PATRICK QUENTIN PRESAGIO DI MORTE (The Grindle Nightmare, 1935)
1 Tutto cominciò un certo sabato sera di tardo novembre...
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PATRICK QUENTIN PRESAGIO DI MORTE (The Grindle Nightmare, 1935)
1 Tutto cominciò un certo sabato sera di tardo novembre o di primo dicembre. Sono certo che era sabato perché io e Toni stavamo tornando a casa dall'ospedale prima del solito, così come sono certo che il crepuscolo era ormai avanzato, poiché rammento che era quasi buio quando superammo le grigie tetre mura di casa Alstone. Purtroppo però non ho alcuna memoria per le date. In seguito, quando le cose cominciarono ad assumere proporzioni misteriose, inquietanti, rimpiansi di non avere messo a fuoco con più attenzione i particolari di quei primi strani avvenimenti di Grindle Valley. Ma come quasi tutti i miei vicini, all'inizio non sospettavo di certo che sarei stato più che un semplice spettatore in quella cupa partita di cui quel particolare sabato sera ignoravo completamente la prima mano. Mentre ci dirigevamo verso casa in automobile, sia io che Toni avvertimmo qualcosa d'insolito. Sulle prime pensai che si trattasse di una battuta di caccia; ma Grindle è un posto tradizionale e li la caccia si svolge solo negli orari prestabiliti. Qualunque fosse l'avvenimento, aveva fatto riversare sulla strada l'intero vicinato. C'erano crocchi di gente a tutti gli angoli; dai boschi ci giungeva il latrato dei cani e qua e là si scorgeva il lam-
po di una torcia elettrica. Le voci superavano il rumore dei motori, e ogni faccia illuminata dalla luce dei fari aveva una strana espressione tragica. Naturalmente ci saremmo potuti fermare a chiedere ragguagli, ma entrambi eravamo stanchi e avevamo bisogno di una doccia. Inoltre era fine settimana, e Valerie doveva venire da noi dopo cena: Valerie e i Goschen. — Non sapevo che le vostre zone rurali fossero così popolose — brontolò Toni, mentre faceva retromarcia per infilarsi nel garage dall'accesso difficile. Al momento non ci pensai più, ma quando salii a cambiarmi per il pranzo, sentii di nuovo le grida risuonare nella vallata. Quelle grida esprimevano un'inquietudine, una disperazione tale da darmi l'impressione che i nostri vicini fossero usciti a cercare qualcosa che disperavano di ritrovare, qualcosa di irrimediabilmente perduto. Lo feci osservare a Toni che era appena uscito dalla doccia, splendido e aitante. Ma cosa ci si può aspettare se non un grugnito dal dottor Antonio Conti, uno dei più giovani e brillanti docenti di patologia d'America? Cos'era mai il trambusto di un gruppo di villici per un uomo che era rimasto pressoché imperturbabile il giorno in cui aveva isolato per la prima volta l'elemento gram-positivo dal sangue d'un paziente affetto da endocardite settica, dando così alla medicina uno dei suoi più preziosi contributi? Eppure, malgrado quel suo fare brusco, Toni non era certo uno scienziato freddo e insensibile. Me ne accorsi non appena stringemmo amicizia al Rhodes University Hospital, dove eravamo entrambi ricercatori scientifici. Grazie all'influenza positiva di Toni ero riuscito a effettuare uno dei miei più emozionanti esperimenti di laboratorio. Era stato Toni a insistere affinché dividessi con lui la deliziosa piccola fattoria che aveva preso in affitto da Seymour Alstone a Grindle Valley, a una trentina di chilometri dalla città, ed era stato lo splendido e aggressivo Toni a farsi prestare dai nostri vicini più ricchi dei fucili da caccia e dei cavalli. Da un po' di tempo facevamo il tipo di vita comoda che solo due scapoli si possono permettere: una vita ben più comoda di quella dei Goschen, sempre soffocati dai bambini mocciosi e dagli ospiti invadenti, e molto più piacevole della vita che faceva quell'effeminato di Tailford-Jones, la cui moglie era perennemente a caccia di uomini, invece di darsi da fare per trarre il meglio da un eroe rovinato dalla guerra, e infine assai più confortevole della vita di Valerie Middleton e di sua madre, che vivevano della magra elemosina di Seymour Alstone. La nostra casa linda e ordinata, i nostri pasti regolari formavano l'invidia dell'intera comunità dei coniugati,
ed era difficile trovarne uno solo, tra i nostri amici, che non avesse prima o poi tentato di soffiarci Lucinda, la nostra efficientissima "tuttofare" negra. Lucinda aveva appena terminato di sparecchiare e stava servendoci il caffè nel salotto quando scoprimmo il perché del fermento di quel pomeriggio. — I Goschen sono in anticipo — osservò Toni mentre un'automobile si fermava davanti a casa nostra. Accesi la luce del portico, ma non erano né i Goschen né Valerie. Jo Baines, il giardiniere degli Alstone, era fermo sulla soglia con un uomo che subito riconobbi come il poliziotto del villaggio. Di solito Jo Baines ha la tipica espressione afflitta di chi ha il duro compito di mantenere una grande famiglia sempre più numerosa col magro stipendio che il signor Alstone passa ai suoi dipendenti. Quella sera però aveva l'aria ancor più tragica del solito, un'espressione che la mia mente professionale subito associò al non troppo "lieto evento" che sapevo imminente in casa sua. — Scusatemi, dottor Swanson, ma ho pensato bene di fermarmi qui per farvi alcune domande. — Domande? Quali domande, Baines? I due uomini scrutarono le nostre facce perplesse. — Sicché non sapete niente, dottore? — Ma di cosa si tratta? — Della mia Polly. — La voce di Baines era bassa. — È scomparsa. Crediamo che sia successo ieri sera, benché non possiamo esserne certi. Comunque l'abbiamo cercata accanitamente per tutto il giorno. — Volete dire che qualcuno ha rapito vostra figlia? — Non avrei saputo dire se il tono forzato nella voce di Toni fosse dovuto a indifferenza o a scetticismo. — È improbabile che sia stata rapita, dottor Conti — interloquì il poliziotto. — Jo — soggiunse, accennando al giardiniere — non è certo in condizioni di... insomma, di farsi spillare una grossa somma per il riscatto. — Ne sappiamo poco, dottor Swanson. — Jo Baines aveva rivolto di nuovo a me il suo sguardo afflitto. — L'ultima volta che è stata vista stava andando nel prato dietro casa nostra, per rincorrere il suo gattino che scappa sempre. Aveva paura che... be', sapete come va con le bestie qua in giro. — Tossi imbarazzato. — Mark dice di averla vista rincorrerlo chiamandolo a gran voce per un centinaio di metri dalla porta sul retro. Questo, alle otto circa e cosa volete, con mia moglie che nelle sue condizioni non è cer-
to in grado di badare ai bambini... insomma, nessuno ci ha più pensato fino a stamattina, quando ci siamo accorti che Polly non c'era più. Vedete, ormai è grande abbastanza da andare a letto da sola, ma il suo letto era intatto e né lei né il micio sono più tornati a casa, da allora. — Ecco perché tutti erano in giro, stasera! — esclamai. — Sì. Tutti ci hanno dato una mano. Il signor Alstone ha dato libertà ai domestici negri, nel pomeriggio, e quando suo nipote è tornato dall'università insieme al giovane signor Foote, si sono messi tutti quanti a cercare, ma non abbiamo trovato la minima traccia della nostra Polly. Mia moglie è disperata e nelle sue condizioni, come voi saprete, dottore... Annuimmo compresi, rammaricandoci di non avere nessun consiglio concreto da dargli. — Vado a cercarla — disse risolutamente Baines, alzandosi per uscire, ed io colsi uno strano bagliore nei suoi occhi di solito così miti. — La troverò a qualunque costo, dovessi non chiudere più occhio né mangiare un boccone. Non avrò pace finché non l'avrò ritrovata. In questi ultimi tempi stanno succedendo strane cose qui e io ne verrò a capo! Troverò la mia Polly. Quel discorso mi lasciò stranamente commosso. Dico "stranamente" perché di solito non mi lascio coinvolgere emotivamente da alcunché e in ogni caso non c'è nulla di tragico nel fatto che una bambina non sia rientrata all'ora di andare a letto. Ma c'era qualcosa di patetico nell'atteggiamento di quell'uomo curvo, con le mani strette sui fianchi, che mi fece pensare che sapeva o sospettava qualcosa di cui noi eravamo all'oscuro, qualcosa di spaventoso. — Curioso! — osservò Toni quando fu uscito. — Curioso che una famiglia povera, con sette figli quasi tutti subnormali, resti così sconvolta se uno di loro scompare per misericordia. Quella bambina era ripugnante; uno dei peggiori risultati dei reiterati tentativi dei coniugi Baines. — Aspetta a dirlo finché non avrai provato il magico tocco delle dita infantili intorno al tuo collo, dottor Antonio Conti — motteggiai. — Che le dita infantili vadano a farsi... L'imprecazione fu interrotta dall'arrivo di Millie e Charlie Goschen, i nostri vicini più prossimi, che possiedono una grossa proprietà confinante con quella degli Alstone. Sono brava gente che ama cavalcare, beve forte ed è assolutamente incapace di ammazzare una coppia di fagiani o di raccogliere un cestino di pesche senza spartirle con noi. Millie rappresenta per me l'angelo del focolare, mentre il suo grande e corpulento consorte è ri-
masto giovane e sostanzialmente ingenuo come uno dei loro innumerevoli figli. La sua passione per i cavalli può rivaleggiare soltanto con l'altrettanto profonda passione della moglie per i dolciumi, che lei giura sempre di volere eliminare dalla sua dieta. Quella sera erano tutti presi dalla storia della piccola Baines, o perlomeno Millie lo era. Sebbene riuscisse a essere disinvolta e brillante come sempre, si vedeva che la cosa l'aveva colpita profondamente. Si agitava inquieta nella poltrona, e non toccò neppure le noccioline che avevo preparato espressamente per lei. Credo che oggigiorno lo spettro dei rapitori di bambini ossessioni la mente di tutte le madri benestanti. — Non riesco proprio a capire cosa può essere successo — stava dichiarando mentre spegneva la sigaretta fumata a metà. — Lo so che la bambina era deficiente, ma sono convinta che non esistano bambini deficienti al punto di scordarsi di tornare a casa per l'ora della prima colazione, ammesso che quei poveri diavoli facciano colazione. — La sua faccia paffuta, di solito così rosea, era piuttosto pallida. — Dite, non se la sarà mica portata via qualcuno? Sorrisi in modo rassicurante. — Mia cara Millie, la gente rapisce solo per estorcere quattrini. Non ci vuole un grande sforzo d'immaginazione per capire che non ci si può ricavare niente, da Polly Baines. Millie non rispose, e nel breve intervallo di silenzio che segui mi parve di udire un flebile grido nella vallata. Pensai che fosse la mia fantasia a giocarmi strani tiri, ma aguzzando gli orecchi lo sentii di nuovo, un lungo grido lugubre simile a quello di un uccello notturno. Anche gli altri lo avevano sentito. Toni si avvicinò alla finestra, scostando le tende. — Mark Baines! — disse. — È Mark che chiama la sorella. Millie rise nervosamente, e io immaginai che i suoi pensieri fossero ancora rivolti alla sua numerosa famiglia. — Polly era sempre in giro — osservò a un tratto. — Secondo me era una preda facile. Ore e ore in giro, spesso fino a tarda sera. A volte mi capitava di sorprenderla strisciare carponi nella nostra proprietà. Se nei dintorni c'era qualcuno che faceva la posta a uno dei "nostri" bambini, può benissimo aver preso Polly per sbaglio. — Sollevò la mano dal tavolo, e io notai che aveva lasciato una traccia umida sul legno lucido. — C'è qualcosa che non mi convince in questo posto, da un po' di tempo. Sarei pronta a far fagotto e portarmi i bambini a Rhodes prima che... prima che accada qualcos'altro. Naturalmente Charles non è un miliardario, però... Scoppiò a ridere un'altra volta. Era strano che Millie, con la sua passione
per i cavalli, la caccia e i bambini, sembrasse essere sull'orlo di un collasso nervoso. Sorridemmo imbarazzati; infine Charlie ruppe il ghiaccio avvicinandosi alla moglie e battendole affettuosamente sulla spalla. — Mia cara Millie, stai cominciando a farneticare. Sta' a vedere che tra poco mi dirai che Polly era figlia di Seymour Alstone, e che i rapitori chiederanno al vecchio un riscatto esorbitante. Millie sorrise teneramente a Charlie e colse l'occasione per sottrargli la sua bibita. — È più probabile che sia stato quel vecchio mascalzone a rapirla. Un uomo con tanto di pelo sullo stomaco come Seymour Alstone non esiterebbe a rapire un bambino, se gli saltasse il ticchio di farlo. Scommetto che l'ha rinchiusa in una delle sue stanze vuote, oppure se l'è mangiata. I nostri bambini lo chiamano. "Il Vecchio Lupo cattivo". Millie, che si era ripresa, si tuffò in uno dei suoi argomenti preferiti, che era anche l'argomento preferito dall'intera vallata: le infamie, vere o immaginarie, di Seymour Alstone, il proprietario del villino che avevamo affittato io e Toni. Noi però non eravamo i suoi unici inquilini. Fermamente deciso a diventare il "padrone del feudo", il vecchio Seymour aveva comprato a poco a poco quasi tutti i possedimenti della zona e con le sue mani rapaci si era arraffato tutte le proprietà, tranne quella dei Goschen che, con la loro fattoria che constava di quattrocento acri, erano riusciti a conservare una spavalda indipendenza. — State a sentire! — La faccia di Millie era di nuovo raggiante, rosea e serafica. — Voglio raccontarvi l'ultima. Oggi ho portato delle uova alla signora Barnes, e l'ho trovata furiosa nei confronti del vecchio Seymour, o perlomeno quanto poteva permettersi di esserlo verso il principale del marito. Pare che Seymour abbia colto il giovane Tommy nell'atto di calpestare le sue aiuole fiorite, la scorsa settimana, e che, da vecchio farabutto qual è, lo abbia afferrato per l'orecchio trascinandolo fino alla casetta dei Baines, e lo abbia mollato solamente dopo averlo fatto frustare ben bene sotto ai suoi occhi. La signora Baines ha detto che è rimasto là a gongolare sadicamente. È una vera indecenza! — Ma il lato comico — interloquì il marito con gaiezza puerile — è che ha mandato Mark Baines a prendere un bastone e il ragazzo è tornato con un ramoscello che faceva un baccano d'inferno ma era assolutamente innocuo. — Rise. — Mark non è certo quell'idiota che noi crediamo. Bisogna essere dei furbi di tre cotte per mettere nel sacco il vecchio Seymour.
— Già, è un uomo duro e intransigente. — Toni stava raccogliendo i bicchieri vuoti. — Ma finché ci permette di cacciare nella sua proprietà, non vedo perché dobbiamo preoccuparci di come passa il suo. tempo libero. Affari suoi, se a lui va di malmenare i bambini. Ce n'è da vendere di mocciosi, in questa contrada. — Sorrise a Millie. — Specialmente se tu e la signora Baines andate avanti a sfornarne a questo ritmo. La risposta di Millie fu interrotta dall'arrivo di Valerie. Valerie Middleton è la tipica ragazza che si fa notare immediatamente in un salotto pieno di gente. Quale sia il vero segreto del suo fascino, non sono mai riuscito a scoprirlo. Non è particolarmente bella, sebbene il suo naso all'insù e il sorriso malizioso siano fonte di delizia perenne. Non è né arguta né brillante. Fortunatamente è immune dall'abitudine d'oggigiorno di buttare ogni cosa sullo scherzo. Forse è la sua profonda sincerità a renderla com'è: la freschezza genuina del suo aspetto, i suoi modi schietti e l'assoluta assenza di ipocrisia nel suo contegno sia con gli uomini sia con le donne. E pensare che avrebbe potuto crescere in modo ben diverso, poiché la vita le aveva dato molti dispiaceri e poche gioie. Viveva con la madre in un villino che faceva parte della proprietà degli Alstone, e il rovescio di fortuna dei Middleton era stato sensazionale quasi quanto la conquista della ricchezza da parte degli Alstone. Il padre di Valerie, che si era suicidato alcuni anni addietro, era fratello della signora Alstone, morta da tempo, ed era stato socio di Seymour in una grande acciaieria nei pressi di Rhodes. Correva voce che il vecchio Alstone avesse venduto il pacchetto azionario della società al cognato e che, durante la crisi del 1929, avesse compiuto un delitto in tutti i sensi della parola. Comunque fosse, era noto e cognito che ora Valerie e sua madre erano rovinate al punto da dover vivere praticamente dell'elemosina dell'uomo che si riteneva le avesse rovinate. La signora Middleton ne aveva sofferto molto, eppure nessuno aveva mai sentito Valerie pronunciare una sola parola astiosa nei confronti dello zio. Ma questo faceva parte del carattere di Valerie. Quando entrò quella sera, coi biondi capelli un po' scompigliati, le gote colorite dalla brezza serale, rimasi colpito per l'ennesima volta dal fascino di quella creatura incantevole. Era un piacere guardarla, specie dopo aver avuto sotto gli occhi per tutta la giornata le facce smunte e malaticce dei degenti. Valerie sorrise a noi due, poi corse in anticamera, tornando col piccolo e scontroso Sealyham. — Mi spiace per Sancho Panza — disse — ma sono stata costretta a por-
tarmelo dietro. Se lo lascio con la mamma, sapete che lagna con quei due che non fanno che abbaiare insieme per tutto! Toni le portò una bibita e io la vidi fissarlo con lo sguardo radioso. — Sono in ritardo — osservò, sorbendo la bibita. — Dovrò recuperare il tempo perduto. Nessuna notizia di Polly, suppongo. Le riferimmo della visita di Jo Baines. — È terribile. Mi dispiace molto per mamma Baines. Cosa sarà successo, secondo voi? — Millie stava giusto dicendo che tuo zio se l'è mangiata in un boccone — disse Toni. Valerie rise. Aveva una risata fresca e argentina come quella di un bambino. — Oh, non me ne stupirei. Sto cominciando a pensare che è proprio uno zio malvagio. La mamma era in vena di accuse, oggi. Non ha fatto altro che ripetere "tuo zio Seymour qui, tuo zio Seymour lì", per tutto il giorno. Feci per osservare qualcosa, ma fummo interrotti per la terza volta nel corso della serata. Fuori si udì il rumore di un'auto che si fermava, seguito da uno scalpiccio di passi lungo il vialetto del giardino. Dovevamo avere i nervi tesi, ormai, perché tutti fissammo apprensivamente la porta. Perfino Sancho Panza balzò su e poi tornò ad accucciarsi dietro la poltrona di Valerie, ringhiando. Erano due nostri studenti dell'ospedale, Gerald Alstone, nipote del vecchio Seymour, e il suo amico Peter Foote. Appena entrarono si notò il contrasto violento che c'era tra i due giovani. Gerald era un tipo smilzo dall'aria docile e mansueta; sembrava uno che ha trascorso l'infanzia tra adulti che lo consideravano un peso ingombrante. Ora, a vent'anni, aveva un'aria triste e insicura, dovuta al fatto che i suoi genitori avevano divorziato quando era giovanissimo. Sebbene non portasse occhiali, aveva l'abitudine di strizzare gli occhi per scrutare, senza un motivo apparente, oggetti privi di significato. In compagnia era goffo e imbarazzato. Peter Foote invece era un bel ragazzo, fine, disinvolto. Figlio ed erede di genitori molto ricchi, che vivevano nell'Illinois, aveva sempre avuto molti amici, e una grande sicurezza di sé. Prima che intraprendesse la carriera di medico, sua madre, che gli accordava qualunque cosa lui chiedesse, lo aveva mandato per ben due volte a fare il giro del mondo, e grazie a quei viaggi Peter aveva acquisito quell'aria impeccabile e manierata che la gente emancipata del medio ovest acquista così facilmente. Benché stravagante e a volte perfino intrattabile, io lo consideravo uno studente estre-
mamente responsabile, e Toni sosteneva che era l'elemento più brillante e impegnato del corso di patologia di Rhodes. Non si poteva dire lo stesso di Gerald Alstone, che aveva non poche difficoltà a raggiungere il traguardo della laurea. Sembrava che neppure il denaro del nonno e le minacce sarebbero serviti a farlo restare un altro anno all'università, se andava avanti di questo passo. I due ragazzi apparivano stanchi dopo aver partecipato per tutto il giorno alle ricerche della bambina smarrita. Non avevano niente di nuovo da dirci. Non erano state trovate tracce di nessun genere. Jo Baines era ancora fuori; lo avevano appena incontrato e lui, a quanto pareva, gli aveva confermato il suo proposito di non cessare le ricerche finché non avesse trovato Polly. Offrii loro una bibita, benché sapessi molto bene che il vecchio Seymour, che in casa era tirannico e autoritario quanto lo era nell'intera zona, proibiva al nipote di toccare liquori. Gerald rifiutò arrossendo leggermente, ma Peter Foote, sebbene fosse ospite in casa Alstone, non aveva simili scrupoli. Seguì Toni in cucina, e di lì mi giunsero le loro voci eccitate per gli ultimi esperimenti. I Goschen si erano rinchiusi in se stessi, come facevano alla presenza di un membro della famiglia Alstone. Sedettero un po' in disparte dal gruppo, gingillandosi con le bibite, e toccò a Valerie il compito di tener viva la conversazione, chiacchierando amichevolmente col cugino, che la fissava sempre con uno sguardo così intenso che a volte mi sono chiesto se per caso non fosse innamorato di lei. Ce ne stavamo tutti seduti a cerchia, in un'atmosfera piuttosto fredda, quando Sancho balzò giù dal grembo di Millie e corse alla porta abbaiando freneticamente. — Sancho, cretino! — chiamò Valerie — questa non è mica casa tua. Chi ti ha detto di fare il cane da guardia? Mentre parlava, il campanello squillò. Sembrava che l'intero vicinato avesse scelto quella sera per fare una tappa a casa nostra. Ma questa era più che una tappa: era una visita. Roberta Tailford-Jones irruppe nella stanza come un'epidemia di influenza, seguita da Edgar, il suo minuscolo consorte che lei oscurava totalmente, fino a farlo scomparire alla nostra vista. Malgrado sia sulla quarantina, Roberta è la donna più bella della comunità. A me comunque suggerisce l'idea di un insetto, o meglio di una serie di insetti. I suoi capelli sono bruni e lucidi come l'ala di uno scarafaggio giapponese; le sopracciglia rivolte all'insù sembrano due cavallette, e la bocca è grande e carnosa come una conchiglia, mentre le sue mani che ge-
sticolano sempre mi ricordano una mantide religiosa. Devo anche precisare che io non le piaccio più di quanto lei piaccia a me. Stasera aveva addirittura l'aria di detestarmi. Aveva uno sguardo che conoscevo molto bene. — Dottor Douglas Svanson, esigo una spiegazione. — Troneggiava su di me e suo marito, che ce ne stavamo appoggiati al muro. — No, non interrompermi, Edgar. Intendo gestire in proprio questa faccenda. Il colonnello Tailford-Jones sembrava non avere la minima intenzione di interferire. Sebbene fosse noto per avere contribuito ad arrestare l'avanzata tedesca nelle Argonne, non era altrettanto noto per sapere frenare sua moglie quando lei intraprendeva qualcosa. — Se avete da dirmi qualcosa — osservai pacato — forse sarà meglio parlarne di là in sala da pranzo. Lei rise sprezzante. — Non ho niente da nascondere, io. — Sottolineò con enfasi quell'"io". — Vi servite o non vi servite degli animali per i vostri odiosi esperimenti di laboratorio? — Be', naturalmente io... noi... — balbettai, sentendomi come un medico interno alle prese col primario infuriato. — Avete o non avete protestato che le autorità non vi concedono creature sufficienti per questi... per questi...? — Qualunque ricercatore in America potrebbe fare molto di più con un maggior numero di animali a disposizione. — È quello che avevo pensato — scattò irosamente. — Lo sapevo di avere ragione. — Mia cara... — cominciò timidamente Edgar. Ma lei lo spinse da parte come uno scarafaggio, e si rivolse trionfante agli altri. — Ora "questo" spiega perché la mia Queenie è scomparsa, quella povera adorabile bestiola! — Scoppiò a piangere rumorosamente, e tra un singhiozzo e l'altro gemette: — Scriverò stasera stessa al preside di facoltà, il dottor Warlock, amico personale di mio padre. Mi metterò in contatto con la signora Scruggs, la rappresentante di Rhodes della Società Protettrice degli Animali. Io... — Santo cielo! Roberta sta facendo una delle sue sparate! Toni e Peter erano tornati dalla cucina, entrambi belli e tracotanti dopo un generoso assaggio di bevande. La reazione di Roberta fu immediata. Per un attimo vidi Toni attraverso i suoi occhi: il torace ampio e muscoloso, i denti smaglianti, i capelli scuri così tipicamente italiani. Al suo con-
fronto mi sentii piccolo e insignificante. Dopo qualche occhiata languida, la signora Tailford-Jones ripeté la sua dichiarazione, stavolta però con minore irruenza, dato che era a beneficio di Toni. Aveva smarrito la sua orrenda scimmietta, un piccolo uistiti che aveva tinto per eguagliare il colore dei suoi capelli. Dovunque Roberta andasse, si portava sempre dietro Queenie. Infatti se la teneva appiccicata sempre alla spalla, tanto che era difficile stabilire dove cominciava la scimmia e dove finiva la donna. Quella bestiaccia berciava e ringhiava contro chiunque osasse avvicinarsi, e in particolare contro il povero Edgar, ma a quanto pareva l'era di quelle ringhiose ostilità era finita. Queenie era scomparsa quel pomeriggio, asserì Roberta, mentre lei era fuori. Aveva visto la mia auto passare davanti a casa sua e aveva tratto le debite conclusioni. Toni era stato ad ascoltare con uno strano sorrisetto sulle labbra. — Dunque voi insinuate che io e Toni facciamo sparire gli animali e ce li portiamo all'ospedale per vivisezionarli, eh? Roberta rimase imbambolata. Nella sua indignazione non si era resa conto che la sua accusa, diretta a me, avrebbe inevitabilmente incluso anche Toni. — Be', secondo me è una cosa spaventosa — mormorò. — Crudele e spietata! — Sicché a quanto pare noi avremmo catturato la piccola Queenie! Fareste meglio a frugare la casa. Magari finirete per trovarci anche la piccola Baines. — La piccola Baines? Evidentemente Roberta non era al corrente della scomparsa di Polly. Quando le dicemmo come stavano le cose, si infuriò ancor più e alla fine proruppe: — È estremamente pericoloso continuare a vivere a Grindle. Succedono certe cose... animali torturati nei laboratori — mi guardò cupamente. — La prossima volta toccherà ai bambini, se già non è successo. — E a quel punto i suoi occhi si posarono sullo sfortunato Peter Foote che stava trangugiando con aria innocente la sua terza bibita. — Voi siete uno del clan. Attento a non farvi beccare nella mia tenuta, o... Valerie, non riesco a capire come facciate a tenere qui il cane. Tenetelo d'occhio, credete a me. — Gerald, che stava giocherellando con le orecchie di Sancho, strizzò le palpebre per fissare il Sealyham e ritrasse la mano come se l'avesse posata sui carboni ardenti. — Animali da esperimenti, che razza di roba! Perché voi,
cosiddetti scienziati, non ve li fate su voi stessi, gli esperimenti? Peter Foote si alzò con un sorriso sornione. — Ottima idea, signora Tailford-Jones. Ho sempre pensato che dovremmo servirci degli esseri umani per i nostri esperimenti. — Pezzo d'animale! — scattò Roberta spalancando la bocca vermiglia. — Voi medici siete una manica di sadici, che vi spacciate per benefattori dell'umanità. Peter fu pronto a rispondere garbatamente con una delle sue tipiche battute, chiedendo a Roberta se, qualora uno dei suoi bambini si fosse ammalato, lei gli avrebbe rifiutato il beneficio dell'antitossina difterica, del siero per curare le forme polmonari, dell'adrenalina o di altri agenti terapeutici, la cui utilità era stata ampiamente dimostrata grazie agli esperimenti sugli animali. Ma, dato che i Tailford-Jones non avevano figli e, a meno di un miracolo degno dell'Antico Testamento, non avevano molte probabilità di averne, l'osservazione non fu molto gradita da Roberta. Tutti gli abitanti di Rhodes sapevano che durante la Guerra Mondiale una granata piazzata in un punto sbagliato aveva lasciato Edgar nelle stesse condizioni del marito di Lady Chatterley, e dell'eroe di "Fiesta". Mentre il resto del gruppo, me compreso, manteneva la conversazione su un tono garbato, Peter Foote continuò a discutere con Roberta. Da entrambe le parti le frecciate stavano facendosi sempre più astiose e alla fine, accorgendosi che la discussione stava degenerando, Peter chiamò Gerald dal suo angolo e lasciò con discrezione il campo di battaglia. — Strano davvero! — sbottò Roberta prima che la porta si chiudesse dietro ai due ragazzi. — È davvero molto strano che quei due siano sempre in giro assieme. Mai visti in compagnia di una ragazza. Proprio mai. Dato che questo era il genere d'insinuazione malevola che Roberta faceva invariabilmente sul conto di qualsiasi uomo, scapolo o sposato, che rimanesse insensibile al suo fascino, nessuno vi badò molto. Ci piccavamo di essere una comunità dalle ampie vedute, ma Roberta era semplicemente una di quei Jones con cui nessuno voleva avere a che fare. Nei miei confronti lei era sempre stata particolarmente velenosa, permettendosi perfino di riferirsi a me come a "quel nanerottolo". Non aveva niente contro di me, per quel che ne sapevo, tranne che non avevo mai dimostrato di accorgermi del suo fascino sensuale e che, in confronto al superbo uno e novanta di Toni, dovevo sembrare una vera nullità. Questo era uno dei vantaggi di vivere con Toni. Tutte le svenevoli Roberte del mondo mi lasciavano da par-
te. Purtroppo però facevano così anche le Valerie Middleton. — Credo di capire cosa intendete, Roberta. — Toni aveva colto la sua ultima osservazione. — E posso dirvi soltanto che vorrei che ce ne fossero molti di studenti come Peter Foote, a Rhodes. Dategli cinque anni e nonostante i quattrini di suo padre, diventerà uno dei più grandi patologi d'America. Ora prendete una bibita e piantatela di dire sciocchezze. Ne bevve parecchie. Come al solito Edgar Tailford-Jones, o meglio il piccolo colonnello, come talvolta lo chiamavamo, non disse una parola. È talmente insignificante come individuo e così sommerso dalla straripante personalità della moglie, che è difficile accorgersi della sua presenza in una stanza. È anche difficile descriverlo. È la perfetta antitesi di un colonnello o di un militare in genere. A una prima occhiata sembra essere privo di volto. Se si cerca di imprimersi nella mente la sua fisionomia, ne emerge solo la bocca, una bocca sottile e quasi priva di labbra, che pare incisa con una matita appuntita. Ora se ne stava rintanato nel suo angolo, rifiutando i liquori e le sigarette che gli venivano offerti, e di tanto in tanto lanciava un'occhiata inquieta alla moglie, che stava affogando nel nostro whisky il suo dolore per la scomparsa di Queenie. Non saprei ricordare nient'altro di quella serata, o perlomeno nulla di significativo. Malgrado i disperati tentativi col piumino della cipria, il naso di Millie diventava sempre più vermiglio man mano che incamerava liquore. Charlie mi tirò in disparte e mi spiegò una sua elaborata quanto infantile teoria sulla scomparsa di Polly Barnes. Toni e Valerie - come al solito si guardarono un po' troppo a lungo negli occhi, e con palese disapprovazione di Roberta si appartarono un po' troppo a lungo nell'office. E, guardandoli, provai come sempre quella stretta che poeticamente si attribuisce al cuore, ma che più prosaicamente afferra la bocca dello stomaco. Infine, come al solito, tutti se ne andarono. Ognuno aveva detto la sua, e Roberta aveva bevuto qualche bicchierino di troppo. Il povero piccolo colonnello ebbe qualche difficoltà ad aiutarla a salire nell'auto, e Roberta stava ancora parlando di Queenie e della vivisezione quando Edgar la portò via. — Be' che ne dici, vecchio mio? — domandai, mentre Toni si toglieva la camicia nel salotto. Aveva l'abitudine per niente tradizionale di vestirsi e svestirsi dappertutto, tranne nel posto adatto. — Roberta è una cretina, però... — si accinse a spegnere le luci — ...c'è
qualcosa di marcio nella vallata di Grindle. E questa osservazione è memorabile di per sé, poiché mai prima d'allora avevo saputo che Toni conosceva Shakespeare. 2 Il giorno seguente era domenica. Dopo colazione io e Toni ci facemmo prestare due cavalli e andammo a fare una lunga corsa per dissipare i fumi della notte precedente. Era una giornata limpida, serena, piena di luce. Galoppammo come centauri nei bruni boschi autunnali. Ci arrampicammo fino alla vecchia quercia di Grindle in un'antica verde foresta che si estende sulla vetta della collina più alta, e poi tornammo a valle, sfidandoci in una gara di corsa. Mi ero completamente dimenticato di Polly Baines. Tuttavia fui costretto a ricordarmene quando calammo sulla strada e il suono di un clacson mi costrinse a scartare per evitare un'automobile. Un uomo di mezza età mi sorrise. — Salve, dottor Swanson! Era il mio vecchio amico Felix Bracegirdle. Toni prosegui a cavallo, ma io smontai immediatamente e con la cavezza legai Esmeralda al tronco d'un albero. Sull'auto, assieme a Bracegirdle. c'erano i Baines e un uomo che non avevo mai visto prima. Bracegirdle mi strinse calorosamente la mano e mi informò che era stato nominato vicesceriffo nelle indagini sul caso Baines. Io feci del mio meglio per rendermi utile e gli raccontai della scimmia di Roberta. — Sì, ci hanno già fatto la testa come un pallone con questa storia — disse con un sorriso significativo. — "Ama il prossimo tuo" non è un sentimento molto diffuso da queste parti, a quanto pare. Be', non è poi che creda proprio a tutto quello che sento. Dal suo tono appariva chiaro che Bracegirdle aveva già avuto un colloquio con la signora Tailford-Jones e che, come al solito, lei non era stata troppo gentile nei miei confronti. Bracegirdle mi fece un sorriso amichevole. Avevo già saputo che Bracegirdle era in qualche modo collegato con le autorità di polizia della contea, ma non mi ero reso conto che la nostra particolare zona ricadeva sotto la sua giurisdizione. La nostra amicizia era nata durante l'estate, in circostanze memorabili. Sua moglie era stata portata alla clinica universitaria in condizioni disperate per una grave anemia. Era toccato a me fare le analisi del caso, ed ero stato io a diagnosticare la angi-
na agranulocitica, diagnosi che in seguito si era dimostrata esatta. Avevo inoltre suggerito che il caso venisse curato con un farmaco relativamente nuovo e introvabile nella città di Rhodes. Bracegirdle e io eravamo andati quella notte stessa con l'auto a Lampson dove avevamo svegliato qualcuno della ditta farmaceutica per procurarci il nuovo farmaco. La reazione della signora Bracegirdle era stata prodigiosa, superiore a ogni aspettativa, e suo marito aveva attribuito a me il merito della guarigione, sebbene per la verità io non avessi usato nient'altro che il buon senso e un farmaco adatto. Durante la lunga corsa di andata e ritorno avevo avuto modo di conoscere bene quell'uomo, o almeno abbastanza bene da sentirmi lieto per i Baines che fosse lui a occuparsi del caso. Avevo maturato un grande rispetto per lui, e sono convinto che anche lui nutriva una grande fiducia nei miei confronti, stimandomi come un essere addirittura "onnisciente". — Novità? — mi informai con aria grave. — No, dottore. Abbiamo setacciato la campagna per una ventina di chilometri senza trovare la minima traccia. — Bracegirdle si tolse il cappello e si grattò la testa grigia. — Una bambina di dieci anni non può essere andata molto lontano, con o senza gattino. Andiamo a prendere qualche segugio prima che l'odore svanisca. — Dio, che allegria... speriamo bene, voglio dire — mi corressi, guardando inquieto Baines, che però non aveva sentito. — Bene, se volete venire con noi, saremo di ritorno a casa dei Baines per le due circa. La polizia di stato ci darà una mano e potrebbe essere utile avere un medico con noi. Non si sa mai. Quando arrivai al villino dei Baines, quel pomeriggio, trovai un gruppo di persone là riunite. Dall'espressione ansiosa dei loro occhi, dalle voci concitate, si capiva che l'agitazione del giorno prima non si era smorzata. Bracegirdle stava parlando solennemente con Franklin Alstone, il padre di Gerald, che aveva una carica onorifica e un grosso stipendio alle acciaierie locali, che un tempo erano appartenute al vecchio Seymour. Era un tipo alto e secco dal portamento curvo, e sebbene avesse appena quarantacinque anni, sembrava coetaneo del padre settantacinquenne col quale viveva nella grande casa degli Alstone. Come suo figlio Gerald aveva uno sguardo furtivo e scrutatore e, sempre come Gerald, era completamente sotto il dominio tirannico del vecchio. Era chiaro che era stato mandato li in rappresentanza di Seymour in quell'estremo, disperato tentativo di ritrovare Polly Baines. Nel giardino un agente della polizia di stato stava mostrando con orgo-
glio i due segugi al gruppo dei sudici piccoli Baines, che apparivano affascinati come lo sarei stato anch'io alla loro età, dato che avevo sempre associato l'idea dei segugi a qualcosa di sinistro ed emozionante. Ma quelle creature fedeli smentivano la loro fama leccandoti le mani, erano festose e servili, e ansimavano come dei vecchi asmatici. Mentre avviavamo i cani sulla pista giusta, io andai di sopra a dire qualche parola di incoraggiamento alla signora Baines, nella mia veste professionale. La povera donna era in stato di avanzata gravidanza; e sembrava non rendersi granché conto di quanto stava succedendo intorno a lei. Immaginai che il dottor Thomas, il medico condotto, le avesse somministrato qualche sedativo per tenerla calma. Sembrava rendersi conto a malapena che uno dei suoi numerosi bambini era scomparso. Ma forse la sua aritmetica, come la sua fertilità, somigliava a quella degli uccelli e degli animali inferiori. Quando uscii di nuovo alla luce del sole, il poliziotto locale stava tenendo al guinzaglio i cani, che si avviarono lentamente sul sentiero ghiaioso del giardino. Per un po' parve quasi che annusassero invano, il muso rivolto a terra. Poi cominciarono ad avanzare lentamente, e tutti noi li seguimmo. A quanto pareva la traccia era ancora valida, malgrado il lasso di tempo. Mentre ci inoltravamo nel prato dietro la casa, mi parve quasi di vedere la figurina di Polly Baines attirarci avanti come un fuoco fatuo. Muti, lenti, i segugi procedettero, sollevando di tanto in tanto il muso per guardare i loro padroni come se ne cercassero l'approvazione. Costeggiarono un campo adiacente, entrando e uscendo da un piccolo fossato che ne segnava il confine, e ancora una volta ci parve di vedere Polly inseguire il suo gattino dentro e fuori il fossato. C'era una strana eccitazione, una sorta di brivido in quella caccia, un'emozione che non avevo mai provato in vita mia. Giunti in fondo i cani girarono verso la vecchia strada polverosa che scorreva parallela al nostro sentiero e la seguirono fino ai margini di un terreno boscoso a circa un chilometro dal villino. Lì si fermarono, fiutando attorno. — Hanno perso le tracce — brontolò il poliziotto e, come a confermare la sua dichiarazione, i cani si voltarono a guardarlo con un'espressione che sembrava implorare il perdono. Uno dei due gli leccò la mano. — Non può essere andata molto distante — esclamò Franklin Alstone con aria assente. — Cominciamo da qui le nostre ricerche. Baines stava già inoltrandosi nel bosco, chiamando Polly a pieni polmo-
ni. Quell'uomo robusto, esuberante, aveva l'aria frustrata di chi non è riuscito a farcela, pur essendoci andato così vicino. A ogni suo richiamo tutti noi restavamo in ascolto, tesi. Ma non ci fu risposta. Il poliziotto sciolse i cani e per un po' essi fiutarono intorno, girando in piccoli cerchi. — Tutto fa pensare che sia stata portata via con un'auto — commentò Bracegirdle. — Dove porta questa strada? Franklin Alstone spiegò che era un vecchio sentiero in disuso che dal prato di Grindle conduceva al villino in cui abitavamo io e Toni. Si distinguevano i solchi profondi scavati, generazione su generazione, dalle ruote dei carri, ma il terreno era troppo duro per ricevere le impronte dei pneumatici di un'auto. Doveva essere una strada ardua per una macchina. Nel frattempo notai che uno dei cani, seguendo un suo scopo, si era allontanato scomparendo nel bosco. Lo seguimmo con gli occhi, e per un attimo nessuno parlò. Tornò indietro quasi subito. In bocca teneva un corpo peloso che a tutta prima mi parve un grosso coniglio o una marmotta. Agitando fieramente la cosa, il cane depose la preda ai piedi del suo padrone. In quel momento guardai di sfuggita la faccia di Baines. Era cupa e spaurita come quella di un uomo in preda a un'angoscia mortale. La sagoma massiccia di Bracegirdle mi impediva la vista e perciò sulle prime non riuscii a distinguere quello che il cane aveva portato. Un leggero sibilo di eccitazione mi spinse in avanti. Ai nostri piedi, sull'erba bruna, giaceva la carogna di una scimmietta, lo uistiti che era appartenuto a Roberta Tailford-Jones. Mi accorsi subito che era morta da alcune ore; aveva il ventre squarciato in modo tale che i visceri luccicavano alla luce del sole. Gli animali del bosco l'avevano già straziata. Pareva, là distesa, la macabra caricatura di una bambina. Capii all'istante perché la faccia di Baines si fosse alterata così. — Santo Dio! — fu Franklin Alstone a parlare per primo. — Ma è mostruoso! Poi tutti si misero a parlare contemporaneamente, e io non riesco a ricordare la metà di quanto fu detto. In seguito la scimmia fu avvolta con cura in un involucro, e tornammo al villino dei Baines. Mentre oltrepassavamo il cancello, Bracegirdle mi chiamò in disparte con un cenno. — È evidente che Baines è sconvolto — mormorò — e io non voglio turbare ulteriormente la famiglia; però questa... questa "storia della scimmia" — si interruppe per sorridere della propria battuta — getta una luce
diversa sulla faccenda, dottor Swanson. Vorrei scambiare due parole col ragazzo maggiore dei Baines, quello un po' suonato. Voi sapreste dirmi qualcosa sul suo conto? Feci un cenno d'assenso. — Tutti dicono che Mark Baines è un deficiente; io però lo definirei piuttosto un "naturalista". Lavora come giardiniere a orario ridotto e ha una vera passione per i fiori. Ha fatto fiorire la nostra selva come un roseto. Bracegirdle abbassò ancor più la voce. — Be', non molto tempo fa è stato arrestato per avere molestato due bambine, sulla strada di Lampson. La madre ha sporto querela contro di lui. Mark si è difeso dicendo che le due bambine avevano catturato un usignuolo con una trappola, e lui voleva solamente sottrargliela per liberarlo. — Tipico gesto di Mark — commentai. — Quella volta è stato rilasciato con una diffida, ma... sapete, quando uno è tocco, e succedono certe cose... Risi. — Mark ha un cuor d'oro. Non farebbe male a una mosca... venite, ve ne renderete conto voi stesso. Condussi Bracegirdle alla scuderia in disuso che era il rifugio di Mark. Al pianterreno erano allineate delle gabbie rudimentali in ognuna delle quali c'era un animale. Una piccola volpe, che puzzava maledettamente; una donnola con le zampe bendate accuratamente; un gufo bianco e un enorme serpente nero. C'erano parecchi altri animali, in quel singolare serraglio. — Non dite niente di tutto questo al vecchio Alstone — mi raccomandai — ma questo posto è una vera e propria clinica veterinaria per gli animali nocivi. Mark va a tirarli fuori dalle trappole, poi li cura finché non sono guariti, e a quel punto li rimette in libertà. Bracegirdle fece una smorfia di disgusto. — Se riesce a vivere in mezzo a questo tanfo, dev'essere un po' tocco davvero. Ma se il pianterreno della stalla puzzava in maniera insopportabile, il granaio in cui Mark abitava e dormiva era un vero paradiso di profumi, che provenivano dalle piante e dai fiori che Mark teneva lì, e che curava con tutta la dedizione appassionata della sua bizzarra natura contorta. Begonie, crisantemi, giacinti, fiori di stagione e fuori stagione, tropicali e indigeni, rallegravano l'ambiente polveroso del granaio, facendolo somigliare a un
arazzo cinese o alla serra di un miliardario. Come medico avevo sempre protestato con Mark perché dormiva in un ambiente privo d'ossigeno, ma lui sembrava prosperare in quell'atmosfera. Mentre salivamo la scaletta e procedevamo attraverso la porta del granaio mi accorsi con grande sorpresa che Mark era in casa. Arretrai prontamente per confabulare con Bracegirdle. — Lasciate fare a me — sussurrai. — Ne ricaveremo di più così, se non avete niente in contrario. Per qualche misteriosa ragione Mark nutre la massima simpatia e fiducia per me e per il dottor Conti. Non si fida molto della gente del posto, e potrebbe essere un osso duro per voi. Bracegirdle annuì, ed entrammo. Mark era curvo su alcuni splendidi crisantemi ambrati, e non alzò neppure la testa quando entrammo. — Questo signore si interessa di fiori — spiegai, e dopo un'occhiata sospettosa a Bracegirdle, Mark cominciò a mostrare i suoi tesori, pronunciandone i nomi interminabili con precisione inverosimile. Bracegirdle fu molto bravo nel recitare la parte dell'appassionato orticultore. Il viso di Mark, mentre si chinava sui suoi fiori preferiti, era un soggetto adatto a uno scultore. I suoi lunghi capelli scuri, i grandi occhi assorti mi facevano pensare a una pianta esotica e selvatica tramutatasi per magico incantesimo in un ragazzo diciottenne. A una prima occhiata sembrava un essere quasi normale. Erano solamente quegli strani occhi luminosi e la forma piatta della testa a rivelarne l'anormalità. Dopo che ebbimo discusso un po' di botanica, affrontai l'argomento della scomparsa di sua sorella. — Ebbene, Mark, è un gran brutto affare, quello di Polly. Sedette sull'orlo del materasso sventrato che gli serviva da letto e guardò prima l'uno pòi l'altro senza parlare. Notai, come spesso mi era accaduto precedentemente, che aveva gli occhi stranamente velati. Sembrava un essere che viveva in un altro mondo, uno che ha superato la barriera che separa il conscio dall'inconscio. — È inutile cercare Polly — disse lentamente. — È sparita, e anche il suo gattino è sparito. Il gattino è morto, e se il gattino è morto, è morta anche Polly, e allora è inutile andare in giro a cercarla. Parlando, teneva gli occhi bassi e giocherellava coi peli folti delle sue braccia muscolose. Era straordinario, pensai distrattamente, che un ragazzo potesse sembrare allo stesso tempo un fiore e un gorilla. — È inutile ormai — ripeté con voce incolore. Bracegirlde mi stava fissando, in palese attesa di un cenno da parte mia.
— Cosa te lo fa pensare, Mark? — domandai in fretta. — È così — rispose scuotendo la testa come se fosse impietosito per la mia ignoranza. — Il gattino della nostra Polly era selvatico. Non avrebbe risposto a nessuno tranne che a me, e se avesse sentito la mia voce sarebbe tornato di corsa. Tenevo sempre il latte della mia zuppa per lui. — Sì, ma... — Be', sono stato fuori tutta la notte a chiamarlo. Ho continuato a chiamarlo. Non c'è un angolo del bosco che non abbia esplorato, ma lui non è saltato fuori. Perciò quel gatto è sparito per sempre, e se il gatto è sparito, anche Polly è sparita. Con la serafica filosofia del deficiente, sembrava quasi divertito che noi continuassimo a mettere in dubbio l'inevitabile, che frugassimo con dita impietose in quei fatti che lui accettava serenamente. Mentre attraversavamo il giardino diretti verso la casetta dei Baines, scorsi la figura alta e dritta di Seymour Alstone smontare da cavallo. Era senza cappello e la sua superba capigliatura scura, appena screziata di bianco, sembrava quasi una sfida nei confronti del figlio, che aveva la testa calva cosparsa qua e là di ciuffi radi. Mi salutò con un breve cenno, poi si rivolse al vice-sceriffo. — Siete incaricato di compiere questa indagine, Bracegirdle? — La sua voce risuonò come una schioppettata. — Sì, signor Alstone. — Bene, sembra che non facciate grandi progressi. I miei uomini devono tornare al lavoro, domani. Non posso lasciarli ulteriormente a vostra disposizione. Bracegirdle lo assicurò che il loro contributo non era più necessario e continuò riferendo i fatti del pomeriggio. Seymour Alstone lo ascoltò attentamente, sporgendo avanti la grossa testa, e fissando Bracegirdle con gli occhi penetranti, gli rivolse alcune domande pertinenti. Non c'era da stupirsi, pensai, se i ragazzi Goschen lo chiamavano il Vecchio Lupo cattivo. Ci si sarebbe aspettati che sporgesse una rossa lingua appuntita da un momento all'altro. Sembrava avido di particolari. Quando Bracegirdle descrisse la scoperta della scimmia morta, Seymour si rivolse al figlio e istintivamente, o almeno così mi parve, la sua voce assunse un tono sprezzante. — Quell'animale apparteneva a qualcuno che tu conosci, Franklin? — Be'... credo di si. — Franklin Alstone stava strapazzandosi nervosamente il collo alto ed io ebbi la netta impressione che fosse più inquieto e
furtivo del solito quando veniva apostrofato direttamente dal padre. — Apparteneva alla signora Tailford-Jones, o almeno così mi pare... — Uhm! Che razza di gusti! — Il vecchio fece una mossa sprezzante col capo. La faccia terrea di Franklin si coprì di rossore. Sebbene si avviasse verso la mezza età, dava l'impressione che non sarebbe mai riuscito a superare il sacro timore che provava nei confronti del padre. Una volta sola, secondo le dicerie, aveva osato opporsi alla volontà paterna, e cioè quando aveva sposato la madre di Gerald, dalla quale aveva divorziato da lungo tempo. Nel frattempo Seymour aveva cominciato a bersagliare di domande Bracegirdle. Mi allontanai, provando un certo imbarazzo. Baines mi stava aspettando, quando raggiunsi l'auto. La mano gli tremava, mentre prendeva la sigaretta che gli offrivo. Gli avvenimenti degli ultimi due giorni lo avevano invecchiato di colpo. — Dottor Swanson — disse — vorrei parlarvi. — Dite pure. — Ci sono delle cose, in rapporto a questa faccenda, che non mi convincono per niente. — Nel suo sguardo ferito c'era tutta la sofferenza delle classi oppresse. — Questa scimmia non è il primo animale che scompare. La scorsa settimana la vecchia signora Marvin ha perso il suo gatto soriano. Poi la pecora dei Brewer è stata trovata in un fossato, squarciata. No, c'è qualcosa che non va, qui, dottore. Ma sapete com'è... anche se avessi dei sospetti non potrei dire niente, neppure alla polizia. Annuii, con un certo stupore. — Sentite, dottore, se scoprissi qualcosa vorrei sapere se posso mettermi in contatto con voi, in privato. Si capisce. Chiamatemi all'ospedale quando volete. Lo terrò per me. Rhodes 21, interno 59. E... — m'interruppi e lo guardai con tutta la comprensione di cui ero capace. — ...mi dispiace terribilmente, Baines. Farò tutto quello che posso. Avevo percorso appena qualche centinaio di metri, diretto verso casa, quando incrociai l'automobile dei Tailford-Jones. Roberta mi fece segno di fermarmi e mi chiese se ci fossero novità. Malgrado gli stravizi della sera precedente appariva in perfetta forma, nell'abito estivo. Edgar sembrava completamente sopraffatto, come lo sarebbe stato qualunque uomo che, disponendo solamente di una piccola pensione di guerra per vivere, fosse costretto a mantenere quell'animale di lusso. Il raffinato guardaroba di Roberta era uno dei tanti misteri della vallata, un mistero che aveva spesso
incuriosito Millie Goschen e tutta la popolazione femminile di Grindle. Riferii loro la scoperta del cadavere della scimmia. Sulle prime Roberta si mise a piangere. Poi fu colta da un accesso di collera. Infine cominciò a lanciare una serie di invettive irripetibili. La faccia lagrimosa era contratta di rabbia, il trucco devastato. — Edgar, va' avanti. Trova quel Bracegirdle. Devi trovarlo a qualunque costo! Il piccolo colonnello avviò docilmente il motore, poi si volse verso di me e parlò per la prima volta: — Siete proprio certo che lo uistiti sia morto? — Morto, come è vero... Ma lui non mi stava più ascoltando. Un violento accesso di sternuti lo stava soffocando. Aveva accostato il fazzoletto al viso e emetteva strani rumori inarticolati, che non sentivo più da quando era finita l'epoca della febbre da fieno. — Su, presto, Edgar! Edgar obbedì, ma prima che mi allontanassi colsi un guizzo maligno nei suoi occhietti. Era stato colto, forse per la prima volta nella sua lunga vita matrimoniale, da un irrefrenabile accesso di risa. 3 Fu per me un sollievo, dopo i fatti inquietanti del week-end, tornare al mio laboratorio di Rhodes. Là la lotta continua della vita contro la morte rendeva quasi irrilevante la scomparsa di quella bambina. In fin dei conti, non ero mica un investigatore. La mia amicizia con Bracegirdle e la simpatia che provavo per la famiglia Baines, e in particolare per Mark, erano gli unici elementi che mi legavano a quel caso. Il mio compito era di fare ricerche scientifiche e non indagini poliziesche; avevo ben altre cose di cui occuparmi, oltre ai bambini scomparsi e alle scimmie morte in circostanze strane. Naturalmente, allora non sapevo che gli incidenti di quegli ultimi giorni erano soltanto sintomi premonitori dell'ondata d'orrore che ben presto avrebbe terrorizzato gli abitanti della vallata di Grindle. Bracegirdle comparve parecchie volte nel corso della settimana e mi fece un mucchio di domande registrando scarsi progressi. Nessuna traccia di Polly, nessuna prova che chiarisse le circostanze della morte della scimmia. E per giunta nessuno poteva fornire un valido alibi per la notte di ve-
nerdì o per la serata di sabato, durante le quali si erano verificate le due scomparse. Bracegirdle, a quanto pareva, faceva un grande affidamento sul mio aiuto, sebbene potessi dargliene ben poco. Per lui l'enigma era già diventato un caso di competenza del medico o dello psichiatra, anziché della polizia. Rammento che in quel periodo ero molto occupato a collaborare a una pubblicazione scientifica e tutto sommato non gradivo troppo quelle intrusioni. Però gradii ancor meno un'interruzione di altro genere che ebbe luogo verso la fine della settimana. Stavo facendo una dimostrazione ai miei studenti quando il preside della facoltà di medicina mi mandò a chiamare. Il dottor Warlock era un vecchio trombone al quale mi rivolgevo solamente per avere la firma sull'assegno del mio stipendio a fine mese. — Sedetevi, prego, dottor Swanson. Sedetti sull'orlo della poltrona, e per un attimo ci fissammo in cagnesco. — Voi e il dottor Conti vivete insieme a Grindle, vero? — Sì, dottor Warlock. — Siete entrambi molto giovani per ricoprire un posto di simile responsabilità all'università. Lo informai correttamente che avevo trentadue anni e Toni trentacinque, e non eravamo dei pivellini per nessuno, tranne per un vecchio retrogrado come lui. — Bene bene, tuttavia avete un'età in cui potreste essere scelti come... be', come specchio per le allodole, diciamo. — Aveva assunto un tono solenne e paternalistico. — Voi e il dottor Conti — continuò — siete entrambi impegnati nelle ricerche sugli animali, se non erro? Annuii. — E incontrate le solite difficoltà nel procurarvi il materiale che vi serve?... — Dottor Warlock — lo interruppi — ci sono state delle lagnanze nei miei confronti? Prendo tutte le precauzioni del caso coi miei animali da laboratorio. Devocalizzo i cani. Ricorro all'anestesia per evitargli sofferenze inutili. Io... — Oh, nessuno mette in dubbio la vostra efficienza o la vostra capacità, dottor Swanson. Stavo solo chiedendomi se per caso abbiate cercato di incrementare i nostri limitati rifornimenti ricorrendo a... fonti esterne. Ora capivo dove voleva arrivare. Roberta Tailford-Jones aveva sporto realmente la sua insensata querela. Era una donna assolutamente priva di buon senso e di intelligenza, ma aveva una certa influenza politica a Rho-
des. Warlock era amico di suo padre. — È un'accusa assurda e offensiva — scattai rabbiosamente. — Avanti, dottor Swanson, non sto mica accusandovi. Chiedo solo la vostra cooperazione. — Prese due o tre lettere dallo scrittoio. — Ho ricevuto lettere di reclamo dalla Società Protettrice degli Animali, oltre ad alcune lagnanze di privati. Sembra che in questa zona siano spariti parecchi animali domestici, e si accenna a un reato di ben più grave entità. Minacciano indagini. Faccio appello alla vostra cooperazione per evitare uno scandalo. — Tutte sciocchezze dottor Warlock. A Grindle c'è una donna stupida che ha perso la sua scimmietta, che incidentalmente è stata ritrovata morta in un fossato. Una bambina scompare in circostanze misteriose, ma sarebbe addirittura pazzesco pensare che io o il dottor Conti possiamo aver commesso una cosa così assurda come... insomma, è ridicolo! Il preside mi fissò gravemente. — Voi siete molto giovane, dottor Swanson, e non vi rendete conto di quanta cautela si debba usare in fatto di esperimenti sugli animali. Il nostro è un grande paese, dottore, ma ha una certa tendenza al sentimentalismo. E i sentimentali, si sa, possono provocare un mucchio di guai. Con una storia simile in pasto alla stampa, perfino un'università celebre come quella di Rhodes ne uscirebbe danneggiata. Sapevo che stava dicendo la pura verità. Il mondo era popolato di tipi come Roberta. — Potrebbe essere stato uno degli studenti? Il giovane Alstone abita proprio nella zona. — No, dottore. Gerald Alstone è un tipo timido, riservato. Non gli va neppure di andare a caccia col nonno. Non avrebbe il coraggio di far del male neppure a una mosca. — C'è poi quell'altro ragazzo, Peter Foote. Mi risulta che passi un mucchio di tempo presso gli Alstone. Un tempo era un tipo testardo e irascibile, sebbene ora mi dicano che si è notevolmente calmato. — Foote è uno dei ragazzi più a posto che conosca. Per di più è un ottimo studente. Warlock annui. — Proprio quel che pensavo — disse lentamente. — Inoltre — ripresi — è estremamente improbabile che uno di questi ragazzi abbia pensato di compiere esperimenti privati. Sono entrambi facoltosi. Avrebbero potuto procurarsi gli animali con la massima facilità. Il preside batté il tagliacarte sullo scrittoio.
— Bene, mi rincresce di avervi disturbato, dottor Swanson. Tornai nel laboratorio dove mi aspettavano alcuni studenti e terminai la dimostrazione che riguardava, se ben ricordo, la reazione dei reticolociti all'estratto epatico. Stavo chiarendo alcuni punti quando il telefono squillò. Ricordo che andò a rispondere Gerald Alstone, e che la chiamata era per me. Era Baines. La sua voce risuonava debole e fiacca. Mi chiese se poteva vedermi non appena fossi tornato a casa. C'era qualcosa di cui voleva parlarmi immediatamente. Gli dissi che quella sera ero fuori a cena, però ero disposto a passare da lui l'indomani mattina. — Va bene, dottor Swanson — concluse — se non posso mettermi in contatto con voi prima, aspettatemi alle otto, vicino allo stagno del mulino. — D'accordo, Baines. Alle otto, dunque; alle otto di domattina allo stagno del mulino. Sarò lì. Lasciai l'aula e scesi a prendere la mia auto. Quella sera Toni e io eravamo stati invitati a pranzo e poi a giocare a bridge da Seymour Alstone, ma il mio compagno, che non giocava mai a bridge e che per principio era contrario alle serate in cui non si poteva bere né fumare, aveva respinto l'invito adducendo un pretesto inconsistente. Dentro di me ero ben lieto di quel rifiuto perché significava che Valerie avrebbe preso il suo posto. Valerie appariva incantevole quando entrai nel grande soggiorno di Seymour, alle sette di sera. In quella casa tetra lei irradiava freschezza e vitalità. Sapeva esercitare il suo fascino perfino nei confronti dello "zio malvagio", e sebbene non fosse servito alcun aperitivo, bastò la sua presenza a mettermi addosso un senso di euforia. C'era anche Franklin, calvo e ossuto, ma nessuno gli badò. Seymour Alstone era perfetto come sempre nelle vesti di padrone di casa; c'era un che di benevolo nella sua bella testa grigia, quando prese posto a capotavola. Per la verità la serata fu gaia e vivace finché Gerald e Peter Foote rimasero tra noi. Il merito di quell'atmosfera piacevole andava soprattutto a Peter, poiché seppe mantenere viva e brillante la conversazione alla presenza del vecchio, considerandolo un essere umano anziché il temuto tiranno della vallata. Parecchie volte, durante il pranzo, Seymour scoppiò letteralmente a ridere di cuore. Fu solamente quando i due ragazzi si furono allontanati, e noi prendemmo posto ai tavoli da bridge, che si ristabilì quell'atmosfera austera e glaciale che di solito regnava in casa Alstone.
Per qualche strana contraddizione del suo carattere, Seymour Alstone, che pure proibiva sigarette e alcolici in casa sua, non aveva obiezioni a che si giocasse a soldi. Anzi, quanto più la posta era alta, più sembrava divertirsi, e in particolar modo con la ragazza il cui padre aveva rovinato. Naturalmente, dato che Valerie non aveva un soldo, lui era costretto a comportarsi con lei come un partner, coprendone le perdite e consentendole di tenersi le vincite. Ma, tutto sommato, non era un cattivo affare. Valerie era un'ottima giocatrice, assai più brava del mio partner, il timido e goffo Franklin, che era sempre terrorizzato quando doveva giocare contro suo padre. La serata si trascinò tediosamente. Alle undici Valerie decise che era ora di andare a casa. Pagai i miei debiti e andai a prendere il cappotto. Eravamo tutti quanti in anticamera quando Gerald rientrò, solo. Ci guardò strizzando gli occhi, poi disse in tono casuale: — Oh, dottor Swanson, ho appena incontrato Mark per strada. A proposito, credo che suo padre vi stesse cercando. L'avete già visto? — No — tagliai corto, seccato per il fatto che il mio appuntamento con Jo Baines divenisse così di pubblico dominio. Il vecchio Seymour, che non era incluso in questa conversazione, guardò sospettosamente prima il nipote, poi me. — Cos'è questa storia di Baines? — s'informò bruscamente. Fui costretto con riluttanza a spiegare come il giardiniere mi avesse chiamato quel pomeriggio per una faccenda strettamente personale, pregandomi di non divulgare la cosa. Non fui molto convincente, ma sperai che Seymour supponesse che quel colloquio fosse dovuto alle condizioni di salute della signora Baines. — Oh, mi rincresce — disse Gerald compunto. — Vi ho sentito parlargli al telefono questo pomeriggio. Non sapevo che si trattasse di una questione personale. — Senti, Gerald — osservai pacatamente — stai per diventare medico anche tu e dovresti quindi renderti conto che i medici devono saper mantenere il segreto professionale. Per stavolta pazienza, però chiudiamola qui. Il ragazzo arrossì e chinò gli occhi con vergogna. — Purtroppo l'ho già detto ai Tailford-Jones — balbettò. — Peter e io li abbiamo incontrati per strada dopo pranzo, e quella donna ci ha tempestati di tali domande che senza quasi rendermene conto... — Lo hai detto a Roberta — proruppi, sorridendo torvo — il che significa che a quest'ora lo saprà l'intero villaggio. Ma forse non è colpa tua.
— Sì che è colpa sua! — L'espressione di Seymour Alstone mi ricordò quella dei profeti dell'Antico Testamento. — Quante volte te l'ho detto, Gerald, di non ficcare il naso nelle cose che non ti riguardano? Se tu passassi il tuo tempo a studiare anziché a perderti in chiacchiere inutili, eviteresti un bel po' di grane a me e a tuo padre. Franklin, che se ne stava in disparte, annui debolmente per dimostrare la sua piena approvazione al vecchio. Gerald guardò il padre e il nonno, e per un attimo nei suoi occhi balenò un'espressione di astio e di rancore sordo. — La signora Tailford-Jones mi ha tempestato di domande — ripeté in tono scontroso — e io sono stato costretto a comportarmi in modo corretto. — Corretto! — Seymour scoppiò in una risata rabbiosa. — Correttezza spesso significa debolezza. Ma quando imparerai ad avere una volontà tua? — Be', ora lasciamo perdere — mormorai, impaziente di tagliare corto con questo scontro familiare per poter accompagnare Valerie a casa. — Una volontà mia! — ripeté Gerald, piantando gli occhi in faccia al nonno e parlando con un coraggio che non gli avevo mai sentito prima. — Di chi è la colpa se non ho una volontà mia? Chi comanda da mattina a sera, chi mi dice quello che devo o che non devo fare, quando posso uscire e quando devo studiare, chi posso vedere e chi non devo vedere? Cos'altro ti aspetti, vorrei sapere? Si interruppe improvvisamente, trattenendo il fiato come se fosse sorpreso per il suo stesso sfogo. Sia Franklin che Seymour erano rimasti ad ascoltarlo sbalorditi. Tutti e tre gli Alstone parevano essersi scordati improvvisamente di Valerle e di me. Gerald fissava il nonno, pallido e fremente. Gradatamente la collera gli sbolli. Sembrava sull'orlo di una crisi isterica. Scostandosi i capelli dalla fronte con un gesto stanco, si allontanò lungo il corridoio. Io e Valerie uscimmo senza quasi dare la buona notte al nostro ospite. Mentre oltrepassavamo la porta d'ingresso, sentii Seymour dire a Franklin: — Piuttosto impertinente il tuo ragazzo. — Il suo tono d'accusa sembrava includere anche il figlio di mezza età. — Impertinente e bizzarro! Comincia ad assomigliare a sua madre. — Indubbiamente hai dei parenti molto strani, Valerie — osservai aiutandola a salire nell'auto. — Povero Gerald — disse lei dolcemente. — Farei qualunque cosa per aiutarlo, ma è un caso disperato. È così sospettoso di tutto e di tutti. Peter
Foote sembra essere l'unica persona al mondo di cui si fida. Mentre parlava, la finestra della sala da pranzo s'illuminò. Dal punto in cui eravamo scorgemmo due persone entrare e chiudere con cautela la porta. Erano Peter e Gerald. Peter aveva estratto qualcosa dalla tasca e stava porgendolo all'amico. Notai con divertito stupore che era una borraccia di cognac. — Se Seymour la vedesse! — osservai ridendo — Peter Foote sarebbe bell'e spacciato. Come sempre Valerie e io parlammo di Toni, lungo il tragitto. Per qualche misteriosa ragione ero sempre il primo ad affrontare l'argomento, forse nel timore che fosse lei a introdurlo. Avrei sperato di restare solo a quattr'occhi con lei quando arrivammo a casa sua, ma il salotto era illuminato, segno certo che la signora Middleton ci aveva aspettati alzata, come sempre faceva quando Valerie passava la serata dai suoi parenti-vicini. Aveva già perduto, soleva spiegare cupamente, un membro della famiglia a causa delle losche manovre di Seymour Alstone, e non voleva perderne un secondo, se poteva evitarlo. La signora Middleton, che di solito era una donna garbata con una spiccata tendenza al pessimismo, sfogava spesso la sua amarezza nei confronti degli Alstone. Ripetutamente, sia in pubblico sia in privato, sputava nel piatto in cui mangiava. Era imbarazzante per tutti i presenti, specie per Valerie. Mi accorsi in quel momento che non voleva farmi entrare per evitare che incontrassi sua madre, che probabilmente era in uno dei suoi peggiori momenti. La salutai dall'auto con una certa riluttanza, e vidi i suoi occhi risplendere alla luce dei fari mentre si voltava a sorridermi. Le sue parole di commiato furono: — Salutami affettuosamente Toni. Ma non ebbi l'occasione di riferigli il messaggio, poiché quando rientrai scoprii che il mio amico non era in casa. Non avevo idea dove fosse. Avevamo tacitamente adottato la regola di rispettare reciprocamente la nostra libertà. Chiudendo la porta d'ingresso, scorsi una busta sul pavimento. Conteneva un biglietto di Jo Baines, che diceva: "Vi prego di non dimenticarvi dell'appuntamento di domani. Sarò là ad aspettarvi. Rispettosi saluti Jo Baines."
Per qualche misteriosa ragione provai un vago senso di disagio mentre mi svestivo per coricarmi. Tuttavia il disagio era completamente svanito l'indomani mattina quando, dopo una buona dormita, mi diressi alla scuderia dei Goschen e, approfittando di un precedente invito, sellai il mio puledro prediletto, Esmeralda. Erano le sette quando partimmo; la brina notturna aveva spruzzato di bianco il ciglio della strada. Una caligine perlacea circondava la quercia di Grindle. La natura circostante era fresca, e s'era risvegliata da poco. Dopo una piacevole cavalcata, guidai il mio cavallo verso lo stagno del vecchio mulino dove mi sarei dovuto incontrare con Baines. Mentre puntavo in quella direzione, cominciai a meditare, per la prima volta, sul perché di quello strano appuntamento, sull'ansia febbrile di vedermi, da parte di Baines. Se aveva notizie della figlia, perché non andava a comunicarle direttamente a Bracegirdle? C'era forse qualche segreto vergognoso nella vita di quell'uomo semplice, qualcosa che bisognava tenere nascosto alle autorità, oppure era la paura a tappargli la bocca con tutti, tranne che con me? E in questo caso, paura di chi? Smontai da cavallo allo stagno del vecchio mulino, e, essendo un po' in anticipo, accesi una sigaretta. Esmeralda si mise a masticare l'erba che cresceva verde sulla riva dello stagno. A un tratto scartò indietreggiando dall'acqua. Per un attimo scorsi il terrore nei suoi occhi. Corsi prontamente a calmarla e la fissai con le redini al tronco di un albero. Continuava a lanciare occhiate spaurite verso lo stagno. Seguii il suo sguardo: vicino alla riva c'era qualcosa che sembrava un vecchio sacco che oscillava su e giù col movimento delle onde. Ma era veramente un sacco? C'era qualcosa nella forma di quel sacco che mi insospettiva. Era solamente l'aria o il flusso dell'acqua a provocare quel movimento ritmico? Mossi un passo avanti e mi sporsi a guardare giù. Dato che non potevo afferrarlo senza bagnarmi i piedi, staccai un ramo da un albero e cominciai a tirare l'oggetto verso di me. Era pesante e resistente. Come si mosse, qualcos'altro affiorò alla superficie dell'acqua profonda, qualcosa che mi costrinse a mollare il ramoscello per l'emozione. Era la nuca scura di una testa umana. Avanzai senza curarmi di bagnarmi i piedi finché, alla fine, steso bocconi sulla riva, scorsi il cadavere di un uomo. Era vestito di tutto punto, e aveva le braccia stese con le mani affondate nell'acqua. Sebbene tirassi con tutta la forza non riuscii a spostare il corpo di un altro centimetro. Involontariamente guardai giù per scoprire la causa
dell'impedimento e, nel fare questo, vidi qualcosa che mi fece pensare di essere tornato indietro nel tempo, in qualche epoca primitiva della civiltà, un'epoca dominata dal sangue e dal ferro. Sotto ai polsi pendevano delle catene. Le strappai con forza, e apparvero le mani. Ognuna di esse era imprigionata in una di quelle trappole che si mettono sulla riva dei fiumi per acchiappare ratti o topi muschiati. Il corpo era rimasto bocconi in circa mezzo metro d'acqua, le mani incatenate, impotenti. Sollevai la testa penzolante e vidi la faccia di un uomo annegato di recente: la pelle violacea, gli occhi vitrei, le labbra aperte in un sorriso ebete, smorzato. Mentre guardavo, l'orologio del campanile oltre la vallata batté otto rintocchi. Jo Baines non era mancato all'appuntamento... 4 Lasciando il cadavere là dove giaceva, afferrai le redini di Esmeralda, balzai in sella e galoppai verso casa. La prima cosa che feci fu di telefonare a Bracegirdle. Poi buttai Toni giù dal letto, tirai fuori l'automobile e, dopo aver consegnato Esmeralda alla sbalordita Lucinda, guidai come un pazzo fino allo stagno del mulino. Toni, troppo assonnato per connettere, continuò a protestare lungo il tragitto. — Tu e il tuo dannato cadavere — seguitava a brontolare. Ma non appena vide il corpo esanime di Baines sulla riva dello stagno, si ridestò subito. — Sembra che sia stato affogato! — esclamò. — Già, però non capisco come, in quella pozza d'acqua. Esaminò i polsi enfiati, ancora imprigionati nelle trappole. — Immagino che quel povero diavolo cercasse di sbarcare il lunario andando a caccia di topi muschiati per venderne le pelli. — Sì, ma... — Già, appunto! — Toni s'interruppe tormentandosi il mento scuro. — E noi dovremmo credere che sia venuto qui, abbia controllato le sue trappole, sia scivolato sulla riva e sia rimasto imprigionato con la mano destra nella trappola, e tentando di divincolarsi abbia infilato la sinistra proprio nell'altra trappola, e sia annegato. Assurdo, vero, Doug? — Assolutamente assurdo. Toni aveva scostato dalla fronte i capelli bagnati dell'uomo. — Ehi, sarà meglio non toccare niente finché non viene Bracegirdle.
— Sembra — rifletté — come se qualcuno avesse cercato di scorticarlo vivo prima d'affogarlo, poveraccio. Guarda questa chiazza qui: il primo strato dell'epidermide è completamente lacerato. Il mio interesse professionale si era completamente ridestato, ora. — Queste sono escoriazioni che si provocano trascinando un corpo dietro a un veicolo, un'automobile, diciamo. Toni m'interruppe con un fischio leggero. — Doug, non penserai mica... — Sono giunto allo stadio in cui si pensa di tutto. Non sarei disposto a scommettere un soldo che Polly sia viva, ora. Bracegirdle giunse da Rhodes a tempo di record. Toni ed io ce ne stavamo seduti sulla riva a fumare quando un'auto frenò bruscamente, e alcuni uomini si precipitarono giù. Durante la mezz'ora che seguì si svolsero le pratiche di routine. Il magistrato inquirente esaminò il cadavere e lo fece fotografare da tutte le angolazioni possibili. La riva fu perlustrata a fondo, palmo a palmo, per scoprire eventuali tracce. Quando un po' più tardi arrivò il procuratore distrettuale, gli riferii la storia della telefonata e del biglietto, e della scoperta del cadavere. Dopodiché il magistrato inquirente, che entrambi conoscevamo, interpellò me e Toni per sapere da quanto tempo, secondo noi, fosse morto quell'uomo. Comunque nessuno dei due si azzardò ad avanzare un'ipotesi, benché bastasse un esame superficiale a stabilire che era morto in seguito ad annegamento. — Ebbene — osservò il magistrato inquirente, dopo un'ultima occhiata al cadavere — sarà meglio farlo esaminare dal dottor Brooks. È un caso di sua competenza. — Vi spiace se vengo con voi? — si offrì premurosamente Toni. — Brooks è mio collega. — Tutt'altro; vi sono anzi grato della proposta, dottor Conti. — Il magistrato inquirente si abbottonò la giacca. — Più che grato. Mi volsi a guardare Bracegirdle che stava fissando assorto le acque immobili dello stagno. — Sono completamente disorientato — commentò con voce incolore. — Non c'è un movente, non ci sono prove; è una cosa priva di senso, una vera assurdità. Ho voluto indagare sui precedenti della famiglia Baines, in seguito alla scomparsa di Polly. Niente di sospetto né di anormale sul loro conto. Povera gente che lavora sodo. Jo Baines era da anni il giardiniere di casa Alstone; la sua vita è sempre stata onesta, irreprensibile. — Si interruppe e si rivolse a uno dei suoi uomini. — Bill, tira su i paletti e porta qui
le trappole. Le due grosse trappole, ancora fissate ai polsi del morto, furono rimosse e il corpo venne caricato sul furgone che nel frattempo era arrivato da Rhodes. Toni, stravolto, non ancora sbarbato, saltò a bordo a fianco del conducente e si allontanarono. Io tornai lentamente a casa, e dopo un bagno caldo feci colazione. Il caso Baines era talmente misterioso che non riuscivo neppure a inquadrare la situazione. Ero stanco di rompermi la testa per capire. Inoltre c'erano delle cose concrete da fare. Dato che per il momento Toni e io eravamo gli unici nella zona a essere al corrente di quest'ultima disgrazia, toccava a me comunicare la notizia ai familiari. Mark stava lavorando nel giardino quando arrivai al villino dei Baines. Ascoltò il mio racconto con stoica indifferenza, sebbene i suoi grandi occhi animaleschi non si staccassero un istante dalla mia faccia mentre parlavo. Quand'ebbi terminato, riprese a occuparsi dei suoi fiori. — Mi aspettavo qualcosa di simile — mormorò — e non è finita qui. Fu l'unico commento che riuscii a cavarne. Era difficile stabilire se fosse commosso o indifferente per la notizia della morte di suo padre. Una sorella della signora Baines era arrivata da Rhodes per badare alla casa in vista del parto. Rimase sconvolta e inorridita per la tragica notizia, e mi pregò di fare tutto il possibile per nascondere la verità a Minnie, che era già in pessime condizioni, povera creatura, con Polly appena scomparsa. Dio sa come avrebbe reagito a questa nuova disgrazia. Non vidi la signora Baines personalmente. Il mio compito successivo fu di portare la notizia a Seymour Alstone. Si dimostrò sorprendentemente comprensivo in quella circostanza. La famiglia Baines non doveva assolutamente essere mandata via finché non si fosse trovata una sistemazione decorosa. Il salario di Jo Baines doveva continuare a essere corrisposto alla famiglia a tempo indefinito. L'interessamento del vecchio sembrava sincero, sebbene un tantino eccessivo. Lungo la strada per tornare a casa accadde un incidente che valse a distrarmi dalla sconcertante scoperta di quella mattina. Incontrai per caso Bill Strong, un vecchio che viveva in una casetta diroccata vicino allo stagno del mulino e che traeva il suo sostentamento da un pezzetto di terra e un piccolo pollaio. Quando passai stava avviando una vecchia Ford proferendo un torrente d'imprecazioni che avrebbero formato l'invidia di Roberta o di William Faulkner. — Salve, Bill! Che diavolo succede?
Ancora schiumante di rabbia il vecchio indicò un'oca che giaceva sul sedile anteriore. — L'ho trovata stamattina. L'avevano scaraventata sul portico stamattina — sbottò. — La sto portando ora dallo sceriffo. Azzardai l'ipotesi che fosse opera di una volpe. — Una volpe! — ribatté indignato. — Macché volpe d'Egitto. Voi fate il medico, e potete vederlo voi stesso. Diedi un'occhiata dentro all'auto e vidi che il collo del volatile era stato torto fino a sembrare un cavaturaccioli. — Questa è opera di un essere umano — continuò il vecchio. — Non me la prenderei così tanto se me l'avessero rubata per mangiarla, ma trovarmela lì davanti col becco spalancato come a beffarsi di me... be', non ci ho visto più dalla rabbia. Ma quant'è vero Iddio voglio consegnarlo alla polizia, quel dannato bastardo che ha fatto questo. Mentre si allontanava furente, io feci un semplice calcolo matematico. 1) Polly Baines 2) Il gattino di Polly Baines 3) La scimmietta di Roberta 4) Jo Baines 5) L'oca di Bill Strong Ebbene, i "corpus delicti" di Grindle erano in sicuro aumento. Al mio arrivo a casa fui salutato da Lucinda che mi informò con un sussurro che era venuta a trovarmi la signora Middleton e stava aspettandomi nel soggiorno. Entrai e trovai la figurina esile della madre di Valerie appollaiata nella poltrona a schienale rigido di Toni. Si alzò e mi venne incontro premurosamente. — Vi prego di scusarmi, dottor Swanson, se sono piombata qui in questo modo, ma ho sentito delle voci spaventose. Dicono che Jo Baines è stato trovato morto, e che siete stato voi a scoprire il cadavere. — I suoi tondi occhi azzurri scrutarono la mia faccia. — Naturalmente non posso crederci, ma in questa vallata... Le riferii i fatti, tralasciando di dirle che si sospettava trattarsi di un delitto. Mi ascoltò inorridita. — Ma è atroce! Semplicemente atroce! Era una delle persone più brave del villaggio, per di più. — Una punta di malignità vibrò nella sua voce. — Ma non c'è da stupirsi che sia stato ammazzato in quel modo, mentre cercava di guadagnarsi qualche soldo in modo onesto acchiappando topi mu-
schiati, solo perché Seymour gli passava una paga di fame! — Ho appena parlato col signor Alstone — mi affrettai a interromperla. — È sinceramente addolorato, e sarà più che generoso. — Chiacchiere, tutte chiacchiere! Più che generoso! — Agitò vigorosamente la testolina. — Seymour è generoso a parole; vedrete che quella povera vedova sarà scaraventata per strada prima di Natale. Tenete a mente le mie parole, dottor Swanson. Un uomo che riesce a intimidire il figlio al punto da costringerlo a divorziare dalla moglie! E che ha fatto anche di peggio, lo sappiamo bene. — Mi fissò cupamente. — Rammentate quelle voci che circolavano per il villaggio non molto tempo fa, storie di gente che aveva visto passare un'automobile per la contrada in piena notte, un'automobile che si trascinava dietro qualcosa? Ve ne ricordate, dottor Swanson? Ebbene, Seymour è stato il primo a farle tacere. Perché secondo voi è stato così impaziente di tappare la bocca alla gente, se non c'era sotto qualcosa? Feci un'osservazione generica sul fatto che nei piccoli paesi, si sa, la gente chiacchiera facilmente, ma la signora Middleton era troppo eccitata per farsi smontare. — Ah, dottor Swanson, voi non conoscete Seymour come lo conosco io, e non avete parlato con la gente che lui ha costretto al silenzio con le minacce. Succedono cose spaventose in questa vallata — continuò. — Mio padre è vissuto qui tutta la vita, e quand'ero piccola, ricordo, mi diceva che c'era un vecchio detto: "Quando le poiane squittiscono sulla quercia di Grindle, la morte cala sulla vallata". Bene, non ho mai visto tante poiane in vita mia come quest'autunno. Temo per Valerie. Se solo potessimo permetterci di andarcene via! Polly Baines è scomparsa, e così pure suo padre, e io mi domando chi sarà il prossimo! E con quella nota di malaugurio se ne andò, palesemente soddisfatta per l'impressione funesta che aveva suscitato. Naturalmente le sue osservazioni sul conto di Seymour sconfinavano nel fantastico; però era curioso che l'ipotesi di Jo Baines trascinato dietro a un'auto in corsa trovasse una conferma. Sembrava quasi che fosse venuta lì a quello scopo preciso. Toni non tornò dall'autopsia fino alle due del pomeriggio. Sebbene fosse abituato a lavorare di domenica, era sconvolto al punto da rifiutare la colazione preparatagli da Lucinda, e filò dritto a letto. Non lo rividi fino alle undici di sera, quando venne a tirarmi fuori di casa allo scopo di respirare una boccata d'aria fresca. Lo seguii docile lungo il sentiero. Era una nottata fredda. Le nubi erano
fitte e il chiaro di luna splendeva sulla campagna, formando chiazze irregolari. Ci eravamo appena allontanati quando affrontai l'argomento dell'autopsia. — È andato tutto liscio? — Sì. Brooks è stato molto contento del mio aiuto. — Il profilo di Toni si illuminò a un tratto quando si accese la pipa. — È una strana faccenda, Doug. Jo Baines è stato affogato, non ci sono dubbi. Abbiamo fatto un esame microscopico delle particelle rinvenute negli alveoli dei polmoni. Erano esattamente come possono essere in una persona annegata nelle acque di un fiume fangoso. — Quando credi che sia successo? — Difficile stabilirlo con esattezza, perché il cadavere è rimasto immerso nell'acqua corrente per tutta la notte. Siamo entrambi del parere che doveva essere morto da otto-dieci ore quando lo abbiamo trovato. Potrebbe essere morto tra le dieci e le dodici e mezzo della scorsa notte. — La solita vecchia storia. Potrebbe essere stato chiunque, vero? Toni emise un grugnito. — Ma non è tutto. Il corpo di quel disgraziato era tutto coperto di abrasioni. I vestiti ridotti a brandelli... — Sicché potrebbe essere stato trascinato dietro a un'auto in corsa! — Così sembra. — La voce di Toni era volutamente piatta, professionale. — Comunque sia, era ancora vivo quando è successo. Ed era ancora vivo quando gli hanno chiuso le mani nelle trappole. Privo di sensi, forse, ma vivo. Si può stabilirlo dall'esame del sangue e dalle condizioni dei tessuti circostanti. — Dio! Che modo mostruoso di uccidere una persona! — Rabbrividii, malgrado i miei sette anni di pratica professionale. Toni grugnì un'altra volta. Sembrava avere perso ogni interesse alla conversazione. Per qualche minuto proseguimmo in silenzio. Di notte le strade di Grindle sono solitarie, e non avevamo incontrato un'anima da quando ci eravamo allontanati da casa. Perfino il ponte coperto che attraversava il fiume, dove talvolta si riunivano gli abitanti del villaggio, era deserto. Ci attardammo un attimo lassù, a guardare le acque fangose in quell'opaco chiarore lunare. Ricordo di aver pensato quanto silenzioso fosse e, mentre ero assorto in quel pensiero, qualcosa ruppe il silenzio. Toni mi afferrò il braccio, e mentre seguivo il suo dito puntato, mi parve che una piccola macchia scura si
fosse staccata dallo sfondo e stesse lentamente spostandosi sui campi che risalivano verso la strada deserta dove i segugi avevano perso le tracce di Polly Baines. Scorsi allora un'automobile profilarsi nel cielo fosco, un'automobile che procedeva a sobbalzi attraverso i campi, a fari spenti... — Santo cielo! Hai sentito? — No, cos'è successo? Rimanemmo in ascolto per un attimo. La macchina avanzava lentamente, inesorabilmente. Tuttavia non riuscimmo a sentire nient'altro che il rombo del motore. Poi, così mi parve, giunse un altro suono. — Ecco! Hai sentito? Toni si volse a fissarmi sbalordito, e il pallore della sua faccia risaltò nell'oscurità. — Doug! Era l'urlo di un animale ferito, e proveniva dal retro di quell'auto! Non saprò mai con certezza se avevo sentito veramente quel grido ma, mentre Toni parlava, provai un impulso irresistibile. Mi precipitai in avanti, urtando contro la spalletta del ponte, incurante di botte o contusioni. Poi mi misi a correre, sentendo il terreno gelato scricchiolare sotto ai piedi. La distanza per raggiungere la sommità della collina dalla quale avrei potuto rintracciare la direzione presa dall'auto era breve. Mentre correvo all'impazzata, pensai di essere sull'orlo della soluzione. Sentii rintronare dei passi al mio fianco. Toni mi aveva seguito. — Calmati — mi esortò. — Se è la persona che credo, è un osso duro. Ricordati di Jo Baines. Non rallentai la corsa. L'auto era scomparsa sul lato rientrante del campo, ma noi eravamo quasi sulla cima. Tra un minuto o due saremmo riusciti ad avere una buona visuale dell'intera vallata. Non avevo però fatto i conti con la luna capricciosa perché, quando fummo sulla sommità della collina, la luna scomparve cupa e impenetrabile dietro a un banco di nubi. Aguzzammo le orecchie, ma non udimmo alcun suono tranne i rumori notturni. Un gufo ululò, e da un punto imprecisato ci giunse lo squittìo agghiacciante di una civetta. Per il resto la vallata rimase immersa nel silenzio più cupo. Rimanemmo immobili per qualche minuto ad ascoltare il battito dei nostri cuori. Finalmente, argentea e placida, la luna emerse dalle nubi. Ma era troppo tardi, ormai. L'automobile - se era veramente un'automobile - era svanita. Dal nostro osservatorio, tuttavia, potevamo ancora spiare le mosse dei
nostri vicini. In distanza si scorgeva la casa degli Alstone con una finestra illuminata al piano superiore; la proprietà dei Goschen immersa nell'oscurità; l'unico portico illuminato era quello dei Tailford-Jones, e la luce brillava anche in una camera da letto di casa Middleton. Quei puntolini luminosi foravano lo sfondo buio. Solo il villino dei Baines era completamente illuminato. Esso risplendeva come un casino. Stavo per farlo notare a Toni quando mi accorsi che si era allontanato e stava scrutando in mezzo alla siepe in cui era stato trovato il cadavere della scimmia di Roberta. Alzò la mano in segno di avvertimento quando mi avvicinai. Scrutai con lui attraverso la siepe. Sul margine della strada in disuso, a fari spenti, era ferma una grande automobile di lusso. Stavo per inoltrarmi a ispezionarla quando sentii qualcosa che mi fermò. C'era una donna dentro l'auto e stava parlando con voce stridula e impaziente. — No, non voglio farlo... Un uomo disse qualcosa, ma la sua voce era troppo bassa per distinguere le parole. La donna parlò di nuovo. — Se glielo dicessi sarebbe capace di tutto. È talmente geloso, vendicativo... Al chiaro di luna scorsi un sogghigno sardonico torcere la bocca di Toni. — Lo sai cosa succederà se tu non... Sei un mollusco, un vero smidollato! Toni rideva sommesso. — Riconosci quella voce? — mormorò. — Sì, è la nostra Messalina locale! — È furente contro qualcuno. — Ma no, è solo un battibecco tra innamorati. — Non mi sembra che c'entri l'amore. — Se tu conoscessi la vita e Roberta quanto me, ti accorgeresti che lei non strilla mai con gli uomini, a meno che la storia non sia finita. Quella lì se li divora come una mantide religiosa. La voce femminile si alzò un'altra volta. — Ma certo che è pazzo. Per questo è così pericoloso! Toni stava strappandomi via. — Ne ho abbastanza di origliare, stanotte — brontolò. — Il numero di targa è RX819, perciò se vuoi scoprire chi è il proprietario, non ti resta che tenere gli occhi aperti.
Sembrava seccato per qualcosa. Era l'una passata quando discendemmo la collina e ci dirigemmo verso casa. Sarebbe stato ragionevole pensare che le nostre avventure notturne fossero finite, ma proprio mentre stavamo camminando faticosamente per raggiungere la strada, una macchina sfrecciò oltre il villino dei Baines. La seguimmo fino alla curva e vedemmo Mark dirigersi verso la tettoia rotta che gli serviva da garage. Fuori del villino c'era un'altra auto. I fari erano accesi e mi accorsi subito che non era quella che avevamo appena lasciato. — Mostra notturna dell'automobile — commentai stupidamente. — Credo che quella sia la macchina di Thomson — esclamò Toni. — Deve avere ricevuto una chiamata di emergenza. Se sta nascendo il bambino, con ogni probabilità avrà bisogno d'aiuto. E infatti il nostro bravo collega, il dottor Josiah Thomson, aveva proprio bisogno d'aiuto. Mai in vita mia avevo visto un uomo tanto felice di vedere due colleghi. Ci disinfettammo in fretta le mani e prendemmo dei grembiuli puliti. Non avevo assistito a un parto dai tempi del mio internato e quasi non ricordavo più che razza di faccenda complicata fosse. Allo stadio finale mi fu assegnato il compito di anestesista, mentre Thomson e Toni lottavano accanitamente contro la morte: se non fosse stato per Toni, la signora Baines avrebbe quasi sicuramente raggiunto suo marito. Finalmente il bambino venne alla luce, una creaturina prematura e grinzosa che apri gli occhi una volta; per un breve istante si levò un altro grido nella notte, debole e lamentoso. Ma il filo della vita si era spezzato prima ancora che gli recidessimo il cordone ombelicale. Alla fine mandammo Mark giù in cucina a preparare il caffè mentre Thomson usciva a chiamare l'ambulanza. Voleva portare la madre all'ospedale il più presto possibile. Quando infine ci dirigemmo a casa, affacciandoci sulle colline scure, il sole stava già facendo capolino sulla vallata. Era incominciata una nuova giornata. E col sole si era alzato Seymour Alstone, l'uomo più mattiniero del villaggio. Stava compiendo con l'auto il giro di ispezione delle sue proprietà. Quando ci vide fermò la macchina e noi gli demmo notizie della signora Baines. — Meglio così — disse recisamente quando sentì che il bambino era morto. — Una bocca di meno da sfamare. Come sta la madre? — Male — rispose cupamente Toni.
— Be', avrebbe fatto meglio a farsi ricoverare all'ospedale. — Il bambino è nato prima del tempo; comunque ora è stata trasportata all'ospedale. Seymour ci guardò scuotendo la testa con aria di disapprovazione e avviò il motore. Poi parve ripensarci, e tolse il contatto. — Può darsi che non significhi nulla — disse — ma poco fa, fermandomi vicino alla cunetta, ho scoperto che era sparito uno dei miei cani: Trainer, il miglior setter che abbia mai avuto. Per caso lo avete visto in giro da qualche parte? Toni e io ci scambiammo una rapida occhiata, poi scuotemmo entrambi la testa. — Be', tenete gli occhi aperti. Seymour Alstone si allontanò. Toni e io restammo fermi in mezzo alla strada, fissando storditi l'auto che si allontanava. Infine Toni esclamò, scandendo le parole: — Io proprio non posso crederci. Poi scoppiò in una risata isterica. — Santo Dio! — balbettò. — E lei lo ha chiamato mollusco! Seguii il suo dito tremante mentre indicava l'automobile che stava allontanandosi. Poi vidi a cosa era dovuto quel divertito stupore. Il numero di targa della macchina di Seymour Alstone era RX819. 5 Nel rievocare i fatti in ordine cronologico ho cercato di mantenere la precisione e il distacco che si adotta in un articolo destinato a una pubblicazione scientifica. Mi sono attenuto scrupolosamente ai fatti, con tutta la precisione che la memoria può consentire. Però mi è stato impossibile andare oltre alle mie impressioni personali. Se Bracegirdle avesse narrato questi stessi fatti, avrebbe indubbiamente riempito pagine intere riferendo le sue deduzioni, le sue scoperte. Sono sicuro che lui ne avrebbe tratto un ottimo spunto per un romanzo poliziesco. La mia testimonianza invece non potrà mai essere più di un racconto vago, avvolto nel mistero. Non ho alcuna pretesa di fare analisi psicologiche né di esprimere teorie sensazionali. Il caso, così come si sviluppò, mi confuse e mi disorientò, come confuse e disorientò tutti quanti, compresa la polizia. Vorrei rendere il debito omaggio a Bracegirdle per le ore di lavoro che lui e i suoi uomini hanno dedicato alle loro infruttuose ricerche. Tutto
quello che posso dire è che, nello sforzo di ritrovare Polly Baines, non tralasciarono di voltare neppure un sasso, e che seguirono ogni traccia, ogni indizio che potesse condurre all'assassino di suo padre. Apparentemente i delitti erano stati commessi con l'indifferenza tipica di un pazzo criminale. Tuttavia quando Bracegirdle si mise ad analizzare i fatti e le circostanze, si trovò dinanzi a una premeditazione e a un'astuzia diabolica tali da denotare un alto livello d'intelligenza da parte dell'assassino, oltre a una perfetta conoscenza delle abitudini degli abitanti di Grindle Valley. Non che mancassero le fonti di informazioni. Tutti gli abitanti della regione erano pronti a farsi avanti per raccontare storie fantastiche di cose viste o sentite. Le urla strazianti degli animali e dei bambini contribuivano a rendere le notti terrificanti, a Grindle. Le comuni rapine di volpi, marmotte e falchi venivano inesorabilmente attribuite a un'organizzazione criminale, oppure a forze soprannaturali. Per quanto riguardava l'elemento soprannaturale, erano in molti a credere che ci fosse lo zampino del diavolo. In giro correvano strane voci. Nella zona un numero enorme di poiane facevano presagire ulteriori disgrazie. Si supponeva perfino che la signora Baines avesse dato alla luce un mostro indescrivibile, la notte successiva all'assassinio del marito. Tali voci avevano effetti funesti sulla popolazione. Tutti coloro che erano in qualche modo "diversi" erano guardati con sospetto, con ostilità. Il povero Mark fu licenziato da tutti i suoi datori di lavoro, tranne dai Middleton e da noi. Millie, in un momento di pànico, licenziò sui due piedi il suo ottimo cameriere giapponese e ci offrì, di conseguenza, degli aperitivi talmente disgustosi che i Goschen stessi furono sospettati di avere intenzioni sinistre nei riguardi dei loro ospiti. Il grave trauma e gli altri incidenti subiti da Edgar Tailford-Jones durante la guerra furono enfatizzati fino ad assumere proporzioni madornali. Dio solo sa cosa si diceva sul conto mio e di Toni; fatto sta che nulla e nessuno rimase immune da ogni sospetto. Il mercoledì assistetti all'inchiesta sulla morte di Jo Baines, un'udienza cupa e monotona, priva del benché minimo mordente che ravvivasse il procedimento. Ogni minima testimonianza indicava inesorabilmente il delitto, tuttavia non si poteva escludere del tutto la possibilità che la morte fosse dovuta a qualche incidente terrificante, anche se una morte simile era estremamente improbabile per un uomo dalle abitudini semplici come Jo Baines. Il verdetto fu aggiornato a una data da stabilirsi in seguito a ulteriori indagini.
Ora che non c'erano più gli aspetti scientifici a complicare la faccenda, Toni perse ogni interesse al caso e tornò a dedicarsi ai suoi topi e ai porcellini d'India a Rhodes. Io stesso, dimostrando una deplorevole insensibilità, dedicai tutto il mio tempo libero all'equitazione e alla caccia, come avevo sempre fatto. Le occupazioni mondane aumentarono proporzionalmente al disagio generale, e tutti dimostrarono quella sorta di spensieratezza che è contemporaneamente una reazione abbastanza tipica alle disgrazie e un sintomo inequivocabile di tensione nervosa e di inquietudine generale. Capitava raramente di passare una serata senza fare o ricevere visite, però non accadde nulla di veramente importante fino alla sera del sabato successivo alla morte di Baines. E questo incidente rimarrà impresso per sempre nella mia memoria come uno dei fatti più sorprendenti e inesplicabili di tutta la faccenda. La scomparsa di Polly mi aveva lasciato relativamente freddo. La mia scoperta del cadavere di Jo Baines era stata un episodio macabro e spiacevole, ma per un medico il contatto con la morte fa parte della routine quotidiana. Ma il colpo successivo fu talmente illogico che ancor oggi, ripensandoci, provo un senso di rabbia impotente e di indicibile disgusto. Il fatto è che accadde sotto il mio naso. E per di più vi fu coinvolta Valerie. Il sabato sera Toni ed io fummo invitati dai Middleton. Doveva essere una serata "anti-Baines", a imitazione di quelle serate anti-Borsa Valori così frequenti nel '29, in cui il minimo riferimento alle disgrazie recenti veniva considerato come una grave infrazione alle regole. Durante il pranzo perfino la signora Middleton osservò le regole con un rigore inaspettato. Tutti quanti ci comportammo da persone civili e disinvolte, mai sfiorate dal delitto né dalla morte. Anche Sancho Panza ebbe un contegno inappuntabile, e non abbaiò mai finché non ebbe vuotato la sua scodella e chiesto educatamente che gli venisse aperta la porta per potere adempiere alle sue funzioni naturali. Poco dopo arrivarono i Goschen e tutti ci scordammo di Sancho Panza. Charlie aveva portato una bottiglia di rye; preparammo delle bibite con ghiaccio e cominciammo a chiacchierare animatamente sotto lo sguardo scettico della signora Middleton. Era passata circa mezz'ora dal momento del loro arrivo quando accadde il primo incidente. — Dov'è Sancho, Valerie? — Gli occhi di Millie vagarono in giro per la stanza. — Non sarà mica successo... — Si interruppe, rammentandosi delle regole della serata.
La conversazione si interruppe per un attimo, e la stanza rimase stranamente in silenzio. Era uno di quei momenti che spesso capitano nelle riunioni allegre, quando ogni animazione rimane sospesa, come se ognuno stesse sul chi vive, in attesa che sia l'altro a rompere il ghiaccio. Poi all'improvviso l'atmosfera quieta del salotto di casa Middleton fu rotta da un grido femminile. Tutti gli sguardi si fissarono immediatamente sulla signora Middleton che era seduta davanti al caminetto, la faccia contratta in un'espressione di allarmato stupore. Con la mano tremante stava indicando la finestra più lontana. — Dio! L'avete vista? Mentre parlava feci a tempo a scorgerla anch'io, sebbene fosse scomparsa in un guizzo. Una faccia schiacciata contro il vetro; un volto che sembrava privo di lineamenti; un volto disumano in cui non si riusciva a distinguere nulla tranne una fugace espressione di furia maniacale, di odio feroce. Millie Goschen aveva sparso la sua bibita e stava fissando inorridita la finestra. Ma non ebbi il tempo di soffermarmi sui particolari. Toni aveva preso una torcia elettrica dalla mensola e stava attraversando rapidamente la stanza. — Vado io! — esclamò. — Tu resta qui, Doug. — Sbatté la porta e scomparve. Nessuno parlò finché Toni non si fu allontanato. Io feci il giro della stanza per accostare le tende, mentre Charlie, che era un tipo pratico, versava una bibita robusta a tutti. Non so quanto tempo Toni stette fuori, ma prima che tornasse ricordo distintamente di aver udito un'auto partire. Sembrò che fosse stato fuori un'ora, ma probabilmente fu meno di dieci minuti. Infine apparve sulla soglia, strabuzzando gli occhi per la luce violenta. La sua faccia, di solito olivastra, era terrea. Tra le braccia stringeva il corpo di un cane. Li per lì nessuno si sarebbe sognato che si trattasse di Sancho Panza, il cui pelo candido e accurato formava l'orgoglio di Valerie. La bestiola era tutta arruffata, molle, sudicia. Sul suo ventre risaltava una chiazza bruna molto più scura delle altre macchie del suo pelame irto. Valerie gli corse incontro, pallida come un cencio. — Non sarà mica...! Oh, Dio mio! Mentre parlava notai qualcosa che Toni stava evidentemente cercando di nascondere. Strettamente legato alla zampina posteriore dell'animale, c'era un pezzo di corda lungo una trentina di centimetri. Il fondo era sfilacciato
come se fosse stato troncato con un coltello affilato. — È ancora vivo? — Sì. — Gli occhi di Toni si fissarono in quelli di Valerie con uno sguardo pieno di comprensione e di simpatia. — Portiamolo in cucina. Forse io e Doug potremo fare qualcosa per salvarlo. Presto, metti un bollitore sul fornello. Ci serve dell'acqua calda. — Il cane emise un guaito di dolore e cercò di divincolarsi tra le braccia di Toni. — Tu, Charlie, dovresti andare a casa nostra a prendere la mia cassetta di pronto soccorso. È una borsa nera, e la troverai nella mia camera. Ecco qua la chiave. Charlie corse fuori. Poi, con calma ammirevole, Valerie ci guidò nella cucina, tirò fuori delle pezze, portò l'acqua calda ed estrasse il tavolino laccato. Fu solo quando vide il pezzo di corda che diede segni di inquietudine. Ancora una volta i suoi occhi incontrarono quelli di Toni. — Se qualcuno l'ha fatto apposta — disse lentamente — credo che sarei capace di ucciderlo con le mie mani. — Non preoccuparti, cara. Ci penserò io a farlo. — Toni le diede un colpetto rassicurante e sorrise. — Ora... va' a prepararti una bella bibita robusta. Andrà tutto bene, vedrai. Sancho Panza era uno spettacolo deprimente. La zampa posteriore era spezzata, e c'erano ampie zone di pelle scorticata, priva di pelo. Era perfettamente cosciente e doveva soffrire le pene dell'inferno, poiché quando gli lavammo le ferite continuò a guaire fissandoci con gli occhi marrone colmi di rimprovero. Non potevamo fare granché finché Charlie non fosse tornato indietro. — C'era qualcuno là? — chiesi infine. — Quella faccia dietro la finestra...? Toni mi guardò di sfuggita. — Solamente il cane — rispose pacato. Sentii che non diceva la verità. — Ma a me era parso di sentire il rumore di un motore, mentre tu eri fuori. Toni grugnì. — Be', a me sembra che Sancho sia stato trascinato dietro a un'auto... come Baines. — Se fossi in te, terrei la bocca chiusa, almeno per il momento... Toni si interruppe mentre Charlie Goschen entrava con la sua borsa, e finalmente fummo in grado di lenire le sofferenze della povera bestiola con un'iniezione di morfina. Questo ci consenti di operare con la massima libertà, anche se per disinfettare le ferite e sistemare la zampa con una stec-
ca rudimentale ci mettemmo un'ora. Mentre stavamo rimettendo tutto in ordine, avvertii uno strano rumore giungere dalle finestre aperte. Come per solidarietà verso Sancho Panza pareva che all'improvviso tutti gli animali della vallata si fossero messi ad abbaiare in coro. Primo di tutti ci giunse il latrato dei segugi di Grindle; poi si unirono al coro i cani da caccia di Seymour Alstone; dopo un po' sentimmo i guaiti e i latrati di quasi tutti i cani della zona. Il coro crebbe fino a raggiungere il diapason. Mi affrettai a chiudere la finestra. Avevamo fatto tutto ciò che potevamo per Sancho. Toni diede le istruzioni finali a Valerie quando raggiungemmo gli altri nel salotto. — Tienilo al caldo stanotte, e domani mattina chiama il veterinario. Credo che vivrà, però... — Si interruppe e sorrise. — ... è un cucciolo e potrebbe averne per un po'. Valerie ci guardò con sguardo pieno di gratitudine. Era troppo commossa per parlare. Immediatamente si accinse a prepararci una bibita calda. Gli altri erano impazienti di far domande a Toni a proposito di ciò che era successo quando era uscito. Aveva visto qualcuno? Era passata l'autofantasma? Toni rispose brevemente di aver trovato Sancho Panza steso sul margine della strada, ma che era troppo buio per vedere oltre. Dal suo tono appariva chiaro che non aveva voglia di parlare, e quando Toni aveva deciso di tenere la bocca chiusa, era inutile insistere. — Credo che sarà meglio che io vada a casa a dare un'occhiata ai bambini — disse infine Millie. — Quei rumori mi mettono la pelle d'oca. — Ma che diavolo gli ha preso? — Charlie era andato alla porta d'ingresso. Come l'apri, il guaito dei cani risuonò più selvaggio che mai. Grindle Valley sembrava in preda a un tumulto frenetico. — È un presagio di morte! — disse sommessa la signora Middleton. Valerie era scesa in cantina a preparare una cuccia per Sancho Panza, vicino alla caldaia. Per un momento nessuno parlò. Improvvisamente Charlie tornò di corsa nella stanza con un'espressione allarmata e maligna al tempo stesso. — Correte, ragazzi! Credo che la casa di Seymour sia in fiamme. È abbastanza chiaro per poterla distinguere da qui, e il bagliore viene da quella parte. Senza curarci del freddo notturno, ci riunimmo tutti davanti alla porta principale. Subito capimmo che i cani ululavano per l'odore acre di fumo
che la brezza notturna diffondeva tutt'attorno; nel cielo brillava una luce strana, magica. Millie, preoccupata per la sua proprietà, era corsa su per un pendio nelle vicinanze, dal quale si poteva avere una visione panoramica della vallata, e noi la seguimmo senza perder tempo a infilarci cappelli e cappotti. Dal nostro punto di vedetta ci accorgemmo subito che non era la casa di Seymour quella in preda alle fiamme, ma bensì un grande granaio che si trovava a circa trecento metri da essa. Le fiamme avevano già distrutto un'ala e s'innalzavano nel cielo formando spirali variopinte. — C'è foraggio per un valore di duemila dollari, in quel granaio — commentò seccamente Millie. Charlie, che era piuttosto corpulento, non era riuscito a stare al passo con noi. Quando raggiunse la sommità del pendìo, notai che aveva assunto un'espressione sinceramente preoccupata. — Santo cielo! — esclamò. — È il granaio, e pensare che proprio oggi Franklin mi ha detto di aver messo là dentro i suoi due puledri in attesa che la scuderia fosse riparata. Era chiaro che Charlie era ben più preoccupato per il pericolo corso dai cavalli di quanto lo sarebbe stato se la casa degli Alstone fosse andata distrutta insieme a quelli che ci vivevano. — Andiamo a vedere se possiamo dare una mano. Toni ci guidò tutti quanti verso le auto, a eccezione di Millie Middleton, e nel giro di pochi minuti infilammo il vialetto carrozzabile di casa Alstone per raggiungere il granaio che sorgeva dietro la casa. Girammo l'angolo vicino all'armeria, e fu come passare dalle quinte di un teatro a un palcoscenico inondato dalla luce. L'intero scenario - perfino il cielo - era di un rosso sangue. Trovammo là riunito un folto gruppo di paesani, le cui ombre si proiettavano come simboli magici sul lembo di prato che si stendeva dinanzi a noi. Tutti gridavano, ed era difficile afferrare delle parole precise in quel baccano infernale. Il calore era intenso. Vedo ancora davanti a me le fronti imperlate di sudore della gente contro la quale urtavo nella mia ansia di avvicinarmi. Per il passato non mi ero mai soffermato a osservare il granaio, se non per notare che esso era una delle tante manifestazioni della megalomania di Seymour. Lo aveva costruito molti anni prima quando, sfidando i regolamenti locali, aveva demolito la costruzione originaria per erigerne una più grande. Essa consisteva di una base di mattoni e di una sovrastruttura in legno. La maggior parte del rivestimento di legno dell'ala destra era già
in fiamme e di tanto in tanto, al disopra del fragore dell'incendio e delle grida degli astanti, sentivo il tonfo sordo dei mattoni e dei travi che crollavano sul terreno sottostante. L'altra ala era ancora intatta, benché fosse quasi oscurata dalla cortina di fumo che si innalzava dal foraggio ardente. Fortunatamente il vento non soffiava in quella direzione, altrimenti sarebbe stato impossibile avvicinarsi alla casa. La squadra dei pompieri di Rhodes non era ancora arrivata. Un gruppo piuttosto consistente di volontari stava dandosi coraggiosamente da fare per spegnere l'incendio. Tra di essi riconobbi parecchie facce familiari, tra cui una delle domestiche negre degli Alstone, Hall, il maggiordomo magro e austero, e anche il vecchio Bill Strong, venuto dal villaggio. L'intero vicinato sembrava essersi riversato fuori per la circostanza e stava raccogliendosi intorno a Seymour nel momento della disgrazia. I loro sforzi per domare l'incendio erano completamente inutili, ma io conoscevo Alstone abbastanza bene da sapere che avrebbe continuato a lottare anche quando ogni speranza di estinguere l'incendio fosse del tutto venuta meno. — I cavalli sono ancora là dentro. Non è terribile? — Mi voltai al suono della voce di Millie. — Il vecchio Seymour spera di poter entrare per abbatterli. Dimostra di avere una sensibilità umana, dopotutto. Mi afferrò per il braccio e insieme ci affrettammo là dove stava Alstone, con una pistola in mano. Lui non fece minimamente caso alle nostre offerte d'aiuto. Credo che non si fosse neppure accorto della nostra presenza. Di tanto in tanto un domestico arrivava di corsa e lui gli impartiva un ordine con voce chiara e imperiosa. C'era un che di solenne in lui. Mi ricordava un generale nelle sue supreme funzioni di comando. I suoi lineamenti rozzi, che al bagliore dell'incendio risaltavano induriti, come scolpiti, parevano il simbolo dell'Autorità. Tuttavia il suo viso aveva un'espressione diversa, più umana. Mi accorsi per la prima volta che in lui c'era spazio per la pietà, una pietà che non si era mai manifestata prima, ma che poteva essersi ridestata improvvisamente, ora che i suoi cavalli erano in pericolo. — Sai — mi sussurrò Millie nell'orecchio — non posso evitare di provare una certa pietà per quel vecchio farabutto. Ma cosa possiamo fare? È inutile starcene qui a guardare a bocca aperta. — Potremmo procurarci una pompa. Per la verità, sputare sarebbe stato altrettanto efficace. In quel momento il vento probabilmente mutò, poiché a un tratto Millie scomparve completamente di vista e io mi trovai mezzo soffocato in una nuvola di fumo acre. Mi strofinai gli occhi tossendo e sputacchiando. Nelle
vicinanze sentii Seymour gridare qualcosa, poi in risposta al suo richiamo udii uno dei rumori più agghiaccianti che abbia mai sentito, un urlo di tormento, quasi umano. Era il nitrito dei due cavalli terrorizzati. Mi affrettai verso Seymour. Ancora incapace di vederci a un centimetro di distanza, sentii delle voci parlare concitatamente. Una di queste era la voce di Toni. — Dovreste lasciarmi provare, signor Alstone. Non vedete che è l'unica possibilità di salvarli? La risposta di Seymour fu recisa, autoritaria. — Vi dico che i cavalli non corrono ancora alcun grave pericolo, vista la posizione in cui sono. Sarebbe una pazzia rischiare una vita umana in mezzo a questo fumo e alle fiamme. Vi ringrazio, dottor Conti, ma vi proibisco di disobbedirmi! Non sentii nient'altro, poiché in quel momento il fumo si diradò ondeggiando verso il fiume. Mi guardai intorno strizzando gli occhi. Qualche metro più in là, i volti stranamente tesi e eccitati, stavano Toni e Valerie. Avevano lo sguardo fisso sul granaio, e Valerie teneva la mano sulla giacca di tweed del giovane. — No, Toni, non puoi farlo. Anche zio Seymour dice che è una pazzia. Lui respinse la mano e mosse un passo in avanti. — Toni, sei matto da legare! — gridai. — Quei cavalli sono ormai persi senza speranza! Ma avevo torto perché nel frattempo, suonando furiosamente il clacson, un'automobile attraversò rumorosamente il prato e si fermò a pochi metri dal granaio. Tutti si accalcarono attorno impedendomi la vista, ma io scorsi di sfuggita Peter Foote balzare fuori. Gridò qualcosa, probabilmente una domanda, e prima che qualcuno potesse fermarlo stava precipitandosi verso l'incendio. — Via! Torna indietro subito! — La voce di Seymour tuonò forte, ma in quella confusione risuonò a vuoto. Peter corse in avanti. Per qualche minuto rimase davanti alla porta, annaspando per aprire il chiavistello; poi, dopo avere forzato la serratura, spinse indietro il battente e scomparve alla nostra vista. Dietro a lui il fumo si gonfiò come una vela spinta da una forte brezza. E assieme al fumo arrivò il nitrito dei cavalli, più acuto e selvaggio che mai. Il granaio, come a respingere ogni intrusione umana, stava bruciando ancor più furiosamente. Mentre stavamo a guardare, il lato estremo del tetto crollò con un tonfo sordo e un'esplosione di scintille schizzò nell'aria
greve di fumo. Aspettammo, ma non vedemmo alcuna traccia del ragazzo. I cavalli nitrirono ancora, poi sentimmo lo scalpiccio degli zoccoli. Infine vi fu silenzio. Il silenzio calò anche sulla folla e in quel momento di quiete sentii una voce stranamente fioca e sommessa, dopo il baccano al quale le mie orecchie si erano ormai abituate. — Dottor Swanson, dottor Swanson! Bisogna fare qualcosa! Peter è penetrato nel granaio. Finirà per morire carbonizzato. — Fermo accanto a me stava Gerald Alstone, mortalmente pallido. — Vi rendete conto? È là dentro! Cosa possiamo fare? Vidi Seymour fissarlo rabbiosamente. — Quel piccolo idiota! — stava borbottando. Dal tono di voce del vecchio non si riuscì a capire se si riferiva a Peter o al nipote, che stava singhiozzando senza ritegno sulla spalla di Valerie. Sebbene Peter fosse scomparso solo da pochi secondi, la folla stava già cominciando a dare segni di impazienza. Perfino i pompieri volontari avevano sospeso la loro opera e stavano fissando ansiosamente il granaio, reggendo in mano le pompe chiuse. A quel punto una figura indistinta si staccò dalla folla e sgusciò, cercando di passare inosservata, verso la porta aperta. — Hai visto? — gridò a Millie, che era tornata accanto a me. — Qualcuno lo ha seguito. Pochi secondi dopo, tra la tensione generale si sollevò un brusio, mentre la figura riemergeva, calma e imperturbabile. Dietro a essa si profilarono due sagome più grandi: i cavalli. Tutti e tre sostarono come per abituare alla luce gli occhi accecati. Poi mossero verso Seymour. Le bestie sembravano avere una fiducia assoluta nell'uomo che li aveva salvati. Si avvicinarono lentamente, a testa bassa, dimenando la coda. Mentre la figura si avvicinava ad Alstone e gli consegnava le redini, la folla ritrovò il fiato e gridò: — Mark Baines! Tuttavia, prima che avessimo il tempo di renderci conto di quanto era successo, Mark si era lanciato di nuovo dentro al granaio. Nel frattempo i cavalli, avvertendo che lui li aveva mollati, parvero impazzire letteralmente. Entrambi scartarono all'indietro nitrendo e annaspando per seguirlo ancora all'interno della costruzione in fiamme. Seymour lottò selvaggiamente per trattenerli, e dimenticando ogni altra cosa, io corsi in suo aiuto afferrando con lui le cavezze strappate. Alla fine riuscimmo a tenerli a bada.
Quando infine potei guardare il granaio, Mark stava riemergendo attraverso il fumo. Stavolta reggeva qualcosa in spalla. Mi resi conto che era dotato di una forza sovrumana. Il corpo di Peter Foote sembrava leggero come quello d'un bambino, a vederlo così. Tornò ad avvicinarsi a Seymour mentre la folla li circondava, e dopo aver mollato bruscamente il corpo ai suoi piedi, scomparve senza dare il tempo a nessuno di applaudire il suo eroismo. Toni e io ci spingemmo in avanti e cominciammo a esaminare Peter. Mentre facevamo questo, sentii Seymour ordinare a qualcuno di condurre via i cavalli e di portare un'auto. Il ragazzo era privo di sensi. Aveva i capelli tutti bruciacchiati, la faccia annerita per il fumo, e si era fratturato una tibia, ma, a parte questo, non sembrava avere riportato altri danni. — Uno dei cavalli deve avergli mollato un calcio — mormorai. — Sarebbe rimasto là dentro senza scampo se non fosse stato per Mark. Mentre lo esaminavamo, sentii il respiro di Gerald vicino al mio orecchio, e quando ebbimo terminato, il ragazzo supplicò che lo portassero all'ospedale insieme a Peter. Toni indicò l'auto con un grugnito. Nel frattempo il granaio era distrutto senza speranza, ma ormai tutti sembravamo aver perso ogni interesse. Perfino Seymour si diresse verso casa brontolando qualcosa a proposito dell'assicurazione. Quando Toni si fu allontanato con Peter, mi rivolsi a Valerie, offrendomi di accompagnarla a casa. Lei scosse la testa, accennando a un sorriso. — No, non è il caso. Peter si è fatto molto male? — Solo una gamba rotta. Sono più preoccupato per Mark. — Andiamo a cercarlo insieme. — Al bagliore del granaio in fiamme, i suoi occhi splendevano. — Credo che sia uno dei gesti più coraggiosi cui abbia mai assistito. Mi sentii rodere dal tarlo dell'invidia. Avrei voluto essere stato io a meritarmi l'elogio di Valerie, a costo di mettere a repentaglio la mia vita. — Gran cuore quel Mark — mormorai mentre ci allontanavamo. — È proprio da lui pensare a mettere prima in salvo i cavalli! 6 — Sarà ben presto un semplice processo di eliminazione. — Bracegirdle
stava fumando la pipa nel mio ufficio di Rhodes qualche giorno dopo l'incendio del granaio di Seymour. — Volete dire che se va avanti quanto basta sarete in grado di procurarvi gli alibi di tutti? Il vice-sceriffo annuì. — Per l'appunto. È in questa direzione che sto lavorando ora. Sugli alibi. — Sicché secondo voi un'unica persona è responsabile di tutto? — Non vedo altre soluzioni, dottor Swanson. Naturalmente deve essere una persona pazza da legare e furba come una volpe, ma neppure un pazzo può trovarsi in due posti contemporaneamente. — Perciò secondo voi vale il detto "non badare al personaggio e attieniti all'alibi", non è così? Bracegirdle sorrise e aprì il blocchetto. — Ecco qua — cominciò — una lista delle possibilità nell'ambito di Grindle Valley. Notai divertito che Toni, Valerie e io stesso eravamo inclusi in quella lista, fra gli altri. — Come vi ho detto prima — continuò — nessuno ha un vero e proprio alibi per quando è scomparsa Polly Baines, dato che nessuno sa con precisione quando sia successo. Lo stesso vale per Jo Baines. Potrebbe essere stato ucciso mentre voi stavate giocando a bridge dal signor Alstone, nel qual caso potremmo escludere dalla lista la signorina Middleton, Franklin, Seymour e voi stesso. Ma sfortunatamente il referto del perito settore non indica con precisione l'ora del decesso, che potrebbe anche essersi verificato "dopo" che siete usciti. Di conseguenza i vostri alibi dipendono strettamente dalle altrui testimonianze. — Capisco. — Per quanto riguarda la scimmia della signora Tailford-Jones e l'oca di Bill Strong, non otterremo molto di più di una testimonianza di conferma. Comunque il tutto dimostra, se di prove abbiamo bisogno, che questi delitti sono opera di un pazzo. — E il setter del signor Alstone? — buttai lì a bruciapelo. — Non se ne sa ancora niente? Bracegirdle si rabbuiò. — Avrei preferito tenere per me la questione. C'è già abbastanza fermento nella vallata per aggravare la situazione con notizie allarmanti. Uno dei miei uomini l'ha trovato ieri. — Morto? Annuì.
— Nel solito modo? — Sì, nel solito modo. Il signor Alstone ne è stato informato. Non possiamo fare altro. — Si schiarì la gola e sorrise stancamente. — Ora, per quanto riguarda il cane della signorina Middleton possiamo escludere la signora Middleton, la signorina Valerie e voi stesso. — Oltre, naturalmente, al dottor Conti e ai Goschen. Bracegirdle non replicò subito. Era tutto assorto ad accendersi la pipa. — Ecco, noi... io non posso esserne certo. Badate bene, non sto insinuando niente: ma se vogliamo condurre bene le indagini, dobbiamo considerare ogni possibilità. Mi risulta che il cane era già fuori quando sono arrivati i Goschen, e che il dottor Conti è uscito a cercarlo "da solo". Era sparito da un po' di tempo. Sogghignai. — Non fa una grinza. Però vi siete scordato un particolare... la faccia dietro la finestra. Eravamo "tutti" nella stanza quando l'abbiamo vista! — No, non me ne sono scordato, ma è chiaro che non ci si può basare su elementi del genere. Vedete, qualunque faccia risulta orrenda e irriconoscibile, schiacciata contro un vetro e vista dall'interno di una stanza illuminata. Potrebbe essere stato l'assassino, come potrebbe essere stato uno dei vicini che ha sbirciato dentro. Sapete com'è in questa vallata: tutti sul chi vive, tutti lì a spiarsi l'uno con l'altro... — Voi non volete correre rischi, vero, Bracegirdle? — No, non posso permettermelo. Ora, per quanto riguarda il granaio, le cose sono più semplici. Vedete, siamo quasi certi che si tratti di un incendio doloso, perché dalla cantina di casa Alstone mancavano parecchi bidoni di kerosene. Possiamo inoltre avanzare l'ipotesi fondata che l'incendio sia stato appiccato mentre eravate tutti quanti dai Middleton. — Perciò questo fornisce un alibi ai Goschen, ai Middleton, al dottor Conti e a me... Annuì. — Sì, e anche al giovane Gerald Alstone e al suo amico Peter Foote. La loro auto si è guastata lungo la strada di Lampson e gli ci è voluta un'ora per ripararla. Ho parlato col meccanico del garage. Ecco perché sono arrivati così in ritardo a dare una mano a spegnere l'incendio. — E gli altri? — Be', il vecchio era in casa, o almeno così ha detto. Direi però che è improbabile che abbia incendiato il proprio granaio, a meno che naturalmente non l'abbia fatto allo scopo di riscuotere l'assicurazione. Franklin stava lavorando nel suo laboratorio di carpenteria, però nessuno l'ha visto
entrare né uscire. La signora Tailford-Jones era a casa, così ha detto, e il colonnello era andato in automobile a Lampson. Non ho modo di controllare nessuno dei loro alibi, sebbene mi risulti che la signora Tailford-Jones sia uscita con la sua due posti a un'ora imprecisata della sera e sia stata vista infilare il vialetto di casa Alstone. Però non è entrata nella casa. — Io non ce la vedo, Roberta, a rovinarsi i suoi bei vestiti maneggiando bidoni di kerosene. — Quella donna è capace di tutto, secondo me. — Gli occhi di Bracegirdle, azzurri e schietti, si dilatarono e poi si strinsero. — Che ne pensate di lei? — Per me è un'arrampicatrice da strapazzo, che ha avuto la scalogna di incappare in un... be', in un compagno inadeguato. — In che senso, inadeguato? — È un invalido di guerra, poveraccio. Ha perso i suoi attributi sessuali a Belleau Wood, in seguito allo scoppio di una granata. Come se questo non bastasse, ha perso tutti i suoi averi nella crisi del '29. La prima cosa è stata un dramma per Roberta; la seconda una vera tragedia. — Be', c'è un mucchio di gente stramba a Grindle. Prendete Franklin Alstone... — Oh, lui è vittima di un matrimonio male assortito. Ha sposato la commessa di un drugstore quand'era ancora un ragazzo, e suo padre l'ha costretto a divorziare perché nella famiglia di lei c'erano stati dei casi di pazzia. O perlomeno questo è il pretesto addotto da Seymour. Lei vive ancora a Lampson e non gode certo di una buona fama. Bracegirdle rimase un attimo a fumare assorto, prima di parlare. Infine se ne usci con queste parole: — Senza offesa per nessuno, dottor Swanson, ma il mio schietto parere è che voi e la signorina Middleton siate circa le due uniche persone del posto che si possano definire normali. Risi. — Andiamo, Bracegirdle, non siate così pessimista! — Dite — insisté — voi, come medico, sareste disposto a salire sul banco dei testimoni per attestare la sanità mentale degli altri? — Io non sono uno psichiatra, ma se lo fossi, non prenderei certo uno di loro come prototipo di pazzo criminale. — Eppure qualcuno ha commesso una serie di atrocità. Questo qualcuno è un essere umano. Possiamo solo sperare di acciuffarlo per via di esclusione. Sogghignai cupamente. — Se le cose vanno per le lunghe non resterà
più nessuno da eliminare, tra noi. — Avete colpito nel segno, dottor Swanson. Al momento attuale esiste un pericolo reale qui a Grindle, e non solo per il bestiame o per gli altri animali domestici, ma anche per gli abitanti. Non riesco a convincere di questo il signor Alstone. Lui prende alla leggera le mie congetture e si comporta come se non fosse successo niente di strano. — Sì, è un vero incosciente. Per lui questa vallata è una specie di paradiso terrestre. Voi naturalmente saprete che sabato darà un grande pranzo, seguito dalla tradizionale caccia al procione? Bracegirdle disse di non averne sentito parlare. — Be', ci andiamo tutti, benché siamo tutti profondamente scossi, o, perlomeno, fingiamo di esserlo. È un avvenimento annuale e quest'anno, credo, Seymour sembra particolarmente ansioso di dimostrare che è traboccante d'amore e di carità per tutti, tranne naturalmente i procioni! Pessimo gusto, si capisce; però nessuno di noi osa opporsi alle tradizioni imposte da Seymour. Tanto più che il cibo è squisito. L'altr'anno c'era dell'aragosta eccellente! Tornai a casa subito dopo che Bracegirdle fu uscito. Lungo il cammino mi fermai a far visita a Mark. Si era bruciato malamente il braccio e la coscia destra con un tizzone ardente, e aveva riportato altre lesioni sul corpo per le quali non era sembrato disposto a fornire spiegazioni. Era stato solo prospettandogli il rischio di una setticemia o di una cancrena che ero riuscito a convincerlo a restare a letto qualche giorno. Era quasi buio quando salii nella sua camera-serra. I fiori invisibili mi avvolsero in un'ondata di profumo. Pareva di inoltrarsi in una profumeria in cui tutte le boccette di profumo si fossero frantumate. Nell'oscurità distinsi la forma vaga di un tavolo sul quale erano ammucchiati dei grappoli d'uva e delle stecche di sigarette, chiuse. Dovevano essere, pensai, il tributo inadeguato al suo eroismo da parte dei vicini. L'eroe però non c'era. Il letto era vuoto e il lungo attico deserto. Con un senso di profonda irritazione discesi al pianterreno. Mentre passavo fra le gabbie di volpi, puzzole e altri animali predatori, sentii un suono di passi avvicinarsi. Mark stava entrando con in mano qualcosa che a me parve un annaffiatoio. — Ebbene, Mark — esordii col tono severo del medico di famiglia — vuoi spiegarmi perché hai disobbedito? Si avvicinò, e nell'oscurità i suoi occhi brillarono come quelli di un gufo. — Sono stato in riposo, dottore, come voi mi avevate detto.
— Ora però non stai riposandoti affatto. Se non ti curi, le tue bruciature si infetteranno. — È per via dei miei fiori — ribatté risentito. — Hanno diritto di vivere quanto voi e quanto me. Si allontanò in fretta e corse su per la scala a chiocciola; io lo seguii di sopra. — Senti, Mark, innaffierai le tue piante quando avrò finito. Voglio medicare quel braccio. Posò con riluttanza l'annaffiatoio, e dopo essersi tolto la camicia si distese sul letto. Io accesi le tre candele che stavano sul tavolo. — Vedo che tutti ti hanno mandato regali — cominciai, tanto per dire qualcosa, mentre prendevo bende e garza. — Se non fosse stato per te... Si voltò verso di me, e la luce della candela proiettò strani giochi d'ombra sul suo viso. — Quelli sono bei cavalli, dottor Swanson. Non lo sapevo, che fossero in quel granaio. A volte gli portavo io la biada, quando non c'era lo stalliere. — Oggi ho visto Peter Foote all'ospedale — osservai. — Dovrà starsene a letto due settimane come minimo. Mi ha incaricato di dirti che ti è molto grato. Mark non rispose. Dovevo avergli fatto più male di quanto pensassi, poiché proprio in quel momento guardai di sfuggita la sua faccia: era contratta per il dolore, e per quanto insistessi, non riuscii a cavare una parola da lui. Quando uscii, stava dando da bere ai suoi amati fiori. Il giorno seguente il tempo, fino allora eccezionalmente mite, cominciò a dar segni di guastarsi. Il sabato, il giorno destinato per la caccia al procione, si avvertiva nell'aria un chiaro presagio di neve. Per tutta la giornata il cielo era stato d'un giallo minaccioso, e alle quattro del pomeriggio era già buio come di notte. Io fui trattenuto all'ospedale più a lungo di Toni e all'ora in cui tornai a casa lui era già in tenuta da cavallerizzo e giacca di pelle, e pronto per la mischia. Era pallido e lunatico, come lo era stato dal momento dell'incidente al cane di Valerie. Sembrava averlo preso molto male. Perfino adesso che Sancho era ormai in via di guarigione, il mio compagno insisteva nel rifiuto di commentare il fatto. Con mia grande sorpresa teneva in mano un'ala di pollo che stava man-
giando insieme a un pezzo di pane. — Paura di non trovare cibo a volontà? — mi informai scherzosamente. Mi guardò un attimo come se volesse dire qualcosa, poi distolse lo sguardo. — Io non vado là per mangiare — rispose seccamente. — A proposito, arriverai in ritardo se non ti affretti a prepararti. Io passo a prendere Valerie con l'auto. Fui, era chiaro, l'ultimo a comparire dagli Alstone. Praticamente tutte le automobili della zona erano allineate fuori della porta principale. Dovetti girare intorno alla casa e infilare un vialetto laterale dietro la scuderia prima di riuscire a trovare un buco dove infilarmi. Anche là c'era un'altra auto accostata al muro della scuderia. M'infilai in retromarcia nello spazio vuoto, e mentre spegnevo il motore e scendevo, mi accorsi che la macchina era di Toni. Lui e Valerie dovevano aver impiegato del tempo ad arrivare li da casa Middleton. Fu un ricevimento addirittura sfarzoso. Il vecchio Alstone aveva superato se stesso. Il grande salone di rappresentanza sfavillava di luci, e sparsi dappertutto c'erano servitori che offrivano piatti esotici. La maggior parte degli ospiti era radunata intorno al buffet in fondo alla sala; tutti i nostri amici erano presenti, tranne naturalmente Peter Foote, che si trovava ancora all'ospedale, e la signora Middleton che aveva mantenuto con sorprendente coerenza il solenne giuramento di non rimettere mai più piede in casa del cognato. Franklin si dava da fare in giro offrendo premurosamente limonate e aranciate agli ospiti. Roberta, aristocratica, sebbene un tantino caricata nei suoi nuovi calzoni da cavallerizza, teneva banco in un gruppo di giovani che riconobbi per studenti di medicina dello stesso corso di Gerald. Seymour naturalmente era molto in vista. Si aggirava per la sala comportandosi con estremo garbo, pur mantenendo il consueto tono altero e distaccato. Lo vidi avvicinarsi a me, e non sentendomi in grado di affrontarlo a stomaco vuoto, mi affrettai verso il buffet alla ricerca di una bibita e di Valerie. Strada facendo urtai contro Edgar Tailford-Jones che stava sbocconcellando una tartina, e tenendo d'occhio la moglie. Fece per dire qualcosa, ma proprio in quel momento avvistai Valerie e, sorridendogli distrattamente, lo piantai in asso coi suoi pensieri e la sua tartina. — Salve, Doug, prendi una di queste tartine! Valerie mi sorrise tendendomi un piatto.
— Una vera orgia! — osservai. — Sì, sto abbuffandomi come un porcellino. — Dov'è Toni? Mi fissò con due seri occhi azzurri. — Non lo so. L'ho appena intravisto da quando siamo arrivati qui. Secondo me non sta bene. — Perché, cos'è successo? — Sta facendo lo sciopero della fame. Io ho cercato di tentarlo come la maga Circe, ma lui ha scrollato le spalle e ha tirato via. Stavo per replicare quando arrivarono i Goschen, Millie avida e scandalizzata, Charles rosso ed eccitato. — Mio caro — disse Millie afferrando a caso fra i piatti — Roberta ha un contegno proprio abominevole! Fa la ruota come un pavone, là in mezzo! — Comunque se la cava ancora bene fra i giovanotti — buttò lì Charlie con un sogghigno. — Vedremo te, alla sua età! — Studentelli di medicina! — ribatté Millie con una smorfia. — Alla sua età sarò capace anch'io di farmela con uno studente. Per tutto l'anno non vedono altro che qualche infermiera ossuta e asettica. Continuò a chiacchierare e a divorare tartine, però, malgrado il tono allegro e brillante, c'era qualcosa di stonato in quella serata. C'era da aspettarselo, poiché il germe del sospetto s'era ormai insinuato tra noi. Tutti sentivamo che in qualche posto - magari tra noi - si aggirava un pazzo criminale, qualcuno col quale forse in quello stesso momento stavamo conversando e mangiando. Personalmente mi sentii grato quando Gerald comparve ad annunciare che tutto era pronto per la battuta di caccia. Millie si vuotò in tasca il contenuto di un piattino di dolci sorridendomi con aria di scusa. Dopo qualche sorso furtivo dalle borracce tascabili, ben nascoste agli occhi del padrone di casa, gli ospiti si riversarono nel vestibolo. Fin dal mio arrivo non ero riuscito a individuare Toni. Ora, mentre mi avviavo verso la porta con Valerie e i Goschen, lo vidi sbucare davanti a noi in mezzo a un gruppo di studenti di medicina. Lanciai un'occhiata a Valerie, e per un attimo lei mi fissò con sguardo apprensivo. Faceva molto freddo, fuori. Quasi tutte le donne si erano infilate guanti e altri maglioni. Avevo freddo anch'io, con la giacca di pelle. Ci radunammo tutti intorno ad Alstone sul prato che circondava il granaio. A me parve una scelta alquanto infelice, poiché ascoltammo il breve discorso che Se-
ymour tenne per darci le istruzioni, porgendoci le torce elettriche e i fucili, con la sagoma mozza della costruzione che si stagliava alle nostre spalle come un'immagine commemorativa dei passati orrori e un sinistro presagio per il futuro. — ... se qualcuno perdesse la strada e non riuscisse a raggiungere il gruppo, la casa è aperta, e quindi può starsene a suo agio ad aspettare il nostro ritorno. Seymour indicò con un breve gesto l'uomo che portava i cani da caccia, e la battuta ebbe inizio. Valerie, i Goschen e io rimanemmo insieme in prima fila, mentre il gruppo discendeva il pendìo e muoveva verso l'aperta campagna. Era una notte buia e l'aria era greve di neve incombente. Non si vedeva praticamente niente oltre i cerchi luminosi proiettati dalle torce elettriche. Da un qualche punto davanti a noi giungeva il ringhio dei cani da caccia che Seymour aveva noleggiato per la circostanza. Millie spostò il fascio luminoso su di essi e per un momento i loro mantelli bruni scintillarono vividi. — Gente! — esclamò. — Non è emozionante? Delitti o no, stasera voglio divertirmi. Non accadde nulla di particolarmente eccitante nel corso della prima ora. La caccia al procione di solito si svolge lentamente. Percorremmo la campagna per chilometri, attraversando siepi, ruscelli e boschi. Era interessante scorgere il contorno di tutti quei luoghi familiari in quella circostanza insolita, e anche interessante vedere le facce dei nostri vicini colte dai cerchi luminosi delle torce. Durante quella prima ora devo essermi imbattuto praticamente in tutti. Roberta, la faccia gonfia e pesante in quella luce spietata; Gerald, pallido e teso; Edgar, impaziente e con uno strano lampo negli occhi. C'era un che di magico in quegli incontri. Ognuno era teso e sembrava in qualche modo misterioso sprigionare un'elettricità magnetica intorno a sé. Pur non ammettendolo, ciascuno sentiva che tutti erano in attesa, un'attesa stupita e perplessa. Solamente Valerie in quello strano gruppo sembrava assolutamente normale. Per quasi tutto il tempo rimase al mio fianco, calma e imperturbabile. Attraversando una macchia ci trovammo separati dal nucleo principale. Sentivamo le voci, ma io non avevo fretta di raggiungerli. Mi capitava così di rado l'occasione di trovarmi solo con Valerie! — Sono in pensiero per Toni — stava dicendo. — Sono sicura che non partecipa alla caccia. Credi che dovremmo tornare indietro a cercarlo? — La sua mano sulla mia spalla era scossa da un trèmito. — Dev'essere suc-
cesso qualcosa. Stavo per rassicurarla, quando sentii un leggero rumore davanti a noi. Avevamo sentito "leggeri rumori" per tutta la serata, ma questo particolare suono era diverso. Era lieve e furtivo come se chi l'aveva prodotto non volesse essere sentito. Istintivamente attirai Valerie vicino a me. — Cosa sarà? — sussurrò. La mia torcia si era impigliata nella sacca del tabacco, perciò durai fatica a districarla. Restammo in ascolto, e risentimmo il rumore, stavolta più vicino. Mi trovai a desiderare assurdamente di avere accettato il fucile che Seymour mi aveva offerto. Infine la torcia mi sgusciò tra le dita. — Chi va là? — gridai, proiettando un cerchio di luce nell'oscurità. Avevo puntato il raggio con istintiva precisione. Là, addossato contro un albero, c'era un uomo. Spostai la torcia verso l'alto. Era Mark Baines. In quella luce tremolante aveva un aspetto quasi irreale. I suoi occhi avevano lo sguardo fisso e inespressivo di un animale braccato; mi venne in mente l'immagine del "Martirio di San Sebastiano", che avevo visto in qualche galleria. — Mark! — esclamai. — Cosa diavolo stai facendo qui? Non rispose, jna nei suoi occhi balenò un'espressione confusa, piena di rimprovero. Potevo capire quel che provava riguardo la caccia. La semplice idea di un animale ferito gli dava una sofferenza quasi fisica. Qualche cieco istinto, pensai, lo aveva spinto a seguire i cani, sperando nel suo modo strano di proteggere le creature del bosco. Provai un senso di vergogna per me stesso e l'umanità intera per un simile pessimo gusto nella scelta dei divertimenti. Eccoci là, un folto gruppo di adulti, a dedicarci per un'intera serata a battere la campagna alla ricerca di animali da ammazzare. L'unico fattore che poteva in qualche modo riscattarci agli occhi di Mark e del Padreterno era che i procioni erano animali difficili da stanare. Nove volte su dieci le nostre battute di caccia si riducevano a una innocua gita campestre. Restammo muti tutti e tre per qualche minuto. — Faresti meglio a tornartene a casa, Mark — dissi infine. Con mia sorpresa obbedì subito, sgusciando via tra le piante. E allora, mentre mi voltavo verso Valerie, i cani si misero ad abbaiare. Per chiunque possieda l'istinto del cacciatore, questo è uno dei suoni più emozionanti del mondo. Mi sentii tutto scosso da un fremito. Dimenticai completamente i miei scrupoli di un momento prima e, tirandomi dietro Valerie, corsi avanti gridando:
— Vieni! Hanno trovato la pista. Corremmo fuori dal bosco e ci precipitammo verso le macchie luminose davanti a noi. Intorno a noi l'aria frizzante risuonava di grida. Sentii la voce di Charles, poi quella di Roberta. Stavamo tutti correndo avanti in ordine sparso, noncuranti dei rovi, dei sassi e dei solchi dei carri. Durante la caccia, avevo completamente perso di vista Valerie. — Dove siamo? — Perfino Gerald, notoriamente indifferente agli sport campestri, era tutto eccitato. Quando lo superai, lo sentii ansimare. — Giù a Lych Bottom, non lontano dal prato di Grindle. Era la voce di Millie, quella che aveva risposto, e subito dopo, in preda all'allegria, proruppe in un canto tirolese. — Vieni, Doug, ragazzo mio, per la prima volta da trenta generazioni la muta dei cani degli Alstone ha fiutato un procione. È un momento storico! Mi afferrò per la mano, e insieme corremmo attraverso il terreno accidentato. I segugi, che precedevano con una certa distanza il nucleo principale, latravano quasi ininterrottamente risalendo la collina verso il prato di Grindle. Non avevo la minima idea di cosa ne fosse di Valerie, ma in quel momento la cosa non mi importava. Sempre tenendoci per mano, Millie e io saltammo un fossato. — Anche se sono mamma di cinque bambini — ansimò — sono ancora capace di correre. Mi piacerebbe vedere come se la cava Roberta, ora. Sono pronta a scommettere quello che vuoi che si è staccata dal gruppo. — Sai che pacchia per gli studenti! — gridai, aiutandola a scavalcare un fossato. — Pacchia è la parola giusta! Ridendo come due ragazzi inseguimmo i cani, sbandando disordinatamente, infine raggiungemmo il prato di Grindle. Davanti a noi potevamo ora distinguere la quercia di Grindle, una quercia colossale, famosa non soltanto dal punto di vista botanico, ma anche come il "nucleo" di cent'anni di chiacchiere villerecce. Si stagliava vaga e sinistra nel cielo livido di neve. I cani dovevano essersi fermati ai suoi piedi. Ululavano così forte da ridestare un morto. — È un lugubre presagio! — gridai durante la corsa. — Disgrazia alla quercia di Grindle! Fummo i primi del gruppo ad arrivare. I cani erano stati sciolti e stavano lanciandosi selvaggiamente addosso al tronco. Dietro a noi sentivamo le grida e lo scalpiccio del gruppo che incalzava. Spostai la torcia verso il fo-
gliame, nella speranza di scorgere la preda. Fui fortunato. Per un attimo due cerchiolini di luce forarono l'oscurità. Sembrava che il raggio luminoso della mia torcia si fosse raddoppiato, riflettendosi in qualche specchio nascosto. — Guarda, Millie! — esclamai. — Li vedi, gli occhi? Il duplice raggio oscillò, poi guizzò via mentre il procione si arrampicava in cima alla quercia. — Povera bestiola! — mormorò Millie. — Se avesse il buon senso di tenere gli occhi chiusi, nessuno riuscirebbe mai a braccarlo! Nel frattempo il gruppo si era riunito e Seymour stava facendoci disporre a cerchia, distanziando i cacciatori a intervalli regolari attorno alla quercia. Notai che Edgar Tailford-Jones aveva il fucile. Era fermo vicino a me, e sembrava un soldatino di piombo. Più in là lungo la fila distinsi la sagoma corpulenta di Charlie Goschen. Anche lui imbracciava un fucile. — Puntate tutte le torce sull'albero! Al comando di Seymour, la quercia venne improvvisamente inondata dalla luce. La guardammo senza fiato, e di tanto in tanto due piccoli fari brillavano di rimando a noi. Edgar stava ridacchiando. — Proprio come la piccola Queenie di Roberta — ammiccò, dandomi una gomitata. Sembrava addirittura esilarato per la scoperta. — Pronti i fucili! — Seymour sembrava un sergente alle prese con delle reclute inesperte. Ci fu un trambusto, poi silenzio, a eccezione dell'uggiolìo dei cani. — Ora, signor Goschen, volete far fuoco, prego? Mirate tra gli occhi! Si diventa così infantili in certi momenti che sentii il cuore battere forte come quello d'uno scolaretto. Alla mia destra scaturì un lampo di luce seguito da una forte detonazione. Si udì il crepitio del legno frantumato e infine una fronda si staccò schizzando tutt'attorno ramoscelli e fogliame. Infine, in un punto più alto dell'albero, gli occhi del procione brillarono verso di noi. — Mancato! — Mi pare che fosse la voce di Franklin quella che udii, vibrante di eccitazione. — Ancora, signor Goschen, prego! Un secondo sparo echeggiò. Il ramo finì ai piedi della quercia con un tonfo. A parte questo, vi fu silenzio. Guardammo tutti in alto, e scorgemmo di sfuggita il procione. Se ne stava aggrappato a un ramo esterno, e guardava in basso verso di noi, simile a
una piccola stola animata. — Non è un amore? — gridò Millie. — E pensare che sono venuta qui per ammazzarlo! Mentre parlava, Alstone ordinò una raffica, e una decina di fucili spararono contemporaneamente. Stavolta si senti un lieve scricchiolìo in cima all'albero, uno scricchiolio che venne aumentando di volume. Qualcosa stava crollando giù dalla quercia. — Eccolo! — gridò Franklin. I cani si irridigirono, pronti a parare l'assalto feroce che il procione avrebbe inevitabilmente tentato contro di loro, ammesso che fosse ancora vivo. Una pioggia di foglie e di ramoscelli spezzati schizzò tutt'attorno. A tratti le nostre torce coglievano il corpo nella sua lenta caduta tra i rami. — Dio, ma è enorme! — gridò Millie. Un brusio eccitato si diffuse nella cerchia degli spettatori, man mano che le torce si abbassavano sul tronco dell'albero. Infine, sulla chiazza di terreno illuminato, si abbatté con uno schianto una forma scura. — Indietro, laggiù! — gridò Seymour. — È pericoloso! I cani balzarono avanti latrando selvaggiamente. E a quel punto accadde un fatto del tutto inaspettato. Il latrato si trasformò in un lieve uggiolìo. Annusarono il piccolo terrapieno sotto l'albero, e poi si allontanarono con la coda tra le zampe. Tutti ci spingemmo in avanti, poi ci arrestammo di botto al suono di un grido femminile, un grido aspro, selvaggio. Era Roberta, e stava gridando: — Polly Barnes! Per qualche secondo sembrò in preda a una crisi isterica. Era come se la tensione nervosa, trattenuta per tutta la serata, avesse trovato il suo sfogo attraverso Roberta. Ma mentre mi facevo strada tra la folla, capii il perché di quella reazione. Non era un procione morto, quello che giaceva sotto la pianta, ma bensì il cadavere di una bambina. 7 Tutti balzarono in avanti. In quella luce bizzarra vedevo la curiosità morbosa trapelare da quelle facce, rendendole simili a maschere grottesche. Gli studenti di medicina erano addirittura diabolici: la loro avidità era perfino ripugnante.
Come una tigre, il vecchio Alstone aveva già attraversato con un balzo la striscia di terreno che lo separava dal cadavere. — Indietro, signori! — tuonò. — Rendetevi conto che questa è una faccenda che riguarda la polizia. C'è il dottor Conti, qui? — Non è qui — mi affrettai a rispondere. — Va bene, dottor Swanson, fatevi avanti voi, prego. Gerald, corri subito a casa a telefonare a Bracegirdle. Dagli le indicazioni e digli di venire qui immediatamente. Il ragazzo corse via come un coniglio in fuga. — E tu Franklin — ora il vecchio stava impartendo ordini con precisione militaresca — riporta a casa gli ospiti. Datti da fare perché abbiano tutto quello che gli serve. No, grazie, non voglio nessuno qui, tranne il dottor Swanson. Sì... tutti quanti, prego. Il suo tono perentorio convinse tutti a obbedire senza discutere. Mentre restavo accanto a lui nell'oscurità potei distinguere i contorni delle loro figure allontanarsi dalla quercia di Grindle, tenendosi istintivamente uniti insieme, come se la vicinanza reciproca li rassicurasse contro qualche pericolo immaginario. Seymour e io rimanemmo soli con quel macabro fagotto ai nostri piedi. Solo allora mi accorsi che la neve fioccava fitta. Non appena gli altri furono scomparsi alla nostra vista, Seymour puntò la torcia elettrica su quel che rimaneva di Polly Baines. Abbassai gli occhi a fissarla inorridito. La povera creatura era stata legata tutt'attorno con una corda che la rendeva simile a una mummia. Non era uno spettacolo piacevole a vedersi, ma mi bastò un'occhiata alla faccia straziata e ai vestiti ridotti a brandelli per capire che le poiane avevano fatto la loro parte. Pensai alle parole profetiche della signora Middleton: "Quando le poiane squittiscono a Grindle, la morte cala sulla vallata". Ecco perché le poiane squittivano tanto! Seymour Alstone stava ritto col dorso appoggiato contro l'albero, a scrutare i fiocchi di neve turbinante. Era difficile decifrare l'espressione del suo viso, un'espressione imperturbabile fino a quando non mi accesi una sigaretta: allora un cipiglio seccato gli corrugò la fronte. Solo una volta interruppe il silenzio, mezz'ora circa dopo che le voci eccitate degli ospiti furono svanite in distanza. — Dovrebbero essere qui a quest'ora — osservò seccamente, illuminando con la torcia il pesante orologio da polso. — Mi chiedo cosa stia facendo quel ragazzo. Fu una strana, vigile attesa, assieme a quell'uomo silenzioso e al cadave-
re. Qualsiasi esame di quel corpicino straziato era naturalmente fuori questione. Non c'era niente che potessi fare: niente, tranne ripulire dalla neve quel fagottino che giaceva ai miei piedi. Accesi una sigaretta dopo l'altra, e i minuti passarono finché non sentii la voce familiare di Bracegirdle chiamarmi per nome. — Temevo di non trovarvi più — disse scrollandosi la neve di dosso. — Le indicazioni datemi telefonicamente dal signor Goschen non erano molto chiare. Ricordo di essere rimasto piuttosto sorpreso nell'apprendere che era stato Charlie, anziché Gerald Alstone, a riferire a Bracegirdle la notizia della scoperta, però ero troppo sconvolto per soffermarmi su un particolare che in quel momento sembrava irrilevante. Con l'arrivo della polizia, Seymour divenne l'efficienza fatta persona. Riferì per filo e per segno l'accaduto, con una voce il cui tono stridulo sottintendeva una tacita disapprovazione nei confronti di Bracegirdle, che non era riuscito a organizzare una ricerca più radicale. Dopo avere ascoltato i fatti principali, il vice-sceriffo lo interruppe con una punta di impazienza. — Immagino che siate disposto a identificare il cadavere, dottor Swanson. Si curvò sul corpicino, sul quale il magistrato inquirente, brontolando per le pessime condizioni atmosferiche, stava compiendo un esame sommario. — Sì, è proprio Polly Baines. — E siete certo che sia "cascata lei" dall'albero? — Non ci sono dubbi in merito. Potete procurarvi una trentina di testimonianze a confermarlo. — Capisco. C'è un punto in cui il proiettile ha lacerato la corda. Brutto affare, eh? — Dottor Swanson, avete idea da quanto tempo possa essere morta? — domandò il magistrato inquirente. — No, dottore. Nel frattempo Bracegirdle stava dando istruzioni ai suoi uomini. Alcuni di loro illuminavano con le torce i rami e perlustravano il terreno sottostante. Altri stavano tentando di scattare delle foto malgrado la neve che cadeva fittamente. Provai un'ammirazione profonda per il vice-sceriffo. C'erano in lui una sicurezza e un buon senso tali da togliere agli avvenimenti della serata quel loro orribile aspetto inverosimile. Ci trovavamo là a mezzanot-
te in una tormenta di neve, col corpo straziato di una bambina ai nostri piedi, eppure Bracegirdle riuscì a ridimensionare i fatti fino a renderli una semplice questione di routine quotidiana. — Ebbene, dottore, stanotte non c'è granché da fare. — Notai divertito che il vice-sceriffo ignorava totalmente la presenza del vecchio Alstone, che si agitava inquieto al suo fianco. — La notizia deve essere riferita ai Baines, naturalmente, ma più si ritarda meglio è. Qualcuno deve arrampicarsi su quell'albero, anche, ma si può aspettare fino a domani. Accidenti alla neve! Ci impedisce di vedere qualunque cosa. Be', possiamo dire che è stata una giornata emozionante. Fece un cenno a due dei suoi uomini, che sollevarono con cura il corpicino e lo trasportarono fino all'auto ferma. — Se il dottor Conti è da queste parti — osservò il magistrato inquirente — sono certo che il dottor Brooks sarà lieto di avere il suo aiuto per l'autopsia. — Non è qui — risposi — ma se lo vedrò, gli riferirò il vostro messaggio. L'auto si allontanò lentamente sul terreno nevoso. Guardai la luce dei fari svanire nell'oscurità. Quando si furono allontanati, mi diressi con Seymour verso la casa. Camminammo in silenzio, il bavero di pelo sollevato per difenderci dalla neve incessante. Seymour era sempre stato un mistero per me. Ora sembrava più sconcertante che mai. Non ero mai riuscito ad accettare la teoria locale, secondo la quale era un arricchito violento e tirannico. A sentire le voci, Seymour aveva fatto quel genere di carriera non particolarmente raccomandato negli opuscoli delle scuole domenicali di istruzione religiosa. Era inoltre un tipo violento, irascibile. Eppure c'era in lui una grandissima dignità, nonostante la sua intransigenza, un equilibrio notevole, nonostante la sua arroganza. In quel particolare momento avrei dato non so cosa per avere il coraggio di chiedergli cosa ne pensasse di quell'ultima scoperta. Non potevo fare a meno di pensare che in qualche modo, sia pure remoto, tutte quelle disgrazie fossero collegate con quel vecchio signore impettito e brizzolato che mi camminava a fianco. C'era, inoltre, il particolare dell'auto ferma che Toni e io avevamo visto la notte in cui era sparito il suo setter. E poi c'era il mistero delle mezze frasi rabbiose pronunciate da Roberta. Cosa diavolo significava tutto questo? Forse avrei dovuto metterne al corrente Bracegirdle? Quelle frasi mi martellavano il cervello mentre ci dirigevamo insieme verso il vialetto carrozzabile di casa Alstone.
Ma nessuno di questi interrogativi poteva trovare una risposta in quel momento. Giunti sul portico, Seymour mi congedò bruscamente e corse dentro. La grande casa era immersa nel buio a eccezione di qualche camera da letto illuminata. Ne dedussi che gli ospiti dovevano essersi allontanati in fretta, e il vialetto deserto confermò le mie deduzioni. Lungo il sentiero laterale in cui avevo lasciato la mia auto era buio pesto. Camminai tentoni sulla neve scivolosa, maledicendo me stesso per non avere acceso i fari prima di partecipare alla gita. Alla fine urtai contro un parafango, e annaspando goffamente sulla fiancata dell'auto, trovai la maniglia della portiera. In quella una voce sussurrò: — Chi è? — Valerie! — Oh, sei tu, Doug. Mi hai spaventata! Non ti ho sentito arrivare, sulla neve. Aprii la portiera e sgusciai sul sedile al suo fianco. — Cosa diavolo ci fai, qua dentro? — domandai. — Sto aspettando Toni. È la sua auto, no? — Aveva la voce tesa e forzata, e capii che stava sulle sue. — Non riesco mai a distinguere la tua auto dalla sua, al buio. Sono entrambe delle Plymouth, solo che la tua è rossa e la sua nera. Oppure è il contrario? Si era infilata la pelliccia, e i suoi morbidi capelli mi sfiorarono la guancia. — Temo che non siano solo le nostre auto che tu confondi, Valerie — dissi ridendo. — A volte mi sembra che tu mi ritenga una parte di Toni, o meglio una sua appendice, l'amico simpatico e un po' tonto. Preferirei avere una mia personalità, ai tuoi occhi! — Non dire sciocchezze, Doug. — La sua mano cercò la mia e la strinse leggermente. — Ne hai, sai benissimo di averne! Era bello starsene là solo con lei, fingendo che gli orrori di quelle ultime ore non si fossero mai verificati. Malgrado fossimo circondati dalla morte, noi eravamo vivi, pensai. Valerie era giovane e calda, ed era lì vicina a me. E sebbene mi fossi rifiutato di ammetterlo per tutti quei mesi, ero innamorato di lei. Quello che io abbia potuto dirle in quei momenti di intensa emozione, non lo saprò mai, poiché a un tratto lei mi richiamò bruscamente alla realtà. — Doug, cosa potrebbe essergli successo? — La sua mano si era stacca-
ta dalla mia, e io mi accorsi che la fiammella tremava quando accostò il fiammifero alla sigaretta. — Toni? — Sì. Non era assieme agli altri, no? Le diedi una pacca rassicurante sulla spalla. — Non preoccuparti, cara. Con ogni probabilità sarà impegnato in una discussione con tuo zio. — No, non è con mio zio. Ho aspettato finché non sono andati via tutti gli ospiti. Poi... non ce l'ho fatta più, perciò sono venuta qui... — Scosse la cenere sul pavimento. — Credo che tutto sia finito, ora... cioè, la polizia e tutto quanto. — Sì, è venuto Bracegirdle. Era Polly, non ci sono dubbi. Ascoltami, cara, tu sei stanca. Concederemo a Toni due minuti; poi, se non arriva, ti accompagnerò io a casa. Non è prudente restarsene qui in giro a quest'ora. — Doug, sei un vero tesoro. — E se ti serve un maggiordomo, tienimi presente. Rise. — Sei assunto fin d'ora. Apri quel finestrino, per favore, e butta via la mia sigaretta. Obbedii, e durante i minuti che seguirono, ce ne restammo seduti in silenzio. Stavo per proporle di toglierci di lì quando la portiera al mio fianco si apri. Valerie sussultò. — Sei tu, Toni? — Scusami per il ritardo. — La voce del mio amico era stranamente bassa e concitata. — Cosa diavolo... ehi, salve, Doug! — Ma cosa stavi combinando? — domandai annaspando per scendere dall'auto. — Ho gironzolato per un po' — rispose evasivo. — Be', sarà meglio che tu ti muova per primo. Non posso partire se non togli di mezzo la tua auto. — Va bene. Buona notte, Valerie. Mi incamminai sul sentiero scricchiolante di neve per raggiungere l'altra Plymouth, e accesi i fari. Il motore era gelato e mi ci vollero parecchi minuti a metterla in moto. Mentre mi allontanavo lungo il sentiero, lanciai un'occhiata nello specchietto laterale. Toni stava facendo manovra per scostare l'auto dal muro, descrivendo coi fari un ampio semicerchio sul candido terreno nevoso. Non dimenticherò mai quel ritorno a casa. Per un artista forse avrebbe potuto essere pittoresco, ma per me fu a dir poco infernale. Non avevo le catene ed ero terrorizzato di slittare. Uno dei finestrini era rimasto bloccato
e fui costretto a procedere con uno spiffero glaciale nell'orecchio sinistro. Superando il villino dei Baines notai una luce in una delle stanze superiori. Si intravedeva inoltre un lieve bagliore trapelare dal granaio di Mark. La tempesta di neve stava intensificandosi, e ogni rumore era attutito in quel silenzio misterioso che caratterizza ogni prima nevicata della stagione. Intorno regnava una quiete mortale. L'unico rumore di cui mi ricordi era l'eco sordo prodotto dalle ruote dell'auto mentre attraversavo le assi di legno del ponte coperto. Arrivando a casa durai fatica a introdurre l'auto nel garage. È sempre una faccenda complicata. Bisogna manovrare fino a raggiungere un particolare angolo, poi fare l'inversione di marcia. Quella notte, con la neve che cadeva fitta, mi ci vollero parecchi minuti prima di riuscire a fare la manovra, e quando ebbi finalmente sistemato la macchina, lasciai una delle serrande del garage aperta per Toni, e chiusi l'altra con un colpo secco. Era curioso, riflettei. Nelle ultime poche ore, ero passato attraverso un'intera gamma di emozioni: terrore, pietà, amore. Tuttavia, mentre mi scuotevo la neve dalle scarpe, l'unica sensazione rimasta in me era una vaga irritazione. 8 Quando mi svegliai l'indomani mattina, la neve stava ancora cadendo e tutta la regione era ammantata di bianco. Scendendo da basso diedi un'occhiata nella stanza di Toni e vidi che il suo letto era intatto. Avevo appena cominciato a mangiare le mie uova con la pancetta quando fu annunciato Bracegirdle. Dopo essere stato alzato tutta la notte, si era messo a lavorare coi suoi uomini al prato di Grindle fin dalle prime ore del mattino. Accettò di buon grado la mia proposta di fare colazione insieme. — Qualche indizio? — domandai. — Non posso dirvi molto finché non avremo il referto dell'autopsia, però abbiamo trovato un altro cadavere. — Santo Dio! — La mia mente volò subito al letto vuoto di Toni, ma il lampo negli occhi di Bracegirdle mi rassicurò. — Si tratta del gattino di Polly. O meglio, di quel che le poiane hanno lasciato di lui. Uno dei miei uomini si è arrampicato su quella vecchia quercia e l'ha trovato impigliato fra i rami. — Ebbene, cosa ne deducete? — Scrutai Bracegirdle, intento a imburrarsi una fetta di pane e a fiutare il caffè con aria di approvazione. — Im-
piccato lassù, suppongo. — Sì. La bambina è stata legata, e poi qualcuno deve essersi arrampicato sull'albero, deve aver buttato la corda sui rami più alti per issarla lassù, e così pure il gattino. La corda era stata attorcigliata e legata strettamente. Avrebbero potuto rimanere là fino al giorno del Giudizio Universale, se i proiettili dei vostri fucili non avessero spezzato la corda, ieri sera. — Se non fosse così atroce, sarebbe perfino assurdo — osservai. — Provate un po' di questa marmellata di pesche. Bracegirdle si servì. — Assurdo è la parola adatta. Come ho detto prima, tutto questo non ha senso. — Comunque, è un ottimo posto per nascondere un cadavere. Anche da un punto di vista igienico, a ben pensarci. Mi ero talmente abituato all'idea che Polly Baines fosse morta, che mi era impossibile prenderla sul tragico, ormai. Tuttavia, pochi minuti dopo intervenne Toni a portare una nota di tragedia, quando entrò dopo aver trascorso la nottata a Rhodes per aiutare il dottor Brooks a effettuare l'autopsia. Neppure lui aveva fatto colazione, perciò Lucinda fu spedita a preparare un terzo posto. Mentre aspettava, Toni si accese una sigaretta e aspirò profondamente. — Questo vostro maledetto criminale, Bracegirdle, è l'esempio più monotono, meno originale di monomania... — Intendete dire che...? — Sì, intendo esattamente questo. Dio m'è testimone: ho sezionato migliaia di cadaveri in vita mia, ma questa è stata una delle faccende più complicate che mi siano mai capitate. Capirete, in stato di avanzata decomposizione, oltre allo scempio dei rapaci... — Ma come è stata uccisa? — lo interruppi bruscamente. Toni gettò via la sigaretta e sedette a tavola. — È morta per assideramento, dissanguamento e be'... maltrattamenti generali. C'erano cinque pallottole nel suo corpo, ma sarei disposto a giurare che sono quelle esplose dai fucili del vecchio Alstone. A parte questo, non siamo riusciti a trovare ferite mortali. Infatti è mia ferma convinzione che fosse viva quando qualcuno l'ha legata e issata su quell'albero. Naturalmente, non voglio imporre le mie convinzioni. Bracegirdle si alzò da tavola, piantando a metà le sue uova con la pancetta. — Io torno al mio lavoro — disse cupamente. Mentre si dirigeva verso la porta, Toni gli gridò dietro con la bocca pie-
na: — A proposito, Bracegirdle, proprio mentre stavo uscendo, uno dei vostri uomini ha portato i resti di quel gattino. La persona che l'ha ammazzato doveva amare di più gli animali che i bambini, perché c'era un forellino nel suo cranio, prodotto da una pallottola esplosa da una pistola di piccolo calibro. Naturalmente io non sono un esperto di balistica, ma quel foro non è stato prodotto da nessuno dei fucili distribuiti da Seymour ieri sera. Il vice-sceriffo parve soddisfatto. — Be', è già qualcosa su cui basarci, comunque. — Dubito che possa servire granché — disse Toni. — Ha avuto quasi un mese per sbarazzarsene. Dopo che Bracegirdle se ne fu andato, Toni cambiò umore. Gli feci alcune domande sull'autopsia, ma le sue risposte furono brevi e laconiche e, mentre parlava, continuava a fissarmi con sguardo curioso e divertito insieme. Non so perché, ma ebbi la netta impressione che mi sospettasse di sapere qualcosa che mi tenevo per me. Ma, in questo caso, era troppo stanco per strapparmi informazioni utili. Dopo il terzo uovo annunciò la sua intenzione di andare a letto, e terminata la colazione si alzò e se ne andò di sopra. Rimasto solo, provai un senso di inquietudine, di malessere. Da un po' di tempo a quella parte non mi riusciva di lavorare al mio articolo, inoltre la neve mi impediva di cavalcare. Per disperazione decisi di andare a trovare i Goschen. Millie era un tipo che aveva il potere di risollevarmi il morale, e chissà che non ci fosse anche Valerie, da lei. Munito di soprascarpe e sciarpa pesante mi avviai lungo il sentiero carrozzabile. Non ero andato molto lontano quando vidi sopraggiungere un'auto. Mentre mi tiravo in disparte, l'auto si fermò e il vecchio Alstone sporse la testa dal finestrino. Mi chiamò con un cenno imperioso. — Sapete dove possa trovare Bracegirdle? — La sua voce sembrava aver perso la consueta cortesia. — Ho chiamato il commissariato per mezz'ora. Nessuno risponde. — Credo che siano andati tutti al prato di Grindle, signor Alstone. È successo qualcosa? — Sì— rispose seccamente. — Devo vedere Bracegirdle, immediatamente. — Fece per ripartire, poi cambiò idea. — Vi spiace venire con me? Accettai con entusiasmo e balzai sul sedile al suo fianco. Notai con stupore che la mano gli tremava mentre avviava l'auto. Anche il suo viso ave-
va una espressione che non avevo mai notato prima. Fino a quel momento Seymour era l'unica persona della vallata che avesse conservato il massimo distacco nei confronti dell'ondata di crimini che ci aveva travolti. Ora leggevo nei suoi occhi la stessa incertezza, la stessa apprensione che in quegli ultimi tempi trapelava dagli occhi degli abitanti di Grindle. Non fornì alcuna spiegazione del suo particolare contegno, tuttavia, mentre l'auto si dirigeva verso il prato di Grindle, la mia mente era occupata a fare un mucchio di congetture. Era stata commessa qualche nuova atrocità, la scorsa notte? Qualche membro della famiglia Alstone era stato l'ultima vittima? Oppure Seymour aveva scoperto qualche elemento utile, qualcosa che lo colpiva e lo spaventava? Non mi tenne a lungo in sospeso. Pochi minuti dopo avevamo già parcheggiato l'auto e stavamo attraversando il prato verso la quercia di Grindle, sotto i cui rami carichi di neve Bracegirdle e i suoi uomini stavano lavorando alacremente, in cerca di ulteriori indizi. Il vice-sceriffo parve sorpreso di rivedermi dopo così breve tempo. Parve ancor più sorpreso quando notò la faccia pallida e stravolta di Seymour. — Cercate me, signore? — Sì. — Alstone fissò la quercia con sguardo bieco. — Mio nipote è scomparso. — Volete dire che Gerald è sparito? — Peggio. Credo che sia stato ucciso. — Ucciso? — Una delle domestiche si è accorta stamattina che il suo letto era intatto. Il maggiordomo ha inoltre scoperto che l'armeria era stata messa a soqquadro: sedie e tavoli ribaltati, fucili fuori posto, e sangue sparso per tutto il pavimento. Nel frattempo Bracegirdle aveva ritrovato la compostezza professionale. — Non c'era nessuno, signore? — No. Nessuna traccia di Gerald. Assolutamente niente. — Quando è stato visto per l'ultima volta? Il vecchio signore abbassò gli occhi. — Questo non so dirvelo. Il maggiordomo l'ha intravisto un attimo, dopo la caccia. Io personalmente l'ho visto per l'ultima volta qui, quando l'ho mandato a telefonare. Devo ancora chiedere ai miei ospiti se... — C'è un telefono nell'armeria? — lo interruppi. — Sì. Ci sono apparecchi in tutte le stanze a pianterreno. Mi rivolsi a Bracegirdle tutto eccitato. — È stato Charlie Goschen ad
avvisare della scoperta di Polly Baines, vero? — Sì. Ho già verificato. Non avendo visto Gerald in giro, Charlie mi ha telefonato personalmente per accertarsi che fossi informato. — Il vicesceriffo alzò gli occhi dal blocchetto. — Credete che qualcuno possa aver visto Gerald entrare nell'armeria per telefonare? Magari qualcuno che voleva impedirgli di mettersi in contatto con le autorità? — Precisamente. — Per caso mancava qualcosa, signor Alstone? — Sì. Una pistola. — Voi non avete toccato niente? — No, naturalmente. Niente è stato rimosso. Ho chiuso immediatamente la stanza io stesso, dopo aver compiuto il mio esame. A nessuno, tranne me e il maggiordomo che è stato il primo a fare la scoperta, è stato permesso di entrare. — Ben fatto, signor Alstone. Veniamo subito. Voi andate avanti! Nel giro di pochi minuti, Bracegirdle e i suoi uomini raggiunsero me e Seymour a casa Alstone. Il vecchio signore aprì la porta dell'armeria e io mi accorsi subito che lo stato in cui si trovava confermava quanto lui aveva dichiarato. La sala era in uno stato di disordine spaventoso, e per tutto il pavimento c'erano chiazze di sangue disseccato. — La pistola è stata tolta da qui. — Seymour indicò uno spazio vuoto sulla rastrelliera più alta. — Ho notato per caso che c'era, ieri sera quando sono venuto a prendere i fucili per la caccia. — Qualcuno è entrato qui dopo la caccia? — No. Temo che il maggiordomo sia stato un po' negligente. Fa parte delle sue mansioni ispezionare tutte le stanze prima di ritirarsi per la notte. Ieri, invece, con tutto quel trambusto, ha trascurato di farlo. — Nessuno ha riposto i fucili, sicché? — No, sono stati ripuliti, ma... ho incaricato uno dei miei uomini di contarli, e ci sono tutti. — Uhm. — Bracegirdle stava scrutando il pavimento per rintracciare la scia delle macchie. A un tratto esclamò: — Guardate! È passato da questa porta, o perlomeno qualcuno c'è passato. C'è del sangue sulla maniglia. Il vice-sceriffo tirò fuori il fazzoletto e aprì con cautela la porta. — Non toccate niente — raccomandò. — Questo potrebbe essere uno di quei casi in cui le impronte sono un elemento determinante. Scott, telefonate a Bill Murphy e ditegli di portare l'occorrente per le impronte a casa Alstone. Sbrigatevi!
L'entrata laterale dell'armeria dava su un portico coperto, con una scalinata che scendeva sul retro dell'edificio. Mentre ci affrettavamo a uscire notai che le tracce di sangue continuavano sul pavimento del portico verso la sommità della scalinata. Là erano interrotte dallo spesso strato di neve. — Accidenti alla neve! — brontolò Bracegirdle. — Mi domando... — si rivolse a Seymour. — La sua auto non è sparita, immagino? — Niente è sparito. Ho già controllato e riferito quello che so. Ho anche mandato mio figlio Franklin a parlare col giovane Foote all'ospedale. Mi è venuto in mente che Gerald potrebbe esser là. Ma lo ritengo improbabile, anche perché sarebbe stato impossibile per lui raggiungere l'ospedale. — Ma i vostri ospiti? Potrebbe essere andato via con uno di loro. — Non è escluso, naturalmente. Non li ho ancora interpellati. Temo di spargere inutilmente il panico. Bracegirdle brontolò: — Vorrei parlare con i domestici. Seymour annuì e si girò verso l'armeria. — No, non là dentro, signor Alstone. Voglio che la sala resti chiusa, se non vi spiace. — Nella voce di Bracegirdle vibrava una nota che mi fece sospettare che sotto sotto si divertisse a impartire ordini al tiranno della vallata. Passammo nel salotto, e i domestici furono convocati uno a uno. Le loro versioni furono particolarmente coerenti. Il dottor Conti era rimasto indietro per un po' di tempo mentre gli altri erano andati a caccia. A una certa ora della serata era uscito e nessuno l'aveva visto rientrare, sebbene una delle domestiche fosse convinta di avere udito una voce che sembrava la sua; tuttavia questo particolare non fu determinante perché, durante l'interrogatorio, la domestica in questione ammise di non essere in grado di riconoscere la voce di Toni, ammesso che l'avesse sentita. Hall, il maggiordomo, fu l'unico a dare un vero contributo. Aveva aperto la porta al signor Gerald alle undici circa, una decina di minuti prima che tornassero gli altri ospiti. Il giovane era agitato e sconvolto. Non aveva detto niente a Hall riguardo la scoperta del cadavere di Polly Baines. — È andato a telefonare? — chiese Bracegirdle. — Mah, signore, non saprei proprio. Mi è parso di sentire la sua voce mentre tornavo nell'ala della servitù, ma non potrei dire se telefonasse o meno. — Non avete sentito nient'altro? Zuffe, alterchi? — No, signore. — E non avete visto nessuno aggirarsi nei dintorni?
— Ecco, io... — Hall esitò un istante. — Poco prima che il signor Gerald rientrasse, per combinazione ho guardato fuori, dato che Angie... cioè una delle ragazze, signore... ha detto che era cominciato a nevicare. Ho intravisto un uomo fuori della porta di servizio, e l'ho chiamato. Mi ha risposto: "Sono soltanto io" e poi ha girato l'angolo dietro al granaio. — Avete riconosciuto la voce? — Sissignore. Era... Mark Baines. Bracegirdle mi lanciò una rapida occhiata. — Per caso avete udito uno sparo o qualsiasi altro rumore insolito? — No, non ne ho sentiti, o perlomeno non in quel momento, signore. Poco dopo ne ho sentito uno, ma non ci ho fatto caso perché sembrava provenire dall'esterno e in questo periodo dell'anno, col freddo e gli scoppi di motore... — Cosa vuol dire, "sembrava provenire dall'esterno"? — Mah, signore, a me è parso così. Lo scoppio non era forte. — Potrebbe essere venuto dall'armeria? — Non saprei dirlo, signore. Io ero nella cucina, che si trova a una certa distanza da quell'ala della casa. — Siete certo che è stato "dopo" che il gruppo è tornato? — Sì, signore. Gli studenti di medicina avevano già cominciato a cantare e io mi ricordo di avere pensato che, vedendo come... — si interruppe lanciando un'occhiata nervosa a Seymour. — Non sapreste dire chi c'era in casa quando avete sentito lo sparo? Hall spiegò che il signor Alstone aveva dato ordine che la porta fosse lasciata aperta non appena gli ospiti cominciavano a tornare indietro, perciò lui non aveva fatto entrare nessuno tranne il signor Gerald. Dal rumore che facevano aveva stabilito che la maggior parte del gruppo doveva essere tornata indietro al momento dello sparo. Aveva sentito la voce della signora Goschen, ma non era riuscito a riconoscere nessun altro. — Qualcuno si è fermato dopo che gli altri sono andati via? Hall rifletté un istante prima di rispondere. — Sì, signore. Ricordo di essere andato nel salone dei ricevimenti a prendere i bicchieri sporchi. La signorina Valerie era là, da sola. Mi ha chiesto se avevo visto il dottor Conti e, dato che non ho saputo dirle nulla, ha detto che sarebbe andata a cercarlo a casa. — Questo, quanto tempo dopo che gli ospiti se n'erano andati? — Circa mezz'ora, signore. — Non avete rivisto né la signorina Middleton né il dottor Conti?
— No, signore. Il maggiordomo era appena stato congedato, che tornò nella stanza tossicchiando imbarazzato. — Scusatemi, signor Bracegirdle, ma c'è un ragazzo alla porta di servizio che chiede di parlarvi. Dice che è urgente. Il vice-sceriffo guardò interrogativamente Seymour Alstone. — Chi è, Hall? Smettetela di fare misteri — scattò irritato Seymour. — Uno dei bambini Baines, signore. Il piccolo Tommy. Dice che sua madre... — Fatelo passare. Tommy Baines, un bambino di dieci anni, sembrava tramortito dalla paura quando fu introdotto da Hall nel vasto salone. Senza dubbio si ricordava del momento non troppo lontano in cui era stato sorpreso a calpestare le aiuole fiorite. Troppo intimidito per parlare, fissò Seymour con lo sguardo spaurito di un coniglio davanti a una donnola. Bracegirdle, afferrando la situazione, parlò al ragazzo con tono paterno. — Ebbene, Tommy, che succede? Infine il ragazzo si decise a parlare lentamente, senza però staccare gli occhi dalla faccia di Seymour Alstone. — Ecco, signor Bracegirdle, la mamma dice di aver visto la scorsa notte... qualcosa che voi dovreste sapere, e vorrebbe vedervi. — Tua madre! — esclamai. — Credevo che fosse all'ospedale. — No, signore. Non ha voluto rimanerci, perciò mio fratello Mark ha dovuto andare a prenderla ieri pomeriggio. Però è a letto; per questo non può venire, e piange come una disperata dacché ha saputo di Polly. — Di' a tua mamma che sarò da lei tra dieci minuti. Il ragazzo corse fuori, e dopo aver dato istruzioni ai suoi uomini, Bracegirdle mi prese in disparte e mi propose di andare con lui al villino dei Baines. Era evidente che non voleva che Seymour ci seguisse. 9 La signora Baines era a letto quando arrivammo, e aveva un buon aspetto, malgrado le circostanze. C'era qualcosa di eterno, di indistruttibile in lei, che mi diede la certezza che in un breve spazio di tempo, si sarebbe con ogni probabilità trovata un altro marito e avrebbe messo al mondo altri figli. Tale è la tenacia di chi è mentalmente debole.
Mi congratulai con lei per il suo aspetto e osservai che ero lieto di vederla tornata a casa così presto. — Tornata? — ripeté lei, e le guance le si colorirono leggermente mentre parlava. — Dove dovrei essere se non a casa, con la mia famiglia assassinata nelle trappole e sugli alberi...? Bracegirdle si schiarì la gola. — Volevate dirmi qualcosa? — chiese gentilmente. La signora Baines proruppe in una risatina isterica. — Si sono presi la mia Polly e il mio Jo, ma non possono tapparmi la bocca, anche se si tratta di una famiglia... be', lasciamo perdere. Io però l'ho visto là, e un delitto è un delitto anche quando colpisce gente che deve ingoiare tutto. Bracegirdle apparve perplesso, poi mi guardò ammiccando, accostando furtivamente un dito alla fronte. Annuii. — Calmatevi, signora Baines — la esortai. — Non dovete agitarvi. Siete ancora debole. La donna si drizzò sul letto. — Sarò debole, dottor Swanson, ma non al punto da non poter usare gli occhi, e non così cieca da non vedere quello che succede sotto gli occhi, anche se è notte fonda con la tempesta di neve... — Non sarebbe meglio se cominciaste dal principio? — suggerii. La donna sembrava aver ritrovato il suo sangue freddo. — Ecco, dottor Swanson, Mark è venuto a prendermi all'ospedale ieri pomeriggio, e Susie, mia sorella, mi ha messa a letto e mi assisteva. La finestra era aperta - Susie è maniaca dell'aria fresca - e mi sono addormentata subito dopo aver cenato. Durante la notte mi sono svegliata tutta intirizzita, e quando ho acceso la luce mi sono accorta che la neve penetrava dalla finestra. — Avete idea di che ora fosse? — No, in quel momento no, ma quando tutto è finito Susie è entrata a rimettermi sotto, e mi ha detto che era quasi mezzanotte. Tremavo di freddo, perciò è scesa... — Ma cos'avevate visto da spaventarvi tanto? — interruppi. Bracegirdle era ritto davanti alla finestra, e stava guardando la strada che, passando dietro al villino dei Baines, attraversava il ponte coperto e proseguiva verso casa nostra e le case dei Goschen e dei Tailford-Jones. Era ovvio che dava poca importanza al racconto della signora Baines, considerandolo come uno dei tanti pettegolezzi privi di fondamento che gli e-
rano giunti alle orecchie nelle ultime settimane. — Cos'ho visto? — La voce della donna era bassa, soffocata. — Ho visto il corpo del signor Gerald, di quello che è scomparso stamattina, come la mia Polly un po' di tempo fa... — Raccontatela a modo vostro, signora Baines — mi affrettai a dirle. Lei stava agitando la mano secca e sciupata verso la finestra. — L'ho visto da li — continuò. — Ero scesa dal letto, e stavo cercando di chiudere la finestra, quando ho visto un'automobile dirigersi verso il ponte coperto. Non ci ho fatto caso finché non è scomparsa, e dopo... l'ho visto. Trascinato per la strada come un sacco di patate. Alla luce che veniva dall'interno ho potuto vedere la sua faccia così come ora vedo la vostra, malgrado nevicasse fitto. E sono pronta a giurare sui vivi e sui morti che quello era il corpo di Gerald Alstone, dietro a quella macchina. Il racconto sembrava averla spossata, poiché sprofondò nei cuscini e per qualche minuto non riuscì a dare risposte coerenti alle domande pressanti di Bracegirdle. No, non avrebbe saputo dire se l'auto era di grossa o piccola cilindrata, aperta o berlina. Aveva i fari alti e sulla parte posteriore era ammucchiato uno spesso strato di neve. A parte questo, non sapeva dire nient'altro. La lasciammo alle cure di Susie che, durante un breve scambio di parole per le scale, confermò quella parte del racconto di sua sorella che riguardava anche lei. — Be', voi che ne dite? — domandai a Bracegirdle mentre ci dirigevamo verso il cancello del giardino. — Sciocchezze, tutte sciocchezze. Quella donna è ammalata. Ha ascoltato tutti i pettegolezzi di Grindle. Si sveglia nel cuore della notte e prende paura. Avrete notato che non aveva detto alla sorella che si trattava del cadavere del giovane Alstone. Evidentemente ci ha pensato solo quando ha saputo che era scomparso, tanto per infiorettare la storia. — Però potrebbe esserci qualcosa di vero. — Così come potrebbe esserci nelle mille e una leggende che circolano per Grindle. Lo chiedo a voi, dottor Swanson. Quella donna sostiene di aver "visto" il corpo di Gerald Alstone trascinato dietro a un'auto. Nevicava e non filtrava molta luce dalla sua finestra. Ma come diavolo...? — Si interruppe; per la prima volta lo avevo visto sul punto di perdere la pazienza. — Insomma, perfino in piena luce del giorno sarebbe impossibile riconoscere un corpo da una distanza simile. Avrebbe potuto essere, come lei stessa ha suggerito, un sacco di patate!
— Solo che la gente non va in giro a consegnare patate a mezzanotte — obiettai blandamente — e di solito non le traina dietro alla macchina. Nel frattempo avevamo raggiunto la strada dove la neve era già stata calpestata e imbrattata dalle auto che passavano. A un centinaio di metri sulla sinistra si delineava il ponte coperto - una struttura antiquata che sovrasta il fiume di Grindle. Vedendolo, mi balenò in mente un'idea che, come in seguito si verificò, fu il mio unico vero contributo alla soluzione dell'enigma, l'unico lampo di intuizione che mi colpi in tutta quella storia. Il frutto della mia fantasia fu concepito e partorito in un batter d'occhio. Afferrai il braccio del vice-sceriffo e lo trascinai verso il ponte coperto. — Ascoltate — esclamai — se la signora Baines non ha mentito, se quello che ha visto era il cadavere di Gerald Alstone... ebbene, l'automobile era diretta verso il ponte coperto. Non c'è neve, lassù... — Temo di non capirvi, dottor Swanson. Stavo già precipitandomi in avanti, girandomi per gridare al recalcitrante Bracegirdle: — Supponiamo che Gerald sia stato ucciso nell'armeria o nelle vicinanze; poi è stato trasportato sul portico e giù dai gradini. Fino a questo punto potete rintracciarlo dalle macchie di sangue, ma non oltre, dato che la neve ce lo ha impedito. Giusto? La signora Baines dice di aver visto il cadavere trascinato dietro l'auto intorno a mezzanotte. Noi sappiamo che Gerald perdeva - o aveva perso - sangue. L'attrito sulla strada deve avergli procurato lacerazioni fresche. Se non fosse per la neve, potremmo trovare tracce di sangue lungo la strada. Ma il nostro assassino è stato maledettamente astuto o maledettamente fortunato. Le sue tracce si sono disperse, all'aperto. Però c'è un posto in cui la neve non può aver confuso le tracce. Eccolo! — Il ponte coperto? — Sì. È difficile che ci sia neve sulla superficie. Ora, se la signora Baines ha visto giusto, dovremmo trovare tracce di sangue, lassù. Esiste questa possibilità. E lo trovammo, il sangue, dopo una lunga e spossante ricerca. Disseccate sulle vecchie assi del ponte, c'erano delle minuscole macchioline di sangue. Bracegirdle staccò una scheggia di legno macchiato e la ripose con cura in una busta. Per circa mezz'ora ci trascinammo a quattro zampe come due scolaretti che giocano all'investigatore. Qua e là vi erano graffi recenti sulla superficie del legno; schegge sollevate e poi compresse. Alla fine eravamo diventati così abili da riuscire a costruire una larga striscia longitudinale attraverso il ponte, una striscia segnata qua e là da infinitesimali
tracce di sangue, e delimitata da un sottile strato di polvere e frammenti di neve sporca. Finalmente ci alzammo e ci guardammo con aria solenne. — A quanto pare la signora Baines aveva ragione — commentò Bracegirdle frugandosi nelle tasche in cerca della pipa. — Devo ringraziarvi per il suggerimento. — Ebbene, cosa facciamo, adesso? — Io devo tornare dai miei uomini. Devo procurarmi informazioni dettagliate su tutte le auto transitate di qui la scorsa notte. Iniziare una vera e propria ricerca del cadavere lungo la strada. Esiste la possibilità che lo abbiano scaricato in qualche posto. A proposito, dottor Swanson, credo che sarà meglio tenere per noi questa faccenda, per il momento. Non è il caso di allarmare inutilmente il signor Alstone. Annuii convinto. — Devo chiedervi un altro favore, dottor Swanson — riprese Bracegirdle. — Vorrei scambiare due parole col giovane Foote all'ospedale, e avrei piacere che veniste con me. — Va bene. Oggi avevo deciso di andarci in ogni caso. Ho intenzione di trasferirmi nella mia camera all'ospedale per un po' di tempo. A quanto pare il maltempo durerà, e non mi va di guidare con questa neve. Inoltre, non ho le catene. — Sarò lieto di accompagnarvi io — disse Bracegirdle. — Verrò a prendervi alle quattro con la mia auto. Alle tre ricominciò a nevicare, ma Bracegirdle arrivò puntuale alle quattro, dopo un pomeriggio laborioso. Le macchie rinvenute sul ponte erano state analizzate, e l'analisi aveva confermato che erano macchie di sangue. Aveva cominciato a effettuare controlli sulle varie automobili, ma a parte il fatto ovvio che i Goschen, i Tailford-Jones, Toni e io eravamo costretti ad attraversare il ponte coperto per tornare da casa Alstone a casa nostra, non aveva scoperto nulla. Era stata iniziata una ricerca più vasta di Gerald, ma senza alcun risultato. All'ospedale fummo informati che i genitori di Peter erano venuti a trovarlo e di conseguenza fummo costretti ad aspettare qualche minuto. — Si tratta di un'inezia — cominciò Bracegirdle mentre ce ne stavamo seduti nella panchina del corridoio. — Naturalmente è una semplice questione di routine, comunque il signor Foote si è rotto una gamba, no? Perciò è impossibile, da un punto di vista medico, che sia stato in giro, la scorsa notte.
— Eh, direi proprio di no! — esclamai. — Ha la gamba ingessata. Ma ecco qua il medico interno. Lo chiederò a lui. Purvis, un tipo grasso e cordiale, stava venendoci incontro. Gli rivolsi le domande con estremo tatto, in modo tale che Bracegirdle poté capire senza che Purvis si insospettisse. Il medico interno rise all'idea che Peter potesse allontanarsi d'un metro dal suo letto prima che fosse passata una settimana. — Speriamo di togliergli il gesso tra pochi giorni — osservò allegramente. — Ma fino allora... Ci interrompemmo perché proprio in quel momento la porta della camera di Peter si aprì. Una donna alta, vestita con raffinata eleganza, con due occhi dolci nel viso triste, stava uscendo dalla camera, seguita da Marcus Foote, il magnate del cuoio, un tipo basso e tarchiato con la mascella prominente e gli stessi capelli scuri del figlio. Bracegirdle si affrettò a entrare nella stanza e Purvis mi presentò ai genitori di Peter. Sia il signor Foote che sua moglie si dichiararono lieti di conoscermi. — Ebbene — dissi — dovreste essere fiera di vostro figlio, signora Foote. Ha compiuto un gesto eroico. — Eroico ma insensato — rispose la signora Foote con un mesto sorriso. — Peter è sempre stato così, un esaltato, una testa calda. Forse dovrei andarne fiera, visto che ha tentato di salvare quei cavalli... — sorrise ancora. — ... ma voi sapete come siamo noialtre mamme. Preferiremmo avere dei figli sani e salvi, anziché testardi e coraggiosi! Marcus Foote era rimasto al suo fianco in silenzio. A quel punto si rivolse a me. — Voi vivete a Grindle, immagino, dottor Swanson? — La sua voce era garbata e ben modulata. Annuii. — Vorrei chiedervi un piccolo favore. Mia moglie e io vorremmo... — S'interruppe un attimo, e accorgendomi del suo imbarazzo, lo condussi in una camera vuota. — Si tratta di quel ragazzo Baines, dottor Swanson. Mi è parso di capire che è un tipo un po' scorbutico, ma soprattutto ha salvato la vita a mio figlio. Forse voi potreste... Tirò fuori dalla tasca un libretto d'assegni. — È una piccola somma, una vera inezia — mormorò la signora Foote. — Vorremmo che gli fosse consegnata senza tanto chiasso. — Voi vi chiamate Douglas, vero? — Foote padre stava stilando l'assegno. — Lo intesterò a voi, se non vi spiace. Sono certo che sarete disposto
a fare questo per noi. Se ne andarono prima ancora che mi rendessi conto di quanto era successo. Diedi un'occhiata al rettangolino di carta rosa che avevo in mano e vidi che era un assegno di mille dollari, intestato a me. Infilandomelo in tasca, mi affrettai a entrare nella camera di Peter. Il ragazzo era seduto sul letto, e stava parlando animatamente con Bracegirdle. — ... Sì, la centralinista ha detto che la telefonata è arrivata alle undici e mezza. — Mi sorrise, poi riprese: — Dormivo, in quel momento, e l'ho saputo solo stamattina. La centralinista mi ha detto che chiunque fosse, doveva essere spaventato o preoccupato per qualcosa. Ha chiesto di me, poi, quando gli è stato detto che non si poteva passarmi la telefonata, ha tolto la comunicazione senza lasciare messaggi. — Non ha richiamato oggi? — No. L'unica telefonata che ho ricevuto stamattina era di mia madre. — Non c'è nient'altro che possiate dirci per aiutarci a far luce sul caso, Foote? — Niente, al momento. Il signor Franklin Alstone è venuto a trovarmi stamattina. Gli ho detto tutto quello che sapevo, vale a dire non molto. Però lasciatemi riflettere. Potrebbe venirmi in mente qualcosa. Bracegirdle bofonchiò qualcosa e si accomiatò chiamandomi con un cenno. Senza dire una parola lo seguii lungo il corridoio fino al banco della centralinista. La ragazza del turno dalle cinque a mezzanotte era appena arrivata. Sì, si ricordava della telefonata in questione. Qualcuno aveva chiesto di essere messo in comunicazione con la camera del signor Foote, erano le undici e trentaquattro. Aveva detto che si trattava di una comunicazione urgente, e sembrava piuttosto agitato. Naturalmente il regolamento vieta di trasmettere una telefonata a un paziente dopo le nove e mezza. — Era un uomo o una donna? — chiese Bracegirdle. — Mah, è difficile stabilirlo. Vedete, signor Bracegirdle, era una voce acuta, stridula. Con tutte le telefonate che riceviamo non ci si fa caso, a meno di non essere dei tipi curiosi che si occupano degli affari altrui. — Certamente; però, signorina Potts, è abbastanza facile distinguere una voce femminile da una machile, al telefono. — Se fosse stato così facile avrei potuto dirvelo, vi pare? — ribatté seccata. — Vi dico che poteva essere sia un uomo che una donna. Non saprei dirvi altro, signor Bracegirdle. — Gli avete chiesto di lasciare un messaggio? — Sì, naturalmente — scattò. — Questa è la normale procedura.
— E lui si è rifiutato? — Non lo so. — Si voltò ostentatamente, fingendo di aver trovato un documento della massima importanza che richiedeva la sua immediata attenzione. — Come sarebbe a dire, non sapete? — Esattamente quello che ho detto: che non lo so. Lui... o lei stava per dire qualcosa, poi a un tratto si è sentito un fracasso, un tafferuglio, e poi hanno sbattuto giù la cornetta. Bracegirdle sembrò sorpreso. — Volete dire che qualcuno ha interrotto la telefonata? Le mani ben curate della signorina Potts stavano descrivendo spirali complicatissime con le spine telefoniche. — Vedo che avete avuto la mia stessa idea, signor Bracegirdle — osservò. — Sì, dottor Klein. Va bene, dottor Klein. Un momento, dottor Klein. Annunciandole seccamente che la sua testimonianza sarebbe stata richiesta in tribunale, Bracegirdle tirò via. Appena se ne fu andato incappai in Toni. Indossava un camice sudicio e reggeva in mano un vassoio con delle provette. — Salve, Doug. Cos'hai fatto tutto il giorno? — Il segugio. Gli riferii le scoperte della giornata. — Be', cos'hai intenzione di fare in proposito? — Di fare? Non c'è niente da fare. — Ah! — curvò le labbra in un sorrisetto furtivo. — Va bene, Doug, se ti va di fare il misterioso, fa' pure. Fece una pausa, come se aspettasse che dicessi qualcosa. — Ti faccio notare — riprese, e ora sorrideva apertamente — che se non ti va di sbottonarti con me, non me ne importa un fico delle tue confidenze. Infatti... S'interruppe e tirò via. Ma cos'avesse voluto dire con queste strane osservazioni, non ne avevo la più pallida idea. 10 Nelle giornate successive le strade rimasero inagibili. Di conseguenza Toni e io rimanemmo all'ospedale, lasciando a Lucinda il comando assoluto della fattoria. Ad eccezione dell'inchiesta su Polly Baines, per la quale
avevo ricevuto l'ordine di comparizione, rimasi completamente tagliato fuori dagli sviluppi interni del nostro mistero locale. Quanto all'inchiesta, portò ben poche novità. Il resoconto del perito settore fu tale da sconvolgere anche i giurati più incalliti, e dopo che il verdetto fu pronunciato, il magistrato inquirente definì il delitto "il più infame e efferato della Contea di Cotuit". Alla luce degli ultimi fatti, soggiunse, appariva ovvio che anche Jo Baines era stato vittima di assassinio premeditato. Quello stesso giorno fu emesso un verdetto in questo senso, e a quel punto, l'assassino di Grindle aveva due delitti al suo attivo. Dopo essere vissuto in mezzo a quei delitti, sembrava strano di trovarsi al di fuori, e dover dipendere dai giornali per avere informazioni. Era pure strano, e anche un po' sconcertante, accorgersi di come fosse diversa la reazione suscitata nel pubblico dalla scomparsa di Gerald Alstone. Evidentemente la strana morte di un oscuro giardiniere e della sua bambina non fa notizia. Un piccolo paragrafo in una pagina di mezzo fu tutto ciò che le dedicarono i quotidiani. Con la scomparsa del nipote di Seymour Alstone, le vicende di Grindle balzarono improvvisamente in prima pagina, con tanto di titoli a cassetta, e i più scadenti rotocalchi davano il voltastomaco coi loro resoconti sui "fatti agghiaccianti avvenuti nella vallata travolta da un'ondata di terrore". Le edicole sfornavano senza sosta al pubblico giornali traboccanti di notizie sensazionali. "Il misterioso assassino che si aggira nella regione..." "Il nipote del magnate dell'acciaio è la nuova vittima?" "Torbide atrocità inaugurano il Regno del Terrore..." "Sangue sotto il ponte: Nuovi orrori in vista?" Durante le settimane successive qualunque ambizioso Dillinger, assetato di pubblicità, avrebbe avuto la delusione di trovare il suo ultimo delitto relegato in seconda pagina. Un noto cantante di musica leggera, che scelse quel particolare momento per divorziare, dovette rassegnarsi a vedere la sua foto piazzata ignominiosamente sotto a quelle di Polly Baines, di Gerald Alstone e di Roberta Tailford-Jones. Roberta stava vivendo la sua ora di celebrità. Atteggiandosi a gran dama dell'alta società concedeva interviste a dritta e a manca, descrivendo con un linguaggio giornalistico brillante e spiritoso le sue reazioni davanti alla caduta del cadavere di Polly Baines dalla quercia. C'era ben poco di Polly, per la verità, in questi racconti, e molto di Roberta. Dichiarava di sentire suo "sacrosanto dovere verso la società" quello di affrontare personalmente la questione, alludendo larvatamente all'incompetenza della polizia, e buttava lì alcune osservazioni oscure a proposito di "sospetti che non si senti-
va ancora autorizzata a rendere di dominio pubblico". Il che, pensai, doveva essere un'insinuazione nei miei confronti, sebbene a quello stadio non avesse la sfrontatezza di far nomi. Ma malgrado questo scalpore, i giornali non avevano nulla di concreto da rivelare. Solo una minima parte dei veri e propri indizi fu comunicata al pubblico. Le vere cause della morte di Polly furono tenute prudentemente nascoste, e alla stampa fu comunicata una dichiarazione generica in cui si attestava che la bambina era stata uccisa con un colpo di arma da fuoco e nascosta nel folto di una quercia, e che dal suo corpo erano state estratte cinque pallottole. Anche la scomparsa del setter di Seymour Alstone fu tenuta nascosta; e Bracegirdle seppe comportarsi con dignità e discrezione sotto tutti i punti di vista. Dichiarò ripetutamente che erano state prese misure radicali per prevenire ulteriori misfatti, e che sarebbe stato fatto tutto il possibile per gettar luce sull'identità dell'assassino. Durante il periodo di maltempo l'attività ospedaliera fu molto pesante, eppure la mia mente era costantemente rivolta a Grindle e al periodo di disgrazie che stava attraversando. Compravo tutti i giornali, scorrendo le colonne piene di pleonasmi e divertendomi un mondo leggendo passi come: "Il dottor Swanson, il noto ricercatore scientifico, è stato intervistato oggi nel suo appartamento di città nel quale si è trasferito per sfuggire alla minaccia dell'orrore senza nome. Ha dichiarato che, a suo parere, questo caso costituisce uno dei più interessanti problemi che il mondo abbia mai conosciuto..." Il mio "appartamento di città" era una modesta cameretta neh" edificio dell'ospedale, e quel pezzo era il risultato di un breve colloquio con una irresistibile cronista bionda, durante il quale avevo detto di essere rimasto all'ospedale perché non me la sentivo di affrontare lo spostamento in macchina con quel tempaccio, e che l'assassino era con ogni probabilità uno psicopatico. Ma ormai eravamo divenuti tutti quanti pane per i denti della stampa e non riuscivamo più ad avere una vita nostra. Io avevo meno motivo di protestare di quanto ne avesse Toni, al quale ci si rifaceva come a "l'arcigno scienziato dal sorriso sardonico che manteneva un ostinato riserbo ogni qualvolta veniva interpellato dal nostro inviato speciale". Fin dal nostro spostamento a Rhodes, Toni aveva assunto un contegno alquanto curioso. Avevo la sensazione sempre più netta che sapesse qualcosa che voleva tenersi per sé, qualcosa che gli imponeva di evitare di trovarsi a quattr'occhi con me, e di respingere ogni tentativo di discutere la questione. Per principio ho sempre rispettato gli stati d'animo altrui, e
quindi non feci nulla per scoprire quale fosse la causa della sua reticenza; però mi trovavo sempre coinvolto in conversazioni di cui non riuscivo a cogliere il significato. Fortunatamente per la mia tranquillità, ero troppo occupato, o troppo ingenuo, per arrovellarmi sul vero significato delle sue allusioni. Durante la settimana facevo frequenti visite a Peter Foote nella sua camera privata all'ospedale. Per il passato lo avevo conosciuto come uno degli studenti più promettenti; ora scoprii che era dotato di un sorprendente buon senso, oltre una certa competenza su parecchi argomenti estranei alla medicina, qualità piuttosto rara per uno studente di medicina. Il primo shock era superato ora e sembrava propenso a parlare di Gerald e a elaborare una teoria che aveva sviluppato. — So di non avere nulla su cui basarmi — disse, protendendosi in avanti, gli occhi scuri tesi e inquieti — ma non riesco a credere che sia successo qualcosa a Gerald. Fin qui l'assassino ha dato prova di essere un individuo piuttosto acuto, e un fine psicologo. Ha scelto liberamente le sue vittime tra gente che non attira di certo l'attenzione del pubblico e della stampa. Polly Baines, Jo Baines, e perfino qualche altro membro della famiglia Baines avrebbe potuto essere ucciso senza che l'intero corpo di polizia fosse mobilitato. Ma uno che toglie di mezzo il nipote di una persona ricca e celebre, cerca rogne. Ora tutti gli occhi della nazione sono puntati su Grindle; sono state impegnate tutte le forze per risolvere questo caso. Le possibilità di scampo sono scarse, e, quel che probabilmente è peggio per lui, ora è praticamente impossibile cedere all'impulso di uccidere, ammesso che l'impulso lo colga. — Batté il pugno sulle coperte. — Non vedete? È stato così incosciente da legarsi le mani da solo! — Molto ingegnoso! — mormorai, prendendo un grappolo d'uva da un prezioso piatto in ceramica posto sul comodino. — E sono d'accordo con te, su questo punto. Da adesso in poi sarà molto difficile per l'assassino colpire ancora. Però non ti sembra estremamente improbabile che Gerald sia scomparso proprio al momento giusto? — Non direste così se lo conosceste. È stato il mio migliore amico fin dal primo anno di università, e credo di capirlo meglio di chiunque altro. Ora, resti fra noi — e abbassò la voce — da un po' di tempo sapevo che voleva andarsene da Grindle. Ha un terrore sacro del vecchio Seymour. Lo odia, e come se ciò non bastasse, ha paura di non riuscire a superare gli esami. Poco tempo fa ebbe un colloquio agitato col nonno per via dei voti scarsi che prendeva. Dopo quella scenata mi disse che non avrebbe più po-
tuto sopportarlo. Giurò che se ne sarebbe andato, e io feci di tutto per dissuaderlo. Ora supponiamo che si trovasse in uno stato d'animo simile la notte in cui avete trovato il cadavere di Polly Baines. Gerald è un tipo fragile e nervoso, come voi sapete. La vista del cadavere che crolla giù dall'albero può essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Probabilmente ha pensato che se fosse scomparso quella notte, tutti avrebbero pensato che fosse morto nello stesso modo di Polly. — Capisco cosa vuoi dire — lo interruppi. — Seymour si sarebbe messo a cercare il suo cadavere, e non avrebbe pensato a cercare lui, vivo. Sì, poteva essere una buona occasione per una fuga. — Certo, dottor Swanson... — Peter esponeva le sue teorie con foga giovanile — ... e io, che ero immobilizzato a causa della gamba rotta, ero nell'impossibilità di fermarlo. Ora, rammentate quella telefonata arrivata per me la notte in cui è scomparso? Be', sono certo che era di Gerald, che voleva dirmi cosa stava per fare. Se solo avessi potuto parlargli, sarei riuscito a far qualcosa! Mi sporsi in avanti con interesse. — Bene, ammesso che tu abbia ragione, Peter, dove potrebbe essersi rifugiato? — Avete interpellato sua madre? — Non penserai mica che sia andato da lei! Peter scosse la testa. — No, sarebbe stato troppo facile. Però potrebbe averle chiesto del denaro. Suo padre gli passa un appannaggio molto scarso, sapete. — Ma la signora Alstone è ricca? — Franklin le passa una grossa somma per gli alimenti, credo. Lei non è certo un tipo generoso, però potrebbe aver sganciato i soldi per far dispetto al vecchio. Odia Seymour che si è interposto tra lei e il marito. — Peter si accese una sigaretta, e io notai che le dita gli tremavano per l'emozione. — Bracegirdle ha controllato le navi in partenza? — Naturalmente hanno fatto tutte le indagini di routine. — Gerald ha sempre avuto una voglia matta di viaggiare. Seymour lo teneva relegato a Grindle. A volte gli descrivevo i posti che avevo visitato, e Gerald moriva dalla voglia di vederli anche lui. — Peter si accalorò. — Se solo la polizia avesse agito un po' più tempestivamente, sono sicuro che lo avrebbero trovato in uno dei vari porti. — È facile criticare la polizia; però può darsi che tu abbia ragione — dissi assestando le coperte che erano scivolate sull'ingessatura — sebbene a me sembra che tu stia perdendo di vista i due punti più significativi.
— Alludete all'armeria e al racconto della signora Baines? Be', in un certo senso sono difficili a spiegarsi, però si possono considerare da un punto di vista psicologico. Vedete, Gerald è la persona più perfezionista che conosca. Una volta deciso di scomparire, o meglio, di fingere di essere assassinato, non si sarebbe certo accontentato di affidarsi al caso. Sono convinto che ha predisposto la messa in scena dell'armeria per avvalorare la cosa. Sedie e tavoli ribaltati, fucili spostati, una pistola mancante; l'incontro con un pazzo omicida è troppo ovvio per essere reale. — E il sangue sparso sul pavimento? — domandai. — Il tocco finale. Naturalmente, non saprei dire come abbia potuto... comunque, non è così difficile procurarsi del sangue con tutte queste galline in giro. È il sangue sulla maniglia della porta che più di ogni altra cosa mi fa pensare che sia tutta una messa in scena. L'assassino stesso non si accorge neppure di svolgere un compito così crudo. Li porta fuori, li lega dietro a un'auto e... — Li lega dietro a un'auto, appunto — lo interruppi. — Che ne pensi dell'auto vista dalla signora Baines? Delle tracce di sangue trovate sul ponte coperto? — Be', questa è un'altra faccenda. — Peter schiacciò la sigaretta e la sua voce si fece stridula per l'emozione. — A voi sembrerà inverosimile, ma io sono convinto che c'è del vero in queste cose, più di quanto la polizia creda. Io personalmente credo al racconto della signora Baines. Però non credo che sia Gerald, quello che ha visto. — Sicché tu credi che ci sia un altro cadavere nella zona? — No, però sono convinto che si trattasse di una pecora o magari di un cane. Vedete, ci ho pensato su a lungo mentre me ne stavo qua disteso, e ho sviluppato una mia teoria sull'assassino, anche se... Sorrisi. — Sentiamola — dissi. — Ebbene, io credo che ci sia sempre un movente a suscitare un raptus di follia omicida, qualche stimolo esterno. Credo che l'assassino fosse alla caccia del procione; abbia assistito alla scoperta del cadavere di Polly Baines, e che la stessa vista di una delle sue vittime abbia scatenato in lui la sete di sangue. Perciò, vedete, non è un semplice caso che l'auto vista dalla signora Baines e la scomparsa di Gerald siano coincise. Erano entrambe motivate dallo stesso fatto: la scoperta del cadavere di Polly Baines. — Tu hai letto troppi trattati, Peter — commentai lanciando un'occhiata al tavolino su cui erano ammucchiati troppi manuali di psichiatria e di psicologia patologica in mezzo ai suoi prediletti libri di viaggi.
Voltandomi, scorsi Toni appoggiato alla porta, intento a sfogliare le pagine di "Inchiesta sui cannibali". — Dunque tu sei interessato all'aspetto psicologico del caso, Foote? — Stava parlando a Peter, ma i suoi occhi erano curiosamente fissi sulla mia faccia. — Anch'io lo sono. Per un istante nessuno parlò, infine Toni riprese: — Vedo che hai un libro sulle Indie orientali. Ci sei mai stato? Peter sorrise. — Sì, due volte. Una volta nel Borneo, una volta nella Nuova Guinea. Quanto vorrei essere laggiù ora, lontano da questa maledetta neve... — Dev'essere interessante. — Toni voltò a caso una pagina. — Ho sempre desiderato studiare la psicologia dei primitivi. La conversazione assunse una piega strettamente scientifica. Quella sera avrebbero tolto il gesso a Peter e l'indomani sarebbe stato in grado di mettere il piede in terra. La frattura si era saldata perfettamente. Uscendo, dissi scherzosamente a Peter che avrei riferito a Bracegirdle i suoi suggerimenti. E il caso volle che incontrassi il vice-sceriffo prima del previsto. Il giorno seguente ero appena tornato e stavo dando un'occhiata al giornale della sera. Sulle prime non riuscii a credere ai miei occhi. In prima pagina, lessi i titoli a cassetta: ULTIMO ATTO NELLA VALLATA DI GRINDLE PAZZO CATTURATO DALLA POLIZIA! "Dal nostro inviato speciale ci giunge la notizia sensazionale che Mark Baines, giardiniere a tempo ridotto e figlio di Jo Baines, una delle vittime, è stato arrestato oggi dalla polizia in correlazione alla morte del padre e della sorellina, e alla scomparsa di Gerald Alstone. Inoltre a carico di Mark Baines ci sono accuse supplementari di torture e uccisioni di animali, fra le quali il massacro dello uistiti della signora Tailford-Jones. I nostri lettori ricorderanno come nella sua ultima intervista, la signora TailfordJones insinuasse che tale risultato fosse imminente..." Proseguiva tracciando un brutto profilo del povero Mark e del suo strano modo di vivere, e spiegava anche come lui non avesse nessun alibi per l'o-
ra dei delitti, e come già fosse stato accusato di avere molestato due bambine parecchi mesi addietro. Leggendo quelle righe, mi ricordai come Valerie e io ci fossimo imbattuti in lui la sera della caccia al procione. Le cose stavano mettendosi male per lui, sebbene io fossi pienamente convinto che Mark era del tutto estraneo al caso. Provai inoltre un senso di rabbia verso Bracegirdle che, ne ero certo, lo aveva arrestato senza avere in mano prove sufficienti. Fu con un certo sollievo che mi ricordai dell'assegno di mille dollari ancora riposto nel mio portafoglio. Perlomeno sarebbe servito a procurare a Mark l'appoggio di un buon legale. Messo da parte il giornale telefonai a Bracegirdle. Mi fu risposto che non era nel suo ufficio, e per di più era diretto all'ospedale. Dieci minuti dopo arrivò con l'aria stanca, logora. Accettò molto volentieri una bibita e, sprofondando nel mio letto, stese le gambe su una poltrona. — Cos'è 'sta storia di Mark? — volli sapere. — Non crederete mica che sia stato lui, eh? — Ecco, dottore — Bracegirdle sorrise stancamente — io a questo punto sono disposto a credere a tutto. Mark è sospettabile come chiunque altro. I suoi alibi sono estremamente vaghi, e Hall lo ha visto aggirarsi intorno alla casa degli Alstone la notte in cui è scomparso Gerald. — Tutto qui? — Ci sono altri elementi contro di lui. È un tipo stravagante, imprevedibile. Inoltre è chiaro che sa qualche cosa. — Cosa intendete dire? — Ci nasconde qualcosa fin dal momento dell'arresto. Nel mio lavoro ci si abitua a capire quando uno è sincero e quando mente. — Ma questo non basta a giustificare un arresto! — Dovrebbe esserci grato — disse cupamente Bracegirdle. — Se non lo avessimo rinchiuso in prigione, non si sa mai cosa sarebbe potuto capitargli. — Cosa diavolo volete dire? — Semplicemente quello che ho detto. Il fatto è che voi mancate dalla vallata di Grindle da parecchi giorni, ormai, e non potete rendervi conto di come stanno le cose là. Credete a me, ormai quel luogo somiglia all'inferno ogni giorno di più. L'intera comunità è in preda all'isterismo, e ora che la signora Tailford-Jones ha cominciato a comportarsi così... — Cosa sta combinando Roberta, ora? — Ma non li leggete, i giornali? Nelle sue forbite interviste Roberta ha preso di mira Mark, e gli ha reso l'ambiente così ostile che se quel villag-
gio si trovasse un po' più a sud, a quest'ora lo avrebbero già linciato. Questo è uno dei motivi per cui lo abbiamo arrestato. Fischiai. — Dio, che razza di donna! Mi piacerebbe rivelare i suoi altarini, un giorno o l'altro. — Io ci andrei piano. — Bracegirdle stava fissandomi con sguardo perspicace. — La signora Tailford-Jones ha anche dichiarato che Mark aveva un complice. Naturalmente non sto insinuando niente, ma se fossi in voi cercherei di non manifestare così apertamente la vostra simpatia per Mark. — Sicché la cara Roberta continua a fare insinuazioni sul mio conto! — Mi avvicinai al tavolino e presi una sigaretta. — Non è successo niente di nuovo, suppongo? — Niente di importante. Il signor Alstone ha reso noto che offrirà una taglia di cinquemila dollari a chi ritroverà suo nipote, vivo o morto. A proposito, questa gli è arrivata con la posta del mattino. Bracegirdle si frugò in tasca e mi porse una busta. Aveva il timbro di Grindle e conteneva un foglio di carta da lettere comune sul quale era scritto a macchina il seguente messaggio anonimo: "Ora state ricevendo lo stesso trattamento che avete fatto agli altri, e che vi meritate ampiamente. Credete di riuscire a cavarvela grazie al vostro denaro, come avete sempre fatto per il passato? Ebbene, questa è una cosa che il vostro denaro non riuscirà mai a comprare. Vi sta bene." La restituii al vice-sceriffo. — Perlomeno Mark non può averla scritta — commentai. — Cosa ne farete? — Quando le cose sono a questo punto — rispose — non prendo molto sul serio le lettere anonime, però... non si sa mai. Bisogna considerarle una semplice questione di routine. — A proposito di routine — osservai — un individuo alquanto sgradevole è venuto a prendermi le impronte digitali, stamattina. Sono per caso nella lista degli indiziati? Bracegirdle sorrise. — Sto facendole prendere a tutti gli abitanti della vallata, dottor Swanson. Potremmo cavarne qualcosa di utile. Ci sono quelle impronte nell'armeria, da controllare, sapete. È l'unica cosa che possiamo fare finché la neve non si scioglie. È inutile scavare alla cieca in cerca del cadavere, e nemmeno i segugi possono servirci.
— Nessun aiuto da parte dei vicini? Bracegirdle si accigliò. — Ho smesso di aspettarmi aiuti. Non sembrano nemmeno in grado di fornire alibi decenti. Nel migliore dei casi sanno solamente sostenersi l'un l'altro. Secondo me hanno tutti qualcosa da nascondere. Ma io non posso arrestarli in massa! — Trangugiò il resto della bibita, e posò il bicchiere vuoto. — Non andremo avanti di un passo finché non avremo trovato il cadavere. — Peter Foote non crede che sia morto — osservai, e gli riferii quello che Peter mi aveva detto il giorno prima. Il vice-sceriffo ascoltò pazientemente. — Se può interessare al vostro giovane amico — disse infine — potete informarlo che abbiamo fatto tutto quello che lui suggerisce, senza approdare a nessun risultato. I porti sono stati sorvegliati. Il sangue rinvenuto sul ponte è stato analizzato. Ieri ho interrogato la signora Alstone. — Che genere di donna è? — Dev'essere stata bella, un tempo. Lo si capisce guardandola attraverso lo strato di belletto. — Ne avete ricavato qualcosa? Scosse la testa. — Non vedeva il suo caro, amato figliolo da mesi. Ha passato un'ora intera a dirmi che razza di carogna sia il signor Alstone, e come le abbia rovinato la vita. Però è stata chiara per quanto riguarda Gerald. Non è andato da lei. — Gerald aveva altri amici? — Nessuno che io abbia potuto rintracciare. — Dunque voi non credete che sia vivo? Bracegirdle grugnì. — Per me è morto, checché ne dica Peter Foote o qualunque altro giovane Philo Vance. Quella sera stessa andai a trovare Mark in prigione. Feci del mio meglio per convincerlo a parlare, ma sembrava aver perso ogni fiducia in me. Se ne stava seduto cupamente sul pavimento della cella e non riuscii a cavare da lui altro che qualche monosillabo. Sebbene fossi convinto di conoscerlo abbastanza bene per dubitare della sua innocenza, dovetti ammettere che aveva tutta l'aria di nascondere qualche cosa. Sembrava non voler prendere atto che il padre di Peter gli aveva lasciato mille dollari. Si rifiutò ostinatamente di accettare l'assegno e fece orecchi da mercante quando lo consigliai di chiedere assistenza legale. Un'unica cosa lo preoccupava: la sorte dei suoi animali e dei suoi fiori. Quel suo mutismo ostinato mi convinse che le cose si prospettavano ma-
le per lui. Il pubblico aveva prontamente visto in lui il capro espiatorio, il soggetto al quale affibbiare tutti i vaghi sospetti e timori. Il fatto poi che nessuna atrocità fosse stata compiuta dopo la sua cattura induceva anche i membri più equilibrati della comunità a pensare il peggio. Ciò nonostante il suo arresto non era riuscito a ristabilire la pace e la serenità nella vallata. Un bel giorno i Goschen si trasferirono in un appartamento di città dove, come Millie spiegò per telefono, i bambini avevano maggiori probabilità di "sopravvivere". Mi dissero che in giro per Grindle non si vedevano più né bambini né animali. La polizia aveva diramato l'ordine di tenerli chiusi sotto chiave. Non mi ero reso conto che la faccenda era arrivata a questo punto. Quando ormai cominciavo a credere che non si sarebbero verificati ulteriori complicazioni, ricevetti una lettera. Aveva il timbro di Grindle ed era scritta a macchina su carta comune, simile a quella dell'altra lettera anonima. Diceva: "Non è solo all'ospedale che gli animali vengono torturati, vero? Non è solo per scopi umanitari che i bambini e le creature innocue vengono massacrati. Credevate di avere voi il monopolio di tutto questo, vero? Ebbene, forse avete ragione!" Lessi il curioso messaggio e lo porsi a Toni, che era appena entrato. Me lo restituì con un sorriso. — Bene, bene, Doug — disse lentamente. — Questa non te l'aspettavi, eh? — e mi guardò con un sorrisetto enigmatico. 11 Dopo una decina di giorni il tempo cambiò. Il venerdì mattina mi svegliai con un senso di stanchezza, di pesantezza. L'aria che penetrava dalla finestra aperta era tiepida, e vidi che durante la notte i cumuli di neve gelata ammucchiati lungo la strada si erano abbassati. A mezzogiorno rigagnoli d'acqua colavano giù per le cunette delle strade, e in giro per Rhodes non si vedevano più né giacche di pelliccia né nasi rossi per il gelo. All'ospedale m'imbattei in Peter Foote che, con l'aiuto di una gruccia, era ora in grado di partecipare a quasi tutti i corsi. Sentendo che Toni e io avevamo deciso di tornare a Grindle quella sera, ci chiese un passaggio. Vole-
va vedere il signor Alstone, spiegò, per partecipare ufficialmente alle ricerche di Gerald. Era tardo pomeriggio quando noi tre arrivammo nella vallata. Non dimenticherò mai la strana sensazione di ansia e di eccitazione che provai passando vicino alla quercia di Grindle. Credo che anche gli altri provassero le mie stesse impressioni. Nessuno di noi parlò, eppure il nostro silenzio era più eloquente delle parole. Mentre aiutavamo Peter a salire sul portico degli Alstone, Franklin se ne stava fermo là solo, assorto a fissare la neve. Era difficile rendersi conto che era il padre del ragazzo la cui scomparsa aveva sollevato un'ondata di sdegno in tutto il paese. Era una figura del tutto oscura e insignificante, destinata a ricoprire sempre un ruolo di secondo piano nella vita. Mi chiesi fino a che punto la disgrazia lo avesse toccato personalmente. Si preoccupava per la scomparsa del figlio? Era veramente un personaggio così insignificante come era parso ai vari corrispondenti dei giornali, che lo avevano completamente trascurato per dare tutto rilievo alla figura aggressiva di suo padre? Ascoltò in silenzio la richiesta di Peter di partecipare alle ricerche di Gerald. — Molto gentile da parte tua — disse infine. — Bisogna chiederlo a mio padre. Il mio primo compito dopo aver rivisto la vispa Lucinda fu di andare dalla signora Baines per consegnarle i mille dollari. La trovai in piedi e occupata nelle faccende domestiche, quando arrivai. Stava pelando le patate, circondata da una massa di marmocchi urlanti. Le dissi del gesto del signor Foote e le consegnai l'assegno. Lei lo accettò senza dimostrare né gratitudine né entusiasmo, mormorando che quei soldi le avrebbero fatto comodo ora che non c'era più nessun uomo in casa. La sua mente era chiaramente distratta altrove; continuava a guardare fuori dalla finestra la neve che riluceva ancora debolmente in quella luce opaca. Immagino che, come tutti gli altri abitanti della vallata, paventasse il disgelo, nel timore di quello che avrebbe potuto succedere ora che la neve stava sciogliendosi e Grindle sarebbe rimasta di nuovo nuda ed esposta agli attacchi. Lungo la strada di ritorno a casa feci una deviazione, imboccando il sentiero che conduceva alla strada per Lampson. Era strano vedere la casa dei Goschen buia e deserta, quella casa che era stata sempre splendente come un faro. Invece i Tailford-Jones continuavano a sprecare la solita quantità di energia elettrica. Quasi tutte le finestre erano illuminate, e si vedeva
Roberta agitarsi in giro per il salotto. Per un attimo assorbì la mia attenzione, e non mi accorsi di Edgar fermo vicino al cancello. — Sicché siete tornato fra noi, dottor Swanson. — La sua voce era bassa e tranquilla. — Oh, buona sera. Non vi avevo visto. — Capita spesso che la gente non mi veda. — Il piccolo colonnello batté leggermente le dita sul legno del cancello. — Ebbene, presto la neve sarà sciolta. — Già, è stato un gran brutto mese, vero? Edgar si sporse sopra il cancello, e, alla luce che trapelava dalla casa, mi accorsi che sorrideva. — Assai spiacevole, dottore. Mi domando cosa ci riserverà gennaio. Nella sua voce c'era una nota difficile da interpretare. — Non parliamo di gennaio per ora — ribattei scherzosamente. — Prima c'è Natale. — Già, Natale. — Il colonnello parve meditare sul significato della parola. — "Pace in terra e agli uomini di buona volontà", non è così? Auguriamocelo! Buona notte, dottor Swanson. Si girò e io vidi la sua figura minuscola allontanarsi per il vialetto. Quando arrivai a casa trovai Toni impegnato a intrattenere Valerie e la signora Middleton nel salotto. Rivedendo Valerie mi resi conto di quanto mi fosse mancata. — Salve, Doug — mi salutò sorridendo. — Sono lieta di riaverti qui fra noi. — Già... — gli occhietti azzurri della signora Middleton stavano fissandomi con sguardo solenne. — ... ora che i Goschen se ne sono andati, voi siete gli unici amici che ci restano qui nella vallata. Dobbiamo restare uniti tutti quanti, in momenti come questo. Toni mi portò una bibita. — Dicono che le cose siano state piuttosto dure, durante la nostra assenza. — Hanno preso a tutti quanti le impronte digitali — interloquì Valerie. — Inoltre dobbiamo evitare di uscire col buio. Dappertutto ci sono poliziotti che ti chiedono dove vai e cosa fai. Non ci è permesso di portar fuori Sancho, in questo periodo. — Lo sguardo le s'intenerì, mentre parlava. — A proposito, sta molto meglio, e ha una voglia matta di muoversi! La signora Middleton si agitò inquieta, lanciando un'occhiata alla finestra. — La polizia farà quello che può — disse — ma non può impedire che accadano le disgrazie. Non se ne vede una fine. La neve sta scioglien-
dosi, e quando si sarà sciolta del tutto... — Oh, mamma, cerchiamo di non fare gli uccelli del malaugurio, stasera. — Valerie andò al pianoforte e si mise a suonare. Da quel momento in poi, malgrado la tetraggine della signora Middleton, l'ombra della morte parve temporaneamente dissiparsi. Fu solo quando le nostre ospiti si disposero ad andarsene che fummo richiamati bruscamente alla realtà. Eravamo fermi davanti al cancello quando udimmo un suono di passi che si avvicinavano, e il fascio luminoso di una torcia elettrica fu proiettato verso di noi. — Le signore non possono uscire sole — tuonò una voce burbera. — Uno di voi signori può scortarle? — Sì, agente — rispose Toni. — Vado io. — D'accordo, amico, però fareste meglio a munirvi di torcia elettrica. Il poliziotto si allontanò facendo scorrere la torcia di qua e di là. Appena i tre si furono allontanati, il telefono squillò. Era Peter Foote, e chiamava da casa Alstone. La sua voce era stridula, eccitata. — Pronto! Il dottor Swanson? Avete sentito le novità? Mark è fuggito! — Fuggito? — Sì. Questo pomeriggio. Bracegirdle ha appena telefonato al signor Alstone. Sta arrivando da Rhodes con una squadra armata. — Com'è successo? — Non lo so, esattamente. — Hai idea dove sia andato? — Bracegirdle sembra credere che sia diretto da questa parte. Niente di preciso, però. Spero quasi che Mark ce la faccia. Gli devo molto. Mentre parlava mi balenò in mente un'idea che richiedeva un'azione rapida. — Senti, Peter — dissi — vuoi farmi un favore? Tieni Bracegirdle occupato per un po', quando arriva. Inventagli qualche storia, fa' quello che puoi, ma non lasciargli inseguire Mark, per ora! Credo di sapere dov'è, e non voglio che una squadra armata gli si scateni addosso. Tutto qui. — Va bene, dottore, farò come dite. Correte, però. Ho l'impressione che stiano per arrivare. Sbattei giù la cornetta e corsi fuori sul sentiero. Davanti a me vidi lampeggiare la torcia del poliziotto. — Ehi voi, che fate? — Sono il dottor Swanson — gridai, e mi allontanai di corsa.
Fece per seguirmi, ma poi cambiò idea. Aveva stabilito, pensai, che ero al di sopra di ogni sospetto. Era una notte buia, e il terreno era sdrucciolevole. Davanti a me si parava, vago e indistinto, il ponte coperto. Lo attraversai e mi precipitai verso il villino dei Baines. Le finestre erano buie, riparate dalle tende. Rasentando il muro mi diressi verso la vecchia stalla e aprii la porta con una spinta. Era aperta. Dentro era buio pesto. Avanzai a tastoni e inciampai in un ostacolo. Accesi un fiammifero in fretta e furia, e al tremolio della fiammella, scorsi una gabbia vuota. Anche le altre erano vuote. Qualcuno aveva liberato gli animali. — Mark! — sussurrai. Non ci fu risposta. Chiamai di nuovo e raggiungendo la scala a chiocciola, salii nel solaio. — Sono il dottor Swanson, Mark. Non devi aver paura. Mentre procedevo rasentando il muro, urtai con la faccia contro qualcosa di morbido e a un tratto venni avvolto da una zaffata di profumo denso. — Sei lì, Mark? Sentii distintamente il suo respiro e avvertii anche che mi stava tenendo d'occhio. Avevo sempre avuto l'impressione che Mark fosse in grado di vederci al buio, e quasi mi aspettavo che i suoi occhi brillassero nell'oscurità come quelli di un gatto. Mossi lentamente in avanti, tendendo le mani per farmi strada. Infine urtai contro la sponda del letto, e le mie dita toccarono la stoffa ruvida di una giacca maschile. — Mark, perché non mi hai risposto? Tirai fuori una scatola di fiammiferi e accesi una delle candele che teneva accanto al letto. Si era drizzato a sedere, fissandomi con gli occhi sbarrati. — Ma come diavolo hai fatto a venire qui? — Ho afferrato l'occasione, e sono saltato su un camion. — Ma perché, Mark? Cosa credi di fare? Se ti trovano, spareranno. — Ma io devo tornare qui a dare un'occhiata ai miei animali, no? Tommy è un bambino. Non sa curarli come si deve. — Dunque sei fuggito dal carcere per questo? — Li ho rimessi in libertà. Stanno meglio fuori, ora che la neve si è sciolta, anziché prigionieri qua dentro, senza di me. — Ascolta, Mark. La polizia sarà qui da un momento all'altro. Tu andrai con loro, vero? — È tutto a posto, ora che gli animali sono liberi. Tommy è capace di
annaffiare le piante. Si alzò e cominciò a muoversi per la stanza, toccando le foglie e i fiori. Lo seguii. Era come trovarsi alle prese con un bambino. — Quando arriva la polizia... — La polizia! — Sorrise improvvisamente. — Se volessi, potrei raccontargli certe cose... Ma a cosa serve? Loro non capirebbero. Non capiscono mai niente! Gli posai una mano sul braccio. — Tu ne sai qualcosa di quei delitti, Mark? Perché non me lo dici? Lui non rispose e alla luce della candela vidi che i suoi occhi avevano assunto ancora una volta un'espressione vaga. Mentre ce ne stavamo là in silenzio, sentii un'automobile fermarsi con stridio di freni sulla strada. — È la polizia, Mark. Tu resta qui e promettimi di non muoverti. Quella gente ha il grilletto facile. Se tenti di scappare, spareranno. Si avvicinò docile e sedette sul letto. Sotto, si sentivano grida e il rumore di passi pesanti. Affrettandomi giù dalla scaletta, mi precipitai alla porta e la spalancai. La striscia di prato che conduceva al villino era affollata di figure indistinte. Non appena la porta si aprì, parvero irrigidirsi. Se fossi riuscito a distinguere, so che avrei visto le canne di una quindicina di pistole. — C'è Bracegirdle là? — gridai. Uno degli uomini si staccò dalla squadra. — Dottor Swanson! — La voce del vice-sceriffo era soffocata per lo stupore. — Cosa diavolo ci fate, qui? — Voglio assicurarmi che non succeda niente a Mark. È qui a disposizione. Ora salgo da lui con voi. Non c'è bisogno del vostro reggimento. Mi segui nel granaio, e io gli spiegai brevemente perché Mark fosse fuggito. — Sentite, Bracegirdle — dissi, e per la prima volta dall'inizio del caso ricorsi a quel poco di autorità di cui disponevo. — Io credo che voi mi rispettiate quanto io rispetto voi. Siamo amici, e prima d'ora non ho mai criticato il vostro modo di condurre le indagini. Però voglio dirvi qui, ora, che state prendendo una grossa cantonata se credete che Mark abbia qualcosa a che fare con quei delitti. È un ragazzo, ed è assolutamente innocente! La faccia di Bracegirdle era vicina alla mia. Nell'oscurità sentivo il suo respiro calmo. — Forse avete ragione, dottor Swanson — rispose lentamente — e forse
avete torto. Ma, assassino o no, quel ragazzo sa qualcosa, ed è mio dovere scoprire di cosa si tratta. Posso capire quel che provate. Voi lo conoscete, lo avete in simpatia, ma... — Niente "ma"! — ribattei. — Io sono medico, e vi dico che se insistete a tormentarlo così, perderà quel barlume d'intelligenza che gli resta. Può darsi che abbia visto qualcosa, e può anche darsi che abbia visto commettere un delitto. Bene, non riuscirete a cavargli fuori un bel niente, sbattendolo in galera. L'unica maniera per convincerlo a parlare, è di conquistarne la fiducia. — Va bene, dottore. Non gli verrà torto un capello. Venite, sarà meglio prenderlo. Quando entrammo nel granaio, Mark si alzò. Senza dire una parola, ci passò davanti e cominciò a scendere la scaletta. Giunto da basso rimase ad aspettare pazientemente che scendessimo. La vista della squadra di poliziotti sembrava non avergli fatto né caldo né freddo. Chiuse con cura la porta della stalla e si lasciò condurre verso l'auto. — Sta' tranquillo per le tue piante! — gridai. — Farò in modo che Tommy le tratti con cura. L'indomani mattina durante il breakfast raccontai a Toni l'accaduto. Lui mi ascoltò in silenzio, lo sguardo fisso sul prato dove ora c'era solo qualche mucchietto di neve sporca. Quand'ebbi terminato, prese una fetta di pane tostato e la imburrò piano. — Tu sai cosa diavolo Mark nasconda alla polizia? — domandò. — No, non lo so. Magari è una cosa priva d'importanza. Magari si tratta di fantasie. Con Mark non si sa mai. — Non ti ha mai detto niente, nemmeno prima che lo arrestassero? — Mai un accidente di niente — risposi seccato. — E lo sai benissimo. Toni sorrise con quello strano sorrisetto che aveva adottato in quegli ultimi tempi. — È proprio quel che stavo pensando, Doug. Passami la marmellata d'arancio. Mangiammo in silenzio per qualche minuto. A un tratto alzai gli occhi e scorsi Valerie arrivare a cavallo lungo il sentiero. Ci salutò con un cenno, indicandoci che stava venendo da noi. Feci un cenno col capo e agitai una mano per salutarla. — Si è alzata presto — osservai, trangugiando l'ultimo sorso di caffè. — Forse aveva voglia di ricominciare a cavalcare. Charlie vuole tenere i suoi
cavalli in esercizio, si vede. Toni grugni e si accese una sigaretta. — Vado ad aprirle — dissi. — Se vai in giardino — gridò mentre andavo in anticamera — potresti chiudere il garage. Credo di averlo lasciato aperto, la scorsa notte. Rimasi un attimo sulla porta, ad aspettare che Valerie legasse Esmeralda. Sembrava prendere tempo, e stavo per andare a vedere perché ci mettesse tanto, quando lei corse verso di me. Sebbene sembrasse così allegra e di buonumore quando l'avevo vista passare davanti alla finestra poco prima, capii immediatamente che nel frattempo doveva essere successo qualcosa di terribile. Era mortalmente pallida. In mano teneva un pezzo di corda. Me lo gettò e rimase li a fissarmi negli occhi. — Tieni, Doug — mormorò con voce rauca e forzata. — Tu saprai cosa farne. Prima che potessi aprir bocca per chiedere una spiegazione, mi passò davanti per entrare nella sala da pranzo. Tastai la corda, stordito. Era leggera, non più consistente della corda di una tenda. Una delle estremità era annodata e macchiata di un marrone sporco. La fissai stupefatto e poi, infilandomela in tasca, rincorsi Valerie. Era ferma davanti alla finestra, e stava parlando con Toni, con un'espressione che non le avevo mai visto prima. Mi accorsi per la prima volta che poteva essere durissima, se lo voleva. — Meno male che la neve s'è sciolta, eh, Toni? — stava dicendo. Lui le offrì una tazza di caffè, ma Valerie scosse la testa. — A proposito, qual è la taglia per chi trova Gerald? — riprese lentamente. — Cinquemila dollari, vero? Annuimmo tutt'e due, fissandola stupefatti. — Immagino che la pretenderete, no? Toni si alzò. — Dove diamine vuoi arrivare, Valerie? — Dunque voi non sapete dov'è? — No, naturalmente. — Bene, allora ve lo dirò io. — Si voltò e mi fissò dritto negli occhi. — L'ho appena trovato. È là disteso nel vostro cortile, poco distante dalla porta del garage. 12
La fissammo increduli. — Non ci credo — dichiarai infine. — Va' a vedere coi tuoi occhi, allora. Valerie andò risolutamente alla porta e noi la seguimmo attorno alla casa fino al tratto di terreno davanti al garage. Là, incuneato tra un mucchio di fango e il muretto che delimitava il cortile, giaceva un corpo; era seminascosto dal mucchio di neve sporca ancora attaccata alla base del muro, e doveva essere lì da un bel po' di tempo. Mi curvai e ne scrutai la faccia. Era inequivocabilmente Gerald Alstone. — Dio mio! — esclamai. — Dev'essere li da quando ha cominciato a nevicare. Gli occhi di Valerie fissarono i miei con un lungo sguardo scrutatore. — Sì — disse infine. — Fin dalla caccia al procione... e voi non ne sapevate niente! Insieme a Toni compii un esame sommario. Il corpo si trovava in un ottimo stato di conservazione, sebbene Gerald doveva essere morto da quasi due settimane. Lo strato di neve doveva aver arrestato il processo di decomposizione. La bocca era contratta in uno strano sogghigno e gli occhi sporgevano come se il ragazzo fosse stato in preda a una violenta emozione, al momento della morte. Toni stava sollevando con cautela la testa che era conficcata nel mucchio di neve gelata formando una piega grottesca, innaturale. — Uhm — mormorò. — Guarda qui che macello! Sulla parte destra della testa c'era un foro rotondo dal quale si potevano vedere fibre disseccate e materia cerebrale. — Ucciso con un colpo di pistola! — esclamai. — Il proiettile ha passato il cranio da parte a parte. Toni, che sembrava non accorgersi della presenza di Valerie, aveva estratto dalla tasca una lente d'ingrandimento, e stava esaminando i margini della ferita. — Sparato da vicino — mormorò. — Il nostro amico stavolta è stato un po' più umano. — Mi guardò con uno strano sorriso negli occhi; poi cominciò a ispezionare i polsi e le caviglie del cadavere. — Qualcosa di strano? — domandai. — Cosa ne dici di "questa"? Parlando, Toni sollevò la gamba sinistra del cadavere. Lì, attorcigliata intorno alla caviglia, c'era un pezzo di corda sporca di sangue. La replica, notai con un improvviso senso di apprensione, del pezzo che Valerie mi
aveva appena dato. Voltai rapidamente gli occhi verso il garage, che era aperto, con in vista le parti posteriori delle due grandi Plymouth; poi il mio sguardo si spostò su Valerie, che se ne stava immobile, le labbra serrate. Aveva forse trovato quel pezzo di corda attaccato all'auto di Toni? Me lo aveva forse dato perché voleva proteggerlo? Una serie di strani, inquietanti sospetti si fece strada nella mia mente. — Guarda i vestiti, Doug. — riprese Toni. — La solita vecchia storia. Ridotti a brandelli. E queste escoriazioni, anche. Si direbbe che il nostro assassino sia un tipo abitudinario. Solo che stavolta si è cimentato con un cadavere nella sua folle corsa in auto. — Un cadavere! — proruppe Valerie. — Dunque Gerald era già morto quando è stato trascinato per la strada. — Così sembra, però non potrei giurarlo. — Grazie a Dio! — Chiuse gli occhi, tirando un sospiro di sollievo. Fui io a fare la domanda più ovvia. — Come diavolo ci sarà arrivato, qui? Naturalmente nessuno rispose. Per un momento restammo muti tutti e tre. Fu Valerie a rompere il silenzio. — Ma non sarebbe meglio che qualcuno chiamasse Bracegirdle? — suggerì. Mi affrettai verso casa, e dopo aver riferito la scoperta al vicesceriffo, raggiunsi gli altri nel cortile. — Viene subito — annunciai. — Ha detto di non toccare niente. Se l'intera faccenda non fosse stata così tragica, ci sarebbe stato un che di comico in quella scena: noi tre in piedi con aria solenne, vicino a quel fagotto sudicio che giaceva nel nostro cortile, intenti a fissare quel corpo per il quale erano state svolte ricerche così lunghe ed estenuanti per tutta la campagna. — La mamma lo aveva detto che, scomparsa la neve, sarebbe successo qualcosa — osservò Valerie rabbrividendo. — Non avrei mai pensato che sarebbe stato così... così orribile. Seguì un silenzio pieno di tensione. Provai un desiderio irresistibile di romperlo per richiamare tutti e tre alla realtà. — La prenderai tu la ricompensa, Valerie — dissi sforzandomi di assumere un tono disinvolto. — Cinquemila dollari sono una bella sommetta! — Già, che bellezza! — Il suo tono era troppo calmo per essere sincero. — Però ti dimentichi che era mio cugino. E ora, se non vi spiace, vado dentro. Mi sento male.
Corse via, respingendo la mia offerta di accompagnarla. Strano, ma fu con un certo sollievo che poco dopo vidi l'autopattuglia fermarsi fuori del cancello. Bracegirdle corse verso di noi insieme al magistrato inquirente e a un gruppetto di poliziotti. Era metodico e imperturbabile come sempre. Doveva essersi accorto di quanto fosse assurda per noi la situazione perché fece del suo meglio per imprimere alle indagini un tono freddo e impersonale. Mentre il magistrato inquirente stava compiendo il suo esame, io condussi il vice-sceriffo in casa per interrogare Valerie. Le rivolse pochissime domande, poi le disse che poteva tornare a casa, se lo voleva, ma che doveva tenersi pronta a testimoniare ufficialmente la scoperta del corpo di Gerald Alstone. Dopo che Valerie se ne fu andata, io e Bracegirdle tornammo al garage, e notai che nel frattempo si era fermata una seconda auto. Il magistrato inquirente aveva terminato il suo esame, e stava parlando col procuratore distrettuale e un signore anziano dai capelli bianchi che riconobbi essere lo sceriffo in persona. Il vice-sceriffo si avvicinò a loro e per qualche minuto i quattro funzionari parlarono tra loro. Infine Bracegirdle e i suoi uomini iniziarono una ricerca minuziosa nel cortile. Durante l'operazione Bracegirdle non fece alcuna allusione al fatto che il corpo di Gerald era stato trovato nel nostro cortile, però di tanto in tanto notavo che i suoi occhi andavano dal garage aperto al cadavere. Le sue conclusioni erano ovvie. Poco dopo giunse da Rhodes il carro funebre. Ormai, riflettei, stavo diventando un esperto in materia di procedura della polizia. Gerald fu estratto con cautela dallo stretto spazio dietro al cumulo di neve sudicia, e trasportato sul carro funebre. — Più tardi dovrò farvi qualche altra domanda, dottor Swanson — stava dicendo Bracegirdle — ma non è il caso di disturbarvi ora. Lascio qui parecchi uomini, e il cortile sarà cintato con un cordone. Temo che per oggi non potrete servirvi delle vostre auto. Raggiunse lo sceriffo, il magistrato inquirente e il procuratore distrettuale, e insieme si avviarono per il vialetto. Io e Toni li seguimmo. Al cancello, Toni si rivolse al magistrato. — Se permettete vengo con voi all'obitorio, dottore — si offri. — C'è sempre qualcosa da fare per me, e io e Brooks lavoriamo spesso insieme. Il magistrato inquirente lanciò un'occhiata allo sceriffo e poi al vicesceriffo. — Dolente, dottor Conti — rispose Bracegirdle in tono sbrigativo — ma
è meglio che il dottor Brooks se la cavi da solo. Date le circostanze... — fece una pausa — ... be', lascio giudicare al vostro buon senso, dottore. Toni si strinse nelle spalle. Il resto di quel sabato fu un vero incubo. Non me lo scorderò mai. Prima di tutto il nostro garage e il cortile furono cintati con un cordone, e occupati dalla polizia. Non potendo raggiungere le nostre auto, eravamo praticamente prigionieri. Dopo esserci rigirati un po' per la casa, Toni riuscì a scappare dalla porta di servizio e mi lasciò là solo ad affrontare la schiera dei fotografi, della stampa e dei curiosi. Per l'una la notizia doveva essere trapelata alla stampa, poiché, a quanto pareva, tutti i visitatori più curiosi di Rhodes e delle città vicine avevano deciso di passare un piacevole sabato pomeriggio guardando a bocca aperta il punto in cui era stato trovato il cadavere. Il numero di macchine posteggiate fuori della nostra casa faceva pensare a un ricevimento principesco. Il telefono squillava incessantemente. "Dottor Swanson, ma è vero che... nel vostro cortile..." "La signorina Middleton ha trovato il cadavere?..." "Ditemi se è veramente fidanzata col dottor Conti". Cominciavo ad averne veramente le tasche piene. Alla fine incaricai Lucinda di fare la parte dell'"Angelo con la spada di fuoco", e da quel momento in poi, guai allo sfortunato cronista o ai curiosi che tentavano di comunicare di persona o per telefono. Solamente una volta sentii la voce della donna raddolcirsi. Nel tardo pomeriggio era andata a rispondere al telefono con la consueta diffidenza, ma immediatamente cambiò tono. — No, signorina — rispose con voce sommessa. — Non c'è, signorina. No, non lo so, signorina. Va bene, signorina. — Chi era? — domandai mentre riagganciava. — La signorina Middleton, signore. Cercava il dottor Conti. Lucinda si affacciò sulla soglia con la faccia raggiante, poi si affrettò a tornare in cucina. Per l'ennesima volta estrassi dalla tasca il pezzo di corda annodato che Valerie mi aveva consegnato furtivamente quella mattina. Cosa significava? Quelle macchie erano semplici macchie di sudiciume o... di sangue? Perché era stata così reticente, così evasiva? Poteva essere questa la spiegazione dello strano contegno che Toni aveva avuto dopo la notte della caccia al procione? Camminai su e giù per il salotto, spremendomi il cervello per trovare
una risposta alle domande che mi assillavano. Alla fine non resistei più, e chiamai Valerie al telefono. La voce della signora Middleton m'informò piuttosto bruscamente che sua figlia non stava troppo bene e quindi non poteva venire al telefono. Era ovvio che anche loro si erano beccate la loro parte di interrogatorio e indagini. Arrivò la sera, e Toni non era ancora tornato. Nel frattempo avevo cominciato a bere e stavo per raggiungere un piacevole grado d'insensibilità se Lucinda non mi avesse interrotto per servirmi un pranzo ancor più squisito del solito. Credo che quella candida creatura si divertisse un mondo, tutto sommato. Poteva scatenare i suoi istinti protettivi. Cronisti, vicini, curiosi: tutti capitolavano davanti a Lucinda che difendeva strenuamente la nostra casa. Perfino Bracegirdle, quando finalmente arrivò dopo pranzo, durò fatica a ottenere il permesso di entrare. Stavo bevendo il caffè tutto solo quando sentii la sua voce, sommessa e quasi umile in confronto a quella della "nuova" Lucinda. Balzai in piedi e lo feci entrare. Il vice-sceriffo era pallido e stravolto. La tensione costante delle ultime settimane, le notti insonni, il febbrile susseguirsi delle indagini, lo avevano segnato profondamente. Gli indicai una poltrona; lui sedette pesantemente, tirando fuori la sua immancabile pipa. — Ebbene, Bracegirdle — esordii dopo un attimo di silenzio — siete venuto qui per fare due chiacchiere, oppure avete qualcosa da dirmi? Bracegirdle mi lanciò un'occhiata, poi abbassò gli occhi a fissarsi i piedi. — L'autopsia ha dimostrato che Gerald Alstone è stato ucciso con una pistola calibro 32 — cominciò lentamente. — Lo stesso tipo di arma che manca dall'armeria del signor Alstone. Il colpo è stato sparato, si direbbe, da qualcuno che gli stava vicino. La morte è stata istantanea. A parte questo, possiamo fare solo delle congetture, però si direbbe che sia stato legato a un'auto e trascinato per un tratto di strada. Il suo corpo era nelle stesse condizioni di quello dei due Baines, lacerato, pieno di contusioni. Solo che stavolta, stando a quanto dice Brooks, la vittima era già morta prima che questo accadesse. — Anche Toni ne è convinto. Peccato che non sia qui. È profondamente interessato alla faccenda. Bracegirdle si schiari la gola. — Sarebbe meglio che non lo fosse — disse a un tratto. — Mi trovo in una situazione difficile, dottor Swanson, e sono convinto che voi siete l'unica persona in grado di aiutarmi e consi-
gliarmi. Da quando avete salvato la vita a mia moglie, la scorsa primavera, io provo per voi... — Non esageriamo — dissi ridendo — e beviamo qualcosa. Lucinda ci portò due enormi "mint julep''. Bracegirdle stava rigirandosi il bicchiere fra le dita come se fosse riluttante a portarselo alle labbra. — Ho un grande rispetto per voi, dottore; inoltre voi avete avuto un contegno estremamente leale nei miei confronti durante questa squallida faccenda. È per questo che... — s'interruppe per bere una grossa sorsata di "mint julep". — ... per questo detesto dirvi quanto sto per dirvi. — È a proposito di Mark? — No, peggio. — Il tono di Bracegirdle era mortalmente serio, ora. — Si tratta del dottor Conti. Scoppiai in una risata un tantino troppo forzata, sperando nel mio intimo che Bracegirdle non avvertisse la stonatura. — Bracegirdle, mi pare che questa faccenda vi stia dando alla testa! — Può darsi, anzi, lo spero proprio. Ecco perché ho pensato che forse... se ne parlassimo un po' assieme, forse riusciremmo a chiarire le cose. Vedete, dottor Swanson, io mi picco di essere diverso da quei poliziotti che s'incontrano nei romanzi... e nella vita, che s'intestardiscono nelle loro teorie, giuste o sbagliate. Accetto le critiche, però... insomma, il procuratore distrettuale mi ha dato una bella lavata di testa oggi; in "alto loco" premono perché vogliono fatti, e non parole. — Certo sarà dura per voi, Bracegirdle, ma per amor di Dio state attento a non prendere cantonate. Il dottor Conti... ma è assurdo! Restammo in silenzio per un po'. Fuori si sentiva il rumore delle auto e un suono di voci maschili. Quei suoni mi rammentarono bruscamente che, mentre noi ce ne stavamo là seduti a fumare, la macchina della legge proseguiva la sua marcia inesorabile. — Se mi permetteste di esporvi le mie ragioni, dottor Swanson... — La sua voce era stranamente umile. — Continuate pure, però non aspettatevi che io sia d'accordo con voi. — Va bene. Ora, prima di tutto, consideriamo l'uomo in questione. Suo padre era un italiano, un tipo violento che a suo tempo è stato coinvolto in una grave questione politica. Il dottor Conti è uno scienziato, e tutti sanno che a volte gli scienziati hanno una vena di follia, con tutto il rispetto che vi debbo. Sorrisi. — La "follia" di Toni, a quanto pare, gli frutterà il premio No-
bel, l'anno venturo. Le sue ricerche sul carcinoma... ma continuate pure. Vuotai il bicchiere e gridai a Lucinda di portarci altri due "mint julep". — Naturalmente — riprese il vice-sceriffo — non pretendo di fare lo psicologo, però sono convinto di avere ragione quando sostengo che a volte i grandi intelletti hanno una visione distorta della vita... — "Complesso comportamentale accompagnato da disadattamento al mondo esterno" — motteggiai. — Bracegirdle, voi avete letto Freud! — Bene, lasciando da parte il soggetto e i suoi precedenti... — Bracegirdle accennò a un sorriso, ma i suoi occhi rimasero seri. — Il dottor Conti è l'"unica" persona, a parte Mark, che non ha nessun alibi convincente per le ore in cui si suppone siano stati commessi quei delitti. Era fuori in qualche posto la notte in cui è scomparsa Polly. Nessuno sa dove fosse quando è stato ucciso Jo Baines. Non ha partecipato alla caccia al procione e il suo contegno di quella sera ha dato adito a un mucchio di chiacchiere. — Ma questo non è niente — dissi con veemenza. — Toni può essere anche più brusco e scostante, se vuole. E, a proposito di alibi, non ne ho nemmeno io. Perché non mi arrestate? — Insomma, voi sapete dove fosse, dottor Swanson? Vi dice dove va quando sta fuori la notte? — Bracegirdle — dissi — il dottor Conti e io siamo entrambi maggiorenni. Non siamo più bambini, sapete. Io non mi sognerei mai di indagare sulla sua vita privata, così come lui non si sognerebbe mai di indagare sulla mia. — Però rimane il fatto che non è in grado di darci nessuna spiegazione convincente. Ogni volta che l'ho interrogato, è stato brusco, sgarbato. Non aveva certo l'atteggiamento di uno che cerca di collaborare alle indagini della polizia. E, dalla notte in cui abbiamo ritrovato il corpo di Polly Baines, si è comportato anche peggio. No, non me la date a bere, dottor Swanson. Lo so che nasconde qualcosa, come del resto Mark! Mentre Bracegirdle parlava la mia mente lavorava senza sosta. In fondo c'era una grossa parte di verità in quello che diceva. I movimenti notturni di Toni erano sempre stati misteriosi. Il suo contegno nei miei confronti era decisamente strano. Ma l'idea che Toni infierisse crudelmente sugli animali e sui bambini era addirittura pazzesca. Tornai indietro col pensiero, e due fatti emersero dal groviglio di vaghi sospetti. — Ma vi siete scordato della notte in cui è sparito il setter di Seymour Alstone, Bracegirdle? C'era Toni con me quando abbiamo visto l'auto e sentito l'urlo dell'animale, sapete.
Il vice-sceriffo mi guardò attentamente. — No, non me ne sono scordato, dottor Swanson, e non mi sono neppure scordato come me l'abbiate riferito la prima volta. Se vi ricordate, è stato proprio il dottor Conti ad attirare la vostra attenzione su quel grido, e voi avete ammesso che non ne eravate del tutto sicuro. Non capite che se lui aveva intenzione di ammazzare il cane quella sera, l'auto ferma a fari spenti gli forniva un'ottima occasione di procurarsi un alibi? Il potere della suggestione non ha limiti. — Ci sono però dei dati precisi che con il "potere della suggestione" non hanno niente a che vedere: non era la faccia di Toni quella che abbiamo visto dietro al vetro, e non è stato lui ad appiccare l'incendio al granaio del vecchio. — Vi ho già detto una volta che io non attribuisco alcuna importanza a quella storia della faccia dietro al vetro. Quanto all'incendio, io non ho creduto un solo istante che sia stato provocato dalle stesse persone che hanno fatto le altre cose. — C'è un cambiamento di rotta, vero? — Trangugiai una grossa sorsata di "mint julep". — Il fatto è questo, dottor Swanson. I criminali sono degli esseri abitudinari, come voi e come me. In qualunque catena di delitti di solito si scopre che di tanto in tanto saltano fuori gli stessi "trucchi del mestiere". È proprio questa ripetizione a smascherare l'assassino, come nel caso di quel personaggio inglese che uccideva tutte le mogli nella vasca da bagno. Ad esempio, chi usa il pugnale è difficile che spari, e uno scassinatore professionista non uccide mai, se non per autodifesa. Il nostro assassino ha delle idee originali e complicate sul delitto. Non si abbasserebbe mai a fare una cosa così banale, così elementare come appiccare un incendio doloso. — Non fa una grinza, Bracegirdle; però chi avrebbe incendiato il granaio, allora? — Detta fra noi, io sono convinto che sia stato uno dei paesani. Vedete, quando in una comunità le cose vanno male, la gente semplice è pronta ad attribuirne la colpa all'uomo più ricco del posto. Una cosa assurda, irrazionale, naturalmente, però è un fatto che il signor Alstone gode di molta popolarità, da queste parti. — Sicché voi credete che volessero rifarsela su di lui, eh? Il vice-sceriffo annui. — Bene — ripresi — che abbiate o non abbiate ragione, finora non avete prodotto l'ombra di una prova a carico di Toni. Bracegirdle si avvicinò al caminetto e vi batté sopra la pipa.
— Non vi ho ancora detto tutto, dottor Swanson, e quando avrò finito di parlare, ammetterete che ho motivi fondati sui quali basarmi, ne sono convinto. Dimentichiamo per il momento i Baines e limitiamoci alla notte della caccia al procione che noi riteniamo sia stata anche la notte in cui è stato assassinato Gerald Alstone. D'accordo. — Come voi saprete, il dottor Conti non ha partecipato alla caccia. Dalle testimonianze del personale ci risulta che è rimasto a casa per un po' e poi è uscito. La mia opinione è che sia tornato a casa Alstone prima che Gerald tornasse dal prato di Grindle. Rammentate che Hall ha sentito il ragazzo parlare con qualcuno, e non ha saputo dire se telefonasse o meno? Ebbene, ci risulta che non ha terminato la sua telefonata all'ospedale, perciò probabilmente è stato interrotto dal dottor Conti. Forse sono venuti alle mani, e Gerald è rimasto ucciso. Il dottor Conti l'ha trasportato fino alla sua auto poco prima che tornassero gli altri. Poi è tornato a casa. Sì, ho controllato anche questo. La vostra domestica negra dice che è rincasato alle undici e mezza, pressappoco l'ora in cui la signora Baines ha visto passare l'auto. S'interruppe, ma io gli feci cenno di continuare. — Ebbene, lascio a voi pensare quello che avrà provato quando, dopo aver sistemato la macchina, si è accorto che il cadavere era sparito. Voi stesso mi avete detto che vi tocca fare un mucchio di manovre per infilarvi nel vostro garage. Era più che logico che il cadavere si staccasse in quel punto. Tenete presente che nevicava forte e quindi il cadavere doveva essere affondato nella neve. È improbabile che l'abbia visto anche a così breve distanza. Non poteva certo immaginare a che punto della strada per tornare a casa la fune si fosse spezzata. Comunque, si è reso conto che doveva procurarsi un alibi, perciò è tornato con l'auto a casa Alstone e l'ha parcheggiata nel posto che aveva occupato prima. Tanto a quell'ora le altre macchine si erano ormai allontanate, e nessuno si è accorto di lui. — E la signorina Middleton, allora? — domandai. — Era nell'auto di Toni, quando sono andato a prendere la mia. — Ho controllato anche i suoi movimenti. È rimasta in casa per un po' dopo che gli ospiti sono andati via. Poi è uscita ed è andata a sedersi nell'auto, convinta naturalmente che fosse stata sempre là. Un trucco molto abile. — Ma dov'era Toni mentre lei lo aspettava? Perché non l'ha raggiunta per accompagnarla a casa? — Credo di poter rispondere anche a questa domanda. Il dottor Conti si
trovava a pochi passi da voi due. Stava facendo una cosa che uno dei miei uomini l'ha sorpreso a rifare stamattina. Stava cercando in mezzo alla neve la pistola con cui ha sparato a Gerald Alstone e che o gli era scivolata, oppure aveva gettato via poco tempo prima. — Santo cielo! Volete dire che qualcuno l'ha materialmente sorpreso là, stamattina? — Sì, dottor Swanson. — La voce del vice-sceriffo era grave. — E quel che è peggio, la pistola è stata trovata a pochi metri dal punto in cui lui stava cercando: dietro la stalla dove quella notte era parcheggiata l'auto del dottor Conti. — La pistola! — Sì, la calibro 32 che mancava dalla rastrelliera nell'armeria. Il signor Alstone l'ha riconosciuta. A meno che non mi sbagli di grosso, è la stessa pistola con la quale è stato ucciso Gerald. Vedete, dottore, era sepolta nella neve e noi non l'avremmo mai ritrovata se non fosse stato per il disgelo... e per il dottor Conti! — È tutto un trucco, Bracegirdle. Non posso credere che Toni... No, dev'esserci un errore. — Insomma dottore, se non è stato lui a sparare, come poteva sapere dove cercare la pistola? E non è tutto qui. Oggi è arrivato il rapporto della scientifica, e le impronte del dottor Conti sono state trovate in tutta l'armeria. — Questo non significa niente. Con ogni probabilità avranno trovato anche le mie... e le vostre. — Sì, infatti. — La voce di Bracegirdle era bassissima. — Però si dà il caso che quasi tutte le impronte lasciate dal dottor Conti erano insanguinate. Perfino sulla maniglia della porta... Balzai in piedi e per un attimo Bracegirdle e io ci fissammo in cagnesco. Se ci fosse stato un altro al posto suo, credo che avrei detto delle cose di cui in seguito mi sarei pentito. Non credevo - non potevo crederlo - che Toni fosse colpevole; tuttavia c'era qualcosa nel vice-sceriffo, nei suoi occhi chiari, nel suo tono calmo e imperturbabile, che nonostante tutto mi convinceva. Mi convinceva che la sua teoria era fondata. Il buon senso mi suggeriva che Toni aveva poche vie d'uscita. Figuriamoci poi quanto si sarebbe aggravata la sua posizione se Bracegirdle avesse saputo del pezzo di fune macchiata che Valerie mi aveva dato quella mattina, e che sembrava bruciarmi nella tasca! — Ebbene, Swanson, ora che sapete tutto, cosa mi consigliate di fare?
Devo presentare il mandato d'arresto al dottor Conti come suggerisce il procuratore distrettuale? — Un mandato d'arresto? Ma ce lo avete veramente? — Sì, però non sono obbligato a presentarlo subito. Se per esempio voi, come mio amico, foste a conoscenza di qualche elemento che dimostri che la mia tesi è infondata, io sarei disposto a credervi, dottor Swanson. E non vi biasimerei per avermi nascosto informazioni. Mi girava la testa. Avevo bevuto abbondantemente prima e dopo l'arrivo del vice-sceriffo, e qualsiasi idea concreta avessi avuto in mente ora stava svanendo nei fumi dell'alcool. Una cosa era certa, comunque. Dovevo prendere tempo. — Non posso dirvi niente, per ora — dissi — però se mi date ventiquattr'ore di tempo, forse potrei... Insomma ci sono parecchi dubbi che mi assillano, e forse riuscirò a venire a capo di qualcosa quando avrò le idee più chiare. Bracegirdle annuì gravemente. — Aspettate domani a presentare quel mandato — ripresi. — Domani sera alle dieci, diciamo. Ciò mi concede una giornata intera di tempo. Fate al dottor Conti il minor numero possibile di domande. Lo conosco bene e sono certo che se il suo contegno è stato ambiguo, deve esserci qualche motivo. Lasciate fare a me. — Vi avverto però che il procuratore distrettuale comincia a mordere il freno. — Rispondo io per Toni. Ditegli che può fidarsi di me. — Non è questo che mi preoccupa, dottor Swanson. Tanto, non potrebbe andare lontano. — Bracegirdle sogghignò. — Da qualche giorno gli ho messo un segugio alle calcagna. Si alzò e mi tese la mano. Io gliela strinsi con riluttanza. 13 Dopo che Bracegirdle se ne fu andato, restai solo nel salotto a riflettere confusamente sul da farsi. Avevo ventiquattr'ore di tempo per sbrogliare la rete di sospetti che il caso aveva così insidiosamente attorcigliato intorno a Toni. Il mio compito mi sembrava disperato. Durante le scorse settimane mi ero lasciato trascinare dalla corrente degli avvenimenti senza preoccuparmi di interpretarli o di trame conclusioni. Ora mi trovavo disorientato,
senza una teoria né un indizio cui fare riferimento. Durante la mia conversazione con Bracegirdle gli avevo detto che c'erano parecchi dubbi che mi assillavano, ma che mi era difficile localizzare i miei interrogativi su un fatto specifico. A parte quel pezzo di fune, c'era un unico dato di cui ero in possesso, e di cui Bracegirdle non era a conoscenza: la scoperta dell'auto ferma in cui Roberta e il suo misterioso accompagnatore - che in seguito avevamo presunto essere Seymour - avevano avuto quella discussione. Questo poteva essere un punto di partenza come un altro. Malgrado il mio "mint julep" scoprii, chissà come, che alcuni frammenti della conversazione ascoltata furtivamente mi ritornavano in mente con singolare chiarezza. "Se glielo dicessi sarebbe capace di tutto. È talmente geloso, vendicativo..." "Sai bene cosa succederebbe se tu non..." "Sei un mollusco, un vero smidollato!" "Ma certo che è pazzo. È per questo che è così pericoloso..." Era difficile ricostruire un discorso filato basandomi su frasi smozzicate, però tutto faceva pensare che Roberta sapesse qualcosa che fin li non aveva rivelato alla polizia. La mia unica carta, pensai cupamente, era di fare una visitina alla brillante signora Tailford-Jones l'indomani mattina, per dirle a bruciapelo che ero al corrente dei suoi "rendez-vous" nel bosco. Forse la paura l'avrebbe spinta a confessare. A ogni modo mi attirava l'idea di rendere la pariglia a una persona che non si faceva scrupoli di muovere accuse contro gli altri. L'indomani mattina mi alzai presto, tuttavia Toni mi aveva battuto. Era andato a Rhodes lasciando detto a Lucinda che aveva un importante lavoro da sbrigare all'ospedale, e che avrebbe chiesto un passaggio in macchina a qualcuno. Lieto in un certo senso che fosse fuori dai piedi, feci colazione da solo e uscii per recarmi a casa di Roberta. Una cameriera sdegnosa m'introdusse nel soggiorno surriscaldato, e m'informò che la signora Tailford-Jones stava facendo toilette. Comunque, se volevo aspettarla, la signora sarebbe scesa presto. Aspettai mezz'ora, dopodiché persi la pazienza. La vista di Roberta in vestaglia rossa non migliorò la situazione. Era truccata pesantemente e la sua bocca scarlatta e sinuosa mi dava l'impressione di una ferita aperta. Naturalmente era curiosa di conoscere il motivo della mia visita. I suoi occhi lievemente sporgenti mi fissavano con sguardo ostile e sprezzante. — Ebbene, dottor Swanson — disse dopo essersi seduta, drappeggiandosi attorno la vestaglia — cosa posso fare per voi? — Molte cose — risposi senza complimenti.
Mi fissò con sguardo sospettoso. — Cosa intendete dire? — Intendo dire che credo sappiate qualcosa e voglio che me lo diciate. — Da quando in qua vi permettete di darmi ordini? Mi passai una mano tra i capelli. — Ascoltate, signora Tailford — cominciai con pazienza — le cose sono giunte al punto in cui le persone innocenti vengono accusate di delitti che non possono aver commesso. Sono convinto che anche voi, come tutti quanti, vorrete... — Se vi riferite a quel tarato del vostro amico Mark Baines — disse in tono acido — vi dico subito, una volta per tutte, che è un bene per la comunità che l'abbiano rinchiuso e isolato. Era uno scandalo che gli fosse permesso di circolare così liberamente. — Non sono venuto qui per attaccar briga — ribattei, cercando di dominarmi. — Sono venuto a chiedervi la vostra cooperazione. È d'importanza vitale che ci mettiamo tutti assieme per risolvere questo caso. Io credo che voi sappiate qualcosa; potrei aver torto, ma vi chiedo con tutta umiltà di riflettere e dirmi se sapete qualcosa che abbia una qualche attinenza col caso, qualcosa che fino a questo momento non è stato messo in luce. Roberta alzò la testa e raddrizzò il cuscino scarlatto. — Un bel discorsetto, dottor Swanson! Ancora però non capisco dove volete arrivare. Se state cercando di spremere informazioni, vi avverto che non ci riuscirete. — Mi rincresce che assumiate questo tono, signora Tailford-Jones — dissi pacato. — Mi costringerete a essere spiacevole. — Non mi pare che vi costi un grande sforzo. — Bene, questo rende tutto più facile, allora. Forse v'interesserà sapere che ho visto un'automobile attraversare la campagna a fari spenti verso la vecchia strada in disuso, la notte in cui è scomparso il setter del signor Alstone. Roberta prese una sigaretta. — Ebbene? — Tralasciando i nobili sentimenti, ho ascoltato furtivamente una conversazione che stava svolgendosi a bordo di quell'auto. Ho sentito solamente una voce. Non so che senso avesse tutta quella storia, però so che c'eravate voi, a bordo di quell'auto. — Non mi stupisce che una persona che passa la sua vita a torturare gli animali si metta a origliare i discorsi altrui — proruppe Roberta con ferocia improvvisa. — Detesto tirare in ballo terze persone — ripresi — ma si dà il caso che
anche il dottor Conti abbia sentito. Stavate discutendo animatamente con un uomo, non so a proposito di cosa, però so che eravate in una delle auto degli Alstone. Roberta stava cominciando a dar segni di disagio sotto il fuoco delle domande. Tentai di adottare la vecchia tattica del saltafosso. — Sospetto — mentii — che foste con Gerald quella notte. Sospetto che tra voi sia successo qualcosa, qualcosa che potrebbe essere determinante ai fini di questo caso. Come voi saprete, Gerald è stato ucciso non molto tempo dopo. Ora, se la notizia arrivasse alle orecchie della polizia... Gli occhi di Roberta erano fiammeggianti di collera. Balzò in piedi, schiacciando la sigaretta col dito dall'unghia scarlatta. — "Gerald!" Voi credete che fossi con "Gerald"! Quella piccola checca! Ora m'insultate. — Vi sto insultando, come voi dite, perché si dà il caso che il mio collega stia per essere incriminato proprio per l'assassinio di quella piccola checca! — Mentite! — La faccia di Roberta era livida, ora. — Siete completamente pazzo! — Sicché questo v'interessa, vero? — osservai. — Bracegirdle lo arresterà stasera, a meno che non dimostriamo che ha preso un abbaglio. Roberta sprofondò nel divano, stavolta senza preoccuparsi dell'effetto. Da cinque anni che la conoscevo, non l'avevo mai creduta capace di emozioni. Non avevo certo sospettato che fosse innamorata di Toni. Aveva sempre avuto un atteggiamento provocante nei suoi confronti, ma io sospettavo che quelle sue occhiate languide, quel suo modo di strusciarsi contro di lui, fossero semplicemente la sua reazione alla prestanza fisica di Toni. — Che indizi ci sono contro di lui? — s'informò in fretta. — Un mucchio — risposi. — Non posso dirvi niente di preciso perché Bracegirdle me li ha comunicati in via del tutto confidenziale, però posso dirvi che hanno in mano quanto basta per arrestarlo, a meno che non salti fuori qualche nuovo elemento. Ora, volete dirmi perché eravate in quell'auto? La mia domanda parve aiutarla a ritrovare l'autocontrollo. Si drizzò lanciandomi un'occhiata rabbiosa. — Gerald, che razza di roba! — scattò. — Ma era Franklin, idiota! Quel deficiente mi è stato dietro per anni. Dovete essere un investigatore da strapazzo se non vi siete accorto che gli Alstone possiedono cinque auto-
mobili. — Cosa facevate? Ora era il ritratto della virtù oltraggiata. — La cosa non vi riguarda, ma se può servire a Toni... be', tra noi stava svolgendosi una discussione privata. — A proposito di cosa? — A proposito di... Queenie. — Cosa c'entra Queenie? Mi lanciò un'occhiata inviperita. — Se proprio ci tenete a saperlo, stavo cercando di convincere Franklin a far pressioni su Seymour affinché sottoponesse la questione alle autorità ospedaliere. Voi sapete bene quello che penso di voi e della vostra abitudine di ammazzare gli animali... — Lasciamo perdere questa questione ora — la interruppi. — Cos'ha detto Franklin? — Be', esattamente quello che mi aspettavo. Ha troppa paura del vecchio Alstone, per prendere iniziative. — Dunque è solo per questo — dissi ridendo — che lo avete chiamato "mollusco"? Si strinse nelle spalle e si avvolse ancor più strettamente nella vestaglia rossa. — E a chi vi riferivate, signora Tailford-Jones, dicendo: "È geloso, vendicativo. Sarebbe disposto a tutto se glielo dicessi..."? — Se non riuscite a indovinarlo, siete più stupido di quanto pensassi. — Be', lasciamo perdere. Siete arrivati nel bosco attraversando i campi? — Perché diavolo avremmo dovuto farlo, visto che c'è un'ottima strada carrozzabile? — A che ora siete arrivata là? — Non lo so, però era piuttosto presto. — Prima delle undici e mezzo? — Sì. Edgar è andato a Lampson alle nove circa. A occhio e croce siamo arrivati lì alle dieci circa. — Avete visto o sentito passare un'altra automobile nei dintorni? — Non ricordo. — Non avete sentito l'urlo di un animale? — No, non l'ho sentito. — Ne siete certa? — Sì.
— C'è un altro punto — continuai, ricordandomi improvvisamente di una cosa che Bracegirdle mi aveva detto. — Voi siete andata in macchina dagli Alstone la notte in cui è stato incendiato il granaio, e non siete entrata nella casa. Dove siete andata? — A trovare Franklin. — Dove? — Nel laboratorio di carpenteria. — Sempre per la stessa storia? — Più o meno. — E questo è tutto quello che sapete? Si voltò con gli occhi scintillanti di collera. — Sentite, dottor Swanson, ora ho sopportato anche troppo. Vi presentate qui a casa mia, mi tempestate di domande nel mio salotto, mi trattate come una delinquente comune. Non intendo sopportarvi oltre, sia ben chiaro! Vi ho detto quello che so. Ora, fuori di qui! Ma io non mi alzai. — Siete certa che sia proprio tutto? — continuai imperterrito. — Se nascondete qualcosa, ricordate bene, danneggiate Toni. Si alzò e cominciò a muoversi su e giù per la stanza, fumando rabbiosamente. La vestaglia le si gonfiava attorno come una ragnatela scarlatta. La sua voce, quando parlò, era stranamente bassa. — Voi mi siete sempre stato antipatico, dottor Swanson. Non crediate che non mi sia accorta delle vostre manovre per allontanare Toni da me e mettergli alle costole quella bamboccia di Valerie Middleton. Ce l'avete messa tutta, eh? Bene, non ci riuscirete. Inoltre non potete biasimarmi se ho cercato di usare le mie armi per difendermi. — Cosa intendete dire? — chiesi, completamente disorientato. Si avvicinò e accostò la faccia pesante alla mia. — Sono stata io a mandarvi quella lettera — disse. — E sarei pronta a rifarlo. Venite qui a giocare all'investigatore, fingendo di essere preoccupato perché il vostro amico è in pericolo. Eppure, ciò nonostante, non mi stupirebbe se voi non ne sapeste un briciolo più di quanto ne sappiamo tutti, voi e quell'idiota di Mark Baines! Si tirò indietro, esalando una boccata di fumo azzurrognolo. — Sicché siete stata voi a scrivere quella lettera anonima! — esclamai. — Ne avete mandato una anche al signor Alstone? — Alstone? Quale Alstone? — Aveva la bocca aperta per lo stupore. — Non sapevo nemmeno che ne avesse ricevuto una.
Il suo tono mi parve sincero. — Bene, questo è tutto — dissi, alzandomi in piedi. — Mi spiace di avervi seccata, signora Tailford-Jones, ma era assolutamente necessario. Se vi venisse in mente qualcos'altro, vorrei che vi metteste immediatamente in contatto con me. Bracegirdle presenterà stasera il mandato d'arresto — buttai li. Mi segui fino alla porta, e io sentii la sua mano morbida sulla spalla. — Dottor Swanson! — disse con voce convulsa. — Ditemi che prove hanno contro Toni. Forse potrei aiutarvi. — Aiutarmi? In che modo? — Non lo so, però c'è una possibilità... — A un tratto parve sopraffatta da un'ondata di pena. — Sono disposta a fare qualunque cosa per salvarlo. Giuro che lo farò. Vi chiedo solo di dirmelo! — D'accordo. Tornai al mio posto e le esposi alcune delle prove, le più irrilevanti, a carico di Toni. Lei stette ad ascoltarmi finché non attaccai a parlare delle sue misteriose uscite notturne e dell'assoluta mancanza di alibi per le ore in cui erano stati assassinati Polly e Jo Baines. Infine scoppiò in una risata di trionfo e balzò in piedi. — Se queste sono le prove a carico di Toni — esclamò con una strana luce negli occhi — vi posso dire dov'era la notte in cui è scomparsa Polly Baines, e la notte in cui è stato assassinato suo padre. Era con me! La guardai esterrefatto. — Con voi? — ripetei sopraffatto. — Sì. Non lo avreste mai pensato, eh? Non avreste pensato che mentre voi cercavate di appioppargli Valerie Middleton, lui usciva per venire da me. — Si drizzò in tutta la sua statura. Infine crollò. La testa le ricadde in avanti, le mani le penzolarono sui fianchi. — Credo che andrò di sopra a buttarmi sul letto — disse con voce sommessa. — La strada la conoscete. Mentre attraversavo il vialetto, nella mia mente si affastellava quanto mi aveva detto Roberta che, se era sincera, avrebbe contribuito a dimostrare l'innocenza di Toni riguardo i precedenti delitti. Ma, malgrado lo desiderassi fortemente, mi riusciva difficile crederle. Era una donna isterica, teatrale, che non aveva nessun aggancio con la realtà e perciò si era costruita un mondo fittizio, fasullo. Era probabile che anche l'infatuazione per Toni facesse parte del quadro. Era anche possibile che tra i due ci fosse stato un episodio, ma probabilmente ora era chiuso, se come io pensavo adesso a Toni piaceva Valerie. Tuttavia c'erano parecchi elementi strani, che solo
una relazione poteva spiegare. La sera in cui avevamo sorpreso l'incontro furtivo di Roberta Tailford-Jones con Franklin, il contegno di Toni era stato piuttosto strano. Rammento di essermi chiesto vagamente, in quel momento, se tra i due ci fosse del tenero. Lui sembrava irritato, quasi geloso di sorprendere Roberta a tu per tu con un altro uomo. "La nostra Messalina locale!" Ricordavo le parole che lui aveva pronunciato con ingiustificato livore. Ancora perplesso per il mio incontro recente, lasciai da parte quelle inutili riflessioni e mi concentrai sulla sua dichiarazione più concreta. Perlomeno ora avevo individuato il motivo della sua antipatia per me. Evidentemente aveva sospettato che avessi un'influenza negativa sul mio amico. Alla luce di questi fatti, ero più che convinto che la lettera anonima fosse opera sua. Lo stile e il contenuto erano tipici di Roberta. Per quanto riguardava la sua relazione con Franklin, "lo smidollato, il mollusco", avrei potuto controllare facilmente. Il padre di Gerald, pensai, non era certo il tipo da resistere, se sottoposto a un interrogatorio. Perciò il passo successivo del mio strano pellegrinaggio fu verso la casa degli Alstone. Hall, il maggiordomo, mi fece strada nella biblioteca, e nel giro di pochi secondi fui raggiunto da Franklin. — Desiderate parlare con mio padre, dottor Swanson? — mormorò, porgendomi la mano fredda. — È giù alle scuderie. — No, signor Alstone — lo interruppi — sono venuto a trovare voi. C'è una piccola questione che vorrei chiarire. Franklin mi rivolse un sorriso forzato. — Ma sì, certo. Volete accomodarvi? I suoi occhi mi fissarono inquieti, poi spostò lo sguardo al di sopra degli scaffali, sul maestoso ritratto di Seymour Alstone in tenuta da caccia. — Vorrei che mi confermaste una certa informazione — ripresi. — Un'informazione che ho appena avuto da una nostra vicina. La questione in sé stessa è banale e nello stesso tempo piuttosto delicata, però serve a chiarire certi dubbi che mi hanno assillato. Sono venuto personalmente da voi perché non voglio sottoporre la questione alla polizia, e voglio impedire che delle persone innocenti siano accusate di una cosa che non hanno commesso. Franklin tossì e chinò gli occhi a fissare il tappeto. — Vedete — ripresi, scrutandolo attentamente — ho appena parlato di voi con la signora Tailford-Jones. L'imbarazzo di Franklin, sentendo nominare Roberta, era così palese che
mi sembrava quasi inutile continuare l'interrogatorio. — Mi riferisco — continuai — a un certo colloquio che aveste con lei nel bosco vicino alla strada in disuso, un colloquio al quale ho assistito per caso. Notai che il suo cranio calvo si era ricoperto di rossore. — Non so cos'abbia potuto dirvi la signora Tailford-Jones — disse a un tratto — ma devo chiedervi di ascoltare quanto ho da dirvi io prima di giudicarmi. Non è certo per meschinità che ho deciso di sospendere la corresponsione dell'assegno... — Un momento, signor Alstone — lo interruppi, rendendomi conto che probabilmente lui aveva pensato che Roberta fosse stata più esplicita di quanto non fosse stata in realtà. — Cominciamo dal principio. Naturalmente mi rendo conto che si tratta di una faccenda strettamente personale, che voi avreste tutti i diritti di tenere per voi. Franklin mi fissò con un'espressione strana. Notai che la bocca gli tremava. — No, dottor Swanson, ora che lei ha tirato fuori la questione, sarà per me un vero sollievo potermi confidare con qualcuno. Non mi fido di quella donna. Voglio che ascoltiate anche la mia versione. — L'incontro è avvenuto in seguito a un appuntamento, immagino — dissi, cercando di dargli l'impressione di essere bene informato. — Proprio così. — Franklin si lanciò un'occhiata alle spalle e abbassò istintivamente la voce. — Naturalmente, dottor Swanson si tratta di una faccenda del tutto privata, e non vorrei che mio padre... sapete, è un uomo pieno di pregiudizi. È incapace di avere una visione obiettiva delle cose. Lo assicurai che qualunque cosa avrebbe detto, sarebbe rimasta tra noi. — Bene, bene. — Franklin era sovreccitato. — Voi sarete certamente al corrente delle circostanze infelici del mio matrimonio. Per molti anni sono rimasto solo, privo del piacere di una... ehm... compagnia femminile. Ora, è stato il fatto che la signora Tailford-Jones si trovasse nella mia stessa situazione ad attirarmi a lei. Non è stato mai un rapporto affettuoso, fatto di stima e rispetto reciproci, a legarci. A quel tempo provavo un senso di disagio a stare solo, e malgrado i buoni propositi mi sono trovato gradualmente coinvolto in una relazione dalla quale mi era sempre più difficile districarmi. S'interruppe, e la sua espressione era uno strano miscuglio di paura e di odio. — Il colonnello Tailford-Jones, come voi saprete — riprese — può con-
tare solo sulla sua pensione, per vivere. D'altra parte, la signora TailfordJones non possiede denaro suo. Alla base della nostra amicizia, c'era da parte mia l'impegno a corrisponderle una somma ragionevole che le consentisse di comprarsi quelle piccole cose che hanno tanta importanza nella vita di una donna. Questo spiegava il mistero delle pellicce e dei gioielli di Roberta, pensai divertito. Spiegava anche la sua reticenza a rivelarmi quello che era successo quella sera nell'automobile. — Non avete per caso parlato dello uistiti durante il vostro colloquio, quella sera? — domandai. — Mah... mi pare di si. Era uno dei piccoli regali che avevo fatto alla signora Tailford-Jones. S'interruppe, come se si aspettasse che gli esprimessi la mia ammirazione per la sua generosità d'animo. — Naturalmente — mormorai. — Molto generoso da parte vostra! — Sì, sono stato generoso con lei — asserì, e per la prima volta da quando lo conoscevo lo vidi accalorarsi. — Più che generoso. Però è giunto il momento in cui ho deciso di smetterla di finanziare una donna che mi vede soltanto come una macchina da spremere soldi, soldi di cui, per giunta, si serve per attirare altri uomini. Si avvicinò a me e mi piantò gli occhi in faccia, fremente di collera. — Finché lei ha saputo mantenere un'apparenza di fedeltà io non mi sono ribellato — continuò. — Però quando a un certo punto le cose... be', ora non vorrei mettervi in imbarazzo. Evidentemente alludeva alla presunta relazione del mio collega-amico con Roberta. — Perciò — conclusi — le avete detto che non potevate più passarle denaro? — Proprio così! Franklin fece un sorriso compiaciuto. — E lei si è infuriata? — Peggio... — cominciò, ma fu interrotto dalla porta che si apriva. Si voltò a guardare chi era l'intruso. — La signora Tailford-Jones al telefono, signor Franklin. Sulla soglia c'era una delle cameriere. Mi resi immediatamente conto che Roberta aveva deciso di informare Franklin della mia visita. Fortunatamente per me, ci aveva pensato troppo tardi. Franklin mi lanciò un'occhiata furtiva. — Ditele che sono occupato,
Mary, e che non voglio essere disturbato. La cameriera annuì e si ritirò. — È stata lei a darmi quell'appuntamento — riprese Franklin sottovoce, quando la porta si fu chiusa. — Immagino che abbia tentato di farvi credere che sia stato io. Dopo che suo marito è uscito mi ha chiamato, e, dietro sua proposta, sono passato a prenderla con una delle automobili di mio padre, e l'ho condotta nel bosco. — E là avete avuto una spiegazione. — Infatti. Le ho detto esattamente quel che pensavo di lei. Le ho detto che non doveva aspettarsi più niente da me! — E la sua reazione? Franklin chinò il capo. — Roberta è una donna venale — osservò sommesso. — Mi ha chiesto una grossa somma di denaro, minacciando di smascherarmi se mi rifiutavo di dargliela. — Smascherarvi? — Come voi saprete, dottor Swanson, mio padre... — Allargò le braccia. — E voi avete ceduto? — Cos'altro potevo fare? Ho accettato di incontrarla per darle quel denaro. — È stato nel laboratorio di carpenteria? Annuì. — La notte in cui si è incendiato il granaio? Franklin trasalì come se lo avessi accusato di complicità in quella faccenda. — Sì, sì. Credo che sia stato proprio quella notte. Ora che aveva vuotato il sacco, sembrava che quella forza quasi demoniaca che si era impossessata di lui si fosse dileguata. Sprofondò in una poltrona, soffiandosi il naso. — Signor Alstone, devo ringraziarvi per la vostra franchezza. State certo che le vostre confidenze resteranno fra noi. Mi siete stato di grande aiuto e, sebbene io mi renda conto di non essere qui in veste ufficiale, vi sarei grato se voleste rispondere a qualche altra domanda. Agitò il fazzoletto in un cenno d'assenso, sempre tenendo gli occhi bassi. — Mentre voi eravate nel bosco — domandai — avete per caso sentito passare un'automobile? Franklin rifletté un istante guardandosi attorno con aria di disagio. — Ma sì! — disse a un tratto. — Mi pare proprio di averne sentito una. Aguzzai gli orecchi.
— A che ora, pressappoco? — Lasciatemi pensare. — Sembrava più che disposto a cooperare. — Be', direi che doveva essere mezzanotte circa. — Perfetto! — esclamai. — Non avete visto chi c'era a bordo? Accennò a un sorriso. — Mah, ero troppo sconvolto per badarci. Non so neppure se ho visto quell'auto. Sapete, là gli alberi sono piuttosto fitti. — È vero. Ma non avete udito altri rumori? Il latrato d'un cane, per esempio? — No. Di questo sono certo. — O visto dei fari? Scosse la testa. — No, ho solamente sentito passare l'auto. Tutto qui. Ripiombai nello sconforto. Questa non era certo una notizia nuova. Era una semplice conferma a quanto io e Toni avevamo visto coi nostri occhi, e riproponeva l'enigma di un essere misterioso che percorreva la campagna a bordo di un'auto a fari spenti - qualcuno che non era né Roberta né Franklin. Ma non c'era alcuna prova a confermare che avevo realmente udito quel grido. Niente che mi aiutasse nel tentativo di smontare la tesi di Bracegirdle. Me ne andai pochi minuti dopo, lasciando Franklin, mesto e sparuto, sotto il grande ritratto a olio del padre che tanto temeva. Pensai all'espressione che gli avevo visto in faccia durante il suo sfogo contro Roberta, e un pensiero si fece strada nella mia mente. Seymour Alstone non era l'unica persona che quell'individuo strano e contorto temeva e odiava. 14 Quando arrivai a casa, era mezzogiorno suonato. Avevo trascorso quasi tutta la mattinata a seguire una pista che si era rivelata deludente, una pista che aveva un odore decisamente sgradevole per le mie narici. Avevo scoperto che Franklin era cascato nella ragnatela tesagli da Roberta; che lei era arrivata al punto di prodursi in una piccola edificante storia di ricatto e che, per giunta, si dichiarava innamorata del mio collega. Ma malgrado queste scoperte sensazionali, non mi ero avvicinato di un solo passo alla soluzione dell'enigma. Se Toni aveva fatto davvero quelle visite notturne a Roberta, una prova concreta in questo senso gli avrebbe fornito un alibi per i primi due delitti, però non lo avrebbe scagionato dalle prove ben più schiaccianti che gravavano su di lui: le impronte insanguinate, la ricerca della pistola, oltre all'indizio del pezzo di fune, fino a quel punto non sco-
perto. Giunsi perfino a rimpiangere la mia drammatica supplica a Bracegirdle. Tornare a mani vuote alla fine della giornata era una brutta sconfitta. Sentendomi maledettamente inferiore al mio compito, decisi di persistere nella mia tattica di importunare i vicini. Era stato un giochetto da niente strappare le confessioni a Roberta e a Franklin. Chissà che, tormentando gli altri, non potesse saltare fuori qualcosa di più concreto. Comunque, una cosa era certa. Qualcuno doveva sapere qualcosa. Però prima d'imbarcarmi in un'impresa sbagliata, decisi di chiamare Valerie per interrogarla su quel pezzo di fune. Avevo cercato di evitare questa soluzione per tutta la mattina, ma ora sentivo che qualunque realtà sarebbe stata preferibile al vago malessere che il pensiero di quella corda suscitava in me. La signora Middleton rispose al telefono con la voce cupa dei momenti peggiori. Valerie era nella sua camera. No, non era ammalata, ma semplicemente esausta. No, non poteva passarmela al telefono. Era già abbastanza tesa, e non era il caso di turbarla ulteriormente. No, lei non sapeva cosa io volessi dire, ma era certa che si trattava di qualche notizia che l'avrebbe scombussolata. La interruppi supplicandola di concedermi un breve colloquio con sua figlia. Si trattava di cosa assai importante. Non l'avrei trattenuta più di pochi secondi. La signora Middleton acconsenti malvolentieri, dicendo che avrebbe passato la comunicazione a Valerie, al piano di sopra. Poi, come se ci avesse ripensato, annunciò che avrebbe ascoltato la nostra conversazione. Fui costretto ad accettare le sue condizioni. La voce di Valerie era molto stanca. Colsi anche un certo distacco nella sua voce, distacco di cui non riuscivo ad afferrare il motivo. Sulle prime parlai del più e del meno, a beneficio della signora Middleton. Infine venni a bomba. — Senti, Valerie, rammenti quella cosa che mi hai dato ieri? Vorrei sapere dove l'hai trovata. — Dove l'ho trovata? — Valerie sembrava sorpresa. — Perché, c'è bisogno di chiederlo? Il cuore mi mancò, a quelle parole. Quel pezzo di corda doveva essere messo sul conto di Toni. — Capisco quello che vuoi dire — ripresi scoraggiato. — Però credevo che tu avessi qualche spiegazione da darmi.
— E io speravo che ce l'avessi tu, Doug. Ascolta, devi dirmi cos'è successo. Dimmi tutto. Non ti ho forse dimostrato che puoi fidarti di me? Mi figurai l'orecchio della signora Middleton incollato alla cornetta, e risposi con un sospiro. — Non posso dirti niente per ora, tranne che il bubbone sta per scoppiare, e che credo che scoppierà stasera alle dieci. Se non riusciremo a fare niente prima d'allora, temo che per il paziente le cose si mettano male. Se ti riesce di escogitare una cura, sia pure disperata, vieni qui alle dieci. Dio sa se ce n'è bisogno! — Benissimo, Doug. Alle dieci, hai detto? Bene, a quell'ora sarò là ad aiutarti a risolvere il caso, checché ne dica la mamma. A questo punto la signora Middleton interferi. — Ora torna a letto, Valerie. Hai già parlato anche troppo. Stavo per riagganciare quando mi venne in mente che anche la signora Middleton, come chiunque altro, avrebbe potuto essermi utile per il passo successivo del mio giro di indagini. — Signora, potreste dedicarmi qualche minuto? — mi affrettai a chiederle. — Posso venire da voi? La signora Middleton acconsentì subito. Capii immediatamente che sospettava che io avessi notizie recenti e disastrose da comunciarle, poiché accolse la mia proposta quasi con entusiasmo, pur mettendo in chiaro che, mentre lei era più che disposta a parlarmi, sua figlia doveva essere lasciata in pace per il resto della giornata. Quando entrai nel salotto impeccabile, lei stava aspettandomi con gli occhietti lucenti pieni di sinistri presagi. — Ebbene, cosa c'è, ora? C'è stato qualche altro... ehm... delitto? Sono successe tali e tante cose spaventose! — No, signora Middleton — risposi con un sorriso rassicurante. — Sto solo cercando di risolvere quelli vecchi. Sono venuto da voi nella speranza che possiate aiutarmi a scoprire l'assassino! La signora Middleton sussultò, sgranando gli occhi. — L'assassino? E cosa dovrei fare per aiutarvi? — Devo dirvi con la massima segretezza — ripresi — che uno dei nostri vicini sta per essere arrestato. Io sono più che convinto della sua innocenza, ma se non riusciamo a trovare qualche nuova prova concreta che possa scagionarlo, sarà dura per lui. La signora Middleton era addirittura stravolta per la curiosità; una curiosità che io non potevo soddisfare. La assicurai che si trattava di cosa seria,
e la supplicai di farmi sapere se ci fosse qualcosa, sia pure banale, che lei avesse tenuto nascosta alla polizia. Sulle prime parve offesa che potessi sospettarla di ostacolare il corso della giustizia, ma ero quasi certo che non dicesse la verità. Dopo che ebbi insistito ancora, lei cominciò ad agitarsi. Distolse gli occhi chiari dai miei. — Ammesso che ci fosse stata qualche inezia — balbettò — voi credete che... S'interruppe arrossendo violentemente. — Per quanto irrilevante possa essere — insistei — potrebbe aiutarci... — Bene, se ve lo dicessi, è proprio necessario che... voglio dire, che arrivi alle orecchie della polizia? — A Bracegirdle si può dirlo. Vi assicuro che lui se lo terrà per sé. La signora Middleton sorrise timidamente e giocherellò con la spilla che aveva appuntata sul petto. — Non mi va che altri possano essere accusati per una cosa che ho commesso io — cominciò a voce bassa. — Naturalmente, mi sono sentita avvilita per parecchi giorni, ma sono certa che quando ve lo dirò capirete. Non posso proprio dire di detestarlo, sebbene mi abbia fatto cose terribili. Tuttavia, per quanto si possa essere buoni cristiani, non si può perdonare a una persona di aver cagionato la morte del proprio marito, no? Annuii compunto. — Già, perché malgrado tutto io sono convinta che abbia una parte di responsabilità in quella storia. Però non avrei mai dovuto fare ciò che ho fatto. Ora, se avessi avuto il coraggio di firmare col mio nome, sarebbe stato diverso. Una lettera anonima, invece... — Una lettera anonima! — esclamai. — Sicché siete stata voi a mandare quella lettera al signor Alstone! La signora Middleton sembrava assai desolata. — Ne sono pentita, dottor Swanson. Dovete credermi. Ma in quel momento i miei sentimenti hanno avuto il sopravvento sul buon gusto. Giuro che non rifarei mai più una cosa simile. — Aveva tirato fuori un fazzoletto e stava torcendolo come una scolaretta contrita. — Posso chiedervi di tenervela per voi? Certo, forse la polizia dovrebbe esserne informata, ma... La assicurai che si sarebbe conservata la massima segretezza e mi alzai per accomiatarmi. Ma, dopo la mia esperienza con Roberta avrei dovuto saperlo che una confessione chiama l'altra. Sulla soglia, la signora Middleton mi afferrò per la manica e mi fissò con aria solenne.
— Avete detto che verrà arrestato qualcun altro? — disse. — Ciò significa che Mark sarà rilasciato? — Be', si. Se la teoria di Bracegirdle è giusta, Mark è assolutamente estraneo alla cosa. La signora Middleton accennò a un sorriso. — Sono lieta di saperlo — disse. — E se è proprio vero, posso dirvi qualcos'altro? — Sì. — Stavo fissando fuori, oltre la striscia brulla del prato. — Rammentate quella faccia dietro la finestra, la notte in cui è stato ferito Sancho? Annuii. — Ebbene, era Mark. — Mark? — Sul momento ero troppo spaventata per riconoscerlo. Però ripensandoci in seguito mi sono ricordata di aver visto il ciuffo scuro che gli copre la fronte. Me ne ricordo chiaramente. Certo, la faccia era alterata dal vetro, e la serratura mi ha fatto l'effetto di una cicatrice. Ma ora sono certa che era lui! — Perché non l'avete detto alla polizia? Negli occhi della signora Middleton scintillò un lampo. — Il fatto è che voglio bene a quel ragazzo; ha fatto prodigi nel nostro giardino — rispose. — Eppoi ero convinta che non aveva niente a che fare con quei delitti. Voi sapete bene com'è la polizia: sempre pronta a pensare il peggio. — Mi afferrò la mano, stringendola forte. — Potete dire a Bracegirdle della lettera, però vi prego di tenere per voi quella faccenda. Mi congedai, pensando che avevo sempre sottovalutato la signora Middleton. Lungo il vialetto cominciai a meditare sul prossimo passo. Ormai ero diventato abilissimo a raccogliere informazioni inutili. I castelli mi crollavano davanti, ma sfortunatamente non erano i castelli giusti. Era interessante sapere che il malanimo della signora Middleton contro Seymour aveva avuto il sopravvento in lei, e che era stato Mark a spiarci attraverso il vetro. Ma, tutto sommato, nessuna di queste scoperte aveva un peso determinante. Restavano ancora Seymour, Edgar, la signora Alstone e Mark Baines. Ciascuno di loro era indubbiamente maturo per una confessione; ciascuno - tranne l'assassino. Decidendo di soprassedere, tornai a casa nella speranza di trovare il mio collega. Quando rientrai, Toni era nel soggiorno.
— Senti, Doug — disse, sorridendomi al di sopra del giornale della domenica — per caso ce l'hai anche tu, la guardia del corpo? Io ho avuto un grosso piedipiatti alle calcagna per tutta la mattinata. Stamattina è rimasto ad aspettarmi due ore fuori dell'ospedale, e sembrava godersela un mondo. Mi aspetto di vederlo spiare dentro dalla finestra da un momento all'altro! — Senti, Toni — cominciai — ho qualcosa da dirti... Ma, mentre parlavo, entrò Lucinda ad annunciare che la colazione era pronta. Per essere un uomo con la coda di paglia, devo dire che Toni mangiò con un appetito notevole. Dato che avevo fame anch'io, evitai ogni argomento scabroso, rimandandolo a colazione finita. — Ebbene, Doug — disse Toni, appena ci fummo accesi le nostre pipe — vuota il sacco! — È una cosa seria, Toni. Ascoltami, in nome di Dio! — Sono due settimane che aspetto di ascoltarti. — Il suo sguardo era leggermente beffardo. Senza tanti preamboli gli riferii per filo e per segno il mio colloquio con Bracegirdle. Lui non m'interruppe finché non arrivai alla ricostruzione dei suoi movimenti durante la notte della morte di Gerald. Poi, con mia grande sorpresa, scoppiò in una risata fragorosa. Era il primo tocco di allegria che ravvivasse l'atmosfera cupa di quelle ultime settimane. Non avevo mai visto Toni così su di giri. — E tu sei stato ad ascoltare quella storia, Doug? Sapendo quello che sai, hai lasciato che Bracegirdle... Che razza di vecchia volpe sei, ragazzo mio! Rise ancora. — Naturalmente sono convinto che si sbaglia — ribattei — ma vedi, i suoi uomini ti hanno scoperto dietro la stalla a cercare la pistola, ieri mattina. Come diavolo facevi a sapere dov'era? — Non lo sapevo infatti, però avevo una mia teoria. Be', quali altri elementi hanno contro di me? Gli riferii della mia visita a Roberta. Se prima Toni aveva riso, stavolta si mise addirittura a sghignazzare. — Oh santo cielo, Doug! Chissà come si sarà divertita Roberta a creare drammi intorno al nostro squallido affaruccio. Quanto mi sarebbe piaciuto essere una mosca e svolazzare per la stanza durante il vostro colloquio! Roberta che recita la parte della donna sposata che ha ceduto alla tentazione, e tu il confidente saggio e discreto...
— Ma non capisci, Toni? Perlomeno ti fornisce un alibi! — Me ne infischio dell'alibi. Quello che mi diverte è l'alibi che troverà per sé stessa. Quel fantoccio di Franklin! E noi due, convinti che fosse il vecchio! Stava ancora ridacchiando quando presi a raccontargli della signora Middleton e delle sue scoperte. Fu solamente quando gli parlai del pezzo di corda che sembrò realmente interessato. — Molto discreto da parte sua, Doug. È particolarmente significativo il fatto che una ragazza come Valerie arrivi a sopprimere delle prove materiali. Detta fra noi, sarebbe meglio darla alle fiamme. Così dicendo me la tolse di mano e la seppellì tra i ceppi ardenti. — Toni! — protestai. — Non puoi sopprimere una cosa simile. Dovremmo prendere più seriamente questa faccenda. Ormai sono le due, e fra otto ore Bracegirdle sarà qui a presentare il mandato d'arresto. Tu sai qualcosa, vero? Il mio collega torse la bocca in uno strano sorrisetto, piantandomi in faccia gli occhi scuri. — Si capisce che so qualcosa — rispose lentamente. — Più o meno quello che sai tu. Aspetto che sia tu a dare il via alle "confidenze da collegiali"... — Pezzo d'idiota! — sbottai. — Io ne so quanto potrebbe saperne Lucinda. E sono stufo marcio delle tue insinuazioni, delle tue mezze frasi. Se ti va di farti arrestare, io me ne... — Vuoi dire — disse scettico — che veramente non sai chi ha ucciso Gerald Alstone e poi lo ha seppellito nel nostro cortile? — Certo che non lo so. Se ne avessi la più vaga idea, non me ne starei qui a guardarti sghignazzare! — Bene, Doug, se non lo sai tu, allora non lo so nemmeno io. Cominciamo a considerare alcune possibilità, va bene? Personalmente, io opterei per Roberta. — Sembrava tutto eccitato, e i capelli gli erano ricaduti sulla fronte. — Roberta ha fatto strage di giovani, a suo tempo. — Non me la dai a bere, Toni... Come potrebbe avere ucciso Jo Baines? — D'accordo. E Edgar? Mi è simpatico, il piccolo colonnello, anche se è un castrato dal naso rincagnato. Fa rabbrividire, l'idea che lui giochi al lupo mannaro di nottetempo... che impicchi le bambine agli alberi, sventri Queenie... — Non quadra — ribattei. — Niente sembra quadrare. — Be', allora il vecchio in persona. Forse non riesce più a soddisfare la
sua brama di potere. Nessuno più da tiranneggiare, tranne quella testa calva di Franklin e il povero Gerald dagli occhi cisposi. Ah, c'è da spassarsela un mondo! Lui che si arrampica sulle colline e percorre la vallata per trovare un cane, un gatto, un'oca. La caccia è stata schifosa quest'anno, tra parentesi. — È più probabile che sia stato Franklin — obiettai controvoglia, tanto per stare al gioco. Confesso che ero sbalordito di sentire il mio amico parlare in quel modo. Per un tipo così calmo e taciturno, quello sfogo sembrava sconfinare nell'isterismo. — Già, oppure Peter Foote. Per un giovane che ha viaggiato molto, questo dev'essere uno squallido cantuccio sepolto tra i monti. Chi ci dice che non si sia liberato dell'ingessatura per volare a Grindle la notte della caccia al procione? Potrebbe aver nascosto Polly nel folto della quercia e poi avere acciuffato Gerald mentre stava andando a denunciare il fatto alla polizia. Un esperto pilota può ben piazzare un cadavere nel nostro giardino. Ti è passata per la mente l'idea dell'aeroplano, Doug? — Ascolta, deficiente... — Oppure la signora Baines, tra un parto e l'altro. Mi pare di vederla volare a cavallo di una scopa, seguita dalla signora Middleton. Che razza di titoli, ragazzi! "Streghe in volo su Grindle Valley." Varrebbe la pena di dimostrarlo. — Ci sono già abbastanza pazzi in giro per Grindle, per darsi da fare a dimostrare altre follie. — Sì, Doug, ed è proprio per questo che ho pensato che sei stato "tu". Sei l'unico soggetto sano in mezzo a noi. Tu... con la probabile connivenza di Bracegirdle. Non vedo perché dovremmo lasciarlo fuori, povero diavolo. Deve pure fare qualche cosa per uscire dalla monotonia del suo mestiere. Mi alzai in piedi. — Ascolta, Toni; parliamo seriamente. Veniamo ai fatti e ammettiamo che non c'è una persona sola in tutta la vallata capace di fare cose simili. Anche Toni si era alzato, e i suoi occhi scuri brillavano di una strana luce. — Come tu dici, Doug, ragazzo mio, non una persona sola può aver commesso... — S'interruppe. — Mi hai dato un'idea, Doug. Un'ispirazione sicura. — Si affrettò verso l'anticamera e prese il cappotto. — Ehi, dove vai? Toni sorrise. — Vado a chiedere alla mia "ombra" di darmi un passaggio fino a Rhodes. Sarà più divertente per lui, piuttosto che starsene là fuori al
freddo... — A Rhodes? Di nuovo? — Sì. Ho recitato abbastanza la parte del "convitato di pietra". Voglio azione, voglio sviluppare l'idea che tu mi hai appena dato. A proposito, è aperta oggi la biblioteca? — Di domenica? No, santo cielo. Fece una pausa; notai che aveva il muso lungo. — Accidenti... — brontolò. Poi parve colpito da un'altra idea. — Il giovane Foote è a Rhodes, per caso? — Credo di sì. Perché? — Ha dei libri che m'interessano. Libri di medicina. Li ho visti sul suo comodino, l'altro giorno. Perciò, se non posso entrare nella biblioteca, mi farò prestare dei libri. — Ma perché? Toni aveva già aperto la porta d'ingresso, e una zaffata di aria fredda penetrò nella casa. — Non preoccuparti per me, Doug — disse — e nemmeno per te, sarò di ritorno con molto anticipo per Bracegirdle. Ora va' a tirare le tue conclusioni, e bada di non ficcare più il naso nella vita dei tuoi concittadini. Arrivederci! Se ne andò, sbattendo la porta con un tonfo. 15 Il pranzo era pronto da quasi mezz'ora quando Toni finalmente tornò. Con lui arrivò anche Peter Foote, e tra tutti e due portavano cinque o sei libri di medicina, alcuni dei quali appartenevano a Peter, e altri, così spiegarono, erano stati presi a prestito dal primario di neurologia e psichiatria. Mentre Peter saliva zoppicando di sopra a rinfrescarsi per il pranzo, Toni mi ordinò in tono quasi perentorio di preparare una grande caraffa di martini secco e di far aggiungere da Lucinda un altro coperto a tavola. Appariva chiaro, dai suoi modi, che stava per aver luogo qualcosa d'importante. Nei suoi occhi balenava una strana luce, un lampo di trionfo. Era completamente diverso dall'individuo scettico e ironico che quella mattina aveva incassato la notizia del mandato di Bracegirdle con la massima indifferenza. Ora era lampante che stava prendendo la situazione con la massima serietà. Anche Peter sembrava pieno di entusiasmo e più loquace che mai. Trangugiò l'aperitivo e fumò rabbiosamente.
Il pranzo fu uno dei pasti più tesi cui abbia mai partecipato e, tra parentesi, uno di quelli più innaffiati di bevande alcooliche. Lucinda, in ritardo per la funzione religiosa, fu chiamata più volte a servirci whisky e soda, cosa che fece con aria di disapprovazione. Al terzo whisky, Toni annunciò con aria di mistero che lui e Peter erano stati impegnati per tutto il pomeriggio in un'interessante ricerca. Si rifiutò ostinatamente di rivelare di cosa si trattasse. Peter, si vedeva, moriva dalla voglia di parlare, ma sotto l'occhio d'aquila del mio collega fu costretto a controllarsi. Ce ne restammo seduti intorno al tavolo a chiacchierare di tutto, tranne dell'argomento principale, che era il pensiero dominante per tutti. Alla fine anche il pasticcio di zucca fu spazzato via, e Lucinda poté finalmente andare in chiesa. Prendendo i nostri bicchieri, ci spostammo nel soggiorno. Io non ero abituato a bere così abbondantemente e in fretta, e avevo il cervello intorpidito dall'alcool quando accostammo le poltrone al caminetto. Peter, che aveva ancora la gamba rigida, prese una poltrona a schienale rigido. Io sprofondai nella poltrona accendendomi la pipa, mentre Toni, con la sua solita mania di spogliarsi, si toglieva la giacca e il panciotto, allentandosi la cravatta, e si stravaccava sul divano. Sopra di noi, l'orologio a cucù ticchettava rumorosamente; le lancette segnavano le otto e tre quarti: questo mi richiamò alle circostanze straordinarie di quella riunione. Tra settantacinque minuti la polizia sarebbe arrivata a presentare il mandato d'arresto. E Toni se ne stava lì, brillo, con gli occhi lucidi, come se l'intera faccenda non fosse altro che una strana farsa. — Ebbene, imputato alla sbarra — cominciai — metti le carte in tavola! — Non assillarmi, Doug. Il mio amico si sporse verso i libri che Peter aveva collocato vicino alla sua poltrona, e prese quello in cima alla pila. Per un momento nessuno parlò; poi, in una comica imitazione del suo tono cattedratico, Toni diede inizio alla sua conferenza. — Signori, come voi saprete, io sono un modesto patologo. Stasera però ho il privilegio di fare delle ricerche nel campo delle malattie mentali. E, prima di proseguire, desidero rendere omaggio al mio amico e collega, il signor Peter Foote, che è ancora abbastanza giovane e ottimista da attribuire una certa importanza a quella che viene comunemente definita "la sorella minore" della medicina. Peter Foote, che non solo ha una biblioteca ben fornita, ma che dimostra di aver seguito il corso di psichiatria del professor Meyerhof con intelligenza e serietà. — Di cosa diavolo sta parlando? — domandai, rivolto a Peter. — Sta di-
cendo un mucchio di sciocchezze. Il ragazzo si era sporto in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. — No perbacco, dottor Swanson. Lui ha una teoria, una teoria del tutto sorprendente. — E ora — continuò Toni nello stesso tono tra il serio e il faceto — devo ringraziare e prendere atto dei consigli che mi ha dato il dottor Douglas Swanson, mio collega e amico, il quale, mediante un'osservazione del tutto casuale, mi ha aiutato a dare una brillante spiegazione scientifica alla più folle, e, al tempo stesso, più divertente serie di incidenti... — Sono quasi le nove — proruppi — e questa calda atmosfera non ti riscalderà di certo quando Bracegirdle ti porterà fuori al freddo della notte. Toni rise e, dopo essersi versato ancora un po' di whisky nel bicchiere, mi tese la bottiglia. — Sembri proprio impaziente di sbarazzarti di me, Doug. Be', ora vediamo. Io sono disposto a essere serio, però ti avviso che prima dovrete stare a sentire una storiella noiosa. Foote, forniscimi tu la documentazione. Gettò il libro che teneva in mano a Peter che lo aprì a una pagina segnata, e poi glielo restituì. — Tu ricorderai, Doug — continuò il mio amico — che durante la nostra piccola conversazione di stamattina, abbiamo convenuto che l'autore dei nostri delitti locali dev'essere affetto da una qualche forma di malattia mentale. Inoltre, essendo meno ottimista di te, ho lanciato l'idea che ciascuno dei nostri vicini è sufficientemente contorto da poter essere l'assassino. Tu eri parzialmente d'accordo. Poi... poi, Doug, hai fatto quell'osservazione profonda e illuminante, che mi ha suggerito l'idea. — Se ho detto qualcosa di brillante, ti assicuro che è stato del tutto casuale. — Le tue parole, mio caro Douglas, non erano affatto brillanti in se stesse, né certamente lo erano nelle tue intenzioni. Tu hai detto, se ben ricordo: "Non c'è una persona sola, in tutta la vallata, capace di fare simili cose". Ma ti rendi conto del significato di quella parola, "sola"? — Non capisco... a meno che per "solo" tu non intenda il contrario di "sposato". — Andiamo, Doug. Non è il momento di parlare di sesso. Non alludo a niente del genere. Per fartela breve, il nostro assassino è... due assassini! — Balle! — esclamai. — Ci sono mille probabilità contro una di trovare soggetti affetti dalla stessa manìa nello stesso posto, e nello stesso momento. Dov'è andato a finire il tuo rispetto per le statistiche?
Toni sospirò e diede un'occhiata alle pagine del testo. — Se tu non mi credi — declamò — se credi che menta, va' dal dottor Shalkenbaum e lui ti spiegherà tutto. Ora, Doug, questo è il triste trattato di Shalkenbaum sulla follia, adottato, guarda caso, in tutte le facoltà di medicina da Rhodes a Stamford. — Mi guardò sogghignando. — In questo testo così diffuso, noi troviamo un indizio, quell'indizio "prezioso e sottile", come direbbe Agatha Christie, che è uscito dalle cellulette grigie del dottor Shalkenbaum. Ha un nome francese che Poirot pronuncerebbe assai meglio di me, e tutta la letteratura al riguardo è francese o tedesca. Ragion per cui il signor Foote, il mio segretario poliglotta, oggi ha scovato un mucchio di materiale, e lo ha tradotto per me. Ora ascolta, figliolo. Questo dovrebbe toglierti ogni dubbio riguardo i maniaci-gemelli, perché il caso è ufficialmente riconosciuto. Ci troverai alcune delle tue beneamate statistiche. — Toni restituì il volume a Peter. — Qua, sarà meglio che lo legga tu. La mia pronuncia è pessima, e il nostro Doug è talmente sensibile! Peter sorrise e prese il libro. — Credo che sia un brutto colpo, dottor Swanson — osservò. — Ascoltate qui! "La 'folie à deux', o pazzia comunicata. I primi a descrivere questa condizione furono Laseque e Fabet nel 1877, e più tardi Regis, sotto il nome di 'folie simultanée', nel 1880. È una condizione in cui un soggetto (noto come paziente principale), tipicamente un individuo forte o autoritario, influenza un altro soggetto, di solito più debole o d'intelligenza inferiore, con la sua follia e le sue frustrazioni. Il processo è spesso graduale, e può essere constatato più comunemente in soggetti appartenenti allo stesso ceppo familiare, in cui il componente più anziano può influenzare il più giovane. Le perversioni sessuali, l'isolamento e le inibizioni di carattere religioso sono spesso delle cause concorrenti, il che può spiegare il fatto che tali condizioni si verificano in posti isolati. Questa forma di pazzia spesso può passare inosservata per anni, dato che generalmente i soggetti presentano tutte le apparenze esterne della normalità, se incontrati individualmente, separatamente l'uno dall'altro. Ma negli stadi più avanzati, essa s'impone all'attenzione pubblica quando i due soggetti, sopraffatti dalla forza delle proprie frustrazioni, commettono reati o altre manifestazioni asociali che possono destare scompiglio. La condizione è tale che la delusione o la follia parossistica di un individuo è comunicata all'altro soggetto, indicato come il soggetto secondario. I veri casi di 'folie à deux' sono rari, però esistono comuni manifestazioni della stessa nevrosi latenti nell'eccitazione comunicata da un soggetto all'altro, nei rituali religiosi, o in altre riunioni
collettive. In questo stato di confusione si possono trovare le cause di patti suicidi. La diagnosi è difficile e la terapia è uguale a quella comunemente adottata nei casi di pazzia." Peter posò il libro e mi guardò entusiasta. — Cosa ne dite? — Molto interessante — dissi scettico — però è piuttosto costruita. Potresti avere ragione, e potresti avere torto... — Oh Douglas, Douglas! — Toni scalciò per aria. — Ma non vedi che è l'unica spiegazione? Pensa solo agli alibi, figliolo. Ognuno, nella vallata, ha qualche tipo di alibi. Questo lo distrugge! "Dove eravate, dottor Swanson, la notte in cui è stata ammazzata la scimmia di Roberta?" "Col mio amico, signore, il dottor Conti." "Va bene, andate pure." Ma... — Si sporse in avanti per scrutarmi in faccia. — Ma pensa se tu eri veramente col tuo amico dottor Conti, e, nello stesso tempo, stavi compiendo l'atto di sventrare la povera Queenie? — Non è il caso di essere così crudo — obiettai. — Ma continua. Toni ammiccò a Peter. — "Deve" essere giusto, Doug. Ma è tutto talmente comico... un vero e proprio divertimento. Non c'è forse un lato recòndito della tua personalità, che si divertirebbe un mondo a uscire in macchina di notte, con un compagno che ha i tuoi stessi gusti? Prendere al laccio le bambine deficienti e impiccarle sugli alberi; acchiappare i poveri giardinieri stremati dal lavoro e incastrarli nelle trappole per i topi muschiati; strozzare le oche grasse, ammazzare i gattini spauriti, mutilare i cani, colpire il vecchio Seymour ammazzandogli i segugi e il nipote... Sai che spasso! Io però insisto che non sarebbe altrettanto divertente attuare tutto questo da soli. Non è opera di un unico maniaco represso. È opera di qualcuno dotato di un robusto umorismo. E questo qualcuno deve avere un compagno. Un'ottima spalla. Qualcuno col quale ridere quando Polly resta impigliata a metà albero, qualcuno con cui... — Per amor di Dio, taci! — scattai improvvisamente. Per qualche misteriosa ragione provai un vago senso di apprensione. Fino a quel momento non avevo mai visto il freddo, scettico Toni animarsi così. Aveva gli occhi cupi e brillanti, e una voce tesa e stridula che non mi piaceva proprio per niente. I sospetti più agghiaccianti attraversarono la mia mente intorpidita dall'alcool. Dove diavolo voleva arrivare? Lanciai un'occhiata a Foote, che mi sorrise rassicurante. — Lasciamolo finire — disse. — Già, però... — Toni trangugiò l'ultimo sorso — ... però c'è un altro
aspetto. Non mettetevi in testa che i nostri assassini siano nient'altro che una coppia di pazzi. Nient'affatto! I loro delitti sono altrettanto motivati di quelli commessi dai migliori gangster di Chicago. Pensate al modo in cui hanno avuto luogo. Dunque, i nostri due eroi sono in una delle loro battute notturne. Vedono un gattino. Quatti quatti, gli sparano. Cosa succede, allora? Polly Baines si mette a rincorrere la sua diletta bestiola! Loro la vedono e lei li vede. Non è che una povera bambina deficiente, però può parlare. — Toni mi fissava con sguardo truce. — Può andare a casa e dire alla mamma: "Ho visto questo e quest'altro, hanno ammazzato il mio micio". Basta questo, e il bel gioco è finito. Sicché cosa fanno i nostri due assassini? Corrono ad acchiappare Polly. Tra animali ed esseri umani il passo è breve... dev'essere stato un gioco impiccare Polly sulla quercia. Ma non è stato solo un gioco, è stata anche una tattica. — Capisco cosa vuoi dire — proruppi. — Gli animali sono stati ammazzati a casaccio, mentre invece Polly, Jo Baines e Gerald sono tutti stati soppressi deliberatamente, perché avevano scoperto qualcosa. Molto probabilmente hai ragione tu, però questo non aiuta a scoprire chi l'ha fatto. Né aiuta a dimostrare la tua teoria che i responsabili sono due. — Forse no, Doug. Ma non ti sei accorto come in questa vallata tutti sono divisi a coppie? Cosa ne sappiamo noi. a quali orge si abbandonino Seymour e Franklin a porte chiuse? Hai mai pensato di immaginare la vita privata di Charlie e Millie Goschen, una volta messi a letto i bambini, e dopo essersi scolati l'ultimo whisky? Prendi le nostre due care Middleton. Chi ti dice che non si trasformino in una coppia di streghe grinzose dopo aver messo Sancho nella cuccia? Ci sono poi Mark e la signora Baines, che fanno comunella con le puzzole, i rospi e le volpi. Vengono infine Peter e Gerald, due allegri giovanotti disposti a fare qualunque cosa pur di vincere la noia. Magari si divertivano a fare fantocci di creta che raffiguravano il vecchio preside Warlock, e a conficcargli spilloni nel corpo. Infine ci siamo io e te. Gente che tortura i poveri porcellini d'India, nel vano tentativo di curare gli esseri umani. Agli occhi di Roberta, noi siamo capaci di tutto. Perché non dovremmo avere sviluppato una insana passione per ammazzare gli animali, e poi avere ucciso Polly per evitare di essere radiati dall'albo dei medici? Quanto a Edgar... Edgar e Roberta. Ma, arrivati a Roberta, le combinazioni sono infinite, come le spirochete. Non lo vedi anche tu, amico mio? — Io vedo che sei ciucco, per la verità. — Oh, Douglas, fa' la persona seria. Se no ti mando a letto!
— C'è del vero in questo discorso, dottor Swanson — intervenne Peter, che reggeva l'alcool molto meglio di noi due. — A parte ogni altra considerazione, chiarisce bene la meccanica dei delitti da un punto di vista scientifico. È difficile issare su un albero una bambina o intrappolare un uomo, da soli. Ma, in due, e per di più in preda alla forza demoniaca di un pazzo! — Prese un volume dalla pila di libri, e citò, infervorandosi tutto: — "Il succube è sempre debole, degenerato e privo di personalità." I suoi occhi brillavano di esaltazione. — Non vedete come si attaglia? Ora non ci resta che trovare a Grindle qualcuno che risponda a questa descrizione! Mio malgrado, stavo cominciando a interessarmi anch'io alle loro teorie. — Franklin Alstone — suggerii. — Il signor Tailford-Jones — disse Peter. — Douglas Swanson! — gridò Toni. Scoppiai in una risatina sommessa. Un'occhiata all'orologio mi frenò. — Sentite — dissi, imponendomi la calma. — Sono le nove e un quarto, ormai. Abbiamo esattamente quarantacinque minuti di tempo per scoprire qualcosa di concreto, di tangibile. Invece di farlo sul serio, ci ubriachiamo e ci lasciamo travolgere in un'orgia di congetture assurde. Non è me che devono arrestare, quindi io non ho nessun interesse personale in questa storia, però vorrei che foste ragionevoli, se non altro per salvare dal capestro il più promettente dei giovani scienziati di Rhodes. — Peter sorrise e Toni batté le mani fragorosamente. — Io personalmente — ripresi — non credo alle vostre teorie. In fin dei conti, sono tutte da dimostrare. Inoltre non credo affatto nella "folie à deux", Shalkenbaum o no. E sono convinto che tutto questo sia frutto della fantasia di alienisti di pochi scrupoli, allo scopo di salvare assassini facoltosi dalla pena capitale. Nessuno ne ha mai sentito parlare fino al caso Loeb-Leopold, e nessuno ne avrebbe mai sentito parlare, se non ci fosse stato coinvolto un branco di miliardari. — Douglas, Douglas! — protestò Toni. — Me l'aspettavo che avresti tirato fuori quella storia. Il caso Loeb-Leopold era tutt'altra cosa. Era un delitto a sfondo sessuale. L'autopsia della vittima lo ha dimostrato in modo inequivocabile. Ora, il nostro episodio non ha proprio nulla a che vedere col sesso. Io sostengo che ha messo in moto una serie di reazioni a catena,
una sorta di follia parossistica scaturita da una smania giovanile di divertimento. In seguito, a causa delle circostanze, si è trasformata in una serie di delitti a catena, dovuti per metà a sadismo e per metà al panico o alla paura delle testimonianze. — Io non sono così sicuro che abbiate ragione. — Peter si sporse in avanti con impazienza. — Non vedo perché non possa esserci uno sfondo sessuale, sia pure in maniera indiretta. I cadaveri non sono stati violati, però dovete notare che, comunque, le prime due vittime non erano ancora morte quando una è stata impiccata sull'albero, e l'altra incastrata nelle trappole. Non avevano nessun proiettile in corpo. Ora... — la sua voce si alzò in preda all'eccitazione — ... è una delle forme di perversione più comuni l'impulso di torturare senza realmente uccidere. Chi ci dice che due persone, incapaci di avere comuni relazioni sessuali, non potrebbero essersi abbandonate a sfoghi del genere? — Buon Dio! — proruppi. — Edgar e Roberta! Questa è la prima ipotesi sensata che sia stata avanzata stasera. Toni mi guardò con un sorrisetto enigmatico. — Ci sei arrivato, Doug. È un'altra delle tue osservazioni brillanti. Ed è la prima prova concreta che abbiamo in mano. Nel breve istante di silenzio che seguì, guardai l'orologio. — Le nove e ventidue! — esclamai. — Che facciamo, ora? Non ci resta molto tempo. — Quanto basta — disse Toni. A un tratto si alzò, fronteggiandoci. Il sorriso era svanito, e la sua bocca era contorta in un sogghigno. Continuando a fissarci, andò lentamente a prendere la giacca e ne trasse qualcosa che fece scivolare nella tasca dei calzoni. Lo fissai inquieto, sentendomi afferrare dal panico. — Cosa diavolo stai facendo? — domandai. Lui affondò la mano nella tasca. — Toni, cos'hai li? Non rispose. Tutti e tre ci fissammo in silenzio mentre lui estraeva un rotolo di corda spessa. Involontariamente mi alzai e mi avvicinai alla poltrona di Peter. E allora Toni mi piombò addosso. Tutta la forza del suo corpo atletico si abbatté sulla mia spalla; crollai a terra, picchiando la testa contro lo spigolo del tavolino. Stordito e inorridito, annaspai per alzarmi in piedi e lo vidi curvarsi su Peter e attorcigliargli
la corda intorno al corpo, fissandolo alla spalliera. Le labbra del mio amico si muovevano, ma non ne usciva alcun suono. Peter stava dibattendosi selvaggiamente, scalciando con la gamba sana. — Toni, sei pazzo! — gridai. — Pazzo, dici? — Il sudore gli imperlava la fronte quando si voltò bruscamente a guardarmi negli occhi. — Ora ti mostro io! Mossi un passo verso Peter che era legato strettamente alla poltrona, ma il mio collega mi afferrò per la spalla immobilizzandomi. La sua faccia era completamente alterata. — Lo vedi quel ragazzo, eh? Annuii fiaccamente. — Guardalo bene, allora. Potrebbe essere l'unico esemplare della sua specie. È... è il nostro soggetto principale! 16 Il colpo alla testa, combinato con l'alcool bevuto, mi aveva lasciato tramortito. Per un momento non potei fare altro che fissare lo spettacolo sorprendente che si svolgeva davanti ai miei occhi. Toni, grande e grosso, che sovrastava il corpo legato di Peter Foote, coi pugni chiusi. Sembrava essersi scordato completamente della mia presenza. — Tu hai ucciso Polly Baines! — stava gridando. — Tu hai ucciso Jo Baines, e incidentalmente anche Gerald Alstone. Credi che non abbia nessuna prova contro di te, vero? Be', ti sbagli. E per di più, ora parlerai. — Scoppiò in una risatina. — Lo vedi quell'orologio lassù? Le lancette segnano le nove e ventinove. Tra un minuto salterà fuori il cucù, e fra trentun minuti Bracegirdle sarà qui. Ora, non sarebbe meglio che gli raccontassimo l'intera storia, prima che ti porti via? Peter lo stava fissando con simulato stupore, e si agitò a disagio sulla sedia. — Così mi duole la gamba, dottor Swanson — disse calmo. — Potreste... Toni si volse di scatto verso di me come un orso rabbioso. — Tu non impicciarti, Doug. Ci vuole un italiano per certi lavori. Noi siamo ottimi gangster e sappiamo come si fa a far cantare 'sti ratti di fogna! — Non capisco il tuo gioco — dissi, ritrovando infine la mia voce — però ti avverto che se è una commedia, io me ne lavo le mani. Com'ebbi finito di parlare, il cucù scaturì e cantò una volta.
Toni rise. — Ti ha risposto lui, Doug. — Tornò a rivolgersi a Peter. — Ora ti dirò quello che so, poi tu terminerai la storia. Avanti, Doug. Tu che sei così meticoloso, farai la parte del giudice. — Dottor Swanson, posso chiedervi una sigaretta? — domandò Peter in tono disinvolto. Ne accesi una e gliela infilai in bocca, allentandogli la corda intorno alla gamba rotta. — Va meglio così? — domandai. — Sì, grazie. Il mio collega mi spinse da parte senza tanti complimenti. Si era tirato su le maniche e ora stava fronteggiando Peter con sguardo cupo. — Tanto per cominciare, Peter Foote — attaccò — tu sei un lurido marmocchio che la sa lunga solo perché ha fatto il giro del mondo. In secondo luogo, tu non piaci agli animali, e questo è sempre un brutto segno. Quel povero cane di Valerie ringhia appena ti vede. Per caso, ha ringhiato anche la sera in cui l'hai afferrato al laccio e ti sei messo a legarlo dietro all'auto? — Se questo è tutto quello che sei capace di fare, Toni — proruppi — Dio ti aiuti, e aiuti anche me per essere stato così pazzo da lasciartelo fare! — Lasciatelo fare, dottor Swanson — disse Peter. — Lasciamo che si diverta. Toni piegò il braccio mostrando i muscoli possenti. — Il divertimento viene dopo — disse. — Prima il lavoro. Ti sei beccato un calcio potente la notte in cui sei andato a tirar fuori i cavalli dal granaio. Che fiuto riconoscere un assassino, anche se eri entrato lì dentro per salvarli, eh? — Interessante! — mormorò Peter. — Perché non scrivete a Ripley al proposito? — Ti piacerebbe, eh? — ribatté prontamente Toni. — Ti piace la pubblicità, vero, Foote? Ecco perché sei andato nel fuoco: per essere il centro dell'attenzione generale. Del resto l'esibizionismo non è che una delle tante manifestazioni del sadismo, è noto. — A ogni modo — osservai — non si può negare che sia stato un atto di coraggio. — Eroico! Tutti i suoi weekend nella vallata sono stati leggendari. Tra parentesi, ti sei mai accorto che tutti i delitti si sono verificati durante il week-end? — Tornò a rivolgersi a Peter. — I soli periodi in cui ti trovavi a Grindle. È stata una fortuna per te che Jo Baines abbia scoperto alcune co-
se sul conto tuo proprio di sabato, vero? Se fosse stato un altro giorno, avresti dovuto venire qui apposta per ucciderlo, così anche quel tonto di Bracegirdle avrebbe finito per insospettirsi. — Perché hai detto che Jo Baines aveva scoperto alcune cose sul suo conto? — domandai. Toni si volse a guardarmi tutto eccitato. — Non ti è mai passato per la mente di chiederti perché Jo Baines fosse così impaziente di vederti? Voleva dirti che aveva scoperto l'assassino! Con ogni probabilità aveva visto Peter aggirarsi nei dintorni della quercia di Grindle, ha visto le poiane e ha tratto le sue conclusioni. Naturalmente non possiamo sapere con esattezza come si siano svolti i fatti, ma dev'essere andata così. Non lo ha detto alla polizia perché aveva troppa paura del vecchio Seymour per azzardarsi a dire una parola contro un suo ospite, il grande amico del nipote, per di più. — Ma dove sono le prove? — proruppi. — Prove! Càspita, una prova c'è. Rammenti quella telefonata in cui Baines ti dava appuntamento per il sabato mattina? Chi l'ha ascoltata? Gerald e... Peter. Ora, loro hanno dichiarato di avere incontrato Roberta per strada, e che lei gli ha tirato fuori l'informazione. Ma tu e il tuo amico Bracegirdle avete pensato di controllare com'era andata? No, non l'avete fatto. Ma io sì. Roberta sostiene che Peter le ha riferito il fatto di sua spontanea volontà e, per la prima volta in vita sua, ha detto la pura verità. Non capisci? Prima di uscire, trovare Baines e trascinarlo legato all'auto fino allo stagno del mulino, Peter ha avuto l'accortezza di assicurarsi che tutti, nella vallata, fossero messi al corrente di quell'appuntamento delle otto. — Sempre più strano — mormorai. — E non ho ancora finito. Hai mai detto a un paziente che soffre di una certa malattia, Doug? Certo che lo hai fatto. Bene, qual è la prima cosa che fa? Va a comprarsi tutti i libri che trova su quel particolare argomento. Perché Peter aveva tutti quei libri sulle malattie mentali? Perché si è buttato con tutto quell'ardore a esplorare i labirinti della "folie à deux" questo pomeriggio? Te lo dico io il perché. Perché soffre proprio di quel disturbo. — Bel modo di dimostrarmi la vostra gratitudine — protestò Peter. Durante tutto il discorso di Toni, aveva mantenuto una calma imperturbabile. Sembrava quasi divertirsi per la situazione. Toni era andato a prendere un libro. — E dato che le nostre prove sembrano saltar fuori dai libri, signor giudice... qui c'è qualcosa che potrebbe interessarti. È "L'inchiesta sui canni-
bali"; me lo sono fatto prestare da Peter per una piccola lettura d'evasione. Parla di quelle fascinose Indie orientali di cui il nostro giovane amico è così entusiasta. Ci sono un mucchio di notizie interessanti. In particolare, il libro descrive le abitudini degli indigeni della Papuasia, una razza davvero singolare. Pensa, seppelliscono i loro morti nel folto degli alberi! Trattenni il fiato per lo stupore. — Però — continuò inesorabile — c'è una differenza tra quei selvaggi e il nostro civile amico qui presente. Quelli impiccano agli alberi i corpi dopo morti. Peter Foote preferisce che siano ancora vivi. — Avvicinò la faccia a quella di Peter al punto che i suoi capelli neri toccarono la guancia del ragazzo. — Dio, non pagherai mai abbastanza per quello che hai fatto! — Va' avanti con le prove, Toni — lo interruppi, respingendo l'impulso selvaggio che stava travolgendomi. — Non ti resta che un quarto d'ora. Non c'è tempo da perdere! — Bene, ora stiamo per arrivare all'ultimo nodo, Doug. — Toni rise trionfante. — Qua c'è la confessione che abbiamo avuto dalla sua stessa bocca. Ora hai sentito come Peter abbia tentato di costruire una tesi contro Roberta e il povero piccolo colonnello. Molto ingegnoso da parte sua; però ha commesso un errore marchiano. Ci ha detto che Polly era viva quando è stata impiccata a quella quercia. Ora, come faceva a saperlo? — Si volse di scatto a guardarmi. — I giornali hanno detto che Polly è stata uccisa con dei colpi d'arma da fuoco. I proiettili esplosi dai fucili di Seymour alla caccia al procione avrebbero dovuto essere i colpi sparati dall'assassino. Il vero reperto balistico era troppo crudo per essere divulgato. Tu, Bracegirdle, l'esperto di balistica e io eravamo i soli a sapere la verità. I soli... oltre all'assassino. — Ascolta, Toni — lo interruppi — non dobbiamo perdere la testa. Potrebbe averglielo detto qualcuno. — Averglielo detto? Doug, e tu dovresti essere un medico! Andresti tu a raccontare a uno studente i segreti dell'obitorio? Te lo figuri tu Brooks, o Bracegirdle, o io stesso? No, Doug. Foote sapeva bene che non hanno sparato alla bambina, perché lui non ha sparato. — Tornò a rivolgersi a Peter. — Stavolta ti sei spinto un po' troppo in là con la tua passione per le spiegazioni scientifiche. Peter aveva la fronte coperta di sudore. — Dottor Conti — disse, e c'era una strana dignità nella sua voce — vorreste farmi liberare immediatamente, prego? La gamba mi duole, e ora voi mi state calunniando. Mio padre vi farà causa per questo. Lui...
— Sì, sì — tagliò corto Toni. — Hai ragione su questo punto. Tuo padre, con ogni probabilità, intenterà una causa contro di me. E forse riuscirà a spuntarla, anche. Mi rendo conto che si tratta di prove indiziarie. Ora bisogna dimostrarle. Ecco dove entri tu! — Toni! — esclamai. — Siamo tutti e due completamente pazzi. Stiamo scordandoci dei due elementi significativi. Peter ha un alibi indistruttibile per l'incendio del granaio; inoltre si trovava all'ospedale all'ora in cui è morto Gerald. Se riesci a superare questi ostacoli, io sono dalla tua. — Posso superarli — dichiarò Toni, torvo — per la semplice ragione che so: a) chi ha dato fuoco al granaio e b) chi ha ucciso Gerald Alstone. Però devi fidarti sulla parola. Ora è giunto il momento di fare una piccola opera di persuasione. La voce del mio amico era tranquilla, ma quella strana aggressività che avevo notato in lui per tutto il giorno, sembrava crescere gradualmente man mano che le lancette dell'orologio si avvicinavano alle dieci. Quell'aggressività stava letteralmente travolgendolo. Balzò addosso a Peter e lo afferrò per il braccio. Mentre lo faceva, accadde una cosa strana, una cosa di cui ancor oggi mi pento sinceramente. Non voglio giustificarmi, però devo dire che avevo bevuto abbondantemente, e le cose si erano spinte a quel punto con la mia partecipazione. Mentre guardavo Toni accanirsi sul ragazzo, sentii che stava comunicandomi parte della sua frenesia. Pochi minuti prima avevo riso per la teoria della "folie à deux" come fatto clinico, e ora, gradualmente, impercettibilmente, cominciavo a provare tutte le sensazioni del soggetto secondario... Non saprei ricordare con esattezza cosa accadde in quei brevi, brutali momenti che precedettero l'arrivo di Bracegirdle. So solo che fui afferrato da un accesso di furia selvaggia contro quel ragazzo che io e Toni ritenevamo colpevole. Accaddero cose che non sarebbero mai dovute succedere. Ma, intontito e mezzo delirante com'ero, non ricordo altro che il grido finale di Peter, e i suoi occhi, che brillavano di una luce perversa quando gridò: — Siete pazzi, siete pazzi! Non sono stato io, è stato Gerald! Questo mi richiamò alla realtà. Perfino Toni si acquietò. Mollammo Peter Foote, fissandolo negli occhi. — Si — balbettò il ragazzo, livido di odio — è stato Gerald... e io ho tentato di fermarlo. Voi non potete dimostrare niente contro di me... e anche se poteste, non osereste mai. E ora vi dico perché non vi azzardereste, dottor Conti. Siete stato voi a uccidere Gerald Alstone!
In quel momento un'automobile si fermò davanti alla nostra casa, e dei passi risuonarono sulla ghiaia. Lanciando un'occhiata d'ammonimento a Toni, mi affrettai verso l'anticamera. Mentre aprivo la porta, qualcosa mi sfrecciò davanti, ma ero ancora troppo confuso per accorgermene. Valerie era ferma sul portico, lo sguardo serio e preoccupato. — Senti, Doug — sussurrò afferrandomi per il braccio — ho appena superato l'auto di Bracegirdle lungo il sentiero. Sta venendo qui? Annuii. — Sì, sta per presentare il mandato d'arresto. — Dio santo! Presto, allora. Devi suggerirmi cosa debbo dire. Farò tutto quello che vuoi. — Sorrise coraggiosamente. — Tu sai che sono dalla vostra parte, vero, Doug? Le diedi un colpetto sulla spalla e la feci entrare, chiudendo la porta dietro di lei. — Doug! Cosa diavolo ti succede? — Forse era troppo buio sul portico perché lei potesse accorgersi delle mie condizioni. — Sei addirittura spettrale! Ma sei... S'interruppe al rumore del ringhio rabbioso proveniente dal soggiorno. Tutti e due muovemmo un passo verso la porta, e vedemmo Sancho Panza strisciare fuori, il pelo irto, i denti in mostra. Era seguito da Toni, il cui aspetto era anche più grottesco del mio. — La prova decisiva! — stava gridando. — La prova del cane ringhioso! Sancho, sei un vero segugio! Alla vista di Valerie, Toni si passò una mano sui capelli e si ricompose come per miracolo. — Salve, mia cara — l'accolse sorridendo. — Temo che in questo momento non siamo nelle condizioni più adatte a ricevere una signorina per bene. Mentre parlava un'auto infilò il vialetto. Valerie gli lanciò un'occhiata; era mortalmente pallido. — Bracegirdle! — mormorò. Poi, alle nostre spalle sentimmo un lieve frullìo seguito da un colpo brusco. Tutto vibrò improvvisamente attorno a noi. — Le dieci! Cucù, cucù, cucù... 17 Mezz'ora dopo Bracegirdle, Toni, Valerie e io eravamo tutti riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo. L'unica illuminazione proveniva da un grande candelabro a tre bracci, che sovrastava, severo, medievale, il tavolo
in lucida quercia. Dovevamo essere un gruppo abbastanza strano, con gli occhi spiritati come ospiti-fantasma che partecipavano a un pranzo fantomatico. Avevamo ascoltato Toni che, ritrovato l'autocontrollo e il suo tono professionale da scienziato, stava cercando di convincere Bracegirdle della fondatezza delle sue teorie. Nel soggiorno Peter Foote stava aspettando insieme a due poliziotti. Credo che Peter fosse il pensiero dominante di tutti noi, quando ci sedemmo là; dava il tocco finale a quella strana serata. — A parte ogni altra considerazione, Bracegirdle — stava dicendo Toni — abbiamo la sua confessione. L'ha sentita anche il dottor Swanson. Il vice-sceriffo scosse la testa. — Non significa nulla, dottor Conti. Qualsiasi bravo avvocato ve la smonterebbe in due minuti. Estorsione... minacce... violenza. Non la passereste liscia nessuno dei due. — Toni, posso fare una domanda? — Per la prima volta dacché era arrivato Bracegirdle, Valerie parlò. — Forse io non vi avrò seguiti con la debita attenzione, ma state per caso insinuando che Peter Foote ha ucciso anche Gerald? Il mio collega non rispose. — Appunto, dottor Conti. — Gli occhi chiari e limpidi di Bracegirdle fissarono Toni con sguardo scrutatore. — La signorina Middleton ha messo il dito sul punto debole della vostra tesi. Il giovane Foote ha un alibi inoppugnabile per il momento della morte di Gerald Alstone: vi rendete conto che la difesa potrebbe distruggere completamente la vostra tesi, basandosi su questo fatto? Vedete, io sono più che disposto a credere che potrebbe essere stata "un'altra" persona a uccidere il ragazzo, ma non riuscireste mai a convincere una giuria che non sia stata la mano dello stesso "indemoniato" a compiere gli altri delitti. Le circostanze erano talmente simili... il corpo trascinato dietro l'auto in corsa... — S'interruppe e per qualche minuto la stanza rimase immersa nel silenzio. Tutti restammo là a fissare imbambolati la luce giallognola delle candele. — Io so chi ha ucciso Gerald Alstone — proruppe Toni a un tratto. — Dottor Conti, parlate sul serio? — La voce di Bracegirdle era severa. Ma perché Valerie mi fissava con quello sguardo terrorizzato? — Posso cominciare dal principio? — domandò educatamente Toni. Bracegirdle fece un cenno d'assenso. — Bene, tutto è cominciato praticamente dalla notte dell'incendio, o meglio un poco prima, quando è stato ferito il cane della signorina Middleton. Vedete, non sono mai stato molto chiaro a proposito di quella serata perché non volevo coinvolgere nessuno in quel fattaccio.
Bracegirdle si agitò inquieto. — Potete evitare di far nomi, dottor Conti. Non siamo così ottusi come a volte credete, noialtri poliziotti, e possiamo anche chiudere un occhio, quando è il caso. — Grazie, Bracegirdle. Bene, torniamo allora a quella sera in cui eravamo tutti in casa Middleton. A un tratto è apparsa una faccia dietro la finestra, come ricorderete, una faccia che ha messo una paura d'inferno addosso alle signore. Me, non mi ha spaventato perché ho riconosciuto subito la faccia del signor... ehm... "Senzanome". Sono uscito da solo per indagare e ho scoperto che avevo visto giusto. Reggeva il cane in braccio e la storia che mi ha raccontato è la più agghiacciante che io abbia mai sentito. Aveva appena fermato la sua Ford sul bordo della strada quando ha visto un'auto avvicinarsi, un'auto a fari spenti. Da dietro quell'auto proveniva una serie di grida strazianti. Fortunatamente il nostro amico era armato di coltello e di un bel mucchio di coraggio. Fatto sta che è corso in avanti lanciandosi sulla strada, e ha reciso la corda che trascinava il cane. Questo dunque spiegava il motivo delle abrasioni, a proposito delle quali Mark era stato così vago. — L'auto aveva accelerato — continuò Toni — ma il nostro amico aveva udito, o gli era parso di avere udito, una voce provenire dall'interno. Era, almeno così ha sostenuto, la voce di... Gerald Alstone. Restammo allibiti, e fissammo Toni increduli. — Comprendo il vostro stupore — continuò. — È quello che ho provato anch'io quando ho preso il cane dalle braccia del signor... Senzanome. Devo ammettere che il suo sguardo faceva pensare al delitto. Ho discusso con lui e l'ho implorato di non perdere la testa, ma era come parlare a un sordo. È saltato nella sua auto e si è allontanato in fretta e furia. Ho il forte sospetto che si sia diretto verso il granaio. Bracegirdle mi guardò ammiccando. — Sto ascoltando con un orecchio solo, dottore — disse. — Bene — continuò Toni — voi vedete in che situazione imbarazzante mi sono venuto a trovare. Il nostro amico non è del tutto giusto, ma io non avevo motivo di mettere in dubbio le sue parole. E nello stesso tempo, Bracegirdle, non ho potuto venire da voi perché se avevo torto, il signor Senzanome sarebbe stato spacciato. L'incendio doloso è un reato grave. Per di più lui è stato veramente eroico, non soltanto per avere salvato la vita al cane della signorina Middleton, ma anche... Bracegirdle ammiccò un'altra volta. — Avrà avuto un duro colpo quando si è accorto che i cavalli erano dentro al granaio — osservò pacato. —
Credo che quello fosse già un castigo di per sé. — Appunto... perciò voi vi rendete conto della mia posizione, vero? Non potevo credere, allora, che un essere debole e malaticcio come Gerald potesse essere responsabile di simili atti di violenza. Naturalmente sapevo che c'erano stati dei casi di pazzia nella famiglia di sua madre, e sapevo che proprio per questo motivo Seymour aveva premuto perché il figlio divorziasse, e ha tirato su il ragazzo nella bambagia. Ma la teoria della "folie à deux" non mi è giunta alle orecchie che stamattina. Gerald, come pazzo solitario, non era attendibile. Sul momento non mi sono reso conto che poteva essere un ottimo "soggetto secondario", e che era più che disponibile per subire l'influenza di un tipo come Peter Foote. — Ma cos'è successo, dopo? — proruppe Valerie. — Cos'hai fatto dopo che il granaio è stato distrutto dall'incendio? — Ho deciso di accusare Gerald delle sevizie fatte a Sancho Panza appena possibile. Ma ho avuto troppo da fare all'ospedale e non ho avuto la possibilità d'incontrarlo, fino alla sera della caccia al procione. Credo che il mio contegno di quella sera sia stato criticato da molti di voi. — Sorrise a Bracegirdle. — Vi sarò sembrato strano, ma non avevo altre alternative. Se avevo torto, era meglio che non mi sbilanciassi in pubblico, riguardo a Gerald. Se avevo ragione, non dovevo accettare l'ospitalità degli Alstone. Al ricevimento, Gerald era circondato da uno stuolo di amici e non sono riuscito a beccarlo da solo. È stato, anche, uno dei primi a lasciare la battuta di caccia. Dopo che gli altri se ne sono andati, ho girovagato un po' attorno, in attesa, poi sono andato a casa alle undici e un quarto circa. — Dopo che ho sistemato l'auto nel garage — riprese lentamente — mi è venuto uno scrupolo di galanteria e mi sono ricordato che la signorina Middleton era stata affidata a me — s'inchinò e sorrise a Valerie — perciò sono tornato fuori. Alle undici e mezza circa, mentre attraversavo il vialetto di casa Alstone, ho visto Gerald. Correva come un pazzo verso la casa. Ho sistemato l'auto dietro la scuderia, vicino a quella di Doug, dove l'avevo lasciata precedentemente. Poi sono entrato in casa attraverso la porta di servizio. Gerald era nell'armeria. L'ho sentito dare al centralino il numero dell'ospedale, e poi chiedere di Peter Foote... — Questo spiega il motivo della telefonata — osservò Bracegirdle. — Continuate, dottore. — In quel momento dev'essersi accorto della mia presenza, perché ha riagganciato immediatamente. Era in uno stato di terribile agitazione nervosa, però non mi ha detto una parola sulla scoperta del cadavere di Polly
Barnes. Se ne stava là addossato al muro come un animale braccato, ma non ha detto una parola. Poi, tutto a un tratto, ha preso una pistola dalla rastrelliera e me l'ha puntata contro. Fortunatamente, ho avuto la prontezza di spirito di capire che Seymour Alstone e un uomo troppo prudente per lasciare armi cariche sulla rastrelliera, a portata di mano, perciò gliel'ho tolta di mano... — Toni s'interruppe e si guardò attorno con aria di scusa — ... e allora ho dato a quel piccolo bastardo la lezione più dura che si sia mai beccato in vita sua. L'ho pestato senza pietà, facendogli sanguinare il naso, imbrattando così tutta la stanza. Un vero macello. — Le tracce di sangue sul pavimento! — gridai. — Conseguenza dell'emorragia nasale di Gerald! — Proprio così, Doug. Però non devo averlo ferito gravemente perché, quando ho finito, si è diretto alla porta lanciandomi un'occhiata velenosa. "Me la pagherete, dottor Conti" ha detto, e mi pare ancora di sentirlo. "Me la pagherete, dovesse essere l'ultimo atto della mia vita!" — Non l'avete più visto, dottor Conti? — chiese Bracegirdle. — No, fino... — Per qualche misteriosa ragione Toni mi rivolse un largo sorriso. — ... fino a ieri mattina, quando l'hanno trovato nel nostro cortiletto. — Bene, perché non siete venuto a riferirmi la vostra versione non appena Gerald è stato dato per scomparso? — Ero deciso a farlo, Bracegirdle. Dopo che Gerald ha lasciato l'armeria, sono uscito a chiamare il signor Senzanome per cercare di convincerlo a farsi avanti a testimoniare. Mentre ero là, qualcuno è venuto a dirgli della scoperta del cadavere di Polly. Sono uscito immediatamente perché volevo assistere a quell'autopsia. Dopo avere accompagnato a casa la signorina Middleton, sono andato in macchina a Rhodes, come voi saprete, e ho lavorato per tutta la notte con Brooks. — Ma voi avete detto che sapevate chi ha ucciso Gerald Alstone — disse Bracegirdle, dando un'occhiata impaziente all'orologio. — Già, quella notte credevo di saperlo, anzi ne ero quasi certo. Però avevo validi motivi per tenermelo per me. — Noto che vi siete tenuto molte cose per voi — osservò seccamente Bracegirdle. — È vero — ammise Toni. — Ma i fatti mi hanno dato ragione. Altrimenti un innocente sarebbe stato esposto a un mucchio di inconvenienti. — Ma ora voi sapete... — Sì. Ora so e posso dimostrarlo, grazie all'efficienza del vostro agente
che ha scoperto la pistola, e, incidentalmente, ieri mattina stava per arrestarmi perché stavo cercando di fare la stessa cosa anch'io. Lo guardai stupefatto, cercando di capire se stava bluffando o meno. Aveva qualche prova che nessuno di noialtri era riuscito a procurarsi? Il folle mazzo dei nostri vicini mi balenò alla mente come il mazzo di carte di Alice nel Paese delle Meraviglie. Millie e Charlie, troppo normali per commettere un delitto; Seymour, torvo e tirannico; Franklin, solitario e amareggiato; Roberta, isterica e grottesca, ed Edgar, insignificante ma in un certo senso pericoloso. Quale di questi personaggi stava per accusare, Toni? Valerie era balzata in piedi, il viso in penombra. — Toni, sei pazzo. — La sua voce era tesa. — Non puoi saperlo! Non puoi saperlo per certo! Toni alzò gli occhi a guardarla e riprese imperturbabile: — Considerate anzitutto il carattere di Gerald. Voglio che cerchiate di mettervi al suo posto la sera della caccia al procione. Tenete presente che lui era il succube di quell'incomparabile duetto. Foote, il forte, giaceva immobile con una gamba rotta da più di una settimana, e Gerald era abbandonato a se stesso. Potete immaginare quel che ha provato quando il cadaverino è crollato giù dalla quercia. Corre a casa in preda al pànico. Va al telefono e chiama Peter per dirgli che il gioco è finito, e proprio in quel momento, come tocco finale, arrivo io come una furia vendicatrice. Lo pesto a sangue. Inutilmente, perché è già un essere distrutto. Distrutto, però tenete presente che ha una natura contorta e vendicativa. Aveva giurato di farmela pagare. Questo era il suo pensiero dominante quando mi ha lasciato per andare incontro come si è rivelato in seguito - alla propria morte. — Chi l'ha ucciso? — chiese bruscamente Bracegirdle. Sentii Valerie trasalire. — Chi l'ha ucciso? — Toni rise. — Ho appena detto che è stato Peter Foote. Indirettamente, però. In realtà è stato... Gerald Alstone. S'interruppe improvvisamente, e per un attimo vi fu un silenzio assoluto. Valerie sprofondò nella poltrona, passandosi la mano sulla fronte. I suoi capelli sembravano quasi grigi, nella penombra. — Io credo — continuò Toni — che abbia deciso di suicidarsi al momento in cui il cadavere di Polly è cascato giù dall'albero. Ma, dopo il suo incontro con me, la sua fantasia contorta ha concepito un piano più astuto e originale. Perché non meditare un genere di suicidio che presentasse tutte le apparenze d'un delitto? E non un delitto qualsiasi, ma un altro anello di
una lunga catena di delitti. Un corpo trascinato da un'automobile... ecco che riaffiora il vecchio istinto! Perciò Gerald carica la pistola e sguscia fuori, e va là dov'è parcheggiata la mia auto. Fissa al mio paraurti il pezzo di corda che si è legato intorno alla caviglia. Bang! Si uccide... appioppandomi le prove, prove doppiamente schiaccianti perché è una notte buia, nevica, e c'è una probabilità su dieci che io mi accorga del suo corpo quando metto in moto la macchina. Bracegirdle si sporse in avanti sul tavolo. — Voi sostenete che Gerald Alstone si è legato alla vostra auto e poi si è suicidato? — Precisamente. Voi avete trovato la pistola nel posto in cui avevo parcheggiato l'auto quella sera, sì o no? Infatti, quello era il punto preciso in cui la pistola gli è caduta di mano. — È questo che vi ha suggerito l'idea? — No, non esattamente. Come vi ho detto, avevo avuto altri sospetti. — Dottor Conti, voglio che mi capiate chiaramente. — Bracegirdle si era alzato in piedi con tutta la solennità del poliziotto. — Non crediate che non vi sia grato per il vostro contributo, né che io voglia discreditare la vostra testimonianza. Sento tuttavia che un uomo della vostra posizione, che insegna in una delle nostri migliori università, si sia comportato in un modo un po' criticabile. Sono passate due settimane, da quando Gerald Alstone è morto, e per tutto questo tempo voi avete tenuto nascoste le prove materiali. Toni allargò le braccia e sorrise. — Voi vi sareste fatto avanti, al mio posto, Bracegirdle? Tenete presente, la situazione era piuttosto grigia per me già prima che fosse stato scoperto il cadavere nel nostro cortile. Ne so abbastanza dei metodi della polizia per rendermi conto che con ogni probabilità voi sareste riuscito a strappare ai domestici qualche testimonianza a proposito del fatto che ero stato visto aggirarmi attorno alla casa degli Alstone la sera del delitto. Avreste finito per trovare le mie impronte. Se mi facevo avanti a raccontare spontaneamente di aver pestato a sangue Gerald cinque minuti prima della sua morte, significava cercar rogne. Si sarebbe dimostrato facilmente che avevo un po' di motivi per uccidere Gerald... — In altre parole — lo interruppe il vice-sceriffo — voi avreste ostacolato deliberatamente il corso della giustizia allo scopo di salvarvi la pelle? La frase era appena terminata quando sentimmo un trambusto nel soggiorno. Improvvisamente la porta si apri e Peter Foote, coi polsi ammanettati, apparve sulla soglia.
— Avete ragione, ispettore! — gridò, e se prima ci potevano essere dei dubbi sulla sua pazzia, ora non ce n'erano più. — Ha visto me e Gerald sull'auto la sera in cui abbiamo afferrato al laccio Sancho Panza. Quel dannato ipocrita si è finto sconvolto alla vista della povera bestiola ferita. Lui però ha fatto ben di peggio. Ha ucciso Gerald - ve lo dico io - e avrebbe ucciso anche me se non fossi stato all'ospedale. Chiedetelo a lui! — La sua voce si era fatta stridula. Due figure robuste apparvero dietro a lui. Bracegirdle indicò loro la porta con un cenno. — Portatelo sull'auto — disse. — Io vi raggiungo tra un minuto. — Si rivolse a noi. — Dottor Conti, la vostra versione è convincente, tuttavia restano un paio di punti da chiarire. È troppo tardi per tornarci sopra stasera, ma domani mattina aspetto voi e il dottor Swanson nell'ufficio del procuratore distrettuale. Il vice-sceriffo uscì e fuori sentimmo l'autopattuglia allontanarsi. Né Valerie, né Toni, né io parlammo per qualche minuto. Infine Toni si accese una sigaretta e si alzò. — Dopo tutti questi discorsi — disse sorridendo — mi ci vuole una bibita. Ho la gola secca. Si affrettò verso la cucina, e lo sentii armeggiare col ghiaccio. Valerie e io rimanemmo seduti l'uno accanto all'altro. Aveva gli occhi lucenti e io pensai che non l'avevo mai vista così bella. — Andrà tutto bene — la rassicurai dolcemente. — Non preoccuparti. — Non sono preoccupata, Doug. Ma... è stato tutto così bestiale. Le cinsi la vita col braccio. — È stato meraviglioso da parte tua non dire niente a proposito di quel pezzo di corda che hai tolto dall'auto. — Oh, roba da poco — rispose lentamente. — Qualunque ragazza lo avrebbe fatto per salvare l'uomo che... amava. — Alzò la testa e mi rivolse un sorriso triste. — Il guaio è che lui sembra non accorgersene neppure. — Forse lo sa — risposi stolidamente e, mentre parlavo, la sentii avvicinarsi di più. La sua guancia toccò la mia, e poi sentii le sue labbra premere contro le mie. — Arrivederci, Valerie — dissi quietamente — e ti prego di non stare troppo in pensiero. È un ragazzo in gamba! — Arrivederci, Doug. Toni stava entrando nella sala reggendo dei bicchieri tintinnanti. — Non te ne andrai mica, Valerie! — esclamò. — Sì, me ne vado.
Mentre si dirigeva verso la porta, intravvidi di sfuggita i suoi occhi lucidi di lacrime. Infine uscì. — Suvvia, Doug — la voce del mio amico era tutta allegra. — Abbiamo tempo per farci l'ultima bevuta. Presi un bicchiere dal vassoio, poi lo rimisi giù. — Senti, Toni — dissi — stasera tu mi hai manovrato piuttosto pesantemente, ed io dovrei avercela a morte con te. Invece non è così. — Vorrei ben sperarlo. — Bene, tu meriteresti una bella lavata di testa per non aver messo le carte in tavola prima. Bracegirdle ha ragione da vendere. Naturalmente io capisco il tuo silenzio quando, in un primo momento, hai voluto proteggere Mark. È stato generoso da parte tua... ma perché mai sei stato zitto per tanto tempo dopo la sera della caccia al procione? Puoi infinocchiare Bracegirdle, facendogli credere che temevi per te stesso, ma a me non la dai a bere. Toni sorbì la sua bibita e mi sorrise in modo accattivante. — Ebbene, Doug, tu come ti saresti comportato se... be', se tu avessi creduto che fossi stato io a uccidere Gerald? — Cosa diavolo c'entra? — Vedi, io sono stato convinto fino a ieri che fossi stato tu. Non che io ti biasimassi, bada. Poco ci è mancato che non finissi con le mie mani quel vermiciattolo! — Tu credevi che "io" avessi ucciso Gerald Alstone? — Naturalmente! Credevo che Mark ti avesse detto tutto del cane e che tu avessi perso la testa. Poi, dopo la caccia al procione, quando ho visto coi miei occhi... — Visto cosa? Toni scoppiò in una risatina maliziosa. — Vuoi dire che non ti sei accorto nemmeno allora? Vedi, le nostre due automobili erano sistemate l'una accanto all'altra. Sono entrambe delle Plymouth. E, quando sono tornato la seconda volta, per combinazione ho posteggiato la mia auto dall'altra parte. Lo fissai sbalordito. — Si — continuò. — Gerald ha fatto uno sbaglio. Si è legato alla "tua" auto! — Santo cielo! — Un lampo di luce si accese nella mia mente. — Vuoi dire che ho trascinato il corpo di Gerald per tutta la strada fino a casa? Allora è la mia auto che la signora Baines ha visto... sono stato io a lasciare quelle tracce di sangue sul ponte coperto...
— Sì, Doug. Non sei mai stato capace di entrare nel garage come si deve. È tipico da parte tua mollare il cadavere nel cortiletto, durante la manovra. — Bene, che io sia dannato! Toni stava divertendosi un mondo per il mio stupore. — Mi spiace molto dirtelo, Doug, ma io avevo sospettato che tu avessi compiuto quel delitto. Ho cercato d'incoraggiarti a parlare un mucchio di volte. Solo ieri, quando il cadavere è saltato fuori, mi sono reso conto che doveva essere stato un incidente, ed è per questo che mi sono deciso a cercare... altrove. Dio sa se sei sciocco, ma non sciocco al punto da lasciare una prova simile sull'uscio di casa! — Tu hai detto di aver visto il corpo di Gerald dietro la "mia" auto! — Coi miei occhi. — Santo cielo! — Lo afferrai per la manica e per poco non gli feci rovesciare il liquore. — L'ha visto anche Valerie? — Nessuno può dirlo, però credo di no. Ho cercato di distrarre la sua attenzione. Feci il muso lungo. — Dunque lei ha creduto di aver preso la corda dalla tua auto. — Ma no, idiota! Di giorno si distingue benissimo la mia auto dalla tua. E per di più, mi ha tempestato di telefonate per tutto il giorno per chiedermi disperatamente quali fandonie doveva inventare per salvarti dalla sedia elettrica. La mia fantasia correva a briglie sciolte, ora. "Per salvare l'uomo che amava... Sembra non accorgersene neppure..." Fuori, sentii Valerie avviare l'auto. Travolsi una sedia per raggiungere la porta. — Ehi, Doug, ma sei impazzito? — Certamente! — gridai. — Si tratta di un altro caso di "folie à deux"! FINE