caso.)
21. Un tipo di fuoco d'artificio, chiamato «ragno», ha l'aspetto di una palla di stelle f
f
ilanti incandescenti. Le «stelle ilanti» sono tracce lasciate dalla combustione del
fosforo su frammenti dell'esplosione del fuoco d'artificio. Il fuoco d'artificio viene lanciato da un mortaio e generalmente sale a una quota di 250 m. Se il fuoco d artificio fosse fermo nel momento in cui esplode, il fosforo brucerebbe tutto in '
circa 1 s, lasciando una palla di fuoco di 45 m di raggio. Nel caso di un fuoco d artificio che viene lanciato sotto un angolo di 5 ispetto alla verticale, si dise'
r
'
CAPITOLO 5
1
VETTORI Se desiderassi attirare lo studente di qualsiasi di queste scienze verso un'algebra per i vettori, dovrei dirgli che i concetti fondamentali di questa algebra sono esattamente quelli con cui ha familiarità... In realtà, dovrei dirgli che i concetti che usiamo nell analisi vettoriale sono quelli che egli, leggendo tra le righe, incontrerà in ogni pagina dei grandi maestri dell analisi o di coloro che hanno sondato i più profondi segreti della natura. '
'
J W. Gibbs, in Nature, 16 marzo 1893. .
5 1 .
.
SISTEMI DI COORDINATE
Galileo scoprì, attraverso il principio d'inerzia, che non esiste un unico sistema di riferimento preferenziale. Per sfruttare più efficacemente questa scoperta, dobbiamo esaminare alcuni concetti geometrici. Il primo tipo di costruzione geometrica di cui abbiamo bisogno è un modo di descrivere la posizione occupata dai corpi. Se il mondo fosse soltanto unidimensionale, tutto giacerebbe su un'unica linea. Per descrivere dove si trova qualcosa su questa linea, prima sceglieremmo un punto di questa linea come punto di riferimento, che costituirebbe l'origine. Poi sceglieremmo un verso (o senso) lungo la linea come verso positivo, per esempio quello a destra rispetto all origine. Fatte queste scelte, ci basterebbe assegnare un numero, che chiameremo coordinata x, per specificare la posizione di un punto. Su una superficie bidimensionale, come questa pagina, dobbiamo ricorrere a un procedimento un po' più complicato per descrivere la posizione di un punto. Prima scegliamo un asse (asse x) e poi un secondo asse (asse y) perpendicolare al primo, come nella figura 5.1 (non è essenziale che i due assi siano mutuamente perpendicolai, ma è comodo). L'intersezione dei due assi è l'origine. Dobbiamo scegliere per convenzione un verso positivo; assegnarne verso positivo al semiasse x a destra dell origine e verso positivo al semiasse y al disopra dell origine. Fatte queste scelte, possiamo descrivere la posizione di un punto mediante le coordinate ortogonali (o rettangolari) x0 e y0, come nella figura 5.la. Oppure, la posizione di un punto può '
r
gnino le traiettorie per alcuni frammenti in ciascuno dei seguenti casi: (a) Il fuoco d'artificio esplode quando si trova nel vertice della sua traiettoria. (b) Il fuoco d'artificio esplode durante la salita, a una quota di 200 m. (c) Si dimostri che, per un osservatore che si muova insieme al fuoco d'artificio, la palla di fuoco è una sfera.
'
y
'
y-
yo
e
(b)
Figura 5.1
Sistema di coordinate nei piano, in cui il punto è descritto
(a) dalle coordinate cartesiane ortogonali x0 e polari r e 9.
e (b) dalle coordinate
5
temente da qualsiasi sistema di coordinate ed è questa la ragione per cui sono utili in meccanica. Perché? Prima di Copernico, esisteva un unico sistema di riferimento concepibile, quello che aveva come centro il centro della Terra. L essenza della rivolu-
prescelto, sono necessari due numeri per specificare la posizione di un punto nello
zione copernicana consistette nello spostare l origine del sistema di coordinate che
r
essere descritta in modo equivalente mediante le coordinate polari r e 9, ispettivamente la distanza dall origine e l angolo (anomalia) che la semiretta radiale forma con l asse x, come nella figura 5.Ib. Comunque quale che sia il sistema di coordinate '
'
'
,
,
'
'
descriveva tutta la isica dal centro della Terra al centro del Sole. Poi, nell'ideate una
Nello spazio tridimensionale sono necessari tre numeri per specificare la posizione di un punto. Il sistema di coordinate più usato è il sistema di coordinate cartesiane ortogonali (o rettangolari) così chiamato in onore del matematico e ilosofo francese René Descartes (italianizzato in Renato Cartesio) Un sistema di coordinate cartesiane ortogonali nello spazio è costituito da tre assi mutuamente perpendicolari detti assi x, y, 2, come quelli della igura 5.2 Tale sistema di coordinate è detto destrorso per il modo in cui sono disposti gli assi: se si orienta la mano destra secondo il semiasse x positivo e si piegano le dita verso il semiasse y positivo il pollice indica l orientamento del semiasse z positivo.
nuova meccanica, Galileo scoprì, attraverso il principio d inerzia, che non esiste alcun sistema di riferimento preferenziale: i sistemi di coordinate non hanno alcunché di esclusivo, nessuno è migliore di qualsiasi altro. Di conseguenza, i sistemi di coordinate (sistemi di riferimento) possono essere ovunque nello spazio ed essere orientati in qualsiasi modo. Analogamente, i vettori possono essere ovunque nello spazio. Essi sono i mezzi naturali per descrivere le grandezze isiche con completa generalità e indipendenza da particolari sistemi di riferimento. Storicamente, l'uso dei vettori divenne un procedimento standard soltanto verso la ine del secolo scorso, quando Josiah Willard Gibbs, isico di Yale, e Oliver Heaviside, scienziato britannico autodidatta, dimostrarono che esso semplifica le equazioni e le notazioni che descrivono l elettricità e il magnetismo. Ma, una volta accettata per l elettromagnetismo, l elegante analisi vettoriale si dimostrò il metodo di elezione
f
spazio bidimensionale.
,
'
f
f
,
.
f
.
f
f
,
'
'
2
'
'
f
per la meccanica e altre branche della isica.
Avendo un modulo e un orientamento, un vettore è più che un singolo numero e, come tale, non dovrebbe essere rappresentato con lo stesso tipo di simbolo che si usa per rappresentare un singolo numero. I vettori richiedono un simbolo speciale. 1 fisici denotano spesso i vettori con una lettera sormontata da una freccia: A. Altri preferiscono usare il simbolo impiegato dai tipografi per denotare il carattere neretto, e cioè una lettera recante inferiormente un ghirigoro: A. Si può usare la notazione che si preferisce, ma noi useremo la notazione di Gibbs: le lettere in neretto come A
f
1
0
Figura 5.2
Sistema di coordinate cartesiane ortogonali destrorso nello
spazio, in cui un punto è descritto dalle coordinate (;t0, y , z0).
denoteranno vettori.
Per specificare un punto ispetto a questo sistema di coordinate specifichiamo la distanza x0 di cui ci spostiamo rispetto all'origine lungo l'asse x per portarci a
Il modulo o norma di un vettore A è denotato con | A | o semplicemente con A (in
r
,
carattere corsivo chiaro):
ianco del punto poi la distanza >>0 di cui ci spostiamo parallelamente all'asse y per
f
,
portarci direttamente sopra o sotto il punto, e infine la distanza z0 di cui ci spostiamo
modulo del vettore A = | À | oppure A
'
parallelamente all asse z per raggiungere il punto (figura 5.2).
Per porre in risalto la differenza tra i vettori e i numeri ordinari, Hamilton coniò il termine scalare (dal latino scala) per indicare i numeri ordinari come 2, -5, 144 e tu. Anche il modulo di un vettore è uno scalare (ma non è mai negativo). Lo spazio percorso da un punto mobile e il modulo della sua velocità sono esempi di moduli
5 2 I VETTORI .
di vettori.
In fisica, si usano talvolta nomi diversi per distinguere le grandezze vettoriali
.
f
f
sia una dijmgM Jinj!gjm nellfl paziajGfil metricamente, unj!£ttfliAiapf>res enta=., tOjttrynia ec! j3iuU.mgh£zza .
.
f
-
}
e-jfei
direziQiK_qiimiaia_d
H modulo del vettore velocità v = | v | è detto talvolta velocità intensiva: dice con quale Pur avendo un modulo e un orientamento un vettore non ha una-posizione issa
in qualsiasi posizione parallelamente a se stesso e continua a essere lo stesso vettore.
rapidità si muove il punto. Un altro esempio è lo spostamento di un punto mobile ispetto allo spazio percorso dal punto. Se un punto materiale* percorre uno spazio s da un punto a ,un altro, il vettore s che li congiunge è detto spostamento; il suo
Due vettori che hanno lo stesso modulo e lo stesso orientamento sono considerati
modulo, s = |s| (lo\spazio percorso) è uno scalare. Nella tabella 5.1 sono elencate al-
uguali; possono essere traslati in modo che uno si sovrapponga esattamente sull'altro
cune grandezze scalari e vettoriali che si incontrano frequentemente in -meccanica. Benché i vettori siano definiti indipendentemente dai sistemi di coordinate,
,
nello spazio. Un vettore, come quello mostrato nella igura 5.3 può essere traslato ,
,
.
Proprio perché non hanno una posizione definita i vettori esistono indipenden,
r
i
f
.
f
-
dai loro moduli scalari. Per esempio, la velocità v di un punto mobile è una grandezza vettoriale rappresentata da una freccia orientata nella direzione e nel verso del moto.
spesso conviene descrivere un vettore in un particolare sistetnà di coordinate. Un modo per farlo è traslare il punto origine del vettore nell origine del sistema di coordi'
In meccanica, è detto punto materiale, o semplicemente punto, un corpo materiale puntiforme, cioè tale che possono essere trascurate le sue dimensioni geometriche rispetto ai suoi sposta*
menti e le sue eventuali rotazioni e possa essere individuata la sua posizione con le coordinate di un punto geometrico. Per esempio, qaundo si studia iì moto della Terra nel sistema solare o quello di una nave sulla superficie del mare o quello di un proietto nell aria, si può assimilare la Terra o la nave o il proietto a un punto materiale. Si parla cosi di cinematica del punto (materiale). Il punto materiale è detto anche particella materiale o semplicemente particella (dall'inglese material particle o semplicemente particle). In questa trattazione e in quelle successive, quando si parlerà genericamente di corpo si intenderà che esso sia generalmente assimilabi'
Figura 5.3
Lo stesso vettore in differenti posizioni nello spazio e in
differenti sistemi di coordinate.
le a un punto materiale. [N.d.T.]
.
VETTORI
65
5. VETTORI
Tabella 5.1 Grandezze scalari e grandezze vettoriali di uso comune in meccanica Grandezze scalari
Grandezze vettoriali
spazio percorso i
spostamento s
(modulo della) velocità v
velocità (vettoriale) v
(modulo dell') accelerazione a
accelerazione (vettoriale) a
Figura 5.5
Scomposizione di un vettore nei (vettori) componenti nel
piano. forza F
(modulo della) forza F
L
'
angolo 8 definito nella figura 5 5 può essere calcolato in molti modi; il più facile è usare la definizione di tangente:
(intervallo di) tempo t
.
tan 8 =
massa m
e quindi
nate. Il punto termine del vettore si trova ora in un certo punto le cui coordinate forniscono le istruzioni che ci dicono come andare dal punto origine al punto termine del vettore. Per esempio, nel sistema di coordinate cartesiane ortogonali il punto
f
termine di un vettore A avrà tre coordinate che chiamiamo le componenti del vettore e che denotiamo con (Ax, Ay, AJ, come è illustrato nella igura 5.4.
1
6 - are tan
lA,\
r) Uri
(5,4)
-
La maggior parte delle calcolatrici ha un tasto «tangente inversa» (indicata di solito con la notazione usata nella letteratura inglese tan"1 anziché are tan) e quindi quan,
,
do si conoscono le componenti si può calcolare facilmente l'angolo
.
Esempio 1 Per una data velocità iniziale i>0
=V
o
+ "So si trovi la gittata massima di un proiet-
to.
Nel capitolo 4 abbiamo dedotto l'equazione (4 5) per la gittata di un proietto che itorna al suolo alla stessa quota da cui è stato lanciato: .
r
X
Figura 5.4
Componenti cartesiane (Ax, Ay,
A
R = 2 oiVo
) del vettore A.
z
S
Poiché esistono due modi equivalenti di specificare un vettore, e cioè mediante un modulo e un orientamento (direzione e verso) oppure mediante le componenti, dovrebbe essere possibile trovare le componenti quando si conoscono il modulo e l orientamento, e viceversa. Il procedimento per trovare le componenti è detto scomposizione (o decomposizione) di un vettore nei (vettori) componenti; perciò, esami'
In funzione di 9, l'angolo che la direzione iniziale del moto forma con l'orizzonte (figura 4.6), possiamo scrivere le componenti della velocità iniziale come = u0 cos 6 e = u0 sin 6. La gittata è quindi K
2vl sin e cos 8
=
'-
niamo come si scompongono i vettori nel piano.
Se conosciamo il modulo e l'orienta
gmcentfTnèn
j oJ irezions -Aimo
Jrigonometria alla igura 5.5, jgoniamo in relazione le comggneiUi modulo A eTangolp 6 nel moda segùentK
vi sin 26 g
che raggiunge il valore massimo quando sin 28 = 1 ;
_
4-t_e
j;oiLÌl.
~
R
.
.
=
8
f
.
°,
M
,
=i£ g
cioè, in corrispondenza di 8 - 45" La gittata massima si ottiene lanciando il proietto sotto un angolo di 45' .
e
.
In alcuni casi, si potrebbero conoscere le componenti di un vettore, ma si potrebbe volere il suo modulo e il suo orientamento. Per passare dalle componenti al modulo e all'orientamento, si inverte il procedimento or ora descritto. Supponiamo di di un vettore, come è indicato nella igura 5.5. Il conoscere le componenti A y vettore A e i lati contrassegnati Ax e Ay formano un triangolo rettangolo. Per il teorema di Pitagora, l ipotenusa, la cui lunghezza è il modulo A, è x
e A
5
.
3 SOMMA E DIFFERENZA DI DUE VETTORI; PRODÒTTO DI UN VETTORE PER UNO SCALARE
f
66
'
Poiché i vettori sono nuovi enti matematici si devono definire le operazioni algebriche che li riguardano; definiremo la somma la differenza e tre tipi di prodotto. ,
,
L
'
operazione più semplice è il prodotto di un vettore per uno scalare Se abbiamo un vettore B e lo moltiplichiamo per lo scalare 3 il nuovo vettore è 3 volte più lungo .
\ Pi' -
A = VA,2 + Ay
(5.3)
,
Ut,
68
5. VETTORI
5 VETTORI .
f
(ha un modulo pari a 3 volte quello) di B e si scrive 3B. Più in generale, jjjjrodoltodel vettore B per uno scalarejLàJttnjttuaYQuyettore cB iL.qpjlejBUS jjfi»-moduki
madore o minore jiLgaelio di B e lo stesso orientamentadi-B.(stessa direzione e stesso verso) je jLfigfi xSJ! ori
tamei|la aEP<3SlP a quellojiiJB» (stessa direzione, _
Proprietà associativa della somma dei vettori: '
A + (B + C) = (A + B) + C
(5 7) .
In virtù di questa proprietà possiamo scrivere la somma cóme A + B + C, senza ,
verso opposto) s c è negativo. Il modulo di cB è |r l Bi. il prodotio dcl valore assoluto--
indicare in quale modo essi sono stati composti
La divisione di un vettore per uno scalare non presenta nuovi problemi poiché si può sempre considerare la divisione per uno scalare c come il prodotto del vettore--
Tutti questi isultati che abbiamo dedotto con il metodo grafico per ottenere la somma di due vettori nel piano valgono anche per i vettori nello spazio I vettori possono essere messi in relazione con le loro componenti mediante la
per 1/c se c
somma di vettori con l'ausilio dei versori Un versore, o «ettore unitaxki
.
.
r
,
0.
.
m
.
f
significato isico. Per esempio, un corpo che si muove con velocità v per un intervallo
f
n
f
!L£HLfladulo_è_uguakiuL(non a 1 cm o a 1 m, ma semplicemente a 1; un versore è adimensionato). Usiamo il simbolo i per rappresentare il versore secondo il semias se x positivo. Si scrive un accento circonflesso Q sopra una lettera in neretto per icordare che il vettore in questione è un versore Analogamente, il versore J è orienta-
.
r
Il prodotto di un vettore A per lo scalare -1 è detto opposto del vettore, -A; esso ha lo stesso modulo di A, ma orientamento opposto (stessa direzione, verso opposto). Il prodotto di un vettore per uno scalare dimensionato, come la massa o il tempo, è un altro vettore che è parallelo al primo, ma ha differenti dimensioni e differente
to secondo il semiasse y positivo e il versore k è orientato secondo il semiasse z
positivo. Esattamente come gli assi coordinati, i versori T J, k sono mutuamente
di tempo t subisce uno spostamento
,
s = ts
(5.5)
perpendicolari. I tre versori i, J, k sono illustrati nella figura 5.8.
Lo spostamento è un vettore che ha le dimensioni della lunghezza, la velocità è un vettore che ha le dimensioni della lunghezza divisa per il tempo. Esattamente come lo zero che è un'eccezione tra i numeri, anche il vettore nullo
è un'eccezione tra i vettori. Il vettore nullo è il vettore che si ottiene moltiplicando
un qualsiasi vettore per lo scalare zero. Ha un modulo (nullo), ma è privo di orientamento. Nelle equazioni vettoriali che incontreremo, il vettore nullo verrà scritto semplicemente come 0.
f
Per definire la somma di due vettori, supponiamo di avere due vettori A e B, come quelli presentati nella igura 5.6a. Per sommare i due vettori (composizione dei vettori), portiamo il punto termine del secondo vettore a coincidere con il punto
origine del primo (figura 5.6b). È importante ricordare che si possono sempre traslare i vettori, cioè si può sempre spostarli parallelamente a loro stessi conservandone orientamento, e quindi si può eseguire questa costruzione. Il vettore somma, o vettore risultante (o, più semplicemente, il risultante), è un nuovo vettore C - A + B che ha come punto origine il punto origine del primo vettore e come punto termine il punto termine del secóndo vettore. Costruito il vettore risultante, si può usare una '
Figura 5.8 Un vettore A espresso mediante le sue componenti
.
Usando questi versori possiamo esprimere algebricamente qualsiasi vettore A per mezzo delle sue componenti. La relazione, illustrata nella igura 5 8 .
f
l
,
è
'
riga graduata per misurare la sua lunghezza e determinarne così il modulo. L angolo
A = AJ + Aj + A.ii
cano il vettore risultante: il suo modulo e il suo orientamento.
Si può considerare che lo spostamento dall'origine del sistema di coordinate al punto
La igura 5.6c presenta una proprietà utile della somma di vettori. In quella igura, siamo partiti dal vettore B e abbiamo sommato a esso il vettore A; cioè,
termine del vettore A sia la somma vettoriale di tre spostamenti: A ì seguito da Ays, seguito da A i
abbiamo trovato la somma B + A, che risulta essere lo stesso vettore C. Ciò significa che l ordine in cui sommiamo due vettori non ha importanza poiché otteniamo sem-
4.
f
f
r
rispetto a una retta di iferimento può essere trovato facilmente con un goniometro. A questo punto non resta altro da fare, poiché si conoscono due elementi che specifi-
'
pre lo stesso risultato. Questa proprietà della somma dei vettori è detta proprietà commutativa.
(5.8)
x
z
,
.
Come esempio consideriamo la traiettoria di un proietto, analizzata nel capitolo ,
Nel suo moto orizzontale in cui ubbidisce al principio d'inerzia un proietto si muove con velocità costante che gli è stata impartita dall'esplosione della polvere da ,
,
,
sparo. Nello stesso tempo e del tutto indipendentemente il proietto cade nella dire,
zione verticale con accelerazione costante ubbidendo alla legge di caduta libera dei ,
Figura 5.6 (a) Due vettori A e B. (b) Il vettore somma C -
gravi. Il procedimento che abbiamo seguito quando abbiamo analizzato questo moto C* Proprietà commutativa della somma dei vettori:
del parallelogramma, (c) II
è stato quello di scomporlo in componenti Nella igura 5.9 la componente (secondo la direzione) orizzontale dello sposta.
,
f
A + B, trovato con il metodo
(5.6)
A + B = B + A
mento s della sfera è sx = vj mentre la componente (secondo la direzione) verticale ,
vettore somma B + A.
essere scritto nella forma
,
sy = - y£?2. Lo spostamento totale può
f
È importanza notare che la somma A + B è una diagonale del parallelogrammo determinato da A e B e presentato nella igura 5.6c. Per questa ragione, la somma di vettori
è data dalla legge di caduta libera dei gravi
è detta talvolta somma con la regola del parallelogramma.
Proprietà
associativa della somma di
Le frecce nella igura rappresentano questo vettore in istanti diversi
.
Per mezzo delle componenti
,
se
f
Figura 5.7
sommare a essa il vettore C, come è illustrato nella igura 5.7, oppure possiamo
(5.9)
f
Il metodo grafico per trovare la somma di due vettori può essere esteso in modo da determinare la somma di più di due vettori. Per esempio, supponiamo di volere trovare la somma di tre vettori A, B, C. Possiamo trovare la somma (A + B) e poi sommare il vettore A alla somma (B + C). I due risultati coincidono. Questa proprietà della somma dei vettori è detta proprietà associativa.
(5.10)
j
-
v-
69
Figura 5.10 Somma di vettori, in cui sono posti in relazione la costruzione geometrica e la somma delie componenti.
situazione e talvolta è più elegante, evitando come fa qualsiasi specificazione del analisi per mezzo delle componenti è talvolta ingombrante, ma offre un metodo assolutamente sicuro per manipolare i vettori. Generalmente, il metodo geometrico è più appropriato quando si vogliono vedere le relazioni, mentre il metodo analitico è necessario per ottenere risultati numerici. sistema di coordinate. L
'
Esempio 2
Bologna, Zanichelli, 1985.]
i tre vettori con il metodo che abbiamo descritto. Se usiamo una scala 1 cm = 22,5
Figura 5.9 Vettore spostamento di una sfera lanciata in direzione orizzontale. [PSSC Physìcs, Newton (Mass., USA) D.C. Heath and
Co. e
f
,
r
r
r
Educational Development Center, 19652. Trad. it.: La isica del PSSC,
Una nave percorre 60 miglia in direzione 30* nord ispetto a est, poi 30 miglia in direzione est, poi 40 miglia 30' ovest ispetto a nord. Dove si trova la nave ispetto al punto di partenza? Denotando con A, B, C i tre vettori che rappresentano le tre tappe del viaggio, possiamo costruire geometricamente il vettore risultante R = A + B + C, sommando
mi, possiamo misurare la lunghezza di R trovando che è circa 4 cm, equivalenti a '
'
y
x
r
per c, troviamo che cB - cB ì + cB
ì + cèzk
(5.11)
Perciò, le componenti di cB sono cB
x,
cBy, cBz. Anche la somma di due vettori può
essere espressa per mezzo delle componenti. Se sommiamo i vettori A = A
circa 90 mi. La direzione (orientata) ispetto al punto di partenza (misurata con un goniometro) è di circa 46 N ispetto a E. r
e c è uno scalare qualsiasi, moltiplicando entrambi i membri dell equazione (5.10)
k e B = Bxì + Byj + B
+A}+ °
\-120 V
k troviamo
2
,
-
A + B = (Ax + Bx)ì
+ (Ay + By)i + {A, + BJk
(5.12)
Quindi, le componenti del vettore somma C = A + B si ottengono sommando le corrispondenti componenti di A e B:
Come alternativa, possiamo seguire il metodo algebrico; A, B, C- possono essere scritti per mezzo delle componenti come
C
y
C
,
A
x
y
A = 60(cos 30-)i + 60(sin 30')! = 51 9i + 30j
+ Bx + B
,
B = 30i
y
A+B
.
(5.13)
C = 40(cos 120*)i + 40(sm 120')! - - 20i + 34 6j ,
La semplice equazione vettoriale C = A + B è un modo abbreviato di scrivere tre equazioni scalari. È questo uno dei potenti vantaggi dell algebra dei vettori. La figura 5 10 illustra la somma delle componenti di due vettori nel piano xy. Il metodo geometrico e il metodo analitico che abbiamo descritto per lavorare
Il vettore risultante è
J
'
.
f
con i vettori sono utili entrambi. Il metodo geometrico offre un quadro isico della
R = A + B + C = (51 che ha modulo
9 + 30 - 20)i + (30 + 0 + 34,6)j = 61,9? + 64,6!
,
VETTORI
R = V l g)2 + (64,6)2 = 89,5 mi
za, l aeroplano, osservato dal suolo, vola a 30 est rispetto al nord con una velocità
e orientamento
di 200 km/h. Quali sono la velocità e l'orientamento (direzione e verso) del vento? Denotiamo con v la velocità dell'aeroplano rispetto all'aria, con vv la velocità
"
'
.
a
8 = are tan
f64 6 ,
del vento, e con la velocità risultante dell'aeroplano rispetto al suolo. Questi vettori velocità sono legati dall equazione vettoriale '
46 2
-
,
61,9
vris
"
Va + Tv
che può essere risolta rispetto alla velocità del vento: v
v = vris
Imparata la somma di due vettori la differenza è semplice poiché possiamo sempre ,
considerarla come la somma di un vettore e dell'opposto di un vettore
-
Va
Usando le componenti dei vettori, abbiamo che
Come abbia-
.
mo visto precedentemente l'opposto di un vettore è un vettore che ha lo stesso modulo, ma orientamento opposto (stessa direzione ma verso opposto). Perciò, se avessi,
= 173]
v
mo due vettori G e H, e volessimo G - H, prima formeremmo -H e poi lo sommeremmo a G con il metodo geometrico descritto precedentemente Il vettore congiun-
.. ....
a
,
-
.
,
200[(cos 60°)i + (sin 60-)J] - 100? + 173j
,
.
e quindi la velocità del vento è
gente il punto origine di G con il punto termine di -H è G - H, come è illustrato v
'
nella
igura 5.1 Ib. Riassumendo
v
= (100 - 0)i + (173 - 173)1 = 100T km/h
,
Il vento soffia a 100 km/h in direzione est.
G - H = G + (-H)
(5.14)
Esempio 4 f
Un palo è piantato sulla riva di un iume nel punto P e una zattera è ancorata a una
distanza D dal punto Q. Un ragazzo nuota in linea retta da P a Q e torna indietro al punto di partenza, muovendosi con velocità costante V rispetto all acqua calma. Si calcoli l intervallo di tempo totale impiegato per il tragitto di andata e ritorno se la '
'
f
corrente del iume fluisce con velocità u e la zattera è (a)
Figura 5 11 .
(M
(a) direttamente a valle rispetto al palo,
(b) direttamente verso il largo (in direzione perpendicolare alla corrente).
(a) Vettori G e H. (b) Costruzione grafica della differenza
(a) La velocità relativa del ragazzo rispetto al palo è K+ u nel tragitto di andata,
dei due vettori, G - H. (c) La somma dei due vettori G + H, e la loro ,
differenza, G - H, rappresentate come diagonali dello stesso
e V - v nel tragitto di ritorno. Poiché l intervallo di tempo impiegato in ciascun tragitto è pari a O/velocità, il tempo totale impiegato è '
parallelogramma.
Come si è visto precedentemente nella igura 5 6c, la somma di due vettori G e' H rappresenta una diagonale del parallelogramma determinato da G e H La differen.
f
'
~
a
.
D
D
v+u + V-v
=
2DV
V1-
'
za G - H rappresenta l altra diagonale congiungente il punto termine di H con il ,
punto termine di G, come è illustrato nella figura 5.1 le. La differenza scritta nell'altro
(b) Prima di afidarci all'algebra, dobbiamo visualizzare fedelmente la scena! Se
ordine, e cioè H - G, è naturalmente, l'opposto della differenza trovata or ora, e cioè
v giace lungo l asse x e la direzione verso il largo giace lungo l asse y, la velocità risultante V + v del ragazzo rispetto al palo giace lungo l asse y. Ma, perché il ragazzo mantenga questa direzione, la sua velocità V rispetto all acqua deve avere un componente contro corrente -v, tale da elidere esattamente la velocità della corrente. Nella
,
è la diagonale congiungente il punto termine di G con il punto termine di H Un nuotatore in un corso d'acqua e un aeroplano nel vento sono buoni esempi .
isici della somma e della differenza di vettori Il nuotatore, per esempio, avanza di
f
.
f
5
'
'
'
'
f
I*
.
un certo cammino rispetto all'acqua in cui si trova ma viene anche trascinato in
notazione dei componenti, i vettori sono
qualche altra direzione dalla corrente. Qual è la sua velocità reale, secondo un osservatore situato sulla riva del corso d'acqua? Non è difficile vedere che è semplicemente la somma vettoriale della velocità del nuotatore nell'acqua calma e della velocità della corrente stessa. La ragione di ciò è il fatto che ogni vettore velocità è uguale al corrispondente vettore spostamento in 1 unità di tempo e poiché gli spostamenti si sommano vettorialmente lo stesso vale per le velocità.
v = v\t
,
,
,
V = -vi + VV2 - v2j
dove il componente j di V deriva dal teorema di Pitagora. Perciò, la velocità risultante è
V + v = VV2 - t/2j nel tragitto di andata e l opposto '
nel tragitto di ritorno. Il tempo totale per il tragitto
di andata e ritorno è '
Esempio 3
_
2D
» - Vv2
- v2
È importante notare che in entrambi i casi (a) e (b) il tempo per il tragitto di andata
Un pilota dilettante il cui aeroplano ha una velocità di 173 km/h rispetto all'aria tenta di volare verso nord Ma c'è un forte vento che soffia verso est e di conseguen.
,
'
e ritorno è più lungo per l esistenza della corrente.
74
5. VETTORI
5 4 PRODOTTO SCALARE DI DUE VETTORI
Ritorniamo alla rappresentazione algebrica dei vettori per mezzo delle compo-
.
r
nenti e dei versori, icordando che i versori i, J, k sono mutuamente perpendicolari. Finora abbiamo definito la somma e la differenza di due vettori e il prodotto di un vettore per uno scalare. Ora vogliamo definire due modi diversi di moltiplicare i vettori, uno dei quali produce uno scalare l'altro un vettore. Esamineremo per primo il prodotto scalare o prodotto interno. Il prodotto scalare di due vettori A . B, è, per definizione, lo scalare
Con riferimento ai prodotti scalari, ciò significa che
WobOITi «.CAifcRì TRA MCfitOW
= j-k = k-i = 0
f.j
(5 23, .
,
,
PCtOOOTlC 4tAU £ TRA a MC OO
A-B = AB cos i
(5.15)
it k smÉùj® 6 .>> dove 6 è l'anfioio tra i due vettori (misuratfl-in-jnadiì-CheJL . 8 < 180'). Inoltre
Queste relazioni ci offrono un metodo algebrico per determinare le componenti di A Infatti, formando il prodotto scalare di A e 1 otteniamo
= Axì + Ayj + Azt
.
A
-i = Aj-ì + Aj-Ì +
,
4:.k-Ì
= A
(5.24)
,
poiché 1-1= 1 ej-i = £- l = 0. Analogamente, troviamo che
.
l&QlagUJ edott&-seala]g di duej ttOiysUnoltiplicano i lóromoduli compreso tra i due yettojlJI prodotto scalare gode della pror
aMfc»Rei
'
e il coseno dell angolo
A
v
A-k;
(5.16)
A-B
= (A ì + Ay) + A k)-(BXÌ + Bj + B.k) x
,
La quantità scalare
condo membro, ottenendo
(5.17)
f
è detta (la) componente di B secondo A ed è illustrata nella igura 5.12a Il prodotto "
~
A B = AxBxì ì + A
-»---"-'
+ AyBjk
A-B = AB cos 8 = Ab
B
x
Ì} + AxB.i k + AvBx} ì + A,Bj }
y
.
(a)
(5.18)
+ A
(5.27)
contengono il prodotto scalare di un versore per un differente versore sono nulli e
uguale al prodotto di B per la componente di A secondo B come è illustrato nella figura 5.12b. Se A e B sono mutuamente perpendicolari cos 8 è zero e
quindi sopravvivono soltanto i tre termini contenenti ì ì, J . J e k . k. Perciò, resta
,
A-B = AXBX + A,B
V
A-B
"
"
= 0
Viceversa se il prodotto scalare è nullo almeno uno dei vettori è nullo, oppure i due ,
,
vettori sono mutuamente perpendicolari Se A e B hanno lo stesso orient fTitn rn» = ) e A . B è semplicemente il prodotto dei moduli dei due vettori. In particolare., A-A
= Al
(5.20)
_
f
t
iLfltadjato del modulo dijL Nella igura 5.13 b e c sono le componenti di B e C secondo A. È chiaro che b ,
+ c è la componente di B + C secondo A
.
Ma
A(b + c) = Ab + Ac
+ A ,8,
(5.28)
(5.19)
.
A secondo B.
k-i + A-B,.k-j + A,B;k-k
Ma questa espressione non è cosi complicata come sembra, poiché tutti i termini che
si ottiene moltiplicando il modulo A per la componente di B secondo A. È anche ,
Figura 5.12 (a) B cos 8 è la
(5.26)
Usando la proprietà distributiva (5.22) eseguiamo la moltiplicazione indicata nel se-
b = B cos 9
componente di B secondo A. (b) A cos 6 è la componente di
(5.25)
È utile esprimere il prodotto scalare di due vettori A e B per mezzo delle compo-
AB = B A
(W
POOOOTlI SlAtARi TGA
nenti. Il prodotto scalare A - B è dato da
Proprietà commutativa del prodotto scalare:
scalare
e
-Ì-A
prietà commutativa
In altre parole, per calcolare il prodotto scalare sommiamo semplicemente i prodotti delle corrispondenti componenti. Quando formiamo il prodotto scalare di un vettore per se stesso, troviamo, attra'
verso l equazione (5.28), A-A
= A1
,
+ Al + A)
(5.29)
Questa relazione dice che il quadrato del modulo di A è la somma dei quadrati delle sue componenti. Nel caso dei vettori nel piano xy, questa relazione è semplicemente il teorema di Pitagora, e quindi abbiamo trovato un'estensione del teorema di Pitagora allo spazio tridimensionale.
(5 21) .
che implica che il prodotto scalare gode della proprietà distributiva: Proprietà distributiva del prodotto scalare: A
-
.
(B + C) = A-B + A-C
Esempio 5 (5.22)
(a) Si calcoli il prodotto scalare di A = 3? + 2j e B -1 - J. (b) Qual è l'angolo tra questi due vettori? (a) Usando l'equazione (5.28) si trova facilmente che A-B
= (3)(1) + (2)(-l) + (0)(0) = 1 (b) A prima vista, può sembrare che si debba disegnare un diagramma dei due '
'
vettori e poi misurare l angolo compreso tra di essi. E invece possiamo trovare l ango-
lo cercato combinando il risultato appena trovato, A B = 1, con l'espressione del prodotto scalare, equazione (5.15): A-B = AB cos 6
Figura 5.13 Illustrazione della proprietà distributiva A-(B + C) - A-B
I moduli A e B si possono trovare facilmente mediante l'equazione (5.29), cioè me-
+ A-C.
diante il teorema di Pitagora:
5
.
A = VA
Il risultato ottenuto per
= \/Al + A2y + A? = V32 + 22 + 02 = VT}
'
,
r
-5 =
'
_ = 0 20
.
atterraggio
f
basta per garantire un atterraggio sicuro. Oltre il punto B la pista di atterraggio si appiattisce e v x diventa pericolosamen-
da. cui risulta che 8 = 79'.
te elevata. Per ragioni di sicurezza quando le condizioni della neve o del vento producono salti che terminano molto oltre il punto B, i saltatori partono da un punto inferiore della pista di lancio per ridurre la loro velocità di decollo. Nel trampolino ,
di «70 metri» costruito per le olimpiadi del 1980 a Lake Placid (New York, USA), la distanza tra il punto di decollo e A è 70 m e la distanza fra il punto di decollo e B è 86 m.
Esempio 6
Il saltatore con gli sci dell'esempio 1 del capitolo 4 ha una velocità v = (20i - 42j) m/s immediatamente prima di atterrare su una pista di atterraggio inclinata di 45*
.
Si trovino v j, la componente di v secondo una direzione parallela alla pista di atterraggio, e v
la componente di v secondo una direzione perpendicolare alla pista di atterraggio. (Interessano queste componenti poiché v, sarà la velocità del saltatore ,
V
j
.
5 5 PRODOTTO VETTORIALE DI DUE VETTORI .
±,
nella direzione della pista immediatamente prima dell'atterraggio mentre il contraccolpo che egli riceve al momento dell'atterraggio sarà direttamente proporzionale a
Consideriamo Ora il secondo tipo di prodotto di due vettori. Per descrivere molti fenomeni fisici, è utile disporre di un metodo per costruire un vettore perpendicolare a ciascuno di due vettori dati. Jl prodotto di due vettori per gsempio A_e_JL-,9heJ
"
,
produce un vettore C perpendicolare sia ad A
)
ga aJB, è. tto
_
.
Notiamo che v t = v . ù '
a 45
j,
dove u j è un versore parallelo alla pista di atterraggio
g
W.vejftórfefe-O.
prodotto vettóre o prodotto esterno ed è denotato con la notazione
e>\oc[0
Poiché
.
(5.30)
A A B = C
che _
Jeggej
r
Questa proprietà distingue nettamente i vettori dai numeri ordinari. JL i ta-fl-aitO-XdirezÌ0ne_g_vwso) di C è legato agli orientamenii. di A e B dalla
troviamo che
regola della mano deifìm iff o"
o| = (20i-42j)
vettore. A, e poi le pieghiamn HpI minimn angolo r\ip ronrinrc vffrs'ì B il pollin* assumi* l oriprtamento dLC come è illustrato nella figura 5.14a. p importante notare che iLpji ta.iLA-Ajiàjin aar
i»tnn.ir
"
1ìgft ffa
tìtsar8 cnme
'""mn
"
'
,
- J
'
V2
t
-
20
V2
42 +
.
.
J!ergjL,.v.erso.opposto.),..,come è illustrato nella figura 5.14b. Matematicamente, si dice.
V2
che il prodotto vettoriale gode della proprigj
Analogamente o x = v . ù x, dove ì raggio. Poiché
f
,
x
è un versore perpendicolare alla pista di atter-
' gwng?
to
va:
.
(5.31)
A A B = - B A A
7
|A A B| = |A| |B| sin 8 = AB sin 9 otteniamo A A B ,
(201 - 421) -
V2
+ V2
v2
6-s
Alternativamente, si può risolvere il problema usando i metodi descritti precedentemente in questo capitolo. Immediatamente prima di atterrare il saltatore ha ,
una velocità il cui modulo è B A A
v = Vu2 + vi = 46 5 ,
m/s
e la cui direzione forma un angolo 9 = are cos (vjv) = 64 5' sotto il piano orizzontale, ,
'
o 19,5 sotto la pista di ha ipotenusa u e quindi
(a)
atterraggio a 45'. Il triangolo rettangolo con cateti Uj e ox
Figura 5.14 (a) Regola della mano destra usata per trovare l
'
'
Uj = d cos 19,5
'
= 44 m/s
(W
e
v
x
= v sin 19 5' ,
-
16 m/s
orientamento di A A B, (b) Regola della mano destra usata per trovare
l orientamento di B A A.
(5.32)
del saltatore
Ny A
salti che terminano tra i punti A e B nella igura a fianco, u x è tanto piccola quanto
,
yTÌ Vi-
pista di lancio
trampolini reali sono progettati in modo che la pista di atterraggio abbia un profilo curvo pressoché uguale alla traiettoria di un salto standard, rendendo così probabile che il saltatore atterri su una pista quasi parallela alla sua traiettoria. Nel caso dei
Combinando questi isultati otteniamo
AB
77
u.x nel caso di una pista di atterraggio immaginaria che
,
scende con pendenza costante a partire dall estremo inferiore della pista di lancio è troppo elevato perché l'atterraggio sia sicuro. Per mantenere v x un livello sicuro, i
B = Vi2 + (- l)2 + 02 = V2
cos 9 =
VETTORI
jÌ2VLgiraa|dtoj
modoxhe-O-SAgJI
Come è
due vettori di cui si conoscono le componenti. (Ma non sarebbe stato il modo più efficiente di trovare A A B nell esempio 7!) Per chi ha familiarità con i determinanti esiste un pratico artificio mnemonico
vettoriale è |A A B| = AB
per ricordare il prodotto vettoriale (si deve immaginare che il «determinante» sia sviluppato secondo la prima riga):
f
illustrato nella igura 5.15a, B sin 8 è la componente di B nella direzione perpendicolare ad A ed è denotata talvolta con B In questa notazione, il modulo del prodotto .
.
In modo equivalente, il modulo del prodotto vettoriale può essere considerato
'
,
come il prodotto di B per la componente di A nella direzione perpendicolare a B,
denotata con A , e quindi |A A B| = AL B, come è illustrato nella figura 5.15b. Geometricamente, |A A B| è l'area del parallelogrammo determinato da A e B (om-
J
k
B
B,
A A B =
f
breggiato nella igura 5.15).
«Sviluppando» questo determinante secondo la prima riga otteniamo la (5.36). Avre,
mo presto occasione di usare il prodotto vettoriale nello studio del momento di una forza e del moto rotatorio.
Talvolta occorre conoscere il doppio prodotto vettoriale A A (B A C) dei tre vettori. Il risultato ha la forma
A A (B A C) = (C . A)B - (B . A)C (Mi
Figura 5
.
Sì può verificarlo prendendo A = i j, k, rispettivamente, e combinando i termini
(b)
15 (a) |A A B | = ABj
= A(B sin 9)
.
_
(5.37)
,
(b)|A A b\-A±B-
mediante le componenti per ottenere la (5.37). Il fatto che il secondo membro della (5.37) è una combinazione lineare dei vettori B e C è suscettibile di un'interpretazione geometrica. Poiché B A C è perpendicolare al piano di B e C il vettore A A (B
(A sin 9)5.
,
A C) deve giacere in questo piano e quindi è una combinazione lineare di B e C. ,
Esempio 7 Due vettori giacciono nel piano xy, il vettore A ha modulo 1,5 e forma un angolo di 30" con l'asse x, mentre il vettore B ha modulo 2,0 e forma un angolo di 100" con l
'
asse x. Si trovi il prodotto vettoriale A A B.
L orientamento (direzione e verso) di A A B si trova con la regola della mano destra: orientando le dita della mano destra come A e piegandole verso B, si trova '
Esempio 8 Si trovino il prodotto vettoriale e l'angolo 8 compreso tra i vettori A = i- J+3keB = i - 5j - 2k Usando l'equazione (5.36) calcoliamo il prodotto vettoriale, ottenendo: .
,
che il pollice è orientato secondo la direzione z positiva. Per trovare il modulo, bisogna conoscere l angolo tra A e B; l angolo 8 = 100 - 30 = 70 Perciò, il modulo del prodotto vettoriale è
A A B = [-1 (-2) - 3(-5)]i + [3(1) - l(-2)]j + [l(-5) - (- l)(l)]k
|A A B| = AB sin 9 = l,5(2,0)sin 70" - 2,8
Per trovare l'angolo 8 tra A e B usiamo il modulo del prodotto vettoriale, equazione (5.32):
'
'
"
"
*
.
A A B = 17i + 5j - 4k ,
Usando la definizione del modulo del prodotto vettoriale, equazione (5.32), pos-
|A A B| = AB sin 8
siamo vedere che il prodotto vettoriale di due vettori paralleli è nullo (poiché sin 0
0 e sin 180' = 0). Nel caso dei versori i, J, k, troviamo che
-
Se conosciamo tutti i moduli
,
ÌAÌ=jAj = kAk = 0
(5.33)
mentre, per la regola della mano destra
j A k = i,
k A i =j
possiamo usare questa relazione per trovare sin 8 e, di
8. Possiamo calcolare facilmente quanto segue:
A = Vi2 + (-1)2 + 32 = VTT
,
i A j = k,
conseguenza,
(5.34)
B = Vi2 + (-5)2 + (-2)2 = V30
Nel caso di due vettori qualsiasi il prodotto vettoriale è ,
A A B = (A
! + /4vj + A k) A {B \ + Svj + Bzk)
,
z
x
(5.35)
Eseguendo la moltiplicazione indicata nel secondo membro e usando le proprietà del
|A A B| = V172 + 52 + (-4)2 = V330 Perciò, troviamo che
prodotto vettoriale tra versori, troviamo che
sin 8 = A A B = 04 B - A B Z
,
V
)\ + 04,5, - AXBZ)] + (AXB,. - A.fljk
=
V330=
-=
-
VTT V30
=
1
da cui icaviamo che l'angolo tra A e B è 90". Alternativamente, avremmo potuto concludere che 8 = 90' osservando che A B = 0.
'
L
AB
(5.36) r
V
|A A B|
J
equazione (5.36) ci fornisce un metodo utile per calcolare il prodotto vettoriale di
5 6 DERIVATE DELLE FUNZIONI VETTORIALI IN UN SISTEMA DI COORDINATE .
FISSO
avvicinano e, passando al limite, otteniamo la derivata di r(«), che chiamiamo vettore velocità y(t): dr
Un ultimo argomento che vogliamo trattare in questo capitolo è il moto circolare uniforme. Ma, prima di farlo dobbiamo conoscere il significato della derivata di una
v(() = - = lim dt
i
r(t + h) - r(r)
q
.
Jl______
_
-
..
.
(5.40)
,
Come è illustrato nelle igure 5.17b e 5.17c, al limite il vettore velocità v(r) è tangente f
funzione vettoriale. Sejmpunto materiale si muove lungo un urvgjghejaba Xuna curva nello spazio) le coordinate (x, y, z) che esprimono la sua posizione alListante -
,
.
possono essere specificate mediante tre equaziomjs ari. cfte.iMprimflB jciascuna delle coordinate x y, z in funzione di l\ ,
alla curva. Esprimendo il rapporto incrementale per mezzo delle componenti, troviamo che*
r(l + h) - r(r)
xU + h) - x(t). ,
.
> - .v(7).
y
r(/).
r =. z(i)
Nella notazione vettoriale il vettore posizione è
zlr + h) - ;(()
,
-
>
v(r + h) - y(r)+ =: j -
.
riaj=EtdL+ v(f) l + z(f)k
(5.38)
.
(5.41)
h-
'
come è illustrato nella igura 5 16. Si tratta di un esempio di una funzione vettoriale di una variabile reale che in questo caso è il tempo. .
f ,
Al tendere di h a zero, le componenti che compaiono nel secondo rn mbro tendono a dxldt, dyldt, dzldt, e quindi è naturalejlefmireJUiimtejMj PiaJJU che
compare nel primo membro come iI\fgttore dL
Ot(r). >'('), z(/))
=
dt
dL\ + dlì + Ìli di di dt
(5 42) .
Se conosciamo le componenti cartesiane del vettore posizione, possiamn ottRnereJX vettore velocità seguendo le istruzioni dell equazione (5.42), che contiene le tre equar. zioni scalari per le sue componenti: '
.
1 La. velocità v(0 è essa stessaj Vettore posizione che descrive una curva sghemba (curva
f
Figura 5.16
junzione vettoriale, e spesso si vuole conoscere
la sua derivata, T'accélerazionp a(r) T a igura 5.18 presenta il vettore velocità v(r) '
istante t e il vettore velocità v(/ + h) a un istante di poco successivo t + h. La variazione della velocità Av = v(i + h) - v(i) e quindi l'accelerazione media è
all
nello spazio).
,
Al variare di l in un certojnt yallaj]Lyettore r(rt può variate-sia-in modulo-sia-
v(/ + /,)-vW
_
_
jn_on>ntamenTn (dirczions jasfl). Per studiare questa variazione, introduciamo il
(5 44)
'
concetto di derivata di una funzione vettoriale. Come nel caso delle funzioni ordina-
rie (che abbiamo incontrato nel capitolo 3) consideriamo il vettore posizione all'istante t, r(0, e il vettore posizione a un certo istante successivo t + h i(t + h). La differenza di posizione indicata nella igura 5.17a. è il vettore t(1 + h) - x(t). La velocità media in quell intervallo di tempo è ,
,
,
f
'
r(r + h)
r(' +
(5.39)
c
a
<
(/ + *;
Figura 5.18
La variazione del vettore velocità Av = v(i + h) - v(r) al
tendere a zero dell'intervallo di tempo.
r <
.
.
f
lJUmite4B-cuUUatjsaUodi tS!5PO t?ncle a ero, come indicano le igure 5.18b e 5
18c, il ypttnrp arrple,ra7innp rpf(jiaJri wntaJljfe.ftnra accelerazione
.
istanUnea
la
derivata del vettore velocità: (a)
Figura 5.17
(b)
(c)
Ciò che accade quando t(t + h) - r(l) tende a zero. *
Supponiamo che, sebbene il punto materiale in questione si muova lungo una curva, il
sistema di coordinate sia ìsso (o si muova di moto rettilineo), in modo che i versori i, j, k non f
«DIO
" .
ed è parallela a r(( + H) - r(f). Se facciamo tendere h a zero le due posizioni si ,
varino con il tempo.
5 VETTORI .
dv.,
dt
di
dvv,
dv, -
dt
dt
dt
+ (2R cos t2 - At2R sin r)j - ck
_
Adifferenza del vettore vejocità,JLyeitQre accelerazione può non essere tangente alla
La componente z dell'accelerazione è costante come previsto, ma la componente ,
curva r(r).
'
orizzontale dell accelerazione cresce rapidamente con il tempo. Riusciremo a capire perché l accelerazione orizzontale cresce al crescere della velocità del moto circolare
Poiché il yettpre_a,cgelexazione si ottiene dal.yett.ore posizione derivandolo due
'
volte, spesso si usa la notazione c/2r
a{,) =
d1x
.
=
quando analizzeremo il più semplice caso del moto circolare uniforme nella sezione
d2v-
58 .
d1!-
Ì + -£[l
.
(5-47>
k
.
per indicare questa relazione. La notaztone
r/ 2 significa d(dr/dt)/dt, la dgxixalsjii.
dt/di.
5 7 VETTORE POSIZIONE IN COORDINATE POLARI .
Per le funzioni vettoriali valgono le stesse regole di derivazione che si applicano
derivata dellajomnm-dLdu&ifunziani-iieltoriali
alle funzioni scalari. La la somma delle loro derivate: _
A(t) s. B{0
è _
_
Sia
r = n + j/J
dtf (A(0 + B(0) - dt + dt-
(5.48)
-
.4u!eJ) gBÌje 3ali>.coiis ue dalla regola di
'
derivazione di un prodotto di funzioni scalari:
,
f
I denyata del prodotto sca
(5.51)
il vettore posizione congiungente l'origine degli assi coordinati con un punto del piano avente le coordinate cartesiane ortogonali (x, y). Se (x, y) * (0, 0), si può descrivere il vettore posizione anche specificando il suo modulo r e l'angolo 6 che il vettore forma con l asse x come è illustrato nella igura 5.19. I due numeri r e 8 (con 6 misurato in radianti) detti ispettivamente raggio vettore o raggio polare e anomalia o argomento, costituiscono le coordinate polari del punto avente le coordinate cartesiane ortogonali (x, y) e sono legate a queste ultime dalle equazioni
A.B dl
=
A. dt +
dt
.B
{5.49)
r
,
.
. _
jt = r cos 9
Analogamente,
.
aab = aa dt - + 4 di
v = r sin 0
(5 52) .
y i
ab
dt '
Infine, se A(<) è una_funzione vettoriale dij, e r.à..una.funzÌQniuscalaEeaiÌjia Altra ione, variabile, per esempio t = ;(u) nel caso di K\t(u)\, diventa
,
la regola di derivazione dijma funzione_di funz
i
\
i
y = r sin £? I
(5'50»
rAw«)] = Tr du dt du
a
1
I
x
X = r cos 0
Figura 5.19
Coordinate polari r e 8 di un punto di coordinate
cartesiane (x y). ,
Esempio 9
Una spira di ilo metallico di raggio R è orientata verticalmente lungo l'asse z.
Una
perlina priva di attrito scende scorrendo lungo il ilo. Il suo vettore posizione varia
Queste equazioni possono essere usate per trovare x e y se si conoscono r e 6. Viceversa, se si conoscono x e y si può trovare r mediante il teorema di Pitagora:/? = x2 + y1
con il tempo come
è Jquindi
f
f
.
,
adì = - = ( -2R sin r - 4rR cos r)i
f
d\
A-
otteniamo
Esprimendo l accelerazionej diamej com
r(/) = (R cos /2)i + (/? sin r)j -
'
brk
r = Vx: + v2
-
Si trovino v(t) e a(0.
'
(5.53)
'
Usando l'equazione (5.42) e la regola di derivazione di una funzione di funzione,
formiamo le derivate trovando che
v(,) = - =
,
'
(-2;/? sin r)\ + (2/fi cos r>] - bti.
L
angolo 9 è legato a x e y dalle equazioni X
Y
V
cos 6 = -
sin 8 = -
tan 6 = -
r
r
x
(5 54)
Di solito si impone che 6 sia compreso nell'intervallo 0 < 8 < 2it. Espresso in coordinate polari, il vettore posizione è
dt
È importante notare che la componente orizzontale dell accelerazione, Vu,2 + v/ cresce rapidamente con t. L equazione (5.46) fornisce l accelerazione '
,
'
'
r = (r cos 8)1 + (r sin 0)j
(5.55)
83
84
5. VETTORI
5 8 MOTO CIRCOLARE UNIFORME .
f
Il moto circolare, sia esso quello della Terra, di una mota panoramica, o di qualsiasi altro corpo, è un tipo di moto importante in isica; petfdescrwrloj amo le coordi-
polari, con l'origine posta nel centro del cerchio, come è indicato nella figura
nate
"
v(f) = = (-reo sin
(5 601 .
Nel calcolare la derivata abbiamo usato la conoscenza delle derivate delle funzioni seno e coseno e la regola di derivazione di una funzione di funzione tenendo presente ,
5 20.
il fatto che r e i versori T
.
,
J sono costanti.
B vettore velocita non ha l'orientamento di r Come è indicato nella igura 5.21 .
f
,
il vettore velocità è perpendicokre ar(f), essendo tangente al cerchio nella posizione istantanea del punto materiale Si' può vederlo anche formando il prodotto scalare _
r = (r cos 6) i + (/ sm 0)j
.
-
delle equazioni (5.55) e (5 60): .
-v = (r cos (o0(-
r
Figura 5.20
sin cor) + (r sin
Moto circolare attorno all'origine: r = cast.
Le antiche culture scoprirono molto presto che si poteva costruire un cerchio conficcando un piolo nel suolo, attaccandogli una funicella in modo che fosse libera di rotare attorno a esso, e disegnando una figura con l altro estremo della funicella mantenendo questa tesa e camminando attorno al piolo. '
Nel nostro linguaggio matematico, questo significa che la lunghezza (il modulo) del vettore r che descrive nn cerchio è la stessa dappertutto. Il vettore rnonè costante;
poiché varia il suo orientamento, ma è costante il suo modulo: Figura 5.21
t
Finora abbiamo descritto ciò che intendiamo con moto circolare, ma il moto che vogliamo realmente descrivere è il moto circo!areji»ii/2nrce. Ciò significa cheTanomalia 6 varia con velocità costante. In altre parole, la derivata cB/dt è costante. Deno-
Orientamenti di t(t) e v(l) per il moto circolare
.
Questo risultato implica che i(t) e v(«) sono mutuamente perpendicolari
.
_
tiamo con co questa costante, o
Vp - coierie = CO
-
= a
(5.56)
Esempio 10 Si dimostri analiticamente che per qualsiasi moto circolare, uniforme o no, i vettori ,
x(t) e v(r) sono mutuamente perpendicolari
.
da cui otteniamo, per integrazione, 9 = co; + a, dove a è il valore di 6 quando t = 0. Se il moto comincia sul semiasse x positivo, a = 0 e abbiamo
In realtà, dimostreremo un risultato più generale: qualsiasi funzione vettoriale F(() di modulo costante è perpendicolare alla sua derivata
.
Per dimostrarlo
,
6 = cor
(5-57)
Se 6 cresce con il tempo, la quantitàjB è positiva ed è detta vehcUà angqlare del _
"
punto materiale. Nel sistema intemazionale (SI), 6_è misurata in radianti e t èjiiisura: to in secondi; perciò, l'unità di i5ÌSMjJÌj8Lè.Ìlj3sB8 8J s nd rad/s).
l velocitTangolàrea) elegata all'intervallo di tempo r, àettoperioào, che viene
imp gjto per_com
rejinà rotazione completa. Poiché 6 percorre 2% rad in una rotazione, dalla (5.57) otteniàmq che c = wJ; perciò, la velocità angolare è data
consideriamo il prodotto scalare F . F « P- e prendiamo la deri-
vata di entrambi i membri di questa equazione Poiché F1 è costante, la derivata del secondo membro è nulla Usando la regola di derivazione di un prodotto di funzioni per formare la derivata del primo membro otteniamo . .
.
,
d
d¥ dF dF (F-F) = F~ + F-- = 2F- dt dt dt dt
-
_
'
,
_
anche da
(5 58)
co = 2%IT
-
Perciò, abbiamo che 2F-dF/dt = 0
e quindi F(0 è perpendicolareKÌF'WQuesta proprietà può essere compresa con facilità anche geometricamente. Se collochiamo il punto origine di ciascun vettore F(t) nell'origine delle coordinate come è indicato nella igura che accompagna questo esempio modulo costante significa che ,
,
,
f
,
Assumendo 8 = at nell'equazione (5.55), troviamo che il vettore posizione (o
il punto termine di F(/) giace su un cerchio di raggio F Per h piccolo il vettore F(t .
,
+ h) - F(t) giace lungo una corda del cerchio e vi giace anche [F(< + h) - F(t)]/h. Per
raggio vettore) del moto circolare uniforme è dato da
,
r = (r cos cu;)i + (r sin art)j
(5.59)
ft-0
,
questa corda tende alla tangente al cerchio, una retta perpendicolare al raggio
vettore F(0 e quindi F'(0 è perpendicolare a F(t). ,
dove r e co sono costanti.
Ei veiocTtà del punto materiale in qualsiasi istante è la derivata del raggio vetto'
re. Possiamo calcolare facilmente questa derivata usando l equazione (5.42) e ottenendo
Usando l'equazione (5.60) e il teorema di Pitagora possiamo trovare il modulo della velocità per il moto circolare uniforme:
= Vi'} + v}
'
v
/r
(5.66)
= V(-r sin M)2 + (rw cos cor)2 = Vr2w2(sm2 wr + cos2 oo()
Qualsiasi corpo che si muova di moto circolare uniforme ha un'accelerazione centri-
peta, che è oriehtata secontìo-la difézióne radiale te,èóme è indicato nella igura 5 22.
Poiché sin2 9 + cos2 9-1, abbiamo il semplice risultato
,
verso l'interno, e ha modulo costan-
f
.
(5.61)
Esso ci dice che il modulo della velocità è costate quando il puntei tgateriale synuoye "
di moto uniforme lungo il. cerchio. Benché la velocità vettoriale vari in orientamento, U suo modulo nmanéaMtantefé, poiché la velocità vettoriale ha modulo costante. '
sua derivata (l accelerazione) deve essere .pen>endico]a.re alla velocità, per il principio dimostrato nell esempio 10. '
la
_
'
Mi<8K. Possiamo calcolare facilmente l'accelerazione derivando la velocità data nel'
l
equazione (5.60): (5.62)
a(f) = - = - K-rw sin u>/)i + (rw cos wr)jl -
dt
di
Esempio 11
Una navetta spaziale ruota attorno alla Terra (raggio 6400 km) a una quota di 240 km sopra la superficie terrestre compiendo 1 rivoluzione in 90 min. Qual è l'accelera,
zione della navetta?
Dall'equazione (5 65) sappiamo che l'accelerazione ha modulo .
a = m2r
Poiché co = 2it/rper l'equazione (5 58), possiamo scrivere l'accelerazione nella forma .
a = 4it2r/rz
= ( - reo2 cos wr)i - (reo2 sin ior)j Il periodo T è 90 min = 5400 s e il raggio r = 6400 km + 240 km = 6640 km; quindi ,
Mettendo in evidenza il fattore -co2, otteniamo che
,
otteniamo che
(5.63)
a(() = -io2[(r cos wf)i + (r sin wt)}]
a = 4jt2(6 64 . IO6 m)/(5400 s)2 = 8 99 m/s2 ,
e, ricordando dall equazione '
,
(5.55) che t(t) = (r cos <ùt)i + (r sin cor) j, possiamo porre
r
il nostro isultato in una forma più semplice,
(5 64)
a(0 = -co2r
.
ientato
Questa relazione dice che il vettore a ruolo insieme a r ed è sempre or direzione radiale verso l'interno; è un esempio àiac
in
eramonecmtrigeta.
Sommario dell'algebra dei vettori
Il modulo dell'accelerazione è semplicemente COMPONENTI:
(5.65)
A
-AJ + AJ + A& B - Bj + Byì + B
z
t
MODULO:
PRODOTTO SCALARE:
A B - AB cos 9, dove 6 è l'angolo tra A e B
,
0 =£ 8 < 180A-B-A B
Usando l'equazione (5.61), v = ri» ,
x
x
+A B +A B y
y
1
l
A B - 0 se e soltanto se A - 0, B - 0, oppure A perpendicolare a B
(5.61)
A-A
otteniamo la forma alternativa
- A2
A-I-
A-ì=Av, A-i-A. T
PRODOTTO VETTORIALE: A A B-
Ar
I
E
A
Ar
A A B - (4yBz - A2By)ì
+ (A
x
B -A y
y
+ (4,3; - A
fj
BJÌ
A A B = - (B A A) ORIENTAMENTO:
A A B è peipendicolare dia ad A sia a B nel verso determinato dalla regola della mano destra
MODULO:
|a A b| - AB sin 8, dove 8 è- l'angolo tra A e B,
,
o < e <= 180-
|a A b| - area del parallelogrammo determinato da A e B
|a A B1? = A2B2 - (A-B)2 A A B = 0 se e soltanto se A - 0, B - 0, oppure A è
parallelo a B
Figura 5.22 Orientamenti di r(r), v(t) e a(0 per il moto circolare uniforme.
5. VETTORI 5 9 CONCLUSIONI .
Prima di Copernico, il centro della Terra era il centro dell'Universo. Era il punto di riferimento ispetto al quale veniva descritta la posizione di un corpo nel mondo aristotelico. Qualsiasi altra idea riguardo alla posizione di un corpo non aveva significato. Poi venne Copernico: egli descrisse il moto dei pianeti in un differente sistema di coordinate, e il mondo cambiò per sempre. Questo è molto importante, ma alquanto fuorviarne, in quanto dà l'idea che la cosa realmente importante nella scienza sia avere il sistema di coordinate giusto. C'è un elemento di verità in questa affermazione: per un particolare problema un sistema di coordinate si dimostra spesso più comodo o più utile degli altri. Ma la verità più profonda è esattamente l opposto: ciò che abbiamo appreso è che tutti i sistemi di coordinate sono ugualmente validi. Copernico disse che l origine del sistema di coordinate è nel Sole; la guardia costiera, determinando la posizione di una nave in difficoltà dice che l'origine è in una base aerea: ogni scelta è comoda per il problema in questione ed entrambe le scelte sono conetteì Questo fatto è una lezione preziosa e come enunciato, è ancora più profondo. Ciò che significa realmente è che le leggi della isica sono le stesse in tutto l'Universo. Le leggi che Newton ci ha dato sono tanto valide nella nebulosa Granchio quanto a Roma. Poiché crediamo che ciò sia vero, ci serve un mezzo matematico per esprimere quelle leggi in modo che siano le stesse in tutti i sistemi di coordinate. Questo mezzo è il vettore. Il concetto di vettore è un po' sconcertante, poiché ha una lunghezza (modulo) e una direzione e un verso (orientamento), ma non una posizione, salvo che non troviamo comodo assegnargliene una. Ma ciò fa del vettore uno strumento perfetto per esprimere leggi, come quelle di Newton, che sono ugualmente valide dappertutto. La prossima cosa che studieremo la seconda legge di Newton, è un'equazione vettoriale che occupa una posizione centrale nella nostra cono-
r
Somma e differenza di vettori 4.
,
5.
,
,
f
6.
Si trovi il modulo e l'orientamento (direzione e verso) di ciascuno dei seguenti vet
Nella tabella 5.1, il tempo è elencato come uno scalare, ma spesso sentiamo parlare della «freccia del tempo», un'espressione che significa che il tempo ha un verso,
Si disegni la curva per l'equazione R = (u2 sin 26)/ dell'esempio 1, esprimendo R in funzione di 6. Si rideduca il isultato che la gittata massima si ottiene in corrispondenza di 6 = 45 ponendo dR/dQ = 0.
7.
Usando la conoscenza della legge di caduta libera dei gravi e del principio d'inerzia, si scriva il vettore velocità della sfera lanciata della figura 5 9 Qual è il vettore .
f
Una barca a vela si muove lungo l'asse della chiglia. Si supponga che la vela giaccia in un piano verticale che forma un angolo a con la direzione del moto e che il vento formi un angolo p come è indicato nella igura. Soltanto il componente del vento normale alla vela esercita una forza, F , sulla
barca. E soltanto il componente di Fu parallelo alla chiglia è efficace nel muovere la barca. (Al componente normale alla chiglia si oppone così efficacemente la resiacqua che il moto laterale della barca può essere trascurato.) (a) Se la barca punta nel vento, come è indicato nella igura, per quali valori di a f
'
(in funzione di p) la barca avanzerà?
.
accelerazione? 8.
Un pilota comincia a volare verso nord con una velocità di 250 km/h rispetto
all'aria
,
ma sopraggiunge un forte vento da est che fa volare l'aeroplano con una
velocità di 289 km/h a 30* ovest rispetto al nord Qual è la velocità (vettoriale) del vento?
"
stenza dell
.
9
. Le gocce di pioggia cadono verticalmente con velocità costante u attraverso la pioggia con velocità costante
V
.
.
Un uomo corre
Sotto che angolo dovrebbe inclinare
in avanti l'ombrello per non bagnarsi? Con quale velocità le gocce di pioggia colpi
scono il suo ombrello?
10. Si considerino i seguenti vettori:
A = 3Ì + 5]
,
B = -2j + k,
C = ì + k
,
D = 6Ì + 4j + 3k
(b) Qual è l'angolo a ottimale (in funzione di P) che fa avanzare la barca con la
avanzare nella direzione e nel verso desiderati. Supponendo che la velocità della barca sia direttamente proporzionale al componente della forza secondo la chiglia, si trovi una formula per il tempo necessario per percorrere un cammino / nella direzione e nel verso desiderati e si dimostri che l angolo ottimale per il bordeggiamento in questo caso è AP = 60 '
moto
°
.
.
11. Nell'esempio 4 si trovi quanto tempo impiega il ragazzo per compiere il tra di gitto ,
Q.
andata e itomo se la corrente forma un angolo 6 con la congiungente P co
n
Per quale valore di 6 il tempo di percorrenza del tragitto di andata e itorno r
cosicché p = 0, dobbiamo «bordeggiare», cioè riorientare la barca di un angolo AP rispetto al vento e bordeggiare con orientamenti + Ap, - AP, + AP, per
(a) I vettori A, B, C sono complanari? (b) Si trovino a e b tali che aA + 2>B + D = 0
r
massima velocità possibile?
(c) Se il vento ha la stessa direzione in cui vogliamo procedere, ma verso opposto,
ento
-
(a) s = (10 m)i + (30 m)j (b) B = -3i - 4j (c) v = (8 m/s)i - (6 m/s)j
dal passato verso il futuro. Allora il tempo dovrebbe essere considerato un vettore?
.
6
tori:
Vettori
3
A + (B + C)
C
\
Problemi
.
e
Ai
scenza dell Universo.
2
,
(A + B) + C
'
.
Nel caso dei tre vettori sottostanti si dimostri la proprietà associativa della somma
di vettori costruendo geometricamente
,
1
,
perché la loro somma sia nulla?
'
,
Se tre vettori hanno somma nulla quale forma geometrica generano quando ven-
gono sommati facendo coincidere il punto termine di ciascuno con il punto origine di un altro? I tre vettori devono essere complanari (giacere nello stesso piano)
'
r
88
è minimo?
12. Se i vettori A e B sono lati consecutivi di un esagono regolare si determinino (in funzione di A e B) i vettori che formano gli altri quattro lati
,
.
-
5. VETTORI
13. Un cane che si è smarrito corre per 20 m verso nord, poi per 10 m a 60' verso
sud rispetto a est attraverso un campo, poi per 30 m lungo una strada che corre verso nord-ovest, poi si ferma.
(a) Si scelga un appropriato sistema di assi coordinati e si esprimano i tre sposta-
24. Due vettori sono dati da A = 3i + 5j e B = - lì + 2j - 3k. Si trovino A A B e '
l angolo tra i vettori.
25. Si descrivano i passaggi che conducono dall'equazione (5.35) all'equazione (5.36).
26. Si dimostri che|A A B|2 = |A|2|B|2-(A-B)2.
menti del cane per mezzo delle componenti. (b) Qual è lo spostamento risultante del cane?
27. Facendo riferimento al disegno del problema 23 e usando il prodotto vettoriale
(c) A che distanza dal punto di partenza viene a trovarsi alla ine il cane?
,
f
si dimostri il teorema del seno:
r
14. Tre vettori A, B, C, di modulo 1, 2, 3 ispettivamente, giacciono lungo le diagonaA
li concorrenti delle facce di un cubo.
(a) Si scelga un sistema di coordinate con l'origine nel vertice in cui concorrono
le diagonali e si esprima ciascun vettore mediante i, J, k. (b) Si trovino le componenti e il modulo del isultante A + B + C.
_
_
sin p
=
sin -y
(a) Si dimostri che il suo valore assoluto rappresenta il volume del parallelepipedo determinato da A B, C, come è mostrato nella igura. ,
r
dicolare. Si usi il metodo dei vettori per determinare se un cavallo iesce o no a un certo punto a raggiungere ogni casella su una scacchiera 8 per 8.
di A, B, C.
f
r
1,2 km
C
S =
sin a
28. Il prodotto scalare A-(B A C) è uno scalare detto prodotto misto o prodotto triplo
15. Nel gioco degli scacchi, un cavallo compie mosse a L, due caselle in una direzione (orizzontalmente o verticalmente) seguite da una casella in una direzione perpen-
(b) Nel caso dei vettori indicati nella figura, si dimostri, con ragionamenti geometrici, che
16. Un'agenzia turistica si propone di istituire un servizio di traghetti sul Danubio a Budapest. Questa città è costituita da due città più antiche. Buda sulla iva
A . (B A C) = B . (C A A) = C . (A A B)
r
occidentale e Pest su quella orientale. Tra di esse, nel fiume, c è l'isola Magrit. I '
traghetti si muovono con una velocità di 2,2 m in acqua calma e il Danubio
Derivate di funzioni vettoriali
scorre con una velocità di 0,9 m/s.
29. Un punto materiale si muove secondo l'equazione r(/) = 2/4i + St] - t3k
f
(a) Se il percorso dei traghetti è quello indicato nella igura e l'agenzia vuole che arrivi un traghetto ogni 20 min, quanti traghetti sono necessari?
(b) Se i traghetti arrivano ogni 5 min, da quale parte del percorso i traghetti '
successivi procedono nello stesso verso più vicini l uno all altro? '
,
dove /
è misurato in secondi e r in metri.
(a) Si trovi il modulo della velocità del punto materiale all'istante t = 2 s. (b) Si calcoli l'accelerazione del punto materiale all'istante t = 2 s.
30. La traiettoria di un punto materiale è descritta da r(t) = 4/1 - 2t2ì + 36 dove t ,
è misurato in secondi e r in metri.
17. Si trovi il prodotto scalare dei vettori A e B della figura a ianco. Il modulo di
(a) Quando il punto materiale è in quiete? (b) L'accelerazione del punto materiale è costante?
f
Prodotto scalare
A è 10 unità e il modulo di B è 12 unità.
Moto circolare uniforme
18. (a) Se A B = A C, ne consegue che B = C?
(b) Può il prodotto scalare di due vettori essere negativo? In caso affermativo, quale condizione deve valere?
31. Un punto materiale si muove di moto circolare uniforme su un cerchio di raggio 0
25 m, compiendo un giro ogni 20 s. Si trovino: (a) il modulo della sua velocità, (b) il modulo della sua accelerazione. ,
19. Usando i vettori della igura a ianco, che hanno i moduli f
-3,5=560=6,
si calcoli quanto segue: (a) A B, (b) A C, (c) (A + B) C.
32. Un aviogetto è capace di sopportare un'accelerazione pari a 5
,
cioè un'accelera-
'
zione pari a 5 volte l accelerazione di gravità Qual è il raggio del cerchio che l aviogetto può descrivere con sicurezza a una velocità di 220 m/s? .
'
(d) Si confronti A . C + B . C con (A + B) . C e si veriichi la proprietà distributiva. f
20. (a) Si calcoli il prodotto scalare di A = 6l + 4j - 5Ìc e B = i - 2j + k. (b) Qual è l'angolo tra i vettori A = 3j - k e B - 2i + 2k?
21. Si calcoli il valore di a tale che il vettore A = cu - 6j sia perpendicolare al vettore
33. Le leggi del magnetismo sono tali che un elettrone che viaggia con una velocità di 8,0- IO7 cm/s in una direzione perpendicolare al campo magnetico terrestre è costretto a descrivere una traiettoria circolare di 9 cm di raggio. Un elettrone che viaggia in direzione parallela al campo non viene influenzato .
(a) Usando il sistema di coordinate indicato nella igura, si .descriva il moto di f
D - 3i + 2j.
'
un elettrone che, all istante t - 0 ha
22. Il disegno che accompagna questo problema mostra tre vettori A, B, C disposti in modo da formare un triangolo. Si usino le proprietà della somma di vettori e del prodotto scalare per dimostrare il teorema dì Carnot o teorema del coseno:
r = (9 cm)i
v = (8,0 . IO7 cmJs.fi + (7 0- IO6 cm/s)k ,
C2 = A1 + B2 - 2AB cos y (b) Si scriva un'equazione per il vettore posizione i(t). (c) Si trovino la velocità y(t) e l'accelerazione a(0 e si dimostri che v(«) è sempre perpendicolare ad a(0.
Prodotto vettoriale
23. Due vettori, A e B, giacciono nel piano xy e hanno modulo 2,8 e 3,2, ispettivar
20°
f
90
mente, mentre i loro orientamenti formano angoli 210 e 45', rispettivamente, *
'
con l asse x. Si trovi A A B.
CAPITOLO 6
LEGGI DI NEWTON
ED EQUILIBRIO In seguito da queste forze, sempre mediante proposizioni matematiche, vengono dedotti i moti dei pianeti, delle comete, della luna e del mare. Volesse il cielo che fosse lecito dedurre i restanti fenomeni della natura dai principi della meccanica col medesimo genere di argomentazione. Infatti molte cose mi spingono a sospettare che essi tutti possano dipendere da certe forze per effetto delle quali le particelle dei corpi, per cause non ancora conosciute o si urtano tra di loro e si connettono secondo figure regolari o si respingono e recedono l una dall altra: per le quali forze ,
'
'
ignote, ì filosofi fin qui invano indagarono la natura. Spero in verità che, o a questo modo dì filosofare
,
o ad un altro più vero, i principi qui posti possano apportare
qualche luce. Isaac Newton
,
Princìpi matematici della Filosofia naturale, a cura di Alberto Pala, Torino, UTET,
1965, p. 57.
61 .
LA FINE DELLA CONFUSIONE
Nel 1543, Copernico pubblicò il suo libro che fece tremare le fondamenta del mondo aristotelico. Un secolo dopo, questo era in rovina, ma non era nato nulla a sostituirlo. ,
Galileo e Keplero avevano fatto scoperte potenti, ma non c'era un principio centrale capace di organizzare il mondo: l armonia unificata della concezione aristotelica era '
stata sostituita da una diffusa confusione. Galileo era interessato non alle cause del moto, bensì alla sua descrizione. La
branca della meccanica che egli sviluppò è detta cinematica ed è una descrizione del moto che non prende in considerazione le sue cause. Al centro delle argomentazioni di Galileo c'era il principio d'inerzia che abbiamo esaminato nel capitolo 4: servendosi di questo principio, Galileo iuscì a neutralizzare le argomentazioni aristoteliche contro il moto della Terra ma la ricostruzione di una nuova meccanicaTche egli aveva promesso nel suo ultimo libro era a malapena cominciata. L onore di creare un nuovo ordine spettò a Isaac Newton. Newton adottò un enunciato del principio d inerzia come propria prima legge del moto. Nella sua seconda legge aggiunse una regola esplicita che descriveva come una forza impressa modificava il moto. Con queste premesse, egli coronava e completava la cinematica di r
,
,
'
'
Galileo con la dinamica: una teoria delle cause del moto.
62 .
LE LEGGI DEL MOTO DI NEWTON
Newton aveva colto l'essenza della sua seconda legge quando era ancora giovane, ma soltanto vent anni dopo il resto della sua dinamica assunse una forma definitiva nel corso di un intensa esplosione di attività durante l'autunno e l'inverno del 1684-1685. '
'
6 LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
6
.
I Principia
,
che esponevano in modo particolareggiato tutta la sua opera sul moto dei
corpi, furono pubblicati nel 1686 quando Newton aveva 44 anni. Lo stile dei Princi,
pia rispecchia la personalità dell'autore: fredda e rigorosa; le sue pagine sono colme
.
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
voli esempi di cose che esercitano forze su altre cose: spinte, trazioni, pesi, tensione in una corda e attrito sono tutti esempi di forze che ientrano nella seconda legge di Newton. Ma queste forze devono originarsi / gitówo de corpo di cui cerchiamo di
r
94
'
.
di disegni schematici e dimostrazioni geometriche Sebbene Newton fosse giunto indubbiamente ai suoi risultati usando l'analisi matematica che aveva sviluppato di recente nei Principia egli presentò dimostrazioni geometriche adottando il linguaggio della isica del XVIII secolo. Nella Cambridge University, dove Newton studiò e
descrivere il mp to. In altre parole, soltanto le forze esterne che agiscono su un corpo sono in grado Ji variame il moto. Attraverso l applicazione a problemi particolari, presentati più avanti in questo capitolo e in quelli seguenti, preciseremo questi enun-
insegnò, una maestosa istituzione esente da un'eccessiva fretta i Principia furono usati come libro di testo ino a questo secolo inoltrato
comprendere il mondo.
.
,
f
,
'
_
ciati piuttosto vaghi e vedremo come si usano le forze nella relazione F
.
Newton ereditò da Galileo e Cartesio il concetto essenziale che il moto lungo una linea retta con velocità costante (il moto rettilineo uniforme) era lo stato naturale di qualsiasi corpo che non ichiedeva alcun'altra spiegazione. È la prima legge di Newton, il principio d'inerzia che Newton formulò nei seguenti termini:
r
,
,
to). Ogniqualvolta scriviamo F = ma, il simbolo F rappresenta la somma vettoriale di _
esteme agenti su un corpo. L accelerazione risultante di un corpo è '
effetto del risuitante delle for7.e_agCQti- uljarpa.Per rappresentare la somma vetto riale scriviamo 2 F. I condaJegge,-essendo.un:eqttazi«ne-«ettc i che implicano le cqn aefltLcatìesiane-di-F Maa.' '
l
eccet-
r
,
-
r
Ogni corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme jto che sia costretto a mutare quello stato da forze impresse. L'essenza
ma per
o il risultante (o la risultante), di tutte le form esterne agenti sul corpo. Benché la matematica dei vettori non fosse stata ancora inventata. Newton sapeva che le forze hanno sia un valore numerico (modulo) sia una direzione e un verso (un orientamentutte le forze
jPrima legge:
-
Xa-farza-F può non essere l'unica forza agente sul mrpn: è la somma vettoriale, t
f
,
.
della prima legge è il principio d'inerzia
.
Newton, come Galileo prima di lui si rese conto che l'inerzia di un corpo era
(6.3a)
,
qualcosa associato alla sua massa: quanto maggiore è la massa di un corpo tanto più è difficile impedirgli di continuare a muoversi con velocità (vettoriale) costante Que,
(6.3b)
2 Fy = may 2 Fi = ma'
.
sto concetto lo indusse a formulare la sua seconda legge che egli enunciò nei Principia ,
con le seguenti modeste parole:
(6.3c)
'
Seconda legge: La variazione del moto di un corpo è direttamente proporzionale alla forza impressa avviene lungo la linea retta secondo la quale la forza è impressa /a.ppSiO-Su.
Ciòche; Newton intendeva con il termine nìQtg implicava non soltanto la velocità _
È questa la forma della seconda legge che è più utile per risolvere i problemi. Spesso, per esempio, la massa e le forze esterne sono note, mentre l'accelerazione e il moto
devono essere determinati. In questi casi, introduciamo le componenti note delle
forze esterne in questo sistema di equazioni per risolvere rispetto alle componenti
(vettoriale) di un corpo, ma anche la sua massa. È la grandezza che chiamiamo quanti-
dell'accelerazione. Partendo dall'accelerazione, possiamo poi ricostruire matematica-
tà di moto, il prodotto della massa m per la velocità v equazione, la seconda legge è
mente il moto del corpo.
L
?=
d
.
v)
.
Enunciata sotto forma di
Newton aggiunse un'altra legge per esprimere ciò che accade quando più corpi interagiscono fra loro. La sua terza legge è la seguente:
u£>Le
.
(6.1)
Questa equazione si può leggere cosi: «La forza è uguale alla derivata della auantiià > 5?'0 fkP***0 21 tempo». Come la prima legge, vale in generale in qualsiasi sistema -
r
di iferTmento inerziale. Nelle situazioni in cui m è costarne dipivydt « m ch/dt, per le regole di derivazio,
ne. Ma sappiamo che la derivata della velocità ispetto al tempo è l'accelerazione a dvldt. Perciò, per qualsiasi corpo (o insieme di corpi) la cui massa non varia, Ja
[Terza legge: A ogni azione corrisponde un azione uguale e contraria; ossia, le mutue azioni che '
due corpi esercitano l'uno sull'altro sono sempre uguali e hanno la stessa direzione, ima versi opposti.
r
,
-
seconda legge <M Newton dice che l'acceÌerazione T ciusata"cÌa orze. Questa legge è
_
L'essenza
della terza legge è il principio di azione e reazione.
f
"
scritta di solito nella forma
"
.
Quando esercitiamo una spinta su un qualsiasi corpo (una porta, una matita, ecc.), il corpo esercita su di noi una spinta uguale e contraria, cioè una forza avente lo stesso modulo e la stessa direzione, ma verso contrario (ossia-orièntamento contra
seconda legge: F = ma
a.KuDvG)
-
io). In altre parole, non possiamo toccare senza essere toccati. È questa l essenza '
(6.2)
r
aSù. caso
della terza legge di Newton: è una legge delle interazioni. Come è illustrato nella essenza della seconda legge è che la forza è uguale al prodotto della massa per l'acce
-
lerazione.
tedio ne¥v&f>eo
forza F21 sul corpo 1, tale che Fyj Fj,.
Questa forma della seconda legge fu presentata per la prima volta dal matematico
Talvolta é difTicile ìsolàrete coppie di forze azione-reazione nella terza legge di Newton. Come guida, occorre icordare che; esse agisconojeinpre.Au ..«£&. diversi,
svizzero Leonhard Euler (italianizzato in Leonardo Eulero) 65 anni dopo la pubblicazione dei Principia. È probabilmente la più utile equazione di tutta la isica
mai sullo stesso corpo. Conoscendo una Uejdue forze d azione), per esempio la trazione Wé'esérciiiaiSio su una fune, siamoin.grado dUroyare la forza (la reazione) x,
Ma che cos'è la forza? Nel linguaggio corrente il termine forza è associato a una spinta o a una trazione. Quando spingiamo qualcosa percepiamo di esercitare una
esercitata dalla fune su .di.noi capovolgendo la frase: la fune esercita una trazióne su
forza. Disponendo di questa sensazione ci guardiamo attorno e troviamo innumere-
attraverso le sue applicazioni.
.
,
,
,
r
.
f
«
igura e.TTseJlcorpo 1 esercita una forza F,, sul corpo 2, il corpo 2 esercita una
f
L'
'
di noi. Come nel caso della seconda legge,-possiamo capire meglio la terza legge
95
o. t-tutii UI New I ON. ED EQUILIBRIO
6
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
.
forza estema esercitata dalla Terra (Fj, ridotta in pratica dall'attrito). Questo secondo metodo è preferibile, specialmente nel caso dei sistemi complessi.
Infine, la Terra è soggetta a una forza estema F4 (= - Fj), e quindi la sua equazione del moto è
21
-
corpo 2
12
F3 = (ma)T
em
corpo I
Naturalmente, l'accelerazione della Terra è molto piccola poiché la sua massa è molto grande. . -- -
Figura 6.1
Illustrazione della terza legge di Newton
.
6
.
3
UNITÀ DI MASSA, QUANTITÀ DI MOTO E FORZA
f
La massa, la lunghezza e l'intervallo di tempo costituiscono le grandezze isiche fon-
Esempio 1
damentali usate nella meccanica. L'unità di massa del Sistema Intemazionale (SI) è
Un agricoltore incita il suo cavallo aristotelico a tirare il suo carro ma il cavallo ,
ifiuta di provarci. A propria difesa il cavallo cita la terza legge di Newton sostenendo: «Se tiro il carro il carro tira me nella stessa misura. Non sarò mai in grado di esercitare sul carro una forza maggiore di quella che esso esercita su di me perciò non potrò mai porlo in movimento» Quale consiglio si potrebbe offrire all'agricoltore per controbattere questo argomento? ,
r
,
,
,
.
il kilogrammo (simbolo: kg). Il kilogrammo campione è un cilindro di platino-iridio conservato presso l Ufficio '
intemazionale di pesi e misure di Sèvres, in Francia. È
unica unità SI che sia ancora definita con un manufatto del genere. Campioni secondari sono conservati in tutti i Paesi del mondo*. Con una bilancia a bracci uguali, l
'
questi campioni sono in grado di determinare la massa dei corpi con una precisione di 2 parti su 100 000. Il kilogrammo è anche uguale a 1000 g (grammi); il grammo è unità di massa del sistema cgs (centimetro, grammo, secondo). Premettendo al grammo altri prefissi del SI, si possono ottenere sottomultipli e multipli dell unità di massa
l
'
'
'"
cavallo
carro
fondamentale; per esempio: milligrammo (1 mg = IO"3 g = IO"6 kg), microgrammo (1 p. g = IO 6 g = IO"9 kg), megagrammo (1 Mg = IO6 g = IO3 kg). [L unità di massa del sistema britannico fps (foot, pound, second: piede, libbra, secondo) è la libbra ( 1 Ib = 0 4536 kg): l'unità di massa del sistema britannico fss (foot, slug, second: piede, '
"
,
Le forze orizzontali essenziali che intervengono in questo problema (se si trascura l attrito delle ruote del carro) sono indicate nel disegno ed elencate qui di seguito:
slug, secondo) è lo slug (1 slug = 14,594 kg).] La quantità di moto, essendo il prodotto di una massa per una velocità, è una grandezza isica derivata. Nel Sistema Intemazionale, l unità fondamentale di quanti'
f
'
Azione F
,
-
Reazione
trazione del cavallo sul carro
F4 spinta dei piedi del cavallo sulla Terra
tà di moto è il kilogrammo metro al secondo (in simboli: kg m/s). È stato proposto
F2 = -F,
trazione del carro sul cavallo
di chiamare questa unità descartes, dal nome del matematico e filosofo francese René
Fj
spinta della Terra sui piedi del
Descartes, o clout (in inglese «colpetto»), che è forse un nome più descrittivo. [Nel sistema britannico fss, l unità di quantità di moto è lo slug piede al secondo (in
= -F4
'
cavallo
simboli; slug ft/s)]. L'unica
forza estema che si esercita sul carro è F! (F2 non conta in questo caso!) e quindi l equazione del moto è
Per la seconda legge del moto di Newton, la forza ha le dimensioni di una massa
,
'
'
per un accelerazione.
'
P"***, J flntìll ST #--f"m,ft jljri%ramn'n "gt1"-*1 ««mnrin
qjiadla3lLtìE-SflMlÌLlSjn f
-
di 1 N è laforza necessaria _
Tm/s T Le forze esteme che si esercitano sul cavallo sono F sua equazione del moto è
'
'
perimprimere_ajma--massa di 1 kg un accelerazione di _
(= - F,) e F3, e quindi la
J N = 1 kg m/sL
(6.4)
.
_
m
L
,
ità-di-forza-del-sistemaxgs-fc-detta dina (simbolo: dyn) ed fcJa
orza capace
f
CFSFj-F.
-
_
jlLimBtunere-a-unajnasaj
_
Tenendo presente che
(cavallo e carro sono soggetti alla stessa accelerazione, tranne che per scatti transitori
1 kg = 103/g e 1 m/s2 = IO2 cm/s2, si può facilmente dimostrarc'cheiCSu? 1 O5 dyn3t
che trascureremo). L equazione del moto per il sistema cavallo-carro è
Nel sistema SI e nel sistema cgs la massa, la lunghezza e l'intervallo di tempo sono le grandezze fondamentali, mentre la forza è una grandezza derivata. Nel sistema britannico fss invece, le grandezze fondamentali sono la forza, la lunghezza e l'intervallo di tempo. [L unità di forza del sistema britannico fss è la libbra-forza
'
F3 " ('"carro +
)*
'
cavaUo
(simbolo: Ibf); vale la relazione 1 Ibf = 1 slug ft/s2. Effettuando la conversione delle In questo caso
,
la forza estema F3 può essere dedotta in due modi. Uno è scrivere la
unità, si può dimostrare che 1 Ibf = 4,45 N.]
forza estema che si esercita sul sistema cavallo-carro come la somma delle forze esteme agenti singolarmente sul cavallo e sul carro (F3 - F,) + Fi = F3. Poiché la
Quando un corpo (grave) è in caduta libera, la forza di gravità gli imprime
,
coppia azione-reazione cavallo-carro è intema le due forze si elidono. Il secondo modo è prendere in considerazione in dall'inizio, soltanto forze esteme al sistema cavallo-carro. In questo caso si vede immediatamente che contribuisce soltanto la ,
,
f
* **
*
L'Italia possiede i prototipi n 5 e n. 19 del kilogrammo, conservati nell'Ufficio Metrico .
Centrale di Roma. Essi hanno una precisione, rispettivamente, di 20 parti e di 300 parti su 10'. [N.d.T.]
97
6 LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
.
accelerazione verso il basso pari a g. La seconda legge di Newton dice che la forza
'
un
64
IL MOTO DEI PROIETTI COME APPLICAZIONE DELLA SECONDA LEGGE DI NEWTON
.
deve essere
F = mg
(6-5)
Galileo fu il primo a descrivere correttamente il moto di un proietto. Usando il suo '
principio d inerzia e la
sua le|ge di caduta libera dei gravi « Udunosbò che i proietti ,
seguono traiettorie paraboliche e riusci a dedurre molte altre proprietà del loro moto
.
dove l'orientamento della forza è la verticale discendente, diretta verso il centro della
La seconda legge del moto di Newton non modifica la descrizione delle traiettorie
Terra. È ciò che intendiamo quando parliamo di peso di un corpo: il peso di un corpo è la forza di gravità che agisce su di esso (sia in caduta libera o no). Essendo una forza, il peso è una grandezza vettoriale. Se denotiamo con P il modulo del vettore
dei punti materiali offerta da Galileo ma unifica le varie distinte intuizioni di Galileo al iguardo in un unica ossatura le generalizza e le esprime in modo notevolmente
peso, allora P = mg in prossimità della superficie terrestre.
seconda legge di Newton.
Talvolta il kilogrammo (unità di massa del SI) viene confuso col kilogrammoforza (o kilogrammo-peso) (simbolo: kgf), detto spesso semplicemente kilogrammo, che è l unità di forza del sistema tecnico (o sistema degli ingegneri o sistema gravita-
dente dalla sua massa se si trascura la resistenza dell'aria Nella meccanica newtonia-
'
'
,
'
r
,
conciso. Riesaminiamo alcune delle proprietà del moto dei proietti alla luce della Una famosa conclusione di Galileo fu che la traiettoria di un proietto è indipen.
na si parte da F = ma e si usa questa equazione per dedurre la traiettoria del proietto
.
zionale), il quale assume come grandezze fondamentali la lunghezza, la forza e l intervallo di tempo. (Il kilogrammo-forza è, per definizione, quella forza che, applicata a
In questo caso non conosciamo fin dall'inizio qual è la forza di gravità ma possiamo calcolarla in base alla legge di caduta libera dei gravi Abbiamo visto nel capitolo 2
un corpo di massa 1 kg, gli imprime un accelerazione pari a quella di gravità, issata
che nel vuoto qualsiasi corpo sia esso una moneta, una piuma, o una palla da cannone, cade con. acMlerazione costante t,j;a.PQSSÌamc scrivere nella forma
in 9,8062 m/s2; vale la relazione 1 kgf = 9,8062 N.) Lo stesso accade nei paesi in cui viene ancora usato il sistema britannico, dove la gente fa spesso confusione tra kilo-
.
,
.
a = -?k
f
r
grammi e libbre, unità che si iferiscono a grandezze isiche diverse (masse e forza, ispettivamente); tuttavia, le etichette dei prodotti indicano il peso in libbre insieme
,
t
f
'
r
'
alla massa in kilogrammi senza specificare che uno è un peso e l altro una massa. A differenza della massa di un corpo, che è una proprietà intrinseca del corpo, il peso di un corpo dipende dalla sua posizione. Nota la massa di un corpo, si può trovare
il suo peso se si conosce anche l'accelerazione di gravità nel luogo dove si trova il corpo. Se si sposta un corpo lungo la superficie terrestre, il suo peso non cambia molto; ma, se lo si trasferisce sulla Luna, il suo peso cambia notevolmente, mentre la sua massa imane invariata. Nel capitolo 8, quando esamineremo la legge di gravitazione universale di Newton, scopriremo perché il peso di un corpo varia con la posi-
dove k è un versore orientato secondo la verticale ascendente DaUa relazione F =ma .
consegue che la forza di gravità in prossimità della superficie terrestre è
F = -mgi
(6 6) .
Esamineremo ulteriormente questa proprietà della forza di gravità nel capitolo seguente.
Nella trattazione galileiana del moto dei proietti la legge di caduta libera dei ,
r
gravi governava il moto verticale, mentre il principio d'inerzia governava il moto orizzontale. Nella formulazione newtoniana la prima legge riguardante l'inerzia ap-
zione.
,
La tabella 6:1 riassume le unità di massa e di forza dei sistemi SI, cgs e britannico
pare semplicemente come un caso particolare della seconda legge, in assenza di forze. E l'equazione F = ma essendo un'equazione vettoriale che esprime in realtà tre equa-
e i fattori di conversione.
,
zioni scalari, comprende il caso di Galileo di una forza limitata alla direzione vertica-
le, mentre il moto nella direzione orizzontale è governato dal principio d'inerzia Ma come può un'unica equazione F = ma, descrivere il moto di tutti i proietti? Di certo essi non seguono tutti la stessa traiettoria! Non sarebbe meglio se sapessimo qualcosa del cannone che spara il proietto? Per esempio, la sua posizione, la direzione .
Tabella 6.1 Unità di massa e di forza nei sistemi SI, cgs e britannico.
,
,
di puntamento e la quantità di polvere usata?
Unità di massa
,
L
kilogrammo
grammo
slug
1 kg
1
IO3
0 0685
1 g
IO"3
1
6 85
1 slug
14,6
'
ultimo punto, la forza esercitata transitoriamente sul proietto dall'esplosione
della polvere di lancio è un problema isico interessante di per sé e determina la velocità iniziale ma per gli scopi attuali è sufficiente conoscere la velocità iniziale, e
f
,
,
,
1 46 . IO4 ,
non è necessario sapere come è stata ottenuta.
,
IO"5
1
Il punto principale è che la legge di Newton F *= ma può essere considerata come
equazione differenziale
'
un
,
Y - m ~~
Unità di forza
ciafe.
.
un
(6.7)
'
equazione in cui compaiono derivate di una funzione incognita in questo è ,
caso della funzione posizione r(f). Ógni funzione r(0 che soddisfa l'equazione (6 7) .
dina
libbra
1 N
1
IO5
0 225
1 dyn
IO-5
1
2,25
1 Ib
4,45
détta soluzione dell'equazione differenziale. Le leggi della isica in cui compaiono f
newton
derivate possono essere espresse come equazioni differenziali e la risoluzione di un problema isico richiede spesso la determinazione delle soluzioni dì un'equazione differenziale. Esistono metodi generali per la isoluzione di molti tipi di equazioni differenziali ma non ne presupponiamo la conoscenza, poiché in questo libro incontreremo soltanto alcune equazioni differenziali semplici e impareremo a isolvere ,
,
r
f
IO"6
,
r
98
4 45 . IO5 ,
1
ciascuna quando si presenta. Un fatto che abbiamo appreso presto è che un'equazione differenziale può ammettere parecchie soluzioni. Per esempio abbiamo appena visto che l'equazione di ,
99
6.
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
ogKjglua
condizioni iniziali [cio
iui in '
famiglia di traiettorie paraboli-
a posizione inizile r(Ò) e la velocità iniziale r'(0)] ~
determinano la particolare parabola che risolve il nostro problema.
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
Se 1 uomo forzuto rende sempre più piccolo l'angolo 9, la tensione cresce sempre
più inché la fune si spezza oppure l'uomo forzuto raggiunge il limite della sua forza f
lcwtonF «-mgfe a
che. Le
in comspondenza di un angolo piccolo ma non nullo. Per la stessa ragione il cavo principale che sostiene il peso di un ponte sospeso per esempio, deve essere appeso ,
Non è necessario mandare a memoria le formuie per soluzioni particolari
delle
equazioni differenziali: è più importante capire come si ottengono. Il famoso fisico
Enrico Fermi osservò una volta che, se avesse avuto una buona memoria,
sarebbe
,
con una notevole curvatura Se fosse teso in linea retta tra i piloni la tensione potreb.
be essere tanto intensa da spezzarlo
,
.
r
f
stato un biòlogo. In isica, non è necessario mandare a memoria equazioni particolareggiate: se si sono capite le leggi fondamentali e i metodi per isolvere le equazioni che le esprimono, si dispone delle soluzioni per i casi particolari.
r
Un elemento igido cone un'asta può esercitare una trazione o una spinta su un corpo. Per la terza legge di Newton il corpo esercita una trazione o una spinta uguale e contraria sul corpo ponendolo sotto tensione (nelcasci della trazione) o sqttoc ,
65
,
EQUILIBRIO: EQUILIBRIO DELLE FORZE
.
pressione (nel caso della spinta)
Un'applicazione semplice, ma ciò nonostante importante, è la trattazione dei corpi in equilibrio. Questa branca della meccanica, detta statica, termine che implica l'as-
senza di qualsiàst mòto, si occupa tipicàmént£det corpi in quiete sulla superficie della Terra. Però, equilibrio non significa necessariamente stato di quiete; In realtà, "
_
il moto dipende dal sistema di riferimento, come abbiamo visto nel capitolo sull'inerzia, e nóri esiste uno statò quale lai
quiete assoluta. Una definizione più generale e "
gm-
.
Mentre la tensione in una fune ha la stessa direzione della fune un'asta rigida è ,
capace di sostenere anche forze trasversali. Per esempio una tavola spessa che attraversa un fossato orizzontalmente deve essere sostenuta da forze trasversali orientate secondo la verticale ascendente che ne sostengano il peso (figura 6 2a). ,
.
4
I
migliore di equilibrio è assenza di accelerazione. SeJ'assenza di accelerazione definisce l equilibrio, la seconda legge di Newton dice immediatamente che il risultante delle forze agenti su unJwgoTn'equilibrio è
7
mg
'
(al
(b)
nullo:
2F=0
(6.8)
Figura 6 2 (a) Forze trasversali agenti su una tavola pesante in .
eqml.bno. (b) Queste forze benché uguali e contrarie determinano la ,
Possono essere presenti forze, ma esse si elidono in questa somma vettoriale.
Per potere applicare utilmente l equazione (6.8), dobbiamo conoscere le proprietà di vari tipi di forze. Alcune delle forze più semplici da trattare, oltre alla forza di gravità, sono quelle in funi sottili, aste, ecc. Introdurremo qui queste forze semplici
rotazione,
,
anziché l'equilibrio, dell'asta leggera a cui sono applicate
'
e ritorneremo a una più esauriente trattazione delle forze nel capitolo 8.
Gli elementi non-rigidi, come le funi, i fili, i cavi, o le catene, sono capaci
di esercitare soltanto trazioni, non spinte. La trazione esercitata da una fune su un corpo è diretta secondo la fune stessa. Per la terza legge di Newton, il corpo tira la fune con una forza uguale e contraria, ponendola sotto tensione. E la tensione si trasmette '
Però, si incontrano spesso casi particolari in cui, per essere in equilibrio
,
le forze
applicate a un'asta sottile di peso trascurabile non possono avere un componente
trasversale
Per esempio, nella figura 6.2b le forze uguali e contrarie applicate agli
.
estremi dell'asta tendono a farla rotare Ciò dimostra che la condizione S F = 0 pur .
essendo necessaria per requilibrio
,
,
non lo assicura quando le forze sono applicate a
punti diversi. La determinazione completa delle condizioni aggiuntive che si rendono necessarie per l'equilibrio verrà studiata nella prossima sezione ma nel caso semplice della igura 6.2b si vede che si evita la rotazione soltanto se le forze sono dirette lun ,
altro estremo della fune.
f
all
l'asta.
go
Esempio 2
bile) al punto P, in modo che la fune formi un angolo 6 da ambo i lati, come è indicato f
nella igura.
P
(a) Si calcoli la tensione nella fune da ambo i lati del punto (b) Sarebbe capace l'uomo forzuto di sostenere il peso tirando la fune orizzontal.
mente?
Il punto P è in equilibrio sotto il peso mg e la tensione lungo la fune da ambo i lati. Le componenti delle forze secondo le direzioni orizzontale e verticale nella condizione in cui esse si fanno equilibrio sono
Un peso mg è sostenuto mediante un sistema di aste rigide ma leggere (approssimate come imponderabili) come è indicato nella igura. In ciascun punto (A B C, D), le aste sono incernierate (collegate con pemi attorno a cui possono rotare). Si trovino le forze quando il sistema è in equilibrio. ,
,
-
,
Poiché le aste sono prive di peso le uniche forze esterne applicate a ciascuna ,
asta sono quelle esercitate dalle cerniere ad ambo gli estremi. Queste forze devono essere uguali e contrarie per soddisfare la condizione di equilibrio (6 8) per l'asta. Per evitare di produrre una rotazione come nella figura 6 2b, le forze applicate agli estre.
.
mi di una delle aste imponderabili sottili devono essere orientate secondo l'asta in
T cos i - T cos 0 = 0 f
versi opposti
.
La prima equazione indica che la tensione è la stessa da ambo seconda equazione fornisce il modulo,
r =
ms
i lati, T = T, e la
Le reazioni esercitate sulle cerniere vicine devono essere analogamente orientate secondo l'asta in versi opposti come è indicato nella igura seguente nella quale sono indicate anche le forze esterne esercitate sulle cerniere dal peso sospeso (mg) e dalla ,
f
T sin i + r sin 6 - mg = 0
parete (F, e F2). Per facilitare la visualizzazione delle forze agenti
,
su ciascuna cernie-
ra, può iuscire utile tagliare ciascuna asta e sostituirla con una forza appropriata ed eliminare la parete e sostituirla con una forza. In questo modo si ottiene un diagram r
mg
Esempio 3
f
Un uomo forzuto sospende un peso mg mediante una fune leggera (di massa trascura-
f
100
f
1
,
2 sin 6
-
101
6
.
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
10:
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
ma deUe forze per ciascuna cerniera, come è indicato dalla linea
tratteggiata che isola
ciascuna cerniera nella figura.
Infine è anche facile determinare le forze esercitate dalla parete ponendo in equilibrio le forze agenti sulla cerniera in alto a sinistra C: ,
Fu = -T",, = -2mg cot 8 ,
= 0
,
\
\
e ponendo in equilibrio le forze agenti sulla cerniera in basso a sinistra D, ottenendo
TV
r
il isultato
?»
Fz, = 2mg cot 8,
1
F2),
= mg
I
\ T 7
iera. PartenPer trovare le forze, applichiamo la relazione 2 F = 0 a ciascuna cern
do dalla cerniera A in basso a destra e scrivendo
Le tappe che abbiamo percorso negli esempi 2 e 3 sono utili non soltanto per queste particolari situazioni, ma anche per molti altri problemi. Proviamo a elencare le tappe essenziali che si percorrono isolvendo un problema attinente alla meccanica dell'equilibrio.
r
forze esercitate sulle cerniere
t, = r,tì + r,vj troviamo le relazioni tra le componenti delle forze r,
-
y
.
r
mg <= T
1
sin 6 - mg - 0 (forze orientate secondo la veticale ascendente)
,
Si disegna un diagramma delle forze, o diagramma di corpo libero, per ciascun corpo che si deve analizzare. In tale diagramma il corpo è separato da tutti gli altri e sono eliminati tutti i particolari inessenziali, comunque pertinenti possano essere ad altri scopi. L obiettivo è quello di concentrare l attenzione sulle forze esteme che agiscono sul corpo le quali devono essere indicate chiaramente mediante frecce che partono dal corpo o terminano su di esso (figura 6.3). '
e
+ Tl
- Tl
=
x
cos 6 » 0 (forze orientate secondo la verticale discendente)
con le soluzioni 7
= mgfsin 6,
"
,
72 = T, cos 8
= mg col 6
2
.
Per le orze agenti sulla cerniera in alto a destra, B, troviamo c
'
,
he
Si contrassegnano tutte le forze esteme che agiscono sui corpi. Nel contrassegnarle, si usa il fatto che le coppie azione-reazione sono costituite da forze uguali e contrarie (per esempio registrando le coppie azione-reazione nell esempio 3 siamo riusciti a porre in relazioni le forze agenti sugli estremi opposti di ciascuna asta). ,
f
'
-
7
7,
sin 9 + 7\ sin 8 = 0
cos 8 + 7, cos 9 - T4 = 0
"
,
3
.
con le soluzioni
Si sceglie un sistema di coordinate per ciascun corpo in esame. Per semplificare i calcoli algebrici, si scelgono assi tali che le forze di cui si conosce a priori l orientamento (come le tensioni nelle funi e la forza di gravità) abbiano il minor numero possibile di componenti non nulle. '
= 27,
75 = 7,= mg/sin 8,
cos 8 = 2mg col 8
74 la cerniera B implicano (È importante notare che le due equazioni di equilibrio per incognite e che quindi questa cerniera non sarebbe stata una
4
.
tre forze inizialmente
y
= 0
,
2 -0 mg
ti.
Cb)
5
.
'
A questo punto, si dovrebbero avere tante equazioni quante incognite. In caso negativo, si vede se, prendendo in considerazione altri corpi e tenendo sempre presente la terza legge di Newton si iescono a ottenere altre informazioni. [Per esempio, nell'esempio 3 la tensione T4 nella quarta asta non r
tensione) e spinte sull
2F
a ogni corpo. Ciò ichiede la decomposizione delle forze nei loro componenr
sulle aste forze uguali Per il principio di azione e reazione, le cerniere esercitanobbiamo appena trovato. e contrarie a quelle che le aste esercitano sulle cerniere e che a indicate nella figura seguente. Si può notare che Queste forze agenti sulle aste sono ll'intuizione: ci si aspetta che il gli orientamenti corispondono a quelli suggeriti date in alto a destra (ponendole in i sull'asta super i ore e sulle as peso eserciti trazion asta inferiore e sulle aste in basso a sinistra (ponendole in com-
Si applica la condizione di equilibrio espressa mediante le componenti,
2 = 0,
scelta felice da cui cominciare.)
r
102
,
pressione).
può essere determinata semplicemente ponendo in equilibrio [e forze agenti sulle cerniere nei-suoi estremi C e B (per convincersene, basta provare!). Per
tensione 2 mg cot 8
iC :
«
,
7
Vy
determinare T4, si devono porre in equilibrio le forze agenti sulla cerniera
tensione mg/sia 8
A (anche se la cerniera A non è a contatto diretto con la quarta asta) e poi si deve usare la terza legge di Newton per porre in relazione la forza esercitata dall'asta 1 sulla cerniera A con la forza esercitata sulla cerniera B, come
uuinpressione
S "
'
\
abbiamo fatto nella risoluzione del problema.]
mg/sin 6
compressione mg cot
pi-1
forze esercitate sulle aste dalle cerniere
6
.
Si risolvono le equazioni. Ogniqualvolta è possibile è meglio risolvere prima algebricamente rispetto alle incognite e poi sostituire i valori noti e le unità per ottenere soluzioni quantitative. Questo procedimento permette di controllare più facilmente il lavoro e riduce gli errori nei calcoli.
Figura 6.3 (a) Ginnasta sospesa a una fune. (b) Diagramma di corpo libero per la ginnasta.
6 LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
6
.
6
.
6
.
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
EQUILIBRIO: EQUILIBRIO DEI MOMENTI DELLE FORZE
Esempio 4 Si verifichi che le forze esteme applicate al sistema di aste e cerniere dell esempio 3 '
non lo fanno rotare
.
r
Nella figura 6.2b è stato illustrato come forze uguali e contrarie possono non produrre equilibrio, bensì una tendenza a rotare, quando vengono applicate a punti diversi di un corpo esteso. Per stabilire tutte le condizioni di equilibrio di un corpo igido si rende quindi necessaria una misura di questa tendenza. Consideriamo l'altalena a bilico schematizzata nella figura 6.4. La tendenza a rotare in senso antiorario cresce non soltanto con il peso del ragazzo a sinistra, ma anche con la distanza dal fulcro. Inoltre, una forza di dato modulo è più efficace se
applicata in direzione normale al sedile che se applicata con un componente lungo il sedile verso il fulcro.
Nell'esempio 3 abbiamo considerato le forze agenti su ciascuna cerniera e su ciascuna asta, stabilendo l'equilibrio e perciò l'assenza di rotazione. Ma come con,
,
trollo, è istruttivo considerare nel suo insieme il sistema di aste e cerniere (contenuto interamente entro la linea tratteggiata della figura). Tutte le forze interne si elidono, mentre le forze esteme sono quelle indicate La loro somma è nulla un controllo .
,
parziale che è già risultato necessario per l'equilibrio Per completare il controllo consideriamo i momenti delle forze rispetto a qualche possibile asse di rotazione, per .
,
esempio rispetto a un asse passante per la cerniera in basso a sinistra D e
normale al
piano del foglio. La forza F, esercita un momento antiorario di modulo (2mg col 8) / mentre il peso esercita un momento orario di modulo mg {21 cot 6) e quindi ,
,
in realtà i momenti si fanno equilibrio Vedremo in seguito che è nullo il momento .
delle forze rispetto a un asse qualsiasi Può essere istruttivo controllare che si elidono .
r
analogamente i momenti delle forze ispetto alla cerniera in alto a sinistra come può vedere facilmente trattando i componenti di F2 come due forze distinte ,
si
.
Figura 6.4
Due bambini su un'altalena a bilico.
/cot 9
F, =(-2mgcote)i
Per esprimere questi fatti ben noti, chiamiamo momento dj unajbrza QjggrmMo "
motore la tendenza di una forza a provocare rotazione e definiamo il suo modulò come il prodotto del modulo delia ona jper la distanzajra la iwtta di applicazione jè
D
'
\
\
21 cot 9
9
f
"
asse di rotazione. Per esempio, nella igura 6.5, il momento della forza F ispetto a un asse passante per il punto P e normale al piano del foglio è '
r
l
(6.9)
M=Fd
T
"
F:
= (2mg cot 8) i + mgj
Forze nel sistema di aste considerate nell'esempio 3 con relative lunghezze corrispondenti al,
l'angolo
9.
f
La distanza può essere considerata come il braccio di una leva e prende il nome di braccio della forza. La stessa forza F, applicata. in un punto qù siasnùngoìaTetta tratteggiata produce lo stesso momento. ìn altre parole, il momento della orza rispetto a P può essere espresso in funzione di r, la distanza tra l asse di rotazione passante per P e il punto di applicazione della forza, e di 6, l angolo definito nella figura 6.5, '
'
Quando si ha a che fare con un sistema di forze può essere talvolta utile il ,
concetto di risultante
Abbiamo già usato questo termine con riferimento alla somma di vettori. Ora ne estendiamo il significato dicendo che il isultante è una forza uguale .
r
per mezzo della relazione_rf_ jj$inJ Marsine
(6.10)
alla somma di un sistema di forze applicata in un punto tale da dare lo stesso momen,
to del sistema di for/ é .
* .
Per esempio la forza di gravità tira verso il basso tutte le parti di un corpo Il peso di un corpo è il risultante di queste forze orientate verso il basso; il punto in ,
.
cui agisce è il centro di gravità o baricentro Nel caso dei corpi simmetrici di massa volumica uniforme il caso che prenderemo in considerazione di solito il centro di .
,
,
gravità coincide con il centro geometrico. Nei casi più complicati esistono metodi per determinare il centro di gravità che non descriveremo qui; sono assai simili alla
Figura 6.5 Momento di una
( F forza M = Fd - Fr sin 6.
,
determinazione
E importante notare che il momento di una forza è riferito a un particolare .asse_di r
rotazione: la stessa forza può esercitare differenti mometiti ispetto a differenti assi _
di rotazione.
Ritornando un'altra volta all'altalena a bilico, osserviamo che l equilibrio richie'
cedente. Però
,
strettamente affine, del centro di massa presentata nel" capitolo pre-
vale la pena ricordare un metodo empirico per determinare il centro
,
di gravità di una lamina piana Prima si sospende la lamina a un punto arbitrario P .
e si traccia la verticale passante per P: il centro di gravità deve giacere in un punto di questa retta poiché la lamina è in equilibrio sotto l'azione della forza di gravità ,
de che il momento esercitato dal peso del bambino a sinistra, che tende a fare rotare altalena in senso antiorario, sia equilibrato dal momento esercitato dal peso del bambino a destra, che tende a fare rotare l'altalena in senso orario: '
l
rotazione in senso orario; in questa convenzione le forze e le rotazioni sono rappresentate nH piàncTdel foglio e osservate dall alto. '
'
a un particolare punto (per esempio le forze agenti sulle cerniere nell'esempio 3) o lungo una ,
particolare retta (per esempio, le tensioni lungo le aste nell'esempio 3)
.
Il vettore isultante nel r
Per convenzione, si <»nmderi < .ss àxÌÀM9S S&ÉI&i{9KSP. . gBSfijtendono ajrodurrTrofazione in senso antiorario e negativi quelli che tendono a produrre
Sebbene, come si è detto nel capitolo 5, i vettori possano essere traslati liberamente per gli scopi delle operazioni matematiche, nelle applicazioni isiche i vettori sono spesso applicati suo presente significato esteso ne è un esempio
.
Si dovrebbe anche tenere presente che non sempre è possibile trovare un isultante. r
(6.11)
f
-O
*
sistema di forze F
,
è privo di isultante quando, pur essendo j F, = 0
,
r
F -F
t
"
f
104
delle forze F non è nullo (si veda , per esempio il problema 6.23) ,
,
.
Il
il risultante dei momenti
105
106
6
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
.
diretta secondo la verticale discendente e della reazione diretta secondo la verticale ascendente nel punto di sospensione (figura 6.6). Poi sospendiamo la lamina a un
indice e al piatto destro appesantito rispettivamente. Risolvendo rispetto a tan a,
secondo punto P e tracciamo la verticale passante per P Il centro di gravità si trova
troviamo che
'
'
.
107
dove i tre termini rappresentano i momenti dovuti al piatto sinistro al sistema giogo,
,
nell intersezione delle due rette. '
tan o =
La deviazione sulla scala / tan a, è uguale al prodotto di F3 per la quantità nota
MFJ}. Quanto maggiore è questa quantità tanto maggiore è la sensibilità della bilancia per la misurazione di F Una bilancia molto sensibile richiede un sistema igido
,
sultante.
,
,
grande ma leggero (ir grande, F2 piccolo), con l'indice più leggero del giogo (b piccola). La sensibilità è limitata in ultima analisi, dal conflitto tra la necessità che il giogo sia lungo ma leggero e la necessità che sia igido È importante notare che l'indice non si limita a indicare ma svolge anche un ruolo essenziale come contrappeso per
gravità, o baricentro, C di una lamina piana.
equilibrante
,
3N
.
r
2N
r
.
,
3m
B
2m
mantenere in equilibrio la bilancia inclinata
.
3N
isultante
r
Finora, abbiamo definito il momento della forza F agente a una distanza r dall'asse
di rotazione come una grandezza con modulo
M = Fr sin 9
(6.10)
r
r
Le due forze esercitano una forza isultante di modulo 5N-2N = 3N, orientata secondo la verticale ascendente, e un momento antiorario isultante di 5 N . 3 m =
r
15 N m ispetto a un asse passante per il punto A e normale al piano del foglio. Perciò r
il isultante delle forze è una forza di modulo 3 N, orientata secondo la verticale ascendente, e agente nel punto C, situato 5 m a destra del punto A (3 N . 5 m = 15
dove 6 è l'angolo tra r e F come è indicato nella figura 6.5. Se consideriamo l'equazione (6.10) da un punto di vista matematico riconosciamo che il secondo membro è il ,
,
modulo del prodotto vettoriale r A F definito nel capitolo precedente. Ciò suggerisce ,
di introdurre una definizione più generale di momento di una forza
r
N m, il isultato corretto).
,
come
.
H ' r K v
r
È importante notare che il isultante del sistema di forze dà lo stesso momento
r
delle forze di partenza anche ispetto a un asse passante per il punto B, o, in verità, alle due forze iniziali. Perciò, un metodo per trovare una terza forza che ponga il sistema in equilibrio
M= r A F
(6.12)
per qualsiasi altro punto, dovendo essere pienamente equivalente
r
r
è quello di trovare il isultante; allora l'opposto del isultante (detto equilibrante), applicato allo stesso punto, pone in equilibrio le forze e i momenti
delle forze.
In questa definizione più generale il momento di una forza è una grandezzajvettoriale e quindi può essere rappresentato mediante un vettore ,
.
Tale definizione ha senso da un punto di vista fisico? In primo luogo
,
notiamo
che la direzione del vettore M è normale al piano di r e F ossia, in altre parole .
. .
,
Perciò, la direzione ha realmente un
f
cpincirii con la dire one dell'asse dijrotazione f
significato isico attinente alla rotazione che il momento della forza provoca
.
In se-
condo luogo l'asse di rotazione di un corpo può essere orientato in qualsiasi direzio,
r
Una bilancia a bracci uguali è costituita da una scala, un giogo igido provvisto di un indice e imperniato in P, e da due piatti appesi verticalmente agli estremi del
ne, e quindi è ragionevole rappresentarejlmomentg della forza che provoca la rota
zione mediante unjyettor cheguòessere onentato in qualsiasLdroziaaS
.
Come è illustrato nella igura 6.7 la r che compare nell'equazione (6.12) denota ,
giogo. I piatti hanno lo stesso peso Fv e P è centrato con la migliore precisione
un vettore che ha il punto origine in un certo punto di riferimento P e il punto
possibile. Alla posizione dell indice quando i piatti sono vuoti comisponde lo zero sulla scala. Il sistema giogo-indice ha un peso F2 e la sua retta d azione passa per il
termine nel punto di applicazione di F Nel parlare del vettore momento di una forza
centro di gravità situato nel punto C, a una distanza b sotto il fulcro P.
ne specificata da r A F mentre nella definizione scalare del momento di una forza Fr sin 8 abbiamo dovuto specificare separatamente la direzione dell'asse di rotazio-
'
'
M - r A F
-
.
,
si dice che è preso rispetto al polo P. L'asse di rotazione passa per P e ha la direzio,
,
,
ne. Si può quindi notare con quale eleganza il prodotto vettoriale r A F quando F è parallela a r, rappresenta il fatto isico che una forzaj t
annullandosi
f
,
Figura 6.7
Momento, ispetto r
Esempio 6
f
al punto P, di una forza
applicata nel punto Q.
adialmintè
djjjjnonjjuòindurre rotazione attorno a P
.
'
L
equazione (6.12) lega la convenzióne introdotta precedeotemente
r hmo-
menti positivi e i momenti negativi delle forze con la convenzione della m odestra pe£isistemi di coordinateTCFnsìdénamo la igura 6.8. Poiché F, esercita un momenf
i
to antiorario HspSEto'all'asse z passante per O il suo momento è positivo secondo la ,
nostra convenzione. La corrispondente proprietà di orientamento dello stesso mo mento M, determinato dall'equazione (6.12) è che r, A F, è orientato secondo l'asse -
Quando si colloca sul piatto destro un piccolo peso Fy il giogo si inclina di un r
angolo a. La nuova condizione di equilìbrio per i momenti ispetto all'asse di rotazio-
,
J, k sono orientati secondo la regola della mano destra. Analogamente
Fl r cos a +F1 b sin a - (F, + FJr cos a = 0
,
F2 esercita un momento orario negativo secondo la nostra convenzione. L'equazione (6.12) orienta r2 A F2 secondo l'asse -£; in questa formulazione il segno di M2 è opposto ispetto a quello di M, poiché l'orientamento di r2 è opposto ispetto a quello ,
,
r
ne passante per P è
+k quando T
r
determinare il centro di
Esempio 5
Su un'asta orizzontale agiscono due forze, indicate nella igura seguente. Si trovi il ir
Metodo per
f
Figura 6.6
F2b
di r,
.
Figura 6 8 .
Momento positivo
e momento negativo di una
forza rispetto al punto O
.
6 LEGGI DI NEWTON
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
.
Ora che abbiamo iconosciuto che sia le forze sia i momenti delle forze devono
(a) Qual è la minima tensione di rottura delle funi (espressa in unità mg) che permette il funzionamento sicuro del ponte?
il momento di una forza come un vettore abbiamo tutte le condizioni per .ILegnilikrio
(b) Se la tensione di rottura di ciascuna fune è ~ mg, in corrispondenza di quale
r
r
farsi equilibrio per assicurare l'equilibrio di un corpo igido e abbiamo identificato ,
di un corpo rigido:
IF = 0
(6.8)
IM = 0
(6.13)
angolo 8 le funi si spezzeranno se il ponte viene abbassato lentamente dalla verticale? (a) Come vedremo più avanti, la tensione T in ciascuna fune cresce via via che il ponte viene abbassato. Perciò, la tensione è massima quando il ponte è orizzontale; esaminiamo geometricamente anzitutto questo semplice caso.
(b) Se la tensione di rottura di ciascuna fune è ~i- mg, in corrispondenza di quale angolo 8 le funi si spezzano se il ponte viene abbassato lentamente dalla posizio-
In tutto questo capitolo ci limiteremo a considerare il caso particolare di forze giacenti nello stesso piano (complanari) per esempio nel piano xy. Tali forze producono momenti soltanto rispetto all asse z (o a un qualsiasi asse parallelo all asse z). Perciò le condizioni di equilibrio per il moto in un piano si semplificano diventando
ne verticale?
Le forze che agiscono sul ponte orizzontale sono indicate nel seguente diagram-
,
'
'
,
ma di corpo libero. Comprendono 2T = 2T (T + J) / V2 (il fattore 2 è dovuto al fatto che ci sono 2 funi), il peso -mgj e la forza incognita F esercitata dalla cerniera ,
'
nell asse di rotazione.
Le condizioni di equilibrio (6.14) sono
1FX= <S2T + FX = 0 2X = o
(6.14)
2 M (rispetto a P) = mg4- - 2T- =- = 0 2
Le condizioni (6.14) sono sufficienti per risolvere molti problemi. Perché sia assicurato l'equilibrio la relazione J M = 0 deve jy.alerejispetto ajutti i punti. Ristritgche se M rispetto a un punto è nulla e se 2 F - 0 M è nullo ispetto a tutti i punti. Lo studente è invitato a controllarlo nell'esempio 4 provando, per esempio, il punto in cui agisce F, o - mg}. Questo risultato è isicamente ragionevole poiché, se, per esempio, un corpo rimane in quiete e non ruota attorno al suo centro ,
.
.
r
,
\/2
In questo caso, la condizione sui momenti delle forze è stata semplificata notevolmente, in quanto si è eliminata la dipendenza da F considerando i momenti rispetto al pòlo P in cui agisce la forza F. Abbiamo tre equazioni, che permettono di determinare tutte e tre le incognite
2T
f
,
'
di un sistema di forze (la qual cosa implica che F Oe M-O
rispetto al centro) esso non ruota di certo neppure attorno a qualsiasi altro punto. Una dimostrazione generale procede come segue. Supponiamo che un sistema sia in ,
"
r
equilibria, con % F, = 0 e M XiT AJEfLsJ) ispetto a un certo asse. ITmflmentp
,
Fx, F . Però, nel caso in questione, in cui interesa soltanto T e non compare F
espressione del momento rispetto all asse di rotazione, basta risolvere la condizione dei momenti delle forze ispetto alla tensione: '
'
T = ±mg v/2
r
rispetto a un secondo asse, spostato di r0 ispetto al primoTè
T
nell
r
sotto l azione
= IO-
,
+ r0) A F
.
,
= 2(r, A F,) + r0 A E F,
0
(6.15)
Il vettore M' è nultoper qualsiasi r poichéjljprimo termine è nullo perjpotesMo spostamento r0 è un attóre comune che può essere pgrtato fu qri del segno di somma,
_
toria,
e
._
_
_
2 Ft e nulla per ipotesi.
_
Poiché la tensione in tutte le posizioni più elevate è minore di quella nella posizione orizzontale, il ponte avrà un funzionamento sicuro se la tensione di rottura in ciascu-
na fune è maggiore di -A- mg VY. (b) Per trovare la tensione quando il ponte forma un angolo arbitrario 9 con il piano orizzontale è più semplice, anche in questo caso, iferire il momento all asse di rotazione. L'equazione di equilibrio dei momenti è ora '
r
'
M
f
_
Nel risolvere i problemi di equilibrio relativi al moto in un piano nei quali intervengono, oltre che le forze, anche i momenti delle forze sono ancora utili i
X M (rispetto a P) = -~- mgl cos 8 - 277 cos a = 0
,
diagrammi di corpo libero e gli altri procedimenti consigliati nella sezione 6.5. Per trattare correttamente i momenti delle forze è essenziale indicare accuratamente sul
2T
che dà
,
diagramma di corpo libero il punto di applicazione di ciascuna forza nonché il suo orientamento. Le condizioni di equilibrio da usare nella tappa 4 sono ora quelle dell'equazione (6.14). L'espressione algebrica del momento di una forza si può di solito semplificare considerando il momento rispetto a un asse passante per il punto in cui agisce una forza la qual cosa è lecita poiché, all'equilibrio, 2 M = 0 rispetto a qualsiasi asse.
j,
mg cos 8
=
4 cos a
Ma 2a + 8 = 90', e quindi cos 8 = cos (90' - 2 a) = sin 2a = 2 sin a cos a. Perciò, la formula per T diventa
,
1
T - - mg sin a
Al decrescere di 8 da 90" (ponte verticale) a 0' (ponte orizzontale), a cresce da 0" a
Esempio 7
45* e la tensione T cresce con andamento monotòno da T = 0 (in corrispondenza di
) a T = -L mg V 2 (in corrispondenza di a = 45*). ~
'
Tale crescita è isicamente ragionevole poiché, mentre il ponte viene abbassato,
il braccio del peso del ponte cresce, ichiedendo un aumento della tensione per sostenerlo. Con riferimento alla parte (a), ciò conferma che il risultato ottenuto per 8 = 0 r
Il disegno a lato rappresenta il ponte levatoio di un castello medievale. Il ponte levatoio ha massa m ed è sostenuto da due funi. Si supponga che la massa del ponte sia distribuita uniformemente, che la tensione sia la stessa in ciascuna fune, e che il ponte non possa scendere al disotto del piano orizzontale.
a = 0
f
108
'
6 LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
.
in (a) era la tensione massima che si può incontrare nel funzionamento del ponte.
di imponderabilità. Come si può determinare quale recipiente è vuoto senza guar-
Con riferimento alla parte (b), la tensione di rottura T = -L mg per questa fune più debole viene raggiunta quando sin a = -i-, cioè in corrispondenza di a = 30 8 = . 2 30-.
darvi dentro?
,
2
Su quali princìpi isici si basa la costruzione delle gru da demolizione, costituite
.
fondamentalmente da una sfera massiccia attaccata all'estremo di un cavo?
Un treno costituito da una motrice e da tre vagoni si muove lungo un binario con accelerazione costante. Tra quale coppia di vagoni è massima la tensione nel giunto di accoppiamento? e minima? perché? Se i vagoni hanno la stessa massa,
3
.
67
CONCLUSIONI
.
111
f
'
quali sono i rapporti fra le tensioni fra i tre vagoni?
'
equazione F = ma è probabilmente la più utile in tutta la isica Ma che cosa significa? Per capire la seconda legge di Newton dobbiamo rispondere alle seguenti f
L
.
4
.
'
due subisce la massima accelerazione?
domande. Che cos'è la forza? Che cos'è la massa? Infatti queste due grandezze com,
paiono entrambe nell'equazione, insieme all'accelerazione, di cui conosciamo già il ,
Si discuta se le seguenti coppie di forze sono coppie azione-reazione:
5
.
(a) Un atleta in piedi su una bilancia esercita su di essa una spinta; la bilancia
f
significato. Dai tempi di Newton i ilosofi hanno discusso ampiamente questi proble-
Mentre un'automobile procede su un'autostrada, un insetto va a schiacciarsi sul parabrezza. Cosa subisce la forza più intensa, l insetto o il parabrezza? Quale dei
,
mi.
'
esercita una spinta sull atleta.
Sebbene Newton avesse spiegato ciò che intendeva con il termine massa alcuni
(b) La Terra attrae un sasso; il sasso attrae la Terra.
,
pensano che la massa sia una grandezza definita dall'equazione F = ma: se si conosce
(c) Gli pneumatici di un'automobile esercitano una spinta sulla strada; la Terra
il modulo della forza che agisce su un corpo e si misura il modulo della isultante
esercita un attrazione sugli pneumatici. '
r
accelerazione, la massa del corpo è m = Fla Altri pensano che la seconda legge di Newton sia una definizione della forza: se si conosce la massa di un corpo e si misura la sua accelerazione si può trovare la forza applicata servendosi dell'equazione (6.1). Ebbene, se la seconda legge fosse una definizione della massa oppure della forza essa sarebbe non una profonda legge della isica ma semplicemente una definizione. Però, se si usasse l equazione F = ma per definire due delle tre grandezze che vi compaiono essa sarebbe assolutamente priva di significato Può dunque essere che la famosa seconda legge di Newton sia priva di significato? Il modo per capire che cosa significa l'equazione F - ma è usarla Infatti, attraverso le applicazioni a problemi particolari come quelli presentati in tutto questo capitolo, possiamo vedere come funziona e capire come organizza il mondo Talvolta l equazione F » ma viene usata per determinare una massa Determinata la massa si può studiare la isposta di questa massa a differenti forze. Talvolta, l'equazione F =
'
(d) Una sedia esercita una spinta sul pavimento; la Terra esercita un attrazione
.
sulla sedia.
ventilatore
,
,
6
.
f
,
'
Un ventilatore è montato su un carrello, come è indicato nella figura. Se il ventilatore viene messo in funzione, il carrello si muove? In caso affermativo, in quale verso?
,
Si supponga che al carrello venga aggiunta una vela. Quale sarebbe il moto del
.
ventilatore
carrello se il ventilatore venisse messo in funzione adesso?
.
,
Massa e peso; unità
.
'
.
7
.
,
Si determini se le seguenti unità derivate sono unità di massa, di quantità di
r
moto, o di forza:
(a) Ns
ma viene usata per determinare una forza di cui si studia poi l'effetto su differenti ,
(b) dyn s2/cm
masse. In molti casi
m e F sono conosciute indipendentemente e l'equazione F = ma permette di prevedere con successo il moto. Sebbene l'esatta situazione logica della seconda legge di Newton possa sollevare un astruso problema ilosofico in pratica ,
(c) slug ft/s (d) Ib s
f
,
essa permette determinazioni semplici e fattibili di F e m che conducono a risultati
8
.
'
coerenti nell enorme gamma di fenomeni descritti dalla isica classica Oltre a essere utile la seconda legge di Newton ha cambiato l'intera natura della isica. Prima dei tempi di Galileo e Copernico la isica era stata descrittiva. Aristotele
f
f
,
(a) Quanti newton pesa un uomo la cui massa («peso») è 75 kg? (b) Qual è la massa di un uomo il cui peso è 750 N?
.
,
f
9
.
Un sasso pesa 60 N sulla Luna, dove l'accelerazione di gravità è pari a 1/6 di quella esistente sulla Terra. Qual è la massa di questo sasso sulla Terra?
aveva offerto una descrizione qualitativa del moto sulla superficie terrestre e in sua prossimità; e, attraverso Tolomeo, era stato ereditato dai Greci un complesso sistema di «epicicli» che descriveva i moti delle stelle e dei pianeti nel cielo Copernico e Galileo infransero la vecchia ossatura della isica senza sostituirla completamente La
10. Si supponga di consegnare un oggetto a ciascuna di due persone e di invitarle a
seconda legge di Newton ha introdotto non soltanto un nuovo ordine ma anche un nuovo centro di attenzione che ha caratterizzato la isica da allora Infatti, essa contie-
la massa dell'oggetto, l'altra il peso. Chi fa una cosa e chi l altra? Si spieghi.
.
.
f
,
congetturare il suo peso. Una persona tiene fermo l oggetto e fa la sua congettura; '
'
l
altra lo «soppesa» prima di fare la sua congettura. Una delle due persone stima '
f
.
11. Un vaso di vetro contenente alcune lucciole è chiuso ermeticamente. Pesa di più,
di meno, o lo stesso quando le lucciole stanno volando ispetto a quando sono fer-
fattore forza che solleva altre questioni Quali forze agiscono sulla materia? Quali sono le forze fondamentali in natura? Le questioni fondamentali sollevate in isica dalla seconda legge di Newton sono state e continuano a essere, queste.
me?
.
'
r
Che cos'è che ha una massa
nell Universo? Da che cosa è costituita, in ultima analisi, la massa? E contiene un
ne un fattore massa che solleva le seguenti questioni .
f
,
Moto dei proietti
12. Si supponga di avere ipreso un film della traiettoria di una freccia attraverso l aria e poi di proiettarlo a ritroso. La freccia sembrerebbe muoversi in senso inverso. Quale sarebbe l'orientamento dell'accelerazione della freccia? Sarebbe r
110
'
Problemi
Leggi del moto di Newton 1
.
Si supponga di avere due recipienti identici, uno pieno di piombo e l'altro vuoto, '
situati all interno di un veicolo spaziale in orbita nel quale tutto è in condizione
invertito anch'esso?
13. Un cacciatore di scimmie siede sul suolo armato di un fucile a frecce tranquillanti. Punta l'arma contro una scimmia appesa a un ramo di un albero. Fatta trasali-
ìveìa
6
.
6. LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO ,
di 100 kg e il carico è ripartito uniformemente sulle travi (b) La neve ridotta in fanghiglia ha una massa volumica di 0 1 g/cm3. Di quanto
essa cade verso il suolo, tn che modo la velocità iniziale della freccia influenza
.
la posizione in cui colpirà la scimmia lungo la sua caduta?
Y
,
14. Si supponga che la resistenza dell'aria sia una forza avente orientamento opposto
a quello del moto di un corpo e sia direttamente proporzionale alla velocità
LEGGI DI NEWTON ED EQUILIBRIO
(a) Nel caso della costruzione schematizzata nella figura qual è la forza orizzontale che ciascuna delle otto travi esercita sulle pareti? Il tetto ha una massa
re dal rumore del fucile, la scimmia abbandona la presa nello stesso istante in
cui la freccia esce dal fucile. Si spieghi perché la freccia colpirà la scimmia mentre
del
corpo.
(a) Come si può esprimere questo fatto usando le equazioni di Newton? Si scrivano tre equazioni differenziali per le componenti del moto.
aumenta la forza esercitata sulle pareti in seguito a una precipitazione nevosa
di 60 cm? Si confronti questo risultato con quello trovato nella parte (a) 21. Un lavavetri avente una massa di 70 kg siede su un asse sospesa (bansigo) avente una massa di 25 kg Con una mano trattiene una fune che mantiene in equilibrio lui e il bansigo mentre con l'altra mano usa l'arnese con cui pulisce le finestre La massa della fune è trascurabile rispetto a quella del bansigo e dell'uomo.
2m
3 m
.
.
.
,
.
r
(b) Si isolvano le equazioni della parte (a) nel caso di un corpo che non sia
(a) Si disegnino distinti diagrammi delle forze per il lavavetri e il bansigo
soggetto ad altre forze, oltre alla resistenza dell aria, e che abbia una velocità iniziale v0. '
,
rap-
presentando le forze che agiscono su ciascuno.
(b) Qual è la tensione nella fune? (Nella realtà ci sarebbe un paranco e quindi
15 Due cannoni identici, A e B, sono puntati l'uno contro l altro come è indicato '
non sarebbe necessario applicare continuamente tale forza!)
lo-
nella figura. I due cannoni sparano simultaneamente una palla, con la stessa ve
(c) Qual è la forza che il bansigo esercita sul lavavetri?
cità (scalare).
Si discuta quali delle seguenti affermazioni sul moto successivo delle palle da
Equilibrio: equilibrio delle forze e dei momenti delle forze
cannone sono corrette.
22. Una scultura mobile è costituita da quattro masse e tre asticciole leggere, lunghe 2 m, come è indicato nel disegno
.
1 7) 4 kg 3 kg
A
7 kg
S kg
(a) La palla A colpisce il suolo per prima.
(a) Si disegni un diagramma delle forze per l'asticciola più bassa rappresentando
(b) La palla A imane in aria più a lungo. r
,
le forze esercitate su di essa dalle masse di 5 e 7 kg
.
(b) Qual è il risultante delle forze della parte (a)? Qual è la relazione tra la forza esercitata dal ilo e l'equilibrio delle forze della parte (a)? (c) Come si dovrebbero scegliere le lunghezze q r e s perché la scultura imanga f
(c) Le due palle si urtano a mezz'aria. (d) Le due palle raggiungono il suolo nello stesso istante.
r
,
Equilibrio: equilibrio delle forze
appesa come è indicato nella figura?
Se il quadro viene appeso al centro del filo, qual è la tensione che il filo deve essere in grado di sopportare?
23. (a) Qual è il risultante delle forze che si esercitano sull asta della igura a lato? '
f
un quadro che ha una massa di 3 kg, con i due estremi a 50 cm l'uno dall'altro.
(b) Qual è il risultante dei momenti delle forze ispetto al punto a? r
f
16. Un filo metallico lungo 70 cm è issato in modo allentato attraverso il retro di
(c) Questa configurazione di forze è detta «coppia di forze» È possibile trovare .
un risultante per una coppia di forze?
f
17. (a) Una ilza di salsicce avente una massa di 5 kg è appesa al soffitto mediante una funicella di massa trascurabile. Qual è la tensione nella funicella?
(b) Le stesse salsicce sono appese mediante una catenella lunga 1 m e pesante 2 kg. Qual è la tensione nell'estremo inferiore della catenella? In quello superio-
(d) Si dimostri che il momento delle forze rispetto a un punto qualsiasi dell'asta è uguale al momento rispetto al punto (a)
.
24. La massa di 200 kg del braccio della gru girevole schematizzata nel disegno a lato è distribuita uniformemente per la sua intera lunghezza Considerando le condizioni di equilibrio per il braccio si trovi la tensione nel cavo Che va dal punto A al punto B (e che può non essere uguale a quella esistente nel cavo sotto B) e le forze orizzontale e verticale esercitate sul braccio nel punto C dalla cerniera della gru. Considerando le condizioni di equilibrio per il punto B si calcoli la forza esercitata dal braccio sul cavo nel punto B .
re?
(c) Qual è la tensione a una distanza h dall estremo inferiore della catenella? '
18. Una funicella lunga 60 cm e avente una massa di 50 g, alterata dagli agenti
atmosferici, sostiene un beccatoio avente una massa di 1 kg. Se la funicella si spezza quando in essa la tensione supera 20 N, in che punto si spezzerà quando sul beccatoio si arrampica uno scoiattolo avente una massa di 1 kg? Si esprima
la isposta come distanza sopra il beccatoio. r
raccio
,
,
1000 kg
.
25. Due clown Orsene e Waldo, sostengono una tavola lunga 3 m e avente una massa di 10 kg mentre un terzo, Bobo, va avanti e indietro su un monociclo tra i due estremi della tavola con velocità costante Bobo e il monociclo hanno complessivamente una massa di 55 kg Se Orsene non è capace di sostenere masse maggiori di 40 kg per più di 5 s con quale velocità deve muoversi Bobo? ,
,
19. Le carrucole della igura a lato sono prive di attrito e di peso. Si trovino il peso f
F e la tensione in ciascun ilo tali che il sistema sia in equilibrio e si trovi la trazione verso il basso esercitata sul sostegno applicato in A al soffitto. f
112
20. Dopo un inverno nevoso si osservano talvolta costruzioni rurali le cui pareti si '
sono deformate verso l
esterno per effetto del peso del tetto e della neve.
.
.
,
Orsene
Waldo
113
CAPITOLO 7
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE Fin qui ho spiegato i fenomeni del cielo e del nostro mare mediante la forza di
gravità, ma non ho mai' fissato la causa della gravità. Questa forza nasce interamente da qualche causa, che penetra fino al centro del Sole e dei pianeti, senza diminuzione della capacità, e opera non in relazione alla quantità delle superfid delle particelle sulle quali agisce (come sogliono le cause meccaniche) ma in relazione alla quantità di materia solida. La sua azione sì estende per ogni dove ad immense distanze, sempre decrescendo in proporzione inversa al quadrato delle distanze. Isaac Newton, Principi matematici della Filosofia naturale Scolio generale, a cura di Alberto Pala, .
Torino, UTET, 1965, p. 795
7 1 .
LA GENESI DI UN'IDEA
Era l'agosto del 1665 e l'Inghilterra era assediata dalla peste bubbonica. Isaac Newton, allora studente universitario di 23 anni si ritirò nella solitudine dell'azienda ,
agricola di famiglia nel Lincolnshire, inché la peste non si placò e l'università non iapri. Senza indulgere all'inattività Newton compilò un elenco di 22 problemi da affrontare, i quali andavano dalle costruzioni geometriche alla nuova meccanica di
f
,
r
,
Galileo alle leggi planetarie di Keplero. Durante i successivi 18 mesi si immerse nella ricerca di soluzioni e strada facendo, scoprì il calcolo infinitesimale, le leggi del moto ,
e la legge di gravitazione universale. In isica si tramanda il mito che Isaac Newton, in uno di quei giorni della peste, mentre si trovava nel suo orto nel Lincolnshire fu ispirato dalla caduta di una mela a prendere in considerazione se la forza gravitazionale fosse responsabile anche del moto della Luna. Newton stesso non scrisse mai su quel giorno nell orto, ma ne parlò agli amici circa 50 anni dopo. Doveva avere qualcosa in mente quando confrontò il modo in cui «cade» la Luna con la forza gravitazionale sulla Terra, e c'è ogni ragione per credere che quell ispirazione scaturì dall'osservazione della caduta di una mela. Ma il mito della mela iduce una delle massime scoperte dell'umanità a una semplice idea brillante: a un lampo d'intuizione. In realtà la legge di gravitazione universale non cedette neppure al grande Newton al suo primo tentativo: egli dovette combattere con essa e lottare con problemi sul comportamento della forza gravitazionale. In che modo deve diminuire la forza gravitazionale per spiegare la terza legge di Keplero, che pone in relazione il periodo e il raggio dell'orbita di un pianeta? Da quali altre grandezze isiche potrebbe dipendere questa forza? E qual è la relazione -
-
_
f
__
,
'
r
'
f
,
7. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
7
.
tra la legge di caduta libera dei gravi di Galileo (che rappresenta la forza gravitaziona-
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
incontrato nel capitolo 5, f è adimensionato e ha modulo 1 (f . f = 1) Lajùirache agisce su m2, essendo attrattiva ha orientamento opppsto a quello di f. PexcÌQ,Xeflua~ zionc vettoriale per la legge di gravitazione universale è .
le sulla Terra) e la forza gravitazionale nel cielo? Il segreto del cielo fu custodito da Newton per quasi 20 anni. Nel 1684, egli stupi
,
,
un amico fidato, Edmund Halley, quando gli disse tranquillamente che una legge della forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza conduce a orbite che sono sezioni coniche (ellissi, cerchi, parabole e iperboli). Supplicato da Halley, Newton scrisse un articolo di nove pagine, «Sul moto dei corpi in orbita», che divulgava al mondo il suo segreto della gravitazione universale e che in seguito doveva svilupparsi dando origine ai Principia. Halley iconobbe che il breve articolo di Newton r
(7.2)
L
costituiva un immenso passo avanti: la fisica della Terra diventava identica alla fìsica
'
equazione (7.2) esprime la forza che si esercita tra due punti materiali o masse
puntiformi (corpi idealizzati la cui massa è concentrata tutta in un punto). Se ci M§££LEL£Ei5& per esemPio mv m2< m3< come è indicato nella igura 7.2, come f
del cielo.
72 .
LA LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Newton aveva lottato per trovare una spiegazione delle leggi fondamentali del moto dei pianeti, che erano state enunciate da Keplero cinquant'anni prima. Ciò di cui forse si rese conto quel giorno nel Lincolnshire fu che la spiegazione delle orbite di Keplero avrebbe spiegato anche perché una mela cade sulla Terra. Ma la soluzione del problema, se fosse stato in grado di trovarla, avrebbe risolto anche l'enigma della ragione per cui tutti i corpi cadono con la stessa velocità quale che sia la loro massa. In base al suo studio delle orbite di Keplero, Newton si era già fatto una vaga idea di ciò che gli occorreva: la forza tra due corpi qualsiasi dell'Universo doveva decrescere al crescere della distanza tra i due corpi. Questa forza, egli disse, doveva essere inversamente proporzionale al quadrato della distanza tra i due corpi. Questa relazione avrebbe soddisfatto la legge empirica di Keplero che poneva in relazione il raggio di un orbita con il suo periodo. Per completare la sua legge di gravitazione universale, Newton disse che la forza gravitazionale è direttamente proporzionale alla massa di ciascuno dei due corpi coin-
Figura 7.2 Forza gravitazionale che si esercita su una massa puntiforme (punto materiale) per la presenza di altre due masse puntiformi.
t
calcoleremmo kJaa® ólSatìlitó MjS &SL j3Ì 5S&J '*s®WW'-su ni ? Se fossero presenti soltanto m, e m2, la forza che m eserciterebbe su m sarebbe j 2 , -
'
F2, = -G
(7-3>
lf
2l
e m2 sono due masse e r è la distanza che le separa, la legge di gravitazione
volti. Se m,
universale di Newton può essere espressa nella forma
dove r21 è la distanza tra ml
Gè una costante universale (MLt£?iÌ3 ?l Ìa!H ?l!? HPiI£22
La costante
.
.
(7.1) che
F
-C
r .
= .
ha lo stesso valore per qualsiasi coppia di corpi nell'Universo. Questa costante non deve essere confusa con g, l'accelerazione di un corpo sulla superficie della Terra
dovuta all'attrazione che la Terra stessa esercita su di esso. Il valqrejlLG
f2t è il versore orientato da m2 a m,, come è
f
wJoj/ G p
e ml e
indicato nella igura 7.2. Analogamente, se fossero presenti soltanto m1 e m , la forza che eserciterebbe su ml sarebbe '
'
(7.4)
ìi
.
Se sia m1 sia mì attraggono
6.67.~u
è |a $Qnuna.
forza qsi4tapte agente su
'
.
vettoriale delle orze E,, e F,,: f
10~" N m2/kg2 ; nel capitolo 8 vedremo come fu misurata per la prima volta. _
La forza è una grandezza vettoriale, ma la relazione precedente stabilisce soltanto il suo modulo. Poiché la forza gravitazionale tende ad attrarre i corpi direttamente
altro, la jorza g jyj fU.r''tta..5.gCffldP la ri*fta rh<' 1' nrmgiimj;f_Mj. n
f
.
m2ml .
'
ta
jw for r
'
l uno verso l
i
m3m\ .
oj ateo. Pex...
denotare I rientamento (direzione e verso) usiamo iI.yersore Jdjs, come è indicato "
nella igura 7.1. è orientato » nniTi àm fl? 'ffem°Ìg >?|Ì afl* massalpe£.s$MPÌa_ f
"
'
,
agme-sujmajmmAJajmjm xeaaiia
f»;;) iM T'JT vnR%ìW "WSTTft 1? {nm » ci» & soggetta. Come i versori che abbiamo
fi
-
f
aspetto impattante della seconda legge di Newton chej eOT5ÌteiìtC3lsolareJaipiza_ ggXitez'QPale che uff numero qualsiasi dLsaiPÌ-fisei:cila.mjn dato corpo.
.
m
Esempio 1 f
Si localizzi il punto situato tra due masse isse m - 50,0 kg e m1 - 80 0 kg, separate ,
da una distanza di 1 0 m, nel quale è nulla la forza che si esercita su una terza massa m, = 10,0 kg. Sia x la distanza fra mì e m2 Allora, la distanza fra m1 e m} è 1 - x, come è ,
Figura 7.1
Grandezze vettoriali per la forza esercitata da ml su m;
nella legge di attrazione gravitazionale di Newton.
.
indicato nella igura seguente f
116
.
p
i
.' àJri&-<X>-r ;) '
:
--U
s
7
119
Newton, a quanto pare afferrò immediatamente la soluzione di questo problema, ma incontrò dificoltà nel dimostrarla matematicamente. Essendo una persona igorosa, non avrebbe preso in considerazione di pubblicare le sue idee prima di essersi persuaso completamente della loro validità. Ma alla fine Newton, grazie alla potenza del suo calcolo integrale, riuscì a dimostrare che due corpi a simmetria sferica ,
r
f
1,0
isultante che si esercita su m, è
che non si toccano si comportano come se tutta la loro massa fosse concentrata nel
centro. Questo concetto importante ci permette di nsMerare la Terra gme un.pii n .
.
_
to\j
t
aSfi àftbsoms
.f
.. wpate tutta la massa concentrata nel centro, euna f
Le forze F2, e Fj, hanno orientamenti opposti e quindi il modulo della forza
proprietà esclusiva della legge della forza inversamente proporzionale aj_ quadrato '
"
deljadistanza
p
La dimostrazione di Newton può essere eseguita rigorosamente per mezzo di
C'
integrazione semplice benché alquanto lunga; ma qui ci limiteremo a un ragionamento isico non igoroso che pone in rilievo la proprietà esclusiva di una legge della forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza. Tanto per cominciare, osserviamo come si origina in natura una legge dell'inverso del quadrato della distanza. Per esempio, consideriamo una grandezza fisica apparentemente non legata alla forza gravitazionale; la quantità di luce emessa da una sorgente sferica. In assenza di un mezzo capace di assorbire la luce, la quantità totale di luce non diminuisce affatto al crescere della distanza r dalla sorgente. Ma l'intensità della luce (definita come la quantità di luce che incide sull'unità di superficie) un
otteniamo (dopo qualche
passaggio algebrico) X " 1 ± VmJ - m2
segno +. Perciò, la soluzione -
,
r
Uguagliando a zero questa forza
e risolvendo rispetto a
f
= C
-
decresce come r~2, come si può vedere facilmente disegnando una sfera concentrica
cercata e
attorno alle sorgenti e osservando che sulla superficie della sfera
= 0 56 m ,
1 + x/SO/SO
intensità della luce =
quantità di luce area della superficie
=
quantità di luce
(7.6)
4 xr1
f
lema di isica in Un buon metodo per controllare la soluzione di qualsiasi prob iù parametri, come m2 e nel problema in questione, è quello
cui intervengono p permettendo di valutare la di considerare casi limite in cui il problema si semplifica, ltato ben noto di un probleconfronto con il senso comune o con un risu soluzione per iamo congetturare la
poss ma più semplice. Per esempio, nel problema in questione i casi limite mjm1 -* 0, m} = soluzione senza eseguire alcun passaggio algebrico ne rm m1) l tende ai valori 0 E in verità la soluzione generale x - ( 1 + \j
Perciò, interviene una legge dell'inverso del quadrato della distanza quando qualcosa si conserva mentre si distribuisce radialmente in tutte le direzioni (nel caso della luce la «grandezza» che si conserva è il numero di singoli corpuscoli detti fotoni). Ciò non suggerisce un'utopistica identificazione della luce con la gravitazione bensì una rappresentazione fisica della gravitazione per mezzo di «linee di forza ,
,
,
~
m2 e m2/m3
costante» che si conservano uscendo radialmente e simmetricamente da ciascuna
-*
.
attesi 1 m, 0,5 m e 0 in questi tre casi.
sorgente costituita da una massa puntiforme e cioè assimilata a un punto materiale. Il numero di linee di forza è direttamente proporzionale alla massa della sorgente*. Le linee di forza uscenti da differenti sorgenti non si flettono né interagiscono mutuamente. Ogni corpo attraversato da linee di forza parallele è soggetto a un'attrazione gravitazionale direttamente proporzionale al numero di linee che lo attraversano, e tale forza ha l'orientamento delle linee di forza indipendentemente dalla distanza della sorgente da cui esse si sono originate. Le forze dovute a lìnee di forza non parallele si sommano vettorialmente e le linee di forza uscenti da una sorgente non terminano in alcuna regione dello spazio È quest'ultima «proprietà di conservazione» che suggerisce che la densità delle linee di forza e perciò l'intensità della forza, dovute a una sorgente puntiforme decrescono come 1/r2. Supponiamo ora dì introdurre una sfera di osservazione, avente come centro la massa puntiforme che costituisce la sorgente delle linee di forza (figura 7.4a). Se spostiamo la sorgente dal centro della sfera la densità delle linee di .forza varia in alcune regioni della sfera. Per esempio, nella figura 7.4b la semisfera destra è attraver,
f
r
rpendicolo verso Consideriamo ora una mela di massa m che sta cadendo a pe a! è la direzione e qu la Terra. Qual è la r che caratteizza la «distanza dalla Terra» ogni particella della mela è orientata f? La legge di gravitazione universale dice cheindicate nella igura 7.3 sono icella della Terra; le forze F, e F2 iaattratta da ogni part trovare la forza isultante agente sulla mela poss
r
r
due di tali forze di attrazione. Per vettorialmente tutte le forze che mo usare il principio di sovrapposizione, sommando ciascuna particella della mela e ciascuna paticella della Terra. In si esercitano tra sostanza, questo calcolo ichiede l integrazione. '
r
,
a
.
(a)
,
,
mela
sata da cinque linee di forza mentre la semisfera sinistra è attraversata da una sola linea di forza: ciò significa che la forza è più intensa a destra più vicino al punto ,
,
II concetto di linee di forze presentato in questa sezione fu sviluppato per analoghi prohlemi nella teoria dei campi elettrici dal grande scienziato inglese del secolo scorso Michael Faraday. Privo dei vantaggi di un'istruzione formale, Faraday imase per tutta la vita analfabeta in matematica, ma, ciò nonostante, fece le scoperte cruciali della sua epoca in elettricità e
r
*
Terra
magnetismo con l'ausilio di concetti fisici come le linee di forza. Questo concetto può essere reso igoroso con l ausilio di un isultato matematico noto come teorema di Gauss e si è dimostrato estremamente fruttuoso. Trasmesse alla successiva generazione di isici, le linee di forza r
'
f
r
sono state trasformate nel più sottile e potente di tutti i concetti della isica moderna, quello di
(b)
Figura 7.4
itazionale che si esercita su una mela.
Figura 7.3 Calcolo della forza grav
campo di forza.
Linee di forza
dovutela una massa
puntiforme (punto materiale) (a) nel centro di una sfera di osservazione e (b) in un punto
f
.
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
r
7
.
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
decentrato.
lini
7.
f. un«vi I AUlUNfc UNIVfcKSAUE E MOTO CIRCOIARE
era contenuta in ciascuna area. Sia m la massa volumica* (la massa riferita all'unità
materiale decentrato, che a sinistra. Ma possiamo fare un'altra osservazione di importanza cruciale: l avere '
di volume). Poiché la massa volumica dello strato è costante la massa m, contenuta è il prodotto della massa volumica mp dell'area , e dello spessore dello strato h. In altre parole m, = niyAfi. Analogamente, m2 = myA1h. Siamo ora in grado
spostato la sorgente dal centro non ha fatto variare il numero
,
'
nell area Al
f
totale delle linee di orza che attraversano la sfera. Questo numero è una quantità che si conserva ed è direttamente proporzionale alla massa.
,
di scrivere il modulo della forza agente su m:
Come applicazione particolare, disponiamo un grande numero di masse puntiformi (punti materiali) in modo da formare una massa a simmetria sferica, situata all
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
interno della nostra sfera di osservazione e concentrica con essa. Benché la forza
'
sfera destra della sfera di osservazione, come è indicato nella figura
7
.
q mm2
g
f
dovuta a una singola massa puntiforme decentrata a destra sia più intensa sulla semi-
Gmrriyh
i
4b, la forza
dovuta a una massa puntiforme a sinistra è corrispondentemente più intensa sulla r
semisfera sinistra. Il isultato è che la forza risultante, cioè la sovrapposizione delle
Ma l'area/l, è direttamente proporzionale a r\, eA2 è direttamente proporzionale a rj. I coefficienti di proporzionalità dipendono dalla forma dei coni e dagli orienta-
forze dovute a tutte le singole masse puntiformi, è costante sulla sfera di osservazione e orientata dappertutto in direzione radiale verso il centro per ragioni di simmetria (figura 7.Sa.). E, proprietà cruciale, il numero totale delle linee di forza che attraversa-
menti dei coni ispetto alle superfici intersecate Poiché il cono superiore e quello inferiore hanno la stessa forma e poiché il loro asse interseca A1 e A2 con lo stesso
gente, indipendentemente dalla configurazione della massa. Il numero di
,
orientamento
linee di
,
r
r
.
dovute (a) a una distribuzione a simmetria sferica di masse
nevole!
tamente. Si può ripetere questo stesso procedimento con altri doppi coni fino a coprire l intero strato. Perciò poiché la forza gravitazionale è inversamente proporzionale '
,
al quadrato della distanza la forza che si esercita su una massa situata all'interno di uno strato sferico uniforme sottile è nulla
'
_
r
jtovuta_a_
sferico è uguale a quella che si avrebbe se tutta la massa fqsse concentrata nel centro.
anche se
.
Il risultato di Newton per la forza all'interno di uno strato sferico
osservatore si trova in un punto esterno allo strato. Newton si.rese conto del fatto._ altra proprietà interessante: la forza-gravitazionale.ghejlij ijfeicLpossiedano se l
.
ne indica che la forza gravitazionale è nulla all'interno di uno strato sferico la massa volumica varia da uno strato sottile elementare al successivo
r
forza gravitaziori
r
.
generalizzare questo isultato a uno strato sferico spesso arbitrario Questa costruzio-
Il nostro rarionim ntojrale anche pwjttati ferici, oltre chejB.et.sfer.e pieneUa . '
può essere
usato per stimare la forza gravitazionale che si esercita su un corpo all interno '
'
della
r
Terra.
f
dQXUta&jfi? massa distribuita simmetricamente su uno strato sferico è miKadapper ,,.
iuttojiinnterno dello, strato. Per capirè
qùéstb ifattb.'préwntramò un ragionamento
'
'
dovuto a Newton.
Newton considerò in primo luogo uno strato sferico sottile, di massa volumica (densità) uniforme. Per trovare la forza gravitazionale esercitata su una masserella m situata in un punto P all interno di questo strato, egli costrui uno stretto doppio cono '
Esempio 2 Si supponga che si possa scavare una galleria attraverso la Terra da un estremo all altro di un suo diametro Supponendo (con un'approssimazione piuttosto grossola,
'
avente il vertice in P e intersecante le aree AleA2 sullo strato, come è indicato nella igura 7.6a. L'area A{ si trova a una distanza rl da P e l area 2 a una distanza r2. La
na!) che la Terra sia assimilabile a una sfera di massa volumica uniforme si trovi la
massa contenuta in ciascuna di queste aree esercita una forza di attrazione su m; le
forza gravitazionale che si esercita su una massa m situata all'interno della gallerìa
due forze hanno orientamenti opposti e quindi si elidono.
Sappiamo che la forza gravitazionale che si esercita su un corpo situato a una distanza r dal centro della Terra è dovuta unicamente alla quantità di materia che è
'
.
,
f
Per dimostrare che l'elisione è esatta, Newton doveva conoscere quanta massa
.
contenuta all'interno di una sfera di raggio r; lo strato di materia situato all'esterno del corpo non esercita alcuna forza su di esso Sia m la massa volumica della Terra .
.
e
Quindi, la massa M contenuta all'interno di una sfera di raggio r è il prodotto di my per il volume della sfera, - itr3, cioè M = y n/n r3. Questa massa può essere r
considerata concentrata nel centro della Terra Perciò, la forza che si ésercita sulla
i
.
massa m ha modulo
4
F= G
dove k =
(a) Figura 7.6
puntiforme (punto materiale) situata all interno di uno strato sferico, (b) Una retta che interseca una sfera forma lo stesso angolo 9 ispetto alla normale alla sfera in entrambi i punti di intersezione. '
= kr
KGmym ed è orientata radialmente verso il centro della Terra.
Come è illustrato nell'esempio 2 jie
(b)
(a) Determinazione della forza che si esercita su una massa
G
-
,
approssima. la , Terra .
.,
massa volumica uniforme. la fojza-dLgimità-decj&sce-4inKanTiRrit.R ,
.
c QhJi.na-s£èra..dL .
via via rhp pr-.n
Jriamo all'interno della Terra. Certo l'espressione della forza contiene un fattore 1/r2 ,
r
nel centro.
.
Sommando le forze dovute a strati sferici concentrici sottili Newton iusci a
r
puntiformi (punti materiali), concentrica con una sfera di osservazione; (b) alla stessa massa totale di (a), concentrata
,
'
r
Figura 7.5 Linee di forza
come è indicato nella figura 7.6b, il coefficiente di proporzionalità per
Al è uguale a quello per 2 e quindi la forza che si esercita sulla massa m per effetto di Al è uguale a quella che si esercita per effetto di A2: le due forze si elidono comple-
forza imane invariato se la sorgente viene contratta finché non si iduce a un punto coincidente con il suo centro geometrico, come è illustrato nella figura 7 5b. Perciò, la forza esercitata sulla sfera di osservazione da una massa a simmetria sferica è la stessa che si avrebbe se tutta la massa fosse concentrata nel suo centro. Usando le proprietà particolari della legge dell inverso del quadrato della distanza, possiamo capire, senza icorrere all integrazione esplicita, perché il isultato di Newton è ragio-
.
r
no la sfera di osservazione è direttamente proporzionale alla massa totale della sor-
*
La massa volumica è denotata anche con il simbolo p. [N.d.T.]
122
7. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOURE
7.
che cresce via via che ci avviciniamo al centro della Terra, ma questo aumento è più che compensato dalla diminuzione del fattore r3 che ha luogo perché gli strati sferici
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
In base alla seconda legge di Newton F = ma possiamo calcolare l'accelerazione a di un grave in caduta libera sostituendo F ricavata dalla legge di gravitazione uni,
forza.
della Terra situati all'esterno di una masserella non esercitano su di essa alcuna Sappiamo anche chela forza gravitazionale decresce come l/r2 via via che ci allonta-
,
versale. Possiamo quindi scrivere
niamodalla superficie della Terra. Perciò, la forza eravitazionale esarcitata dalia-Ter; ra su una massa puntiforme è massima sulla supsrficieJeocestre. Un diagramma del modulo della forza gravitazionale in funzione della distanza dal centro della Terra è
G
presentato nella figura 7.7.
-ma
(7
.
La massa m del corpo compare in entrambi i membri dell'equazione e
9,
quindi, divi-
dendoli entrambi per m otteniamo et-/-
i
i
È un isultato notevole Tutto ciò che compare nel secondo membro dell'equa-
zione è una costante sulla Terra e tuttavia il primo membro rappresenta l'accelerazio,
t
ne di un corpo che cade in prossimità della superfìcie terrestre.
Abbiamo trovato la
ragione della legge di Galileo di caduta libera dei gravi. In prossimità della Terra, tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione costante poiché la forza di gravità
Figura 7.7 Diagramma della forza gravitazionale in funzione della distanza dal centro di una Terra con massa volumica uniforme.
7
.
r
i
R
subisce una modesta variazione spaziale in prossimità della superficie terrestre e poiché essa dipende linearmente dalla massa del grave in caduta: un grave la cui massa
3 ACCELERAZIONE DI GRAVITÀ SULLA TERRA
è maggiore è soggetto a una forza maggiore e quindi in virtù della relazione a = Firn
.
è soggetto alla stessa accelerazione
Possiamo usare la legge di gravitazione universale, insieme alla seconda legge di New-
,
.
,
Questa accelerazione costante è denotata general-
mente con g; ora possiamo vedere qual è la sua relazione con le caratteristiche della
ton, per dedurre la legge di Galileo di caduta libera dei gravi e capire il significato
Terra (o di qualsiasi altro pianeta):
di g.
Quando applichiamo la legge di gravitazione universale alla Terra, possiamo
considerare che tutta la sua massa sia concentrata nel suo centro (cioè che la Terra sia una massa puntiforme o un punto materiale). Applichiamo quella legge a una mela che cade in prossimità della superficie della Terra. Per l equazione (7.1), se m è la
C7.ii;
'
massa del corpo e MT è la massa della Terra, il modulo della forza di gravità che agisce sul corpo è
Esempio 3 Sapendo che la massa di Marte è 1/10 della massa della Terra e che il suo raggio è
(7.1)
1/2 di quello della Terra si calcoli l'accelerazione di gravità sulla superficie di Marte In base all'equazione (7 11), possiamo determinare il rapporto tra l'accelerazione sulla superficie di Marte £M, e l'accelerazione sulla superficie della Terra g: ,
.
.
Questa forza è diretta secondo la congiungente il centro della mela e il centro
,
della Terra, ed è rivolta dal primo al secondo; e r è la distanza tra il centro della mela f
e il centro della Terra. Come è indicato nella igura
7 8,ièjugugle .
.
,
a raggia-della-
f
lo Terra, R , più la quotaJi della mela sopra la superficie texreslfi.. Quindi, il modu _
g
della forza di gravità può essere espresso come
massa MT
GM R\
MT \rJ
(7.7)
(RT + hf
e, introducendo i valori dei rapporti
Possiamo capire meglio questo risultato ricorrendo a un approssimazione. Il rag'
?m = 8 (0,l)(l/0,5)2 = OAg = 3 9 ,
,
otteniamo
m/s2
gio della Terra è circa 6000 km. L edificio più alto ha un altezza di circa 350 m. Perciò, se lasciassimo cadere un corpo dall edificio più alto, la distanza tra il centro '
'
'
Figura 7.8
Grandezze
pertinenti alla forza di gravità sulla superficie della Terra.
della Terra e il corpo varierebbe da 6000 km + 350 m a 6000 km. La variazione relativa della distanza sarebbe (350 m)/(6 . IO6 m), ossia circa 6/100 000. In altre
parole, con una precisione altissima, la distanza tra il centro della Terra e un corpo che cade in prossimità della sua superficie non varia pressoché affatto. Perciò, con ottima approssimazione, possiamo trascurare completamente h nell'espressione della
74 .
PERCHÈ LA LUNA NON CADE SULLA TERRA
1 Newton, pur non nominando dapprima esplicitamente la forza, sapeva che qualcosa
! doveva attrarre la Luna perché essa rimanesse nella sua orbita. Il principio d'inerzia stabiliva che la Luna avrebbe teso a muoversi di moto rettilineo se su di essa non
forza e scrivere
avesse agito una qualche forza
:
(7.8)
Newton coniò il termine forza centripeta per denotare qualsiasi forza orientata verso l'interno, ossia verso il centro della traiettoria descritta .
da un corpo («centripeto» significa che cerca il centro). La forza di gravità è la forza
centripeta che mantiene la Luna nella sua
orbita.
123
7. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
f\t
7.
Prima di confrontare la forza di gravità agente su una mela in caduta libera e
L
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
'
ì ! quella agente sulla Luna, Newton si rese conto che qualsias jatellité'(Ia~Luna. per ij esempio) è un proiettof Prese in considerazione il lancio di un sasso in direzione
equazione (7 11) .
,
0t
-
orizzontale
f
dalla vetta di un'alta montagna. Questo concetto è illustrato dalla igura i 7.9, tratta dai Principia. Se riceve una piccola velocità iniziale il sasso non percorre i un grande cammino orizzontale prima di colpire la Terra seguendo la traiettoria da V a D nella igura. Come abbiamo visto nel capitolo 4 la sua inerzia lo fa muovere ,
,
ipone in relazione g con la massa e il raggio della Terra La Luna distante dalla superficie della Terra essendo molto cade con un'accelerazione minore di
f
,
.
,
in direzione orizzontale con velocità costante mentre simultaneamente cade sotto ,
'
l
azione della forza di gravità. Dunque se venisse lanciato con una velocità maggiore ,
,
espressa dall'equazione (7.11). Usando la legge di gravitazione universale per calcola quella
,
le la sua accelerazione troviamo
J il sasso percorrerebbe un cammino maggiore prima di colpire a un certo momento il
-
,
suolo seguendo la traiettoria VE.
a = G - y*
(7.12)
dove rL è la distanza fra il centro d dovrebbe cadere secondo la relazi ella Terra e il centro della Luna
V
.
Perciò
,
one
»
la Luna
,2
(7.13)
i
Sulla Terra
,
una mela in caduta libera percorre 4,9 m in 1 s
! percorre la Luna in caduta Ubera?
,
.
si chiese Newton
Quanto spazio
Usando le equazioni (2 14) e
.
(7.11) -4- (7.13), troviamo che il rapporto fra s
:
.
h
e sm è
5
Lo spazio percorso dalla Luna in caduta libera in 1 s dipende dal quadrato del rappor-
[to tra il raggio della Terra e la distanza Terra Luna. -
.
_
Analizzando le ecnisrdrLunC"Ilì~ainuffi~3straro
la distanza Terra-Luna è pari a circa 60 volte il raggio della Terra Nei suoi Principia che Newton citò valori di questa distanza tratti da Tolomeo Keplero, Tycho e Copernico e usò il valore di 60 raggi terrestri. Perciò il rapporto è .
Figura 7.9
,
Le traiettorie di un sasso lanciato orizzontalmente con
,
differenti velocità da un monte alto conducono al moto orbitale (dai Principia).
,
sl
1 _ 3600 1
_
Quanto maggiore è la velocità iniziale del proietto, tanto maggiore è3 cammino
s
che esso percorre prima di cadere sulla. Terra. Ma dobbiamo anche ricordare che, mentre il proietto cade, la Terra si incurva sotto di esso e si allontana da esso. In
(7 15)
602
a
.
,
ssenza della resistenza dell aria, il sasso potrebbe venire lanciato con una velocità niziale tale da fargli seguire la traiettoria VBA e farlo ritornare così sulla yetta-della lontagna: il sasso cade continuamente ma, in virtù della curvatura-delia Terra, esso on /aggiunge mai il suolo, bensì ruota attorno alla Terra. La Luna, come Newton si conto, ha semplicemente la velocità giusta per rotare attorno alla Tèrra cOmeTa: '
.
Ciò significa che
,
se una mela in caduta libera percorre 4,9 m in 1 s nello stesso
intervallo d. tempo la Luna in caduta libera percorre:
,
,
"
S<
4,9 m =
-
-
?r = 0.0014m = 0,14cm
i rz-zr- - u.uuit in = U,14 cm
-
(7.16)
cade còitinuamente ;versoJa Terra, ma senza raggiungerla maf. È questo il modo 'in
"
"
"
r
caduta di 1 s ispetto a una mela in caduta libera in prossimità della superficie terrestre e poi a veriicare questa previsione per confronto con il reale spazio di caduta
} in un tèmpo di caduta di 1 s. Sappiamo già che lo spazio di caduta sm di unajngta è
Questa era la previsione. A Newton restava da verificarla per confronto con il
moto reale della Luna
.
Lo spazio che la Luna in caduta libera percorre in .
,
rl + lr
+ sl if + d2
(7.17)
Elidendo otteniamo che 2rLsL + s£ = d Ma s£ è una quantità molto minore di r e di d e quindi si può trascurarla senza commettere un notevole errore; otteniamoL 2
.
Vy*'2 /
(2-14)
1 s è
rappresentato nella igura 7 10. Lo spazio dè lo spazio orizzontale che la Luna percorre nello stesso intervallo di tempo. In base al teorema di Pita gora, abbiamo che (rL + iL)2 = rL2 + d2 e quindi f
cui ruotano attorno alla Terra anche i satelliti artificiali e le navette "spaziali. Dopo avere capito che la Luna è in caduta libera, Newtonliuscì a usare la sua teoria della gravitazione per prevedere lo spazio di caduta della Luna in un tempo di f
124
quindi che
125
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
7.
f7 18'
2 Vl -
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
uniforme, che abbiamo studiato nella sezione 5 8 Abbiamo trovato che nel moto circolare uniforme il mobile non soltanto varia costantemente la propria posizione
-
.
ossia
nel percorrere la sua traiettoria
,
.
ma varia costantemente anche la sua velocità (vetto
-
riale), la qual cosa significa che esso è soggetto a un'accelerazione. Abbiamo dimostrato che questa accelerazione è orientata sempre verso il centro della traiettoria circolare (da cui il nome di accelerazione centripeta) e ha modulo v2/r:
Per trovare d, osserviamo che la Luna percorre un cammino 27trL (la circonferenorbita) in 1 mese e quindi il cammino che essa percorre in 1 s è legato al
za dell
a = -3--
e
'
'
tx
-
,
o--".-tv
V-
(7.23)
-
,
.
,
,
i
precedente dal rapporto
Per la seconda legge di Newton se un corpo è soggetto a un'accelerazione centri ,
-
peta, tale accelerazione deve essere causata da una forza Nel caso delle orbite è la forza gravitazionale la causa dell'accelerazione centripeta. La oa[j itizi5Bale .
,
(7-20>
'
-
~
sulla Lunà 5
"
r
=4,2- IO
f
15 1 mese
x ì- .e-
a| f
..y.
-
F=
Perciò,
d = 2jtrL(4,2 . IO"7) = 2jc(384 400 km)(4,2 . IO"7) = 1,01 km
(7.21)
u
-
ì,-&
jkt
(7 24) .
e impartisce alla Luna un'accelerazione
Sostituendo questo valore nell'equazione (7.19), otteniamo
a = F/AfL
(7.22) sL » (1,01 km)2 / (2 384 400 km) = 13 . IO"7 km = 0,13 cm Il moto reale della Luna, equazione (7.22), è in ottimo accordo con il valore previsto
(7 25) .
.
Combinando le equazioni (7 24) e (7 25) otteniamo l'accelerazione di gravità della .
.
,
Luna,
teoricamente, con l'equazione (7.16)! a_
Z
rf
«L-. T
. .
t
(7 26) .
Questa accelerazione è centripeta (è orientata radialmente verso il centro della Terra) '
e l orbita della Luna è con ottima approssimazione un cerchio. Confrontando le ,
,
equazioni (7.26) e (7.23) ed eliminando il fattore comune r
;
,
troviamo che la condizio-
ne che la forza gravitazionale fornisca l'accelerazione centripeta per il moto circolare
;
uniforme di velocità v è soddisfatta se
U
.
Z I
(7.27)
Esattamente a questa velocità la forza gravitazionale della Terra fa sì che lo spazio che la Luna percorre cadendo sia tale da mantenerla nella sua orbita circolare Ciò vale non soltanto per la Luna ma anche per qualsiasi satellite di qualsiasi pianeta anche per i satelliti artificiali È questo il meccanismo fondamentale del sistema sola ,
.
,
Figura 7.10 Geometria per determinare lo spazio di caduta della
,
Luna
.
-
in un tempo di caduta di 1 s.
re.
Il tempio della isica aristotelica stava cadendo in rovina da più di un secolo, ma in tutto quel tempo nessuno aveva immaginato che un'esperienza eseguita sulla Terra avrebbe potuto rivelare le leggi del cielo. Il momento in cui Isaac Newton capì che la Luna in caduta libera percorre circa 1,4 mm in 1 s, esattamente come prevedeva la sua teoria della gravitazione universale, fu il momento magico nella storia delunica l umanità nel quale la fisica del cielo e la fisica della Terra si fondevano in un
Luna
M
'
'
scienza coerente.
7
5
.
M
ORBITE CIRCOLARI
Come abbiamo visto, Newton dimostrò che la Luna rimane nella sua orbita perché è sempre in caduta in conseguenza della forza gravitazionale. Ora descriveremo
io
più utile per isolvere molti altri problemi, come la Luna, o qualsiasi altro corpo celeste, può rimanereJn u orbita un altro modo, strettamente simile al primo, ma
r
.
f
7
.
_
circolare. Questa nuova descrizione comincia con la matematica del moto circolare
Figura 7 11 .
Grandezze pertinenti al moto orbitale della Luna
.
7
.
GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
129
È importante osservare che sulla massa del pendolo conico non agisce alcuna Esempio 4
sua superficie?
deviare continuamente la massa dal moto rettilineo e verso il centro del cerchio.
f
Supponendo che l'atmosfera sia assente quale velocità orizzontale si dovrebbe impar-
forza orientata verso l'esterno, o centrifuga, nel sistema di riferimento isso in cui abbiamo analizzato il problema*. La trazione verso l interno esercitata dal filo è necessaria non per equilibrare una qualsiasi forza diretta verso l esterno, ma per fare
,
tire a una palla da golf per metterla in orbita attorno alla Terra in prossimità della
'
'
(7.27), otteniamo
Come altro esempio, un aeroplano che compie una virata circolare orizzontale presenta un diagramma delle forze (figura 7.13) che somiglia strettamente a quello
gmt:
del pendolo conico. L'aeroplano deve venire inclinato di un angolo tale che F, la reazione dell aria sull'aeroplano non soltanto equilibri il peso dell'aeroplano, ma
Assumendo come raggio dell'orbita il raggio della Terra e usando l'equazione
'
=
(6,67 . 10-" N m2/lcg2) (6,0 . IO24 kg)
_
Rr
,
produca anche una forza isultante di modulo mv2/r verso il centro della virata.
6 4 . IO6 m
r
2
,
u = 7900 m/s
che è pari a 20 volte la velocità del suono!
Figura 7.13 Un aeroplano si inclina per compiere una virata.
Le centrifughe separano il latte dalla panna, o ruranio-238 dairuranio-235, facendo rotare a grande velocità una miscela di particelle sospese in una soluzione liquida. Quando viene fatto rotare, il liquido tende inizialmente a fluire verso l'esterno; di conseguenza, la sua massa volumica cresce nella regione estema della centrifuga e decresce in quella interna, creando un gradiente di pressione diretto verso l interno. Il gradiente di pressione arresta rapidamente il flusso verso l esterno fornendo la forza centripeta necessaria per mantenere un flusso di liquido quasi circolare. Ma la forza centripeta necessaria per mantenere una particella in moto circolare mentre la '
'
Possiamo anche dedurre una relazione tra il periodo T di un orbita circolare e possiamo esprimere l'accelerazione centripeta nella forma '
; ,
il raggio dell'orbita. Usando le equazioni (5.65) e (5.58) ,
a = m2r = '
,
4nV
{7 28)
Uguagliando questa accelerazione a quella causata dalla forza gravitazionale di un ,
II FPt'
f"1
uniloi
jiju
io eakak. come quello di una persona
su una ruota panoramica, introduce una nuova caratteristica. Jta guraJft,£8SP,..beacM, aia nprcgsa.ria una fnr pfntrij tajvictantf pi-r il .mntn.rj.mal«ajMiiihrmp-. il i-nmpnnente della forza di .gniyità.xhe. ,sninge.
GM = ,
'
migrano verso l esterno.
u
corpo di massa M a
centrifuga ruota, mcoV, è maggiore nel caso delle particelle più pesanti, mentre il gradiente di pressione a cui sono soggette le particelle pesanti e quelle leggere in una data regione della soluzione è lo stesso. Il risultato è che le particelle più pesanti
(7.29)
2
mentrp pssa y mnnv/-..inngn j] pmlrip. Quindi le.altre..for.ze,clie..apiscnno.suUa oerso.
jia_(fornite dal sedile, dalla cintura di sicurezza, ecc.) devono variare per compensare
otteniamo
j variazione tji qne; componente ddIaJbiza-cU-waMtà. Confrontiamo, per esempio, a
.
T2
477 V
T = -GM
<7-30>
Questa relazione, un brillante successo della ivoluzione copernicana è un caso partiV colare della terza legge di Keplero, che incontreremo più avanti nel capitolo 16. r
,
la situazione nella parte superiore della traiettoria con quella nella parte inferiore (figura 7.14a). Nella parte inferiore, la forza non-gravitazionale (denotata con P) deve essere opposta alla, e maggiore della, forza di gravità per fornire la necessaria forza centripeta mv2/r:
,
mg + />-
-
7
6 ALTRI ESEMPI DI MOTO CIRCOLARE UNIFORME
.
(7.34)
=
In questo caso, P è fornita dalla spinta del sedile verso l'alto: non sarebbero indispensabili una cintura o una sbarra di sicurezza quale che possa essere la velocità della ruota. D altra parte, alla sommità la forza di gravità agisce verso il centro e (a basse velocità) le altre forze che si esercitano sulla persona (denotate con P ) agiscono verso l esterno e riducono la forza centripeta: '
"
f
Molti altri sistemi isici oltre ai satelliti in orbita presentano moto circolare uniforme e molti tipi di forze possono fornire l'accelerazione centripeta necessaria. In un ESBd2lfi«gaBÌ£assgmj3licfe (figura 7.12), una massa, sostenuta da un filo si muove descrivendo un cerchio orizzontale di raggio r. Il peso, di modulo mg, e il ,
,
-
,
componente verticale della tensione di modulo T cos 6 si fanno equilibrio ,
,
Tcos 6 - mg = 0
,
(7 31)
'
(7.35)
mg - F =
Anche in questo caso, P' è fornita dalla spinta del sedile verso l'alto, per il funzionamento normale a basse velocità, ma ora la spinta è minore di quella che veniva
.
Il componente orizzontale della tensione fornisce la necessaria forza centripeta *
T sin-S = ma>2r
.
<M 4,
<7-32>
L'assenza di una forza centrifuga in questo sistema di riferimento è sorprendente se
teniamo presente la nostra esperienza infantile secondo cui, se noi siamo la massa e, tenendo estremità della fune, ci muoviamo in un cerchio insieme a essa, avvertiamo una potente tendenza a muoverci verso l'esterno: dobbiamo esercitare una trazione sulla fune per impedirci di volare verso l esterno. Nel capitolo 9 analizzeremo questa situazione dal punto di vista del '
l
f
,
(7.32). Eliminando T dalle equazioni (7 31) e (7.32), otteniamo
'
bambino (cioè, in un sistema di iferimento isso rispetto al bambino e in moto circolare uniforme rispetto alla Terra). Questo sistema dì riferimento, essendo costantemente accelerato rispetto alla Terra, non è un sistema di riferimento inerziale; l analisi che svolgeremo nel capitolo 9 dimostrerà che in questo sistema si esercita in realtà una forza orientata verso l'esterno, detta forza inerziale o pseudoforza, in conformità con quanto avverte il bambino. Ma nel nostro r
.
cos e = -4-
. u; -
Al crescere di co 6 cresce. ,
f
Nel caso di un ilo di lunghezza / possiamo sostituire r con / sin e nell'equazióne
'
sistema di riferimento inerziale, solidale con la Terra, tale forza centrifuga non si esercita.
figura 7.14 Forze nel moto circolare uniforme verticale nel
punto più alto e nel punto più basso della traiettoria circolare,
per (a) iP/r < g, (b) tflr > g.
7. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE 7
.. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOWRE
esercitata nella parte inferiore: P' =m(g - flr) rispetto a P = m(g + tP-lr). Se la ruota t
Problemi
panoramica venisse fatta rotare a velocità pericolose (e presumibilmente illegali) tp-lr > g P' dovrebbe invertire il segno e orientarsi verso l'interno per contribuire alla necessaria forza centripeta (figura 7.l4b). La spinta del sedile sotto la persona può fornire soltanto P' > 0; per assicurare una forza verso il basso P' (P < 0), sarebbero essenziali le cinture di sicurezza. Se non si usassero le cinture, la forza centripeta sarebbe insufficiente a mantenere il moto circolare uniforme e la persona volerebbe
m
Legge di gravitazione universale
,
1
. Tre punti materiali ciascuno di massa m sono fissi nei vertici di un trian equilatero di lato a golo ,
,
come è indicato nella igura seguente gravitazionale che si esercita su ciascuno dei punti materiali Si calcoli la forza f
,
.
.
2
. Usando i dati astronomici dell'appendice D si calcoli la forza gravitazio si esercita fra la Luna e (a) la Terra (b) il Sole. Si deduca il rapporto tranale che forze queste Ha senso il risultato ottenuto; cioè, perché l'attrazione del S na la Luna dalla Terra? ole non allonta-
vìa dal suo sedile.
,
Il moto di un carrello sul «giro della morte» in un luna park, o quello di un
,
'
secchio d acqua fatto roteare in un cerchio verticale è più complicato poiché in questi casi la velocità angolare può non essere costante. Dedurremo più avanti una formula per l accelerazione per il moto circolare non uniforme (nell esempio 1 del capitolo 17) di cui si possono enunciare qui due conseguenze importanti:
.
,
'
'
3
. A quali distanze dal centro di un pianeta di massa volumica uniforme l'ac zione di gravità ha un valore pari alla metà di quello sulla superficie? celera4 . Si supponga di vivere in Flatlandia un universo bidimensionale piano
,
(a)
Quando la velocità angolare non è costante, c'è un componente tangenziale dell'accelerazione il quale non è presente nel moto circolare uniforme.
dipendenza della forza dalla distanza permetterebbe di svolgere ragionamQuale basati sulle «linee di forza»? enti ,
.
r
(b) Il componente centripeto dell'accelerazione ha ancora modulo f/r, esattamente come nel moto circolare uniforme.
In virtù della conseguenza (b) possiamo ancora applicare l'equazione (7.35) per la forza nella direzione centripeta. Troviamo il sorprendente isultato che la persona nella ruota panoramica o l'acqua in un secchio non cadono se il moto è abbastanza veloce. Per esempio il carrello che percorre il giro della morte si trova al disopra dei passeggeri alla sommità del percorso e quindi, in questo punto, il sedile può soltanto spingere verso il basso [/" < 0 nella convenzione per i segni dell equazione (7.35)]. Non sorprende quindi che a basse velocità, qualsiasi oggetto non assicurato cada
Accelerazione di gravità sulla superficie di un pianeta o della Luna
r
,
5
. Usando i valori di g di G e del raggio della Terra (6 4 . 106 m) si calcoli la m della Terra assa ,
,
.
,
6
. Sapendo che la massa della Luna è circa l'l% della massa della Terra e che il raggio è circa 1/4 del raggio della Terra si calcoli l'accelerazione di suo
'
superficie della Lun
,
gravità sulla
,
a
[cioè, la forza verso il basso è maggiore della forza centripeta necessaria e l'equazione (7.35) non può essere soddisfatta]. Ma, quando la velocità alla sommità della traiettoria è tale che uVr > g, una P orientata verso il basso è esattamente ciò che si rende necessario per assicurare una forza centripeta sufficiente a mantenere il passeggero sulla pista. In questo caso, il moto veloce è più sicuro di quello lento!
.
7
. Si supponga che una mela si trovi 100 km so la Terra in qualche mod pra là superficie della Terra e che o dilati uniformemente di 100 km il suo raggio mantenen do invariata la sua massa La forza di gravità che si esercita sulla maggiore, minore, o uguale rispetto al mela sarebbe valore che aveva prima dell
'
-
.
Perché?
a dilatazione?
8 Poiché
.
quando si calcolano gli effetti della gravitazione si può considerare che un coi pò denso a simmetria sferica abbia tutta la massa concentrata nel centr un filo a piombo (un peso attaccato all'estremo di un filo) si orienta di o, verso il centro della Terra nonna monte semisferico di 1 km diMa un ilo a piombo che disti 2 km dal centro di un raggio e di massa volumica pari a quella della Ter presenta una piccola deviazione Si stabilisca l'orientamento del il ra ,
,
77 .
CONCLUSIONI
Quegli 0,14 cm sarebbero stati un isultato sufficiente per l'intera vita di una persona
.
f
r
ordinaria, ma per Newton erano soltanto l inizio: l'elenco delle sue scoperte scientifi'
che e matematiche ci lascia senza fiato.
si trovi il valore approssimato dell angolo di deviazione
f
.
Ma non tutto ciò che egli fece era scientificamente ragguardevole. Infatti, dedicò anni della sua vita all alchimia, alla cronologia biblica e ad altre attività arcane: nella sua concezione, questi studi erano parte integrante della sua icerca di un sistema del mondo. Fu anche più che un politico dilettante: venne eletto due volte al Parlamento e, nel 1705, la regina Anna lo nominò baronetto, Sir Isaac Newton, e gli assegnò anche
'
o a piombo e
.
'
r
una sinecura, nominandolo direttore a vita della Zecca. In questa carica, era responsa-
Caduta nel moto orbitale 9
. Quale pianeta nel cadere verso il Sole, percorre uno spazio m Mercurio o la Terra? Si aggiore in 1 s: spieghi il ragionamento Usando i dati astronomici d ,
l'appendice D si calcoli lo spazio di caduta della Terra in un te elI s nell'orbita attorno a! Sole. mpo di caduta di .
bile della moneta del Regno e della cattura e dell'interrogatorio dei falsari. Nel 1693, subì un crollo nervoso. Oggi alcuni pensano che soffrisse di intossicazione da mercurio, contratta forse durante i suoi esperimenti di alchimia. Alcuni dati a sostegno di questa ipotesi sono stati ricavati con l analisi chimica dei suoi capelli. Ma non tutti '
gli storici sono d accordo. Comunque, egli guari da questa affezione e venne nomina'
to presidente della Royal Society, carica che tenne dal 1703 alla morte, nel 1727. Però, rispetto ai suoi risultati scientifici, i particolari personali della vita di Newton hanno scarsa importanza. Newton non ci diede soltanto una serie di scoperte scientifiche, ma anche una concezione coerente di come e perché «funziona» l Universo; concezione che ha do'
minato tutti gli aspetti del pensiero occidentale dai suoi tempi ai giorni nostri. Isaac
Newton fu un essere umano con difetti e pecche, ma fu anche un gigante pressoché ineguagliato.
,
Orbite circolari
10. Il pianeta Marte ha un satellite Phobos, che ha un raggio orbitale dì 9 e un periodo di 7b 39min 4 . IO6 m ,
In base a questi dati si calcoli la massa di Marte 11. Può un satellite spia sorvegliare costantemente New York ,
.
,
.
-
ghi.
,
per esempio? Si spie-
12. Qual è il raggio dell'orbita di un satellite geostazionario per telecomunicazio che permane sulla verticale di un punto dell'equatore? Si stimi niil itardo in unacostantemente conversazione telefonica tra Europa e A r
130
velocità del segnale è di 3
.
IO5 cm/s)
merica via satellite (la
.
13. Considerando che il raggio «M'orbita di Marte
attorno al Sole sia 1 52 volte ,
,132
7. GRAVITAZIONE UNIVERSALE E MOTO CIRCOLARE
quello della Terra, si determini il numero di anni che Marte impiega per compiere una rivoluzione attorno al Sole.
14. Si supponga che si possa mettere in orbita un satellite in una galleria circolare priva di atmosfera, scavata all'interno della Terra. La velocità del satellite in tale orbita sarebbe maggiore o minore di quella della palla da golf dell'esempio 4? Quale sarebbe la differenza tra la velocità angolare del satellite e quella della palla da golf?
Altri esempi di moto circolare uniforme 15. Si consideri un pendolo conico semplice con un filo di lunghezza l che può resistere a tensioni soltanto fino a un valore massimo Te' In funzione di Te e l, qual è la velocità angolare massima ù\ che il pendolo può sostenere, oltre la quale il
filo si spezza? 16. Tre masse sono disposte nei vertici di un triangolo equilatero. (a) A quak forza gravitazionale è soggetta ciascuna massa per la presenza delle y
altre due? Si supponga di voler fare rotare il triangolo nel suo piano in modo che le forze gravitazionali trovate nella parte (a) forniscano esattamente le forze
m,
centripete. (b) Attorno a quale asse si dovrebbe fare rotare il triangolo? Facendo riferimento alla figura, si esprima la risposta mediante le coordinate del punto per cui
,
!
~x
17. Una massa di 0,5 kg, montata all'estremo di un'asta leggera fatta rotare da un motore, si muove con velocità costante in modulo descrivendo un cerchio verti-
///
~-----~
.... ,
:l \ I
\
\,
'
\
/
/1
I
, .... -
-",,"
/
FORZE Non so come posso apparire al mondo: ma a me sembra di essere stato soltanto come un ragazzo che gioca sulla riva del mare, divertendomi nel trovare ogni tanto un ciottolo più liscio o una conchiglia più bella del solito, mentre il grande mare della verità giaceva sconosciuto davanti a me.
Isaac Newton
dovrebbe passare l'asse. (c) Con quale velocità si dovrebbe fare rotare il triangolo?
m2
'1
CAPITOLO 8
cale di l m di raggio. (a) Se il modulo della velocità della massa è 3,0 m/s, si determini la tensione nell'asta nel punto più basso della traiettoria circolare. (b) In quale punto è più probabile che l'asta si spezzi, nel punto più alto oppure nel punto più basso della traiettoria circolare? (c) Si determini la velocità minima che la massa deve avere perché l'asta rimanga in tensione (non subisca compressione) nel punto più alto della traiettoria circolare .
8.1
LE FORZE FONDAMENTALI: CLASSIFICAZIONE E UNIFICAZIONE
Usando grossolani orologi ad acqua per cronometrare il moto di sfere rotolanti lungo piani inclinati, Galileo cercò e trovò una descrizione del moto di caduta dei gravi. Però, la sua legge di caduta libera dei gravi non era una legge fondamentale di natura: entro cinquant'anni, venne sostituita da una più profonda concezione della natura, e cioè dalla legge di gravitazione universale di Newton. Grazie a Newton, la forza gravitazionale ", ' , ,
F. -G
M~M" 1
(8.1)
si riv
134
8. FORZE
U F.~~;
8. FORZE
Il comportamento delle quattro forze fondamentali della natura, e cioè delle forze forte, elettromagnetica, debole e gravitazionale, è stato compreso in modo ragionevolmente soddisfacente, ma nessuno sa perché· debbano esistere quattro forze fondamentali. Albert Einstein dedicò gli ultimi vent'anni della vita a cercare, senza successo, come unificare due di queste forze, la forza gravitazionale e la forza elettromagnetica. La fisica del nostro secolo è diventata una storia dei tentativi di spiegare tutte le complessità della fisica come aspetti diversi di sistemi simili, un tentativo di unificazione delle forze fondamentali. Gli orologi ad acqua e i piani inclinati di Galileo sono stati sostituiti con acceleratori di particelle, sempre più grandi e sempre più potenti. Stanno emergendo teorie unificate che riuniscono la forza debole e la forza ~agnetica nonché teone pilfìienerniiéììè-1enfiitio-ài-olTilreilliaSjJlegiiZIoile coerente del modo in cui tutte queste forze possono essersi evolute da leggi più sempliChn vigore nell'infanzia dell'Universo. L'Universo primordiale può essere in ultima analisi l'unica verifica sperimentale di tali teorie. Può essere il grande mare della verità che continua a estendersi davanti a noi senza essere stato Scoperto.
(8.2)
]
Questa equazione costituisce la ms"dj,,,Coulomh, Come G è una costante universale per la gravitazione universale, così k.. è una costante universale (detta costa~ staticadi Coulom!iJ per l'elettricità. 'Àn'Zh7i';;'"~a magnetica venne identificata come una forza fondameQtale della magneti 'iìotevanoessèiedescritte per natura. L'attrazione o la repulsione rrie~izo di una forza agente tra coppie di poli magnetici. Il progresso della fisica apparve come un trionfo della meccanica newtoniana: le forze della natura vennero successivamente ridotte ad attrazioni e repulsioni tra particelle. Ma i primi 40 anni del secolo scorso videro una crescente reazione contro tale divisione dei fenomeni, a favore di qualche sorta di correlazione tra le forze. La tendenza verso l'unificazione delle forze fu capeggiata da Oersted, Ampère e Faraday, i quali, entro la metà del secolo, erano riusciti a unificare due forze fino ad allora distinte, e cioè la f~~~~~~ttrtca e laJog3l:_~~~netica, in.~glmi.9!L{QX;la, li:\JçJza elettromagnetica. Questo processo trovò il suo coronamento nella teoria di James CÌerk'''lvÌa';(;èìì;il quale espresse l'unificazione mediante un sistema di equazioni che pongono in mutua relazione i fenomeni elettrici e quelli magnetici. Venne presto riconosciuto che le tensioni, le forze elastiche, l'attrito, la viscosità, le azioni chimiche e persino la luce traggono origine fondamentalmente dalla forza elettromagnetica. Dal successo di Maxwell era cominciata la ricerca di una comune descrizione matematica, ossia di un'unificazione delle forze. Nel nostro secolo è stata scoperta la radioattività, è stata esplorata la struttura interna degli atomi e, successivamente, è stato compreso che non erano sufficienti la forza gravitazionale e la forza elèttromagnetica per spiegare questo nuovo mondo. Si rendevano necessarie sia una nuova dinamica (le)~gg!.dl!ll!l)neccanica quantis~ica, che subentrano alle leggi diNewton. sulle scale delle distanze atomiche e suba~qlJ,?iche) sia-nuove lorze:Poiciiéle lew di Newton non valgono sulle scale delle dista~ze a cui agiscono queste nuove forze, non proseguiremo il loro studio in questo libro, Tuttavia, molti temi, come la ricerca dei costituenti fondamentali della materia e delle forze fondamentali della natura, provengono dalla meccanica classica, ed è quindi interessante passare brevemente in rassegna ciò che è stato scoperto. Le esperienze volte a sondare la struttura degli atomi hanno rivelato che all'interno di un atomo è presente un centro compatto, il nucleo, costituito da protoni carichi positivamente e da neutroni neutri. Elettroni carichi negativamente ruotano attorno al nucleo, trattenuti dalla forza elettrica esercitata dai protoni. La domanda che è nata spontaneamente è: che cosa tiene unito il nucleo? I fisici si sono resi conto del fatto che il nucleo compatto non è tenuto unito né dalla forza gravitazionale né dalla forza elettromagnetica, ma che interviene una nuova forza, che è stata chiamata con termine appropriato !$:la tWJe (q. i'!(~':!!EY!!1!J2!lf!) e che '(il!ce la repulsi()Il~_.eJ.e!trica fra i protoni tenendo unito il nucfeo,' A differenza della forza gravitazionale e della forza elettricà~ la forza fòrte non siésercita a grandi distanze: ha un raggio d'azione limitato al diametro di un nucleo, 10- 13 cm. Fuori di questo raggio d'azione, la forza forte è pressoché priva di effetto; se l'avesse, noi non saremmo qui, poiché la materia si contrarrebbe in densi grumi di particelle subatomiche. La radioattività naturale non poteva essere spiegata in tutti i casi con alcuna delle forze note: forte, elettromagnetica, o gravitazionale. Nel decadimento dei nuclei interviene un'altra forza: l",.~ole (2j!1W;q;,iQ/)eJk/zC!l~), Questa forza è intrinsecamente più debole della forza forte e ha un raggio d:azione ancòr più limitato, circa 10-16 cm ossia 11100. del diametro del nucleo. A causa di questo raggio d'azione estremamente limitato, le sue manifestazioni più comuni nei nuclei sono in realtà molto deboli, circa 106 volte più deboli di quelle della forza forte. Ciò nonostante, la forza debole svolge un ruolo essenziale nella liberazione dell'energia ÌlUcleare nelle stelle e nel far sì che a un certo punto alcune stelle esplodano.
tra due
8.2
INTENSITÀ DELLA FORZA GRAVITAZIONALE E DELLA FORZA ELETTRI-
CA
Uno dei grandi e profondi misteri della fisica è il fatto che le leggi che descrivono la forza gravitazionale e la forza elettrica hanno la stessa forma matematica: F = -G M 1M 2r
r2
e
.....
(8.1)
F=k2J!h.è 2
• r
(8.2)
Appare quasi una questione di secondaria importanza che ciascuna di esse contenga una costante universale incognita; tuttavia, per le applicazioni al mondo reale, è essenziale conoscere cosa siano queste costanti. Nel caso della forza gravitazionale, sappiamo già che G è in relazione con l'accelerazione di un grave in caduta libera' in prossimità della sùperficie terrestre, e con , la massa e il raggio della T e r r a : '
g;
g = GME/R~ (7.11)
Il raggio della Terra è noto da temp4 e anche g è nota; quindi, misurare G equivale a trovare la massa della Terra, M T • La determinazione di G fu una delle esperienze classiche della fisica. _ Nel 1798, il fisico inglese Henry Cavendish eseguì l'esperienza storica per misurare G. Cavendish era profondamente ispirato da Newton e considereva i Principia come il modello per le scienze esatte ed era guidato nelle sue ispirazioni scientifiche dalla ricerca delle forze agenti tra i corpi. Ma aveva abitudini capricciose quanto alla pubblicazione delle sue·ricerche, non pubblicando ciò che non lo soddisfaceva pienamente. Per fortuna, la determinazione di G fu un'esperienza di cui era orgoglioso. La figura 8.1, adattata dall'originale nell'articolo di Cavendish del 1798, mostra, schematizzata, l'apparecchiatura che egli inventò per la sua delicata esperienza con cui misurò forze dell'ordine di un miliardesimo del peso dei corpi implicati. Le due piCCOle sfere di piombo sono fissate agli estremi di un'asta rigida, formando un manubrio sospeso mediante un filo sottile che gli permette di rotare liberamente. Quando le due sfere di piombo più grandi vengono collocate in prossimità degli estremi del manubrio, le sfere più piccole vengono attratte verso quelle più grandi dalla forza gravitazionale F. Questa forza, benché estremamente piccola, esercita ciò nonostante un momento che fa rotare il manubrio e torcere il filo di sospensione. Il filo si Oppone alla torsione Con un momento uguale al prodotto dell'angolo di rotazione per un
135
136
137
8. FORZE
8. FORZE
_-----~ lampada
-----/
OM Figura 8.1
Rappresentazione schematica dell'apparecchiatura di Cavendish per la misurazione di G.
atomi è nulla, il numero degli elettroni attorno al nucleo è uguale al numero dei protoni nel nucleo. Anche se si respingono mutuamente, gli elettroni sono attratti verso il nucleo dalla forza elettrica. . Gli atomi possono a loro volta attrarre altri atomi per formare composti più grandi detti molecole. La forza che tiene uniti gli atomi per formare le molecole è ancora la forza elettrica; in questo caso, un residuo di tale forza si estende all'esterno dell'atomo fondamentalmente neutro quando le orbite dei suoi elettroni vengono deformate dalla presenza degli atomi vicini. Atomi e molecole possono formare agglomerati più grandi, che si presentano come liquidi e solidi. Anche essi sono mantenuti uniti da forze elettriche. Conoscendo le intensità e la natura delle varie forze fondamentali, possiamo individuare i fenomeni che rientrano nel dominio di ciascuna. 4.fQJ~g,myi.tazi.9llaJ~.. agi§ç,e..:>.u.J!!JtaJ!LillilJ,,-lia, come è indicato dalla sua dipendenza dalle masse dei corpi. Benché la sua intensità diminuisca universalmente con ,la distanza, gli effetti della forza gra vitatio;;ai~-;;-fu;;~~-senti~~-~iò~~;~;i~~t~ 'ri~o 'aÌle piiì remote profondità dell'Universo. La forza gravitazionale tiène'uniti i pianeti e le stelle, organizza i sistemi solari e le galassie: conferisce ordine all'Universo. La forza elettrica, dando origine a .. tensioni, forze elastiche, l!!.tr.Ì.tQ,.. viscosità e .--, ... . azioni chimiche, governa il ,"mondo che ci circonda. E intrinsecamente Iliù intensa deila forza gravitaz'{onaleed è la fo~~a dominante siIlla 'ilostra"scala'deiiè (ìi~ension;, , agendosìièOiPltiiìio graii&quaiìtò le monfagnee'tanto piccoli quanto gli atorriC$u scale più grandi, domina la forza gravitazionale poiché le attrazioni gravitazionali di tutte le singole masse si sommano mentre le attrazioni e le repulsioni elettriche dei singoli elettroni e protoni tendono a elidersi. Questa elisione è pressoché perfetta in un corpo grande, sostanzialmente in virtù dell'intensità stessa della forza elettrica, che fa fluire piuttosto facilmente le cariche elettriche, le quali vanno così a neutralizzare la maggior parte delle cariche in eccesso. Su scale delle distanze dell'ordine delle dimensioni nucleari o minori, la materia è organizzata dalla forza forte e dalla forza debole. La forza forte, intrinsecamente più intensa della forza gravitazionale e della forza elettromagnetica, domina in questa scala delle distanze. I fisici avanzano l'ipotesi che la mancanza di influenza della forza forte all'esterno dei nuclei sia analoga alla relativa trascurabilità della forza elettrica su scale maggiori di quella terrestre: la forza forte è così forte che neutralizza quasi perfettamente le sue sorgenti entro il nucleo. La tabella 8.1 riassume le quattro forze fondamentali della natura, i loro rispettivi raggi d'azione e le loro rispettive intensità (stimate per le forze agenti tra due protoni a breve distanza), È importante notare la completa trascurabilità della forza gravitazionale sulla scala atomica di 10-a cm. Soltanto sulla scala di una montagna, l km o 10 13 atomi su scala unidimensionale, l km 3 o 10 39 atomi su scala tridimensionale, la massa diventa tanto grande da compensare il fattore intensità relativa di 10-39 . ~.~
coefficiente noto. Misurando la deviazione di un fascio di luce riflesso dal piccolo specchio applicato al filo di sospensione, si possono determinare l'angolo di rotazione e quindi la forza F. In virtù della forma delle sfere, le loro masse agiscono come se fossero concentrate nei loro centri. Conoscendo le masse m e M e la distanza r tra i loro centri quando cessa la torsione, siamo in grado di calcolare il valore di G per mezzo dell'equazione (8. I). Come abbiamo visto nel capitolo 7, è stato trovato che questo valore è G = 6,67 ' IO-Il N m 2/kg2• Mediante questa esperienza, Cavendish rese completa la legge di gravitazione universale. Questa legge non era più una relazione di proporzionalità, come l'aveva enunciata Newton, ma una legge esatta che permetteva di compiere un'analisi quantitativa. Era il più importante contributo allo studio della gravitazione dai tempi di , Newton. Per mezzo di un'esperienza analoga, eseguita nel 1787, Coulomb dimostrò che la forza elettrica che si esercita tra due cariche elettriche è analoga alla forza gravitazionale: decresce come l'inverso del quadrato della distanza che separa le due cariche. nalogamen,te, si è potuto misurare il v,alore della costante elettrostatica di Coulomb bo: il SllQ ya!ore è 9.0 . 109 N m2/C2....in.,S1;!.j C è il simbolo del coulomb, l'u~i!~ fJ 1\1."~ca elettrjca Ma che cos'è la carica elettrica? Gli antichi greci avevano scoperto che l'ambra attrae pezzetti di paglia e avevano identificato questa proprietà dell'ambra con la carica elettrica. La carica elettrica è ciò che crea forze elettriche: ancora oggi è tutto ciò che possiamo dire al suo riguardo. Infatti, non conosciamo che cosa sia la carica elettrica meglio di quanto conosciamo éhe cosa sia la massa. A differenza della massa,~ettrica si presenta in ~, j.~-L ~04 ~pecie: positiva e negativ!!.:c.E.siste anche un'unità minima di carica e!et!riça' la~ i..del protane (o dell'elettrone). Tutte le cariche elettriche si presentano come multipli 19 , L.J. [.h.", ~.!ll questa unità: ruarica di un p'Gt9Be è 1,6' 10- C. Inoltre, cariche di stesso s;;gno ) (;r'.'1--t ~Alv'-.,(!_'J",\ll' iQ...omooime) si respingono mentre cariche di segno ojl'poSto(i~terOnìmt:t~! ~grag}J.2::Y\.,~t.l J!9 .Di conseguenza, tra le ca.til:lw elettriche si esercitano fotzC attrattive ~" ]2ulsive, e venire neutralizzata. Poiché la forza elettrica è relativamente intensa, cariche opposte si attraggono neutralizzandosi. La forza gravitazionale, d'altra parte, è sempre attratti va. Gli atomi sono costituiti da nuclei carichi positivamente e da elettroni carichi negativamente. Un protone ha una massa pari a circa 2000 volte quella di un elettrone. L'atomo più semplice, quello dell'idrogeno, è costituito da un protone e un elettrone separati da una distanza di 10-8 cm. Poiché questa distanza è molto maggiore del raggio del nucleo, immaginiamo una carica negativa all'esterno del nucleo positivo. f1:a forza che tiene unito l'elettrone al protone oer costituire un atomo di idrogenQ..è[I \t'. '!;JV}B.. ~~..fLvv~ ~ forza elettrica. ::::---Per costruire un modello degli atomi più pesanti, prima costruiamo nuclei contenenti un maggior numero di protoni e neutroni. Poiché la carica elettrica totale degli
B r
~-
~
---
--,~--
~"'~
-
!
i~ "
t
l'elettri~uò
Tabella 8.1 Caratteristiche delle quattro forze fondamentali. Forza
"f~tensità rel~!i~~:: Ra~o d,.cione" 10- 13 cm
forte elettromagnetica
10-2
infinito
Importanza
(1 llo.U ~0
piJ:
<:.<
~rW\tt'CU'{
tiene unito il nucleo
governa i fenomeni ordinari: attrito, tensioni, ecc.
TO,u"U:,
~ze
/(j(
((,oGJ·~;i,~·!."U,..
p; lt: B~~' -é>,.:,QX~
debole
10-2
10- 16 cm
trasmutazione nucleare
gravitazionale
10-39
infinito
organizza i fenomeni su grande scala e l'Universo -t»)
.~\t:yì t&" ~. ((2.
tè).
(",Q.
TQv-'!?Dcu:>
,LV, s..(~J __ L(.JL ( ,'l
'''" DD P:;. '__'.J dc)
((::.:.i-: j"V ?}..J
h"_
138
8. FORZE 8. FORZE
8.3
dove x è la variaziQne della lunghezza del filo Q della molla rispetto al yalore dL] '>< (8.3) si usa spesso la molla come modello e si adotta una terminologia associata alle molle per des.crivere l'allungamento di fili rettilinei e di molti altri corpi, oltre che delle molle. La costante k è detta rigidezza (o [igidità) o costante elastica della molla:"guanto piÙ la molla è rigida, tanto maggiore k i , r-& j! ~ il valore dL6;. .!! verso della forza è sempre opposto a guello
FORZE DI CONTATTO
~ Nel discutere l'equazione
Le forze fondamentali della natura sono forze ad azione a distanza: i loro effetti si esercitano quando le particelle non sono a contatto. Una seconda categoria di forze è quella delle ~,frJ~: SO!1o!?:.z.:_.c_~e_
J J
non sono'
un
~x-l
~ ~ ~~~~ ,
_'F
II
_F
Figura 8,2 La forza esercitata da una molla descritta dalla legge di Hooke. Oltre alla tensione e alla compressione, che abbiamo già considerato nel capitolo .\.' '~x' ',"'.-1'\ l., 6, e alla legge di Hooke, che pone in relazione la tensione e la compressione con la [(,~., variazione della lunghezza, esistono altre varietà di forze di contatto che intervengo{j no nelle applicazioni delle leggi di Newton in questo capitolo. Per esempio, w;niqual,volta un corpo viene pr~o contro un altro. t[a.i.du.~erciia..\l.lllI.fo.r.za 01J7..i9-- N"t.J1.tI-Y\.~ _.contatto detta ti;rza normale, la guale è un s:fIetto dell'l repulsione tra gli atomj dei I () .due co!J1Ì. 1& mgole empiriche per IJJlq funi! llQllI:Illl;:..so.rul..Che il suo modulo.dipende """""~ .
:-7 f
j
I
legge di Hooke: F = -/o;
I
.
(8.3)
• La conseguenza che le forze di contatto si annullano bruscamente quando due corpi si separano, benché valida sulla scala delle distanze macroscopiche, è un'idealizzazione. Sulla scala atomica, la forza di contatto decresce continuamente, benché rapidamente, al crescere della distanza di separazione, come è prevedibile data la natura elettrica della forza.
--1
I
_I
I
[I
I
e.
r
cL.
139
(a)
(b)
(c)
Figura 8.3 Illustrazione della forza normale esercitata (a) dalla parete sulla mano, (b) dalla mano sul vassoio, (c) dal pavimento sulla persona. • Il concetto di forza normale può essere applicato anche quando un corpo viene allontanato da un altro in una direzione normale alla superficie e alla trazione si oppone l'adesione. In questo caso, la forza è dovuta all'attrazione tra gli atomi.
.
,
' .•
140
8. FORZE
Per determinare in modo più particolareggiato come si originano microscopicamente le forze di contatto, nella figura 8.4 è rappresentata una tipica forza elettrica fra due atomi vicini. Si vede immediatamente che la semplicità della forza fondamentale inversamente proporzionale al quadrato della distanza si è perduta in varie complicazioni. L'attrazione a lungo raggio d'azione è il risultato dell'elisione di attrazioni e repulsioni tra gli elettroni e i nuclei dei due atomi; essa decresce con la distanza come r- 7 o circa. La repulsione a breve raggio d'azione è governata da effetti quantistici che tendono a mantenere separati gli elettroni dei due atomi. In assenza di perturbazioni esterne, la distanza di equilibrio, nella figura 8.4, è ro' in corrispondenza della quale la forza elettrica si annulla. All'aumento delle distanze di separazione degli atomi, quale si produce quando un filo viene tirato a un estremo, si oppone la forza attrattiva a lungo raggio d'azione, che dà origine alla tensione. Alla diminuzione della distanza di separazione, quale si produce durante la si forza normale. Per trovare la base microscopica della legge di Hooke si può tracciare, nella figura 8.4, una retta tangente in ro alla curva che rappresenta la forza. Questa relazione lineare tra forza e spostamento corrisponde alla legge di Hooke ed è una buona approssimazione della forza in prossimità del punto di equilibrio.
~mpressione, oPP~;:èPiilSì'Oi'lea~bl§.~~~~lò~azì~~Q.191Iii.~
f IL _ O ..
'.
l.-
/'J
Eo
"j
, l i
H,.:O'.C.
.~
I
!1L§~",J.!t~~9jl&,xs.r.ap.PJ.Q.sffiim.~3ii.,Ql1.e.lilÌeat:e.ArUl(..:.-rJdH'{,,~
..
~
.Q.y,a1L.fa1t.ori determinano la rigidezza
k1.~&
~~n fi!!u.rJJ!l.i.!;J&!W!U).l~f!,ll'!,1J(.ÀianteJ:applicaziQJle.,dLun.Reso. COID.eA.iIlustIato.nella
fig~~~l:'(~-~~~~~.ll;!.~~~
.1L. A
=
j'(rll)(r - rlll
~~~~~<:..ango,We.-~~~a.,.ç.m;va.d"~
~~ManWS1l tutt+,gji"!t{})jlli!!!:Imlk~~~,~è deJr.ordi-_
~
f r(_~ ~~~:_ (ro~~~-=-~: A.
..
__
:l) .L\t::l""-'è-())~ ·~o ./.,
lrv ~",:
e::, t L
_ _ _ _ - -... --.--~_~_~ ................... :'J
ìF_Jf'(rQ)11o A.!:{ _ A l -
~l
l J__-2------ _____ > k
.
(8.6)
-l,J
~~~-GQl1tiene la dipendt;.n~ dalle pr~~tQ.;... scopiche rtglAo = rafrQ2 = rQ-1,e•.t!rgll d~.La.dipende.o.za...
• Questa relazione è soltanto approssimata poiché ogni atomo è attratto da parecchi altri atomi vicini sotto vari angoli rispetto alla direzione del filo.
/
dalle ~roprietà rometriChe, è st~. a se a:rl!J;a.ru:lil!.Uo~. A ~.IU:.l-~~~/
"~~~~ in:l.B0rtll!lteJl2!it,~s.be ~§g~~sj~"Q.~ttQ!:i.. ~etrici.sia da fa1t
si avvolge il filo a spirale; ciò lo ren e molto meno rigido (minore k, maggiore M = x per una data trazione) in virtù di un effetto geometrico aggiuntivo: la maggior parte di M proviene dal raddrizzamento della spirale. La dipendenza di k daf'(ro) (che dipende dal materiale usato) e dalla geometria del filo ricorda che la forza elastica non è una forza fondamentale. Ma la complessità della forza di contatto non si manifesta completamente finché il filo non ha subito un grande allungamento. Oltre un certo punto, la forza della figura 8.4 non è più rappresentata bene dall'approssimazione lineare costituita dalla legge di Hooke. Inoltre, quando viene allungato eccessivamente, il filo non ritorna alla lunghezza iniziale quando viene eliminata la forza applicata; l'allungamento ha provocato una deformazione permanente spostando o creando imperfezioni nel filo, le quali riducono il numero dei legami atomici in una sezione trasversale. La natura di tali imperfezioni e il punto di rottura finale del filo dipendono non soltanto dalla legge della forza interatomica e dalla geometria globale del filo, ma anche dalla storia dei trattamenti a cui è stato sottoposto il filo.
\
Qllt.Aèo/le Figura 8.4 J,il. .dmendenza,-della.fofza+)'1ra.iiue. atomLdalIa.distW)la.
Figura 8.5 Allungamento di un filo caricato.
ossia
8.4
APPLICAZIONE DELLA LEGGE DI NEWTON
Ora che abbiamo ampliato il nostro repertorio di regole empiriche per le forze, ritorniamo al loro uso nelle leggi di Newton. Il successo della meccanica newtoniana fu costituito dall'identificazione delle forze e dalla successiva spiegazione dinamica del moto dei corpi influenzati da queste forze. Generazioni di studenti hanno imparato le leggi di Nèwton risolvendo ogni sorta di problema di meccanica, da quelli noiosi a quelli interessanti. Già prima di Newton, Erasmo, il grande ùmanista del XVI secolo, quando era ancora studente, àveva scritto una lettera a un amico dicendogli quanto fossero noiose le lezioni di' meccanica. Nessuno saprà mai quanti intelletti, bramosi di apprendere i segreti dell'Universo, si sono trovati invece a studiare piani inclinati e carrucole e hanno deciso di passare a qualche professione più interessante. Ciò nonostante, la risoluzione dei problemi permette di capire la fisica. !.!..!lQstro comllito. è allQljcare I~ leggi dj. J:ielll'lQQ e auaJ.i;:"a~ il mQJl;) .dei corpi. Elenchiamo a1cune~estremamente utili. una volta padroneggiate, lle!JPettll-~ no di risolvere una vastissima classe di problemi di meQfapjca Esse riproducono in parte le tappe proposte nella sezione 6.5 per affrontare il caso partiéolare dell'equilibrio, ma questi procedimenti sono così importanti da meritare di essere ripetuti:
l. Si disellna un diagramma di corJLo.libf~~i.clli si d,s,ve anali~~<m: .iLmo1o., Ciò richiede che si disegni ogni corpo separato da tutti gli altri e si indichino chiaramente le forze esterne che agiscono su ciascuno con frecce che si ori~nano dal corpo o vi terminanò. ~r"g!!!!lQ,,.1!ill$t.Lu~\t&t~~~;W.,..ì)Q,,IJ,Ù, Nel contrassegnarle, si usa il fatto che le coppie azione-reazione sono costituite da forze uguali e contrarie .
142
8. FORZE
8. FORZE
3. Si sceglie un sistema di coordinate per ogni como in esame., Questa scelta do· * vrebbe semplificare le equazioni il più pos~;l~; p~;';~;;pio, spesso è utile disporre un asse lungo la direzione dell'accelerazione. 4. Si a~plica a ciascuno dei corpi la legge~i~I;:l,~~2~_~R~~.!!l~·(Ij~g!t;~ nentl;..
:z
Fx
=
ma,
L F,\<
= ma y
:z
k Fx = ma
implica
k Fy=O
implica N - mg cos
F; = ma,
Ciò richiede la decomposizione delle forze nei componenti.
~~limi~jL!!l,Q1Q,$l.j;LcQI.PiiM&."m.1l<. Per esempio, il componente verticale dell'accelerazione di un corpo vincolato a strisciare su un pavimento è nullo. Analogamente, se due pesi sono collegati da un filo inestensibile che passa nella gola di una carrucola, le loro accelerazioni sono uguali in modulo. ~.:..A qnesto punto si dov~y,ete,~~~eillB!Zi,gJl.i.~~t~91I,Q.J,ej~e. Quando è possibile, prima si risolve algebricamente il sistema di equazioni, poi si sostituiscono i valori numerici con le unità associate per ottenere soluzioni
Esempio 3 Due blocchi, uno di massa mj = l,O kg, l'altro di massa m2 = 2,0 kg, vengono spinti lungo una superficie priva di attrito da una forza di 2,0 N. Si trovino l'accelerazione dei blocchi e la forza che il blocco I esercita sulolocco 2. Seguendo le tappe delineate nel testo, disegniamo anzitutto un diagramma di corpo libero per ogni blocco. Le forze che agiscono sul blocco 1 sono la forza di gravità mjg; la forza normale N I ; la spinta esterna F; e, poiché 1 esercita una spinta su 2, 2 esercita a sua volta una spinta su 1 (per la terza legge di Newton) con una forza che denoteremo con P. Un analogo sistema di forze agisce sul blocco 2, come è indicato nel diagramma di corpo libero. È importante notare che F non agisce direttamente sul corpo 2 e quindi non è stata indicata sul relativo diagramma di corpo libero. La forza F esercita il suo effetto indirettamente, attraverso la forza P che scaturisce dal contatto con il blocco l.
quantitative.
~\Wlpj cb e se~u_Q illvSiranQ il me1Q,,~';l;UW?,g~a~~ls,ggi,.,gi New· toIJ.., In questi esempi ogni corpo viene trattato come un punto materiale (massa puntiforme) e quindi si suppone che le forze agiscano su un unico punto e che non esercitino un momento (presenteremo in sezioni successive alcuni problemi in cui intervengono momenti di forze). Inoltre, si considera che le masse delle carrucole e dei fili siano trascurabili. Benché tali ipotesi possano apparire artificiali (dove si può acquistare un filo imponderabile?), adesso ciò che importa è capire il metodo.
L
y
Esempio 1
cD
U n passeggero di 60 kg si muove in un ascensore. Si trovi la forza esercitata dal pavimento sul passeggero quando l'ascensore 2 (al sta accelerando verso l'alto con un'accelerazione di 3,0 m/s , 2 (bl sta accelerando verso il basso con un'accelerazione di 3,0 m/s e (c) si muove verso il basso con una velocità costante di 4,0 m/s. Nel tracciare un diagramma di corpo libero del passeggero (rappresentato con un blocco) dobbiamo considerare soltanto due forze, la forza di gravità mg e la forza normale N. Se scegliamo che il semiasse z positivo sia orientato secondo la verticale ascen· dente, la seconda legge 2: Fz =ma implica che 2
che ci dice che la forza normale è N = m(g + al. Nel caso (a), usiamo a = +3,0 m/s e otteniamo N = 770 N. Nel caso (bl, l'accelerazione è orientata verso il basso e a perciò è negativa, a = -3,0 m/s2 . Sostituendo questo valore nell'espressione di N, otteniamo N = 410 N. Nel caso (cl, l'accelerazione è nulla e la forza è semplicemente
) x ./
a
N~\e'
mg--"'";"---/'
b
uguale al peso: Ne = 590 N.
'F+' ,4 N,
19
N,
____..ax
m 2g
I blocchi accelerano verso destra e sono vincolati a muoversi sulla superficie orizzontale; perciò assumiamo come direzione dell'asse x una direzione parallela a questa superficie. La seconda legge di Newton 2:Fy = may per il blocco 1 ci dice che N I - mlg = O, mentre applicando 2:Fx = max al blocco l otteniamo che F
N-mg=ma
z
e= o
La seconda equazione ci dice che la forza normale è N = mg cos e. La prima equazio· ne ci dice che l'accelerazione del blocco è a = g sin e. È questa la relazione che permise a Galileo di determinare g. Il moto sul piano inclinato è uniformemente accelerato, ma si può renderlo molto più lento della caduta libera, e quindi più facilmente misu· rabile, assumendo e piccolo.
_5.,J?i§.qrixPp,Q,..O..siJ.l~cuiix.el~am.Im~.J:lellil..$.ìlS~
'l
mgsine=ma
P.
= m{ax
In questa equazione ci sono due incognite, P e ax ' e quindi dobbiamo trovare un'altra equazione. Applicando la seconda legge di Newton al blocco 2 (e usando il vincolo che l'accelerazione abbia lo stesso valore per entrambi i bloccni) otteniamo N - m2g =Oe p = m 2ax
Sostituendo questo valore di P nell'equazione precedente, otteniamo F -
,,/
Aé__ _
m211\
m1o. l
Esempio 2
che ci permette di risolvere rispetto ad ax :
Un blocco scende strisciando lungo un piano inclinato così liscio che l'attrito è trascu' rabile. Si calcolino l'accelerazione del blocco e la forza normale esercitata dal piano
a, = F/(ml + m,)
inclinato. Il diagramma di corpo libero del blocco è presentato nella figura a lato. È impor· tante notare che la forza normale N è perpendicolare al piano inclinato. Orientando il semiasse x positivo come l'accelerazione e cioè secondo la direzio· ne del piano inclinato, nel verso discendente, otteniamo quanto segue:
(Avremmo potuto ottenere questo risultato anche considerando i due blocchi come un unico blocco di massa mi + m 2 su cui agisce soltanto la forza F nella direzione x.) Sostituendo i valori numerici, troviamo
ax = 0,67 rn/s 2
F-FGl
143
144
8. FORZE 8. FORZE
Per trovare la forza P che il bl09cO l esercita sul blocco 2, sostituiamo semplicemente il valore di ax nell'equazione per P,
P = m 2ax
=
(2,0 kg)(0,67 m/s2)
=
1,33 N
A vendo due corpi, costruiamo un diagramma di corpo libero per ciascuno. Poiché le tensioni nelle funi sono sempre trazioni, la tensione T agente sulla scimmia è orientata secondo la verticale ascendente. La stessa tensione T si esercita secondo la verticale ascendente anche sulle banane.
L'orientamento di P è indicato nel diagramma di corpo libero. 'I
t
~t"'l ~ I, J!lflJ
Esempio 4 Se il meccanismo per trasmettere la spinta P dal blocco l al blocco 2 dell'esempio 3 è una molla di massa trascurabile, anziché il contatto diretto tra i due blocchi, qual è la compressione della molla? (Si supponga che la compressione sia costante e si usi la rigidezza k = 103 N/m.)
T - mjg
F-Fr-fl Concentriamo l'attenzione sulle forze e sul moto nella direzione x. Poiché la molla ha massa trascurabile, l'accelerazione dell'intero sistema è ancora ax = F/(m t + m 2 ), come nell'esempio 3. E, poiché si suppone che la distanza tra i blocchi sia costante, ogni blocco continua a essere soggetto alla stessa accelerazione. Le forze agenti sul blocco l, sulla molla e sul blocco 2 sono indicate nel diagramma di corpo libero:
,+" N1
',-~-"
mlg
',4 m,g
Applicando la legge di Newton
Pt
-
2: Fx =
max alla molla otteniamo
P2 = mmollaax
Ma, poiché si suppone che la massa della molla sia trascurabile, abbiamo che Pt = P 2• Quindi, la legge di Newton per ciascun blocco assume la stessa forma dell'esempio 3. In base all'esempio 3, troviamo che la forza agente sulla molla è
P'2
!Il2K
Denotiamo la massa, la posizione e l'accelerazione della scimmia con mj' Zj e al' misurate secondo la verticale ascendente, e la massa, la posizione e l'accelerazione delle banane con m 2, Z2 e a2, misurate secondo la verticale ascendente. Applicando la legge di Newton 2: FZj = mja j alla scimmia, otteniamo mja j
(a)
Inoltre, la lunghezza fissa della fune impone il vincolo che l'accelerazione verso il basso delle banane sia uguale in modulo all'accelerazione della scimmia verso l'alto, a2 -aj. Usando questo risultato per eliminare a 2 dalla seconda applicazione della legge di Newton, otteniamo
T -
m 2g
-m2 a l
(b)
Rimangono due equazioni (a) e (b) con due incognite. Sottraendo (b) da (a) per eliminare T, troviamo che - mlg + m 2g = mja l + m 2a l ; risolvendo rispetto all'accelerazione al' otteniamo al = (m2 -
m j 19/(m2
+
mj l
Poiché la massa delle banane è maggiore di quella delIa scimmia (m > mi)' la 2 scimmia accelera verso l'o8lto, mentre le banane accelerano verso il basso con un'accelerazione uguale in modulo a quella della scimmia. Introducendo i valori numerici, troviamo che a j = 1,4 m/s 2• L'accelerazione è notevolmente minore di g poiché il sistema scimmia-fune-banana si comporta come una catena lineare, in cui le trazioni ai due estremi si elidono parzialmente, mentre l'inerzia della scimmia si combina con quella delle banane. Se si sostituiscono la scimmia e le banane con semplici pesi, questa disposizione è detta macchina di Atwood. Se mi e m 2 sono quasi uguali, l'accelerazione può essere resa piuttosto piccola, permettendo di eseguire misurazioni precise per determinare g con una buona approssimazione.
m,F
=:::::
m'2 Q
\
= ----mI + m'2
La compressione della molla è
Esempio 6
Ixl =
P, k
=
F (mj + m,)k m2
Introducendo i valori numerici, troviamo che Ixl = 2/15 cm.
~
Esempio 5 Una scimmia di 3,0 kg si tiene sospesa a una fune leggera che passa nella gola di una carrucola priva di attrito ed è attaccata a un casco di banane di 4,0 kg. Qual è l'accelerazione della scimmia?
Un disco di massa m posto su un tavolo privo di attrito è attaccato a una massa M per mezzo di un filo leggero che passa attraverso un foro praticato nel tavolo. Quale deve essere la velocità del disco perché esso descriva un cerchio di raggio r mentre M rimane ferma?
145
146
8. FORZE 8. FORZE
Sappiamo che il moto circolare del disco deve essere mantenuto da una forza centripeta. In questo caso, questa forza è fornita dalla tensione nel filo (creata dal peso Mg). I diagrammi di corpo libero sono i seguenti:
vista laterale
Ll
T T
mg
~
z
_ a = v 2 /r IV
r.J
t!J Jg
Poiché si muove di moto circolare, il disco ha un'accelerazione a = !l/r. Ecco come la velocità del disco entra nel problema. Per M, scegliamo come semiasse z positivo la direzione verticale ascendente e, per il disco, scegliamo come direzione r positiva (l'orientamento opposto a quello dell'accelerazione centripeta) la direzione radiale verso l'esterno. Applicando la seconda legge di Newton 2: Fz = O alla massa M (che non è soggetta ad accelerazione), troviamo T - Mg = O
Nel caso del disco, poiché sia la tensione sia l'accelerazione agiscono verso l'interno,
2: Fr = ma, implica che -T = -m!l/r, e quindi T
mv 21r
Sostttuendo a T l'espressione trovata e risolvendo rispetto alla velocità, troviamo v = VMgrlm
Figura 8.6 L'esame al microscopio di una superficie altamente levigata rivela irregolarità.
forza di attrito è direttamente proporzionale alla forza normale esercitata dalla superflCie-'sufCcirpO;--come scoprL.\montOlis:-·----------·--- - . -- ....... __.. __
---I:elOrié d i attrito.ch.e.agisJ;;OJlll.1t.a"sup,e.ctkiin..(miç!~.J:.y~lllitQ..lÙl:a)..t,!;1!.g)llQ,. dette wrze. di attrito (radente o allo strisciamento) J1I;i.t.iJ;;o.. Supponiamo di avere un blocco in quiete ;;una superficie orizzontale. Per la seconda legge di Newton, la forza di attrito è nulla, come è illustrato nella figura 8.7a. Supponiamo ora di applicare al blocco una piccola forza misurabile F, come è indicato nella figura 8.7b: osserviamo che il blocco non si muove. Per la seconda legge di Newton, la forza di attrito statico è uguale in modulo e opposta in orientamento a F. Supponiamo ora di aumentare F: osserviamo che il blocco continua a non muoversi. Anche la forza di attrito statico aumenta, essendo sempre uguale in modulo a F, come è indicato nella figura 8.7c, Se aumentiamo ulteriormente F, vi sarà un valore definito di F in corrispondenza del quale il blocco comincia a strisciare, come è indicato nella figura 8.7d. ~12.I:.za mL~~w,!Lneces~~rl~~~!Y!~ ~?!2,i.~E.i!.....
-D
(a)
(b)
I,~
8.5 ATIRITO Nel 1699, lo scienziato francese Guillaume Amontons studiò le perdite causate dall'attrito nelle macchine. In base ai suoi studi, scopri la relazione empirica secondo cui ~z';'5!L~ttrit().È2.~t~_~Il.~.'§l!P'~~qp,erJmQ,.~uantità..di.r.ettaIll,~e.
[±F
(c)
I,.
proporzio~~~~~~Eerfi5~.§,!}J~
r1--:
F
f:5. IlN
dove ti sjJi"f.0!l/J;ci.9,1Ji,g,..P~::!JB.· In seguito, Coulomb osservò che.lL
I,~.~
§l?~n~~~~\g,
L'attrito è un esempio inevitabile di una forza di origine elettrica. Talvolta desideriamo di potercene liberare, per esempio per migliorare il rendimento delle macchine, tuttavia in sua assenza (una condizione approssimata sul ghiaccio o su un pavimento lucidato con la cera) non saremmo in grado di camminare. Anche se un corpo altamente levigato può apparire liscio, quando viene esaminato al microscopio esso appare molto scabroso, avendo innumerevoli irregolarità superficiali, come è illustrato nella figura 8.6. Quando due corpi vengono posti a contatto, i numerosi punti di contatto dovuti alle asperità (microscopiche) tendono a connettersi mutuamente o persino a saldarsi per effetto delle forze elettriche. Quando un corpo si muove su un altro, questi minuscoli punti di saldatura si spezzano e si riformano continuamente. Inoltre, per superare le asperità mutuamente connesse, il corpo in movimento deve sollevarsi oppure si deve produrre una deformazione o un'abrasione delle superfici a contatto. L'effetto totale di queste cause complesse è l~una fQrza parallela alla superficie, che si ogpone al moto del cgmQ. Poiché il numero dei punti di saldatura è direttamente proporzionale alla pressione esercitata dal corpo sulla superficie, la
Il
(d)
L~ _ _~
.. r
=
~sN inizia lo strisciamento
)
Figura 8,7 La forza di attrito statico cresce fino a un valore massimo 1',N.
massima di attrito stati
j;;~E.ò~ep~r il modulo della
L
attrito statico:_~~_~'.~.
ueste osservazioni possono essere riassunte mediante la forza di ~ito s!ati<:Q. <,
(8.7)
slave M è. il co~fficiente di atttito.(radente)é...tatico~ il quale dipende dalle due superfici a contatto,.e2l-è la forza 0lll:lUale .IZatlrita sta~ sewpte'iD~jr~raUflla a,l!a.superljçieesi oppone al motO.di u~nelsuosi~di,rifeJjmm1Q., I valori ~i Il, per varie sostanze sono elencati nella tabella 8.2. Dopo chejlJllgZ.2~~ç01!liAç,i.~t:ii. su di essg agisce l'.atm:{Q,(radente o allo strisciamento) ~iS;12~~. La forza di attrito dinamico è di solito
147
148
8. FORZE
Quando il blocco si muove con velocità costante, la forza elastica è equilibrata dall'attrito dinamico, ~ = J.!dN = J.!dmg. Poiché l'allungamento della molla è ora pari a soltanto 2/3 del precedente valore, la forza è pari a soltanto 2/3 del valore precedente e quindi abbiamo
Tabella 8.2 Coefficienti di attrito statico e di attrito dinamico. Sostanza
J.!d
J.!,
0,42
acciaio su acciaio
0,78
nichel su nichel
1,10
0,53
teflon su teflon
0,04
0,04
quercia su quercia (parallelamente alla venatura)
0,62
0,48
Ild =
quercia su quercia (perpendicolarmente alla venatura)
0,54
0,32
ghiaccio su ghiaccio
0,05
0,04
klxl mg
=
0,8
Esempio 8 Un blocco poggia su un piano inclinato, con angolo di inclinazione variabile a. L'angolo a, inizialmente nullo, viene aumentato e, quando assume il valore di 40', il blocco comincia a strisciare. Qual è il coefficiente di attrito statico? Nel diagramma di corpo libero per il blocco, l'attrito statico è orientato secondo il piano nel verso ascendente (poiché il blocco tende a strisciare verso il basso). Scegliendo il semiasse x positivo lungo il piano e il semiasse y positivo perpendicolare al piano, abbiamo quanto segue:
minore della forza di attrito statico (cioè, è più difficile che si formino punti di saldatura su un contatto mobile).lL1J!Q~\llo d~orza di att!i!9~J.:. ubbidisce approssimativamente alla relazione empirica
I: Fx
=
O implica mg sin
a - J; = O
I: Fy = O implica N - mg cos (8.8)
~~t!i12 o
~ il quale dipende dalle due superfici a contatto. Alcuni valori di J.!d sono elencati nella tabella 8.2.
~.fg,r..a-di attrito dina!BipQ~~~;!11J;,;;velQcit~ .
.;$.I.f,oJl!2,·
y::l
lr 5
Esempio 7 Una molla che reca un indice viene usata come dinamometro. Prima si tara la molla appendendo ad essa verticalmente una massa nota M = 1 kg, la qùale allunga la molla (sposta l'indice) di 5 cm. Poi si usa la molla per tirare orizzontalmente su un foglio di carta vetrata un blocco di legno di massa m = 0,5 kg. La molla si allunga di 3 cm prima che il blocco cominci a muoversi, ma soltanto di 2 cm quando esso si muove con velocità costante. Qual è la rigidezza k della molla, e quali sono i coefficienti di attrito J.!s e J.!d? La condizione di equilibrio per la taratura è klxl = Mg, dove Ixl è l'allungamento della molla, e quindi la rigidezza della molla 2
k = mg = (I kg)(9,8 m/s Ixl 0,05 m
)
= 196 ~ m
lO
15
N
Mg
'-~'" mg
Per il blocco sulla carta ·vetrata, le equazioni di equilibrio sono
mg,
N
= J.!,
=
J.!,mg. Perciò,
lJB = mg
O
tan 40' = 0,84
È importante notare che soltanto quando l'attrito statico massimo agisce su un corpo si può usare la relazione J; = J.!,N. Quando a è maggiore di 40', il blocco scende strisciando lungo il piano, con .z: Fx = mg sin a - J.!dmg cos a = ma, da cui risulta che l'accelerazione è
a = g(sin a - J.!d cos a) Questa equazione talvolta è valida anchr;ando a <40', ma in questo caso deve essere trattata con cautela. Per a piccolo (tan a < J.!d)' essa sembra prevedere un'accelerazione lungo il piano nel verso ascendente. Ciò descrive correttamente il caso in cui un blocco che inizialmente striscia verso il basso decelera fino ad arre~tarsi, ma a questo punto si deve passare alla condizione di equilibrio (a = O). È importante ricordare che l'attrito si oppone al moto: esso non è in grado di caus"are di per sé il moto lungo il piano nerverso ascendente. Nella situazione ordinaria J.!. > J.!d esiste anche un intervallo intermedio di angoli (J.!, > tan a > J.!d) in cui può essere soddisfatto l'equilibrio statico, ma a > O non appena il blocco viene posto in moto. In questo caso, l'equilibrio è soltanto metastabile: una spinta abbastanza intensa farà sì che il blocco cominci ad accelerare verso il basso.
kjxl = f
Quando il corpo comincia a strisciare (primo distacco),I'attrito statico diventa J; J.!, N
a= O
da cui vediamo che ~, =
(196 N/m)(O,03 m) = 1 2 (0,5 kg)(9,8 m/s 2) ,
~
e= O'
are tan Jld
are tan Jl,
90°
I
I..
equilibrio
-l-
I
equilibrio metastabile
L_
>r N
x
Quando J.! = 40', la forza di attrito statico è massima e possiamo sostituire J; = J.!.N. Ma, in base alla seconda equazione, la forza normale N = mg cos 40'. Sostituendo tutto ciò nella prima equazione, otteniamo
mg sin 40° - fJ.,mg cos 40°
$V
'1-
"I
strisciamento
8. FORZE
~ . ,\N'N
t:J2
f,
Lx
8.6 VIAGGIANDO IN AUTOMOBILE SU STRADE CON CURVE Esempio 9 Il moto di un'automobile lungo una curva è un esempio importante in cui intervengono molti dei princìpi esaminati in questo capitolo. Consideriamo un'automobile che percorre una curva circolare il cui centro si trova a una distanza R a destra. La forza che agisce sull'automobile deve fornire un'accelerazione centripeta di modulo Il/R, orientata verso destra.
Una scala a pioli di peso P e lunghezza l poggia contro una parete. In corrispondenza . di quale angolo e la scala comincia a strisciare? Se supponiamo che la scala sia uniforme, il peso è applicato al suo centro, come è indicato nel diagramma di corpo libero. La forza esercitata sulla scala dalla parete è normale alla parete, mentre la forza esercitata dal suolo ha sia un componente normale sia un componente parallelo al suolo per la presenza dell'attrito. Per la seconda legge di Newton l: Fx
=
O implica N, -
l. =
Se la curva non è sopraelevata, la forza centrifuga deve essere fornita interamente dall'attrito. La figura 8.8a rappresenta l'automobile, con la reazione F della strada e con la forza di gravità applicata (per semplicità) al centro di gravità. Nella figura 8.8b è presentata la relazione vettoriale che deve intercorrere tra F, la forza di gravità e la forza centripeta. La figura 8.8c presenta il diagramma di corpo libero, con F decomposta nel componente normale e nel componente di attrito.
O
l: Fy = O implica N2 - P = O
p =
+
sin
N
F
Per determinare I, dobbiamo anche stabilire l'equilibrio dei momenti delle forze. Prendendo i momenti delle forze rispetto al punto di contatto con il suolo e seguendo la convenzione che i momenti antiorari sono positivi, abbiamo che
mu 2/R
mgV?
e - N11 cos e = O mg
N=I"=L ,J, 2 tane Nel punto di primo distacco, l. = Ii,P e quindi tan
e=
e
• Certo, si possono ottenere altre equazioni ponendo ~ M iz = O rispetto a differenti punti. Ma ciò non fornisce condizioni indipendenti poiché, come abbiamo dimostrato.,itella sezione 6.6, quando ~ Fi = O e ~ Mi = O rispetto a un punto, ~ Mi = O rispetto a tutti i pubti. (In questo contesto il simbolo M denota il momento di forza e non la massa.)
(c)
La s~conda legge di Newton dà N - mg = O
f
=
·(8.9)
2 m1l
R L'intensità massima dell'attrito· è f . (slitta) se
(8.10) =
Ii,N = Ii,mg e quindi l'automobile esce di strada
v2
li> L'attrito è disordinato e le regole presentate prima sono idealizzazioni. Per fare un esempio delle complicazioni che si presentano in pratica, consideriamo il coefficiente di attrito per un blocco di rame su una lastra di rame. Il valore di li, fornito dai manuali è di circa 1,6. Ma, se preparassimo con grande accuratezza superfici lisce e puiite, lavorando nel vuoto per evitare l'ossidazione e per impedire che uno strato di aria, sia pure sottile, si interponga fra il blocco e la lastra, gli atomi situati sulla superficie «dimenticherebbero)) a quale corpo hanno appartenuto e si fonderebbero tra loro. In queste condizioni, il coefficiente di attrito sarebbe enorme! Il valore di I-l fornito nei manuali si riferisce a una superficie sporca, generalmente ossidata, quale si incontra nella pratica ordinaria. Inoltre, per dire tutta la verità, li generalmente non è indipendente dalla velocità e da N. Usando le equazioni (8.7) e (8.8) con valori costanti di li fomiti dai manuali si ottiene semplicemente e rapidamente una prima stima grossolana, che spesso è quanto è necessario nella pratica.
(b)
Figura 8.8 Le forze che agiscono su un veicolo che percorre una curva non sopraelevata. In (c), N e f sono forze risultanti non rappresentate nei loro punti di applicazione; le singole forze nonnali e di attrito applicate in ciascuno pneumatico verrànno.rappresentate'nella figura 8.10.
2fl.,
È importante notare che la forza esercitata dal suolo generalmente non ha la direzione della scala, ma deve passare per il punto di intersezione di N, e P per non avere un momento non nullo rispetto a quel punto. Se la parete è ruvida, la forza che esercita sulla scala comprende un componente parallelo di modulo 1". Ora sono presenti quattro forze incognite, N" N 2 , I, e 1,,, ma sussistono ancora soltanto tre equazioni indipendenti! Ciò significa semplicemente che la soluzione non è unica"; la scala può essere mantenuta in equilibrio per un dato angolo da molti possibili sistemi di forze.
a=u 2/R
mg
(a)
e quindi
$
~
fl.,g
(8.11)
A velocità elevata, una R piccola e una strada scivolosa (basso li,) sono pericolose. La reazione F necessaria per mantenere l'automobile in strada è .esattamente uguale a quella trovata prima (figura 8.8b), ma ~ra un maggiore componente di essa può essere fornito dalla forza normale. La figura 8.9 presenta il caso con sopraelevazione ottimale, in cui la superficie della strada è perpendicolare alla reazione·nec.essaria F e l'attrito non interviene affatto. In questo caso, la seconda legge di. Newton dà ,-"~
• In questo caso usiamo il fatto che l'attrito statico si applica nella direzione radiale quando l'automobile ha un componente nullo della velocità in questa direzione. Nella direzione del moto di rotolamento dell'automobile si applica una nuova categoria di attrito: l'attrito volvente. L'attrito (radente) dinamico non si applica poiché (come vedremo nella sezione 14.11) uno pneumatico rotolante è in quiete nel punto di contatto istantaneo con la strada. Altrimenti slitterebbe! L'attrito volvente funziona con un meccanismo alquanto diverso, che implica lo sfogliamento della superficie dello pneumatico e anche la defonnazione continua sia dello pneumatico sia della superficie della strada sottostante, con la conseguenza che lo pneumatico si solleva sempre da una lieve depressione che ha provocato. L'uso delle ruote è vantaggioso poiché l'attrito volvente è molto minore dell'ordinario attrito dinamico associato allo strisciamento.
151
152
8. FORZE
N = mg F
q)~ mg
2
(8.18)
2
--m
(8.19)
Le forze normali agenti sui due lati non sono uguali. Se l'equilibrio richiede una N 2 negativa, la strada non è in grado. di fo.rnirla e l'autombile si ribalta. Ciò avviene quando
(b)
'y:'>.ff!.
Figura 8.9 Veicolo che percorre una curva sopraelevata.
Nco.s6-mg
R (8.12)
O
mv 2 N sin 6 = R Risolvendo rispetto all'angolo di sopraelevazione ottimale, o.tteniamo.
(8.13)
v2 tan 6 = gR
(8.14)
e quindi la stabilità richiede che l sia grande e h sia picco.la. I veicoli so.no. generalmente Co.struiti in mo.do. da slittare prima di ribaltarsi su una curva no.n sopraelevata. Confrontando le equazio.ni (8.11) e (8.20), vediamo. che ciò richiede che
l
8.7
=
(8.15)
O
(8.16)
mv 2
fl+f2=R
(8.21) ........
MOTO IN UN MEZZO RESISTIVO
Nei Principia, Newto.n prese in considerazio.ne il moto. di corpi in mezzi resisti vi: per esempio., particelle di Po.lvere in caduta attraverso l'aria Q bilie in caduta attraverso l'acqua. In questi casi, la forza resistiva è la viscosità. È un'altra fo.rza di contatto, ed è estremamente complicato. determinarla nei particolari. Ma, 9,ua!J.dow !ID...f.g~Ji_~' muove a bassa velo.cità attwxçrso Ug fhdòQ ComI< MI.! gas P.!!9.J i9I1ido, la vjSC
_
Fy;s =
seconda legge di Newto.n o.ra dà
mg
(8.20)
2h
2h > !L,
Gli ingegneri costruiscono curve sopraelevate avendo presente una velocità media. I veicoli che affrontano. la curva a una velo.cità superio.re a quella per cui la strada è stata pro.gettata richiedo.no. un co.mpo.nente di attrito. per rimanere sulla strada, ma inferio.re a quello. che sarebbe richiesto da una strada no.n sopraelevata. In realtà, la strada agisce sull'auto.mo.bile no.n nel centro. di gravità, bensì nei punti di co.ntatto. co.n gli pneumatici, come è illustrato nella figura 8.10. Perciò, si devo.no. prendere in considerazione i momenti delle fo.rze, ed è in questo. contesto che si manifestano i vantaggi di un basso centro di gravità e di un'ampia carreggiata. La
-
2
mu h +--m
N = mg _ mu 2h
mg
(a)
N I + N2
2
I
-KT]v
Il segno menO indica che, gue~:ila è semPJ:~ ~&ta i.\ltla·iJ'9h;)!èi;t:&h_~J ~ GQstante di Il w pgrziAAalifà, k;,,Jjp.e.tI-de.dall,,,dir:gensÌAni,e dalla ["qua de.! kQm~ il..cQefficierue . di.yis~tàAhd~it!!.la1~'W#.;~${fe_w*mtil4et;il'li!td.Q:", -' K In generale, il calcolo di K è laborio.so, ma un secolo. fa Geo.rge Stokes SCo.prì il risultato. Dl~é:"uu.a..M:~j,k.ça~o.~I~.i.S~~
-1 ...
K = 6-rrR N,
N,
fl
! :.. ;-§.'lT.~~
l mg
Rgura 8.10 Momenti delle forze agenti su un veicolo che percorre una curva non sopraelevata. Conviene co.nsiderare i momenti delle fo.rze rispetto al centro di gravità. Essi devono so.ddisfare la relazio.ne
l
- N[ "2 =
(8.23)
Perciò, la forza viscosa che agisce su una sfera assume la fo.rma più semplice·
~I:.::....-.....j
l f..h + J;h + N2 "2
(8.22)
(8.24)
Dalla legge di Stokes, vediamo che K?: Ilw~g jp we.tQ, e quindi, per l'equazione (8.24), il coefficiente di ViSCo.Sitàal&;,esw:e~q'in;'~.i.\:,"P,l'ìi;iQà!,ll;ll}l~~J - . uest co. . te di . l caso. dei liquidi, decresce al "f/ crescere della temperatu~!l...ne cas . ~ .rJ!~ I coefficienti di visCo.sità di alcuni liquidi so.no elencati nella tabella 8.3. In una semplice esperienza dimo.strativa di laborato.rio. della fo.rza di resistenza visco.sa, viene lasciata cadere una bilia in un bicchiere di un liquido.· mo.lto visCo.so,
(8.17)
O
dove h è la quo.ta del centro. di gravità sopra la strada e l è la lunghe:z:z:a dell'asse. Questa co.ndizione vale, no.no.stante il mo.to. curvilineo. dè:H!automo.bile, Po.iché essa no.n ruota nel piano del disegno.. Risolvendo queste tre equazio.ni, tro.viamo
• Questa legge della forza è piuttosto precisa per le gocce di pioggia piccole e relativamente lente e per le gocce d'olio trattate in questo capitolo. Non è precisa per le palle da cannone e i paracadutisti acrobatici. La forza resistiva per tali corpi, alle loro velocità normali, è all'incirca direttamente proporzionale al prodotto dell'area della loro sezione trasversale per il quadrato della velocità.
r.o"V'o~
154
8. FORZE
8. FORZE
Tabella 8.3 Coefficienti di viscosità a 20°C (se non indicato altrimenti) 1]
Liquido
(10-3
N
s/m 2 )
Gas
acqua (O°C)
1,792
aria (O 0C)
1,71
acqua
1,005
aria
1,81
oiio di ricino
9,86
ammoniaca
0,97
idrogeno
0,93
833
glicerina
L'equazione (8.26) dice che la velocità limite è direttamente proporzionale al peso di un corpo. In altre parole, quanto più il corpo è pesante, tanto maggiore è la velocità con cui cade! Ma può essere vero? Il mondo è in realtà aristotelico? La risposta è.che in questo caso includiamo la resistenza dell'aria, che Aristotele ritenne sempre presente e che Galileo preferì trascurare. Ma ora abbiamo le leggi di Newton, che offrono il contesto in cui trattare il problema sistematicamente e valutare le circostanze in cui valgono i concetti di Aristotele e quelle in cui vale l'approssimazione di Galileo della dinamica completa. Nel caso di un c0!.l12-~,el,Qçjt~.i.!l un .mezzo viscQ~q,_n_!1-""n.~~~~ment~1!Ja v~~ la seconda legge di Newton impli-
1] (10- 5 N s/m2 )
dv
m= rng dI
come la glicerina. Si osserva che la bilia cade con velocità costante. Le forze che agiscono sulla· bilia sono la forza di gravità (peso), mg, orientato secondo la verticale discendente, e la forza viscosa, -6ltR1]v, orientata secondo la verticale ascendente. Se la bilia cade con velocità costante Vum' la sua accelerazione è nulla e quindi, per la seconda legge di Newton, (8.25)
mg - 6ltR1]Vum = ma = O
In altre parole, la forza viscosa è uguale al peso. Risolvendo rispetto alla velocità Vum' detta.l~{gcità.1imite, troviamo
--.!!!:L
(8.26)
l\im = 61tR1]
Esempio 10 Si trovi la velocità limite, in aria calma, di una gocciolina di pioggia avente un raggio di 40 flm. Secondo l'equazione (8.26), dobbiamo conoscere il coefficiente di viscosità 1], il raggio R e la massa della goccia di pioggia. Il coefficiente di viscosità 1] è quello del mezzo attraverso cui cade la goccia di pioggia, cioè quello dell'aria, non quello dell'acqua; come indicato nella tabella 8.3, il coefficiente di viscosità dell'aria è 1] = 1,8 . W-5 N slm2 • Il raggio R = 4 . 1O-5 m è assegnato. La massa è semplicemente il prodotto della massa volumica dell'acqua, mv = 103 kgIm 3, per il volume, che, per ipotesi, è quello di una sfera:
m = m
Y
=
m
4
Y3
ltR3g /(6ltR1])
61TR~lv
(8.27)
Si tratta di un'equazione differenziale. La risolveremo e vedremo come la velocità dipenda dal tempo. Ma prima vediamo che cosa possiamo apprendere da questa equazione differenziale senza risolyerla. Esaminiamo ciò che è descritto dall'equazione (8.27). Nell'istante in cui viene lasciato cadere, il corpo è in quiete, la qual cosa significa che v = O; perciò, anche la forza viscosa -6ltR1]v è transitoriamente nulla. Di consequenza, in quell'istante m dvldt = mg. In altre parole, il corpo comincia a muoversi con accelerazione dvldt = g, esattamente come aveva detto Galileo. Poiché la sfera accelera, la velocità e la forza viscosa aumentano; di conseguenza, il secondo membro dell'equazione (8.27), mg - 6ltR1]u, diventa minore di mg, e l'accelerazione decresce. Al crescere della velocità (naturalmente, la velocità cresce ancora più lentamente con il trascorrere del tempo poiché l'accelerazione va decrescendo) il secondo membro tende a ze~o. Se esso fosse nullo, la forza di gravità e la forza viscosa si farebbero equilibrio, e quindi il corpo avrebbe accelerazione nulla e cadrebbe con la velocità limite. Il corpo è inizialmente galileiano e a un certo punto diventa aristotelico. Un problema di importanza fondamentale è il seguente: ;quanto tempo impiega il corpo per subire questo cambiamento? Se impiega ore per raggiungere la velocità limite, possiamo dimenticare Aristotele: possiamo trascurare gli effetti della viscosità. Se invece impiega soltanto una frazione di secondo, il corpo cade per la maggior parte del tempo alla velocità limite. Possiamo determinare se la velocità v tende alla velocità limite lentamente oppure rapidamente eseguendo un'analisi dimensionale dell'equazione differenziale (8.27), cioè esaminando le unità che compaiono in ciascun membro dell'equazione. Dividendo l'equazione (8.27) per la massa m, otteniamo
dv 6ltR1] -=g---v di m Poiché a ciascun termine devono essere associate le stesse dimensioni, lunghezza! temp02, il fattore che moltiplica v nel secondo membro deve avere come dimensioni lftempo, e quindi il suo reciproco deve avere le dimensioni di un tempo. Denotiamo
-±.3 ltR3
~u~estO:CiProco co~ lo' Perciò, per definizione,
Sostituendo, otteniamo
Vum
,
ca~
=
92
.
lt.= - - -
mygR2/1]
Introducendo i valori numerici, troviamo v = 0,2 mls. È importante notare che questo risultato dipende fortemente dal raggio; le goccioline minute che sono presenti in una nebbia cadono con una velocità molto piccola, mentre II: gocce grandi cadono molto più rapidamente. Però, nel caso delle gocce di pioggia aventi un raggio maggiore di 40 flm, la legge di Stokes non è precisa poiché interviene la turbolenza (qui non presa in considerazione). Inoltre, le gocce di raggio > 500 flm assumono una forma non-sferica nel cadere. Perciò, nel caso delle gocce grandi, la relazione particolareggiata tra Vum e R differisce da quella presentata qui.
l~
6ltRti . , d'I un tempo. L" equazIOne d'ff e to h a Ie d'·ImenSlOnI I erenzl'ale d'Iventa ora
(8.28)
dv v -=g-di lo Quale «tempo» è rappresentato fisicamente da to? Per scoprirlo, facciamo tendere l\im' e dvldl tende a zero, e quindi, passando al limite, otteniamo 1-00 nell'equazione differenziale. La velocità tende alla velocità limite
O = g - l\im, ossia to
l\im = gto
155
156
'l
8. FORZE
bo
n altre parole, to è l'intervallo di tempo cbç ill;OmaJP;U.lisgberebbe ~~S~ la velocità limite '4;.. sI' l'acce!er~onj: foss$) §1lmP~.!!..!l..\!ml'!.QJ6'.è.d.~H!?,,_ ~po carattet.is!j~ Risolveremo ora l'equazione differenziale e vedremo che il . valore di to dice se la velocità v tende alla velocità limite Vum rapidamente Oppure lentamente, secondo che to sia piccolo oppure grande, rispettivamente. L'equazione differenziale (8.27) può apparire più complicata di tutte quelle che abbiamo visto finora, ma in realtà è un'equazione familiare sotto mentite spoglie. Poiché g= u,im/lo, possiamo riscrivere l'equazione differenziale nella forma seguente:
G
lO
Poniamo ora w = v - Vum' la differenza tra la velocità effettiva vela velocità limite U,im' Quindi, dwldt = dvldt poichè Vum è costante; perciò, w soddisfa l'equazione differenziale più semplice dw
-
dt
e"-I=LU eXdx
Se u è piccolo, l'integrando è èirca I e quindi e" - I "" u, ossia I-e"",-u
Assumendo u = -tlto, otteniamo v(t)
IJv :~ v-~
I dI
8. FORZE
= v'im(l -
C
IlIO
)
= U,imt/to = gt
se tIlo è piccolo. In altre parole, il corpo si muove sostanzialmente di moto di caduta libera finché la sua velocità non diventa tanto grande quanto basta per rende apprezzabile la resistenza dell'aria. La curva seguente è il diagramma di v(t) e la retta tratteggiata indica i comportamenti limite.
= --w
u(t)
lo
velocità di caduta libera gl ...... /
È l'equazione differenziale per la funzione esponenziale che abbiamo visto precedentemente nel capitolo 3 (equazione 3.9). La sua soluzione è
glo
= 'tm
/
velocità limite
-----,,+------
// w(t)
=
/
w(q)e- tllo
/
~
lO
dove w(O) = v(O) - vlim ' Ma v(O) - vlim' vediamo che
=
O e quindi
w(O) = -VUm '
Sostituendo w(t) con v(t) Quanto a v(to), sostituendo t = t o nell'equazione (8.29) troviamo che
~«r7 ,., ,. iij.":.,,,;:;::tìfoj . ....
v(to) = U,im(l - c')
e quindi la soluzione è
Valutando l'esponenziale, troviamo che v(to) = 0,63 U,im' Abbiamo così un'altra interpretazione quantitativa del tempo lo: è l'intervallo di tempo che il corpo impiega per raggiungere il 63% della sua velocità limite.
',~
".~'.:
;,~.--~m
'(8.29)
Il tempo caratteristico to compare nel denominatore del termine esponenziale e quindi determina la rapidità con cui questo esponenziale tende a zero. Se lo è piccolo, l'esponenziale decresce molto rapidamente e v tende rapidamente alla velocità limite lìim' Se to è grande, l'esponenziale decresce più lentamente e v impiega un màggiore intervallo di tempo per raggiungere U,im' Siamo ora in grado di prevedere sistematicamente quali moti saranno galileiani e quali aristotelici. Secondo l'equazione (8.28), una sfera pesante (m grande) che cade nell'aria (" molto piccolo) impiega un intervallo di tempo molto lungo per raggiungere la velocità limite: tende a comportarsi nel modo descritto da Galileo, salvo che non percorra un grande spazio di caduta. D'altra parte, una bilia (supponiamo con m = 0,01 kg, R = 0,01 m) che cade nella glicerina (" = 0,8 N s/m 2 ) impiega un intervallo di tempo to = 0,06 s per raggiungere la velocità limite; in altre parole, si muove con una velocità prossima a quella limite per quasi tutto il tempo durante il quale viene osservata.
Esempio 11 Se vIim = gto e v(t) = U,im(l - C IIIO ), si verifichi che v(t) ha i comportamenti limite fisicamente previsti: (a) v(t)--"U,im per 1--"00 e (b) v(t) '" gl se tlto è piccolo. Si trovi v(to)'
(a) Per t--..oo, il termine esponenziale tende a zero e v(t)--"Vum come previsto. (b) Per trovare un'approssimazione lineare di I - C" IO , usiamo il secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale .
8.8
L'ESPERIENZA DELLA GOCCIA D'OLIO DI MILLlKAN
Per concludere questo capitolo, riuniremo tutti i suoi molteplici fili (forze fondamentali, loro intensità esatta, forze di contatto, applicazione delle leggi del moto di Newton) descrivendo una delle più famose esperienze della fisica moderna. La forza elettrica fondamentale che è esercitata su una carica q, da una seconda carica q2' F = k q,q2 ~ e --;'2 r
(8.2)
può essere decomposta nel prodotto di q, per un campo elettrico (keq/r2)è dovuto alla seconda carica. La forza elettrica risultante agente su q, è analogamente il prodotto di q, per il campo elettrico risultante dovuto alla somma degli effetti di tutte le altre cariche. Poiché la forza ha questa forma, lo studio del moto di una particella carica in un campo elettrico permette di determinare la sua carica. -L'elettrone fu scoperto da J. J. Thomson nel 1896. Tuttavia, per la difficoltà di osser~are con grande precisione il moto di un singolo elettrone, trascorse un certo tempo prima che ne venisse determinata la carica. Invece di osservare un singolo elettrone, un metodo più facilmente realizzabile fu quello di studiare il moto di goccioline recanti soltanto un piccolo eccesso di éariche elettriche. Nel 1906, Robert A. Millikan, allora assistente neIl'University of Chicago, ideò un'esperienza ingegnosa che permise per la prima volta di misurare la cariéa di una singola gocciolina. Per mezzo dell'esperienza di
157
8. FORZE
158
8. FORZE
MiIlikan fu possibile verificare che l'elettricità nei gas e nelle soluzioni chimiche è costituita da unità discrete di carica elettrica e di determinare questa unità. L'apparecchiatura originale di Millikan è presentata nella figura 8.11. Millikan usò l'olio per la stessa ragione per cui l'umanità impiegò tre secoli per migliorare gli oli usati per lubrificare gli orologi: le goccioline d'olio evaporano difficilmente e quindi la forza viscosa non varia nel corso di un'esperienza. Spruzzate da un nebulizzatore, le goccioline acquistano una carica elettrica q per attrito (come abbiamo visto, l'attrito è dovuto a forze elettriche tra gli atomi) nell'attraversare l'effusore del nebulizzatore. Poi le goccioline cariche cadono attraverso un foro praticato in quella superiore di due lamine metalliche, collegate da Millikan a una batteria di IO 000 V.
estremamente piccolo, le goccioline appaiono come stelle contro uno sfondo nero. Aumentando la differenza di potenziale tra le lamine, MiIlikan poteva fare salire le goccioline: le goccioline che portavano una carica maggiore salivano più velocemente. Invertendo la differenza di potenziale, poteva farle cadere più velocemente. Inoltre, poteva variare la carica di una gocciolina immettendo una corrente di ioni nella camera. Il fascino esercitato su Millikan dal moto acrobatico delle goccioline alleviò le lunghe ore solitarie trascorse in laboratorio a scrutare attraverso l'oculare e a registrare centinaia di misurazioni.
E = mg q -
(8.30)
Si potrebbe pensare che Millikan fosse in grado di determinare la carica q direttamente dall'equazione (8.30). Ma nell'equazione (8.30) compare anche la massa della gocciolina, e, sebbene Millikan conoscesse la relazione
m
Figura 8.11 Apparecchiatura originale usata da Robert A. Millikan per misurare la carica dell'elettrone.
Mentre si trovano tra le lamine, le goccioline sono soggette a una forza elettrica, oltre che alla forza di gravità, come è illustrato nella figura 8.12. L'intensità del campo elettrico E è orientata verso il basso, ma, a causa della carica negativa delle goccioline (e degli elettroni), la forza qE è orientata verso l'alto. Mediante un cannocchiale collocato a circa 60 cm dalla camera, Millikan poteva osservare singole goccioline illuminate da luce fatta passare attraverso un recipiente d'acqua per non riscaldare l'aria contenuta nella camera. A causa del loro raggio
=.i. 3
(8.31)
dv
In
di
= qE - mg - 67TR1]v
(8.32)
In questo caso, la forza elettrica spinge verso l'alto le goccioline cariche negativamente, mentre la forza viscosa agisce verso il basso (con orientamento opposto a quello di v), con lo stesso orientamento della forza di gravità. Ponendo dv/dt = O nell'equazione (8.32), troviamo che la velocità limite è
qE - mg 67TR1]
(8.33)
II tempo caratteristico per raggiungere questa velocità limite risulta essere uguale a quello che si osserva in assenza di campo elettrico ed è dato dall'e.quazione (8.28):
....::.:".... .... ..
lo
goccia d'olio L.]~ E'
v
e la passa'yp,I)J,Wic,:.m", il raggio R varia da goccia a goccia. Se una goccia è tanto piccola quanto basta per essere in equilibrio sotto l'azione di un campo non eccessivamente grande, il raggio è troppo piccolo per poter essere misurato direttamente con metodi luminosi. Perciò, Millikan doveva determinare il raggio mediante una seconda misurazione sulla stessa gocciolina, usando la velocità di caduta quando veniva ridotta l'intensità del campo elettrico. O, più generalmente, poiché il perfetto equilibrio dell'equazione (8.30) era difficile da ottenere, misurò la velocità di salita e caduta di una data gocciolina in corrispondenza di due diverse differenze di potenziale. Che cosa fece esattamente Millikan per misurare la carica dell'elettrone? In primo luogo, studiò il moto di una gocciolina in moto verso l'alto tra le lamine della figura 8.12. Per la seconda legge di Newton, questo moto può essere descritto mediante l'equazione
v,
nebulizzatore
1tR3 m
c=:J:=1:l
~cannocchiale
=
m
(8.28)
67TR1]
Si trova che una gocciolina tipica di raggio tale che qE e mg si facciano quasi equilibrio raggiunge la velocità limite molto rapidamente e che là velocità limite è piuttosto piccola. Usando un cronometro per misurare ìI tempo di transito di una gocciolina in moto tra segni di riferimento incisi sul cannocchiale, Mìllikan riusci a misurare la velocità limitè. Riscritta l'èquazione·(8.33) nella'forma qE -
.i.1tR3m .,g
3 v,=-----Figura 8.12 Rappresentazione schematica dell'apparecchiatura usata da Millikan per l'esperienza della goccia d'olio.
61tRTJ
(8.34)
159
160
8. FORZE
8. FORZE
usando l'equazione (8.31) per porre in relazione la massa della gocciolina con il suo raggio, rimanevano incognite q e R. Una seconda misurazione fu ottenuta eliminando il campo elettrico e osservando. la caduta libera della stessa gocciolina. Quando la gocciolina cade semplicemente sotto l'azione della forza di gravità, la velocità limite è data dall'equazione (8.26),
V2 =
-.!!!L
(8.26)
6'!rR'T]
che possiamo riscrivere nella forma 2R2m~ vz=~
(8.35)
con l'aiuto dell'equazione (8.31). In effetti, questa seconda misurazione viene usata per trovare il raggio della gocciolina, R. Usando l'equazione (8.35), possiamo eliminare R nell'equazione (8.34), e con qualche passaggio algebrico, risolvere rispetto a q. Il risultato è q =
181t113/z
EV 2gm vyz (VI v
(8.36)
+ vz)
Misurando VI e v2' Millikan determinò la carica di una gocciolina. Per essere esatti, Millikan usò in realtà mv- ml':a anziché mvdove ml':a è la massa volumica dell'aria. La ragione di ciò è il fatto che l'aria esercita una spint~ aggiuntiva verso l'alto su una gocciolina, spinta che è uguale al peso dell'aria spostata dalla gocciolina (principio di Archimede). Il peso dell'aria spostata è semplicemente il prodotto della massa volumica dell'aria per il volume della gocciolina. Tenere conto di questa forza equivale a dire che il peso della gocciolina si riduce a mg - mag = (m ma) g, dove ma è la massa dell'aria spostata: ma = n;R3 mv,a. Poiché la massa volumica dell'aria è pari a circa 1/1 000 di quella dell'olio, la correzione è a malapena necessaria. Se si tiene conto di questa correzione, l'equazione (8.36) diventa
1
I 81t1]3/Z
q= T:"..1"'~1mv-mv,a)
Vi'2 (VI
+
V ) 2
8.9 CONCLUSIONI
Quando eseguì le sue esperienze, solo nel suo laboratorio, come ogni scienziato, Millikan registrò le sue osservazioni in un taccuino. In seguito raccolse i suoi risultati, scrisse un articolo scientifico e lo pubblicò perché tutto il mondo potesse leggerlo. Ma il taccuino, contenente i dati grezzi delle sue esperienze, era riservato soltanto a lui. Una pagina del taccuino di Millikan è presentata nella figura 8.13. Prima di criticare ciò che vediamo, ricordiamo ciò che Millikan stava facendo: stava misurando, per la prima volta nella storia, una delle costanti fondamentali della natura. Il suo compito era quello di eseguire le sue misurazioni nel modo più accurato e oggettivo possibile e di pubblicare poi i risultati perché gli altri scienziati potessero giudicare la correttezza del suo procedimento. La pagina presentata nella figura 8.13 è datata 15 marzo 1912. Millikan registra la temperatura e la pressione barometrica, poi comincia a registrare i dati: gli intervalli di tempo impiegati da una gocciolina per muoversi tra segni di riferimento in presenza della sola forza di gravità (G) e in presenza del campo elettrico (F, fie/d). Poi calcola le velocità, usa i logaritmi per moltiplicarle tra loro (non disponeva di una calcolatrice), e infine ottiene il risultato. In una pagina, Millikan scrive: «Uno dei migliori di tutti ... quasi esattamente giusto» Di che si tratta? Come può essere giusto se si suppone che Millikan stia misurando qualcosa che non conosce? In un'altra pagina, MilIikan scrive: «Magnifico. Da pubblicare!» Ci si potrebbe aspettare che egli pubblichi tutto! In un'altra pagina ancora, le solite cose, poi: «il 4 % troppo basso - c'è qualcosa di sbagliato». Non bastava dire «il 4 % troppo basso»; Millikan doveva pubblicarlo comunque, come avrebbe fatto ogni buon scienziato. Poi qualcosa di rivelatore: «... distanza sbagliata». Ha trovato una scusa per non pubblicarlo. Altre pagine ... «Magnifico, uno dei migliori», e così via per pagine e pagine. Dunque, non dovremmo trarre la conclusione che Millikan era un cattivo scienziato? Non lo era. Era un grande scienziato, uno dei migliori. Ciò che invece vediamo è come si costruisce la scienza reale nel mondo reale. Ciò che Millikan stava facendo non era un imbroglio. Stava applicando il giudizio scientifico. Aveva un'idea piuttosto chiara di quello che doveva essere il risultato: gli scienziati l'hanno quasi sempre quando si accingono a misurare qualcosa. Perciò, quando otteneva un risultato che non gli piaceva, non si limitava a ignorarlo: quello sarebbe stato un imbroglio. Invece,
(8.36)
Per ottenere risultati precisi si rese necessaria una correzione della legge di Stokes, correzione che non esamineremo qui. Attraverso centinaia di misurazioni delicate, compiute pazientemente, Millikan scoprì che la carica portata da una gocciolina era sempre un multiplo intero (I, 2, 3, ecc.) della più piccola carica che aveva trovato. Questo risultato confermava che le cariche elettriche sono sempre multipli interi di una carica fondamentale, la carica dell'elettrone. Rivalutando il coefficiente di viscosità dell'aria e riducendo gli errori causati dalla temperatura e dalle correnti d'aria, Mil1ikan riusci a determinare la carica e dell'elettrone con un errore dello 0,1 %. Il. valore che pubblicò nel 1913 era e = -(1,603 ± 0,002) . 10- 19 C (coulomb); questo valore, che fu usato da una generazione di fisici, cade entro l'errore sperimentale del valore più recente. Per questa importante impresa, Millikan ricevette il premio Nobel nel 1923. La ricerca dei costituenti fondamentali della materia è ancora in corso. Oggi alcuni fisici stanno cercando particelle con carica frazionaria dette quark. Secondo una classificazione delle particelle elementari basata sulla simmetria, i quark sono le unità costitutive delle particelle esistenti nei nuclei e portano cariche di e e -~ e. Alcuni di questi cacciatori di quark usano varianti dell'esperienza storica di Millikan.
+f
Figura 8.13 Pagina del taccuino su cui Robert A. Millikan registrò i risultati delle sue misurazioni. (Per cortesia degli Archives, California Institute or Technology.)
161
162
8. FORZE
8. FORZE esaminava le esperienze per capire che cosa ci fosse di sbagliato. Ora ciò sembra ragionevole, ma ottenere il risultato voluto in realtà è un potente pregiudizio, poiché si può essere certi che egli, quando otteneva un risultato che gli piaceva, non si . sforzava altrettanto intensamente di capire che cosa ci fosse di giusto. Le esperienze vanno eseguite in quel modo. Senza quel tipo di giudizio, i periodici scientifici sarebbero zeppi di errori. Che cosa, allora, ci protegge dal pericolo di essere fuorviati da qualcuno il cui «giudizio» conduce a un risultato sbagliato? Principalmente, è il fatto che prima o poi qualcun altro con un differente pregiudizio eseguirà un'altra misurazione. Vediamo che c'è una risposta reale: fa parte della natura. E, purché ciò sia vero, prima o poi la verità verrà fuori. Si è scritto molto sul metodo scientifico, specialmente che scegliere i risultati che piacciono è un peccato capitale. Non si deve credere a tutto ciò che si legge; la scienza è un'attività difficile e sottile, e non c'è un metodo capace di assicurare il successo.
Problemi
Intensità della forza gravitazionale e della forza elettrica 1. Usando i valori di G, di g e del raggio della Terra. si calcoli la massa della Terra. Usando il valore trovato per la massa della Terra, si determini la massa volumica della Terra supponendo che essa sia una sfera piena. La massa volumica media delle rocce sulla superficie della Terra è di circa 2,7 glcm 3; confrontando questo
valore con quello calcolato, quale conclusione si può trarre riguardo all'interno della Terra? 2. Si confronti la forza elettrica che si esercia tra il protone e l'elettrone in un atomo d'idrogeno con la forza gravitazionale che si esercita fra le stesse particelle (m p = 1,67 . 10-27 kg, me = 9,11 . 10-31 kg).
Forze di contatto
3. Un libro poggia su un tavolo, che poggia sul pavimento. (a) La forza normale che agisce sul libro è la reazione al suo peso? Si spieghi. (b) Si elenchino le forze verticali che agiscono sul tavolo. Qual è l'intensità della forza normale esercitata dal pavimento sul tavolo?
I~~-= _ ,', ~,: ~ :,~;J
4. Un blocco di 1,5 kg, che poggia su un tavolo privo di attrito, è attaccato a una molla la cui rigidezza è k = 0,5 N/m. Se la molla viene allungata di 3,0 cm e poi abbandonata a se stessa, qual è l'accelerazione del blocco nell'istante in cui viene abbandonato a se stesso?
'L
5. Un facchino tira una cassa di 20,0 kg, che poggia sul pavimento, con una forza di 80,0 N sotto un angolo di 37', ma la cassa non si muove. Qual è la forza normale esercitata dal pavimento sulla cassa?
x
10. All'interno di una stazione spaziale rotante, un recipiente appare poggiare sulla
superficie esterna, come è indicato nella figura.' Se la massa del recipiente è 5,0 kg e il raggio della parete esterna è 12,0 m, con quale velocità deve rotare la stazione spaziale affinché la forza normale agente s~l recipiente sia 49 N? 11. Una bilia è collocata in una ciotola semisferica di raggio R. Se la ciotola viene fatta rotare su se stessa attorno al suo asse verticale con velocità angolare costante 00, la bilia finisce per disporsi in una posizione situata a una distanza r dall'asse. Si trovi r in funzione di 00.
8
Attrito
12. Un carrello di 150 N è in quiete nel corridoio di un aeroplano di linea che vola orizzontalmente con velocità costante. Il coefficiente di attrito statico fra il carrello e il pavimento è 0,4, mentre il coefficiente di attrito cinetico è 0,2. La forza d'attrito che agisce sul carrello è (a) O N, (b) 60 N, (c) 30 N, (d) 150 N? 13. Un furgone è caricato con casse il cui coefficiente di attrito statico con il pianale è 0,3. Se il furgone si muove a una velocità di 50 km/h, qual è il minimo spazio entro cui il furgone può arrestarsi senza che le casse striscino sul pianale?
14. Una forza orizzontale di 20 N è applicata a un libro di I kg che poggia contro una parete. Il libro è sul punto di strisciare. Si determini il coefficiente di attrito statico fra il libro e la parete.
15. Un disco da hockey percorre strisciando 20,0 m su uno stagno gelato in 8,0 s prima di arrestarsi. Si trovi il coefficiente di attrito cinetico fra il ghiaccio e il disco. 16. Un blocco di ghiaccio di 2,0 kg scende strisciando lungo un piano inclinato di 53'. Se il coefficiente di attrito fra il ghiaccio e il piano è O, I, si calcoli l'accelerazione del blocco. 17. Un bambino si muove in un rotore in un parco dei divertimenti. Il rotore è costituito da un cilindro cavo di raggio R che ruota attorno a un asse verticale con velocità angolare 00. Mentre il bambino si trova contro la parete in rotazione del rotore, il pavimento si abbassa, ma il bambino rimane «attaccato» alla parete. (a) Si disegni un diagramma di corpo libero per il bambino «attaccato» alla parete. (b) Per un dato coefficiente di attrito statico tra il bambino e la parete, si determini la velocità angolare minima 00 che mantiene il bambino «attaccato» alla parete. Si esprima l'accelerazione centripeta per questa 00 in funzione di g.
2 0N
0/
~
6. Si risolva l'esempio 3 di questo capitolo nel caso in cui F è applicata al blocco più grande dall'altro lato. Si spieghi perché in questo caso la forza che un blocco esercita sull'altro è diversa.
f mg
.4--
Applicazioni delle leggi di Newton
9. I blocchi A e B, le cui masse sono rispettivamente 3,0 kg e 5,0 kg, sono collegati mediante un filo che passa nella gola di una carrucola priva di attrito come è indicato nel disegno. Anche la superficie orizzontale su cui poggia A è priva di attrito. Si trovino (a) l'accelerazione del sistema, (b) la tensione nel filo.
=-
7. Tre blocchi identici, di massa m = 2,0 kg, vengono tirati su una superficie orizzontale priva di attrito con una forza F = 18 N. Si trovino (a) l'accelerazione dei blocchi, (b) la tensione in ciascun filo. 8. Una lampada pende verticalmente da un cordone in un ascensore che accelera verso l'alto con un'accelerazione di 2,5 m/s 2• Se la tensione nel cordone è 35 N, qual è la massa della lampada?
. . . A01I 18. Due blocchi sono collegati mediante un filo che passa nella gola di una carrucola di massa e di attrito trascurabili, come è indicato nella figura. La massa di A è
~q
163
164
8. FORZE
8,0 kg e il coefficiente di attrito cinetico è 0,20. Se il blocco A scende strisciando lungo il piano inclinato con velocità costante, qual è la massa di B? 19. Una scala di peso trascurabile angolo e. La parete è priva di statico Il,. Un uomo di peso P spondenza di quale valore di d
fd
C9
e lunghezza l poggia contro una parete sotto un attrito, ma il suolo ha un coefficiente di attrito sale la scala percorrendo uno spazio d. In corrila scala comincia a strisciare?
20. Un insetto cammina in direzione radiale verso l'esterno su un disco grammofonico che ruota con una velocità angolare ro = 45 giri/min. Se il coefficiente.di attrito statico tra l'Insetto e il disco è 0,08, quanto cammino può percorrere l'insetto prima di cominciare a strisciare?
CAPITOLO 9
Moto in un mezzo resistivo
FORZE NEI SISTEMI DI RI FERIMENTO ACCELERATI
21. Se un sasso viene lanciato nell'aria lungo la verticale ascendente, esso impiega più tempo per raggiungere il più alto punto della sua traiettoria o per scendere al suolo? Si spieghi. 22. Si verifichi, per derivazione, che v(t) = gto(1 - e-VIO ), dove to è specificato dall'equazione (8.28), è una soluzione dell'equazione (8.27). Usando questa soluzione per v(t) = dxldt, si trovi x(t). Qual è x(to)?
L'esperienza della goccia d'olio di Millikan 23. Si dimostri che v(t) = to(qElm - g) (1 - e-IIIO) è una soluzione dell'equazione (8.32), dove to è specificato nell'equazione (8.28). Si dimostri che ciò è compatibile con la velocità limite specificata nell'equazione (8.33).
24. Si stimino to e v2 nell'esperienza di Millikan. La massa volumica dell'olio è mv "" 0,85 glcm 3 e una goccia tipica ha un raggio R "" 10-6 m.
TI
~~
T
25. In una ricerca dei quark, viene usata la moderna tecnica di stampa a getto d'inchiostro per ottenere goccioline d'olio altamente uniformi di massa 10-7 g. Partendo dalla quiete, queste goccioline cadono da un'alta torre nel vuoto. Lungo uno spazio verticale d vicino alla sommità della torre le goccioline sono sottoposte a una forza elettrica trasversale NeE, dove E è l'intensità del campo elettrico, e è la carica dell'elettrone e N è il numero totale di cariche elettroniche sulla gocciolina. Successivamente, le goccioline percorrono lo spazio D sotto l'influenza della sola forza di gravità Si vuole verificare se N è sempre un numero intero. Si trovi un'espressione per lo spostamento trasversale x(N) della gocciolina quando questa raggiunge la base della torre, per effetto della forza elettrica (si può assumere D »d). Per esprimere un giudizio preliminare sul fatto che la misurazione sia sensibile alla carica di un quark, si calcoli lo spostamento diffex(N) per d = 2 m, D = 20 m, eE = 1,6 . 10-9 dyn renziale ÀX = x(N + 3 (corrispondente a E = 10 VIcm) e si confronti tale spostamento differenziale con il raggio della gocciolina (calcolato usando mv = 0,85 glcm3 per l'olio); Come si potrebbe aumentare la sensibilità della misurazione?
1 D
+) -
.....x
Fin dall'inizio mi sembrava intuitivamente chiaro che, a giudicare dal punto di vista di un osservatore siffatto [in moto rispetto alla Terra]. tutto si sarebbe svolto secondo le stesse leggi valide per un osservatore che fosse in quiete rispetto alla Terra. Albert Einstein, Note autobiografiche (1949)
9.1
SISTEMI DI RIFERIMENTO INERZIALI E SISTEMI DI RIFERIMENTO NON-INERZIALI
Abbiamo già introdotto, nel capitolo 4, i concetti di Galileo sul moto relativo. Abbiamo definito i sistemi di riferimento inerziali, e cioè i sistemi di riferimento in cui vale il principio d'inerzia, e abbiamo rilevato che in qualsiasi sistema interziale un osservatore deduce le stesse leggi del moto e non è in grado di determinare se sia in quiete o in moto in senso assoluto. Galileo riusci a fornire impressionanti esempi di questi concetti, come quello di un sasso lasciato cadere dall'albero di una nave in moto, e a dedurre un'applicazione di importanza vitale: la Terra non deve essere considerata necessariamente il centro immobile attorno a cui ruota il cielo. Però, Galileo non aveva un chiaro sistema di riferimento dinamico all'interno del quale potesse dedurre i suoi concetti. E rimaneva oscuro come trattare esattamente il moto in un sistema di riferimento in rotazione, o invero in qualsiasi sistema di riferimento non-inen;iale, cioè accelerato rispetto a un sistema di riferimento inerziale. Soltanto dopo che fu scoperta la seconda legge di Newton i concetti di Galileo poterono essere dedotti in modo chiaro. Inoltre, le leggi di Newton potevano essere usate nei sistemi di riferimento accelerati, oltre che in quelli inerziali. Ciò permise a Newton di integrare la sua descrizione del moto circolare, osservato in un sistema di riferimento inerziale (in cui, come abbiamo visto, una certa forza fisica deve fornire un'accelerazione centripeta), con una trattazione del moto circolare osservato da un osservatore in moto insieme al corpo in rotazione. Questa trattazione elimina l'apparente discrepanza dell'assenza di qualsiasi forza orientata verso l'esterno nella descrizione che abbiamo offerto del moto circolare nei sistemi di riferimento inerziali e l'innegabile sensazione di una forza orientata verso l'esterno che prova chiunque si trovi in una giostra o in un veicolo in rotazione.
_p
U·"
_.~{
d4'-o-,!-,\ 1B:"t..'
165
166
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
9.2
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
RELATIVITÀ GALILEIANA
r
Nell'ambito delle leggi del moto di Newton, le cose che non cambiano formano importanti punti di riferimento. Nei due capitoli seguenti chiariremo le grandezze dette energia e quantità di moto, che rimangono costanti nel corso della maggior parte dei moti complessi; e in questo capitolo cominciamo con la forma delle equazioni stesse, che rimane invariata rispetto a certe trasformazioni del sistema di coordinate. Questo metodo di studio del comportamento delle leggi di Newton rispetto alle trasformazioni delle coordinate (e cioè ai cambiamenti del sistema di riferimento) è il metodo matematico per dimostrare le congetture di Galileo secondo cui differenti sistemi inerziali sono equivalenti e, nelle sezioni seguenti, per determinare il comportamento delle forze nei sistemi di riferimento non-inerziali. In breve, le tre leggi di Newton sono le seguenti: . (I) Un corpo su cui non agisce alcuna forza si muove con velocità (vettoriale) costan-
te. (2) F = ma
(3) F I2 = -F21
Riconoscendo che la prima legge è soltanto un caso particolare della seconda (come vedremo nel capitolo Il), vediamo che la dipendenza esplicita dalla cinematica entra nelia seconda legge attraverso l'accelerazione. 1\ Consideriamo le leggi di Newton in due differenti sistemi di riferimento denotati con S e S'. Supponiamo anzitutto che essi siano legati da una semplice traslazione dell'origine, come nella figura 9.1a, in modo che la posizione r di un corpo nel sistema ~ S sia legata alla posizione r' dello stesso corpo nel sistema S' dall'equazione
il:
li
r = r'
+
(9.1)
ro
=
r'
+ ro + VoI
(9.4)
In questo caso, le velocità misurate rispetto ai d,ue sistemi di riferimento differiranno, poiché dr dI
dr' dI + Vo
(9.5)
ma soltanto di una quantità costante, e quindi la prima legge di Newton, se è valida
i in un sistema di riferimento, è valida anche nell'altro. L'accelerazione sarà la stessa, i poiché
II, d-r
= d-r'
dt 1
dr:!.
I
,
(9.6)
I(Perciò, ancora una volta, i due sistemi di riferimento sono equivalenti ai fini della 'trattazione delle leggi del moto di Newton, benché la posizione e la velocità iniziali di un corpo siano diverse nei due sistemi di riferimento. Si descrive ciò dicendo che le leggi del moto sono invarianti rispetto alle trasformazioni (9.1) e (9.4). Questa invarianza delle leggi del moto è detta relatività galileiana. È importante notare che la relatività galileiana è incorporata delle forze fondamentali della gravitazione e dell'elettricità. Le equazioni (8.1) e (8.2) per la forza gravitazionale e la forza elettrica tra i corpi A e B dipendono non dalle posizioni assolute fA e r B, che sarebbero diverse in un sistema di riferimento traslato o in moto, bensì dalla distanza che li separa, IrA - rBI, la quale rimane invariata rispetto ai cambiamenti di coordinate come (9.1) o (9.4). Si può anche dimostrare che le leggi di Newton sono in varianti rispetto a una variazione dell'orientamento del sistema di riferimento S' rispetto a S (cioè, St S' viene rotato oltre che traslato rispetto a S). Anche ciò fa parte della relatività galileiana: le leggi del moto in un sistema di riferimento inclinato sono identiche a quelle in un sistema di riferimento orizzontale.
Se la traslazione dell'origine è indipendente dal tempo (fO è indipendente da t), le velocità e le accelerazioni sono le stesse in entrambi i sistemi di riferimento:
dr
dr'
di
di
(9.2)
-=-
(9.3)
d 2r d 2 r' d/ 2 = df2
'~ '~
S'
(a)
(b)
(c)
; Figura 9.1 Due sistemi di riferimento con (a) origine traslata, (h) :velocità relativa costante, (c) accelerazione relativa costante.
Perciò, i due sistemi di riferimento sono equivalenti ai fini della trattazione delle leggi del moto di Newton, sebbene la posizione precisa di un corpo sia diversa nei due riferimenti: le leggi del. moto sono le stesse a Londra e a Lipsia. Poi, supponiamo che S' si muova con velocità costante rispetto a S, come nella figura 9.lb, in modo che la posizione di un corpo in S sia legata alla sua posizione in S' dall'equazione
Esempio 1 Il centro di un carrello giocattolo contiene un foro in cui una palla poggia su una molla compressa. Quando vierie abbandonata a se stessa, la molla lancia la palla verso l'alto lungo la verticale rispetto al carrello. Se il carrello si muove con velocità orizzontale costante vxo sul piano di un tavolo, si determini il moto della palla quando la molla viene abbandonata a se stessa, osservato dal
(a) sistema di riferimento S' solidale con il carrello. (b) sistema di riferimento S solidale con il piano del tavolo.
00 Per la relatività galiteiana, per la palla valgono le stesse leggi del moto in entram- ' bi i sistemi di riferimento. Come abbiamo visto nel capitolo 4, il moto orizzontale è governato dal principio d'inerzia (poiché Fx = ay = O) e il moto verticale è governato dalla legge di caduta libera dei gravi (a y = -g). Però, la traiettoria non ha la stessa forma nei due sistemi di riferimento. Nel sistema di riferimento S', in cui il carrello è in quiete, il moto si svolge prima lungo la verticale ascendente e poi lungo la verticale discendente e la palla rientra nel foro, mentre nel sistema di riferimento S la traiettoria è parabolica poiché la palla condivide l'inerzia del carrello in moto.
167
168
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI t'
l'
(}jjf
Jf
(f)
---.
"-
/"
QtJ ~ Ir"
9. FORZE NEI SISTEMI 01 RIFERIMENTO ACCELERATi
r--'\
I I
I I
r-----, I
i I
-i I vxo l . . . . -.. L_--' _......
sistema di riferimento S'
Li,-)-----(-'""r
i i i !
sistema di riferimento S
Quanto all'equazione differenziale, le soluzioni differiscono poiché la condizione iniziale su Vx è diversa nel sistema di riferimento S. In ogni caso, la palla si trova sempre lungo la verticale passante per il foro e finisce per ritornare nel foro in entrambi i sistemi di riferimento. Analiticl!mente, nel sistema di riferimento S', in cui il carrello è in quiete, il moto puramente verticale è quello trovato nella sezione 3.8:
~ ~
~---_.-.--- v~i
sistema di riferimento solidale con la Terra
I
9.3
FORZE INERZIALI
;,'
y'
VyOI _~gI2
a = a"
x
x' +
y
y'
Vxol
x
V,ol
y =
Vyol -
+
ao
(9.7)
In base alla seconda legge di Newton, la forza a cui è soggetto il corpo nel sistema di riferimento S è
F
ma
(9.8)
e la forza F" a cui è soggetto nel sistema di riferimento S" deve soddisfare l'equazione F'I = ma'I
(9.9)
Dall'equazione (9.7) deduciamo che queste forze devono differire di mllo:
l
F" = F - mao
(9.10)
La forza aggiuntiva ~g12
Esempio 2
tt
che ha una componente in avanti «non-legale». Perciò, la regola deve riferirsi a uno specifico sistema di riferimento per evitare l'ambiguità. Non tutti gli arbitri del football americano sono consapevoli di questa sottigliezza. Nella partita di football americano Stanford-California del 1982, ebbe luogo un gioco con cinque passaggi laterali rimasto famoso. Gli arbitri che correvano insieme ai giocatori lo considerarono come lo videro, e cioè «legale}), benché le riprese di una telecamera fissa nelle (solidale con le) tribune indicasse che l'ultimo passaggio aveva una componente in avanti di 2 yd (iarde).
O
da cui possiamo ricavare la traiettoria parabolica eliminando t.
v
l + vyo j
x'
dove si è assunto che S' e S si sovrappongono all'istante I = O. Sostituendo le trasformazioni delle coordinate nelle espressioni ottenute precedentemente per x' e )I, troviamo
Vroi
Vo = v;
Studiamo ora i sistemi di riferimento non-inerziali. Quando un sistema di riferimento S" ha un'accelerazione ao rispetto a un sistema di riferimento inerziale S, come nella figura 9.1c, l'accelerazione a di un corpo rispetto a S differirà di ao dalla sua accelerazione a" rispetto a S",
La traiettoria parabolica nel sistema di riferimento S si può trovare direttamente con i metodi del capitolo 4, ma si può anche ottenere facilmente considerando le componenti orizzontali e verticali nell'equazione (9.4),
~u~j sistema di riferimento in moto insieme al giocatore
+
v = v'
'\
Benché le leggi della fisica siano identiche in tutti i sistemi di riferimento ine,rziali, le leggi umane sono spesso specifiche di sistemi di riferimento solidali con la superficie terrestre. Un esempio evidente è quello dei limiti di velocità. Un esempio più sottile si ha nel football americano. Dopo essere stato fatto avanzare oltre il suo punto di partenza in un gioco, il pallone non può essere lanciato in avanti, ma può essere «Iateralizzato» (lanciato di lato o all'indietro). Dimostriamo ora che questa regola è incoerente, salvo che non si riferisca a uno specifico sistema di riferimento (in pratica, a un riferimento solidale con la superficie della Terra). Consideriamo un attaccante che scenda di corsa il campo con velocità costante vo = vyJ rispetto alla Terra. Supponiamo che egli lanci il pallone di lato, con una velocità v' = v} in un sistema di riferimento in moto insieme a lui. Il giocatore percepisce il proprio lancio come un passaggio laterale «legale», ma uno spettatore che sta fermo percepisce che il moto del pallone rispetto a un sistema di riferimento solidale con la Terra è. per l'equazione (9.5),
f = -mao
(9.11)
a cui il corpo è soggetto nel sistema di riferimento accelerato è detta forza inerzia/e. Spesso viene detta anche pseudoforza o forza fittizia, benché gli effetti di tale forza non abbiano alcunché di fittizio in un sistema di riferimento accelerato. Dall'equazione (9.11) è evidente che una forza inerziale è sempre direttamente proporzionale alla massa. Un'altra proprietà particolare è che esistono sistemi di riferimento (i sistemi di riferimento inerziali) in cui la forza inerziale si annulla. Benché qui la trattazione possa apparire completamente diversa dal caso dei sistemi di riferimento non-accelerati, esiste un certo parallelismo nel concetto che sta alla base. Quando ci limitiamo a traslare l'origine, le forme delle traiettorie, nonché le forze, nei sistemi di riferimento S e S' sono le stesse. Quando S' si muove con velocità uniforme risP!ltto a S, le traiettorie appaiono diverse nei dué sistemi di riferimento, come abbiamo visto nell'esempio l. Quando S" accelera rispetto a S, anche le forze appaiono diverse. Ma in tutti i casi rimane invariata la forma della legge fondamentale F = ma.
9.4
FORZE INERZIALI IN UN SISTEMA DI RIFERIMENTO RETTILINEAMENTE ACCELERATO
Il più semplice caso di forza inerziale si presenta nei sistemi di riferimento che accelerano con accelerazione costante 1Io in linea retta. In questo caso, la forza inerziale f ~ -mao è costante e uniforme.
169
170
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
Un esempio è offerto da un ascensore con accelerazione Ilo. Secondo l'equazione (9.10), un corpo di massa m è soggetto a una forza gravitazionale e a una forza inerziale FU
= m(g
- ao)
(9.12)
ché il modulo, della forza gravitazionale sono modificati nel sistema di riferimento accelerato. Consideriamo, per esempio, un bicchiere d'acqua che poggia sulla superficie orizzontale di un tavolo in un aeroplano che subisca un'accelerazione orizzontale nella direzione x per il decollo. La somma della forza gravitazionale e della forza inerziale sull'acqua nel suo sistema di riferimento di quiete è
FU nel sistema di riferimento dell'ascensore. Se è collocato su una bilancia posta sul pavimento dell'ascensore, il corpo preme verso il basso con una forza F' sulla bilancia, la quale perciò registra un peso apparente (9.13)
P" = m(g - ao)
Il corpo è mantenuto in quiete rispetto all'ascensore da una reazione normale dello stesso modulo, esercitata verso l'alto dalla bilancia.
Esempio 3 Un montacarichi accelera inizialmente verso il basso con un'accelerazione di 2,0 m/s2 , poi discende con velocità costante, quindi decelera con decelerazione di 2,0 m/s2 fino ad arrestarsi. Un carico di 100 kg poggia su una bilancia che è posta sul pavimento. Quale peso viene registrato dalla bilancia durante ogni tappa del tragitto? La bilancia registra il peso normale del carico, mg = 980 N, durante la porzione del tragitto nella quale la velocità è costante. Durante l'accelerazione verso il basso, la bilancia indica
P"
La superficie dell'acqua assume una posizione normale alla forza FU, come è indicato nella figura 9.2. Si può considerare che l'acqua sia soggetta a una <
P" = (100 kg) [9,8 - (- 2,())] ~ = 1180 N S2
Nel determinare il carico massimo per il montacarichi, gli ingegneri devono tener conto del peso efficace aggiuntivo esercitato sul pavimetno durante l'accelerazione verso l'alto.
Un corpo in vera caduta libera (e cioè un corpo su cui agisce soltanto la forza gravitazionale in un sistema di riferimento inerziale) offre un esempio estremo di queste relazioni. Un corpo siffatto ha un'accelerazione ao = g rispetto al sistema di riferimento inerziale, e quindi la forza risultante in un sistema di riferimento solidale con il corpo è F" = m (g - ao) = O. Cioè, in questo sistema di riferimento i corpi sono privi di peso, una condizione detta imponderabilità. L'imponderabilità è presente non soltato in un corpo in caduta libera lungo la verticale, ma anche nei veicoli spaziali orbitanti. In un sistema di riferimento solidale con un veicolo spaziale, il veicolo, un astronauta al suo interno e una mela che egli abbandona a se stessa sono tutti privi di peso. Ciò determina effetti visibili e impressionanti: l'astronauta e la mela possono galleggiare nel veicolo spaziale. Questo stesso fenomeno può essere considerato in un sistema di riferimento solidale rispetto alla Terra. Ivi il veicolo spaziale, l'astronauta e la mela sono tutti dotati di peso; ciò nonostante, l'astronauta e la mela possono galleggiare poiché ruotano attorno alla Terra con la stessa velocità del veicolo spaziale. Se l'astronauta poggia su una bilancia a molla (dinamometro) nel veicolo spaziale, la bilancia cade verso la Terra con la stessa velocità con cui cade l'astronauta e perciò questi non esercita alcuna pressione sulla bilancia, la quale, di conseguenza, dà un'indicazione nulla. Se l'accelerazione aa ha un orientamento diverso da quello della forza gravitazionale percepita in un sistema di riferimento inerziale, l'orientamento apparente, non-
*
v2 • • ao = - - r = -w 2rr r
-mgk
///"'---"'",,~ / I
(9.15)
m":
= -mao =" - - f = mw 2 rf
\
\
palo
'''-.,.
9
Se la Terra fosse esattamente sferica e non rotasse, il peso di un corpo sarebbe orientato direttamente verso il centro della Terra. Ma ciò non è vero esattamente quando si tiene conto della rotazione della Terra. Analizziamo il peso di un corpo di massa m, misurato su una bilancia situata alla latitudine 9 sulla superficie terrestre (si veda la figura 9.4). Se la Terra non rotasse, le uniche forze agenti sul corpo sarebbero l'attrazione gravitazionale mgo della Terra verso il suo centro e la spinta No della bilancia, che sarebbe uguale e opposta am~.
Sulla Terra in rotazione, la vera forza gravitazionale m~ è ancora orientata versc il centro C. Ma ora sul corpo agisce anche la forza centrifuga fc = m0)2ri, la quale è orientata perpendicolarmente all'asse di rotazione della Terra e verso l'esterno, come
(c)
\
/
....... _-_/
//
T:mv 2J r
(b)
è orientata" radiillmente" vetso l'esternò ed è detta perciò forza centrifuga. La forza centrifuga cresce al crescere dellà distanza dall'asse di rotazione. Lè forze che agiscono su un corpo in rotazione possono essere descritte sempre o in un sistema di riferimento inerziale o nel sistema di riferimento rotante ed è importante distinguere chiaramente le due descrizioni. Consideriamo, per esempio, il moto orizzontale di un corpo che ruota attorno a un palo a cui è vincolato da una fune, come nella figura 9.3a. Nella figura 9.3b è presentato il diagramma delle forze nel sistema di riferimento inerziale: ivi non" c'è forza centrifuga, il moto circolare uniforme richiede un"'accelerazion~ centripeta fil,' che è fornita dalla tensione nella fune. La figura 9.3c ,presenta il diagramma delle forze nel sistema di riferimento rotante insieme al corpo. In questo sistema di riferimento il corpo non accelera e, in verità, non si muove affatto: la tensione della fune è equilibrata esattamente dalla forza centrifuga.
\
~
(9.16)
r
EFFETTO DELLA ROTAZIONE SU
/
(a)/
dove O) è la velocità angolare del sistema di riferimento, r è la distanza del punto dall'asse di rotazione e v = O)r è la velocità del punto. La forza inerziale
9,6
,_"o
Figura 9.2 La forza gravitazionale e la forza inerziale che agiscono su un bicchiere d'acqua in un aeroplano che accelera in direzione orizzontale.
Un caso importante e comune di forza inerziale si presenta nei sistemi di riferimento che ruotano di moto circolare uniforme rispetto a un sistema di riferimento inerziale. Gli esempi comprendono la Terra nella sua rotazione quotidiana, una giostra e molti altri fenomeni familiari. Rispetto al sistema di riferimento inerziale, ogni punto del sistema di riferimento che ruota di moto circolare uniforme ha un'accelerazione centripeta
rc
e durante la decelerazione verso il basso (cioè, l'accelerazione verso l'alto) indica
1 ~ -maoi'
FORZA CENTRIFUGA
= (100 kg) (9,8 - 2,0) ~ = 780 N S2
(9.14)
-mgk - maoi
9,5
superficie dell'acqua
FU
F - mao
171
T =mu 2 Jr
f
B
=mv 2 jr
---a--:-
Figura 9.3 (a) Moto circolare uniforme di un corpo vincolato a un palo da una fune. (b) Diagramma delle forze nel sistema di riferimento inerziale. (c) Diagramma delle forze nel sistema di riferimento in rotazione.
172
9. FORZE NEI SISTEMI 01 RIFERIMENTO ACCELERATI
No
è mostrato nella figura 9.4b, e non verso l'esterno lungo una direzione uscente dal centro della Terra. Perciò, il suo modulo, espresso in funzione del raggio della Terra R, è mfJ}2R cos e. La condizione di equilibrio del corpo è
L F;
N
f,
c
mg
(9.17)
cJ..)
(9.18)
mgo + (mw'R cos e)i'
come è illustrato nella figura 9.5. Applicando il teorema del coseno (o teorema di Carnot) al triangolo presentato nella figura 9.5, otteniamo
x'
X0 +
(w'R cos El)' - 2g o w'R cos'
e
(9.19)
Numericamente, fJ}2R cos e è molto minore di g o go' e quindi possiamo tralasciare il secondo termine nel secondo membro, ottenendo _ _( 2w' _ X- = Xii I - R co,- <J (9.20) , go Prendendo la radice .quadrata positiva di ambo i membri e per il fatto che v'"f="E è pari a circa I - l> per l> piccolo*, troviamo [assumendo l> = (2fJ}2R cos 2 el/gol
n)
(b)
Figura 9.4 Le forze a cui è soggetta una massa poggiata su una bilancia (a) sulla Terra che non ruota e (b) sulla Terra che ruota.
rnw 2 R cos
__E go'
= O = mgo + (mw 2R cos a)i' + N
dove N, la spinta della bilancia, è lievemente modificata rispetto a No, in conseguenza della forza centrifuga (la modificazione indicata nella figura 9.4 è fortemente esagerata). L'opposto di N è ciò che viene detto peso del corpo e denotato con mg. In funzione di mg, l'equazione (9.17) diventa
(a)
Figura 9.5
9. FORZE NEI SISTEMI 01 RIFERIMENTO ACCELERATI
8
Relazione tra g e
!
9.7
CENTRIFUGHE
Supponiamo di avere una provetta contenente piccole particelle sospese in un liquido. Se sono più pesanti del liquido, le particelle si depositano sul fondo, ma, se sono estremamente piccole, impiegano moltò tempo per farlo. Per accelerare questo processo, attacchiamo la provetta a una centrifuga, un dispositivo meccanico il cui funzionamento si basa sulla forza centrifuga. Inizialmente, la provetta pende verticalmente, come nella figura 9.6a. La centrifuga viene equilibrata accuratamente con altre provette (non rappresentate nella figura). Quando la centrifuga viene fatta rotare attorno al suo asse centrale verticale, le provette sono soggette a una forza centrifuga (nel sistema di riferimento in rotazione insieme alla centrifuga) orientata nella direzione orizzontale. La risultante della forza di gravità e della forza centrifuga agisce come una forza di gravità efficace, la quale, ad alte velocità di rotazione, è molto più intensa della sola forza di gravità ed è orientata quasi orizzontalmente (figura 9.6b). Le provette, essendo sospese su perni lisci, si sollevano fino a orientarsi lungo la direzione della forza risultante a cui sono soggette (figura 9.6b). Analogamente, la superficie del liquido nella provetta si orienta normalmente alla forza risultante a cui è soggetta, qualitativamente come avveniva nel precedente esempio del bicchiere d'acqua in un aeroplano soggetto ad accelerazione (figura 9.2). E una particella sospesa nel liquido si muove nella direzione della forza risultante a cui essa è soggetta, cioè sostanzialmente verso il fondo della provetta (ma non esattamente, poiché la forza risultante varia in modulo e, lievemente, in orientamento con la distanza della particella dall'asse di rotazione). Il risultato utile è che, essendo Fns molto maggiore di mg per alte velocità di rotazione, le particelle sospese si depositano sul fondo molto più rapidamente di quanto farebbero altrimenti. R
x=
go - Rw' cos'
e
La riduzione di g per effetto della forza centrifuga è massima all'equatore (e = O) e nulla ai poli. Empiricamente, la variazione di g con la latitudine segue la forma dell'equazione (9.21), ma il coefficiente misurato del termine in cos 2 e è circa del 50% maggiore della nostra previsione, per l'effetto aggiuntivo del rigonfiamento all'equatore (un'altra conseguenza della rotazione). I valori misurati di g sono compresi tra 983,1 cm/s2 al polo nord e 978,1 cm/s2 all'equatore. L'osservata dipendenza di g dalla latitudine stabilisce in modo conclusivo che la Terra non è un sistema di riferimento inerziale. Quali sistemi di riferimento sono inerziali? Empiricamente, la risposta è semplice. I sistemi di riferimento inerziali sono in quiete, oppure si muovono con velocità costante, rispetto alle «stelle fisse» o, più precisamente, rispetto alle galassie distanti. Sulle grandi scale, le galassie distanti sono distribuite in modo piuttosto uniforme nello spazio e offrono un definito sistema di riferimento. Il perché la distribuzione delle galassie distanti dovrebbe determinare quali sistemi di riferimento sono inerziali, influenzando così le forze centrifughe sulla Terra, è una questione più profonda, la cui soluzione richiede la teoria generale della relatività di Einstein.
* Poiché
(~- I)(~ + I) ~ (I -
ir~ "Jf'f~~::~'r~,t2 .·'.;" ..... ,"
(9.21)
e) - l ~ -e, abbiamo
I
I
'.1: ,·','l::,> Iflg;,
a l - ~e.
• mw'R ...... F·
ns
I
I
<-0'"
asse della centrifuga (a)
(b)
Figura 9.6 (a) Una provetta in una centrifuga. (b) Quando la centrifuga ruota, la forza centrifuga fa spostare verso l'esterno l'estremità libera della provetta. Alcuni valori numerici tipici per il funzionamento delle centrifughe ordinarie e per dispositivi molto più rapidi detti ultracentrifughe sono offerti nella tabella 9.1, in cui v denota la frequenza di rotazione (il numero di cicli al secondo). Poiché 2" rad corrispondono a un ciclo, il numero di radianti al secondo è fJ} = 27tV. L'ultima colonna della tabella offre l'accelerazione fJ}2R espressa in unità g, fornendo una misura dell'aumento di F ris quando fJ}2R è molto maggiore di g (figura 9.6b). Per stimare la velocità di deriva di una particella di massa m in sospensione, Tabella 9.1 Proprietà di una centrifuga e di un 'ultracentrifuga tipiche
~-l=~ ~+l
Se e è piccolo, il secondo membro è quasi uguale a - ~ e e quindi ~ è quasi uguale
mg'"
I
centrifuga ultracentrifuga
V(S-l)
ro=27tV
30 103
188 6,28· J03
R (cm}
IO IO
fJ}2R (cm/s2)
fJ}2R/g
3,6,105 4.108
360 4.105
173
174
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERAli
elenchiamo le forze a cui la particella è soggetta nel sistema ·di riferimento rotante con la centrifuga. In primo luogo, c'è la forza gravitazionale mg. In secondo luogo, c'è la forza centrifuga mro2R, dove R è la distanza tra l'asse di rotazione e la particella. In terzo luogo, per il principio di Archimede, c'è una correzione che riduce la somma delle prime due forze a (m -
m(l) (g
+ w'R)
dove mo è la massa del liquido spostato dalla particella. Questa correzione tiene conto di differenze di pressione in seno al liquido le quali tendono a mantenere in equilibrio ogni piccolo volume del liquido stesso; un corpo immerso in un liquido è soggetto a una forza risultante non nulla soltanto nella misura in cui la sua massa differisce dalla massa di un volume uguale di liquido. Infine, a qualsiasi moto derivante dalla forza risultante si oppone una forza resistiva che, nel. caso di particelle piccole che si muovono lentamente, ha la forma F vis = -K11v, come abbiamo visto nella sezione 8.7, dove 11 è la viscosità del fluido. Perciò, la forza risultante agente sulla particella è F =
(III -
+ w'R) - K1)v
m(l)(g
(9.22)
Come abbiamo visto nella sezione 8.7, la velocità della particella raggiunge un valore limite quando F vis equilibra esattamente le altre forze, facendo sì che la forza risultante che figura nella (9.22) sia uguale a zero: Nel caso di una centrifuga, ro 2R è molto maggiore di g e quindi si può trascurare g; perCiò, la velocità limite di deriva della particella sarà orientata approssimativamente come R. Il corrispondente modulo della velocità è quindi uguale a .
v =
(m -
mo)w 2 R
(9.23)
K1)
Perciò, quanto più rapida è la rotazione, tanto più rapidamente la particella si deposita sul fondo. Nel caso particolare di .una piccola particella sferica a bassa velocità, abbiamo trovato nel capitolo 8 che K ha il valore K
61fr
(8.23)
dove r è il raggio della particella, e abbiamo anche che m - mo
= ~lt r 3 (my- mI'()
2r2(mv - nlvo)
ro2R
Dopo la grande opera di Newton, i principi della meccanica rimasero immutati per 200 anni. Poi, verso la fine del XIX secolo, le scoperte nel settore dell'elettromagnetismo crearono una crisi. Il fisico scozzese James Clerk Maxwell sviluppò equazioni che unificarono l'elettricità e il magnetismo e previde onde elettromagnetiche la cui velocità, dedotta da queste equazioni, eguagliava esattamente la velocità nota della luce. Ma le equazioni di Maxwell implicavano anche che nel vuoto le onde elettromagnetiche dovevano propagarsi con la stessa velocità in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Contrariamente all'equazione (9.5), v = v' + vo' la quale si applica a corpi meccanici, la velocità della luce non differiva della velocità relativa Vo tra due sistemi di riferimento. I tentativi di evitare questa contraddizione furono preclusi da un'ampia varietà di osservazioni ed esperienze, che culminarono nell'esperienza di due americani, Michelson e Morley, i quali dimostrarono in modo conclusivo che la luce si propaga nella direzione in cui la Terra si muove attorno al Sole con una velocità che non è maggiore né minore di quella con cui si propaga in altre direzioni. Una reazione alla scoperta che i concetti di Galileo sui sistemi di riferimento in moto potevano non essere validi esattamente alle alte velocità fu quella di ristudiare quei concetti e di tentare di definire la loro essenza. Il fisico e matematico francese Henri Poincaré fu il primo che individuò esplicitamente un «principio di relatività» nell'opera di Galileo, designandolo con questo nome. Nel 1905, Albert Einstein, che allora aveva 26 anni, pubblicò la sua teoria sulla relatività ristretta, la quale dimostrava, in modo profondo e soddisfacente, come si poteva risolvere il problema sollevato dalle equazioni di Maxwell e dall'esperienza di Michelson e Morley. Nello spirito di Galileo, Einstein basò la propria opera sul principio di relatività, secondo cui le leggi della fisica dovrebbero essere -le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali. Però, per conservare questo principi~ alla luce delle nuove scoperte nel campo dell'elettromagnetismo, egli dovette sostituire l'eqùazione (9.4), r = ro + r' + Vo t, con una legge più generale in cui il tempo, oltre che lo spazio, si trasforma nel passaggio da un sistema di riferimento a un altro. La legge di Einstein differisce da quella vecchia alle alte velocità, ma approssima strettamente l'equazione (9.4) nelle situazioni ·alle basse velocità di cui si occuparono Galileo e Newton. Perciò, il più profondo aspetto dei concetti di Galileo è risultato il principio di relatività, non la particolare legge di trasformazione che i fisici del XVII secolo ricavarono da esso, benché quest'ultima sia assai precisa nel caso dei moti che studiamo in questo libro, a velocità molto minori di quella della luce.
.(9.24)
dove mv e mI'() sono le masse volumiche (o densità) della particella e del liquido, rispettivamente. Introducendo queste relazioni nell'equazione (9.23), troviamo che la . velocità di derjva è
v
9.8 CONCLUSIONI
Problemi
Forze in un sistema di riferimento linearmente accelerato (9.25)
911
È importante notare che la velocità di deriva aumenta come il quadrato del raggio della particella e quindi le particelle grandi si muovono davvero verso il fondo della provetta più rapidamente di quelle piccole. Per offrire un esempio numerico, nel caso di batteri con raggio r = 10-4 cm e mv.= l,l·ml'() in sospensione in una provetta d'acqua (mI'() = l glcm 3 e, in base alla tabella 8.3, 1) 10-3 N s/m 2) e fatti rotare a una velocità di 30 girils nella centrifuga della tabella 9.1, si trova v "" 10-2 cm/s. Questa velocità è 400 volte la velocità naturale di sedimentazione in una provetta che non viene fatta rotare e permette una: comoda sedimentazione di circa lO cm in 15 min. D'altra parte, un virus di raggio r = 3 . 10-6 cm sedimenta con una velocità 1000 volte minore; la separazione di particelle così piccole richiede la più alta velocità di rotazione di una ultracentrifuga.
1. Una massa di lO kg striscia su un tavolo con coefficiente di attrito 0,5. Si confronti la forza necessaria per strisciare se il tavolo è (a) (b) (c) (d)
fisso sulla Terra in un ascensore che accelera verso l'alto con un'accelerazione pari a 1 m/s2 sulla Luna in un veicolo spaziale in orbita attorno alla Terra.
2. Nell'istante esatto in cui un aeroplano è sul punto di decollare, un fisico che guarda fuori dal finestrino vede una goccia d'acqua scendere all'interno lungo il vetro. Essa lascia una traccia bagnata che forma un angolo di 10° con la verticale. (a) La goccia scende verso la parte anteriore o verso la parte posteriore dell'aero-
plano? (b) Qual è l'accelerazione orizzontale dell'aeroplano?
175
176
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
9. FORZE NEI SISTEMI DI RIFERIMENTO ACCELERATI
Forza centrifuga
(c) Se il carro merci sta percorrendo un binario circolare, qual è la sua velocità di
3. Un aeroplano di linea che viaggia a 960 km/h esegue una virata circolare a una quota costante. Si trovi il minimo raggio di virata tale che i passeggeri, durante la virata. stessa, siano soggetti a una variazione inferiore al 10% del valore efficace di g (tale variazione non causa disagio). Qual è il minimo raggio di virata se l'aeroplano viaggia a 480 km/h in prossimità dell'atterraggio?
rotazione? (d) Conviene sempre controllare il proprio lavoro. Nel moto circolare, non tutte le maniglie a pendaglio si trovano alla stessa distanza dal centro del cerchio. Si descriva una misurazione aggiuntiva che, combinata con questo fatto, permetta di controllare se si hanno i valori corretti della velocità e del raggio del moto circolare.
4. Abbiamo detto più volte che, per la maggior parte degli scopi, la Terra è, con buona approssimazione, un sistema di riferimento inerziale. Si renda quantitativa questa affermazione calcolando l'accelerazione che un corpo situato sulla superficie della Terra (all'equatore) subisce per effetto della rotazione della Terra su se stessa. Si esprima la risposta in unità g.
5. (a) Con quale velocità la Terra dovrebbe rotare su se stessa perché la forza centrifuga allontani da essa i corpi non vincolati? (b) Se la velocità di rotazione fosse giusto sufficiente a far sì che ciò accada, da quale parte della Terra si allontanerebbero i corpi? (c) Si confronti la risposta alla parte (a) con la velocità minima che un corpo deve avere per rotare attorno alla Terra, dedotta nel capitolo 7 con ragionamenti in un sistema di riferimento inerziale. 6. Una stazione spaziale avente un raggio di 10m ruota su se stessa per assicurare ai suoi abitanti un senso di «gravità» artificiale mentre viaggia nello spazio. La velocità di rotazione è scelta in modo da simulare g = lO mis2 sul pavimento. (a) Si trovi la lunghezza del «giorno» osservata nel veicolo spaziale attraverso un
oblò situato nel pavimento. (b) Qual è la differenza di intensità dell'accelerazione gravitazionale apparente tra
il capo e i piedi di un astronauta alto 180 cm?
~
8. Un pianeta immaginario chiamato Zog, perpetuamente nuvoloso, è una sfera con un raggio di 6000 km e una massa volumica media di 5,0 glcm 3• Ogni 20 h, il cielo, da oscuro che è, diventa luminoso e torna a diventare oscuro. I fisici di Zog sono divisi in due scuole per quanto concerne il processo che fa diventare luminoso il loro cielo nuvoloso: una sostiene che il pianeta ruota su se stesso davanti a una sorgente di luce esterna, mentre l'altra sostiene che il pianeta non ruota su se stesso, ma che il processo che lo fa diventare luminoso somiglia a un'onda che si propaga nell'atmosfera. Si progetti un'esperienza che usi misurazioni precise dell'accelerazione gravitazionale apparente sulla superficie di Zog per dirimere la questione del processo che lo fa diventare luminoso. Per questa esperienza: (a) Si descrivano i risultati che si prevederebbero se l'ipotesi dell'onda atmosferica
fosse corretta. (b) Si descrivano i risultati che si prevederebbero se il pianeta rotasse. (c) Si effettuino previsioni numeriche per entrambe le teorie.
9. I gas caldi contenuti nella fiamma di una candela salgono poiché hanno una massa volumica inferiore a quella (sono meno densi) dell'aria più fredda che li circonda. Si tratta di un 'importante proprietà delle candele, poiché i gas ascendenti contengono prodotti di rifiuto della combustione che altrimenti spegnerebbero la candela. Si considerino due candele su un braccio mobile, come è indicato nella figura. Le due candele sono alte, rispettivamente, 3 cm e 4 cm e distano tra loro 8 cm. Entrambe sono racchiuse nello stesso piatto del candeliere.
3 cm
Sole
di rotazione
l
oblò
m-----+-j
(a) Se si fa rotare il braccio, quale orientamento assumono le fiamme delle cande-
7. Uno studente sta compiendo l'iniziazione a un'associazione studentesca. Si trova in un carro merci privo di finestre, il cui pavimento misura 4 m . 20 m. Dal tetto del carro merci pendono tre maniglie a pendaglio, una nel centro e una a ciascuna estremità. All'improvviso, il carro merci si mette in movimento; la maniglia situata al centro del carro merci si inclina di 10° rispetto alla verticale, verso una delle pareti longitudinali. Nello stesso momento, lo studente trova la seguente annotazione: «Non potrai uscire dal carro finché non avrai deciso se sta strisciando lateralmente o sta percorrendo un binario circolare di 100 m di raggio. Le ruote si trovano sotto le due maniglie terminali}}. (a) In che modo lo studente può dire a quale tipo di moto è soggetto il carro mer-
ci? (b) Se il carro merci sta strisciando lateralmente, qual è la sua accelerazione?
1m
1m
--If--
--If-carro merci su un binario circolare
C310~ m
/'
I
~:;(-
&;~t.~1 carro merci t~j)y':' che striscia lateralmente
le? (b) Si può far rotare il braccio in modo che i prodotti di combustione di una
candela spengano l'altra? In caso affermativo, con quale velocità si dovrebbe farlo rotare?
177
CAPITOLO 10
ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
J-
... Vedete, perciò, che la forza viva [energia] può convertirsi in calore e che il calore può convertirsi in forza viva, o nella sua equivalente attrazione attraverso lo spazio. Perciò, tutti e tre, e cioè il calore, la forza viva e l'attrazione attraverso lo spazio (a cui potrei anche aggiungere la luce, se fosse compatibile con l'ambito della presente lezione), si possono convertire mutuamente l'uno nell'altro. In queste conversioni, nulla va mai perduto. La stessa quantità di calore si convertirà sempre nella stessa quantità di forza viva. Possiamo perciò esprimere questa equivalenza in un linguaggio definito, applicabile in ogni momento e in tutte le circostanze. James Prescott Joule, On Matter, Living Force, and Heat (1847)
10.1
VERSO UN CONCETTO DI ENERGIA
Il principio di conservazione dell'energia è una delle leggi fondamentali della fisica. Qualunque cosa facciamo, l'energia si conserva sempre. Perciò, perché ci viene detto di conservare l'energia? Evidentemente, l'espressione «conservare l'energia» ha un significato per uno scienziato e un significato del tutto diverso per gli altri, per esempio per il presidente di un'azienda di servizi pubblici o per un politico, Che cos'è, allora, esattamente l'energia? Il concetto di energia è uno dei pochi elementi della meccanica che non ci provengono da Isaac Newton. Esso fu afferrato chiaramente soltanto alla metà del secolo scorso; tuttavia, possiamo individuare il germe dell'idea ancora prima di Newton. L'essenza del concetto di conservazione dell'energia si può vedere nelle esperienze incredibilmente feconde che Galileo eseguì con sfere lasciate scendere rotolando lungo piani inclinati. . Il numero dei risultati che Galileo ricavò dalle sue semplici esperienze è stupefacente. I corpi cadono con una velocità troppo alta per potere essere cronometrati con i rudimentali orologi ad acqua del XVII secolo ma, rallentando il moto di caduta con i suoi piani inclinati, Galileo dimostrò che il moto uniformemente accelerato faceva parte della natura. Era sufficiente questo solo risultato per farlo considerare un genio. Galileo fece dell'altro con i suoi piani inclinati: dispose le cose in modo che una sfera, dopo avere terminato di scendere rotolando lungo un piano inclinato, proseguisse il suo moto risalendo lungo un altro piano inclinato, il cui angolo di inclinazio~ ne poteva essere maggiore o minore di quello del primo. Così facendo, scoprì un fatto importante: indipendentemente dall'angolo di inclinazione del primo piano inclinato 119
180
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
e indipendentemente dall'angolo di inclinazione del secondo, la sfera finiva per arrestarsi sul secondo piano inclinato alla stessa quota da cui era partita sul primo. Trasse la conclusione che, se il secondo piano inclinato fosse stato orizzontale, la sfera avrebbe continuato a rotolare indefinitamente con la stessa velocità. In altre parole, scoprì il principio d'inerzia. Afferrato il principio d'inerzia, possiamo capire facilmente perché la sfera comincia a risalire il secondo piano inclinato dopo avere disceso il primo, ma ciò non ci dice perché essa raggiunge sempre la stessa quota da cui è partita. La sfera sembra quasi «ricordare» la sua origine. Preferiamo dire che qualcosa si conserva, invece di essere ricordata. Il nome che attribuiamo alla grandezza che si conserva è energia. Quando si ripete l'esperienza di Galileo illustrata nella figura 10.1 portando una sfera dal piano del tavolo al suo punto di partenza sul piano inclinato, le si comunica una forma di energia detta energia potenziale:l:!.nergia che un corpo PQf!l.~!!1ÌL. 1-. de(la suaposizi.glJ§i.,det!f!:;!!.!1!!!giappt~nzi!l{ç,.to mergiadipo
~c-~ ~. ",' ~;v~ ~~
""J
"..,f
i
l \
W.1!;;...I.i
-
~~12~r;~1r~~~~~~Jiònè·~n4.~~:!;!~i..~!,~z.?:P;~~~!.~:~~.1:!:1l::~!.~J?!m::FJ'f!l~r,gtq.:q;s~1!(;iataal-moto è dettae!l~!8:ia Efn~.::.....
~
Figura 10.1
L'esperienza di Galileo con i piani inclinati e le sfere rotolanti.
l1ent!:!t;;l2roseg'l.ll;iI. SlW~; ·risalendo il secondo piano'inclinato, l\l..sfer-ll-.-l?llen-
.!a.;;XYtI\1!;~"slt.q~I!!l~IJii!>(:&i~tjcll..imll.;)n .cwhio.~,"a.riaG~dG.enagia.po~lç,~ Yia~f!~Jg;.~!l~~qsQ,t~i1!sp~~!!p.2!,~~n~.R'!!JJJ.2'fi!'l••$.(t)A~.~!~ll~~!l!,J.\!!ta
.!lr~;,&irulij;~lt§1±;;"~J1y.~mlt\:i~!l,V-!E!li!;l!g!,!l,.I,t.~~~ ciò accade quando la
l
f:t .....
c.u("l'i'~........ dJ1Lt .;""V'l.i"".~
()
quota della sfera al disopra del piano del tavolo è esattamente quella che era all'inizio dell'esperienza. È questa la moderna visione scientifica di ciò che osservò Galileo. Precedentemente, avremmo descritto questa stessa esperienza in termini diversi. Avremmo detto quanto segue. Per portare in alto la sfera, Galileo applica una forza che si oppone alla forza di gravità. Quando abbandona la sfera a se stessa, la forza di gravità la fa scendere lungo il piano inclinato. Al fondo del piano, l'inerzia fa risalire la sfera lungo il secondo piano inclinato. Abbiamo quindi una valida descrizione senza ricorrere al concetto di energia: perché, allora, parlare di energia? Abbiamo.,bisogno·del concetto di energia perché esso esprime un· fatto 'a cui 'la precedente' descrizione .non ci aveva 'preparato: la ,sfera 'finisce ' l'er raggiungere la stessa. quota ,da cui: è partita, mai una quota più.alta, e, se trascuriamo Ili resistenza dell~aria.eFattrito, .maiuna quota Pi.ùba.ssa.~inedeLmoto d~lla sferil.,_~/ ~ugualea: ciò'cheeraall'inizio: questo gualcosa èJHenerl2a della sIeri Il riconosci'- mento della conservazione dell'energia aumenta la nostra comprensione del moto e ne semplifica l'analisi. Il concetto di energia fu inventato proprio perché qualcosa si conserva. Allora, perché i politici e i dirigenti delle aziende di servizi pubblici ci dicono di conservare l'energia? Per rispondere a questa domanda scottante, abbiamo bisogno di una definizione precisa e quantitativa dell'energia.
' l
l
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10.2 LAVORO ED ENERGIA POTENZIALE Nel linguaggio corrente, il termine lavoro designa qualsiasi sforzo mantenuto per un certo tempo. Main fisica il termine lavoCQ.vieneusato più precisamente per descrivere una trasmhì§j,QUSl di energja da un como a un llltro, effettyata,da.upa-!Q;aa.agente a.:.distanza·
'forzacostante ..dhmodulo F che i lLlQgl!..:J!~e$~'~4\.:Y""
y
t§:;f~:l
(I1L=):"»
~C9rpo
!l!J!.iQg,!lè, per
(10.1)
Per esempio, se solleviamo un coql!MILm~jlL~QQ!?J.l!!!<SJllU;:§sJl..uon subisca un'accelerazione, allora lalQIZ;_aALs.olieJlameaw·".ngnale al peso mg..d!:.l.mrpo. Poiché è una costante,~fòQmRiutqlli!L$.plle1{.areJLcoxpò;~uotakè.
;;;g l~a
(10.2)
È importante'notare che; convertendosi il lavoro integralmente in energia. potenziale U in questo esempio, l'energia·potenziale gravitazionale nel campo uniforme in prossimità della Terra' può essere espressa nella forma semplice
:U
mgh
(10.3)
Ora, disponendo di una definizione del lavoro, torniamo indietro e seguiamo la conservazione dell'energia attraverso le varie tappe dell'esperienza di Galileo. Anzitutto, Galileo solleva la sfera a una quota h, compiendo lavoro su di essa mediante l'applicazione di una forza per equilibrare la preesistente forza di gravità. Diciamo che viene compiuto lavoro dalla forza che Galileo applica, o, alternativamente, che viene compiuto lavoro contro la forza di gravità. In ogni caso, l'energia totale si conserva: il lavoro rappresenta una trasmissione dal mondo esterno alla sfera (e cioè da Galileo) alla sfera stessa. Essendo nulla la forza risultante{ la sfera si sposta senza accelerare; perciò,. tutto il·lavoro si converte in energia 'potenziale' anziché in' energia cinetica:
w=
U=mgh
Poi, Galileo abbandona.a.se stessa la sfera, la quale, agendo ora esclusivamente sotto la preesistente forza di gravità, scende rotolando lungo il piano inclinato. Durante questo stadio, la forza di gravità.compie,lavoro·sulla.sfera. Anche in questo caso, l'energia totale si conserva, rappresentando il lavoro una trasmissione da energia potenziale a energia cinetica. Infine, quando la sfera risale un piano inclinato fino a raggiungere la sua quota di partenza, l'energia si conserva ancora. In questo caso, viene compiuto lavoro contro la forza di gravità: esso rappresenta una riconversione di energia cinetica in energia potenziale. Che accade se la forza non è costante? Sut!llonp...!U'lliWJJ.la.J.Qrza,.agisca.su-un ~o materiale che si mJl.Qxa.dimQ1çuettilineo..e,.cheJaJ'Q~tensità,E(z:) lungo la direzione del moto..pJi.~~aaJ~:,.5!~~!l2,9..511:!~.~!2~iJr&y!..i~Quanto ~oro viene CO~.RL~
-k~~ . . "..._.'. . iIl. ~ .. Z!9.ll;!;1.~. ,:"'J,llJill!!,i~;;'1".rulQ.m-&jlmPn\tQ.Ài.P,\1o,çt~.rà,.d;j,.+,.dt)ll.Qtiamo~~/j ~_con Tf!51."eg!.,4g[l!!~i.ql!g,,,1!1.},~.,4;l,uhd,3,, r!--~~'W(Z),~~
(10.4),
l
Questa definizione può essere motivata come segue. In primo luogo, vogliamo che W(a) = O, poiché, se il punto materiale non vien: spostato affatto, non viene compiuto alcun lavoro. Supponiamo ora di spostare il punto materiale dalla posizione z a una posizione vicina z + h, dove h è un numero positivo piccolo. Il lavoro compiuto dalla forza da z a z + h è la differenza W(z
+
h) -
W(z)
Possiamo esprimere questo lavoro in un altro modo. Nell'intervallo compreso tra z
181
182
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
e Z + h la forza F(z) varia, ma assume un certo valore medio che possiamo denotare con F(i). Se consideriamo che la forza abbia il valore costante F(i) nell'intervallo compreso tra z e z + h, allora il lavoro che essa compie è F(i)h, il prodotto della forza per lo spostamento. Perciò, W(z
+
h) - W(z) = F(z)h
+
h) - W(z) = F(Z)
h
(10.5)
msT'cos e
dW
(10.6)
F(z)
In altre parole, la derivatadeHavoro·è F{z):Perciò, per il secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale, abbiamo W(z) - W(a) =
J: F(z')
F .r
(10.9)
,~:";·F·:r .
(1010) •
Il problema di definire il lavoro è più complicato nelcaso generale in cu~a F può variare sia in modulo sia in orientamen.to (di~e~io'p'!:..e vers~~!1 punto materiale che si muove h!ngo una cu.r;,y~,da ~ come è illustrato nella figura 10.3. Come nell'equazione (1004) per una forza di intensità variabile orientata secondo una traiettoria rettilinea, useremo un integrale per definire il lavoro. Questo integrale deve tenere conto sia della forza F sia della curva lungo la quale il punto materiale viene spostato. F
dz'
(10.7) F
A
Poiché W(a) = O, questa equazione ci dà l'equazione (1004). È importante notare che, se la forza è costante, !'integrale è dato dal prodotto della forza costante per la lunghezza dell'intervallo, il che è in accordo con l'equazione (10.1). La definizione di lavoro espressa precedentemente nell'equazione (10.4) riguarda spostamenti paralleli alla forza applicata, ma questa non è la possibilità più generale. Per esempio, quando lavora su una sfera ,m Ull WilllO .iJ:u;lillaw. di Galileo,~ gravità è sempre orientata secondo la verticale discendente, mentre lo spostamento della sfera è orientato non lungo la verticale discendente, bensì lungo il piano inclinato. Come si deve trattare questa situazione? I vettori non-paralleli, e cioè la forza mg e lo spostamento r lungo il piano inclinato, sono presentati nella figura 10.2. Il lavoro compiuto dalla forza di gravità per spostare la sfera fino all'estremo inferiore del piano inclinato deve essere uguale al lavoro compiuto da Galileo per sollevare la sfera fino alla quota di partenza, mgh.
-\
B F
Figura 10.3 Una forza variabile F agente lungo una curva. Ecco un procedimento intuitivo per giungere a un integrale del genere. Descriviamo la curva mediante il suo vettore posizione, per esempio r=
xi + yJ + zk
(10.11)
Sembra ragionevole dire che, nel caso di una forza F che produce un piccolo spostamento dr, la quantità di lavoro compiuto è il prodotto scalare dW
=
F . dr
(10.12)
Il lavoro totale compiuto nello spostare il punto materiale,del punto A al punto B si ottiene sommando tutte queste piccole quantità di lavoro. Indichiamo questo procedimento di sommazione mediante il simbolo di integrazione e scriviamo
T
l''' ~"fFd'U
h
Figura 10.2
mg . r
~_'W'bés{" wePlÌl
Facciamo ora tendere a zero h in entrambi i membri di questa equazione, Il primo membro diventa dWldz, mentre il secondo membro diventa F(z); quindi, al limite, troviamo che dz
w
.!.!Ulenerale, ll..li!.Y.9L.QJ;Q~~J2!#.!~~~~J$...f..E,~,!!W~S\?r':!1lP""APosta E:~~ dU~5!Iln2~g~!lo SR~§!~I
ossia, dividendo entrambi i membri per h, W(z
secondo vettore per il modulo del secondo vettore. Perciò, possiamo scrivere il lavoro compiuto in questo caso come
(10.13)
Il lavoro compiuto dalla forza di gravità è mg·r = mgh.
rDalia figura vediamo che.,h -:; r cgs e.e quindi possiamo scrivere il lavoro compiuto ) come h' C.,...-<.:
~~~~
(10.8)
Esaminando di nuovo la figura 10.2, vediamo che mg cos e è la componente del peso nella direzione dello spostamento r. Disponiamo già di una notazione perfettamente adatta a questo scopo: il prodotto scalare. Come abbiamo visto nel capitolo 5, il prodotto scalare è uguale al prodotto della componente di un vettore lungo un
r( t)
Il punto iniziale A della curva corrisponde a un .gertO"·~alore di t, per esempio t = ta' e quindi A = r(ta)' Analogamente, B = r(tb) per~n'certo valore di t, per esempio t = tb • Possiamo considerare che il prodotto/S;;alare F . dr significhi (F . drldt) dt. Ciò suggerisce che l'integrale di lin~. dr è dato, per definiZIOne, dall'equazione
(8 )1 F· dr A
=
Ilb F . d r ] : \ . _) . - dr" ì o\ò]). 'l. ~ ~ çd'xl~.J,. {,
dt
r" "
(10.14) i
---1
183
184
l
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
L'integrale che figura nel secondo membro di questa equazione è il familiare integrale esteso a un intervallo compreso tra t = ta e t = tb' Esso incorpora la curva, oltre che la forza, poiché nell'integranda del secondo membro la forza deve essere valutata nella posizione r lungo la curva, e anche la derivata dr/dt dipende da r. È importante notare che, essendo F una funzione della posizione e dipendendo la posizione r (t) dal tempo, dipende dal tempo anche la forza, oltre che dr/dt. Perciò l'integranda è la seguente funzione di t: dr F(r(t)) . dI
L'equazione (10.14) è assunta come definizione dell'integrale di linea J~ F . dr e quindi l'equazione (10.13) è usata per definire il lavoro compiuto da F.
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
F(r(t». dr = Vi 3t dt 2 t + 2
3
Integrando, otteniamo
(2.2) F . dr. = J2 (-Vi t + -3t3 ) dt = Vi + 6 = 7,41 o 2 2
J
(0.0)
Questo esempio dimostra che l'integrale di linea di una data forza da un punto a un altro può dipendere dal cammino che congiunge i due punti.
Esaminiamo alcune applicazioni che illustrano differenti aspetti della nostra definizione di lavoro. /
~inpiO 1 Un punto materiale viene spostato dall'origine (O, O) al punto (2, 2) da una forza variabile F il cui valore in ciascun punto (x, y) è dato da F(x, y)
=
Vy i + (x2 + y)j
Si calcoli l'integrale di linea
f(2.2)
F . dr
J(o.O) lungo ciascuna delle seguenti traiettorie: (a) Il segmento rettilineo descritto da
o:::;
r(t) = ti + tj, (2.2)
y
(a) Un bibliotecario che sorregge una grande pila di libri mantenendoli fermi davanti a sé non compie lavoro sui libri poiché questi non si muovono. E tuttavia la sua opinione di stare compiendo lavoro su qualcosa è corretta anche secondo la precisa definizione del fisico. Mentre le sue braccia si tendono per equilibrare il momento esercitato dai libri, i suoi muscoli si muovono, flettendosi e ritendendosi ripetutamente. Egli compie lavoro sui suoi muscoli, anche se sui libri non viene compiuto lavoro. (b) Un pendolo che oscilla costantemente descrivendo un cerchio orizzontale offre un esempIO dI una slfuazIOnè m cui SI rendé necessario l'intero strume~ l'integrale di linea dell'equazione (10.13) per definire il lavoro. In questo caso, il risultato è che la tensione nel filo non compie lavoro, poiché la forza è sempre applicata in direzione perpendicolare allo spostamento istantaneo (figura 10.4). Benché possa apparire sorprendente a prima vista, questo risultato è ragionevole quando si considera che il pendolo non acquista né perde energia.
t :::; 2 . . [ tensione T
(b) L'arco parabolico descritto da r(t) = ti + !t2 j,
O:::; t :::; 2
Nel caso della traiettoria (a), abbiamo """'"
'X
dr ~ ~ Tt=I+J Su questa traiettoria, r = xi + yj, dove x = t e y = t. Perciò, ponendo x = t e y = t in F(x, y), otteniamo F(r(t» =
i!!. dt
=
J Fgrav . dr compiuto dalla forza di gravità sulla sfera è FgraVh = mgh quando la sfera cade da una quota h, ma è -mgh quando la sfera sale a una quota h. Perciò, il lavoro compiuto dalla forza di gravità è legato alla variazione dell'energia potenziale gravitazionale dalla relazione
Vi + t2 + t
i:W7·';:':i.~U i O... j .• 1.. t--- flf! r b) ,'''' . _ ~~\I.f"\.o '-W\I""'-to ~ r", .. ~v..e., . . ...... ,. .:;ç---
,;;;;;.gray,,,~.,
Integrando, otteniamo
f(2.2) J2 ,r: 4,r;; 8 J(o.o)F.dr= 0(vt+t2 +t)dt="j v2+ 3+ 2 =6,55 Lungo la traiettoria (b), abbiamo dr/dt = i + tI. Su questa traiettoria, r = xi + yJ, con x = t e y = ~ t2• Perciò, ponendo x = t e y = t2 in F(x, y), otteniamo
!
F(r(t»
=
f'2
i + (t2 + !t2)j = ! Viti + ~t2J
Il prodotto scalare di F(r(t» per dr/dt è
La tensione agente su un pendolo che si muove descrivendo un cerchio orizzontale ha due componenti, ciascuno dei quali, essendo normale allo spostamento istantaneo, non compie lavoro.
(c) Registrando le posizioni relative di FgraV e dr, vediamo che il lavoro Wgrav =
Vii + (t2 + t)j
e quindi il prodotto scalare di F(r(t» per dr/dt è F(r(t» .
Figura 10.4
E l'opposto del lavoro compiuto da una forza esterna FesI = - Fgrav nel sollevare una
sfera contro la forza di gravità,
~;:LJ!'''', 'dr~~;:~ (~~ ~M.to J .{,~,-. F <.,1)..,"""".......... Nell'esempio seguente discutiamo un altro caso in cui il lavoro compiuto su un sistema da una forza esterna si converte in energia potenziale, l'allungamento di una molla. .
185
'186
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
libera, convertendolo in energia cinetica K. Perciò, per l'equazione (10.16), K deve avere il valore
Esempio 2 Quanta energia potenziale viene immagazzinata in una molla che viene allungata' dalla lunghezza di equilibrio a una lunghezza x? Useremo l'equazione (10.4) per calcolare il lavoro, che a sua volta è uguale all'energia potenziale immagazzinata nella molla. Quando allunghiamo una molla facendole assumere una lunghezza x, la molla esercita una forza F
=
K=!mv2.
(10.17)
Ispirandoci a questo esempio, definiamo ora l'cli!l?1f!!iltwinetis K di
§}é~ m.... OOQ
I
d
=
un CArpo.
l',qm";o", (10.17)
Servendoci di questa definizione e dell'espressione W
I
okxdx='i kJ2
Poiché l'energia potenziale immagazzinata nella molla è uguale al lavoro che compiamo su di essa, abbiamo che .U = ~ kd 2
L'energia potenziale è la stessa sia che la molla venga allungata sia che venga accor~ia ta.
=
f
B
F . dr
A
.6
B
J F·
fIO
dr
dr F " - dI
(10.14)
dI
m
dv
~:
dI
, vdì
(10.18)
li prodotto scalare dv/dt . v è legato alla velocità v. Ricordando che rJ = v . v, sappiamo che .
1 J = 107 erg = 0,738 ft lb
e quindi
d
d
dv dv v·-+-·v
- (v 2 ) = - (v . v) dI
dI
dv I d _ . v = - - (v 2 ) dt 2 dI
dI
dv 2-' v dI
(10.19)
(10.20)
Sostituendo questa espressione nell'ultimo integrale e denotando il lavoro compiuto con WAB' otteniamo WAB =
ENERGIA CINETICA E CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA
I..
. '.
dI
Per esempio, supponiamo che un'automobile proceda lentamente lungo la strada e che un uomo eserciti su di essa una forza costante di 250 N, nella stessa direzione del suo moto ma nel verso opposto, arrestandola in 10m. Il lavoro compiuto dall'automobile sull'uomo è 250 J. (È importante notare che il lavoro compiuto dall'uomo sull'automobile è-250 J, una quantità negativa poiché la forza e lo spostamento hanno orientamenti opposti.)
fIO
lt
Le dimensioni del lavoro sono quelle di una forza per una lunghezza. L'unità SI di lavoro è il newton metro ed è dettajoule (simbolo: J) (dal nome di un fisico inglese che incontreremo in seguito). Nel sistema britannico, l'unità fondamentale di lavoro è il piede libbra (simbolo: ft Ib). Usando le conversioni tra le unità fondamentali, possiamo verificare che (10.15)
=
per il lavoro, dimostreremo che la relazione trQvata nell'esempio precedente ha validità generale:Jllavoro. compiut~ da. una forza DOP-nulla E è,ugua le al1 a··'Yari àzione l-~.'." ,s!!;jl'epergiRcinetica. Per iniziare la dimostrazione, usiamo la seconda legge di Newton per sostituire F con m dv/dt nella funzione integranda dell'equazione (10.14), e dr/dt con v, ottenendo
A
10.3
'cl""" ,_..'
-kx
Perciò, per allungare la molla, dobbiamo applicare una forza -F = +kx, la quale, naturalmente, ha la stessa direzione dello spostamento della molla. Perciò, il lavoro che compiamo è West
~i
f"di (12" ) 'b
d
mv
2
dI
(10.21)
Quando raggiunge l'estremo inferiore del piano inclinato di Galileo, dove h = O, la sfera avrà perduto tutta la sua energia potenziale U, convertendola in energia cinetica K. Sappiamo esattamente quale sarà il valore di K: sarà uguale a U. Ma K è l'energia associata al moto, ossia l'energia cinetica: essa dovrebbe dipendere, non dalla posizione in cui si trova la sfera, bensì dalla velocità con cui si muove. Qual è esattamente la relazione tra l'energia cinetica e la velocità? Consideriamo un'esperienza diversa, ma affine, che ci conduce facilmente alla risposta. Se lasciamo cadere semplicemente la. sfera in caduta libera da una quota h, in base all'esempio. L del capitolo 2,sappiimio che la sfera acquista una velocità che soddisfa la· relazione
è l'energia cinetica del "corpo all'istante t, e abbiamo appena dimostrato che il lavoro totale compiuto"da Fèinvero la variazione delrenergiacinetica;
v2 = 2gh
,:~. B
Moltiplicando, entrambi i.membri per otteniamo·che ~mv;, 7',mgh
ì m per ottenere mgh "nel secondo:membro, (10.16)
Sappiamo che la forza di gravità compie il lavoro W = mghsulla sfera in caduta
Poiché la funzione integranda è la derivata di ~ mv2(t), possiamo valutare l'integrale mediante il secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale, ottenendo WAB = ~ mv2 (lb)
-4 mv2 (ta)
(10.22)
La quantità K == 4mv 2 (t)
;1lZ;=, •'A;;".t:._i[t.,.~
K Jj:..~::.JS~A
(10.23)
Nel caso di un corpo che cade in direzione verticale da una quota h nel campo gravitazionale uniforme della Terra, il lavoro I F . dr compiuto dalla forza gravitazionale è mgh. Nella sezione precedente abbiamo identificato questo lavoro con l'opposto della differenza di energia potenziale gravitazionale:
I
187
188
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
-(UB -
UA)
=1:
F· dr
Il segno è tale che il lavoro positivo. compiuto dalla forza di gravità su un grave in . caduta libera faccia decrescere la sua energiaepotenziale; cioè, UB -UÀ è .negativa. Ispirandoci di nuovo a questo caso, .definiamo ora l'opposto dellavariazio,ne dell'energia Po,tenziale nella situazio,ne.generale mediantela.stessa relazio,ne -(UB -
UA) =
1:
(10.24)
F· dr
DisPo,niamo, adesso, di due espressio,ni che Po,ngo,no in relazione il lavo,ro, co,mpiuto, su un Co,rpo, una con l'energia cinetica, l'altra Co,n l'energia-potenziale. Co,mbinando le equazio,ni (10.23) e (1024), vediamo che
"
-(UB -
U A )= K B
-
(10.25)
KA
Od Ké.u,+. K,.
1...
lf~:!t!~~~J
(10.26)
Se non co,mpiamo,·lavo,ro che immetta energia nel no,stro sistema; l'energia· totale del sistema, potenziale più cinetica, si conserva. L'integrale che figura nell'equazione (10.24) descrive la variazione dell'energia po,tenziale, non l'energia po,tenziale stessa. Lo stesso, tipo di integrale può essere usato, talvo,lta per definire l'energia po,tenziale stessa (co,me verrà fatto, più avanti), ma deve essere affrontata una piccola difficQltà tecnica: il valore di UB è arbitrario,. SuppQniamQ di vedere un sasso, di massa m su un tavQlo e di chiedere quale sia la sua energia potenziale. PQtremmQ Qttenere la stessa risposta che abbiamo, QttenutQ nell'equaziQne (10.3) e ciQè che è mgh. Ma da quale livello, è misurata h? Dal pavimentQ? Dal livello, della strada esterna? O dal livello, del mare? In pratica, l'energia pQtenziale viene calcQlata sempre rispetto, a un certo, livello di riferimento, arbitrario" spesso rispetto, al più basso, livello, che un corpo, raggiunge durante una data esperienza, dQve UB è assunta uguale a zero,. La scelta effettiva del livello, di riferimento, è di SQlitQ priva di impQrtanza PQiché interessano le differenze Q variazioni dell'energia pQtenziale tra due PQsiziQni e la differenza è indipendente dalla scelta dell'Qrigine. Vediamo, CQme PQssiamo usare la cQnservaziQne dell'energia per descrivere il ;rwto,.!li.u.ll.,b!filGcg·.l:betittisrfw s;l/za autitQ-(in questo, caso, sostituiamo, la sfera rQtQlante di Galileo, CQn un blQCCQ strisciante per evitare le cQmplicaziQni associate alla rQtazione). DenQtiamQ cQn~al disQpra del tavQlQ e CQn ù,-nna,·pHQta-g$itfAAj:a; CQme è indicato, nella figura 10.5. Quindi mgz è l'energia pQtenziale quando il blQCCQ si trova alla qUQta h, e mv 2 è la sua energia cinetica. Il principio, di cQnservazione dell'energia dice che
!
mgz +
! mv 2 = CQst
mgz
+
~mv2
(10.28)
mgh
In base a questo enunciato, della cQnservazione dell'energia, possiamo trovare la velocità del blocco in corrispondenza di qualsiasi quota z. Nulla di tutto, ciò dipende in alcun modo, dall'angolo di inclinazione dei piani. In realtà, i piani potrebbero, essere verticali: avremmo, allora un grave in caduta libera. Indipendentemente dal fatto, che un corpo scenda strisciando lungo un piano inclinato Q cada di caduta libera, se esso parte da una quota h la sua velocità v può essere ricavata mediante l'equazione (10.28) che, quando viene risolta rispetto a v, dà
'0 ,~-)2g!h ,;--?i)
Rio,rdinando i termini, tro,viamo il.l!r.in\ligj.o,{iiCOll~el:\éa.ziont(
[
mQ determinare la costante valutando il primo membro in un punto qualsiasi in cui cQnosciamQ tutte le quantità. Per esempio, se assumiamo, il punto iniziale dove z = h, sappiamo che v = O, e quindi il valore del primo membro, è semplicemente mgh, che è la costante. Perciò, possiamo, scrivere
(10.27)
PQiché il primo membro è lo stesso, dappertutto, lungo, il cammino del blQCCQ, possia-
(10.29)
~u:loQità diEenQes~ltanto;dalto Sl)liZio.l~ercorsod'!l
esempio, l'equazione (10.29) concQrda in z = O CQn l'espressione v = Y2ih ottenuta precedentemente in questo capitolo per un grave in caduta libera. Il principio di conservazione dell'energia è utile per analizzare il moto non soltanto, sui piani inclinati e nel caso, dei gravi in caduta libera, ma anche per molti altri fenomeni quali i pendoli e le mQlle. Quella che segue è una generalizzazione del procedimento, che abbiamo usato per applicare il principio:
... (a)
(b) (c)
(d)
(e)
Si definisce il sistema in questione. Si sceglie una posizione di riferimento, per U = O e la si usa coerentemente. Si scrive l'energia totale del sistema nel punto, per esempio A, in cui si vuole determinare una certa quantità incognita (come la velocità Q la quota); E A = UA + K A • Si trova un altro punto, per esempio, il punto B, in cui si CQnosce tutto riguardo al moto del CQrpQ e si scrive l'energia totale in quel punto; EB = UB + K B • La conservazione dell'energia implica che E A = E B; si uguagliano le due energ\e e si risolve rispetto, alla quantità incognita.
I
I
~--------------------------~~
Finora, conosciamo, due specie di energia potenziale che possono essere rappresentate da U. Una è l'energia potenziale che una massa m pQssiede in virtù della sua quota z sopra la superficie terrestre. Se assumiamo, U = O in z = O, questa energia potenziale ha il valore U gr"
= mgz
Jl
l ' (:
il
/-.-
-
/; \\
U.!~:!~~~~ r>::i\'"iC~,)l.,."""G>;(Q., ~&~Le.A.v-..Qo"~e.<10.3)
L'altra è l'energia potenziale immagazzinata in una molla allungata oppure accorciata di una quantità x. Se assumiamo U = O in x = O, questa energia potenziale ha il valore
L.U
\\
(10.30)
--"
Figura 10.5 La co,nservazio,ne dell'energia applicata all'esperienza di Galileo,.
Negli esempi seguenti, il principio di conservazione dell'energia è applicato a vari problemi.
189
190
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
à ~l. ___~
I
-"",/
=
nostro sia stato dedotto dalle leggi di Newton, la qual cosa significa che avremmo potuto risoivere il problema impiegando le sole leggi di Newton, l'uso della conservazione dell'energia aumenta la nostra comprensione del moto e ne semplifica l'analisi.
Esempio 3 La massa di un pendolo viene allontanata dalla verticale di un angolo 9 e abbandonata a se stessa. Si trovino la velocità della massa e la tensione nel filo di sospensione nel più basso punto dell'oscillazione, supponendo che / = 0,3 m, 9 = 30· e m = 0,5 kg. Prevedendo di usare il principio di conservazione dell'energia, misuriamo tutte le altezze verticali o quote (e perciò l'energia potenziale) a partire dal più basso punto dell'oscillazione, il punto B. Dunque, l'energia totale della massa nel punto A, immediatamente prima che essa venga abbandonata a se stessa, è E A = mgz
,.
dove z è la quota sopra B. Usando la geometria, vediamo che z cos 9); quindi, l'energia iniziale è EA
=
= / - / cos 9 = /(1
-
mg/(l - cos 9)
L'energia totale in B è puramente cinetica poiché abbiamo scelto z = O in questo punto; quindi, ED = mti. Perciò, il principio di conservazione dell'energia, E A = ED' implica che
ì
mg/(1 - cos 9) =
T
{ mg
\ a
q~1/
=
"l/2g/(1 -
cos 9)
Sostituendo i valori numerici, troviamo che nel nostro caso questa espressione assume il valore 0,9 rnIs. Ci si potrebbe chiedere perché la tensione nel filo, che esercita costantemente una trazione sulla massa del pendolo, non le fornisca energia come fa la forza di gravità, introducendo così un termine aggiuntivo nell'equazione di conservazione dell'energia. La risposta è che la tensione non compie lavoro sulla massa del pendolo perché agisce in direzione perpendicolare al moto, J F . dr = o. Per trovare la tensione nel md, una forza, dobbiamo usare la seconda legge di Newton. Applicando la seconda legge con il diagramma di corpo libero per .la massa del pendolo, vediamo che una combinazione di peso e tensione fa descrivere alla massa la sua traiettoria circolare di raggio l. Si tratta di un moto circolare nonuniforme, ma alla fine della sezione 7.6 abbiamo visto che la componente centripeta dell'accelerazione è .;zII anche per il moto non-uniforme. Perciò, nel punto più basso abbiamo che Ts - mg + mv~!l
la qual cosa implica che
Ts = mg +
mv~!l
Sostituendo a Va l'espressione ricavata dal principio di conservazione dell'energia, troviamo che la tensione nel filo quando la massa del pendolo si trova nel punto B è Ts
=
mg
+
2mg(1 -
Una pistola giocattolo è costituita da una molla di massa trascurabile che, quando è compressa di 0,5 m, è in grado di lanciare verticalmente verso l'alto una freccia di gomma di 20 g fino a una quota di 3,0 m. Si determini la rigidezza (o costante elastica) della molla. Sia la freccia sia la molla possono avere energia. All'inizio, il sistema (freccia e molla) possiede energia potenziale immagazzinata nella molla, nonché energia potenziale gravitazionale della freccia. Nel più alto punto della sua traiettoria, la freccia possiede una maggiore energia potenziale gravitazionale ed è priva di energia cinetica, mentre la molla, non essendo più compressa, è priva di energia potenziale. Il principio di conservazione dell'energia implica che in questi due punti l'energia deve essere la stessa. Formuliamo matematicamente ciò che abbiamo appena enunciato verbalmente. All'inizio, l'energia del sistema è E A = Um + Uf + Kf' essendo la somma dell'energia potenziale della molla (Um = kzi, che corrisponde ad assumere z = Onella posizione non compressa della molla), dell'energia potenziale gravitazionale della freccia (in generale Uf = mgz, ma all'inizio assumiamo z = ZA = -0,05 m) e dell'energia cinetica della freccia (all'inizio Kf = O). Nel punto più alto della traiettoria, abbiamo che ED = U m + Uf + Kf = O + mgzD + O. La relazione E A = ED implica che
ì
ì mti
Risolvendo rispetto alla velocità Va, troviamo che
Va
Esempio 4
cos a)
= mg(3
-
2 cos a)
Questo risultato ha la proprietà ragionevole che la tensione nel punto più basso dell'oscillazione è tanto maggiore quanto maggiore è la quota da cui l'oscillazione è cominciata e si riduce a TD "" mg quando l'oscillazione comincia da 9 "" O. Numericamente, la tensione risulta essere 6,2 N nel caso di un'oscillazione cominciata da 9 = 30· con m = 0,5 kg. Una combinazione del principio di conservazione dell'energia e delle leggi di Newton offre un metodo potente per affrontare un'ampia varietà di problemi di fisica classica. Benché il principio di conservazione dell'energia per un sistema come il
t kzi = mg(zs -
ZA)
= mgh
Risolvendo rispetto a k, troviamo che k
= 2mgh/zi = 2(0,02 kg) (9,8 m/s 2) (3,0 m)/(0,05 m)2 = 4,7 . 102 N/m
Esempio 5 Un rocciatore di 80 kg sta scalando una parete verticale. Una corda fissata al suo corpo passa attraverso un moschettone situato 40 m al disotto ed è assicurata altri 5 m al disotto. Il fermo di sicurezza si trova a 70 m sopra il suolo. Il rocciatore scivola e cade verticalmente. La corda, tendendosi, agisce come una molla. Si suppone che il moschettone sia privo di attrito e che la corda abbia una massa trascurabile e una rigidezza di 520 Nlm. (a) Se nulla si rompe, di quanto si allunga la corda? (1:) Supponiamo ora che il punto di rottura della corda sia una tensione di 19000 N e che il moschettone si rompa se la forza esercitata su di esso supera 22 000 N. La corda o il moschettone si rompono nella caduta descritta precedentemente? (c) Se il moschettone si rompe, il rocciatore colpisce il suolo? Quando la corda si tende, il rocciatore si trova 40 m al di sotto del moschettone, corrispondenti a una quota di 35 m sopra il suolo. Scegliendo il punto zero dell'asse z in corrispondenza di 35 m sopra il suolo e il livello zero dell'energia potenziale gravitazionale nello stesso punto, l'energia totale del rocciatore e della corda E + K + U (rocciatore) + U (corda) è inizialmente E = O + mgzo + O, dove Zo conservazione dell'energia dà
= 80 m. Quando il rocciatore cade, la
T
4r assicurazione
r
70 m
191
192
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
E
mgzo
~ mv
E
mgzo
~ mv 2
2
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
+ mgz
(z
>
O)
+ mgz + ~ kz 2
(z
<
O)
10.4
Un pendolo che oscilla, un carrello delle montagne russe che si tuffa in una discesa e una corda di chitarra che vibra sono tutti esempi di conversione dell'energia potenziale in energia cinetica, di questa di nuovo in energia potenziale, e così via. In ciascuno di questi ·esempi, il sistema acquista energia potenziale attraverso una variazione della posizione che occupa: il pendolo viene allontanato dalla posizione di riposo, il carrello delle montagne russe viene sollevato, la corda di chitarra viene pizzicata. E, quando il sistema viene abbandonato a se stesso, l'energia potenziale si converte in energia cinetica, questa si riconverte in energia potenziale, e così via. Si può anche avviare un sistema impartendogli energia cinetica. Una palla da baseball lanciata da un esterno, una freccia scagliata dall'arco di un cacciatore e una sonda planetaria lanciata dalla NASA sono esempi di comunicazione di energia cinetica a un sistema e di conversione di una parte di questa energia in energia potenziale gravitazionale.
(la corda agisce come una molla soltanto in corrispondenza di z < O, dove è tesa). Per visualizzare la relazione tra E, U e K (che fisicamente non può essere minore di O) in problemi come questo è assai utile disegnare un diagramma dell'energia:
u=mgZ+~kz2 ...... ~
*
ENERGIA POTENZIALE GRAVITAZIONALE
"-..E=K+u=mgz o
Però, nel caso di un razzo, dobbiamo riflettere maggiormente sulla sua energia potenziale: essa non è mgh. Infatti, come abbiamo visto nel capitolo 7, la forza di gravità che si esercita .su un corpo-di massa' m è mg soltanto in prossimità della superficie della. Terra. La legge di gravitazione universale .di Newtonesprime il caso generale:
(a) La condizione per l'allungamento massimo è K = O,
mgzo = O +mgz + ~ kz 2
F=-G mMT
,:;.
Questa equazione di 2' grado (o quadratica) ha due radici,
z
=
J
~g (I ~ I + 2;~J)
una positiva e una negativa. La radice positiva, che si ottiene usando il segno meno davanti al radicale, giace all'esterno della regione in cui il potenziale della molla agisce fisicamente: la corda non è tesa in coJ;rispondenza di z > O. Cioè, la radice positiva è estranea. Ci serve la radice negativa. Numericamente, troviamo zm.. = -17,1 m; quindi, l'allungamento massimo è -zmax = 17,1 m. Considerando la forza anziché l'energia per risolvere questo problema, notiamo che mg + kz = O non è la condizione per l'allungamento massimo; bell-~ì, è il minimo della curva dell'energia potenziale totale U =mgz + 4kz2 nel diagramma dell'energia,' " e ivi è in realtà massima l'energia cinetica K = E - U, .come si vede dal diagramma. Al disopra di questo punto, predomina la forza di gravità e il rocciatore accelera verso " il basso; al disopra di questo punto, predomina la forza elastica e l'uomo decelera. . (b) La tensione massima T nella corda è
li
k(- zmax) = 520· 17,1 N
i;f1\ T
T
=
8892 N
molto inferiore al punto di rottura della corda. La forza esercitata sul moschettone ha il doppio di questo valore poiché la corda passa attraverso di esso. Perciò, il moschettone si spezza prima della corda, una caratteristica di sicurezza assai desiderabile! Nel nostro caso, la forza esercitata sul moschettone è 17784 N; infèriore al suo punto di rottura. (c) Supponiamo ora che il moschettone sia difettoso e che si rompa in corrispondenza di una tensione minore. Limiteremo la nostra attenzione al caso piu semplice, in cui il moschettone si rompe non appena l'uomo che cade raggiunge z = O. In questo caso la corda si tende soltanto a 25 m sopra il suolo. Ripetendo l'analisi precedente con Zo aumentata da 80 m a 90 m, troviamo che la corda si allunga di 18,0 m, lasciando allo scalatore 25 m - 18 m = 7 m sopra il suolo.
r
(7.2)
dove tutte le distanze sono misurate dal centro della Terra. Perciò, dobbiamo considerare la variazione della forza di gravità mentre il razzo si allontana dalla Terra. Calcoliamo il~ che viene çpmpillffi,guanM,skinv,ia.:1m'.rwzQ.,dalla -superfi~de!la:>;r.e!iD!, dove r = RT, a una certa grande distanza Rd' Anzitutto, per sollevare il razzo dobbiamo applicargli una forza Fest = -Fgrav uguale e opposta alla forza di gravità data dall'equazione (7.2). Per semplicità, supponiamo di lanciare il razzo lungo la verticale, cioè in direzione radiale. La forza Fest e lo spostamento avranno lo stesso orientamento, come è mostrato nella figura 10.6. Poiché questo moto è rettilineo, il lavoro che compiamo è
West
=
Rd
f
RT
F est dr
Sostituendo a Fest' che è una funzione di r, la sua espressione, otteniamo *
West
=
fRd
RT
T) dr = GmM (G mM r2 T
f~ RT
dr ,:;.
(10.31)
Sapendo che un integrale indefinito di li':;' è -lIr, possiamo valutare l'integrale ottenendo
tE-:mM~kL_i.-)-I 1·:·-;0 .• "\R:(R.d r-- R -1
(10.32)
T
F I ..__ i---------..... • r
r
est =
G mM __T.' r2 r Figura 10.6
L
Rd - - - - - - - - - - - -
Il lavoro compiuto per spostare una massa m da Rr a Rd'
• In questo caso trascunamo il fatto che nella reale propulsione a razzo la massa del razzo 'Varia via via che esso consuma il suo combustibile. I princìpi della propulsione a razzo, che pennettono di tenere conto di questa complicazione, verranno descritti nella sezione II. 5.
193
194
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE 10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
Poiché 11RT è maggiore di llR d , il lavoro compiuto dalla forza esterna è una quantità positiva, come doveva essere poiché dovevamo fornire energia per far giungere il razzo alla distanza, Rd' Quest'ultimo risultato vale se il moto si svolge lungo qualsiasi traiettoria che vada dalla superficie della Terra a qualsiasi punto dello spazio distante Rd' Lo dimostreremo nell'esempio 6, ma, per farci un'idea della ragione per cui è così, consideriamo una traiettoria particolare che vada dalla distanza RT alla distanza Rd e che sia costituita da tappe alternantisi lungo rette radiali e archi circolari (perpendicolari alle rette radiali), come è illustrato nella figura 10.7.
Supponiamo che il razzo si muova lungo una traiettoria con vettore posizione r(t) all'istante t. All'istante t = O esso si trova sulla superficie della Terra e quindi RT = r(0) = !r(O)!. A un certo istante ti si trova a una distanza Rd e quindi Rd = r(tl) = !r(tl)!' Il lavoro che compiamo per inviare il razzo da r(O) a r(t ) è l'integrale di linea l
W
est
=
I
r(I,)
r(O)
-F·dr=
l'I
dr o -F.-dI dt
dove F è la forza gravitazionale data dall'equazione (7.2). Il vettore posizione soddisfa la relazione r = rf e quindi la sua derivata è dr df dr -=r-+-f di di di Scrivendo il prodotto scalare di questa derivata per -F otteniamo
_F
dr
-F·-=
'---~--·_F
di
df rF·dr
dr -F.f di
Ma i, essendo un versore, ha modulo costante e quindi è sempre perpendicolare alla sua derivata arldt. Anche -F, avendo lo stesso orientamento di r, è perpendicolare a arldt; quindi, F . arldt = O e l'equazione precedente diventa
- F . dr = _ dr F . r = GmMT dr dt dt r2 dI
Rgura 10.7 Una traiettoria costituita da segmenti rettilinei radiali e archi circolari, congiungente la superficie della Terra con un punto qualsiasi dello spazio.
dove è stata usata l'equazione (7.2) per F. Perciò, l'integrale per il lavoro diventa
Poiché la forza Fest è sempre radiale, non viene compiuto alcun lavoro lungo gli archi circolari poiché Fest è ivi perpendicolare allo spostamento. Perciò, il lavoro totale compiuto dalla forza esterna si ottiene sommando i lavori compiuti nelle sole direzioni radiali e ottenendo lo stesso risultato che abbiamo ottenuto prima,.
west =
GmM
(.l -.l)
T RT
west =
Secondo la nostra contabilità, il lavoro che compiamo sul razzo ne aumenta l'energia potenziale. L'energia potenziale è maggiore alla distanza Rd di quanto sarebbe sulla superficie della Terra secondo la quantità !!.U = Wcst o
.
!!.U
= U (R
.
) - U (R ) d T
=G
mMT
mMT
-- - G -RT Rd
.
GmMT dr dI r2 dt
=
f" i!.(- GmMT) dI dt r O
w
= GmM
est
T
(_1___1_) r(0)
=
GmM
r(tl)
T
(.J... _.J...) RT Rd
la stessa formula che abbiamo ottenuto nel caso del moto rettilineo. (10.33)
In base a questa espressione identifichiamo l'energia potenziale come
I Q("-~9
O
Poiché la funzione integranda è ora una derivata, possiamo valutare l'integrale mediante il secondo teorema fondamentale, ottenendo
(10.32)
Rd
l''
Il risultato secondo cui il lavoro compiuto sul razzo dalla forza di gravità è indipendente dalla traiettoria, WAS(l) = WAIl (2)
(10.35)
(10.34)
i arbitraria I tlel
piÙ una costante caso d\:i1i e:t:\lllti çhe aCcadono in Drossi,mjt~ .;superficie della Terra, spesso si assyme la posizione di riferimento &:ve Usi a:nn,l!!J,il-. in corrispondenza di r = &:, pQnendo 1a.s;.Q~tante ut\!;!ale a GrnM:t1R+,. Ma, ~ comi che [email protected] a gtanÒi4ist,a n ze, i: s;.Q!llJJ,ue.4l:ìS1Jmçre la posi7-iolle di tifl:ti:._•• ~~O.!L~j,.z~_.~QI>. ponendo la costante u~uale a zero .• Per il principio di conservazione dell'energia, se il razzo si arrestasse dalla distanza Rd e ricadesse sulla Terra, esso vi giungerebbe con un'energia cinetica ~ mrr uguale a U(R d ) - U(RT ), il cui valore è espresso nell'equazione (10.33).
ìmplica Che~illtQ3ia!!a (figùra rO.8};e nul!' __ ~ WAS(l)
+
Si dimostri che il lavoro compiuto sul razzo è indipendente dalla traiettoria che va dalla superficie della Terra a un punto qualsiasi dello spazio situato a una distanza Rd'
=
WAs(l) -
WAs (2)
gravitìf
h!~!1O&-'zaietto_'i;tçhinsa.' __---
=O
(10.36)
ti)
~B A~ --;;::-.-'/// ------(2)
Figura 10.8
Esempio 6
WsA (2)
furz~dj .-
..,D,\J.!!o.
11
Ua1lora ..coIllPiuto. danna forza,conser:vatiya lungo ..un.cammino chiuso
a forza che ubbidisce a questa proprietà è detta forza conserv . . .rza gravitazionale e la.for7a elettnca songJ:.Qrze conservative. mentre l'attrito non è
195
196
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE 10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
r l .
forza considerata nell'esempio 1 di questo capitolo è non-conservativa, poiché abbiamo trovato che il lavoro compiuto da questa forza è dipendente dalla traiettoria. È possibile associare un'energia potenziale a una forza, come abbiamo fatto nel caso della forza di gravità, se e soltanto se la forza in questione è conservativa. Nei primi racconti di fantascienza sui viaggi estraterrestri, come quelli di Jules Verne e H. G. Wells, gli esseri umani si avventuravano nello spazio, non in lucenti veicoli propulsi da razzi, bensì in proietti sparati da cannoni colossali. Potremmo chiederci, come di certo fecero quegli autori, se sia realmente possibile liberare l'umanità dalle pastoie della forza gravitazionale della Terra in quel modo. Con quale velocità dovrebbe essere sparato un proietto perché possa fuggire dalla Terra senza farvi più ritorno? Possiamo calcolare la ~S~ri~ J;let.U!,ggire ~lla Tt;rra, impiegando la conservazione dell'energia. Se parte con una velocità v, il proietto ha un'energia cinetica! mv2. Mentre esso viaggia allontanandosi dalla Terra, quell'energia si converte gradualmente in energia potenziale. All'istante in cui la sua velocità si è annullata, il proietto si trova a una distanza, per esempio R d , in corrispondenza della quale l'energia potenziale che ha acquistato è uguale alla sua energia cinetica iniziale:
l mv2 = GmM (_1RT___Rd1_)
2
10.5
Ora che ci siamo impadroniti dei concetti di lavoro ed energia potenziale, li useremo per stp.diare a fondo la stabilità dei sistemi meccanici. Supponiamo di avere un corpo di massa m, su cui agisce una forza F(x) che si annulli a un certo punto. Per semplicisi muova soltanto nella direzione he sia x = O il-'-I.L:v_",,~i.:.,h~: tà, supponiamo che il c punto in cui fu} si annu.l!& Allora, per la seconda legge di Newton, il corpo rimarrà i in x = O se vi viene collocato in quiete. Diciamo che il corpo è in equilibrio nel punto! L x = O dove la forza risultante si a!l.nulla e che la posizione in cui F _ O è la posizione I ~(}<,....t di equi l .:;no. I
!
J
Se tutto il lavoro va .ad aumentare l'energia potenziale, abbiamo che U(x) -
(10.37)
U(O) = W = --
J:
F(x') dx:
(10.40)
T
l'integrale della forza -F fornisce la variazione dell'energia potenziale. Quindi, mediante il primo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale, troviamo l'impor-
(:":;' -JJ
Perché fugga completamente dal campo gravitazionale della Terra, il proietto dovrebbe trovarsi a grande distanza: Rd deve essere infinita. Quindi, nell'ultima equazione, il termine 1/Rd è nullo. Perciò, perché possa fuggire, il proietto deve partire con una velocità minima vf che si ottiene uguagliando la sua energia cinetica iniziale al necessario aumento dell' energia potenziale:
f mVf= GmM-rfRT
""J' d,ri,,~ d~'~op, ~, rom~ mr~::J
Per esempio, in un campo gravitazionale uniforme, U = mgz e la forza gravitazionale -dU/dz ha !'intensità mg e agisce nella direzione orientata -z. Una conseguenza immediata dell'equazione (10.41) è che dU/dx = O nella posizione di equilibrio x = O; Inoltre, ricordando che, come abbiamo visto nel capitolo 3, dU/dx = O in un massimo o in un minimo di U(x), giungiamo alle importanti conclusioni che !JjjJa posizione di 'eQuilibrio..JiLw:!..s:i1!:J2fJ.J1 ci <,,/tante delle fàr:ze....dJ.i.:. . . .agisconosu di esso Si annullai rjJlL~jj?rza è associata a un 'energia I?~ 4tX::"f(~~_.~ .. e U(x) ha ~n massimo o un minimo (o, ~iù rarame~t~, U ~uò essere costan:e o avere L: ~~v:;: ..;~f); un punto dI flesso). ullndoha un massimo o un mIDlmo ID x = avra f r ' __ ~1 ."""' .. /.:_~~.~
(10.38)
Risolvendo rispetto a vf ' troviamo la y"elocità di fuga (o velocità di evasion~
b;'\iìGM~'l
(10.39)
È importante notare che questo valore non dipende dalla massa del proietto o dal suo orientamento iniziale: sia esso una molecola d'aria che fugge dall'atmosfera o una' sonda interplanetaria in viaggio verso Nettuno, ogni corpo ha bisogno della stessa velocità iniziale per fuggire dalla Terra.
.~B0t,l:{f;?0A~d. 1<;"'4 ~
J.sanente la forma
~(x) -
-
l
2
(10.42) jn prossimità di x, =Jl. Ivi la caratteristica principale è la dipendenza quadratica da x. Abbiamo scelto,. di denotare il coefficiente con k per far sì che l'equazione Successi va assuma una forma comoda; k è positivo. in un minimo e negativo in un massimo. Queste due possibilità' sono illustrate nella figura 10.9, dove U(O) è stata posta uguale a zero Per comodi t à ...1a forza corrialOnd.!mte all'equazione (10.42) è_ U(O) - :1 kx
U(x)
Esempio 7 Si stimi la velocità di fuga dalla Terra. In base al capitolo 7 sappiamo che
.
g= Gm-rfR}
e quindi possiamo scrivere la velocità di fuga dalla Terra nella forma comoda
V2gRT
Sapendo che g è circa IO m/s 2 e che il raggio della Terra è circa 6,4 . IO l km, possiamo determinare facilmente che la velocità di fuga è circa Il km/s, una velocità grande ma non impossibile da ottenere.
I
I
• Sono possibili, ma più rare, anche aItre forme che danno un massimo o un minimo per esempio U(x) s - U(O) ~ ax4. o ax6, ... . E così sono possibili punti di flesso come U(x) _ U(O) ~
/3xl, o /3x .....
I
'"
-m
_x
I I (10.43)~
. F = -dU - = -kx. dr. . Riconosciamo che l'equazione (I0.3) ha la forma della legge di Hooke, benché molti sistemi fisici diversi dalle molle possano presentare questo comportamento. * Possiamo giungere a una Comprensione fisica intuiti va di questi risultati considerando una bilia e una ciotola. Il moto tridimensionale della bilia differisce di certo dal moto unidimensionale nel potenziale U(x), anche se la ciotola ha la forma parabolica della curva U(x), ma la somiglianz.a qualitativa del comportamento è, ciò nonostante, istruttiva. Due posizioni della bilia e della ciotola sono mostrate nella figura
,~v:..v.,_.~,~." ~.C. 1 ...
ftX),:_lK. >Cj r" _ ~.
f
V=
19
ENERGIA POTENZIALE E STABILITÀ
W
U(x)
x
(bl
Figura 10.9 Diagramma della funzione energia potenziale U ~ kx2 per (a) k > O, (b) k
f
198
['
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
(a)
(b)
Figura 10.10 Ciotola corrispondente a un potenziale (a) con equilibrio stabile, (b) con equilibrio instabile.
~~
~'
-F(x)~UQ<)
[
10.10. Se collochiamo una bilia in quiete sul fondo della ciotola, essa vi rimane: si trova nel minimo dell'energia potenziale e il risultante delle forze che agiscono su di essa è nulla. Analogamente, se collochiamo una bilia sulla sommità di una ciotola capovolta, come nella figura iO.IOb, la bilia rimane ancora nel massimo della sua energia potenziale poiché il risultante delle forze che agiscono su di essa è nulla. In ogni caso, la bilia è in equilibrio. Benché la bilia sia in quiete in entrambi i casi, le due situazioni non sono equivalenti, per la seguente ragione. Se spingiamo la bilia quando si trova sul fondo della ciotola, essa rotola qua e là per un po', ma finisce per fermarsi nella posizione di equilibrio, dove si trovava prima. Se invece perturbiamo, sia pure nel modo più lieve, la bilia che poggia sulla sommità della ciotola capovolta, essa rotola giù dalla ciotola e, probabilmente, fuori del tavolo: la bilia non ritornerà mai nella sua posizione iniziale. Il fatto pbe jl risuJtante delle fur~\: cbe agiscoQO sy lUI. como ~ulla non assicura che esso si troyi jn una condizjope di sta b j1iLir Eyidentemente, esis:~mo d\!2. t!pi di ~q~ Quando la bilia si trova sul fondo della ciotola, si dice che si trova in equilibrio stabile:. quando si trova sulla sommità della ciotola capovolta, si dice che si trova in equilibrio instabile. Fisicamente, la differenza tra i due tipi di equilibrio è la seguente . .Q.u.andn l'equilibrio è stabile, una perturbazione prodyçe !lna forza di richiamo che riconduce _ verso la posizione di èquilibrio: ciò è una diretta conseguenza del fatt9 che in quel punto l'energia potenziale è minima(Se la uerturbazione aumenta l'e ncrgÙJJ2otenziale. del corno allora esso ClJjando yjene abbandonar" a se rte;:sa rilolJ:Ul...V1'So la sua po&i
zione iniziale, cioè verso un punto di minore.!nergia l?otenziale) Esattamente come la forza determinata dalla ciotola e dalla gravitazione fa muovere la bilia verso il fondo della ciotola, possiamo immaginare che la forza associata all'energia potenziale nella figura 10.9 spinga un corpo facendolo ritornare verso la sua posizione di equilibrio. Questa forza, data dall'equazione (10.41), F =.:.. dU
_~~
~
-
.. .
_. _.' 9
n-v.;J...:1,., .'.
-::11 ~:ìi ~:_
-1:- [
_:,~"'''''~ ,
- FeK)fV'O'>"\,*U01 ~
dx ha segno opposto al coefficiente angolare della curva dell'energia potenziale. Perciò, come è illustrato nella figura iO.9a, se il corpo viene spostato nella direzione x positiva, dove il coefficiente angolare del potenziale è positivo, la forza agisce nel verso opposto, riconducendo il corpo verso la posizione di equilibrio. Analogamente, se il corpo viene spostato nella direzione x negativa, la forza agisce nel verso opposto, riconducendo il corpo verso la sua posizione di equilibrio. .Q.W!ll.Q.ç..t:sgyjJj12.!:iQ è inst!lbile, una lieve sl?inta determina una ~a..ç~~ ad allontanare il co o dalla osizio occu ava.(Sè ì'à p;;;;;r;;;;jone diminuiççe l'energia potenziale, il corpo continua a muoversi a ontanandosi dalla sua posizjg]JR. ,Lnizial9Come è indicato nella figura 10.9b, se il punto materiale viene spostato nella <:lirezione x positiva, il coefficiente angolare della curva dell'energia potenziale è negativo e quindi la forza è positiva: la forza che agisce nel verso positivo fa allontanare il corpo dalla sua posizione iniziale, Esiste anche un terzo tipo di equilibrio, detto equilil2rio indiffèrente, che può essere illustrato da una bilia che poggia su una superficie piana. Se la bilia viene spostata lievemente, la sua energia potenziale non varia ed essa non è so~ (orza di richiamo né a una forza di repulsionl: L'equilibrio indiffeiente corrisponde a regioni dove la curva dell'energia potenziale è costante. Matematicamente, i differenti tipi di equilibrio si possono distinguere mediante il valore della derivata seconda di U nel punto di equilibrio. Come è illustrato nella figura 10.9 e 10.10, in un punto di equilibrio stabile la derivata seconda è positiva, mentre in un punto di equilibrio la derivata seconda è negativa. I pendoli, i carrelli delle montagne russe e le corde delle chitarre sono esempi di sistemi con punti di equilibrio stabile. In questi casi, qualcosa posto in moto continua a muoversi per un po' di tempo, mentre l'energia cinetica si converte in energia potenziale e di nuovo in energia cinetica e così via, Col trascorrere del tempo, una quantità via via maggiore di quell'energi<\ si converte in calore, finché il sistema non possiede l'energia minima che può avere, e cioè energia cinetica nulla (esso si arresta)
U
F0)~ULx
V(X).cc.t
(10.41)
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
e l'energia potenziale più bassa che può possedere. Ecco perché l'equilibrio stabile si realizza sempre in un minimo dell'energia potenziale. I sistemi instabili comprendono, ad esempio, una matita in equilibrio sulla sua punta, una pila di tessere di domino e un castello di carte: tutti questi sistemi possiedono un eccesso di energia potenziale, che può convertirsi facilmente in altre forme di energia e finisce col farlo.
Esempio 8 Perché un bicchiere alto e stretto è meno stabile di un bicchiere cilindrico tozzo? Consideriamo un bicchiere cilindrico di raggio R, con il centro di gravità a una distanza h sopra il piano del tavolo (a), La sua energia potenziale è U = mgh. Se il bicchiere viene inclinato lievemente, il suo centro di gravità si solleva (b), Perciò, il bicchiere è stabile contro i piccoli spostamenti. L'energia potenziale raggiunge il suo massimo, U = mg Yh 2 + R2, quando il centro di gravità viene a trovarsi direttamente sopra lo spigolo del bicchiere (c), È questo il limite della regione stabile, Se viene spinto oltre questo punto, il bicchiere può abbassare il proprio centro di gravità inclinandosi ulteriormente e quindi cade (d). Si può aumentare l'aQgolo critico per la stabilità,
ec =
are tan
Il
li. h
Il A
U=mgz
r-\
JJcL---ç:]-~~~-D t-Ri (a)
(b)
(c)
(d)
aumentando il raggio o abbassando il centro di gravità, Un bicchiere alto e stretto è meno stabile di un bicchiere tozzo poiché ha un centro di gravità alto e una base piccola. Alle stesse conclusioni si può giungere studiando i momenti delle forze o momenti motori. La forza di gravità agisce verso il basso attraverso il centro di gravità e la forza normale esercitata dal tavolo agisce verso l'alto attraverso il punto di contatto. Nella sua posizione verticale, il bicchiere è in equilibrio (a), Se il bicchiere viene inclinato lievemente, il momento di forza agisce in modo da ricondurlo verso la sua posizione verticale stabile (b), Quando il centro di gravità viene a trovarsi direttamente sopra lo spigolo del bicchiere, il momento di forza di richiamo si annulla (c), Oltre questo punto, il momento di forza è destabilizzante (d), Globalmente, esistono due punti di equilibrio: il punto di equilibrio stabile in (a) e il punto di equilibrio instabile in (c), il quale rappresenta anche la limitazione superiore degli spostamenti che ricondurranno ad (a).
(
(b)
(c)
(d)
I concetti di equilibrio e stabilità vengono applicati anche ad altri settori, oltre che in fisica, Un esempio è un sistema ecologico. I sistemi ecologici semplici, come una piccola giungla, tendono a essere stabili. Quando c'è una quantità sufficiente di piccoli animali di cui i grandi animali possano nutrirsi, il sistema è in equilibrio,
199
200
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
Però, se i predatori mangiano troppe prede, i piccoli animali non sono più sufficienti e i grandi animali cominciano a morire. La presenza di un minor numero di predatOri permette ai piccoli animali di riprendersi, e anche i grandi animali si riprendono. Un altro esempio di sistema stabile è un governo ben progettato. Il termine «pesi e contrappesi» viene usato per esprimere il concetto che il sistema reagisce automaticamente in modo da opporsi alle perturbazioni. D'altra parte, è facile immaginare sistemi politici ed economici che sono instabili. Questo tipo di esempio ci conduce assai lontano dal nostro punto di partenza, la semplice equazione F = -kx. E invero l'approccio che abbiamo adottato in questa sezione è stato diverso da quello che abbiamo seguito di solito. Finora, lo studio della fisica è consistito tipicamente nel considerare un certo fenomeno (per esempio, la caduta di un grave), nel separarlo nelle parti che lo compongono (per esempio, forza di gravità e resistenza dell'aria) e nel concentrare l'attenzione su ciò che sembra fondamentale e nel descriverlo in modo preciso e completo. Per contro, in questa sezione abbiamo usato la semplice equazione F = -kx come metafora per descrivere il comportamento di sistemi sempre più complicati: una corda di chitarra, una pila di tessere del domino, o una giungla. La descrizione continua ad avere senso, benché diventi sempre più difficile formulare equazioni matematiche che descrivano completamente la situazione. In fisica, un semplice esempio che può essere analizzato nei particolari e usato per estendere la conoscenza della natura è detto modello. Anche in molti altri campi, per esempio in economia, gli studiosi tentano di rappresentare mediante modelli matematici i sistemi di cui si occupano, i quali hanno spesso una complessità immensa.
Esempio 9 L'energia potenziale tra due molecole di gas viene descritta spesso mediante la funzione empirica
U(rl = - U"[2(r,,lr)6 - (r"lr)"] dove r è la distanza tra le due molecole e Uo ero sono costanti positive. Qual è la distanza di separazione a cui le molecole non sono soggette ad alcuna forza e qual è il valore dell'energia potenziale a questa distanza? La forza intermolecolare si può ottenere da questo potenziale prendendo la derivata F
U(r)
dr
U
()
(-12r~ -r-7-
+
12r(\2)
7
Questa forza è positiva (diretta radialmente verso l'esterno) in corrispondenza di r piccola, negativa in corrispondenza di r grande, e si annulla in corrispondenza di r = 'o' Il valore del potenziale nel punto in cui F = O è U(!",,) =
-Uo
Il potenziale intermolecolare e la forza intermolecolare sono rappresentati graficamente a lato. Nella regione in prossimità di 'o' il diagramma di F può essere approssimato mediante la tangente in ro' Poiché
,=
F'(ro) = -72Uo/r5 l'approssimazione lineare è
r - ro F = -72Uo - - 2 ro Integrando -F otteniamo una corrispondente approssimazione quadratica per U:
U "" - U" + 36U"
(r - ro)2 , r6
In altre parole, la forza intermolecolare e il potenziale intermolecolare si comportano come una molla in corrispondenza di piccoli spostamenti dall'equilibrio, come abbiamo visto nel capitolo 8, con costante elastica k = 72Ur/r'5.
10.6
CALORE ED ENERGIA
I primi tentativi di formulare il concetto di conservazione dell'energia si imbatterono in un rigido pregiudizio: le leggi di Newton comprendevano tutta la verità riguardo alla natura; se non poteva essere basata sulla meccanica di Newton, una legge non era fisica, bensì misticismo. Ciò nonostante, nella prima metà del secolo scorso, una dozzina di scienziati avanzò in qualche forma l'ipotesi che l'energia si conservasse. Due di essi furono James Prescott Joule, un fabbricante di birra dalla mentalità pratica che lavorava in Inghilterra, e Herman von Helmholtz, un fisiologo tedesco. Attraverso la loro opera, il principio di conservazione dell'energia divenne scientificamente rispettabile; ma per raggiungere questo risultato, essi dovettero affrontare l'apparente non-conservazione dell'energia nel mondo. Esistono numerosi fenomeni in cui l'energia, almeno nella forma di energia cinetica ed energia potenziale, sembra non conservarsi? Una cassa che striscia sul pavimento finisce con l'arrestarsi; una palla di gomma lasciata cadere da una certa altezza rimbalza sempre meno fino ad arrestarsi. Però, se fossimo in grado di osservare una cassa che striscia o una palla che rimbalza così da vicino da vedere gli atomi e le molecole comprenderemmo meglio ciò che sta accadendo. Per esempio, mentre una cassa striscia sul pavimento, gli atomi e le molecole della cassa e del pavimento interagiscono e vengono allontanati dalle loro posizioni di equilibrio. Però, gli atomi non sono liberi di allontanarsi a grande distanza, poiché le forze elettriche li riconducono verso le loro posizioni di equilibrio; quando vi ritornano, colpiscono gli atomi adiacenti ponendoli in moto, e così via. Questo moto si svolge all'interno della cassa e all'interno del pavimento. L'energia in realtà non va perduta: si converte in energia cinetica degli atomi e delle molecole. L'energia sotto forma di moto nascosto di atomi e molecole è detta energia termica. Tecnicamente, il calore si trasmette tra un sistema e il suo ambiente in conseguenza di variazioni della temperatura. Ma il termine calore viene usato spesso genericamente per comprendere anche l'energia termica. Esistono in natura molti processi che convertono l'energia cinetica, l'energia organizzata del moto di un intero corpo di grandi dimensioni, in energia termica, il moto disorganizzato degli atomi. L'attrito è un esempio, la viscosità è un altro. Nel motore di un'automobile o in una macchina a vapore, avviene il processo opposto: il calore si converte in lavoro. Se non ci fosse stato il fatto che l'energia può convertirsi in calore, sarebbe stato più facile scoprire il principio di conservazione dell'energia. Ma nel secolo scorso non era stato ancora sviluppato il concetto di atomi e molecole in moto costante; invero, prima della scoperta del principio di conservazione dell'energia, c'era una differente teoria: si pensava che il calore fosse una sorta di fluido, detto calorico. In questa teoria, il calore stesso era una grandezza che si conserva va. La teoria del calorico era non una futile speculazione, bensì una particolareggiata teoria matematica. Un sostenitore di questa teoria avrebbe descritto come si scalda una barra di ferro nel fuoco dicendo che il calorico fluiva dal fuoco nella barra di ferro e avrebbe saputo esattamente quanto calore, o calorico, era necessario per portare la barra a una data temperatura, Se la barra calda veniva immersa nell'acqua, egli avrebbe detto che una parte del calorico si trasmetteva dal metallo all'acqua, riscaldandola, e, applicando il principio di conservazione del calorico, sarebbe stato in grado di prevedere il preciso aumento della temperatura dell'acqua. L'elemento mancante, l'ostacolo che impediva di scoprire il principio di conservazione dell'energia, era il fatto che il lavoro o l'energia cinetica possono convertirsi in calore o viceversa. Il merito del principio di conservazione dell'energia è attribuito non al primo dei molti scienziati che lo scoprirono, bensì all'ultimo, poiché questi lo formulò così bene che esso non dovette essere riscoperto. È stato detto che James Prescott Joule
201
202
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
si interessò al calore desiderando sviluppare motori più efficienti per la fabbrica di birra della sua famiglia: in esperienze condotte tra il 1837 e il 1847 nella fabbrica di birra, a proprie spese, Joule stabilì questo principio in modo persuasivo. Joule compi misurazioni accurate per determinare esattamente quanto lavoro si convertiva in una particolare quantità di calore. L'invenzione della macchina a vapore aveva permesso di misurare le variazioni dell'energia. Pressoché fin dall'inizio, le macchine a vapore vennero valutate secondo la loro «capacità di lavoro» (duty), espressa dal peso di un carico che una data macchina era. capace di sollevare usando una data quantità di combustibile. Joule adottò tale metodo tecnico pratico per determinare, anzitutto, se i motori elettrici potessero essere resi economicamente competitivi rispetto alle macchine a vapore (e migliorare la fabbrica di birra) e, poi, per quantificare la relazione tra lavoro e calore. Nelle sue famose esperienze, Joule utilizzò un apparecchio, illustrato nella figura 10.11, in cui i pesi che scendevano lentamente facevano rotare ruote a palette immersi in un recipiente d'acqua. Mentre i pesi scendono e le palette ruòtano, la temperatura dell'acqua aumenta. Attraverso misurazioni precise del lavoro compiuto dai pesi e dall'aumento della temperatura dell'acqua, Joule scopri la relazione tra calore e lavoro. L'unità di calore è la caloria, che è la quantità di calore necessaria per innalza.. re di I °C la temperatura di l g di acqua. Joule scoprì che questa unità di calore è legata alle unità di energia dalla relazione * (10.44) l caloria = 4,18 joule (Naturalmente, egli non chiamò joule le unità di energia; il nome joule fu adottato successivamente.) Essendo un uomo pratico e possedendo una preparazione matematica limitata, Joule si accontentò di sperimentare nel proprìo laboratorio. Nonostante le sue esperienze irrefutabili, molti fisici del tempo desideravano una teoria matematica rigorosa del principio di conservazione dell'energia: tale rispettabilità gli fu conferita dal fisiologo e fisico tedesco Herman von Helmholtz, il quale, in un articolo pubblicato nel
.~//
i
0.-<., ..... , / . /
Z' ,i_;;:,;,,<_,, ,.VÉY;;:::!~
~~ff!~!:~;~~ _.~'c~.
"f;
j~.~
1",
:-:-
dD· + i
R.:
1847, dimostrò, all'incirca come abbiamo fatto nella sezione 10.3, che il principio di conservazione dell'energia è una conseguenza delle leggi di Newton. Disponendo di questa dimostrazione, Helmholtz passò ad applicare il principio a vari casi, quali la gravitazione, l'elettricità e l'attrito. Oltre che l'energia termica, può esistere anche l'energia potenziale nascosta (o latente). Per esempio, l'energia potenziale di un atomo di carbonio in un pezzo di carbone fossile e quella di un atomo di ossigeno nell'aria sono di gran lunga maggiori dell'energia potenziale posseduta da una molecola di anidride carbonica, che si forma quando il carbonio e l'ossigeno si combinano durante la combustione del carbone. Si tratta di energia chimica, il termine con cui si denota l'energia potenziale elettrica incorporata nelle strutture di molecole, cristalli, e così via. Naturalmente, quando il carbone brucia, l'energia potenziale che si libera si converte in calore. Un'ancora maggiore sorgente di energia potenziale nascosta è l'energia nucleare, l'energia potenziale incorporata nella struttura dei nuclei. L'energia nucleare può convertirsi in energia termica o in energia elettrica, o per fissione, ossia per disintegrazione di nuclei molto pesanti, o per fusione, ossia per coalescenza di nuclei leggeri. Riconosciute le varie forme di energia, possiamo ricostruire l'evoluzione nel tempo delle conversioni dell'energia. Per esempio, l'energia che usiamo per sollevare un libro è stata, in uno stadio precedente, energia chimica immagazzinata nei muscoli. Ed è stato il cibo che abbiamo ingerito a pranzo che ha fornito quell'energia chimica. Nel caso dei motori a getto, l'energia che ci fa volare verso un luogo di vacanza proviene dell'energia immagazzinata nel combustibile usato dal motore. Il combustibile fossile, a sua volta, proviene da piante e animali vissuti sulla Terra milioni di anni fa. La loro energia, in ultima analisi, provenne dalla luce solare. La maggior parte dell'energia disponibile sulla Terra provenne originariamente dal Sole, con l'eccezione di quella generata dalle reazioni nucleari. E gli scienziati ritengono che il Sole stesso sia un reattore nucleare cosmico. La maggior parte dell'energia che utilizziamo si originò come energia nucleare, e l'energia nucleare che esiste nell'Universo è un'eredità che ci proviene dall'istante in cui si originò l'Universo: il big bang (<
~.
::-:-..~t{·-.~:3Z~:~~~~::;/L::!4~
Esempio 10 Partendo da una quota di 25 m, una slitta di 20 kg di massa scende strisciando lungo una collina la cui inclinazione è 30°. Se la slitta è inizialmente ferma e ha una velocità di 15 m/s ai piedi della collina, si calcolino l'energia che si è dissipata per attrito lungo la sua traiettoria e il coefficiente di attrito. Nello scendere 'strisciando lungo la collina, la slitta converte mgh di energia potenziale in ~ mtJ. di energia cinetica e in una quantità di lavoro W compiuto contro l'attrito. Perciò, W è W = mgh
mv 2 = (20 kg) (IO m/s 2 ) (25 m) - ~ (20 kg) (15 m/sf
5000 J - 2250 J Figura 10.11
L'apparecchio usato da Joule per misurare la conversione di lavoro in calore.
* La «caloria» usata come unità dimisura dell'energia dei cibi è in realtà una kilocaloria (kcal; l kcal = 4180 J).
2750 J La slitta percorre un cammino h/sin Il lungo la collina e, durante questo intervallo di tempo, l'attrito esercita una forza opposta al moto Ild N = Ild mg cos e. Perciò, il lavoro compiuto contro l'attrito è
~
203
204
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA:'CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
w = (Ild mg cos S) (h/sin S)
(mg)h = (mg sin S)r
Combinando le due equazioni per W, otteniamo
In questo caso, il vantaggio meccanico è
Ild mgh cot S = mgh - ~ mv2
!.
M =
h
ossia
sin
e
(10.48)
(10.49)
Ild = (tan S) (l - v2/2gh)
Usando i valori dati per S, v, h, troviamo Ild = 0,32. Come controllo, possiamo notare che, nel caso di un piano inclinato privo di attrito (Ild = O, tan S '1= O), la nostra equazione dà mv2 = mgh, il ben noto risultato per il moto conservativo in un campo gravitazionale uniforme.
!
10.7
Figura 10.13
Un terzo tipo fondamentale di macchina è la carrucola. Una carrucola semplice (figura 1O.14a) cambia semplicemente l'orientamento della forza se può essere trascurato l'attrito in modo che la tensione si trasmetta senza perdita da un lato all'altro della carrucola. Perciò, il vantaggio meccanico è M = l. Un paranco è un sistema di carrucole disposte come indicato nella figura 1O.14b ed è usato per sollevare un peso. La tensione applicata Fi si trasmette senza diminuzione a ciascun segmento della fune, fornendo un vantaggio meccanico uguale al numero di funi parallele che sorreggono il carico (per esempio, M = 2 nella figura 10.14b). Il lettore è invitato a verificare che si può ottenere facilmente questo risultato anche usando la conservazione dell'energia.
VANTAGGIO MECCANICO E RENDIMENTO DELLE MACCHINE
Una macchina è un dispositivo per variare il modulo e/o l'orientamento di una forza. Una forza in ingresso F i , applicata alla macchina, si trasforma in una più comoda o utile forza in uscita, Fu, applicata dalla macchina. Una misura dell'entità della trasformazione della forza è il vantaggio meccanico, uguale per definizione, al rapporto * (10.45)
M=FJFi
Le macchine possono essere analizzate con riferimento o alla forza o alla conservazione dell' energia. Per esempio, supponiamo di usare una chiave per stringere un bullone che è difficile far rotare a mano (figura 10.12). Con riferimento al momento di forza rispetto al centro del bullone, il momento in ingresso F/i applicato si trasmette al bullone, dove fornisce un' momento in uscita Fu'u con una forza Fu tanto grande quanto basta per vincere la forza resistiva che agisce attraverso il piccolo bullone di raggio 'u: '(10.46)
F/i = Furu
t \- . . . . . .
lV<~ '\
(a)
Fi
Fi 2
(1~
10.8
(b)
POTENZA
u
f---ri------jrU~
Figura 10.14 (b) Paraneo.
La potenza è, per definizione., la rapidità con.cui viene compiutoiHavoro:
Una chiave fa rotare un bullone.
Si tratta di un semplice esempio di leva. Nell'analisi alternativa basata sulla conservazione dell'energia, il lavoro in ingresso FA deve essere uguale al lavoro in uscita Fudu se si trascura l'attrito: ~=M
~ 11=-
A·,m,
ed è in pratica sempre minore del 100%.
d
\
Figura 10.12
Un quarto tipo fondamentale di macchina è l'asse della ruota (figura 10.15). È facile dimostrare che il vantaggio meccanico è M = R/Rl o usando la conservazione dell'energia o usando i momenti di forza. Tutte le macchine sono soggette all'attrito, che riduce il lavoro fornito dalla macchina al disotto dei risultati ideali che abbiamo calcolato. Il rendimento rt di una macchina è il rapporto tra il lavoro in uscita e il lavoro in ingresso:
Wi
---f--.. . . .
(
Uso di un piano inclinato.
(1Mn
Abbiamo ottenuto una riduzione della forza in ingresso mediante un corrispondente sacrificio dello spazio attraverso il quale agisce la forza in uscita. Il vantaggio meccanico M = F/Fi = r/ru è lo stesso in entrambe le analisi poiché d/di = r/'i' Un altro esempio è offerto dal caricamento di un grande peso mgin un autocarro per mezzo di un piano inclinato di lunghezza r e altezza h (figura 10.13). Analizziamo il problema facendo riferimento all'energia. Il lavoro da compier~ è mgh. Usando il piano inclinato, l'autotrasportatore è in grado di ridurre la forza che applica a soltanto mg sin S, ma, naturalmente, deve ancora compiere la stessa quantità di lavoro; quindi, lo spazio lungo il quale egli deve spingere il corpo aumenta da h a r = h/sin S: • Il simolo M usato in questo contesto per denotare il vantaggio meccanico non va confuso Con il simbolo M usato precedentemente per denotare la massa e con lo stesso simbolo M usato per denotare il momento di una forza.
~
(10.51)
~
Considerando la definizione di lavoro espressa nell'equazione (10.14) da un istante fisso ta a un istante arbitrario t,
W =
' dr J F· di dT (a
~
(10.14)
vediamo che possiamo identificare la funzione integranda all'istante t con dW/dt in virtù del primo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale. Perciò tenendo presente che dr/dt = v, abbiamo anche che
P
F·.,.
(10.52)
La potenza può essere usata per equilibrare l'attrito, come quando un'automobile procede con velocità costante su una strada orizzontale; per aumentare l'energia cine-
• Il simbolo '7 usato qui per denotare il rendimento di una macchina non va confuso con il simbolo '7 usato nella sezione 8.7 per denotare il coefficiente di viseosità.
(a) Carrucola.
.,@R' Fj
Fu Cl
Figura 10,15 Asse della ruota.
205
206
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
tica, come quando un'automobile accelera; o per aumentare l'energia potenziale, come quando un'automobile sale una collina. Le principali unità di potenza sono elencate insieme alle unità di lavoro nella tabella 10.1. Inoltre, meritano di essere ricordate "tre unità di uso comune: (1) L'horsepower (simbolo: hp) o cavallo vapore britannico fu introdotto da James Watt (1736-1819), il quale, per confronto con la macchina a vapore che aveva sviluppato, stimò la potenza media fornita da un cavallo sulla base di misurazioni reali. Ha il valore
I hp
=
550 ft Ibis
=
(10.53)
746 W
(2) Il cavallo vapore (simbolo: CV) è l'unità di potenza del sistema tecnico (o sistema degli ingegneri o sistema gravitazionale) che adotta come grandezze fondamentali la lunghezza; la forza e gli intervalli di tempo e come unità di misura rispettivamente il metro, il kilogrammo-forza o kilogrammo-peso (simbolO: kl\r) e il secondo. È definito esattamente come I CV = 75 kg f m/s = 735,499 W
(3) Nel Sistema Internazionale, l'unità di potenza, un joule al secondo, è detta
watt (simbolo: W) in onore di Watt. Il kilowatt (simbolo: kW) è pari a 1000 W; è usato comunemente per misurare la potenza elettrica, ma può essere usato anche per altre forme di potenza. Essendo un'unità di potenza così diffusa, su di esso è stata basata l'unità kilowattora (simbolo: kWh), la quale è il lavoro che viene compiuto quando una potenza costante di 1 kW viene applicata per 1 h. Quando si fanno funzionare dispositivi elettrici, si paga l'energia consumata, non la potenza; perciò, la bolletta dell'azienda elettrica è espressa in kilowattora. D'altra parte, quando si acquista un dispositivo elettrico, su di esso è scritta la potenza che è capace di esplicare, poiché la potenza determina la capacità di accelerazione di un veicolo o la luminosità di una lampada. Tabella 10.1 Unità di lavoro e di potenza SI
cgs
Sistema britannico
Lavoro joule (J); 1J = 1 N m
erg; 1 erg = l dyn cm
libbra piede (Ibfft)
Potenza watt (W); 1W = 1 J/s
erg al secondo (erg/s)
libbra piede al secondo (Ibf ft/s)
Esempio 11 Una bilia di raggio 1 cm e massa lO g cade attraverso un tubo di glicerina con la sua velocità limite di caduta. Con quale rapidità la forza di gravità fornisce potenza per vincere la viscosità? La velocità limite di caduta è
mg l1im -- 61tR"
0,63 E!.. s
(8.26)
Usando l'equazione (10.52), troviamo che la potenza fornita da!1a forza di gravità è
p = rngl1im = 0,061 W
10.9 CONCLUSIONI Dopo che abbiamo compreso qualcosa, ci riesce pressoché impossibile porci nella posizione di non capirla e immaginare come venisse CO'nsiderato il problema precedentemente. Fino al momento in cui Joule compì le sue esperienze, si pensava che il calore stesso fosse una grandezza che si conservava e che non potesse essere creato partendo dal lavoro. Ma come poté accadere che per migliaia di anni prima di Joule la gente non si rendesse conto che, strofmandosi le mani, poteva riscaldar1e? Fatto ancor più pertinente, negli anni Trenta del secolo scorso, molto tempo prima delle esperienze di Joule, vennero costruite ferrovie attraverso l'Inghilterra. La combustione del carbon fossile nelle locomotive finiva col porre il treno in moto, convertendo calore in lavoro: come poté la gente di quel tempo, viaggiando in ferrovia, non avere creduto che fosse possibile convertire il calore in lavoro? La ragione non fu la mancanza di tentativi di comprendere, come possiamo vedere dai pensieri di un giovane ingegnere militare francese, Sadi Carnot. Benché morisse all'età di 32 anni di scarlattina, Carnot è una delle figure importanti de!1a scienza del secolo scorso. Scoprì quello che oggi è chiamato secondo principio della termodinamica, che è una delle più profonde leggi della fisica, e riuscì a farlo senza conoscere il principio di conservazione dell'energia, che costituisce il primo principio della termodinamica. Tutta via, può essere stato più facile scoprire il secondo principio della termodinamica senza conoscere il primo. Carnot ragionò per analogia. Il suo concetto di come funzionava il calore si basava sull'analogia con una ruota idraulica. L'acqua, investendo una ruota idraulica, la fa girare, e tuttavia si conserva. Cioè, per ricavare lavoro dall'acqua, non è necessario consumare l'acqua. Invece, l'acqua che cade da una grande quota a una quota minore fa girare la ruota idraulica. Carnot pensava che il calore funzionasse esattamente nello stesso modo. Pensava che il calorico, partendo ad alta temperatura, fosse capace di compiere lavoro scendendo a bassa temperatura, analogamente all'acqua che fluisce oltre la ruota idraulica dopo averla investita. La sua analogia suggerì anche il concetto che divenne il secondo principio della termodinamica: il calore, dopo essere fluito a valle da un'alta a una bassa temperatura, non torna a fluire a monte, ritornando all'alta temperatura. Ciò sembrava evidente in base all'analogia della ruota idraulica. Un pezzo di carbone fossile possiede energia potenziale, immagazzinata in esso sotto forma di legami chimici. Il processo della combustione, per esempio in una locomotiva a vapore, converte questa energia direttamente in calore ad alta temperatura. Una parte del calore è capace di azionare uno stantuffo (o pistone), producendo lavoro e ponendo in moto la locomotiva. Alla fine tutto il calore, compresa la parte convertitasi in lavoro, si riconverte in energia termica, mentre la locomotiva perde energia cinetica attraverso processi d'attrito. Ma questa energia termica non si trova più all'alta temperatura della combustione del carbone, bensì si trova alla bassa temperatura dell'aria esterna. Il risultato totale di tutto ciò, oltre all'avere trasportato i passeggeri da un luogo a un altro, è stato quello di convertire l'energia potenziale in energia termica ad alta temperatura e infine in energia termica a bassa temperatura. E, dopo che ciò è accaduto, non è più possibile riconvertire quell'energia termica nella forma dell'energia potenziale iniziale in modo che possa essere riutilizzata. Ecco ciò che dice il secondo principio della termodinamica. Benché Carnot non sapesse che, a differenza dell'acqua, una parte del calore in realtà si converte in lavoro prima di riconvertirsi in calore, questa limitazione non gli impedì di scoprire il secondo principio della termodinamica. L'energia proveniente dal Sole, che è inizialmente ad altissima temperatura, viene immagazzinata temporaneamente nel carbone fossile, nel petrolio e in altri combustibili fossili. Possiamo liberarla convertendola in calore a temperatura alta (ma più bassa della temperatura del Sole) e, la usiamo o no per produrre lavoro utile, essa si converte sempre in calore a bassa temperatura (calore a temperatura ambiente). Tutta questa energia si conserva perfettamente: non ne va perduta mai neppure la minima quantità. Ma il valore dell'energia si è degradato: essa è diventata meno utile. Il mondo si è esaurito un po' e non ritornerà mai alla condizione precedente.
207
208
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
È questa la reale natura della nostra crisi energetica: non consumiamo l'energia, semplicemente la convertiamo in forme meno utili.
Problemi
Lavoro 1. Si supponga che su un corpo agiscano due forze, Fl e F 2 , con Fl = lO N e F 2 = 16 N, e con orientamenti opposti. Qual è il lavoro totale compiuto sul corpo quando questo si sposta di 2 m sotto l'azione di queste forze?
10. Un autocarro fermo sulla sommità di una collina viene lasciato discendere e, giunto al piede della collina, ha un velocità di 5 km/h. Se gli è permesso di ridiscendere la collina, ma questa volta partendo con una velocità iniziale di 3 km/h, quale sarà la sua velocità al piede della collina? (Si trascuri qualsiasi lavoro compiuto contro le forze d'attrito e la resistenza dell'aria.) 11. Un buon atleta è capace di fare uno scatto con una velocità di lO m/s. Se l'atleta è capace di convertire tutta questa energia cinetica in energia potenziale con l'ausilio di un'asta di fibra di vetro, quale altezza può raggiungere nel salto con l'asta?
2. Due molle A e B sono identiche, tranne che A è più rigida di B (ha una maggiore rigidezza o costante elastica). Su quale molla viene compiuto più lavoro se (a) esse vengono allungate dalla stessa forza? (b) esse vengono allungate della stessa quantità? 3. Un giardiniere spinge un tosaerba su un prato orizzontale, con una forza di 20,0 N applicata sotto un angolo di 37° rispetto all'orizzontale, per uno spazio di 15,0 m. Si calcoli la quantità di lavoro compiuta dal giardiniere. 4. Una forza F = (3,0 N) i - (7,0 N) j fa compiere a un corpo uno spostamento r = (4,0 m)i + (3,0 m)} + (2,0 m)k. Si trovi la quantità di lavoro compiuta sul corpo da questa forza. 5. La forza esercitata su un corpo è descritta da F = Fo(x/ b - I), dove Fo e b sono costanti. Si trovi il lavoro compiuto da questa forza sul corpo quando questo si sposta da x = O a x = 3b (a) rappresentando graficamente F(x) e determinando graficamente l'area sotto la curva, (b) valutando analiticamente l'integrale. 6. Un modo per valutare un integrale di linea come l'equazione (10.13) è scrivere dr = dx i + dy j e F.dr = Fx dx + Fy dy (per semplicità ci limitiamo a un piano). n lavoro compiuto nello spostare un punto materiale da A e B è quindi
w=
f:
(Fx dx + Fy dy)
Si supponga che la forza sia F = (2x2 + 3y2)i + 5xJj, A sia l'origine e B abbia le coordinate (2, 2). Si trovi il lavoro compiuto nello spostamento da A a B lungo i seguenti cammini: (a) Direttamente lungo l'asse x fino a x = 2, poi direttamente nella direzione y fino al punto B. [Per esempio, reti = ti per O S; t S; 2 e quindi r(t) = 2i + (t - 2)j per 2 S; t S; 4.] (b) Direttamente lungo la retta x = y da A a B.
Lavoro ed energia potenziale 7.
n lavoro compiuto per allungare una certa molla di
l,O cm rispetto alla lunghezza di equilibrio è 0,2 J. Se venissero compiuti 0,2 J di lavoro per allungare ulteriormente la molla allungata, di quanto verrebbe allungata la molla rispetto alla sua lunghezza di equilibrio?
8. Si dimostri che il lavoro compiuto contro la forza di gravità nel campo gravitazionale uniforme in prossimità della superficie terrestre dipende soltanto dallo spostamento verticale che un corpo subisce.
IL'~'O_ -'-
Conservazione della somma dell'energia potenziale e dell'energia cinetica 9. La massa di un pendolo viene allontanata dalla sua posizione di equilibrio e abbandonata a se stessa. Un piolo è collocato come è indicato nella figura. A quale quota al di sopra del piolo salirà la massa del pendolo?
~
--
;J-z
12. Tre blocchi identici scendono strisciando lungo le superfici prive di attrito della figura, dopo essere stati abbandonati a se stessi dalla stessa quota A: A
A
A
~~~~~=::I:~~ B
B
B
(a) Qual è il rapporto tra le velocità dei blocchi nel punto B? (b) Quale blocco raggiunge per primo il punto B? Perché? 13. Una- massa attaccata a una molla verticale viene abbassata delicatamente fino alla sua posizione di equilibrio, nel qual punto la molla presenta un allungamento d rispetto alla sua lunghezza di equilibrio. Se lo stesso corpo è attaccato alla stessa molla verticale ma viene invece lasciato cadere, qual è l'allungamento massimo che la mol\a subisce durante il suo successivo moto alternativamente discendente e ascendente? 14. Un blocco di ghiaccio scende strisciando lungo il piano inclinato privo di attrito della figura e comprime la molla. Supponendo che la massa del blocco sia 1,5 kg, che la rigidezza della molla sia 3,0· 102 N/m e che lo spazio che il blocco percorre lungo il piano inclinato prima di colpire la molla sia 1,2 m, si trovi l'accorciamen-_ to massimo che la molla subisce quando viene compressa.
L1 45"
103
15. Una molla la cui rigidezza è 3,0· N/m spinge un piccolo blocco, la cui massa è 0,5 kg, facendogli salire un piano inclinato privo di attrito, la cui inclinazione è 37°. Se la molla era compressa inizialmente di 3,0 cm, quale distanza dal punto di liberazione pe~correrà il blocco sul piano inclinato prima di arrestarsi momentaneamente? Quando il blocco torna indietro e va a colpire la molla, di quanto la comprimerà?
~
"",--,-3_7_'_ _ _L-
16. Nel caso del pendolo dell'esempio 3, si trovi la tensione in corrispondenza di un angolo arbitrario a rispetto alla verticale (naturalmente, a S; B, l'angolo da cui il pendolo viene abbandonato a se stesso). 17. Un blocco di 2,0 kg, che poggia su una superficie orizzontale priva di attrito, viene premuto contro una molla la cui rigidezza è 1,5· 103 N/m. La molla subisce un'ac~~rciamento,di 8,0 cm. Quando il blocco viene abbandonato a se stesso, che veloclta acqUistera?
~
-=0-
"'_=---''-_-'-_-'-__
209
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE 210
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
18. La massa m di un pendolo, sospesa all'estremità di un filo di lunghezza l, riceve un colpo che le imprime una velocità o. Quale deve essere o perché il filo sia lento (la tensione si annulli) nel più alto punto dell'oscillazione (a 180 rispetto al punto di partenza della massa)?
25. Si calcoli il rapporto tra la velocità di fuga e la velocità che deve essere impressa a un corpo per farlo rotare attorno alla Terra in prossimità della sua superficie.
0
19. Un piccolo blocco di massa m scende strisciando lungo un piano inclinato privo di attrito, partendo dalla quiete da una quota h, e percorre una pista circolare di raggio b. Si trovi la velocità del blocco nel punto C.
26. Usando i dati dell'appendice D, si determini la velocità di fuga da (a) MercUl10,
(b) Marte.
27. Si trovi l'aumento della velocità che un satellite, in volo in un'alta orbita circolare attorno alla Terra con una velocità di 4,5 kmls, deve subire per poter fuggire completamente dalla Terra.
Energia potenziale e stabilità 28. Si determini il punto (o si determinino i punti) di equilibrio stabile per un punto materiale la cui energia potenziale è descritta da B
U(x) = 4x 3
-
6x
dove x è espresso in metri e U in joule. Per la stessa pista, si determini la quota minima h (in funzione del raggio b) tale che il blocco raggiùnga appena il punto C senza cadere fuori. (Suggerimento. Si usi la condizione che, se il blocco raggiunge appena il punto C, la forza normale esercitata sul blocco dalla pista in quel punto sarà nulla. Si ricordi anche che la componente centripeta dell'accelerazione è ,]/b anche se la velocità varia lungo la pista circolare.)
Q
20. Un sovrano del Medio Oriente, che indossa una pesante corona d'oro di 7 kg, va sulle «montagne russe» in un parco dei divertimenti. Gli piace questa esperienza, specialmente al culmine del cerchio della morte, dove (in questa particolare corsa) la spinta esercitata dalla corona sul suo capo si annulla momentaneamente. Ma il peso della corona gli sembra quasi insopportabile quando si trova nella parte inferiore del cerchio della morte. Qual è l'intensità della spinta esercitata dalla corona sul suo capo nel più basso punto del cerchio della morte? [Suggerimento. Per cominciare, si faccia riferimento all'equazione (7.34), ma si ricordi che la velocità cresce nella parte inferiore del cerchio della morte privo di attrito.] 21. Un bambino siede su un monticello semisferico di ghiaccio. Nell'ipotesi che il monticello sia privo di attrito, se il bambino riceve una lieve spinta e scivola giù, si trovi l'angolo rispetto all'orizzontale sotto il quale il bambino abbandona il monticello. 22. Si consideri il rocciatore dell'esempio 5. (a) Per i parametri dati, a quale altezza al di sopra del moschettone può arrampicarsi sicuramente? (b) A prima vista si potrebbe pensare che una corda più rigida fosse più sicura, poiché non subirebbe un allungamento così grande. Ma una maggiore rigidezza della corda significa anche che in essa è maggiore la tensione massima. Si trovi, nell'approssimazione Zo » zmax' di quanto si può aumentare la rigidezza della corda prima che il moschettone si spezzi per effetto della caduta descritta nell'esempio 5.
Energia potenziale gravitazionale 23. Un missile balistico viene lanciato verticalmente dalla Terra con una velocità di 9,0 km/s. Se si trascura l'attrito atmosferico, a quale quota salirà sopra la superfi24 cie della Terra? (Si usino RT = 6400 km, MT = 6,0.10 kg.) 24. Molti, nel lontano 1958, rimasero sorpresi quando il primo satellite artificiale, lo Sputnik I, aumentò la propria velocità nel ritornare verso la Terra descrivendo una traiettoria a spirale. Come tutti i satelliti, cadde verso la Terra perché l'attrito con l'atmosfera esterna gli fece perdere energia, ma, mentre descriveva la spirale che lo avvicinava sempre più alla Terra, la sua velocità aumentò. Si spieghi perché accelerò mentre perdeva energia.
Calore e dissipazione del!'energia per attrito 29. Quanto lavoro compie un alpinista di 60 kg nell'arrampicarsi verticalmente per l km? Quante kilocalorie (cioè «calorie di energia degli alimenti») rappresenta questa quantità di lavoro? Tenendo conto del fatto che la contrazione muscolare genera circa 4 J di energia termica nel corpo dell'alpinista per ogni joule di lavoro compiuto, a quanti gradi Celsius salirebbe la temperatura del corpo dell'alpinista (considerato come circa 60 km di acqua, il principale costituente del corpo) se egli non potesse traspirare o irraggiare energia? 30. Si risalga alle sorgenti delle seguenti forme di energia, spingendosi a ritroso fin
dove si riesce: (a) le calorie contenute in una mela, (b) la luce emessa da una lampada, (c) il moto di un orologio da polso caricato a mano. 31. Si supponga di viaggiare in automobile, con una velocità o, lungo una strada avvolta nella nebbia e che all'improvviso appaia davanti, a una distanza R, un muro di mattoni. Sarebbe meglio frenare bruscamente (sperando di fermarsi prima di raggiungere il muro) o svoltare descrivendo un arco circolare di raggio R per evitare il muro? Per decidere più facilmente, si confronti la forza necessaria per convertire tutta l'energia cinetica dell'automobile interamente in lavoro compiuto contro l'attrito con quella necessaria per far descrivere all'automobile una traiettoria circolare. 32. Una bilia di 0,03 kg viene lasciata cadere in un cilindro contenente glicerina. Partendo da una quota di 0,15 m, la bilia raggiunge il fondo del cilindro con una velocità di 1,4 rnls. Quale frazione dell'energia iniziale della bilia viene dissipata dalla viscosità della glicerina? 33. Un automobilista che viaggia a 25 krnlh frena improvvisamente e l'automobile slitta per 100 m prima di arrestarsi. Si trovi il coefficiente di attrito fra l'automobile e la strada. Se l'automobile avesse viaggiato a una velocità di 100 krnIh, per
quanto spazio avrebbe slittato? 34. Un'automobilina di massa 0,02 kg si muove lungo la pista priva di attrito della figura. La molla (k = 3,0· 102 N/m) è inizialmente compressa di 0,05 m.
0 •
1
0,10 m
~_BhJ
D
211
212
10. ENERGIA: CONSERVAZIONE E CONVERSIONE
(a) Quanto lavoro viene compiuto dalla forza normale mentre l'automobilina si
muove da B a C? (b) Qual è la velocità dell'automobilina in C? (c) Se in D viene aperto un piccolo paracadute che fa arrestare l'automobilina
in piano, quanta energia viene dissipata dalla resistenza dell'aria? 35. Un proiettile di 25 g, sparato con una velocità di 400 m/s, penetra per IO cm in un blocco di legno, che rimane fermo. (a) Quant'è l'energia dissipata per attrito tra il blocco e il proiettile? (b) Se la forza di attrito fosse costante durante la decelerazione, quale dovrebbe
CAPITOLO 11
essere il suo valore?
bo
36. Una molla di rigidezza 5,0.10 2 N/m, inizialmente compressa di 0,07 m, lancia un blocco di 0,4 kg su una superficie orizzontale ruvida. Se il coefficiente di attrito fra il blocco e la superficie è 0,5, quanto spazio percorrerà il blocco dal punto di partenza prima di arrestarsi? . 37. Un blocco di 0,4 kg riceve una velocità di 1,5 m/s quando viene lanciato nel verso ascendente lungo un piano inclinato la cui inclinazione è 30°. Se il coefficiente di attrito fra il blocco e il piano è 0,6, quanto spazio il blocco percorrerà strisciando lungo il piano inclinato?
i
CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Vantaggio meccanico 38. Si usi la conservazione dell'energia per trovare il vantaggio meccanico del paranco della figura (supponendo che le carrucole siano prive di peso e di attrito). Si controlli la risposta mediante l'equilibrio delle forze. 39. Un bizzarro schiaccianoci di legno ha un braccio di lungbezza l che fa rotare una vite di raggio R e passo P (il passo di una vite è la distanza tra due filetti consecutivi). Mentre il braccio viene fatto rotare, la vite preme lentamente sulla noce, rompendola. In questo dispositivo sono combinati due dei quattro tipi fondamentali di macchina (leva, piano inclinato, carrucola, asse della ruota). Quali sono? Si disegnino Fi e Fu. Si trovi il vantaggio meccanico dello schiaccianoci.
.. , Per quanto riguarda la [causa prima del movimento], mi sembra evidente che non ce n'è altra che Dio, che dalla sua onnipotenza ha creato la materia con il movimento ed il riposo, e che conserva adesso nell'universo, col suo concorso ordinario, tanto movimento o riposo quanto ce ne ha messo creandolo. Poichè, sebbene il movimento non sia che un modo della materia che è mossa, essa ne ha pertanto una certa quantità, che non aumenta e non diminuisce mai, benché ce ne sia ora più ed ora meno in alcune delle sue parti. .. René Descartes, Principia Philosophiae (1644) (in: Cartesio, Opere filosofiche, a cura di Eugenio Garin. val. III, I principi della filosofia, Bari, Laterza, 1986, p. 90)
11.1
Potenza 40. Se il tosaerba del problema 3 si muove con una velocità di ~ m/s, quanta potenza spende il giardiniere per farlo muovere, misurata in watt? E in cavalli va-
pore? 41. Un essere umano, nelle attività quotidiane normali (non intense), spende circa
100 W di potenza. Di quante kilocalorie (calorie di energia degli alimenti) ha bisogno giornalmente per mantenere questa attività? (b) Quanti watt aggiuntivi spende un alpinista di 60 kg nell'aumentare la sua energia potenziale gravitazionale se si arrampica per I km in 3 h con velocità costante?
(a)
42. Nel caso del blocco del problema 36, qual è la potenza dissipata per attrito in funzione del tempo mentre il blocco si muove sulla superficie (a partire dal momento in cui il blocco si separa dalla molla)?
L'UNIVERSO COME MACCHINA
Il XVII secolo fu il secolo in cui la scienza assunse la sua forma moderna e lo spirito scientifico pervase l'Europa. Fu l'epoca in cui fu respinta la concezione della natura proposta da Aristotele e fu adottato il grande libro dell'Universo scritto da Galileo. La nuova scienza era alimentata dalla fiducia ottimistica che l'umanità fosse in grado di scoprire le leggi di natura. Una delle figure più importanti e influenti nella filosofia naturale del XVII secolo fu René Descartes (italianizzato in Renato Cartesio). Fin da giovane, Cartesio si ribellò contro la tradizione in cui era stato rigorosamente educato e cercò nuovi fondamenti per la conoscenza, fondamenti che fossero capaci di assicurare una base di certezza alla conoscenza della natura. Persuaso dell'indubitabile logica della matematica, Cartesio giunse a identificare la matematica con la fisica: A Cartesio è attribuito il merito di essere stato il primo a formulare correttamente il principio d'inerzia. A differenza di Galileo, il quale sosteneva che il moto inerziale era orizzontale (sempre parallelo alla superficie della Terra), Cartesio comprese che, in assenza di una forza esterna, un corpo avrebbe continuato a muoversi di moto rettilineo in una direzione qualunque. Cartesio ammirava e nello stesso tempo criticava gli sforzi compiuti da Galileo per tentare di risolvere quelli che egli considerava problemi terreni, come il moto di caduta libera e il moto del pendolo. Cartesio aveva progetti di più ampio respiro: voleva creare un sistema dell'Universo nel suo insieme. Egli considerava l'Universo come una grande macchina, l'Universo meccanico del titolo di questo volume, posto in moto dal Creatore, che aveva creato la materia e le leggi del moto. L'Universo 213
214
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
meccanico di Cartesio non differisce dai congegni meccanici costruiti da abili artigiani: ciò che lo distingue da questi ultimi è soltanto una questione di scala. Come un meccanismo a orologeria, l'Universo di Cartesio segue inesorabilmente leggi puramente meccaniche. Il concetto di Universo meccanico di Cartesio presentava però un problema: che cosa mantiene in movimento la macchina? Come gli orologi, anche le altre macchine finiscono con il fermarsi e devono essere ricaricate di quando in quando. Cartesio doveva affrontare il problema di stabilire se l'Universo richiedesse l'intervento periodico del Creatore per continuare a muoversi. Per risolvere questo dilemma, Cartesio inventò una nuova legge. Scrivendo in termini ipotetici, per non suscitare le ire della Chiesa cattolica, che aveva costretto al silenzio Galileo soltanto qualche anno prima, Cartesio avanzò l'ipotesi che la quantità di moto totale dell'Universo fosse costante, venendo conservata tale da Dio che l'aveva creata all'inizio. j-lL,(juantiQ:-,di"'!iP!9, designata oggi con il simbolo p, è una grandezza vettoriale data dal prodotto della massa di un corpo Rer la sua velocità: ~ -~
-
lC.
,m'
---.....
I
(11.1)
Matematicamente, possiamo scrivere la legge di Cartesio nella forma
± Pj = PI + P2 + P3 + ... P = cost
(11.2)
dv
m- = O dr
Sappiamo come risolvere questa equazione. Se la derivata di un qualcosa è nulla, questo qualcosa deve essere costante. In questo caso, il qualcosa è la velocità. La velocità v deve essere costante se sul punto materiale non agisce alcuna forza, e velocità vettoriale costante·siguifica modulo della velocità costante e orientamento (direzione e verso) costante. Ma questo è il principio d'inerzia: in assenza di forze esterne, un corpo che si muove di moto rettilineo con velocità costante permane in questo stato di moto. Perciò, la prima legge di Newton è contenuta nella seconda. Che cosa possiamo dire della terza legge? Immaginiamo che un corpo sia a riposo (fermo) o si muova con velocità (vettoriale) costante. Immaginiamo inoltre di guardare il corpo più da vicino e di osservare che esso in realtà è un corpo composto, costituito da due punti materiali che possono anche non toccarsi, come è illustrato nella figura Il. la. Ora abbiamo due punti materiali, che, con scarsa fantasia, desiguamo come punto materiale 1 e punto materiale 2. Per la seconda legge di Newton, il fatto che l'accelerazione è nulla significa che è nullo il risultante delle forze agenti sui due punti materiali. Quali che siano le forze agenti tra il punto materiale 1 e il punto materiale 2, la loro somma deve essere nulla, come è indicato nella figura 11.1 b:
u~ (a)
( l :12n
lfl0 (b)
Figura 11.1 (a) Un corpo composto, costituito da due punti materiali distinti. (b) Forze interne di azione-reazione che si esercitano sui singoli punti materiali.
n
,-I
F '2 + F 21
dove Pj è la quantità di moto dell'i-esimo corpo, e la somma delle quantità di motodi tutti corpi (il cui numero, in questo caso, è n) è il risultante delle quantità di moto (la quantità di moto totale). Poiché la quantità di moto è costante, se. un corpo dell'Universo meccanico .decelera, un altro deve accelerare. Nel capitolo lO abbiamo incontrato il primo esempio di principio (o legge) di conservazione: la conservazione dell'energia. Il principio di conservazione della quantità di moto, enunciato da Cartesio, è un altro di tali princìpi importanti, oltre al principio di conservazione dell'energia. Poiché l'energia si converte in calore, facendo sì che le macchine finiscano con l'arrestarsi, Cartesio doveva ipotizzare un nuovo principio per spiegare la meccanica dell'Universo e impedire al suo meccanismo a orologeria di arrestarsi a un certo punto, Per trovare le origini del principio formulato ad hoc da Cartesio, ritorniamo un'altra volta alle leggi che hanno cambiato irreversibilmente la concezione dell'Universo da parte dell'uomo, e cioè alle leggi di Newton.
11.2
Se su questo punto materiale non agisce alcuna forza, questa espressione,è uguale a zero:
LE LEGGI DI NEWTON CONSIDERATE RETROSPETTIVAMENTE
Nel capitolo 6 abbiamo introdotto le tre leggi di Newton, sulle quali si basa la meccanica, ma nei capitoli successivi le abbiamo usate in modo molto diseguale. Il nostro sostegno è stata soprattutto la seconda legge, F = ma, che governa il moto dei corpi nell'Universo meccanico di Newton. In realtà, abbiamo usato prevalentemente questa legge perché, per molti scopi, contiene le altre due. In breve, le tre leggi di Newton sono le seguenti: 1. Principio d'inerzia. 2 2:F = d(mv) . dr 3. Principio di azione e reazione. Supponiamo di avere un unico punto materiale di massa m e quantità di moto rnv. In base alla seconda legge di Newton,
d(mv)
F = -dr
dv
mdr
F '2
=O -F 21
Se la somma delle forze interne non fosse nulla, il corpo composto avrebbe un 'accelerazione non nulla. Ma, per la nostra ipotesi, non l'ha. Perciò, se il punto materiale 1 esercita una forza sul punto materiale 2, il punto materiale 2 deve esercitare una forza uguale e contraria sul punto materiale 1. È esattamente quanto dice la terza legge di Newton. Almeno nel caso di due corpi che si muovono senza che su di essi agisca alcuna forza esterna, la terza legge di Newton è contenuta nella seconda. Se il corpo composto è costituito da tre o più punti materiali, può non essere più vero che la seconda legge implica la terza. Globalmente, le due legg!)lanno i seguenti àmbiti. s e e stabilisce come le forze determin~moto ma non soecifica tali ~e:" / re im ortanti . nfo . zioni a . r .f~ In bas;yne informazioni disponibili ai suoi tempi:;'Newton era in grado di specificare le proprietà di una delle forze fondamentali, e cioè della forza gravitazionale. Per riuscire a descrivere in modo più particolareggiato le altre forze che abbiamo passato in rassegna nel capitolo 8, è stato necessario compiere altre esperienze, e questa sperimentazione continua ancora oggi.
11.3
215
CENTRO DI MASSA
Le leggi di Newton, cosi come sono state formulate, valgono per' un punto materiale che sia descritto dalla posizione, dalla velocità e dall'accelerazione. Ma ogni corpo che si osserva in natura è in realtà un corpo composto, costituito da parti più piccole, in ultima analisi da atomi, e tuttavia abbiamo applicato spesso le leggi di Newton a tali corpi estesi. In questa sezione dimostreremo perché tali applicazioni ai corpi composti sono giustificate e specificheremo che cosa intendiame. quando parliamo di velocità e di accelerazione di un corpo composto. ],;l chiave è trovare il punto di un corpo in cui si può pensare che sia cODçentrat~ _". V I . ~a la sua massa. Questo punto è detto centro di massa Nei comi sinum:trici esSG- ~ dvL, ~ coincid~çon.j] .. centm geometrico (~) Il centro di massa di due punti materiali mi e m 2, situati nei punti Xl e x 2 ' dell'asse X, come nella figura 11.2, è definito matematicamente nel modo seguente
216
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
·~7~I
(11.3)
-<M ~'1 Ji.ove
li;:;,.. ~!O'r)
(11.4)
M 7m.+. m
I. x
.;;t~}f r-="
M
C
L
D)m2
=
XI
mi + m2 --M--
+
XI
'.
~..w~,,:,, ~ .JJ;:;. ~~ kQ. Or);;" d.c' l"
de'
Y
(11.5a)
mizi + m 2z2
=
M
(11.5b)
Le tre equazioni scalari (11.3), (11.5a) e (11.5b) possono essere espresse sotto forma di un'unica equazione vettoriale,
n;:~;~::~~
(11.6)
r;~ jJ
t Zii Queste definizioni si possono generalizzare facilmente a n differenti punti materiali di massa totale M usando per ciascun punto il peso m/M. Per esempio, l'equazione (11.3) diventa
\.~l::xU~,L.:. ~ ~ J..,.:. IY\ Cé'r~
[~ _
'i:J /=·1
x= - - -
mentre l'equazione (11.6) diventa
~. v-tto·v:.r~ \..-- I·
JirAIA.Q M rv-NU.1'4').. /V' CetL~ i
U
I .
Ovv
)k
ns
~
:r
=
.~
miri
~
M
j
Aj·massa (b). iia,e:ce1e"avone,a-' . ,p.am.etéT."Z.iO. ne diparticolare U.,n.p.U."n.t.O.C.punto o.. ncettUale, materiale. e cioèCome dçlcent(!L indi- " non l'accelerazione di un qualsiasi ca la figura 11.2, nel centro di massa può non esserci alcun punto materiale. (c) Ftj< èjtri.mltal:!te..deM~U!I.hs~~n la forza agente su un particolare punto materiale. ~ . " . ~.b .. ,... .... Inoltre, quando esprimiamo la forza agente su ciascun punto materiale come la somma delle forze esterne e delle «forze interne» esercitate da tutti gli altri punti materiali, e poi sommiamo tutte le forze per ottenere la forza risultante, troviamo che le forze interne si elidono a due a due per la terza legge di Newton. Perciò, in realtà, Fris.è il risultante di tutte le forze esterne; ciò costituisce una grande semplificazione, per esempio ilei caso comune in cui la forza esterna è la.forza di gravità e le forze interne comprendono tutte le complicate interazioni tra gli atomi che formano un corpo solido. A parole, l'equazione (11.13) dice quanto segue: "
L'"ftUU UI mWi>U c ut Ufl s,s,ema ut.pUfw··mu,enall·S' muuvespuu' aZLUfle al
I ~~~(j1. i-:,:
r...
Parlando della velocità e dell'accelerazione di un corpo composto, ci si riferisce a quelle del centro di massa. Per esempio, se è nullo il risultante delle forze agenti su sistema composto inizialmente in quiete, il centro di massa del sistema rimane in quiete anche se le singole parti che costituiscono il sistema possono muoversi.
Esempio 1
I~
I
'---
(11.13)~~",-),,-(
(11.8)
I
).M~.;tm;
l
(11.9)
El~U~t;:
L'equazione (11.13) somiglia molto alla seconda legge di Newton per il moto di un singolo punto materiale.. Le differenze sono le seguenti.
_in (11.7)
r
(11.12)
è
r-'~
:
(l·_~k.~)
2:
~-LI"rl'Ot;;cl:..'
~ I
(a) ALè.la,massa.totale non la massa di un singolo punto materiale.
l____----......1 M!
lz
la legge di Newton per ciascun punto
.'
#.çeUrm·di .massa·,sj $mya·neLpuntO-medio.ç!el s.egmentQ.aC\!ente"come..
F:-m~m-;.vl
~~ .:lw..~)
hr~ \jJ.~wlt..ht \ ~ .L;.;""",-,...I,"':"
-t
Ma=dPris=F.
M
'·M
~,ml - m 2,
~ c,r .."•.•dly:()_~ ,. u- .. Ii,., J., IJ.J...~ (11.11)
ossia, in altre parole, che
Dm2
. estI.emi-"z,r,.e.x21 come ci si aspetta peuagigni dj simmetrill Estendendo la stessa definizione alle coordinate y e z, abbiamo
"""""';1:: NY">z ._.........
(11.10)
-~~ + --
-vi.. X 2..L Xi "J:orco m'z-.:.... XJ-A.~~b' .~
+ (XI +
m; dr; dt
Derivando una materiale, troviamo che" d2:r n d 2r. n M 2: = m; = F; dt ;=1 dt ;=1
X2
Centro di massa di due punti materiali.
Xlml
:i: ;=1
S.:,.:.4t:,; secon~
x
_
dt
s.iste. m,a,.po. sSiamo ..scriv,ere ,l'eqUo "" a.z.i.one (11.,.1.0) nella forma
m2
Si può considerare che «<x soprassegnata») rappresenti una media ponderata, in cui. ogni posizione Xi è ponderata dallafrazione m/(m l + m 2) della massa totale nel punto in questione. ~ x 2 e Xl sono separati da una distanza D: troviamo che
x =
M di' =
Ev=p~st~~=.P~=
DI-----
Figura 11.2
Per capire l'importanza del ruolo svolto dal centro di massa nella dinamica basta derivare r. Se le singole masse mi non variano, derivando la (11.8) otteniamo
Riconoscendo che il secondo membro di questa equazione è il risultante delle quantità di moto (o quantità di moto totale o, più semplicemente, la quantità di moto) del
mi XI
217
Un uomo la cui massa è 90 kg tenta di scendere da una canoa di 45 kg, inizialmente inquiete, per salire su un pontile. Che cosa accade se egli tenta di s.postarsi lateralmente di 0,6 rn senza afferrarsi al pontile? Poiché la canoa è priva di chiglia, non costituisce una cattiva approssimazione trascurare la reazione laterale dell'acqua sulla canoa durante il breve intervallo di
218
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
tempo in cui si svolge l'azione. Perciò, non si esercita alcuna forza laterale esterna sul sistema uomo-canoa e il centro di massa rimane in quiete. Ma, perché l'uomo, che inizialmente si trova nel centro della canoa in x, si sposti lateralmente di 0,6 m mantenendo costante
x
x
=
90xuomo + 45xcanoa 90 + 45
~& .>;
questo qualcosa deve essere costante. Perciò, la quantità di moto del sistema, identifi-.~ cata come la somma delle singole quantità di moto dei singoli punti materiali da cui ~" il sistema è costituito, è una costante: {il- _) j...f~ =L..../W'o.... '( - etI:J..... miv i + m2v2 + m 3v3 + ... + m,v, = cost .......,.."' ..· ..O",1"'T_"""_ _ __
I
L (11.16",~i;i""",i~"
I
--
-
-~--
mlvlx + 2v2X+m3v3X+ ... +m,vnx=cost\ m Iy + m2v2y + m 3v3y + ... '\ m.v.y = cost mi V lz + m 2v2z + m 3v3z + ... + Ì!:!QVnz =?;os:J
x uomo
-b~
f.~I/:..x::~
Benché le singole quantità di moto dei singoli punti materiali possano variare, il risultante delle quantità di moto (la quantità di moto totale) del sistema rimane costante. Poiché la quantità di moto è una grandezza vettoriale, l'equazione (11.16) ;.: 1,,;. im~ca tre e~~o è scritta per mezzo delle cOIilP.one.Q!i: .
Con riferimento alle forze interne al sistema, l'uomo spinge la canoa verso il largo, spostandola in un verso, per far sì che l'imbarcazione applichi una reazione uguale e opposta che lo sposti nel verso opposto. Questa manovra è sicura in una pesante barca a motore, ma' è rischiosa in una leggera canoa.
L . . . . . ,: v..: j •e;.,J::
'"
.h1
' ,_
\\'
,
(11.17a) (11.17b)
\~17C)
,.,..'
~<~V~'f.,',~'~ ~~
:,;.
.:-o"''''r;J:;:;
Dal modo in cui abbiamo dedotto il principio di conservazione della quantità .,(};OA)~I} IClNt. di moto, sembrerebbe che questo principio abbia un'applicabilità limitata poiché ab- T' RI /J I l biamo presupposto che sul sistema di punti materiali non agissero forze esterne. Inve- .' _ ce, l'ambito di questa legge è molto più ampio di quanto lasci intendere la nostra ,fÌ..:: O, Nr, K ~ :: ~ (11.11 deduzione, per due ragioni. CI /W\.I»f.'p. In primo luogo, si presentano numerosi casi in cui una forza esterna, di solito .. O':";:: gravitazionale o elettrica, agisce su un sistema, ma è così debole da essere trascurabile O ~ 11 t: ~ ~ 01,1\ rispetto alle forze interne per la brevissima durata di un'esplosione o di un urto. Ne' [ : • sono esempi l'esplosione di un razzo che cade nel campo gravitazionale della Terra ~ ~ kliv e l'urto di un protone contro un nucleo nel campo elettrico di un bersaglio solido. ~ PA/h '. ~JNegli esempi di questo tipo, la quantità di moto si conserva con ottima approssima0· . l-:,-~· zione. . In secondo luogo, se qualcosa applica una forza a un sistema, allora il sistema, comunque complesso possa essere, esercita una forza uguale e contraria su quel qualcosa. E, se includiamo quel qualcosa in un nuovo sistema, più ampio del precedente, allora nel sistema globale la quantità di moto si conserva. Ecco perché la quantità di moto totale dell'Universo è costante: non esiste un sistema più ampio che sia capace di contenerlo. Se concentriamo l'attenzione soltanto su una parte dell'Universo, allora su quel sistema possono agire per un certo tempo forze esterne, le quali vengono dette forze impulsive. Le loro azioni nel tempo hanno con la quantità di moto all'incirca la stessa relazione che il lavoro ha con l'energia: le forze impulsive sono un «artificio contabile» che ci permette di concentrare l'attenzione soltanto su una parte dell'Universo. Le forze impulsive verranno esaminate nella sezione 11.8.
e p o:
AL
Fvt :
Nei capitoli che seguono, il centro di massa si dimo,strerà spesso utile. È importante capire che il concetto di centro di massa è diverso da quello di centro di gravità (o baricentro). Il ceritr,o ,di gravità di un corpo esteso è il punto in cui agisce il risultante delle forze gravitazionali che si esercitano sul corpo in questione. Il centro di massa di un corpo è il punto in cui agisce la forza espressa da una forma particolarmerite semplice della seconda legge di Newton, un enunciato dinamico valido per qualsiasi tipo di forza. In una regione in cui l'accelerazione di gravità è uniforme, il centro di massa r e il centro di gravità r CG coincidono, poiché in questo caso 'la forza di gravità mig che 'agisce su ciascun punto materiale è direttamente proporzionale alla massa mi' Ma nel caso di un corpo che è tanto grande quanto basta perché si debba tener conto della non uniformità dell'accelerazione di gravità, r CG risulta spostato rispetto a r verso il lato del corpo dove la forza di gravità è più intensa. Per esempio, il centro di gravità della Luna è un po' più vicino alla Terra di quanto sia il centro di massa della Luna, poiché la forza gravitazionale GMym/r- che agisce su un punto materiale di massa mi è più intensa in un punto più vicino alla Terra.
11.4
twl
IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Dopo avere tratto le conseguenze della seconda legge di Newton per un sistema di n punti materiali, .Mi
=..!!.- (mi VI + m2 v2 + ... + m, v,) =Fes.
(11.14)
dt
useremo questo risultato per dedurre il principio di conservazione della quantità di moto. Supponiamo che il centro di massa del sistema, quando è osservato da lontano, non sia soggetto ad accelerazione. Possiamo allora trarre la conclusione che il risultante delle forze esterne agenti sul sistema è nullo, il che ci permette di semplificare l'equazione (11.14) ottenendo d (mi VI + m v + m v + ... + m, v,) = dc 3 3 2 2
•
f- .-) __. '-11
la canoa deve spostarsi di 1,2 m nel verso opposto e quindi l'uomo corre un grave pericolo di cadere nel lago!
X canoa
219
O
(11.15)
Sappiamo come risolvere questa equazione: se la derivata di qualcosa è nulla,
/,;:v
Esempio 2 Un petardo in quiete esplode dividendosi in tre frammenti. Due frammenti, aventi la stessa massa, si ailontanano secondo direzioni mutuamente perpendicolari con la stessa velocità V = 8 m/s. Il terzo frammento ha una massa pari alla metà di quella degli altri due frammenti. Si trovi la velocità v del terzo frammento. Prima dell'esplosione, il petardo era in quiete e aveva quantità di moto nulla. Perciò, dopo l'esplosione, la somma delle quantità di moto dei frammenti deve essere nulla. Introduciamo il sistema di coordinate della figura, nel quale sono indicate le quantità di moto dei frammenti. (Abbiamo indicato che la quantità di moto incognita del terzo frammento deve avere orientamento opposto a quello della somma vettoriale delle quantità di moto degli altri due frammenti.) Se si indica con m la massa di uno dei frammenti identici, la conservazione della quantità di moto nella direzione x implica che
v_---~/ m/2
'-~...
~v
220
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
o
mVx
+
mVx
-
+mv
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
x
ossia O = mV cos 45°
+
+mv
mV cos 45° -
x
Risolvendo rispetto a vx ' otteniamo Vx
= 4V cos 45° = 4(8 mJs)(+
0)
160 mJs
[È importante notare che la quantità di moto del sistema (cannone più proietto) si conserva soltanto durante l'esplosione; durante il più lungo intervallo di tempo in cui si svolge il moto successivo forze esterne il cui risultante non è nullo agiscono sia sul cannone sia sul proietto.] Si può usare il metodo di Thompson anche per trovare quanta energia chimica si trasforma in energia cinetica del proietto e del cannone durante l'esplosione. Questa quantità è
+
K = +MV2
+mv2
In funzione delle grandezze misurate, questa quantità è mV l
K = "2 MV2
+
1M2
(M) l + ;;:;
"2 -;;; V2 = Mgh
(m/2)v
mV
11.5
PROPULSIONE A RAZZO
La conservazione della quantità di moto nella direzione y implica che O = mV sin 45° - mV sin 45°
+
+mv
y
da cui risulta che vy = O, come abbiamo già indicato nella figura.
Esempio 3 Un cannone di massa M spara un proietto di massa m. Si descriva un metodo per determinare la velocità del proietto con mezzi puramente meccanici.
~
h '\ T\ 1.. ''-'v
M
istante t:
c, ..... v
mv-MV=O
Risolvendo rispetto a v, troviamo
v = (Mlm)V Thompson determinò V assumendo che il moto del pendolo converta l'energia cinetica iniziale del cannone in energia potenziale, +MV 2 = Mgh
e misurando la quota h. Sostituendo, si ottiene la velocità del proietto in funzione di grandezze note: m
V2iii
quantità di moto M(t) Viti ./
[5-~_
Questo problema fu risolto da Benjamin Thompson (in seguito conte Rumford), un avventuriero e scienziato di origine americana, mentre lavorava per i britannici ai tempi della Rivoluzione americana. Thompson montò il cannone orizzontalmente, come un pendolo. Prima dell'esplosione, la quantità di moto del sistema è nulla, poiché sia il cannone sia il proietto sono in quiete.. Dopo l'esplosione, il moto è inizialmente orizzontale. Il proietto si muove con velocità v, mentre il cannone rincula con velocità V nella stessa direzione e nel verso opposto. La somma delle due quantità di moto deve rimanere nulla. Assumendo la direzione orientata della velocità del ptoietto come direzione orientata positiva, otteniamo, in base alla conservazione della quantità di moto [equazione (11.17a)],
M v = -
Una delle più interessanti applicazioni della quantità di moto è la propulsione a razzo. Il razzo espelle gas ad alta velocità in una direzione orientata e viene accelerato dal rinculo nella direzione orientata opposta. Nel funzionamento normale, il gas viene emesso continuamente per un determinato intervallo di tempo, ma, per afferrare le caratteristiche esenziali del processo, cominciamo con il prendere in considerazione un razzo che espelle il gas di scarico a intermittenza, come i proiettili di una mitragliatrice. In particolare, consideriamo un intervallino di tempo dall'istante t a un istante successivo t + h. Supponiamo che una determinata quantità di gas di scarico venga espulsa all'istante t e che durante questo intervallino di tempo 1;Ion ne venga espulso altro.
istante t + h:
i
quantità di moto M(t + h) V{t + h) ./
===>-
D [
quantità di moto (- 6.M) [V(t) - t:(t)]
Figura 11.3 Quantità di moto (misurata rispetto alla Terra) prima e dopo che un razzo ha espulso gas di massa - 6.M = -[M (t + h) - M(t)]. All'istante I, il razzo ha massa M(t) e velocità V(t). Durante l'intervallino di tempo, il gas espulso ha massa M(/) - M(t + h) e viene espulso all'indietro con velocità -V(/) rispetto al razzo [o V(t) -v(t) rispetto alla Terra]; il gas espulso conserva questa velocità durante tutto l'intervallino di tempo. Il razzo rincula in avanti, assumendo la velocità V(I + h) all'istante t + h. All'istante I + 11, il sistema è costituito da due parti, un razzo con quantità di moto uguale a M(t + h)V(t + h) e un gas di scarico con quantità di moto [M(t) - M(t
+
h)J[V(t) - v(t)]
Il principio di conservazione della quantità di moto stabilisce che la quantità di moto del nuovo sistema è uguale a quella del vecchio, e quindi M(t)Vit) = M(t
+
h)V(t
+
h)
+
[M(t) - M(t
+
~)][V(/) - v(t)]
Riordinando questa espressione, troviamo M(t
+
h)[V(t
+
h) - V(t)] = -v(t)[M(t
+
h) - M(t)]
(11.18)
221
"'I 222
~a.. 'LGiJ.1'r-O
)
~c ••• , , ,. • • . •: .
~\. . ~ i ~'"j,Y.t-. ,i 'l' ,V'~ . V (
È l'equazione differenziale fondamentale soddisfJtta da un razzo di massa variabile. È facile capirla fisicamente. Il primo membro è il prodotto della massa istantanea del razzo per la sua accelerazione. Il secondo membro è la forza acceleratrice che agisce sul razzo ed è dovuta alla spinta sviluppata dal motore a razzo. Per ottenere una grande spinta, si deve espellere la massa rapidamente (rendere grande - dM/dt), a una grande velocità [rendere grande v(t)]. L'equazione (11.19) può anche essere scritta nella forma
'.
.;)-~,,,,-~ ~ ).;~~ )
"""" F ' K' ~
)Le-
~ I.:f'~ \,\(tì:~hl'~4t=~'érr
U
t,
'O;'
J ~,.,-o -J..'i.)..ClV..t;;; )
dV
-
di
~
V=
.::0)
~
O, otteniamo
~~~ dr' ~y" ~~/;;:JJ. wfl".k..o,V~ ~eXil'l ' l+1ç ~~) ->
_ . .. dV dM ì,p[i{1,:; M(t}7t' ''''''(F-v(t)
"J-,..
•
er h e onendo h
Dividen
' ' ; ' ' .....
[
=
V(/) dM -- =
M(r) di
d
(11.20)
-v(1) -[In M(t)j
dr
Se il gas di scarico vi@e espulso con velocità costante Il si può integrare subito questa equazione ottenendo ~ ..... ,..... " M ( O ) .H.L.-:"qOì.c=. - dln M(r) - In M(O») =1'... ln-....'M(ll.. Per esempio, se partiamo dalla quiete ed espelliamo metà della massa, il razzo raggiunge la velocità V(t) = v In 2. Data la bassa rapidità di variazione del logaritmo, i tentativi di aumentare la velocità del razzo molto al disopra della velocità v partendo dalla quiete ottengono quelli che gli economisti chiamano «rendimenti decrescenti». La ragione fisica di ciò è che, quando V > v, il gas di scarico viene emesso in avanti rispetto alla Terra, e quindi il razzo, benché aumenti alquanto la propria velocità, in realtà perde quantità di moto in un sistema di riferimento solidale con la Terra.
Esempio 4 Il veicolo di lancio Saturno V portò il primo uomo sulla Luna nel 1969. Il primo
7 stadio di questo veicolo aveva le seguenti caratteristiche: spinta totale 3,4 . 10 N, 4 rapidità di consumo del combustibile 1,4 . 10 kgls, durata di combustione del primo stadio 150 s, massa iniziale 2,8 . 106 kg. Si stimi la velocità del veicolo al termine della combustione del primo stadio, trascurando la forza di gravità e la resistenza dell'aria. La spinta -v dM/dt = 3,4 . 107 N e dM/dt = -1,4 . 104 kgls, e quindi la velocità con cui il gas di scarico viene espulso rispetto al razzo è v= spinta -dm/dt
=
3,4· 107N = 24. 103 / 1,4. 1011 kg/s' ms
La massa del veicolo dopo 150 s è M(t)
= = =
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
I
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
M(O) - t(1,4 . J04kgls)
2,8 . 106 - 150(1,4 . 104 ) 0,7 . 106kg
ossia è pari a soltanto 1/4 del valore iniziale. Perciò, possiamo stimare che la velocità al termine della combustione del primo stadio è Vi(t) = v In M(O) = 2 4 . 103 In 4 = 3 3 . I 03
M(t)'
,
~ s
La velocità reale era di soltanto circa 2,8 . 103 m/s, la differenza potendo essere attribuita alla forza di gravità e alla resistenza dell'aria. . Poiché il primo stadio raggiunge soltanto una velocità di 2,8 km/s, mentre la velocità di fuga è di II km/s (esempio 7 del capitolo IO), si rendono necessari altri stadi dopo che i motori del primo stadio e i serbatoi del combustibile vuoti sono stati espulsi per alleggerire il carico.
Il moto di un razzo reale è reso complicato dalla presenza di forze esterne, come la forza di gravità della Terra. In presenza di forze esterne, anziché l'equazione (11.19), l'equazione differenziale fondamentale del moto è dV
M(t)
dr
=
- v(t)
dM
dt
+
F(t)
(11.21)
dove F{t) rappresenta la somma di tutte le forze esterne che agiscono sul razzo all'istante t. Non discuteremo qui la risoluzione di questa equazione. A differenza di un aeromobile, un razzo non ha bisogno di aria contro cui reagire o da cui ricevere portanza. Per un razzo, l'aria è semplicemente una fonte di resistenza. Ma il processo affine della propulsione a getto utilizza l'aria, prelevandola dalla parte anteriore del missile o del motore, utilizzandola per ossidare il combustibile chimico e poi espellendo il gas di scarico posteriormente. Perciò, un missile propulso a getto subisce una minore variazione della massa rispetto a un razzo. Nel caso ideale in cui un missile propulso a getto non subisce alcuna variazione della massa, limitandosi a prelevare aria che è inizialmente in quiete ed espellendo la stessa massa di gas a una velocità V - v, la velocità del missile è limitata a V < v. Infatti, se V fosse maggiore di v, il gas acquisterebbe una quantità di moto in avanti venendo aspirato attraverso il motore a getto; perciò, il missile perderebbe quantità di moto e velocità.
11.6 CONSERVAZIONE DELL'ENERGiA E CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO NEGLI URTI
Nel dedurre il principio di conservazione della quantità di moto, non abbiamo avuto necessità di specificare la natura delle f~rze ag~nti tra i corpi. Esse avr.ebbero potuto essere elettriche, gravitazionali, o di altro genùe, e ciò non avrebbe fatto alcuna differenza: la quantità di moto si conserva jndipendentemente dalle forze chç jntervengono. Il principio di conservazione della quantità di moto, come quello di conservazione dell'energia, è un principio potente, di vasta portata, che esprime un enunciato generale sulla natura senza prestare eccessiva attenzione ai particolari delle forze implicate. Disponiamo ora di due princìpi di conservazione che possono essere applicati insieme come mezzo potente per comprendere alcuni tipi di problemi. Per esempio, si presentano problemi in cui due corpi, che all'inizio si muovono in una determinata direzione interagiscono durante un breve intervallo di tempo, come avviene in un urto, e poi si allontanano in differenti direzioni. In fisica, il termine interagire, con riferimento a due corpi, significa che tra i due corpi si esercita qualche forza. Possiamo non conoscere i particolari di questa forza, e possiamo non sapere se i corpi si siano toccati o abbiano interagito a distanza senza contatto diretto, ma, dal fatto che il moto di ciascun corpo è cambiato, siamo in grado di trarre la conclusione che, durante un breve intervallo di tempo, i due corpi hanno esercitato forze l'uno sull'altro. Usando i princ.wi di cons,ryi3zjQIlC dell~1Jenlia e della Quantilà di ~oto §jarno i!lJ>rado di prevedere molte ç~atn;~iì.tÌ-'ìbe deL.mgtQ,,succ$.ssivo Q4i,~que sto tipo di iDterazione.. , Sebbene possa non apparire evidente che il mondo è semplicemente un insieme di corpi che si urtano mutuamente, questo tipo di problema è importante nella fisica moderna. La fisica del nostro secolo è volta all'esplorazione della meccanica quanti, stica, la fisica degli atomi e delle particelle elementari. Ciò che i fisici vogliono arrivare a conoscere nella meccanica quantistica è la struttura interna, invisibile, nascosta degli atomi, dei nuclei, e persino degli stessi protoni e neutroni. Ma sono pochissimi i mezzi per scoprire ciò che accade all'interno di un nucleo. U n mezzo per studiare il nucleo è accelerarlo fino a fargli acquistare una grande quantità di moto, mandarlo a urtare contro un altro nucleo e osservare ciò che accade. Tali esperienze vengono condotte in colossali acceleratori di parti:::elle, come quello del Fermilab, nelle vicinanze di Chicago, dove i protoni vengono fatti urtare contro altri protoni. I frammenti prodotti da questi urti si possono osservare sotto forma di tracce di bollicine prodotte all'interno di camere piene di idrogeno liquido (camere
223
224
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
abolle). La figura Il.4 è una fotografia di tracce prodotte in una camera a bolle. Benché questo procedimento non sia molto raffinato, finora non si è ideato un altro tipo di esperienza per sondare l'interno di un nucleo. Qualcuno l'ha paragonato al tentativo di imparare la musica ascoltando un pianoforte mentre precipita lungo una rampa di scale.
prima Po
....r:
...../''''1/1
1
//&1
----e--III)
~~ UJo lA;;.. .J.~ ~(M- ~",\ ..Ii..
dopo
bersaglio
---\é~---
m,\
1112
p,
225
..-Y>') 2.. J.,,:. ~:J. ~.J.o -C
À
)
r~,Jtr~t:L)<M- ~~"p,,~ ~/:SJ.;..
(bersaglio)
Figura 11.5 Urto tra due corpi. vazione della quantità di moto implica che la quantità di moto totale del sistema ~rima dell'urto è uguale alla quantità di moto totale del sistema dOEo !'~~o:
ili ~ vR7'P, + PL
r:-L~ /'{'f\t. ~' ~~IJ.-~ . ' .. () v - ' . ·"k~';y-·Q,n1 23::1 I W \~::)~~O U . !J ~~
t.' ;:.:>. r~ J;. ~to Poiché\!:urto si svolge su un piano orizzontale;l'energia potenziale dei due corpi nel campo gravitazionale della Terra rimane invariata e quindi non dobbiamo preoccuparcen~(comunque, non varierebbe molto durante un urto abbastanza breve). Inoltrede in un urto non si dissipa eQ@rgia setto conna di .Ga!~. l'llll!;) ;..~ Supponiamo che questo particolare urto sia elastico. In un urto elastico, la conservazione della quantità di mote implica che l'energia cinetica dei corni prima dell'1!rto .~uale all'eneraia cinetica dopo l'urto. Usando l'equazione (1 1.22), possiamo uguagliare le energie cinetiche, ottenendo
I
P5 .' =
2ml
Figura 11.4. Tracce di particelle prodotte in una camera a bolle in conseguenza di un urto ad alta energia. (California Institute of Technology.) Per prepararci ad applicare le equazioni di conservazione dell'energia e della quantità di moto, scriviamo anzitutto l'energia e la quantità di moto in forme che ci permettano di confrontarle facilmente. Sappiamo che la quantità di moto di un corpo è data da p
mv
(11.1)
Ricordando che VI = v . v, possiamo usare l'espressione v = p/m ricavata dall'equazione (11.1) e sostituirla nell'espressione per l'energia cinetica: K = 1m(plm)2
~ 2
. ···;d.,·,2m..
J
~/~ h;1L...
.
~~;( &...(e-....,.J.!7c"..)
Le equazioni (11.23) e (11.24) contengono tutte le informazioni fornite dalla conser-
,.
vazione dell'energia e della quantità di moto nell'urto elastico. Per evitare lunghi calcoli, qui e nei problemi ci limiteremo a considerare casi particolari che consentano semplificazioni algebriche. Se i due corpi hanno la stessa massa, mi ;" m 2 = m, l'equazione (11.24) si semplifica assumendo la forma
Po
l!..!. + El.
2
2
2m
2
2m
2m
'"'"' i. -=: .1Y"ì <..=
A'V',
-!t
.-:7~~vt.~ , , ;.
fPj_'2+"fill P.?,~~Jb~"J)~
K = ~mv2
.. ,....
(11.240
2m2
Moltiplicando entrambi i membri per 2m, otteniamo
e che l'energia cinetica è data da
.{~:P '. .
J!.i. + . P5. ] :l. mi
(11.22)
Questo risultato illustra chiaramente la re!appM.lra enerr"ia.1Rinetica;-e$1àii:lit~;g).., mo.tq,.e ci permette di semplificare molte equazioni. Supponiamo di avere due corpi, di massa mi e m2 , giacenti su un piano orizzontale. Consideriamo il caso in cui un corpo, che chiameremo bersaglio, è in quiete; il secondo corpo colpisce il bersaglio, come è indicato nella figura 11.5. Studieremo il risultato di questo urto. Pur non conoscendo alcunché sulla natura delle forze che agiscono tra i due corpi quando essi sono vicini l'uno all'altro, riusciremo a scoprire le proprietà di questo urto applicando i principi di conservazione dell'energia e della quantità di moto. Inizialmente, il bersagliò ha quantità di moto nul~a;sia Po la quantità di moto dell'altro corpo. Dopo l'urto, il bersaglio si allontana con quantità di moto P2 e l'altro corpo con quantità di moto PI' Che cosa possiamo dire riguardO a P I e P2? La conser-
(11.25~
L'equazione (1l.23), essendo un'equazione vettoriale, rappresenta tre equaziOnI -'~~ '!,.:,s... (~) scalari che possono essere risolte analiticamente. Ma, prima di risolvere il problema in questo modo, consideriamo di nuovo questa equazione vettoriale. Essa dice che il : ')1.. -:> _:> _,:> vettore Po' quale che sia, è la somma di due vettori, PI e P2' In altri termini, i tre. . 1 Ii..- F~J.. vettori formano un triangolo se sia PI sia P2 non sono nulli. (e.e-.r~ ~ ~. Inoltre, l'equazione (1l.25) dice che, nel caso in cui i due corpi hanno la stessa ' ~ (",-o-.-, ~t:;;;..&.) massa, la lunghezza (il modulo) di Po è uguale alla somma dei quadrati delle lunghezze ~ ~ . J...: di P1 e P2' Il triangolo formato dai tre vettori soddisfa il teorema di Pitagora e quindi ~ ...'~ /I.RJ/_>Q PI è perpendicolare a P2' Siamo già in grado di formulare una previsione: quando duS,. l ..J..) corpi aventi la stessa massa si urtano non frontalmente: essi, dopo rurto, si allontana~ no in direzjoni mJJ1uamente tl"mgi~Nella figura 11.5, lo stato finale è stato. .J.t disegnato per illustrare questa particolare relazione che si presenta nell'urto tra due '(~lt2 \ÙL.~ r;; corpi aventi la stessa massa. ~) =O Cf _-( 1Possiamo anche risolvere il problema algebricamente, anziché geometricamente.: ~,Y F<-j O Consideriamo P02 calcoliamo il prodotto scalare: ~ ~L;;.& '.,Q~~L
.
dcfo.)L.
J, Fz.
Pi
?
olw:.
F f
e
P6 = Po' Po = (PI + P2)' (PI + P6 = pr + pi + 2PI'P2
P2)
•
-Uç
pz "" o..l:..0o-J:;;;;..-w..
:-p1.'I.kY1.~
Confrontando questa espressione con l'equazione (11.25), traiamo la conclusione che .
f'''"'"'7:'' O..i"'l.<.-;ç"" (
f '\
J
"'-'fO.( '.v.t;;
,1;;., &tvw'O {}
f1k...:~"""" to
11. CONS!:RVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
226
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
PI 'P2 = O
Esempio 6
Quest'ultima equazione ammette due soluzioni. Una soluzione è dire che i due vettori sono mutuamente perpendicolari, la conclusione a cui siamo pervenuti prima, mentre l'altra soluzione non è stata analizzata quando il problema è stato risolto geometricamente: uno dei due vettori PI e P2 può essere nullo. Se P2 = O, il bersaglio rimane fermo, indicando che l'altro corpo l'ha mancato completamente: una prospettiva poco entusiasmante. Se invece PI = O, abbiamo un urto frontale, in cui il corpo 2 (il bersaglio) si allontana, mentre il corpo l rimane fermo. Si può illustrare facilmente questo caso facendo urtare frontalmente due monete uguali. L'urto tra masse uguali or ora trattato è un importante caso particolare: vale sia per le palle da biliardo sia per i protoni che si muovono con velocità molto minori della velocità della luce*. Ripetendo il ragionamento per il caso più geu!:tale di corpi di massa diversa, si ottengono relazioni simili, ma più complesse;,..i!.J2rj,mo como non sLarresta più in un urto frontale,.e l'angAÙ;l . . e' . . . c . " .,90° dopo un urto non-frontale. Nel caso di masse qualsiasi. i due princìpi di conservazione della quantità gL moto e dell'energia, usati i!,lsie!!!.\l:: offrono un mezzo potente per analizzare gli urti. Questi princìpi trasceudono i Qarti.golari delle fQ~=gQ,lliJ...a~: sono un «mezzo contabile~> che permette di" sa~ere ~, cosa ~}~ st~.~.§,2,,.P!~dell'urto e ~."J:l:ò ""to- - -:J:>..tJ.W. , 4 - ~ Gli esempi che seguono illustrano questo metodo per studiare gli urti.
cl
Un protone, che si muove con velocità Vo = 600 mls, inte~agisce con un altro protone inizialmente in quiete. Dalle tracce lasciate dalle particelle, si vede che un protone si allontana secondo una direzione che forma un angolo di 60° con la direzione iniziale. Si supponga che l'urto sia elastico. (a) Qual è la direzione dell'altro protone dopo l'urto? (b) Quali sono le velocità dei due protoni dopo l'interazione? (a) Poiché'si ha a che fare con un urto elastico tra due particelle identiche, la trattazione svolta nel testo ci dice che le particelle si allontaneranno secondo direzioni mutuamente perpendicolari. Perciò, l'angolo a indicato nella figura relativa a questo esempio è uguale a 30°. (b) Per trovare le velocità dei protoni, usiamo l'èquazione di conservazione della quantità di moto espressa mediante le componenti. La quantità di moto iniziale nella direzione x è mvo' e quindi mvo = mVI
-" mv,
//~ e 60"
\ \
mU2
cos 30° + mV2 cos 60°
dove u l e u2 sono le nostre incognite. Nella direzione y, la quantità di moto iniziale è nulla (per come sono stati scelti gli assi coordinati) e quindi la conservazione della quantità di moto, applicata a quella componente, implica che O = mVI sin 30° - mV2 sin 60°
Risolvendo quest'ultima equazione rispetto a vI' troviamo che VI = V2
Esempio 5 Una slitta di massa M = 0,60 kg reca a un'estremità un pezzo di plastilina. Si muove inizialmente con una velocità Vo = 0,20 mls lungo un canale ad aria** quando urta contro una slitta di massa m = 0,40 kg che si muove con una velocità Vo = 0,10 m/s. Si osserva che le due slitte si allontanano con una velocità V.
:q 7 mr--
~
.~
M
(a) Si determini la velocità V. (b) Quanta energia cinetica si dissipa nell'urto? (a) Poiché le due slitte restano attaccate, ci aspettiamo che l'urto sia anelastico: deve dissiparsi una certa quantità di energia perché le due slitte possano allontanarsi unite. Perciò, applichiamo anzitutto la conservazione della quantità di moto: MVo
+
mvo = (M
+
m)V
in cui, dopo l'urto, entrambe le slitte hanno la stessa velocità V. Risolvendo rispetto a V, troviamo
v=
(MVo
+
mvo)/(M
+
m)
che ha il valore numerico 0,16 m/s. (b) L'energia dissipata è uguale alla differenza tra l'energia cinetica iniziale del sistema e quella finale: energia dissipata =
qMVij + t m\Jij) - ~ (M + m) JI2
che risulta essere 1.2 . 10-3 J. • A velocità prossime alla velocità della luce intervengono correzioni relativistiche che modificano la cinematica presentata qui. •• Un canale ad aria è un dispositivo pressoché privo di attrito che viene usato per eseguire esperienze dimostrative sulla conservazione della quantità di moto. La slitta scivola su un cuscino d'aria, ottenuto soffiando aria compressa attraverso una serie di forellini praticati nel canale.
sin 600 lsin 30° = y'3V2
e, sostituendo questo valore nell'equazione per la quantità di moto secondo la direzione x otteniamo che Vo = y'3v2
sin 60°
+
V2
cos 60°
Risolvendo rispetto a v2 ' troviamo che V2 = vo/(y'3
sin 60°
+ cos
60°) = ~vo
da cui risulta che v2 = 300 m/s. Trovato questo valore, basta sostituirlo nell'equazione VI = V3 v2 per trovare che VI '= 520 m/s.
Esempio 7 Un'automobile utilitaria di massa mA = 1300 kg e un'automobile sportiva di massa mB = 1000 kg si avvicinano a un incrocio, procedendo ciascuna a una velocità di 14 mJs. Si urtano e si allontanano insieme sotto un angolo a, come è indicato nella figura. Si trovino (a) l'angolo a, (b) la velocità delle automobili incastrate dopo l'urto, (c) la quantità di en~rgia dissipata nell'urto. Sappiamo che la quantità di moto totale prima dell'urto è uguale alla quantità di moto totale dopo l'urto. Esprimiamo questa relazione per mezzo delle componenti. Per la direziope x, abbiamo che mAv = (mA
+
mB)V
cos S
in cui le due automobili hanno la stessa velocità dopo l'urto. Avendo due incognite, Ve S, abbiamo bisogno di un'altra equazione prima di potere risolvere rispetto a esse. Nella direzione y, la conservazione della quantità di moto implica che mBv = (mA
+ mB1V sin S
Dividendo la seconda equazione per la prima, possiamo risolvere rispetto a
a:
"é mA" mv u
. . Y'v A+B
227
228
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
mB_sine mA - cos e = tan e tan
e=
1000/1300
ottenendo e = 37,6°. Come verifica, possiamo osservare che e - o nel limite mB/mA ~ O e che e _ rtl2 nel limite mA/mB - O, la qualcosa è compatibile con la previsione che, se uno dei due corpi reca quasi tutta la massa, dopo l'urto il sistema costituito dai due corpi continuerà a muoversi nella direzione che aveva inizialmente il corpo di massa maggiore. Per trovare la velocità delle automobili dopo l'urto, possiamo usare l'una o l'altra delle equazioni della quantità di moto e risolvere rispetto a V, ottenendo V = 10m/s. La differenza tra l'energia cinetica iniziale e l'energia cinetica finale è l'energia dissi1
"
pata: energia disipata = qmAv2
+
4mBV2) -
4(mA
+
mB)V
2
che risulta pari a 1,1 . 105 J.
ì !t r,
~ f,
ft
!i
~---_t 0----
li
Figura 11.6 Parametro d'urto b.
Ili l;:i "
Se la conservazione della quantità di moto e quella dell'energia forniscono tante informazioni sugli urti, indipendentemente dai corpi che interagiscono e dalle forze che intervengono nell'interazione, perché i fisici fanno urtare (diffondere) i protoni per5éÒnoscere la loro struttura e le forze che agiscono tra di essi? Per,rispondere a questa domanda, è importante notare che, in due dimensioni, lo st~f~ ·fiJlllle di un urto elastico come quello schematizzato nella figura 11.5 può essere.d~Sef.ùto per mezzo di quattro parametri: p!' P2' e l e e 2• Ma in due dimensioni esistonq.soltanto tre princìpi di conservazione: conservazione di Px' conservazione di Py e conservazione dell'energia. Perciò, la conservazione della quantità di moto e quella dell'energia non determinano tutto ciò che riguarda l'urto per una data quantità di moto iniziale; per determinare univocamente un urto, si deve specificare un altro parametro, che può essere un angolo oppure il modulo di una quantità di moto. Per esempio, nell'esempio 6 era specificata la direzione finale di un protone. La proprietà dello stato iniziale che non era stata descritta, lasciando così non specificato un parametro dello stato finale, era la minima. distanza a cui la particella in moto si sarebbe avvicinata alla particella bersaglio se avesse continuato a muoversi di moto rettilineo (figura 11.6). Questa distanza, che viene misurata tra i centri di massa dei due corpi interagenti, è detta parametro d'urto. Un esperto giocatore di biliardo è capace di controllare il parametro d'urto e di determinare così la direzione finale di entrambe le palle. Ma un fisico nucleare che fa urtare particelle subatomiche come i protoni si trova nella stessa situazione di un giocatore di biliardo principiante che tenti un tiro difficile: non è in grado di controllare il parametro d'urto. In realtà, esso varia casualmente da urto a urto, determinando una distribuzione di stati finali. La relazione fra stati finali e parametri d'urto dipende dalla natura della forza che si esercita tra i corpi interagenti. Nel caso di una forza di contatto, come quella che si esercita tra due palle di biliardo, soltanto i parametri d'urto minori del doppio del raggio di una palla determineranno un urto. D'altra parte, due protoni devieranno lievemente anche per grandi parametri d'urto, a causa della repulsione coulombiana a grande raggio d'azione. Lo studio accurato della distribuzione degli angoli e delle quantità di moto finali fornisce informazioni sulla natura della forza e sulla natura dei corpi che si urtano, ed è questa la ragione per cui i fisici fanno urtare protoni e altre piccole particelle. 11.7
COORDINATE DEL CENTRO DI MASSA
dopo l'urto. Si ottiene una notevole semplificazione quando uno dei due corpi è inizialmente in quiete, come abbiamo illustrato in modo particolareggiato nella sezione 11.6, dove abbiamo trovato che, nel caso di un urto tra masse uguali, il corpo inizialmente in moto si arresta se subisce un urto frontale, oppure che i due corpi emergono secondo direzioni mutuamente perpendicolari se si produce un urto obliquo. Il sistema di riferimento in cui il secondo corpo è in quiete è detto sistema di riferimento di quiete o sistema di riferimento solidale. Spesso, come in una tipica esperienza di diffusione della fisica nucleare, il secondo corpo è in quiete rispetto al laboratorio, e quindi la semplicità del sistema di riferimento di quiete vale anche nel sistema di riferimento del laboratorio. J.In altro .. sistema di rifer;imegto in cui si Semplifica la cinematica è il siste1]l{L.dL. riffrimenro MI Gentr .. di w@_ cioè un sistema di riferimento solidale con il centro di massa. Se sul sistema di èorpi non agiscono forze esterne, il cent.l;Q di masslUlQJl è accelerato. Di conseguepza, anChe se i sIDgAIi COtili pcesentj nel. sistema PQSS!ltlo... :iiaarsi e venire accelerati da forze interne il centro di massa si muove con lte!ru;ità costante l' rispettg al sistema di riferimento de! labQtatoria.SL" Perciò, il sistema di riferimentodèf centro di massa, Se> può essere raggiunto li partire da SL mediante una trasformazione galileiana di velocità costante ed è esso stesso un sistema di riferimento inerziale. Un corpo che abbia una velocità Vi rispetto al laboratorio avrà una velocità v; = Vi - rispetto al centro di massa. Per capire perché la cinematica si semplifica nel sistema di riferimento del centro di massa, cominciamo con il ricordare la definizione della coordinata del centro di massa in un sistema di riferimento arbitrario:
v
v
r=..!..'" M L.. miri
(11.8)
Derivando entrambi i membri di questa equazione rispetto al tempo, otteniamo
~ .f..--.
dr _ _ I dt - v - M '" L.. mi v ;
~~
~""-
(11.26)1
I
m;v;
I .
,>® V te4:
vte4:. l'l F1e.4": v:Y'c. r' ~ì;YVtQ
Ntr'\..t,.o
-.J :\: u-1;
i
I. "'" ,è;./~j.j) ~--J~Vi
tF rT clf'r l'
.In altre parole, riconoscendo che la somma che figura nell'equazione (11.27) è lal --;;, +• quantità di moto totale Pris del sistema di corpi, abbiamo i . """"1:.. ~ 'OQ
frn..
nel sistema di riferimento del centro di massa. . La prima importante sem lificazi . un urto tra due co i che si svolge nel ~istema di riferimento deLç\:ll1J;a,.gi m~s§a è cbeJe singole quantità dj..m.QjO,PQ,IJla. ~ell'urto sono uguali"in mqdul,ç>!! oi!l10ste~
m,v; + m2v;
= -O
100' ( ~....... o...'iJ.A- A
I
r;;
\1" Irr
V0.-1..r. j ~
ciascun~0!:Euarà
:
.-"~
+ m2u;
O
-?>\
(11.30)
+'il
m'
"
~.<.vJ:;)
",~""""~~,,,,,_,,,,,,"~,,,.:m.
/-:->.
,t1zV
-ò
~1 M.. 1 IW) I/J (~L\~)
~11.29)
~
P9J2Q l'm:la, l'orientamentQ del moto di e (in un urto . '" _ cambiato, .. anelastico) potrà essere c~mbiata ~J~. Le velocità finali devono essere denotate con nuovi simboli; denotiàmole con Ui" ~ poiché Pris si conserva, .k. singole quantità di moto saranno ancora ugu!!li in mog,!llo e opp..oste in orientamlln.,tq" come è indicato nella figura 11.7: mlu;
-)\
""1 V
(11.28)
Pris = O
-
#
cht et.->,f;;:{; J....: ;:"""';.I;'~ ) I/J eo,,,,, ED.
(11.27)1\~
=O
,.1. ""- -:.'i1(.~~
_/D
Ma, nel caso particolare del sistema di riferimento del centro di massa, r è fisso e quindi la derivata temporale drldt si annulla nel primo membro dell'equazione (11.26). Ricordando che abbiamo denotato con V; le velocità dei corpi in questo partijcolare sistema di riferimento, in questo caso possiamo scrivere l'equazione (11.26) nella forma
(, 1: ~
In un urto tra due corpi, la cinematica è piuttosto complicata se entrambi i corpi incidenti sono in moto prima dell'urto e se entrambi i corpi emergenti sono in moto
~
.
~
~~m2v,
m~ ~ IV!
m, u',
Figura 11.7 Cinematica di un urto tra due corpi nel sistema di riferimento del centro di massa.
230
r'"
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Per trovare la relazione tra le quantità di moto finali e le quantità di moto iniziali si rende necessaria un'altra condizione, che di solito si ottiene con considerazioni energetiche. Se l'urto è elastico, possiamo uguagliare l'energia cinetica iniziale e l'energia cinetica finale nel sistema di riferimento del centro di massa: '2
K' = mivi
'2
+ m 2v2
2
=
2
'2
mlu i
'2
Tenendo conto della conservazione della quantità di moto, 11.29) e PI fin = -P2 fin (equazione 11.30), troviamo
2
(_1_ + _1_) = mi
m2
Pi fm 2
(equazione
PI in = -P2 in
mi
(11.31a) (11.31b)
u;
UJL u!lQ.elasticQ",trl\.due. çmpi'ilrJ:o'listema' ~fe.ci!Jlen~entm.oelj·=!ljàssa'ha, l'ullico,.effetto,.di~"vi!riar.e.!:orientamento~Ecco un altro vantaggio che si tt;pnp n"onn" .n~vor" nel sistema di riferimento del centro di massa.
U
.~
=
4m ,V;2 +
Esempio 8 Una particella di massa mi e velocità iniziale V o = voi urta elasticamente contro una particella di massa m2 che è inizialmente in quiete. Dopo l'urto, le due particelle emergono sotto gli angoli 9 1 e 92 , Sotto quale angolo 92 la particella bersaglio avrà la massima velocità trasversale v2/ La risposta è piuttosto sorprendente, ma si può ottenerla facilmente considerando il sistema di riferimento del centro di massa. Per l'equazione (11.26), il centro di massa si muove con velocità v= vom/(m l + m 2) rispetto al laboratorio. Nel sistema di riferimento del centro di massa, le particelle incidenti hanno le velocità Vo - v e _ v, rispettivamente. Esse emergono nella stessa direzione e in versi opposti, con velocità invariate in modulo. Poiché in questo sistema di riferimentb la particella .bersaglio ha la velocità v indipendentemente dal suo angolo di incidenza, la sua velocità trasversale raggiunge un valore massimo v quando 9cro = 90°. H_E._
m2
I~~---
7
ii
B,
(vo - D)
.---------••~I••--~
-;;~--------
6, \
\ \
\ (00 ... ii)
laboratorio
centro di massa
\ ---ii
(uo .·D) •
trasformazione dal centro di massa al sistema del laboratorio
Per ritrasformare la velocità dal sistema di riferimento del centro di massa al sistema del laboratorio, si addiziona vche, essendo orientato nella direzione iniziale, lascia invariata la velocità trasversale v2Y = v, ma fa sì che l'angolo che rende massima v nel sistema di riferimento del laboratorio sia 92 = 45°. 2y
~m2v?
.sistemaAi l#e&it!U'QiQ·;$I;,ille.Utro; di'massa Per stabilire la relazione tra K e K',' consideriamo la loro differenza K - K' = ~m,(vf - v?)
Usando le relazioni vi
V;2 = (v;
VI
+
= v; +
~m2(v~
ve v
2 =
ii .
v?)
v, troviamo che
+ v) . (v; + v) - v; . v;
= 2v; .
v+
l7 2
Analogamente,
vi - vi 2
ho
+ ~m2vi
:lì,cSi§temij di rifecimentsl'-.dellabotatoriQ· e
m2
vI. = u'1 v'2 =
Le velocità dei corpi che si urtano vengono espre~e di solito nel sistema di riferimento del laboratorio, mentre l'analisi è più semplice nel sistema di riferimento del centro di massa; perciò, è utile stabilire I~Jm';tlìH't:DeliWwacl:'sistemI;Njh:ifeP ...!1le.Q.to·· gia cinetica di un sistema costituito da due corpi è -,
q( = ~ml vt
(_1_ + _1_)
. PossIamo concludere che !,llrtoJa~cja jpgariati il modulo della qu~ntità di moto e guindi la velocità di ciascun corpo nel sistema di riferimento del centro di massa: Plin = Plfm P2in = P2fin
che è uguale a 45° soltanto se le masse sono uguali. Si tratta di un esempio dell'affermazione generale che, in un urto tra due particelle queste emergono secondo direzioni mutuamente perpendicolari soltanto se hanno la stessa massa.
2
+ P1in = Pifin + P1fin 2m l 2m l 2m 2 2m 2
= Pi in
È importante notare che il corrispondente angolo 91 è 91 = arc tan rivo - v)/V] = arc tan (mimi)
+ m 2u 2
2
Piin
K'
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
=
2vi . v + v2
e quindi la formula per K - K' diventa K - K' = mlv; . V (m,v;
+
+
m2v2 . V
m2v2) . V
+
+
~(m,
+
m2)l7 2
~Ml72
(11.32j
Questo risultato è straordinariamente semplice: l'ì:pl;mill cinetiça osservata,nel siste!!la di riferimento del laboratorio è uguale aJl'energiil cinetica nel sistema di rifeti-~, ~del centro di massa più l'energia cinetica che è associata a un singolo corpo ghe con~~'aJ~ M'elli muove con~~ L'equazione (11.32) è particolarmente utilè'per interpretare gli urti anelastici. In un urto anelastico, una parte o la totalità dell'energia cinetica K' osservata nel sistema di riferimento del centro di massa può convertirsi in altre forme di energia. Quando lo stesso urto viene osservato nel laboratorio, non tutta l'energia cinetica è disponibile per la conversione, poiché una parte di essa è legata nella quantità ~MV2 = ftr/M associata al moto del centro di massa, la quale si conserva se la massa totale è costante. Perciò, se si vuole trovare guanta energia cinetica sia disQonibile per la conversione in altre forme di energia, conviene trasferirsi nel sistema di coordinate del centro ~i massa. •
Esempio 9 Un atomo d'idrogeno di massa mH e velocità iniziale Vo nel laboratorio urta contro un elettrone che ha massa me ed è inizialmente in quiete. Quale frazione dell'energia
231
232
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
cinetica iniziale nel sistema di riferimento del laboratorio è disponibile per aumentare della quantità tJ.E l'energia interna dell'atomo? Nel sistema di riferimento del centro di massa, tutta l'energia è disponibile. È possibile una conversione
lo di tempo breve. Siamo in grado di quantificare il comportamento di questa forza transitoria? Per la terza legge di Newton, quando due corpi si urtano, su di essi si esercitano forze impulsive uguali in modulo ma opposte in orientamento. Ma spesso, su uno dei corpi agiscono anche altre forze. Per esempio, quando un'automobile va a urtare contro un guard-rail, sull'automobile si esercita soltanto una forza impulsiva, mentre sul guard-rail si esercitano non soltanto una forza impulsiva, ma anche le forze dovute ai sostegni infissi nel terreno. Però, grazie allo «strumento contabile» delle forze impulsive, siamo in grado di concentrare l'attenzione sul moto di uno soltanto dei corpi, di solito quello il cui moto è più interessante. Sappiamo che la forza che agisce su un corpo durante un urto fa variare la quantità di moto del corpo in conformità con la seconda legge di Newton,
K' = t::.E
L'energia cinetica nel sistema di riferimento del laboratorio è inizialmente ~ mH vo2 ed è legata a K' dall'equazione (11.32): ~mHvJ = K'
+
~(mH
+ me )'v 2
Secondo l'equazione (11.26), la velocità nel sistema di riferimento del centro di massa è
cip
F =-
~
11
mH
+
Integrando entrambi i membri di questa equazione nell'intervallo di tempo compreso fra ti e t 2 , otteniamo
v dalle due equazioni precedenti, troviamo
, , , mH11n mn;:'{; --=K +--2 2(m!! + m,I
Fdl =
I
che, riordinando, diventa
K,
(6.1)
dI
m..:
Eliminando
mB'p(1 ( -I
fl' Il
dp -dI dr
=
pU,) - p(t,1
per il secondo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale. In altre parole, abbia.' [,_ k," CL I _ mo dimostrato che ",;/~
-::- mv]
,
mHrn c 1.'Ò 2(ml!
+
K
mc
+
me
1837
dell'energia nel sistema di riferimento del laboratorio è disponibile per la conversione. Quasi tutta l'energia cinetica iniziale è legata nel moto del centro di massa: un leggero elettrone non è in grado di rallentare molto un pesante protone.. Se fosse l'atomo d'idrogeno a essere inizialmente in quiete e se fosse l'elettrone ad avere la quantità di moto iniziale, il centro di massa si muoverebbe' mòltò pìù lentamente dell'elettrone, essendo dominato dal più pesante protone. In questo caso, ripetendo il ragionamento precedente si può dimostrare che K'/K = mH/(mH + me); quasi tutta l'energia nel sistema di riferimento del laboratorio è disponibile per la conversione.
(11 .33)
Per comprendere l'importanza dell'equazione (11.33), consideriamo !'integrale
I
=
IMPULSO: FORZE E TEMPI NEGLI URTI
Ogniqualvolta si ha un sistema di corpi su cui non agiscono forze esterne il cui risultante non è nullo, si può applicare il principio di conservazione della quantità di moto per analizzare il moto. L'applicazione di questo principio permette di ricavare le condizioni sul moto dei corpi che costituiscono il sistema senza conoscere i particolari delle forze che intervengono. Esaminiamo ora ciò che accade ai singoli corpi che partecipano a un urto, concentrando l'attenzione non sull'intero sistema, bensì su un singolo corpo. Quando restringiamo il campo visivo fino ad abbracciare soltanto un como, su questo corno_ ~ una forza, detta forza impulsiva, che rappresenta il~sultante delle forze ester-:... .ru:. Poiché di norma gli urti hanno una durata molto breve, essendo pari a circa 10-6 ..;- 10- 1 s nel caso dei corpi macroscopici, questa forza agisce sul corpo per un interval-
J"l,
F dI
(11.34)
Se F fosse costante, questo integrale sarebbe uguale al prodotto della forza impulsiva per !'intervallo di tempo !lt = t2 - ti durante il quale agisce. Può avere lo stesso valore sia per una forza piccola che agisce durante un intervallo di tempo lungo sia per una forza grande applicata per un intervallo di tempo breve. È ..unamisuradel1'e(fIlJl? _cù:lla forza.che.agiscenel.tempo ed è dettg imnulsa s.li li: L'equazione (11.33) stabilisce che J'im.eulsoè uguale.alla variaziolliukt.la (l1/,(J,u.atà di ~ Se F agisce durante un intervallo di tempo Al ma. è variabile per calcolare l'integrale dell'impulso si dovrebbe usare la dipendenza precisa dal tempo, la quale di solito non è nota. Ma anche in assenza di una conoscenza precisa di questa dipendenza, questo integrale permette di penetrare a fondo nella fisica dell'urto. Se definiamo la forza media ii mediante l'equazione
F= 11.8
~
m,)
=---""-mB
orr-. F::
I
J..~~::":f1J{;4\ li. - :: J.~. I
~-'\A&.~·(Y;-<-
Perciò, soltanto una frazione K'
~ '~'V-",,'""-" S'l'V' '"
}0'\;;..w.k~l..~
mI!) -mI! + m,
2
233
l t::. I
Jl' F dI
(11.35)
"
allora l'equazione (11:34) diventa
[;~i~è'=4iJ ,~E~.~ (t:J;: ~ ~ I;;:-f~" C"v-
mentre l'equazione (11.33) può essere scritta come Ft::.1 = t::.p
(11.36j
F "'-6..J.h;.)
(11.37)
Questo semplice risultato, che rappresenta la relazione tra la forza media che agisce su un corpo, la variazione del1a quantità di moto del corpo e la durata dell'azione della forza, ci permette di penetrare ancora più a fondo nella fisica degli urti.
d.df..a-
°t,V",,-,-,{;:..t;i:. L '
234
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
La relazione tra variazione della quantità di moto, forza media e tempo è illustrata da numerosi esempi che si incontrano nella vita quotidiana. Per esempio, un tennista colpisce la palla con una grande forza per impartirle quantità di moto in un servizio. Per impartire la massima quantità di. moto, il tennista «accompagna» la palla: questa azione allunga il tempo di contatto tra la palla e la racchetta e~ yequa:z:igne 111.3]1 produce una maggiore variazione della quantità di moto. EeL ottenere )a massima~~ di moto di un corno, si deve ap~icare ~a più intensa ~ile per l'interval.~ di tempo più lungo ~ bile. ------D'altra parte, il tempo di contatto può essere molto piccolo, e tuttavia la forza può essere molto grande. Una palla da golf che va a colpire una finestra mandandola in frantumi rimane a contatto con la finestra per un breve intervallo di tempo prima di arrestarsi, e tuttavia durante quel breve intervallo di tempo agisce una grande forza, che provoca notevoli danni. Il concetto di grandi forze e brevi telJ1pi di contatto spiega anche perché un esperto nel karatè è capace di spezzare un mlmone di calcestruzzo con un colpo inferto con il taglio della mano. L'esperto di karatè colpisce il mattone con grande velocità, mirando ad arrestare la mano non sulla superficie del mattone, bensì alquanto all'interno. La grande variazione della quantità di moto della mano crea, per la terza legge di Newton, una grande variazione della quantità di moto del mattone, e, se il tempo di contatto è breve, la forza corrispondente è tanto intensa quanto basta per spezzare il mattone. Per rendere massima a esercitata su un corpo durante un urto si deve, se 1.37 Qreare la massi~ iione della .lJ.,uantità di moto del corpo nel più breve intervallo di tempo possibile. Talvolta, però, si vuole variare la quantità di moto di un corpo con la minÌlia forza possibile. Per esempio, quando saltiamo da un tavolo sul pavimento, flettiamo istintivamente le ginocchia al contatto con il pavimento: questo semplice atto prolunga il tempo di contatto tra il nostro corpo e il paVImento, riducendo così la forza esercitata sul nostro corpo dal pavimento. Analogamente, i pugili imparano a «cedere al pugno», spostando il capo insieme al pugno ricevuto: questo movimento prolunga il tempo di contatto con il guanto dell'avversario, riduce la forza d'urto necessaria per arrestare il pugno e di solito evita una frattura della mandibola. Gli stessi guanti del pugile, come i paraurti delle automobili, sono dispositivi costruiti per distribuire gli urti su più lunghi intervalli di tempo, riducendo così la forza massima e la decelerazione.
11.9 CONCLUSIONI
Ci siamo impadroniti di due dei tre grandi principi di conservazione della meccanica. In un mondo in cui tutto sembra cambiare, l'energia e la quantità di moto sono oggi quelle che sono sempre state e sempre saranno. Ma questi principi non hanno alcunché di strano: Isaac Newton, lo scienziato a cui spetta la paternità di gran parte della meccanica, non immaginò mai i princìpi di conservazione, benché essi siano conseguenze dirette della relazione F = ma. È quasi come se egli avesse lasciato qualcosa da scoprire ad altri. In ciò che abbiamo imparato c'è un altro piccolo mistero. Newton basò la sua meccanica su tre leggi, tuttavia usiamo soltanto una legge, F = ma, per descrivere come funziona il mondo. Newton aveva forse una vaga idea sulla natura dei princìpi di conservazione. Ecco di che cosa si occupa in realtà la terza legge. Consideriamo, per esempio, la conservazione dell'energia. L'energia non si crea né si distrugge, bensì si trasferisce in realtà da un luogo a un altro; è ciò che abbiamo definito come lavoro: il prodotto di una forza per uno spostamento. Se una forza agisce su un corpo, una forza uguale in modulo ma opposta in orientamento agisce su un altro corpo; è la terza legge di Newton. Perciò, ogniqualvolta una certa quantità di lavoro affluisce in un corpo, questa quantità di lavoro effluisce da un altro corpo. È il principio di conservazione dell'energia. Inoltre, la rapidità di variazione della quantità di moto di un corpo è uguale alla forza applicata a esso. Ma, per la terza legge di Newton, una reazione si esercita su
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
235
un altro corpo. Perciò, quando una certa quantità di moto affluisce in un corpo, un'uguale quantità di moto deve effluire da un altro corpo. Ecco perché si conserva la quantità di moto. La seconda legge di Newton è un'affermazione di profondo significato riguardo al modo in cui funziona il mondo. Ma, per quanto ampio possa essere il suo ambito di validità, questa legge può non essere così profonda come i principi di conservazione a cui ha dato origine. Problemi
Centro di massa 1. Tre masse, mI = 5 g, m2 = 3 g e m3 = 2 g sono situate in 5i + 7J, - 2i + 6j e - 4i +' 31, rispettivamente. Si localizzi la posizione del centro di massa. 2. Un proietto esplode mentre è in volo. I frammenti vengono scagliati in tutte le
direzioni, come è indicato nel disegno. Che cosa si può dire del moto del centro di massa del sistema dopo l'esplosione? 3. Supponete che in un incubo vi troviate rinchiusi in una gabbia leggera munita di
ruote, sul bordo di un dirupo che si va disgregando rapidamente. Supponendo che non si esercitino forze esterne sul sistema costituito da voi e dalla gabbia, che cosa potreste fare per allontanare la gabbia dal bordo del dirupo? Che cosa dovete evitare di fare? Se la vostra massa è 70 kg, la massa della gabbia è 55 kg e la sua lunghezza è 2 m, di quanto siete in grado di spostare la gabbia? Conservazione della quantità di moto
Ar
~ ---~
~
----~. '-'-~~':~
4. Ogni persona litigiosa esperta sa che, per evitare che un pugno le rompa la mandi-
bola, deve tenere la bocca chiusa (in senso letterale e figurato). In che modo il principio di conservazione della quantità di moto può far luce su questo consiglio? 5. Un chicco di granturco messo ad arrostire per preparare il popcorn esplode schiz-
zando in una certa direzione. Deve venire emesso qualcos'altro in questa «esplosione»? Perché? Se viene emesso qualcosa, che cos'è? 1?e la massa di questo qualcosa è pari a 10-3 di quella del chicco di granturco, all'incirca con quale velocità viene emesso? 6. Due punti materiali si muovono in una regione priva di forze esterne. A un certo istante, hanno quantità di moto descritte dalle equazioni
PI
(31- 2] +
P2
(-1
+
k)
kg m1s
5]) kg m1s
A un certo istante successivo, la quantità di moto di uno dei due punti materiali è p; = (81 - 6J - 5k) kg m1s Qual è la quantit<\ di moto dell'altro punto materiale? 7. Benjamin Thompson (conte Rumford) usava anche un metodo per determinare la velocità di un proiettile quando esso raggiunge il bersaglio. Il proiettile viene sparato orizzontalmente in un blocco di legno montato in modo da costituire un pendolo. Il proiettile si arresta nel legno, e la successiva oscillazione del pendolo viene misurata. Se il proiettile ha massa m e velocità iniziale v e il blocco ha massa M, (a) Qual è la velocità orizzontale V del pendolo immediatamente dopo l'urto? (b) Si dimostri che l'energia cinetica non si conserva durante l'urto e si usi questo risultato per trovare il calore generato durante l'urto. (c) Si trovi v in funzione di m, Ai, e della quota h dell'oscillazione del pendolo.
~-TI J}/1:'
\':, ~
236
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Moto di una massa variabile 8. Un bambino la cui massa è 20 kg sta andando su una slitta che ha una massa di lO kg e si muove orizzontalmente con una velocità di 5 m/s. Il bambino spinge fuori della slitta un blocco di 2 kg con una velocità di 1 mls rispetto al suolo nella direzione del moto della slitta, ma nel verso opposto. Di quanto varia l~ velocità della slitta?
9. Una molla compressa, di massa trascurabile, è montata in un vagone di un treno giocattolo, che poggia su un binario orizzontale privo di attrito. All'inizio tutto è in quiete. Quando. viene lasciata libera, la molla lancia orizzontalmente una bilia di massa m e il treno, di massa M, rincula nella stessa direzione, ma nel verso opposto. Se tutta l'energia potenziale k.x2 della molla si converte in energia cinetica, si calcolino
!
(a) la velocità del vagone e della bilia, (b) l'energia cinetica di ciascuno di questi corpi. 10. Un carro merci di massa M e velocità iniziale V si muove sotto una tramoggia per carbone, la quale scarica verticalmente nel carro una quantità di carbone di massa 2M. (a) Qual è la velocità del carro merci dopo che ha ricevuto il carbone? (b) Le cose appaiono diverse nel sistema di riferimento che si muove con velocità V rispetto alla Terra. Si spieghino la quantità di moto iniziale e quella finale del carbone e del carro merci in questo sistema di riferimento. 11. Si consideri un'altra volta il carro merci vuoto del problema lO. Si supponga ora che il carbone venga scaricato continuamente nel carro merci, cadendo verticalmente con una velocità dM/dI. Usando ragionamenti basati sulla quantità di moto (a) si scriva un'equazione differenziale che ponga in relazione la massa e la velocità del carro merci; (b) dopo avere eliminato il tempo dall'equazione differenziale, la si risolva rispetto a V in funzione di M. 12. Si supponga che, invece di mantenere la velocità di scarico v costante rispetto al razzo come nell'equazione (11.20), si mantenga v uguale alla velocità del razzo V. Si risolva l'equazione (11.19) in questo caso [si assuma V(O) "" O]. In particolare, si trovi di quanto aumenta V se viene espulso il 90% della massa.
Conservazione dell'energia e della quantità di moto negli urti
1'·--;-0 1
13. Un giocatore di biliardo è sul punto di effettuare il tiro indicato nel disegno. C'è qualche possibilità che anche la palla colpita dalla stecca vada a finIre in buca? Si spieghi. 14. Una massa di 0,03 kg, che viaggia a una velocità di 0,08 mls, urta frontalmente contro una massa di 0,05 kg che è inizialmente in quiete. Se l'urto è elastico, si trovi la velocità di ciascuna massa dopo l'urto. 15. Un corpo di 3,0 kg urta elasticamente contro un altro corpo inizialmente in quiete e continua a muoversi nella direzione e nel verso iniziali a una velocità pari alla metà di quella iniziale. Qual è la massa del secondo corpo?
~
16. Un elettrone urta elasticamente contro un atomo d'idrogeno inizialmente in quiete. Tutto il moto si svolge lungo una retta. Quale frazione dell'energia iniziale dell'elettrone si trasferisce nell'atomo d'idrogeno? (Si assuma che la massa di un atomo d'idrogeno sia 1840 volte quella di un elettrone.) 17. Un blocco di legno di 5,0 kg si sta muovendo su una superficie orizzontale priva di attrito con una velocità di 2 mls quando urta elasticamente contro una palla di l,O kg fissata all'estremità di un filo, come è indicato nella figura.
(a) Si trovi la velocità di ciascun corpo immediatamente dopo l'urto. (b) Si determini la quota a cui sale la palla. 18. Una palla da biliardo, che si sta muovendo a una velocità di 2,5 mls, urta contro una palla identica inizialmente in quiete e si allontana con una velocità di 1,5 mls lungo una direzione che forma un angolo di 53° con la direzione iniziale. Si trovino la velocità e la direzione dell'altra palla.
19. Un certo nucleo, a riposo, decade dando origine a tre particelle, due delle quali vengono rivelate come è indicato nella figura. Se mI = 15 . 10-27 kg, m 2 = 8,0 . 10-27 kg, VI = 5,0 . 106 mls e v2 = 6,0 . 106 m/s, (a) si trovi la quantità di moto della terza particella di massa lO . 10-27 kg, .(b) si calcoli l'energia che interviene nel decadimento. 20. Due corpi che hanno la stessa massa e la stessa velocità iniziale si urtano anelasticamente restando uniti. Se si osserva che si allontanano con una velocità pari a 1/3 di quella iniziale, qual è l'angolo tra le velocità iniziali dei due corpi? Quale frazione dell'energia iniziale si converte in calore? 21. Un punto materiale di massa mI e quantità di moto iniziale Po urta elasticamente contro un punto materiale di massa m 2 inizialmente in quiete. Se il secondo punto materiale rincula sotto un angolo 92 , si trovi il modulo della sua quantità di moto P2 in funzione di Po' 92 , mI e m 2. 22. Si consideri l'urto tridimensionale di due protoni, uno dei quali è inizialmente in quiete. Quanti parametri sono necessari per specificare lo stato finale? Quanti parametri sono determinati dalla conservazione dell'energia e dalla conservazione della quantità di moto? Quali proprietà dello stato iniziale specificano i restanti parametri?
Coordinate del centro di massa 23. Un corpo che si sta muovendo con velocità v nel sistema di riferimento del laboratorio urta contro un altro corpo di stessa massa inizialmente in quiete. Nel sistema di riferimento del centro di massa, metà dell'energia cinetica iniziale si converte in calore durante l'urto. Qual è la velocità di ciascun corpo nel sistema di riferimento del centro di massa dopo l'urto? Qual è la frazione di energia cinetica che va perduta nel sistema di riferimento del laboratorio? 24. Un cane di lO kg è seduto in una canoa di 40 kg quando scorge un pasto gustoso abbandonato in un'altra imbarcazione, che oltrepassa la sua con una velocità di 2 mls. Il cane corre lungo la propria canoa finché non va di pari passo con il pasto, poi sale sulla seconda imbarcazione. Con quale velocità si muove ora questa imbarcazione rispetto alla canoa? 25. In un reattore a fissione nucleare, i neutroni emessi ad alta velocità nel processo di fissione devono venire rallentati mediante urti con nuclei inerti come 12C, in modo che possano indurre altri eventi di fissione. Un neutrone velçce, avente una velocità iniziale voI, urta elasticamente contro un nucleo 12C fermo. (a) Qual è la velocità iniziale di ciascuna particella nel sistema di riferimento del centro di massa? (b) Se il nucleo 12C diffonde sotto un angolo 9 nel sistema di riferimento del centro di massa, si dimostri che la sua velocità finale nel sistema di riferimento del laboratorio è pari a 1/13 del vettore Vo (I - cos 9) I + Vo sin 9 J (c) In questo tipo di urto elastico, qual è la massima frazione della sua energia cinetica nel sistema di riferimento del laboratorio che il neutrone può perdere?
0------I
mI
I I
, m, t
"2
VI
237
238
11. CONSERVAZIONE DELLA QUANTITÀ DI MOTO
(d) Se l'energia media perduta in questo tipo di urto è pari alla metà della massima energia che può essere perduta, qual è il numero medio di urti che un neutrone deve compiere per ridurre la propria energia cinetica da l 000 000 eVa 100 eV? 26. Tre palle perfettamente resilienti*, di masse MI » M z » M 3, sono tenute quasi a mutuo contatto, con i centri su una retta verticale e con la palla di massa più grande collocata più in alto e quella di massa più piccola più in basso. Le palle vengono abbandonate a se stesse quasi simultaneamente e cadono insieme percorrendo uno spazio H, dopo di che la palla inferiore colpisce il pavimento e rimbalza in modo perfettamente elastico. Ciascuna delle palle restanti, a sua volta, urta in modo perfettamente elastico contro quella sottostante. Trascurando i raggi finiti e le piccole distanze che separano inizialmente le palle, si dimostri che la secOlida e la terza palla dovrebbero rimbalzare salendo alle quote Hz = 9H e H3 = 49H. (Suggerimento. È più facile analizzare ciascun urto nel sistema di riferimento del suo centro di massa, il quale, con buona approssimazione, è il sistema di riferimento di quiete della più massiccia delle due palle che partecipano a quell'urto.)
CAPITOLO 12
MOTO OSCILLATORIO
Forze e tempi negli urti 27. Se una massa di 1 kg di gelatina e un blocco di l kg di piombo sono lasciati cadere da un'altezza di 1 m sul capo di una persona, quale fa più male? Perché? Si effettui una stima grossolana di M e di F per la massa di gelatina. 28. Un'automobile di 700 kg che viaggia a una velocità di 15 m/s (54 km/h) va a urtare contro un muro e si arresta in O, I s. Quale forza media si esercita sull'automobile durante questo intervallo di tempo? Si confronti questa forza con la forza di gravità che si esercita sull'automobile.
... Vengo ora a gli altri quesiti, attinenti a i pendoli. .. E quanto al primo dubbio, che è, se veramente e puntualissimamente l'istesso pendOlO fa tutte le sue vibrazioni, massime, mediocri e minime, sotto tempi precisamente eguali, io mi rimetto a quello che intesi già dal nostro Accademico; il quale dimostra bene, che 'I mobile chedescendesse per le corde suttese a qualsivoglia arco, le passerebbe necessariamente tutte in tempi uguali... Quanto poi alla proporzione dei tempi delle vibrazioni di mobili pendenti da fila di differente lunghezza, sono essi tempi in proporzione suddupla delle lunghezze delle fila, o vogliam dire le lunghezze esser in duplicata proportion de i tempi, cioè son come i quadrati de i tempi. .. Galileo Galilei, Discorsi intorno a due nuove scienze (1638); in: Galileo Galilei, Opere, a cura di Franz Brunetti, val. Il, Torino, UTET, 1964, pp. 667·669.
12.1
* Capaci di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi
COSTRUZIONE DI UN OROLOGIO IMMUNE DAL MAL DI MARE
La navigazione ha offerto uno dei motivi più persistenti per misurare gli intervalli di tempo con grande precisione. Infatti tutti i navigatori si basano su informazioni continue sul trascorrere del tempo per determinare il punto in cui si trovano e tracciare la loro rotta. Ma, fino a circa due secoli fa, nessuno era capace di costruire un orologio che fosse in grado di misurare gli intervalli di tempo con grande precisione sul mare. I primi viaggiatori osservarono che la stella polare, a differenza delle altre stelle, non cambia la sua posizione rispetto alla Terra: appare immobile nel cielo settentrionale. Quanto più essi si spingevano verso nord, tanto più in alto nel cielo appariva la stella polare: al Polo Nord appariva sulla verticale del luogo. Misurando l'altezza della stella polare sopra l'orizzonte con un sestante, un navigatore è in grado di determinare la distanza dal Polo Nord e la latitudine, come è illustrato nella figura 12.1a. Però, a causa della rotazione della Terra, tracciare una rotta verso est o verso ovest presentava un problema più complesso. Infatti, soltanto conoscendo l'ora con grande precisione un navigatore è in grado di calcolare la longitudine. A causa della rotazione della Terra, il Sole sembra percorrere il cielo da est a ovest a una velocità di I ° ogni 4 min. (Il Sole impiega 24 h per compiere un giro apparente attorno alla Terra, e quindi deve percorrere 360° in 24 h, equivalenti a 360°/24 = 15° in l h, ossia l° in 4 min.) Dunque, se un navigatore determina l'ora locale in base alla posizione del Sole e dispone di un orologio che indica con grande precisione l'ora di Greenwich (per cui passa, per accordo internazionale, il meridiano di longitudine 0°), egli può determinare facilmente la sua longitudine. Per ogni 4 min di cui il suo orologio (che indica l'ora di Greenwich) differisce dall'ora locale, egli si trova a lOdi longitudine ?~Q
240
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
12.2
MOTO ARMONICO SEMPLICE
N
L'evento che permise di costruire orologi precisi fu l'analisi del moto periodico o armonico, e cioè del moto che si ripete dopo uguali intervalli di tempo. Quando un corpo si muove avanti e indietro percorrendo la stessa traiettoria nel moto armonico, si dice che oscilla. Studiamo questo tipo di moto. Nella sezione 10.5 abbiamo studiato la stabilità di un corpo soggetto a una forza di richiamo lineare
F=-kx
s ~tudineao~
che agisce su di esso ogniqualvolta si allontana dal punto di equilibrio x = O. Questa forza, per esempio, descrive come si comporta una molla (sezione 8.3). A questa forza è associata l'energia potenziale
u= ~kx2
di Greenwich (a)
(b)
Figura 12.1 (a) Determinazione della latitudine in base alla posizione della stella polare. (b) Per determinare la longitudine si deve conoscere un tempo di riferimento.
da Greenwich. Anche di notte, un navigatore è in grado di determinare la longitudine usando carte celesti per determinare l'ora locale e confrontandola con l'ora di Greenwich. Ciò che è essenziale è un orologio molto preciso. I primi orologi, costruiti dagli antichi egiziani, erano costituiti da un vaso di alabastro, largo alla sommità e stretto al fondo, che recava all'interno segni orizzontali per indicare l'ora: via via che l'acqua usciva a goccia a goccia attraverso un foro praticato sul fondo, apparivano segni successivi. La costruzione fondamentale dell'orologio ad acqua rimase invariata; Galileo si servì di un orologio ad acqua nelle sue fruttuose esperienze condotte lasciando scendere sfere lungo piani inclinati. Tra l'VIII e l'XI secolo, gli artigiani cinesi costruirono un orologio ad acqua che aveva le caratteristiche di un orologio meccanico. L'acqua, nel cadere, azionava una ruota provvista di piccole coppe attorno al bordo. Riempiendosi d'acqua, una coppa diventava tanto pesante da liberare una leva, la quale permetteva alla coppa successiva di andare a prendere il posto della precedente e fare avanzare la ruota di un passo. Nel XIII secolo si diffusero in Europa varianti dell'orologio ad acqua cinese. Ma questi orologi, oltre a non essere molto precisi, tendevano a gelare negli inverni europei. Gli orologi a sabbia (clessidre), introdotti nel XIV secolo, evitavano il problema del congelamento, ma, a causa del peso della sabbia, potevano essere usati soltanto per misurare brevi intervalli di tempo. Uno degli usi principali dell'orologio.a sabbia era la determinazione del punto stimato della nave. I marinai lanciavano in'mare un pezzo di legno a cui era attaccato un lungo cavo e poi contavano i nodi, che erano distribuiti lungo il cavo a intervalli uguali, via via che il cavo si svolgeva per un determinato intervallo di tempo. In questo modo, i marinai erano in grado di stimare grossolanamente la velocità, espressa in nodi, a cui procedeva la nave. Conoscendo la velocità e !'intervallo di tempo durante il quale avevano navigato in una certa direzione, erano in grado di determinare la loro posizione. I primi orologi veramente meccanici furono costruiti nel XIV secolo ed erano costituiti da carrucole e pesi con scappamenti e somigliavano agli attuali orologi a cucù. La precisione di questi primi orologi meccanici dipendeva dall'attrito fra le parti, dai pesi motori, e dall'abilità dell'artigiano che li costruiva. Non esistevano due orologi che indicassero la stessa ora, per non parlare dell'indicazione precisa dell'ora. Ciò che occorreva era qualche sorta di dispositivo a ripetizione, periodico, la cui frequenza fosse sostanzialmente una proprietà del dispositivo stesso.
Abbiamo usato questa energia potenziale come modello per studiare la stabilità e abbiamo scoperto che essa caratterizzava molte cose: una bilia sul fondo di una ciotola, una massa attaccata all'estremo di una molla, un pendolo, una corda di chitarra, e persino un complesso sistema politico o ecologico. Tutti questi sistemi hanno la proprietà che, se vengono allontanati dalla posizione di equilibrio, la forza di richiamo che agisce su di essi tende a ricondurveli. Questi sistemi hanno in comune un'altra proprietà: quando vengono spostati dal punto di equilibrio, per effetto dell'inerzia tendono a superare quel punto durante il loro tragitto di ritorno. Poi la forza di richiamo agisce nel verso opposto, tendendo a ricondurre il sistema verso il punto di equilibrio. Il risultato è che il sistema finisce con l'oscillare avanti e indietro, come una bilia in una ciotola, una massa attaccata a una molla e una corda di chitarra. La figura 12.2 presenta «istantanee» successive di una massa che oscilla attaccata all'estremo di una molla. Lo spostamento orizzontale della massa, rappresentato graficamente in funzione del tempo, descrive una curva che somiglia a una sinusoide o a una cosinusoide, come è indicato dalla figura 12.2. Per determinare matematicamente questa curva, applichiamo la seconda legge di Newton, F = ma, con F = - kx, la forza elastica, e a = d2x/dt2, la derivata seconda dello spostamento x = x(t), considerato una funzione del tempo t. La seconda legge di Newton diventa F= -kx
I I
F=
-kx
I
~ f---x-+-+x4 o
. Figura 12,2
Istantanee di una massa che oscilla attaccata all'estremo di una molla.
241
242
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
semplice, come lo spostamento di una massa che oscilla attaccata all'estremo di una molla. La figura 12.3 illustra come si può porre in relazione il moto circolare uniforme con l'oscillazione di un sistema massa-molla. Nella sezione 12.3 impareremo come trovare tutte le funzionif(t) che soddisfano l'equazione differenziale del moto armonico semplice (12.4), ma prima descriveremo un altro problema fisico che conduce allo stesso tipo di equazione differenziale.
d 2x m = -kx di'
ossia, dividendo entrambi i membri per m, r
I
d 2x 2 dl
k
I-
l
m
(12.1)
x
Esempio 1
Si tratta di un'equazione differenziale soddisfatta dallo spostamento x(t). Abbiamo già visto un'equazione differenziale di questo tipo in relazione con lo studio dell'accelerazione centripeta, svolto nel capitolo 5. Nella sezione 5.8 abbiamo dimostrato che un punto materiale che si muove di moto circolare uniforme con vettore posizione
Un tubo a U contiene un liquido di massa volumica (o densità) mI" La lunghezza totale della-colonna di liquido è l e l'area della sezione trasversale (uniforme) dell'interno del tubo è A. All'istante I = O, il livello del liquido nel ramo di sinistra si trova a una quota x(O) al disopra del livello di equilibrio (indicato con la linea tratteggiata nella figura), e il livello del liquido nel ramo di destra si trova a una quota x(O) al disotto del livello di equilibrio. Si dimostri che la quota x(t) esegue un moto armonico semplice. Quando x è diversa da zero, agisce una forza di richiamo dovuta al peso del liquido spostato. La' massa del liquido spostato (la massa in eccesso nel ramo di sinistra rispetto al ramo di destra) è m, = m v A(2x), e quindi
r=xI+yJ dove (12.2)
r cos Wl
x
e
y
r sin
(12.3)
wl
+
d 2y • dl 2 j
che soddisfa la relazione a(l)
F
=
-gm,
(5.64)
-w 2r
- 2gmvAx
Considerando le componenti orizzontale e verticale della (5.64), vediamo che la funzione coseno x(t) che figura nella (12.2) e la funzione seno y(t) che figura nella (12.3) soddisfano separatamente lo stesso tipo di equazione differenziale: d2x dl 2 =. -w 2x
-2gm v Ax
=
Il segno è negativo poiché si tratta di una forza di richiamo, che agisce nel verso opposto rispetto allo spostamento x. Questa forza ha la forma -kx, con k = 2gm vA, e quindi il liquido si muove avanti e indietro come una massa attaccata a una molla, anche se il sistema non somiglia affatto a una molla! Nella seconda legge di Newton, F = ma, la massa che figura nel secondo membro è la massa totale del liquido, mvAI. Perciò, l'equazione del moto è
cop. r e w costanti, ha un vettore accelerazione d 2x. a(f) = dl2 i
243
e
=
cPx
mvA1 - -
dt2
che si semplifica diventando
cPx 2g -=--x
d 2y 2 dt 2 = -w y
dt2
Inoltre, ciascuna di queste equazioni differenziali è del tipo (12.1), con la costante 00 al posto di klm. Un'equazione differenziale della forma
l
2
Si tratta dell'equazione differenziale (12.4) del moto armonico semplice, con
Olij=~ l
(12.4)
1"(1) = - w6f(t)
:love f(t) è una funzione di t, e 000 è una costante diversa da zero, è detta equazione Jifferenziale del moto armonico semplice. Abbiamo appena visto che le componenti orizzontale e verticale del moto circolare uniforme sono soggette a un moto armonico
È importante notare che il moto non dipende dalla massa volumica m", né dall'area A della sezione trasversale del tubo.
12.3 SOLUZIONE GENERALE DELL'EQUAZIONE DIFFERENZIALE DEL MOTO ARMONICO SEMPLICE
lLP~ ~
lIlt-
~""=
Poiché molti differenti problemi fisici conducono all'equazione differenziale del moto armonico semplice, è importante conoscere qual è la forma di tutte le soluzioni. Nei testi sulle equazioni differenziali si dimostra che, se 000 'i' O, tutte le soluzioni dell'equazione differenziale f"(t) = - wijf(t)
Figura 12.3 L'ombra di un piolo sporgente da un corpo che si muove di moto circolare uniforme e un sistema massa-molla oscillante presentano entrambi un moto armonico semplice.
devono necessariamente avere la forma
(12.4)
T
-x
J.. -:
244
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
[l(tl
A
COS WIlI
I J
+ B sin w"I
x(t) = (0,3 m) cos(15t) + (0,4 m) sin(15t) (12.5)
dove A e B sono costanti. Il secondo membro dell'equazione (12.5) è una combinazione lineare di cos 0>01 e sin Olot, con moltiplicatori A e B costanti arbitrari, e rappresenta la soluzione generale della (12.4). Nella soluzione generale figurano due costanti arbitrarie A e B poiché l'equazione differenziale è di secondo ordine. In qualche parte del procedimento di risoluzione di un'equazione differenziale di secondo ordine si rendono necessarie due integrazioni, ciascuna delle quali produce una costante di integrazione arbitraria. Nei problemi fisici in cui j(t) rappresenta la posizione, le costanti A e B sono determinate dalla posizione iniziale j(0) e dalla velocità iniziale 1'(0). In realtà, se introduciamo t = O nella (12.4) e nella (12.5), troviamo che A =f(O)
(12.6)
B = f'(O)/Olo
dove t è espresso in secondi. Scrivendo la soluzione nella forma alternativa (12.8), otteniamo che C = VA2 + B2 = 0,5 m, 80 = arc tan (-B/A) = -530 = -0,9 rad, e x(t) = 0,5 m cos (l5t - 0,9).
Quando la soluzione è scritta nella forma (12.8), le costanti C e 90 sono suscettibili di una semplice interpretazione geometrica, illustrata nella figura 12.4. I valori estremi di j(t), che si hanno quando cos (Olot + 90) = ± l, sono ± C. Quando t = 0, lo spostamento iniziale è j(0) = C cos 90, Al crescere di t, la posizione j(t) oscilla tra il valore massimo +C e il valore minimo -c. Il numero C è detto ampiezza del moto. L'angolo Olot + 90 è detto fase e l'angolo 90 è detto fase iniziale. f(t)
Perciò, la soluzione generale che figura nella (12.5) può essere espressa nel modo seguente: f(t) = f(O) cos Olot +
l' (O)
sin Olot (12.7) Olo Riordinando le costanti che figurano nella soluzione generale (12.5), possiamo esprimere il risultato in funzione del solo seno (o del solo coseno). Per esempio, se introduciamo le nuove costanti C e 90, dove
C=
VA2 + B2
e
90 = arc tan (-:)
L'intervallo di tempo T che il sistema impiega per compiere un'oscillazione completa è detto periodo. Poiché la fase percorre 21t rad nel corso di un'oscillazione, abbiamo che
otteniamo (si veda il triangolo della figura)
~-B
~ A
-B = ,C sin 80
e
A = C cos 90
Figura 12.4 Ampiezza e periodo del moto armonico semplice.
T = 27r/wo
e l'equazione (12.5) diventa
L'inverso del periodo è detto frequenza v:
f(t) = C cos 80 cos wot - C sin 80 sin wot
Questa equazione può essere scritta nella forma più compatta v = l/T = 0l0/(21t) C cos( wot
f(t)
+
(12.8)
80 )
In altri termini, la soluzione generale A cos Olol + B sin Olot è semplicemente una forma mascherata di una cosinusoide. Può anche essere espressa sotto forma di cosinusoide (si veda il problema 8).
Esempio 2 Una massa di 0,5 kg, attaccata a una molla di rigidezza k = 112 N/m, viene posta in moto. Se si aziona un cronometro quando l'oscillatore ha uno spostamento x(O) = 0,3 m e una velocità v(O) = 6,0 rnls, qual è lo spostamento dell'oscillatore all'istante t? Secondo l'equazione (12.5), lo spostamento è dato da
x(t) = A cos wot
+ B sin wot
dove 010 =
Vkiiii = v'224
A = x(O)
0,3 m e B
=
=
15 rad/s. Per l'equazione (12.6), abbiamo
= X'(O)/Olo
=
0,4 m
Perciò, lo spostamento dell'oscillatore in un istante qualsiasi è
La frequenza rappresenta il numero di oscillazioni che un corpo che si muove di moto armonico semplice compie in 1 s. Nel SI, l'unità di frequenza è l'hertz (simbolo Hz); l Hz '= l oscillazione/s. Il numero 0l0' detto pulsazione o frequenza angolare, descrive la variazione della fase (misurata in radianti) nell'unità di tempo. (Talvolta, per brevità, Olo è detto frequenza, anziché pulsazione o frequenza angolare. Ciò non dovrebbe creare confusione.) Ogni corpo che si muove di moto armonico semplice è detto oscillatore armonico semplice (OAS). Il termine armonico proviene dalla musica. Gli strumenti musicali, generalmente, vibrano in modo armonico e, dai tempi di Pitagora, nel VI secolo a.c., lo studio dell'armonia- musicale ha costituito un importante stimolo alla comprensione dell'oscillazione. Il termine semplice si riferisce alla !inearità della forza di richiamo, all'assenza di forze esterne come l'attrito o la viscosità, e alla presenza di un'unica frequenza (benché, in generale, nel moto armonico siano presenti simultaneamente più frequenze). Il mondo è pieno di oscillatori armonici semplici. Benché possano apparire tanto diversi quanto possono essere le molle, gli atomi vibranti e i circuiti elettrici, essi hanno tutti in comune la forza di richiamo lineare. In altre parole, è l'equazione differenziale del moto, non la grandezza, la forma, la sostanza, o l'aspetto, che descrive un oscillatore armonico semplice. Dopo avere capito completamente l'oscillatore armonico, possiamo servircene per esplorare il mondo di problemi che permette di risolvere.
245
246
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
12.4
ESEMPI DI OSCILLATORI ARMONICI SEMPLICI
Per interpretare fisicamente i precedenti risultati, consideriamo anzitutto la massa che oscilla attaccata all'estremo di una molla che ubbidisce alla legge di Hooke F = . -kx, descritta nella sezione 12.2. In questa sezione, abbiamo trovato che lo spostamento x soddisfa l'equazione differenziale
d 2x - 2 dt e quindi,
I
-Awo sin wot
(12.11')
(12.1)
v_ = AOlo = (630 rad/s)(0,15 m) = 94 rnls
m
in questo caso, abbiamo un oscillatore armonico semplice con
I
(d) Ragionando come in (c), troviamo che l'equazione (12.12) implica che l'accelerazione massima è (12.9)
Se lo spostamento iniziale è A e la velocità iniziale è O, la soluzione dell'equazione (12.1) è (12.10)
x(t) = A cos wot
La pulsazione 010 dipende dalle caratteristiche fisiche del sistema, e cioè dalla rigidezza k e dalla massa m. Quanto più rigida è la molla, tanto maggiore è il valore di k e, per l'equazione (12.9), tanto maggiore è il numero di oscillazioni in I s. In altre parole, le molle più rigide fanno oscillare il sistema più rapidamente. Ciò ha senso, poiché una molla più rigida esercita una forza più intensa e tende ad imprimere alla massa una maggiore accelerazione. L'equazione (12.9) dice anche che, quanto maggiore è la massa, tanto più lente sono le oscillazioni. Ci attendiamo che maggiori valori di m producano oscillazioni più lente per effetto dell'inerzia. Poiché la pulsazione dipende soltanto dalle caratteristiche di una particolare massa e di una particolare molla, 010 prende il nome di pulsazione (o frequenza angolare) propria (o naturale); è la pulsazione a cui il sistema oscilla naturalmente. La pulsazione delle oscillazioni è indipendente dall'ampiezza A. Dopo avere determinato x(t) per un particolare oscillatore armonico semplice, possiamo trovare tutto ciò che c'è da conoscere riguardo all'oscillatore. Per esempio, per trovare la velocità della massa deriviamo la (12.10) ottenendo (12.11)
dx = _ AOlo sin Olot dt
a_ = AOlfi = (630 rad/s)2(0,15 m) = 6,0 . 104 rnls2
Esempio 4 Una molla di rigidezza k pende indeformata. All'estremo della molla viene attaccata una massa m, che viene abbandonata a se stessa. Si dimostri che, anche se sulla massa agisce la forza di gravità, oltre che la forza elastica, la massa si muove di moto armonico semplice attorno al suo punto di equilibrio e che la pulsazione è indipendente da g. Indichiamo con z = O la quota iniziale della molla indeformata. Quando viene attaccata la massa, il punto di equilibrio si stabilisce dove -kz = mg, cioè in zo = -mg/k. La forza che agisce sulla massa a una quota arbitraria z può essere scritta F, = - kz - mg = - k(z -
20)
In altre parole, la massa è soggetta a una forza di richiamo lineare attorno al punto di equilibrio z = zo' La seconda legge di Newton, F = ma, dà l'equazione differenziale d 2z m dt 2 = -k(z - zo) che può anche essere scritta nella forma
d 2(z ~ zo) k = - - (z dt 2 m
Zo
)
Questa equazione ci dice che z - Zo esegue un moto armonico semplice,
z - zo = A cos(wot + 80 )
Potremmo derivare un'altra volta per trovare l'accelerazione, o usare semplicemente la (12.1) per ottenere
W6 x
v(t)
vediamo che la velocità massima si ha quando il seno è -1,
k -x
~~ f;
d 2x dt 2
[Perché il risultato finale sia espresso in newton al metro (N/m), tralasciamo i radianti, poiché nel SI l'angolo piano è una grandezza adimensionata.] (c) In base all'equazione (12.11),
con pulsazione Olo = Vkiiiz, un numero che è indipendente da g. Naturalmente, g influenza in realtà la posizione del punto di equilibrio, poiché Zo = -mg/k. Lo spostamento z stesso è dato da
(12.12)
- AW6 cos wot
z = Zo
+ A coS(Wot
,f-
80)
per cene costanti A e 80 che ora determineremo in base alle condizioni iniziali date. La velocità all'istante t è
Esempio 3
d:
Un punto materiale di massa 0,25 kg, attacco a una molla, si muove di moto armonico semplice con un'ampiezza di 0,15 m e una frequenza di 100 Hz. Si determinino (a) la sua pulsazione, (b) la rigidezza della molla, (c) la sua velocità massima, (d) la sua accelerazione massima. (a) Usando la relazione Olo = 21tv, otteniamo 010 = 630 rad/s. (b) Poiché 015 = klm, abbiamo k=
m0l5 = (0,25 kg)(630 rad/s)2 = 9,9
. 104 N/m
;;; = - Aw" sin(w,,1
+ 8,,)
Poiché la massa è in quiete all'istante t = O, in questo istante la velocità è nulla e troviamo che 80 = O; perciò, la formula per z diventa =0
+ A
COS wol
Ma, quando t = O, è anche z = O. Quindi, A = -zo; da cui Zo
=0 cos wot
247
248
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
Il massimo valore di z è z = O (quando cos CJV = I) e il minimo è z = 2zo = -2rng/k (quando cos CJV = -I). Ciò ha senso fisicamente poiché, quanto più rigida è la molla, tanto meno essa si allunga, mentre al crescere della massa cresce l'allungamento della molla.
E=K+U
1- mW6 A" sin" w(,!
E
+ 1-kA" cos'
wot
(12.12)
A prima vista, sembrerebbe che l'energia totale non sia costante, in quanto sembra dipendere da t. Per dimostrare che l'energia totale è in realtà costante, ricordiamo che Olij = klm e sostituiamo questa espressione di Olo nell'espressione di E:
ESEmpio 5 Si determinino lo spostamento x(t) e il periodo di oscillazione del liquido dell'esempio l. Nell'esempio 1, abbiamo dimostrato che lo spostamento x(t) soddisfa l'equazione differenziale del moto armonico semplice con pulsazione Olo = V2ilT. Perciò, il periodo è
E= =
1- kA 2 cos 2 Wo!
+
~ kA 2 (sin 2 Wo! + cos 2 wot)
Poiché la somma tra parentesi è uguale a I, abbiamo che
1- kA 2
E
T=1:!!:.. =2n I Olo V 2g
(12.13)
che è una costante. La figura 12.5 presenta i diagrammi di U(t), K(t), e dell'energia totale E.
Lo spostamento è dato da x(t) = A cos(wot+
1- m(k/m)A 2 sin" Wo!
lkA'1 "
90 )
per certe costanti A e 90, Se il liquido è a riposo quando t nell'esempio 4) che 90 = O. Inoltre, x(0) = A, e quindi
=
O, troviamo (come
'§ g!
E(=K+U)
'
i'\
\. IK \\ .;'...\ '. , :1
kA2
l
" 4
f:
I '.
X(/) = x(O)cos wot
..
I : ··.u(t) I \. . : I \: '.
, : ,,:
:,
,
"
:
,'.
:\
,'.
\:
".
{
I
:\
I
: \
IK(t)
".:\".:\1
\1 01,' :'.: • "\ " . :•••• ..
4T
o 12.5 CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA E MOTO ARMONICO SEMPLICE
T
Figura 12.5 Diagrammi dell'energia potenziale, dell'energia cinetica e dell'energia totale per un oscillatore armonico semplice.
Nel capitolo IO, abbiamo detto che un corpo la cui energia potenziale è vicina a un valore minimo tènde a oscillare poiché l'energia potenziale si converte in energia cinetica, la quale, perché si conservi l'energia, si riconverte in energia potenziale. Con questo ragionamento abbiamo spiegato la ragione per cui il corpo non si arresta nella posizione di equilibrio in cui la forza è nulla. Adesso abbiamo ottenuto lo stesso risultato da una soluzione della seconda legge di Newton, senza menzionare affatto l'energia. Per stabilire un collegamento tra i due metodi, esaminiamo l'energia di un oscillatore armonico semplice. In particolare, consideriamo una massa che oscilla attaccata all'estremo di una molla, come abbiamo descritto nella sezione 12.4. Lo spostamento è dato da x(t) = A cos Olot
(12.10)
v = 1- kz z
con Olo = V'idm. Sappiamo già che l'energia potenziale è data da
4kA 2 cos2 Olot
V(z) =
=
.
dt=- Olos!nOlot
e quindi l'energia cinetica in funzione del tempo è K(t)
=
4mv Z = 4mOlij AZ sin2 Olot
Perciò, l'energia totale del sistema è
2k (zZ ~ k
(12.11)
=
+
2m T
z)
g
u = ~ kz 2 + mgz
(z + mg )2 _ (mg)z
2
L'energia cinetica del sistema è ~ rntJ, dove la velocità v = dxldt è data da A
mgz
(12.42)
Usando l'equazione (12.10), siamo in grado di esprimere l'energia potenziale in funzione del tempo:
dx
+
Possiamo riscrivere questa energia potenziale nella forma
U(x) = ~ kx z
U(t) =
Esempio 6 Nell'esempio 4, abbiamo attaccato una massa m a una molla inizialmente indeformata, con rigidezza k, e l'abbiamo abbandonata a se stessa. Abbiamo dimostrato che, partendo dal punto z = O, la massa si muove di moto armonico semplice attorno al punto di equilibrio Zo = -mg/k. Si consideri lo stesso problema dal punto di vista dell'energia e si trovi l'energia cinetica massima. Le relazioni energetiche sono illustrate in modo particolarmente chiaro da un diagramma dell'energia. L'energia potenziale della massa [stabilita la convenzione U(O) = O] è
2(z -
k Z
zo) -
2k (mg)2
2k
che è chiaramente l'energia potenziale di un oscillatore armonico che oscilla attorno a z = zo' più una costante. La presenza di questa costante è dovuta al fatto che poniamo U(z) = O in z = O, anziché nel suo minimo. Dal diagramma dell'energia risulta evidente che Kmax = (mg)2/k e che la massa giunge al termine della sua
t
249
250
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
caduta e torna indietro in z = 2zo' Le condizioni matematiche che sono soddisfatte nel punto di inversione della traiettoria sono U(2zo) = U(O), K = O. Il risultato ottenuto per Kmax può essere controllato direttamente mediante la relazione Kmax = ~ md' max' usando la relazione vmax = AUlo = A -..fkJiii ricavata dall'e-' quazione (12.11) e ricordando che nell'esempio 4 l'ampiezza era A = mg/k. Riunendo tutto ciò, otteniamo
_.!. Kma. -
2
2
mv max
_.!. 2 _ .!. 2!cA - 2
-
2
mg k (
k
)
_ (mg)2
- 2k
Se si rende più realistica la trattazione introducendo l'attrito, il moto ordinato della massa perde energia e la massa finisce per localizzarsi nel punto di equilibrio, come è indicato nel diagramma dell'energia modificato.
u= ~kz2+mgz
L'equazione (12.13) rappresenta la quantità iniziale di energia immessa nell'oscillatore da un agente esterno che compie lavoro sul sistema, come avviene quando si allunga una molla o si carica un orologio. A causa dell'attrito, questa energia si converte gradualmente in calore; l'enèrgia di un oscillatore armonico reale decresce con il tempo e l'ampiezza delle oscillazioni successive diminuisce, anziché rimanere costante come nella figura 12.5. Ma la pulsazione delle oscillazioni rimane costante: diminuisce soltanto l'ampiezza delle oscillazioni successive. Capire i principi generali e risolvere problemi particolari permette non soltanto di approfondire la conoscenza del modo in cui funzionano le cose, ma spesso permette di ottenere miglioramenti tecnologici. Robert Hooke, il cui nome è stato attribuito alla legge della forza elastica, capì la caratteristica essenziale delle oscillazioni di una molla, e cioè che anche in presenza di attrito la pulsazione rimane costante. Negli anni Cinquanta del XVII secolo sperimentò l'idea di sfruttare una molla metallica per regolare la pulsazione di un orologio. Però, il primo orologio regolato mediante una molla fu costruito dal fisico olandese Christian Huygens, che ebbe !'idea di usare una molla a spirale, del tipo usato ancora oggi negli orologi meccanici. Nel 1713, il governo britannico offrì un premio di 20 000 sterline a chiunque fosse stato capace di costruire un orologio tanto preciso da permettere a un navigante di determinare la longitudine con un errore non superiore a mezzo grado (circa 35 miglia). Tra i molti abili artigiani che cercarono di vincere il ricco premio c'era l'orologiaio inglese John Harrison. Per 40 anni, egli si sforzò di costruire un orologio azionato a molla che fosse in grado di affrontare il rollio del mare, la dilatazione e la contrazione indotte dalle variazioni di temperatura, e gli spruzzi salini corrosivi del mare. Infine, nel 1761 inviò suo figlio in Giamaica per collaudare il suo orologio durante il viaggio, ma soltanto dopo avere costruito un modello identico per ordine del governo, il quale temeva che quello originale potesse andare perduto in mare. Il suo capolavoro fu un trionfo della tecnica: permetteva al navigatore di determinare la longitudine con un errore non superiore a un terzo di grado.
12.6
251
IL PENDOLO SEMPLICE
Poiché la pulsazione UlO non dipende dall'ampiezza del moto di un oscillatore armonico, anche il periodo T, ossia !'intervallo di tempo che il sistema impiega per compiere un'oscillazione completa, non dipende dall'ampiezza: se compie oscillazioni di grande ampiezza, l'oscillatore si muove rapidamente; se compie oscillazioni di ampiezza più piccola, si muove più lentamente. Anche nel mondo reale, in cui l'attrito fa estinguere le oscillazioni, l'oscillatore impiega sempre lo stesso intervallo di tempo per compiere ciascuna oscillazione. Come abbiamo visto, l'importanza di questa caratteristica è che un oscillatore armonico semplice può essere usato come dispositivo per misurare gli intervalli di tempo. Questa scoperta condusse immediatamente all'invenzione dei primi orologi precisi. Ancora oggi, gli orologi da polso che sono precisi a meno di qualche secondo al mese usano come dispositivo cronometrico un tipo di oscillatore armonico, un cristallo di quarzo. Ma i primi orologi usavano un oscillatore diverso: il pendolo. Galileo scoprì che un pendolo impiega lo stesso intervallo di tempo per compiere ogni oscillazione, anche quando il suo moto va estinguendosi, e questa scoperta di cruciale importanza aprì la strada al miglioramento della misurazione degli intervalli di tempo. Galileo riassunse eloquentemente le sue osservazioni nei Discorsi intorno a due nuove scienze. Secondo la tradizione, Galileo fece la sua scoperta nel duomo di Pisa. La famosa torre pendente di Pisa è in realtà la magnifica torre campanaria del duomo. Dal soffitto della chiesa pende, attaccata a un lungo filo, una lampada, che Galileo, presumibilmente, osservò oscillare avanti e indietro, probabilmente subito dopo che era stata accesa. Misurando la durata delle oscillazioni per confronto con il proprio battito cardiaco, Galileo si rese conto che esse avevano sempre la stessa durata anche quando diventavano sempre più piccole. Questa famosa lampada, chiamata lampada di Galileo, è ancora appesa nel duomo di Pisa. Però, in questa storia c'è uno sbaglio: secondo i registri della chiesa, la lampada fu installata negli anni Cinquanta del XVII secolo, dieci anni dopo la morte di Galileo. Messe da parte le leggende, analizziamo il moto di un pendolo semplice per scoprire quali siano esattamente i fattori che determinano il periodo. L'idea è quella di usare la seconda legge di Newton per trovare un'equazione differenziale che descriva il moto di un pendolo e porla nella forma dell'equazione (12.4),
rJ2x dt2
= _ Ul2 X
o
(12.4)
In altri termini, dobbiamo trovare un'equazione la quale dica che la derivata seconda dello spostamento è direttamente proporzionale all'opposto 'dello spostamento. Poi, per confronto con l'equazione (12.5), sapremo che la quantità che moltiplica -x nel secondo membro dell'equazione è il quadrato della pulsazione con cui oscilla un pendolo. Oppure, volendo, possiamo descrivere il moto in funzione dell'angolo 6(t) che il pendolo descrive oscillando, e e(t) svolgerà un ruolo analogo a quello svolto da x(t) nell'equazione (12.4). Consideriamo il pendolo semplice, come quello schematizzato nella figura 12.6a. Lo chiamiamo semplice perché stiamo assimilando il pendolo a un punto materiale di massa m all'estremità di un filo di massa trascurabile e di lunghezza l. Però, un'analisi basata sulla seconda legge di Newton non è limitata a questo caso: in questo caso è soltanto più semplice. Supponiamo di porre il pendolo in moto allontanandolo dalla posizione di equilibrio e abbandonandolo a se stesso. Quando il pendolo descrive un angolo e a partire dalla verticale, esso percorre uno spazio ellungo un arco circolare a partire dalla sua posizione di equilibrio. La forza di richiamo che riconduce il pendolo verso la sua posizione di equilibrio (corrispondente alla direzione verticale del filo di sospensione) è il suo peso mg. Siamo in grado di decomporre questa forza nei suoi componenti secondo la direzione parallela e secondo la direzione perpendicolare al filo, come è illustrato nella figura 12.6b. Il componente perpendicolare, il quale è sempre tangente all'arco circolare, fa accelerare il pendolo riconducendolo verso la sua posizione di equilibrio; dalla figura 12.6b vediamo che questo componen-
1
8
I I
I I
. . . . . . --_1_-/ (a)
18 I I
T
I
'-
I I
......... _~---/
è\mgcOSe
) (b)
mgsin
e
Figura 12,6 (a) 11 pendolo semplice. (b) Diagramma delle forze per il pendolo.
252
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
te ha il valore -mg sin e. L'accelerazione lungo questa traiettoria è la derivata seconda dello spostamento lungo l'arco circolare:
cf2 dt 2 (le)
=
l
cf2e
"'Ji2
Perciò, lungo questo arco, la seconda legge di Newton implica che
cf2e = - mg SID 'e m l "'Ji2 Dividendo entrambi i membri per m e per l, otteniamo
cf2e _ _ lL sin l
"'Ji2 -
e
Quest'ultimo risultato non è l'equazione di un oscillatore armonico semplice: la derivata seconda dello spostamento (in questo caso e) è direttamente proporzionale non a -e, bensì a -sin e. Inoltre, si può dimostrare che non esiste alcuna funzione elementare che soddisfi questa equazione differenziale. Ma il fisico intrepido non si spaventa di fronte a tali ostacoli di secondaria importanza. Se i fisici si dedicassero soltanto ai problemi che sanno risolvere esattamente, essi giungerebbero a risultati molto modesti. L'essenza della fisica pratica è trascurare ciò che non è importante e compiere approssimazioni. Come indica la tabella 12.1, l'angolo e, quando è espresso in radianti, è all'incirca uguale a sin 9; quanto più piccolo è l'angolo, tanto migliore è l'approssimazione. Anche per un angolo di (11/4) rad, pari a 45°, la differenza tra e e sin e è soltanto di circa il 100/0. Perciò, finché consideriamo soltanto le piccole oscillazioni, possiamo sostituire sin e con l'approssimazione lineare e nella nostra equazione:
cf2e _ _ lL l
"'Ji2 -
e
(12.14)
T = 2re/roo = 2re
(12.15)
9(/) = 90 cos Wol
dove eo è l'ampiezza determinata in base alle condizioni iniziali. (Questo angolo 90 non va confuso con la fase iniziale introdotta nella sezione 12.3.) Questa soluzione è ragionevolmente buona se l'ampiezza delle oscillazioni è piccola. Confrontando l'equazione (12.14) con l'equazione dell'oscillatore armonico semplice, vediamo che la pulsazione delle oscillazioni è
Yr7i
Di conseguenza, su ogni pianeta, la pulsazione di un pendolo semplice dipende soltanto dalla sua lunghezza. A differenza di quanto avviene nel caso di una massa attaccata a una molla, in cui la pulsazione YkiDi dipende dalla massa, la pulsazione di un pendolo è indipendente dalla sua massa. [Quando si esce dal caso ideale di un punto materiale, come faremo nella sezione 14~8, l'equazione della pulsazione è diversa, ma è ancora indipendente dalla massa.] Il motivo per cui la pulsazione propria è indipendente dalla massa è esattamente lo stesso per cui l'accelerazione di un grave in caduta sulla superficie della Terra non dipende dalla sua massa: attraverso la seconda legge di Newton, F = ma, e la legge di gravitazione universale, F = GmM-rlR?, la massa m si elide. Il geniale Isaac Newton si servì di pendoli di masse diverse per verificare questa elisione con una precisione di l parte su 1000. Egli si rese conto che il fatto che pendoli della stessa lunghezza ma di massa diversa hanno la stessa pulsazione dimostra questa legge esattamente come la dimostra l'esperienza in cui sono lasciate cadere una moneta e una piuma nel vuoto, ma che l'esperienza del pendolo è valida anche se non è eseguita nel vuoto ed è più facile da osservare.
Esempio 7 Un pendolo lungo 2,0 m compie oscillazioni aventi un'ampiezza di 20°. Si trovino (a) la sua pulsazione propria, (b) la sua velocità massima. Usando l'equazione (12.15), troviamo che (!lo
Dunque, questa equazione ha esattamente la stessa forma dell'equazione dell'oscillatore armonico semplice; certo, la variabile ora è e, ma questa è un'altra questione. Sappiamo che la soluzione è
Vg7[ = V(9,8 rnls2)/(2,0 m) = 2,2 rad/s = 126°/s
=
Derivando l'equazione (12.15), otteniamo dB
di
= - Bowo
. Sin Wol
La velocità del pendolo lungo l'arco circolare è data da v = l daldt, e quindi la velocità massima è Dmax
= eorool = (20°) (re rad/1800) (2,2 rad/s) (2,0 m)
che risulta pari a 1,5 rnls. È importante notare che, per ottenere questo risultato, si devono esprimere eD e W o in radianti.
(12.16)
roo = Vg7[ Tabella 12.1 Confronto di e con sin e per angoli piccoli.
9 (0)
e(rad)
o
o
o
0,5730
0,0100
0,0100
5,730
0,1000
0,0998
Il,459
0,2000
0,1987
17,189
0,3000
0,2955
45,000
il che significa che il periodo è
11/4
= 0,7854
sin
e
0,7071
12.7
COME SI APPROFONDISCE LA CONOSCENZA ATTRAVERSO LE APPROSSIMAZIONI
Abbiamo cominciatQ a studiare le oscillazioni armoniche, e cioè il moto periodico di vari sistemi come i pendoli e le corde di chitarra. L'avere capito questo moto periodico ha avuto un'importanza cruciale per la costruzione di orologi precisi. Nella nostra analisi abbiamo dovuto trascurare la resistenza dell'aria e l'attrito, idealizzazioni a cui siamo ricorsi spesso. Ma, nel caso del pendolo, ci siamo spinti oltre nella nostra approssimazione quando abbiamo scoperto che esso non è affatto un oscillatore armonico, poiché il suo moto si svolge lungo un arco circolare, anziché lungo una retta. È forse imprecisa la fisica? Molti pensano che i fisici cerchino le equazioni più fondamentali e precise che governano il comportamento dell'Universo. Ma, in realtà, i fisici non dispongono di equazioni completamente universali. Per esempio, le leggi di Newton sono leggi del genere: non descrivono con grande precisione corpi così piccoli come gli atomi o così
253
254
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
grandi come le galassie. Pur essendo in grado di spiegare gli atomi (teoria quantistica) e le galassie (teoria della relatività generale), non disponiamo di un unico insieme fondamentale di leggi capaci di spiegare simultaneamente gli uni e le altre. Ciò nono-o stante, molti fisici ricercano una legge del genere e credono che riusciranno presto a trovaria. Ma supponiamo di conoscere già le leggi fondamentali che governano l'Universo. Che faremmo in tal caso? Evidentemente, scriveremmo queste equazioni e troverem_ mo tutte le soluzioni. Ciò sarebbe terribilmente difficile, poiché queste leggi, presumibilmente, sarebbero espresse sotto forma di equazioni differenziali. Ma, in teoria, questa operazione sembrerebbe fattibile: un'equazione differenziale può essere risolta numericamente da un elaboratore abbastanza potente, anche se è impossibile esprimere le soluzioni analiticamente per mezzo di formule. Perciò, se trovassimo tutte le soluzioni, sveleremmo tutti i segreti dell'Universo. O no? Risolvere numericamente tutte le equazioni dell'Universo è una cosa che non vorremmo fare neppure se fossimo in grado di farla, per una ragione semplicissima. II tabulato dell'elaboratore sarebbe tanto complicato quanto l'Universo stesso, e di complicato abbiamo già l'Universo! Ciò che vogliamo dalla fisica non sono i risultati numerici precisi che descrivono esattamente come si comporta ogni cosa. Invece, ciò che cerchiamo è qualcosa di molto più sottile. Vogliamo acquisire la capacità di comprensione, di insight e, nel migliore dei casi, di intuizione esercitata e sicura delle ragioni per cui le cose si comportano come fanno. Studiando l'equazione dell'oscillatore armonico semplice abbiamo compreso come funzionano alcune cose, pur non conoscendo alcun sistema fisico che soddisfi con precisione questa equazione. Tuttavia, quando osserviamo il mondo che ci circonda, muniti mentalmente di questa equazione e delle sue soluzioni, cominciamo a vedere ovunque esempi di cose di cui sappiamo che celano questa equazione nella profondità del loro comportamento. La nostra conoscenza del modo in cui funzionano le cose si è arricchita indicibilmente quando abbiamo capito l'importanza di estrarre dai fenomeni complessi elementi semplici posti alla loro base. Il moto armonico è spesso uno di questi elementi. La via per giungere all'insight spesso non passa per una descrizione precisa, completa e meticolosa: di solito parte in una direzione del tutto diversa, passando prima attraverso stime e approssimazioni grossolane, ma intelligenti. 12.8
OSCILLAZIONI SMORZATE
Nel mondo reale, il moto armonico semplice non continua indefinitamente: Le oscillazioni di un pendolo diventano sempre più piccole, una molla vibra con un'ampiezza costantemente decrescente. Questo smorzamento dell'ampiezza delle oscillazioni è causato da forze d'attrito e resisti ve, che agiscono sia all'interno del sistema oscillante sia all'esterno nel mezzo circostante (aria o liquido) che ritarda il moto. Per studiare il moto smorzato dobbiamo considerare la seconda legge di Newton con due termini che rappresentano due forze: la forza elastica e la forza di smorzamento. Costruiremo un modello della forza di smorzamento basandoci sulla legge di Stokes, in cui si suppone che la resistenza sia direttamente proporzionale alla velocità. Questa ipotesi è spesso valida per le oscillazioni di ampiezza abbastanza piccola. Poiché si oppone al moto, la forza di smorzamento può essere scritta nella forma
Fs
= -y
cix dt
(12.17)
dove y è una costante detta coefficiente di smorzamento. Sommando la forza di smorzamento alla forza elastica troviamo che la seconda legge di Newton assume la forma d 2x dx m dl 2 = - kx - -y dI
(12.18)
Dopo avere riordinato i termini e avere diviso entrambi i membri per m, possiamo scrivere questa equazione nella forma
d2x
cix
-dt2 + f3+ wo2 x dI
= O
(12.19)
i3 = y/m e, come prima, wij = klm. In presenza di una forza elastica, ma in assenza di smorzamento [secondo termine nullo nell'equazione (12.19)], la soluzione generale dell'equazione (12.19) può essere scritta nella forma C cos (wot + eo)' come abbiamo trovato nella sezione 12.3. In presenza di smorzamento, ma in assenza di una forza elastica [terzo termine nullo nell'equazione (12.19)], l'equazione (12.19) assume anche in questo caso una forma semplice e la soluzione generale risulta essere x = Ce-fl' + D, con C e D costanti. Si può verificare facilmente che questa espressione è una soluzione quando Wo = O sostituendo nell'equazione (12.19). Se sono presenti sia la forza elastica sia la forza di smorzamento, la soluzione dell;equazione (12.19) è più complicata. Come si dimostra nei testi sulle equazioni differenziali, la soluzione generale (per i3 non troppo grande rispetto a wo) ha ora la forma dove
Ce-bI cos(w,t
x
+
00)
(12.20)
dove b e w, sono costanti positive. Questo risultato, e cioè oscillazioni la cui ampiezza decresce con il tempo, è fisicamente plausibile e combina il comportamento oscillatorio e lo smorzamento esponenziale dei casi particolari descritti precedentemente. Sostituendo la (12.20) nell'equazione differenziale (12.19), dimostreremo che l'equazione è soddisfatta quando b e w, assumono determinati valori dipendenti da i3 eOlo' Prendendo le necessarie derivate della (12.20), troviamo che
cix
Ce- bl [-b cos(w,t
dI
+
00) - w, sin(w,1
d 2x dt 2 = Ce- b'[(b 2 - wl) cos(w,t
+
00)
+
+
00)]
2bw, sin(w,1
+ eo)]
Introducendo questi risultati, nonché l'equazione (12.20) per x, nell'equazione (12.19), troviamo, dopo avere diviso per Ce-bI, - Wf - bl3 + wij) COS(w,1 + eo) + (2bw, - I3w,) sin(w,1 + 00) = O Perché questa equazione valga per ogni t, i coefficienti di sin (w,t + eo) e di cos (w,t + eo) devono annullarsi separatamente. Perciò, imponiamo che
(b 2
b =
113
(12.21)
e
WT = W5 + b 2
-
bl3
Introducendo l'equazione (12.21) in questa seconda equazione, troviamo che
w,
=
JW6 - ~4 = J!5.m
L
(12.22)
4m 2
Perciò, la soluzione generale dell'equazione (12.19) per le oscillazioni smorzate è, per i3 < 2wo,
E~'~;';-2~OS(~t
+ 00)
(12.23)
con w, data dalla (12.22). Poiché abbiamo trovato che l'equazione (12.19)è soddisfatta per qualsiasi scelta di C e eo, esse sono costanti arbitrarie da determinare in base alle condizioni iniziali. Il moto oscillatorio smorzato descritto dall'equazione (12.23) è rappresentato graficamente nella figura 12.7 per il caso particolare in cui eo O. L'equazione (12.23) per x(t) conferma l'affermazione fatta nella sezione 12.5, e cioè che la pulsazione di un oscillatore smorzato rimane invariata durante tutto il
255
256
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
moto, anche se la sua ampiezza decresce. Questa proprietà ha un'importanza cruciale per l'uso di oscillatori in orologi precisi. L'interpretazione delle equazioni (12.21) e (12.22) per p piccola è piuttosto natu-. rale e conferma la nostra intuizione fisica. Se p è nulla, il moto è armonico semplice e la pulsazione 000 è semplicemente VkTiii, come è stato dedotto nella sezione 12.2. Quanto maggiore è p (quanto maggiore è la forza resistiva), tanto più rapidamente le curve inviluppo Ce-P V2 e -Ce-Pt/2 della figura 12.7 tendono a zero. Inoltre, al crescere di p, la pulsazione diventa sempre più piccola e il periodo diventa sempre più lungo. In altre parole, l'attrito rallenta il moto. x
,/
Figura 12.7
Oscillazioni smorzate.
Se la forza resistiva è troppo grande, il moto non sarà affatto oscillatorio. Ciò accade quando 00 1 = O, cioè quando p = 2000 ossia 'Y = 2 Ymk. In questo caso, il moto è detto smorzato criticamente. Per questo valore di p e per tutti quelli superiori, l'ampiezza x drecresce rapidamente fino ad annullarsi. In molti dispositivi tecnici, come gli ammortizzatori delle automobili, il progettista cerca di conferire all'incirca tanta resistenza quanta basta per assicurare lo smorzamento critico. Se la resistenza è troppo piccola, le molle di sospensione dell'automobile compiono numerose oscillazioni ogni volta che l'automobile va a urtare contro un'asperità isolata del piano stradale, con disagio degli occupanti, e potrebbero oscillare con ampiezza crescente quando l'automobile urta contro una serie di aspe.[ità, danneggiando il veicolo. Questa condizione si produce quando gli ammortizzatori si sono usurati; un metodo semplice per verificarla è premere con il peso del corpo sul bagagliaio dell'automobile, lasciarlo libero bruscamente, e osservare se il bagaglia· io oscilla più di una volta o due nel ritornare verso la posizione di equilibrio. D'altra parte, se la resistenza è troppo grande, le molle di sospensione non possono svolgere il loro compito, che è quello di ridurre la forza massima trasmessa alla carrozzeria dell'automobile distribuendo nel tempo l'impulso ricevuto dall'asperità. In virtù di questo interesse pratico per lo smorzamento critico, il caso a bassa resistenza p < 2000 è detto sottosmorzato e il caso ad alta resistenza p > 2000 è detto sovrasmorzato.
12.9
OSCILLAZIONI FORZATE
Galileo non fu l'unico membro della famiglia Galilei ad essere famoso; il padre, Vincenzo, fu musicista abile e versatile. Comprensibilmente, Vincenzo era interessato a come si producevano i suoni. Nel 1589, pubblicò un'opera sulla relazione tra la lunghezza e la tensione delle corde, da un lato, e i suoni che esse producevano, dall'altro. La legge scaturita da questo studio può essere stata la prima legge ricavata speric mentalmente e destinata a sostituire una legge rivale. Nel XVI secolo, la musica era considerata una branca della matematica. La teoria musicale era dominata dal concetto pitagorico secondo cui i suoni armoniosi erano prodotti da corde le cui lunghezze sono in rapporti definiti. Vincenzo sosteneva che i suoni complessi degli strumenti musicali dovevano essere determinati dall'orecchio, anziché dalla sola matematica. Queste idee instillarono sensibilità musicale e curiosità insaziabile nel più anziano dei sette figli, Galileo. Galileo non soltanto scoprì i fattori che determinano la pulsazione di un pendo-
lo, ma comprese anche il fenomeno della risonanza. Osservò che le oscillazioni di un pendolo possono essere rese sempre più ampie mediante l'applicazione, a intervalli regolari, di una piccola forza, come un soffio d'aria. Le oscillazioni di un pendolo ottenute con questo metodo sono un esempio di oscillazioni forzate, cioè di oscillazioni indotte da una forza eccitatrice esterna. Galileo capÌ anche che, se la pulsazione della forza eccitatrice esterna è identica alla pulsazione propria 000 del sistema, si produce un effetto spettacolare: l'ampiezza delle oscillazioni diventa sempre più grande. Quando un sistema oscillante viene eccitato da una forza periodica alla pulsazione propria del sistema, ha luogo il fenomeno della risonanza. Galileo sapeva che questo fenomeno aveva un'importanza cruciale per le tavole armoniche dei clavicordi e dei violini del padre, e anche per la potenza della voce di un cantante. Talvolta la risonanza può mandare letteralmente in frantumi un sistema oscillante. Gli annunci pubblicitari e i film televisivi hanno sfruttato questo effetto impressionante mostrando bicchieri andare in frantumi quando un cantante emette una certa nota. Questo effetto impressionante è realmente possibile, oppure è un trucco cinematografico? Per essere in grado di rispondere, dobbiamo prima capire come e perché ha luogo il fenomeno della risonanza. L'esempio più familiare di oscillazioni forzate è forse l'altalena. Tutti sanno come si fa per spingere un'altalena in modo da farla oscillare con grande ampiezza. Volendo che l'altalena raggiunga una grande altezza, bisogna spingere al ritmo del suo moto, come è illustrato nella figura 12.8a. Esercitando una piccola forza nello stesso punto di ogni oscillazione; si fa coincidere il ritmo delle spinte con la pulsazione propria dell'altalena, che è un tipo di pendolo. Le oscillazioni diventano sempre più ampie perché, con ogni spinta, si aggiunge energia al sistema. Però, se le spinte non seguono il ritmo del moto, come nella figura 12.8b, la forza eccitatrice si oppone al moto e può fare diminuire la sua ampiezza. L'applicazione ripetuta di una piccola forza è capace di generare oscillazioni di grande ampiezza (a) se la forza segue il ritmo del (è in fase con il) sistemà oscillante e (b) se la forza eccitatrice si ripete con una pulsazione identica alla pulsazione propria del sistema. In queste condizioni, ha luogo il fenomeno della risonanza. Sebbene la forza eccitatrice possa essere piccola, gli effetti della risonanza possono essere sorprendentemente grandi. Nella figura 12.9 è rappresentato un diapason fissato a una cassa di risonanza, che ne amplifica il suono. Quando si colloca un diapason identico su una cassa di risonanza posta in prossimità e lo si colpisce, l'altro comincia a sonare «per simpatia)). Ecco perché. Quando una serie di onde sonore emesse dal primo diapason investe il secondo, ogni compressione dell'aria imprime al diapason una minuscola spinta. Poiché queste spinte si susseguono alla pulsazione propria del diapason (occorre ricordare che i due diapason sono identici), esse aumentano successivamente l'ampiezza dell'oscillazione. Questo risultato è sorprendente se si considera quanto è debole un suono di disturbo: un suono fievole come quello emesso dal primo diapason rappresenta una variazione della pressione dell'aria di circa l parte su 108, e tuttavia è sufficiente a fare vibrare il secondo diapason.
~~II
Il
l )Jt) )
Figura 12.9 Un esempio di risonanza: un diapason vibrante pone in vibrazione un diapason identico. 12.10 DESCRIZIONE DELLA RISONANZA
Adesso che conosciamo le condizioni per la risonanza, descriviamo matematicamente il fenomeno. Per cominciare, ricordiamo l'equazione dell'oscillatore armonico semplice,
257
(a)
Figura 12.8 Oscillazioni forzate di un'altalena con una forza (a) in accordo di fase e (b) sfasata rispetto alla pulsazione propria.
258
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
d 2x
m -
Wo
Ul6x = O. Perciò, XI si elide, e il secondo termine x 2 soddisfa esattamente la stessa equazione che è soddisfatta da x(t), e cioè l'equazione (12.24). Inoltre, se 90 = O, il coefficiente C dipende soltanto da x(O) e non dalla forza eccitatrice ao sin rot. Ciò suggerisce che x 2 è quella parte della soluzione che rappresenta la risposta alla forza eccitatrice. Poiché il senso comune suggerisce che, se continuiamo a eccitare un oscillatore con una data pulsazione, esso a un certo punto tenderà a oscillare con quella pulsazione, è ragionevole prevedere che una funzione della forma x 2 = A sin Ult sarà una soluzione dell'equazione (12.24). Per dimostrarlo sostituiamo x 2 = A sin Uli nella (12.24) e determiniamo A in modo che soddisfi l'equazione. Derivando x 2 due volte e sostituendo nella (12.24), troviamo che
+ ( 0) è la soluzione generale dell'equazione x" +
= -la:
d/ 2 che descrive il moto di una massa m sotto l'influenza di una forza elastica F La pulsazione propria dell'oscillazione è specificata da
-/o;.
= VIJm
Se viene perturbato, l'oscillatore oscilla alla sua pulsazione propria. Inoltre, occorre ricordare che l'oscillatore armonico è un modello potente per tutti i tipi di sistemi oscillanti complessi, ognuno dei quali avrà un insieme di pulsazioni proprie.
- w~A sin wl + w(~A ~in
Esempio 8 Mentre si vuota un boccale d'acqua, la frequenza del gorgoglio aumenta, diminuisce, o rimane invariata? In altre parole, il suono varia da grave ad acuto, o viceversa? Perché? Osserviamo anzitutto che, via via che l'acqua si versa, lo spazio occupato dall'aria all'interno del boccale diventa sempre più ampio. L'aria contenuta nel boccale avrà una pulsazione in corrispondenza della quale oscillerà. Nel caso di un sistema massa-molla, il quadrato della pulsazione propria è inversamente proporzionale alla massa; quanto maggiore è la massa del sistema, tanto maggiore è la sua inerzia, e tanto più lentamente esso oscilla. Analogamente, la pulsazione propria dell'aria all'interno del boccale dipende dalla massa dell'aria. Perciò, via via che lo spazio occupato dall'aria aumenta e quindi aumenta la massa di quest'ultima, la pulsazione propria diminuisce, poiChé diventa più difficile accelerare la massa maggiore. Tutto ciò significa, che l'altezza del suono diminuisce. Si provi a osservare questo effetto. Che suono si udrà quando un boccale viene riempito?
w 2A + w(~A -
Fo sin wl dove Fo è semplicemente una costante. Con questa nuova forza, la seconda legge di Newton per il sistema è F(t) =
d'x
m di' = - la: + Fo sin wl Dividiamo per m i due membri di questa equazione e riscriviamola nella forma
d") '+xWOX , dl-
=
. .Wl a o sm
(1224) •
dove ao = Fo/m, una misura dell'intensità della forza eccitatrice. Questa equazione è valida non soltanto per una massa attaccata a una molla, ma per qualsiasi oscillatore armonico la cui pulsazione propria è UlO e che è soggetto a una funzione forzante direttamente proporzionale a sin Ull. Nei testi sulle equazioni differenziali si dimostra che, se Ul Ulo, la soluzione generale dell'equazione (12.24) può essere scritta nella forma
*
xiI)
XI + x,
C cosiwol + 60 ) + A sin Wl
(12.25)
dove C e 90 sono costanti arbitrarie e A dipende da ao' Ulo e Ul. In questo caso, il termine nel coseno, che abbiamo chiamato xi' è la familiare soluzione dell'equazione dell'oscillatore armonico semplice, che abbiamo ottenuto precedentemente in assenza di una forza eccitatrice. Sostituendo x = XI + x 2 nell'equazione differenziale (12.24), constatiamo immediatamente che XI rende nullo il primo membro, poiché C cos (Ulo!
(lo ~in
wl
(,[11)
sin
wl
= O
L'unico modo in cui questa equazione può essere soddisfatta per ogni t è che il coefficiente di sin OlI si annulli: -w'A + w,iA -
(lo
=
O
ossia A
,
Uo
,
(12.26)
w-
Wli
*
poiché Ul UlO' Per-ciò, quella parte dell'equazione (12.24) che rappresenta la risposta alla forza eccitatrice è
x,(t)
Invece di permettere a un sistema di oscillare semplicemente alla sua pulsazione propria, supponiamo di spingerlo avanti e indietro con una forza che oscilla con pulsazione Ul. Possiamo decrivere la forza eccitatrice per mezzo di una funzione matematica oscillante,
(JJ!
ossia
sin wl
(12.27)
Facciamo un momento di pausa per ricordare ciò che stiamo cercando. Vogliamo capire come e quando ha luogo il fenomeno della risonanza. In particolare, vogliamo sapere se sia possibile mandare in frantumi un bicchiere cantando la nota giusta. Il bicchiere è rappresentato dalla nostra equazione fondamentale (12.24), in cui UlO è la sua pulsazione propria (che si può udire dando un colpetto al bicchierè) e x(t) è la deformazione del bicchiere. La voce del cantante (dal vivo o registrata) fa sì che l'aria ecciti il bicchiere con una forza eccitatrice Fo sin OlI, provocando nel bicèhlere. una perturbazione A sin Ult [più C cos (UlO/ + ( 0), a cui adesso siamo meno interessati]. L'entità della .risultante perturbazione dipende da A; se A diventa troppo grande, il bicchiere va in frantumi. Interpretiamo l'equazione che descrive A. Il bicchiere emette un suono avente una pulsazione definita UlO' Se le onde sonore che investono il bicchiere appartengono a una nota bassa, cioè hanno una bassa pulsazione Ul molto minore di UlO' Ul « UlO' possiamo trascurare Ul2 rispetto a Ulij, e l'equazione (12.26) dà A :::; a()/w(~
Nel caso delle onde sonore, 00 è molto piccola e, di conseguenza, anche A è molto piccola. Ciò significa che il bicchiere vibra soltanto lievemente quando viene eccitato dalla pulsazione Ul della nota bassa. In altre parole, non accade alcunché di spettacolare. D'altra parte, se il suono è emesso da un soprano, esso ha una pulsazione elevata, Ol » Ulo' Questa volta trascuriamo Ulij rispetto a Ul2 nella (12.26) e la risultante ampiezza di vibrazione del bicchiere è A = -ao/w 2
259
260
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILlATORIO
Questo effetto è ancora più piccolo di quello provocato da una nota bassa, poiché w è maggiore di IDo' Il segno meno ci dice che il bicchiere vibra in modo esattamente opposto a quello in cui viene eccitato dalle onde sonore. Ma, se le onde sonore che investono il bicchiere hanno quasi esattamente la pulsazione w ' allora accade realmente qualcosa di spettacolare. Secondo l'equazione o (12.26), comunque piccola possa essere ao' al tendere di m a mo la risultante ampiezza del sistema diventa arbitrariamente grande, in modo esplosivo, e anche il sistema esplode. Ha luogo, il fenomeno della risonanza. Nella vita reale, è raro che la voce di un cantante mandi in frantumi un bicchiere. Si rende invece necessario un generatore audio, un apparecchio che emette suoni puri, accordato esattamente alla pulsazione propria del bicchiere. E la pulsazione propria del bicchiere deve essere determinata con un microfono posto in prossimità del bicchiere per rivelare la pulsazione del generatore audio in corrispondenza della quale il bicchiere vibra con la massima ampiezza. La difficoltà che si incontra quando si vuole rompere un bicchiere in questo modo è una fortuna, poiché nell'aria sono sempre presenti suoni di ogni possibile pulsazione, benché di bassa intensità. Nel mondo non sarebbe rimasto intatto un solo bicchiere se fosse realmente così facile mandarli in frantumi. La ragione per cui è raro che il suono mandi in frantumi i bicchieri risonanti reali è la presenza dello smorzamento resistivo, di cui terremo conto nella prossima sel.ione. Ma, anche nella situazione ideale in cui si possono trascurare l'attrito e la viscosità, la soluzione dell'equazione (12.24) assume una forma diversa da quella dell'equazione (12.25) quando m2 = mij. In questo caso, si può dimostrare che X(I) = C
COS(Wol
+ 60 )
-
Uo I COS Wol 2wo '
-
(12.28)
Il primo termine è un coseno puro, come prima, mentre il secondo termine oscilla con ampiezza crescente al crescere di t, per la presenza del fattore t che moltiplica il coseno. Nella risonanza non smorzata, l'ampiezza dell'oscillazione diventa arbitrariamente grande al crescere di t. Un esempio di una soluzione x(t) con C = O è presentato nella figura 12.10.
_ ..............-i
x(t)
Analogamente, la tavola armonica di un pianoforte, che è una tavola di legno avente numerose pulsazioni proprie, risuona quando le viene collegata una corda vibrante. Ha luogo il fenomeno della risonanza anche nella cavità di un violino: l'aria presente all'interno può compiere ampie oscillazioni per determinate pulsazioni. Talvolta, gli effetti della risonanza possono essere anche pericolosi. Per esempio, in un terremoto, l'epicentro può emettere onde sismiche in un ampio spettro di pulsazioni, la maggior parte delle quali è più bassa di quelle dei suoni udibili; in tal caso, si parla di infrasuoni. Che cosa accade se una struttura risuona in corrispondenza di una di queste pulsazioni? Gli edifici alti da 5 a 40 piani risuonano tipicamente alle pulsazioni dei terremoti. In un terremoto, queste strutture possono andare letteralmente a pezzi per effetto della risonanza.
12.11
L'ampiezza di risonanza dedotta nella sezione precedente ha almeno due caratteristiche peculiari. In primo luogo, si prevede che l'ampiezza A che figura nell'equazione (12.26) tenda a diventare infinita per m ... IDO' contrariamente all'esperienza. In secondo luogo, l'ampiezza cambia bruscamente segno, da positivo a negativo, in corrispondenza di m = mo' Si può accettare che il segno possa essere negativo per m > IDo; dopo tutto, in questo caso il sistema. viene eccitato più rapidamente di quanto la sua pulsazione propria gli permetta di rispondere, e quindi si prevede che l'oscillatore sia in ritardo rispetto allà forza eccitatrice. Ma la previsione di un passaggio discontinuo da una grande ampiezza positiva a una grande ampiezza negativa in corrispondenza di m = mo appare singolare. Una comoda illustrazione di ciò che accade realmente è offerta dall'apparato illustrato in alto a sinistra nella figura 12.11. Un filo (o un'asta) orizzontale viene mosso sinusoidalmente a sinistra e a destra con una pulsazione m da un motore (non rappresentato). Un pendolo sospeso al filo (o all'asta) viene eccitato da questo moto periodico (indicato con la linea tratteggiata nella figura) del suo punto di sospensione. (Per rendere più facile seguire visivamente le relazioni di fase è utile applicare contrassegni di colore arancio o rosso al filo orizzontale nonché alla massa del pendolo.) Se m « mo (colonna di sinistra nella figura), il pendolo oscilla con un'ampiezza soltanto modesta, nello stesso verso in cui si muove il punto di sospensione. Ciò è in accordo con l'equazione (12.26), la quale prevede che lo spostamento x(t) = A sin mt con cui la massa del pendolo si allontana dalla verticale oscillando lungo il proprio arco abbia lo stesso segno dell'accelerazione impressa ao sin mt quando m2 < m5' In
;ì
o
--
I
Mandare in frantumi i bicchieri è soltanto un esempio di secondaria importanza, benché spettacolare, del fenomeno della risonanza. Molte altre cose, nella vita quotidiana, presentano risonanza. La maggior parte delle automobili ha qualcosa che comincia a vibrare in corrispondenza di determinate velocità del motore. Ciò significa che da qualche parte c'è un oscillatore armonico naturale (che di solito è difficile individuare), la cui oscillazione ha una pulsazione uguale alla velocità angolare di quel motore. Quando la velocità angolare del motore raggiunge quel particolare valore, si generano vibrazioni e quel componente comincia a far rumore. Un altro esempio è il rumore emesso dalle finestre quando vengono sorvolate da un aviogetto: le finestre hanno una pulsazione propria che viene eccitata dal suono proveniente dall'aviogetto.
()
1=0'
/1
/0
I
/
/
cl,
\
Figura 12.10 Spostamento di un oscillatore in condizioni di risonanza, in assenza di attrito.
OSCILLAZIONI FORZATE SMORZATE
T/4
"
1',,
T/2
.\:0\
"
&,, È"
\
\
/
6
I
;'o
w«w o
d',
\
\
cf)
3T/4
T .
7b /
Ò/ w»
/
W
o_
I
~
\
l
W=W
o
Figura 12.11 Moto di un pendolo eccitato a una pulsazione
261
262
12. MOTO OSCILLATORIO 12. MOTO OSCILLATORIO
tal caso la massa del pendolo risponde in accordo di fase con la forza eccitatrice, come si può prevedere quando la pulsazione della forza eccitatrice è inferiore alla pulsazione propria del pendolo. Se la pulsazione della forza eccitatrice è maggiore della pulsazione propria del pendolo (w » 0l0' colonna centrale), il pendolo oscilla anche in questo caso Con un'ampiezza modesta. In questo caso, la massa del pendolo oscilla verso destra mentre il punto di sospensione si muove verso sinistra, e viceversa, come si può prevedere in base al segno meno che l'equazione (12.26) conferisce ad Alao quando 012 > Olij. Vediamo che la massa del pendolo compie la sua oscillazione con mezzo periodo di ritardo rispètto alla forza impressa; si dice che risponde con una differenza di fase (o
(12.29). Sviluppando A sin (Wl - a) in termini contenenti sin Wl e cos wl e prendendo le derivate, otteniamo X2=
d/
dl 2 =
dx - /ex -
-y di
+ Fo sin
2 dl22 = Aw ( -
cix
di
dI
""""2 + 13 -
+
W6 X
=
.
ao SIn
X(I)
= XI +
X2
=
(-W
2
+
Ce-~tl2 COS(WII
(12.30)
Il primo termine, XI = Cerllt/2 cos (Olll + 60), è la familiare soluzione che si ottiene per le oscillazioni smorzate in assenza di una forza eccitatrice. Come prima, Wl è data dall'equazione (12.22), mentre C e 60 sono costanti determinate dalle condizioni iniziali. Però, non è necessario conoscere i loro valori effettivi per prevedere il comportamento della soluzione per I grande, poiché il fattore di smorzamento esponenziale erllt/2 fa sì che X I sia un transitorio che si estingue al crescere di I, lasciando il moto puramente sinusoidale x 2 = A sin (Wl - a). Sostituendo X = XI + x 2 nell'equazione differenziale (12.29) osserviamo immediatamente che XI fa annullare il primo membro e che il nuovo termine x 2 soddisfa esattamente la stessa equazione che è soddisfatta da x(t), e cioè l'equazione (12.29). Il termine x 2 = A sin (Wl - a) rappresenta lo stato stazionario che viene raggiunto quando il transitorio si estingue. Come si prevede per uno stato stazionario, il sistema oscilla con ampiezza costante alla stessa pulsazione della forza eccitatrice. Il termine sin (Wl - a) esprime il fatto che generalmente x 2 ha un ritardo di fase rispetto alla forza eccitatrice. Possiamo verificare che l'equazione (12.29) ha realmente la soluzione A sin (Wl - a) e determinare i valori di A e a sostituendo x 2 = A sin (Wl - a) nell'equazione
sin a)
+ [(w
+ 13w sin a -
wJ) cos a 2
~) sin
w,5) sin a + 13w cos a] cos
-
Wl
wl =
O
e
ao
A
(W6 - w 2 ) cos a
+ 13w sin a
'>
. ,,~~"'~
(12.32)
1.)'1-
'"'i:/~
~"'~
La fase a è indicata nel triangolo rettangolo della figura 12.12. In questo triangolo, la (12.31) e il teorema di Pitagora determinano i rapporti tra i cateti, permettendo di scrivere
V(w5 _
w2)2
Y(wa -
-
Figura 12.12 Interpretazione geometrica di a. L'angolo a è < 90° quando O)B > 0)2, ma> 90° quando 0)6 < 0)2.
w2
w 2 )2
+ (13w)2
a"Y(w6 - w2 )2 + =
(w6
w 2 ),
(13w)2
+ (13w)2
Y(w5
ao w 2 )2 + (13w)2
(12.33)
Quindi, riassumendo, la soluzione generale dell'equazione (12.29) contiene un termine transitorio e un termine sinusoidale nello stato stazionario:
x(t)=Ce-~t'2
cos(w,I+6 o )+
Y
(wcl -
ao
W 2 )2
+ (13w)2
sin(wI-O:)
(12.34)
dove C e 60 sono determinate dalle condizioni iniziali; a è data dall'equazione (12.31), che può essere scritta nella forma u=arctan ~ Olij - 0)2
(12.35)
e 0)1 è data da Ùl I
jW6
~132
t)(
+ (13w)2
Inserendo questi risultati nell'equazione (12.32), troviamo che
A
I~w
Iw~ _ w'l
13w
w o2
(12.29)
+ 60 ) + A sin(wl - a)
wl
Perché questa equazione sia soddisfatta da ogni I, i coefficienti di cos wl e sin wl devono annullarsi separatamente. Perciò, imponiamo che sin a 13w tan a = wo-w -2--2 (12.31) cosa
sin a =
dove J3 = ylm, Olij = /dm, e ao = FoIm, come prima. Si può dimostrare che la soluzione generale della (12.29) può essere scritta nella forma seguente
+ cos
Sostituendo questi risultati nell'equazione (12.29) e raccogliendo i termini, troviamo che
;os a = wl
sin a)
Wl
+ sin Wl sin a)
sin wl cos a
Wl
Riordinando i termini e dividendo entrambi i membri per m, otteniamo d~
= Aw(cos Wl cos a
d 2x
Quando la pulsazione della forza eccitatrice diventa w = Olo, l'ampiezza dell'oscillazione della massa del pendolo cresce costantemente per più periodi, in un modo simile a quello rappresentato nella figura 12.10. Ma a un certo punto le oscillazioni si stabilizzano a un'ampiezza grande, ma finita. Inoltre, ciò che sorprende, la massa del pendolo compie la sua oscillazione con un ritardo di un quarto di periodo rispetto alla forza impressa; si dice che risponde con una differenza di fase di 900 rispetto alla forza impressa. Perciò, le caratteristiche peculiari previste in base all'equazione (12.26) in realtà non si presentano: l'ampiezza di risonanza è finita e il ritardo di fase è intermedio tra il limite a bassa pulsazione e il limite ad alta pulsazione, anziché saltare discontinuamente dall'uno all'altro. Per descrivere con precisione i fenomeni che si osservano in condizioni di risonanza, dobbiamo introdurre le forze resisti ve (che sono sempre presenti in qualsiasi oscillatore nel mondo reale) nell'analisi delle oscillazioni forzate effettuata nella sezione precedente. Come nella sezione 12.8, supporremo che la forza resistiva abbia la forma -y dxJdl. Adesso, sull'oscillatore agiscono tre forze: la forza elastica, una forza resistiva e una forza eccitatrice. La seconda legge di Newton diventa d 2x
A(sin wl cos a - cos
dx
sfasamento) di 1800.
m
263
(12.22)
In assenza di una forza resistiva (P = O), l'ampiezza, nell'equazione (12.33), assume 2 il valore aollOlij - 0) 1, ricavato precedentemente nell'equazione (12.26). In presenza
264
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
di una piccola forza resistiva, A presenta un massimo di risonanza di altezza finita "'" ac!~O)o in prossimità di O) = 0)0' Quanto maggiore diventa ~, tanto minore diventa l'altezza del massimo, come è illustrato nella figura 12.13.
ex rr
rr/2
A
-
attrito molto basso
..!<.::;..-"",,-,~--,+--------~. w
Figura 12.14
Variazione dell'angolo di fase a al variare della pulsazione eccitatrice.
Vidiii.
w/wo
Figura 12.13 Curve di risonanza (A in funzione di 001000) per differenti intensità della forza di attrito che agisce su un oscillatore.
Questo comportamento del ritardo di fase corrisponde a ciò che si osserva in realtà in un sistema fisico come il pendolo eccitato della figura 12.11. La soluzione (12.11) che abbiamo ricavato per le oscillazioni forzate smorzate vale non soltanto per le esperienze dimostrative di laboratorio sui pendoli eccitati, ma anche per i bicchieri, le cavità di vari strumenti musicali e gli edifici eccitati da un terremoto. Il fatto che la risonanza venga considerata vantaggiosa oppure svantaggiosa dipende dall'applicazione: nel primo caso, si tenta di rendere piccolo ~, nel secondo di renderlo grande. Per esempio, il progettista di una canna d'organo tenta di ottenere una grande ampiezza di risonanza, mentre gli architetti che progettano edifici nelle zone sismiche si sforzano di ridurre al minimo la risposta risonante aumentando l'attrito nei giunti.
12.12
Esempio 9 Come fanno le forze d'attrito a impedire che l'ampiezza di un oscillatore eccitato diventi infinita alla risonanza? Ricordiamo anzitutto ciò che sappiamo riguardo agli oscillatori armonici semplici in presenza dell'attrito e in assenza di una forza eccitatrice. Nella sezione 12.5 abbiamo visto che l'attrito ha l'effetto di fare diminuire l'ampiezza (ma non la pulsazione) delle oscillazioni con il tempo, in quanto l'oscillatore perde energia sotto forma di calore. Dunque, se l'oscillatore viene forzato a oscillare, l'attrito non soltanto gli fa perdere energia durante ogni oscillazione, ma lo fa anche ritardare rispetto alla forza eccitatrice. Inoltre, abbiamo trovato che, per una pulsazione molto maggiore della pulsazione propria, l'ampiezza è negativa, indicando che l'oscillatore oscilla in senso opposto rispetto alla forza eccitatrice. Un effetto analogo è provocato dall'attrito e dipende dalla sua intensità. Di conseguenza, l'oscillatore non può essere mai in accordo di fase con la forza eccitatrice e inoltre continua a perdere energia; perciò, l'ampiezza non può mai diventare infinita: può soltanto diventare molto grande se l'attrito è piccolo.
FILI CHE OSCILLANO E SUONANO NELL'ARIA
Un affascinante esempio di risonanza è offerto dai fili telefonici che suonano quando vengono investiti dal vento. Immaginiamo un filo teso sospeso nell'aria. Il flusso dell'aria attorno a una sezione trasversale del filo è illustrato nella figura 12.15a. Il flusso regolare dell'aria attorno al filo diventa instabile se la velocità del vento è abbastanza grande. Il vento tende a spostare il filo e a impedire che si formi il vuoto. Se ha una velocità troppo alta, il vento non riesce a produrre questo risultato mantenendo regolare il flusso dell'aria e forma invece un vortice da ambo i lati, come è illustrato nella figura 12.15b. I vortici cominciano a formarsi dietro il filo e, dopo poco tempo, cominciano a staccarsi da lati alterni e a defluire lungo la corrente d'aria immediatamente dietro il filo, come è illustrato nella figura 12.15c. Questa cOllfigura-
mi (a)
In assenza di smorzamento, lo spostamento
x = A
.
SIn wl
ao.
= - 2 - - 2 SIn wl Wo - w
IAI
~ (b)
(12.27)
ha lo stesso segno del termine eccitatore ao sin O)t quando O) < 0)0 e il segno opposto quando O) > 0)0' Ciò significa che x può essere scritta nella forma x =
:
:~
sin(wt - a)
dove a = O per O) < 0)0 e poi diventa bruscamente a = 1800 per O) > 0)0' In presenza di smorzamento, questo brusco cambiamento di fase alla pulsazione di risonanza è sostituito dal più graduale cambiamento di fase dell'equazione (12.35). Il cambiamento di fase è rappresentato graficamente nella figura 12.14 per parecchi valori di ~. Il ritardo di fase passa sempre per 900 in corrispondenza di O) = 0)0 =
~~ ~~\§)c.~)o
(c)
Figura 12.15
Formazione di vortici che fanno sonare i fili metallici tesi nell'aria.
265
266
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
zione del flusso, complicata ma molto stabile, fu spiegata per la prima volta dall'aerodinamico Theodore von Karrmin. La configurazione completa, con una serie di vortici in versi opposti, è detta schiera di vortici di von Karman; un'immagine reale della configurazione si può vedere nella figura 12. i 6.
vano vortici che eccitavano il ponte alla sua pulsazione di risonanza, e che ne avevano causato, a un certo punto, il crollo. La sua spiegazione fu confermata da esperienze condotte in gallerie del vento con modelli strutturali, sia nell'University ofWashington sia nel California Institute of Technology. Però, nonostante questa conferma, la comunità dei progettisti di ponti era riluttante ad accettare questa spiegazione. Perché? I progettisti di ponti si preoccupavano delle forze statiche. Progettavano un ponte in modo che fosse capace di resistere al massimo carico, flusso dell'acqua, vento, ecc., e non prendevano in considerazione le sollecitazioni dinamiche. Secondo von Karman, la forma che il piano stradale presentava al vento si comportava come
(a)
Figura 12.16 Fotografia di una schiera di vortici di von Karman in un liquido. (Prandtl, L., Tietjens, O. G., Applied Hydro and Aerodynamics, New York, McGraw-HiU, 1934. Con l'autorizzazione dell'editore.)
Ogni volta che un vortice si stacca dal filo, esso impartisce una debole forza impulsiva. Ciò è dovuto al fatto che il vortice ha una certa quantità di moto e il vortice e il filo conservano la quantità di moto, e quindi ciascuno dei vortici che si staccano dal filo impartisce a quest'ultimo una spinta. In corrispondenza di una certa velocità del vento, i vortici cominciano a staccarsi a una pUlsazione di risonanza del filo, ponendolo così in movimento. È dovuto a un effetto di risonanza il fatto che i fili metallici tesi nell'aria, quando vengono investiti da un vento della velocità appropriata, cominciano a sonare. Gli antichi greci notarono il suono misterioso che questo effetto suscitava nelle arpe e che ha preso il nome di arpa eolica.
(b)
12.13 CONCLUSIONI Negli Stati Uniti, il l° luglio 1940 fu aperto un nuovo ponte nel punto più stretto del Puget Sound, per collegare Tacoma con l'Olympic Peninsula. A quel tempo era, per lunghezza, il terzo ponte sospeso del mondo. Fin dall'inizio, ancor prima che la costruzione fosse portata a termine, il ponte si comportava in un modo .singolare: ogni volta che soffiava una lieve brezza, lungo il ponte si propagavano ondulazioni. Dopo un po', la gente del luogo cominciò a chiamare affettuosamente il ponte con il nome di «Galloping Gertie». Attraversare in automobile il ponte in una giornata ventosa divenne uno sport locale poiChé era come andare sulle montagne russe, benché lasciasse sgomento chi attraversava il ponte vedere l'automobile davanti a lui scomparire dietro la cresta di un'onda. Il 7 novembre 1940, 4 mesi dopo che il ponte era stato aperto al traffico, un nuovo modo di oscillazione si manifestò nel ponte mentre soffiava un vento prevalentemente sud-occidentale a una velocità di circa 67 kmlh: invece di prodursi ondulazioni lungo il ponte, si instaurarono movimenti di torsione. Le singolarità di questo ponte venivano studiate da un ingegnere dell'University of Washington, Bert Farquharson, che si precipitò a fotografare questo nuovo modo di oscillazione. Alle Il del mattino di quel giorno, il Tacoma Narrows Bridge crollò. Un'indagine per determinare le cause del crollo stabili che il ponte era stato costruito secondo i migliori criteri tecnici dell'epoca. Nessuno era colpevole di imperizia, ma nessuno era in grado di spiegare perché il ponte fosse crollato. Una commissione nazionale incaricata di indagare sulle cause del crollo comprendeva l'aerodinamico Theodore von Karman, del California Institute of Technology, il quale spiegò che dalla parte superiore e dalla parte inferiore del ponte deflui-
(c)
Figura 12.17 Crollo del Tacoma Narrows Bridge. (Historical Photography Collection, University of Washington Libraries. Fotografia di Farquharson.)
267
268
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
un'ala di aeroplano. L'aria spostata formava vortici la cui azione induceva vibrazioni nel piano stradale. Dal tempo di quell'evento disastroso, tutti i modelli dei ponti principali sono stati collaudati in gallerie del vento e i progettisti di ponti sono stati costretti a prendere in considerazione l'aerodinamica dei loro progetti. La figura 12.17 mostra tre stadi del crollo del Tacoma Narrows Bridge in quel giorno fatale. Nel modo di torsione, illustrato nella figura 12.17b, la mezzeria rimane pressoché immobile: le oscillazioni si propagano attorno ad essa. L'automobile appartiene a un certo Leonard Coatsworth, reporter di un giornale locale, il quale fu l'ultima persona a tentare di attraversare il ponte. Farquharson stesso tentò di salvare uno spaniel che era rimasto nell'automobile di Coatsworth. Questa premura fu premiata dal cane con un morso alla mano di Farquharson, che fu l'unico ferito nell'incidente; lo spaniel, che non abbandonò mai l'automobile, fu l'unica vittima. Uno studente universitario del luogo, un certo Winfield Brown, aveva deciso di attraversare il ponte quel mattino: era diventato uno sport popolare che veniva praticato nelle giornate ventose. Tornò indietro camminando carponi e riferì di avere provato un attimo di terrore quando il ponte si era inclinato a tal punto sotto di lui che aveva potuto vedere il Puget Sound, 60 m più in basso. La figura 12.17 c mostra il crollo del ponte, avvenuto alle Il h 10min a.m. Nello stesso luogo sorge oggi un nuovo ponte sospeso, costruito con le modificazioni suggerite da von Karman. Le principali modificazioni consistettero nel costruire il ponte con un piano stradale a quattro corsie, nell'usare travature reticolari laterali di tipo aperto, e nel collocare griglie di ventilazione tra le corsie per controbilanciare
RIEPILOGO DELLE EQUAZIONI PER IL MOTO OSCILLATORIO
Soluzione generale
Equazione differenziale Moto armonico semplice:
d2x2 + OO5x = O (000 > O)
x = x(O) cos OOot + x' (O) sin OOot
000
dt
= C cos(OOot + 90)
dt
x=
Ce-~tI2
COS(OOlt + 90)
JOO5 -~
dove 00 1 =
2 = a SIn • OOt -d2x2 + OOQX o dt
(d) la sua velocità massima? (e) la sua accelerazione massima?
2. Un blocco di 2,5 kg è appeso a una molla. Se si attacca al blocco una massa di 0,5 kg, la molla si allunga di altri 0,05 m. Si determini la pulsazione delle oscillazioni se alla molla è attaccato soltanto il blocco di 2,5 kg. 3. Una molla verticale è in equilibrio sotto il proprio peso. Una piccola massa (0,10 kg) viene attaccata delicatamente all'estremo inferiore della molla, senza lasciarIa scendere dal vecchio al nuovo punto di equilibrio; quando viene abbandonata a se stessa, la massa oscilla attorno al nuovo punto di equilibrio. Se la velocità massima della massa è 0,20 m/s, si trovino: (a) la rigidezza della molla, (b) l'ampiezza delle oscillazioni, (c) la pulsazione delle oscillazioni.
( 00
Condizioni iniziali e moto armonico semplice 0
> O)
Se 00
* 00
0
x = C cos(OOot + 90) + A sin oot dove A = ao/(005 - (02) Se 00 = 000
x = C cOS(OOot + 90)
-
~ t cos 0001 2000
Oscillazione forzata con smorzamento:
d2x + 13 dx + OO5x = a sin 001 dt
Quali modificazioni si potrebbero apportare a un oscillatore armonico semplice per raddoppiare
5. Una massa è attaccata a una molla di rigidezza k. Se la molla viene tagliata a metà e la stessa massa viene sospesa a una delle due metà, qual è la relazione tra la pulsazione delle oscillazioni prima che la molla sia stata tagliata e quella dopo che la molla è stata tagliata?
132
Oscillazione forzata senza smorzamento:
(O < 13 < 2(00)
1. Nel caso di un punto materiale che si muove di moto armonico semplice, si determini se il valore massimo di ciascuno dei parametri seguenti si osserva nel punto di equilibrio oppure in uno degli estremi della traiettoria: (a) la forza agente sul punto materiale, (b) la sua velocità, (c) la sua accelerazione.
indicato nella figura a Iato. Quale sarà la pulsazione delle oscillazioni?
d2x +13 dx +OO5x=O (0<13<2000)
drZ
Problemi
Moto armonico semplice
4. Due molle, di rigidezze k l e k 2 , sono attaccate a un blocco di massa m, come è
Oscillazione smorzata:
dt2
la pressione del vento sopra il piano stradale e quella sotto. Questo nuovo ponte non ha mai presentato la minima difficoltà. La gente continua a guardarlo nervosamente nelle giornate ventose, ma esso non si deforma mai.
o
x = Ce -~d2 COS(OOlt + 90) + A sin(rot - a) dove 00 I = joo2_1 o 4 PA2 A = aiV (ooij - (02)2 + (1300)2
6. All'istante t = O, un oscillatore avente una frequenza di 35 Hz ha uno spostamento x(O) = O e una velocità u(O) = 20 m/s. (a) Si trovi lo spostamento dell'oscillatore in un istante qualsiasi. (b) Si trovi la velocità massima dell'oscillatore.
7. Si supponga che inizialmente un oscillatore abbia uno spostamento di 0,25 m, una velocità di -IO m/s e una frequenza di IO Hz. (a) Si trovi la sua ampiezza. (b) Si trovi lo spostamento in un istante qualsiasi.
8. Si verifichi che x(t) = C sin (OOot + !poi, dove C e !Po sono costanti, soddisfa l'equazione differenziale (12.4).
~~~--~
a = arc tan [1300/(005 -
(02)]
9. Nell'esempio 2 del capitolo 7, abbiamo trovato che la forza gravitazionale agente su una massa m collocata all'interno di una Terra sferica di massa volumica uniforme m v ha modulo F = kr ed è orientata verso il centro, con k = ~ nGmvm.
~ .
l
k,
/"',<,"', " :.
m:
269
270
12. MOTO OSCILLATORIO
12. MOTO OSCILLATORIO
(a) Nel caso di una massa lasciata cadere dalla superficie terrestre lungo una galleria passante per il centro della Terra, si trovi !'intervallo di tempo ti che la massa impiega per percorrere il diametro della Terra e ritornare al punto di partenza. (b) Si calcoli la velocità della massa m quando essa passa per il centro della Terra. (c) Si confronti il risultato ottenuto per "tI con l'intervallo di tempo "t2 impiegato per descrivere un'intera orbita circolare attorno alla Terra immediatamente al disopra della sua superficie.
17. L'ampiezza x
= le di un pendolo semplice lungo 1 m, con una massa di 0,5 kg, decresce da 5 cm a 2,5 cm durante lO oscillazioni.
(a) Si trovi y [il coefficiente che figura nel termine di smorzamento y cix/dt del-
l'equazione (12.17)] per questo pendolo. (b) Si trovi la potenza media che una forza eccitatrice dovrebbe fornire per mantenere l'ampiezza a un valore di 5 cm. (Si dovranno fare alcune modeste approssimazioni; quali?) (c) Se si usa un peso discendente di lO kg per fornire questa potenza in un orologio a pendolo, e il peso ha a disposizione per la sua discesa uno spazio di I m, si trovi la frequenza con cui questo orologio deve essere ricaricato.,.
Conservazione dell'energia e moto armonico semplice 10. Un oscillatore armonico semplice avente una massa di 0,40 kg ha una frequenza di 15 Hz e un'energia totale di 30 J. Si trovi l'ampiezza delle sue oscillazioni. 11. In base alla conservazione dell'energia, si dimostri che la velocità istantanea di un oscillatore armonico semplice è data da v(t) = wo~
dove x = x(t) e lo spostamento istantaneo. Quando l'oscillatore si trova a 1/3 del suo spostamento massimo, quale frazione della sua energia totale si trova sotto forma di energia cinetica? 12. Le molle degli ammortizzatori di un'automobile avente una massa di 1000 kg fanno sì che il periodo delle piccole oscillazioni verticali, a veicolo vuoto, sia di 1,0 s. (a) Quattro persone, ciascuna di 60 kg di massa, salgono sull'automobile. Di quanto si abbassa la carrozzeria dell'automobile? (b) L'automobile con i suoi occupanti sta viaggiando lungo una strada orizzontale quando incontra un'asperità costituita da un rialzo di lO cm tra la strada vecchia e un nuovo tratto di strada. Si supponga che questa asperità faccia salire improvvisamente di IO cm le ruote e le estremità inferiori delle molle, prima che cominci a salire anche la carrozzeria dell'automobile. Nel rimbalzo che ne consegue, qual è il massimo «peso» (forza esercitata sul sedile) di un passeggero di 60 kg? Si trascurino gli effetti degli ammortizzatori. (c) Qual è la velocità massima verso l'alto raggiunta dall'automobile e dai passeggeri? Si trascurino, anche in questo caso, gli ammortizzatori. (d) Supponendo che gli ammortizzatori finiscano cori il porre termine alle oscillazioni, quanta energia devono assorbire?
Oscillazioni forzate e risonanza 18. Si supponga di avere una bilia libera di rotolare all'interno di una ciotola poco profonda. Si descriva come si può far rotolare la bilia fuori della ciotola con un movimento orizzontale della sola ciotola. 19. Tutti i bambini sanno che soffiando sulla bocca di una bottiglia vuota si può produrre un suono; la pulsazione di questo suono è la pulsazione propria dell'aria all'interno della bottiglia. Si spieghi ciò che accade alla pulsazione del suono quando la bottiglia è piena in parte d'acqua. 20. Quando la base di un diapason vibrante viene posta a contatto con un tavolo, il suono si amplifica. Si spieghi perché. 21. Nel 1831, nelle vicinanze di Manchester, un ponte crollò quando fu attraversato da una colonna si soldati in marcia al passo. Da allora, i soldati smettono di marciare al passo quando attraversano un ponte. Perché? 22. (a) Si dispongano i pendoli A -;- E della figura in ordine di periodo crescente, cominciando dal più breve. (b) Si supponga che l'asta orizzontale a cui sono sospesi i pendoli sia piuttosto flessibile. Se al pendolo E viene impressa una lieve spinta, quale pendolo (o quali pendoli) comincerà (cominceranno) a oscillare anch'esso (anch'essi)? Si spieghi perché. 23. Si trovino le pulsazioni di risonanza dei seguenti sistemi:
(al k = 2000 N/m
m = 2,5 kg
Il pendolo semplice 13. (a) Quanto deve essere lungo un pendolo per avere un periodo di 1,0 s sulla superficie della Terra? (b) Quale sarebbe il periodo di questo pendolo sulla superficie della Luna? (c) Come varierebbe il periodo di questo pendolo sulla Terra se si aumentasse del 60% la sua lunghezza? 14. Si spieghi qualitativamente come cambierebbe la pulsazione di un pendolo reale rispetto a quella di un pendolo semplice se si tenesse conto della massa dell'asta di sostegno. 15. Un pendolo semplice lungo 1,50 m compie 80 oscillazioni in 200 s. Qual è l'accelerazione locale di gravità?
Oscillazioni smorzate 16. (a) Dato che x = Ccf't/2 cos (wot + eo)' si trovino i valori di C e eo che corrispondono alle condizioni iniziali v(O) = O, x(O) = x o' (b) In quale istante è massimo Ix(t) I per le condizioni iniziali indicate in (a)?
r
(bl 1= 0,35 m
m
=
0,20 kg
li ---'--
24. Un pendolo viene forzato a oscillare a una pulsazione w = ~ wo' cioè pari a ~ della pulsazione propria. Si confrontino l'ampiezza e l'energia delle oscillazioni con quelle che si osservano in corrispondenza di w = ~ wo' supponendo che lo smorzamento sia trascurabile e che sia assente il termine C cos (wot + eolo 25. Si usi la soluzione x(t) = A sin rot, in cui A è data dall'equazione (12.26), per trovare l'energia totale di un oscillatore armonico forzato. Che cosa accade all'energia alla risonanza? 26. Si verifichi che l'equazione (12.18) è una soluzione dell'equazione differenziale (12.24) per w = wo. 27. (a) Si dimostri che l'ampiezza A che figura nell'equazione (12.33) raggiunge il ~2f2. valore massimo quando 2 = (b) Si dimostri che l'ampiezza massima A è aol(~wI)' dove = ~2/4.
w w6 -
wI w6 -
6t ÒE ~ B6c
271
272
12. MOTO OSCILLATORIO
wij - 00 2 = (00 0 + 00)(000 - w) può essere approssimata con 200(000 - w) quando 000 - w è piccola. Si usi questa approssimazione per dimostrare che l'espre~ione che compare sotto il segno di radice nell'equazione (12.33) è approssimativamente
(c) La differenza
4w 2(wo -
W)2
+
~2W2 = 4w 2 [(wo -
w)2
+
~2/4J
in una risonanza stretta (~ « 000 ), e si deduca che w = 000 ± ~12 in corrispondenza del semimassimo di A2. Ciò dimostra che la larghezza di una risonanza stretta è ~. (d) Si supponga che in corrispondenza di una determinata pulsazione wa < 000 l'oscillatore sia sfasato di 45° rispetto alla forza eccitatrice (cioè, o. = 45°), e che in corrispondenza di un'altra pulsazione wb < 000 sia sfasato di 135°. Si ricavi la relazione wb - wa = ~. Insieme a (c), ciò dimostra che il semimassimo di A2 si osserva in prossimità di o. = 45° e 135°. (Questa relazione diventa esatta nel caso di una risonanza stretta.)
Fili sonori 28. Un armadietto vicino a un frigorifero contiene pentole e tegami che emettono un rumore vibratorio quando il motore del frigorifero è in funzione. Qual è la sor-
gente di questo suono? Come si può eliminarlo? 29. Si supponga di simulare i fili che fischiano quando vengono investiti dal vento
agitando nell'aria un diapason con lunghi rebbi. In che modo si dovrebbe muovere il diapason nell'aria, nel piano dei rebbi o in un piano perpendicolare a esso? Dopo avere deciso in che modo si riuscirà a generare un suono, si controlli la previsione.
CAPITOLO 13
MOMENTO DELLA QUANTITA DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE) Dopo di che ho calcolato quale sarebbe l'orbita descritta dai pianeti. ... Ora ho trovato che, quale che sia la legge delle forze che tengono i pianeti nelle loro orbite, le aree descritte da un raggio tracciato da essi al Sole sono proporzionali al tempo in cui vengono descritte. Isaac Newton
~MOTO ROTATORIO Il mondo è pieno di cose che si muovono di moto rotatorio. Vanno, quanto a dimensioni, dalle galassie agli elettroni che ruotano attorno al nuclèo degli atomi, e comprèndono oggetti familiari come i pianeti in orbita attorno al Sole, le giostre, i volani, e i vortici nelle vasche da bagno. Quale principio sta alla base di questi moti e ne spiega la persistenza? Siamo in grado di descriverli tutti in modo unificato? Nel c~} abbiamo studiato due risposte parziali a queste domande. Una era che la Luna ruota attorno alla Terra (o un pianeta ruota attorno al Sole) cadendo continuamente verso il corpo centrale. Un'altra era che un corpo può muoversi di moto circolare unifOrme se su di ~sso agisce un'accelerazione centripeta di modulo rJ/r. Ma la prima risposta è limitata. all'attrazione gravitazionale, mentre la seconda' è limitata al caso particolare del moto circolare uniforme, e ciascuna affronta piuttosto indirettamente il problema della persistenza di questa specie di moto. Il concetto che unifica la descrizione 'di tutti i moti rotatori è il momento della 'f-l0~"&f-rl b .qu,a.ntità (}i.moto·(omomento angolare) e la persistenza di questa specie di moto può LC>~-'I 'S..EiLI.lIf"C,' esser~ descritta più direttamente mediante la conservazione del momento della quq.ntità.di·moto. Certo, la conservazione del momento della quantità di moto, quando è applicabile, può essere dedotta dalle tre leggi di Newton. Qualsiasi problema riguardante il moto rotatorio può essere risolto direttamentè seguendo le tre leggi di Newton nel tempo, senza introdurre il momento della quantità di moto; tuttavia, come la conservazione dell'energia (per cui valgono le stesse consideraz~oni), la conservazione
Al-"çOc'/J/!..e
i-f all'Cc/e '!' é::-
273
AI-{Q'$!d
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
\
\ '
del momento della quantità di moto è un concetto molto utile che aiuta a capire i
Q~~M:::. d",oo~ ~' ~c J;. ~!'~cn--SL 10~ç N'I''\rc,~ ,Il o~,,'-.P cL.:. '" .l-. ):, '
fenomeni e a semplificare i calcoli.
./_).:\, "'-"-_:J
~d..':" rI~l:~""';"
'~
/ /'~
-F'
/V""'O~L"",,,,-
n-:~",," " '
-;:j"." ,
F
rCl"" o
~
13.2
MOMENTO DI UNA FORZA E MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO
Nella s~6 abbiamo formulato la definizione generale di momento di una for-
H=r/\
IT
I
za,
,.
F
_
/' ~
r~ttll:F'l..~fY[,;~'l."-~kFJ1.'<>,,,*,-òl~(13.1) '. I &~m~oI:;;::o.~ ....f' J t
LI,
Come si può vedere da questa relaiione, il di una forza è un vettore insolito in quanto dipende dalla distanza tra un punto di riferimento orescelto G e j1 punlo~ dena wrza F (figura 13.1).11 della foua tende a prmlDeBIe_ 1 ne ~ttM!!O al punto G, COD l'asse dl rotazIOne parallelo al vettore M Adesso vogliamo determinare questa relazione fra momento di una forza e rotazion.s.con l'ausilio della seconda legge di Newton
~~~:=Qne
.
'" ~~.-l:6)~ J. ?"~ ~ ;:t:""",.bJ:s..~..tJ::a.~l'
P.
~oment_o
~1~../ dp vettoriali per il momento di F = una forza rispetto a un punto O. dI
(6.1)
["c~
/\
F 21 =
fl.L
1\ F 21
d dr dp _ (r /\ p) = /\ p + r /\ dI dt dt per la regola di derivazione di un prodotto applicata ai vettori (sezione 5.6), la relazio-
/\ p
L'ultimo termine si annulla: M".
!!!... /\ p = v 1\ (mv) = O dI
=
dL
(13.7)
di
In presenza di un momento di forze esterne, l'integrazione dell'equazione (13.7) estesa al tempo dà
poiché il prodotto vettoriale di un vettore per se stesso è nullo, e quindi otteniamo
(mv)
(13.2)
\- l,n,,'
(6.1)
NJll.primo membl:o.dell'equazione (13.2) çpmpare iLIll!l.W.ento della,forz;a, uDa yersione <dorta» d!llla forza, mentre nel secondo membro, compare la..geQV~ di r /\ p"JIna yersiope «torta» della guantitàdTmoto. Questa grandezza importante, r 1\ p, è denotata generalmente con il simbolo L e, data l'analogia con la quantità di moto (o momento lineare), viene detta momento della quantità di moto (o ~ lill.ffQlare): --'---
'li
~');;,k;"ffN:;(""'<" '~,' ~" k'-- , ""~ ~ iC) (et
'
, ~"'-'\.!.-)
(13.3) 'L"'r ' " 1\ p'
Secondo l'equazione (13,2), la derivata del momento della quantità di moto rispetto al tempo è uguale al momento di forza:
(13.8) .
Ci, _
':>r-...~I....c ~ ;W'"'fto:...t'§J
I ..--J
Per analogia con la relazione tra impulso e quantità di moto, la grandezza che figura nel primo membro viene detta talvolta momento dell'impulso e l'equazione si legge così:}~o dell'impulso è uguale alla variazione del wowCDtQ della quantità dirriiJto»] .
13.3 CONSERVAZIONE DEL MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO Come nel caso del suo parente stretto, la quantità di moto, si presentano in numerose circostanze in cui il momento della quantità di moto di un sistema si conserva.~ primo luogo, i momenti delle forze esterne applicate a un cOrpo si possono annullare. .ll...tlid.. rei in 9U~S!0 caso,
dI.
d;
=
O
J.,
r
'".<
-;
~
ev..l .~
~:-
--)
~ Fn::-~1
M21 + M I2 = rl.L 1\ (F 21 + F 12 ) = O rispetto a qualsiasi punto O. Procedendo come nel caso delle forze interne, si può estendere facilmente questo risultato e dimostrare che il risultante di tutti i mom,ntj ..ç!,elle (illZe interne è nullo Perciò, soltanto Mest contribuisce a dLldt nell'equazione (13.4) per un sistema di punti materiali:
ne per M può essere riscritta nella forma
d di
FI2 F2'1
(13.6)
Ma F 21 = -F 12 per la terza legge di Newton, e si può vedere facilmente dalla figura 13.2 che ru = ru se F I2 e F 21 hanno la stessa retta d'azione. Perciò, il risultante dei momenti delle forze interne dei due corpi è nullo,
Poiché
F
~~
(13.5)
M I2 = f 2 1\ Fl2 = ru 1\ F I2
M = ...É- (r /\ p) dt L'equazione (13.2) somiglia strettamente alla seconda legge di Newton,
.~,~Jt.L.
L"(.~, ')f~.~ ff
Analogamente, il momento di forza f 2 /\ F I2 rispetto al punto O, agente sul corpo 2 e dovuto alla forza F I2 esercitata dal corpo I, è uguale a fU /\ F 12 :
M=r/\dp dt
M = ...É- (r /\ p) - !!!... dI dt
~
I
(13.4)
Come il suo analogo lineare F = dpldl, l'equazione (13.4) è un risultato molto importante. Infatti, ha numerose conseguenze notevoli, che studieremo in questo capitolo e in quello successivo. Quando un sistema è costituito da due o più corpi, i singoli corpi che lo compongono saranno generalmente soggetti a momenti di forze interne e a momenti di forze esterne. Però, per il sistema nel suo complesso, i momenti delle forze interne si elidono, esattamente come fanno le forze interne, puren'tre forze interne ehe agisconò trl!.coppie qualsiasi di comi sia~ali e opposte e agisçsno lungo la congiuu~ ~ come fanno le forze gravitazionali e le forze coulombiane. Per capirlo, consideriamo i due corpi della figura 13.2. In questa figura, il momento di forza r l 1\ F21 rispetto al punto O, agente sul corpo l e dovuto alla forza F 21 esercitata dal corpo 2, è uguale a f1J. /\ F21 poiché il componente di r l parallelo a F 21 non contribui--sce al m
Sostituendo dpldl a F nell'equazione (13.1), otteniamo
\
275
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
274
(13.9)
( ~',,;. \/ltf,;r:: ~ /.W;ò)
_..~..~---;--~
1::1.':::0:,
! \ f~ ,.:.~' '.' ", =~:::.:._._,," 0;...... ,
i~w~~
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
276
quindi . --., _ - e. :'_
1~. MUMIoNIU UIoLLA l.IUANHIA UI MUIU (MUMIoNIU AN<:iULAflE:)
O I V"" n.' I-- t" t \" '. 1\ ) ~ e.:"'"~ ~~ <M.~~_~:::\,:~\.dNè.'/l-~..l.-'~~/~-
~~~~~~ii~~!i"",cost}~~~oJ.;;.,.;.,:-~))~~~\toJ-~t;;;ocl.lJ~(13.10)
vettl-~~ m)
-, l l,
Poiché L è un rappresenta in realtà tre principi di conservazione distinti per le componenti Lx' Ly e Lz. In secondo luogo, anche se sono presenti _~ momenti delle forze ~~sj possono axeI;.e. yn_\l.~ ltliS.-il.e nel breve int~o !;jl!empo che .dura un urto o un'esplosione. In questo casQ., il risultante delle quantità di moto (~. quantità di moto totale) e il risultante dei momenti delle quantità di moto (o momento della quantità di moto totale o momento angolare,totale) di un sistema si POSsono conservare nell'urto o nell'esplosione:
W
:~'
~_kt:t':,~jL&1~~=::. ,~,vo,r~~
~
I~t,ot..-,~~ JJl~~ cl,
~~~
ché che possa esercitare un momento di forza sul sistema; quindi, il momento delle quantità di moto dell'Universo si conserva. Perciò, la conservazione del momento della quantità di moto si unisce alla conservazione dell'energia e a quella della quantità di moto come terzo importante principio di conservazione della meccanica classica. Questi principi di conservazione hanno avuto tutti origine dalle leggi di Newton. Scopriremo che la conservazione del momento della quantità di moto è tanto utile nel semplificare i problemi del moto rotatorio quanto la conservazione della quantità di moto lo è stata per i problemi del moto rettilineo.
Esempio 1 (13.11)
Un punto materiale di massa m si muove con velocità costante v lungo una retta che dista b dall'origine di un sistema di coordinate. (a) Si trovi il momento della quantità di moto del punto materiale in un istante qualsiasi. va.
(b) Si dimostri esplicitamente che il momento della quantità di moto si conser(a) Sappiamo che il momento della quantità di moto è dato da
r.- -,
L=mr!\v
V
\.0
k-\ ~~o,L~~~~N~
L ~ (,l,v\.D- "'~ clt~ o.-.~ dimostrativa, uno studente è in piedi su una piattaforma girevole, tenendo
l". ",rr,J,.""t-;:;:
'.
~ . :".'
.
'L' ()
~ P/.)i.t",,-'dw.~
(13,3)
Il modulo del momento della quantità di moto è L = mrJ. U, dove r J. è la componente del vettore posizione r secondo una direzione perpendicolare alla velocità v. Dal diagramma vediamo che questa distanza è b. Perciò
mano una ruota di bicicletta nel piano orizzontale. Quando lo studente applica un momento di forza alla ruota di bicletta, la ruota applica su di lui un momento di forza uguale e contrario. Né il momento della quantità di moto della ruota né quello dello studente si conservano singolarmente, ma si conserva il momento della quantità di moto totale del sistema costituito dalla ruota, dallo studente e dalla piattaforma. Perciò, se lo studente fa girare la ruota in senso orario (se osservato dall'alto), partendo dalla quiete, egli deve rotare in senso antiorario per conservare il momento delle quantità di moto del sistema complessivo (figura 13.3b). Se ora lo studente ribalta di 1800 la ruota, in modo che essa ruoti in senso antiorario, la sua rotazione diventa oraria per conservare il momento della quantità di moto totale (figura 13.3c). In quest'ultimo caso, è alquanto complicato seguire il momento delle forze nei particolari, ma la conservazione del momento della quantità di moto ci fornisce facilmente il verso di rotazione finale. Proseguendo indefinitamente questo processo di estensione del sistema possiamo includervi tutti i corpi esistenti nell'Universo. In questo caso, non rimane fuori alcun-
(a)
(b)
(c)
Figura 13.3 Conservazione del momento della quantità di moto per uno studente che sorregge una ruota di bicicletta su una piattaforma girevole.
In
=
mrJ.v
=
mbv
Per la regola della mano destra, il verso del momento angolare entra nel piano del foglio. (b) Dall'espressione di L, vediamo che, mentre il punto materiale continua a muoversi lungo la retta, la componente di r secondo una direzione perpendicolare a v rimane uguale a b. Perciò, il'momento della quantità di moto si conserva. In questo caso, la ragione per cui si conserva il momento della quantità di moto è il fatto che sul punto materiale non agisce alcuna fo~za (per la prima legge di Newton) e quindi esso non è soggetto ad alcun momento di forza.
Nell'esempio 1, avremmo potuto scegliere una diversa origine per il sistema di coordinate, collocandola a una distanza b' dalla direzione del moto del punto materiale. Il momento della quantità di moto si conserverebbe anche in questo caso, ma il suo valore ora sarebbe L' = mb'v
Il principio di conservazione vale sempre, ma la scelta del punto di riferimento è arbitraria. Questa situazione ci ricorda l'analoga arbitrarietà della scelta del punto al quale è riferito il momento di una forza. Nei problemi in cui si usa la relazione generale M = dLldt si può scegliere un punto di riferimento qualsiasi, ma sia M sia L devono essere· riferiti allo stesso punto. L'esempio l illustra anche che non è necessario che un corpo sia in rotazione per avere un momento della quantità di moto. Il momento della quantità di moto è una proprietà molto generale. Nell'esempio precedente, si conservavano sia l'energia, sia la quantità di moto, sia il momento della quantità di moto. Ma è accaduto che queste grandezze non si sono rese necessarie per determinare il moto, che è stato ricavato banalmente dalla prima legge di Newton. Nell'esempio seguente, il momento della quantità di moto si conserva (insieme alla quantità di moto) e offre un valido aiuto per trovare facilmente una soluzione del moto.
lUI
278
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
iét>
''t d;>,
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
13.4 FORZA E MOMENTO DI UNA FORZA
Esempio 2 Due masse, ciascuna di 8 kg, sono collegate da un'asta estensibile di massa trascurabi_ le. Inizialmente, l'asta ruota attorno al proprio centro con una velocità angolare di 2 radls con le masse a una distanza di 0,4 m dall'asse di rotazione. Quale sarà la velocità angolare dell'asta se le masse vengono avvicinate a una distanza di 0,3 m dal centro? Questo esempio è un prototipo per pattinatori su ghiaccio rotanti, ballerine e studenti che tengono pesi a manubrio su piattaforme girevoli, che acquistano tutti velocità angolare accostando al corpo le braccia inizialmente distese lateralmente. In ciascuno di questi casi l'attrito esercitato dal ghiaccio sui pattini, dal pavimento sulle scarpette da ballo, dai cuscinetti a sfere sulla piattaforma girevole, o dal perno sull'asta rotante può essere trascurato sulla scala di tempo impiegata per accostare le braccia al corpo e quindi il momento della quantità di moto si conserva. Nel capitolo seguente impareremo come trattare quantitativamente la massa distribuita di una persona in rotazione. In questo esempio analizzeremo il sistema costituito dall'asta di collegamento (di massa trascurabile) e dalle masse (assimilate a punti materiali), il quale presenta lo stesso comportamento qualitativo e al tempo stesso è tanto semplice quanto basta per potere essere analizzato completamente con i metodi di cui disponiamo al presente. Ogni massa descrive una traiettoria circolare di raggio r, attorno all'asse di rotazione, con velocità di modulo costante v. In ogni istante, la velocità v della massa è perpendicolare al raggio vettore T ,. Perciò, il modulo del suo momento della quantità di moto è L
=
ml'r l sin 90°
=
mllr,
La direzione del momento della quantità di moto è perpendicolare al piano della traiettoria circolare, come è indicato nella figura. Poiché, per ipotesi, l'asta ha una mas,a trascurabile, anche il suo momento della quantità di moto può essere trascurato. Il momento della quantità di moto totale è la somma dei singoli momenti della quantità di moto. I momenti della quantità di moto delle due masse hanno lo stesso orientamento e quindi il modulo del momento della quantità di moto totale è LI
= muri +
m!lr, = 2mllrl
dove " è la distanza dall'asse e v è la velocità di ciascuna massa. Possiamo esprimere L, in funzione della velocità angolare ricordando che v = r,w,: LI
=
2mrfw I
Quando le masse vengono avvicinate a una nuova distanza 'z, il momento della quantità di moto sarà
Lz = 2mriw2 La forza applicata per avvicinare le masse agisce in direzione radiale verso l'interno lungo l'asta, e quindi F è parallela a T, dove T è il vettore posizione della massa rispetto al centro dell'asta. Perciò, il momento M = T 1\ F della forza agente sulla massa, rispetto al centro dell'asta, è nullo e il momento della quantità di moto si conserva. La conservazione del momento della quantità di moto implica che L, = L 2 • Uguagliando i due momenti della quantità di moto e risolvendo rispetto a wz' otteniamo
Wz =
Wl (rf/rI)
Sostituendo w, = 2 rad/s, " = 0,4 m e rz = 0,3 m, troviamo che W z = 3,6 rad/s. Per avvicinare le masse, ha dovuto essere applicata una forza centripeta, la quale ha compiuto un lavoro che si è convertito in energia di rotazione. Studieremo questo aspetto del problema nel capitolo 14.
In condizioni di equilibrio, come si è visto nelle sezioni 6.5 e 6.6, sia il risultante delle forze agenti sul sistema sia il risultante dei momenti delle forze devono essere nulli: ~Fi=O ~Mi=O
(13.12a) (13.12b)
che equivalgono a sei equazioni scalari. Per semplicità, in questo libro, prenderemo in considerazione soltanto forze giacenti in uno stesso piano e momenti di forza rispetto a un asse normale a questo piano. Quando sia Fi sia Ti sono confinate al piano xy, il momento di forza giace nella direzione z. Perciò, usiamo frequentemente soltanto tre condizioni: ~FiX=O ~FiY=O ~MiZ=O
(13.13a) (13.13b) (13.13c)
Un sistema in equilibrio non è necessariamente in quiete: il suo centro di massa può muoversi con velocità costante in assenza di qualsiasi forza non nulla E, per esempio, un corpo rigido può muoversi di moto rotatorio uniforme attorno al suo centro di massa in assenza di .qUalsiasi momentO di fo,rza non nullo. Nel caso di un sistema in equilibrio, si cpnservano sia la quantità di moto sia il momento della quantità di moto. È importante capire che le.condizioni d(équilibrio'per la foria e per il momento di forza sono piuttosto diverse. Un corpo può iccelerare sotto l'aZione della forza di gravità, senza essere soggetto a un momento di forza rispétto al suo centro di massa*. Per contro, le forze che agiscono su un corpo possono essere uguali e contrarie, ma essere applicate a punti diversi producendo un momento di forza non nullo. Come esempio di quest'ultima situazione, la figura 13.4 presenta una coppia di forze. Le forze sono uguali e contrarie, ma il loro momento non è nullo. Il momento di forza rispetto al punto I ha il valore T'2 1\ F2• Una proprietà curiosa della coppia di forze è che il suo momento rispetto a un punto di riferimento arbitrario 0, rispetto al quale il punto l è situato in T, e il punto 2 è situato in r, + T,z' è indipendente dal punto di riferimento:
r, 1\ F, + r2 1\ Fz
=
r, 1\ (-Fz) + (r, +
f'2)
1\ Fz = r,z 1\ F
2
(13.14)
Per contro, il momento di una forza non-equilibrata dipende dal punto di riferimento. Una coppia di forze costituisce un'eccezione alla regola, menzionata nella sezione 6.6, secondo cui, per ogni sistema di forze, si può trovare un'unica forza risultante che fornisce lo stesso momento di tutte le forze del sistema e che la forza risultante può essere equilibrata con un'unica forza equilibrante. Una coppia è priva di risultante e di equilibrante. Per equilibrare una coppia è necessario introdurre altre due forze, in altre parole, un 'altra coppia. Un caso partiCOlare importante, in cui una forza non produce un momento, è quello dei corpi che ruotano attorno all'origine sotto l'azione di una forza centrale. Con il termine forza centrale si intende una forza della forma F =f(r) i
(13.15)
che ha una direzione radiale e un modulo che dipende soltanto da r. Le forze gravita• È importante notare, però, che il corpo è soggetto a un momento di forza rispetto a qualsiasi altro punto. In generale, se un corpo rigido è in equilibrio rotazionale, ma non in equilibrio traslazionale, la somma dei momenti delle forze esterne è nulla soltanto rispetto al centro di massa.
o
Figura 13.4 forze.
Una coppia di
279
280
13. MOMENTO DELLA aUANTITA DI MOTO (MOMENTO ANGULAti!::)
13. MOMENTO DELLA aUANTITA DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
zionali O le forze coulombiane esercitate da una massa puntiforme (punto materiale) o da una carica puntiforme sono esempi di forze centrali, ma j(r) può non variare come r 2• Una forza centrale esercita un momento rispetto a quasi tutti i punti di riferimento. Ma, se il punto di riferimento coincide con il centro della forza, allora r è sempre parallelo alla forza e quindi
M
=
r /\ F
=
r /\ j(r)r
=
O
13.5. Si tratta della prima legge di Keplero: i pianeti ruotano attorno al Sole descrivendo orbite ellittiche. Avremo occasione di parlare più ampiamente di questa legge nel capitolo 16.
(13.16) ",l/Sole
-e-
Il momento della forza è nullo e continua a essere nullo mentre r cambia.orientamento nel descrivere l'orbita. Perciò, il momento della quantità di moto rispetto all'origine
d.iun campo di forza centrale sCcoiisèrvo.:·
'."
.L';;YA!liv.:i~~J .
."
..,
pianeta
(13.17)
se non agiscono altre forze. È importante Ìl.otii;e ia generalità di questo risultato. Esso vale per il moto circolare uniforme, con L = rmD. Ma vale anche per orbite che si avvicinano all'origine o se ne allontanano, con v che aumenta e diminuisce alternativamente. E vale per . qualsiasi dipendenza radiale j(r). Nella sezione seguente, useremo g!lesto potente risultato per capire la legge delle aree per il moto planetario, una legge 'empirica enunciata da Keplero.
." 13.5
/1"'--
"'h' "
LA LEGGE DELLE AREE DI KEPLERO
Johannes Kepler (italianizzato in Giovanni Keplero) cominciò fin da giovane una ricerca, immensamente fruttuosa, di relazioni matematiche che descrivessero le orbite dei pianeti. Un problema che attrasse la sua attenzione fu la relazione tra la distanza di un pianeta dal Sole e l'intervallo di tempo necessario per compiere una rivoluzione (il periodo orbitale o periodo di rivoluzione). I periodi orbitali dei cinque pianeti visibili a occhio nudo erano noti fin dall'antichità. Il rapporto tra le loro distanze dal Sole era stato determinato da Copernico sulla base del suo modello eliocentrico. (Una chiara descrizione del procedimento di Copernico si può trovare in A. P. French, Newtonian Mechanics, New York, Norton, 1971, pp. 246-249.) Quanto maggiore è la distanza del pianeta dal Sole, tanto più lungo è il suo periodo. Però, mancava un preciso rapporto matematico. Saturno, per esempio, ha una distanza dal Sole la quale è il doppio di quella di Giove, ma il suo periodo di 30 a non è il doppio di quello di Giove, che è di 12 a. Né esiste un rapporto semplice che ponga in relazione le distanze e i periodi degli altri pianeti. Il periodo orbitale di un pianeta cresce con la distanza del pianeta dal Sole, ma non è direttamente proporzionale alla distanza. Nessuno, prima di Keplero, si era mai chiesto il perché. Keplero avanzò l'ipotesi che dovesse esistere una forza, emanante dal Sole, la quale faceva muovere i pianeti nelle loro orbite attorno al Sole: i pianeti esterni si muovevano più lentamente poiché questa forza motrice diminuiva con la distanza. L'ipotesi di Keplero ebbe un'importanza rivoluzionaria. Per la prima volta era stato fatto un tentativo non soltanto di descrivere il moto dei corpi celesti in termini geometrici, ma anche di attribuirgli una causa fisica. Dopo un divorzio di 2000 anni, l'astronomia e la fisica si riunivano. Questa riunione portò alle tre leggi di Keplero, i pilastri su cui Newton costruì il suo Universo. Dopo anni di false partenze e di ardua ricerca di una più precisa descrizione nel sistema copernicano del moto dei pianeti, Keplero si rese conto che si doveva abbandonare l'antica idea delle orbite circolari se si voleva essere conformi ai dati osservati. Attraverso un'ostinata perseveranza, Keplero, basandosi sulle nuove osservazioni di Tycho Brahe, scoprì che le orbite reali corrispondono più a traiettorie ellittiche che alle traiettorie circolari del sistema copernicano. Il Sole occupa uno dei due fuochi dell'ellisse e la Terra, per esempio, gira attorno a esso come è indicato nella figura
Figura 13.5 Prima legge di Keplero: le orbite dei pianeti sono ellissi in cui il Sole occupa uno dei fuochi.
Fin dall'antichità, gli astronomi avevano osservato che i pianeti non percorrono le loro orbite con velocità costante: ogni pianeta si muove più rapidamente quando è vicino al Sole rispetto a quando è lontano. Ciò significa che, se disegniamo gli angoli descritti dalla Terra nel suo movimento attorno al Sole in intervalli di tempo uguali in due differenti parti dell'orbita, come è illustrato nella figura 13.6, un angolo è minore dell'altro. Nella ricerca di qualche regolarità in quest'orbita, Keplero scoprì una legge di stupefacente semplicità. Mentre un pianeta percorre la sua orbita, il raggio vettore congiungente il Sole con il pianeta descrive aree uguali in tempi uguali; si tratta della seconda legge di Keplero (legge delle aree). Keplero riuscì anche a trovare una relazione precisa tra il periodo orbitale di un pianeta e la sua distanza media dal Sole. Questa relazione prese il nome di terza legge di Keplero; ne parleremo nel capitolo 17. ti
c A'
A,
~
S' B
Figura 13.6 Seconda legge di Keplero (legge delle aree): il raggio vettore congiungente il Sole con un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali.
Quasi un secolo dopo Keplero, Isaac Newton formulò le proprie leggi della meccanica e dimostrò che le leggi di Keplero potevano essere dedotte dalla propria meccanica. Newton realizzò così il sogno di Keplero di assegnare una causa fisica ai moti geometrici dei pianeti. Dimostreremo ora con precisione in che modo la seconda legge di Keplero, o 'legge delle aree, deriva dalla dinamica di Newton. Ma prima abbiamo bisogno di una descrizione matematica della legge delle aree. Immaginiamo un raggio vettore a un certo istante t, r(t), congiungente il Sole con un pianeta, come nella figura 13.7. Se il pianeta subisce uno spostamento &- in un breve intervallo di tempo M, la sua nuova posizione è rU + M) = r + &-. Come è illustrato nella figura 13.7, i tre vettori r(t), &- e r(t + M) formano un triangolo. L'area M di questo triangolo è pari alla metà del prodotto della base r per l'altezza, 4.r sin a; perciò, dA = ~ r(ar sin a) dove
e è l'angolo compreso tra re&-.
281
282
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
283
Dalla seconda legge di Newton abbiamo dedotto che il vettore momento della quantità di moto, L, si conserva in un campo di forza centrale*; cioè, L è costante in modulo e in orientamento.
'--
Figura 13.7
Il vettore posizione di un pianeta descrive un'area M in un intervallo di tempo t./.
Scrivere l'area in questo modo suggerisce di usare il prodotto vettoriale per rappresentarla. Come abbiamo visto nel capitolo 5, il modulo del prodotto vettoriale tra due vettori è uguale all'area del parallelogramma formato dai vettori, come è illustrato nella figura 13.8. E l'area del triangolo è la metà dell'area del parallelogramma.
Esempio 3 Alla sua minima distanza dal Sole (perielio), la Terra dista 1,47 . 108 km dal Sole e ha una velocità di 30,2 km/s. Qual è la sua velocità quando si trova nel punto più lontano dal Sole (afelio), a una distanza di l,52 . 108 km? Come è illustrato con l'ellisse della figura, quando un pianeta si trova nel perielio o nell'afelio, la sua velocità è perpendicolare al raggio vettore. Per questi punti, l'equazione (13.18) e il fatto che dA/dt è costante implica che
2M-rAm
118Z" ~e_
B 'p
UA
'A
Vp
orbita planetaria
~rpvp = ~rAvA
Risolvendo rispetto a VA' la velocità del pianeta nell'afelio, otteniamo che
!'
Figura 13.8
Perciò, la seconda legge di Keplero, o legge delle aree, è una conseguenza della seconda legge di Newton. Il risultato che L ha anche direzione (orientata) costante fornisce anche una parte della prima legge di Keplero, la quale stabilisce che ogni orbita è un'ellisse e quindi giace in un piano. Poiché LI m è il prodotto vettoriale di r e v, sia r sia v devono essere perpendicolari a L. Ma L ha una direzione (orientata) costante e quindi sia r sia v devono giacere in un piano perpendicolare a questa direzione. In altre parole, la conservazione del momento della quantità di moto implica un'orbita piana.
VA = Vp(rp!rA) = (30,2 km/s)(1,47/l,52) = 29,2 km/s
Il vettore area dA come prodotto vettoriale.
Usando la notazione vettoriale, possiamo scrivere l'area del triangolo nella forma M =
! Ir l\. Ari
13.6
La direzione del prodotto vettoriale, secondo la regola della mano destra, è perpendicolare al piano dei vettori. Perciò, possiamo introdurre il vettore M=!rI\.Ar e chiamarlo vettore area M. Il suo modulo è l'area del triangolo formato da r e ru. La derivata di questo vettore area rispetto al tempo, dAJdt, è il limite a cui tende il rapporto AAJ!lt quando l'intervallo di tempo tende a zero:
dA . M . !rl\.Ar l . Ar _ = hm--= hm =-rl\. hmdt At-ll!!.t At-ll!lt 2 At-ll !lt Ma quest'ultimo limite è semplicemente la velocità v del pianeta. Perciò, la derivata del vettore area rispetto al tempo è
dA=!rl\.v dt 2
(13.18)
Adesso diventa chiara la relazione con la dinamica di Newton. Confrontando le equazioni (13.18) e (13.3), riconosciamo che dA/dt è direttamente proporzionale al momento della quantità di moto:
dA
L
dI
2m
(13.19)
VORTICI E TEMPESTE DI FUOCO
Abbiamo appena trovato che il principio di conservazione del momento della quantità di moto spiega perché i pianeti che ruotano attorno al Sole descrivono aree uguali in tempi uguali, una legge empirica che Keplero scoprì esaminando numerosissimi dati. La conservazione del momento della quantità di moto vale non soltanto per i pianeti che si muovono silenziosamente attorno al Sole, ma anche per qualsiasi corpo in movimento per il quale r l\. mv sia costante. Questa legge trova un'interessante applicazione ai vortici. Supponiamo di avere una vasca molto grande (è sufficiente una vasca da bagno) e di riempirla d'acqua per mezzo di un tubo, come è illustrato nella figura 13.9. Mentre fluisce nella vasca, l'acqua si muove di qualche tipo di moto rotatorio. Se chiudiamo il rubinetto dell'acqua, questo moto rotatorio si estingue molto lentamente e può non scomparire completamente per ore o persino per giorni. Che cosa accade se togliamo il tappo dal fondo della vasca mentre l'acqua sta ancora rotando? Naturalmente, l'acqua uscirà dal foro. Quando togliamo il tappo la prima volta, l'acqua defluisce direttamente dal foro, • A rigore, è il centro di massa del sistema Sole-pianeta, e non il centro del Sole, il punto nel quale è situata l'origine del campo di forza centrale e rispetto al quale si conserva L. Il motivo è il fatto che il centro del Sole è sempre accelerato verso il pianeta e che il Sole, oltre che il pianeta, ruota attorno al centro di massa. Benché a prima vista il centro del Sole sia anche l'origine della forza centrale, in realtà il sistema di riferimento con l'origine solidale con il centro del Sole è non-inerziale, implicando forze non-inerziali che impediscono a L di conservarsi rispetto a questo punto. Il centro di massa, d'altra parte, non è accelerato e quindi può essere collocato nell'origine di un sistema di riferimento inerziale. In pratica, però, il Sole ha una massa talmente maggiore di quella dei pianeti che il suo centro giace molto vicino al centro di massa e si può trascurare la differenza tra i due punti per la maggior parte degli scopi.
jii\
i'
Figura 13.9 Formazione di un vortice in una vasca
d'acqua per effetto della conservazione del momento della quantità di moto.
284
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
ma dopo un po' defluisce in modo diverso: invece di defluire direttamente, forma un gorgo. Perché? Oltre a una modesta viscosità dovuta alle pareti della vasca, sull'acqua non agiscono momenti di forze. Di conseguenza, l'acqua conserva il momento della quantità di moto mentre defluisce dalla vasca. Il momento della quantità di moto di una piccola porzione di acqua in qualsiasi istante mentre si muove descrivendo una spirale verso il centro della vasca è L = r /\ mv rispetto a un asse passante per il centro della vasca. Poiché r e v sono perpendicolari, il modulo del momento della quantità di moto di questa porzione di acqua. è
in grado di osservarla soltanto dall'invenzione del telescopio nel 1609). La figura 13.10 è una fotografia della macchia rossa scattata dal Voyager I durante il suo volo oltre quel pianeta. Anni prima del volo del Voyager, era stata avanzata !'ipotesi che la macchia fossa fosse un uragano enorme, 3 volte più grande della Terra. I dati trasmessi dal Voyager hanno confermato questa ipotesi.
(
L = mvr = cost I! valore esatto della costante dipende dalle condizioni iniziali di rotazione. Mentre scende verso il foro, ogni piccola porzione di acqua conserva il momento della quantità di moto; perciò, al decrescere della distanza dall'asse centrale, la velocità diventa sempre più grande, secondo la relazione
v = cost/mr Quando descrive cerchi molto piccoli, l'acqua si muove molto rapidamente. Ma a far muovere questa porzione di acqua in una traiettoria circolare deve essere una forza orientata verso l'interno. La forza che fornisce l'accelerazione centripeta è la resistenza dell'acqua alla trazione, cioè la capacità dell'acqua di mantenersi unita. Quando la distanza r diventa molto piccola, la velocità diventa corrispondentemente molto grande. È quindi necessaria una grande forza per mantenere l'acqua unita. Ma, quando questa forza diventa maggiore della resistenza dell'acqua alla trazione, l'acqua non è più in grado di continuare a muoversi descrivendo traiettorie circolari, e quindi la superficie dell'acqua si rompe formando un foro. Il foro nel centro del gorgo è detto vortice. La stessa dinamica si presenta in altri casi su una scala molto più grande. Ogniqualvolta scoppia un grande incendio, per esempio di una foresta, si può produrre una vasta distruzione, come accadde nell'incendio di Chicago del 1871 e nel bombardamento di Amburgo durante la seconda guerra mondiale. La causa della distruzione non fu il semplice incendio, bensì fu qualcosa di più devastante, una «tempesta di fuoco». Le tempeste di fuoco sono vortici simili a quelli che si producono in una vasca da bagno e sono dovuti alla conservazione del momento della quantità di moto. I! calore dell'incendio fa espandere l'aria verso l'alto (esattamente come se avessimo acqua che fluisce verso il basso). La risultante regione a bassa pressione che si forma in basso richiama l'ossigeno dalle regioni laterali, aumentando la velocità di combustione. In presenza di moti circolatori nell'aria, questa fluisce sempre più rapidamente in prossimità del centro dell'incendio quando si produce la risalita (upwelling). Poiché l'aria non è in grado di sviluppare la forza centripeta capace di farla muovere così rapidamente, si forma un vortice. Perciò, si produce lo stesso fenomeno che si osserva in una vasca d'acqua, però capovolto. Questo vortice è uno stato violento di lunga durata: la tempesta di fuoco. I meteorologi che hanno studiato le testimonianze storiche sul grande incendio di Londra del 1666 hanno scoperto che in quel periodo l'aria nelle vicinanze non aveva un rilevante moto circolatorio e quindi ritengono che non si sia mai sviluppata una tempesta di fuoco. La loro congettura trova conferma in un confronto fra i danni: nell'incendio di Londra, soltanto 4 persone morirono direttamente a causa dell'incendio e soltanto 436 acri di terreno andarono distrutti in 87 ore; d'altra parte, nell'incendio di Chicago, andarono distrutti 2124 acri e morirono 250 persone in 2 giorni. Un altro esempio dello stesso fenomeno, che si produce in assenza di un incendio, è la risalita dell'aria nell'atmosfera. In presenza di una risalita dell'aria, come quella che si può produrre al disopra di una massa d'acqua calda, e in presenza di moti circolatori, si può formare un vortice. In questo caso, esso prende il nome di uragano. Gli uragani possono essere di lunga durata (parecchi giorni), persistenti e molto distruttivi. L'uragano di più lunga durata che si conosca è sul pianeta Giove; è la «grande macchia rossa» di Giove, che persiste da almeno 300 anni (siamo stati
Fotografia della grande macchia rossa di Giove, trasmessa dal Voyager I. (Per cortesia della JPUNASA.)
Figura 13.10
13.7
CONSERVAZIONE DEL MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO E CONSERVAZIONE DELL'ENERGIA
Quando \Wi!J?~massa puntiforme o carica puntiforme).§ÌJruJ.QXJ;J!!~~!1Qi!IDJ;tQ._
Ji..i forza ~tazign~Ql\Il>!m!lli!.!!fuJJ sU2.!ID.~Ip_~J1!\l.ç;).mPilw;Q!).till-U:;unente".e JI~.J!.JU!lUltiJ!Ì-ID-mo.to.,JlO.u,.,si,J:;Q~e~.IlSer,y&,il=su@,.'m@_t@. dglla.quamità- di.J:\lQt.Q.cisp.etto,.al,centro..di,~~ come abbiamo già visto,.eJii,çp}lSeF" Ya,~ia.mecQIJ.Ì"~.
• Per la conservazione del momento della quantità di moto, il moto è confinato a un piano perpendicolare al vettore momento della quantità di moto. Il modo più facile per analizzare la situazione è quello di decomporre il vettore velocità in due componenti perpendicolari, un componente radiale di modulo v, e un componente trasversale di modulo vs' come è indicato nella figura 13.11. Poiché Il = tt.t...!:iLper il teorema di Pitagora, la conservazione dell'energia può essere scritta nella forma
v
v'W
o
/'
Componenti della velocità secondo direzioni mutuamente perpendicolari.
Figura 13.11 (13.20)
(13.21)
-~~~,4z,..p~lLrl(!:).,ll.R
e quindi possiamo riscrivere la parte non-radiale dell'energia cinetica nella forma
285
286
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
13. MOMENTO DELLA Ql)ANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
he si m!!ove verso
2 \ mv~ L J 2_~~~_..
61Jlt::J mv 2
L2
+
E = V(r)
+_r
(13.23)
U
(13.24)
Se E < O, cioè se la velocità radiale iniziale di una partic~la è lP..i1l~~j>JJ.a.J velo~i,-es;S~iìa 'distanza-~ è indicato nella figura
•
__~__-=2~~~r__ 2. ___~ Se denotiamo i primi due termini che figurano nel secondo membro con Veff(r) = V(r)
+
--2
2mr e li rappresentiamo graficamente come nella figura 13.12, troviamo che V.rf.-r) cresce rapidamente per r piccolo e supera l'energia totale E in corrispondenza di un certo raggio rmin' Poiché l'energia cinetica radiale ~ mv/ deve essere positiva, rmin rappref<'7.,,~ [ senta la distanza minima a cui la particella può avvicinarsi all'origine. energia) i
\'[2/(2I11r I 2) , i \ \ i
\! \
,
-kU'ff(r)
OI
"
1 ~min il
"
'
r max
..... _-;
~
Figura 13.12 Energia potenziale, energia cinetica di rotazione ed energia totale di una particella in moto sotto l'azione di una forza gravitazionale o di una forza elettrica. Un altro modo ~r capire che la ~~.Jaggi!lllg~J..~_llP r arbitraria-__ mente piccolo è consid ché I . . aie o elettrica attratti:.va sollecitUa..particella ad avvicinarsi ma,ggioQ1lente all!Gfigffi~~ _momento della quantità di mq!Q.Ì!l1~.ru;he..çWa-pru:ticel.la.c.o.ntiJl!!!.~~ !5!za ce.ntriru;ta
_m_;_~ = (m;;~)2 = ~:J -_..:.---_.-_._.._-_.la
Fc =
(13.25)
~sarja per mantenere JllIljjcella.il1 m.t~~lo, più rapida!!!;ente della forza at1IlU.tixa~Ii\.w!ale cresI?" romew..~~'§'9_Qi_nna sorgentL gravitaz,ionale o eISllticJI.P.llID.i,lP;;mJ;A.P.iùJenta m ente Del.c.ase di.al1a.S!lfgen te disto))uitLWQIZa attrattiva disponibile è inS!lfficientSl...lW.1QlJ1j~,!.J:'qn,a Cl
IFI < .!!.. mr l
(13.26)
come accade, per esempio, 12"-L
U r < ro = mD
l'intew.Q~~
~enta~.§ce .l2,çl..f.QJ.llPim.JlM. svQ!~
(13.22)
Questa energia viene interpretata come energia cinetica di rotazione (o rotazionale) della l2.art!..C,!!!!.a. L'energia tota~ ha ora la forma . .~.~~n'<_'~"h
287
(13.27)
f:/ f/...~
13.12 . .R.e.rçiò, una particella con E :s; O è. vincolat!L..U~. la. spola .tr~ ~.~.''''~ . e rro~ntr~ l'en~~GiM1iI:;.Ul!.9.iale.4~_c.oJ!ll?J<.!l.t~diffe~~.:~.:~r::çirL:: !~,._. 'Z-~ <E costante per Qgni r Benché Verlr) sia un ibrido formato da V(r) e dall'energia cinetica di rotazione Ul2mr2 , esso dipende soltanto da r per L cosfan}e e viene detto spesso potenziale efficace per il ruolo che svolge nella figura 13.12. In presenzà di altr~ria :~L~~!?~L~i~!:2",di atJ.!it9.JlLQ!!ru~Hl!_ tenderà a perdere eneÌm..dn.~~~~~uiJ:coJm:e.,in... .corrispond~ del Qunt
cQn altra materia feoderà anche a xari!lre il mOIDento dell~~ ~ questione CiÒ n0l10stallte è imp
.. r~~.!lE~..
L2
dr
mr'
Mm
+G,2
Uguagliando a zero e risolvendo rispetto a rro' la distanza corrispondente, troviamo che
f <.. '2.-/Y<'."-X
288
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
Jr_
~
= .~
(13.28)
BlsQ~i!..I1!!9"J:~zi01)-S.J.!.lJl>kW!12~É~~
.spondenza gella gll~ion!..!lravi~y'Qllale.fam.is.çe~lj.ttamç.!ill..~~tm.:-. ~~~lar!:: Il raggio dell'orbita circolare si può trovare o rendendo minima Uelfo ricorrendo a questo requisito relativo alla forza centripeta.
289
C'è chi rimane deluso quando non si scoprono forme di vita sugli altri pianeti. Non io. lo ho bisogno di essere stimolato e rallegrato e sorpreso ancora una volta dall'esplorazione interplanetaria dell'infinita varietà e novità dei fenomeni che possono scaturire da principi cosi semplici. Il banco di prova della scienza è la sua capacità di fare previsioni. Se non aveste mai visitato la Terra, sareste in grado di prevedere i temporali, i vulcani, le onde marine, le aurore boreali e i tramonti dai colori vivaci? Riceveremo una lezione salutare quando apprenderemo che tutto ciò che accade su ciascuno di quei pianeti morti, su quelle otto o dieci palle, ciascuna nata dall'agglomerazione della stessa nube di polvere e ciascuna governata dalle stesse leggi della fisica.
energia 13.8 CONCLUSIONI
°1 \ \\1 ,
Figura 13.13 ~~~~~E.tijÉ~!e.~tiYLdipende dal moment<;! .2,<;,111' g u a n t i t L d i . J n ! l t O . "
Figura 13.14 Stadi successivi della contrazione di una sfera di gas in rotazione.
Abbiamo ora un quadro dell'evoluzione di una nube di gas in rotazione. Come si può vedere nella figura 13.14, la nube comincia a contrarsi verso un punto sotto la mutua attrazione gravitazionale. Quando si contrae nella direzione equatoriale, la nube non può percorrere tutto lo spazio verso il centro, per la conservazione del momento della quantità di moto totale. Le particelle si sistemeranno in orbite circolari i cui raggi sono imposti dall'equazione (13.28). Però, nella direzione verticale la contrazione può aver luogo senza che aumenti l'energia cinetica di rotazione e perciò continua dopo che è stato raggiunto il limite alla contrazione nella direzione equatoriale. Di conseguenza, la nube tende ad appiattirsi, formando galassie come quelle della figura 13.15. Oltre alla forma appiattita, alcune galassie presentano bracci spirali: la semplice spiegazione che abbiamo trovato per l'appiattimento non è sufficiente per spiegare la struttura dei bracci spirali, in quanto intervengono differenti fenomeni. Analogamente, quando le nubi di gas condensano a formare sistemi solari, si formano pianeti, anziché la struttura uniformemente appiattita che si osserva nelle galassie. Lo stesso accade nei sistemi planetari: le lune si formano dal gas e dalla polvere che condensano a formare i pianeti. Talvolta si formano anelli: poiché almeno tre pianeti del nostro sistema solare sono provvisti di anelli, sappiamo che la formazione di anelli non è infrequente. In tutti questi fenomeni, presumibilmente non interviene altra fisica oltre alle leggi di Newton. Se fossimo in grado di risolvere le equazioni differenziali per tutti i tipi di condizioni, dovremmo essere capaci di prevedere tutti i fenomeni spettacolari, come gli anelli di Saturno, che non erano stati previsti prima dell'esplorazione del Voyager. Le semplici equazioni di Newton ammettono soluzioni di cui nessuno aveva ntai sospettato l'esistenza. A questo riguardo, il premio Nobel Richard P. Feynman scriveva nel 1962:
Abbiamo dedotto or ora il terzo dei tre grandi princìpi di conservazione della fisica: conservazione dell'energia, conservazione della quantità di moto e conservazione del momento della quantità di moto. Tutti e tre questi principi derivano dalla seconda legge di Newton, F = ma. D'altra parte, questi semplici principi di conservazione devono valere sempre; essi costituiscono utili «mezzi contabili» per applicare le leggi di Newton in situazioni complesse. Per esempio, sarebbe stato eccessivamente difficile scrivere le leggi di Newton per l'acqua che forma un vortice in una vasca scendendo a spirale e uscendo attraverso il foro. Ma non è difficile capire il principio per cui si forma un foro nel centro del gorgo quando si è capito che il momento della quantità di moto si conserva. Ciò suggerisce che i princìpi di conservazione possono essere più che semplici modi particolari di applicare le leggi di Newton. In questo secolo il mondo ha assistito a una ri voluzione scientifica confrontabile, quanto ad ampiezza, alla rivoluzione scientifica che si produsse nel periodo da Copernico a Newton. Non crediamo più che le leggi di Newton siano una descrizione sufficiente e adeguata del modo in cui «funziona» realmente l'Universo. Le leggi di Newton sono un caso particolare, un'approssimazione di leggi più profonde e più esatte, note come leggi delIa meccanica quantistica. Ma è sorprendente che i tre princìpi di conservazione dell'energia, della quantità di moto e del momento della quantità di moto valgono anche nella meccanica quantistica. È importante ricordare che essi sono stati dedotti dalIe leggi di Newton, alle quali non viene più attribuita validità universale. Ma nella teoria più profonda e corretta di cui disponiamo, i princìpi di conservazione sopravvivono. Abbiamo svelato alcuni dei più profondi aspetti della natura: i tre princìpi di conservazione, che non dovranno mai essere abbandonati e su cui si potrà sempre fare affidamento.
Rgura 13.15 Fotografie di galassie che presentano una struttura appiattita (Fotografie del Palomar Observatory.)
,
Problemi
Momento di una forza e momento della quantità di moto 1. Un operaio, trqvando difficile svitare con una chiave un bullone ostinato, attacca una fune alla chiave come è indicato in (b) e tira la fune applicandogli la stessa forza di prima. Si confronti il momento della forza applicata con la fune con quello della forza applicata senza la fune. Come varia il momento della forza applicata se l'operaio fa passare la fune nella gola di una carrucola fissa, come è indicato in (c)? 2. Un punto materiale di 1,5 kg di massa ha la posizione e la velocità indicate, con r = 0,4 m e v = 3.0 m/s. Il modulo della forza che agisce su di esso è pari a 4,0 N. Usando come polo l'origine, si trovino (a) il momento della quantità di moto del punto materiale, (b) il momento della forza che agisce su di esso.
(,I
J(b) ~
~~._~"b
(c)
290
13. MOMENTO DELU\ QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOU\RE)
13. MOMENTO DELU\.QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOU\RE)
3. Su un punto materiale situato nella posizione r = (3i + 6} - 2k.), dove il modulo di r è misurato in metri, agisce una forza F uguale a (- 4i - 3} + 5k), dove il modulo di F è misurato in newton. Si trovi il momento, rispetto all'origine, della forza agente sul punto materiale. 4. In un certo sistema di coordinate, un punto materiale di 0,5 kg si trova in una posizione data dal vettore r = (3i - 2} + k), dove il modulo del vettore è misurato in metri, e si muove con una velocità v = (-Si + 31 - 2k), dove il modulo del vettore velocità è misurato in metri al secondo. (a) Si trovi il momento della quantità di moto di questo punto materiale rispetto all'origine del sistema di coordinate. (b) Si calcoli il momento della quantità di moto rispetto al punto (1, 1, 1).
.L ------+---~ v
o
.........
--~------
S. Un punto materiale di massa m si trova all'estremo di un'asta di massa trascurabile e lunghezza R. (a) Se in ogni istante l'asta, nel cadere, forma un angolo 9 con l'orizzontale, si calcoli il momento, rispetto a O, della forza che agisce sulla massa mentre questa cade. (b) Se la massa parte dalla posizione verticale (9 = re!2) con velocità iniziale v, si trovi il suo momento della quantità di moto rispetto a O in funzione di 9. 6. Due masse identiche, m, si muovono di moto rettilineo con velocità ve-v, rispettivamente, come è indicato nel disegno. (a) Si calcoli il momento della quantità di moto del sistema rispetto all'origine O. (b) In questo particolare problema, L è lo stesso rispetto a qualsiasi punto di riferimento, come si può controllare facilmente considerando alcuni casi semplici, come L rispetto a un punto situato sulla retta tratteggiata superiore. Si dimostri che il momento della quantità di moto di due punti materiali è indipendente dal punto di riferimento quando (come nel presente caso) è nulla la quantità di moto L: m;u; del sistema. 7. Un corpo di massa m, inizialmente in quiete, cade nel campo gravitazionale terrestre secondo la legge di Galileo, z = Zo - gt2• Le sue coordinate orizzontali
!
sono x = x o' y = O. (a) Si determinino il vettore posizione r e il vettore velocità v in questo caso. (b) Si trovi il vettore momento della quantità di moto, L, rispetto all'origine, in funzione del tempo. (c) Si trovi il vettore momento della forza, M, rispetto all'origine. (d) Si dimostri esplicitamente che M = dLldt e che il momento dell'impulso è uguale alla variazione del momento della quantità di moto. 8. Una particella di carica e che si muove con velocità v in un campo magnetico di induzione magnetica B è soggetta a una forza F = evo /\ B. Il campo è uniforme lungo l'asse z, B = Bok. (a) Per quale orientamento di v si conserva la quantità di moto p? (b) Se v = 31 + Sk e la particella si trova in r = 2i + 21, qual è il momento, rispetto all'origine, della forza agente sulla particella? (c) In un istante in cui la particella si trova in r = si, per quali orientamenti di v è dLldt= O? (d) Se la particella ha la posizione iniziale r = 3j e la velocità iniziale v = si, in quale piano essa si muove? Si dimostri che il moto si svolge in una traiettoria circolare di raggio mvl(eBo) in quel piano.
Conservazione del momento della quantità di moto 9. Si supponga che su un punto materiale agisca la forza F = -la, dove r è il raggio vettore uscente da una certa origine e k è una costante. Si conserva il momento della quantità di moto del punto materiale rispetto all'origine? Si spieghi perché.
10. Un punto materiale di massa m è fatto rotare in un cerchio di raggio r l con una velocità costante VI' Se il filo viene tirato in modo che il punto materiale si muova in un cerchio di raggio r2 , come è indicato, si trovino
--
_.....---......, f/~'2 -;"';'1/ ',.../ ...... _-- /"
(a) la velocità del punto materiale, (b) la velocità angolare del punto materiale. 11. Due corpi, le cui masse sono rispettivamente 2,0 kg e 3,0 kg, sono collegati da un'asta leggera e si muovono in un cerchio orizzontale, come è indicato. La velocità di ciascuno è I,S m/s: (a) Qual è il momento delle quantità di moto dei due corpi rispetto al centro? (b) Se l'asta si contrae uniformemente fino a ~ della sua lunghezza iniziale, la velocità dei due corpi varierà? Se varierà, di quanto? 12. Una massa m ruota a una distanza r l attorno un asse con una velocità angolare Wl' All'improvviso, la distanza dall'asse viene ridotta a mediante l'applicazione di una forza radiale orientata verso l'interno.
'2
(a) Qual è la nuova velocità angolare? (b) Di quanto aumenta l'energia cinetica? (c) Si dimostri che il risultato ottenuto nella parte (b) è la quantità di lavoro che viene compiuta dalla forza centrifuga durante la contrazione da r l a '2' 13. Un trenino si muove con coefficiente d'attrito fJ. su un binario fissato a una ruota di bicicletta orizzontale. La ruota gira attorno al suo asse verticale senza attrito. Inizialmente, il trenino e la ruota sono fermi. (a) Il trenino riceve una spinta orizzontale, che lo pone in movimento in senso orario. Si descriva il moto successivo del trenino e della ruota. (b) Se, dopo avere perduto metà della sua velocità iniziale, il trenino riceve una nuova spinta orizzontale, che lo fa arrestare all'improvviso mentre la ruota di bicicletta sta ancora girando, si descriva il moto successivo. Si trovi la relazione tra la velocità finale della ruota in questo caso e la velocità finale acquistata dalla ruota nella parte (a) quando il trenino non è stato colpito una seconda volta.
Forza e momento di una forza 14. (a) Si trovi il risultante della coppia di forze non-equilibrate -Fj, applicata nell'origine, e (F + t.F)j, applicata in xi. (b) Si dimostri che il punto di applicazione di questo risultante si muove assumendo valori di x crescenti al decrescere di M e in realtà si muove tendendo a x = 00 al tendere di M azero. (c) Al limite per M - O, rimane una coppia, -F e F. Si dimostri che -F e F potrebbero avere qualsiasi orientamento nel piano xy e tuttavia avere lo stesso momento.
Seconda legge di Keple,o (legge delle aree) 1S. Con riferimento all'orbita ellittica della figura 13.6, dove è massima la velocità del pianeta? Dove è minima la velocità? Quale conseguenza ha la seconda legge di Keplero per la velocità di un pianeta che si muove in un'orbita circolare? 16. Se la Terra ha una velocità di 29,8 krnls quando dista 1,49 . 108 km dal Sole, quale angolo forma il vettore velocità con il vettore posizione? (Si usino i dati dell'esempio 3 di questo capitolo.)
Vortici 17. Quale dipendenza ci si aspetta che abbia il raggio di un foro nel centro di un gorgo di dato momento della quantità di moto dalla resistenza del liquido alla trazione?
/ ................
I
_" \
hm=1 \,...... . .---/
291
292
13. MOMENTO DELLA QUANTITÀ DI MOTO (MOMENTO ANGOLARE)
18. Nel tentativo di trovare un meccanismo fisico capace di fare rotare i pianeti attorno al Sole, Cartesio (che operò prima di Newtèm) formulò una teoria dei vortici. In questo modello, l'Universo è pieno di materia. Il Sole è situato nel centro di un gorgo d'aria. La Terra e gli altri pianeti sono inclusi nella materia e quindi vengono fatti girare attorno al Sole dal moto vorticoso del mezzo circostante. In base a quanto abbiamo detto sui vortici, che difetti ha questo modello?
Conservazione del momento della quantità di moto e conservazione dell'energia 19. Le orbite di tutti i pianeti giacciono all'incirca nello stesso piano. Se i pianeti si fossero formati per condensazione di una nube di gas, perché ci attenderemmo questa disposizione? 20. Si supponga che due nubi di gas abbiano inizialmente lo stesso momento della quantità di moto, ma che una abbia una massa molto maggiore di quella dell'altra. Se queste nubi finiscono col formare galassie, quale formerà un disco con raggio maggiore? 21. In quale tipo di orbita, ellittica o circolare dello stesso momento della quantità di moto, un pianeta ha maggiore energia totale?
22. Un razzo lanciato dalla Terra con velocità Ur > 2GMT /R T fuggirà dalla Terra indipendentemente dalla direzione di lancio, come si è visto nella sezione 1004. Però, la quota massima raggiunta da un razzo lanciato con velocità v < Ur è tanto maggiore quanto più la direzione iniziale si avvicina alla verticale. Si dimostri questa affermazione disegnando la curva
U V", = 2mr 2
+ V(r)
per un lancio verticale con un'energia l E = "2 mv~ + V", < O disegnando V,rr per un lancio non-verticale con la stessa energia, e confrontando la distanza massima rmax nel primo caso con quella nel secondo. Sullo stesso diagramma, si dimostri che E > O assicura la fuga del razzo per qualsiasi direzione iniziale.
CAPITOLO 14.
DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI Se ogni elemento di un corpo viene moltiplicato per il quadrato della sua distanza dall'asse OA e se tutti questi prodotti vengono raccolti in un'unica somma e se questa è posta = Mkk, che io chiamo momento d'inerzia del corpo rispetto all'asse OA, allora il momento della forza necessaria per produrre l'accelerazione a sarà Mkk . a. Leonhard Euler, in Theoria Molus Corporum Solidorum seu Rigidorum (1765)
14.1
ROTAZIONE DI UN CORPO RIGIDO ATTORNO A UN ASSE FISSO
Il moto dei corpi è determinato dalle leggi di Newton. Però, l'applicazione particolareggiata di queste leggi a problemi reali come il moto della Terra sotto !'influenza di tutte le forze esercitate su di essa dal Sole, dalla Luna e dagli altri pianeti è assai complessa. Una delle principali difficoltà è il fatto che la Terra non ruota su se stessa attorno a un asse fisso nello spazio. Un'altra complicazione, che si manifesta nelle maree, è il fatto che la Terra non è perfettamente rigida. Affronteremo alcune di queste complicazioni a tempo debito, ma, per il momento, concentreremo l'attenzione sui corpi rigidi che ruotano attorno a un asse fisso. La rotazione di un volano, per esempio, avviene attorno a un asse fisso. Il rotolamento di una ruota lungo una traiettori::t rettilinea implica la rotazione attorno a un asse che, pur muovendosi nello spazio, conserva un orientamento fisso. Questi problemi sono relativamente semplici. Inoltre, abbiamo già osservato che il momento di una forza ha con la rotazione la stessa relazione che la forza ha con la traslazione; e, nel caso della rotazione ài un corpo rigido, troveremo alcune altre analogie tra le grandezze rotazionali e quelle traslazionali.
14.2 CENTRO DI MASSA DI UNA DISTRIBUZIONE CONTINUA DI MASSA
Prima di entrare nei particolari della rotazione di un corpo rigido, dobbiamo familiarizzarci con i metodi per localizzare il centro di massa di un corpo esteso. Come abbiamo visto nel capitolo Il, il centro di massa di un corpo esteso qualsiasi, rigido o no, svolge un ruolo fondamentale nella meccanica essendo il punto r in cui si applica la seconda legge di Newton nella forma semplice 293
294
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
m d
2
r
=
dt2
La massa dell'asta è
F est
Più avanti, nel corso di questo capitolo, troveremo che il modo migliore per analizza_ re un moto complicato in cui interviene la rotazione è quello di scomporre mentalmente il problema in un moto del centro di massa e in una rotazione attorno al centro di massa. Troveremo anche che nei problemi rotazionali interviene in modo piuttosto naturale una nuova grandezza detta momento d'inerzia, la quale vi svolge il ruolo dell'inerzia. H calcolo del momento d'inerzia somiglia strettamente alla determinazione del centro di massa. Perciò, ora rivolgeremo l'attenzione al centro di massa di una distribuzione continua di massa, generalizzando la trattazione iniziata nel capitolo Il.
Nell'equazione (11.8) abbiamo definito il centro di massa di un sistema di n masse positive mI> m 2 , ... , m n situate in punti discreti rl> f 2, ... , f n mediante la somma ponderata l n
r
= M
2:
J: m/ex) dx
e il centro di massa è situato in
x=
JC'o
l m;l
x = _1_ C'
Jo
m(l)
m x dx '
= _1_ m,l
(b) Se m,ex)
cF
m(x)
=
I:
m,
m/x') dx'
Jo
cx3 dx
=..i..
m,ex)
. e la funzione m, prende il nome di massa lineica (cioè la massa riferita alla lunghezza) . dell'asta. H numero m,ex) è la massa lineica nel punto x. L'integrale
cx2 dx
= t cF e
4
4
f dell'asta, verso l'estremo pesante.
=
JJmix , y) dx dy
s Per analogia con la (14.1), il centro di massa è il punto (X, y) le cui coordinate y sono determinate dalle equazioni
x_I - m(S)
JJ xmix , y) dx dy
xe
(14.2)
e
scritto anche nella forma
l'
y= x dm è detto momento statico o momento del primo
ordine dell'asta rispetto a O.oH centro di massa è il punto la cui coordinata x è
i'°
L'
s
J: xm,(x) dx
-x = -lm(l)
2
Se la massa è distribuita in tutta una regione piana, anziché su una linea, i concetti di massa e di centro di massa vengono definiti per mezzo di integrali doppi. Per esempio, consideriamo una lamina sottile avente la forma di una regione S. Supponiamo che la massa sia distribuita su questa lamina con una massa areica (massa riferita all'area) nota. Ciò significa che su S è definita una funzione nonnegativa mA tale che mix, y) sia la massa areica nel punto (x, y). La massa totale m(S) della lamina è definita dall'integrale doppio m(S)
dm
= .!.
= l!..
cl"
cF
Il centro di massa si trova a
allora
--;J;" =
2
=cx2, la massa è m(l) =
i- I
Quando si ha a che fare con un sistema la cui massa totale è distribuita lungo tutti i punti di un intervallo o in tutta una regione del piano, anziché in un numero finito di punti discreti, i concetti di massa e di centro di massa vengono definiti per mezzo di integrali anziché di somme. Per esempio, consideriamo un'asta di lunghezza l costituita da una sostanza di massa volumica (densità) variabile. Collochiamo l'asta lungo il semiasse x positivo, con un estremo nell'origine, e denotiamo con m(x) la massa di quella parte dell'asta che è compresa tra O e x. Se esiste una funzione continua tale che
m, [2
Il centro di massa è situato nel centro dell'asta, come previsto.
x =..i.. C'
2: mi è la massa totale del sistema.
m, (x) dx
(a) Se m,ex) = m, (una costante), allora la massa è m(l) = mJ e
(11.8)
miri
1=1
dove M =
m(l) =
xm,(x) dx
(14.1)
Questa forma è analoga alla (11.8), tranne che ora le somme sono sostituite da integrali.
_1_ JJymix , y) dx dy m(S) s
(14.2)
Per capire queste definizioni è necessario conoscere il concetto di integrale doppio. Per le applicazioni che ci proponiamo, gli integrali doppi possono essere espressi per mezzo degli integrali unidimensionali ordinari che abbiamo introdotto nel capitolo 3. In particolare, supponiamo che la regione S sia costituita da tutti i punti (x, y) compresi tra due curve, y = gt(x) e y = g;Cx), con a S;; x S;; b, come è indicato nella figura 14.1. Quindi un integrale della forma
JJF(x, y) dx dy s
Esempio 1 Un'asta di lunghezza l ha una massa lineica m/x). Si localizzi il centro di massa se (a) m,ex) = m, = cost. (Tale asta è detta uniforme.) (b) m/x) = cx2 , dove c è una costante.
è definito nel modo seguente:
JJF(x, y) dx dy = s
1: (J:::::
F(x, y) dY) dx
(14.4)
295
296
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
y
y
Cl' i
Si trovi il centro di massa di un disco semicircolare D di raggio R e massa areica mA costante. Quando D viene collocato come è indicato nella figura, esso è compreso tra le due curve
bI
I
Figura 14.1
La sua massa è
Regione di integrazione S.
m(D)
F(x, y) dy
g2(X)
y = VR2 - X2
e
y=O
_x
Il secondo membro dell'equazione (14.4) deve essere interpretato come segue. Prima calcoliamo !'integrale uni dimensionale
I
/y=";R' _x 2
Esempio 3
l
y=g,(x)
I
II f
mAdxdy=
=
R -R
ji= m(D) l
in cui x è mantenuta fissa e F(x, y) è considerata una funzione di y, integrata tra y = gl(X) e y = gix). Il risultato di questa prima integrazione è un numero che dipende da X; quindi, è una funzione di x che poi integriamo tra x = a e x = b per ottenere l'integrale doppio. Questa definizione è illustrata nell'esempio seguente.
x2
.~
(x,
II
ji) abbiamo
S; R)
m dY) dx
1
mA vR2 - X2 dx = mi area di D) =
mrcR2 -T-
x = O, per ragioni di simmetria, e
mAy dx dy
-lfR(I~ -R o
- m(D)
_
2
A
Una lamina a forma di triangolo isoscele ha massa areica mA costante e altezza h, come è indicato nella figura. Si trovi il suo centro di massa.
r (J:R2_
x
D
- m rcR2
Esempio 2
(- R S;
-R
D
Per il centro di massa
g,(x)
2
fR
-R
Tm
2mA R3
= m rcR2 --3A
)
mAy dy dx
(R2 - X2) dx
4R
=
3it
y
I. •
~I<"""=
x
Collochiamo il triangolo con l'asse di simmetria lungo l'asse x e un vertice nell'origine. I due lati uguali del triangolo hanno coefficienti angolari c e - c e la regione triangolare S è costituita da tutti i punti compresi tra le due curve, y
= -cx
e
(O S; x S; h)
y= cx
Quindi, la massa della lamina è m(S)
297
=
I[
mA dx dy
=
I: (J:
mA dY) dx
=
I:
Numerose proprietà del centro di massa furono scoperte da Pappo di Alessandria, che visse attorno al 300 a.C. e che fu uno degli ultimi geometri della scuola alessandrina della matematica greca. Ricordiamo qui due dei suoi teoremi, che spesso ci permettono di determinare il centro di massa senza ricorrere all'integrazione. Un teorema stabilisce che il centro di massa di una regione uniforme (massa areica costante) giace su una retta che è un asse di simmetria di questa regione. Un altro teorema di Pappo stabilisce che una regione C che è l'unione di due regioni non sovrapposte A e B ha il suo centro di massa sulla congiungente il centro di massa di A e il centro di massa di B. Per illustrare l'applicazione di questi teoremi, consideriamo due esempi illustrati nelle figure 14.2 e 14.3. Nella figura 14.2, un'asta uniforme C è stata piegata nel centro a formare un angolo. La retta tratteggiata verticale è un asse di simmetria e
2mAcx dx = mAch2
La coordinata x (ascissa) del centro di massa è
x = m~s)
II s
mAx dx dy
=
mA~h2
I:
mAx
(J:
= __1_ fh 2mAcx2 dx = __1_ 2m 4 ch 3 = J:!!.. mAch2 Jo mAch2 3 3 Lo stesso calcolo per ji dà ji = O, poiché
I:
I --+--~.
dY)dx
I I
A
I
I
B'
I
I I
y dy = O. Questo risultato era prevedi-
bile, poiché il centro di massa dovrebbe giacere sull'asse di simmetria.
Figura 14.2 di Pappo.
Determinazione del centro di massa di un'asta piegata, mediante i due teoremi
l.
t
x
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
298
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
quindi, per il primo teorema di Pappo, il centro di massa di C giace su que~ta retta. La parte di sinistra A ha il centro di massa nel centro geometrico a, mentre la parte di destra B ha il centro di massa nel centro geometrico b. Perciò, per il secondo teorema di Pappo il centro di massa dell'intera asta C giace sulla retta tratteggiata orizzontale congiungente a e b. Quindi, il centro di massa di C giace nell'intersezione delle due rette tratteggiate, come è indicato. Nella figura 14.3 usiamo di nuovo i teoremi di Pappo per determinare il centro di massa di una regione C a forma di L, che ha massa areica costante ma è priva di un asse di simmetria. Dividiamo questa regione nell'unione di due rettangoli in due modi diversi, come è indicato nella figura. Per il primo teorema di Pappo, il centro di massa di ciascun rettangolo coincide con il suo centro geometrico. Tracciamo una retta passante per i centri a e b di A e B e ne tracciamo un'altra passante per i centri a' e b' di A' e B', come è indicato nella figura. La loro intersezione c è il centro di massa dl c.
0-
c
----l B
f3-~:;"~ l b'
~?-
___ b
B'
-;::;?""c A'
Figura 14.3 Determinazione del centro di massa di una regione a forma di L mediante i due teoremi di Pappo. Gli esempi precedenti illustrano che il centro di massa di un corpo potrebbe cadere all'esterno del corpo. Un esempio sorprendente di questo fenomeno e dell'uso della determinazione del centro di massa per analizzare moti complessi di corpi estesi è offerto dal salto con l'asta dell'esempio seguente. (A rigore, è il centro di gravità che interviene in questo caso, ma, come si è notato nella sezione 11.3, esso coincide con il centro di massa nel caso dei corpi ordinari sulla superficie terrestre.)
Esempio 4
Ma è importante notare che la h che abbiamo calcolato non è l'altezza dell'asticella sopra il suolo, bensì è l'altezza a cui è stato sollevato il centro di gravità dell'astista. Infatti, è il suo centro di gravità r il punto su cui agisce la forza di gravità nell'equazione (10.24): !lU = - I F . dr. Se si tiene conto del fatto che il centro di gravità dell'astista si trova a un'altezza sopra il suolo di almeno 0,9 m nella sua posizione verticale iniziale, esso può venire sollevato di certo a un'altezza prossima ai 6 m sopra il suolo del nostro salto ideale. altezza massima del centro di gravità
tI h
-!
altezza iniziale del centro di gra_v_i_ta_'_ _-,t,,"J---,,~ _ __
Inoltre, come si può vedere nella figura, gran parte del corpo dell'astista penzola al disotto dell'asticella alla sommità del salto. Come nella figura 14.2, il centro di gravità dell'astista può trovarsi fuori del corpo in questa posizione ripiegata, e può accadere persino che il centro di gravità passi lievemente sotto l'asticella mentre l'astista passa sopra! Perciò, il massimo teorico per un salto con l'asta da parte un astista capace di prendere la rincorsa a lO rnls è superiore a 6 m. Il salto con l'asta è un evento molto complesso e si possono immaginare altri modi in cui un abile astista riesce ad aumentare l'altezza del proprio salto. Far passare il proprio centro di gravità sotto l'asticella è una strategia utile anche nel salto in alto. La moderna tecnica Fosbury flop di salto a ritroso, con le braccia e le gambe piegate verso il basso, è più efficace di altre tecniche più vecchie, come lo straddle style (scavalcamento ventrale o stile Orine), in cuii! saltatore supera l'asticella con il corpo parallelo a essa.
t '~""fu,
H-~,
14.3 MOMENTO D'INERZIA Torniamo ora all'argomento principale di questo capitolo, la rotazione di un corpo rigido. Consideriamo un corpo rigido rotante attorno a un asse fisso, che assumiamo come asse z, con velocità angolare 00. Un punto materiale di massa mi' situato a una distanza ri dall'asse z e rotante con velocità Vi .attorno a esso, ha un momento della quantità di moto
Fino a che altezza può saltare un astista se è capace di prendere la rincorsa alla velocità elevata di lO m!s e di convertire tutta la sua energia cinetica in energia potenziale con l'aiuto di un'asta di fiberglass? L'energia cinetica iniziale! mrJl si converte, nel punto più alto del salto, in un
rispetto a un punto dell'asse (figura 14.4). Poiché v.. = all'asse, possiamo seri vere
aumento !lU = mgh dell'energia potenziale gravitazionale:
Li
2
Imv = mgh
Li
r;(mivi)
mirO)
(14.5) 00'..
per la rotazione attorno (14.6)
Risolvendo rispetto a h, troviamo che
Sommando rispetto a tutti i punti materiali che costituiscono il corpo, troviamo il momento della quantità di moto del corpo rispetto all'asse di rotazione:
h = rJll2g = (IO m!s)2!(2 . 9,8 m!s2) = 5,1 m
L
un valore molto inferiore al primato mondiale del 1985. di circa 6 m.
L mjrr w
(14.7)
poiché in un corpo rigido tutti i punti materiali hanno la stessa velocità angolare
00.
299.
300
14. DINAMICA DELLA ROTALIUNI:. UI:.I vUti ...1 till.:ilUI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI Vi=wri
p
~
mi
rì
(a) L'accelerazione lineare della massa è legata alla tensione T nel filo dalla relazione
Figura 14.4 Moto circolare di un punto materiale attorno a un asse normale al piano del foglio e passante per il punto P.
ma=mg-T Il coefficiente di m nell'equazione (14.7) viene denotato con il simbolo I:
2: m/i
/ =
La tensione T esercita un momento Tr sul sistema asse-volano, la cui accelerazione angolare è determinata dall'equazione dinamica (14.8)
- Tr = la
Esiste un'analogia esatta tra la relazione
l
L= /w
J
Poiché a = a. r, abbiamo due equazioni che pongono in relazione a. con T. Eliminando T, otteniamo (14.9)
e la relazione p = mv: il momento della quantità di moto L è l'analogo rotazionale della quantità di moto p, la velocità angolare m è l'analogo della velocità v, e I svolge un ruolo analogo a quello della massa m. Applicando la legge M = dL/dt alla rotazione attorno all'asse z, otteniamo
M
=
d dt
(1m)
=
la.
(14.10)
dove =
di
(14.11)
è l'accelerazione angolare attorno all'asse z. Anche in questo caso esiste un'analogia esatta con la legge dinamica F = ma per il moto lineare: il momento della forza M, l'accelerazione angolare a. e I sono gli analoghi rotazionali della forza F, dell'accelerazione a e della massa m, rispettivamente. La grandezza 1= "2,m// è detta momento d'inerzia. Nel linguaggio corrente, inerzia significa resistenza al cambiamento. Dall'equazione (14.10) vediamo che I si oppone all'accelerazione angolare dovuta al momento della forza esattamente come, in F = ma, m si oppone all'accelerazione dovuta alla forza. Sia I sia m sono grandezze inerziali. Il termine momento deriva dal fatto che, nella definizione di I, la massa di ciascun punto materiale è moltiplicata per (o «ponderata» mediante) il quadrato della sua distanza dall'asse di rotazione. Esattamente come la grandezza "2.mri che compare nel centro di massa è detta momento del primo ordine, la grandezza "2,m/l è detta momento del secondo ordine. La ponderazione rende l'inerzia rotazionale dipendente sia dalla massa sia dalla distribuzione.
la r
mg
e quindi l'accelerazione angolare è mgr a=---
+I
mr2
In altre parole, l'accelerazione angolare è espressa sotto forma di rapporto tra momento di una forza e momemto d'inerzia e sia la massa sospesa sia il sistema asse-volano contribuiscono ali 'inerzia. (b) L'accelerazione angolare è costante. Integrando, troviamo, in completa analogia con l'accelerazione lineare costante, che la veloCità angolare m e l'angolo e sono legati dalle relazioni
al +
w dw
a
filar
Wo
e
e=
Ial" +
Wol
+ eo
Il primo giro è completato quando e = 21t. Se assumiamo eo = mo = O, l'intervallo di tempo impiegato per compiere il primo giro è Il
=
j~ j:~ =
che implica
,mgr
1= - mr-
+-
=
mgrtf -mr2 + __
a Quando ti = l s, abbiamo che a.
4~
=
41t e quindi 1= 0,003 kg m2.
È importante capire chiaramente l'esatto significato di I. La grandezza r che i compare nella sua definizione è la distanza dell'i-esimo punto materiale dall'asse di rotazione,
+ yf)1!2
Esempio 5
rj = (XT
Un volano (disco rotante) è fissato a un asse orizzontale di raggio r = 2 cm, come è indicato nella figura. Sull'asse è avvolto strettamente un filo. Una massa m = 2 kg viene attaccata al filo e lasciata scendere. (a) Si trovi un'espressione per l'accelerazione angolare del volano. (b) Se il volano compie il primo giro in l s, si trovi il momento d'inerzia totale I del volano e dell'asse attorno alloro asse di rotazione.
(come è indicato nella figura 14.5), non la sua distanza dall'origine, che sarebbe
(4 +
yf
+
ZT)1I2
Poiché ri è la distanza dall'asse di rotazione, il valore numerico di I dipende dall'asse prescelto. Per esempio, consideriamo un disco cilindrico giacente nel piano orizzontale. Il suo I rispetto all'asse verticale passante per il suo centro differisce dal
301
302
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
Se tutti i punti materiali sono alla stessa distanza ri = r dall'asse, allora T,
I I
. . ).. . . . . .
I
'y
(Xi'Yi> O)
Distanza ri dall'asse di rotazione (l'asse z, in questo esempio).
Figura 14.5
suo I rispetto a un asse verticale non passante per il centro. E ha ancora un altro valore rispetto a un asse orizzontale passante, per esempio, per il suo centro. La grandezza
"ii
=
" mrt _L._,_,
2:
mi = mr2
dove m è la massa totale del sistema. In questo caso particolare, il raggio d'inerzia p è uguale a r, ma in generale p è compreso tra ri massima e ri minima. Nel caso di un sistema la cui massa totale è distribuita lungo una linea o in tutta una certa regione piana o in tutto un certo corpo solido nello spazio, anziché in un numero finito di punti discreti, il momento d'inerzia è definito mediante un integrale, anziché mediante una somma. Il tipo di integrale dipende dal tipo di corpo, ma è sempre determinato con lo stesso procedimento. Il corpo viene suddiviso in un grande numero n di masserelle tJ.ml' ... , tJ.m n• Ogni masserella tJ.m i viene trattata come se fosse un punto materiale con il centro di massa a una distanza Ti dall'asse dato. Secondo la (14.8), il momento d'inerzia di questo sistema è la somma
2:" Tr tJ.m;
i= I
(14.12)
mi
è un tipo particolare di valore medio del quadrato di tutte le distanze dei punti materiali dall'asse di rotazione. Vediamo che il momento d'inerzia è uguale al prodotto di questo valore medio per la massa totale m del corpo. La grandezza
p=j =ff
(14.13)
che ha le dimensioni fisiche di una lunghezza ed è detta raggio d'inerzia o raggio di girazione o giratore, rappresenta la distanza dall'asse di rotazione alla quale un punto materiale di massa m produrrebbe un momento d'inerzia uguale a quello del corpo.
14.4 CALCOLO DEL MOMENTO D'INERZIA
Il momento d'inerzia è un numero associato a un corpo e a un determinato asse attorno a cui il corpo potrebbe essere fatto rotare. Nel caso più semplice, quello di un punto materiale di massa m a una distanza r dall'asse, il momento d'inerzia è, per definizione, , l = mr2 il prodotto della massa per il quadrato della distanza dall'asse. Il momento d'inerzia (rispetto a un determinato asse) di un sistema di n punti materiali è la somma dei momenti d'inerzia dei singoli punti materiali (figura 14.6): n
2:
i
i .. 1
II
-----l
il
=
(Xi'Yi' Zi)
(14.8)
mir'f
i=l
asse
Jcorpo r
1=
2
dm
(14.14)
Per illustrare come 'si deve interpretare e calcolare un integrale del genere, consideriamo alcuni semplici esempi.
Esempio 6 (a) Si esprima sotto forma di integrale il momento d'inerzia di un'asta di data massa lineica e di lunghezza l rispetto a un asse arbitrario perpendicolare all'asta. (b) Si calcoli l'integrale quando l'asta è uniforme (con massa lineica costante mi) e l'asse passa per il centro dell'asta. (a) Collochiamo l'asta lungo il semiasse x positivo con un estremo in x = O e l'altro estremo in x = l, e supponiamo che l'asse di rotazione passi per il punto x = a. Se m(x) denota la massa del tratto di asta compreso tra O e x, la massa lineica m/ix) in x è la derivata mi (x)
dm
= (iX
Dividiamo l'asta in n tratti di lunghezze tJ.x 1, è
••• ,
tJ.x•. La massa tJ.m i dell'i-esimo tratto
tJ.m i = mu tJ.x;
dove mu è il rapporto l!.m/tJ.xi • Se il centro di massa dell'i-esimo tratto si trova in Xi' il momento d'inerzia di questo sistema di n masserelle è, secondo la (14.8),
mI
asse
Quando il numero n delle masserelle tende all'infinito e la massa tJ.m i di ciascuna masserella tende a zero, la somma tende a un valore limite che esprimiamo simbolicamente in notazione integrale nel modo seguente:
i
tJ.m;(xi - a)2 =
i-l
i
{Xi - a)2 mu tJ.xi
i- l
asse
.m,
I punto materiale, mil Figura 14.6
6 punti 2 materiali,.Z
,- l
m/I = 3m 1rf+ 3m2~
Momento d'inerzia rispetto a un asse.
tLlX;{massa = /).m i = mli/J.xi x=Q
x~
Ix,
. UI~=X;
r-x x-I
303
304
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
Quando la lunihezza delle masserelle tende a zero e il numero n tende all'infinito, la somma viene sostituita con !'integrale 1=
f:
(x - a)2 ml(x) dx
(b) Quando a =
! I e la massa lineica è costante, ml(x) = mI' l'integrale diventa
Il teorema del terzo asse offre talvolta una scorciatoia utile per trovare il momento d'inerzia di una lamina, cioè di un corpo piatto sottile di spessore e massa areica uniformi, come quello che si ottiene ritagliando una figura da un foglio di cartone. Collochiamo la lamina nel piano xy. Se la lamina è costituita da un sistema finito di punti materiali, abbiamo =
2: m Y7 (momento d'inerzia rispetto all'asse x)
Iy =
2: mixf (momento d'inerzia rispetto all'asse y)
Ix I
= J.oI (x -"21)2
mI dx
= mI 1fV2
X2 dx
112
= mI
i
{J
12
2
= mi ~ _ ml I 12-12 dove m = mI I è la massa dell'asta.
e
[Normalmente, Ix = 2: m;Cyl + zl), ma, per una lamina abbastanza sottile, posta nel piano xy, zl è così piccolo che può essere trascurato. Analogamente, può essere trascurato in Iy'l Sommando le due equazioni per Ix e I y , otteniamo
Ix + Iy =
asse
~~ ~TD
Esempio 7 Si calcoli il momento d'inerzia di un volano rotante di raggio R {:massa areica costante mA rispetto al suo asse di rotazione. Sia D lo spessore del volano. Questa volta dividiamo la regione in masserelle disposte in anelli concentrici sottili attorno all'asse. Troviamo il momento d'inerzia delle masserelle comprese in ciascun anello e poi sommiamo rispetto a tutti gli anelli per ottenere il momento d'inerzia totale. Ogni anello sottile può essere considerato come un sistema di n punti materiali, situati tutti alla stessa distanza r dall'asse. Una masserella tipica situata a una distanza r ha un volume M Mi D, come è indicato nella figura, e quindi la sua massa è
L m;Cxf + yf) = L mi?;
dove rl = xl + yl, come è indicato nella figura 14.7. Ma l'ultima somma è il momento d'inerzia del sistema rispetto all'asse z(perpendicolare al piano della lamina). Perciò, otteniamo il teorema del terzo asse, secondo il quale, per una lamina di forma arbitraria, vale la relazione
Ix + Iy = I,
La massa totale m(r) dell'anello sottile è
= mAD M
i:
Mi
= mAD M
21tr
i- l
asse
(14.15)
se gli assi x e y giacciono nel piano della lamina. È importante notare che l'equazione (14.15) non vale per i corpi spessi o non-piani.
Esempio 8 Si calcoli il momento d'inerzia di un disco circolare uniforme sottile rispetto a un asse trasversale passante per il suo centro (cioè, rispetto a un asse giacente nel piano del disco). Nell'esempio 7 abbiamo visto che il momento d'inerzia del disco rispetto all'asse z è I, = mR2. In virtù della simmetria circolare del disco, il momento d'inerzia è lo stesso rispetto a ogni asse giacente nel piano del disco e passante per il centro. In particolare, Ix = Iy' e quindi il teorema del terzo asse (14.15) implica che
!
!!.li D
Ix
=
!I, i mR2 =
I momenti d'inerzia di vari corpi uniformi sono elencati nella tabella 14.1. e quindi il momento d'inerzia del sistema in ciascun anello è m(r)r2 = 21tmADr3 6.R
14.5 TEOREMA DI HUYGENS-STEINER (TEOREMA DEL TRASPORTO)
Sommando rispetto a tutti gli anelli e ponendo M-O, otteniamo l'integrale 1= f21tmADrl dr =
~
1tmADR4
Poiché mAD1tR2 = m, la massa del volano, troviamo che I = ~mR2
Il numero positivo p, tale che I = mp2, è il raggio d'inerzia. In questo caso, troviamo che p = YT7iii = RIV2 .
k r;
mADMMi •
m(r)
305
Spesso conosciamo il momento d'inerzia di un corpo rispetto a un asse passante per il centro di massa, come nella tabella 14.1, e vogliamo trovarlo rispetto a un altro asse parallelo al primo. A prima vista, questo calcolo può apparire complicato, ma in realtà la risposta può essere scritta immediatamente con l'aiuto del teorema di Huygens-Steiner (o teorema del trasporto), che ora dimostreremo. La figura 14.8 rappresenta una sezione condotta attraverso il corpo rigido di cui vogliamo calcolare il momento d'inerzia. L'asse di rotazione, che è perpendicolare al piano della figura, fora questo piano nel punto P, e C è il punto in cui questo piano è forato da un asse passante per il centro di massa e parallelo all'asse di rotazione. La distanza tra P e C è r; per comodità, scegliamo l'asse x in modo che passi sia per P sia per C. Il momento d'inerzia de! corpo rispetto all'asse passante per P è
Xi
/massami x
Figura 14.7 Distanza della massa mj dall'asse z.
306
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
lp = 2,mirf In base alla figura 14.8, il teorema del coseno (o teorema di Camot) dà
rf
=
r;Z + ,:z. + 2rr; cos Oi
e abbiamo che ri cos 0i = Quindi
2, mir;2 + 2,
lp
(14.16)
xi, la coordinata x (ascissa) di mi rispetto al centro di massa.
mir 2 + 2r
2, mi X ;
(14.17)
momento d'inerzia calcolato. rispetto a un asse passante per il centro di massa è sempre minore di quello calcolato rispetto a qualsiasi altro asse parallelo al primo. Possiamo riscoprire il teorema di Huygens-Steiner per un'asta usando il risultato dell'esempio 6, in cui abbiamo dimostrato che il momento d'inerzia la di un'asta rispetto a un punto qualsiasi a dell'asta è l'integrale la =
rj
dx
J:
x2mJ(x) dx - 2a
J:
xm/(x)
dx + a2
J:
mJ(x)
dx
mi
Il primo integrale che compare nel secondo membro è lo, il momento d'inerzia rispetto all'estremo sinistro (dove a = O). Il secondo integrale è e il terzo integrale è m, dove è il centro di massa e m è la massa totale dell'asta. Perciò,
xm,
x
rj
, fii
o<
(x - a)2 m/(x)
dove m/(x) è la massa Iineica dell'asta. Poiché (x - a)2 = X2 - 2ax + al, abbiamo la =
massa
J:
la = lo - 2ciXm + a2m • x
('
Analogamente, per un asse parallelo passante per qualsiasi altro punto c, abbiamo le = lo - 2cXm + c2m
Figura 14.8 Teorema di Huygens-Steiner. Sottraendo le da la' otteniamo
!L
La prima somma che compare nel secondo membro è le' momento d'inerzia rispetto al centro di massa; la seconda è m, la massa del corpo, moltiplicata per r2, il quadrato della distanza tra f due assi paralleli. L'ultima somma è nulla, poiché 2: m?'i/m rappresenta la distanza della componente x del centro di massa da C, la quale è nulla. Otteniamo così il teorema di Huygens-Steiner o teorema del trasporto (dei momenti d'inerzia):
(14.18)
Ip = le + mr2
Il teorema di Huygens-Steiner è molto utile per determinare i momenti d'inerzia rispetto ad assi che attraversano il corpo ma non passano per il suo centro di massa, o persino rispetto ad assi che non attraversano il corpo. È importante notare che il
la - le = (al - c2)m - 2xm(a - c)
Se c viene collocato nel centro di massa, cosicché la - le = (a 2 - 2ac + c2)m, ossia la = le + m(a -
x = c, l'ultima equazione diventa
C)2
che è, ancora una volta, il teorema di Huygens-Steiner. Nel caso di un'asta uniforme (massa lineica costante), possiamo trovare lo assumendo a = Onell'integrale precedente, oppure possiamo usare il teorema di Huygens-Steiner con c =
1-/, le = -rr m[2,
ottenendo
12l
(1)2 2 =-mP 3l
10=-m[2+m - /
Tabella 14.1 Momenti d'inerzia di corpi uniformi l
Asse
Corpo
asse perpendicolare passante per il centro
asta (lunghezza l)
2
Si trovi il momento d'inerzia di un disco di raggio R, sospeso con un fIlo di lunghezza 1- R, rispetto a un asse passante per il punto di sospensione P e perpendicolare al disco. Come abbiamo trovato nell'esempio 7, il momento d'inerzia del disco rispetto a un asse trasversale passante per il suo centro è le = mR2. Per il teorema di Huygens-Steiner, il momento d'inerzia rispetto all'asse passante per P è
J.. mr2
Ip
..L
mP
12
anello sottile (raggio
r)
cilindro circolare
disco sottile
asse perpendicolare passante per il centro
mr2
asse del cilindro
J.. mr2
asse trasversale passante per il centro
4
sfera piena
qualunque asse passante per il centro
Esempio 9
!
= +mR2 + m[2
2mr2 5
14.6 strato sferico sottile
qualunque asse passante per il centro
2mr2 3
lamina rettangolare (lunghezza a, altezza b)
asse perpendicolare alla lamina e passante per il centro
L'energia cinetica di qualsiasi corpo in movimento è la somma delle energie cinetiche dei punti materiali che costituiscono il corpo:
..L m (a2 + b2) 12
ENERGIA E LAVORO NELLA ROTAZIONE DI UN CORPO RIGIDO
K
" = 2"I ~
2
mjlfì
(14.19)
/-R
307
308
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
Nel caso di un corpo rigido rotante con velocità angolare ro attorno a un asse, abbiamo Vi = rorp dove ri è la distanza dell'i-esimo punto materiale da quell'asse; quindi, K =
~
L m r;w 2
W12 = /
j
Ma 2: mir? è semplicemente il momento d'inerzia rispetto all'asse di rotazione; quindi,
I
~/w2 I
K =
(14.20)
'f
W 2
w dw
l
l
'2 /w~ - '2/wy
(14.26)
Wl
Il secondo membro dell'equazione (14.26) è semplicemente la variazione dell'energia cinetica e quindi il lavoro compiuto nello spostamento rotatorio dalla configurazione l alla 2 è uguale alla variazione dell'energia cinetica, proprio come nel caso del moto lineare di un punto materiale.
t
mv 2, con I che prende ancora una volta il posto della massa, e ro quello di v. Il lavoro W compiuto da una forza costante F che sposta un corpo di uno spazio s in una direzione parallela alla forza stessa è È importante notare l'analogia con K =
w=
Poiché I è costante per un corpo rigido, il lavoro compiuto nel passare dalla configurazione angolare l a quella 2 è
(14.21)
Fs
Consideriamo ora il caso in cui la forza genera un momento rispetto a un asse di un corpo rigido. Per esempio, il peso sospeso della figura 14.9 fornisce un momento costante FR rispetto all'asse centrale del disco. Quando il disco ruota di un angolo S, il peso discende percorrendo uno spazio s = Re. Il lavoro compiuto può essere espresso per mezzo del momento della forza e dell'angolo mediante la relazione (14.22)
W = Fs = FRe = Me
14.7
ANALOGIE TRA IL MOTO ROTATORIO E IL MOTO TRASLATORIO
Abbiamo sottolineato più volte il parallelismo generale tra le leggi del moto quali si applicano alla traslazione (moto non-rotatorio) e alla rotazione. Le analogie riguardano sia le grandezze usate per descrivere i vari moti sia le leggi generali che li governano. Queste analogie sono elencate sistematicamente nella tabella 14.2. Occorre tenere presente che le leggi dinamiche della rotazione non sono indipendenti dalle leggi di Newton; esse vengono dedotte dall'equazione F = dpldt. Esistono altre analogie per le leggi speciali per vari tipi particolari di moto. Alcune di esse sono elencate nella tabella 14.3. Tabella 14.2 Analogia fra traslazione e rotazione Grandezze corrispondenti Grandezza
I
Figura
14.9
.,.
~\
f
.Lavoro compiuto da una forza costante.
F ds =
f
FR de =
f
M de
f
= M
~ di =
f
e
(14.23)
dx
V-di
accelerazione
a=di
dv
m
1=2. m,z
F
M=rÀ F
quantità di moto
p= mv
impulso
f
lavoro potenza
per la potenza spesa nel moto rotatorio. Si dovrebbe confrontare questa formula con la formula Fv per la potenza associata al moto lineare. La relazione dinamica (14.10), M = d(Iro)/dt, può essere introdotta nell'equazione (12.24) per ottenere ancora un'altra formula per il lavoro,
impulso
f ro
d(lro) .
f
Fdl
À
p
Mdi
Traslazione
Rotazione
F = dp di
M=dL di
W=
(14.25)
d(Iro) ro di = di
L= r
(14.24)
di
f
dro
a=dI
forza
seconda legge di Newton
W=
da
dI
Leggi generali
e applicando il primo teorema fondamentale del calcolo infinitesimale, troviamo dWldl = Mro. Ma, ricordando che la definizione generale di potenza è P = dWldl, otteniamo la formula p = dW = Mro
ro-
inerzia
Legge
Mro di
x
velocità
Riscrivendo l'equazione (14.23) nella forma W
Rotazione
spostamento
Nel caso più generale, in cui la forza è variabile in modulo, ma è ancora parallela allo spostamento, l'equazione (14.22) deve essere sostituita con un integrale W=
Traslazione
14.8
f
Fdx
p= dW =Fv di
f
Fdl=dp
w=
f
Mda
p= (fI=Mro dW
f
Mdt=dL
IL PENDOLO COMPOSTO
Abbiamo già studiato dal punto di vista delle forze il pendolo semplice o pendolo matematico, cioè una masserella sospesa mediante un filo o un'asta inestensibile, di
309
310
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
mg
Figura 14.10 Pendolo composto (o péndolo fisico).
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
massa trascurabile. Usiamo ora il momento di una forza per analizzare il più generale caso del pendolo composto o pendolo fisico, definito come un corpo rigido di forma arbitraria, sospeso come nella figura 14.10 e oscillante attorno a un asse orizzontale fisso passante per O, sotto l'azione della forza di gravità. Il concetto di momento d'inerzia scaturi per la prima volta in relazione a questo problema, che fu risolto da Christian Huygens, insieme a molti altri problemi dinamici attinenti alla costruzione degli orologi, nell'opera Horologium Oscillatorium, pubblicata nel 1673 e diventata un classico. Nella figura 14.10, la forza di gravità agisce attraverso il centro di massa C, esercitando un momento rispetto a O quando C viene spostato di un angolo Gdalla posizione di equilibrio. Se D è la distanza tra O e C, il momento della forza di gravità rispetto a O è mgD sin G. Applicando la legge dinamica della rotazione di un corpo rigido, M = l cf2eldt2 [equazione (14.10)], otteniamo d 2e I dr"
= - mgD
sin
e
d e dr 2
mgDe
(14.28)
--,-
Questa equazione descrive il moto armonico semplice con pulsazione (o frequenza angolare) UlO =
j
T
= 2"11"
j
D
~+-g mgD
(14.31)
Nel caso particolare del pendolo semplice, tutta la massa è concentrata nel centro di massa (le = O) e quindi il momento d'inerzia rispetto al punto di sospensione è semplicemente mD2 e il periodo è T = 2rcVi51i, come abbiamo trovato nel capitolo 12. Ogni distribuzione di massa lontana dal centro fa aumentare l'inerzia associata al moto rotatorio e allunga il periodo.
(14.27)
dove l è il momento d'inerzia del pendolo composto rispetto a O. Come nel caso del pendolo semplice, questa equazione non è quella del moto armonico semplice, ma lo diventa nell'approssimazione per i piccoli angoli sin G", G, da cui otteniamo 2
Secondo il teorema di Huygens-Steiner [equazione (14.18)], l = le + mD2, dove le è il momento d'inerzia del corpo rigido rispetto al suo centro di massa. Perciò, il periodo può essere scritto nella forma
mgD
(14.29)
-/-
e periodo
T = 2"11"jmgD I
o
Esempio 10 Il pendolo di un orOlogio a pendolo è costituito da un disco di bronzo (detto lente) di massa m e raggio R, attaccato al punto di sospensione O per mezzo di un'asta di legno di lunghezza D = IOR, di cui trascureremo il peso. Si trovi D tale che il semiperiodo 4T (l'intervallo di tempo tra un «tic» e il successivo «tac») sia esattamente I s. Nel caso di un pendolo semplice, T = 2rcVi51i, e si ottiene un semiperiodo di l s scegliendo D = g(TI2rc)2 = 0,994 m. Per trovare la correzione per tenere conto dell'estensione spaziale del disco, introduciamo la voce della tabella 14.1 per il disco, le = ~ mR2, nell'equazione (14.31), ottenendo
(14.30)
T = 2"11"
~mR2
D
mgD
g
-- + -
= 2"11"
j(
-
R2
2D 2
+
1)-D g
Tabella 14.3 Analogia fra traslazione e rotazione per moti particolari Risolvendo rispetto a D, otteniamo, per un semiperiodo di l s, Leggi generali
Legge moto uniforme
moto uniformemente accelerato
moto di un corpo rigido
Rotazione
Traslazione
a=O
a=O
v = cast x=xo + VI
ro= cast 9=90 +rol
= cast a =cost v=uo+al x =xo + Uo/+~at2
M-cost a = cost ro=mo+al 9 = 90 + mol + ~a/2
u2-uij-2as
mL mij -
del centro di massa:
rispetto a un asse fisso:'
F
p- mu
K- ~mu2
F-ma
2a9
L - 1m
- ~p2/m
K - ~lm2 - 4L2/1 M-la
D =
g(~r/(I
+
;;2)
=
=
0,988 m
Nel nostro caso, il fattore di correzione l + R 212D2 differisce dello 0,5% da I: una quantità piccola, ma importante per una misurazione precisa del tempo.
Esempio 11 A quale distanza dar suo centro di massa si deve sospendere un corpo rigido per rendere minimo il periodo di oscillazione? Nell'equazione (14.31), le è indipendente dalla distanza D fra C e O. Il minimo di T2, che si può trovare prendendo la derivata di T2 rispetto a D, 2
( -le d(T ) - - = (2"11")2 - -2 dD mgD
l)
+-
g
si ha quando d(T2)ldt = O, da cui , Queste leggi valgono anche rispetto a un asse passante per il centro di massa, anche se il centro di massa si muove, purché l'orientamento dell'asse rimanga fisso.
g(~r/(i + 2~O)
D2 =
!.s. m
k,
311
312
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
Ricordando la definizione del raggio d'inerzia nell'equazione (14.13), Pc = troviamo che il punto di minimo è
Vfdìii,
D= Pc corrispondente al periodo
T min
=
21t
jii;
Per valori di D maggiori, T cresce perché l'inerzia associata al moto rotatorio diventa grande, mentre per valori di D minori T cresce perché il momento di richiamo diventa piccolo.
14.9
(§ Figura 14.11 torsione.
Pendolo di
IL PENDOLO DI TORSIONE
Quando l'estremo inferiore di un filo metallico viene torto, attorno al suo asse centrale, di un angolo 9 rispetto all'estremo superiore, il filo dà origine a un momento di richiamo -ce. Il segno meno indica che il momento della forza ha verso opposto a 9 e la dipendenza lineare da 9 è una manifestazione della legge di Hooke, precisa quasi fino al limite di elasticità del filo. La costante c è un parametro empirico, analogo alla rigidezza o costante elastica k, ed è detto costante di torsione del filo. La precisa linearità della torsione di un filo metallico sottoposto a una coppia torcente moderata lo rende utile in vari dispositivi di misurazione. Abbiamo già incontrato l'uso di un filo di torsione nella bilancia di Cavendish per misurare la costante di gravitazione universale G. Un'analoga applicazione della torsione si ha negli amperometri e nei voltmetri. Nel pendolo di torsione, un disco pieno è sospeso mediante un filo metallico come è indicato nella figura 14.11. Quando il filo viene rotato di un angolo 9 e poi lasciato libero, il moto che ne consegue è descritto da M = I d 29/dt 2 [equazione (14.10)], con il momento di forza dato da -ce:
e [ - = -ce d2
dr"
(14.32)
In questa equazione, I è il momento d'inerzia del disco rispetto al suo asse centrale, I = mR2. Il moto è armonico semplice, in questo caso non soltanto per gli angoli piccoli ma per l'intero intervallo di angoli in cui è soddisfatta la legge di Hooke M = -ce. La pulsazione è 00 = Vdi e il periodo di oscillazione è
t
T= 21t
Jlc
(14.33)
Questa formula offre un metodo comodo per misurare la costante di torsione di un filo.
Nei problemi in cui interviene la rotazione di un corpo rigido attorno a un asse fisso, abbiamo trovato comodo concentrare l'attenzione sull'equazione (13.4) o, più precisamente, sulla sua versione ad asse fisso M = I d 29/dt2 [equazione (14.10)]. È valida anche l'equazione (11.14), ma il moto del centro di massa è già noto in base alla rotazione globale del corpo attorno all'asse fisso. Inoltre, per valutare l'equazione (11.14), si deve prendere in considerazione la reazione applicata al corpo rotante dal sostegno dell'asse fisso. In un problema riguardante la rotazione di un corpo rigido attorno a un asse fisso di solito useremmo esplicitamente l'equazione (11.14) soltanto se volessimo trovare questa reazione. Ciò nonostante, spesso è interessante decomporre il moto in una rotazione attorno al centro di massa e in una traslazione del centro di massa. Abbiamo già parlato, per esempio, del teorema di Huygens-Steiner, che esprime I per mezzo del momento d'inerzia rispetto al centro di massa, più un contributo che rappresenta il moto del centro di massa attorno a un altro asse. Il teorema di Huygens-Steiner ha una conseguenza immediata per l'energia cinetica di un corpo che ruota attorno a un asse passante per un punto eccentrico P con velocità angolare 00. L'energia cinetica è
K = ~/pw2 e il teorema di Huygens-Steiner ci dice che
COMBINAZIONI DI TRASLAZIONE E ROTAZIONE
L'azione esercitata da forze esterne su un corpo qualsiasi fa muovere il suo centro di massa secondo la legge d 2"f
(11.14) F= m -2 dt Il momento applicato da forze esterne a un corpo qualsiasi lo fa rotare attorno a un punto arbitrario secondo la legge
M=dL dt Sia l'equazione (11.14) sia l'equazione (13.14) valgono per il moto generale.
le
[p =
+
mr 2
(14.18)
dove r è la distanza tra P e C. Perciò K
= ~/cw2 +
~mr2w2
(14.34)
Ma roo è la velocità ii con cui si muove il centro di massa C attorno a P. Perciò K
FcW2
+
~mv2
t
l'energia cinetica è la somma dell'energia di rotazione lcOl 2 attorno al centro di massa e dell'energia cinetica mV2 associata al moto lineare del centro di massa insieme all'intera massa considerata concentrata tutta nel centro del corpo. Analogamente, possiamo considerare il momento della quantità di moto di un sistema di punti materiali rispetto a un polo arbitrario o:
t
L = 2; Ti /\ mivi
(14.35)
Esprimendo Ti per mezzo delle coordinate del centro di massa r;' e della posizione l' del centro di massa, otteniamo ri = r: + l' e Vi = v; + V. Sostituendo queste relazioni nell'equazione (14.35), troviamo L
= L: (ri + l') /\ m/V; + v) =
14.10
(14.20)
L: r; /\ miV; + (L: ri mi) /\ v + l' /\ L: miV; + r /\ L: mlv
Per fortuna, il secondo termine è nullo poiché 2;m i r: è direttamente proporzionale alla posizione del centro di massa, che è nulla nelle coordinate del centro di massa. Analogamente, il terzo termine è nullo poiché '\' L..i
m.v~ l
I
= '" m. L.J I
dr; dt
=
ti:.. dt (", L.J
m.r') I
t
dipende ancora dalla quantità nulla 2;m i r(. Il primo termine è il momento della quantità di moto rispetto al centro di massa, L6 l'ultimo termine è l' /\ mv, il momento angolare del centro di massa (con l'intera massa considerata ivi concentrata) rispetto a O. Rimane quindi L=Lc+i'/\mv
(14.36)
313
314
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
o
"'(rc U
e
o I I I
,I
1 I I I
I Ct-R I
I
tUe
Per esempio, conviene decomporre il momento della quantità di moto della Terra in due parti: lo «spin» associato alla rotazione giornaliera della Terra attorno al proprio centro di massa e il contributo «orbitale» associato alla rotazione annuale della Terra attorno al Sole. Un'analoga decomposizione del momento della quantità di moto in uno «spin» e in una parte «orbitale» si dimostra estremamente utile in fisica atomica nella descrizione del moto degli elettroni attorno al nucleo.
In questo problema, analizzare il moto facendo riferimento al centro di massa offre peculiari vantaggi. Infatti, rispetto a qualsiasi altro punto la forza di gravità esercita un momento, e il momento della quantità di moto non si conserva. Inoltre, un segno applicato su qualsiasi altro punto seguirebbe una traiettoria meno regolare.
Esempio 12
Esempio 14
Uno yo-yo di raggio R e massa m scende sospeso al suo filo. In un dato istante, ruota attorno al proprio centro di massa con velocità angolare COc e il suo centro di massa cade con velocità ve> dove Vc = Rcoc' Se si considera che lo yo-yo sia un disco pieno uniforme, qual è la sua energia cinetica e qual è il suo momento della quantità di moto L rispetto a un asse normale al disco e passante per il punto O in cui lo yo-yo viene tenuto? Il disco ha momento d'inerzia l = ~ mR2. Usando l'equazione (14.13) e la relazione Vc = Rcoe> troviamo che l'energia cinetica è
Un'asta sottile uniforme, di massa ma e lunghezza 2R, giace in quiete su un piano orizzontale privo di attrito. Una pallina di stucco di massa mp ' con velocità orizzontale v normale all'asta, colpisce un estremo dell'asta rimanendovi attaccata. Si descriva il moto successivo. Dopo l'urto, il centro di massa C' del sistema asta-pallina si muove di moto rettilineo uniforme con velocità V, poiché non agiscono altre forze orizzontali. Inoltre, il sistema ruota con velocità angolare costante co attorno al centro di massa, poiché non agiscono altri momenti. È importante notare che C, il centro geometrico dell'asta, si muove descrivendo una traiettoria più complicata. (Qual è questa traiettoria?) Il modo più semplice per trattare l'urto è usare la conservazione della quantità di moto e del momento della quantità di moto. La conservazione della quantità di moto
K = ~ qmR2)wè
=
fwc
+ ~mvè
= ~mvè
+ Rmvc =
~mR2wc
+ Rmvc =
~Rmvc
(È importante notare che, nel termine orbitale, I i' /\ mvc I= Rmvc ' indipendentemente dall'altezza di O sopra C.) In questo esempio, lo «spio» dello yo-yo aumenta del 50% l'energia cinetica di traslazione e il momento della quantità di moto rispetto a O.
Quando un corpo rigido ruota attorno a un asse fisso, il punto di vista alternativo di decomporre il moto in una rotazione attorno al centro di massa e in una traslazione del centro di massa rappresenta un po' una complicazione. Ma, quando un corpo rigido è privo di un asse fisso e capitombola liberamente nello spazio, il centro di massa è il punto attorno a cui esso ruota e quindi decomporre il moto in una rotazione attorno al centro di massa e in una traslazione del centro di massa è un modo naturale e semplice di analizzare il moto. In questo caso si devono usare sia l'equazione (11.14) sia l'equazione (13.4). Illustreremo questa decomposizione negli esempi 13 e 14.
mpu
=(mp + m.lV
Esempio 13 È stata ritagliata una lamina di forma irregolare da una lastra di polistirolo espanso ed è stato marcato il suo centro di massa con una macchia colorata, per un'esperienza dimostrativa. Si descriva il moto della lamina quando viene lanciata in aria in modo che ruoti su se stessa con il lato piano verticale e l'asse di rotazione perpendicolare a esso. Sotto l'azione della forza di gravità, il centro di massa si muove descrivendo una parabola galileiana, resa facilmente visibile dalla macchia colorata. La forza di gravità non esercita momento rispetto al centro di massa e quindi il momento della quantità di moto rispetto al centro di massa si conserva e la lamina ruota su se stessa con velocità angolare costante.
t
//. .
JI',
---~---.
/'
"
(R - xc,)mpv = lc'co
(2)
Per valutare co dobbiamo conoscere la posizione XC' di C'. Misurata dal centro geometrico dell'asta, essa è mpR xc' =
ma + mp
Il momento d'inerzia rispetto a questo punto è -&-ma(2R)2 + max~,
+
mp(R - xc?
dove i primi due termini danno il contributo della sola asta, mentre l'ultimo termine rappresenta il contributo della pallina di stucco. (È importante notare che nei primi due termini è stato usato il teorema di Huygens-Steiner per trovare il momento d'inerzia dell'asta rispetto al punto eccentrico C'.) Usando il valore per XC" otteniamo IC' =
R2 ma + ma (. 3
2
mpR ) + mpR2 ma + mp
2
(1 _ :p) mp ma
che, dopo qualche manipolazione algebrica, si riduce a IC'
= maR2 + mampR2 3 ma+mp
Infine, sostituendo XC' e lc' nella relazione (2) che esprime la conservazione del momento della quantità di moto, troviamo, dopo qualche altra operazione algebrica,
.....~
"-
(1)
determina la velocità finale V = mpv/(m p + ma)' La conservazione del momento della quantità di moto rispetto al centro di massa C' pone in relazione il momento della quantità di moto iniziale (R - xc.) mu(si veda la figura a lato) con il momento della quantità di moto finale lc' co, nel modo seguente:
IC' =
~
+v I
-~
Dall'equazione (14.36) e dalla relazione Vc = Rcoc ' risulta che il momento della quanti tà di moto rispetto a O è L
315
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
'-
Ol
R -Xc' =IC'
mv =
3m p v
R(m a + 4mp)
( ~J
iI I
u
.~
-R-----O--\-:---R
316
14; DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14.11
Figura 14.12 Rotolamento di una ruota.
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
CINEMATICA DEL ROTOLAMENTO DI UNA RUOTA
14.12
Un importante caso particolare di una combinazione di traslazione e rotazione è il moto di rotolamento di una ruota. Esso può essere descritto in due modi, entrambi corretti. (a) Si può descrivere la ruota dicendo che rotola con velocità angolare Ole intorno ad un asse mobile passantel!)er il centro di massa C, mentre C avanza con velocità lineare ve (figura 14.12). . (b) Alternativamente, si può dire che la ruota gira con velocità angolare Olp attorno a un asse passantè per il punto di contatto P, un asse che è istantay!eamente in quiete! Ciò è reso fisicamente plausibile dal fatto che con il termine «rotolamento» intendiamo un moto senza strisciamento e, se la parte della ruota che è' situata nel punto di contatto non striscia, essa non può muoversi rispetto alla superficie sottostante. Per quanto riguarda il primo punto di vista, mentre il punto di contatto si muove da P a P', la ruota gira di un angolo e e avanza di uno spazio s. In base alla figura 14.12, s = Re. Derivando, troviamo che la velocità lineare di C è ds
Ve
= di =
de R dr
(14.37)
= RWe
e che l'accelerazione di C è
ae
dVe
di
dWe
R---;;;-
(14.38)
Ra.
Possiamo verificare immediatamente che il punto P ha velocità istantanea nulla, come affermato. Troviamo Vp (si veda la figura 14.13) sommando a ve la velocità di rotazione di P attorno a C, cioè -ROlo e questa somma è nulla per l'equazione (14.37).
Qual è la relazione tra Olp e Ole? Sorprendentemente, sono uguali. Abbiamo appena dimostrato che ve = ROlo mentre, in base al secondo punto di vista, C ha la velocità ve = ROl p in conseguenza della sua rotazione attorno a P. La coerenza dei due risultati richiede che
Il rotolamento di un cilindro, di una sfera, o di un altro corpo simmetrico lungo un piano inclinato ruvido (figura 14.14) può essere analizzato comodamente come un'accelerazione del centro di massa C lungo il piano e una rotazione simultanea del corpo attorno a C.
~ mg
(14.39)
Wp
Come verifica, calcoliamo con entrambi i metodi la velocità del punto Q alla sommità della ruota. Nel primo metodo (figura 14.13) troviamo vQ sommando a Vc la velocità di rotazione di Q attorno a C, e cioè ROle , e con l'aiuto dell'equazione (14.37) otteniamo 2vc ' Nel secondo metodo, vQ = (2R)Olp, che è anch'essa uguale a 2vc '
sin e
Figura 14.14 Rotolamento lungo un piano inclinato. Abbiamo precedentemente dimostrato nell'equazione (11.14) che C si muove come se tutta la forza esterna fosse applicata in C. La componente mg cos e della forza di gravità, secondo la normale al piano, viene elisa dalla reazione esercitata in direzione normale dal piano, in quanto in questa direzione l'accelerazione è nulla. Lungo il piano, alla componente mg sin e della forza di gravità si oppone la forza d'attrito f prodotta dal piano ruvido. Sebbene non abbiamo ancora determinato il mod~ di f, l'acceieraz;èìiie1Tnearéae di C nel caso di un corpo di massa m situato su un piano avente un'inclinazione e è legata afdalla seconda legge di Newton,
=== .e-
~ = mg
sin
f
(14.40)
Abbiamo anche visto che il corpo r."o~te,,-!r,!,·~~~~.::,.::::~~~7.~"-"~---::[equazione (14.10)]. Poiché}a forza di gravità agisce'J~::9 ~!ta d'azione della reazione normale passa per il centro del corpo, Ìi.é.J'uIla Ìi:é"l'altra es~n momento rispetto aC. Il momento esercitato dafèfR,.in senso·orario. Perciò, ...
._--.-..
J€..=" Ole
ROTOLAMENTO LUNGO UN PIANO INCLINATO
~~~
-.
=-
la.
(14.41)
Se il corpo rotola senza dà
strisciare,_a~a
[equazione (14.38)], e l'equazione (14.41)
fac
f = R?l
(14.42)
Introducendo questa espressione nell'equazione (14.40), otteniamo
a = mgsine c m + IIR2
(14.43)
~~
vc~
velocità di rotazione ---+Vris
=--
L'interpretazione fisica di questo risultato diventa particolarmente trasparente se scriviamo 1= bmR2, dove O :::;; tz...:::;; l. In funzione di b, l'equazione (14.43) diventa ---semplicemente
ae =
g sin
e
l+b
Questa equazione ci dice che l'accelerazione del corpo rotolante non dipende da m, né da R; soltanto la distribuzione della massa (rappresentata da b) influenza il risultato. Notiamo che b = p2JR2, dove p è il raggio d'inerzia. Nell'esempio particolare di un cilindro omogeneo, b = ~ e risulta che
ae = ~g sin Figura 14.13 Somma vettoriale della velocità del centro di massa e della velocità di rotazione rispetto al centro di massa nel moto di rotolamento. Il risultato equivale alla rotazione istantanea attorno a P.
(14.44)
e
(14.45)
L'accelerazione è pari a soltanto ~ del valore che avrebbe avuto nel caso dello strisciamento senza attrito. La forza di attrito f ha modulo f = ~ mg sin e. Se il
317
\
14. DiNAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
~ 14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
coefficiente d'attrito è fl, il valore massimo di f è dato dal prodotto di fl per la reazione normale, cioè, (mg sin a) :s; flmg cos a. Poiché la forza di attrito non può superare questo valore, il rotolamento può avvenire soltanto quando fl > ~ tan a. Quando questa disuguaglianza non è soddisfatta, il cilindro striscerà. Il rotolamento lungo un piano inclinato può essere analizzato anche mediante considerazioni energetiche. Quando il corpo rotola percorrendo uno spazio s, la sua energia potenziale diminuisce di
riferimento inerziale). Dal_Runto,eli osservazione del laboratorio, la piattaforma rotantegim,"Qer esempio, in senso anÙ;;~rio'con véi(jClià angolareOl:rJil;-diirPunto di bsserv!lzione drunsiSt~w.a.d;:tifuri;;,n.t~·;clid~i;~;;-~~i; PiàtUlt;;rmarOtante; è'il laboratoriò che nìota-:-'~~ota con la stessa vélocitàa~goi.ììie~-rrla-liiverso opposto, c~o oranQ:li:i 'uesfo sistemi' infenmento,ìa traiettoria déCdlscilsi incurvaIìi senSQ:"élriiriQ, seguendo la curva indicata con la linea tratte a...netllI-figura 14.15b. Perciò, nel sistema di riferimento rotante deve esserci una forza inerziale che fo~rvatuiil cnenOnera-presente nel sistemii-dlmerimento inerz~_tale forza è detta jorzrJ,"di Corìo7Ti:--- ....._._--. -..._._._.._............ - -... --' _.... .
t
mgh
= mgs sin a
~~Ltrovare::r;;rie_~ll.to (direzione e ve!".§Q) e il modlllo.dJ:Jla.io:L;za..&.miQ}is ragioniamo come s.egue..lnJ.!n_tl:_n:mCJ.,di viaggio !;.t dall'asse C al punto P situato a una Pi~;;;Iadfstà~~ r = E.M,JLdisç.Q.0;;;;ed~§:"a[iln angolo Li:a';;;'ro;1:rifèTSìstema di Hfènmento rotante (figura 14.16). Lo spazio!;.s di cuTil disco deViaGaunaTràlettoria r~ttilinea q~a;;:4~'hi ràggii~ntoun.ìLgi§fàììza fd'ile è perdo M ;;;-fLi:a';';;'roJM.-E-, poicfiér';:;;-v'.1.t, abbiamo --, ,..
Se il corpo è inizialmente fermo, l'equazione (14.34) ci dice che esso acquista l'energia cinetica ~ 1(Jl~ + ~ m~ = ~ bmR2(Jl~ +
! m~
Poiché R(Jlc = ve' l'energia cinetica del corpo rotolante può essere espressa succintamente come ~ (1 + b)irwC 2• La conservazione dell'energia meccanica impone che mgs sin a
=
k (1
+ b)m~
ossia VC2 = [2/(1 + b)] gs sin a. Confrontando questa relazione con la relazione generale v2 = 2as per il moto uniformemente accelerato troviamo che l1c =
g sin e l+b
"-"·-~
6.s = ùJlI(6.t)2
__
..%
(al
-~-,;..
8 ,/
\
(bl
M~_
(14.46)
Confrontando questa espressione con l'equazione oraria con accelerazione costante, ka(!;.t)2, vediamo che il modulo dell'accelerazione è a = 2(Jlv e che la forza di ',: Coriolis associata ha modulo r
j/!;.s =
itifc = ma = 2mwlI
" 8
319
(14.47)
Figura 14.15 Moto di un disco pri vo di attrito che passa sull'asse di rotazione C, visto dall'alto (a) in un sistema di riferimento inerziale (li~ea continua) e (b) nel sistema di riferimento rotante (linea tratteggiata).
! Per determinare il suo orientamento, definiamo un vettore velocità angolare (Jl, avente
in accordo con il risultato (14.14) ottenuto analizzando le forze. A prima vista, potrebbe apparire incoerente applicare la conservazione dell'energia meccanica a un problema in cui intervengono forze d'attrito. Però, come abbiamo visto quando abbiamo studiato la cinetica del rotolamento di una ruota, il punto di contatto P, dove è applicata la forza d'attrito, è istantaneamente in quiete. Ciò giustifica l'ipotesi che l'attrito non compia lavoro nella nostra trattazione idealizzata del moto di rotolamento.
modulo (Jl e orientato secondo l'asse di rotazione (figura 14.16). Dalla figura 14.16 vediamo che la deviazione si produce in una direzione perpendicolare sia a v sia a ,00. Perciò, possiamo esprimere la forza di Coriolis come un prodotto vettoriale di v i e 00 e, usando la regola della mano destra per trovare l'orientamento, otteniamo che
14.13 FORZE DI CORIOLIS
, Ìc = -2m(Jl /\ v'
Come abbiamo visto nel capitolo 9, l'estensione della seconda legge di Newton ai sistemi di riferimento accelerati richiede che si introducano «forze inerziali» supplementari oltre alle forze applicate (cioè, reali) che possono agire. In un sistema di ~~.~.che accelera con un'a~~..:I~razi~Il~...llJL~ispet~?~~n sistema di nfenme.!iio inerziale, la forza inerzill.J~_è..L::-=!l:!llo. ---r::arotazione di un corpo rigido offre un caso naturale di sistema di riferimento accelerato. Viviamo su un corpo rigido che ruota lentamente, la Terra, e talvolta sperimentiamo corpi che ruotano rapidamente, come le giostre. Abbiamo già esaminato il fatto che un punto situato a una distanza r dall'asse di un sistema di riferimento che ruota con velocità angolare costante (Jl è soggetto a un'accelerazione di modulo (Jl2r, orientata verso l'asse, e quindi un punto materiale collocato in quel punto è soggetto Il una forza centrifuga f = m(Jl2r uscente dall'asse in quel sistema di riferimento. Studiando gli effetti della forza centrifuga sulla variazione dell'accelerazione di gravità g con la latitudine, siamo riusciti a dimostrare la rotazione della Terra in un modo che era sconosciuto a Galileo. Quando un punto materiale si muove rispetto a un sistema di rif~n te, alla forza centrifuga siaggTunge'un:;iilfii rorzi"ì:nerzlafe~detta-Torza di Coriolis. ESSendoréiitlvamente-i'àcile'visuiiHzzare"T'effètiosu[l'assèdiiofaiio'oe;doVeTa forza centrifuga è trascurabile, cominciamo con l'esaminare questo caso. Consideriamo un d~co da ~ey che attraversa l'asse di una piattaforma orizzontale rotante. SeSI~ò t!:l!~llrare l'attriJQdlll:a1~nonaglsco1foToiie-OrìZzgn.latLe,
'r-i!ell'esempio precedente, v = v' nell'istante in cui il disco attraversa radialmente l'asse, e quindi non abbiamo notato la differenza. L'equazione (14.48) si può dedurre determinando l'accelerazione, rispetto a un sistema di riferimento inerziale, di un punto materiale che si muove con velocità v' rispetto a un sistema di riferimento rotante. Non presenteremo. qui questa deduzione, ma offriremo altri esempi e argo; mentazioni fisiche. 1~L'orientamento della forza di Coriolis può essere spessodetermimìto in base,a ragionamenti basati sul momento della quantità di moto. Per esempio, il disco da hockey privo di attrito della figura 14.15a non ha momento della quantità di moto rispetto al centro nell'istante in cui passa per il centro. Per conservare il momento della quantità di moto nel sistema di riferimento inerziale quando successivamente si muove verso l'esterno, il disco deve conservare velocità angolare nulla nel sistema di riferimento inerziale. Ma ciò richiede che esso curvi verso destra alla velocità angolare (Jl nel sistema di riferimento rotante. In qualsiasi esempio di questo tipo si può dedurre, o dalla forza di Coriolis nel sistema di riferimento rotante o dalla conservazione del momento della quantità di moto nel sistema di riferimento inerziale, che la traiettoria si incurva verso destra in un sistema di riferimento rotante in senso antioriario e verso sinistra in un sistema di riferimento rotante in senso orario. I! modulo della forza di Coriolis può essere apprezzabile su una piattaforma girevole o su una giostra. Per esempio, se (Jl = I radls e v' = 5 m/s, l'accelerazione di Coriolis 2(Jlv' è IO rnls 2, uguale all'accelerazione g di gravità. . Lontano dall'asse di una piattaforma girevole, la forza di Coriolis e la forza centrifuga sono presenti entrambe nel sistema di riferimento rotante. Per esempio,
. fc = -2mro /\ v
Benché il nostro ragionamento concernente la forma di fc abbia riguardato soltanto un caso particolare, l'equazione precedente risulta valida in generale, purché sostituiamo v con v', la velocità del sistema di riferimento rotante: , !
w
__,_L'
v~
-$8)) p..JA.\
Figura 14.16 Cinematica del moto di un disco privo di attrito attraverso l'asse nel sistema di riferimento rotante.
"",U
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
l'I. U'NAM'''A Ut:LLA I1VIALIVNt: Ut:1 "Vl"Il"'ll"IltilUI
pY ~ (a)
o (b)
Figura 14.17 Moto di un disco privo di attrito (a) visto nel laboratorio e (b) rispetto alla piattaforma girevole.
6 Figura 14.18
Un punto materiale in quiete nel laboratorio si muove di. questo moto rispetto a una piattaforma rotante.
(a)
o (b)
Figura 14.19 Traiettoria della massa di un pendolo di Foucault al Polo Nord, osservata (a) di lato nel sistema di riferimento inerziale, e (b) dal!'alto nel sistema di riferimento solidale con la Terra. (La precessione è fortemente esagerata.)
consideriamo un'esperienza in cui un disco da hockey privo di attrito è inizialmente vincolato con un filo di lunghezza r all'asse di una piattaforma rotante (figura 14.17a). Dal punto di vista di un sistema di riferimento inerziale, esso ruota insieme alla piattaforma alla sua velocità angolare ro sotto l'azione della forza centripeta mro 2r fornita dalla tensione nel filo. Dal punto di vista di un sistema di riferimento solidale con la piattaforma rotante, il disco è in equilibrio sotto le opposte azioni della forza centrifuga e della tensione nel filo. Poi, all'istante t, il filo si spezza, lasciando libero il disco. Questo ora si muove di moto rettilineo nel sistema di riferimento inerziale, poiché in questo sistema di riferimento su di esso non agiscono forze orizzontali. Rispetto al sistema di riferimento rotante, il disco è in quiete fino all'istante t = 0, poi accelera in direzione radiale verso l'esterno sotto l'azione della forza centrifuga. Via via che acquista velocità, risente anche della forza di Coriolis, che lo fa deviare verso destra (figura 14.l7b). Un esempio in cui possiamo controllare facilmente e quantitativamente la legge che esprime la forza di Coriolis [equazione (14.48») è offerto da un punto materiale che rimane in quiete nel sistema di riferimento inerziale. In un sistema di riferimento rotante, il punto materiale ruota a ritroso con velocità v' = ror descrivendo una traiettoria circolare di raggio fisso r. Perché il punto materiale continui a descrivere una traiettoria circolare di raggio fisso r nel sistema di riferimento rotante, la forza risultante deve avere modulo mro 2r ed essere orientata verso l'interno. Poiché il punto materiale (essendo in quiete nel sistema di riferimento inerziale) non è soggetto, evidentemente, a forze vere non nulle e la forza centrifuga ha modulo mro2r ed è orientata verso l'esterno, la forza di Coriolis deve avere modulo 2mro2 r ed essere orientata verso l'interno. Ma vediamo dalla figura 14.18 che ciò è proprio quanto otteniamo dal vettore Cc = -2mro 1\ v'
dove ro è la velocità angolare con cui il sistema di riferimento rotante si muove rispetto al sistema di riferimento inerziale, v' è la velocità del punto materiale rispetto al sistema di riferimento rotante e il modulo di v' è ror. La forza di Coriolis associata alla rotazione della Terra è molto più debole degli effetti considerati poc'anzi poiché la Terra compie soltanto una rotazione su se stessa al giorno, corrispondente a una velocità angolare ro = 2n . 10-5 rad/s. Anche alle velocità dei proiettili, dell'ordine dei metri al secondo, l'accelerazione di Coriolis 2rov' è soltanto dell' ordine di 10-2 mis2, di gran lunga minore di g. Ecco perché la forza di Coriolis non è intuitivamente familiare. Però, quando la forza di Coriolis associata alla rotazione della Terra agisce per un intervallo di tempo abbastanza lungo, essa può avere effetti rilevanti. Le traiettorie si curvano lentamente, ma sicuramente, verso destra nell'emisfero settentrionale, poiché la Terra, vista da sopra il Polo Nord, ruota in senso antiorario come le piattaforme delle figure precedenti. (Nell'emisfero meridionale, questi versi di rotazione sono invertiti.) Un esempio classico è il pendolo di Foucault. Se si collocasse un pendolo nel Polo Nord e lo si sospendesse in modo tale che su di esso non si esercitassero momenti di forza rispetto all'asse verticale, il piano di oscillazione rimarrebbe fisso rispetto a un sistema di riferimento inerziale come quello costituito dalle stelle fisse. Via via che la Terra ruota sotto di esso, questo piano subirebbe un movimento di precessione rispetto alla Terra, con un periodo di 1 d. La precessione avverrebbe in senso orario se osservata dall'alto (figura 14.19). L'accelerazione laterale 2rov' verso destra è piccola, ma, agendo per i 105 s che costituiscono 1 d, fa compiere al pendolo una rotazione completa. Alle latitudini diverse dal Polo Nord, la precessione di un pendolo di Foucault è alquanto più difficile da visualizzare, ma è sempre descritta dall'accelerazione -2ro 1\ v' e perciò prova la rotazione della Terra. Numerosi e importanti fenomeni su grande scala che avvengono sulla Terra sono dovuti a forze di Coriolis agenti per intervalli di tempo dell'ordine delle ore o dei giorni. Per esempio, l'aria presente in una zona di alta pressione tende a fluire verso l'esterno in tutte le direzioni (linee tratteggiate nella figura 14.20a). Se osserviamo dall'alto una zona di alta pressione, la forza di Coriolis tende a deviare le correnti d'aria verso la loro destra (linee continue nella figura 14.20a). Il risultato è che le
zone di alta pressione note come anticicloni che attraversano periodicamente la zona temperata, portando generalmente bel tempo, di solito ruotano in senso orario nell'emisfero settentrionale. Poiché esse generalmente si muovono da ovest verso est, vediamo dalla figura 14.20a che il loro avvicinarsi è annunciato da venti da ovest o da nordovest. Per contro, l'aria fluisce verso una zona di bassa pressione (linea tratteggiata nella figura 14.20b). La forza di Coriolis devia questi venti verso la loro destra nell'emisfero settentrionale (linee continue nella figura 14.20b). Perciò le zone di bassa pressione dette cicloni che attraversano periodicamente la zona temperata, portandO tempo perturbato quando masse d'aria disparate convergono, generalmente ruotano in senso antiorario nell'emisfero settentrionale. Poiché le zone di bassa pressione, come le zone di alta pressione, generalmente si muovono da ovest a est nella zona temperata, vediamo dalla figura 14.20b che l'avvicinarsi del tempo perturbato che portano è annunciato da venti da est o da sudest. Le tempeste subtropicali alquanto più localizzate, ma più violente, dette uragani o tifoni, ruotano anch'esse in senso antiorario nell'emisfero settentrionale. Nell'emisfero meridionale, tutti questi versi di rotazione sono invertiti. Nel capitolo 13 abbiamo parlato del vortice che si forma quando l'acqua defluisce dal foro di scarico di una vasca da bagno, un fenomeno che somiglia, sotto alcuni aspetti, a una versione capovolta di un uragano. Però, il verso in cui comincia a rotare il vortice che si forma in una vasca da bagno è determinato di solito dalla modalità di circolazione con cui deve cominciare, sia pure piccola, dal modo in cui viene tolto il tappo, ecc. L'effetto Coriolis è normalmente trascurabile su questa scala e l'acqua ha la stessa probabilità di rotare in un verso o nel verso opposto. Soltanto in condizioni accuratamente controllate, in cui sono state eliminate le perturbazioni esterne e l'acqua è stata lasciata riposare per un notevole intervallo di tempo, l'effetto Coriolis può essere dimostrato in una vasca da bagno.
14.14 CONCLUSIONI
Da un certo punto di vista, la rotazione di un corpo rigido è semplicemente un'applicazione delle leggi di Newton e non richiede nuovi princìpi fondamentali. Perciò, perché dedicare tempo a questo argomento complesso? Una risposta è che queste applicazioni sono molto importanti. Compresa la rotazione di un corpo rigido, gli scienziati del XVII e del XVIII secolo poterono cominciare ad affrontare quantitativamente ruote, carrucole e orologi del mondo reale, gli oggetti su cui faceva affidamento il crescente sfruttamento delle forze naturali da parte dell'uomo. E inoltre lo studio della rotazione dei corpi rigidi può permettere di conoscere particolari fini delle forze che agiscono sulla Terra rotante stessa, come la forza di Coriolis che contribuisce a determinare la configurazione dei venti e delle correnti marine. Inoltre, lo studio della rotazione dei corpi rigidi, benché complesso, ha i propri princìpi organizzatori e le proprie grandezze. Un esempio è l'uso del momento d'inerzia, una grandezza che ha un'importanza fondamentale nelle equazioni ed è un analogo rotazionale della massa. Un altro è il centro di massa, già incontrato nel capitolo II, ma diventato sempre più importante via via che è stato usato. In seguito esso si è dimostrato quel punto dì un corpo che si muove sotto l'azione di forze puramente esterne (tutte le altre parti del corpo possono muoversi di moti complicati sotto l'azione delle forze interne) e il punto rispetto al quale conviene analizzare la rotazione di un corpo in volo libero. Il centro di massa non è affatto esclusivo dei corpi rigidi: è stato anche esaminato nel capitolo II, come quel punto rispetto al quale conviene analizzare il moto di due corpi che si urtano o interagiscono altrimenti. Il centro di massa resta uno strumento importante. Nel trattare l'urto di un elettrone e un protone, è ancora utile e naturale analizzare il moto e discutere il momento della quantità di moto facendo riferimento al centro di massa. Come la conservazione dell'energia e la conservazion,! del momento della quantità di moto, il centro di massa risulta un concetto che, sehbene incontrato per la prima volta nel
321
i
~\.
V ,-
~
alta pressione
~\ ,
)"'\-
/lt (a)
/l ""'_/bassay \, (pression~ ,?--
v
---\
(b)
Figura 14.20 Circolazione dei venti nell'emisfero settentrionale attorno (a) a una zona di alta pressione e (b) a una zona di bassa pressione.
322
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
contesto delle leggi di Newton della meccanica classica, resta valido e importante nella meccanica quantistica del XX secolo.
7. La massa lineica mi di un'asta sottile OA di lunghezza / varia linearmente con la distanza x dall'estremo O secondo la relazione mi = mroxll. Si trovi il momento d'inerzia dell'asta rispetto a ciascuno dei seguenti assi: A
(a) Un asse perpendicolare all'asta e passante per O. (b) Un asse perpendicolare all'asta e passante per A.
Problemi
Centro di massa 1. Perché un ostacolista piega la parte superiore del tronco mentre supera l'ostacolo? 2. La massa lineica mi di un'asta sottile OA di lunghezza / varia linearmente con la distanza x dall'estremo O secondo la relazione mi = mrox/l. Si trovi la distanza tra O e il centro di massa dell'asta. 3. Un diapason di massa areica uniforme mA ha le dimensioni indicate nella figura che accompagna questo problema: (a) A che distanza dall'estremo sinistro si trova il centro di massa? (b) Di quanto si sposta il centro di massa se il manico [area (2h)(2l)] viene sostituito con legno di massa areica m)2?
~IhT Ih~
~I T
Iii
l
I - - 21--+--1 +- 1--1 4. Un'asta uniforme sottile, di massa m, è piegata a forma di angolo retto di lati l e 21. È in quiete, appoggiata contro una parete liscia come è indicato nella figura, e forma un angolo a con il pavimento, che ha un coefficiente d'attrito Il O.
*
8. Un corpo è costituito da un disco pieno di massa m e raggio R, un anello di massa m e raggio 2R e un'asta di lunghezza 4R e massa 2m, solidali tra loro come è indicato nella figura. Si supponga che i tre corpi abbiano uno spessore trascurabile e siano complanari. (a) Si localizzi il centro di massa del sistema dei tre corpi rispetto al punto A. (b) Si calcoli il momento d'inerzia del sistema dei tre corpi rispetto a un asse passante per A e perpendicolare al piano in cui giacciono.
Rotazione di un corpo rigido attorno a un asse fisso 9. Un disco è soggetto a un'accelerazione angolare costante che lo porta dalla quiete a una velocità angolare di 1800 giri/min in 5 s. Quanto tempo impiega il disco per rotare dei primi 900 partendo dalla quiete? 10. Una piattaforma girevole di raggio l m ruota liberamente a una velocità angolare di 5 radls attorno a un asse verticale fisso. Il suo momento d'inerzia è 4 kg m 2 • Una massa di l kg cade verticalmente su di essa colpendola a metà strada tra il bordo e il centro, dopo di che striscia sulla superficie fino a cadere fuori del bordo della piattaforma con una velocità lineare che ha modulo l m/s, è tangente al bordo e ha il verso della rotazione. Si trovi la velocità angolare della piattaforma immediatamente prima che la massa l'abbandoni. 11. Un mo metallico sottile di massa m è piegato a formare i lati di un quadrato di lato I. Questo quadrato rigido è montato su un asse verticale disposto lungo un lato. Una forza orizzontale costante F, che forma un angolo costante a con il piano del quadrato, è applicata continuamente al centro del lato opposto all'asse verticale. Si trascurino tutti gli attriti. (a) Si trovi il momento d'inerzia del corpo rispetto all'asse. (b) Si calcoli il modulo del momento della forza F rispetto all'asse. (c) Si determini !'intervallo di tempo necessario per fare compiere al quadrato 5 giri partendo dalla quiete.
(a) Si disegni un diagramma di corpo libero per l'asta. "(b) Si' determinino la forza orizzontale e la forza verticale esercitate dal pavimento sull'aSta e la forza esercitata dalla parete sull'asta. (c) Si determini l'intervallo di valori di a per cui l'asta non striscia né cade dalla parete.
Ca/c%
dei momenti d'inerzia
5. Si ricavi la formula per il momento d'inerzia di una lamina rettangolare sottile, come quella della tabella 14.1, rispetto a un asse normale alla lamina e passante per il suo centro, usando il teorema del terzo asse insieme al risultato fornito nella stessa tabella per un'asta. 6. Si dimostri che, se si asportano i tre rebbi dal diapason del problema 3a, il raggio d'inerzia p della figura risultante rispetto a un asse normale passante per l'estremo sinistro del manico è dato da
p2= ~ h2+ ~ /2 15 3
12. Due pulegge di raggi RI e R 2 sono collegate mediante una cinghia sottile di massa trascurabile. Ruotano attorno ad assi paralleli con momenti d'inerzia Il e 12 , rispettivamente. Una forza di modulo costante F, applicata alla puleggia I a una distanza r daI' suo asse, imprime un'accelerazione angolare. La forza è mantenuta continuamente sotto un angolo 13 rispetto alla direzione radiale. Si trascuri l'attrito degli assi di sostegno e si supponga che la cinghia non strisci. ~T2
puleggia l
Tj
puleggia 2
al'
(a) Se la puleggia l.ruota di un angolo si trovi l'angolo di cui ruota la puleggia 2. (b) Si trovi una relazione tra le accelerazioni angolari delle due pulegge. (c) Si trovi l'accelerazione tangenziale di un punto situato sulla cinghia. (d) Nella figura sono indicate le tensioni TI e T2 nelle parti della cinghia che sono comprese tra le pulegge. Si determini se TI è maggiore di, uguale a, o minore di T2 •
CSi 1-4R----i
323
324
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
(e) Applicando l'analogo rotazionale della seconda legge di Newton a ciascuna puleggia, si determini l'accelerazione angolare della puleggia I per mezzo delle quantità date. (f) Si calcoli la differenza delle tensioni, T2 - Ti' per mezzo delle quantità date. 13. Una tavola uniforme di lunghezza I e peso mg poggia orizzontalmente su sostegni situati ai suoi estremi A e B. All'improvviso, il sostegno situato all'estremo destro B viene tolto. Si calcoli ciascuna delle seguenti quantità in questo istante: (a) (b) (c) (d)
Il momento delle forze agenti sulla tavola rispetto all'estremo A. Il modulo dell'accelerazione angolare rispetto ad A. Il modulo dell'accelerazione lineare del centro di massa. La forza esercitata dal sostegno in A.
Energia e lavoro nella rotazione di un corpo rigido 14. Un volano con asse orizzontale ha un momento d'inerzia di 120 kg m 2 risp~tto all'asse. Il volano parte dalla quiete all'istante t = O e gli è applicato continuamente un momento di forza costante di 2400 N m per IO s. L'attrito è trascurabile. (a) (b) (c) (d)
Si trovi il modulo della sua accelerazione angolare. Quanti giri compie tra l'istante t = 5 s e l'istante t = lO s? Si trovi il suo momento della quantità di moto all'istante t = lO s. Quanto lavoro viene compiuto sul volano durante questi lO s?
(b) Quanta energia termica si produce durante l'urto? (c) Il sistema disco-punto materiale continua a rotare dopo l'urto. Si usino considerazioni basate sul lavoro e sull'energia per trovare la velocità angolare di rotazione quando il punto materiale si trova nel più basso punto della sua caduta.
19. Una lamina metallica piana, uniforme, sottile, tagliata a forma di rettangolo di diagonale l, è imperniata attorno a un asse orizzontale privo di attrito, perpendicolare alla lamina in uno dei vertici. Si determini il periodo delle piccole oscillazioni. 20. Un anello uniforme sottile, di diametro d, è appeso a un chiodo. Viene spostato dalla posizione di equilibrio di un piccolo angolo nel suo piano e poi abbandonato a se stesso. Si dimostri che, se l'anello non striscia sul chiodo, il suo periodo di oscillazione è uguale a quello di un pendolo semplice di lunghezza d. 21. Un dIsco sottile di raggio R = lO cm è sospeso mediante un filo di lunghezza 1= 20 cm. Si determini la pulsazione dell'oscillazione quando (a) il disco si muove nel piano della figura, (b) il disco si muove perpendicolarmente al piano della figura, (c) il centro di massa non si muove, ma il disco si torce attorno a esso. 22. Un'asta cava di massa m e lunghezza I è sospesa a un perno situato in uno dei suoi estremi. L'asta è piena di sabbia avente una massa di 2m (quindi la massa totale è 3m).
(a) Si determini il modulo della forza costante F, applicata in direzione tangente al bordo della ruota e nel suo piano, necessario per produrre in lO s una rotazione opposta alla velocità angolare di 6 rad/s. (b) Quanti giri compirà la ruota in questi lO s? (c) Si calcoli il lavoro compiuto sulla ruota in questi lO s.
(a) Qual è il periodo del pendolo così formato? (b) Qual è il periodo del pendolo se viene tolta la metà superiore della sabbia? (c) Si determini qualitativamente come varia il periodo del pendolo quando vengono tolte varie quantità di sabbia. Si tracci un grossolano diagramma del periodo in funzione della quantità di sabbia asportata. (Non si tenti di trovare formule esatte. Ci si limiti a trovare caratteristiche interessanti considerando il sistema.)
(a) La velocità angolare Ol con cui ciascun disco ruota attorno al comune centro di massa, (b) la frazione dell'energia iniziale che si converte in calore nell'urto. 17. Due pesi, uno di massa m e l'altro di massa 3m sono collegati da un filo di massa trascurabile che passa su una ruota montata su un asse orizzontale fisso il cui attrito è trascurabile. La ruota ha raggio R e momento d'inerzia l rispetto al suo asse. Inizialmente, la massa minore poggia sul suolo e la massa maggiore si trova a una distanza h sopra il suolo, come è indicato nella figura a lato. Poi le masse vengono abbandonate a se stesse. (a) Si trovi la velocità che la massa maggiore avrà immediatamente prima di colpire il suolo. (b) Si calcoli la quota massima a cui salirà la massa minore rispetto al suolo. 18. Un disco circolare uniforme di raggio R e massa m ruota inizialmente in senso antiorario con velocità angolare 010 attorno a un asse orizzontale privo di attrito, passante per il suo centro. Un punto materiale di massa m cade verticalmente lungo una tangente al disco e si attacca al suo bordo, colpendolo nel verso opposto a quello di rotazione. (a) Se la velocità del punto materiale è 2ROlO immediatamente prima dell'urto e la durata dell'urto è molto breve, si trovi la velocità angolare del sistema disco-punto materiale immediatamente dopo l'urto.
"""asse
Pendolo fisico e pendolo di torsione
15. Una ruota gira con una velocità angolare di lO rad/s attorno a un'asse orizzontale che ha un attrito trascurabile nei suoi sostegni. La ruota ha un raggio esterno di 0,6 m e un momento d'inerzia di 15 kg m 2 rispetto all'asse.
16. Due dischi cilindrici, ciascuno di raggio R, massa m e massa volumica uniforme, strisciano su una air table priva di attrito. Si avvicinano l'uno all'altro da direzioni orientate in versi opposti, ciascuno con velocità v, e con parametro d'urto 2R tra i loro centri di massa (cioè, i dischi si toccano appena dando luogo a un urto radente). Se nell'urto i due dischi rimangono attaccati, si determinino:
325
_li
perno
sabbia, parzialmente asportata
Combinazione di traslazione e rotazione 23. Un'asta uniforme di massa m e lunghezza I, inizialmente in quiete su una superficie liscia, riceve a un estremo un impulso P perpendicolare all'asta e tangente alla superficie di appoggio. Si determini lo spazio che il centro di massa percorrerà strisciando prima che l'asta abbia compiuto un giro. 24. Un'asta uniforme di massa m e lunghezza l è appesa a un perno a un estremo. Viene applicato un impulso P perpendicolare al lato dell'asta mentre questa è in quiete nella sua posizione di equilibrio. A quale distanza lungo l'asta (misurata dal punto di sospensione) si deve applicare l'impulso perché il perno non risenta dell'effetto? (Questo punto è detto centro di percussione.) 25. Un cerchio di legno, di massa 1 kg e raggio 0,5 m, appoggiato su un tavolo privo .. di attrito, viene colpito tangenzialmente da una palla di 1 kg, che si muove a una velocità di 4 rnls e che si conficca nel legno. (a) Si trovi il centro di massa del sistema finale rispetto al centro del cerchio. (b) Si calcolino la velocità del centro di massa del sistema finale, il momento d'inerzia del sistema finale, la sua energia, e l'energia perduta nell'urto. 26. Due aste uguali, rigide sottili, uniformi, di lunghezza I e massa m sono libere di muoversi su un piano orizzontale privo di attrito. Inizialmente, una delle due aste è in quiete mentre l'altra si muove verso di essa, di puro moto traslatorio, a una velocità v perpendicolare a entrambe le aste. Le aste si urtano e rimangono attaccate, dopo di che si muovono come un'asta composta di lunghezza totale 31/2. (Metà di ciascuna asta coincide con metà dell'altra.) Si determinino:
r prima
~w
--
v'
dopo
326
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
(a) La velocità dell'asta composta dopo l'urto. (b) Il momento d'inerzia dell'asta composta rispetto a un asse perpendicolare passante per il suo centro di massa. (c) La velocità angolare dell'asta composta rispetto al suo centro di massa dopo l'urto. (d) La quantità di energia dissipata nell'urto.
Moto di rotolamento
27. Una sfera di massa m e raggio R è inizialmente in quiete alla sommità di un piano inclinato di un angolo e. Abbandonata a se stessa, la sfera rotola per uno spazio l lungo il piano, senza curvare o strisciare. Si trovi ciascuna delle seguenti quantità. (a) La sua velocità lineare dopo che ha percorso, rotolando, uno spazio l. (b) Il suo momento della quantità di moto nello stesso istante di (a). (c) L'accelerazione angolare della sfera rispetto al suo centro di massa. 28. Un carrello, inizialmente in quiete, viene abbandonato a se stesso e rotola senza strisciare lungo un piano inclinato di un angolo e. Il carrello ha quattro ruote identiche, ciascuna di massa m, raggio R, e momento d'inerzia I rispetto al proprio asse. Il resto del carrello ha anch'esso massa m. Si trovi la velocità del centro di massa del carrello quando questo ha percorso uno spazio s. 29. Un disco omogeneo pieno, di raggio R, inizialmente in quiete, si mette in movimento e rotola senza strisciare lungo il tetto di una casa percorrendo un piano inclinato di un angolo e rispetto all'orizzontale. Il suo centro percorre uno spazio verticale h » R, al che il disco rotola fuori del tetto, e il suo centro percorre un altro spazio H > h prima che il disco colpisca il suolo. (a) Si trovi il modulo della velocità di traslazione del disco immediatamente prima che questo abbandoni il tetto. (b) Si trovi il modulo della velocità del disco immediatamente prima che esso colpisca il suolo. (c) Si calcoli l'intervallo di tempo durante il quale il disco ha rotolato sul tetto. 30. Le sponde elastiche di un tavolo da biliardo vanno a contatto con una palla alquanto al disopra del suo centro per invertire la rotazione su se stessa nonché la velocità in direzione normale di una palla rotolante, all'atto del rimbalzo. Qual è l'altezza ideale H, sopra la superficie del tavolo, per ottenere questi effetti? (Si esprima l'altezza in funzione del raggio R della palla. Si supponga che la retta d'azione della forza esercitata dalla sponda sulla palla sia orizzontale.)
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
33. Una palla da biliardo di raggio R viene colpita nel centro e, per effetto del colpo, striscia inizialmente senza velocità angolare. (a) Si faccia un disegno indicando il modo in cui la palla comincia a rotate su
se stessa quando su di essa agisce l'attrito. (b) Si discuta se l'attrito fa aumentare oppure diminuire l'energia cinetica della palla mentre essa sta acquistando velocità angolare. (c) Si supponga ora che la palla venga colpita al disotto del suo centro, e che di conseguenza essa tenda a rotare a ritroso. Si descriva qualitativamente in che modo l'attrito fa variare la velocità angolare e la velocità di traslazione della palla, fwo al punto in cui il moto si trasforma da strisciamento in rotolamento. (d) Infine, si supponga che la palla venga colpita talmente al disopra del suo centro da tendere inizialmente a rotare in avanti ( ve)' Mentre l'attrito fa perdere velocità angolare alla palla, esso fa aumentare o diminuire la velocità di traslazione della palla? 34. Una palla da bowling viene lanciata lungo una pista con una velocità iniziale vo' Inizialmente la palla striscia senza rotolare. Si dimostri che comincia a rotolare senza strisciare quando l'attrito l'ha rallentata fino a una velocità
VI =
-+ vo'
35. Una sfera piena, di massa volumica uniforme e raggio R, è inizialmente in quiete sulla superficie liscia di un lago ghiacciato. Qualcuno le impartisce all'improvviso un corpo orizzontale a un'altezza H < R al disopra della superficie e il centro della sfera si muove verso destra con velocità vo' mentre la sfera 'ruota su se stessa attorno a un asse orizzontale passante per il centro. Il coefficiente di attrito tra la sfera e il ghiaccio liscio è nullo. (a) Si determini, in funzione di R, Vo e H, la velocità angolare della sfera rispetto al suo centro di massa immediatamente dopo che ha ricevuto il colpo. Si indichi il verso della rotazione. Dopo avere percorso un certo spazio, la sfera arriva su ghiaccio ruvido, dove il coefficiente di attrito è Il > O. La sfera striscia per un po' sul ghiaccio ruvido prima di cominciare a rotolare. (b) Si determini la velocità del centro della sfera all'istante t dopo che essa ha raggiunto il ghiaccio ruvido, mentre sta ancora strisciando. (c) Si trovi la velocità angolare della sfera all'istante t. (d) Si trovi !'istante tI in corrispondenza del quale la sfera raggiunge uno stato di moto di rotolamento puro sul ghiaccio ruvido. (e) Si calcoli il rapporto tra l'energia cinetica che la sfera possiede quando rag, giunge il moto di rotolamento puro e quella che aveva immediatamente prima di essere colpita.
31. Quattro corpi, e cioè un cilindro pieno, un cilindro cavo, una sfera piena e una sfera cava, scendono lungo un piano inclinato liscio. (a) Quali sono i rapporti tra le velocità lineari che acquistano nel percorrere rotolando lo stesso spazio lungo il piano inclinato, senza strisciare? Si confrontino questi risultati con le velocità lineari acquistate percorrendo strisciando lo stesso spazio lungo lo stesso piano inclinato. (b) Se il piano forma un angolo e con l'orizzontale, si trovi, per ciascun corpo, il minimo coefficiente di attrito necessario per farlo rotolare senza strisciare.
@-,
32. Uno yo-yo, di massa 200 g e raggio esterno 3 cm, viene tirato orizzontalmente senza strisciare mediante un filo avvolto sul cilindro interno, di raggio l cm. Il momento d'inerzia dello yo-yo rispetto al suo asse di rotazione è di 750 g cm2 e la sua accelerazione lineare è di IO cm/s2 . (a) Si calcoli la tensione nel filo. (b) Si trovi il minimo coefficiente di attrito che è necessario perché lo yo-yo non strisci.
Forza di Coriolis
36. Si usi la forza df Coriolis per spiegare perché la configurazione della circolazione delle correnti marine di superficie si muove in senso orario sia nell'Atlantico settentrionale (dove risalgono la costa americana e arrivano fino all'Inghilterra) sia nel Pacifico settentrionale (dove oltrepassano il Giappone, le Aleutine e il Nordovest americano). In quale verso circolano le correnti di superficie nell'Atlantico meridionale? 37. Una stazione spaziale ruota su se stessa come è indicato nella figura della pagina seguente, per assicurare agli occupanti un senso di «gravità» artificiale quando è alla deriva nello spazio. Un astronauta, saldamente ritto sul pavimento, lascia cadere una palla dall'altezza del torace. Rispetto al corpo dell'astronauta, la palla cade a perpendicolo (verso B), all'indietro (verso A), o in avanti (verso q?
327
328
14. DINAMICA DELLA ROTAZIONE DEI CORPI RIGIDI
~ CAPITOLO 15
GIROSCOPI 38. Un proietto d'artiglieria viene sparato verso nord dal Polo Sud. sotto un'inclinazione di 45°. Seguendo una traiettoria galileiana, atterra a 20 km di distanza. In quale verso la forza di Coriolis devia la sua traiettoria daIla direzione verso nord, e di quanti metri? 39. Un sasso è lasciato cadere da una torre di altezza y situata sull'equatore. Mentre il sasso sta cadendo, il componente principale del suo vettore velocità è orientato secondo la verticale discendente, ma agisce anche la forza di Coriolis, che provoca un piccolo movimento x verso est. Si trovi x in funzione di y, di g e della velocità angolare della Terra 0lT' Si calcoli il valore numerico di y corrispondente ay=100m.
Per chi studia il progresso della scienza esatta, la comune trottola è un simbolo dei travagli e delle perplessità di uomini che sono riusciti a percorrere i labirinti dei moti planetari. I matematici dell'ultima generazione, intenti a esplorare la natura per trovarvi problemi degni della loro analisi, hanno trovato in questo giocattolo della loro gioventù un'ampia occupazione per le loro più alte capacità matematiche. Non si può ideare alcun esempio di precessione astronomica che sia più perfetto di quello presentato da una trottola correttamente equilibrata, e tuttavia il suo moto di rotazione ha complicazioni di gran lunga superiori a quelle della teoria della precessione. James Clerk Maxwell. On a Dynamicaf Top (1857)
15.1
UN PROBLEMA ANTICO
Nell'antichità, gente che aveva più familiarità di noi con il cielo notturno si aiutava a ricordare le sue configurazioni cercando di vedere eroi e altri esseri nei raggruppamenti di stelle. Queste costellazioni erano configurazioni formate da stelle fisse a una grande sfera che circondava la Terra e formava il confine dell'Universo. Questo globo celeste rotava attorno a un asse passante per la Terra, facendo sì che le stelle descrivessero traiettorie circolari nel cielo. Analogamente, il Sole, dispensatore di vita, era fisso alla sua sfera, la cui rotazione faceva sembrare che il Sole attraversasse ogni giorno il cielo, sorgendo a est e tramontando a ovest. Ma, a differenza delle stelle, il Sole cambiava gradualmente la sua traiettoria ogni giorno, sorgendo e tramontando più a nord in estate e più a sud in inverno. Gli antichi astronomi spiegavano il moto. annuo del Sole con una rotazione annua aggiuntiva della sfera del Sole attorno a un asse inclinato di 23,5°. Chiamarono eclittica il piano dell'orbita annua del Sole e zodiaco la fascia circolare di costellazioni che il Sole attraversava nel suo viaggio annuo attorno alla Terra immobile. L'eclittica e lo zodiaco sono illustrati nella figura 15.2. Due volte all'anno, una volta in primavera e una volta in autunno, l'orbita del Sole attraversa il piano equatoriale della Terra. In queste date, dette equinozio d'inverno ed equinozio di primavera, il Sole sorge a est e tramonta a ovest, e la durata del giorno è uguale a quella della notte. Questi punti erano marcati dalla posizione del Sole nello zodiaco. Attraverso osservazioni straordinariamente accurate, nel II secolo a.c. l'astronomo greco Ipparco scoprì che la posizione degli equinozi nello zodiaco si spostava lentamente verso ovest. Per questo fenomeno, detto precessione degli equinozi, egli riferì un valore di 36"/a (secondi di arco all'anno). Ma per lui la precessione degli equinozi rappresentava semplicemente un fatto empirico, come tanti altri fatti astronomici, che dovevano essere tenuti in considerazione nella compilazione di calendari per la semina e la mietitura. 329
330
15. GIROSCOPI
15. GIROSCOPI
asse di precessione
Figura 15.3 La precessione degli equinozi è causata dalla rotazione dell'asse terrestre. IL ç;IROScoR'lo
Figura 15.1
Posa del cielo di notte. (Fotografia del Lick Observatory.)
Soltanto nel 1543 fu avanzata una spiegazione per la precessione degli equinozi. Nel suo libro De Revolutionibus, Copernico avanzò l'ipotesi che la Terra rotasse attorno al Sole e che rotasse su se stessa su a un asse inclinato di 23,5 0 rispetto all'eclittica. Nel suo modello dell'Universo, la precessione degli equinozi era dovuta al fatto che l'asse della Terra descrive lentamente un cerchio, come è indicato nella figura 15.3. Via via che l'asse si sposta, la stella verso cui sembra essere orientato, e cioè la stella polare, sembra spostarsi anch'essa finché non viene sostituita da un'altra. Copernico giunse alla conclusione che la velocità di precessione è pari a circa 52"/a, che corrispondono a un periodo di precessione di 26 000 a. Al tempo di Newton, questa spiegazione descrittiva della precessione degli equinozi era ben documentata. Però, la causa fisica rimase un mistero fmché lsaac Newton non risolse questo grande problema astronomico, la cui chiave sta nel giroscopio.
più semplice è una ruota libera di rotare su se stessa attorno a un asse, detto asse giroscopico. Una trottOlaTuiialiroesempl()~~r~t:g~<:QP10:... -.... ......... . La figura rs:4a'mostra ul:!aJUota dibicicletta..non.Iotante,...dLmassa..J:21,.-posta nel centrodi un asse di sostegno orizzontale di massa trascurabile, disposto lungo l'asse x. Inizialni.entè,l;asse dI sostegno è sostéiìiiioa ·entiam6rgfrestreriirO~('i.:f':~Se.. si toghe Il sostegn6P-;1rìiiomeiiio generato dal peso m,g e, cos( facendo, la fa rofareìii-sensoaiitiòrario attorno ali'asse:V; coni.e è indi;;ì;;;-;Ii-;;·figura 15.4O;aove1lcruotllè·osservata1ìingo··iIseliifasse··jrpositlvo:---·-- .." - - - - -
ricadere·la: ·ruota
y
F1 "'-..
-mgk
·x
(al
15.2 IL GIROSCOPIO
Prima di essere in grado di spiegare la precessione degli equinozi, dobbiamo capire la fisica che sta alla base di un tipo di moto detto precessione giroscopica. Il giroscopio
p
x
(bl
Figura 15.4 (a) Asse sostenuto a entrambi gli estremi. (b) Il sostegno·in P è stato tolto.
Se la stessa ruota viene posta in rapida rotazione attorno al suo asse, come è ind~l!i!. .!!gura 15.5,.iLVJ.9.duc.e.UJLfeuoffit'?!10 straorctmano quando SI togHe il sostegno situato in P: la ruota Don cade come prima;iiéiisfi;asse-iiman:epressoché orizWntaiée"commc[i :i.-rotare;-ossfà ii"iIiùdversi con Un movimérito -"
arprecesSTone, '.,
-~'"
,~_._._'~-'--'-
o y
lfjJi. ,~~\, '. j)i/) .j \\:\
" ", .........._
f
~- precessione
Figura 15.2
La sfera celeste, in cui sono indicati l'eclittica e lo zodiaco.
Figura 15.5 Una ruota in rapida rotazione su se stessa non cade, ma presenta un movimento di precessione.
331
332
15. GIROSCOPI
15. GIROSCOPI
attorno all'asse z, come è indicato nella figura 15.5. Ques~q~.2!~2Pparentemente parao6Ssale;dettO precess{onegiroscopiCiì,Tuna 9Q!!i~g~enza 4~~J;!l2m~~tQ.della forza di gravità, agente mòmeniodéiiaq~~niità 4.imoto della ,ruotaill rotazione. Quando la ruota non:rotante"deÌla figura 15.4 comincia a cadere, possiamo calcolare lTSmr-nrom:eIlfO(fi""fOrzarispéUo"a-O-rtennoao"seguellte.Sia ai il vettore che "congiiingeO"'con'lIcentro'dCmassa d"ellaruota. Quando sÌtogIi""i.ÌI sostegnolnP, il mo~~I!l~ dnorzahaÌCviìfQre iniziale' . ._, _ .... "' ---'---.
sui
M = (al) A (- mgk) = amg(k A I) = amgJ ---,---_."--_._Quando l'asse di sostegno è caduto di un angolo e rispetto all'asse x, dove O :s rtl2, il corrispondente 'momento di forza rispetto a -O è " . -" . M
= [(a cos eli] A (-
mgk)
La relazione tra i vettori M e L in questo moto è sorprendentemente simile alla relazione tra i vettori F e p nel moto circolare uniforme, come è illustrato nella figura 15.7. moto circolare uniforme
G"
e :s
CF
F =dp{dl
= (amg cos e)I
p e
M =dLldt
F sono costanti
L e r sono costanti
F .L p, ruota p
Questo momento di forza è la derivata temporale di qualche vettore momento della "' _. qùantità di moto Lo,
-----------.
precessione giroscopica uniforme
M .L L, ruota L
Figura 15.7 Analogia tra moto circolare uniforme e precessione giroscopica uniforme.
M = dLo
dt
dove Lo halo stesso orientamento di M (parallelo al piano della ruota) poiché Lo = O quando t = O. .... Supponiamo ora di l':.0rre in rotazio.ne.Ia ruota con velocità angolare costante nel verso antioriiiIo; co;;~è indic~tonellafigur~'15~5: primachè ~engatoliO'il sostègno in P. Ciò impartisce alla ruotaun m0!!1~llto.della.qt!a.Ì!1il
Esempio 1 Su un giroscopio in rotazione nello spazio con momento della quantità di moto L, agiscono due forze uguali e opposte F, indicate nel disegno, equidistanti dal centro di massa situato in O.
A
F
L
y
-"
M=dL
(13.4)
..
Perciò, L, un vettore di modulo costante, avente la direzione dell'asse di rotazione, deve variare nella direzione di M, che è ori~zontale. Perciò, l'asse di rot~ri;;-ne si m~-;;--;;unmovimimto dlpreèessfòiie orizzontale, ailzichécadere:LdescÌ'ive un cerchio. Meiiirehlssedescì-i'leqltestQ cerchio in rispostaaLmòmento léllà:forza di gravità, la direzione diL varia e la direzione di M, essendo perpendicolare a L, v
,M
/
(a) Qual è il momento, rispetto a O, delle forze agenti sul giroscopio? (b) Nell'istante indicato nel disegno, in quale verso si sta muovendo l'estremo A in conseguenza della precessione? (a) Mediante la relazione M = r /\ F, possiamo trovare l'orientamento del momento di ciascuna forza usando la regola della mano destra. Il momento della forza di gravità rispetto a O è nullo. Ciascuna forza F genera un momento rft nella direzione z. Perciò, il risultante dei momenti di queste forze è M
=
2rft
(b) Poiché il vettore momento della quantità di moto tenta di seguire il momento delle forze, l'estremo A si muove insieme a L. Il moto di precessione è tale che L descrive un cerchio nel piano yz; perciò, A si muove in senso antiorario quando è osservato dal semiasS"e x positivo. In altre parole, le forze orizzontali fanno balzare nella direzione verticale l'asse del giroscopio! È importante notare che, sebbene il risultante delle forze che agiscono sul giroscopio sia nullo, il risultante dei momenti delle forze non è nullo. Ricordiamo che due forze uguali in modulo ma opposte in orientamento, e non aventi la stessa retta d'azione, costituiscono una coppia: una coppia di forze produce rotazione senza accelerazione del centro di massa.
L
Figura 15.6 Il vettore momento della quantità di moto L tenta di seguire il vettore momento della forza M.
Ora che ci siamo fatti un'idea della causa del moto giroscopico, prendiamo in considerazione ancora una volta il momento della quantità di moto, oltre che l'ener-
333
334
15. GIROSCOPI
15. GIROSCOPI
Figura 15.8 Nella nutazione, il centro di massa di un giroscopio descrive una traiettoria come quella indicata.
gia associata a questo tipo di moto. Queste considerazioni ci forniranno un punto di vista alternativo che ci permetterà di determinare un comportamento più generale della precessione uniforme ottenuta poc'anzi, tra cui altri particolari del moto. Nella precedente descrizione della precessione giroscopica abbiamo trascurato Lo e abbiamo supposto che tutto il momento della quantità di moto del giroscopio sia costituito puramente da un momento della quantità di moto di spin, giacente nel piano orizzontale xy. Ma, quando togliamo il sostegno in P di un giroscopio reale, osserviamo che l'asse si inclina lievemente verso il basso, cosicché L ha ora una componente verticale -Lz, oltre che componenti orizzontali. Non essendoci un momento di forza che produca un momento della quantità di moto nella direzione z, qualsiasi momento della quantità di moto in quella direzione si deve conservare. Come avviene? Per conservare il momento della quantità di moto nella direzione verticale, il giroscopio ruota in modo da creare un momento della quantità di moto che equilibri la componente verticale verso il basso -L,. La risultante rotazione dell'asse del giroscopio attorno all'asse z è semplicemente la precessione giroscopica ottenuta precedentemente con un ragionamento di verso. In conformità con il nostro risultato precedente (figura 15.5), ha un verso tale che il momento della quantità di moto associato a essa sia orientato secondo la direzione z positiva. (Si ottiene questo orientamento se L è rivolto verso l'esterno lungo l'asse del giroscopio, come nella figura 15.5; se la ruota è fatta girare nel verso opposto, la precessione si inverte.) Anche l'energia del giroscopio si deve conservare. Alla precessione del giroscopio è associata un'energia cinetica, e tale energia deve provenire da qualche parte. La sorgente è una variazione dell'energia potenziale gravitazionale del centro di massa: quando il centro di massa si abbassa lievemente mentre il giroscopio si inclina inizialmente verso il basso, l'energia potenziale gravitazionale del centro di massa diminuisce, e questa diminuzione dell'energia potenziale si manifesta come energia cinetica della precessione del giroscopio. I! moto di questo giroscopio semplice presenta ancora altre complessità. Consideriamo ciò che accade al centro di massa. All'inizio, il centro di massa giace nel piano xy della figura 15.5. Quando il giroscopio viene abbandonato a se stesso, il centro di massa si abbassa lievemente mentre comincia la precessione. La nuova (più bassa) quota del centro di massa corrisponde a un equilibrio stabile, ma il giroscopio non è partito in una posizione di equilibrio stabile. Come abbiamo visto nel capitolo 12, u!l_s~.tem
Impartendo una lieve velocità al giroscopio quando lo si lascia libero, si aumenta l'energia cinetica del giroscopio e gli si comunica una componente verticale non nulla del momento della quantità di moto, Lz. Sulle prime, si potrebbe pensare che questa aggiunta di energia e momento della quantità di moto permetta che la precessione abbia luogo senza inclinazione verso il basso o nutazione. Però, il moto del giroscopio lasciato libero deve ancora conservare l'energia e Lz e, se la velocità orizzontale iniziale è molto piccola, questa velocità non è in grado, da sola, di fornire energia o Lz sufficienti per la precessione. Perciò il giroscopio deve ancora abbassarsi un po' e darà luogo al movimento di nutazione per le ragioni citate prima. Se la velocità iniziale ha lo stesso verso della precessione, la nutazione consisterà in oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio stabile, le quali sono maggiormente «stirate» lungo la traiettoria del centro di massa, come è illustrato nella figura a lato. Se si aumenta alquanto la velocità orizzontale iniziale, il giroscopio non ha necessità di abbassarsi così tanto e ie oscillazioni hanno un'ampiezza minore. Aumentando ancora la velocità orizzontale iniziale, si raggiunge una particolare velocità orizzontale iniziale che comunica al giroscopio esattamente l'energia cinetica e l'L, che sono necessarie per il moto di precessione senza nutazione.
Esempio 3 Questo esempio descrive un altro paradosso apparente relativo al moto giroscopico. Prendiamo la ruota di bicicletta della figura 14.4a, montiamo i sostegni in O e P su una piattaforma girevole come è indicato nella fIgura, e poniamo la ruota di bicicletta in rotazione con velocità angolare costante. La ruota acquista momento della quantità di moto di spin, L, lungo l'asse.
L
~ l IF
Fpl
mg
o
Se la piattaforma non ruota, questo vettore L rimane costante e il risultante dei momenti delle forze dLldt è O. Ciò è prevedibile, poiché, se l'asse ha lunghezza 2a, le forze di contatto Fo e F p sono ciascuna uguale a ~mg e il risultante dei momenti delle forze rispetto al centro dell'asse è, in modulo Foa - Fpa = O
Supponiamo ora di fare rotare la piattaforma 'con velocità Gostante il attorno all'asse z; come,è:indicatodaila figura. Nasce u~ nuovo paradosso. Le forze di contatto Fo e F p non sono più uguali! La ragione è il fatto che il momento della quantità di moto della ruota varia a causa della rotazione della piattaforma girevole e, per mantenere questa variazione del momento della quantità di moto, si rende necessario un momento di forza, la qual cosa significa che Foa - Fpa non è più O, e quindi Fo F p. Dimostreremo che, al crescere di n, Fo cresce mentre F p decresce e, in realtà,
*
Esempio 2 Si supponga che, invece di lasciare libero un estremo di un giroscopio rotante orientato orizzontalmente, si impartisca una lieve velocità orizzontale a questo estremo mentre lo si lascia libero. Si descriva la nutazione prevista.
Fo=lmg 2
Ln
l +2~
a
e
F p = ~ mg- 1
Ln
2 -;;-
(15.1)
Mentre la piattaforma ruota, il vettore momento della quantità di moto L della ruota
------
~ /
/
335
336
15. GIROSCOPI
15. GIROSCOPI
n
in rotazione ruota con la stessa velocità angolare, ma conserva il suo modulo costante L. In un intervallino di tempo 4.1 la piattaforma ruota di un angolo 4.ep e il vettore L varia diventando L + 4.L, dove /:;L, il modulo di 4.L, è circa L 4.ep, come è indicato dalla figura che accompagna questo esempio. Perciò,
l",
~
I
(
,----
.............
_--
""'-V,6...----C.M.
= L 4.ep 4.1 4.1
/:;L
e, per 4.1 - O, troviamo
M= dL =L dep =Ln di di Poiché L ha modulo costante, dL/dl è perpendicolare a L e quindi il momento di forza M è perpendicolare all'asse, con modulo Ln. D'altra parte, questo momento di forza ha modulo uguale a (Fo - Fp)a, e quindi (Fo - Fp)a = Ln; perciò, F -F = Ln o p a
e
Fo + F p = mg
Sommando e sottraendo queste equazioni, otteniamo la (15.1). Ciò dimostra che, quando la piattaforma girevole ruota, in O e in P si esercitano forze di contatto disuguali. Supponiamo ora di scegliere n in modo che Ln/a = mg. Allora l'equazione (15.1) indica che nel sostegno in P la forza di contatto è nulla e quindi questo sostegno può essere eliminato. Abbiamo quindi una situazione simile alla precessione giroscopica descritta precedentemente. Se si aumenta n in modo che Lilla> mg, la forza di contatto in P diventa negativa, mentre il sostegno in O preme sulla piattaforma con una forza maggiore di mg.
Il precedente esempio dimostra che, se un vettore momento della quantità di moto, di modulo costante L, varia la propria direzione con una velocità angolare costante n, si rende necessario un momento di forza Ln per mantenere il moto. Non importa da dove proviene questo momento di forza. Potrebbe essere prodotto dalle forze di contatto, come nel precedente esempio, oppure da qualche altra fonte esterna, ma da qualche parte ci deve essere un momento di forza.
15.3
VELOCITÀ ANGOLARE DELLA PRECESSIONE
Scopriamo ora che cosa determina la velocità angolare di precessione di un giroscop~nament(q50ne-iiireIaiioil.e·ravaOCiraal'Pfecessione'<::(JIr-il-mcrnrentO di forza ed è connesso con l'esempio 3. Precedentemente abbiamo descritto la precessione come la rotazione del vettore momento della quantità di moto L, come è indicato nella figura 15.9. A causa di un momento costante della forza di gravità, un giroscopio ha un.m.Q:tQ..Qi:::ID:ecessWne còì1ùiia certa velocità angolare"di preéessiòne n. Consideriamo il vettore momento d:eJla quantitf di moto agli istanti I é I + M, come è indicato néìfiifiiuraI5.9. Il 'modùlo della piccola variazione del vettore momento della quaìiiitàdfmoto 11111 è dato con ottima approssimazione da --~-"--'~"
11111
= (L sin a) 4.ep
Figura 15.9
Precessione di un giroscopio.
Passando al limite M - O, troviamo che la derivata temporale del modulo del vettore momento--della-ql1lilffilàufmotoè----·-·· .. .... . .. --..----.. - - - --.'--- _... ---"~-- -----)
dLl= liml4.L!=limLsina 4.ep =Lsina dep .1-0 4.1 01-0 4.t . ... di
(15.2)
! di
La .
-~
(15.3)
QuestaJ:elazione può. essere verificata facilmente poiché .dL!dT è'perpendicolare sia a-9-sia-a-L.ed è in ogni istante. tangente al cerchio descritto.dall'estremod~.L.. Perciò, i vettQ!i.dLLdt.en 1\ L hanno lo stesS9,.mQ9)J1o.e l().,stesso orientamento.
Esempio 4 Considerando un punto materiale su una sfera di raggio r che ruota con velocità angolare ro, si dimostri che A=rol\r di dove r è il vettore posizione del punto materiale. Facendo un confronto con la figura 15.9, vediamo che questo problema di rotazione uniforme è completamente analogo, sotto l'aspetto cinematico, alla precessione giroscopica uniforme, con r analogo' di L e ro analogo di n. Il risùltato è perciò l'analogo dell'equazione (15.3):
dove 4.a è l'angolo di cui l'estremo di L si muove nell'intervallo di temm. AI, a è l'angolo tra L e l'asse di precessione, e L sin a è il raggio del cerchio descritto dal.' l'estremo di L. Perciò, abbiamo
A=rol\r di
I~
Per esempio, se r giace sull' «equatore», il modulo di dr/di è v = ror, un risultato ben noto dal moto circolare uniforme, e la direzione è perpendicolare sia a ro sia a r.
! = (L sin a) 4.ep M
~
337
338
15. GIROSCOPI
15. GIROSCOPI
Più generalmente, la relazione dAJdt = ID /\ A vale per qualsiasi vettore A che subisca una rotazione uniforme con velocità angolare ID.
Poiché il momento di forza è u!luale alla derivata tem"'pgr.!!1c;A~1.mQm!~J)t9 della
~~~t.i!~.~il!l2!<2Yl!quai:ione che descrive la pr~cessio;:;e di un giroscopio è M=dL=n/\L
possiamo rendere ID la massima possibile, cioè fare rotare il giroscopio a velocità estremamente alta. Inoltre, possiamo rendere grande 11m concentrando la massa il più distante possibile dall'asse di rotazione. Qual è la bontà dei giroscopi migliori? La risposta esatta è probabilmente un segreto militare, ma si stima che i migliori giroscopi utilizzati nei sistèmi di guida inerziale abbiano una precessione di circa 100"/d (circa 0,03°/d).
(15.4)
15.4
Dalla figura 15.9 vediamo che il momento, rispetto al punto di sospensione, della forza di gravità è =
R /\ mg
dove R è il vettore che congiunge il punto di sospensione con il centro di massa e m è la massa della ruota. Il modulo di questo momento è M= mgR sin
e
[Come abbiamo visto precedentemente, il modulo di dLldt è iidLI 1.. dr
= fiL sin
e
.
!
.~~ [poiché queste due espressioni sono uguali, possiamo risolvere rispetto al modulo della
/~~~ y,
!velocità angolare di precessione:
l
O=
I \
mgR
Tra i numerosi e sconcertanti misteri che Isaac Newton eliminò dalle pagine della storia ci fu la precessione degli equinozi. Nei suoi Principia, Newton offre una spiegazione della precessione osservata, basandosi sulla propria dinamica La sua penetrante intuizione fu l'avere capito che la Terra stessa si comporta come un giroscopio. Di solito consideriamo che la Terra sia all'incirca sferica. Se fosse realmente sferica, il Sole (o la Luna) non sarebbero in grado di esercitare su di essa un momento di forza rispetto al suo centro, poiché la forza del Sole (o della Luna) agisce sul centro di massa coincidente con il centro della Terra. In questa approssimazione, il momento della quantità di moto della Terra rotante su se stessa ha sempre lo stesso orientamento. Però, se analizziamo più attentamente la Terra, troviamo che non si tratta di una sfera perfetta a causa della sua rotazione, che la fa rigonfiare all'equatore, come è indicato, in modo esagerato, nella figura 15.10. L'ampiezza di ciascun rigonfiamentO all'equatore è pari a circa 1/300 del raggio polare della Terra; ciò corrisponde, all'equatore, a una deviazione di 21 km dal raggio di una sfera perfetta.
(15.5)
L
È importante notare che questo risultato è già stato ottenuto per un caso particolare nell'esempio 3. Il denominatore L che compare nell'equazione (15.5) può essere espresso in funIzione della velocità angolare O) e del momento d'inerzia l del giroscopio rispetto al ISUO asse di rotazione, 'II
I
!L = fw
(14.9)
le quindi la 05.5) diventa
in
LA TERRA COME GIROSCOPIO
= mgR
(15.6)
-~ --------~ Q-__~l!!~ ~ Ir (a)
FA~
____ ~-
,r /
(bl
Figura 15.10 Le forze che agiscono sui rigonfiamenti equatoriali (a) in estate e (h) in inverno. !l loro momento ha lo stesso orientamento in entrambi i casi.
lO)
i
Per esempio, il momento d'inerzia di una ruota di bicicletta di raggio r rispetto lal suo asse di rotazione è all'incirca
j=
mr-
IpOiChé quasi tutta la massa è concentrata nel cerchio e nel copertone. Perciò, per un !giroscopio idealizzato costituito da una ruota di bicicletta, possiamo esprimere la . [velOcità angolare di precessione nella forma
/g
= ~2
wr In molte applicazioni pratiche, un giroscopio è sospeso attorno al suo centro di massa in modo che il momento della forza di gravità non provochi la precessione del dispositivo. Quando vengono eliminati i momenti di forza, il momento della: quantità di moto L del giroscopio equilibrato conserva il proprio orientamento rispetto a un sistema di riferimento inerziale. È uno dei principi sfruttati nella girobussola e nei sistemi di guida inerziali. In pratica, non si riesce a ottenere un equilibrio perfetto e quindi il giroscopio presenta una deriva. Per ridurre al minimo n, oltre all'evidente accorgimento di ridurre al minimo la distanza R tra il punto di sospensione e il centro di massa,
Inoltre, l'asse di rotazione della Terra forma un angolo di 22,5° rispetto al piano della sua orbita. Di conseguenza, il rigonfiamento è orientato asimmetricamente come è indicato nella figura 15.10. Benché la forza del Sole non eserciti un momento su una distribuzione sferica di massa, essa esercita un momento rispetto al centro dei rigonfiamenti. Ne risulta un momento di forza M uscente dal piano della figura 15.lOa. Poiché la precessione si svolge molto lentamente (impiega26 000 a per compiere un giro), al momento in cui la Terra presenta l'altro lato al Sole i rigonfiamenti non si sono pressoché mossi. Perciò, quando la Terra presenta l'altro lato al Sole 6 mesi dopo, come è illdicato nella figura 15.IOb, la forza che si esercita sul rigonfiamento più vicino al Sole è più intensa e crea un momento avente lo stesso orientamento (come si può verificare facilmente con la regola della mano destra). La forza della Luna esercita un analogo momento sulla Terra (pressoché con lo stesso orientamento, poiché la Luna si muove pressoché nel piano dell'eclittica). Poiché la Terra ruota su se stessa da ovest a est, il suo momento della quantità di moto di rotazione è orientato verso il Polo Nord. Il momento di forza agente sulla Terra in rotazione su se stessa causa una precessione in cui l'estremo del vettore momento della quantità di moto descrive una traiettoria circolare da est a ovest, come è indicato nella figura 15.11, un fenomeno che si osserva come precessione degli equinozi. Nei Principia, Newton, oltre a spiegare il verso della precessione, stimò la sua velocità in 51 "la, un risultato che differisce meno del 10% dal valore osservato.
339
340
IO. \;1lnV;:'vVt"'1
341
15. GIROSCOPI
sostegno in B viene tolto, si descriva il moto di precessione. Che cosa accade se invece viene tolto il sostegno in A?
3. Si immagini un giroscopio in rotazione nello spazio esterno. A un certo istante, il momento della quantità di moto intrìnseco è orientato secondo il semiasse x negativo, come è indicato nel disegno. Due forze aventi lo stesso modulo ma orientamenti opposti agiscono agli estremi A e B, rispettivamente. In conseguenza della risultante precessione, l'estremo A si muove nel piano xy nella direzione y positiva. (a) Qual è l'orientamento del momento, rispetto a O, delle forze agenti sul giroscopio? (b) Quali' sono gli orientamenti delle forze agenti in A e B? 4. La fotografia (cronofotografia) che accompagna questo problema mostra il moto
dell'estremo di un giroscopio soggetto a nutazione, eseguita con una sorgente di luce stroboscopica. Mentre percorre i cappi, esso torna indietro sul proprio cammino, come è indicato dalle frecce. Questa nutazione è stata ottenuta impartendo una piccola velocità all'estremo del giroscopio quando è stato lasciato libero. Rispetto al movimento di precessione dell'estremo del giroscopio, qual era l'orientamento della velocità iniziale? Si spieghi il ragionamento. Figura 15.11
Precessione degli equinozi.
15.5 CONCLUSIONI
Il giroscopio è un dispositivo strano, divertente e importante. Ciò che forse è ancora più strano e più sorprendente è il fatto che Isaac Newton stesso capì come funzionava e riuscì a spiegare la precessione degli equinozi. Per la maggior parte di noi, questo particolare sÌ è perduto nell'immensità dei più importanti risultati di Newton; ma, se qualcun altro che non avesse fatto altro nella vita fosse riuscito in questa impresa, oggi lo ricorderemmo come uno scienziato importante. Un giorno del 1684, Newton riferì casualmente a un giovane amico di nome Edmund Halley di avere scoperto che una forza inversamente proporzionale al quadrato della distanza conduceva a orbite aventi la forma di sezioni coniche. È difficile immaginare ciò che provò Halley in quel momento. Avere Newton come amico non doveva essere rilassante nel migliore dei casi, ma Newton gli aveva appena detto di avere scoperto la chiave dell'Universo. Halley persuase l'amico a pubblicare questo risultato, cosa che Newton finì per fare. Ed era davvero la chiave dell'Universo, benché l'Universo noto allora fosse più piccolo di oggi. Nei due capitoli che seguono, il nostro compito sarà di girare quella chiave.
Problemi
Precessione giroscopica
.-G~
~,
1. (a) Si supponga di avere due giroscopi di dimensioni identiche, uno dei quali abbia però una massa doppia di quella dell'altro. La velocità angolare di precessione del giroscopio avente la massa maggiore sarà maggiore di, minore di, o uguale a quella dell'altro? Perché? (b) Si considerino i due giroscopi della figura. Hanno masse uguali e ruotano attorno ai loro assi con la stessa velocità, ma la distanza del centro di massa del giroscopio A dal punto di sospensione è il doppio della corrispondente distanza del giroscopio B. Qual è la relazione tra le loro velocità angolari di precessione? 2. Il momento della quantità di moto del giroscopio schematizzato nella figura che
accompagna questo problema è orientato secondo il semiasse x negativo. Se il
Da: D. Kleppner, R. J. Kolenkow, An Introduction Co., New York, 1973
lO Mechanics,
McGraw-Hill Book
5. Tutti sanno che per girare a destra in bicicletta bisogna inclinarsi verso destra.
Facendo riferimento al momento di forza e alla precessione della ruota di bicicletta, si spieghi in che modo questa inclinazione fa girare la bicicletta.
Usi della stabilità della rotazione 6. Perché un frisbee in rotazione su se stesso è più stabile in volo rispetto a uno che
non ruota? (Per la stessa ragione, ai proiettili viene impressa una rotazione attorno al loro asse quando escono dalla bocca dell'arma.) 7. Si supponga che un fisico scherzoso metta nella propria valigia un pesante volano in rotazione. Se un fattorino d'albergo trasportasse questa valigia nel modo indicato, con il momento della quantità di moto di rotazione orientato secondo la direzione x negativa, e all'improvviso girasse a sinistra (nella direzione x negativa), che cosa accadrebbe alla valigia? 8. Secondo Galileo e il principio d'inerzia, il moto uniforme secondo una direzione
costante non può essere rivelato. Ciò significa che, se ci trovassimo in una stanza sigillata priva di finestre, non saremmo in grado di stabilire, per mezzo di un'esperienza eseguita totalmente all'interno della stanza, se siamo in quiete o ci muoviamo con velocità (vettoriale) costante. Ma, se avessimo un giroscopio nella stanza, saremmo in grado di rivelare la rotazione della Terra. Come?
Velocità angolare di precessione 9. La velocità di precessione di un giroscopio giocattolo aumenta via via che l'attrito agente sull'asse rallenta la rotazione. Si spieghi perché.
/0
A
L~ z
x
342
15. GIROSCOPI
10. Un semplice giroscopio, costituito da una ruota di 3,0 kg di massa e 0,2 m di raggio, ruota a una velocità angolare di 100 rad/s. La distanza del centro di massa dal punto di sospensione è 0,6 m. Si trovi il valore della velocità angolare di precessione se (a) tutta la massa della ruota è concentrata nel cerchio, (b) la ruota è un disco pieno di massa volumica uniforme. 11. Si faccia riferimento all'esempio 3 della sezione 15.2. Quali cambiamenti bisognerebbe introdurre nell'analisi se il sostegno in O non si trovasse nel centro della piattaforma? Quali se i due sostegni fossero disposti simmetricamente rispetto al centro?
La Terra come giroscopio 12. Se il momento della quantità di moto della Terra rispetto al suo asse è 7, l 1033 kg m 2/s, e la velocità angolare osservata di precessione degli equinozi è 46,74"/a, qual è il momento delle forze esercitate sulla Terra? Costruiamo un modello molto semplificato, in cui questo momento è dovuto interamente all'azione del Sole su due placche attaccate all'equatore di una Terra altrimenti sferica. Le due placche sono identiche e una è applicata sul lato più vicino al Sole e l'altra sul lato più distante. Se la distanza tra le placche è di 13000 km (il diametro della Terra), si stimi la massa che ciascuna placca deve avere per dare il momento delle forze trovato prima. Se ciascuna placca è un disco circolare avente uno spessore di 20 km e una massa volumica di 5 g1cml, si trovi il suo raggio.
O
-,
Terra
,111/
::-2~or
----------D~
. . . . . . . .J........
/'1\'
-,
Sole
CAPITOLO 16
LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE Arrivai a sfiorare la pazzia nel considerare e calcolare la questione. Non mi riusciva di scoprire perché il pianeta [Marte) avrebbe percorso un'orbita ellittica. Oh assurdo! Come se la librazione sul diametro non potesse essere anch'essa la via per giungere all'ellisse. Così si impadronì di me di colpo l'idea che l'elisse esiste a causa della librazione. Con ragionamenti dedotti da principi fisici in accodo con l'esperienza, per l'orbita del pianeta non resta altra figura che un'ellisse perfetta. '" Perché non drovrei parlare senza mezzi termini? La verità della Natura, che avevo respinto e scacciato, ritornava di soppiatto dalla porta posteriore, mascherandosi per essere accettata. Vale a dire, misi da parte [l'equazione originale), e mi ridedicai alle ellissi, credendo che questa fosse un'ipotesi del tutto diversa, mentre le due, come dimostrerò nel prossimo capitolo, sono la stessa.... Pensai e ricercai, fino a diventare quasi pazzo, per quale ragione.il pianeta preferiva un'orbita ellittica.... Ah, che sciocco sono stato! Johannes Kepler, Astronomia Nova (1609)
16.1 LA RICERCA DELLA PRECISIONE Non molto tempo dopo che Copernico ebbe pubblicato il suo libro rivoluzionario, Tycho Brahe (1546-1601) presentò una moltitudine di nuove informazioni che, nonostante le sue intenzioni, offrivano un sostegno di importanza cruciale all'ipotesi copernicana. A quei tempi, l'acceso dibattito tra il sistema copernicano e quello tolemaico non si svolgeva più soltanto a parole: le osservazioni e le misurazioni esatte avevano una nuova importanza. Tycho comprese la necessità di osservazioni astronomiche più precise e di strumenti per compierle e, a questo scopo, costruì giganteschi strumenti di misurazione sull'Isola Ven, in Danimarca. Prima del tempo di Tycho, le posizioni dei corpi celesti erano note con una precisione di circa lO' (minuti di arco). Le accuratissime misurazioni di Tycho ridussero questa incertezza a circa 2'. Il suo contributo, in qualità di astronomo, era basato su di un metodo di osservazione che sarebbe stato superato dieci anni dopo la sua morte, quando fu inventato il telescopio, che avrebbe trasformato per sempre l'astronomia. Tycho era un signore danese di cattivo carattere, che rimproverava i re, tormentava i contadini, ostentava un naso d'argento (avendo perso il suo in un duello giovanile per questioni di matematica) e aveva un nano chiaroveggente come giullare e un un'alce addomesticata che una notte si ubriacò, ruzzolò dalle scale, si ruppe una zampa e morì. Tuttavia Tycho era un maniaco della misurazione, un uomo meticolosamente preciso che aprì una nuova epoca di osservazioni nella scienza. I principi europei facevano a gara per assicurarsi i servizi di Tycho come astro-
QVADRANS SI\'F. l'/CHOX\CUS,
Figura 16.1 Tycho seduto al suo gigantesco quadrante (per cortesia degli Archi ves, California Institute of Technology).
343
344
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
nomo e astrologo di corte. Il re Federico II di Danimarca mise a disposizione di Tycho !'Isola Ven, allargo della costa del suo regno. Ivi Tycho costruÌ Uraniborg, un osservatorio sulla sommità di una collina, che ospitava anche un mulino a vento, una cartiera, peschiere e una prigione per i contadini riottosi, nonché officine per gli artigiani che costruivano i suoi magnifici strumenti. Questi venivano costruiti a una scala enorme; uno dei suoi quadranti, per esempio, aveva un diametro di 15 m e conteneva un ritratto a grandezza naturale di Tycho seduto al suo quadrante. A Uraniborg, Tycho teneva corte come un signore, piuttosto che come uno studioso. Mangiava e beveva smodatamente e nei momenti di stravaganza si toglieva il lucente naso d'argento per frizionare con un unguento i resti del vero naso. Quando i suoi feudatari si lamentavano dei maltrattamenti, li gettava in prigione. E, quando il giovane re Cristiano IV ridusse i suoi benefici, Tycho, indignato, abbandonò il paese. Ma a Uraniborg aveva determinato la posizione di 777 stelle e migliorato le misure di Marte con tale precisione che le misure odierne hanno portato soltanto un ritocco marginale. A Praga, nel 1587, Rodolfo II, re di Boemia e imperatore di Germania, aveva accolto Tycho nella sua corte come matematico imperiale con il più pingue stipendio del reame. Il 1° gennaio 1600, Keplero, protestante impoverito, abbandonò la città cattolica romana di Graz trasferendosi a Praga per unirsi al grande Tycho. Tycho e Keplero sapevano di avere bisogno l'uno dell'altro. Keplero, per perfezionare la propria cosmologia teorica, il lavoro a cui aveva dedicato la vita, aveva bisogno dei superbi dati astronomici di Tycho. Si mostrò insolente e offeso quando Tycho si rivelò disposto a comunicargli soltanto poche osservazioni di cruciale importanza. E Tycho, per organizzare i propri dati in una forma utile, aveva bisogno del genio matematico di Keplero: avvertiva che la sua speranza di fama durevole poggiava sulla penetrante intelligenza di Keplero. Questo tenue rapporto durò 18 mesi, ma Tycho non svelò mai i suoi segreti. . A un banchetto, Tycho bevve eccessivamente e poi trattenne troppo a lungo l'urina. Insorse un'infezione delle vie urinarie che in II giorni lo condusse alla morte. Le sue ultime parole a Keplero furono: «Non mi fare sembrare di avere vissuto invano)).
16.2 LEGGI DI KEPLERO Nel periodo titanico in cui il mondo aristotelico veniva sostituito dall'Universo copernicano, Tycho non credeva in nessuno dei due, avendo un proprio modello dell'Universo: la teoria ticonìca, illustrata nella figura 16.2. Secondo la teoria di Tycho, la Terra era immobile nel centro dell'Universo e il Sole rotava attorno alla Terra, con tutti i pianeti rotanti attorno al -Sole. Tycho credeva fermamente nel suo modello e sperava che Keplero avrebbe costruito su di esso il suo Universo. Keplero doveva fare esattamente l'opposto, e cioè usare i dati di Tycho per stabilire la validità dell'Universo copernicano. Immediatamente dopo la morte di Tycho, Keplero sottrasse furtivamente i suoi preziosi dati nel timore che andassero perduti nell'assegnazione del suo patrimonio. Rodolfo nominò Keplero nel posto vacante di matematico imperiale, e Keplero finalmente poté sistemarsi e lavorare con i dati di cui aveva tanto bisogno. Nel 1627, Keplero pubblicò una serie completa di tavole basate sui dati di Tycho: le Tabulae rudolphinae. Keplero dedicò i sei anni successivi alla morte di Tycho a una battaglia con il pianeta Marte. Poiché le irregolarità osservate del suo moto erano maggiori di quelle di ogni altro pianeta, il moto di Marte non poteva essere descritto facilmente mediante l'ideale platonico del moto circolare uniforme. Keplero, accettando completamente un Universo eliocentrico, cercava la curva continua regolare che i pianeti descrivevano attorno al Sole. Il problema che aveva di fronte era il fatto che doveva trovare questa curva in base alle osservazioni compiute da una piattaforma mobile, la Terra, che ruota essa stessa attorno al Sole in un modo non uniforme. Nella sua Astronomia nova, Keplero discute il metodo ingegnoso con cui egli
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
Figura 16.2 Il modello ticonico dell'Universo (per cortesia degli Archives, California Institute of Technology).
determinò anzitutto la traiettoria della Terra stessa. Keplero sapeva che la lunghezza dell'anno marziano (l'intervallo di tempo che Marte impiega per percorrere la sua orbita) è di 687 d. Egli usò questa informazione peridentificare le date in cui Marte sarebbe ritornato in un dato punto della sua orbita. Il particolare punto prescelto era il punto M della figura 16.3, quando la Terra nel punto Eo era allineata con il Sole e Marte. Nei 687 d che Marte impiega per ritornare nel punto M, la Terra compie 687/365 = 1,88 rivoluzioni, ossia percorre un angolo di 677°. In altre parole, la Terra compie 2 rivoluzioni complete meno 43°. Perciò, quando Marte si trova di nuovo nel punto M, la Terra si trova nel punto El' Dopo l anno marziano, Marte sarà di nuovo nel punto M, ma la Terra sarà nel punto E2, che dista 43° da El' Localizzando la posizione della Terra nei successivi anni marziani, Keplero riuscì a costruire un diagramma dell'orbita della Terra. Trovò che questa curva era indistinguibile da un cerchio, eccettuato il fatto che il Sole era lievemente spostato rispetto al centro.
EJ
Figura 16.3 Determinazione, da parte di Keplero, dell'orbita della Terra in base alla conoscenza della posizione di Marte in anni marziani successivi.
Il diagramma dcll:.orbillLdella.TelIlLcos1I:uito.da..Kepler.o.Iiv.elava_cheJ.a.Terra si muovepi~·-;.q;idamente quando si trova più vicina al Sole (al perielio). In base a
345
346
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
un'analisi della velocità della Terra in vari punti della sua orbita, Keplero formulò quella che doveva prendere il nome di seconda legge di Keplero (o legge delle aree):
--......
/ I Il raggio vettore che congiunge il Sole con un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali. Come abbiamo visto nel capitolo 13, si può comprendere questa legge considerandola una conseguenza della conservaziòne del momento della quantità di moto. Conoscendo l'orbita e la tabella oraria della Terra, Keplero invertì la sua analisi per trovare la forma dell'orbita di Marte vista dal Sole, servendosi, anche in questo caso, di osservazioni della posizione di Marte separate da l anno marziano. Usando la posizione della Terra nello stesso periodo di successivi anni marziani, Keplero riuscì a effettuare una triangolazione per trovare un punto dell'orbita di Marte, co~e è indicato nella figura 16.3, in cui il punto M veniva stabilito osservando lungo le rette EoM e EIM. Egli era poi in grado di scegliere un secondo punto, per esempio M', la posizione di Marte la volta successiva che la Terra, ora in Eo', era allineata tra il Sole e Marte (figura 16.4). Quando Marte ritornava in M' dopo un altro anno marziano, la Terra si trovava in El', come è indicato nella figura 16.4, permettendo
16, LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
cui erano affetti i dati di cui disponeva Copernico all'incertezza di 2' dei dati di Tycho. Se Copernico non avesse tentato di usare gli epicicli, bensì avesse tentato dì adattare in questo modo l'orbita di Marte a un cerchio, sarebbe riuscito ad adattare in un cerchio le migliori osservazioni che aveva a disposizione. Ma Keplero, lavorando con i dati migliorati di Tycho, non poteva farlo. Di fronte alla scelta di abbandonare l'ideale platonico del moto circolare o di violare le magnifiche osservazioni di Tycho, scelse di credere nelle osservazioni. Dopo mesi di calcoli faticosi, Keplero si rese conto che all' orbita di Marte poteva adattarsi una curva elegante le cui particolari proprietà erano note da centinaia di anni. L'orbita di Marte, capì Keplero, è un'ellisse; in realtà, è un'ellisse anche quella di qualsiasi altro pianeta. Egli formulò così quella che oggi è nota come prima legge di Keplero:
Ogni pianeta descrive un'orbita ellittica, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Ciò che ostacolava la descrizione dell'orbita di Marte come cerchio era la sua grande eccentricità. L'eccentricità è una misura della distanza del Sole dal centro dell'ellisse. Come è illustrato nella figura 16.5, se la lunghezza del semiasse maggiore (metà dell'asse maggiore) dell'ellisse è a, allora il Sole occupa un punto (detto fuoco) 0, esistono due situato a una distanza e dal centro, dove e è l'eccentricità. Se e fuochi equidistanti dal centro. Se e = 0, i fuochi coincidono con il centro della curva, la quale diventa quindi un cerchio. Come è indicato nella tabella 16.1, Marte ha la massima eccentricità tra i pianeti che Keplero poteva osservare.
*
Sole
Tabella 16.1 Eccentricità delle orbite planetarie note oggi e commenti sulle possibilità di osservazione ai tempi di Keplero
Figura 16.4 Triangolazione, da parte di Keplero, per determinare l'orbita di Marte.
una seconda triangolazione per stabilire M'. I dati di Tycho, raccolti in oltre un quarto di secolo, permisero a Keplero di stabilire in questo modo 12 punti sull'orbita di Marte. Egli non riuscì a costringere i punti trovati ad adattarsi in un'orbita circolare, bensì scopri che l'orbita di Marte era ovale, come è indicato nella figura 16.5. Il disaccordo tra i dati e la migliore traiettoria circolare era di circa 8' di arco. A questo punto si dimostrò di importanza cruciale il miglioramento dall'incertezza di IO' da
Pianeta
Eccentricità
Mercurio
0,206
Venere Terra Marte
0,007 0,017 0,093
Giove Saturno Urano Nettuno Plutone
0,048 0,056 0,047 0,009 0,249
Commento troppo vicina al Sole per potere essere osservata con ottima approssimazione circolare piccola eccentricità massima eccentricità tra i pianeti noti a Kepiero in lento movimento (periodo 12 al in lento movimento (periodo 30 al scoperto soltanto nel 1781 scoperto soltanto nel 1846 scoperto soltanto nel 193O
Keplero scoprì molte leggi, tre delle quali risultano corrette. Nascosta tra le pagine della sua opera Harmonices mundi libri V, in un lungo elenco dì ipotesi, c'è quella che oggi è nota come terza legge di Keplero:
Il quadrato del periOdo di un pianeta è direttamente proporzionale al cubo del suo semiasse maggiore.
Figura 16.5 L'orbita ellittica di Marte.
7<$
Ka
'i
In altre parole, ]'2 = ka 3, dove T è il periodo (l'intervallo dì tempo impiegato per percorrere una volta l'ellisse) e k, una costante di proporzionalità, è la stessa per tutti i pianeti. Il nostro compito è ora quello di dimostrare perché le leggi di Keplero' sono valide nel cielo. Nel capitolo 17, le dedurremo dalle leggi del moto e della gravitazione di Newton.
347
348
16. LEGGI
or KEPLERO E SEZIONI CONICHE
16. LEGGI DI.KEPLERO E SEZIONI CONICHE
16.3 SEZIONI CONICHE
Ed7
(a)
Prima di poter dimostrare che le leggi di Keplero derivano dalle leggi di Newton, dobbiamo avere una descrizione matematica dell'ellisse. L'ellisse appartiene a una famiglia di curve che possono essere generate dall'intersezione di un cono con un piano. Le curve che si ottengono tagliando un cono con un piano non passante per il vertice sono dette sezioni coniche o, più semplicemente, coniche. Se il piano secante è parallelo a una generatrice del cono, come nella figura 16.6a, la conica è una parabola. Altrimenti, l'intersezione è un'ellisse o un'iperbole, secondo che il piano secante tagli soltanto una delle falde (parti del cono) o entrambe, come è illustrato nelle figure 16.6b e 16.6c.
F'
F
(b)
(c)
I I I
idirettrice Figura 16.7 Proprietà focali delle sezioni coniche: (a) ellisse: r + T' = cost; (c) parabola: T = r'.
(a)
(b)
(c)
Figura 16.6 Sezioni coniche generate dall'intersezione di un cono e un piano: (a) parabola, (b) ellisse, (c) iperbole.
Si ritiene che lo studio delle sezioni coniche abbia avuto origine nell'antica Grecia, nel tentativo di risolvere un indovinello posto dall'oracolo di Delo. Quando i cittadini sofferentÌ si rivolsero all'oracolo per far cessare una pestilenza che travagliava Atene, ebbero l'ordine di duplicare la grandezza dell'altare cubico di Apollo. I tentativi di farlo usando riga e compasso erano destinati all'insuccesso poiché, come oggi sappiamo, il cubo non può essere duplicato in questo modo. La pestilenza si aggravava. Attorno al 340 a.C., Menecmo trovò due soluzioni usando le sezioni coniche, una facendo intersecare una parabola e un'iperbole, l'altra facendo intersecare due parabole. Forse gli antichi greci avevano studiato le coniche anche in relazione con le meridiane. Apollonio di Perga (262-220 a.c.) scrisse il primo trattato esauriente sulle coniche. Usò un doppio cono per generare l'iperbole e variò l'inclinazione del piano secante per generare le altre coniche. Inoltre, coniò i nomi ellisse, parabola e iperbole. Per la sua opera, meritò il titolo di «grande geometra». Esistono altri modi di introdurre le coniche senza fare riferimento alle sezioni di un cono. Un metodo fà invece riferimento a punti speciali detti fuochi. Il termine fuoco fu preso dal latino (focus, «focolare») da Keplero per designare il punto occupato dal Sole nelle orbite ellittiche. Un'ellisse può essere definita come l'insieme di tutti i punti di un piano tali che la somma delle loro distanze r e r' da due punti fissi F e F' (i fuochi) è costante. Questa definizione dell'ellisse è illustrata nella figura L6.7a. Se i fuochi coincidono, l'ellisse si riduce a un cerchio. Un'iperbole è l'insieme di tutti i punti di un piano per i quali è costante la differenza Ir - r'l, come è illustrato nella figura 16.7b. Una parabola è l'insieme di tutti i punti di un piano tali che la distanza da un punto fisso F (fuoco) è uguale alla distanza da una retta data (direttrice). Ciascuna delle coniche ha proprietà partjcolari che la rendono importante e interessante sotto l'aspetto tecnico. Per esempio, i proiettori delle automobili hanno riflettori paraboloidici (<<parabolici») perché tutta la luce emessa dalla lampada situata
=
cost; (b) iperbole: IT-I I
nel fuoco si rifletta nella stessa direzione, formando un fascio. E i proietti, come sappiamo, seguono traiettorie paraboliche. Le cupole ellittiche permettono al suono generato in uno dei due fuochi di riflettersi interamente nell'altro fuoco, formando una «galleria acustica», comoda per ascoltare di nascosto conversazioni. E Keplero ci ha insegnato che l'orbita di un pianeta è un'ellisse. L'iperbole costituisce la base per vari sistemi di navigazione, uno dei quali è detto LORAN (LOng RAnge Navigation, navigazione a grande distanza). Un ricevitore LORAN collocato su una nave registra le differenza di tempo tra gli arrivi di segnali trasmessi simultaneamente da varie stazioni di radiodiffusione situate in posizioni note. Moltiplicando la differenza di tempo tI - t 2 per la velocità della luce, si ottiene la differenza Ir l - '21 tra le distanze dalle stazioni l e 2. La nave giace in qualche punto dell'iperbole con quella Ir l - r2 1 e con i fuochi nelle stazioni l e 2. Usando le differenze l'l - '31 el r2 - r3 1 tra le distanze delle coppie di stazioni 1,3 e 2,3, rispettivamente, si determinano 4 iperboli, e l'intersezione delle iperboli fornisce la posizione della nave.
16.4 L'ELLISSE La definizione dell'ellisse come insieme dei punti di un piano tali che la somma delle distanze dai fuochi, r + ,', è costante, ci fornisce un metodo pratico per disegnare un'ellisse (costruzione del giardiniere). Prendiamo un pezzo di filo di lunghezza 2a, con gli estremi .fissati a due spilli infissi nei fuochi. Facendo scorrere sul foglio una matita in modo da mantenere teso il filo, si riesce a disegnare un'ellisse come quella della figura 16.8. L'equazione
r + r'
2a
(16.1)
è soddisfatta per ogni punto dell'ellisse. Tra poco descriveremo un'altra equazione che pone in relazione una delle distanze focali r con l'angolo e indicato nella figura 16.8, ma prima forniamo alcune definizioni. Un'ellisse ha un centro di simmetria a metà strada tra i fuochi. Una retta passante per i fuochi interseca l'ellisse in due punti, detti vertici dell'ellisse, ciascuno dei quali si trova a una distanza a dal centro. Il segmento rettilineo che congiunge i vertici è detto asse maggiore e ha una lunghezza 2a. E, come si è già ricordato in relazione con l'orbita di Marte, la distanza tra il centro e l'uno o l'altro fuoco è una certa
349
350
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
r = e(d - r cos a)
Risolvendo rispetto a r, otteniamo ed
(16.2)
r = ----+ e cos a ea
r
I
Figura 16.8 Elementi che specificano l'ellisse.
frazione di a, denotata di solito con ea, dove e è un numero compreso tra O e l, O < e < l, detto eccentricità dell'ellisse.
I tre tipi di coniche sono presentati nella figura 16.10. Poiché cos (-a) = cos a, tutte e tre le coniche sono simmetriche rispetto all'asse orizzontale. Nel caso di un'ellisse, poiché O < e < l, la distanza tra il fuoco e un punto della curva è sempre minore della distanza tra la direttrice e quel punto. In questo caso, la curva taglia l'asse orizzontale in due punti, quando a = oe quando a= 1t. In virtù della simmetria, la curva è chiusa come è indicato nella figura 16.10a.
(a)
R=e
E39Q
16.5 CONICHE ED ECCENTRICITÀ Il concetto di eccentricità può essere usato per presentare una trattazione unificata di tutte le coniche. Una sezione conica può essere definita come una curva descritta da un punto che si muove in un piano in modo tale che il rapporto fra la sua distanza da un punto fisso (fuoco) e una retta fissa (direttrice) è costante. Questo rapporto costante è detto eccentricità ed è denotato con e. Nell'esempio 3 della sezione 16.6 dimostreremo che, nel caso di un'ellisse, questa definizione di e implica quella presentata precedentemente nella sezione 16.4. Se O < e < l, la conica è un'ellisse; se e= l, è unaparabo/a; e, se e > 1, è un'iper-
Q
(b)
F
Q (c)
bo/e.
FP = QP
FP
or=e>l
F
Nella figura 16.9, F denota il fuoco, la retta verticale è la direttrice, P è un punto qualsiasi della conica, Q è il punto della direttrice più vicino a P, e l'eccentricità è il rapporto e FP/QP. Figura 16.10 Le sezioni coniche: (a) l'ellisse ha O < e < I; (b) la parabola ha e - I; (c) l'iperbole ha e > l.
I
Q
I I
Che cosa accade se e = l? La curva è una parabola; per visualizzarla, esaminiamo la sua equazione polare, che ora diventa d
I I
direttrice
Figura 16.9 Costruzione geometrica per. ottenere un'equazione polare delle coniche.
Partendo da questa definizione si può trovare facilmente un'equazione polare per qualsiasi conica che abbia una direttrice verticale. Sia d la distanza tra il fuoco e la direttrice; introduciamo r e a come è indicato nella figura 16.9. Se sia P sia F sono a sinistra della direttrice, come è indicato, abbiamo FP = r
Quando a = O, la parabola taglia l'asse in r = ~d, il punto equidistante dal fuoco e dalla direttrice. Ma, in realtà, non taglia più l'asse. Al crescere di a verso 1t il denominatore 1 + cos a tende a O e la distanza r diventa infinita. In altre parole, la curva si estende a 'distanza arbitrariamente grande dall'asse al crescere di a verso 1t, come è indicato nella figura 16.1 Ob. La metà inferiore simmetrica corrisponde a valori di a compresi nell'intervallo -1t < a < O. Quando e > 1, l'equazione polare (16.2) indica che, quando a = O, l'iperbole interseca l'asse in corrispondenza di r = ed/(1 + e). Anche essa non interseca più l'asse, come possiamo vedere scrivendo l'equazione polare nella forma d
e QP = d - r cos
r = ---+ cos a
a
e quindi la relazione FP = eQP diventa
r = ----l/e + cos a
(16.3)
in cui abbiamo diviso per e il numeratore e il denominatore del secondo membro della (16.2). Il termine lIe che compare nel denominatore è ora minore di 1 e quindi
351
10. Lf:uul DI Kf:f'Lf:HO f: :>f:ZIONI CONICHf:
esiste un angolo particolare Il, compreso fra rel2 e re, il cui coseno è -l/e. Quindi l'equazione (16.3) può essere scritta nella forma
e-
cos
et
°
dove cos Il = -!le. Al tendere di e a Il, il denominatore tende a e anche in questo caso r tende all'infinito. Anche l'iperbole è una curva aperta, ma si estende in modo diverso dalla parabola. Al crescere di r, l'angolo e cresce, ma non raggiunge mai il valore a. Il cerchio, e = 0, è un caso limite dell'ellisse*, e la parabola, e = l, può essere considerata come un caso limite dell'iperbole. Ma la transizione dall'ellisse alla parabola, in corrispondenza di e = l, è un fenomeno sorprendente in cui la variazione di un parametro continuo, e, causa un brusco salto da una curva chiusa a una curva aperta. Non si tratta di un caso isolato; per esempio, l'orbita di una massa che si muove nel potenziale U = -GMm/r cambia carattere bruscamente quando l'energia totale E = U + ìmv2 varia da valori negativi, per cui hanno luogo orbite planetarie confinate a un r limitato, a valori positivi, per cui le orbite non sono limitate e portano i corpi verso l'esterno fino a valori arbitrariamente grandi di r. Come vedremo nel capitolo seguente, i salti che si producono nel comportamento quando l'eccentricità e l'energia totale aumentano passando per i valori 1 e 0, rispettivamente, sono legati in maniera notevole.
16.6
Se
r =
l l'equazione polare
ed I + e cos
l -
(16.2)
e
rappresenta un'ellisse con eccentricità e, dove d è la distanza tra il fuoco F e la direttrice. Gli esempi seguenti mostrano quanto sia facile ricavare informazioni sull'ellisse da questa equazione.
(16.5) l'
Poiché r è minimo quando cos e è massimo (9 = O), l'equazione (16.2) dà l'equazione (16.4) quando 9 = O; e, poiché r è massimo quando cos 9 è minimo (9 = re), otteniamo la (16.5) quando 9 = re.
Esempio 2 Si dimostri che la lunghezza a del semiasse maggiore è legata a d e a e dalla seguente relazione: li
=
ed l - 1'-
(16.6)
-~"-.
ossia
ed
a(l -
(16.7)
l")
La somma rp + ra è 2a, la lunghezza dell'asse maggiore; quindi, in base all'esempio l, troviamo che 2a
PROPRIETÀ DELL'ELLISSE
°< e <
ed
ra
d
r= --~--
cos
e
+
rp
ed ed I + e + l - e
ra
2ed I -
e'
da cui otteniamo la (16.6) e la (16.7). Introducendo la (16.7) nella (16.4) e nella (16.5) otteniamo formule alternative per le distanze del perielio e dell'afelio: rp
=
a(l - e 2 ) ~
=
a (I -
e)
=
a -
al'
(16.4a)
+
e)
=
a
+
al'
(16.5a)
e a(l
ra
1'2)
--- = l-e
a(l
Esempio 1 Se immaginiamo un pianeta in orbita attorno a un sole fisso (situato in F), il punto dell'ellisse più vicino al sole è detto perielio, mentre il punto più distante dal sole è detto afelio. (V. figura 16.11). Si dimostri che la distanza del perielio rp e la distanza dell'afelio ra sono date da ed rp
(16.4)
l + e
Esempio 3 C denoti il centro dell'asse maggiore. La corda perpendicolare all'asse maggiore e passante per C è detta asse minore. Sia B l'estremo superiore dell'asse minore e sia b = Be. Si dimostri che CF = al'
afelio
,
j
-----
BF = a
__________~-r /'
~~cl'O
ra
_p
(16.8) (16.9)
e
2a
b=a~
Figura 16.11 . Perielio e afelio di un'orbita ellittica attorno al Sole.
* Un cerchio di raggio a è il caso limite di un'ellisse in cui e - O e d ed - a. La forma limite dell'equazione (16.2) è quindi semplicemente r
00
=
a.
in modo tale che
(16.10)
Dalla figura 16.12 vediamo che CF = a - rp e dall'equazione (16.4a) troviamo che a - rp = ae che dimostra la (16.8). Questo risultato indica che la definizione dell'eccentricità presentata nella sezione 16.4, CF ae, deriva dalla definizione presentata nella sezione 16.5, in cui e è il rapporto tra la distanza da un fuoco e la distanza dalla direttrice.
3:i;;S
354
,
16, LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
I Idirettrice
B
(
l
I I
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
r,2 = r 2
-
4a 2 = (2a - r)2
Prendendo la radice quadrata positiva di ciascun membro, otteniamo r' = 2a - r, che dimostra la (16.1).
l
I
l I
ae C
I I
f---a
L'equazione polare fondamentale di un'ellisse può ora essere scritta, usando la (16.7), nella forma
I
d~
I
I I
Figura 16.12
+
4ar
r
Calcolo delle distanze CF, BF e BC.
Il punto B si trova a una distanza ae + d dalla direttrice e quindi BF = e(ae + d) = ae 2 + ed = ae 2 + a(l - e 2) = a che dimostra la (16.9). Per dimostrare la (16.10), facciamo riferimento al triangolo rettangolo FCB della figura 16.12. L'ipotenusa BF ha lunghezza a e un catéto, CF, ha lunghezza ae, e quindi, per il teorema di Pitagora, abbiamo b 2 = a 2 - (ae)2
che implica la (16.10).
e2)
a(1 -
=
+ e cos
I
(16.12)
e
Essa ci dice che la forma di un'ellisse è determinata dalla sua eccentricità e. La figura 16.14 presenta alcune ellissi con lo stesso fuoco destro e lo stesso valore di a, ma con varie eccentricità. Dall'equazione (16.12) vediamo che r -+ a quando e - O, la qual cosa ci dice che, quanto minore è l'eccentricità, tanto più rotonda è l'ellisse. Ciò è illustrato nella figura 16.14. Al tendere dell'eccentricità a zero, la distanza tra i fuochi tende a zero e l'ellisse tende a un cerchio di raggio a. D'altra parte, l'ellisse si appiattisce quando l'eccentricità tende a I, poiché b=a ~ tende a O per e - I. Un'altra proprietà, che enunceremo senza dimostrarla, è il fatto che l'area A della regione racchiusa da un'ellisse è
A
nab
=
(16.13)
Quando a = b, questa espressione diventa la familiare formula per l'area di un cerchio.
Esempio 4 Sia F' il secondo fuoco, ottenuto riflettendo F attraverso il centro C, e sia r la distanza da F' di un punto qualsiasi P dell'ellisse, come è indicato nella figura 16.13. Si dimostri che la definizione di ellisse presentata nella sezione 16.4,
r
+ r'
= 2a
(16.1)
(cioè, la costruzione del giardiniere) deriva dalla definizione per mezzo di una direttrice e dell'eccentricità. Dedurremo la (16.1) dalla (16.2), l'equazione polare di un'ellisse con direttrice verticale. Anzitutto, applicando il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo grande della figura 16.13, troviamo che r,2
= (r cos 9 + 2ae)2 + (r sin 9)2 = r 2 + 4ear cos 9 + 4a 2e 2
(16.11)
p
ae
ae
c
F'
16.7 EQUAZIONI CARTESIANE DELLE SEZIONI CONICHE
Nella trattazione delle leggi di Keplero conviene usare le equazioni polari per analizzare le sezioni coniche, mentre nella trattazione delle traiettorie dei proietti è più naturale usare le coordinate cartesiane ortogonali (o rettangolari) per discutere la parabola galileiana. Questa sezione descrive brevemente come si possono descrivere tutte le coniche in coordinate ortogonali. La materia trattata in questa sezione non è necessaria per i capitoli successivi e può essere considerata facoltativa. Dopo l'avvento della geometria analitica, nel XVII secolo; te sezioni coniche vennero studiate con metodi algebrici. Fu dimostrato che, indipendentemente da come vengono scelti gli assi coordinati, le coordinate ortogonali (x, y) di ogni punto .di una sezione conica soddisfano un'equazione quadratica della forma
Ax 2
Bxy
+
Cy2
+ Dx +
Ey
+ G = O
F r cos (}
poiché sin2 e + cos2 e= I. L'equazione fondamentale (16.2), insieme alla (16.7), ci dà r(l + e cos a) = ed = a(l - e 2)
Esempio 5 L'equazione di un'ellisse si presenta spesso nella forma X2
che, moltiplicata per 4 e riordinata, diventa 4ear cos 9
+
dove, A, B, C, D, E e G sono costanti. Illustreremo ciò nell'esempio 5 per l'ellisse e nell'esempio 6 per tutti e tre i tipi di coniche passanti per l'origine. Se la conica ha eccentricità e, si può dimostrare che la quantità 4AC - B2 ha lo stesso segno algebrico di l - e, e quindi il tipo di conica può essere riconosciuto dalla sua equazione: è un'ellisse, una parabola, o un'iperbole, secondo che 4AC - B2 sia positiva, nulla, o negativa.
Dimostrazione della relazione r + r = 2a in un'ellisse.
Figura 16.13
+
355
4a 2e 2 = 4a 2 - 4ar
Introducendo questa espressione nella (16.11), troviamo
-2 +
a
y2 -=
b2
I
(16.14)
dove a e b sono le lunghezze dei semiassi. Si assuma come asse x la retta passante per i fuochi di un'ellisse e come origine il suo centro; si dimostri che le coordinate
Figura 16.14 Pera fissa, la forma di un'ellisse è determinata dalla sua eccentricità.
356
16. LEGGI DI KEPLERO E.SEZIONI CONICHE
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
cartesiane ortogonali (x, y) di ciascun punto dell'ellisse soddisfano l'equazione (16.14). Con riferimento alla figura 16.13, vediamo che, per il teorema di Pitagora,
+
r,2 = (x
+
ae)2
y2
e r 2 = (x -
+
ae)2
y2
Sommando e sottraendo queste due equazioni, troviamo
+
r,2
r,2 -
r2
r2
2(x 2
+
y2
+
(16.15)
a2e2)
e
Ma r'2 r
+
= r2
r'
(x
+
ae)2
(x -
ae)2
= 4axe
= (r' + r) (r' - r) = 2a(r' - r) poiché (16.1)
2a
quindi, la (16.16) implica che 2a(r' - r)
r' - r
(16.16)
=
=
4axe, ossia (16.17)
2xe
Sommando e sottraendo la (16.1) e la (16.17), troviamo
r=a-
e
r' = a + xe
16.8 CONCLUSIONI La lingua italiana (come la lingua inglese) contiene parole e costruzioni che somiglia-
no, nella forma e nella definizione, alle sezioni coniche. Ciò non è un caso poiché, come qualsiasi vocabolario rivelerà, queste parole derivano in realtà dalle stesse parole da cui derivano i nomi delle sezioni coniche. Un'ellissi è l'omissione di una o più parole che la costruzione grammaticale richiederebbe, ma che possono essere ricavate dal contesto. Per esempio: A che ora parte il treno? - Alle nove, dove è sottinteso il treno parte. Quando si omette una parte di una frase, il risultato è minore del tutto. In matematica, l'ellisse (o ellissi) corrisponde a e < l. Una parabola è un discorso di Gesù in forma di racconto per stabilire esempi e paralleli a fine morale; per esempio, la parabola di Lazzaro. In matematica, le parabole corrispondono a e = I e sono generate dall'intersezione di un cono con un piano parallelo a una generatrice del cono. L'iperbole è un'espressione esagerata, per eccesso o per difetto; per esempio, è un secolo che ti aspetto; esco a fare due passi. In matematica, l'iperbole corrisponde a e > l. In ogni caso, è un fatto eccitante che i pianeti, nel loro volo attraverso lo spazio, seguano particolari curve matematiche con particolari proprietà. Ciò ci pone di fronte al grande mistero che ha ispirato soggezione a tutti gli scienziati, da Galileo ad Albert Einstein: le leggi della natura sono descritte da relazioni matematiche.
xe
Introducendo queste espressioni nella (16.15) e riordinando i termini, otteniamo x2(l -
e 2)
+
y2 = a 2(l -
Problemi
e 2)
Orbite ellittiche
che dà la (16.14) dopo la divisione per!J2 = a2(1 - e2).
1. Usando i dati contenuti nella tabella 16.1, si trovi il rapporto tra la distanza del perielio e la distanza dell'afelio (a) per la Terra e (b) per Marte.
Esempio 6
F,c
I •
x
Una conica di eccentricità e, con il fuoco sull'asse x, ha una direttrice verticale e passa per l'origine. Si dimostri che le coordinate ortogonali (x, y) di ciascun punto della conica soddisfano un'equazione della forma l)x 2 -
y2 = (e 2
(16.18)
ex
dove c è una costante dipendente dalla conica. Se assumiamo come direttrice la retta x = p, il fuoco si troverà in (-ep, O) poiché l'origine giace sulla curva. Se la direttrice è a destra dell'origine, come nella figura, p è positiva. Elevando al quadrato la relazione fondanientale PF = ePQ, otteniamo (PF)2 = e 2(PQ)2 Dalla figura, vediamo che (PF)2 = (x
+
ep)2
+ y2
e (PQ)2 = (x _ p)2 e quindi la relazione fondamentale ci dà (x
+
ep)2
+
y2
= e2(x
l)x 2 -
3. Sapendo che la distanza del perielio di Mercurio è 45,8 . 106 km e che la sua eccentricità è 0,206, si calcoli la distanza dell'afelio. 4. L'orbita ellittica di un satellite attorno alla Terra è descritta dall'equazione polare
r=
(8000 km) 1 + 0,4 cos a
Si trovino (a) l'eccentricità, (b) la lunghezza del semiasse maggiore e (c) la lunghezza del semiasse minore.
5. Usando l'equazione (16.12) e la conservazione del momento della quantità di moto, si deduca un'espressione per il rapporto tra la velocità di un pianeta all'afelio e quella al perielio. In corrispondenza di quale eccentricità è minimo questo rapporto? 6. Un satellite, in orbita ellittica attorno alla Terra, dista 7500 km dal centro della Terra al perielio e ivi ha una velocità di 8000 m/s. La sua distanza all'afelio è di 12000 km. Si trovino (a) l'eccentricità dell'orbita, (b) la lunghezza del semiasse maggiore e (c) la velocità all'afelio.
_ p)2
Risolvendo rispetto a y2 e semplificando, otteniamo y2 = (e 2 -
2. In una certa ellisse, la distanza tra un fuoco e il punto più distante è di 5,0 cm, mentre la distanza dello stesso fuoco dal punto più vicino è di 2,0 cm. Si trovino (a) l'eccentricità, (b) la lunghezza del semiasse maggiore, (c) la lunghezza del semiasse minore, e (d) l'area dell'ellisse.
2ep(l
+
e)x
È l'equazione (16.18), con c = 2ep(1 + e).
Equazioni polari delle coniche In ciascuno dei problemi 7 ..;. Il è presentata un'equazione polare di una conica con fuoco F nell'origine e una direttrice verticale giacente a destra di F. In ciascun caso, si determinino l'eccentricità, il tipo di conica e la distanza d di F dalla direttrice.
357
358
16. LEGGI DI KEPLERO E SEZIONI CONICHE
2
7. r = - I + cos e 8. r
=
9. r
=
10. r
11. r
6 3+~cose
4 + cos e
CAPITOLO 17
1+3cose
=
4 6 + 3 cos
e
12. L'orbita della cometa di Halley può essere approssimata con un'orbita parabolica il cui perielio dista dal Sole 0,4 VA. Supponendo che l'orbita della Terra sia un cerchio di raggio 1 VA, si trovi l'angolo O indicato nella figura. orbita della Terra
Equazione cartesiana delle coniche
RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO Perciò, durante l'intera durata della loro apparizione le comete cadono entro la sfera di attività della forza circumsolare, e quindi su di esse agisce il suo impulso; perciò (per il corollario I della proposizione XII) esse descrivono sezioni coniche che hanno il fuoco nel centro del Sole e, condotti i raggi dal Sole, descrivono aree proporzionali ai tempi. Infatti quella forza, propagandosi a una distanza immensa, govemerà i moti dei corpi molto al di là dell'orbita di Saturno. Isaac Newton, Principia (1687)
13. Si usi il metodo dell'esempio 6 per dimostrare che la parabola ha un'equazione cartesiana della forma y = a.x 2
17.1
se il fuoco giace sull'asse y, la direttrice è parallela all'asse x, e la curva passa per l'origine. Si faccia un disegno della curva e si indichi il significato geometrico di
a. 14. Usando l'equazione (16.18) per un'ellisse passante per l'origine, si dimostri che la curva taglia anche l'asse x quando x = 2ep/(e - 1). 15. Si modifichi il ragionamento seguito nell'esempio 5 in modo da dimostrare che ogni punto (x, y) su un'iperbole di eccentricità e soddisfa l'equazione x2(l - e 2 )
+
y2
= a 2 (l - e 2 )
dove ae è la distanza tra l'origine e il fuoco. Questa equazione può anche essere scritta nella forma X2
y2
- -2 = I a2 b dove fil = (e2 - l)a 2• Poiché l'equazione resta invariata quando (x, y) viene sostituito con (-x, -y), l'iperbole è simmetrica rispetto all'origine. Si faccia un disegno mostrando la simmetria e si indichi il significato geometrico di a e b sul disegno.
-
16. Il punto (2, 2) è un fuoco e la retta x + y = 2 è una direttrice di un'iperbole con eccentricità e = V2. Procedendo direttamente dalla definizione per mezzo dell'eccentricità, si dimostri che ogni punto (x, y) dell'iperbole soddisfa l'equazione xy = 2
PREMESSE
Nel 1543, Copernico pubblicò il suo libro famoso; una generazione dopo, Keplero formulò le sue tre leggi; e,ISO anni dopo il libro di Copernico, Isaac Newton prese la terza legge di Keplero e la usò per dedurre la legge di gravitazione universale. Partendo dalla legge di gravitazione e dalla sua dinamica, Newton riusci a dedurre le altre due leggi di Keplero. Il compito di dedurre tutte e tre le leggi di Keplero dalle leggi di Newton è noto come problema di Keplero. La sua risoluzione è una delle vette del pensiero occidentale. Fa parte della nostra eredità culturale come ne fanno parte le sinfonie di Beethoven o i drammi di Shakespeare o gli affreschi della Cappella Sistina, ma differisce da una sinfonia o da un dramma o da un affresco sotto un aspetto importante: è un'idea vivente. Non è qualcosa che debba essere eseguito da altri e semplicemente ammirato da noi. Noi possiamo assorbirla, penetrarla, padroneggiarla, ed essa diventa qualcosa di nostro, da portare con noi per sempre. Per la stessa ragione, non è necessario tentare di risolvere questo problema nel modo seguito da Newton, e non lo faremo. Per facilitare il compito, useremo concetti e metodi di cui Newton non disponeva: energia e vettori. Ci siamo preparati accuratamente per questo compito, e ora siamo sulla soglia della grande scoperta. Ciò che faremo è dimostrare che l'equazion; differenziale che ricaviamo dalla seconda legge di Newton e dalla legge di gravitazione universale ç soddisfatta soltanto dalle sezioni coniche: ellisse, parabola, o iperbole. Le orbite dèi pianeti risultano essere ellissi, ma altri corpi celesti come le meteore o le comete possono seguire traiettorie che sono ellissi, iperboli, o persino parabole. La soluzione dell'equazione differenziale non rivela, di per sé, quale tipo di conica sarà l'orbita. Considerazioni 359
360
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
energetiche ci aiuteranno a scoprire quali orbite sono ellissi, e quali sono iperboli o parabole. I! nostro compito non è così formidabile come può apparire poiché abbiamo già risolto una parte del problema quando abbiamo dedotto la legge delle aree nel capitolo 13. Come abbiamo visto, la derivata temporale del vettore area di qualsiasi corpo in orbita attorno al Sole per azione di una forza centrale è
a
dA =lr!\v=_L_=cost
da de
di
(13.18)
2m
2
dove A è il vettore area, v è la velocità, m la massa del corpo in moto e L è il momento della quantità di moto. Il vettore U2m è sempre costante, poiché il Sole, agendo sul corpo mediante una forza centrale, non può applicargli un momento di forza; perciò, il momento della quantità di moto del corpo (pianeta, meteora, o cometa) si conserva, come si conserva la sua massa. I! vettore dAJdI, essendo costante, ha modulo costante e orientamento (direzione orientata) costante. I! modulo costante implica la seconda legge di Keplero, mentre l'orientamento costante ci dice che l'orbita giace in un piano perpendicolare a quella direzione.
17.2 COORDINATE POLARI EVERSORI
rE 9
T
cos e,
y=rsine
Per qualsiasi curva piana, il vettore posizione r = xi + è dato da r = r(cos e)1
dove
T
+ r(sin e)1
r[(cos e)1
r
r'
a=
o
che implica che -
r e ii sono realmente perpendicolari. Un'altra proprietà è che
( e' COS)1
('SIn e)'J
n, indicato nella figura
17.1,
- r.
r
Nelle coordinate polari, i versori e ii svolgono lo stesso ruolo che i versori I e 1 svolgono nelle coordinate cartesiane. Ma si deve tenere presente che, a differenza di I e l, che sono fissi nello spazio, gli orientamenti di e ii variano via via che ci si muove lungo la curva, come è illustrato nella figura 17.2.
r
01""'=
Abbiamo già usato le coordinate polari per studiare il moto circolare e per descrivere le sezioni coniche. Poiché l'orbita di un corpo celeste attorno al Sole deve giacere in un piano, per descriverla si possono usare le coordinate polari. Abbiamo visto che le coordinate polari T e e di un punto di un piano sono legate alle coordinate ortogonali (o rettangolari) (x, y) dalle equazioni
x
dr
- (sin e)1 + (cos e)] (17.2) de Come i versori I e j, e ii sono entrambi adimensionati. È facile verificare che
x
r
Figura 17.2 I versori e iì in due punti di una curva.
Osserviamo che, per la regola di derivazione di una funzione di funzione, abbiamo
da
da de
dI
de dI
• de
-rdI
e quindi otteniamo la formula
+ (sin e)1]
= Irl. Considereremo sia T sia e come funzioni del tempo.
-r
y
da
(17.4)
de/dI di
che useremo per risolvére il problema di Keplero. I versori e ii condividono un'altra proprietà con I e i !\ J = k. Analogamente, abbiamo che
r
n
r
I-
r!\ii=k
X
Figura 17.1
Tr
dove = (cos e)1
+ (sin e)]
(17.1)
r.
Abbiamo visto che
che è illustrato geometricamente nella figura 17.3 e può 'essere dimostrato algebricamente mediante la formula
Il vettore posizione espresso mediante le coordinate polari re 9.
r,
r
1.
(17.5)
I! vettore (cos eli + (sin e)1 è un vettore di modulo unitario avente lo stesso orientamento di r. Denotando questo vettore unitario, o versore, con la consueta notazione abbiamo r
(17.3)
r
Introduciamo anche un versore 9 perpendicolare a Poiché ha modulo costante, la sua derivata è perpendicolare a esso, e in realtà definiamo ii come la derivata di r rispetto a e,
Figura 17.3 I versori
r, iì e k in due punti.
361
362
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
i r/dì= cose
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
j
I
sin e -sine cose
~I
=
a = rdwÒ - rw 2 r dt
(cos2 e + sin2 e)k
Esprimeremo ora il vettore velocità di qualsiasi moto piano come una combinazione dei versori e 8. La velocità è data da dr d.
r
v = -
dI
= -(rr)
dI
r
Poiché sia r sia possono variare con il tempo, possiamo applicare la regola di derivazione di un prodotto di funzioni per ottenere dr dr v=-r+r-
dI
dI
Possiamo scrivere la derivata dr/dt per mezzo di 8 applicando la regola di derivazione di una funzione di funzione, dr dr de de. c - = - - =-9 dI de dt dt dove abbiamo usato l'equazione (17.2) per dr/de. Sostituendo questa espressione nella nostra espressione per la velocità, otteniamo la formula che stiamo cercando:
dr. v = -r dt
+
de. dt
(17.6)
r-9
Esempio 2 Si dimostri che, per qualsiasi moto piano, si ha r/\v=,zde k
(17.9)
dt
Prendendo il prodotto vettoriale di r =,:r e v dato dall'equazione (17.6), otteniamo
r /\ v = r dr l /\ dt
r +,z ~ l/\ Ò dt
r /\
r
I fattori scalari dr/dt e r de/dt che moltiplicano e 8 sono detti, rispettivamente, (la) componente radiale e (la) componente trasversale della velocità Poiché ,e 8 sono versori mutuamente perpendicolari, possiamo determinare facilmente il modulo della velocità:
r
v =
(17.8)
dw. v 2• dt r Ciò stabilisce il risultato che abbiamo applicato al «giro della morte» nella sezione 7.6: nel moto circolare, la componente centripeta dell'accelerazione è uguale a v 2/r anche quando il moto non è uniforme. Le nuove caratteristiche del moto circolare non uniforme sono che il modulo della velocità, v = rro, varia attorno alla traiettoria circolare e che è presente una componente tangenziale dell'accelerazione, r dm/ dt. r-9 --r
~ J(~r + «~r =
Ma, l /\ l = O e, come abbiamo dimostrato nella (17.5), 8 = k; perciò, questa relazione prova la (17.9). La figura che accompagua questo esempio mostra perché questo risultato avrebbe potuto essere previsto. Infatti, soltanto il componente di v normale a r, con modulo rl de/dtl,contribuisce a r /\ v, e quindi r /\ v dovrebbe avere modulo r(rl de/dtl) = ,z jde/dtl e dovrebbe essere perpendicolare al piano di r e v. r /\ v
(17.7)
È importante notare che i termini che compaiono sotto il segno di radice quadrata non sono derivate seconde, ma quadrati di derivate prime.
Esempio 1 Si esprima l'accelerazione del moto circolare arbitrario (r = cost, ro = Ide/dtllasciato variare nel tempo) in funzione di r e 8. Nel caso del moto circolare, l'equazione (17.6) per la velocità si semplifica assumendo la forma de. v = r-9
dt
con r costante. Derivando questa espressione con la regola di derivazione di un prodotto di funzioni e usando l'equazione (17.3) troviamo che
a = dv = r!!.. (de) dI
dt
9+
dI
r de dO dI dt
= r!!.. (de) Ò _ r (de)2 f
dt
dI
dt
Se e cresce con t, de/dt è positiva e le relazioni ro = de/dt e v = rro ci permettono di esprimere l'accelerazione nelle forme alternative
Nel capitolo 13 abbiamo introdotto il vettore momento della quantità di moto (13.3)
L=mr/\v
per qualsiasi corpo in moto di massa m. Ora siamo in grado di ricavare un.a semplice formula per L in coordinate polari quando il moto si svolge in un piano. Usando l'equazione (17.9), a1;lbiamo L
= m,z de dt
k
(17.10)
Questa equazione ci dice che, per qualsiasi moto piano, il vettore momento della quantità di moto ha una direzione orientata fissa, perpendicolare al piano del moto, e che il suo modulo è uguale a m,zro, dove ro = lde/dtl è la velocità angolare. Nel capitolo 13 abbiamo anche dimostrato che, per qualsiasi moto piano, il vettore! r /\ v è la derivata temporale (rapidità di variazione) del vettore area, !r /\ v 2
= dA dt
(13.18)
363
364
1.7. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
L'equazione (17.9) ora ci dice che
!::"v D
dA=~r2d6k dr 2 dr
(17.11)
e quindi la seconda legge di Keplero, o legge delle aree, può essere enunciata nella forma equivalente
r2 de dr
=
=
Scrivendo il prodotto scalare per 6, otteniamo L • " •• -v . (I = (I . (I + e j . (I = I + e cos 6 D Ma, in base alla (17.6) e alla (17.12), abbiamo
cost v •
6 = r ~ = .l (r2
Dalla (17.10) deduciamo che il valore assoluto di questa costante è Llm. Se misuriamo 6 in modo che cresca con r, allora r2~ dr
a + e.l
dI
r
(17.13)
de) = .li:. dI r m
e quindi la (17.13) diventa L
(17.12)
m
L2 l Dm -;:- = l +ecosa
(17.14)
Questa proprietà ci aiuterà a risolvere il problema di Keplero.
17.3
RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
~bbiamo ora tutti gli strumenti per risolvere il problema di Keplero. Supponiamo di (avere un sole fisso di massa mo e un corpo in moto di massa m, attratto verso il sole Ida una forza gravitazionale F. La legge di gravitazione universale di Newton stabilisce (che r2
r
dove r = ,:r è il raggio vettore che congiunge il sole con il corpo. La seconda legge di Newton descrive l'accelerazione dovuta a quella forza,
~ dv' \ F=m . "-'~"'--.~.-.~. __dr.. ",,,,,," / Uguagliando le due espressioni di F e dividendo entrambi i membri per m, troviamo (
/"dv mo - \ -=-G-r ' r2.// USarn101a:""{T7.4) e poi l'equazione (17.12), nell'ipotesi che a venga misurata in modo che cresca al crescere di r, questa equazione può essere scritta nella forma
~dr
!!!.. = ~ dr
r2(daldr)
dG = Gmmo !! = E. dG dr
L
dr
L
dr
o nella forma L dv da D dr dr dove LID è una costante e D = Gmmo' Quest'ultima equazione differenziale può essere integrata subito, dando
!::"V D
4 0
é(Q)=j
'tempo r= O
=
L2
r=-----"---,Dm (I + e cos a)
(17.15)
l'equazione polare di una conica con eccentricità e. Nel caso di un'ellisse, l'equazione polare, come è stato dimostrato nel capitolo 16, è
F=_Gmmo~
.
Questa equazione implica che e è positiva. Per vederlo, facciamo assumere a ai valori O e n. Allora L 21Dmr assume i valori I + e e I - e, rispettivamente. Poiché r ha un minimo quando e = O, ciò implica che l + e > l - e, e quindi e > O, come asserito. Risolvendo la (17.14) rispetto a r, otteniamo
a+ c
dove C è un vettore costante che dipende dalle condizioni iniziali. Misuriamo I in modo che all'istante I O il corpo si trovi al perielio. Allora drldl = O all'istante 1= O, poiché ivi r ha un minimo. Quindi v(O) ha lo stesso orientamento di 6(0) poiché la componente radiale di v(O) è nulla. Poiché misuriamo e in modo che cresca al crescere di l, abbiamo che 9(0) = 1, come è indicato nella figura. Quindi, C è il prodotto di uno scalare per 1. Denotiamo con e questo scalare e scriviamo C = e1. (Vedremo più avanti che e è l'eccentricità.) L'equazione fondamentale per v diventa
r=
a(l - e2) l+ecosa
(16:12)
dove a è la lunghezza del semiasse maggiore. Confrontando questa equazione con la (17.15), vediamo che, per un'orbita ellittica, abbiamo
L2
Dm = a(1 - e2)
(17.16)
È importante capire che la precedente risoluzione del problema di Keplero si basa su ipotesi semplificatrici che non sono esattamente valide nel sistema solare reale. Abbiamo supposto che il sole sia fisso (mentre non è tale) e che l'unica forza agente sul corpo sia l'attrazione gravitazionale del sole. In realtà, anche tutti i pianeti e gli altri corpi presenti nel sistema solare esercitano forze gravitazionali sul corpo, ma tali forze sono trascurabili rispetto alla forte attrazione del sole. In un sistema solare come il nostro, con un enorme sole e un piccolo numero di piccoli pianeti (un cosiddetto «sistema kepleriano») queste semplificazioni sembrano ragionevoli poiché le orbite previste sono in accordo, con un notevole grado di precisione, con le orbite osservate reali.
17.4
LE COMETE: PRESAGI CELESTI
Gli antichi astronomi si procuravano di che vivere e conservavano la testa sul collo facendo precise previsioni dell'arrivo delle stagioni e di eventi celesti sconcertanti come le eclissi solari e lunari. Con il migliorare della loro perizia tecnica, gli astronomi impararono a prevedere persino il moto dei pianeti. Tuttavia, talvolta nel cielo notturno comparivano intrusi, come le meteore. Benché le meteore sembrassero tanto imprevedibili quanto i fenomeni meteorologici (e venissero considerate affini a questi ultimi, ragione per cui il loro nome condivide la stessa radice greca del termine me-
365
366
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17, RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
teorologia), persino gli sciami di meteore si presentavano regolarmente. Per esempio, i più spettacolari sciami di meteore compaiono ogni anno a metà agosto. Ciò nonostante, talvolta compaiono misteriosamente nel cielo oggetti che non sono pianeti né meteore. Questi oggetti, per la loro chioma fluorescente, furono chiamati comete, dal greco kome, «chioma». Poiché la loro comparsa era imprevedibile, esse vennero interpretate come presagi di imminenti sventure. L'arazzo di Bayeux, che racconta la vicenda della conquista dell'Inghilterra da parte dei normanni, mostra una cometa che comparve nel 1066. Più avanti nel corso di quell'anno, Aroldo, il re anglosassone, fu sconfitto da Guglielmo il conquistatore nella battaglia di Hastings. Shakespeare colloca una cometa nel cielo la notte prima dell'assassinio di Giulio Cesare. E, secondo la leggenda, Montezuma, il capo azteco, alla comparsa premonitrice di una cometa cadde in tale stato di depressione che non fu in grado di guidare il suo popolo contro i conquistadores invasori.
un'iperbole, poniamo in relazione l'eccentricità e con l'energia totale E del corpo in moto. L'energia cinetica E è costituita da due parti,
E=K+U dove K = ~ mtJ è l'energia cinetica e U = - DIr è l'energia potenziale associata alla forza gravitazionale. Per calcolare K in coordinate polari, usiamo l'equazione precedente la (17.13) e scriviamo la velocità nella forma v
= l2. (O +el)
L Elevando al quadrato il modulo di ciascun membro, otteniamo 2
v
=
D2.
•
•
•
2 (9 + ej) , (6 + ej) L
D2
= L 2 (l
poiché
O• j
+ 2e cos 9 + e2 ) =
cos 9 e quindi l'energia cinetica è
K = l mtJ = D2m (l + 2e cos 9 + e2) 2 2L2
(17.17)
Per calcolare l'energia potenziale U = -DIr, usiamo l'equazione (17.14), che ci dà
1.. = r
Dm (I + e cos 9)
L2
quindi, Figura 17.4 Parte dell'arazzo di Bayeux, in cui è raffigurata la cometa del 1066, nota oggi come cometa di Halley. (Per cortesia della Science Graphics.)
Le comete rimasero per secoli un'anomalia sconcertante del cielo. Né il sistema tolemaico né la teoria eliocentrica di Copernico e neppure le ellissi di Keplero resero comprensibile e prevedibile la comparsa delle comete. Nel 1682, una cometa spettacolare attraversò fiammeggiando il cielo e tra gli astronomi che ne osservarono la posizione ci fu Isaac Newton. Nell'orbita della cometa egli vide agire la stessa forza e la stessa dinamica che governano il moto dei pianeti. Alcune comete, capì Newton, potevano oltrepassare nella loro corsa il Sole seguendo curve aperte (parabole e iperboli) e quindi si allontanavano per non fare mai più ritorno. Ma altre comete dovevano muoversi lungo traiettoriè ellittiche come quelle dei pianeti, ma molto più allungate. Il penetrante intelletto di Newton svelò che 'le comete appartengono al sistema solaré e così dissolse la superstizione che le avvolgeva.
_ _ _L:::2_ __
- D2m (e2 - 1)
E -
2L2
(17.16)
e quindi, in questo caso, l'energia è semplicemente
D 2a
Gmm 2a
o E=--=--(17.15)
(17.19)
La formula per l'energia totale diventa all'improvviso molto più semplice! Sono state eliminate sia rsia 9, e l'energia totale è costante; come deve essere. È espressa mediante le masse m e mo (poiché D = GmmO>. il momento della quantità di moto L, e l'eccentricità e dell'orbita. Questa formula per l'energia ci permetterà di giungere a una conoscenza delle orbite alla quale non potremmo pervenire attraverso la sola equazione delle coniche. Nel caso di ur.'o~bita ellittica, l'equazione (17.16) ci dà Dm = a (l - e2)
Abbiamo dimostrato che un pianeta, una cometa, una meteora, o qualsiasi altro corpo celeste'che ruota attorno al Sole deve muoversi lungo una conica con equazione polare
(17.18)
L'energia totale E = K + U, che si ottiene sommando le equazioni (! 7.17) e (17.18), è data da
U
17.5 ENERGIA ED ECCENTRICITÀ
r=
D _ _ D2m U=--;2L2 (2 + 2e cos 9)
(17.20)
Dm(1 + e cos 9)
dove L è il momento della quantità di moto del corpo, m è la sua massa, D = GmmQ, e mQ è la massa del Sole. Per determinare se l'orbita sia un'ellisse, una parabola, o
Questa formula è utile perché esprime l'energia totale di un'orbita ellittica esclusivamente mediante la massa del pianeta, la massa del Sole e la lunghezza del semiasse maggiore dell'ellisse.
367
368
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17.6
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
ORBITE ED ECCENTRICITÀ
Un pianeta, una cometa, o un satellite in orbita attorno al Sole ha un'energia iniziale E, un momento della quantità di moto iniziale L, e un valore definito di D = GmmQ• I valori di questi parametri dovrebbero determinare completamente il tipo di orbita, e in realtà lo determinano poiché, se risolviamo l'equazione (17.19) rispetto all'eccentricità, troviamo
e =
j
1 +
2VE
cini, in orbita attorno al Sole nel sistema solare primordiale, ridussero le eccentricità delle orbite planetarie ai loro piccoli valori attuali (non abbiamo tenuto conto di questo effetto in questa sezione, ma lo prenderemo in considerazione brevemente nella sezione 17.8). Però, un'orbita esattamente circolare sarebbe una coincidenza sorprendente. La struttura del sistema solare, il moto dei pianeti, delle comete e dei satelliti, è stato finalmente svelato. Abbiamo visto che la dinamica di Newton ha condotto alle prime due leggi di Keplero. Esaminiamo ora la terza legge.
(17.21)
J52iil
Esploriamo la relazione tra energia ed eccentricità.
17.7 TERZA LEGGE DI KEPLERO
Casal: E> O Quando l'energia totale è positiva, il corpo ha sempre più energia cinetica che energia potenziale. In questo caso, e > 1 e quindi l'orbita è un'iperbole. Ciò può significare che il corpo inizia il suo moto a una distanza infinita dal Sole e cade lentamente verso dì esso, subendo una variazione di energia potenziale che si manifesta come energia cinetica. Il corpo passa accanto al Sole a una certa distanza minima e si allontana lungo l'iperbole per non fare più ritorno. Sono state osservate alcune comete con orbita iperbolica. (Ciò richiede una misurazione accurata. Le orbite delle comete si possono osservare soltanto quando sono vicine al Sole e, come mostra la figura 17.5, ivi le orbite iperboliche, paraboliche, ed ellittiche altamente eccentriche si somigliano tutte qualitativamente.)
Nel 1618, Keplero pubblicò l'opera Harmonices mundi libri V, il culmine dell'ossessione che l'aveva accompagnato per tutta la vita. Nel suo libro, egli tentò di svelare il segreto ultimo dell'Universo in una sintesi di geometria, musica, astronomia e astrologia: un'impresa ambiziosa, che non era stata tentata dai t«mpi di Platone. Le armonie a cui Keplero si riferisce sono certe proporzioni geometriche che egli trova dappertutto e che rispecchiano l'ordine universale da cui derivano le leggi del moto planetario, le armonie della musica, le variazioni delle condizioni meteorologiche e le fortune dell'uomo. Tra le lussureggianti fantasie di Harmonices mundi si cela la terza legge di Keplero del moto planetario, secondo la quale il quadrato del periodo di rivoluzione di un pianeta è direttamente proporzionale al cubo della lunghezza del semiasse maggiore. Matematicamente, possiamo scrivere questa legge nella forma T2
>0
Figura 17.5 Possibili orbite attorno al Sole, con perielio comune. Caso II: E = O. Quando l'energia totale è nulla, l'energia potenziale è esattamente uguale all'energia cinetica e l'eccentricità è l; perciò, il corpo si muove lungo una parabola. Anche in questo caso, esso passa accanto al Sole e si allontana per non fare più ritorno. Le orbite paraboliche sono teoricamente possibili, ma altamente improbabili, poiché richiederebbero un perfetto equilibrio tra l'energia potenziale negativa e l'energia cinetica positiva. Caso III: E < O. Se E è negativa, la quantità sotto il segno di radice nell'equazione (17.21) è minore di l e quindi e < l; perciò, l'orbita è un'ellisse. In questo caso, l'energia potenziale gravitazionale è sempre maggiore, in valore assoluto, dell'energia cinetica positiva. Il corpo non raggiunge mai un'energia cinetica sufficiente per fuggire e quindi rimane intrappolato per sempre in un'orbita ellittica chiusa attorno al Sole, come è illustrato nella figura 17.5.
Se E = -IJ2m/2V, l'eccentricità è nulla e l'orbita è un cerchio, un'orbita platonica. Le orbite della maggior parte dei pianeti hanno una piccola eccentricità e sono con ottima approssimazione circolari. Presumibilmente, le interazioni con detriti vi-
= ka 3
dove k è una costante, la stessa per tutti i pianeti. Keplero aveva cercato una legge siffatta poiché pensava che l'Universo fosse disperatamente disarmonico senza tale correlazione. Se il Sole ha il potere di governare il moto di un pianeta, questo moto deve dipendere in qualche modo dalla distanza dal Sole. Ma in che modo? Nella terza legge si cela l'indizio che guidò Newton alla legge di gravitazione universale e alla struttura del sistema solare. Non fu un risultato di poco conto il fatto che Newton fosse riuscito a individuare le tre leggi di Keplero nei suoi scritti, tra numerose altre leggi. Keplero non si era mai reso conto della loro reale importanza. Nel caso particolare del moto circolare uniforme, la deduzione della terza legge di Keplero dalla legge di gravitazione di Newton è relativamente semplice ed è già stata presentata nella sezione 7.5. "Studiamo ora il caso generale delle orbite ellittiche con un metodo diverso, deducendo la terza legge di Keplero dalle sue prima e seconda legge. La seconda legge stabilisce che il raggio vettore congiungente il Sole con un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali. In base alle equazioni (17.11) e (17.12), possiamo esprimere questa legge nella forma dA =~
di
(17.22)
2m
Se T denota l'intervallo di tempo impiegato per percorrere un'orbita ellittica, integrando la (17.22) tra I = O e I T, si trova che
A=~T 2m
dove A è l'area della regione racchiusa dall'ellisse. Risolvendo rispetto a T ed elevando al quadrato entrambi i membri, otteniamo
T2 = (2;
r
A2
Usando la formula A = nab per l'area di un'ellisse, otteniamo
T2 = ( 2; )2 n2a2b2 = ( 2; )2 n2a4(1 _ e2)
369
370
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
poiché Il-
=
L2 --
a (1- e2)
Dm
=
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
a2( l - e2). Ma, in base alla (17.16), abbiamo che
indicato nella figura 17.6. Che cosa accade nei punti in cui E = UetT(r)? Ogniqualvolta l'energia totale è interamente energia potenziale, cioè nei punti in cui E= Ueff(r), l'energia cinetica mv,2 è nulla. È esattamente quanto indica il diagramma. Questi punti, denotati con rmin e rmax' sono, rispettivamente, il punto di massimo e il punto di minimo in corrispondenza dei quali v, cambia segno, indicando che il punto materiale cambia la propria direzione rispetto al centro del suo moto, situato nell'origine.
t
e quindi otteniamo che
4m 2
L2
m
J2 = rr.2a3 - - - - - = 4rr.2 a3 L2 Dm D Poiché D = Gmmo, abbiamo la terza legge di Keplero:
J2 = 4rr.2a3 Gmo
(17.23)
Dalla nostra deduzione vediamo che la costante di proporzionalità k = 4rr.2/Gm o dipende soltanto dalla massa del Sole e perciò è la stessa per tutti i pianeti. Poiché la terza legge di Keplero è una conseguenza della legge di gravitazione universale e delle leggi di Newton, essa vale non soltanto per le orbite planetarie, ma anche per le orbite ellittiche delle lune o dei satelliti attorno ai pianeti. Nel caso del moto dei satelliti, la massa del pianeta attraente so~tituisce mo nell'equazione (17.23).
EI
Y
'i
Figura 17.6 Funzione potenziale efficace per il moto planetario.
17.8 MOTO DEI PIANETI E POTENZIALE EFFICACE Possiamo approfondire la conoscenza del moto dei corpi celesti analizzandolo sulla base della conservazione dell'energia e della quantità di moto. Possiamo usare il fatto che l'energia totale E
=
K+U
t mtf + U(r)
=
è costante e che il momento della quantità di moto è costante. Usiamo l'equazione (17.7) per v, e poi l'equazione (17.12) per sostituire r 2 deldt con Llm, e infine U(r) = -Dir per ottenere E
=
l m (dr)2 + l 2
dt
2
~ mr
-
.!!... r
(17.24)
Questa equazione esprime .l'.energia totale in coordinate polari e inoltre include il momento della quantità di moto nel termine. che rappresenta l'energia cinetica. Nel capitolo 13, abbiamo esaminato il potenziale efficace di una particella. Applichiamoora questo concetto specificamente al problema di Keplero. Definiamo la funzione potenziale efficace nel modo seguente UetT(r) =
L2 D 2mr - -;
(17.25)
e denotiamo la componente radiale della velocità, drldt, con v,. Allora l'energia totale espressa dall'equazione (17.24) diventa E
=! mv;+
UetT(r)
che rimane costante al variare di r e v" La figura 17.6 illustra il potenziale efficace e aiuta a capire meglio il moto che abbiamo già descritto analiticamente in questo capitolo. La forma precisa della curva dipende dal momento della quantità di moto, come abbiamo visto nel capitolo 13. Supponiamo che un punto materiale abbia una certa energia E che sia negativa e che di conseguenza l'energia potenziale gravitazionale sia maggiore dell'energia cinetica. Poiché E è costante, la quantità di energia compresa tra la retta orizzontale di altezza costante E e la curva del potenziale efficace è l'energia cinetica mv/, come è
t
Che cosa implica questo fatto per quanto riguarda il moto dei pianeti? Un'energia totale negativa ci dice che il moto del pianeta è limitato da una distanza minima e una distanza massima dal Sole. E, nel caso di un'energia gravitazionale inversamente proporzionale alla distanza, ciò corrisponde a un'orbita ellittica. I punti rmin e rmax corrispondono al perielio e all'afelio, rispettivamente. La figura 17.6 indica anche che esiste un minimo nel potenziale efficace. Nel càpitolo 13 abbiamo trovato che questa minima distanza di separazione corrispondeva al moto circolare, e anche in questo caso essa corrisponde al moto circolare. Il diagramma ci dice che, se un punto materiale ha un'energia E uguale al mimin nimo del potenziale efficace, allora il termine che esprime l'energia cinetica, mv/ è sempre nullo. Ciò significa che il punto materiale ha velocità radiale nulla (ma ha ancora una componente trasversale della velocità) e si muove mantenendo una distanza costante dal centro del moto, in altre parole si muove descrivendo un cerchio. Come abbiamo visto nel capitolo 13, quando un punto materiale che si muove in un'orbita ellittica subisce urti dissipativi, esso perde energia e tende a sistemarsi in orbite meno eccentriche, quasi circolari, in prossimità del minimo in corrispondenzadi Ueff .
!
Esempio 3 Qual è l'energia di un punto materiale in un'orbita circolare in funzione del suo momento della quantità di moto? Possiamo usare l'equazione (17.24) per trovare l'energia in corrispondenza di una qualsiasi r, ma prima dobbiamo conoscere quale sia il raggio dell'orbita circolare. Poiché ha luogo un'orbita circolare per E min uguale al minimo del potenziale efficace, possiamo trovare il corrispondente valore di r tenendo presente che d
;;;,Ueff = O in corrispondenza del minimo. Usando la nostra espressione per Ueff(r), data dall'equazione (17.25), troviamo che
d
d;
L2 Ueff = -
mr3 +
D
7i
371
372
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
Uguagliando a zero e risolvendo rispetto a ro' il raggio dell'orbita circolare, abbiamo che
! mv20 - Gmmo
=
R
2
! m (~}2
5
2
_
G 2mmo
5R
Dopo qualche passaggio algebrico, troviamo che
V ro = mD
Poiché Emi. = Verf..ro)' possiamo introdurre questa espressione di ro nel potenziale efficace, ottenendo (dopo qualche manipolazione algebrica)
v
J
5Gm
=
4R o
E.=_ mD2
2V
rom
Ciò è in accordo con il risultato ottenuto ponendo l'eccentricità e = O nell'equazione (17.21).
Dalla figura 17.6 vediamo anche che, se l'energia è nulla o positiva, il moto non è più limitato. In questi casi, esiste un valore minimo di r, corrispondente a E = Verf..r), ma non esiste un valore massimo. Perciò, se un corpo si muove verso il centro della forza, la distanza diminuisce fino a un certo valore minimo, il punto di,minimo, dove v, cambia segno, dopo di che il corpo continua ad allontanarsi dal centro e non fa più ritorno. Abbiamo già visto che i valori nulli e positivi dell'energia totale corrispondono, rispettivamente, a orbite paraboliche e a orbite iperboliche. In questi casi, l'energia totale è il limite a cui tende l'energia cinetica a distanze molto grandi. Per contro, quando l'energia totale è negativa, il suo valore assoluto lEI è un'energia di legame, la quantità di energia supplementare che il corpo dovrebbe ricevere per fuggire dal potenziale gravitazionale portandosi a una r arbitrariamente grande.
17.9 APPLICAZIONI ALLA DINAMICA ORBITALE
Esempio 5 Si dimostri che la traiettoria parabolica galileiana è approssimativamente un piccolo segmento di un'ellisse il cui fuoco più distante è occupato dal centro della Terra. Poiché l'energia e il momento della quantità di moto determinano il tipo di orbita, cominciamo con il valutare l'energia nel caso di un corpo tipico lanciato dalla superficie della Terra. Se Vo è la velocità del corpo di massa m, l'energia totale è E =
t mv~ - G
mTm
R
dove mT è la massa della Terra (6· 1024 kg) e R è il suo raggio (6· 106 m). Il momento della quantità di moto del corpo rispetto al centro della Terra è L = mVoR sin
e
dove, come è indicato nel disegno a làto, a è l'angolo rispetto alla verticale. Secondo l'equazione (17.21), l'eccentricità dell'orbita è data da (17.21)
e = Jl + 2VE
D2m
Illustriamo attraverso qualche esempio le applicazioni dei risultati di questo capitolo.
con D = GmTm. Sostituendo a E e a L le loro espressioni e raccogliendo i termini, possiamo scrivere l'eccentricità dell'orbita di un proietto nella forma
Esempio 4 Un satellite vienè lanciato dalla superficie di un pianeta sferico, non-rotante, di massa mo e raggio R, privo di atmosfera, con una velocità Vo sotto un angolo di 30° rispetto alla direzione radiale. Nella sua orbita successiva, il satellite raggiunge una distanza massima di ~R dal centro del pianeta. Usando la conservazione dell'energia e del momento della quantità di moto, si determini Vo in funzione di R e G. Denotiamo con m la massa del satellite e calcoliamo la sua energia nel punto A, da dove viene lanciato, e nel punto B della sua orbita.
mo,
EA
=
t mv~ -
E
G mmo
R
= D
! mv 2
-
2.
G mmo ~R
Sappiamo che E A = ED' ma abbiamo due incognite, e cioè Vo e v. Le altre informazioni necessarie per risolvere questo problema sono offerte dall'equazione che esprime la conservazione del momento della quantità di moto. Ricordando che L = mvr, dove v è la componente di v secondo una direzione perpendicolare a r, abbiamo che
LA
mRvo sin 30°,
L B
= mv
(~R)
Poiché LA = Ls, possiamo risolvere rispetto a v in funzione di vo:
v = ~vo Sostituendo questo valore nella Es e uguagliando EA a Es' otteniamo
(t
a v~ - G~/R)
2vij sin2
e=
1+
(Gm T IR)2
Poiché le velocità iniziali della maggior parte dei proietti sono dell'ordine delle centinaia di metri al secondo al massimo, il termine V02 è dell'ordine di 104 m 2/s2• D'altra parte, il termine G~R = 7 . IO' m 2/s2• Ciò signifJ.Ca che possiamo trascurare il termine V02 rispetto al termine G~R nel numeratore dell'espressione dell'eccen-
t
ì
tricità, e quindi e"",
2v 2 sin2
1-
dm~R
a
Quest'ultima equazione indica che l'eccentricità è minore di I, la qual cosa significa che l'«orbita» fa parte di un'ellisse. Il centro della Terra occupa il più distante fuoco dell'ellisse, come è indicato nel disegno, poiché la distanza dal centro è massima quando viene raggiuntto il più alto punto dell'orbita, e il punto più alto giace soltanto lievemente al disopra della superficie terrestre nel caso dì un proietto tipico di bassa energia cinetica. Inoltre, poiché la velocità è relativamente piccola, l'eccentricità è con ottima approssimazione I; cioè, l'orbita ellittica è estremamente allungata. Assumendo Vo = 100 m/s e e = 45°, troviamo che
373
374
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
l-e=7·10- 5 e quindi l'eccentricità dell'orbita differisce da quella di una parabola soltanto di 7 parti su 100 000.
La prima tappa è verificare che l'energia è negativa, la qual cosa significa che le condizioni iniziali devono soddisfare la relazione v3 < 2Gm-r"o' Secondo l'equazione (17.20), questa energia è data anche da
E=-G mTm 2a
Esempio 6 Nel capitolo lO abbiamo trovato che la velocità di fuga da un pianeta di massa mp e raggio R è data da Vo = (2GmplR)II2. Quale tipo di orbita seguirà un corpo se viene lanciato secondo una direzione tangenziale con velocità Vo dalla superficie di un pianeta privo di atmosfera? Per trovare il tipo di orbita, calcoliamo l'eccentricità, che è data dall'equazione (17.21),
e
=
2E
~
1+-,-
Se m è la massa del corpo, allora la sua energia è
E = ! mv 2 _ G mpm =! m 2Gmp _ G mpm = O 2 o R 2 R R (Ecco qual è il significato del termine velocità di fuga: una velocità tanto alta quanto basta per fare raggiungere al corpo una distanza infinita senza che gli «resti» energia.) Poiché un'energia nulla corrisponde a e = I, vediamo che l'orbita sarà una parabola. Nel caso particolare di un lancio tangenziale, il corpo parte dal vertice della parabola, il punto più vicino al fuoco.
17.10
CALCOLO DELL'ORBITA A PARTIRE DALLE CONDIZIONI INIZIALI
Ora che abbiamo capito i fattori che determinano l'orbita di un pianeta, di una cometa, o di un satellite, indichiamo come si può trovare l'orbita se si conoscono alcune condizioni iniziali. Supponiamo che un satellite di massa m venga lanciato, per esempio, da una navetta spaziale (space shuttle) situata a una distanza 'o dal centro della Terra (di massa Inr), come è indicato nella figura 17.7. Tra le condizioni iniziali si conoscono anche la velocità iniziale Vo rispetto alla Terra, nonché l'angolo di lancio
E
=
dove 2a è la lunghezza del semiasse maggiore se l'orbita è chiusa. Poiché E è nota in base alla velocità e alla distanza iniziali, l'equazione (17.20) determina la lunghezza dell'asse maggiore e quindi la grandezza dell'orbita. Il momento della quantità di moto rispetto al centro della Terra rimane analogamente costante e uguale al suo valore iniziale, che è dato da L = mvo'o sin
(17.21)
D-m
~ mV3 - G mTm 'o
(17.20)
e=
J
2L2E Dm
(17.21)
1 + -2 -
Nota l'eccentricità, si possono trovare il perigeo (il punto più vicino alla Terra) e l'apogeo (il punto più distante dalla Terra). Le loro distanze dal fuoco sono, rispettivamente,
'p = a(1 -
e)
e
'a = a(1 + e)
Finora, abbiamo determinato la grandezza (data da a) e la forma (data da e) dell'orbita. L'orientamento dell'orbita nello spazio è specificato dalla retta congiungente il fuoco con il perigeo. Per trovare questa retta è sufficiente trovare l'angolo eo tra essa e il vettore noto fO' come è indicato nella figura 17.7. L'angolo eo può essere determinato in base all'equazione polare di un'ellisse, , =
L2 Dm(l + e cos a)
(17.15)
quando si introducono i valori di 'o' e, m e L. È importante notare che eo specifica anche la posizione iniziale del satellite lungo l'orbita. (In realtà, abbiamo determinato soltanto cos eo, e quindi permane un'ambiguità nel segno in eo' corrispondente al fatto che ci allontaniamo dal perigeo oppure ci avviciniamo a esso. Si può risolvere questa ambiguità esaminando la figura 17.7. Troviamo che 900 quando ci si avvicina al perigeo.)
Esempio 7 Un satellite di 5 . 103 kg viene lanciato nello spazio con una velocità iniziale v = 4000 m/s, a una distanza 'o = 6R = 3,6 . 107 m dal centro della Terra, sottò un angolo di 300 rispetto alla direzione radiale. Si calcolino (a) la lunghezza del semiasse maggiore, (b) il momenfo della quantità di moto, (c) l'eccentricità, (d) l'orientamento e (e) le distanze del perigeo e dell'apogeo dell'orbita. Usando l'equazione (17.20),
E=-G mTm 2a
(17.20)
possiamo determinare la lunghezza del semiasse maggiore. Sappiamo che l'energi~ iniziale è Figura 17.7 un'orbita.
Condizioni iniziali che determinano la grandezza, la forma e l'orientamento di
E =
t mvij -
G
mm
_T_
'o
= - 1,6 . 10 10 J
375
376
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
quando introduciamo i valori di vo' 'o' m, mT e G. Uguagliando questa espressione all'equazione (17.20) e risolvendo rispetto ad a, troviamo che a = 6,4 . 107 m, pari a circa 10,4 raggi terrestri. Il momento della quantità di moto è semplicemente L = mvo'o sin op, che risulta uguale a 3,6 . 10 14 kg m 2/s. Noti E e L, possiamo usare l'equazione (17.21),
e =
2L2E I + D2
J
(17.21)
m
per calcolare l'eccentricità. Sostituendo i valori, troviamo che e = 0,89. L'orientamento dell'orbita si trova prendendo l'equazione di un'ellisse, equazione (17.15),
r
=
L2 Dm(l + e cos 8)
(17.15)
e risolvendola rispetto a cos 60 quando, = 'o: 2
cos
80
l ( L = ~ Dmro
I
)
In questo caso, troviamo che 80 = 136°. Come si è già detto, questo risultato fornisce sia l'orientamento dell'orbita nello spazio sia la posizione del satellite lungo l'orbita. Infine, le distanze del perigeo e dell'apogeo sono date da rp
= a(l -
e)
= 7,0 . 106 m = 1,2R
ra = a(l + e) = 1,2 . 108 m = 20R
Plutone Figura 17.8 Orbita della cometa di Halley. dovevano riguardare lo stesso oggetto. Oggi risulta che anche la cometa dell'arazzo di Bayeux era la cometa di Halley. Allora Halley fece la prova cruciale, che, naturalmente, era quella di prevedere il successivo ritorno della cometa. Disse che sarebbe riapparsa alla fine del 1758, ma né Halley né Newton vissero tanto a lungo da poter verificare questa previsione. La cometa di Halley riapparve a Natale del 1758, e da allora non ha cessato di fare le sue ricomparse. Al suo perielio, la cometa di Halley viaggia all'interno dell'orbita di Venere ed è intensamente brillante. All'afelio, viaggia al di là dell'orbita di Nettuno, come è indicato nella figura 17.8. La sua orbita più recente l'ha portata in questa parte del sistema solare nel 1910 e di nuovo nel 1986, come aveva previsto Halley*. Di tutte le comete del cielo, nessuna è come la cometa di Halley. La vediamo a occhio nudo, e periodicamente.
L'orbita è illustrata qui sotto:
Anonimo
8 0 =136' I~I f..-20R~ I
--II1,2R
Problemi
Moto piano in coordinate polari 1. Un punto materiale che si muove nello spazio descrive una spirale data da r(I)
17.11
CONCLUSIONI
Oltre a Newton stesso, l'astronomo britannico Edmund Halley è il primo scienziato a cui dobbiamo la conoscenza della strnttura di quello che oggi chiamiamo sistema solare. Infatti Halley comprese che, sebbene i pianeti abbiano orbite quasi circolari, i risultati di Newton implicavano che tutti i corpi nello spazio devono avere orbite ellittiche, ammesso che vengano catturati dal Sole. Alcuni di essi, per esempio le comete che passano non frequentemente, potrebbero avere orbite altamente eccentriche. Nel 1682, un'enorme cometa dominò il cielo per mesi, e Halley eseguì ripetute misurazioni della sua traiettoria. In seguito, egli applicò le leggi di Newton per trovarne "l'orbita. Benché le sue osservazioni coprissero soltanto un piccolo segmento dell'orbita completa, Halley calcolò che la cometa aveva un'orbita altamente ellittica con un semiasse maggiore pari a 20 volte quello della Terra e un periodo di 76 a. Riesaminando i dati astronomici raccolti precedentemente, scopri che le osservazioni delle comete del 1607 e del 1531 erano pressoché identiche, traendo la conclusione che
rae',
8(1) = wot
dove 'o e 010 sono costanti. Si determinino la direzione, il verso e il modulo della velocità del punto materiale. 2. (a) Come varia la velocità angolare di un pianeta con la sua distanza dal Sole? (b) Se un corpo che descrive un'orbita circolare ha massa costante e momento della quantità di moto costanti, che cosa si può dire di deldt? 3. Derivando la formula per la velocità in coordinate polari, si dimostri che il vettore accelerazione a = dv/dI può essere espresso nella forma 2
d r- r a= [ dt 2
(d8)2] dI
28
d8) O"
d- + 2dr- f+ (r 2 d/
dt dI
• È importante notare che la figura 17.8 indica che il moto della cometa lungo la sua orbita è retrogrado, cioè si svolge nel verso opposto a quello dei pianeti. Questa caratteristica aumenta la difficoltà e il costo di osservazione della cometa a distanza ravvicinata quando essa si trova
in prossimità del Sole. Salvo che non vengano adottati speciali provvedimenti, un veicolo spaziale tende ad avvicinarsi alla cometa frontalmente a una velocità relativa elevata e quindi dispone soltanto di un unico breve transito in cui raccogliere dati su di essa.
377
378
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
r
I fattori che moltiplicano e il sono detti, rispettivamente, la componente radiale e la componente trasversale dell'accelerazione.
12. Qual è l'eccentricità di un'orbita. con momento della quantità di moto nullo? Il moto, in questo caso, è realmente un'«orbitll»?
4. Si faccia riferimento alla formula per l'accelerazione del problema 3. Si dimostri che la componente trasversale è uguale a
13. Usando i dati dell'appendice D relativi all'eccentricità e al semiasse maggiore, si calcolino l'energia e il momento della quantità di moto della Terra nella sua orbita.
~~
r dr
(r2 de) dI
14. Il valore assoluto dell'energia di una meteora che si avvicina alla Terra è data da
Si deduca che l'accelerazione è radiale (parallela a r) se e soltanto se il vettore posizione r descrive aree uguali in tempi uguali. 5. Nel caso del moto circolare in coordinate polari, il vettore O)
'""
2
3
IEI=~ L2 dove mT è la massa della Terra, m è la massa della meteora, e L è il suo momento della quantità di moto. Quali sono i tipi e le eccentricità delle orbite possibili?
= _1_ r 1\ v r2
è detto vettore velocità angolare. Si dimostri che (a)
~k
=
O)
dt
(b) v =
O)
(c)
v 1\
O)
(d)
O)
1\
(a) Qual è l'eccentricità dell'orbita? (b) Qual è l'energia del satellite? (c) Qual è il momento della quantità di moto in funzione di G, ~,
1\ r
u2
= -;:;: r
(O)
1\ r) = - ro 2r, dove ro
15. Un satellite di massa m ruota attorno alla Terra (di massa mT e raggio R). La distanza del perigeo (distanza di massimo avvicinamento), misurata dal centro della Terra, è di 1,5 R, mentre la distanza dell'apogeo (distanza di massimo allontanamento) è di 2,5 R.
I I
= ~~
Vo =
Energia, momento della quantità di moto e orbite 6. Sapendo che le distanze del perielio e dell'afelio della Terra sono 1,47 . 10 11 m e l,53 . 10 11 m, rispettivamente, si calcoli l'energia associata all'orbita della Terra. (Si usino i dati dell'appendice D.) 7. Si dimostri che il rapporto tra l'energia cinetica all'afelio e quella al perielio è dato da .2
K
r~2
Kp
r;
,
dove rp e r. sono le distanze del perielio e dell'afelio. 8. L'orbita ellittica di un satellite di 2500 kg attorno alla Terra è descritta dall'equazione polare
r=
8600 km 1+ 0,4 cos
e
(a) Qual è l'eccentricità dell'orbita? (b) Qual è l'energia totale dell'orbita? (c) Qual è il momento della quantità di moto dell'orbita? (Si usino i dati dell'appendice A per la massa della Terra.) 9. Può l'energia totale di un pianeta essere negativa? In caso affermativo, che cosa significa? Può l'energia cinetica essere mai negativa? 10. Un satellite di massa m viaggia con velocità 'lo in un'orbita circolare di raggiO ro attorno a un pianeta. Si dimostri che l'energia totale del satellite è
c-!mv02• 11. Un satellite di massa m descrive un'orbita circolare attorno a un pianeta di massa mo' Il momento della quantità di moto del satellite è L. Si determini l'energia totale del satellite in funzione di m, mo e L.
m e R?
16. Un pianeta sferico, non-rotante, privo di atmosfera, ha massa mo e raggio R. Dalla sua superficie viene lanciato un veicolo spaziale con una velocità ~ Y2Gmc!R
Considerando la conservazione dell'energia e del momento della quantità di moto, si calcoli la massima distanza che esso raggiunge dal centro del pianeta se viene lanciato (a) in direzione radiale e (b) in direzione tangenziale. / - ......\
17. Si risolva il problema 16 nel caso in cui Vo = Y2Gmc!R.
18. Un razzo viene lanciato da Cape Canaveral con una velocità iniziale vo' sotto un angolo e rispetto all'orizzontale, come è indicato. Trascurando la resistenza dell'aria e la rotazione della Terra, si calcoli la distanza massima dal centro della Terra raggiunta dal razzo, in funzione della massa e del raggio della Terra, mT e R, e di vo' e e G.
Potenziale efficace 19. In base alla conoscenza del moto armonico e dei potenziali efficaci, si spieghi qualitativamente il moto di un punto materiale che viene lievemente perturbato mentre si trova in un'orbita circolare. 20. Si spieghi qualitativamente come varia la forma del potenziale efficace se aumenta il momento della quantità di moto mentre tutti gli altri fattori rimangono invariati. Quale effetto ha questa variazione sul punto di minimo rmi. e sul punto di massimo rmax? 21. Si verifichi qualitativamente la soluzione del problema 16. Cioè, si determini, facendo un disegno e usando la curva per Ueff(r), se è il lancio radiale oppure quello tangenziale che produce la rmal< maggiore.
Applicazioni della dinamica orbitale 22. Si determini la massa del Sole in base al periodo e al semiasse maggiore dell'orbita della Terra. 23. Il periodo dell'orbita della Luna attorno alla Terra è di 27,3 d e il semiasse maggiore ha una lunghezza di 3,85 . 108 m. In base a queste informazioni, si calcoli la massa della Terra.
/ I
/
\ \ I
'o~
379
380
17. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI KEPLERO
24. Qual è ii più breve periodo possibile per un satellite terrestre? 25. Un satellite per telecomunicazioni viene collocato in un' «orbita sincrona» circolare attorno all'equatore, dove rimane stazionario, avendo un periodo di l d. Si determini il raggio di questa orbita. 26. Il satellite di Giove, Ganimede, ruota attorno a questo pianeta con un periodo di 7,16 d e con un semiasse maggiore di 1,07 . 109 m. In base a queste informazioni, si calcoli la massa di Giove. 27. Sapendo che l'eccentricità dell'orbita della cometa di Halley è 0,967 e che la lunghezza del semiasse maggiore è 20 volte quella del semiasse maggiore dell'orbita terrestre e prendendo dalla tabella D gli altri dati necessari, si calcoli quanto segue: (a) le distanze del perielio e dell'afelio per la cometa, (b) il suo periodo.
Q
JVO
R
4R
V
o
30° 5R
28. Un satellite di massa m viene lanciato con velocità Vo = (1,5 GmylR)1/2 da una distanza 4R da un pianeta la cui massa mT e il cui raggio R sono indicati nel disegno. In funzione di G, m, mT e R, si determinino i seguenti parametri dell'orbita: (a) l'energia, (b) il tipo e (c) l'eccentricità. 29. Da una distanza di 5R dal centro di un pianeta di massa mp e raggio R, viene lanciato un satellite di massa m con una velocità Vo = (0,2Gm p / R)1/2 nella direzione indicata nel disegno. In funzione di G, m, mp e R, si determinino i seguenti parametri dell'orbita: (a) l'energia, (b) il momento della quantità di moto e (c) l'eccentricità. 30. Usando la conservazione dell'energia e del momento della quantità di moto, si calcoli la velocità del satellite del problema 29 sia al perigeo sia all'apogeo in funzione di G, mp e R.
CAPITOLO 18
NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO L'isola di Levania è posta a cinquantamila miglia tedesche nell'etere profondo. La strada per andarvi '" è assai raramente praticabile ... L'occasione si presenta così fuggevole, che prendiamo come compagni pochi esseri umani ... Perciò, un uomo di questo tipo lo afferriamo tutti insieme, e spingendolo dal basso, lo solleviamo in alto. Costui ne subisce immediatamente una scossa durissima. E infatti, non viene spinto diversamente che se venisse sparato con polvere da cannone, superando mare e monti. Per questa ragione costui, in primo luogo, deve essere addormentato subito con narcotici e oppiacei; le membra aperte in modo tale che il busto non sia sostenuto dal bacino, né il capo dal busto, ma l'impatto si distribuisca fra le singole membra. A questo punto vengono fuori nuove difficoltà: il grande freddo e l'impossibilità di respirare; a quello owiamo a una forza insita in noi, a questa ponendo sul naso spugne umide. Completata la prima parte del viaggio, il trasporto diventa più facile. Allora, ritirando le mani, abbandoniamo all'aria libera i corpi, che si raggomitolano, come ragni: noi li trasportiamo col solo volere, finché la loro massa si volge infine spontaneamente al luogo designato ... JOhannes Kepler, Somnium, pubblicato postumo nel 1634 (in: Johannes Kepler, Somnium, a cura di Edward Rosen, Napoli·Roma, Edizioni Theoria, 1984, pp. 45·46)
18.1
AUTOSTRADE NEL CIELO
Fino a non molti anni fa, l'unico uso concepibile dell'elegante meccanica celeste sviluppata in centinaia di anni era il calcolo delle posizioni dei corpi nel cielo. Oggi, questa situazione è cambiata radicahnente. Molti dei corpi che si muovono nello spazio non sono affatto naturali: sono stati lanciati dai paesi occidentali o da quelli orientali. E, se in qualche modo riusciremo a evitare di distruggerci reciprocamente, molti altri oggetti abbandoneranno il nostro pianeta in futuro. Nel 1973, il Mariner lO viaggiò alla volta di Venere ammantata di nubi, e di Mercurio. Nel 1975, il modulo di superficie (Lander) del Viking atterrò sul pianeta Marte. E nel 1977 fu lanciato il Voyager 2 per un rendez-vous al fine di scoprire i segreti dei pianeti giganti: Giove, Satumo, Urano e Nettuno. Queste macchine raffinate sono i nostri occhi e i nostri orecchi: gli esploratori che inviamo attraverso il nuovo mare dello spazio. Talvolta essi infrangono vecchie leggende e illusioni, ma altrettanto spesso ne creano di nuove. Anche se sono logiche estensioni dei nostri sensi, queste macchine restano gli schiavi metallici della mente e dell'immaginazione dell'uomo. Come fanno le sonde interplanetarie a raggiungere quei mondi strani e distanti? Come fanno a navigare attraverso il vasto mare del sistema solare senza l'aiuto nep381
382
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
pure di un faro? Come vèdremo tra poco, nello spazio non ci sono autostrade gratuite: ogni viaggio richiede una certa spesa di energia, ma ci sono modi di viaggiare che riducono al minimo il costo.
Le orbite di trasferimento impongono limitazioni ai viaggi spaziali. Questo metodo non permette di inviare una sonda verso un pianeta in qualsiasi momento: il lancio deve essere effettuato quando la Terra e il bersaglio si trovano nelle posizioni relative corrette, un evento noto come opportunità di lancio. Al momento del lancio, la Terra deve trovarsi a un estremo dell'asse maggiore dell'orbita di trasferimento, mentre il pianeta bersaglio deve arrivare all'altro estremo simultaneamente al veicolo spaziale. Con questo metodo, si può inviare un veicolo spaziale verso Venere ogni 19 mesi, verso Marte ogni 786 d e verso Giove ogni 13 mesi. Le opportunità di lancio sono una consegnenza dei differenti periodi orbitali dei pianeti. Secondo la terza legge di Keplero, ogni pianeta ha un periodo orbitale che è legato alla lunghezza del suo semiasse maggiore dalla relazione
T 2 = ka 3
Figura 18.1
18.2
li veicolo spaziale Voyager I. (Per cortesia della JPL/NASA.)
NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
Come navighiamo alla volta di altri pianeti? Le soluzioni possibili di questo problema sono numerose. Il primo metodo che viene in mente è quello di usare la forza bruta. Potremmo costruire razzi giganteschi per lanciare un veicolo spaziale direttamente verso un pianeta, e poi usare un getto dei razzi per rallentare il veicolo quando arriva a destinazione. Però, esiste un metodo molto più elegante e pratico: sfruttare il campo gravitazionale del Sole e le ellissi di Keplero. La prima tappa è lanciare il veicolo spaziale in un'orbita temporanea attorno alla Terra e di qui in un'orbita di trasferimento di Hohman, come è indicato nella figura 18.2. Quest'ultima è un'orbita semiellittica circumsolare, la quale è tangente sia all'orbita della Terra sia all'orbita del pianeta bersaglio. Quando il veicolo spaziale si trova nell'orbita di trasferimento, non è necessario accendere i suoi razzi finché esso non raggiunge l'orbita del pianeta bersaglio. Nel tragitto, la sua energia e il suo momento della quantità di moto rimangono costanti. Tutto il lavoro viene compiuto dalla forza gravitazionale del Sole e, quindi, questa parte del viaggio è gratuita. Quando il veicolo raggiunge l'orbita del pianeta bersaglio, si devono accendere i razzi per toglierlo dall'orbita di trasferimento e collocarlo nell'orbita del bersaglio. Questo modo di viaggiare richiede la minima quantità di combustibile, il che è molto più importante quando si viaggia dalla Terra a Saturno che quando si attraversa in automobile la città. orbita del pianeta
dove k = 41t 2/Gm o è una costante di proporzionalità che dipende dalla massa mo del Sole, ma è la stessa per tutti i pianeti. Quando si presenta un'opportunità di lancio, il veicolo spaziale viene collocato di solito in un'orbita temporanea circumterrestre,detta orbita di parcheggio. Per entrare in un'orbita di trasferimento, un veicolo spaziale deve in qualche modo abbandonare la sua orbita di parcheggio e sfuggire alla forza di gravità della Terra. La spinta dei razzi fornisce a un veicolo spaziale l'energia per fuggire, ma quando e come viene impartita la spinta dipende dalla destinazione. Anche durante un'opportunità di lancio il veicolo deve essere lanciato dal punto giusto della sua orbita di parcheggio. Questo punto è detto finestra di lancio. Se il veicolo spaziale è diretto a uno dei pianeti interni (Mercurio o Venere), la finestra di lancio si presenta quando il veicolo emerge sul lato della Terra che è illuminato dal Sole, come è indicato nella figura l8.3a. Quando è diretto alla volta dei pianeti ester: ni, un veicolo spaziale deve abbandonare la sua orbita di parcheggio quando si avvicina al lato oscuro della Terra, come è indicato nella figura 18.3b. Ecco perché: la velocità iniziale del veicolo comprende un contributo dovuto alla velocità orbitale della Terra attorno al Sole, oltre alla velocità orbitale del veicolo attorno alla Terra. (L'orbita di parcheggio attorno alla Terra è sempre nello stesso senso della rotazione della Terra. Perché?). Quando il veicolo si trova sulla faccia della Terra illuminata dal Sole, questi contributi hanno versi opposti (v. fignra 18.3). Un'altra spinta dei razzi nel verso del moto orbitale del veicolo attorno alla Terra permette al veicolo di fuggire dalla sua orbita circumterrestre. Ma, poiché ora la velocità del veicolo rispetto al Sole è minore di quella della Terra, il veicolo cade in un'orbita più vicina al Sole: in un'orbita di trasferimento. Benché il veicolo decolli in un'orbita iperbolica (di fuga) rispetto alla Terra, la sua orbita rispetto al Sole (dopo essere diventato sostanzialmente libero dall'influenza della Terra) è ellittica. Per entrare in un'orbita di trasferimento verso un pianeta esterno, un veicolo orbita di trasferimento f 1
(a)
~
\
/ ' orbita del pianeta
bersagliO@iPartenza orbita di trasferimento
-*- --
..............
(17.23)
~ ........
(b)
I \
~
/~,,~ \
\
O
~ole
'--ti""". . .
I
,\ \ ,ì I ®Terra pianeta interno
~Terra O \\
\ ~ \~,
Sole
l
/
I
;'1I!
/ /1I
pianeta \ ."~____ / ' '" esterno"" orbita :-"" / " di ""--:-...... " trasfenment~ Figura 18.2 Un'orbita di trasferimento è un'orbita ellittica, con il Sole in uno dei due fuoch~ la quale è tangente sia aU'orbita del pianeta di partenza sia a quella del pianeta bersaglio.
........_--_/
Figura 18.3 Finestra di lancio per un viaggio aUa volta (a) di un pianeta interno, (b) di un pianeta esterno.
383
384
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
spaziale viene lanciato dalla sua orbita di parcheggio mentre si avvicina al lato oscuro della Terra: quando si trova'dallato oscuro, la velocità orbitale del veicolo attorno alla Terra ha lo stesso verso di quella della Terra attorno al Sole e quindi i due contributi si sommano e basta una spinta dei razzi per fare fuggire il veicolo dalla sua orbita circumterrestre e spostarlo in un'orbita maggiore attorno al Sole. (V. figura 18.3b.)
18.3
ORBITE DI TRASFERIMENTO
Descriviamo ora matematicamente le tappe in cui si svolge il calcolo di un'orbita di trasferimento, per esempio dalla Terra a un altro pianeta. Per semplificare alquanto i calcoli e porre in rilievo i concetti fisici, supporremo che le orbite dei pianeti siano circolari. Inoltre, trascureremo la necessità di sfuggire alla forza di gravità della Terra e la velocità del veicolo spaziale nella sua orbita di parcheggio attorno alla Terra. Come abbiamo visto poc'anzi, un'orbita di trasferimento è un'orbita semiellittica, con i due pianeti al perielio e all'afelio. Nel tracciare un'orbita del genere, la prima tappa è trovare la lunghezza 2a dell'asse maggiore dell'ellisse. Come è indicato nella figura 18.4, se'I e'2 sono i raggi delle orbite planetarie, la lunghezza dell'asse maggiore dell'orbita di trasferimento è 2a = 'I
+ '2
orbita del pianeta bersaglio
orbita della Terra orbita di trasferimento
lungo l'orbita di trasferimento si conserva il momento della quantità di moto, possiamo calcolare facilmente v2• La conservazione della quantità di moto, applicata ai due punti dell'orbita di trasferimento indicati nella figura 18.4, ci dice che mVITI = mV2'2
poiché in questi punti la velocità è perpendicolare al raggio vettore uscente dal Sole. Possiamo risolvere questa equazione rispetto a v2 • Usando la terza legge di Keplero, possiamo trovare l'intervallo di tempo che il veicolo spaziale impiega per percorrere l'orbita di trasferimento: è la metà del periodo T. Usando due volte la terza legge di Keplero T2 = kal, possiamo eliminare la costante k. Abbiamo perciò
~=~
Ti:
ai:
dove TT e ~ sono il periodo (l a) e il semiasse maggiore dell'orbita terrestre, mentre T e a sono quelli dell'orbita di trasferimento. I semiassi maggiori vengono misurati in unità astronomiche; 1 UA = 1,496 . 10 11 m, la distanza media tra il Sole e la Terra. Infine, si può trovare l'opportunità di lancio decidendo dove dovrebbe trovarsi il pianeta bersaglio rispetto alla Terra al momento del lancio, in modo che il veicolo spaziale intercetti il pianeta bersaglio all'arrivo sulla sua orbita. In base al tempo di volo t e al periodo orbitale Tp del pianeta, la frazione (360 0 )tITp indica l'angolo, in gradi, di cui il pianeta si sarà spostato durante il volo del veicolo spaziale. In base a questo angolo, possiamo determinare l'opportunità del lancio. Gli esempi che seguono illust.rano questi calcoli.
VI
Esempio 1
Figura 18.4
Parametri che determinano un'orbita di trasferimento.
Poi occorre conoscere la velocità che il veicolo spaziale deve avere per portarsi nell'orbita di trasferimento. Ricordando che l'energia associata a un'orbita ellittica attorno al Sole è
E=-G mmo 2a
(17.20)
dove mo è la massa del Sole ed m è la massa del veicolo spaziale, vediamo che, noto 2a, è determinata l'energia dell'orbita. L'energia del veicolo spaziale è data da
E
=
Per un'orbita di trasferimento fra la Terra e Venere, si supponga che le orbite di entrambi i pianeti siano circolari. Il raggio dell'orbita di Venere è pari a 0,72 UA, mentre il suo periodo orbitale e la sua velocità orbitale sono di 225 d e 35,0 kmls, rispettivamente. Si determini quanto segue: (a) la lunghezza dell'asse maggiore, (b) la velocità necessaria per spingere un veicolo spaziale nell'orbita di trasferimento, (c) la variazione della velocità che si rende necessaria quando il veicolo spaziale raggiunge Venere, (d) il tempo di volo, (e) le posizioni relative di Venere e della Terra al momento del lancio. Con le approssimazioni descritte nel testo, supponiamo che inizialmente il veicolo spaziale abbia la stessa velocità della Terra nella sua orbita attorno al Sole. L'energia di un veicolo spaziale che si muove in quell'orbita è
ìmvi - G mmo 'I
e quindi possiamo risolvere rispetto a vI> la velocità necessaria per iniziare l'orbita di trasferimento. Trascuriamo l'energia potenziale gravitazionale dovuta alla Terra poiché è molto minore di quella del Sole. Conoscendo la velocità orbitale della Terra, possiamo poi calcolare con precisione l'aumento o la diminuzione della velocità che si rende necessario per immettere il veicolo spaziale nell'orbita di trasferimento. Se viaggia alla volta di un pianeta interno, il veicolo spaziale acquista velocità via via che cade verso il Sole. D'altra parte, se viaggia alla volta di un pianeta esterno, perde velocità. Ma, in entrambi i casi, si dovrà variare la velocità del veicolo spaziale al termine della sua traiettoria per uguagliarla a quella del pianeta nella sua orbita attorno al Sole. Per effettuare questa variazione quando il veicolo spaziale raggiunge l'orbita del pianeta bersaglio, occorre conoscere la sua velocità di arrivo v2 • Poiché
Eo = -G mmo 2'T dove mo è la massa del Sole, m è la massa del veicolo spaziale e'T è il raggio dell'orbita della Terra. Uguagliando questa energia a
E
=
1m!?' - G mmo 2 o 'T
troviamo che la velocità del veicolo spaziale, mentre si muove insieme alla Terra è, Vo = (Gmol'T)1I2
= 29,8
km/s
Esprimeremo le altre velocità per mezzo di questa. Come è indicato nel disegno a lato, la lunghezza dell'asse maggiore dell'orbita è 2a = 0,72 UA + 1,00 UA = 1,72 UA = 1,72 rT' L'energia dell'orbita di trasferi~ento è determinata da 2a, e quindi abbiamo che .
E =- G
mmo = 1,72'T
ì mVI -
G mmo
'T
386
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
dove 01 è la velocità che il veicolo spaziale deve avere per entrare nell'orbita di trasferimento che parte dalla Terra. Risolvendo rispetto a 01> troviamo
La conservazione del momento della quantità di moto ci permette di calcolare la velocità 02 che il veicolo spaziale possiede quando arriva nell'orbita di Marte:
01 = (0,84GmolrT)I/2 = 0,9100 = 27,2 kmls
mol rT
Perciò, occorre l'azione del propulsore per rallentare il veicolo spaziale di 2,6 km/s, la differenza tra 29,8 e 27,2 kmls. Per la terza legge di Keplero, il periodo dell'orbita di trasferimento si può ottenere dal rapporto
da cui risulta che 02 = 0,72 00 = 21,6 km/s. Perciò, per raggiungere la velocità di Marte, il veicolo deve venire accelerato di 2,5 km/s quando raggiunge questo punto. Il tempo di volo è pari alla metà del periodo dell'orbita di trasferimento e può essere calcolato mediante la terza legge di Keplero:
'J'l = a-
t = ~ (1,26)3/2 a = 0,71 a = 259 d
Si ottiene un tempo di volo (metà del periodo) t = 0,4 a = 146 d. Usando la conservazione del momento della quantità di moto, possiamo calcolare 02' la velocità che il veicolo spaziale possiede quando raggiunge l'orbita di Venereo Poiché
Mentre il veicolo spaziale viaggia alla volta di Marte, questo si sposta di (259/687) 360° lungo la propria orbita. Perciò, l'opportunità di lancio si presenta quando Marte si trova nel punto Mlancio della sua orbita, come è indicato nella figura precedente. Si può dimostrare che, quando il veicolo spaziale arriva a destinazione, la Terra si trova nel punto Tarrivo ' a un angolo di 155° dalla sua posizione al momento del lancio.
3
4
T}
mol rT
=
m02 rV
dove rv è il raggio dell'orbita di Venere, troviamo che 02 = 37,8 kmls. La velocità di Venere è 35,0 kmls, e quindi il veicolo spaziale deve essere rallentato di 2,8 km/s. Mentre il veicolo spaziaIe impiega 146 d nel suo volo verso Venere, il pianeta si sposta di (146/225) 360° = 234°. Perciò, come è indicato nel disegno a fianco, Venere dovrebbe trovàrsi nel punto V1ancio' che a 234° dal punto d'arrivo Varrivo . Durante il viaggio, la Terra si sposta di 144° e, come è facile verificare, si trova nel punto T arrivo sul disegno.
Esempio 2 Si progetti un'orbita di trasferimento verso Marte, sapendo che il raggio dell'orbita del pianeta (supposta circolare) è pari a l,52 'T e che la velocità orbitale di Marte è 24,1 kmls. I calcoli per questo viaggio sono identici a quelli dell'esempio 1, con l'eccezione che il veicolo spaziale viaggia alla volta di un'orbita superiore. Ciò significa che esso al momento del lancio e al momento dell'arrivo dovrà accelerare.
!. 1,00
Il,
l,52
18.4
= m02r M
ASSISTENZA GRAVITAZIONALE
Nel 1977, fu lanciato il Voyager 2 per sfruttare la rara occasione di visitare i quattro pianeti giganti gassosi esterni, Giove, Satumo, Urano e Nettuno, come è illustrato nella figura 18.5.. Infatti, una volta ogni 175 a questi pianeti si allineano cosicché possono essere visitati dallo stesso veicolo spaziale. I navigatori della missione sfruttarono i campi gravitazionali di questi stessi pianeti per assicurare al Voyager 2 spinte supplementari con una tecnica detta assistenza gravitazionale. Attraverso un'assistenza gravitazionale fornita da Giove, il Voyager 2 avrebbe visitato Satumo, Urano e Nettuno entro 12 a (figura 18.5). Se il veicolo spaziale fosse stato lanciato direttamente verso Satumo, quella sola parte del viaggio avrebbe richiesto più di 6 a, invece dei 4 a con l'assistenza gravitazionale, mentre un viaggio alla volta di Urano senza assistenza gravitazionale avrebbe richiesto 16 a. E il Voyager 2 non avrebbe mai raggiunto Nettuno. URANO
8120177 SATURNO
11113180
tI
URANO
M arrivo
1130186
GIOVE
7/9179 315179
orbita di trasferimento
Come è indicato nella figura precedente, la lunghezza dell'asse maggiore è 2,52 UA = 2,52 'T' Usando questo dato per determinare l'energia dell'orbita di trasferimento e uguagliando tale energia a E = lmoI - G mom 2
'T
troviamo che la velocità necessaria per l'orbita di trasferimento è 01 = 1,1000 = 32,8 kmls
La velocità orbitale della Terra è 29,8 kmls, e quindi la velocità del veicolo spaziale deve aumentare di 3,0 kmls.
Traiettoria del Voyager 2 nella sua visita ai pianeti giganti esterni. (Per cortesia del JPLlNASA.)
Figura 18.5
387
388
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
18. NAVIGAZIONÈ NELLO SPAZIO
Immaginiamo un veicolo spaziale che viaggia in prossimità di un grande pianeta, per esempio di Giove. In questo caso, dobbiamo in realtà tener conto sia della forza gravitazionale del Sole sia di quella di Giove. Ma, se il veicolo spaziale passa abbastanza vicino a Giove, l'attrazione di Giove diventerà temporaneamente molto più intensa di quella del Sole; perciò, la forza dovuta al Sole può essere trascurata temporaneamente. (Ciò semplifica il problema, in quanto da un problema di tre corpi diventa un problema risolubile di due corpi: il veicolo spaziale e Giove.) Vediamo ciò che accade dal punto di vista di Giove. Il veicolo spaziale si avvicina a Giove provenendo da una grandissima distanza con una certa piccola velocità. Secondo l'espressione dell'energia totale, E = ~mv2 - G mom
r
questa energia è nulla oppure lievemente positiva, poiché l'energia cinetica è maggiore dell'energia potenziale gravitazionale. Perciò, l'orbita attorno a Giove sarà aperta, e cioè una parabola oppure un'iperbole, come è indicato nella figura 18.6 .. Di conseguenza, il veicolo spaziale subisce una variazione della velocità: la velocità nel punto 2 della figura 18.6 ha un orientamento diverso da quello della velocità nel punto l. Benché l'orientamento della velocità vari, il modulo della velocità nei punti 1 e 2 della figura 18.6 è lo stesso. Ciò è quanto accade dal punto di vista di Giove. DATA DI LANCIO = l' SETTEMBRE 1977 DATA DI ARRIVO SU GIOVE = 5 MARZO 1979
L'assistenza gravitazionale è analoga al colpire una palla da baseball con una mazza. La mazza non soltanto inverte l'orientamento della velocità della palla, ma ne aumenta anche il modulo: quanto più intenso è lo slancio, tanto più alta è la probabilità di una corsa alla casa base. Analogamente, i pianeti dotati di una grande energia cinetica possono offrire grandi assistenze gravitazionali al veicolo spaziale. Esistono due modi per realizzare un'assistenza gravitazionale. Uno è il metodo che abbiamo appena descritto, in cui tutto il moto si svolge. nel piano dell'eclittica, e cioè nel piano contenente le orbite della maggior parte dei pianeti. Questo metodo per aumentare l'energia di un'orbita nel piano dell'eclittica è detto pompaggio (pumping).
Un'altra possibile forma di assistenza gravitazionale è inviare un veicolo spaziale in una diversa direzione rispetto a Giove, in modo tale che la forza gravitazionale di Giove applichi al veicolo un momento rispetto al Sole. Il momento della forza gravitazionale può fare inclinare il vettore momento della quantità di moto del veicolo spaziale. Poiché il vettore momento della quantità di moto è perpendicolare al piano dell'orbita del veicolo spaziale, ne consegue che, se il piano dell'orbita del veicolo si inclina, l'orbita esce dal piano dell'eclittica. Questo tipo di assistenza gravitazionale è detto cranking (letteralmente «fare partire con la manovella»). Entrambi i' metodi sono artifici di uso comune nella navigazione spaziale.
18.5 CONCLUSIONI Una delle rivelazioni spettacolari della missione del Voyager 2 furono le complessità degli anelli di Saturno, mostrati nella fotografia della figura 18.7. Esiste un anello esterno, detto anello F, il quale è un anello sottile, ben organizzato, separato dagli altri anelli. Ancor prima che il Voyager 2 passasse accanto a Saturno, i calcoli e le teorie avevano descritto come avrebbe potuto essersi formato questo anello sottile ben organizzato.
Figura 18.6 Assistenza gravitazionale offerta da Giove a un veicolo spaziale. (Per cortesia del JPUNASA.)
Osservando l'interazione dal punto di vista del Sole, il che è quanto si deve fare per determinare la traiettoria di un veicolo spaziale che naviga nel sistema solare, ci rendiamo conto che è accaduto qualcos'altro, poiché Giove è in moto. Perché il veicolo spaziale descriva una parabola o un'iperbole regolare attorno a Giove, dal punto di vista di Giove, esso ha dovuto essere trascinato insieme al moto di Giove attorno al Sole. Ciò significa che, rispetto al Sole, il veicolo spaziale ha acquistato un componente in più della velocità, e cioè la velocità di Giove, che ne modifica l'energia cinetica. Benché l'energia potenziale del veicolo spaziale non sia variata poiché la sua distanza dal Sole è variata a malapena, la sua energia cinetica è stata aumentata dall'assistenza gravitazionale di Giove. Perciò, l'assistenza gravitazionale sfrutta il moto di Giove per aumentare l'energia totale del veicolo spaziale.
Figura 18.7 Fotografia degli anelli di Saturno eseguita dal Voyager 2. (Per cortesia del JPUNASA.)
Perché l'anello F sia diventato così stretto, attorno a Saturno devono orbitare due lune, una immediatamente all'interno dell'anello e una immediatamente all'esterno. Come fanno queste due lune a conferire la sua forma all'anello F? Supponiamo di esaminare l'interaziOlie fra l'anello F e una luna. Se due corpi passano l'uno accanto all'altro nello spazio, essi interagiscono gravitazionalmente, e, se uno di essi si muove più velocemente, questo corpo perde' energia cinetica, mentre il corpo più lento acquista energia cinetica. È quanto abbiamo appena visto nelle assistenze gravitazionali. Accade anche che, quanto più una luna è vicina a un pianeta, tanto più alta
389
390
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
18. NAVIGAZIONE NELLO SPAZIO
è la sua velocità. Perciò, la luna interna ha una velocità maggiore di quella della luna esterna. Il materiale dell'anello si muove con una velocità intermedia. Il materiale dell'anello interagisce con la luna interna veloce, acquistando energia. L'aumento dell'energia «pompa» il materiale in un'orbita più alta (più esterna). Perciò, attraverso questa interazione con la luna interna, il materiale presente sul bordo interno dell'anello viene spinto verso l'esterno, lontano da Saturno, verso il centro dell'anello. D'altra parte, il materiale presente sul bordo esterno dell'anello interagisce con la luna esterna, che si muove più lentamente rispetto a esso. Di conseguenza, le particelle cedono energia alla luna più lenta e si muovono verso l'interno scendendo in un'orbita più bassa (più interna), verso il centro dell'anello. La presenza di due lune, una all'esterno e una all'interno dell'anello, tende a comprimere quest'ultimo per formare un anello più stretto. Le lune agiscono come pastori che mantengono unito il loro gregge: mantengono gravitazionalmente le particelle in un anello stretto. Questa teoria era stata avanzata dal dottor Peter Goldreich del Caltech prima del viaggio del Voyager 2 alla volta di Saturno. Essa prevedeva l'esistenza di due lune, che non erano state ancora osservate e che avrebbero dovuto mantenere unito l'anello F. E quando il Voyager 2 passò accanto agli anelli, si osservarono le due lune (fIgura t8.8), proprio come era stato previsto: un esempio naturale di assistenza gravitazionale.
T.lancIo . =
I
TTerra Tpianeta TTerra - Tpianeta
dove TTerra e Tpiaoeta sono i periodi orbitali attorno al Sole. Si trovi il periodo delle opportunità di lancio per Saturno e la Terra. 4. L'opportunità di lancio è associata a un allineamento fIsico di due pianeti e del
Sole. Si immagini un pianeta su ciascuna delle due lancette di un orologio. Se risultasse che l'allineamento corretto è quello in cui i due pianeti sono diametralmente opposti, quanti minuti trascorrerebbero tra posizioni favorevoli consecutive?
Orbite di trasferimento 5. Per l'orbita di trasferimento dell'esempio 1, si calcoli l'energia che si deve impartire a un veicolo spaziale di 3000 kg (a) perché entri nell'orbita di trasferimento
e (b) perché rallenti fIno ad assumere una velocità uguale a quella di Venere. 6. Alcuni racconti di fantascienza parlano di un misterioso pianeta fratello della Terra, che condivide la stessa orbita della Terra, ma è diametralmente opposto rispetto al Sole e quindi rimane inosservato. Approssimando l'orbita della Terra con un cerchio, si spieghi qualitativamente come si potrebbe inviare un veicolo spaziale dalla Terra al pianeta fratello.
7. Un veicolo spaziale è in un'orbita di raggio 2R, dove R è il raggio della Terra. Il veicolo spaziale deve essere trasferito in un un'orbita più alta, avente un raggio 4R. Usando i dati dell'appendice D per la massa e il raggio della Terra, e supponendo che la massa del veicolo spaziale sia di 2500 kg, si trovino i seguenti parametri dell'orbita di trasferimento: (a) la lunghezza dell'asse maggiore, (b) la variazione della velocità all'inizio e al termine dell' orbita.
~
\S!!)
8. Un satellite artifIciale è in un'orbita circolare di raggio ro attorno alla Terra. Si
varia la velocità del satellite accendendo i suoi razzi in direzione tangente all'orbita, in modo tale che il modulo della velocità aumenti diventando 1,1 volte quello iniziale. Si trovino: (a) l'eccentricità della nuova orbita, (b) la distanza dell'apogeo espressa per mezzo di ro'
9. Usando i dati necessari dell'appendice D, si determini quanto segue per un'orbita di trasferimento tra la Terra e Mercurio:
Figura 18.8 Fotografia dell'anello F dì Satumo e delle due lune che lo tengono unito, eseguita dal VoYager 2. (Per cortesia del JPUNASA.)
Problemi
Navigazione nello spazio
(a) (b) (e) (d) (e)
la lunghezza dell'asse maggiore, la variazione della velocità necessaria per entrare in orbita, la velocità del veicolo spaziale quando arriva al pianeta, il tempo di volo, la posizione di Mercurio per le opportunità di lancio.
10. Si risolva il problema 9 per un viaggio dalla Terra a Giove.
1. Un veicolo spaziale viene posto in orbita attorno alla Terra prima di essere invia-
11. Il dottor Lee DuBridge, presidente del Caltech, propose il seguente problema
to alla volta di Giove. Si spieghi come si possono variare sia l'energia sia il momento della quantità di moto del veicolo accendendo i suoi razzi.
durante un pranzo dell' American Physical Society, il 27 aprile 1960. Supponiamo che due veicoli spaziali si trovino nella stessa orbita circolare attorno .alla Terra, ma che uno sia qualche centinaio di metri dietro l'altro. Un astronauta del veicolo posteriore vuole lanciare un sandwich al prosciutto al suo partner nell'altro veicolo. Come può fare? Si descrivano qualitativamente le possibili traiettorie di trasferimento.
2. Un metodo proposto per i viaggi spaziali è la propulsione ionica. Bruciando costantemente combustibile ed espellendo ioni, un veicolo spaziale potrebbe acquistare velocità in modo regolare, anziché a intervalli mediante l'accensione di un razzo. In che modo questo metodo di propulsione complica il calcolo delle orbite di trasferimento, rispetto all'accensione a intermittenza dei razzi? 3. Si dimostri che il numero di giorni
1ìancio
ve per un pianeta qualsiasi è dato da
tra due opportunità di lancio consecuti-
~
391