Dialettica e materialismo

www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Cesare Luporini

Dialettica e m·aterialismo

Editori Riuniti

www.scribd.com/Baruch_2013

I edizione, I ristampa: aprile 1978

© Copyright by Editori Riuniti, 1974 Via Serchio 9/11 - 00198 Roma Copertina di Bruno Munari CL 63-0631-4

www.scribd.com/Baruch_2013

Indice

VII

Introduzione

LXVII

Avvertenza Parte prima

IS~S .3

La consapevolezza storica del marxismo

43

Appunti su alcuni nessi interni del pensiero di Gramsci

53

La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci

77

Verità e libertà i;.~'~

111

Marxismo e soggettività

i~ ~ : __

Parte seconda

153

Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo

21.3

Marx secondo Marx ', ~ :;. L

1· '5

!, ;

Marginalia

il concetto di formazione economico-

297

Marxismo e sociologia: sociale l ~ \ ':

305

Per lo studio delle opere giovanili di Marx e Engels : ' ~ :'

322

Il rapporto uomo-natura alle origini del marxismo

v www.scribd.com/Baruch_2013

329

Convergenze per un umanesimo moderno

349

L'uomo e la natura · · ·

352

Rovesciamento e metodo nella dialettica marxista

362

Marxismo e scienze umane

373

Dalla filosofia alla scienza: la questione dell'umanismo

380

Marx: problemi filosofici e epistemologici

VI www.scribd.com/Baruch_2013

Introduzione

Questo è un libl'o pesante (mi sembra; non mi dispiace) e gli conveniw un titolo pesante. Dialettica e materialismo in nessuno degli scritti qui raccdlti sono temat·izzati direttamente, aJ:meno per ciò ohe concerne la ·ricerca, o un recupero, del loro nesso. M.a sono i: due poli, mi sembra, o punti di riferimeno presenti in modo costante, nonostante la variet·à di approcci e il non breve percorso che questi scl'iHi rappresentoano. Vorrei che fos.s·e subito chiaro come la penso, in relazione a ciò che quei due termini ~ignifkano. Non è verso l~a costruzJon.e, o ricostruzione, di un « matel:lialirsmo dialettico », che sono attirato, nei' senso che a queUa espressione venne dato durante un intero periodo storico. Essa suppon•eva o impl·icava in qualche modo come data la loro omogeneità, in forma ·tale che scrutando a « materialismo » o scrutando Ia « dialettica » ne risultastSe po~ la perfetta reciproca .adaottazione, come di due parti di un unico congegno. Dove consistesse l'evrore teorico e quale fosse la sua radice pratica, non mette conto qui ridiscutere. VogUo però, anche, subito precisare che non mi muovo neppure verso una reductio a mera epis.temdlogia di ciò che può intendersi sotto iJ nome di « materirarl•i.smo dialettko »: ritengo tale reductio mistif.icante nelLa misura in eu~ essa perde il significato proprio e stretto di ognuno di quei due termini. Quando dico« materialismo >l'intendo dire materialismo; quando dico « dialettica » intendo dire dualettica, Jn un senso ch-e cercherò di precisare fra poco (naturalmente in prima approssimazione) e che comunque non è molto discosto da ciò che qudle pa•role suscitano ed evocano generalmente. N~ JjfiuJQ,i·11SQ!P_f!1:i!,__Qg_~Ll1so soltanto simbolico, e non conoscitivo, come di bandiere che di fatto a~l­ ludono ad altro, e fosse pure aM>a prassi rivoluzionaria (o pretesa VII www.scribd.com/Baruch_2013

tale). Invece, anche per me, «le parole sono pietre», cioè hanno e devono avere un significato determinato, che il pensiero critico fluidifica, ma per portarle a nuove, piu complesse o piu profonde, -- · cristalLizzazioni significativ•e. Vi è dunque per me un punto di partenza (storico e cu1lturalmente condizionato, ma che racchiude un sia pur minimale contenuto teorico), H quale consiste proprio in ciò: che fra dialettica e materhtHsmo non vi è immediata simHarità, o omogeneità. Al contral'io, vi è iniziale distanza, eterogeneità, non sintonia. Dicendo questo non mi riferisco al fatto che la di·alettica, modetmamente, è risorta su terreno idealistico ( Hegel, soprattutto); che è circostanza storica importante quanto si vuole, ma di per •sé non decisiva t·eoricament•e. Mi niferlsoo invece a quel contenuto ueoretico minimale, ma sollido, che 'le due paorole richiamano nella coscienza cultumle corrente (questa sf, un prodotto storico). In essa la parola «dialettica >> evoca ,H senso di un puro movimento che non è semplice fluire, ma un procedere che passa (e in certo modo scatta) attraverso determina2ioni opposte. La par·ola « materia1ismo » invece evoca il senso ddla fiss-Ltà e ripetizione della cosa (o oggetto) maveriale, della sua autaidentità in ciò, indipendentemente da chi la guardi o maneggi; che è i·l suo marchio di origine. Ecco 1a distanza ed eterogeneità ·iniziaH. Ora, a mio parere, tutto il marxism.o (correttamente .inteso) nella sua oompiessità ·s.i·stematica - _L2.9me filosofia -(si t veni.a v·erbo) per « mutare il mondo » - si muove fra quei due termini presi e .accolti inizi:ahnente nella loro -distanza ·e difformità. Credo che non riconoscere questo fa precipit·are o verso H }oro abbandono (o di uno di essi ) , o verso 1a costruzione dogmatica. Ciò signifioa che il marxismo stabi1isce fra quei t·ermini ( natura·lmente oiò che conta è v·edere come e perché) un campo di tensione teor:ioa entro 1J quai.e esso si colloca; para!Hellamente al fatto (esprimiamoci oosf, per ora) che esso colloca se stesso nel corso deUa storia dehle società umane, come << espressione di una Jotta di cl3:!sse ohe già esiste », quella fra proletari e borghesi. Riconoscere quel campo di tensione teorica - e la necessità di mantenerlo in vitJa - non esime .assolutamente dalla rkerca delle molteplici mediazioni, e dei hvelli di mediazione, fra ciò che quei due termini denotano. Ma ·anzi 1a impone: qua1e un andare in avanti che, oome diceva Hegel, è al contempo un t'Ornare indietro, a verificare i fondamenti, nel confronto critico oon una realtà (queHa delle società umane) che si muove e viene cambi-ando. VIII www.scribd.com/Baruch_2013

(Ma entro quali Limiti, sia pure spostabi.H, è la prtma domanda a cui obbHga il materiaiismo.) Gli scritti. raccolti in questo volume semplicemente (se hanno una nota comune) si mantengono, mi pare, in quel campo di tensione. Attraverso quale reticolo di mediazioni si possa presentare o proporre oggi la loro risoluzione o unità teorica, prospetticamente aperta, ·è problema la cui esplicitazione va oltre la presente raccolta; e che si riddinea, piuttosto, a1l:o sbocco di essa. Naturalmente le oose dette fin qui hanno validità (o comunque: una legittimità del loro stare insieme) solb per chi, rome lo scrivente, sia convinto ddla impossibilità di eliminare uno di quei termini dal marxismo rivoluzionario, senza che questo perda i propri connotati essenziali. Benché ()ggi ~l oampo dello ste~so « marxismo » Slia disseminato largamente di avVlersari di ambedue, e un raffinato positivismo antidialettico, anche se non v•iene dichiamto come ta.Je, sembri pcrvaderlo. Ora, per chi scrive, non Vli è progetto e attività rivoluzionaria consisten~ e capace di presa non momentanea sulla realtà senza qud1a che Lenin chiamava dialettica pratica, ma questa comporta, come proprio dgore interno, una dialettica teorica o teoria dehla dialettica, che ha oome suo centro iJ riconoscimento e quindi la ricognizione della realtà oggettiva detle contraddizioni prima di tutto nelle condiziollli della loro stessa possibilità ( ques·to è il senso fondamentale deHa dli.aJ.·ettioa moderna) . Vi è qui, intanto, un problema specifico di oggettività; e l'ogget~ività è, in generale, il problema permanente ddla scienza. Esso è, natu11almente, anche un problema dd « materialismo storico ». Questo nome, come tuttd sanno, è sorto in relazione ~ll'importanza basilare data, nella corrispondente dottrina, aUe condizioni materiali di produzione e riproduzione della vita immediata deg1i indiVlidui nella soòetà umana, e ai modi del loro svolgimento ne1la storia (onde anche «concezione materialdstka della storia»). Questa « materialità » non è una espressione convenzionale (prodotta, cioè, solo in opposizione allo idealismo-ideologismo storiogmfico ), anche S'e non è correlata ad alcuna nozione met·afisica di« materia». M_?essa è correlata (e di qui nasce ~io~~: -;f -~Qpe -~-_g"!_alsi~si_ Id.e~l.i_s_mQ_~tçt)::iQQ) . ~u 1!-Q.au fisicità e natu~qji tà. pri111at;ie e irridudbHi, a cui la critioa dell'ideologia e delle costruzioni spccuJ.ativc proibisce di voltare le spai1e. « Il primo presupposto di tutta 1a storia umana è l'esistenza di individui umani viventi. Il pr.imo dato di f,atto da constatare è

IX www.scribd.com/Baruch_2013

dunque l'organi.zzazione fisica di questi individui ·e il loro rapporto, che ne oonsegue, ver.so hl' resto dell.a natura » (·Ma"IX-Engels, L'ideologia tedesca). E ancora, a proposito deHe condizioni naturali ·troVIat•e dag1i uomi-ni, quali « le condizioni geologiche, oro-~idrografiche, dimatiohe e cosf vi.a »: «ogni storiografi.a deve prendere le mosse d-a queste basi n.atu!t1ali ·e daHe modifiche da esse ·subft.e nel corso della ·stori•a per l'azione degli uomini ». Il materialismo storico, cioè, è materialismo non solo per il peso .aocordato al!l.e condizioni materiali deHa riproduzione deUa vita individuale nelle società umane, ma perché tali oondk,1oni sono ancorate in quel1a fisidtà e nattumlità irriducibili. Se il riconoscimento di quest·a irriducibilità e pl11mar~·et-à si chiama materialismo, dspetto .ad esso iJ « materialhmo storico» è un matJer1aHsmo secondario, anche se domina tutto :H campo dei rapporti sociali umani, e con loro il mondo ddlo « spirito », doè 11 mondo dei « significati » e deNa cr:eatività e produtcività specificamente umana. QueMa naturalità pr1maria non è sohanto un piedista•llo, come qualche voha meccanicamente viene inteso o .attribuito .a Marx. È una naturalità che deve ·essere concepita (.e quindi ooncetruaHzzalla) in modo ttale da essere sufficientemente omogenea a quel « mondo umano » il qua,le si erge non solto al di sopr.a ma .al:l'int•erno di eSSta, qoosi sua di!latazione, mentre continua nello stesso ·tJempo a porta,rla dentro di sé, nonostante il ~alto di qualità che i.l mondo socia:Ie uman::> rappresent-a (·rispetto al['.l immediata natural.iJtà) già ne'ile sue forme piu elementari e primitive. Senza questo dialettico rapporto di omogeneità e di .differenza ben poco si può comprendi~re di ciò ohe intendev-a Marx, e del suo lavoro aru::he specifiico (critica d eli' economia politica). È v·ero ciò che si dice: che una natura non c'è per gli uomini se non in quant'O med~ata sodalmenlle. Ma questa è una mezza ver:Ltà, ·se non viene completata dall'-ahra: che i!l modo di concepi•re questa natura (in enorme parte p11e-umana, anzi pre-vivente) deve essere tail.e da rendere a sua voltJa pensabi1e concettualmente, in forma ad essa omogenea, n posteriore mondo umanosociale. Si trotta di una naturalità che coinvolge j,l soggetto umano ra1la radice, e non lo lascia mai, comunque La S>ua ·sec-onda natuta 6torico-sodale ·la venga modifiamdo es.t:ernramen1,e e internramente (ma non mai senza subirne ·il limite). « In quanto .iJ ·soggetto che 1avora è un individuo natur.ale, un essere naturale, •la pDima condizione oggettiva del suo ·Lavoro si presentJa come natura, terra, come suo corpo inorganico; egli stesso non è so1o il oorpo organico ma

x www.scribd.com/Baruch_2013

questa natura inorganica •in quanto soggettto. » M.arx scriveva queste parole (nei Grundrisse) in polemica con Proudhon: per spiegare che « ciò che il signor Proudhon ahiama origine extraeconomica de1l'ft proprietà », riferendo-si aHa proprietà tet'dera, non è altlro ohe « J:l rapporto pre-borghese de11l'individruo con le condizioni oggettive del l-avoro e in primo luogo con le condizioni oggettive naturali del lavor;o ». Ma proprio dal Iato della soggettività a quelh considerazione ( « non ·Stollo oovpo organico » ma « natura inorganica in quanto ·soggetto») compete un oar.attere universale che permane e attraversa ogni diverso modo di produzione. Se nell'ottica obbligata del capi:~al.i.sta « H proceSSJo lavorativo è un processo che si svolge fra cose che il oapitta.ti:sta ha compmto, frta oose che g1i. appartengono »,in quanto fra quest·i mezzi di produzione ve n'è uno particolarissimo, la forza-11avoro del salari•ato, l'uso di essa come cosa non è un'operazione magi'Ca, imposta doaù. capiotal.isot·a, ma è (come viene ricordato in uno degli Stccitti di questo volume) 1a forzosa riduz·ione dehl'operaio alla naturalità ohe è propria deLla forza Lavorativa come tale. «L'uomo -stesso, - ·scrive M-arx, -considerato come ·semplice esistenz·a di forza l-avorativa, è un oggetto natura•le, una cosa, se anche cosa vivente e autocosciente, e il lavoro stesso è e-spressione in cose di quella forza. » Questo, sempre. Il matevi.alismo (-rapporti materiali della produzione) del« materialismo storico » è fissato inestricabilmente in questo naturalìsmo e fisicismo, e perfino in questo _f___Q§!!f_ismo; e .per un suo lato essenziale e permanente lo stesso soggetto umano, «vivente e cosciente)>, si presenta come una modalità di esso (natura organica e inorganica in quanto soggetto). Ciò ha ~n Marx radici lontane, or1ginarie dal suo pensiero, « pre-marxis~ », nella sua pr.ima diooussione oon Hegel, depos.it.a.ta nel manoscritto della Critica del diritto pubblico hegeliano ( 184 3 ) . Qui Marx fa iJ: supremo sforzo (dpigliando uno spunto di Feuerbach) di svincoLare il prol:1lema della oggettUJalità daHa coppi:a tradizionale ( nella @o.. soHa moderna) soggetto-oggetto, e di premetter1'0 ad essa tr-asformando1o in un problema di << comportamento )> ( I1ibemndosi cosi in un punto solo daMo gnoseologismo e dallo ontologismo). La domanda non è piu: «che cosa è oggetto? », bensf: «che cosa significa comportarsi come oggetto? ». La nispost-a è: comport·ar~i come oggetto s-igntifica essere, .o poter essere, ogge_tto di qoolche QO~'altro chea ~ulivoha possa essere oggetro, o termine di attivit~, di_ aziçne, di qualche cos'altro in una circoLarità apel'ta. Ne naoce 1a

XI www.scribd.com/Baruch_2013

vtstone di una struttura plurarlistico-interrelazionale (in cui le relazioni sono nessi di attività--passivi~tà, o meglio di -azione-reazione) che trov-a La sua unica verifica in quel mondo de1la fisicità nel quale è collocato ogni viv·ente e con esso anche .Pindiv·iduo umano- soci·arle. Questa v1sione di fondo rimane immutata nel pensiero di .· -Marx. La .sua forza consiste nd fatto di non essere propriamente una concezione ontologica, e di avere tin se 'Sitessa H possesso del ,yroprio limite. Cioè es&a non è immediatamente proiettabile su uno sfondo «cosmico», o d:i1atabile a dimensioni cosmiche; e non è certo un caso che Marx, personalmente, non si sia mai lasciato tentare in 'Juesta direzione. Questa visione di fondo naturali.stica, entro l!a quale egli può costruire il materialismo storico e la critica dell'economia politica, ha valid1tà ·scientifica in quanto, di fatto, è legatJa a quella che è la nozione episuemologicamente fondamentale deLia ·scienza moderna della natura (ovvia per ogni ·scienziato, ma stranamente assai trascurata dagli epi•stemologi dei nostri giorni) e oioè la nozione di or@~g!_Kt:af1gezza. Le cose .stanno cosi (e l'oggettuaiità è quel t·ipo di comportamento fisi.oo) ruJta waLa e nell'ordine di grandezza in rui agisce (o subi·sce) l'uomo come individuo corporeo vÌ\nent·e. Il biochiere che stningo 1n mano è un oggetto d'uso, prodotto dall'uomo sociale per certi suoi fini e bisogni, ma J:a sua « forma » è ,a} contempo ·per M.a'fx una « fol'tna naturale », ancorché impressa dal .lavoro umanò, perché è omogenea 1a q'UJell:a degli oggettrl di cui 111avoro dell'uomo si impossessa, strappandoli d!al loro immediato contes.to naturale (di qui oominoi•a la produ:.>Jione, e 1a sua preminenza); e può farlo perché quello stesso lavoro ha una cor:rispondente forma naturale .( Hsiaa) , -ancorché sia una attività guidata dalla ·rappresentazione oosoiente di un nine. Se quel bicchier.e cade in ter:ra e si rompe, o vicev.ersa rimb~a, a seconda dei mater1a1i di CUQ è costituito, ciò .accade 'in quanto esso, come « forma naturale », è necessariamente anche un sistema fisico, e ubbidisce •alle SIUe l'eggi. Ma come •stiano le cose al di sopra o al di sotto di quell'ordine di grendezza in cui tali leggi si verificano, cioè oome ·Sili,ano I1e cose in microstrutture e macrostrrutture dell'universo fisico (del cosiddetto «cosmo » ), come si configurino in esse, per esempio, ~e dimensioni
XII www.scribd.com/Baruch_2013

teri.alisticamente le « scienze umane » ) lasda pur sempre fuori eh sé i·l problema dell'oggettività, Un. senso epistemologico, cioè come . termine rappresentazionale o concettuale._Qual~ _è, ()~~~~QQe_) g_.nes-~__f~a ~eJç_o.~~re.tz..t~--~_gu~to abstractum? Or-a, sarebbe erraJto, credo, voTrer est11arre dal mil.rxismo di Marx una ·risposta universale· a questa domanda, se non quella negativa e limitatU.va (ma anche direttiva) in lui sempre :ricorrente, ohe l'oggetto della soienza non è mai quello immediatamente fenomenico, ma è queHo costJruito o scoperto ·a,l di J.à di esso, che sia atto a spiegare e 1ntel'pretare M fenomeno. Ma ciò ha connot-ati specifici, benché di rilev·anza univer·sale per i:J. mondo umano (·storico-tSOCiale), nel campo specifico indagato da Marx. Ove egl~ si incontra con il problema di una « oggetcività }> che non ·appare sens.:ibhlmente e che non è analizzabillie Hsicalmente, ma che è un puro factum sociale {è « rei n gesellschaftlich »): l'oggetllività di va1ore delle merci, secondo ia quale esse · vengono scambiate in determinate 'Propor2lioni, e quindi come grandezze. E, tuttavia, .anc·he qui (e perfino indipendentemente dalla marx1ana ·teori> ) • «Forma di valore» e «forma natumle » (che è sempre !la forma della cosa utile « per col'U!i che ne ha bisogno ») sono fat.ti toto coelo diversi, eppure .1a prima non può esserci se non in quanto . relazionata alla seconda. (!Ne viene che il come e i modi di siffatto · rela2itmarsi diventano un problema di grande rilevanza epistemologica, stranamente trascurato dalla esegesi ma-rriana. ) È noto che) Marx riportava quel « duplice essere deUa merce >> al « duplice ca:vattere dal lavoro di cui essa è;@;· prodotto}>: dJ lavoro utile (secondo « i modi concreti deii lavori che areano valori d'uso }> ) e il J:avoro astratto, cioè « i·l·lavoro come dispendrio di forza-lavoro, quale che sia la maniera "utliù.e" in cui esso viene speso ». Si è da qualcuno, g1ustamente, sottolineato
XIII www.scribd.com/Baruch_2013

(socialmente) astratto è fisicalmente concretissimo, quale « dispendio di forza-iliavor.o », cioè di energi'e fisiche e nervose. H che poi valeva secondo Marx (ecco l'aspetto universale umano a cui siè ·s.opra accennato) per ogni forma di società, dalle piu primitive e naturali alle piu evolute storicamente (cioè economic-amente, socialmente, ecc.). Ne& sua privata polemica con l'economista Adoiph Wagner, Marx scriverà che « i'l "valore" delLa merce es.prume soltanto in una forma storicamente sviJuppata ciò che es-iste parimenti in tutte Le ~rx) deLle comunità umane si sia rotto definithnamente, e prevalga pienamente la s-truttura « artificiaile »,come nelle formazioni oociali domingte dal modo di produzione caphaHsti:oo. Questo_!!.a_turaliJJ!!oj,:i ..Marx (su cui. è f~ ii «materialismo storico ») coerentemente ·si prolunga oltre i termini fi.sicrui intorno ai qrua:li si è Tichiamat.a Hn qul l'a·ttenzione. È in senso proprio che Marx parla dei rapporti economiÌ.ci, generati da:ll'altti.vità sociale dell'uomo, come di una seconda natura, in quanto essa è sottoposta a leggi oggettive e non •annulLabili. In una lettera all'amico Ia dalia form'a determinata deH~

XIV www.scribd.com/Baruch_2013

produzione sociaLe, è self-evi:dent. È un fatto generale che le leggi di natura non poSJSono venir soppresse. Ciò che in condizioni storiche diverse può cambiare è soltanto la forma, in cui quelle leggi si affermano ». Quel mutamento di forma, in condi~ioni storiche diverse, non è, ovv.iamente, per Marx quakosadi secondario, né dal punto di vista dell'importan2Ja né da quello dd terreno di indagine: costituisce anzi •1'essenziale del contenuto dtell.a sua rkeroa, la cui forza scientifica, come ·ricordava Lenin, consiste appunto nel fatto di aver esaminato una formazione sociale nel suo modo di produzione dominante, la f.ormazione sociale borghese-capitalistica. Ma ciò sempre in relazione con quei termini generaoli, le « leggi di natura >> che essi esprimono o ne derivano per la formazione sodale 'specifica, e quindi in relazione semp11e con la costanz.a di esse nel mutamento dei rapporti storici s1a formali o ·SUutturali, sia empi.rico-quantitativi. Le deformazioni e f.luidificazioni storkistiche (o storicis-tkoumanistiche) del marxismo cosuringono oggi a riport·are energicamente l'accento su questo aspetto. Ma vi è qualcosa da dire ·anche ·riguardo alle deformazioni strutturalistiche, .almeno nella misura in cui esse sembrano obliterar.e la componente soggettiva, che non è esterna aHe strutture (umano-socia-li) ma costitutiva del!La Loro stessa oggettivit-à. l..!analisi delle forme ' ( economko-sociali) generate dai diversi modi di produzione non può .sciogliersi da qud1a duplice modal!i,tà ( oggettiva-soggettiva) in cui si configura la stesosa nauuralità a l.ive1l:o del viv·ente e ddl'uomo; e non può veni·r present·ata come il semplice dominio di pure ·strutture formp_ortato par*ola:ri risultati scien-

xv www.scribd.com/Baruch_2013

tif!Q.,~lme!!<;d!l_lin__gt.ll~#ca) tende ·a questa espulsione 9,el ~g~J­

f

tivo; o meglio a relegarlo in un campo di dissociazioni delle sue componenti umane, che giuoca. sulla loro effettiva reciproca dislocazJione (per esempio, delJ'inoonscio ri~petto a:l conscio), ma nello stesso tempo eternizza e subHma negativamente le dissoci;azioni che esistono 1'ealmente come prodotto deLla società di classi e dei modi estremi di pressione sulcl'uomo che st:iamo vivendo nella società capitalistica: fino a negare, sembca, il senso stesso di un·a possibile rioomposizione ·emancipatrice è :le strutture della personalità umana in una società div.ersa (comunista). Nel suo fondo, a chi ben guardi, anche q!lesta defof!U~z1Q~j9eq}Qg~ça_ stD.I!t:ura:li~tka reca 'l!na~()llçe:li2Pe _:,t, 11~1 fatto, d~J.a preminenza ahl'uojp._g_QellQ.~.!YllbiQ. _Lppn_:~]Q_)ll~tçri~k,_tn~. apche comunicativo) e della distribuzione, piuttosto che all'uomo delJ.a P_!!>~<tp;J~l1f! e. del <Jql'l~Pl.119_( incluso il consumo produttivo). In ciò sta una sua diametrale opposizione al marxismo. In quanto ideologia la possiamo perciò conside-rare una forma recenne dell'ideologia borghese nella sua lotta contro il marxismo rivoluzionario, che sottiLmente ut·Hizza un Lato fondamen1:aJe e centrale del marxismo stesso, e cioè il rilievo condizionante dato alle strutture formali oggettive le quali si generano nella storia umano-sociale entro limiti naturali e in possibilità combinatorie non illimitate. Questa ideologia strutturalistica, in quanto corrisponda a siffatti connotati, assume un significato particoJ.armente reazionario nel momento in cui sulla terra si viene accentuando un urto gigantesco e senza precedenti fra i meccanismi storico-sociali {economici, ecc.), con i loro apparati istituzionali, e quello che si può chiamare il « mondo della soggettività »; urto il cui esito è ancol'a oscuro. Lo specifico veleno di tale ideologia consiste in ciò: che essa assume ,jJ volto della razionalità e ddla impassibile scientificità, di fatto rinviando il soggettivo, e la l'1ivolta soggettiva, a un suo rischio reale: quello dell'irrazionalità. Rischio reale ov-e questa rivoloo. non riesca a riconoscersi neLla lotta di classe ·e a immedes1marsi in essa in modo . non v·elleitario. (Ciò mostra che non è affatto vero, come è stato detto e creduto da molti marxisti, che l'ideologia borghese fosse condann~ta ormai a rinchiudersi definitivamente e unilateralmente nell'irrazionalismo. E mostra anche che, per combatterla, non basta inalberare la bandiera del razionalismo, senza distinguere criticamente fra « razionalità » e « razionalità », cioè senza cercarne le basi di classe. Qualcosa di analogo, del resto, sembra si possa dire della oggi ;>èlbentrante e invadente ideologia semiologka, o~semiologism.Q,_

XVI www.scribd.com/Baruch_2013

che si deve tener distinta dai probLemi effettivamente identificati, e in parte dai « metodi »: intendo dire in quella parte in cui essi non si confondono col proprio prolungamento ideologico. Si ha infatti l'impres·sione che negli odierni sviluppi semio1ogici o serniodci, almeno in occidente, i due livelli del metodo e dell'interpretazione del metodo vengono largamente confusi fra loro. ) Il discorso ci ha cosi condotto al cosiddetto « problema dell'uomo », che ha rappresentato in questi anni un posto di vivo contrasto all''interno del marx1smo o, quanto meno, fra filosofi maTxisti. Ora ·a me S•embra che almeno un dato dovrebbe considerarsi sufficientemente chiarito: che H marxismo come «materiali~xpo storico » (e _quif.Idi_. c()~e ~<sritic:logia_._ .Posfùvamenù'! è fondato sulla scoperta, come insisteva Lenin, dell'oggettività dei rapporti sociali di produzione (.ancorché generat!i, si è visto, da un'interazione storico-naturale oggettivo e soggettivo), quale quadro appunto oggettivo di ogni attività interumana o interpersonale. È una ~HLY..!Jg:Ji~:pite (sempre appurabile scientificamente) che regge quest'insieme di relazioni, e dà un senso non soggettivistico (cioè non meramente intersoggettivistico) all'affermazione di Marx (fatta nei Grundrisse) che « L?. società non consiste di individui, bensi esprime la somma ddle relazioni, dei rapporti in cui questi individui stanno l'uno rispetto aH'altro ». È chiaro, mi sembra, che se non ci fosse il basilare rapporto 'uomo soci·ale {o società umana) - natura fisica' fondato sul lavoro e la produzione, la riduzione intersoggettiva sarebbe inevitabi·le (ma il carattere basilare dei rapporti di produzione diventerebbe anch'esso un puro arbitrio, o al massimo una convenzione). Ma tutto questo è ben lungi dall'eliminare il problema dell'uomo, il problema che l'uomo pone di sé a se stesso (né a renderlo indiffevente al ~xismo.J...some .teori.a__ de11~ rivoluzione). Semplicemente gli dà una svolta radicale, rispetto a tutte le precedenti ideologie « umanistiche » ( conservanv1oi o ~rivoluzionarie che fossero). Intanto, una parte di questo problema è già assorbita nel radicamento, che si è visto, della soggettività nella naturalità; e nella messa in luce ohe ne consegue dell'agire della soggettività all'origine e nella genesi delle oggettive strutture morfologiche delle ~società umane. Ma questo è soltanto un punto di partenza. Quando si dice «problema dell'uomo» s'intende, implicitamente e piu o meno chiaramente, qualcos-a che sembra esorbitare da siffatta articoLazione. C'è quakos.a che esorbi.ta? In certo modo si.

essò

m

XVII www.scribd.com/Baruch_2013

Anche se esorbita per riconnettersi .ad ess.a. Ciò i·n una duplice direzione, nella dil:'ezione degli individui e nel:la direzione deH'insieme, o meg1io dell'insieme degli insiemi (classi sociali, nazioni e Stati, aree culturali o di civiltà, ecc.). Questo insieme totale, il « genere umano}>, per adoperare runa vec.ohia espressione, non è piu un ambiguo concetto mi5to bi.ologico-antropologico-f.ile>&ofico .(non è un caso C'he il materialismo ·storico si sia costituito rompendo con questa nozione di « genere », che dalla filosofia •razionalisvic.a ddl':1Uuminismo era giunto a Feuerbach aturaverso la manipolazione specu1ativa dell'idealismo tedesco). QuelLa nozione ( espre&sa con tale termine o a1tri equivalenti) ha ottenuto, per un processo storico vapido e sempre piu accelerato, un referente reale e concreto (sinteticamente biologico"storico-sociale) che essa di f.atto non aveva mai avuto; e con ciò un signifiGato globalmente sinçronico. Non si tratta per nulla dell.a raggiunta mèta di una unifkazione del « genere umano » in un unico regime socialle e in una unica 'l:llrea di civil-tà (o di cultura ) . Le diversificazioni anzi, sono piu che mai accentuate; sono, per cosi di-re, piu che mai all'ordine del giorno della storia umana in corso, benché ciò avvenga in un quadro totale unico e dominato da poche grandi concentraz1onti di forza ( 1e superpotenze, o come si vogliono chiamare). Solo, del resto, una astratta visione razionalistica potrebbe considerare negativamente questo processo di dive•rsificazione (risorgere dii cu:lture, di civiLtà, di popoli e minoranze già oppressi, loro ricerca di una ristabilita o nuova autoidentità, che convergono con quella tJ.1asversale rivolta della soggettività a cui ho accennato). La lotta di classe in senso internazionale paS>Sa indubbiamente atttavel:ISO siffatta situe.zione complessiva. Ma quest.a è int·recci.ata con altro e dominata da altro. Intan·to, dalla forbice tJragka dello sv~luppo e del sottosviluppo, ·squhlibrio a oui è connesso il problema delle •·~e e di. incontroNate ·crescite demografiche, con eff.etto già esso globale. Effetti negativi del sottosviLuppo, come questi, ed effetti negativi ddlo sviluppo (·crisi energetica e inquinamento de1l'ambi.ente, con tendenza anch '·essa globale ) si sommano con t.uua evidenza. Il parlar.e, come si fa, di una « crisi globale }> (esplosiva) a chstanza di tempo calcolabile, e ~ravvicinata nel giro di pochissime generazioni, non è un di·scorso astratto .e vuoto. È un discorso sdenti.fico (•11 quale del resto comporta una ristruttur.azione da compiersi consapevolmente delle scienze deHa natura, e del loro rapporto con la tecnka e la produzione) che nessun rivoluziona.rio serio, come nessun dirigente responsabile, può Ignorare, nonostante i ·ricatti

XVIII www.scribd.com/Baruch_2013

di potenza o di potere che dietro di esso possono 'insinuarsi. Gli opposti meccanismi e regimi socia'li -anche su questo punto sono chiamati a un confronto ultimo (che non esclude convergenze e collaborazioni). In una parola, non si può ignorare che esriste un problema globa-le di salvezza e sopr-avvivenza del genere umano; cioè, in ·senso concreto ·e attua le, un problema del suo •M-----destino. Tuttavia non è in questo senso, pur sempre deontologico, che ho parlato di realtà attua·le e sincronica assunta daJl.a nozione di « genere umano », ma in un senso del tutto materiale e fisico, ancorché nuovo, che inompe e s'impone ndla storia. Questo è poi anche l'aspetto firlosofico, o meglio epi·stemol.ogko del problema. L'intera situazione .sopra accennata si riassume appunto in un f,a:tto fisico. Risa11~ramo tUn momento a Marx. Ho già ri-cordato che egli, aprendo la strada del materiaJismo storico, parlava delle « condizioni naturali trovate dagli uomini, come ]re condizioni geologiche, oro-idrografiche, climati<Jhe, e cosi via » quaLi « basi naturali » dalle quali - e « d:aUe modifiche da esse subfte nd corso della storia per l'azione degli uomini >>-deve « prendere le m.o&se ogni storiografia ». 'Bra una notazione rimasta quasi ai margini de.Ho -svlli1uppo della dottrina (del resto lo stesso .Marx la collocava ai margini), e rimasta in cer.to modo sorda: la nozione di mediazione socialeumana sembrava riarssorbir'la completamente. Ma oggi essa riprende attualità in relazione non alla storiografia, ma alia storia in atto, aUa storia « ohe si fa » (come diceva Gramsci ) . Quelle sparpa· gliate «condizioni naturali »(cosi si presentavano ancora in Marx), «base naturaLe » de'lJ.a storia umana, - e su cui gli uomini hanno sempre agito, con mezzi naturali, cioè fisici, - hanno avuto nel frattempo ben a·ltro approfondimento scientifico, e si sono unificate in una nozione Hsic·a ( fisico-hiologica), quella di « biosfera », a cui corrisponde un sistema ciclico di equilibri biologid, che risu-lta eS:sersi sv~lluppato e stabilito in mi.Hadi di anni. Un s1s.tema g1obale. l'l fatto nuovo è che l'azione degli uomini, cioè d'elle società umane, su:lJa narurra, che è sempre esistita da quando esse es.istono (con effetti 1nsieme creativi e disl'ruttiv1), sotto l'impulso dei moderni processi indlustrilali ha raggiunto una soglia per cui quelJ'azione sta diventando un effetto anch'esso globale, cioè che si svo1ge ,(e deve essere affrontato) in dimensioni globali. Ciò costituisce il genere umano in un sist-ema unico, in un ·si-stema fisico ( wmma di popoli svir1U1ppati e di popoli ri-tardati nello svriJuppo, ma non certo in quello demografico) che sta entrando in contraddizione (per t'lSrSO potenzialmente distruttiva, a partire da un punto di non-ritorno) 1

XIX www.scribd.com/Baruch_2013

col sistema di equilibri fisico-biologici c'he gli assicura le poosibilità vitali. Questo è iol grande fatto storico rmovo (nn fatto fisico) che discende dal1e contraddizioni dello svooppo sociale e s'intreccia con esse. Non mai come oggi è apparso chiaro ohe Fuomo, an-che inteso come genere, è innanzi tutto i1 proprio processo soci-ale produttivo. Non vi è dubbio che solo la scienza e la produzione, che hanno inferto la ferita, possono guarkla ritrov>ando e stabHendo superiori equilibri e ddi vitali (il che signifJca anche un operare collettivo, attraverso mezzi tecnici e processi naturalli, dell'umanità assoda·t'a sull'oggetto «biosfera»). Ogni strada a ritroso sarebbe impossibile e, probabilmente, non meno mortale. Ma è altrettanto chiaro, sembra, che per :procedere cosi in .avanti a1 « poStto di coman.do » sta la politica. Senza tener conto deJ:le questioni ora accennate il « problema ddl'uomo », oggi, diventa verMnente una domanda per « anime belle». Ma ciò non annulla la direzione inversa a queHa ora considerata, .la direzione verso 1'individ'uo. Nelle già ricordate annotazioni al Manuale di economia politica di A. W.agner, Marx si trova a sc11ivere: « L'uomo? Se si intende la categoria "uomo" esso non ha in generale "alcun" bisogno; se si .intende l'uomo che fronteggia .isolato la narur.a aHora esso deve venir concepito come non-animaledi-branco ( Nicht-Herdentier); se si intende l'uomo come que1lo che già si trova in una qualohe forma di società [ciò significa per Marx la scoperta del ·linguaggio, a parti·re dalla denominazione di «cose» praticamente e rripetutamente e~perite, e ~u questa base « rappresentate »] all.or.a si deve addurre come punto di partenza il caratt·ere determinato di questo ruomo sociale, cioè il carattere determinato deUa romunità nehla quale egli vive, poiché qui la produzione, cioè il ·suo processo di produzione di vita, ha già un qual si sia carattere sociale ». Ma un'altra volta M31tx, neilla &ua costante, e variamente Hlumi,nante, poLemica con Proodihon, si era trovato a scrivere (nei Grundrisse): «È come se uno dicesse: dal punto di vista della società non esistono schiavi e cittadini: sono entr.ambi uomini. In realtà, invece, uomini lo sono al di f.uori del!La .società. Essere schiavo o essere cittadino sono determinazioni sociali, rapporti degli uomini A e B. L'uomo A ln quanto ur1e non è sohiavo. Schi~vo lo è nel'la e per la società. Ciò che il .signor P.roudhon dice q'Uii del capitale e del prodotto, sign1fica in 1ui che dal punto di vista della società non esiste akun~ differenza fra capitalisti e operai - una dMferen2la che appunto esiste 'solo daJ. punto di vista della 1

xx www.scribd.com/Baruch_2013

societJà ». Qui Marx, evidentemente, nel segnare tale differenza la quaJe, si noti, cost1tuisce un<< punto di vista » che non è piu ooltanto quello ddla società- non allude a.Jl'uomo come semplice individuo animale. D'altra parte, egli non e1:1a certo un« esistenziali·Sta », non intendeva dire che l'uomo autentico lo si trova quando esso venga spogliato delle sue determinazioni sociali. Ma indubbiamente egli si riferisce .a uno scarto esistenziale fra l'individuo e le sue determinazioni sociali ( in .aLtra forma ciò si trova anche nella Ideologia tedesca), qui esemplificato (s.ch1avo-<:ittadino; capitalistaoperaio) in -società complesse ·sotto H proHI.o del processo produttivo e delle corrispondenti istituzioni, in società di classi antagonistiche. Possiamo dire che è uno scar.to effettivamente o potenzi,almente acuto in quanto v1ssuto dagli oppressi e dagli sfruttati, ma che si rifLette o 1:etroagisce sui domin·anti e srul loro produrre ideologia. In verità abbiamo sempre, in misura differente, ideologia contro ideologia, come rilevava Lenin (che in questo caso diceva « cultura »), anche se I'ideologia dominante, con opportune osmosi, rimane sempre quella delLe classi dominanti .. (Ciò giustifica l'attenzione differenziale che si deve dare a11a cultura delle classi « popo1avi », o subalterne.) Tutta la storia delle religioni, dell'arte, della letteratur;a in qualche modo testimonia questa situazione._ TaJ,e « s<;:~!'.!:9 esi,stenzia:le » d'à luogo al non completq__i9~l!tifica_r~_i dell'individuo sociale nel molo o nella funzione sociale che lo ~~f1rli~-~·;_-gUiwprimfil•_slio-cara,t~!"ce,-m_atinJla~~ia~ef1_t~_J9_ninioo.­ su1 manifestarsi di questo scarto, in qualche forma, alle coscienze sono basate, nei momenti di crisi di determinate .società o Stati del passato, le gvandi 'e qua.si sempre disperate rivolte dei subalterni (-schiavi e contadini), le grandi rivolte di soggettivi·tà assodate, in quakhe guisa quasi sempre aspiranti all'eguaglianza e al comunismo. Cioè a dire quello « scarto esistenziale » segnalato da Marx, quel punto di vista che non coincide piu con queUo della società, di volta in volta nel.la •Storia o si di.sperde individualisticamente o si raccoglie in un qualche sforzo· collettivo di ribeUione, che ha come punto di .riferimento ideale una diversa società. Ora, il modo in cui Marx wncepiva la sorte delil'individuo nel comuni&mo - ail di sopra del dominio comune sui processi nat
t( « regno del:La Iibenà » ) . Il che comporta un recupero nella comunità di quello scarto esistenziale .almeno nella misura in cui esso si sto~icamente . .~~uomo d_i__Mg_r_~ .t: j'uomç dell_av()ro ~ delll!_ .PtC>Q.Y~i one {non sol() .in .. sen~-~!P~J:e!"Jg_l3'!J,__~ __ qui!!_q}. Q~.hl-~ s~­ padtà, de1~-~·~!'~tll_dini, delJ~J:aco}!_~L c~tre}~!_Q_all 'uomo del bisogpg_: ma si attribuisce a quest'ultimo termine una gr.ande elasticità ed estensibilità, in rapporto aHo sviluppo storico, e fino ai piu alti livelli dello << spirito », poiché è h produzione, in ogni senso, che crea i bisogni non elementari. Può dar-si che questa concezione marxiana dell'individuo debba considerarsi oggi non del tutto sufficiente e, per Iati anche importanti, non esaustiva. E che per tale lirpite (un limite storico) siano soprovv-issuti in Marx elementi residui di idealismo o idea:lismo-utopismo, nella proiezione di essa nel comunismo. Può darsi, cioè, che a quella concezione del- · l'individuo altri elementi, anche fondamentali, debbano essere integrati. Ma a partire da che co~W? E che cosa si·gnifica, non fideisticament<e, l'idea che dovrebbe trauarsi di un'integrazione {e non per esempio di una sostiruzione, che farebbe crol
\_è prodotto

XXII www.scribd.com/Baruch_2013

scoperte vanno ·integr:ate al marxismo o, piu esattamente, vanno articolate in una g~-l!er~_l,s:_s_ci.e:nz:a __ckLmn..
portanza di questa autonomizzazione (che crea la sede della verità razionale) Marx ebbe sempre una percezione lucidissima, e ne trasse le conseguenze. Una volta Gramsci ha scritto: «Non H "pensiero" ma ciò che realmente si pensa unisce o differenzia gli uomini ». Questa è un'affermazione rilevante; essa, fra l'altro, enuclea la base critica di ogni attività rivoluzionaria di classe cor.sapevolmente guidata fra le masse. Ma è un'affermazione vera solo entro un limite determinato, che lo storicismo di Gramsci sembra gli impedisse di riconoscere o di valutare pienamente. Sfugge allora l'imp9rtanza 0Jllf!l.~!!~J!L9fL_p~I!§i:~_t:Q__f
a

XXIV www.scribd.com/Baruch_2013

osservare, quanto al « pensiero concettualizzante » ( begreifendes Denken) e alla sua medesimezza, che, nella fattispecie, alla base della generalizzazione di Marx stava l'effettiva continuità storica di una particolare teoria, almeno secondo il riconoscimento che di ciò faceva Marx. Ma sarebbe una limitazione (culturalistica e storicistica) del tutto errata, rispetto al procedere di Marx e a quanto egli intendeva dire. NelLa sua teovia deJ.la « forma di merce » egli si rialla<:cia direttamente ad Aristotele, recuperando o ristabilendo una continuità teorica che si era cultma1mente interrotta per secoli. E non certo per capriccio ·Marx volle riserbare a sé, nell'Antidiihring di Engels, la stesura del capitolo relativo alla storia delle idee economiche, dominato dagli stessi criteri. Come rilevava lin uno dei suoi ultimi scritti il filosofo italiano Giulio Pret-i, mantenere questo senso .aLto dell'autonomia delLa teoria, e del livello teorico, è oggi uno dei compiti essemJiali deHa filosofia, in un mondo come quello odierno che tende continuamente •a dissolverla e riassorbirla nella tecnica e nella tecnologia. Ma è un compito essenziale, possiamo aggiunger.e, anche per la prassi rivoluzionaria.

Ho creduto necessario e quasi doveroso premettere al presente libro questo insieme di riflessioni, perché fosse chiaro qual è per me, al momento attuale, il punto di arrivo di una serie di temi che successivamente si affacciano, o si intrecciano, negli scritti qui raccolti. E perché, d'altro canto, non sorgessero malintesi intorno ·alla natura degli esiti a cui sono pervenuto, e che si riflettono soprattutto nei due saggi deHa seconda parte del libro. Ho lasciato tuttavia in dispavte i problemi della dialettica, proprio pevché sono que1li attorno ,a cui in questo momento è concentrato il mio lavoro ·e non voglio corre11e il rischio di presintesi. Vorrei solo dire questo: S'U'l terreno della dialettica le questioni che ho toccato rimangono tutt-e vere, ma per tutte cambia qualcosa: l'organizzazione problematica in cui es&e si ripropongono, che non è un contenitore esterno, ma un quid da cui vengono attraversate e, in certo senso, modificate. Ma se guardo al percorso complessivo mi sembra che questo libro potr.ebbe avere come sottotitolo: dafJg_JJPJ:idJJ:!:JO __(]_lla_risco_pg_r(g__delle iorm,g_. Se questo sottotitolo non si legge nel frontespizio, è appunto per evitare che la parola « forme », e il « morfologismo » ad essa connesso, crei degli equivoci formalistici o strutturalistici. Ma questo percorso ha in qualche

xxv www.scribd.com/Baruch_2013

modo un inizio, e sopr.atructo un pun:to di crisi: quello dello « stodeismo ». Intenzionalmente ho lasciato fuori da questa raccolta i miei interventi politico-culturali e gli interventi polemici, che verranno ripubbHcati separatamente, e una parte dei quali si possono ritrovare nel volume Marxismo e filosofia in Italia ( 1958-1971), raccol-to e int·rodotto da Franco Cassano .. (Considero non una polemica, bensi una discussione con Emilio Sereni .aU'interno di un campo di ricerche comuni, il saggio Marx secondo Marx.) Lo sfondo da cui si staccano gh scriuti qui raccolti rimane tutltavia ugualmente uno sfondo politico e in questo senso credo che essi hanno anche un valore di testimonianza. Non sono per nuUa, in Hnea di pr1nciopio, un nemico deU'autobiografismo. Ritengo anzi che gli intellettuali, che •sono stati in qualche veste e in qualche misura produttivi, della mia gener, e ciò in .relazione al «·r-innovamento del socialismo e del marxismo )> che ha luogo nello stesso periodo, premessa al « rinvigorimento che sociaHsmo e marxismo esperiscono verso la fine del decennio 1960-1970 ». Sono d'accordo. Dunque « rinnovamento » e poi « rinvigorimento » - anche se entro certi limiti, ormai già oggi assai evidenti - insieme di « socialismo e marxismo ». Personalmente militavo nel Partito comunista italiano daoHa fine del.la guerra, accettandone la disciplina (ma con un periodo di non-iscrizione immediatamente postbellico) e cercando, non senza sforzo volontal'istico, di assumerne l'ortodossia sia generale sia particolare ( cioè sia internazionale sia nazionale ) . Ce11to, altre ·strade potevano essere prese ( a·ppunto meno legate alla disciplina e alla ortodossia), ma questa fu la mia, intessuta, del

XXVI www.scribd.com/Baruch_2013

resto, con un'assai intensa attività di base che t·rasformò profondamente le dimensioni umane e intellettuali della mi:a vit·a. (Il modo di essere del Partito comunista italiano permettev·a di far.e fino in fondo questa esper.ienza e di diventare quindi « quadro » politico, sen!la che fosse necessario per questo diventare « funzionario ».) Dai miei preaedenti scritti teorki, appartenenti a un'aJ.rra fase (Situazione e libertà nell'esistenza umana, finito di scrivere nel 1941, e gli articoli Esistenza, al lora pubblicati ndla rivista antifascista Argomenti, presto soppressa), a questo Consapevolezza storica del marxismo passano dunque circa ·tredici anni, che non sono pochi. In tale periodo cercai di saggiare .Ja teoria (cioè la mia assimilazione della teoria, o di quella che credevo fosse .la necessaria teoria, corrispondente a una determinata pratiaJ. poHtica) con interventi pubblicistid, con il cooperare 'a riviste di cultura, particolarmente Società, e soprattutto con ·scritti dì storia della filosofia. E torse in questa idea ·(che oggi mi appa.r,e anche un poco un alibi) di saggiare prima la teoria - e la mia assimilazione di essa - in un campo di ricerche storiche, quello a me piu vicino, operava un qualche ·residuo crociano, benché consapevole ment·e io non sia mai stato crociano (se si escludono, naturalmente, gli anni delLa formazione giovani
XXVII. www.scribd.com/Baruch_2013

forma « sistematica », oggi indubbiamente superata, in cui vennero presentati) con l'effetto esaltante che ne proveniva, ma anche con gli innumerevoli e diffkilissimi interrogativi che quei testi ponevano: come leggerli, oome identificare e interpretare la varietà di piani in cui quelle note si disponevano, come coLlegarli ai principi fondamentali della teoria, come r1portal.'lli aUa loro -radice: non solo la storia italiana ed europea di un certo periodo, e della rivoluzione e della lotta di classe in essa, ma La stoda ohe ancora a lungo doveva rimanere per noi assai milsterio~a - anzi che proprio quei testi facevano apparite piu enigmatica - del pal.'ltito che aveva espresso Gramsci, e al quale ,si era aderito con la Resistenza per tutt'altre vie, anche intellettuali, da quelle che b problematica di Gramsci riproponeva. P.er esempio, in che senso aveva ancora attualità la discussione col Croce; o viceversa come essa doveva venir ritradotta {un concetto che Gramsci insegnava), per impadronirsi di un metodo in funzione di altri contenuti? Ma, d'altra parte, come poteva essere ripresa partendo dalla siruazione presente una cosi differenziat·a tematica, ·nazionale e universale - storJa e organizzazione degli intelletruali, cultura e gruppi sociali subalterni, interpretazione del Ri,sorgimento, rapporto politica-filosofia, Stato e .società civi1e, rivoluzione e riforma intellettuale e morale di massa, collegate con gli inusi.tati concetti di << blocco storico » e di « egemonia »? Qu~l era il vero nesso fra Gramsci e illeninismo? E come far rifluire tuvta questa ricchezza negJ.i schemi accettati del ma:rxismo staliniano che sembravano cosf lucidi nella loro semplicità, ma nei quali poi ri>sultava .assai difficile muoversi ( hl. che appunto vuol dire: non stare fermi) concettualmente? Infine, e stacco intenzionalmente la grande questione (ancora oggi Jrdsolta): come inter-pretare Jo storiciJmo di _çTramsci? Proprio in questo punto le acque 1si confondevano - bene lo vediamo ogg'i, a distanza - cioè veniva a confondersi l'effettuale contenuto di pensiero di Gramsci ( ohe sarebbe stato, come si è cominciato ·a fare in anni piu recenti, da scrutarsi molto liberamente) con una sua inte11pretazione generale o d'insieme in un certo modo bloccata in quanto·veniw a coLlegarsi immediatistkamente col terreno ideale e ooltura,le in ooi nel dopoguerra si collocava i1 partito nei confronti della tradizione prevalente della cultura italiana di questo secolo: i'l terreno dello storicismo. Storicismo contro storicismo. Sto.r:icismo marxista e rivoluzionario contro storicismo borghese e idealistico (conservatore o reazionario). Storicismo antispeculativo come vera interpretazione del marxismo (applicando XXVIII www.scribd.com/Baruch_2013

H modulo che faceva deLla classe operaia la erede di Hegel e della filosofia classica tedesca) . Ma storicismo aoche come tradizione propria e s-pecifica del mandsmo italiano, da Labriola ( ohe aveva alle -spalle Jo hegeliano Spaventa) a Gramsci: secondo una linea di collegamento Labriola-Gramsci, ohe era in verità del rutto falsa (e che implicava una mistificazione, ·anwr oggi non riscattata, di Labriola, in certo modo simmetrica aLl'oper:azione compiuta da Groce sul pensiero del maestro), ma ·alla quale aHora rutti credemmo: anche coloro che la osteggiav·ano in nome di un mancismo meno umanistico e piu scientifico (cioè, come appariva ai piu di questa wrrente, da collegarsi direttamente alla problematica delle scienze natur.ali e alle loro nuove ep1stemologie, per ammodernare in questo 'senso la cultura italiana, trovando nel suo passato altri precedenti, ed emancipando in essa 1e scienze e 'le connesse tecniche dalla subalternità a cui le aveva condannate l'idealismo crociano e gentiliano). La vera questione, quella di fondo, tuttavia era un'altra (almeno per me): che ,Jo storicismo appariva l'unica interpretazione del marxismo perfettamente adeguata e corrispondente alla politica del partito, aU.a sua linea ·Strategica. Alla linea cioè dell'unità antifascista, della .svolta di Salerno, della Costituente, e magari del voto all'oarticolo 7. La linea che preservava una grande unità con le masse e che poneva in un certo modo iJ. problema delle aLleanze anche dopo iJ 194 7 e l'iniziata « reS~baurazione capitalistica », la linea infine che salvava l'autonomia e le caratteristiche proprie, pur mantenendo una saldissima unità internazionalista, centrata sull'Unione Sovietica, di conuo all'imperialismo. La condividevo pienamente (tranne qual"Che perplessità sul voto dell'articolo 7, che finivo per attribuire alle mie origini di intellettuale piccolo-borghese) e la difendevo. Ma a partire da tutto questo cominciavano le vere diffkoltà teoriche. Come le spiegazioni che si dava·oo di quella linea potevano essere pensate concettJUalmente riportandole fino ai Livelli massimi e generali de1la teor.ia? Le difficoltà non si presentavano immediatamente dal lato ddLe contraddizioni (e quindi della contraddizione) bensi dal lato deUa totalità, e, subordinatamente, dal lato del nesso continuità-d:iscontiilJU~tà. Una teoria rivolu~iona- , ria non poteva abbandonMe il momento della di:scon.tinuità, della , rottura. Esso aveva una collocazione forte, in un fatto decisivo i di portata 'll:lliversale e anc-ora non remoto, la rivoluzione d'ottobre.-·' Ma il momento delia discontinuità, del sarlto di qualità, veniva ribaltato anche ndla pros•pettiva, e cosi oon si deludeva, anzi si XXIX www.scribd.com/Baruch_2013

orientava intellettu~lmente 1a for.t1ssima tensione di massa al socialismo, e ven~v·a mantenuta la distanza di classe (quella che oggi qualcuno chiamerebbe la non-integrazione al sistema), . .Ric-ordo,. per esempio, di aver pa11lato a:llnra in varie locaLiuà deHa mia regio: ne, dinanzi a sale o teatri gremiti, della concezione marx•ista dello Stato e le vivaci dismssioni che si accendevano, benché il discorso muovesse dai prindpi astratti e da t·esti classici come Stato e rivoluzione, per cercare di riconnettersi al presente. Era su questo aspettO' m congiungimento e di confronto che immancabilmente si apriva il di.battito.lnfatti a un certo punto il dLscorso, all'unisono con la linea dd partito, in qualche modo si ·rovesciava, nel richiamo alle particolarit-à recenti e pres.enti, e tornava a prevalere il momento della continuità, nel mov1men~o ddLe forze politiche, il continuum di un mutamento graduale e •progressivo di qualità, in cui di fatto •i·l salto di qualità si mutava in un focus ideale. Ci muovevamo o no, contemporaneamente, su due piani diversi? Dietro vi era il problema deUa totalità, che cominciava a inqui•etarmi. Se la totalità è quella di tutta la ·storia 1in ·Svolgimento, non diventa essa una totaLità vuota in oui t·rionfa l'empiricità (la politica, come empiridtà)? La lotta di classe non viene allora ridotta essa stessa ai dati dell'empirico? Come mantenere nella nozione gramsciana di « blocco storico » l'articolazione oggettiva dei r.apport:i di produzione, messa in luce da Lenin, su cui s'innalza l'insieme delle sov.rastrutture? Questo mi sembrav,a comunque un punto irrinundabile .(si veda, in questo volume, nei Marginalia, la not
xxx www.scribd.com/Baruch_2013

propriamente .politica) della mia Slllcx:essiva osti:lità aJ ddlavolpismo è che nel sistema di della Volpe mi sembrava che i collegamenti e gli anelli di mediazione con la sinuazione del presente fossero del tutto fittizi, daborati in modo tale che .potevano servire, alternativamente e secondo l'arbitrio, ·s1a a un totale conformismo, sia a un immediatistico rifiuto, rispetto alla strategia in atto. Nonostante le suggestioni teoriche che esercitava sui giovani, riempiendo un vuoto che veniva effettivamente lasciato, non poteva essere la strada giusta (cosi .pensavo). Ques-te dunque erano le difficohà, come mi apparivano piu o meno intuitivamente e come le vivevo, assai paralizzanti sul piano teorico, perché non riuscivo a esplici:t.arle fino in fondo, certo per una remora anche politica; comunque •insorgenti ·assai piu dal contesto italiano, che non dal cosiddetto « stalinismo ». Quando negli anni 19 54-55 un gla'Ciale e m.iJsterioso si~lenzio com~nciò a diffondersi intorno al nome di Sta1in, a part1re dall'URSS, si fece urgente anche per me .riaggredire comunque il piano teorico. Tirare un qualche bilancio intorno .ai punti dedsivi uLtimi della dottrina, vedere che cosa ·SUJSsistesse di Stalin teorico, costruire un qualche conomfforte, vedere da quale considerazione d'insieme, direi da quale amalgama, si •potesse riparti·re. Questo il senso reale del primo .scr1tto della presente .raccolta, La consapevolezza storica del marxismo, pubblicato in Società nel 1955, centrato sul problema labrioliano del rapporto teorico del marxi:smo con se stesso, in quanto coscienza delle ragioni del suo presentavsi in un momento determinato della storia. J,Q_tg:sto nesso di storicità rimane un punto _r1_odal~J _ n..~ssaggio dallo sta1ini&mo. al post-stalinismo non rappresentò per me, immediatamente, un punto di crisi teorica, ma soltanto -una fase difficile della .lotta (interna e esterna al partito), in cui fui assai impegnato, nello '1ndimentkabile 1956'. Certo, per altri inte1lett>uali militanti la crisi ci fu, ma non mi sembra che essa sia stata ricca di elementi teorici; che abbia lasciato un arricchimento in questo senso. (l veri nuovi fermenti teovico-pratici, esterni al partito ma non al movimento di da.sse, cominciarono solo qualche anno piu tardi.) In fondo nel partito it·aliano ci si sentiva come in una situazione privaegiata per la sua app3lrente maggiore flessibilità e apertura critica o problematica, riflpetto alla rigidità di altri partiti, nel comunismo internazionale. Anche questo appariva legato al suo storicismo teorico, che sembrava, in gener·ale, render possibile una maggiore o piu rapida storicizzazione e insieme XXXI www.scribd.com/Baruch_2013

problematizzazione dell'immediatamente accaduto, da cui sempre ripartire. Questo, per esempio, l'alone che circondò subito la famosa intervista di Togliatti a Nuovi argomenti. Da quale altro partito comunista, cioè da quale altra linea storica di un partito comunista, poteva esprimersi, sia pure a titolo personaJle dd suo massimo dirigente, un giudizio problematico di cosi ampio distacco critico? Ma nel complesso oggi, a distanza, le cose mi appaiono assai diversamente. Mi sembra che eravamo vissuti (cioè avevamo pensato e operato) come in una intercapedine, l'intercapedine fra due ortodossie e, in ultima analisi, fra due dogmat•ismi, quello stJaHnista e quello storicista. Per molti di noi lo storicismo attuti, sul momento, il colrpo del crollo del mito di• Stalin, e ci aiutò a reggerne Je ripercussioni nel partito e fuori. Per me la crisi ( teorica) sopravvenne piu tardi, ma essa, in fondo, era la medesima crisi. Fu appunto l.a crisi, a .lungo latente, dell'interpretazione storicista del marxismo. Essa mi apparve assai chiara nel 1958, subito dopo lo sforzo (per me, naturalmente!) di adeguazione e insieme di organizzaz·ione di elementi, che avevo fatto per stendere la relazione raccolta in questo volume (La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci) al primo convegno di studi gramsciani (di quel disagio si può vedere già un segno, mi pare, negli aspetti di discrepanza che esistono fra questa ·relazione e le note preparatorie, qui presenti sotto H titolo di Appunti su alcuni nessi interni del pensiero di Gramsci; scritto, se mi è lecito dido, a cui va nettamente la mia preferenza). Lo sviluppo dJ questa « cri·si », di cui ero del tutto cosciente, sta dietro il saggio Verità e libertà, del 1960, e l'inedito Marxismo e soggettività, del1962 (intorno a cui dovrò dare qualche spiegazione), col loro tentativo di cambiare assai profondamente l'impostazione generale, ma « senza perdere i collegamenti». (Con essi termina Ja prima parte di questo libro, per ragioni che dovrebbero essere evidenti.) Devo dire che una domanda mi ·as-sillava: dove mi avrebbe condotto politicamente una messa in questione dello « storicismo »? Questa domanda non me la tenni del tutto per me, ma - sia pure non in questa forma diretta, bensf rpartendo dai contenuti teorici determinati e dal 1oro riflesso politko - negli anni tra H 1958 e 1962 I.a venni affrontando in private discussioni, a Roma, non tra « filosofi », ma con urn compagno col quale avevo profondi legami umani e di partito, MariQ_f\liçata. (Furono discussioni assai accanite, per me indimentkabili, ma dopo ognuna delle quali la divergenza si faceva piu profonda.) A un certo punto mi fu XXXII www.scribd.com/Baruch_2013

chiaro che, comunque, nel contesto italiano, non potevo affrontare la questione dello stovicismo senza prima venire ·a confronto con la« scuola» di della Vo1pe, con .1a sua formula dell'« astrazione storicamente determinata » e mettendo il dito sulla piaga: il modo in cui da quel gruppo veniva trattato il concetto nodale di « contraddizione » che nel ma:rxismo (ma anohe in Hegel) ha valore oggettivo. Fu cosf che feci 1a proposta a Togliatti di aprire una discussione su Rinascita, ed egli l'accolse, contro il parere, a quanto mi consta, della redazione {o di buona parte di essa). Quella discussione ebbe un notevole sviluppo, per numero e qualità di partecipanti, non solo comunisti - anche se non mancarono alcuni toni aspri- e fu chiusa da un intervento di Alessandro Natta. Ancora oggi essa dest'cl retrospettivo interesse; i suoi testi sono raccolti completamente nel citato volume di Franco Cassano. 1<1 qu:11le, per quello che mi concerne, coglie molto da vicino le cose, quando neHa sua premessa scrive: « lo stesso vigore della polemica antidellavolpiana conduce Luporini ass·ai lontano dallo SJtoricismo ». Devo 'itolo all'orizzonte mi aveva messo in qualche imbarazzo (del ohe vi è un evidente riflesso nel mio intervento di apertura). Del resto, non si trattava da parte mia di cautele tattiche; per cosi dire (anche se qualcosa poteva essel'ci di questo genere), ma di un punto molto preciso: le ragioni teoriche negative di un antistoricismo mi apparivano molto piu chiare, allora, che non gli sviluppi positivi e costruttivi (salvo i punti di partenza). Questi sviluppi furono il lavoro negli anni seguenti, il cui naturale maturare mi spingeva sempre piu dentro Ma:rx (in questo lavol'o mi trovo tuttora), innanzi tutto per valutare il rapporto fra le varie parti sistematiche del marxismo. In questo mi aiutò anche, pei: motivi di confronto e differenziali, un certo studio della moderna linguistka strutturale fatto tra il 1964 e il 196 5: su di essa, in rapporto ai problemi del marxis.mo, aveva richiamato l'attenzione in Francia Louis Althusser. Questo primo risultato è trascritto nel saggio Realtà e storicità: economia e dialettica XXXIII

2

www.scribd.com/Baruch_2013

nel marxismo, apparso in Critica marxista, nel primo fascicolo del 1966, e qui raccolto. Lo scritto dedicato a Marxismo e scienze umane, qui ·riportato nei Marginalia, fu steso molto rapidamente rubito dopo quel ·saggio, anche .se lo precedette nella pubblicazione (non è una pre-sintesi, ma il contrario). Esso apparve in Rinascita nel dic.embre del 1965 insieme a un articolo di della Volpe e ad articoli di a-ltri, ad apertura di un « diJbattito » (meglio, direi, di un confronto di idee) ·intorno a qud tema generale delle « scienze umane » aHora venuto in primo piano anche in I talia. Togliatti era morto da piu di un anno, il Partito comunls.ta italiano aveva pubblicato il Memoriale di Yalta (gesto di valore storico, c.r:edo), ci si avvicinava all'Xl Congresso, la preparazione di esso era mol.to vivace e avviata all'acceso confronto di linee che si ebbe appunto i:n quel congresso. In quel clima mi sembrò giusto mettere in discussione dinanzi a un piu vasto pubblico di compagni - e lo feci nella «Tribuna congressuale» dell'Unità del 19 gennaio 1966 - quel termine di « storicismo » ohe, come scrivevo, era « nato fuori del ma:rxi·sm.o ». Mettere in discussione quel termine, scrivevo, « non significa affatto rin'Unciare né al "senso della storia" né "a1la coscienza storica" dhe sono retaggio essenziale della classe operaia rivoluzionaria. Significa sem·mai (a parte le intrusioni ideolog1ohe che quel termine, a mio parere, rischia di recare con sé) rendersi conto non solo dell'1mportanza, ma anche dei •limiti della stessa "coscienza storica" che né Marx né Lenin hanno mai ·sostituito aHa "coscienza teorica" ». E cercavo di precisare, nel concreto: « Nessuna "coscienza storica" come tale è in grado da sola di dominare con.oscitivamente le profonde trasformazioni che si sono venute .producendo in questi ul6mi anni e continuano a prodursi nel nostro tessuto sociale (nelle città e nelle campagne) e i loro riflessi culturali, di costume e anche ideologici) ». Poohi giorni dopo, a:~ momento dell'apertura del congresso, conchiudendo nell'Unità la « T.r:ibuna congressuale», venne la risposta di Alicata, argomentata aS<Sai drasticamente. (Sull'intera questione, cioè ·suHe ·SUe va1enze insieme teoriche e politiche, vorrei rinviare a quanto ha scritto Nicola Badaloni in Il marxismo italiano degli anni sessanta, del 1971.) Mi è stato chiesto (.anche dalla Francia) perché in Realtà e storicità, di tutto iJ Iavoro che stava compiendo il gruppo di Ahhusser, e che si espresse nel libro Lire le Capita!, io abbia tenuto conto solo :limitatamente al saggio del Rancière (che è fra gli scritti esclusi già nella prima edizione italiana). Non si tratta di uh XXXIV www.scribd.com/Baruch_2013

particolare privHegiamento di attenzione teorica, ma del semplice tatto che quando stesi il mio saggio, nell'estate del 1965, era l'unico contributo che conoscevo di quelli destinati a entrare nella prima edizione di Lire le Capital, perché .Althusser me ne aveva 1invi,ato un·a copia ciclostilat·a. Gli scritti di Althusser, pubblicati neHa Pensée negli anni precedenti e quindi raccolti nel libro Pour Marx, avevano richi-amato h mia .attenzione, per il loro vigore teoretico, nonostante 1la difficol.tà ad acceHarne ·alcune vedute anche non marginali. Ebbi occasione di scambiare idee con Althusser, a voce e per iscl"itto: circa un punto essenziale ci trovammo d'accordo, e cioè ·1'impossibi.lità di fondare il marxismo su un'antropologia filosofica (anche se le c.onseguenze intorno al cosiddetto « umanismo marxista >>, o meglio intorno al problema dell'uomo, erano per me diverse). E anche circa la necessità di combattere lo storicismo (mi chiedo, ·a disnanza, se dal punto di vista politico questa battaglia avesse lo stesso senso in Francia e in I tali a) . Mi detti assai da fare perché Ia traduzione italiana del Pour Marx (nel quale tuttavia l'antistorici$IDO di A1vhusser ancora non figura, bensf soltanto il suo '·antiumanismo') uscisse presso gli Editori Riuniti, il che fu •raggiunto vincendo qualche diff.icoltà (che si riospecohia nell' Avverteooa editoriale). Ritenevo giusto che la problematica di Ahhusser, il quale tiene presente il marxismo ·italiano ( Labriola e Gramsci; ma anche della Volpe, ecc.) come nessun altro straniero, dovesse venir accol.ta qua1e un :termine di confronto nella nostra discussione teorica, e non dovesse venir contrapposta ai comunisti in Italia da forze esterne, come certamente si sarebbe fatto. Nella mia presentazione del volume, uscito nel 1967, cercai di indicare in modo problematicamente aperto (ma anche un po' neutro) quelli che mi sembravaJno i nodi principali, particolarmente se visti in un'ottica italiana.

Sarebbe qui venuto il momento di dke qualcosa di piu ( teoreticamente) intorno alla nozione di storìcismo, facendo in qualche modo il punto rispetto allla seconda parte di questo libro. Ma essa non può venir affrontata criticamente, fino in fondo, se non attraverso le questioni de1l.a dialettica. Non accetto comunque la modellizzazione a~'thusseriana (.anche se successivamente, mi sembra, un po' attenuata) dello stQ['icismo sulla concezione dialett-ica di Hegel, o meglio su una certa l'affigurazione di essa ( invero, aredo,

xxxv www.scribd.com/Baruch_2013

assai schematica). Beninteso, questo non significa affatto escliudere gli effetti ideologici stor.icistici prodotti dal pensiero di Hegel, sia in campo conservatore e reazionario, s.ia in campo rivoluzionario. Ma la nozione di storicismo, ritengo, deve esser m-olto piu larga e comprensiva, ed essa si incrocia solo parzialmente con Hegel (!asciandolo fuori in larga misura; comunque la razionalità hegeliana possa esser ritt.adotta, o non ritradotta, nel marxismo; o in un determinato senso si, in un determinato senso no). In fondo ogni storicismo mi ..... sembra entifica la storia dice che - c'è storia - - - --'····--·-____ )________ . .. ---------·-----·---L--........... .... - la - ........ - . .> e . finis~~,_lQ_CQ~_essi o meno, per identif.k!!rl!!_ __çon !:Y._tta la realtà: Cioè, crea un ens rationis. Questo va riscOt'lJtrato non tanto nelle enunciazioni· teoriche degli « storicisti » (sempre, almeno ai piu alti livelli, assai abili e sfuggenti) quanto nella pratica dei ragionamenti, e nei loro presupposti impliciti o nascosti. Nettamente bisogna ·rispondere che la « storia » come soggetto (o oggetto) autonomo, comunque mascherato o metaforizzato, non esiste. Si possono trovare molte affermazioni di Manc, anche sarcastiche, che vanno in questo senso ( Hn dall'I deolo gia tedesca) . La storia di per sé non fa nulla (è iUusionistico quindi, in. generale, dare una interpretazione finalistica del « corso storico », presentando via via il dopo come la mèta finalistica del prima). Non a caso nell'Ideologia tedesca, ponendosi il problema della ,« storia » (umana), si adopera la locuzione: « la storia non è altro che ... »: e qui sopraggiungono detemiinazioni come successione (delle « singole generazioni »), accumulazione (di forze e capacità produttive), generazione (di forme di relazione), e il correlativo richiamo a nozioni quali « condizioni », « circostanze » e cosi via. :È un atteggiamento mentale che va portato Hno alle ultime conseguenze. Ciò che esiste è la natura (coi suoi diversi livelli), dò che esiste ·sono le società umane, ciò che esiste è la riflessione, o autoriflessione di queste due sfere nella sfera « pensiero » (rappresentazione, significati, linguaggio ordinario, linguaggi speaiali, ecc.). In ognuna di queste sfere non si trova mai un elemento isolato o assolutamente isolabile: ~~~e sono ~sempre sistema_( e sistemf!__QL§.i~t~mU. Questa conclusione è un risultato epistemologico decisivo: certo un risultato storico, ma esso porta allo scoperto qualcosa che è immanente in ogni pensiero razionale, a:nzi in ogni atto tecnico umano fondato su conoscenze (ed è immanente persino nelle operazioni magiche ) . A partire di qui si deve cominciare ad appurare che cosa vuoi dire storico. Ci si può esprimere cosi: la storiçit~,_lo_ .4_s_torico, ~-~'é':illP.t:.~. pr:.~iça_to,_m!i_Q!._eg~catg_relazionale, n~J~'é':nso ché

XXXVI www.scribd.com/Baruch_2013

deg_qta rela~ismL~jnsi~i_cli _r~_zioni, t;lQn .proprietà o qualità di «.:~95.!~~~-~., Questo non significa escludere i soggetti storici (per esempio, la « formazione economica » è un soggetto storico che attraversa diverse « formazioni sociali », alla condizione che queste siano in contmuità fra loro. Si veda, in questo libro, Marx secondo Marx). Anzi, solo ·a partire dalla determinazione di soggetti storici, e in ·riferimento ·ad essi, ha senso l'espress·ione « avere una storia ». Questi soggetti storici non hanno nulla di sos-tanziale, anche se fungono via via da subst·rati, ma si costituiscono e si disfano. Ne viene che tl pro~lema del_ rapportQ~ fra « processi » e « soggetti » _ciiv~!l.!!l uno dei__ P:~9blemi___ .f~p.tr~i de]J.::L_ clj._alett.ica materialistica~ non esistono processi che non presuppongano dei « soggetti» (in detto senso); ma li trasformano, ne producono a1tri, li sostituiscono, oppure li tolgono da determinati sistemi, li immettono in ahri ( quesro accade, per esempio, al materiale genetico, nel riprodursi della vita). Attraverso tale quadro problematico {e la logica dell'ordine a cui è legato) vanno ridefiniti o vagliati concetti come « processo », « riproduzione », « sviluppo », « accumulazione », « tJrasferimento }>,«genesi »,ecc. Ma, ripeto, -tutto questo· coinvolge Ia dialettica, a part·ke, almeno, daile nozioni di identità, di differenza e di opposizionali.tà (come appunto faceva Hegel nella logica co~iddetta dell'essenza). Ne discende che non esistono scienze storiche e non storiche: ·assoh.ì.tamente-coincidere--èon ia · questa pretesa differenza-~~~ differenza fra scienze della natura e scienze del «mondo umano». i Tutte sono, ma in proporzioni che possono variare enormementè;1 nello stesso tempo storiche e non storiche (cioè si·stemari.che). Questa variabilità (sempre entro Hmiti determinati) dipende quasi certa~­ mente non dalla na·tu-ra d eH 'oggetto (come dire che ci sono oggetti piu storici, e meno storici: si ricadrebbe subito in un qualche storicismo ), ma dal rapporto conoscitivo pos~dbae del campo umano con l'oggetto stesso. Nell'arco di detta variabilità si può giungere 'tuttavia a un livello in cui l'effetto storicità venga le.gittimam~nte_neutra­ lizzato (o quasi-neutralizzato) per lasciare emergere soltanto l'aspetto di sistema: e ciò non per ragioni marginaH, ma aLlo scopo di fondazione del campo di autonomia della scienza stessa, come mi pare avvenga per la logica (e in parte, convergentemente, per le matematiche). Ma non è legittimo il procedimento inverso; cioè esso non conduce a risultati conoscitivi se non iilusori: voglio dire il tentativo di neutralizza·re o obliterare il momento sistematico allo scopo di isolare l'elemento individuale, singolare, puntuale e

puS

l

XXXVII www.scribd.com/Baruch_2013

cosi via: per esempio, I'« evento » o

accadimento » (di nuovo: uno storicismo). A questo punto g~yQ_:Q_~t::9 C()nfessare che credo. neUa meta~Hska_;_ non nel senso di questo termine denunziato e ripudiato dal marxismo (rigidi-tà, fissismo ecc.), ma nel senso, all'incirca, che Labriola, scr·ivendo a Engels, cercava di salvare, e ohe si avvicina assai, credo, al significato in cui la prurola veniva largamente (non esclusivamente) adopera~a nel XVIII secolo. Meba~- fj~ico per me -~_ilc_~·I"QP() q'i C()!J!?ic!:erazione (a,_ 0.liJJ9!1 çor;:i_sp_çmde ~·!)i() 9pecifico c.ampo reale) degli elementiohe ·risultano via via comUI11i a ~ampL~P~~i_[i_ci ~~ea]j __c:!i_~r.s!j_iy:i_ C()J1?p~es() il ca1npo con_ijto~~fti:___ p~r esempio, allo stato attuale della conoscenza, tutto dò che -concerne i rapporti di simme•tr·:a-asimmetria (onde: orientamento, versus, ecc.). Ho taduto fin qui del punto centrale che sta al fondo di ogni considerazione storica: la problematka della temporalità. Non è certo il caso di affrontarla in questa sede. Ma su un aspetto sento la necessità di dire come la penso: si parla oggi ( Ahhusser, De Giovanni) di << tempo storico » e di « tempi storici » differenziati e differenziali .(anche circa il nesso strutturasovrastrutture). Credo che ciò corrisponda a esigenze cri biche, di analisi, imporMnti. Purché non si obliteri H quadro temporale e unitario del mon:do umano, che fa comunque da sfondo e s'interseca con quei «tempi storici» differenziali, cioè non si obliteri l'ancoraggio materialistico-naturalistico.. Tale quadro credo si possa definire nel modo piu semplice cosi: noi, in quanto uomini, viviamo in un otdine d'i grandezza della natura in cui ha s·enso dire di due eventi che essi sono simultanei. Altrimenti .si rischia di ricadere involontariamente nella negromanzia idealistica (esistenzialistica, ecc.). Un'ultima cos.a ancora: ho accennato al campo della meta-fisica (che è insieme, almeno parz~almente, meta-logica, ecc.). ·Al suo estremo margine ha senso una problema dca dell'essere? (È una questione che fu toccata da Engels in un passo mirabile dell'Antidiihring, che qui non si sta a riporta·re.) È interessante che Hegel credette di raggiungere per astrazione {cioè, in questo caso, per eliminazione concettuale delle determina2lioni) :la nozione di « essere » quale « ·essere indeterminato ». Ma l'operazione non gli riusd, o meglio fu 1n realtà un'.altra. Pe.r un lato il puro o mero essere venne a coincidergli con la nozione di immediatezza (cioè a cadere in un quadro opposizionale determinato: immediatezza-mediazione). Per un altro lato il « vuoto essere ~> (cioè privo di determinazioni) necessariamente gli si convertiva nella nozione di nutla, ma in questo <<

XXXVIII www.scribd.com/Baruch_2013

«movimento >> subito appare una direzionalità costituita da due versi opposti (si vien.e dunque a un altro quadro opposizionale): il venir-ad-es.sere e H venir-meno-dall'essere. Ognuna di queste due osservazioni, separatamente, sarebbero, credo, accettabili da Hegel, nel complesso sistematico del .&uo pensiero. Ma come stanno insieme? In realtà Hegel aveva compiuto due operazioni che non si vede come possano ricomporsi organicamente in una dialettica idealistica. Non credo comunque dhe esse scompaiano dall'orizzonte dii una dialettica materialistica. (Esse coincidono, da ultimo, con. la questione nota sotto il nome di « identità di essere e pensiero », al di là del .limite in cui vale la .loro opposizione. Osservazione di Lenin!) Quest'esempio ci conduce a un problema generale (molte strade portano ad esso), che non è storico ma sistematico. Il rapporto del marxismo con i grandi fi,losofi del passato, con la gr·ande « speculazione » filosofica. La « speculazione » non è soltanto ideologia, e non si risolve soltanto in essa, anche s·e è intrisa di essa: non si ·risolve del tutto nell'ideologia ndla misura in cui è presente in lei la forza concettualizzante come mezzo per impadronirsi conoscitivamente della realtà (abbiamo visto che cosa Marx pensasse in proposito). In modo e misura diversi .secondo i vari campi del sapere - sempre condizionati storicamente (cioè socialmente, e quindi ideologicamente) - la speculazione, attraverso la forza de1 concetto, tende sempre a sporgere al di 1à dei propri limiti e condizionamenti epocali e sociali e qualche volta, per non esserci altra possibilità, ciò accade in veste metaforica (qualcosa di analogo vaie forse per le religioni ) . Sll!rebbe del tutto illusorio e presuntuoso credere che il marxismo abbia già ritradotto in «prosa » (come diceva Labrio'la) tutti questi acquisti, questi avvicinamenti alla verità (che sta nel fondo dell'abi-sso, come poetava Schiller, il che converge con 1' « infinita approssimazione alla verità » .feniniana). Questo naturalmente è un compito che non si risolve a tavolino e programmaticamente, facendo per esempio storia della filoso.fia marxisticamente, ma che viene po-rtato avanti dal processo storico umano.] grandi filosofi sono grandi in quanto ·:mssiste ql!e~ §ia sporgenza speoulativa rispetto aHe nostre attuali acquisizioni teoriche ( i:l loro elenco quindi non è scritto una volta per sempre e possono esserci esclusioni e nuove incLusioni, o ·riscoperte) . Se non si tiene conto di ciò si dà al marxismo un orizzonte ristretto, che di fatto verrebbe a coincidere con quello prodotto dalla miseria teorica del neopositivismo, cidè da una filosofia borghese in veste 1

XXXIX www.scribd.com/Baruch_2013

'Scienti.stica (per quanto rispettabili, anzi sacrosante e da assinularsi, siano state le esigenze di rigore da essa eSipres.se). E si abbandona quella « via maesttra della civiltà » di cui parlava Lenin, cioè si confida alla d-asse operaia un retaggio immeschinito, e si prepara alla civiltà comunista un terreno povero. A queste considerazioni d'insieme, che si travasano ormai nella discussione intorno alla dialettica, mi conduce la questione della storia e dello storicismo. Credo che non possa d.ar luogo a equivoci se a questo punto dico che invece di « storia » si può parlare di un « effetto storia » (ma non di un « continente storia ») particolarmente importante per il mondo umano, cioè per il suo rapporto con se stesso. Poiché esiste, comunque, una differenza essenziale fra mondo della natura extra-umana e mondo umano, quella differenza per cui Marx, riconoscendola, si riallacciava per un punto a Vico. Gredo che il rifiuto che ne fa Althusser sia errato, cioè dislocato in un terreno epistemologico non direttamente pertinente. Definire positivamente H contenuto di « storicismo » è un lavoro fatkoso e forse inutile, perché gli storidsmi sono molteplici, nella low pretesa base teorica, e, come si è detto, assai sfuggenti. Molto meglio mettere alle strette lo storicismo per contrasto e per eliminazione, costruendo positivamente la teoria critica. Ma è invece importante cogliere e circoscrivere gli effetti ideologici degli atteggiamenti storicistici. Essi sono quasi sempre reazionari e conservatori. Solo incidentalmente e congiunturalmente essi possono divenire progressivi (ad esempio, in quanto correzione pratica di astratti razionalismi) o addirittura rivoluzionari, come è avvenuto in Gramsci (per il quale è urgente riuscire a vagliare quanto vi è nel suo pensiero di storicistico, quanto di non storidstico, ovvero di non pregiudicato storidsticamente, che è, certamente, moltissimo, e solo per questa analisi, implicita o .esplicita, può venire riattivato) . Ma__q]J_asi__~~-.mpr~_gli~dt~.ttLid.eQiogid_ s_t_oridstki _s_o.no TeazionarL Anche qui bisogna guardarsi, credo, dal pensare di esaurirne la descrizione che non può essere se non molteplice, secondo H presentarsi concreto di quegli effetti. Ma qualcosa comunque li accomuna: il contributo pratico ideologico che viene dato al dominio del passato su1 ,sistema del presente, indirizzato a bloccarne determinate alternative e possibilità reali rispetto al futuro, o a trattenerle. Nel senso dunque di: le mort saisit le vif. Tutto questo conduce non çerto a non &tudiare la stor,1a, ma piuttosto
XL www.scribd.com/Baruch_2013

Credo risulti abbastanza chiaramente da queste ultime pagine

il punto d'intersezione della linea che sono venuto sviluppando con l'antistoricismo di Louis Alrhusser; e il senso in cui da questo posso aver ricevuto aiuto. Motivi polemici (quali emergono, per esempio, da Marx secondo Marx, il cui titolo in qualche modo si oppone all'idea di una « lettura sintomale ») voglio qui tralasciare. Debbo dire, piuttosto, che attribuisco grande importanza teorica e teorico-applicativa alla interpretazione data da Althusser della « determinazione in ultima istan:za », uno degli strumenti piu fecondi, credo, forniti dalla sua analisi. Ciò non risulta 00. nessuno degli scritti qui presenti (anzi, può apparire il contrario da una frase di Realtà e storicità, che si ritrova anche in Marxismo e scienze umane), perché me ne sono reso conto con ritardo. A Marxismo e scienze umane (ma, implicitamente, anche a Realtà e storicità) è stata rivolta da Franco Cassano, nella su ricordata premes5a al volume Marxismo e filosofia in Italia (1958-_ 1971), la seguente osservazione critica: «il mancato approfondi- '1 :< mento dell'operare del capitale come limite all'ulteriore sviluppo ; delle forze produttive conduce verso una certa esposizione al ri- ' schio di schiacciare la problematica del passaggio .rivoluzionario al ' socialismo tutra intorno aHa proposizione di un modello alternativo i di sviluppo, intorno cioè ad una gerarchia di finalità alternative ' senza individuarne il nesso con le tensioni interne alla formazione economico-sociale e quindi con il modo specifico di presentarsi deUa contraddizione ». Accetto questa critica, e suggerisco al let- ' tore di tenerla presente in senso correttivo. Sulla linea di sviluppo-· di essa viene meglio allo scoperto il nesso intrinseco e necessario fra marxismo come analisi del modo di produzione capitalistico e marxismo come teoria del passaggio rivoluzionario al socialismo. Debbo aggiungere che, a questo punto, il discorso entrerebbe in comunicazione con parti essenzi•aH deLla problema:tica svolta da Nicola _Badaloni in Per il comunismo. Questioni di teoria (1972). Su un punto dehbo richiamare l'attenzione, a proposito del Marx secondo Marx, pc:r facilitarne la lettura. Mi sono reso conto dopo averlo pubblicato che vi è come una chiave nascosta, accennata ma non esplicitata. S.i t•r·at·ta della differenza di 'llirvello f.ra « critica dell'economia »e « materialismo storico » (qualcuno, forse, direbbe differenza di« statuto »; cosi come si è preso a fare oggi anche in 1-

XLI www.scribd.com/Baruch_2013

talia, mi sembra talvolta un po' ·a orecchio. Io non accetto di adoperare questo ·termine finché non si sia messa a prova, da un punto di vista marxista, l'epistemologia da cui deriva). Sono arrivato alla convinzione (è un tema intorno a cui sto lavorando) che il « materialismo .storico » debba esser concepito come l.a dimensione teorica che rende possibile la critica dell'economia politica. Ma una dimensione teorica che quest'ultima .si è venuta creando appunto· per poter procedere {e anche fondarsi) in modo ·autonomo. Ciò ha conseguenze rilevanti a1meno in due direzioni. La prima si può es-primere con una domanda: le formulazioni esplicite del materialismo storico, che risalgono, in sostanza, al 1859, sono adeguate aLlo sviluppo successivo, in Marx, della critica dell'economia politica, cioè deLl'analisi del modo di produzione capitalistico? (A maggior ragione: sono adeguate oggi?) La seconda conseguenza ha tutt'a'ltro carattere: mette in guardia contro l'uso corrente e generalizzato della nozione di « interdiJsciplinarietà », almeno nel settore del•le « scienze umane » (essa appartiene, ·ritengo, fondamentalmente a un'epistemologia borghese), nella misura in cui maschera il rapporto organico profondo di ricerca di campi reali, a favore di un'integrazione di superficie e apparente, non mai veramente attuata, ma sempre riproposta con l'esibire di mettere in discussione perennemente i propri fondamenti e i propri confini: che è ~n modo istintivo per •evitare La critica marxista deH'•ideologia e dell'ideologico. (A qualcosa di simile già alludevo in Marxismo e scienze umane, ma questo discorso critico deJil'ideologia nelle « scienze umane » non può essere portato in fondo, credo, senza detta distinzione di livelli fra « materiaHsmo storico » e «critica dell'economia politica ».) Da questa raccolta è stata esdusa la relazione Le radici della vita morale, che tenni al convegno dell'Istituto Gro.msci del 1964 sul tema « Morale e società », perché •essa è facilmente accessibile ndl'omonimo volume, in cui sono pubblicati gli atti .del convegno, in questa stessa collana editoriale. Ma debbo anche aggiungere che ho non lievi ·riserve critiche intorno a queHa mia r.elazione, sopr:atrutto per il fatto che dalla sua impostazione non .risulta chiaramente il carattere oggettivo dei rapporti .di, produzione rispetto ai loro riflettersi nelle determinazioni soggettive e intersoggettive. In suo luogo ho messo lo soni:tto Marxismo e soggettività. È il testo-base di una lezione che tenni nel 1962 a V ar.savia, in una scuola superiore di partito. Mi sembra che esso meglio testimoni di un dato momento di ricerca, e anche di discussione con altre correnti XLII

www.scribd.com/Baruch_2013

filosofiche. Ma mi sono trovato a constatare che la sua conclusione era stata estremamente rappresa, per ragioni di tempo, e, ne1la seconda par.te dello scritto, mi sono un po' divertito (mi sia lecito esprimermi cosi) a ricostruire sulla base dei testi predisposti la direzione in cui mi muovevo. Questa seconda .parte è perciò poco piu che un florilegio di citazioni, in un certo ordine (e me ne scuso col lettore che volesse avventurarvisi). Se I'~ho fatto è perché da quel discorso emergeva (in un certo modo che non lo riduce piu esclusivamente al polo soggeaivo) il problema della finalità, oggi venuto in primo piano. (Anche qui, tuttavia, una prima riserva critica: non mi sentirei piu di sostenere, senza uheriore controllo, ohe Marx sia pervenuto nel terzo libro d~l Capitale a una « relativizzazione » della nozione di feticismo. Credo infatti che dobbiamo domandarci se la posizione che troviamo nel terzo libro non rappresenti nell'effettivo sviluppo del pensiero marxiano una fase piu arcaica, ri-spet.to alJa presentazione « sistematica » di quel tema nel primo capitolo del pl"imo Hbro. Ma in verità questa è una domanda che dovremmo ·porci andhe altre volte nella .lettura complessiva ddl'opera, quando .si riscontrino differenze fra il libro pubblicato da Marx e i libri sistemati e pubblicati da Engels.)

Queste le cose che avevo da dire e da premettere, non per orientare una lettura, ma per facilita1:1la a chi ne abbia voglia, e perché essa non avvenga, per cosi dire, «sotto vuoto }>. Ma c'è una domanda che mi inquieta e che non posso tralasciare, .perché non è privata, non riguarda certo soltanto il mio Iavoro (qualunque peso o incidenza esso possa avere). È una domanda che voglio formula-re ·nel modo piu semplice, cosi come mi sembra di coglierla anche in altri, diciamo, « non del mestiere ». È quest~ perché __~-d~QQ_~~-­ ?i.Q~~-
sopprimerlo, facendo apparire ciò che resta di esso come mera illusione ideologica, di fronte alla scienza. Sono profondamente convinto invece della conclusione a cui era pervenuto Lenin (dopo un lungo percorso): che senza una « solida base filosofica)> (per . Lenin era la dialettica hegeliana interpretata materialisticamente) ·non c'è « materialismo », non c'è ·« scienza » che possa reggere all'urto delle « idee borghesi ». Sono cioè convinto che quella conclusione è vera, esprime una sitJUazione reale, almeno per lungo tempo ancora. La faticosa strada per cui Lenin era giunto a questa conclusione resta, credo, estremamente significativa. Egli era partito da una veduta assai diversa, di stampo engdsiano, quale quella a oui ho accennato sopra, cir;ca il prossimo e naturale destino storico del:la filosofia, circa il suo necessario ridl.lJllsi, come venivra detto, a logica formale e a teoria della dialettica (in quest'ultima però, in verità, sarebbe potuta rientrare ogni cosa). Soprattutto, Lenin era partito da uno scarso inter·esse per la filosofia (del tutto conseguente del resto a quanto sopra) e dal[a evidente convinzione che per dò che riguarda la filosofia (e anche gli strumenti polemici ohe se ne possono ricavare) - cioè in ultima analisi la scelta per il materialismo e per Ja dialettica - l'essenziale nell'interesse del movimento fosse già :stato detto, o meglio riassestato e sistematizzato, da Plechanov. Il primo incontro reale ·di Lenin con una scienza (·e non a caso fu runo scontro) fu quello con 1a sociologia, con la sociologia .~~ borghese » (lo troviamo i:n Che cosa sono gli «amici del popolo »?). È un incontro e scontro determinato dalle esigenze della lotta, e da esigenze di fondo di essa, da esigenze de1la strategia. Tuttavia esso non si trasferisce direttamente sul terreno filosofico. Anzi da questo non-trasferirsi, da questo rimanere sul terreno particolare - per cui alla ,sociologia borghese vengono contrappost,i Il capitale di Marx e ,Je caratteristiche specifiche della sua elaborazione e configurazione - perviene alla posizione di Lenin la sua efficacia Vti'va ancora oggi. Ma questa non si sacrebbe prodotta senza il legame con le questioni teoriche sorgenti dalla strategia. A livello di quest'ultima Lenin ci appare sempre quale un teorico appassionato e perfino puntiglioso (-.1nche circa l'uso delle parole). Egli ci appare come un dirigente pratico, un « capo » che ha· avuto sempre in orrore e in sospetto fortissimi ogni possibile sganciamento della tattica dalla strategia; e se ciò fosse dovuto apparire in qualche momento come cosa necessaria, io era per ricostituire rapidamente la veduta strategica, il che può accadere soltanto sulla base di analisi concrete dei rapporti di classe

XLIV www.scribd.com/Baruch_2013

e dei loro mutamenti nella società, e su una corrispondente base teorica. Sembra evidente che Lenin non ha mai sentito J.a strategia, cioè la ,sua elaborazione, come un possibile freno della tattica, dell'azione, ma anzi, ·aH'opposto, come il campo ohe, tanto è meglio determinato attraverso l'analisi, tooto 'Piu consente alla tattica il massimo di agilità e di mobilità. Lenin teorico per un non breve periodo di anni si svolge essenziaLmente a questo livello deiTa strategia. Ma a un certo punto aoecade che per ragioni ancora una volta di lotta e di orientamento (prima di tutto interne al suo gruppo) Lenin si trova nella necessità quasi improvvisa di passare in altr:a orbita, l'orbita della filosofia. Lenin si trova ne1la necessità di dover ripensare e rivedere i fondamenti ultimi e piu generali della « dotl'rina », quelli che in :sostanza ne fanno uoo teoria, o un insieme coerente di teorie. Ciò ha luogo in ,rapporto ai nuovi problemi del sapere, alle nuove impostazioni provenien~i da11e scienze fisiche, da cui nascevano nuove fovme dell'ideologia borghese, e quindi l'esigenza di una ooova angolatura della lotta teorica. A partire da Materialismo e empiriocriticismo (e Leni:n studiò ancora molta filosofia!) i due livelli, quello della strategia e quello della « filosofia», senza confondersi si coUegano scopertamente in Lenin, secondo un'unica direzione din.amica che è quehla dell'azione rivoluzionaria. Non intendo predicare una imitatio Christi. Il fatto è che questo tragitto di Lenin, che ho tentato di descrivere,· fino a quella concLusione sopra ricordata, espressa durante la difficile gestione del potere, in .momenti assai dlu.ri ( aoohe questo mette conto richiamar-e), ma quando 1 problemi deltl'egemonia si erano fatti in.derogabiH, è un tragitto che conserva qualcosa di oggettivamente esemplare e significativo. Come Gramsci vide molto presto, la vittoria deHa ·rivolruzione scon~o1geva tutti i rapporti, anche quelli ideali, a una scala mondia1e. In breve: irl nesso<< comunismofilosofia » tornò a essere un tema centrale per gli interessi storici della classe operai,a. La sistemazione staliniana dovette tenerne conto: essa era una risposta anche a quella domanda, ancorché deviante. Ma ha retto comunque un intero periodo strategico. Oggi dobbiamo chiederci ed è inevitabile chiederci: facendq_ « filosofia » marxista che cosa si fa? Politicamente che cosa si fa? Siamo .fOl"~e ,~lo gli esecutori teSit~entari di quella situaz.ione? (e del crollo storico di ciò che viene cMamato stalinìsmo? Un crollo storico che sembra del resto prolungatissimo: che ha detonato come un'esplosione, e si svolge poi sotto gli occhi e nelle cose come al rallentatore?) Potremmo rispondere: ci si dà da fare per

XLV www.scribd.com/Baruch_2013

ripristinare una « solida base filosofica », ognuno che a ciò abbia una qualche vocazione contribuendo con le proprie forze soggettive. Ma la questione è un'altra: non riguarda le capacità soggettive o gli .stimoli e gli aiuti che possono venir dati ad esse, il clima da mantenere per il loro svo'1gersi nei partiti ~ivoLuzionari. Riguarda ben altro: le reali condizioni oggettive perché qruella base filosofica possa divenire un'altra volta solida; e adempiere cosi 0lla sua funzione storica. La domanda è politica perché, posta in questo modo, si 'trova di fronte non ;piu soltanto -le scienze sociali. ma direttamente la politica. Per questo ho ricordato la vicenda di Lenin. Dai problemi della strategia (problemi teorici) egli si trovò costretto a passaxe in quelli della filosofia. Ma 1a « base filosofica » non può essere una piattaforma ahe si libra in lilria, distaccata verso l'alto. Per essere solida essa ha bisogno di venire agganciata, diciamo cosi, in basso (non è questa una scala di va:l:ori ma una configurazione di dò che è, obiettivamente), al livello ddla strategia e dei problemi teorici che essa pone, sul fondamento di an·a1isi concrete di ciò che Gramsci chiamav•a il «blocco storico», o come . al~rimenti si voglia designare: comunque analisi ininterrot•te dei ~rapporvi di classe e dd configur~rsi dei rapporti proprietari (che vuoi dire: economia e Stato). Che questo livello non si estenui e dilegui, produ'Cendo cosi uno iato e un vuoto, non è un'esigenza deHa filosofia, bensi della politica, anche ·se si esprime a livello della filosofia. Piu esattamente: è l'esigenza fondamentale della lotta di classe ddla classe rivoluzionaria e deHa sua direzione politica. Non è certamente accettabile, per ragioni che è persino inutile richiamare, un -ridursi, di fatto o tendenziale, della politica a empi-deità. A partire (è un .ripartire) di qui è necessario chiederci: come stanno le cose nel movimento comunista internazionale? Corne stanno nei singoli partiti? Come stanno spa:ificamente nel Partito comunista italiano? Può darsi ohe queste domande .possano o debbano esser impostate diversamente; ma la loro sostanza mi sembra inevitabile, ed è quindi necessario discuterne.

luglio 1974

XLVI www.scribd.com/Baruch_2013

Avvertenza

Gli scritti di questo volume (prima e seconda parte) vengono raccolti secondo l'ordine cronologico (altrettanto vale per i Marginaiia ove La stessa tematica degli scritti precedenti si ritrova in interventi piu brevi). Tranne Marxi•smo e soggettività, che è inedito, essi vennero pubblicati per la prima volta come segue. Parte prima: La consapevolezza storica del mandsmo, in Società, a. XI, n. 3-4, giugno-agosto 1955; Appunti su alcuni nessi interni del pensiero di Gromsci ·(titolo originale: La metodologia ~ilosofica del marxismo nel pensiero di Antonio Gramsci - Appunti) e La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci, nel volume Studi gramsciani, atti del convegno dell'Istituto Gramsci tenuto a Roma nei- giorni 11-13 gennaio 1958, Roma, 1958; Verità e libertà in .Società, a. XVI, n. 2, marzo-dprile 1970. · Parte seconda: Realtà e storicità, in Critica marxista, a. IV, n. 1, gennaio-febbraio 1966; Marx secondo Marx, in Critica mar. xista, a. X, n. 2-3, marzo-giugno 1972. Marginalira: Marxismo e sociologia: il concetto di formazione economico-sociale, in Rinascita, a. IX, n. 7, luglio 1954 (con note, assai connesse alle circostanze culturali del momento, che qui per brevità sono state tralasciate) e contemporaneamente nel volume Filosofia e sociologia, relativo all'omonimo convegno, Bologna, 1954; Per lo studio delle opere giovanili di Marx e Engels, in Rinascita, a. XII, n. 1, gennaio 1955; Il rapporto uomo-natura alle origini del marxismo, in Rivista criti-ca di storia della filosofia, a. X, fase. II, 1955; Convergenze per un umanesimo moderno, in Società, a. XIII, n. 1, febbraio 1957; L'uomo e la natura, in Società, XLVII

www.scribd.com/Baruch_2013

a. XIV, n. 5, settembre-ottobre 1958; Rovesciamento e metodo nella dialettica marxista, in Critica marxista, a. I, n. 3 maggiogiugno 1963/ Marxismo e scienze umane, in Rinascita- Il Contemporaneo, dicembre 1965, ad apertura dell'omonimo dibattito, sotto il titolo Una visione critica dell'uomo,· Dalla filosofia alla scienza: la questione dell'umanismo, dall'introduzione dell'a. a Marx-Engels, L'ideologia tedesca, Roma, 1967, pp. XXX-XXXVI; Marx: problemi filosofici e epistemologici, contributo al simposio dell'UNESCO « The Role of Karl Marx in the Development of Contemporary Scientific Thought »,Parigi, 8-10 maggio 1968, trad. it. in Marx vivo - La presenza di Marx nel pensiero contemporaneo, Milano, 1969, v. I.

XLVIII www.scribd.com/Baruch_2013

Parte prima

www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

La consapevolezza storica del marxismo « II segreto della storia si è semplificato. SiamQ alla prosa», Labriola.

Conoscenza e pratica

Scriveva Engels nel Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca: « ... i fatti concepiti nel loro proprio nesso e non in un nesso fantastico ... il materialismo [storico] non vuoJ. dire niente .altro che questo ... » 1• In appendice a quel saggio Engels pubblicava, estraendolle da un vecchio quaderno di Marx, le undici tesi su Feuerbach. L'ultima di esse contiene l'affermazione divenuta famosa: « I .filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo ». Si può dire che tra queste due proposizioni apparentemente cosi diverse (esse sembrano appartenere a due opposte filosofie) sia compreso tutto il marxismo, come pensiero e come azione. Non solo come azione reale (sociale, politica) il marxismo è la loro mediazione (questa azione si muo>Ve-sempre da una analisi della situazione presente, secondo i suoi nessi reali), ma, in modo parallelo, anche teoricamente, il marxismo è la mediazione critica di ciò che è indicato in quelle due proposizioni (o in altre analoghe): mediazione che rende evidente come l'un aspetto dipenda dall'altro, come sia fra essi un nesso dialettico. Alla dipendenza «classica» ded fare (umano razionale) dal conoscere il marxismo ha aggiunto il rilievo del condizionamento pratico (sotto vari rispetti e ai vari livelli) di ogni conoscere umano: e ciò in un senso che non può risolversi in un mero circolo t F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, trad. di P. Togliatti, Roma, 19722, p. 56.

]

www.scribd.com/Baruch_2013

ideale {tali risoluzioni, come quella crociana, non sono che una deformazione e trasposizione metafisica del marxismo). Innanzi tutto la pratica umana è, in una forma o nell'altra, sempre pratica sociale (e ha il suo fondamento nell'attività sensibile dell'uomo come essere vivente). Non si può in ~!cuna maniera staccare l'uomo (l'individuo) dalla società. L'uomo è tale nel suo rapporto pratico con gli altri uomini: innanzi tutto e fondamentalmente nell'attività produttiva che amplifica e prosegue la sua vita naturalç. Non c'è quindi uomo e società, ma l'uomo è iJ proprio essere sociaie, che cresce sul suo essere naturale, di vivente, e lo modifica anche. Non a caso tutti i filosofi che hanno cercato di costruire la società a partire dall'indi,viduo considerato in sé, hanno fatto fallimento, sia che fossero idea!listi o materialisti 2• La pratica non soltanto sua dunque all'inizio e alla fine di ogni processo conoscitivo, come suo condizionamento e come sua meta. Essa ne è anche, in definitiva, l'unico criterio di verità (i criteri logici sono soltanto aspetti parziali, anche se la loro elaborazione è stata ed è di grande importanza per il pensiero e la scienza. Il carattere parziale del loro ambito di vailidità da •lungo tempo è stato intuiw dai filosofi, allorché alla ,Jogica tradizionale venne aggiunto l'appellativo di formale 3 ). Al « criterio della pratica nella teoria della conoscenza » Lenin ha dedicato uno dei piu importanti paragrafi di Materialismo e empiriocriticismo e piu di recente Mao Tse-dun ha scritto intorno allo stesso argomento un saggio molto intJeressante di filosofia marxista 4• Che la pratica sia ,il fondamentale criterio di verità (il quale dunque subordina a sé i criteri parziali) si dimostra nel fatto, come scrive Mao Tse-dun, che « soltanto nel processo deHa 1

2 H piu interessante e complesso di questi tentativi, estremamente vicino al materialismo storico e dìa:lettico, rimane quello di Rousseau, nel Discorso su l'origine c i fondamenti della ineguaglianza fra gli uomini. J.n esso la iniziale tesi individualistica, attraverso la riduzione dello « stato di natura » alla condition sauvage, viene gradualmente portata al limite della animalità, cosicché di fatto l'uomo appare costituirsi storicamente nello stesso costituirsi della società. Ossia Rousseau nel suo tentativo dì tracciare le linee fondamentali del sorgere delle società umane oltre· passa dì molto la sua tesi generale della precedenza degli individui (uomini) alla società, in una direzione cui solo l'evoluzionismo potrà dare una base scientifica. 3 I criteri logici sono l'elaborazione della tecnica del pensiero e delle sue operazioni nei diversi rami della conoscenza e della scienza. Rappresentano, come tali, essi medesimi, un aspetto della pratica, e non sono isolabili se non relativa· mente dall'insieme della pratica umana sociale. 4 Lenin, Materialismo e empiriocriticismo. Note critiche su una filosofia rea· zionaria, Roma, 1953, pp. 125 sgg. Mao Tse--dun, A proposito della pratica. Sul nesso tra conoscenza e pratica, tra cognizione e azione, in Scritti scelti, I, Roma, 1954, pp. 411 sgg.

4

www.scribd.com/Baruch_2013

pratica sociale (nel processo della produzione materiale, ddla lotta di classe, degli esperimenti scientifici) le conoscenze umane possono essere confermate dall'acquisizione dei risultati attJesi ». Ivi la conferma che quelle conoscenze corrispondono a una realtà obiettiva. Si tratta del resto di un metodo che gli uomini hanno sempre seguito: attraverso i loro insuccessi essi hanno conetto le loro conoscenze, attraverso i loro successi le hanno confermate e ampliate. Perciò la fiducia che gli uomini dimostvano sempre, in pratica, nella testimonianza dei loro sensi non è affatto ingenua o àommatica, ma molto piu filosofica, nel fondo, della sua negazione o messa in forse: essa non è punto una fiducia contemplativa, ma sorge e si mantiene, e si integra, si amplia e corregge quanto ai suoi dati, nella pratica {che è l'essere stesso degli uomini). Nessun filosofema può quindi arrestarla o interrompertla. Perciò Engels scrive che la famosa questione delLa realtà del mondo esterno «l'attività umana l'aveva risolta molto tempo prima che l'ingegnosità umana l'avesse inventata. The proof of the pudding is in the eating » 5 • Il che non significa affatto che l'invenzione di tale difficoltà sia stata inutile o oziosa (prescindendo qui dallle funzioni ideologiche che storicamente hanno avuto i vari idealismi e materialismi): essa ha appunto servito a mettere in rilievo, a scoprire, la parte spettante alla pratica e il significato conoscitivo della pratica. Ed è quindi stata di gr3Jflde importanza. Anche le concezioni teoriche piu generali, anche la filosofia, in ultimo non trovano (e cosf. è sempre stato) -altro criterio della loro validità se non neùla loro attitudine a farci comprendere il reale, e quindi nell'orientarci in esso. È la pratica dell'umanità associata a determinarne il valore, a dar Joro vita ed efficacia, onde quella superiorità della pratica, di cui parlava Lenin (rispetto alla « conoscenza teoretica »), poiché la pratica «possiede non soltanto la dignità dell'universalità, ma anche quella della immediata realtà » 6 • Dire che l'uomo è il proprio essere sociale significa appunto dire che egli è la propria pratica sociale: con tutto ciò che la pratica sociale viene storicamente accumulando. Si dice, giustamente, che la conosc·enza è processo e si parla 5 Nella introduzione alla edizione inglese (1892) della Evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, om Rom'-1, 1970, pp. 33 sgg. 6 Citato da Mao Tse-dun (op. cit., p. 414). La frase di Lenin si trova nei Filosofskie tetradi, Moskva, 1947, p. 185 (cfr. ora Quaderni filosofici, a cura di I. Ambrogio, Roma, 1971, p. 198). Essa commenta e traspone un passo di Hegel, ove è detto della «idea del bene» (La scienza della logica, trad. Moni, Bari, 1925, III, p. 328): «Quest'idea è piu alta che non l'idea di quel conoscere che abbiamo

5 www.scribd.com/Baruch_2013

di «processo conosclttvo ». Già gli antichi greci si accorsero che la conoscenza è discorso, logos, che la sua realizzazione non si esaurisce in un punto, istantaneamente o immediatamente, e di dò si fecero un problema che con la loro straordinaria penetrazione dialettica dibatterono per ogni verso. Ma le difficoltà che i filosofi greci si posero, per quanto la discussione di esse abbia arricchito enormemente, e per sempre, il patrimonio del pensiero umano, erano insolubili anche se talvolta essi hanno sfiorato la soluzione (ma non erano maturi i tempi, cioè la lOro pratica sociale, per afferrarla e svolgerla). Perché la conoscenza non è processo per sé sola e in quanto tale, ma come pratica. È il suo essere funzionale alla pratica, il suo essere funzione della pratica (« immediata realtà ») che la sviluppa e la rende processo (il cui schema piu generale e classico è quello dalla percezione sensibile alla conoscenza razionale). Ossia, la pratica non è soltanto al principio o alla fine di ogni processo conoscitivo, non è soltanto sua condizione o sua meta; ma è presente e agisce in tutto il suo corso ed entra in esso come momento determinante del suo svolgersi (perciò bisogna insegnare ai ragazzi anche l'attenzione). Si vede di qui come la meta,fora del circolo sia insufficiente e, oltre un certo limite, del tutto ingannatoria. Ora, tale fatto, credo, è importante anche per il futuro: quando gli uomini saranno diventati pienamente padroni di sé, rispetto alla propria pratica sociale, saranno pienamente padroni di sé come umanità associata, ciò comporterà non solo \rantaggi pratici, e una pienezza umana a noi sconosciuta, ma necessariamente un progresso del conoscere e delle sue ·forme, di cui naturalmente non possiamo prevedere dimensioni e qualità. La presenza dell'elemento pratico nel processo della conoscenza fu in qualche modo intuita da alcuni pensatori tra il XVII e ii XVIII secolo (la filosofia si sviluppava in connessione con la scienza moderna sperimentale) che si posero il problema della << guida », della « direzione dell'intelligenza » umana. Ma quella considerato, perché non soltanto ha la dignità deH'univcrsale, ma anche quella dell'assolutamente [schlechthin] reale~. Nell'annotare gli ultimi due capitoli della Scienza della logica Lenin ha soprattutto in vista la questione della pratica (nella conoscenza), c in rife~imento all-a .i-oro sostanza pili profonda scrive: << ••• indubbiamente la pratica sta .in Hegel come un anello ndla analisi del processo della conoscenza, e precisamente come passaggio a11la verità obiettiva ("assoluta", hegeliana· mente l. Marx, di conseguenza, si riallaccia immediatamente a Hegel quando intro· duce il criterio della pratica nella teoria della conoscenza: vedi le tesi su Feuer· bach» (op. cit., p. 183 ).

6 www.scribd.com/Baruch_2013

presenza fu posta in rilievo ben piu profondamente dall'idealismo postkantiano, che aS'sunse la conoscenza e il pensiero dell'uomo come attività. Epperò esso veniva cosi, in certo modo, a sdoppiare la pratica (la qual cosa produce una serie di difficoltà nell'idealismo moderno, che ·si sforza in ogni maniera di nasconderlo; come è evidente, per esempio, nel sistema del Croce). Tuttavia fu questa una conquista che fece scrivere a Marx: « È accaduto che il lato attivo è stato sviluppato dall'idealismo in contrasto col materialismo - ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l'idealismo ignora come tale l'attività reale, sensibile» 7 • In verità non vi è un'attività del pensiero e poi un'attività pratica dell'uomo: l'idealismo è costretto a fare un estremo pa.sso in avanti e a risolvere, o meglio dissolrvere (come nel Gentile), la seconda nella prima costruendola e « mistificandola » speculativamente 8 : poiché non vi è attività reale dell'uomo che non sia prassi ·sensibile e prassi sociale (anche l'arte è prassi sensibile), o che non abbia in esse il suo principio e ~a sua fine, il suo pu111to di partenza e il suo punto di riferimento. Cosi una conoscenza separata dalla pratica non è conoscenza; e un pensiero separato dalla pratica è pensiero solo in quanto elucubrazione, fantasticheria (che avrà tuttavia qualche punto di appoggio nel reale, nella prassi), ma non è attività (altro che in senso fisiologico). 7 Nella prima tesi su Feuerbach. Si è visto nella nota precedente sotto quale aspetto, secondo Lenin, e entro quali limiti possa trovarsi già in Hegel adombrata la solu21ione marx.ista. 8 Quanto al Gentile, è da vedere uno scritto assai interessante specie nella sua parte analitica, di Ugo Spirito, Gentile e Marx, del .1947 (ora in U. Spirito, Note sul pensiero di Giovanni Gentile, Fireme, 1954). In esso Spirito mette in rilievo gli elementi storici di discendenza dell'attualismo dal marxismo manifesti nell'interpretazione della «filosofia di Marx » compiuta dal Gentile specie nel secondo dei suoi saggi giovanili inti.wlato La filosofia della prassi. Spirito mette in luce .la contraddizione fra questo ·rapporto intrinseco e i!l verdetto di condanna, per ragioni « psicologiche » e « politiche >>, e quindi non come « giudizio » ma come « pregiudizio» (uno « sdoppiamento di giudi21io », egli dice, fra uomo e filosofo), pronunziato dal Gentile della filosofia marxista nella conclusione dei due saggi e nella prefazione (H!I99) ad essi premessa. L'accettazione espressa dal Croce allora e, ribadita nel 1947, delle conclusioni del Gentile sulla filosofia di Marx, è, secondo l'autore, del tutto estrinseca e basilta in sostanza su un fraintendimento, perché relativa al pregiudizio e non al sostan2liale e posi,tivo giudizio. Naturalmente Spirito scrive dal punto di vista dedl'attuaiismo genti•liano e quindi stabilisce una Linea di progressione Hegel-Genrile di cui Marx sarebbe un anello di decisiva in· fluenza; e dd tutto fuori del suo orizzonte critico rimane il ripetersi in Gentile di quella trasposhione e costruzione mistico-speculativa di nessi e attività reali già sottoposta dai fondatori del marxismo a stringente ed esemplare critica nelle loro opere filosofiche giovanili, e specie nella Deutsche Ideologie, rispetto agli epigoni hege1iani dd tempo. Ma lo scritto di Spil'ito è di aiuto notevole per l'interpretazione dell'origine dell'idealismo italiano di questo secolo.

7

www.scribd.com/Baruch_2013

Questa natura, questo carattere della conoscenza e del pensiero umani (fra i due termini si può, anzi si deve, porre una differenza, che però qui non ci serve), concordano perfettamente con la loro origine storica reale, la quale si confonde con l 'origine dell'uomo dai suoi precedenti biologici. « Tanto la scienza quanto la filosofia - scriveva Engels - hanno finora del tutto trasourato l'influsso dell'attività dell'uomo sul suo pensiero: esse conoscono solo la natura da un lato, il pens,iero dall'altro. Ma il fondamento piu essenziale e piu immediato del pensiero umano è proprio la modificazione della natura ad opera dell'uomo, non la natura come tale di per sé sola, e l'intelligenza dell'uomo crebbe nella stessa misura in cui l'uomo apprese a modificare la natura. » 9 Tutte le categorie :logiche che l'uomo usa hanno indubbiamente questa origine p!1atico--storica, e alla pratica vanno riportate, anche ·Se non tutte in eguale maniera, ma alcune direttamente, altre indirettamente. Fra le seconde ci sono le grandi categorie filosofiche, le grandi astrazioni, di materia, di legge naturale, di valore, e cosi vi'a: le quali non si darebbero e non opererebbero senza il linguaggio e senza un lunghissimo precedente uso di esso. Ma il linguaggio è anch'esso, innanzi tutto, una forma della prassi sociale, del commercio fra gli uomini, come rilevava Rousseau. In quelle grandi astrazioni si riflette la realtà a un grado molto piu complesso e profondo che non nelle categorie dell'intelletto o nei semplici concetti empirici, ma nell'un caso e nell'altro, questo riflesso, questo rispecchiamento non ci sarebbe se dalle elementari peocezioni sensibili la pratica non avesse fatte sorgere e non facesse sorgere quelle rappresentazioni, via via elaborandole, integrandole, correggendole, e sempre di continuo riconducendole, per controllo, uso ed applicazione alla loro origine sensibile e materiale. Cosi non vi è altro criterio ultimo di verità, di fronte alla capacità acquistata dal cervello umano di elaborare astrazioni mediante la parola o i simboli matematici e di operare con essi, se non, ancora una· volta, la loro funzionalità a farci comprendere e dominare il reale, che può essere provata solo dalla pratica e nella pratica. «La conoscenza- dice Mao Tse-dun -comincia con la pratica, raggiunge attraverso la pratica il piano teoretico, e deve poi ritornare alla pratica. » 10 Dunque la pratica non è solo H principio e la fine della cono9 F. Engels, Dialettica della natura, trad. di L. Lombardo Radice, Roma, 1950. p. 144. IO Mao Tse-dun, op. cit., p. 427.

8

www.scribd.com/Baruch_2013

scenza e non è solo il suo criterio di verità, ma è tutte queste cose in quanto essa entra come elemento intrinseco e determinante nello stesso processo conoscitivo. Il che si riassume nell'enunciato: noi conosciamo operando. Questo è il grande principio gnoseologico introdotto e svolto dal marxismo e che domina, sia pure attraverso le sue degenerazioni o deformazioni o semplificazioni idealistiche e pragmat-istiche, tutto il pensiero contemporaneo, da almeno sessanta o settanta anni. Naturalmente questa scoperta rivoluzionaria non è stata un « colpo di pistola »; essa è stata lungamente preparata da tutto il faticoso corso della filosofia moderna, a partire da Bacone. Ma d'altra parte quesoa scoperta rivoluzionaria il marxismo non l'avrebbe compiuta se non fosse stato esso stesso una filosofia rivoluzionaria, una filosofia che nasceva dal proposito non solo di contemplare e interpretare il mondo, ma anche di mutarlo. In altre parole, una filosofia che nasceva dalla lott:la e rifletteva in sé una lotta reale, che si svolgeva e tuttora si svolge tra gli uomini, nella loro pratica sociale. Il valore gnoseologico della scoperta consiste in dò: che la pura contemplazione, la pura interpretazione sono astratte ed immobili, e non ci dànno mai una sufficiente conoscenza delle cose; ce ne fanno vedere un lato, o una superficie, da cui non possiamo dominarle. In particolare questa scoperta (che la scienza moderna della natura conteneva in qualche modo già in sé, con la costruzione del suo sperimentalismo, il quale è un operare sensibilerazionale e non un pass:ivo esperire ) ha gr.ande importanza per il mondo umano storico-sociale, che noi stessi facciamo, come aveva visto Vico, e nel cui movimento siamo inesorubilmente impegnati. Uomini e produzione: t fondamenti della storiografia e la critica all'idealo gia

Quel nesso sopra indicato è cosi essenziale al marxismo, che, si può dire, il marxismo si è costituito attraverso la sua elaborazione e applicazione: .in concreto, nella battaglia v.iva delle idee, connessa alla lotta politica e sociale, prima di darne la formulazione piu astratta e generale. « Gli uomini - dice Marx nella Deutsche Ideologie (1845-46) - fanno l'un l'altro, fisicamente e spiritualmente ... » 11 Ma ciò, nonché autorizzare la risoluzione 11

Marx-Engds, Die deursche Ideologie. Kritik der neuesten deutschen Phi-

9

www.scribd.com/Baruch_2013

della storia in « autocoscienza », significa che la storia deve esser spiegata « a partire dalla produzione materialle della vita immediata » e quindi dal « reale processo della produzione ». Se non d fossero infatti gli uomini come ~< individui umani viventi » non ci sarebbe la loro storia e quindi neppure la loro storiografia. Gli uomini hanno una determinata « costituzione fisica » e vivono in determinate « condizioni na.turali ». La indagine di queste cose non spetta, naturalmente, alla storiografia, bensf ad altre scienze, ma ogni storiografia, se non vuoi essere una costruzione arbitraria, « deve muovere da questi fond(:l.menti naturali e daJ.la loro modificazione, nel corso della storia, attraverso l'azione degli uomini ». La storia umana è infatti prodotta dalle azioni degli uomini, ossia è prodotta da loro stessi, e queste azioni sono innanzi tutto quelle rivolte alla produzione e riproduzione della loro vita materiale, senza di cui essi non esisterebbero. L'azione degli uomini sulle cose, sui prodotti della natura, per trasformarli a loro uso e vantaggio (cibo, indumenti, ecc.) è il lavoro. Dal lavoro è sorto il mondo umano sopra H mondo naturale: gli uomini, in quanto storici, sono figli del proprio lavoro. E il lavoro è ciò che tiene insieme la società umana, il suo çemento. Il rapporto naturale che hanno gli uomini fra di loro, in quanto si riproducono, il rapporto fra i sessi, non basterebbe infatti a spiegare la connessione sociale. Ora, il lavoro ha due aspetti, quello rivo!lto alle cose materiali, per modificarle, e che dà luogo alla produzione, e quello appunto, per cui esso tiene insieme la società umana; ossia i rapporti reciproci in cui gli uomini si trovano fra di loro producendo. Isolati, essi non si sarebbero svhluppati come si sono svi1uppati, attraverso il proprio lavoro. È dunque mediante esso e nella loro pratica sociale che a poco a poco sono divenuti uomini, come Ii conosciamo. Non si può comprendere nessun momento della storia sociale se non si comprende la forma di mpporto che esiste in quel momento fra gli uomini connessa con la loro produzione e da essa generata: i loro rapporti di produzione. In ogni fase storica quella forma di rapporto fa parte intrinsecamente del loro modo di produzione. Per esempio, il rapporto ·fra schiavo e padrone, su cui Hegel aveva scritto pagine filosofiche famose losophie in ihrcn Repri.isentanten, Feuerbach, B. Bauer und Stìmer, und des deut.rchen Socialismus in seinen verschiedenen Propheten, in Marx-EnJt.els Gesamtausgabe IM.ega], Erste Abt. Band 5 (a cura dell'Istituto Marx-Engels-Lenin di Mosca), Berlin, 19.32, p. 10 (c cfr. ora Mal'x-Engels, L'ideologia tedesca, trad. di F. Codino, introd. di C. Luporini, Roma, 1967).

lO www.scribd.com/Baruch_2013

nella Fenomenologia, benché lo vedesse solo dal lato del movimento della coscienza, e quindi astrattamente (ma già gli antichi, e in spedai modo Aristotele, se ne erano, ne-cessariamente, occupati); o il rapporto fra salariato e capitalista. Questi esempi, che sono presi da forme di società storicamente già molto evolute (la società del mondo antico, la società moderna borghese), ossia già molto a~anzate nella civiltà, ci mostrano gruppi sociali strettamente legati fra di loro nella produzione, legati, come si suol dire, a filo doppio (l'uno non ci sarebbe senza l'altro), e tuttavia opposti fra di loro, una unità di opposti, in cui la unità o identità (è la produzione) 12 noA è meno reale della opposizione. Ci mostrano cioè la società divisa in classi antagonùtiche. Il sorgere ·di una divisione della società in classi antagonistiche presuppone un lungo processo storico della divisione del lavoro fra gli uomini. Anche gli antichi si accorsero di questo nesso, e, per esempio, Platone, nella Repubblica - ove cercò di elaborare un modello ideale da proporsi come cdterio della società - legava in modo ferreo la su:a divisione della società in classi (nella superiore doveva viger.e il comunismo) alla divisione dd lavoro e dell'attività sociale fra gli uomini. Ma se la divisione della società in classi antagonistiche comporta già un grado molto sviluppato della divisione del lavoro, non è ai.fatto vero ciò che vediamo cosi spesso affermare, con faciloneria, da filosofi e sociologi, quasi fosse un pr.esupposto pacifico, e cioè che divisione del lavoro equivalga a divisione in classi sociali (questo significa solo trattare come eterno un certo risuhato storico). Nella comunità primitiva non vi sono classi sociali, ed esse cessano di essere antagonistiche col socialismo, ossia con la fine del « sistema dello sfruttamento », per non esistere affatto nel comunismo, in cui la distinzione di classi non ha piu basi nel processo produttivo. E tuttavia, evidentemente, non sparisce la divisione del lavoro e le differenze a cui essa dà luogo, nelle condizioni di lavoro, secondo i diversi rami della produzione e secondo le esigenze di svolgimento non solo 12 Questa unità o identità della produzione non va intesa come immediate7.za e semplicità: si tratta di un rapporto che si diversifica e diviene altamente complesso nelle forme piu evolute della produzione, attraverso i fenomeni della distribuzione, scambio, circolazione c consumo dei beni prodotti; la cui reciproca dialettica Marx yerrà analizzando per la forma di produzione capitalistica, nei suoi rapporti genetici c logici con la produzione mercantile in genere c nel suo nesso critico con il concetto di « produzione i·n generale » attraverso il processo di studi e ricerche dai quali sorgerà il Capitale.

11

www.scribd.com/Baruch_2013

materiale, ma spirituale della società 13 • La divisione in classi sociali sorge dunque con lo stabilirsi di un « sistema dello sfruttamento». Esso ha il suo primo presupposto in un aumento delle forze produttive umane, e piu precisamente nell'acquisizione da parte della forza-lavoro umana deù.la capacità di creare un prodotto maggiore di quanto sia necessario al suo mantenimento. Questa capacità è la base di ogni sfruttamento, ma è anche stata la base di ogni progresso della civiltà. Ora, l'esistenza di un sistema dello sfruttamento, qualunque esso sia ( schiaviru, feudalesimo o salariato), comporta un rapporto di sottomissione e di dominazione fra gli uomini nella loro attività produttiva ed è questo l'elemento essenziale per intendere che cosa sono le classi sociali; non, genericamente, la divisione del lavoro. Qui, nella necessità di mantenere e sostenere un dato rapporto di soggezione-dominazione, si costituisce il potere politico, ossia lo Stato, come un potere, una forza che si presenta al di sopra della società degli uomini. Si potrebbe dire che lo Stato da sé si presenta come sovrastruttura deUa società, rispetto a tutti quei rapporti fra gli uomini che ne costituiscono la struttura, la base da cui viene espresso. L'insieme di questi rapporti era già stato distinto come una sfera particolare dai pensatori inglesi e francesi del XVIII secolo, e poi da Hegel, sotto il nome di « società civile ». Marx nella Deutsche Ideologie si ri.fà appunto a questa nozione, mostrando, come spiegherà piu tardi, che « la anatomia della società civile è da cercarsi nell'economia politica ». « La mia ricerca - egli scrive nella prefazione al Per la critica dell'economia politica (1859) - sfociò in questo risultato, che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono esser compresi per se stessi né per il cosiddetto svolgimento generale dello spirito umano, bensf piuttosto hanno la loro radice nei rapporti di vita materiali. »Mutandosi il modo di produzione- e quindi anche i rapporti entro i quali gli uomini si trovano fra di loro producendo - tutto i1 modo di vita degli uomini e con esso anche le idee e istituzioni relative cambiano. Già Rousseau aveva intravisto qualcosa di simile quando aveva fatto sorgere la società dal bisogno 14 e aveva 13 Cfr. circa questo punto il quarto paragrafo (Questione della eliminazione del contrasto fra città e campagna, fra lavoro fisico e lavoro intellettuale) dei Problemi economici del socialismo nell'URSS di Stalin (Roma, 1953). 14 La società umana si costituisce, nel Discorso sull'origine dell'ineguagliam;a, attraverso una dialettica materiale di passioni, intelletto e bisogni, la quale mette in movimento « à l'aide des drconsta:nces » la « pcrfettibaità >>, assunta illuministica-

12

www.scribd.com/Baruch_2013

posto a fondamento dell'origine della disuguaglianza fra gli uomini la proprietà, rifiutandosi di connettere, come facevano le teorie reazionarie, la disuguaglianza sociale con una disuguaglianza « naturale ». Ma la proprietà stessa, nella sua radice e nel suo aspetto generale, è tutt'uno con la produzione, perché, come dirà Marx, «ogni produzione è appropriazione della natura da parte dell'indi· viduo entro e mediante una determinata forma di società» 15 • Quel· la proprietà che Rousseau connetteva con la « disuguaglianza », in cui vedeva l'origine di tanti mali e ipocrisie della società, un regresso nel progresso, era una forma particolare della proprietà, ossia dei rapporti di produzione fra gli uomini: la proprietà priva· ta, sorta storicamente, non per un atto di arbitrio di questo o quell'uomo, ma per Jo sviluppo delle .forze produttive umane. Nella prefazione ( 1859) al Per la critica dell'economia politi· ca 16 , riassumendo i risultati a cui era giunto molti anni prima, insieme a Engels, Marx .scrive: « Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita ». Tutto sta, per intendere il materialismo sto· rico, nel comprendere giustamente questo condizionamento. Seri· veva ancora Marx in quel medesimo testo: «L'insieme dei rapporti di produzione [['apporti fra uomini, ricordiamolo] costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttur·a giuridica e politica e alla quale corri· mente come qualità distintiva dell'uomo dagli animali (qualità intotno alla quale, a differenza della libertà, «il ne peut y avoir de contestation », dice Rousseau: il che corrispondeva perfettamente alla scienza del suo tempo). È da notare che Rousseau, a dbfferenza degli altri illuministi, ma coerentemente alla sua imposta· zione generale e iniziale, che è 1n ultima analisi, in nuce, una critica dell'ideologia sotto forma di critica della civiltà, non attribuisce aUa « perfettibilità » nessuna nota di valore: essa potrà ben mostrarsi « la source de tous les ma:lheurs de l'homme ». Ciò gli consente di scorgere, in certo modo dialetticl!mente, il regresso nel progresso, nella società dominata dalla proprietà privata, ossia nella società di classi. 15 « .Jn questo senso aggiunge Marx - è una tauwlogia dire che la proprietà ( appropr1azione) è una condizione della produzione. Ma è ridicolo compiere di qui un salto ad una determinata forma della proprietà, per esempio alla proprietà privata. (LI che presuppone inoltre come condizione una forma opposta, la non-pro· prietà.) » Cfr. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, Firenze, 1968, p. 10. 16 Questa prefazione è giustamente considerata, nella sua riassuntiva limpi· dezza, una delle fonti piu notevoli per la concezione del materialismo storico (ed è anche, nel suo presentare note biografiche essenziali intrecciate allo sviluppo delle idee, un modello di « contributo alla critica di me stesso » da parte di Marx). La prefazione può esser letta ora, insieme alla importante recensione di Engels al Per la critica apparsa in Das Volk di Londra nel 1859, in Per la critica dell'economia politica, Roma, 19692.

13

www.scribd.com/Baruch_2013

spandono forme detemn.inate della coscienza sociale ». Questi enunciati si riassumono nella proposizione: « Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che deterunina la loro coscienza ». Qui è il nocciolo del marxismo appunto come materialismo (storico), in contrasto con l'idealismo. « Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso », dice Marx, cosi non si può giudicare un'epoca storica dalle idee che essa ha fabbricato, dalla «coscienza che essa ha di se stessa ~>. Che cosa significa? Che quelle idee non contino nulla, che esse non ci forniscano un elemento di giudizio? E, piu in generale: il fatto 'Che i rappOitti giuridici, tl potere politico (lo Stato) e le idee ad essi corrispondenti in una data epoca costituiscono la sovrastruttura della società (rispetto a:lla sua « struttura economica » quale loro « base reale ») signlfica forse che esse siano irreali o poco reali? Una specie di platonismo capovolto? O il fatto ·che è l'essere sociale degli uomini a determinare la loro coscienza significa forse che questa coscienza, a sua volta, non agisce sul loro essere sociale? Molto spesso il materialismo storico viene interpretato in questo senso, ed a mostrare che ques1ta interpretazione è del ~utto sbagliata, e perfino un poco ridicola, basti riflettere che il marxismo è un movimento rivoluzionario, non sdlo nelle idee, ma anche nella pratica, il quale spinge una determinata forza sociale, il proletariato, ad impadronirsi del potere politico, deNo Stato, e a creare il proprio Stato) per modificare atltraverso questo potere i rapporti di produzione esistenti, per distruggerli e crearne di nuovi. Ossia, a modificare la struttura a partire dalla sovrastruttura 17 , poiché lo Stato appartiene alla sovrastruttura, è « il primo potere ideologico », come dice Engels. (Na;turalmente questa possibilità implica dete.runinate condizioni di sviluppo della vita materiale della società.) Ma come questo sarebbe pensabile se la sovrastruttura fosse qualcosa di irreale o poco reale rispento alla struttura? e invece lo Stato, l'esercizio del potere da parte di uomini su altri uomini, è qualcosa di molto reale, come tutti sanno, che si chiama leggi, tribunali, armi, polizia, prigioni, tasse e cosi di seguito. Il che però « non costituisce un campo indipendente con una evolu17 Il che non va inteso semplidsticamentc, o isolando una determinata società nazionale, particolllrrnentc nella nostra epoca. (A quest'ultima osservazione va anche connesso il t'innovamento della teoria della rivoluzione proletaria operato da Lenin in relazione all'analisi delle nuove condizioni costituite dalla fase imperialistica del capitalismo. Cfr. Stalin, Questioni del leninismo, Mosca, 1946, pp. 25 sgg.)

14

www.scribd.com/Baruch_2013

zione indipendente» (Engels), se non relativamente (ogni reahà storica che forma in qualche modo sistema assume una relativa autonomia, maggiore o minore secondo le circostanze); ma, in ultima istanza, non può spiegarsi se non « con le condizioni della vita economica della società», rispetto alle quali ·lo Stato rispec· chia « in forma condensata i bisogni economici della classe che domina la produzione » 18 • La struttura è la « base reale » rispetto alla sovrastruttura,. perché da essa, da quei .rapporti fra gli uomini in cui si estrinseca il loro modo di vita, dai rapporti di produzione, la sovrastruttura trae la sua origine reale. N che vale per tutti gli aspetti della sovrastruttura, dallo Stato alle idee. Ma, per contro, altra cosa è l'origine - per la quale la sovrastruttura è subordinata alla struttura, è il suo riflesso - altra cosa è l'importanza, 19 dice Stalin neHa sua esposizione del materialismo dialettico-storico (tale distinzione costituisce un punto di svolta, una cerniera, dell'esposizione stessa). Che cosa costituisca questa importanza, che è anche l'importanza e la funzione de1le idee (per esempio delle teorie sociali), lo si vedrà oltre. L'affermazione fatta da Marx nella prefazione al Per la critica della economia politica che è « l'essere sociale degli uomini che determina la loro coscienza » non deve dunque venire intesa come una determinazione in una direzione sc;la; e tutta la frase: «Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, H loro essere sociale che determina la loro coscienza», volta contro l'idealismo storico, è evidentemente indirizzata ad indicare la determinazione originaria, fondamentale (nel senso che sta a fondamento), ossia il « processo genetico » [ Entsehungsprozess] della sovrastruttura 20 • Essa non esclude, ma anzi include, Ia determinazione in senso inverso, come è stato s-empre F. Engels, Ludwig Feuerbach, pp. 68 sgg. Sralin, Materialismo dialettico e materialismo storico, Roma, 1950, p. 30. Stalin usa la parola znacenie che vale «importanza» e « significato», come in tedesco Bedeutung. (E vien fatto di ricordare peraltro, sul terreno della cultura tradizionale, il peso che 115Surne la categoria della Bedeutung nel tentativo compiuto da Dilthey di instaurare una « critica della ragion storica » e il presentarsi in tante odierne discussioni sulla merodologica o il concetto della storia della questione della significatività, dell'importanza, ma quasi sempre soggetrivisticamenre, in rapporto alla questione della scelta fra gli accadimenti da parte dello storico.) 20 «Questa concezione della sroria si fonda dunque su questi punti: spiegare il processo reaie della produzione, e precisamente muovendo dalla produzione materia-le della vita immediata, assumere come fondamento di tutta la storia la forma di relazioni che è connessa con quol modo di produzione e che da esso è generata, dunque la società civile nei suoi diversi stadi, e sia rappresentarla nella 18 !9

15 www.scribd.com/Baruch_2013

ripetutamente affermato, fin dalla Deutsche Ideologie, dai classici del marxismo. Ciò è possibile in quanto base e sovrastruttura costituiscono una totalità (secondo il significato hegeliano del termine) e vanno pensate come una totalità, ove l'un termine è relativo all'altro - la base è base per la sovrastruttura e la sovrastruttura è sovrastruttura della base - e la loro realtà implica reciprocanza di azione (reciprocanza di azione di molti lati, perché la sovrastruttura non è, evidentemente, mai un blocco solo, ma un composto di molteplici aspetti, vari storicamente). E tuttavia questa totalità non si risolve in un circolo ideale, i cui momenti siano reciprocamente indifferenti quanto al sorger·e del rispettivo determinarsi o condizionarsi 21 • (Anzi, qui si vede come la metafora metafisica del circolo sia in genere del tutto insufficiente a rendere l'idea di una totalità concreta, nella sua composizione e nel suo dinamismo, e la tradisca. Dove si può infatti trovare in un circolo una distinzione di parti o momenti da cui esso risulti, o nella pura circolarità la determinazione del senso del suo movimento? Per. avere questa determinazione bisogna uscir fuori dal circolo, e ncorrere ad altro, anche se ciò viene tenuto nascosto, come accade nel Croce.) Questi caratteri del rapporto base-sovrastruttura sono stati messi in luce da Stalin in un passo delle lettere sul Marxismo e la linguistica: «La sovrasllruttura è un prodotto ddla base; ma ciò non significa che essa rifletta sempHcemente l.a base, che essa sia passiva, neutrale, indifferente alla sorte della sua base, alla sorte delle classua azione come Stato, sia spiegare partendo da essa tutte le vade creazioni teoriche e le forme della coscienza, religione, filosofia, morale, ecc. ecc. e seguire sulla base di queste il processo della sua origine, ciò che consente naturalmente anche di rappresentare la cosa nella sua totalità (e quindi anche la recipro.ca influenza di questi lati diversi l'uno sull'altro). » Marx-Engels, L'ideologia tedesca, pp. 29-30 . .._!1 La reciprocanza di azione nel totum base-sovrastruttura (che Gramsci chiamava «blocco storico») sarebbe dunque un rilievo meramente formale, e come tale del tutto insufficiente e statico, se non fosse integrato dalla direzione in cui si svolge il movimento dì questo reciproco determinarsi, stabilita nell'originarsi del secondo momento dal primo, della sovrastruttura dalla base. Il contenuto concreto di ciò è nel fatto che la sovrastruttura riflette la base che la produce (per esempio, si è visto, diceva Engels: « lo Stato riflette in forma condensata i bisogni ~conornici della classe che domina la produzione » ). La nozione di « riflesso » o nflessionc, che ha cosi vasta applicazione (anche gnoseologica) nel marxi~mo, mi pare c~7 ~on possa venir intesa pier:amente, e rischi ~nzi ?i venire equivocata meccamCist,ICarnente, se ne viene obhterata la natura dialettica, per la quale. ess~ ~ve:va tro:at? già cosi la·rgo uso sistematico (anche se spesso arbitrariamente apnon~ttco e mdirizzato alla costruzione ideale, distaccata da nessi reali) nel movimento mterno della logica hegeliana.

16 www.scribd.com/Baruch_2013

si, al carattere del sistema. Al contrario non appena sorge, essa diviene una forza. eccezionalmente attiva, che aiuta energicamente la sua base ad assumere una forma e a consolidarsi facendo quanto è in suo potere per aiutare il nuovo sistema a distruggere e liquidare 1:a vecchia base e Ie vecchie classi. Né potrebbe essere altrimenti. La sovrastruttura viene daMa base creata precisamente perché possa servirla, perché possa attivamente aiutarla oo assumere una forma, e a consolidarsi, perché possa attivamente contribuire a.Ha liquidazione della base antioa, decrepita, assieme alla sua vecchi-a sovrastruuura. Basta che la sovrastruttura rinunci alla sua funzione ausiliaria, bas~a che la sovrastruttura passi da una posizioné di attiva difesa dehla sua base a un atteggiamento di indifferenza verso di essa, a un atteggiiamento eguale verso tutte le classi, perché essa perckl il suo valore e cessi di essere una sovrastruttura » 22 • Ma tutto ciò non avrebbe senso, e diventerebbe anzi una speCÌie di schema metafisica della società (a tale lo riducono con disinvoltura gli avversari del marxismo), quando si dimentichi ciò che è indicato con quei termini e che essi abbreviano (si può esporre integralmente il marx•ismo senza adoperarli, come ha fatto Stalin in Materialismo dialettico e materialismo storico): « La base è la struttura economica della società in un determinato stadio del suo sviluppo. La sovrastruttura consiste nelle opinioni politiche, giuridiche, religiose, artistiche e filosofiche della società, nonché nelle corrispondenti istituzioni palitiche, giur1diche e di altro genere» 13 • Ora, la maggior parte, forse, di fraintendimenti del materialismo storico (o, d'altronde, di «questioni barocche», come diceva Gramsci, addossate a esso) nasce dalla incomprensione deHa nozione di « struttura economica della società », dei limiti di essa e quindi del suo nesso con le altre ad essa relative 24 • Essa ,indica semplicemente i rapporti di produzione fra gli uomini: con tutto ciò, evidentemente, che questi rapporti comportano nell'organizza22 Stalin, Il marxismo e la linguistica, trad. di P. Togliatti, Roma, 1952, pp. 11-12: Stalin accentua dunque, mi pare, la funzionalità della sovrastruttura rispetto alla base anche come limite, o delimitazione concettuale, della nozione di sovrastruttura. Cosi egli accentuerà la caducità delle sovrastrutture in rapporto alla caducità delle bas.i, contrapponendo (vedremo) a questi aspetti gli elementi (v. nota 29) della continuità storica, che si trovano altrove, nelle forze produttive, o in fenomeni sociaili di altro genere, come il linguaggio. 23 lvi, p. 9. 24 La questione è stata esposta con molta chiarezza (e molteplici riferimenti agli scritti e discussioni in argomento) da Mario Spinella: Le lettere di Stalin sulla linguistica, in Rinascita, 1951, pp. 354 sgg.

17

3

www.scribd.com/Baruch_2013

zione sociale dell1a produzione e del lavoro, onde ha luogo un determinato regime della proprietà e una conformazione di classi (nella società di dassi) ..È 11\,SQCietà, in altre parole, come determinata « formazione economico-sociale » 25 , come determinato sistema economico-sociale {anche i rapporti di produzione costituiscono nel loro insieme un totum, una totalità a suo modo organica di fase storica in fase storica 16 ). Poiché la produzione, come diceva Marx, è sempre «produzione socialmente determinata» n, sempre gli uomini producono entro determinati rapporti socia'li, e, quindi, questi rapporti di produzione sono un momento essenzi
Scriveva Marx nel 1857 (si veda Lineamenti fondamentali, v. I, p. 6):

« quando si tratta di produzione, si tratta sempre di produzione a un grado deter-

minato di sviluppo sociale, ndla produzione di ind~vidui sociali ». Per il concetto di « formazione economico-sociale» cfr. Lenin, Che cosa sono gli «amici del popolo>> c come lottano contro i socialdemocratici? ( 1895), in Opere complete, l, Roma, 1954, pp. 123-339. 26 Mi sembra che si possa dire che i rapporti di produzione costituiscono, in senso dinamico (e quindi con le eventuali implicite opposizioni e contraddizioni), sistema o totalità, come s.istema o totalità costituisce il loro nesso con la sovrastrutrura. Non cosi invece le sovrastrutrure di per sé considerate. V « H punto di partenza è costituito naturalmente dagli individui che producono in società, vaJe a dire dalla produzione degli individui socialmente determinata » ( K. Marx, Lineamenti fondamentali, v. I, p. 3). 28. È un errore comunissamo e che tuttavia conduce, mi sembra, a un fraintendimento radicale del marxismo (e a una sua arbitraria fissazione schematica, di sapore insieme metafisico e sociologico) quello di atttibuirgl·i la dottrina per cui la continuità storica sarebbe stabilita dalla « struttura e<::onomica della società », ossJa dai rapporti di produzione, che è invece ciò che cade, in tutto o in parte, o si trasforma d'improvviso, nei decisivi mutamenti rivoluzionari (c che può, sia pure solo parzialmente, ma tuttavia sempre attraverso un momento di salto e di distacco, venir modificato mediante atti di un potere prcesistente che producano riforme economico-sociali, come ci sono esempi nel XVllii secolo, o anche prima, nel continente europeo, o in Tnghi'lterra, e in Russia nel XIX).

1·8 www.scribd.com/Baruch_2013

tato genera'le » a cui era giunto nel periodo della sua formazione, e che servi da« filo conduttore » dei suoi studi. n nesso base-sovrastruttura non esaurisce affatto, dunqule, la vita della società, perché la struttura stessa, la «base» (che è tale rispetto alla sovrastruttura) non risolve in sé tutte le condizioni materiaJli di vita della società ma ne costituisce solo una parte e un momento. L'altro momento sono le forze produttive in atto ndla produzione, la sua sostanza stessa, potremmo dire: « l'aspetto che esprime !l'atteggiamento degli uomini verso gli oggetti e le forze della natura, di cui si servono per prodwrre i beni materiali » (e che comprende sia gli strumenti della produzione, indifferenti alla struttura, indifferenti aH e classi, sia gli uomini stessi in quanto hanno una « esperienza della produzione, delle abitudini di lavoro » ecc.). Sono esse, vedremo, e non, evidentemente, la struttura, « l'elemento piu mobile e piu rivoluzionario della produzione >> 29 • 29 Sta.lin, Materialismo dialettico e materialismo storico, p. 41. Nelle sue lettere sul Marxismo e la linguistica Stalin ha messo in luce con grande nettezza (come si è accennato anche nella nota 22) i rispettivi limiti delle nozioni su cui ora si è insistito. La sovmstruttura, egLi dice (ivi, p. 16) «è connessa con la produzione solo indirettamente, attraverso l'economia, attraverso la base. La sovrastruttura, pertanto, non riflette i mutamenti nello sviluupo delle forze produttive, né immediatamente né direttamente, ma soltanto dopo i mutamenti della base, ossia dei rapporni di produzione frn gli uomini>>. A differenza delia lingua che è « connessa con l'attività produttiva deli'uomn direttamente e non soltanto con l'attività pro· duttiva, ma con tutte lè altre attività deLl'uomo, in tutte le sfere del suo lavoro, dalla produzione alla base, dalla base alia sovrastruttura ». È chiaro cosi perché la sovrastruttura riflette la base e insieme opera su di essa: non opererebbe se non la riflettesse, perché la sovrastruttura, in quanto ta'le, non ha aloun senso se non di essere sovrastruttura di quella base, di servire ad essa. Fuori di questo servizio essa non è piu sovrastruttura. Questo ci fa comprendere anche come con la caduta della base cade piu o meno rapidamente la relativa sovrll$truttura, mentre ciò non significa affatto, necessariamente, Ja distru7jione di rutti gli elementi che la compongono, bensl .l'entrare in servizio di una pane di essi nella successiva sovrastruttura, la loro riassunzione e rielaborazione in essa, ove nuove sintesi di quegli elementi si stab;tiscono. L'eredità storica e lo svolgimento del patrimonio idea.Je dell'umanità c la stessa (relativa} continuità e l'accrescersi della scienza, che non è affatto un processo pacifico e caratterizzato da una lknea ininterrotta, ed è inoltre completamente intcssuto e tuttavia non identico col succedersi delle ideologie, sono, mi sembra, fondati su di dò. J,l che non si vede come potrebbe verificarsi, se non fosse nel fatto sorretto da un elemento di continuità, indi-pendente nel suo svolgersi d~ ritmo di successione ddle basi-sovrastrutture. Esso mi sembra che risulti indicato da Stalin nella continuità di svolgimento dei linguaggi umani, in connessione con la inseparabilità, da lui riconfermata c argomentata contro Marr, del « processo del pensiero dalla lingua » (anche in rapporto alle i:llusioni di una futura tecnica semantica degli uomini « libera da materia naturale >>), e quindi con la riaHermazione ddle tesi marxiste del linguaggi-o come « reahà immediata del pensierO->>, come «coscienza pracica reale». (Per il rapporto del nesso base-sovrastruttura con la divisione delia società in classi antagonistiche cfr. invece nota 31.)

19 www.scribd.com/Baruch_2013

Si è ritrovato cosi ciò da cui avevamo preso 1~ mosse, e onde prende le mosse il materialismo storico (e la cui trascuranza rende arbitraria e fantastica ogni storiografia), l'attività produttiva degli uomini, .hl loro lavoro: nel suo duplice aspetto, di abtività che si esercita su oggetti materiali della natura, appropriandosene e modificandoli; di attività che si esercita tra uomini, socialmente. Il che, tutt'insieme, costituisce la loro « prassi materiale ». La concezione del materialismo non cerca, scriveva Marx nella Deutsche Ideologie, «come la concezione idealistica della storia, in ogni periodo, una categoria, ma rimane costantemente sul terreno storico real'e, non spiega la prassi partendo dall'idea, ma spiega la formazione delle idee partendo dalla prassi materiale » 30 • Ciò non significa, si è visto, mettere la pratica da una parte, le idee dall'altra, ma proprio scorgere 'l'uno e l'altro momento nel loro inscindibil1e nesso. Già nella Deutsche Ideologie Marx sottolineava il carattere intrinseco e originario di tale nesso, in una direzione sulia cui linea di sviluppo si può collocare l'osservazione citata di Engels circa l'influenza decisiva esercitata sui pensiero umano dal lavoro, dall'attività nma:na mod1ficatrice deLla natura. « La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza- si legge nella Deutsche Ideologie- è dapprima immediatamente intrecciata con l'attività materiale e con lo scambio materiale degli uomini, linguaggio della vita reale. Il rappresentare, il pensare, lo scambio spirituale degli uomini appaiono qui

ancora come diretta emanazione de[ loro comportamento materiale. Lo stesso vale per la produzione spirituale, quale si presenta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della religione, della metafisica di un popolo. Gli uomini sono i produttori delle loro rappresentazioni, idee, ma gli uomini reali, operanti, quali sono, condizionati da uno sviluppo determinato deUe loro forze produttive e dello scambio ad esse corrispondente, sino alle piu late formazioni di questo scambio. La coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dall'essere in quanto consaputo [als das bewusste Sein] e l'essere degli uomini è il teale processo della loro v1t'a. Se neLl'intera ideolog1a gli uomini e i loro rapporti, come in una camera oscura, appaiono rovesciati, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal processo immediatamente fisico di essi. » 31 30 31

Marx-Engels, L'ideologia tedesca, p. 30. lvi, p. 13. A me sembra che questo passo getti luce anche sul nesso base-

20 www.scribd.com/Baruch_2013

Il capovolgimento ideologico, che è un prodotto storico della società di classi (alimentato daHa stessa divisione del lavoro intellettuale da quello manuale), e serve naturalmente alle classi dominanti, è il terreno su cui si erge ogni costruzione metafisica e speculativa. Marx nella prima parte della Deutsche Ideologie analizza attentamente il processo di formazione dell'ideologia e Je sue influenze storiografiche. Ed analizza altres.l, in relazione all'idealismo tedesco e alla « filosofia della storia di Hegel » 32 , il passaggio dalla semplice ideologia a'Ha costruzione speculativa e le ragioni di esso. L'iLlusione ideologica (la « parvenza che il dominio di una classe determinata sia· solo il dominio di certe idee » 33 ) sov~astruttura, come sarà piu tardi elaborato nel marxismo, e sui limiti e i fondamenti della sua applicazione storiografica e sociologica. Accosterei ad esso quanto scrive Engels nella conclusione della Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato {Roma, 1950, p. 177), circa la «contraddizione permanente» in cui &i muove «l'intero sviluppo della civiltà>> in seguito alla divisione della società in classi antagonistiche, ove del processo dell'ideologia Engels sottolinea fortemente il lato etico ( « ... se tra i barbari, come abbiamo visto, la differenza fra diritti e doveri quasi non esisteva, la civiltà rende chia•vi la differenza e l'antagonismo tra gli uni e gli altri anche al cervello piu stupido, assegnando ad una classe quasi tutti i diritti e all'altra quasi tutti i doveri. Ma ciò non deve essere. Quello che è bene per la classe dominante deve esserlo per rutta quanta la società con la quale la classe dominante s'identifica. Quanto piu, dunque, la civilità progredisce, tanto piu essa deve coprire col manto della carità i danni che essa stessa, di necessità, ha generato; deve abbellirli o negarli, in breve deve introdurre un'ipocrisia convenzionale che era sconosciuta sia alle precedenti forme di società che ai primi stadi della civiltà>>, ecc.). Parallela è la dottrina marxista dello Stato, come sovrastruttura della società di cl~si (e quindi, in quanto potere politico, destinata ad estin· guersi con essa). Scrive Engels in quella stessa opera (p. 172): «Lo Stato, poiché è nato dal bisogno di tenere a freno gli antagonismi di classe, ma contemporaneamente è nato ·rn mezzo aJ conflitto di queste cla:ssi, è, di regola, lo Stato della classe piu potente, economicamente dominante che, per mezzo suo, diventa anche politicamente dominante e cosi acquista un nuovo strumento per tenere sottomessa e sfruttare la classe oppressa». E ancora (p. 170): «Lo Stato dunque non è affatto una potenza imposta alla società dall'esterno e nemmeno "la realtà dell'idea etica", "l'immagine e la realtà deLla ragione", come afferma Hegel. Esso è piuttosto un prodotto della società giunta a un determinato stadio di sviluppo... ». La scoperta della natura del processo ideologico, e della funzione o carattere della sovrastruttura nella società di classi, non poteva àvvenire se non nelle condizioni storiche della soppressione della divisione della società in classi antagonistiche e quindi nel movimento rivoluzionario ad essa indirizzato. 32 Marx-Engels, L'ideologia tedesca, p. 31. 33 lvi, p. 38. Cfr. pp. 35-36: «Le idee [Gedanken] della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza [Macht] materiale dominante nella società è allo stesso tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che ha a disposizione i mezzi per la produzione materiale, dispone quindi allo stesso tempo dei mezzi per la produzione spirituale, cosicché le sono sottoposti, in media [im Durchschnitt], i. pensieri di coloro a cui vengono meno i mezzi per la produzione spirituale. Le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee, di quei rapporti quindi che fanno che una classe sia

21

www.scribd.com/Baruch_2013

viene portata in piena luce insieme al,la piu conseguente, ma anche piu astratta e distaccata, illusione speculativa che si edifica sulla prima:
22 www.scribd.com/Baruch_2013

un solo istante. I suoi prtesupposti sono gli uomm1, non in un qualsivoglia fantastico isolamento e fissamente che si faccia di essi 35 ma nel loro processo di sviluppo reale, in condizioni determinate ed empiricamente intu~bili. Non appena questo attivo processo di vita venga -esposto, la storia cessa di essere una racrolta di facta inerti, come è negli empirici, essi stessi ancora astratti, o un'azione immaginata di soggetti immaginati, come è negli idealisti ». « Laddove la speculazione cessa, ndla vita reale- concludeva Marx - comincia la scienza reale, pos1tiva, la rappresentazione dell'attività pratica, del processo pratico di sviluppo degli uomini. » 36

Sviluppo e contraddizione: il condizionamento storico a base dell'azione

Nella esposizione fatta sin qui ci è capitato di adoperare termini come « processo », « sviluppo >>, « grado di sviluppo >>, ecc. Che .Ja storia sia un succedersi di eventi nel tempo, prodotti dalle azioni umane, è cosa ovvia; ma a che cosa corrisponde, nella reahà storica, l'uso di quei termini e lo autorizza? Essi erano stati adoperati anche dall'idealismo hegeliano, ed hanno qui la loro nascita. Per l'idealismo hegaliano la storia non è soltanto successione di eventi, semplice divenire, ma è svolgimento. L'idea ddlo svolgimento comporta che ciò che viene dopo contenga in qualche modo ciò che è venuto prima: che non solo il dopo abolisca il prima, in quanto esso è attuale e il « prima » non lo è piu, ma che ne sia il risultato e contenga l'antecedente non piu nella sua a.ttualità che è sparita, ma appunto come risultato 37 • È un'idea che, senza accorgercene, adoperiamo continuamente nelh vita. Un film cineLa polemica è qui rivolta verso Feuerbach. I vi, p. 14. Naturalmente, nell'idea dello svolgimento vi sono anche eltri aspetti da con· siderare, e, fondamentalmente, quello dd momento successivo (del dopo rispetto al prima) come novità, come originalità, ecc., che investe di sé il processo precedente su cui è sorto. Di contro al virtualismo aristotelico si può dire che il pen. siero moderno, almeno a cominciare con Kant (nel suo senso piu profondo), mette in luce tale aspetto, ed è questo in genere uno dei meriti dell'idealismo postkan· tiano, anche se svolto in esso unilateralmente. Senza di ciò una concezione integralmente storicistica del mondo sarebbe impossibile. ·La problematica dialettica del nuovo rispetto al vecchio, e, per esempio, dell'elemento creativo nell'attività umena, lispetto alle serie dei suoi condizionamenti, è essenziale nel marxismo. TuttaV
36 37

23 www.scribd.com/Baruch_2013

matografico, in quanto racconti una storia, o. un romanzo o un poema o un dramma, hanno uno svolgimento. Cosf si parla dello sviluppo di un bambino e, ffi senso piu largo, dello sviluppo di una personalità umana. Scientificamente, o filosoficamente, questa nozione era stata elaborata per la prima volta da Aristotde, sulla base di quanto avviene nel mondo organico degli esseri viventi, che sono oggetto dellla biologia (naturalmente alla scala dell'esperienza comune e secondo le possibilità di osservazione deHa sua epoca) . Il modello classico di ciò è il seme che si sviluppa · in pianta (ed appare dunque in potenza ciò che la pianta sa.rà in atto), la quale produ.ce altri semi della medesima specie. È dunque il modello di un processo o ciclo di sviLuppo chiuso (secondo la specie). Aristotele se ne servi come un modello in sé perfetto (proprio perché chiuso) piu o meno apertamente quale criterio di raffronto per tutti i processi reali 38 (non lo applicò alla storia tuttavia: si era ben lontani da ciò!), e ne trasse anche, in qualche modo, la concezione che egli si fece della realtà nel suo insieme. Il carattere chiuso di quel processo-modello comportava, evidentemente, un finalismo, benché intrinseco (ma applicato al tutto, il finalismo alt~ che intrinseco diventava esteriore). La nozione di ·svolgimento che Hegel applica alla storia umana (che per lui è storia dello «spirito»), per quanto grandemente arricchita di determinazioni, non ,differisce nel fondo da quella aristotelica. Anche la storia come svolgimento è per Hegel, sostanzia;lmente, almeno nei termini in cui si produce e in cui necessariamente si raccogLie, un processo a sistema chiuso. L'autocoscienza è il suo intrinseco ±inalismo. Si è già accennato alla. critica marxista della costruzione speculativa del reale come autocoscienza. Ma intanto in Hegel vi era la scoperta, sia pure in forma idealistica, che la storia umana, il corso storico dell'umanità, è uno svolgimento. (Questa scoperta si andava preparando nella cultura tedesca dagli ultimi decenni del '700, da Lessing e da H!el.'Tder, ed era già stata fatta, a suo modo, e sempre in forme chiuse, da Vico.) · Ma la vera scoperta e applicazione rivoluzionaria di Hegel, che 38 Ciò mi sembra stia al fondo del fatto stesso che ogni forma di movimento e cambiamento nella natura viene ricondotta da Aristotele al rapporto di potenza e atto, come si· espone nelle prime pagine del terzo libro della Fisica, ove d'altra parte è sempre p1"esente l'idea ordinatrice e classificatrice, fenomenicamente qualitativa, di yÉvo<; (si ricorda la univoca definizione di moviment
~L1JPlJ[l.ÉVOU oè xaD" EXaCT't'0\1 yÈvoç 't"OU [.t.È\1 ~\l't'EÀEXE~q. "tOU oè ovv6:[1EL, ovv<X[l.EL 0\l"tO<; ~\l"tEÀlXELa, ù "tOLOU"t0\1, x~vnai<; ÈCT"tLV. Ph;, III, 201a).

24 www.scribd.com/Baruch_2013

-n

"tOU

va ben al di là del quadro del suo sistema, è che non si dà svol gimento, e in generale movimento, senza contraddizione: e quindi la dimostrazione, neU'analisi delle cose stesse, dei fenomeni, del valore oggettivo e reale della contraddizione e, come egli dice, del « negativo ». Hegel veniva cosi a dar soddisfazione razionale a una delle esigenze poste (in forma di difficoltà, di « aporia ») da uno dei piu grandi geni logici che abbia avuto l'umanità, l'eleatico Zenone 39 , la quale era sempre stata elusa, nel fondo, dai filosofi. Solo assumendo la reailtà della contraddizione, e indagandola nella sua muhilateralità di forme, il pensiero umano poteva « prendere su di sé », nella « fatica del concetto » 40 , come si •esprime Hegel, la ricchezza, varietà e reciproca determinazione delle connessioni del reale nel suo movimento. E scorgere, di contro aUa condanna illuministica della storia umana passata (ma questa condanna era avvenuta in forme tali da porre per la prima volta urgentemente al pensiero filosofico, sotto la spinta del moto sociale rivoluzionario della borghesia, il problema della storia), la serietà, per gli uomini, di tutta la •loro storia, in cui essi stessi si sono venuti facendo quello che sono, attraverso le reali contraddizioni che ne hanno condizionato lo svi'luppo: scorgere in essa, contro l'insipidezza delle filosofie moralistiche o edificatorie, la forza e, come dice Hegel, « la serietà, il dolore, la pazienza e il trav~glio del negativo» 41 • Sarà, come vedremo piu oltre, questa medesima inesorabile forza della contraddizione, ancora una volta sotto una spinta reale, a far saltare il cerchio e la forzatura idealistica del sistema di Hegel, per liberarne, col marxismo, il metodo di indagine rivoluzionario. Tutta l'impalcatura metafisica, specubtiva e finalistica dell'idea di sviluppo cade infatti col. marxismo. Non è « l'individuo universale, lo spirito autocosciente nel suo processo di formazio39 Hegel vide in Zenone il vero fondatore della dialettica, in senso oggettivo (cfr. Storia della filosofia, trad. di E. Codignola e G. Sanna, Perugia-Firenze, 1930, pp. 287 sgg. E della sua « dialettica della materia», come è riportata da Simplicio, disse che « è rimasta a tutt'oggi inconfutata; non si è ancora andati oltre, e la cosa non è risolta >> ). In altra direzione di pensiero, che qui non è possibile discutere, ma in stretta rela21ione con i fondamentali problemi e il moderno rinnovamento della logica ;:.·,atematica, l'importanza delle argomentazioni di Zenone è stata sottolineata polemicamente da B. Russell (I principi della matematica, Milano, 1951; specialmente pp. 619 sgg., 63.3 sgg. Cfr. anche Ludovoico Geymonat, Il pensiero scientifico, Milano, 1954, p. 19). 40 Per questo aspetto è da richiamare l'atoenzione suH'altro saggio di Mao Tse-dun, A proposito della contraddizione (in Scritti scelti, I, pp. 435 sgg.). 41 Fenomenologia dello spirito, trad. di E. De Negri, Firenze, 19.33, p. 16.

25 www.scribd.com/Baruch_2013

ne» 42 (questa <:ostruzione speculativa) a costttUlre la concatenazione e lo sviluppo della storia degli uomini, ma molto piu semplicemente il loro lavoro, iQ prodotto e il risultato di ~sso: di quel lavoro che, si è visto, è nelilo stesso tempo il cemento che tiene lnsieme le società umane. Esso fa _si che nella stori·a « in ogni grado- dice Marx nella Deutsche Ideologie 43 - si trova un risultato materiale, una somma di forze produttive, un ra.pponto con la natura e degli individui tra di loro prodotto storicamente, che ad ogni generazione è stato tramandato da quella che l'ha preceduta, una massa di forze produttive, capitali e circos·tanze che, certo, v.iene modificata da1la nuova generazione, ma che dall'altra parte .le prescrive le .sue specifiche condizioni di vita, e le dà uno sviluppo determinato, un carattere speciale ». Onde si può dire, aggiunge Marx, che « tanto le circostanze fanno gli uomini, quanto gli uomini le circostanze ».Questa semplice e cos{ realistica constatazione è tuttavia essa a mettere in scacco - e ad avere messo in scacco per Ja prima volta, senza ricorrere a posizioni scettiche o ~Ila disgregata empiria - qualsiasi costruzione metafisica provvidenzialistica e finalistica della storia (si vede di qui quale distorsione del marxismo sia attribuirgli alcunché di simile). « La storia non è ·altro che la successione delle singole generazioni - si legge ancora neLla Deutsche Ideologie 44 - ciascuna delle quali utilizza [exploitiert] i materiali, i capitali, le forze produttive trasmesse da tutte le generazioni precedenti; perciò da una parte prosegue, in 'Circostanze çompletamente mutate, l'attività ereditata, e dall'altra modi~ica, .con una attività completamente mutata, le vecchie circostanre. La qual cosa si lascia contorcere specu1ativamente in siffatto modo, da fare della storia successiva il fine di queLla precedente, da porre, per esempio, a base della scoperta dell'America il Jiine di favorire lo scoppio della rivoluzione francese: per la qual cosa la storia riceve il suo fine à part e diventa una "persona accanto ad altre persone ... ". Mentre dò che si designa ·.con le parole "destinazione", "fine", "germe", "idea" nella storia precedente .non è altro che un'astrazione daUa storia successiva, · un'astrazione tratta dall'influsso attivo che la storia passata esercita nella storia futura. » Marx ha cosf scoperto dove ri.siede la continuità della storia Hegel (Fenomenologia dello spirito, p. 24). Marx-Engels, L'ideologia tedesca, p. 30. lvi, p. 27.

42- Cosf · 43 44

26 www.scribd.com/Baruch_2013

umana (naturalmente, laddove questa continuità effettivamente esiste: ma essa, nonostante le deviazioni, i punti di arresto, i diversi ritmi di sviluppo, ie involurioni e gli estingui.menti, esiste come corso storico complessivo deLl'umanità). Essa è la continuiJtà materiale delle forze produttive nell'evo-luzione delle socì•età storiche. Il fondamento di ciò che si chiama sviluppo è nel loro accrescerSJi e accumularsi (che non implica affatto, natura·lmente, un ritmo unico e sempre ascendente pett ogni particolare società o .fusione di società, ma è ascendente ne'l complesso: il che è un rilievo empirico). « Le forze produu[ve - scrive Marx nel 1846 45 sono irl risultato dell'energia umana pratica: ma questa energia è essa stessa condizionata dalle circostanze in cui gli uomini si trovano, ·dalle· forze produttive già conquistate, dalla forma sodaie preesistente, che esse non creano e che è il prodotto della generazione precedente. Per il semplke fatto che ogni successiva generazione sì trova in possesso delle forze produrttive conquistate dalla generazione precedente, che servono come materia prima per una nuova produzione, nella storia umana si forma una concatenazione, vi è una storia dell'umanità ... ». Per ciò, per questa concatenazione e tale intrinseco legame che condiziona ogni passo successivo « gli uomini non sono liberi di scegliere le proprie forze produttive, che sono la base di tutta la loro storia ».E sono eS>se- aveva già scritto Marx nella Deutsche Ideologie 46 - insieme ai « capirtali » (questo concetto è H ancora generico) e al>le ~< .fonne di rapporti sociali » pr.ecedentemente costituite « la base reale di ciò che i filosofi si sono 'rappresentati come "sostanza" e "essenza dell'uomo", ciò che essi hanno esaltato o combattuto ... ».Ma non esiste una essenza o natura dell'uomo precostituìta: essa è solo
27 www.scribd.com/Baruch_2013

di categorie, prendendo cosi l'ultima scappatoia che ancora rimane alla inumanità teologica, incalzata e messa alle strette. » Invece « la storia intera non è che una trasformazione continua della natura umana», dirà Marx contro Proudhon (nella Miseria della filosofia). E nell'approfondimento di questa proposizione ha la sua radice l'umanesimo manci,sta. Per tutto questo (tornando alla Deutsche. Ideologie) queHa « base reale 48 non è per nulla tlurbata nei suoi effetti e nei suoi influssi dal fatto che quei filosofi, in quanto "autocoscienza" e "unico", vi si òbellino ». La ribellione moralistica, come e piu dell'imperativo categorico criticato da Hegel, è inane neHa situazione storica reale. Essa non urta meno, potremmo dire, nel movimento di essa che nella sua serietà, in cui siamo impegnati: i quali non possono essere due cose diverse, nel senso di un valore estraniato e contrapposto a ciò di cui è valore. A queste ampie conclusioni conduce una prima riflessione :intorno alla « energia umana pratica » e alle « forze produttive » che ne sono H rtisultato (e il successivo accrescimento). Il loro accumularsi storico-sociale e tutto ciò che ne è gener-ato (innanzi tutto i rapporti di produzione stabhlitisi fra gli uomini) condizionano dunque l'azione umana: nel che non vi è alcuna :metafisica o teologica predeterminaz.ione. Ma esse sono «forze che, prodotte dall'azione reciproca degli uomini, come forze completamente estmnee, li hanno messi in soggezione e li hanno dominati ». Sono forze cioè che, rispetto a ogni singoJlo uomo, agiscono come natura 49 • In quanto risultato dell'agire umano sociale complessivo, nella produzione e riproduzione della vita material-e, esse uhbidiscono a leggi e a una regolarità (l'oggetto dell'economia politica) 48 Non si deve confondere que$ta espressione di « base reale » usata nella Deutsche Ideologie, in cui l'accento è portato soprattutto sulla continuità storica costituita dal processo delle forze produttive, con la nozione di base o struttura della società, succe&Sivarnente elaborata da Marx, che ha lo specifico significato, in rel112ione al termine sovrastruttura, di ciò che sta a fondamento e spiega le connessioni e le forme della « società civile» («l'anatomia della società civile » ), ossia .indica, come si è visto, i «rapporti di produzione» e quindi di proprietà. (Il secondo concetto è na.turalmente una chiarificazione e delimit112ione di quello esp~so con tale metafora nella Deutsche Ideologie.) 49 Una « naturwiichsige Form cles weltgeschichtlichen Zusam11_1enwirken der individuen » chiama Marx, nel passo qui citato della Ideologia tedèsca (p. 28), la « onnilaterale dipendenza» costituita fra gli uomini da tali forze (dipendenza, egli aggiunge, « trasformata da questa rivoluzione comunista nel controllo e nella dominazione cosciente » sulle forze medesime). Per questo concetto dello sviluppo dell'economia (con le sue leggi) come naturalità entro la storia umana cfr. in particolare, di K. Marx, la pref112ione alla prima edizi~ne ( 1867) del Capitale.

28

www.scribd.com/Baruch_2013

le quali sono tuttavia condizionate dal carattere storico e mobile della loro immanente origine. Non sono eterne, come apparivano alla economia classica, né possono costituire modelli ideali ed armonid dell'attività economica umana, ma neppure possono essere distrutte ad arbitrio, « bensf perdono la loro for~a a causa delle nuove condizioni economiche e scompaiono daHa scena per lasciare il posto a nuove leggi, che non si creano per volontà degli uomini, ma sorgono sulla base di nuove condizioni economiche» 50 • E il loro necessitare (e gli sviluppi che storicamente viene ·implicando) è identico al loro carattere sociale, ossia alla media che esse esprimono, Ja quale è proprio ciò che agisce nel rapporto sociale (per esempio nella legge del va!lore) 51 , Quella storidtà delle leggi economiche - che è una delle fondamentali scoperte del marxismo - è connessa dunque, evidentemente, allo stesso movimento della produzione e del modo di produzione, che ha la sua origine e forza motrice nei cambiamenti e nello sviluppo delle forze produttive (e innanzi tutto, degli strumenti di produzione). «Le forze produttive - dice Stalin - sono l'elemento piu mobile e piu rivoluzionario della produzione. Dapprima si modificano e si sviluppano le forze produttive della società e poi, in funzione di taLi cambiamenti e conformemente ad essi, si modificano i rapporti di produzione fra gli uomini, i loro rapporti economici. Questo non vuol dire, tuttavia, che i rapporti di produzione non influiscatlo sullo sviluppo delle forze produttive e che queste ultime non dipendano dai primi. Sviluppandosi in funzione dello svi·luppo delle forze produttive, i rapporti di produzione agiscono, a loro volta, sullo sviluppo delle forze produttive, affrettandolo o rallentandolo. » 52 In questa connessione, e nelle contraddizioni che storicamen-te si verificano in essa, sta il segreto piu profondo della storia umana come si è svolta fin qui: nd passaggio degli uomini alla civiltà 50 Stalin, Problemi economici del socialismo nell'URSS, p. 12. In queste pagine Stalin per un verso richiama anch'egli l'aspetto naturalistico e obiettivo deLle leggi economiche, in qualsiasi regime e formazione economico-sociale, e quindi i carattel1i comuni fra esse e le « leggi delle scienze naturali » (e le stesse « forze della natura»); per un altro verso scandisce fortemente la differenza fra le prime e le seconde in relal'lione alla storicità delle leggi economiche. 51 Cfr. ad esempio la funzione della nozione di « tempo di lavoro socialmente necessario » nella detenninazione della « grandezza di valore di una merce » e del suo variare rispetto al variare della forza produttiva, nel Capitale, libro I, trad. i t. di D. Cantimori, Roma, 19645, pp. 72-73. 52 Materialismo dialettico e materialismo storico, p. 41.

29 www.scribd.com/Baruch_2013

e nel corso di qùesta civihà, coi suoi piu decisivi rivolgimenti. « A un dato punto del 1loro sviluppo - scriveva Marx nel 1859 le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è l'equivalente giuridico di tale espressione) dentro ai quali esse forze per l'innan:ci si erano mosse. Questi rapporti da forme di sviluppo delle forze produttive si convertono in Ioro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. » 53 H marxismo, come dottrina rivoluzionaria e prassi rivoluzionatia, è tutto fondato su questa proposizione. Nella Deutsche Ideologie, in cui Marx ed Engds raccolgono il primo frutto maturo della loro formazione ideale e delle loro esperienze di lotta politica avanzata {ed è per questo che l'ho cos.l spesso citata, accanto a testi piu recenti), di tale dottrina e prassi rivoluzionaria troviamo già in atto gli elemepti .oostitutivi ed elaborato il metodo. Si può leggere: « Quelle condizioni di vita trovate daHe diverse generazioni decidono anche , se la commozione rivoluzionaria periodicamente ricorrente nella storia dirverrà o no abbastanza forte per rovesciare la base di rutto dò che sussiste [ alles Bestehenden], e qualora non siano presenti questi elementi materiali di un totale rivoluzionamento -cioè da una parte le forze produttive esistenti, dall'altra la formazione di una massa rivoluzionaria che agisce rivoluzionariamente [ revolutioniert] non solo contro ·singoli condi2lionamenti [Bedingungen] della società -quale è -esisti-ta sino allora, ma contro 1a stessa "produzione della vita" [ Lebensproduktion] sin li verificatasi, e contro la "attività complessiva" [ Gesammttatigkeit] su cui era basata - per lo sviluppo pratico è del tutto indifferente che l'idea di questo rivoluzionamento sia già stata espressa le mille volte; come la storia del comunismo dimostra » 54 • Gli elementi necessari della rivoluzione sono dunque di due ordini: ·l'esistenza delle condizioni oggettive nello sviluppo della produzione sociale; l'esi-stenza delle condizioni soggettive neila « massa rivoluzionaria ». La prassi del mar~ismo si volge, attraverso l'analisi delle prime, alla creazione e promozione delle seconde. Ed è qui che emerge l'importanza rivoluzionaria delle Jdee. « La teoria diventa una forza materiale non appena conquista le 53 ~

Nella prefa:llione al Per la critica dell'economia politica. Marx-Engels, L'ideologia tedesca, pp. 30-31.

30 www.scribd.com/Baruch_2013

masse», aveva già affermato Marx in quel primo «manifesto» che è la introduzione, pubblicata nel febbraio del 1844, alla Critica della filosofia hegeliana del diritto (« ,senza t-eoria rivoluzionaria non vi è movimento rivoluzionario», dirà Lenin). È il punto che vien messo in 1luce da Stalin quando contrappone, come si è ricoroato, importanza (e funzione) ad origine di tutto ciò che costituisce la « sovrastruttura ». « Le idee e le teorie sociali nuove sorgono solo quando lo sviluppo della vita materiale della società pone di fronte alla società compiti nuovi. Ma, sorte che siano, diventano una forza estremamente importante ... perché, senza la loro azione organizza~rice, mobilitatrice e trasformatrice, è impossibile la soluzione dei problemi urgenti posti dallo sviluppo della vi•ta materiale della società. » 55 La critica radicale alla filosofia di Feuerbach che troviamo nella Deutsche Ideologie, dopo che Marx ne ha assimilato e risolto dialetticamente gli elementi antispeculativi, è indissdlubilmente connessa a quella impostazione del metodo e della prassi rivoluzionaria. « Certo Feuerbach ha sui materialisti "puri" il gronde vantaggio di scorgere che anche l'uomo è un "oggetto sensibile". Ma prescindendo dal fatto che lo prende solo come "oggetto sensibile" e non come "attività sensibile", poiché anche qui egli si attiene alla teoria e non concepisce gli uomini nel loro nesso sociale e nelle loro presenti condizioni di vita che li hanno fatti ciò che essi sono, non perviene mai all'uomo realmente esistente, aHivo, ma resta fermo all'astrazione "J'uomo" e arriva a riconoscere solo nd1a sensazione "l'uomo reale, individuale, corporeo"; e quindi non conosce nessun altro "rapporto umano" dell' '\10mo con l'uomo" che l'amore e l'amicizia, e invero idealizzati. Non fornisce nessuna critica degli odi~rni rapporti di vita. Non arriva dunque mai a concepire il mondo sensibile come la complessiva vivente sensibiJe attività degli individui che lo costituiscono ed è perciò obbligato, se ad esempio in luogo di uomini sani vede un mucchio di affamati, scrofolosi e consunti da-lla tisi e dall'-eccesso di lavoro, a l'ifugiarsi nella "superiore intuizione" e nella ideale "compensazione nella specie" [Ausgleichung in dett- &ttung), ossj11 appunto a ricadere nell'idealismo, laddove il materialista comunista vede la necessità, e nello stesso tempo la condizione, di una trasforma-

ss Stalin, Materialismo dialettico e materialismo storico, p. 30.

31 www.scribd.com/Baruch_2013

zione tanto dell'industria quanto dell'organizzazione [Gliederung] sociale. » 56 ·· Questa « critica degli odierni rapporti di vita » istituita dal « materialista comunista » non è dunque né contemplativa né moralistica (anche se in essa prendono vita altissimi ideali morali). Essa è agli antipodi della ribellione moralistica, schernita da Marx. Essa cerca nelle cose stesse « la necessità e la condizione » della loro modificazione. È una forma di conoscenza che, nascendo dalla pratica, non solo la condiziona e ritorna ad essa, ma che nella pratica stessa, e soltanto cosf, si compie come conoscenza. Marxismo e situazione storica: marxismo e classe operaia « Le posizioni teoriche dei comunisti - scrivono Marx e Engels nel Manifesto del '48 - non poggiano affatto sopra idee, sopra principi che siano stati inventati o scoperti da questo o quel rinnovatore del mondo. Es·se sono soltanto espressioni generali dei rapporti effettivi di una lotta di classe che già esiste, di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi. » 57 Questo riferimento alla realtà, a una realtà storicamente de· terminata e configurata, è essenziale al marxismo. lvi sta nel medesimo tem.Po la sua sostanza rivoluzionaria e la sua maggiore originalità teoretica. Proprio in quanto elaborazione di pensiero esso si pone in questo nesso con la realtà storica cosi come essa effetti· vamente si presenta alla sua analisi: nei suoi aspetti antagonistici, nel suo aspetto antagonistico prindpale di una lotta di classe fra bòrghesi e proletari. Solo la consapevolezza di essere la espressione, il rispecchiamento, il riflesso di una realtà in movimento gli consente di inserirsi e articolarsi praticamente in essa, come azione politica organizzata, facendosi coscienza teorica e critica della forza soci~le nuova e in sviluppo. La ricognizione scientifica delle condizioni di quel movimento o di questo sviluppo, il rilievo del loro carattere contraddittorio e antagonistico, nonché della irrealtà di ogni sua preordinata o architettata risoluzione e « sintesi» ideale, gli forniscono la coscienzà della necessità di un rovesciamento nelle cose, neLla organizzazione sociale, dei fondamenti di tale contraddizione. Gli forniscono cosf la coscienza rivoluzioMarx-Engels, L'ideologia tedesca, pp. 17-18. Marx-Engels, Manifesto del partito comunista, trad. di P. Togliatti, Roma, 1947, p. 42. 56 57

32

www.scribd.com/Baruch_2013

naria che trasforma quella forza sociale, il proletariato, da classe in sé (storicamente creata dal sistema borghese di produzione e di scambio) in classe per sé; da classe virtualmente o spontaneamente rivoluzionaria in classe che si assume un compito storico, attraverso la consapevolezza, sperimentata nella lotta e nell'organizzazione, della propria posizione nella presente società umana. In questo senso !?...nin scriverà che « il punto essenziale della dottrina di Karl Maxx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista » 58 • Il marxismo non si presenta dunque, dinanzi alle contraddizioni e agli antagonismi della realtà storico-sociale, come un nuovo sistema di categorie che di quelle contraddizioni contenga la risoluzione ideale, non si sostituisce, come teoria e in idea, teologicamente, alla « storia » reale, ma al contrario, si pone esso stesso « come elemento della contraddizione », innalzando « questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione » 59 • Questa posizione l'abbiamo già trovata sostanzialmente contenuta nella discussione di Marx con Feuerbach nella Deutsche Ideologie; molto nettamente ed esplicitamente essa viene espressa da Marx, pochi anni dopo, nella sua polemica con Proudhon (1847), e ne costituisce il metodo critico. Il quale è anticipato da Marx nella lettera che egli scrisse il 28 dicembre 1846 a Pavel Annen. kov, dopo una prima rapida lettura della Filosofia della miseria; e conserva tuttavia, in quella sua applicazione, valore di esemplarità. « Il monopolio è una cosa buona, perché è una ..eategoria economica e quindi una emanazione di Dio. La concorrenza è una cosa buona perché è anche una categoria economica. Ma ciò che non è buono è la realtà del monopolio e la realtà della concorrenza. Ciò che è ancor peggio è il fatto che concorrenza e monopolio si divorano l'un l'altro. Che cosa si deve fare? Poiché queste due idee eterne di Dio si contraddicono a vicenda, gli sembra ovvio che ci sia anche in grembo a Dio una sintesi di entrambi, in cui i mali del monopolio sono equilibrati dalla concorrenza e viceversa. Come risultato della lotta fra le due idee, soltanto il loro lato buono verrà in evidenza. Si deve estrarre questa idea segreta da Dio e quindi applicarla e tutto sarà per il meglio; la formula sinte-

58 I destini storici della dottrina di Karl Marx (1913) (ora in Opere complete, v. 18, Roma, 1966, p . .561). 59 A. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce (ora

Roma, 1971, p. 109).

33 www.scribd.com/Baruch_2013

tica che si appiatta nel buio della ragione impersonale dell'uomo deve essere rivelata. Il signor Proudhon non ·esita un istante a farsi avanti come il rivelatore. Ma guardate un momento alla vita reale. Nella vita economica di oggigiorno voi trovate non sdltanto la concorrenza e il monopolio, ma anche la loro sintesi, che non è una formula, ma un movimento. Il monopolio produce la concorrenza, la concorrenza produce il monopolio. Ma questa equazione, anziché rimuovere le diffkoltà della situazione presente, come immaginano gli economisti borghesi, sfocia in una situazione ancora piu diHicile e confusa. Se perciò voi alterate la base su cui poggiano i rapporti economici odierni, se voi distruggete il modo di produzione attuale, voi non so1tanto distruggerete la concorrenza, il monopolio e il loro antagonismo, ma anche .Ja loro unità, la loro sintesi, il movimento che è l'equilibrio reale tra h concorrenza e il monopolio. » E ancora: « La soluzione dei problemi attuali non consiste per lui nell'azione pubblica, ma nelle elucubrazioni di:aJettiche della sua mente. E poiché per lui le categorie sono la forza motrice, non è necessario cambiar·e la vita pratica per cambiare le categorie. Al contrario, cambiate le categorie e il. risultato sarà la trasformazione dell'ordine socia'le esistente. Nel suo desiderio di conciliare le contraddizioni il signor Proudhon non chiede neppure se la base stessa di queste contraddizioni non debba esser rovesciata » 60 •

Nell'analisi del sistema borghese di produzione e di scambio e della contraddizione che esso reca originariamente in sé, ancorché inizialmente non sviluppata fino a frenare la produzione; nell'analisi della « tendenza storica dell'accumulazione capitalistica » e dei suoi· risultati sociali, delle forze che essa crea e mette in azione, onde «il monopolio del capitale diventa un v~.o del modo di produzione, che è sbocciato insieme ad esso e sotto di ·esso » 6 \ il marxismo trova l'elemento oggettivo e le forze umane per· cui, se la produzione non deve arretrare e disgregarsi, -la base stessa del sistema e di quelle contraddizioni viene rovesciata. Il sistema borghese (grande industria e capitale), come è detto nel Manifesto, produce e concentra, nella classe operaia e nella forma del suo lavoro sociale,« i propri seppellitori ».

K. Marx, Miseria della filosofia, pp. 150 e 153. K. Marx, Il capitale, I, p. 826 (dr. Lenin, Karl Marx (1914), Roma, 19692, l'P· J4.J6). 60

61

34

www.scribd.com/Baruch_2013

Attraverso siffatta dottrina e concezione il socialismo cessava di essere utopia, ossia cessava di ritenersi espressione « della verità, della ragione, della giustizia assoluta », cui bastasse svelarsi per conquistare il mondo con la propria forza ideale. Il socialismo si trasferiva sul terreno della scienza, in quanto, prima di tutto, si trasferiva, come dice Engels, « su un terreno reale » 62 , quello delle contraddizioni attua1mente operanti e in sviLuppo fra rapporti di produzione e forze produttive, e dei re'lativi antagonismi sociali: « di una lotta di classe che già esi'ste ». Questo dunque è il nesso fra marxismo (o socialismo scientifico, o comunismo critico) e classe operaia. Esso, come si vede, non è affatto un nesso mistico, come tante volte è stato goffamente interpretato. Quel nesso è un incontro storico fra proletariato e socia.lismo, che modifica ambedue. L'incontro fra una forza sociale in sviluppo, e una tendenza ideale, la cui es1stenza riflette si l'esistenza di quella f01rza soci,ale, ma che non può diventare elemento !lttivo e determlinante per quest'ultima se non ne informa la coscienza, via via, attraverso l'esperienza della lotta sociale e politica, attraverso la guida e la resistenza dei suoi nuclei piu avanzati e organizzati, e la formazione dei propri quadri orga01ici, innalzandola dalla sua condizione suba'lterna a un piano critico ed egemonico. La giusta interpretazione di questo nesso è naturalmente di grande importanza per -l'organizzazione politica della classe operaia, ma non ·1o è meno per chi voglia intendere il marxismo per quello che esso effettivamente è. Qualcosa di molto diverso in quanto teor-ia e prassi politica da un sent1mentale vagheggiamento della classe operaia quale « un fantasma di sogno e di poesia », come sembrò al Croce. E tuttavia questo errore è istruttivo. Nel chiudere, nel 1911, la sua celebre intervi.JSta dal non profetico titolo, La morte del socialismo 63 , dopo aver tirato le somme di ciò che gli pareva l'apporto positivo recato dallo « storJco sociaMsmo )> (come egli indicava il marxismo, in contrapposto al socialismo « egalitario e ottimistico » degli utopisti) .il Croce diceva: « Questi o simili a questi sono i doni che il socialismo ha fatto alla civiltà moderna. E dico socialismo e non già gli operai, perché in realtà questi doni sono venuti da uomini, che altri chiamereb62 F. Engels, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza (Roma, 1970, pp. 82 e 83). 63 Si legge in Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, Bari, 1914, pp. 169 sgg.

35

www.scribd.com/Baruch_2013

bero "borghesi" e che io preferisco chiamare semplicemente cosi: uomini. Se distinguessi gli uomini in socialisti e borghesi seguiterei ad attenermi alle concezioni del socialismo, il quale {come ormai siamo d'accordo) è finito ». Di fatto il Croce, vda via che inaspri :la sua polemica contro il marxismo (che non si era dato per morto) ·si piacque proprio di venirgli rinfacciando la sua nascita in cervelli borghesi, in due figli della « odiata borghesia », e gli sembrò che anche questo fosse un argomento per mostrarne la inconsistenza ·teorica. Come questo poco elegante ragionamento si sia diffuso nella pubblidstica non importa qui rilevare. È piu interessante invece notare che, circa dieoi anni pr.ima dell'interv1sta crociana, Lenin nel Che fare? scriveva: « La dottrina del socia'li.smo è .sorta da quelle teorie filosofiche, storiche, economiche che furono elaborate dai rappresentanti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Dal punto di vJsta della posizione sociale i fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Enge1s, erano degli intellettuali borghesi » 64 • Non si trattava per Lenin di una distinzione accademica, ma di una pooizione essenziale al marxi.smo in quanto teoria rivoluzionaria: del concetto che la coscienza socialista non nasce spontaneamente negli operai. « Essa - avverte Lenin - poteva essere loro apportata solamente dall'esterno. La storia di tutti i paesi attesta che la cla~se operaia, con le sue proprie forze solamente, è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista, vale a dire la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di reclamare dal governo questa o quella legge necessaria :agli operai, ecc. » 65 Non a caso vediamo rivivere la medesima posizione in Antonio Gramsci, nel vivo della lotta rivoluzionaria intorno ai « consigli di fabbrica», come critica dd sindacalismo. Potrebbe sembrare questo esempio non del tutto congruente, poiché gli operai torinesi avevano spezzato in quel momento spontaneamente, nella pratica, la sottomissione alla borghesia e alle limitazioni imposte daHe condizioni di lotta di classe nel sistema borghese (espresse nell'organizzazione sindacale); ma si coglie qui semplicemente una relazione dialettica già chiaramente illuminata da Lenin. « Spesso - egli 64 Lenin, Che fare?, ora in Opere complete, v. 5, Roma, 1958. H passo riportato è a p. 346. La questione era già stata toccata da Kautsky nella Neue Zeit, 1901-1902, XX, I, n. 3, p. 79 (riferito da Lenin, ivi, pp. 353·354). 65 lvi, p. 346.

www.scribd.com/Baruch_2013

aveva avvertito 66 - si d~ce: la classe operaia va spontaneamente al socialismo. Ciò è perfettamente giusto nel senso che, piu profondamente e piu esattamente di tutte le altre, la teoria socialista determina le cause dei mali della classe operaia. Perciò gli operai l'assimilano cosi facilmente, purché questa dottrina non ceda davanti alla spontaneità, purché essa sottoponga quest'ultima a se stes.sa .... La classe operaia va spontaneamente al socialismo, ma l'ideologia borghese, che è la piu diffusa (e che risuscita costantemente nelle piu svariate forme) resta pur sempre l'ideologia che, spontaneamente, soprattutto s'impone all'operaio. » Di qui l'importanza essenziale della loua teorica, in uno con quella politica e con quella economica, già afifermata da Engels 67 molti anni prima {1874), rivolgendosi agli operai tedeschi. E l'importanza dello sforzo, da parte degli operai, per l'acquisizione di quella teoria (e quindi di una coscienza socialista) che era sorta si accanto alle moderne lotte di claSJSe fra proletariato e borghesia, e in occasione di esse, ma che aveva una propria genesi ideale, radi!Cata in tutto H precedente movimento storico, nella filosofia, nell'economia politica e nel osociali'smo premarxista; ed era, come dirà Lenin, « loro continuazione diretta » 68 • « Tutta la genialità di Marx - egli scrive - sta proprio in ciò, che egli ha risolto dei problemi già posti dal pensiero d'avanguardia dell'umanità. » Per questo, osservava ancora Lenin, «nel marxismo non v'è nulla che rassomigli ai "settarismo", inteso come una speoie di dottrina chiusa e irrigidita, sorta fuori della strada maestra dello sviluppo della civiltà mondiale ».

Marxismo e filosofia

A quest'ultimo concetto, espresso da Lenin, si ricoHegano molte cose, che restano necessarJamente fuori dall'orizzonte ddla presente esposizione. Ma vi si ricoUega anche, ed è un aspetto essenziale, il rapporto in cui si pone il marx~smo con la filosofia e la sua storia. L'ultima deMe tesi su Feuerbach, addietro citata, non significa una rottura con la filosofia. Giustamente Gramsci rla metlvi, pp. 355-3.56 nota. Nella conclusione delle Osservazioni preliminari alla « Guerra dei contadini in Germania», premesse alla terza edizione dell'opera ( 1875). 68 Lenin, Tre fonti e tre parti integranti del marxismo (1913), ora in Opere complete, v. 19, Roma, 1%7, p. 9. 66

67

37 www.scribd.com/Baruch_2013

teva in relazione col detto famoso dd « proletariato tedesco erede della filosofia classica tedesca » UJ. Non si tratta, semplicemente, in questo motto, di una bandiera innalzata. Si tratta di ben altro, di un concetto carico di implicazioni, i'l quale comporta una radicale trasformazione ·sia della filosofia, sia della coscienza sociale. Una trasformazione consapevole e indirizzata della coscienza sociale, una gigantesca opera educativa, aHraverso l'azione delle forze avanzate della società che corrisponde aH'innal~arsi delle classi operaie da una c0111dizione subalterna a una condizione egemonica, e da questo dipende. Quella trasformazione consiste, essenzia~lmente, nella progressiva liberazione di grandi strati della società, in corrispondenza aHa loro partecipazione al'la lotta comune e al mutare del .loro modo di vita, dalle contraddizioni storicamente sedimentate e accumulate nel cosiddetto « senso comune »; ed è l'aspetto fondamentale e intrinseco nel marxismo di riforma intellettuale e morale di massa 70 : di « fi.Iosofia di maJSsa ». Ossia, di una filosofia che, nella storica concretezza de:l suo svolgimento, attinge dal movimento delle masse, dalle esperienze dd esso e della sua direzione, la sua stessa 'ragione di essere e gli elementi del proprio sviluppo critico. Se la classe operaia per passare dal piano subalterno, politicamente e ideologicamente, al p1ano critico ed egemonico, deve conquistare -la teoria socialista (nata in « cerveHi borghesi »), ed esprimere in questo senso 1i propri nuclei avanzati e dirigenti e la propr~a organizzazione di avanguardia, quella medesima teoria e filosofia non si svolge se non attraverso la lezione delle masse, ddle loro aspira21ioni umane e deHe loro esperienze allo stesso modo come essa è sorta, nei fondatori dd mai"xismo non soltanto quale elaborazione critica e creativa di un'eredità culturale, dalla filosofia, dalla scienza economica, dalle teorie sociali precedenti, ma in quanto riflesso ed espressione di una reailtà storica, di una<< lotta di classe che già esiste ». Si tratta, evidentemente, di un conce-tto assai estraneo alla filosofia tradizionale (onde quesrta espressione di « filosofia di massa » urterà certo non pochi pregiudizi, e volentieri la si fraintenderà): di un concetto nuovo che esprime nuove esperienze e capacità di direzione e autodirezione della coscienza dell'umanità assoA. Gramsci, Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, p. 79. :E: l'aspetto cosf profondamente dibattuto da Gramsci nelle note dei suoi quaderni del carcere. {Cfr. in paroicolar modo le prime tre parti del Materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce.) UJ

70

38 www.scribd.com/Baruch_2013

data. Epperò, nello stesso tempo, di un concetto cui, almeno parzialmente, e in forme storicamente diverse, ed in parte racchiuse nell'involucro .m1talogi.!co e religioso (o comunque maggiormente affidate alla spontaneità), corrispondono tuttavia grandiosi e decisivi momenti nella storia dell'umanità civile. Basti pensare al cristianesimo e, nei tempi moderni, alla Riforma e altl'iltllliil!.inismo. Del resto, le ambagi stesse in cui oggi si trova Ia metodologia storiografica nei tentativi di articolare fra loro i concetti di storia della filosofia, storia della scienza, storia della cultura, ed altri affini (della civiltà, ddle idee, ecc.), manifestano l'insufficienza delle impostazioni tradizionali, la necessità di un loro rinnovamento nel senso della problematica posta in luce daJ marxismo. Ma tutto ciò, su'l terreno deHa filosofia, implica la fine della fi:gttt"a tradi2lionale del filosofo individuale, il suo anacronismo. Sotto questo aspetto il marxismo si pone in una particolare relazione con Hege
Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, p. 109.

39 www.scribd.com/Baruch_2013

o inteso come intero gruppo sociale, non solo comprende le contraddizioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione». Questo ci riporta a una fondamentale e viassuntiva proposizione di Engels: «In tutti i filosofi l'elemento caduco è il "sistem·a", e precisamente perché emana da un bisogno imperituro dello spirito umano, il bisogno di rimuovere tutte le contraddizioni. Ma dmosse che siano, una volta per sempre, tutte le contraddizioni, siamo arrivati alla cosiddetta verità assoluta, la storia universale è finita, eppure bisogna che essa prooegua, sebbene non le resti piu niente da fare - il che è una nuova insuperabile contraddizione. Non appena abbiamo scorto - e in definitiva nessuno d ha aiutato a scorgerlo piu dello stesso Hegel - che il compito posto in questo modo alla filosofia non vuoi dire altro se non che un singolo filosofo dovrebbe realizzare ciò che può esser realizzato soltanto dall'intero genere umano nel suo sviluppo progressivo, non appena scorgiamo questo, Ia filosofia inter.a, nel senso che finora si è dato a questa parola, è finita» 72 • Quella « parte a sé » attribuita da Gramsci, nelle sue note del carcere, a Hegel, è dunque la posizione terminale assegnatagli da Engels, il quale scriveva: «Con Hegel ha fine, in modo generale, la filosofia» (nel senso che finora si è dato a questa parola); lo Hegel stesso avendo inconsapevolmente mostrato la via che « ci porta alla vera conoscenza positiva del mondo ». La filosofia, dirà Engels, rimane, in quanto logica e dialettica, ossia teoria della conoscenza, ma r:imane anche, come egli stesso altrove polemicamente rileva, in quanto pensiero irriducibile all'empiria, operante criticamente ne!Ja storiografia e nelle scienze (anzi in lotta, ancora , per molto tempo, contro le cattive filosofie degli scienziati) 73 , ope· rante cioè come consapevolezza metodica e aperta sistematicità nella« conoscenZla positiva del mondo ». Il marx1smo accoglie da Hegel il concetto della fluidità e dialetticità delle categorie, fondandolo sulla loro storidtà che per essere umana, non per questo è meno obiettiva (perché legata alia prassi e quindi all'unico criterio decisivo di obiettività del conoscere). Accoglie da Hegel, cosf inverandolo, il suo « metodo 72

73

F. Engels, Ludwig Feuerbach, p. 24. Cfr. Dialettica della natura, specialmente p. 188 e passim.

40

www.scribd.com/Baruch_2013

eli pensiero essenzialmente rivoluzionario » 74 • Ma ne rigetta non soltanto Ia costruzione, ma lo spirito di costruzione. Respinge cioè la sintesi ideale come artificioso (in verità sempre ideologico, classistico) e astratto surrogato delia sintesi reale che vien prodotta nel corso produttivo e creabivo della storia effettuale delle cose e degli uomini. Tutt'altro che una accetM.zione passiva del reale è questo l'unico modo per agire efficacemente in esso; perché la filosofia divenga una forza per «mutare il mondo », traducendosi in prassi umana associMa. La pretesa sintesi ideale, che si ponga al di sopra e al di fuori di questa prassi, non ,esprime se non il « desiderio di condliare le contraddizioni », come osservava ironicamente Marx a Proudhon, allorché invece la loro concreta storica conoscenza si compie solo nella conoscenza delle condizioni del rovesciamento pratico della base di esse. La continuità ideale in cui siffattamente il marxismo si pone con la precedente filosofia, e in genere col precedente pensiero umano, è dunque al contempo •l'affermazione della sua originalità filosofica, di un piano assolutamente nuovo stabiHto da esso al pensiero filosofico, e quindi anche della sua irriducibilità o inconciliabilità con altre filosofie, come da noi strenuamente venne asseverando, ai tempi del « revisionismo », Antonio Labriol<>. Ho tentato qui di delineare la consapevolezza storica che il marxismo ha di se medesimo, nelle sue radici reali e ideali e nei termini teorici che la condizionano: consapevolezza storica che gli è essenmale. Concetto che il Labtiola magistralmente esprimeva dicendo: « ... la coscienza teoretica del social·ismo sta oggi, come prima, e come ·starà sempre, nella mtelligenza della sua necessità storica, ossia nella consapevolezza del modo dell
F. Engels, Ludwig Feuerbach, p. 23. Antonio Labriola, In memoria del manifesto dei comunisti (nella Concezione materialistica della storia, Bari, 19452, p. 18). 74 75

41 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Appunti su ~alcuni nessi interni del pensiero di Gramsoi

l. Negli scritti di G11amsci s'incontrano molti temi che si possono dire << filosofici » nel senso che appartengono all'ambito tradizionalmente riconosciuto alla filosofia (gnoseologia, morale, .logica, ecc.). Ma l'importatlÈa filosofica di Gramsci non è connessa a questi temi particolari piu che ad altri che si collegano a vari settori di ricerca (economia, storiografia, politica, lingukstica, folkdove, ecc.) o piu spedficamente propri del <marxismo (strutturasovrastruttura, 1deologia, egemonia, ecc.). Essa è piuttosto da ticercarsi nel livello in cui le diverse questioni s'incontrano e tendono ad ~articolarsi, nell'indirizzo e contenuto d'1nsieme e nel metodo del suo pensiero.

11 pensiero di Gramsci non è fatto per chi cerchi una sistemazione di formule, un'esposizione dogmatica del marxismo; esso è una ricerca in movimento, orientata su alcuni temi fondamentali, ma che individua e suscita una grande ricchezza di problemi in direzioni e s.u piani diversi. La sua fecondità e attualità è ,legata a questo carattere. Questa attualità ha un significato preciso: Gramsci non ha bisogno (o ha bisogno in mi1sura minima) di una traduzione in nu
italiana e profondamente radicato neUa realtà italiana. Sotto questo riguardo Gramsoi succede ·ad Antonio Labriola nell'aver fatto del marxismo, in una fase storica diversa e piu matura, una corrente f-ondamentale del pensiero italiano. 2. Lo stato di dahorazione, forzatamente non definitiva, in cui si è fissato e ci è rimasto il suo pensiero, sembra legittimare un criterio d'interpretazione per cui si attribuisca una relativa preponderanza alla proposizione determinata dei problemi, rispetto alle particolari soluzioni, alcune ddle quali sono evidentemente rimaste ancora fluide (eventuaLmente provvisorie), o si presentano esse stesse piuttosto come ulteriori orientamenti di ricerca. (Per «proposizione determinata» ,s'intende un problema posto con quella precisione che ne determina o indude una linea di svolgimento, e una serie di articolazioni con altri problemi.) E ciò anche a prescindere dalla questione della forma attuale di pubblicazione dei testi. Tale criterio vale, naturalmente, entro certi limi~i: quelli che d consentano di non perdere nulla ddla ricchezza di indicazioni positive e nuove ·che si trovano in Gramsci, e insieme di porre in evidenza, attraverso la grande varietà di argomenti da lui affrontati, gli aspetti centrali, organici, pienamente defJniti, del suo pensiero, dai qua!li ricevono luce le impostazioni particolari. Non si tratta dunque di tentare alcuna ·sistemazione estrinseca, ma di rimaner fedeli al concetto fondamentale di Gramsci, in cui egli prosegue Antonio LabrioLa, della piena autonomia scientifica e originalità filosofica del marx•Ismo. 3. Questo concetto costituisce la persuasione profonda ed il vero filo conduttore di tutta l'elaborazione gramsciana. Il marxismo non è per Gramsci soltanto un metodo, ma è una filosofia in quanto concezione della realtà {« concezione del mondo ») ed indirizzo deLl'agire (ideologia-politica). Il momento metodico e il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente; non 'sono separabili senza g11ave deformazione. La metodologia del marxismo, come si presenta in Gramsci, va rilevata non solo dagli elementi espliciti di carattere metodologico (spunti, osservazioni, ecc.) di cui egli è ricco, anche se essi sono indicativi di alcuni tra i suoi interessi piu originali, ma, 'innanzi tutto, dal procedimento effettivo con cui egli elabora i problemi.

44 www.scribd.com/Baruch_2013

L'espressione « filosofia della prassi », usata da Gramsci per ragioni carcerarie in luogo di « marxismo » (tuttavia non sempre), non è una scelta arbitravia o convenzionale, essa è significativa dell'orientamento fondamenta:le del suo pensiero. I punti di riferimento essen2liali, le costanti, del pensiero di Gramsci rispetto ai classici del marxi~mo, sono da trovarsi nelle T esi su Feuerbach (specialmente, per il suo carattere conclusivo, nella XI) e nella prefazione a Per la critica dell'economia politica. Ossia, nella conçezione di una filosofia « per mutare il mondo » (fondata sulla prassi umana sensibile) e nel nesso struttura-sovrastrutture. Il concetto leniniano di « egemonia» (direzione politiat e cultura[e; Stato) segna la via di svolgimento attuale di questi punti di partenza. Esso pOl'ta in primo piano il problema della situazione di coscienza deHe grandi masse, in seno alla lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale e, in un orizzonte piu ampio o remoto, queUo della unificazione culturale di tutti gli uomini. Il marxismo si presenta cosi come rHorma intellettuale e morale di massa dei tempi moderni. La parte forse piu nuova della problematica gramsciana si svolge da questa concezione. L'esigenza di far coincidere storicamente tale aspetto con la soluzione dei compiti teorici, scientifici, ecc., piu alti e complessi, cioè l'esigentl:a di una « cultura integrole », che, suHa base della classe rivo~uzionaria, possieda un'espansività illimitata fra gli uomini, appare perciò essenziale alla dinamica del marxismo, e viene a caratterizzare la sua originalità irriducibile a tuHe le precedenti « filosofie ». L'identificazione dialettica operata da Gramsci di filosofia e politica (attrarverso i momenti storia, cultura, ideologia) -che ha aspetti qualitativamente diversi se rivolta 1al passato o proiettata verso il futuro - non è comprensibile senza questa nuova dimensione della considerazione filosofica (non ha nulla a che fare, ad esempio, con una identificazione verbale di tirpo attualistico). La stessa esposiZJione del marxismo come filosofia si f,a astratta (soprattutto ndl'epoca in cui Jo sviluppo storico ha posto il problema dell'egemonia) se è svolta solo in riferimento polemico alle sistemazioni filO'Sofiche tradizionali (tipizzate ai loro estremi in idealismo e materialismo metafisica) e non coinvolge la discussione col « senso comune ». La nozione di « senso comune » diventa perciò centrrule. 1

Essa nel contesto grarrnsciano è ben piu complessa del con45

www.scribd.com/Baruch_2013

sueto rifetimento di comodo che sot•to tale denominazione serve in generale ai filosofi per indicare un presunto atteggiamento mentale staticamente contrapposto alla « criticità » della fi.losofia o alla metodologia scient.ifica {anche se, eventualmente, lo si consideri, in ultima analisi, con esse conciliabile). Il « senso comune » non è in Gramsci univocamente dducib1le, nei suoi contenuti: esso è sempre « prodotto storico » che contiene e cristallizza contraddittoriamente le piu varie eredità passive del pa.ssato, oltre, naturalmente, gli elementi attivi da rliberare e elaborare. È il terreno su cui esercitano la loro azione e la •loro presa le ideologie dominanti di gruppo e di classe che contrastano ad ogni spinta unificatrice ddla coscienza umana e realizzatrice della integ11ale umanità dell'uomo. L'assunto impl.icito (o in parte implicito, in parte esplicito) reperibile in molte esposi2lioni dogmatiche, piu o meno volgarizzatrJci, del marxismo di una sua conciliazione in certo modo aprioristica col « senso comune » {assunto che comporta 1a mancanza di approfondimento di questa nozione nelle sue effettive implicazioni storico-sociali) si presenta cosi come inaccettabile al pensiero di Gramsoi, tarle da frenare lo sviluppo della « filosofia delrla prassi » e della sua capacità concretamente Piformatrice (in senso intellettuale e morale), rivolta alle grandi masse umane, anche se esso è spiegahile (come altri compromessi teorici impliciti nel settarismo e dogmatismo) con una fase ancora egemonicamente arretrata del movimento reale (rivoluzional'io) di cui irl marxismo è espressione. Nella problematica gramsciana del « senso comune », intesa in siffatta complessità (e quindi nell'opposizione, o nesso dialet· tico, con la rinnovata nozione di « filosofia >>), convergono e si articolano serie molteplici di altri prol:Ylemi. Innanzitutto i problemi relativi al linguaggio ( « nome collettiv·o ») e ai « linguaggi » (tecnici, specialistici, ecc.), che hanno forte rilievo nel pensiero di Gramsci e ·risonanze filosofiche particolarmente attuali (si connettono al riconosdmento della varietà delle metodologie scientifioo-raz.ionali, secondo i diversi settori di ricerca, e insieme alla questione dei criteri generali di ciò che è «scienza»); e inoltre i problemi relativi alla religione e alla ideologia in generale; quelli pedagogici nel senso piu lato (daJ.la scuola e istruzione al rapporto governantigovernati, dirigenti-diretti) e temi piu particorlar·i come folklore, tradizione culturale, ecc. L'insieme di tali questioni e dell'atteggiamento mentale che le sottende ed unifica contiene, riteniamo, la

46 www.scribd.com/Baruch_2013

verifica meglio motivata e particolareggiata che si sia avuta fin qui in campo rnarxista della asserzione della Hne storica delLa filosofia << nel senso che finora si è dato a questa parola » (Engels), della tine (ossia cessata funzionalità sociale e fecondità spirituale) della figura tradizionale del « filosofo individuale », e insieme caratterizza la nascita, in seno al movimento di el~borazione collett,iva, del « filosofo democratico » (che concepisce la propria « personalità » come « rapporto sociale attivo di modificazione deWambiente culturale »). È da mettere in rilievo il fatto che l'impostazione gramsoiana di tale complesso di problemi non ha solo valore attivo e programmatico (come teoria dell'azione politico-rivoluzionaria ddla classe operaia nelle sue implicazioni piu vaste e rinnovatrici), ma si riflette sul corso storico passato della società, approfondendo e allargando le ca·tegorie storiografiche del marxismo. Per es., nella critica alla concezione volgare o tendenziosa delle sovrastrutture come « apparenze », a cui è contrapposto i'l concetto de1la loro specifica storicità all'interno del « blocco storico » reale, ossia del sistema struttura-sovrastruttura. Per es., nell'implicita applicazione che Gramsci fa dell'XI tesi su Feuerbach (fondamento della sua identificazione di filosofia e politica), onde essa, mediatamente} diviene criterio di giudizio storico anche deLle filosofie del passato, attraverso l'allargata nozione (o nozione reale) di quella che è la « filosofia di un'epoca » (non riducibile all'insieme delle filosofie dei filosofi individuali, sistematici, ecc.). Concezione quest'ultima che contiene in nuce la soluzione delle odierne aporie relative al nesso storia della filosofia-storia della cultura (della scienza} delle idee; ecc.).

4. La concezione marxista della storia (n dia doppia ~ccezione di storia agita o « che facciamo » e stodografia), attraverso la complessa e articolata problematica degli aspetti e momenti indusi nel nesso struttura-sovrastrutture (economia, politica, classi, ideologia, egemonia, Stato, popolo-nazione, ecc.) è sempre operante in ogni impostae:ione particolare di Gramsci con l'estrema flessibilità critica propria di un mar~ismo non schematico, fedele al concetto della fluidità o non rigidità delle categorie, rigoroso in tale metodo e profondamente radicato nell'azione rivoluzionaria. 47 www.scribd.com/Baruch_2013

È centrale in lui la considerazione dell'uomo propria del materialismo storico (nesso uomo-natura; uomo come insieme di rapporti sociali; ne~azione di una generale «natura» dell'uomo) di cui Gramsci svolge in concreto, ossia rispetto a una serie di pr
48 www.scribd.com/Baruch_2013

è Gramsci stesso, vedremo, ad indica:re ·il punto di ulteriore indagine. Ma ciò non va affatto confuso con la questione della validità, o meno, dell'impostazione che si è cercato di mettere in luce (se esatta è la presente interpretazione): questione capitale per lo svolgimento della filosofia marxista e innanzi tutto della sua gnoseologia e epistemologia. Alcune ricorrenti, aJSsai suggestive, considerazioni gramsciane di natura categoriale {per es. relativamente alle nozioni di necessità, di possibilità reale) paiono anch'esse riallacciarsi a tale impostazione di fondo, che è quella poi che consente in gnoseologia l'affermarsi piu conseguente del « criterio della prassi » come criterio fondamentale 2 • Ciò che invece non trova posto, ci sembra, almeno direttamente nel quadro della problemadca gramsciana, è la dottrina gnoseologica nota sotto il nome di « teoria del riflesso ».

5. Le questioni ora toccate ricevono luce nel pensiero di Gramsci dalla sua concezione del marxismo come assoluto o integrale stodeismo. La energia critica del metodo marx.h•ta si manifesta nelle pagine di Gramsci attraverso lo sforzo continuo di discriminare i problemi « reali », Hberandoli dagli inganni verbali e dagli Jdeologismi astratti. Ma la poss•ibilità di identificare i problemi reali non ubbidisce a nessun .astratto o estrinseco criterio di « realtà », si presenta bensi sempre come possibilità storocamente data nella prassi sociale. Sorge cioè come giudizio storico inserito e operante nell'azione storico-sociale-politica consapevole. Qui ha la sua radice ultima la complessa, artkoLata, identificazione gramsciana, a cui si è piu volte fatto cenno, di filosofia e politica. Il metodo di Gramsci è il metodo di taie giudicare storico connesso all'azione, quindi aLla lotta, che richiede sempre di porsi in condizioni di comprendere (storicamente) le ragioni d'essere, le radici nella realtà {passato~presente), delle posizioni combattute (e in ciò manifesta 1a propria superiorità). Tale metodo di storicismo integrale (radicalmente opposto. allo storicismo speculativo idealistico, fondato genericamente sulla nozione metafisica di divenire, e tendente a sovra:pporre la sintesi ideaJe al movimento storico reale, cioè a mistificare la dialettica, a metter le « brache al mondo » ... ) Gramsci lo estende, almeno tendenzialmente, fino aUe estreme posi2lioni 2 Cfr. la li tesi su Fcuerbach, e Lenin, Materialismo c empiriocriticismo. Roma, 1953, pp. 130-131.

49

4

www.scribd.com/Baruch_2013

teoretiche, indirizzando l'indagine verso una compiuta appJ.Jca2lione ed elaborazione della dottrina delle sovrastrutture, che è uno degli aspetti piu origilil~li del •suo pensiero. Di qui la sua conseguente radicale storicizzaz.ione del marxismo stesso (quale « coscienza piena delle contraddizioni » che si pone non al di là di esse ma come elemento del loro sviluppo, « princip~o di conoscenza e quindi di azione »); di qui la sua concezione pratico-umani,stica della « oggetnivrtà » .(identità di oggettivo e « universa,Jmente soggettivo ») e la sua interpretazione storicizzata del significato di questo problema (« lotta per l'oggettività » come momento del processo storico-reale dii unificazione umana), la quale contiene il nesso tra marxismo e scienze della natura (mediatllice la nozione di lavoro). Attraverso ta:Je interpretazione del problema della oggettività si arriva ad un margine estremo della effettiva riflessione di Gramsci, il cui ulteriore sviluppo egli indicava nella discussione e nell'approfondimento della tesi di Engels che «!"unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e del1e scienze naturali » (ove Gramsci intanto accentua'Va e invitava a considerare il carattere storico della prova).

6. L'importanza d'insieme-di questo aspeuo della problematica gramsciana è da collegarsi alla lotta contro le intrusioni di materiali!smo metafisica nel rmarxismo (svolta da Gramsci piu specificamente nella discussione del « manuale popolare » del Bucharin). Queste intrusioni costituiscono per Gramsci anch'esse una forma di revisionismo, cui è stato sottoposto -il marxismo, sebbene con caratteri e radici di classe (relatiVli a una fase storica ancora immatura del movimento reale della classe d'avanguardia nella sua capacità di espdmere una autonoma elaborazione e direzione.. culturale) profondamente diversi da quelli che .si trovano ali' origine del revisionismo idealistico (influenza della direzione ~deologica borghese). · La battaglia di Gramsci contro l'idealismo e il revlSlonismo idealistico ha un .posto importante nei suoi scritti e penetra, ancor piu della precedente, in una serie di problemi determinati (storiagrafici, economici, letterari, di metodologia critica, ecc.), una parte dei qual.i esula daU'ambito del presente discorso. Essa si svolge

50 www.scribd.com/Baruch_2013

fondamentalmente nella discussione dello stonc1smo crociano e rimane esemplare anche se oggi 1sono in gran parte esaurite le ragioni di queH'Anticroce che Gramsci auspicava. È una battaglia interna alla cultura italiana, ma che ne oltrepassa i .limiti per i suoi risultati e il sigruificato metodologico. Essa conduce, per un lato, a ridurre il crocianesimo « alla sua reale portata di ideologia politica immediata » illuminandone H carattere conserv.atore-reazionario e liberale-rifovmistico (legami con « la tradizione moderata dei Risorgimento », « col pensiero reazionario· della Restaurazione», corrispondente « snervamento della dialettioa hegeLiana » sul plano teorico, ecc.). Piu in generale vien messa in luce « l'impotenza deUa filosofia [dealistica a diventare una integrale concezione del mondo », nel senso di una illimitata espansività socialeeducativa, come caratterisrtico limite di classe. Ma per un altro lato 1a discussione con l'idealismo è ritraduzione in termini « realisticamente st-oridstici » (ossia marxisti) del suo « linguaggio speculativo », ogni volta che esso copra o ·investa probl~:mi~ reali; ed è recupero o inveramento di tutti i « va'lori strumentali concreti » (jn senso intellettuaJe) in esso incorporati, siano questi per origjne precedenti al marxismo, o derivat·i da esso, o svoltisi paraUelamente. (Assai nota, ad es., è la riduzione operata da Gramsci del concetto crociano di « storia etico-politica » a quello leniniano di « egemonia», che giova all'approfondimento di questo e insieme mette in luce i limiti .del primo. Altro esempio, ricco ·di opiu ampie suggestioni sia in senso teoretico che storiogtafico, è Ja concezione della « teoria delle sovrastl:lutture » come « soluzione filosofica e storica dell'idealismo soggettivistico » 3 .) Questo atteggiamento metodko di Gramsci, che proviene dai classd.ci, è da ritenersi, in generale, essenziale a· una concezione non chiusa o dogmatica (settaria) del marxi-smo, ed essenziale al suo svolgersi e procedere per quella « strada maestra delJa civiltà mondiale » {Lenin), sulla quale storicamente è. sorto. Del pensiero di Gramsci nei presenti appunti ho cercato perciò non tanto di fornire una colloca1lione storica (compito eventualmente di altri) quanto di mettere in evidenza, almeno in parte, quegli elementi fondamentali che mi sembrano piu attuali e attivi in deuto senso.

1958 3 Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, pp. 274-276, 226-227, e passim.

51 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

La metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci

Questo titolo - « Ja metodologia del marxismo nel pensiero di Gramsci » - potrebbe dar 1Iuogo ad un equivoco che è bene eliminare subito. ~Si potrebbe, cioè, essere indotti ad attribuirci l'intento di ricostruire diò che è essenziale, Hlosoficamente, nel pensiero di Gramsci, quale uno sforzo di intendere e interpretare il marxismo alla SJtregua di una pura o mera metodologaa (.salvo, naturalmente, a vedere .di che cosa esso sarebbe Ja metodologia). Tentativi di questo genere, nei mguardli .del marxismo, furono fatti, com'è noto, nel passato e hanno tutta una storia che non sarebbe affatto lecito giudicare e tanto meno liqtl!idare in blocco e in astratto, cioè indipendentemente dati contesto di problemi e di indlhizzi ideali, e dalle concrete situazioni culturali, in cUli sorgevano. Si tratta, apparentemente, di una questione vecchia, ed a qualcuno vevrà fatto di ricordare come H Croce, nd suoi scritti intorno .al marxismo della fine del ·secolo, addirittura negasse che il marxismo, o piu esattamente ~l « materialismo storico » (con la quale designazione si tendeva allora a comprendere tutta la dottrina) fosse da considerare un « metodo », nel mentre che gli toglieva anche il carattere di « teoria >>, riducendolo a empi11:ico « cànone d'interpretazione storica » 1 • Ove, allo storico delle idee, soprattutto •interessa la convergenza delle due nega11ioni, che appare sintomatica di un certo atteggiamento di pensiero in formazione. Infatti piu tardi il Croce verrà identificando la « teoria », anzi, la Hlosofia (tutta la filosof.ia, cioè ·la sua filosofia) con la «metodologia della storia». Quell'abbassamento del marxi.smo da « metodo» a « cànone » conteneva, a fortiori, anche la negazione (contro l B. Croce, Materialismo storico ed economia marxista, Bari, 19275 (cfr. particolarmente le pp. XI, 9, 13, 15, 79, 86, Ul ).

5.3 www.scribd.com/Baruch_2013

H Labriola con cui Croce era in discussione) che esso fosse una « filosofia »,ossia una autonoma concezione della realtà 2 • Nel clima EilosoEico odierno la parola « metodologia » si pre-

senta carica di nuove suggestioni e riferimenti determinati a dottrine e tendenze filosofiche che erano ancora poco sviluppate negli anni di Gramsci e comunque, allora, inoperanti ·in ItaLia. Si tratta di interessi sorti su un ·terreno diverso da quello della ricerca storica e delle 'scienze umane (.politica, economia, sociologia, psicologia, ecc.), anche se oggi essi tendono in qualche modo ad investirle: e precisamente deLle indagini di carattere logico e « linguistico » intorno a.lle strutture intime e ai procedimenti del'le soienze matematiche e fisiche. Ta'li indag.ini sembrano comportare un atteggiamento mentale diametralmente opposto a quello ora indicato nel Croce deUa maturità, per cui tutta la filosofia si risolve in un'unica metodologja ('la metodolagia, almeno -in assunto, della conoscenza dd concreto, ossia della «:storia»). Se queste tendenze fisolofiche rimasero, in quelli che erano allora ·i loro inizi (e piu esattamente dovremmo dire: in quella che fu la loro prima fase di 'svolgimento), ignote a Gramsci, sarebbe errato, credo, affermarle estranee in modo radicale alla sua mentalità. Effettivamente i Quaderni del carcere si presentano assai ricchi di osservazioni, spunti, suggerimenti critici particolari, di carattere « metodologico » relativ.i a •settori o campi determinati daJl'indagine scientifica (ancorché non riguardanti direttamente le scienze matematiche e fi,siche, di cui Gramsci non aveva espe['ienza), ed è di lui l'aHermazione che « ogni ricerca ha un suo determinato metodo e costruisce una sua determinata scienza » 3 • FarLi oggetto di studio e di svolgimento non vi ·è dubbio ohe sarebbe cosa da incoraggiarsi e, voglio aggiungere, quel clima filosoEico odierno in cui respirano, anche nel nostro paese, buona parte delle giovani generazioni degli specialisti di fi·losofia dovrebbe essere a ciò particolarmente favorevole. Indubbiamente quegli spunti sono indicativi di alcuni fra gli interessi piu originali di Gramsci 4 • Essi tuttavia non sono isolabili, se li si vuole intendere e non fraintedere, se non si vuole commettere .cioè una sopJ;aHazione intellettuale, dalla metodologia lvi, p. 90. Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Roma, 1971, p. 160 (abbrevia,to da ora in avami in MS). Il passo è, caratteristicamente, citato da Ludovico Geymonat nel saggio Caratteri e problemi della nuova metodologia, i:n Saggi di filosofia neorazionalista, Torino, 1953, pp. 73-74. 4 Penso, ·in modo particolare, a·lle riflessioni e osserva;o:ioni di Gramsci intorno ai problemi del linguaggio e dei linguaggi (tecnici, specialistici, ecc.). 2

3

54

www.scribd.com/Baruch_2013

del marxismo come vive ed opera in Gramsci: cioè del procedimento oggettivo con cui egli elabora i concreti problemi di cui si occupa. Rilevare questa effettiva, !!splicita, e implicita, metodologia, è il primo compito; ed ·è ciò a cui qui si cerca di recare un contributo. Ora, proprio a questo punto potrebbe sorgere l'equivoco a cui mi riferivo 1in principio. Conviene perciò dichiarare subito che il marxismo non è per Gramsci sol tanto un « metodo » ma è una filosofia, in quanto integrale e « generale » concezione del'Ia realtà, o, come egli suole dire, suHe orme del Labr.iola, « concezione del mondo» 5 • Il momento metodico (rifer.ito sia al conoscere, sia al pratJico agire) e il momento « concezione del mondo » si condizionano e provano reciprocamente, nel pensiero di Gramsci, e non sono ·separabili senza gr.ave deformazione. Non s.i tratta solo della prova che di ciò si può ricavare ·da innumerevoli passi citabili, ma del nesso profondo, organico, del suo pensiero. Vorrei 11i:chiamare qui, per un momento, l'attenzione su un punto che, almeno per i Hlosofi « specialisti », ma forse non solo per loro, credo non indifferente. Questa posizione di Gramsci comporta l'idea che la Hlosofia sia sempre, anche, in qualche modo, «concezione del mondo». Ciò non era per Gramsci oggetto di discussione. Che si possa proporre l'idea di una f.ilosofia quale « strenge Wissenschaft », scienza rigorosa, proprio ~n quanto cont·rapposta al.la W eltanschauung, e in certo modo svuotata di essa, era tesi che ancora non aveva avuto, praticamente, risonanza in Itaiia, negli anni in cui scr,ivev.a Gramsci (e del resto, se non etto, neppure in Francia). Essa era stata affacciata dallo Husserl nel 1911, in uno scritto che credo di grande interesse per la storia filosofico-culturale europea di questo secolo 6 (di quell'ideale lo Husserl veniva da tempo elaborando e applicando il metodo). Ricordo ciò perché quella tesi ci appare storicamente annundatrice di tanti successivi indirizzi e procedimenti concettuali (penso non solo alla fenomenologia husserliana, ma al'le correnti, di assai diversa ol.'igine. che appunto amano chiamarsi « metodologiche » 7 ) 5 Cfr. A. Labriola, Discorrendo di socialismo e di filosofia, ora in Saggi sul materialismo storico, a cura di V. Gerratana e A. Guerra, Roma, 1%4, pp. 177-178, e passim. 6 Philosophie als strenge Wissenschaft, in Logos, I (1910-1911). :f:: interessante notare che lo Husserl svolge la sua posizione attraverso una discussione con lo H istorismus, cioè con un certo tipo di storicismo. Di ciò che compone la W eltanschauung egli accentua l'elemento «saggezza» (Weisheit, Weltweisheit). 7 Cfr. I. M. Bochenski, Europaische Philosophie der Gegenwart, Bern, 1951,

55

www.scribd.com/Baruch_2013

che si sono immensamente dilatati, che oggi campeggiano largamente nel mondo filosofico e coi quali il marxismo non può non trovarsi in discussione. Ora è interessante notare, mi sembra, che in Gramsci si trova, e tutt'altro che accidentalmente, una concezione del filosofo la quale contiene una risposta a quell'atteggiamento. Si tratta proprio del « filosofo», non in un senso generico, ma nel senso professionale. Gramsci, che è stato critico cosi severo ed acuto deHa storia della filosofia elaborata, come avviene tradizionalmente, sulla linea dei « :6iloso~i individuali » e della successione dei loro sistemi, non manifesta per ,il filosofo professionale il disprezzo pregiudiziale di cui si compiacque Benedetto Croce. Al filosofo professionale, o « tecnico », egli assegna una parte precisa; esso « ha nel campo del pensiero - dice Gramsci - la stessa funzione che nei diversi campi ·scientifidi hanno gli aspedalisti » 8 . Conoscenza dello stato dei problemi, de'l loro sviluppo fino a lui, del punto in clli vanno ripresi, come accade, o dovrebbe accadere, per ogni specialista. Ma il suo compito piu specifico appare la riduzione dei procedimenti del pensiero a « omogeneità », « coerenza », « logicità ». Sotto tale riguardo, osserva G.tamsai, « non sarà esatto chiamare "filosofia" ogni tendenza di pensiero, ogni orientamento generale, ecc. e neppure ogni "conce21ione del mondo e della vita" ». Siamo su:l terreno, potremmo dire, almeno come atteggiamento di fondo, delle odierne fisolofie metodologiche. «Tuttavia - aggiunge Gramsci - c'è una differenza tra il :6ilosofo 'specialista e gli altri specialisti: che i'l filosofo specialista si avvicina piu agli a1tri uomini di dò che avvenga per gli altri specialisti. L'avere fatto del filosofo specia'lista una figura simile, nella scienza, agli altri specialisti, è appunto ciò che ha determinato la car.icatura del fi'losofo. Infatti si può immaginare un entomologo specialista, senza che tutti gli altri uomini siano "entomologi" empirici, uno specialista deNa trigonometria, senza che la maggior parte degli altri uomini si occupino di trigonometria, ecc. (si possono trovare scienze raffinatissime, 51pecialìzzat5.ssime, necessarie, ma non perciò "comuni"), ma non si può pensa·re nessun uomo che non sia p. 32: « Sowohl die mathematische Logik als auch die Phanomenologie sind vor allem Methoden, nicht inhaltliche Lehren. Beide sind aus einer Besinnung auf die Grundlagen der Wissenschaften hervorgegangen und versuchen diese durch eine rationale Methode neu zu begriinden ». s MS, p. 28.

56 www.scribd.com/Baruch_2013

anche filosofo, che non pensi, appunto perché il pensare è proprio dell'uomo come tale. » Questo richiamo di Gramsci non ha nulla a che fare con una certa, nota, tesi idealistica. O, se vogliamo, è la traduzione di essa dal cielo speoulativo ai suoi termini reali, che saranno sempre, per Gramsci, termini « storicistici ». « Non il "pensiero", ma ciò che realmente si pensa unlisce o differenzia gli uomini » 9 , egli dice altrove. Ora, «ciò che realmente si pensa » non è per Gramsci semplicemente ciò che si crede di pensare, ma quanto si manifesta nella pratica, nel pratico operare: tuttavia l'un aspetto e l'altro, ciò che si crede di pensare e ciò che effettivamente si pensa operando, costituiscono, tutt'insieme, queHa « concezione del mondo » per cui tutti gli uomini sono « Hlosofi ». La quale può essere dunque quanto mai disgregata, contraddittoria (in quanto non è ancora affrontata criticamente) e costituisce il contenuto d:i quel che si chiama « senso comune». Ma in tale immanente e sempre presente « concezione del mondo » - che appare in tal modo legata per un verso aUe idee, comunque ricevute, e per un ahro al pratico operare- non siamo mai punto isolati, ma apparteniamo sempre a un raggruppamento (e perfino sotto l'aspetto ideologico, a una molteplicità di raggruppamenti), siamo sempre « uomini-massa », « uomini collettivi » 10 • Mi ·sia qui consentito di interrompere Il filo di questa iniziale ricostruzione del pensiero gramsciano, per introdurre una diversa considerazione. Questi concetti di Gramsci, ora illustrati, Ii troviamo nei Quaderni del carcere, coHocati sotto il titolo di Avviamento allo studio della filosofia e del materialismo storico, quali « punti preliminari di riferimento». Gramsci certo non oensava di scrivere in quel momento un « avviamento alla filosofia » per le scuole del regno (come proprio in quegli anni ne entrarono in uso ... ), tuttavia vi è nel modo di quelle sue riflessioni non solo un nesso logico autonomamente valido, ma un evidente e assai esplicito intento pedagogico. « Occorre distruggere il pregiudizio molto diffuso - cosf si inizia quella serie di appunti - che Ia filosofia sia un alcunché di molto difficile per il fatto che essa è l'attività intellettuale propria di una determinata categoria di scienziati specialisti o di fi-losofi professionali e sistematici ... ». Sembra di sen9 lvi, IO lvi,

p. 36. p. 4

57 www.scribd.com/Baruch_2013

tire, in queste righe, feco delle persçmali conversazioni di Gramsci con gli operai di Torino, di cuJ sappiamo, o con i compagni di persecuzione, di confino e di carcere (fino a quando gli fu possibile), che egli veniva istruendo idealmente e poHticamente, di cui veniva formr.ndo la personalità di quadri rivoluzionari del partito della classe operaia. Non tè una notazione marginale che si intende qui fare, ma · ta.le, mi sembra, che ci avvicina a comprendere il modo in cui Gramsci concretamente concepiva !"efficacia del marxi,smo, e che ha significato universale. « Farsi una personalità » significa, ci dice Gramsci, acquistare « coscienza... dei rapporti di cui ogni singolo entra a far parte » (rapporti storico-sociali), nel loro aspetto « necessario », ossia condizionante, e anche nel loro aSipetto « volontario >>: poiché si tratta di modificarE. « L'uomo attivo di massa - egli scrive (e va sottolineato il ~ermine "attivo") - opera praticamente, ma non ha una chiara coscienza teor1ca di questo suo operare che pure è un conoscere il mondo in quanto lo trasforma. » Ed aggiunge: « La sua coscienza teorica anzi può essere storicamente in contrasto col suo operare » 11 • L'operare praticamente, che già racchiude in se stesso un conoscere, ·è ril •punto eli leva e di riferimento ( « una lotta di classe che già esiste », avevano detto di « esprimere » i fondatori del marxismo nel Manifesto) per la modificazione del.la « concezione del mondo » (della « coscienza teorica »), onde portarla a coerenza con le esigenze e i presupposti di quell'operare, innalzandala a un >livello superiore, quello appunto della coerenza e consapevolezza critica, prodotte dall'analisi dei rapporti storici e sociali in cui si opera. È molto interessante iJ modo in cui Gramsci collega questi concetti con l'intento educati·vo che aveva presente. Quei rapporti « importa conoscerli geneticamente, nel loro modo di formazione, poiché ogni individuo non solo è la 'sintesi dei rapporti esistenti ma anche della storia di questi rapporti, cioè è il riassunto di tutto Il passato. Si dirà che ciò che ogni singolo può cambiare è ben poco, in rapporto alle sue forze. Ciò che è vero fino a un certo punto. Poiché il singolo può associarsi con tutti queHi che vogliono lo stesso cambiamento e se questo cambiamento è ra21i.onale, ·il singolo può moltiplicarsi per un numero 'imponente di volte e ottenere un cambiamento ben piu radicale di quello che a prima vista può sembrare possibi'le » 12 • 11 12

I vì, p. 13. I vi, pp. }3-34.

58

www.scribd.com/Baruch_2013

Mi sono fermato su queste parole, cosf semplici, perché ·in esse è come fabc dell'educazione rivoluzionaria della classe operaia,

nel suo aspetto teorico, ma esse coincidono rigorosamente con un'introduzione alla filosofia. Cosi Gramsci a~Vrebbe potuto iniziare un suo « saggio popolare ». E, si noti, il plllnto di partenza è proprio l'uomo singolo, concreto, vivo, a cui ci .si rivolge; membro, in questo caso, di un gruppo sociale subalterno; e innanzi tutto è posta la questione della sua personalità, della conquista e formazione d·i essa. Ora, appunto, in qud medesimo contesto, leggiamo: «si può dire che ognuno cambia se stesso, si modifica, nella misura in cui cambia e modifica tutto il complesso dei rapporti di cui egli è centro di annodamento. In questo senso il filosofo reale è e non può non essere altri che il politico, cioè l'uomo attivo che modifica l'ambiente, inteso per ambiente l'ins[eme dei rapporti di cui ogni singolo entra a far parte ». In queste parole troviamo presentata nella sua forma, se vogliamo, piu brusca ed elementare {ma che ce ne fa comprendere, proprio perciò, con grande immediatezza, tutta 1a portata realistica) quella li.dentificazione di filosofia e politica che in altri passi è da Gramsci ben altrimenti elaborata e arricchita di .anelli e processi di mediazione; e in cui si trae la piu conseguente cor,clus.i.onc. della XI tesi su Feuerbach: « I filosofi hanno solo interpretato H monde in modi divePsi; sJ tratta però di mutar/o ». Gram~ci poneva in relazione questa tesi col detto famoso del « proletariato tedesco erede della filosofi a classica tedesca », detto che, naturalmente, ha assunto un siÌgnificato estensivo, generale, per il proletariato rivoluzionario. Gramsci si guarda bene dal prendere questo motto quasi un emblema, un blasone, come spesso superficialmente e retoricamente è stato fatto, ma cerca di comprenderne ed elaborarne il significato. E uno dei significati fond.amenta1i è questo: che il marxismo, proprio in quanto è filosofia, ossia « concezione del mondo », quella concezione del mondo che tende a unifica:re coerentemente innanzi tutto la coscienza della classe rivoluzionaria neHa sua azione collettiva, è, per questa sua intrinseca natura, filosofia di massa (« concezione di massa », « concezione unitaria di massa »). Non in un senso, naturalmente, deteriore e antisciemifico, o sottoscientifico, ma in un senso nuovo e vivoluzionatore dd concetto tradizionale di « filosofia ». (E certo tale espressione pot:rà fare arricciar-e il naso a chi non sa staccarsi da quest'ultimo.) Ossia, è una filosofia che, nella storica concretezza del suo svolgimento, attinge dal movimento delle masse, dai59

www.scribd.com/Baruch_2013

le esperienze di esso e della sua direzione, la sua stessa ragione di essere e gli elementi del proprio sviluppo critico. Ma questo fatto, ossia questo legame fra la coscienza in trasformazione di grandi masse umane e la criticità filosofica (che naturalmente ha molteplici gJtadi ed elementi dii mediazione), è un fatto assolutamente nuovo e rivoluzionario nella storia, il quale modif,ica le dimensioni stesse del filosofare ,(introducendo in esso quello che potremmo dire un nuovo parametro, un coefficiente ulteriore che muta 1i precedenti rapporti) e con ciò trasforma anche la figura tradizionale del filosofo individuale, per dar luogo a quelllo che Gramsci chiama « il filosofo democratico », cioè al « filosofo convinto - com'egli dice - che la sua personalità non •si limita al pr.oprio individuo fisico, ma è un rapporto sociale attivo di modificazione dell'ambiente culturale» 13 • Sono da porsi in relazione a questo concetto •le indagini di Gramsci intorno agli intellettuali, alla loro funzione nella società, e alla loro storia, piu in particolare, la domanda che egli si pone sulla funzione che ancora possa spettare al « grande intellettuale» nel mondo moderno. La risposta di Gramsci mi sembra importante e tale da far riflettere. Quella funzione, egli dice, « permane intatta, trova però un ambiente molto piu difficile per affermarsi e svilupparsi: il grande :inte1lettuale deve anch'egli tu.ffatsi nella vita pratica, diventare un'organizzatore degli aspetti pratici della cultura, se vuole continuare a dirigere; deve democr:atizzarsi, es·sere pìu attuale: l'uomo del Rinascimento non è piu possibile ... » 14 • Quante crisi ripetutamente denunziate, o annunziate o autoannunzdate, del filosofare {o della cultura) in quest'ultimo secolo, dopo Hegel, a parte i contenuti dottrinali, hanno la loro radice reale e trovano una loro spiegazione nella situazione indicata da Gramsci in queS>te parole. Questo fatto nuO'Vo e rivoluzionario del presentarsi neUa storia umana di una filosofia critica e scientifica come filosofia di massa, come «concezione unitaria di massa», è ciò onde Gramsci caratterizza il marxismo, in quanto movimento reale e inteso nella sua potenzialità di svolgimento, quale « riforma popolare dei tempi moderni»: nel senso di «.riforma inte1leDtuale e morale». Nel qual termine «riforma », evidentemente, non vi è nul•la di contrapposto a « rivo'luzione »; non vi è neppure la piu lontana sfumatura 13 14

lvi, p. 31. Passato e presente, Roma, 1971, p. 52.

60 www.scribd.com/Baruch_2013

di riformismo. È una riforma che ha come propria origine e contenuto appunto quel fatto nuovo e rivoluzional'io, tiJ: quale prima di indirizzarsi a diri~ere il movimento reale delle masse lo riflette ed esprime: esprime una « lotta di classe che già es!i.ste ». Essa si .aHarga progressivamente, con varietà di ritmi e vicissitudini storiche, nella lotta di dasse, ma ha come punto di riferimento essen2iale, e di~Scrirninante dei suoi caratteri, la questione dello Stato e del :potere, che è sempre presente a Gramsci. InfaJtti egli torna di continuo a distinguere, con proficue analisi e differenziazioni di indirizzi di ricerca, gli aspetti diversi che essa assume prima e dopo la conquista stabile del potere da pa:rte della classe rivoluzionaria. Il sign1ficato specifico e globale di tale « riforma » . è per Gramsci, indubbiamente, quello di una radicale ri;yo·Luzione culturale. E tuttavia, a tiDio aiVVÌ<So, egli ha utHmente adottato questo termine di « riforma », non solo e non tanto perché si tratta di un momento d1verso da quello della rivoluzione politica e nei rapporti< di produzione (i classici del marxismo si sono sempre preoccupati, :in generale, di mettere in luce 'la differenza di ritmo fra il movimento strutturale e i movimenti deLle soprastrutture e, in questi ultimi, fra quanto accade sul P'iano degli eventi politici e le piu lente trasformazioni delle coscienze, del costume, ecc.), ma perché in esso IS:i indica meglio l'aspetto educativo, ossia l'efficacia di un'azione costante, espansiva, razionalmente diretta, sulle coscienze, in connessione, naturaJmente, alla lotta politica e a1la. rivoluzione e trasformazione dei rapporti sodali. La << riforma » nelle :idee e nelle coscienze è qualcosa che non è pensabile che possa seguire passivamente al'la rivoluzione politica e sociale, ma essa deve venire operata e perseguita attivamente e consapevolmente da chi dirige (e comprende tanto la fase prerivoluzionaria e prestatale, quanto quella postrivoluzionaria e statale, con Je grandi differenze fra l'una e l'altra). Gramsci ha sentito molto acutamente la complessità dei problemi che si propongono ad .una classe subalterna quando essa si tra~forma in classe autonoma e dirigente: «.dal momento in cui un gruppo subalterno diventa rea•lmente autonomo ed egemone ... - egli dice- nasce concretamente l'e~Si­ genza di costruire un nuovo ordine intellettuale e morale » 15 • Nel quadro di tali questio.rui s:trettamente saldato al·l'interesse politico, emerge il costa,nte interesse educativo di Gramsci, pon piu rrivolto ora ai singoli, ma tale che 1nveste t:utto il contenuto democratico 15

MS, p. 93.

61

www.scribd.com/Baruch_2013

del comunismo come movimento reale: il nesso fra dirigenni e diretti, governanti e governati, educatori ed educati, su cui egli ripetutamente ritorna. Quella nozione gramsciana del marxismo come « riforma intellettuale e morale » di massa ha anche un altro campo di val1idità. Essa collega ide tlmente 11 comunisfi1o, inteso appunto come movimento reale, ad altri fenomeni •storici di un certo tipo, consentendo di ·cogliere gli elementi di analogia e di segnare nello stesso tempo le radicali differenze ( ess.a serve perciò tanto alla metodologia storiografica quanto alla prospett1va o previsione dd futuro, nella cui elaborazione entriamo come parte attiva e volontaria). Vi sono state infatti ne1la storia altre riforme intelletJtuali e morali di massa, che avevano profonde radici socia-li e furono accompagnate, seguite e anche precedute, da particolari e varie elaborazioni concettuali, filosofiche, Il)etalisiche. Gramsci ha ~sempre presente il cristianesimo e soprattutto, in un contesto storico piu vicino a noi, la riforma protestante e ·l'i'llUJminismo (nei caratteri e •ripercussioni di massa di quest'ultimo; e Gramsci ne sottolineava, come aveva fatto Engels, la novità del carattere laico) 16 • Ma nessuno di quei fenomeni ha investito, di fatto, la totalità del genere umano, come avv.iene col comunismo. Non si tratta solo di una differenza quanùtativa. Il problema della situazione di coscienza delle grandi masse, in seno aHa lotta economica e politica, il problema della loro unificazione culturale, coinvolge, in un orizzonte piu ampio, quello della unifica2ione culturale di tutti gli uomini. È ·l'orizzonte, vi•rtualmente universale, di sviluppo e di dilatamene della società socialista e comunista, onde Lenin aveva scritto {1913) che « il punto essenziale della dottrina di Karl Marx è l'interpretazione deJla funzione storica mondiale del proletaria-to come creatore della -società socia•lista ». Ciò riguarda, in modo non estrinseco ma intimo, la natura della filosofia marxist.a, che è, prima di ogni alt.ra cosa, la teoria rivoluzionaria .della classe operaia e si rivolge innanzi tutto ad essa (Marx ed Engels si preoccuparono sempre molto dell'edu.cazione .« teorica » degli « operai coscienti » e ne curarono attentamente i progressi, anche di piccoli gruppi), ma che assegna nel medesimo tempo alla rivoluzione proletaria un significato univer16

lvi, p. 100.

62 www.scribd.com/Baruch_2013

sale di riscatto dell'integrale umanità dell'uomo, dilacerata dalla divisione della società in classi antagoniste, 'le quali fondano Ira loro esistenza su « sistemi di sfruttamento » del lavoro, succedentisi storicamente. Integrale umanità dell'uomo che non è intesa nel marXIismo (a differenza dèi precedenti umanesimi, religiosi o no) come un dato metafisica od originario da ripristina,rsi, ma come una esigenza posta in forma determinata dallo svolgimento storico, come un fine e un punto di arrivo (neppur esso, naturalmente, da .jnrendersi in senso assoluto o metafisko). « L'« umano" è un punto di partenza o un punto di arrivo, come concetto e tatto unitario? », si chiede Gramsci. « In quanto posto come punto di partenza » la ricerca stessa di esso non è, egli risponde, che « un residuo "teologico" e "metafisica" » 17 • Prop!iio per questo la concezione marxista « che "la natura umana" sia il "complesso dei rapporti sociali" è h risposta piu soddisfacente - prosegue Gramsci - perché include l'idea del divenire: l'uomo divdene, si muta continuamente col mutarsi dei rapporti sociaH, e perché nega l'« uomo in generale »: infa-tti i rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unità è dialettica, non formale ». E ancora precisa: « Si può anche dire che la natura dell'uomo è la "storia" ... se appunto si dà a storia il significato di "-divenire", in una "concordia discors" che non parte dall'unità, ma ha in sé le ragioni di una unità possihi'le ». Perde allora senso, dal punto di vista marxista, - attraverso questa negazione dell'uomo in generale, - 1a domanda «che cosa è l'uomo )>? All'opposto, possiamo dire: essa acquista un significato concreto che è un significato di movimento, o svolgimento consapevole, e come tale essa, potremmo aggiungere, è 'indirizzante, pratica, regolativa. « Se ci pensiamo - scrive Gramsci - vediamo che ponendoci la domanda che cosa è l'uomo, vogliamo dire: che cosa l'uomo può diventare, se cioè l'uomo può dominare il proprio destino, può "farsi", può crearsi una vita)>. Quella domanda «è nata da dò che abbiamo 11iflettuto su noi stessi e sugli aitri t" vogliamo sapere, in rapporto a dò che abbiamo riflettuto e visto, cosa siamo e cosa possiamo diventa,re, se reahhente ed entro quali limiti, siamo "fabbri di noi stessi", della--Bosrra v1ita, del nostro destino 18 • E ciò vogliamo saperlo "oggi", nelle condizioni date 17

I vi, p. 36.

Ma nello stesso tempo Gramsci ne esamina subito anche le radici storiche (e il significato storico di massa). «La domanda è nata, riceve il suo contenuto, da speciali, cioè determinati modi di considerare la vita e l'uomo: il piu im18

63

www.scribd.com/Baruch_2013

oggi, della vita "odierna" e non di una· qualsiasi vita e di un qualsiasi uomo » 19 • Si potrebbe pensare che in questa risoluzione gramsciana dell' uomo in storia (« l'uomo è un processo e precisamente il processo dei suoi atti »), sia pure 1intesa la storia, come si è visto, in un senso «non formale >>, vada perduta la componente naturalistica del marxismo. E tuttavia questa sarebbe un'interpretazione assai unilaterale, perché incompleta (e diventerebbe tendenziosa), del pen-siero di Gramsci. Una volta egli, trovandosi ad adoperare l'espressione « genere umano » {« storia del genere umano »), si ferma a chiosarla, osservando: « il fatto che si adoperi la parola "genere", di carattere naturalistico, ha il suo significato» 20 • Che cosa intendeva qui dire Gramsci? Egli ha respinto risolutamente, nel medesimo contesto, ,L'idea che «'l'unità dd genere umano» possa esser «data dalla natura "biologica" dell'uomo ». Gramsci ossetvla che « le differenze dell'uomo che contano nella storia non sono quelle biologiche » e che « neppure .l' "unità biologica" ha mai contato gran che neLla storia » 21 • E tuttavia, ripetiamo, il « carattere naturalistico » dell'espressione genere umano ha per lui « il suo -significato ». Il fatto è che Gramsci non pensa neppur lontanamente a negare l'esistenza di quella unità (o comunità) biologica dell'uomo, comunque prodottasi, bensi che la sua incidenza sia rilevante nella storia umana. La naruralità dell'uomo, in senso puramente biologico, è per Gramsci, come per tutto il marxismo, soltanto un presupposto della storia umana. Non può es-ser cercata 11 quell'unità dell'umano che sta dinanzi a noi come un obiettivo, posto dallo svolgimento storico. Ma, d'altronde, quel « presupposto » della storia (umana) non è, sotto un altro riguardo, inoperante in essa. Potremmo dire: non piu in quanto oggetto della biologia (che appunto astrae, considerando l'uomo, dallo svolgimento della sua storica socialità), ma in quanto oggetto della economia politica, ossia di una scienza storico-umana, che il marxismo, in quanto ne ha fatto la « critica », ha integnalmente storicizportante di quei modi è la "religione" ed una determinalia religione, il cattolicismo » (ivi, p . .32). 19 lvi, pp . .31-.32. Queste ultime parole di Gramsci potrebbero richiamare alla mente il « wir fragen jetzt, hier, fiir uns » dello Heidegger. Anche esigenze presenta~e in forma speculativa e unilaterale nell'esiste112)ialismo •possono trovare il loro luogo concreto nell'umanismo marxista. 20 lvi, pp. 3<>-.37. 21 «Neanche "la facoltà di ragione" o lo "spirito" aggiunge Gramsci ha creato unità e può essere riconosciuto come fatto "unitario", perché concetto solo formale, categorico» (ivi, p . .36).

64

www.scribd.com/Baruch_2013

zato. Sotto tale aspetto l'uomo rimane pur sempre, insuperabilmente, natura, ma di una naturalità ormai inglobata nella storicità-sodalità umana e funzione di essa. E, tuttavia (contro ogni idealismo), un momento irriducibile di questa. Questa è la posizione integralmente man::ista; e qui, ci sembra, è il piu rigoroso fondamento materialistico del marxismo. Scrive Marx nel Capitale: « La tecnologia rivela il compor·tamento at~ivo dell'uomo verso la natura, l'immediato processo di produzione della sua vita, e quindi anche dei rapporti del suo vivere sociale e delle rappresentazioni spirituali che ne scaturiscono » 22 • Questa posizione oi riporta, per il suo contenuto, alla rivoluzione filosofico-metodologica compiuta da Marx e da Engels negli anni fra il 1843 e il1846, e che li condusse alla conquista del « materialismo storico ». Tale posizione, in quel medesimo passo del Capitale, Marx la contrappone allo « astratto materialismo » di tipo « scientifico-naturalistico » (egli ha in mente gli scien2liati del suo tempo, « portavoce » di siffatto materi-alismo, nonché le correlative « rappresentazioni astratte e ideologiche » che essi mettono fuori « non appena si arrischiano al di là della loro spedalità »). Questa è anche la posi2lione di Gramsci: « L'umanità che si riflette in ogni individual1tà è composta di diversi elementi: l) l'individuo; 2) gli altri uomini; 3) la natur.a. Ma il 2° e 3° elemento non sono cosf semplici come potrebbe apparire. L'individuo non entra in rapporti con gli altri uomini per giustapposizione, ma organicamente, cioè in quanto entra a far parte di organismi dai piu semplici ai piu complessi. Cosf l'uomo non entra in rapporti con la nMura semplicemente per il fatto di es.sere egli stesso natura, ma attivamente, per mezzo del lavoro e della tecnica » 23 • A chi ben guardi questa posizione (che abbiamo riscontrato in Marx e -in Gramsci) comporta la centralità del materialismo storico nella filosofia ma·rxista. Ossia la centralità della considerazione dell'uomo nel suo nesso permanente e attivo con la natura (dal cui svolgersi e complicarsi storico si sviluppa tutta la storia sociale umana), come deH'unico punto di partenza concreto che possediamo per ogni altra considerazione sul reale. È il punto di partenza teorizzato riassuntivamente, ma incisivamente, da Marx nelle undici T esi su Feuerbach (testo ca.pioole per Gramsci) e il cui principio gnoseologico fu espresso da Lenin come « criterio della prassi ». 22 23

K. Marx, Il capitale, I, Roma, 19645 , p. 414. MS, p ..33.

65

www.scribd.com/Baruch_2013

Ma qui conviene essere molto chiari, perché quanto stiamo dicendo contiene un preciso elemento polemico. Non sembrano conciliabili con questa posizione a cui Gramsci è fedele (e 1a riteniamo l'unica rigorosamente critica, oltreché corrispondente alla stessi! genesi storica della dottrina) quelle forme di esposizione del marxismo, ancorché compiute a scopi didascalici, nelle quali il « materialismo storico » appare, secondo una implicita logica cLassificatoria e non dialettica, come caso particolare di applicazione (alla società) di un piu generale « materialismo dialettico », la descrizione del cui contenuto sembri poter prescindere dalla presen~a dell'uomo nel mondo. (Questa osservazione di per sé non implica la pretesa che sia la presenza dell'essere umano, e tanto meno il suo pensiero, ad introdurre la diale~ticità nel reale.) Eppure quelle forme di esposizione sono oggi le piu diffuse e generalmente riconosciute. Credo che si tratti di una questione non scolastica e formale, ma di sostanza. Solo quell'atteggiamento mentale, ci sembra, che serba come costante punto di riferimento la ·prassi umana sensibile, può garantire il marxismo dalle intrusioni di materialismo metafisica (che non basta respingere a parole). Siffatto atteggiamento mentale, che fu proprio dei fondatori della dottrina, ci sembra l'unico che consenta la possibilità di permanente ricostruzione e svolgimento del contenuto di ciò che si è venuti chiamando « materialismo dialettico » in forma tale che questo rimanga sempre aperto ai nuovi resu1tati e ai metodi in trasformazione delle scienze della natura, verificandoli e discutendoli in un'adeguata concezione filosofka. Esigen~a, se non erriamo, che fu proprio posta dai classici, in particolare da'llo Enge1s, il quale si occupò piu da vicino di tali questioni. E ciò contro ogni contrazione scolastico-dogmatica del marxismo stesso. La metodologia marxista di Gramsci, che si affinò, sotto-'questo riguardo, nella discussione critica del manuale del Bucharin 2\ ed ha come filo conduttore la persuasione pr0fonda della integrale autonomia ,filosofica del marxismo (5enza perciò tagliare i fili che storicamente Io congiungono alla precedente tradizione di pensiero), ci tiene ben lontani dal rischio .suddetto. Qui è necessario aggiungere che,. se è vero che il marxismo come rivoluzione filosofica è coincidenza di naturalismo e umanismo (i quali nella loro compiutezza si convertono l'uno nell'altro), può darsi che vi sia in Gramsci, di fatto, soprattutto per ragioni di interna polemica 24

lvi, pp. 137-200.

66 www.scribd.com/Baruch_2013

(contro le penetrazioni di materialismo metafisica nel marxismo), una certa attenuazione dell'istanza o componente naturalistica rispetto a quella umanistica, uno squilibrio in questo senso. Chi scrive Io ·ritiene. A Gramsci interessò soprattutto il lato umano (e quindi anche ideologico, superstrutturale, storico) della questione dell'oggettività, ·attorno a cui le sue riflessioni sono di grande importanza e originalità. Ma per quanto concerne il grave problema del nesso fra questa oggettività e h naturalità si è ormai come al margine estremo del suo interesse e della sua medita2lione. E non è detto che qui non si verifichi qualche oscillazione o incertezza. Gramsci è sempre lontanissimo dal contentarsi di ripetere formulazioni precoS> 25 • Notazione storicistica squisitamente gramsciana. Eppure solo chi avesse gli- occhi bendati di dogmatismo e di scolasticismo potrebbe vedere in essa un qualche allontanamento dalLa posizione dei classici (che non fu mai né empiristica, né posriti:vistica, né materialistico-volgare). Proprio lo Engels, nel 1885, concludendo la sua prefazione alla seconda edizione dell'Antiduhring, sottolineava tale complessa storicità della filosofia e insieme delle scienze (delle une in rapporto all'altra) come unico punto di riferimento possibile per liberarsi da qualsiasi visione « metafisica » deila natura e « filosofia della natura» u. 25

I vi, p. 168.

26

« ... Sono le opposizioni diametrali, rappresentate come irreconci!iabili ed

insolubili, le linee di demarcazione e le diHereme fra le classi fissate violentemente quelle che hanno _dato alla moderna scienza teorica della natura il suo ristretto carattere metafisico. 'H riconoscimento che queste opposizionì e queste differenze

67 www.scribd.com/Baruch_2013

Il giro ·del discorso sembra averci allontanato da1 punto principale intorno a cui esso verteva, e cioè dall'interpretazione gramsciana del mancismo come « concezione unitaria di massa » e « riforma intellettuale e morale», « riforma popolare dei rternpi moderni». E tuttavia è un allontanamento solo apparente, perché il contenuto critico del marxismo non è concepito da Gramsci come indifferente o superiore e distaccato rispetto alla concretezza del movimento reale di cui esso è la •teoria. L'esigen'2la di far convergere JStoricamente l'aspetto di « filosofia di massa» del marxismo con la soluzione dei compiti teorici e scientifici piu alti e complessi, cioè l'esigenza di una « cultura integrale», che sulla base della classe rivoluzionaria, possegga una espansività illimitata .f1:1a gli uomini, appare perciò in Gramsci essenziale alla dimamka stessa del marxismo e viene a caratterizzare la sua originalità. Anche l'identificazione dialettica operaoo da Gramsci fra filosofia e pa/itica (attraverso i momenti storia, cultura, ideologia, ecc.) - che ha aspetlli qualitativamente diversi se rivolta al passato {come criterio di interpretazione storiografica) TI o proiettata verso il futuro - non è comprensibile senza qudla dimensione nuova del filosofare {non ha nulla a che vedere, ad esempio, con una identificazione verbale di tipo attuaListico). in verità sono presenti nella natura, ma con una validità solo relativa, e che invece quella rJgidità e quella assoluta va:lidità con cui sono presentate viene introdotta nella .natura solo dalla nostra riflessione; questo 11iconoscimento costituisce il punto centrale derla concezione dialettica della natura. E possibile arrivare a questa conc~ne perché vi si è costretti dall'accumularsi dei fatti della scienza della natura, ma vi si arriva piu facilmente se si raccosta al carattere dialettico di questi fatti Ja coscienza delle leggi del pensiero dialettico. Jn ogni caso, la scienza della natura è oggi cosi avanzata che non sfugge piu alla sintesi dialettica. Ma essa si -renderà piu agevole questo processo, se non dimenticherà che i risultati, in 01i sono sintetizzate le sue esperienze, sono concetti; ma anche l'arte di operare con dei concetti non è innata e neppure è acquisita con la coscienza comune di tutti li giorni, ma richiede invece un pensiero reale e questo pensiero ha una lunga storia sperimentale; né piu e né meno dell'indagine naturalistica sperimentale. Appunto imparando a far propri i resultati dello sviluppo della' filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, d'altro lato, dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall'empirismo inglese>> (F. Engels, Antiduhring, Roma, 1950, pp. 18-19). TI Importante, ad esempio, a questo riguardo la nozione gramsciana di quello che è la filosofia di un'epoca: «Dal punto di vista che a noi interessa, lo studio della storia e della logica delle diverse filosofie dei filosofi non è sufficiente. Almeno come indirizzo metodico, occorre attirare l'attenzione sulle altre parti della storia della ~ilosofia; cioè sulle conce~oni del mondo delle grandi masse, su quelle dei piu ristretti gruppi dirigenti {o intellettuali) e infine sui legami tra questi vari complessi cultura:l·i e la filosofia dei filosofi. La filosofia di un'epoca non è la filosofia di uno o altro :filosofo, di uno o altro gruppo di

68 www.scribd.com/Baruch_2013

Anche la polemica contro l'idealismo, che 5i svolge in Gramsci att11averso una serie estremamente differenziata di motivi (legati in gran parte a circostanze della cultura italiana, e specialmente alla discussione col crocianesimo), e conduce altresi a una serie di « traduzioni » e di •recuperi dal « linguaggio speculativo » della filosofia idealis1lica a quel'lo concretamente storicistico del marxismo, è Innanzi tutto argomentata e
69 www.scribd.com/Baruch_2013

leaders dei gruppi intellettuali dei loro paesi, non potevano non servirsi ai-fneno di alcuni elementi della filosof-ia della prassi, per irrobustire le loro concezioni e moderare il so·verchio filosofismo speculativo col realismo storicista della teoria nuova, per fornire di nuove armi l'arsenale del gruppo sociale cui erano legati. D'altra parte la tendenza ortodossa si trovava a lottar-e con l'ideologia piu diffusa nelle masse popolari, il trascendentalismo religioso, e credeva di superarlo solo col piu crudo e banale materialismo che era anche esso una stratificazione non indiHerenote del senso comune, mantenuta viva, piu di quanto si credesse e si creda, dalla stessa religione che nel popolo ha una sua espressione triviale e bassa, superstizioro e stregonesca, in cui la materia ha una funzione non piccola. Il Labriola si distingue dagli uni e dagli altri per la sua affermaZJione (non sempre sicura, a dire il vero) che la filosofia della prassi è una Hlosof1a indipendente e originale che ha in se stessa gli element•i di un ulteriore sviluppo per diventare da interpretazione della storia filosofia generale. » 31 In queste parole, a chi ben guardi, troviamo delineato, e nei suoi tel'mini polemici e 1n quelli costruttivi, l'intero ambito in cui si muove, sotto il riguardo teorico e metodologico, il pensiero di Gramsci. Vi è da fare anche un'altra osservazione, che credo assai caratterizzante: quella « ind~pendenza e originalità filosofica del marxismo » è vista da Gramsci non semplicemente come un dato, come una cosa già fatta, ma come un elemento di sviluppo e di conquista continua .delle sue piu profonde implicazioni. E ciò nel quadro di una lotta ideale in cui sono presenti non solo e non tanto astratti termini ideologici (schematizzati ai .Joro estremi in idealismo e in un certo t1po di materialismo), ma i concreti portatori di essi, da un lato gli « intellettuali "puri", elaboratori delle ideologie delle olassi dominanti», dall'altro Ie masse popolari, in certo modo depositarie del « senso comune ». Quella lotta ideale in cui il marxismo esplica e sviluppa, di fatto, la sua autonomia filosofica, si presenta cosi immediatamente come momento necessario dJ una complessa lotta reale. In Gramsci questo nesso non va mai perduto, non è mai obliato. Quel medesimo nesso determina, ci sembro, il suo modo di concepire lo svolgimento e l'esppsizione del marxismo come filosofia. Sopmttutto neU'epoca in cui 1o sviluppo storico ha posto alla classe rivoluzionaria il problema dell'egemonia (direzione poli31

MS, p. 95.

70 www.scribd.com/Baruch_2013

tica e culturale sull'insieme della società) particolarmente astratta e insufficiente gli appare ogni presentazione del marxismo che sia svolta solo in riferimento polemico alle sistemazioni fiilosofiche tradizionali e non coinvolga in modo essenziale la discussione col << senso comune ». La nozione di « senso comune » diventa perciò fondamentale. Essa, nel contesto gramsciano, è ben piu complessa del convenz,ionale riferimento che .sotto tale denominazione serve molto spesso ai filosofi per indicare un presunto -atteggiamento staticamente contrapposto alla « criticità » della filosofia o della metodologia scientifica (salvo, eventualmente, a considerarlo, in ultima analisi, con essa conciliabile). H « senso comune» non è per Gramsci univocamente mppresentabile e riducibile nei suoi contenuti, come se fosse l'espressione di un atteggiamento naturale. Esso è sempre, 'per lui, « prodotto storico » che contiene, stratifica e cristallizza contraddittoriamente le piu varie eredità passive del passato: oltre, naturalmente, agli elementi attivi da liberare ed elaborare 32 • Esso è il terreno su cui es erei tano la loro azione e la loro presa le ideologie dominanti di gruppi e di classi {in cui, per esempio, la loro « verità » ·s'•impone alle classi subalterne come superstizione) 33 • È i'l terreno cioè in cui si producono e mantenfunzione della divisione della società in classi antagonistigono, che, le resistenze a ogni spinta unificante della coscienza umana. L'rassunto implicito, reperibi,le in molte esposizioni dogmatiche del

in

marxismo, di una propria conciHazione in ce11to modo apriorist,ica col « ~Senso comune » (assunto che comporta la mancanza di approfondimento di questa nozione nella sua effettiva 'realtà storicosociale) si presenta cosf come inacce~nahile al pensiero di Gramsci, tale da frenare lo sviluppo ddla « filosofia della prassi » nella sua capacità riformatrice delle coscienze di grandi masse umane. (E giova qui ricordare che tale 'assunto non fu mai proprio dei cla.ssici del marxismo.) Questa presentazione della posizione di Gramsci potrebbe an32 Cfr., per la discussione del senso comune, ivi, pp. 6-8, 10·11, 12-13, 28-.31, 55, .1.39-142, 14.3•145, e passim. Inoltre cfr. Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Roma, 197•1, p. Hl3. Gramsci &i rifà qualche volta alla distim:ione di « senso comune » e « buon senso » e ricorda anche il noto passo del Manzoni (Passato e presente, p. 279). Alcune riflessioni di Gramsci potrebbero essere confrontate con i·l capitolo dedicato d~! Cattaneo al « senso comune » nella sua Logica (vedi .C. Cattaneo, Scritti filosofici letterari e vari, Firenze, 1957, pp. 186 sgg.). 33 « ... per le grandi masse della popolazione governata e diretta la filosofia o religione del gruppo dirigente e dei suoi intellettuali si presenta sempre come fanati8mO e superstizione, come motivo id=logico propDio di una ma:ssa servile ».

71 www.scribd.com/Baruch_2013

che venk fraintesa unilateralmente. A Gramsci, che si era formato e aveva lottato in continuo conta,tto con le masse lavoratrici, non sfugge ciò su cui Lenin aveva richiamato l'attenzione, scrivendo: « Sarebbe il piu grande errore e H peggiore che possa commettere un marxista quello di credere che le masse popolari, costituite da miliori.i di esseri umani (e soprattutto dalla massa dei contadini e degli artigiani) condannati alle tenebre, all'ignoranza e ai pregiudizi da tutta la società moderna, possano uscire da queste tenebre solo seguendo la retta via di un'istruzione puramente marxista » 34 • È, anzi, proprio un problema di tale natura che guida la sua riceroa. La discussione col « senso comune », che egli prospetta come elemento essenziale dello sviluppo costruttivo e della diffusione del marxismo, accanto alla lotta politica e sodaJe (e a chiarimento di essa), non è mai concepita come frattura con quel medesimo « senso comune». E ciò non solo per ragioni di opportunità o concretezza politica ed educativa, ma per quel che il « senso comune » racchiude di positiva esperienza storica delle masse subalterne (la « cultura democratica » in esse storicamente immanente e da liberare, come aveva dichiarato Lenin) e, in ultima analisi, per la struttura stessa generioamente umana del senso comune, per gli elementi di sperimentalismo che esso contiene, risultato e condizioni del pratico opera-re. La critica dunque dei contenuti ereditari del « senso comune » si appoggia, dialetticamente, su di esso e muove non alla sua distruzione, che sarebbe proposito insensato, ma alla sua riforma e sostituzione con una concezione piu coerente, che divenga fede, ossia norma intrinseca dell'agi.re. Il che non avviene né in un giorno, né in astratto, ossia come educazione astratta, verbale e libresca, bens! in col)nessione con la lotta politica e di classe. Occorre perciò, dice Gramsci, che la « nuova concezione ... si presenti intimamente fusa con un programma politico e una concezione della storia che H popolo riconosca come espressione delle sue necessità vitali » 35 • E aggiunge: « Non è possibile pensare alla vita e alla diffusione di una filosofia che non sia insieme politica attuale, strettamente legata all'attività preponderante nelia vita delle classi popolari, il lavoro, e non si presenti pertanto, entro certi limiti, come connessa necessaniamente alla scienza. Essa concezione nuova ma~i assumerà inizialmente forme superstiziose e primitive 34 Lenin, Il significato del materialismo militante (in Marx-Engels·marxismo, Roma, 1952, p. 445). Js MS, p. 271.

www.scribd.com/Baruch_2013

come quelle della religione mitologica, ma troverà in se stessa e nel.le forze intellettuali che il popolo esprimerà dal suo seno gli elementi per superare questa fase primitiva ». Queste ultime parole di Gramsci, cosi strettamente connesse all'idea del marxismo come « concezione unitaria di massa » e « riforma popolare», d conducono al problema della sua fase moderna di svolgimento: rispetto, intendo dire, all'intera epoca stol1ica in cui viviamo. La questione è 5empre considerata da Gramsci in rapporto a quella del. potere e dello Stato e della loro conquista da parte della classe operaia. Non è possibile qui entrare nei particolari, ma è essenziale ricordare che attraverso questo collegamento opera in Gramsci, in maniera decisiva, la nozione leniniana che egli indica costantemente sotto il termine di « egemonia )>: e non solo la nozione, ma la SUJa -realizzazione, ossia ,}'esperienza storica della rivoluzione di ottobre. Si tratta dei problemi concreti che si sono imposti alla classe operaia nell'« epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie )>, i problemi delle alleanze di classe, della direzione politica su altri gruppi sociali, della connessa lotta ideale, e, dopo la conquista rivoluzionaria del potere, della organizzazione della società politica e civile, e della direzione culturale: problemi nei quali si è straordinariamente allargata, a contatto con lo sviluppo reale, nel nostro secolo, la problematica marxista delio Stato. Ora, è importante notare che qui fanno nodo e si artic-olano tutti gli elementi teorici del pensiero di Gramsci: « L'egemonia realizzata - egli scrive (riferendosi alla rivoluzione di ottobre) - significa la critica reale di una fHosofia, .Ja sua reale dialenica » 36 • La quale asserzione, a questo punto, non avrebbe bisogno di ulteriori chiarimenti. Ma essa guadagna la pienezza del suo significato se la proiettiamo in un contesto concettuale piu largo. Scrive altrove Gramsci: « La proposizione contenuta nell',introduzione alla Critica dell'economia politica che gli uomini prendono coscienza dei conflitti di struttura sul terreno delle ideologie deve essere considerata come un'affermazione di valore gnoseologico, e non puramente psicologico e morale. Da ciò consegue che il principio teori30 I vi, p. 87. Ove anche si legge: « La fonda2lione di una classe dirigente (cioè di uno Stato) equivale alla creazione di una W eltanschauung. L'espressione eh.; il proletariato redesco è l'erede della filosofia classica tedesca, come deve essere intesa? Non voleva indicare Marx l'ufficio storico della sua filosofia divenuta teoria di una classe che sarebbe diventata Stato? Per Ilic [Lenin] questo è realmente avvenuto in un territorio determinato». Cfr. p. 38 e passim.

73 www.scribd.com/Baruch_2013

co-pratico dell'egemonia ha anch'esso una portata gnoseologica e pertanto in questo campo è da ricercar~ l'apporto massimo di Ilic alla filosofia della prassi >> 37 • Un imponente gruppo di problemi teorici, metooologici, storiografici, che si è costretti a tralasciare, si collega a questa affermazione. Sono i problemi ,relativ,i alla realtà e storicità delle sovrastrutture {la discussione di Gr-amsci con lo s~toricismo idealistico è in gran parte legata ,a questo tema), alla eredità storicoculturale, al nesso fra ideologia, scienza, mosofia, e, ancora una volta, fra f,iiosofia e politica; sono i problemi, soprattutto, relativi alla questione della oggettività {e correlativamente del-la soggettività, non solo individuale ma di gruppo), intorno ai quali Gramsci, come si è accennato, presenta suggestioni e impostazioni cariche della possibilità di ulteriori svolgimenti. « L'uomo conosce oggettivamente in quanto la conoscenza è reale per tutto ii g-enere umano storicamente unificato in un sistema culturale unitario; ma qt!esto processo di unificazione storica avviene con la sparizione delle contraddizioni interne che dilaniano la società umana, contraddizioni che sono la condizione della formazione dei gruppi e della nascita delle ideologie non universali concr·ete ma rese caduche immediatamente dall'origine pratka ddla loro sostanza. C'è quindi una lotta per l'oggettività (per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci) e questa lotta è la stessa lotta per l'unificazione culturale del genere umano. Ciò che gli idealisti chiamano "spirito" non è un punto di partenza ma d'arrivo, l'insieme delle soprastrutture in divenire verso l'unificazione concreta e oggettivamente universale e non già un presupposto unitario, ecc. La scienza sperimentale ha offerto .finora il terreno in cui una tale unità culturale ha raggiunto il massimo di estensione ... » 38 • È un modo di considerare le cose che pone immediatamente il problema del marxismo come sovrastruttura. M,a vi è, dice Gramsci, « una differenza fondamentale tra la filosofia della prassi e le altre filosofie: le altre ideologie sono creazioni inorganiche perché contraddittorie, perché dirette a condliare interessi opposti e contraddittori; la loro "·storicità" sarà breve perché la contraddizione affiora dopo ogni avvenimento di cui sono state strumento. La .filosofia della prassi invece non tende a risolvere pacificamente le contraddizioni esistenti nella storia e nella società, anzi è la 37

38

I vi, p. 46. lvi, p. 1·68.

74 www.scribd.com/Baruch_2013

stessa teoria di tali contraddizioni ... » 39 • La filosofia della prassi non tende cioè a mettere le « brache al mondo », come le filosofie idealistiche (anche se diversa fu la loro pretesa) 40 , a presentarsi come sintesi ideale illusoriamente risolutiva dei contrasti reali. All'opposto, essa è « la coscienza piena delle contraddizioni, in cui 'lo stesso filosofo, inteso individualmente o inteso come intero gruppo sociale, non solo comprende le contraddillioni ma pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e-quindi azione » 41 • Qui è il nocciolo del modo in cui Gramsci intende la dialettica, secondo che egli aveva appreso, congiuntamente, dalla sua strenua esperienza di lotta e dalla lezione dei classici .(si pensi, in par,ticolare, al metodo con cui Marx svolse la polemica contro Proudhon nella Miseria della filosofia, opera considerata da Gramsci un momento essenziale della formulaz,ione della « filosofia ddla prassi ~> 42 ). Cosf, la stessa interpretazione dd marxismo come sovrasrruttura ne accentua l'irriducibile autonomia filosofica e insieme la staticità (o « mondanità » o « tcrrestrità »), r.iso1utiva di ogni pretesa assolutezza posta al di là del processo ddl'esperienza umana. Trovandosi ad annotare un'asserzione del Graziadei, che presentava Marx « come unità di una serie di scienziati » Gramsd commenta: « Errore fondamentale: nessuno degii altri ha prodotto una originale e integrale concezione del mondo. Marx inizia intellettualmente un'età storica, che durerà probabilmente dei secoli, cioè fino alla sparizione

della Società politica e all'avvento della Società regolat,a. Solo allora la sua concezione del mondo sarà supera t a » 43 •

1958

lvi, p. 283. L'espressione « metter le brache al mondo», ripresa da Gramsci contro Croce per indicare H moderatismo della sua filosofia, era stata dal Croce stesso adoperata nella introduzione al primo fascicolo della Critica. 4 ' MS, p. 109. 42 Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Roma, 1971, p. 52, nota. 43 MS, pp. 87-88. 39

40

75 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Verità e libertà «La scienza che, essendo agLi inizi, non è ancor giunta né alla compiutezza del dettaglio né alla perfezione della forma, potrà sentirsi rimproverare una simile deficienza. Ma se il biasimo dovesse toccare l'essenza stessa della scienza, esso sarebbe allora tanto ingiusto, quanto è sconveniente non voler riconoscere l'esigenza di quel perfezionamento. In questo contrasto si può ravvisare il nodo piu intricato i,ntorno al quale la cultura scientifica oggi si tormenta senza aver trovato ancora un'intesa», Hegel, Fenomenologia, prefaz.ione.

Una volta, nei suoi appunti, Antonio Gramsci, tornando ad esaminare la nozione di kl.eologia, ricorda le parole .(parole che vorrebbero essere di congedo intellettuale) con cui Croce chiudeva, nel 1917, la prefazione alla raccolta dei suoi vecchi soritti su Materialismo storico ed economia marxistica. A Marx - .scrive Croce-« serberemo la nostra gratitudine .per aver confer1to a renderei insensibili alle aldnesche seduzioni della dea Giustizia e della dea Umanità ». E Gramsci osserva: «e perché non della dea Libertà? Anzi la libertà è stata dal Croce deificatili ed egli è divenuto H pontefi~e di una religione della libertà ». A questo commento di Gramsci dànno un .particolare rilievo, ed un gusto forte, le circostam:e: egli scriveva tali parole in carcere, colpito dunque nella sua libertà; e ~ome combattente della libertà si trovava in quel carcere da cui sarebbe uscito solo per morire. La sua osservazione si muoveva su di un piano di ricerca critica, su di un piano di verità, e mette in guardia verso le ideologizzamoni (nei vari .sensi in cui possono compiersi, politici, religiosi ecc.) della nozione di Hbertà. Si può chiedersi se l'abbinamento stesso di due temi, verità e libertà, ognuno dei quali, storicamente, fa capo, anche e prevalentemente, a una problematica propria, non contenga già in sé un elemento, sia pure s-olo vagamente predeterminato, di orientazione ideologica. E sembra certo, comunque, che esso racchiuda un rischio, in rapporto a una complessa tradizione religiosa, metafisica e politica, - e come niflesso di essa, - di trattazione non propriamente critica, ma retorica ed edificante. Da questo rischio, dunque, cercheremo, prima di tutto, di difenderci. L'abbinamento dei due termini, se non erro, è di origine cristiana: Veritas lib-erabiTvos~::La (;-verità», in questo caso, è Cri-

77 www.scribd.com/Baruch_2013

sto (logo, via, luce, Dio). Per essa - cioè nell'ambito della fede e della grazia - si compie la Uberazione dell'uomo: dal peccato e anche dalla « legge ». Questa liberazione è presentata (per esempio, da~ Paolo nella lettera ai Galati) come ·uno stato positivo: è la ·libertà del cristiano in Cristo ( -ci]v ÈÀ.wih:pCctv 'IÌ!J.WV f}v EXO!J.EV Èv Xp~o-'tQ 'Il]o-où). Di -quante tradizioni speculative (ed eventuali rovesciamenti) questo schema teologico sia stato passibile è inutile or.a fare menzione. Na.tura1mente si potrebbero esaminare le due nozioni una indrpe.t11dentemente dall'altra, salvo a confrontare le conclusioni. Qui tutttavia si farà un tentativo diverso. Si cercherà di esaminare il concetto di verità (&ia pure, per forza di cose, assai sommariamente) per vedere se attraverso tale esame non si apra eventualmente una strada che sbocchi su un certo concetto di libertà. Il tentativo può avere interesse solo se esso non si. di~ mostri artificioso, ossia se possa dare qualche risultato che tocchi, nell'essenziale, ciò che legittimamente si può intendere con l'uno e l'altro termine. Ma :si deve dare anche un avvertimento prelimioare. La direzione, o metodo, accennati non sono invertibili; non si può cioè muovere indifferentemente dall'uno o dall'altro dei due termini. Intorno alla parola libertà si sono, storicamente, costruite molte ideologie. Naturalmente si può osservare che ideologie sono state costruite anche intorno alla nozione di verità. Nessun dubbio su ciò (·l'identificazione, sopra menzionata, Cristo = verità, ne è un (esempio). Se la verità tuttavia si riducesse ed esaurisse sempre J tutta in ideologia, la critica dell'ideologia non potrebbe pretendere ad alcuna verità scientifica e obiettiva: la critica della ideologia, • ' non a·vre bb e propnamente . senso. :l c10e, '--Di fronte a tale problema si trovò Lenin nella sua discussione con Bogdanov. Ciò che si intende per verità in senso obiettivo e scientifico non può ridursi a mera « forma ideologica >>, a meta « forma organizzatrice 'dell'esperienza umana », nel suo carattere « collettivo >> e « sociale ». Naturalmente la « verità» in senso scientifico e critico è anche questo, ma non può ris-iedere li il suo carattere distintivo. Altrimenti non vi sarebbe differenza fra scienza e altri modi di appropriazione (in senso mentale; usiamo un termine di Marx) del «mondo» da parte dell'uomo, come per esempio le religioni. Questa differenza non può venir riposta in un maggiore o minor grado di generalità o univers-alità di siffatta capacità organizzatrice. Sotto questo riguardo « la dottrina religiosa - osserva Lenin - ha un "significato generale" piu vasto l_

78 www.scribd.com/Baruch_2013

della scienza: la maggior parte del genere umano segue ancor oggi la prima ». Né la religione, nel mondo contemporaneo, osserva ancora Lenin, respinge la scienza, ma solo certe conseguenze estreme, o « pretese eccessive », che si possono trarre da essa e dal suo concetto. Queste conseguenze estreme, che Lenin trae, costituiscono il suo materialismo radicale (ancorché in senso assai diverso da quello tradizionale, detto dai marxisti « metafisica » o « meccanico » ). Verità obiettiva o scientifica non può essere se non quella che rappresenta_ (tiflett~1 _ rispecchia, esprime, ecc.) una ·realtà indipendente nel suo esistere da chi la conosce e tale per cui il conoscere la rappresenti (sia pure per ~approssimazione e in senso relativo) cosi come è. Gli uomini, ad esempio, in quanto enti sociali vivono sempre in determinati (storicamente) « rapporti di produzione »: i quali sono quelli che sono, anche se nessuno· ne ha coscienza, ovvero se ne abbiamo una coscienza ideologicamente deformata (come effettivamente e neces&ariamente avviene lungo tutta la stol'ia della società di classi), ovvero se ne raggiungiamo una conoscenza in senso proprio, critico e scientifico, che li ritrae (per astrazione, appro-ssimazione, ecc.) cosi come sono. Analogo ragionamento vale per la verità delle scienze della natura. Essa si riferisce a oggetti (processi, eventi, ecc.) 11 cui insieme è raccolto nella nozione di « mondo fisico» {o altre analoghe). La tesi del mate-"·, f rialismo, ristretta ai suoi termini essenziali, è che l!_mondo jisico ;' esiste indipendentemente da tutti gli uomini (passati, presenti e futuri) e Che la scienza Io déscr1Ve1n tale- sua TridìPendenza, cosi come è~-an-d1e se con strumenti mentali e categorie che sono stori- !, camen'te"· e socialmente condiziona,ti e prodotti 1 • Altrimenti la-~' scienza non sarebbe .distinguibile da qualunque altra forma (mentale) organizzatrice dell'esperienza umana, da qualunque altra ideologia, e non avrebbe senso, per quanti sistemi logici e matematici coerenti si possano costruire, o per quante evidenze pure si possano intenzionate e descrivere, parlare di verità obiettiva. La posizione sopra esposta rientra in un concetto classico della verità, come verità intellettuale, che all'inizio della scolastica me!l

1 Il fatto che una teoria scientifica supponiamo, oggi, la meccanica ondulatoria - sappia di descrivere la realtà fisica attraverso un modello (soltanto concettuale o anche i01tuitiv9 che sia) inadeguato, e quintU da integrarsi con altri modi di descrizione, non cambia nulla a ciò. La medesima cosa (dal punto di VISta metodologico) era avvenuta per seçoli, con l'ottica geometrka, che è del resto tuttora in uso.

79

www.scribd.com/Baruch_2013

dioeva~e fu espresso nella ben nota formula di adaequatl!!_in~l­ lectus et rei. Ma l'origine di questo concetto va riportata ai greci, e piu parrticolmmente ad Aristo'llel:e, anche se non si trova in lui con le medes1me parole. A noi interessa qui prendere la questione al livello stesso in cui si presenta in Aristotele e cioè al livello della « asserzione » (&.1t6cpa.vcnç) e della « proposizione » o « giudizio » ch'è suo contenuto. Ossia allivello del problema della ver·ità nel «discorso ». {In tutta la tradizione, da Aristotele a Hegel, ereditata dai marxismo, il momento sensibile, o anche soltanto mppresentativo, è r-itenuto insufficiente a fornire compiuta verità obiettiva di alcunché di reale o esistente.) La proposizione come sede della verità non ha, osserva Aristotele (De interp., 17 a), semplicemente carattere significat.ivo (anche una preghiera è discorso significante, « ma non dice né vero né falso » ). La- proposizione è una connessione (
80 www.scribd.com/Baruch_2013

dal punto di vista puramente teoretico) del proprio oggetto. Se io dico che ho ·incontrato Tizio per la strada, intendo dire che ho incontrato Tizio in carne e ossa, e non la rappresentazione o il concetto di Ti2lio. Questa eterggeneità è l'esistenza (in senso obiettivo). Ed è questa la ragione di principio per cui non è vaHdo il famoso argomento antologico. Non a caso anche il matematico sembra non poter fare a meno di parlare dell'esistenza o non esistenza degli oggetti intorno a cui vertono le sue proposizioni, almeno mentre le enuncia (si tratterà di spiegare poi in che senso egli può dire « esiste »). Quella diversità radicale è implic-ita nella nozione di adaequatio nel senso della parola greca Ò!J.olwcn.:; (render simile o uguale) che comporta l'idea del muoversi da una diversità antecedente. Il materialismo .soddisfa a questa divers-ità radicale nel modo piu pieno. Quanto si è ora detto viene espresso da molti materialisti con l'uso del termine « rispecchiamento » per indicare ogni forma di conoscen~a. (È da ritenere legittimo questo uso finché si rimane nei limiti di una considerazione puramente, o astrattamente 1 teoretica del conoscere.) 0, La seconda obiezione, assai piu seria, la potremmo chiamare del « terzo incomodo ». Chi mai dice che la adaequatio si verifichi? Per appurarlo bisognerà porsi al di là della correlazione da essa stabilita fra conoscente e conosciuto; e cosi vJ.a all'infinito. Ma questa obiezione, per un verso, non fa che approfondire la natura di ciò <:he è verità: essa si realizza soltanto in processi, i quali comportano sempre un prima di essi. La nozione stessa di Ò(J.oCw(nç, si è v·isto, implica appunto già un movimento, un procedere, mentale, nonché l'antecedenza di ciò che diviene oggetto e misura dell'adaequatio stessa. Nulla vieta che questo prima possa essere anche un contenuto conoscitivo, espresso in una proposizione, o in un sistema di proposizioni, da confrontarsi e commisurarsi all'oggetto di nuove indagini. Per un altro verso quella obiezione rinvia a un problema differente, ma inevitabile, che è quello del « criterio di verità ». È ben nota la risposta di Marx: « La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica ma pratica... La discussione sulla realtà o non realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica ». Da questo punto di vista la questione della verità fa tutt'uno con quella della « realtà » e del « potere » del sistema in cui l'ultima verterebbe sulla prima; os&ia si avrebbe un'unica proposizione che non si riferirebbe a nulla_

81

5

www.scribd.com/Baruch_2013

pensiero umano, cioè del suo carattere i•mmanente (della sua Diesseitigkeit, diceva Marx). Abhlal11_Q_g_l:l_i ~j_9_è_un~unto di vista it:J:~~_g!"_~ le sul conoscere dal guale esso si presenta come funzione della pra~ -tlca. (•Nella sua traduzione idealistica del marxismo il Croce identifica il prima del conoscere con ciò di cui esso è funzione e stabilisce cosi la circolarità metafisica di conoscere-agire.) È essenziale, a questo punto, richiamare il carattere proprio di questo « criterio della pratica » o «punto di vista della pratica», quale è ·Stato chiarito da Lenin. « Il critevio della pratica - egli scrive - non può mai confermare o confutare completamente una rappresentazione umana, qualunque essa sia. » E aggiunge: « Anche questo criterio è talmente "indeterminato" da non permettere alle conoscenze dell'uomo di trasformarsi in un "assoluto"; ma nello stesso tempo è abbastanza determinato da permettere una lotta implacabile contro tutte le varietà dell'idealismo e dell'agnost·icismo ». Nell'ambito di indeterminazione del criterio della prassi si svolge, possiamo dire, tutta la effettuale storia empirica del conoscere umano, ivi .:omprese le sue elaborazioni teoriche. (Sarà utile qui ricordare che la «·pratica», secondo il marxismo, è la pratica della vita sociale, in tuvti i suoi aspetti, in cui rientra la scienza sperimentale.) t) Sussiste tuttav<1a una terza obiezione idealistica, che è, a mio " avviso, la piu impegnativa. Essa può venir tratta, indirettamente, dall'inizio della Fenomenologia di Hegel ed etperge dall'analisi del linguaggio, la quale mette in luce il cara•ttere di universalità di ogni proposizione .apofantica, anche di quelle che sembrano stringere piu da vicino la determinatezza sensibile di un qualsiasi oggetto ·indicato ed esplicitato in un asserto. La verità, al livello della proposizione (o « giudizio »), sembra cosi risolversi tutta nella i:dealità: alla stessa stregua in cui la « coscienza sensibile » viene a risolversi nell'universalismo del linguaggio. Nessun « protocollo », per espr·imersi con una terminologia neopositivistica, può salvarsi (in quanto proposi.zione) da questo idealismo. È interessante tuttavia notare che sia Hegel sia i neopositivisti, che fanno uso di quella nozione di « protocollo », ·debbono prendere come termine ultimo (o primo) di riferimento ciò che Hegel chiama « coscienza sensihile ». La risposta fu data da Feuerbach e ha un valore decisivo. Dice Hegel: «L'albero, per esempio, è qui: ma se io mi volto questa verità è svanita ». Osserv.a Feuerbach: «Questo va bene nella Fenomenologia, dove il voltarmi costa una piccola parola; nella realtà, invece, dove devo voltare il mio corpo pesante, 82

www.scribd.com/Baruch_2013

il qui mostra di avere un'esistenza perfettamente reale anche dietro le mie spalle. L'albero limita le mie spalle; e mi caccia dal posto che esso occupa. Hegel non confuta il qui quale è oggetto della coscienza sensibile, a differenza del pensiero puro, ma soltanto il qui e l'ora della logica». Il senso, potentemente dialettico, della osservazione di Feuerboch è che tutta la verità del discorso logico prende significato dal suo opposto, da ciò che lo contraddice. Feuerbach tuttavia non fu in grado di vedere .fino in fondo la portata della sua critica: di concepire .il sensibile stesso :cosf come egli germinalmcntc lo presenta nell'esempio citato (il voitare le spalle): «quale attività sensibile umana, quale attività pratica ». Questo passo non meno e ancor piu decisivo (vedremo perché) fu compiuto da Marx. Lo stesso criter·io della pratica svanisce nella sua portata teoretica se la pratica stessa non è concepita non solo come « sociale » ma, irriducibilmente 3 , anche come << sensibile» (ancorché, in quanto umana, sia anche sempre intellettuale e finalistica). In ultima ,analisi è qui il nocciolo del materialismo moderno o materialismo dialettico. Quelli esposti fin qui sono, a mio avviso, gli elementi essenziali che sorreggono teoreticamentc tale materialismo. Si è visto come esso possa mantenere la distinzione fra verità e ideologia {nel senso critico di quest'ultimo termine) o fra scienza e ideologia (e quindi presentare se stesso, 1per esempio sotto l'aspetto pol·itico, come ideologia vera o scientifica o critica) solo a paitto di sostenere la indipendenza esistenziale del conosciuto dai soggetti conoscenti {uomini) e da ogni possibile loro somma e integrazione (intersoggettività) sociale-storica (tutti gli uomini presenti, passati e futuri; 1tutta l'umanirà nel suo corso storico). Materiale in senso esteso e categoriale risulta essere, in ultima analisi, tutto ciò che esiste fuori e indipendentemente da un pensiero a.ttuale e può essere intenzionato da esso. In questo senso è materiale anche il pensiero; e proprio per questo posso parlare di un pensiero altrui o di contenuti di pensiero. Ma in questa generale materialità di tutto ciò che è oggettivo (« l'unità del mondo è--nella sua ma.terialità >>) vi è una essenziale precedenza del materiale in senso naturalistico; e 3 Obliterando questa irriducibilità del momento sensibile il marxismo, nono~! 'f. stante .j,J rilievo dato alla « pratica >>, può venir tradotto in idealismo speculativo, i come ha fatto il Gentile, che -trae da ciò le conclusioni piu conseguenti, identifi- 1 cando immediatamente teoria e pratica. ..J

8.3

www.scribd.com/Baruch_2013

non a caso il pensiero è concreto sempre in una forma sensibile (linguaggio). Ma, chial'ito questo punto estremo, ci si imbatte in quella che ·) possiamo chiamare la antinomia del materialismo dialettico. Esso suppone infatti (come lo hegelismo) la integrale conoscibilità del reale o esistente. Che cos'è questa conoscibilità se non un intl1inseco riferimento (sotto veste di possibilità, naturalmente, ma comeproprietà essenziale) a ciò che si chiama soggettività? Se volessimo usare un linguaggio « provocatorio » non ci vergogneremmo affatto di chiamare questa conoscibilità il piu grande o il vero mistero del mondo. Tutti i sistemi idea'listici non sono che una fuga pseudo-razionale dinanz,i ad esso. Dell'antinomia del materialismo dialettico non credo che si possa dare soluzione sul piano strettamente logico o gnoseologico (parla in luce serve solo a rilevare l'importanza della problematica della soggettività, scoperta dalla filosofia moderna e su cui Marx fece leva, ma che poi è stata assai trascurata dai suoi prosecutori); bens1 solo sul piano genetico e largamente storico (storico-biologico) e, successi'Vamente, sul piano antologico. Che il concreto conoscere abbia sempre come un punto o polo di riferimento il sensibile e l'attività sensibile Jndica come la soggettività ha un suo fondamento e una sua genesi in ciò che si chiama « natura » nel senso materiale (biologico, in questo caso) della parola; che è poi, ancor.a una volta, una conferma del materialismo. Il mistero di cui parlavamo sopra non può che dissolversi in un fatto empirico. E tuttavia non crediamo affatto inutile, metodologicamente, averlo evocato. La indipendenza (dai soggetti umani) e conoscibilità del reale sostenuta in una filosofia rigorosamente materialistica sembra trascinarsi dietro (almeno per il settore « natura » di questo reale) il fant.asma del dio conoscente-creatore; sembra trasci\ narsi dietro, per quanto camuffata, un'ombra teologka. Tanto piu, ~certamente, quanto piu questo reale -venga concepito secondo il vecchio determinismo (il che implica matematica prevedibilità ab aeterno di un suo svolgimento totale) 4 • Di qui il significato piu

1,

4 Si ricordi la famosa formulazione di Laplace (Oeuvres, XVII, p. VI), nella prefazione della sua Théoric analytique des probabilités: << Nous devons donc cnvisager l'état présent de l'univers camme l'effet de son état antérieur et commc la cause de celui qui va suivre. Une intelligence qui, pour un istant donné, connaitrait toutes les forces dont Ja nature est animée et la situation respective des

84

www.scribd.com/Baruch_2013

vivo dell'accesa polemica di Gramsci contro i travestimenti verbali in materialismo dialettico di posizioni che in effetti sono di materialismo metafisica. Ma soccorre a questo punto una distinzione a cui accennò una volta Marx in una delle note filosoficamente piu interessanti del Capitale, nella quale egli fa appello a un pl:'incipio vichiano. « La storia umana- scrive Marx- si distingue dalla storia della natura perché noi abbiamo fatto quella e non abbiamo fatto questa. » 5 Il mondo storico~umano è stato prodotto da noi stessi a partire dai nostri bisogni vitali. Ciò introduce parametri differenti nella nostra conoscenza di questi due mondi. Certo in Vico l'ombra teologica non era affatto dissolta: il mondo della « natuDa », secondo una tenace tradizione teologico-speculativa, -è riferito a un conoscere~fare semplicemente altro da quello umano e opposto a quest'ultimo nei suoi caratteri. Ma intanto si introduceva come originale e irriducibile la d~mensione storico-umana. Al limite si tratta di una differenza polare, che comincia a essere elaborata nel XVIII secolo. Il mondo umano sembra presentare l'esigenza di venir conosciuto nel suo storico prodursi muovendo dall'interno di esso, per cosi dire; oss1a da una sperimentalità direttamente vissuta a cui cooperano bisogni, azioni e passioni, economicità, tecniche, etres qui la composent, si d'ailleurs elle était assez vaste pour soumettrc ces données à l'analyse, embrasserait dans la rneme formule les mouvements dcs plus grs.nds corps de l'univers et ceux du plus léger atome; rien ne serait inccrtain pour elle, et l'svenir comme le passé serait présent à ses yeux. L'esprit humain offre, ds.ns la perfection qu'il a su donner à l'astronomie, una faible esquisse de cette intelligence. Les découvertes en mécanique et en géometrie, jointes à celle de la pesanteur universelle, l'ont mis à portée de comprendre dans les memes expressions analytiques les états passés et futurs du système du monde ... Tous ses efforts dans la recherche de la verité, tendent à le rapprocher· sans cesse de l'intelligence que nous venons de concevoir, mais dont il restera toujours infiniment éloigné ». L'affinità teologica è evidente, anche se in quella suprema intelligenza cosi evocata dal Laplace non si trovi nulla della creatività attribuita da sant'Agostino al sintetico conoscere divino. Nella raffigurazione di Laplace si combinano insieme la onnicomprensività analitica (in senso matematico) di quella immaginata intelli· genza con la pretesa simultaneità degli eventi e nessi dell'universo fisico rispetto a un istante dato: · cosi che ogni istante è pensato come tale per cui in esso è prc· suntivamente instaurabile una conoscenza totale dell'universo stesso nell'intero suo svolgimento. Si può dire che abbiamo qui una_~Ql~;>g_~z:~zio(l_e della meccanica classica. (L'idea che la conoscenza matematica della natura sia, almeno quanto alla sua certezza, equiva,lente a quella divina si trova anche in Galileo.) Si veda in Engels la critica del determinismo, della «necessità diretta», della «concatenazione irrevoca· bile di cause ed effetti » ecc. « Anche con questa specie di necessità - dice Engels - non usciamo fuori dalla concezione teologica della natura» (Dialettzca della natura, Roma, 1950, p. 180). ~ Cfr. K. Marx, Il capitale, l, Roma, 19645, p. 414.

85 www.scribd.com/Baruch_2013

linguaggio, religione, arte e poesia non meno che le opere e operazioni astra.tte dell'intelletto. E ciò allo scopo di spiegare le relazioni fra gli uomini quali si 'cristallizzano e si inquadrano nelle istituzioni della vita civile, politica, sociale. L'~dea che presiede a questo vasto indirizzo è appunto quella .che il mondo umano (storico-sociale) è fatto dagli uomini; ove altri, a differenza del Vico, accentuano, ancorché in guisa diversa (come Montesquieu e Rousseau), l'importanza delle circostanze naturali (fis.rche, ambientali) in relazione alle quali le società umane si costituiscono e istituzionalizzano. Da questo movimento europeo (a cui contribuiscono altri pensatori ancora, come un Lessing o un Herder) scaturis·:::e il bisogno di elaborare un tipo di razionalità valido per comprendere il mondo storico-umano, diverso da quello esemp1ato sui metodi delle scienze fisico-matematiche 6 • Intorno alle quali, però, si cominciò a venire in chiaro, nel medesimo periodo storico, di qualcosa di molto importante, che sfuggiva ancora alle menti di un Leibniz o di un New.ton. E cioè del fat.to che il mondo d_~_Il~_!!ii!l!~-~,__Qgg_etto di quelle scienze, non presenta nulla di propriamente interno. La natura, come dirà Goethe (benché egli sia uno di coloro che resistono a questo indirizzo), non ha weder Kern noch Schale. Per principio, e alla base, nessuna inseità o intimità o internità le è propria. Questa scoperta, o almeno il riflesso filosofico di essa, passa attraverso il _fenomenismo geomet!:!~ato di_JC..a!!.!, per il quale tutto ciò che si :presenta in natura è costituito, all'infinito, di elementi reciprocamente esterni. L'atteggiamento mentale che è proprio della scienza moderna {dopo Galileo) e il tipo di astrazione che essa è venuta elaborando .sono intrinsecamente lega.ri a ciò. Per questo le moderne scienze fisiche sono tutt'altra cosa che una fenomenologia del sensibile, e ,il loro descriver.e non ha nulJa a che fare con un descrivere narrativo (anche se, naturalmente, adopera come ausiliari anche metodi narrativi): è un descrivere matematico. Tale situazione fu genialmente intuita (ma -solo TnU:~I~a, e non svolta nelle sue impLicazioni) da Feuerbach, nel corso della sua polemica contro i .sistemi filosofici moderni. « La filosofia di Hegel - egli scrive - va incontro allo stesso rimprovero a cui va incontro tutta la filosofia moderna da Cartesio a Spinoza: di aver compiuto una rottura [Bruch] senza mediazione con l'intuizione sensibile, che 6 Un tipo di t:_~ionalità in cui entra in gjoco la nozio~ di « fine », metodologicamente esclusa q;tlle scienz~__f)sico·matematichc. Si veda, per l'origine deJla ricerca di una « razionalità della storia», quanto scrive il Lukàcs, La dùtru1.ione della ragione, Torino, 1959, pp. 123-129.

86 www.scribd.com/Baruch_2013

è poi il rimprovero di aver fatto della filosofia un presupposto immediato. » Ma subito aggiunge, ·in nota (ed è questo punto che ora ci interessa): « Vi è una rottura inevitabile nella natura de-llra scienza in genere; ma non è necessario che sia senza mediazione. La filosofia fa da mediatrice di quella rottura per H fratto che si prodoce dalla non filosofia». (Ove si indica un compito che sembra ancora non estinto della filosofia.) Lungo tale strada la scienza ha continuato a svolgersi, allontanandosi in modo sempre piu marcato da ogni possibilità di applicare alla realtà fisica nozioni di origine antropomorfica, e di raffigurare, perfino, eventi e regolarità degli str·ati piu profondi o sottili di essa in adeguati modelli intuitivi 7 • Qualunque sia la sorte futura delle moderne teorie fisiche, è evidente che il contenuto della nozione di materia, riferita ai livelli submolecolari o almeno suhatomici, è profondamente mutato rispetto a quello secolarmente tr·adizionale 8 , ancorché il modello logko·mentale che ha presieduto a questo mutamento fosse stato scoperto da Democrito. Ma il cambiamento di contenuto della nozione di materia (la quale è in ultima analisi una categoria, come ha messo in luce Lenin 9 , o, se si preferisce, un « nome collettivo ») non togl.ie nulla. alla validità della nozione stessa. Si deve piuttosto ritenere che la rafforzi. Che ai livelli piu profondi la realtà fisica sia tale per cui essa ripugni a una des.cr·izione continua; che essa si presenti come un mondo di eventi e ·relazioni; che a certi livelli possa persino perdere senso il prima e il poi nel r.appotto fra tali eventi; che la « necessità » e determinazione delle regolarità in cui essi si presentano abbia un fondamento statistico; che a certi ordini di grandezza l'oggetto dell'osservazione non sia isolabile con un confine netto dali' azione su di esso d eli' osservatore {ove evidentemente sL tratta pur sempre di una intenazione fisica) 10 , tutto ciò, e quante altre cose ancora si possano aggiungere di questo tipo, è estremamente dialettico e insieme costituisce un potente consolidamento 7 Anche se elementi '1ntuitivi siano o no logicamente traducibili - riman· gono: come quello della « differenza dì verso». 8 Ben nota è l'affermazione dì E.n,gels, ripresa e sviluppata da Lenin, << che la forma del materialismo deve inevitabilmente modificarsi con ogni scoperta che facda epoca nell'ambito delle scienze della natura (e a maggior ragione nella stori-a dell'umanità) ». 9 Cfr. Materialismo e empiriocriticismo, Roma, 1953, p. 118. 10 « La mente che osserva dice giustamente lo SchrOdinger - non è un sistema fisico, non può interagire con nessun sistema fisico » (cfr. Scienza e umanesimo, La fisica del nostro tempo, Firenze, 1953, p. 62). Ossia non sono le categorie logiche dell'osserva:tore che interferiscono con il fenomeno osservato.

87 www.scribd.com/Baruch_2013

della nozione di materia in senso fisico. Per il semplice fatto che in modo decisivo ne accresce la specificità, separandola nettamente dalle immagini proprie della sfera dei rapporti umani. Ciò che infatti, in definitiva, viene a cadere è la raffigurazione, imposta da Aristotele, di una materia come substratum (tmo:xELp.Evov; vÀ.TJ) che riceve o raccoglie da altrove la sua forma, sia che la individuazione di ciò che è materiale venisse fatta dipendere dalla materia stessa, come Aristotele piu scientificamente preferiva 11 , o dalla forma (problema intorno a oui la filosofia si è per secoli vanamente travagliata). La pretesa, per esempio, che il movimento possa venir separato, anche solo idealmente, dalla materia - pretesa contro cui ancora Engels doveva polemizzare 12 appartiene evidentemente a quell'ambito mentale arcaico. La raffigurazione di una materia a cui si sovrappongono forme che la organizzano - ·anche se rimane oggettivamente valida per superiori livelli come quelli in cui esiste la materia vivente - è senza alcun dubbio una immagine antropomorfica che trae 1a sua origine dal 7tOtd~v - dal fare, . fabbricare, foggiare, plasmare- umano. I greci, che possedevano 1 una lingya molto fi~Q_~ÌCt!.J. distinguevano fra questo tipo di « fare» e .il fare (7tptb:·mv) proprio delle relazioni interumane (come una azione politica, o amministrativa, o giudiziaria o morale, o, semplicemente, azioni quali il « compiere un viaggio », ecc.). Il marxismo, di fatto, accoglie e usa questa &tinzione, e anzi essa è essenziale per comprendere la differenza fra « produzione » e « rapporto di produzione». Ma il marxismo scopre anche, e mette in luce, che il 7tOtE~v, il fare tecnico, modificante una materia, è un momento del 7tp&::t't'Etv, ossia della pratica della vita associata (articolato in esso attraverso la categoria della finalità, come finalità cosciente, o « rappresentazione di un fine » che è comune ad ambedue), e che l'uno e l'altro appartengono, come nozioni, a una visione antropomorfica del reale, evidentemente legittima quando questo reale sia appunto la società umana. Si potrà, semmai, osservare che forse neppure la fisica dei nostri giorni è potuta giungere ad una completa disantropomorfizzazione dei suoi concetti, come quando essa, per esempio, continua a parlare di « forze » anche sul piano delle particelle dementari 13 ; ma ciò non toglie 11 In quanto la forma può esser presentata, cosf, come fondamento di ogni molteplicità omogenea, piuttosto che dell'unità dell'individuo. 12 Cfr. F. Engc!s, Antiduhring, Roma, 1950, p. 70. 13 Non si vuole con questo affatto sostenere che qualsiasi n·ozione fisica che abbia un contenuto qualitativo sia per ciò stesso di natura antropomorfica. Basti

88 www.scribd.com/Baruch_2013

molto al quadro di insieme, oalla sua rilevanza filosofica, nel grande arco del pensiero scien tifko che, dalla scoperta profila t asi nel XVIII secolo, per cui nella natura (non vivente) non sembra piu legittimo voler pensare alcunché di interno, si giunge al moderno contenuto fisico della nozione di materia. Conta filosoficamente, in siffatto quadro, che dalla rappresentazione scientifica della materia sia espunto qualsiasi rapporto, anche ideale e presuntivo, con un fare di cui gli eventi e nessi materiali, ossia la oggettività fisica, siano il prodotto. Questa che abbiamo detto « disantropomorfizzazione » è, insieme, la dissoluzione di ogni residuo teologico nel_pensrunento scientifico delia materia. (Di fronte alla critica feuerbachiana-marxista della religione questa coincidenza è del tutto logica.) Ecco perché la distinzione vichiana a cui si è accennato, ripresa da Marx, ma poi generalmente dimenticata dal marxismo posteriore, è di enorme portata gnoseologica ed epistemologica. Il discorso conduce assai lontano. Se si è adoperata l'immagine (approssimativa e provvisoria) di una differenza polare è piuttosto per giungere a indicare che esistono gradi intermedi, quelli relativi al vivente e alla conoscenza del vivente (scienze biologiche): ossia di quei livelli determinati in cui la natura è costituita in stati « organizzati » e si svolge organicamente: e viene ad acquistare cosf anche una propria « internità ». L'internità che possiamo attribuire all'immediatamente vissuto: una sofferenza, un piacere (fino alle piu complesse situazioni psichiche), ma che sussiste in qualsiasi processo fisiologico al di sopra o ,al di sotto della soglia della percezione: per esempio la digestione, che sarà certo da studiarsi coi metodi della analisi chimica o altri analoghi, ma che, comunque, è processo vissuto unitariamente dall'organismo cui è proprio e come tale dev'essere presupposto dello scienziato che lo studia. Per molteplici transizioni si discende, cioè, dallo immediatamente vissuto degli stati, situazioni e operazioni psichici piu elevati pensare alle grandezze vettoriali e alle differenze di qualità che designano diversi ambiti di applicazione della nozione di vettore (vettore elettrico, vettore eia· stico, ecc.). La fìsica de1le particelle elementari sembra indicare - si è già accen· nato - come irriducibile e oggettivamente inerente alla costituzione della materia la « differenza di verso », designata con termini come « destrorso » c « sinistrorso », che è una differenza qualitativa di natura dialettica (è l'unità di una opposizione), della cui oggettività in natura si era già reso conto Kant. Si può forse considerare questa nozione, anzi, come essenziale per indicare il punto di inserzione della soggettività, ossia dell'agire soggettivo pratico-sensibile, nell'oggettività materiale (attraverso l'orientamento).

89 www.scribd.com/Baruch_2013

(quelli della nostra vita sociale), attraverso vari gradi e tipi di « reazioni percett.ive », giu giu fino ai tropismi degli organismi

piu elementari. Se in siffatte transizioni e nelle corrispondenti differenze dei relativi campi (per esempio, ·fra « reazioni percettive », pathie, tropismi vel'i e propri) la scienza ha ancora molto da chiarire, non vi è comunque, in ainea di princ1pio, nulla di misterioso nel nesso generale che collega la irritabilità propria della materia vivente, anche alla scala piu inf.ima della sua organizzazione, con quegli stadi più elevati; né alla continuità di tale svolgimento o innalzamento toglie nulla il fatto ·che in determinati ·scalini, perfino molto hassi, della v·ita animale, debba. assumersi che agli agenti fisici produttori di stimoli già si sovra:pponga il costituirsi di « si- . sterni di segni ». L'inserirsi di siffatte di.fferenze qua:litative, di siffatte scansioni, non inquieterà certo il filosofo dialettico. Quell'internità, di cui .si è detto, cessa di essere qualcosa di mitologico e meta:fisico, non ,appena si osservi che le elementari reazioni adattative degli organismi .anche piu primitivi comportano comunque il rapporto e lo scambio ,fra un ambiente interno e un ambiente esterno dei medesLmi. -L'interiorità spirituale di cui il filosofo individualista~spiritualista si vanta non è nulila di pensabile (nelLa misura, assai limitata, in cui è qualcosa di pensabile) se non sulla base di una interiorità fisiologka o biologica wstituita dall'interagire di processi organici, in continuo collegamento col mondo esterno: rispetto al quale tuttavia l'organismo in questione rimane distinto (ed è perciò un individuo vivente). Non si tratta di una d1stinzione ideale, ma molto materiale che, ad esempio, in una rana o in un uomo, è. costituita dal suo tegumento, dalla sua pelle 14 • '*=i Quell'internità, siffattamente intesa, propria del vivente, queli' la differenza cioè, in reciproca modificazione e scambio ma.teriale fra interno ed esterno, che fa si <:he l'interno del vivente non sia un interno ,puramente geometrico (quest'•ultimo, di per sé, è un j interno astratto), è evidentemente la radke prima di ciò che chiaL__}lliamo soggettività. Questo richiamo non è senza importanza, perché mostra quanto 1a filosofia idealistica o un certo tipo di essa 14 «Une grenoujlle, privée de l'apport continu des incitations qui provien· nent de son tégument, lorsque la peau est enlevée ou anesthesiée en totalité, perd entièrement son tonus mt:sculaire, entre dans une sorte de coma ou elle oublie meme de respirer, mais est réveillée par cles stimulations mécaniques ou électriques, comme nous avons pu le constater ... » (H. P.iéron, La sensation, guide de vie, Paris, 1955, p. 2).

90 www.scribd.com/Baruch_2013

(ideaUsmo soggettivo) ci abbia ingannato: non vi è nulla, alla radic~, di p_ip _!1~t1.gglistico ~ _b.is:>1Qgi~Q_gel~.~2_gg~ttivit~. Noi siamo

immediatamente natura, viventi, a un livello di soggettività {non siamo natura a guisa di un minerale); e non vi è nessun essere, d'altronde, che sia piu chiuso nella propria soggettività dell'animale (anche se, eventualmente, nel suo esplicarsi essa faccia tutt'uno con quelli che si poss-ono rappresentare come gli interessi della specie a cui l'animale dato appartiene). Sembra oggi assai strano che un .fenomeno cosi complesso come la soggettirvità umana - e ciò che si può intendere come < Esso ·è perciò fenomeno soggettivo, ma la « struttura dell'occhio » che Io condiziona è qualcosa di oggettivo. Appunto per questo, con determinati artifici, è possibile costruire una scienza oggettiva, la fotometria, di quel fenomeno soggettivo. E cosi analogamente pe·r gli altri svariati campi del sensibile. Necessariamente perciò la scienza moderna, fin dal suo primo muovere, dovette porre la distinzione, fra qualità primarie e qualità secondarie {che non a caso ritroviamo, sia pure con sfumature diverse, in Galileo, Descartes, Boyle, Newton, Locke; e che si era già presentata nel piu scientifico atteggiamento mentale deila fhlosofia antica, nell'atomismo democriteo), cercando .nelle prime il fondamento oggettivo delle seconde. Tale distinzione (correlativa a un ·tipo di 2.strazione fisico-matematica) rappresenta a'll'·inizio del 91 www.scribd.com/Baruch_2013

pensiero scientifico moderno quella iattura operata dalla scienza rispetto alla intuizione sensibile di cui parlava Feuerbach. Anche se i termini del problema sono oggi notevolmente mutati, per quella strada si è proceduto innanzi, e non si è tornati indietro. Ma è significativo il fatto che appunto con la riduzione operata da Berkeley delle qualità primarie, sullo stesso piede delle secondarie, a ciò che le designa, ossia alle « idee » quali oggetti della mente (l'unico « agente » o « causa efficiente » che 'egli conceda al reale) cominci l'idealismo soggettivo. La polemica ant:iastrattistica di Berkeley è in verità, tradotta nel quadro che si è tracciato sopra, una riduzione ài ciò che è intenzionato nella coscienza scientifica alla radice biologica della soggettività umana. Un po' paradossalmente potremmo dire che l'idealismo soggettivo- proprio petthé trae il percepito al ,percepiente e riduce l'essere di quello all'atto di questo, ossia unilateralmente accentua questa direzione centripeta e oblitera la direzione opposta - costituisce una riduzione dell'uomo alla sua animalità; sia pure a una animalità astratta e configurata in sede meramente gnoseologica. Con pittoresca efficacia il Sartre, nel presentare, nel 1939, in Francia, la nozione husserliana di « intenzionalit?t ~> (che, comunque la si giudichi, rappresenta un movimento opposto, che non dovrebbe permettere di « di,ssolvere le cose nella coscienza ») qualificava di « digestiva » e « alimentare » ogni filosofia (come l'empiriocriticismo, il neokantismo, ecc.) che tende a ridurre le cose e gli eventi del mondo a « contenuti di coscienza » 15 • La duplice radice della soggettività (della quale nozione si è fatta piu sopra la proposta) obbliga a un confronto con la filosofia teoretica di ~ La quale è stata sottoposta da Hegel ad una critica molto forte e incalzante proprio per la pretesa che le è propria di costruire la oggettività (la oggettività degli oggetti ed eventi naturali, a cui si riferiscono le scienze fisiche) muovendo dalla differenza e collaborazione di due diverse soggettività: la soggettività (naturalistioa, empirica) dei contenuti sensibili e la soggettività (mentale, pura, aprioristica) delle categorie intellettuali 16 • Vero è che Kant interponeva, fra le due, la oggettività (intuizionale) dello spazio e del tempo, ma per ridurre :poi - come 15 J.-P. Sartre, Une idée fondamentale de la phénoménologie de Husserl: l'intentionnalité, ripubblicato in Situations I, Paris, 1947. 16 «Da un lato, la mera percezione viene elevata a oggettività, a esperienza, mediante le categorie; ma, dall'altro, que6ti concetti, come unità soltanto della cosciei12a soggettiva, sono condizionati dalla m~tteria data, per sé ·sono vuoti, ed

92 www.scribd.com/Baruch_2013

osse,\Via appunto ~o Hegel - anch'essi, in quanto forme di quei contenuti, a «qualcosa di soltanto soggettivo » {ed è una terza soggettività, perché non riducibile alle altre due). La critica dello Hegel è no!l solo incalzante ma calzante; e tuttavia nella posizione di Kant si affacciava una grande esigenza che soltanto il materialismo marxista può portare nella giusta ;luce e tradurre a verità. L'esigenza di mantenere lo scarto fra l'immediatamente sensibile ed empirico, attraverso cui ci viene data ogni rea1tà ed es-istenza attuale, e le categorie intellettuali con cui tale contenuto (provocato da altro, dal di fuori, ma insorgente nella coscienza come materiale sensibile, in dipendenza degli organi di senso) viene elaborato in direzione di una oggettività scientifica. Solo l'introduzione marxista della dimensione tecnico-pratica e storico-sociale consente di soddisfare in forma non metafisica e immaginaria {o « speculativa ») all'istanza critica di Kant nei riguardi delle dirfficoltà e limiti propri dell'empirismo. Il che significa SJalvare ciò ohe compete alla operosità del pensiero come tale nella esperienza umana: non solo negli aspetti immediati del suo intervenire, ma nella funzionalità e autonomia delle elaborazioni, ipotesi, anticipazioni teoriche. Come diceva Lenin, Je categorie e « figure » della logica condensano (sul piano della teoria e del conoscere) atti e operazioni umani ripetuti miliardi di volte. Pur serbandole nella loro dimensione - in quello che Hegel chiamava «l'elemento del pensiero» il marxismo non solo accetta da Hegel la loro « fluidifioazione » dialettica, ma le ·storicizza: ossia riporta Forigine delle categorie e forme logiche .all'esperienza umana (tecnico-pratico-sociale) nel suo complesso, quale risultato storico di essa, in perenne ·anche se non rapido mutamento. Risultato mentale: ove esse vengono preservate nel loro ca:rattere proprio, appunto mentale (qualcosa di toto coelo diverso dallo psicologico), come funzione della pratka nella vita umana associata. Si potrà obiettare che, in ultima analisi, anche questa è una riduzi~J!t
93 www.scribd.com/Baruch_2013

sono sintetizzate le sue esperienze sono concetti, ma che l'arte di operare con dei concetti non è innata e neppure acquisita con la coscienza comune di tutti i giorni, ma richiede invece un pensiero reale [ wirkliches Denken] e questo pensiero ha una Lunga storia sperimentale; né piu né meno dell'indagine naturaJistica sperimentale >> 17 • Nel marxismo, cosi, il pensiero concettuale è visto, di contro alla mera soggettività dei contenuti sensibili e dell'istintività animale, per quello che è, nel suo sorgere dagli impulsi tecnici anche elementari della vita umana associatafuienta.t._l1eni2]_s>_l:r_lovip1ent<)_ verso la obiettività di ciò che è real~__j!!l_
*

17 Nella prefazione aLl'Antjdiihring dd 1885 (p. 19). «·Appunto imparando a far propri - concludeva Engels - i risuLtati dello sviluppo della filosofia durante venticinque secoli, essa si libererà da un lato da ogni filosofia della natura che stia a parte e al di fuori e al di sopra di essa, ma anche, dall'altro, .dal suo proprio metodo limitato di pensare, ereditato dall'empi.rismo inglese.»

94

www.scribd.com/Baruch_2013

quando c1o venga rivestito e ricoperto da credenze superstiziose e interpretazioni magiche, generali o particolarL In relazione a quanto si è ora cercato di chiarire acquista, mi sembra, pieno significato il concetto che Lenin fornisce della conoscenza scientifica quale infinita « approssimazione » a una inesauribile verità obiettiva (ove l'espressione leniniana «verità obiettiva » non ritiene nulla di trascendenza platonica ma è semplicemente ellittica), che si può considerare verificato da secoli di storia della scienza. Questa storia naturalmente non è isolabile come un processo lineare; essa è tutta intessuta con la vita procellosa delle società umane, con la lotta delle classi e deile loro ideologie, e connessa in modo essenziale, anche se non meccanico e immediato, con la quantità e qualità dei bisogni sociali da soddisfare e con lo sviluppo delle forze produttive. È giusto a questo punto osservare che ne.l descrivere cosi la natura del pensiero il marxismo lo raffigura né piu né meno quale esso è comunemente e normalmente presente a sé; ossia secondo la effettiva, immediata e immanente autocoscienza che si rinviene nella sua attualità. Come tutti sanno, il pensiero umano non è affatto presente a se stesso in una forma o interpretazione idealistka. .. Esso si considera sempre pensiero di qualchsa che sia esistenzialmente altro dal proprio atto, dalle operazioni soltanto mentali. Senza di che esso· si ritiene pensiero illusorio, sogno ed. errore, e non pensiero reale. Che anche il pensiero qua talis sia un fare ed un operare non modifica la sua natura mentale; l'intenzionalità teoretica, a differenza di quella pratico-sensibile, come già aveva visto san Tommaso, si riferisce al reale non direttamente, ma sempre mediante ciò che i filosofi hanno chiamato « rappresentazione», << idea », ecc.: il designatum deJle parole significanti e de He loro connessioni logiche. ( Anohe se tale fatto non possa venire in luce se non attraverso la ulteriore riflessione intorno a ciò che è pensiero.) Il linguaggio 'è appunto questa meravigliosa connessione - con il cui sviluppo l'uomo storico-sociale è concresciuto - di fisico-sensibile e di mentale. Non a caso perciò li . parola « rappresentare » ha il duplice s-ignificato « di essere al ' posto di » e di « raffigurare.». Ed ·è legittimo, doè ha un .signifi~ ~· cato rigoroso, parlare di « rispecchiamento » o di << riproduzione » sul piano mentale 18 • Chi confonda perciò l'operare mentale con 18 Sul piano mentale largamento inteso, che comprende apche la rappresentazione sensibile, o meglio rappresentazione del sensibile, oggetto immediato dell'attività pratico-sensibile (le cose che maneggiamo, gli uomini o gli animali che

95 www.scribd.com/Baruch_2013

l'operare pratico-sensibile (di cui il primo è funzione) cade in una mistica idealistica, anche se, per avventura, essa· si presentasse attraverso una fraseologia marxista. A questo proposito è da chiarire che il « criterio della prassi » non modifica la natura mentale di ciò che è mentale (del conoscere): esso prova solo - nei limiti indicati da Lenin, che già abbiamo ricordato - la non illusorietà e la illusorietà di dò che di volta in volta un pensiero attuale pretende di asserire intorno a quel che e!Yiste fuori di lui 19 • C'è, dunque, un « fuori » non metaforico che è al di fuori dalla nostra soggettività fisiologica e c'è un « fuori » metaforico, ma non per questo meno rigoroso; in questo caso il termine .serve per indicare 1a eterogeneità fra il mentale e il materiale (in senso ampio) o esistente, rispetto al quale la «rappresentazione» (il )Jlcontriamo, le prospettive, distanze e orientamenti sp.a.ziali in cui ciò si produce, L1Ie successioni temporali percepite, ecc.). Ritengo invece da escludersi che l'astratta io isolata «sensazione», o «qualità sensibile>>, possa assumersi come diretto rispec'chiamento (fotogramma, o altro di analogo) del reale. Avere ammesso questo mi i sembra il punto debole di Materialismo e empiriocriticismo di Lenin. E da osser'Vare che su questo punto Lenin rimane esattamente sul terreno dell'avversario (Mach), ossia, Jn ultima analisi, sul terreno del sensualismo passivo del XVIII secolo. Anche'. se Mach prendeva la strada dell'interpretazione idealistica della sensazione (assunta come elemento ultimo per la ricostruzione del reale) e Lenin quella dell'interpretazione materialistica. Ma, filosoficamente, questa posizione era già stata superata da Marx nel 1845, nelle Tesi su Feuerbach, attraverso la fondamentale nozione unitaria di attività pratico-sensibile, la quale apre, implicitamente, un metodo di indagine pienamente verificato, tra l'altro, dalla fisiologia delle sensazioni e psicologia empirica dei nostri giorni, quando nelle loro espe· rienze reali si pongono dal punto di vista dell'azione. (Si confronti la interessantissima discussione anti-Mach, fatta da J. Piaget nella sua Introduction à l'épistemologie génétique, II,- Paris, 1950, pp. 135-147. L'autore ignora la polemica leniniana con l'idealismo empiriocriticista.) La nozione di attività pratico-sensibile servi a Marx come punto di leva per la teoria del materialismo storico e per orientare quindi la sua stessa << critica dell'economia politica »; ma non ebbe certo influenza sulle scienze empiriche della narura. Al tempo in cui Lenin scriveva Materialismo e empiriocriticismo - tranne forse per le ricerche di Pavlov - è da ritenere che fosse ancora largamente diffusa tra gli scienziati la vecchia nozione di «sensazione» in senso astratto e isolato: comunque era la nozione generalmente propria ai fisici (da Helmholtz - che pu.re era stato anche fisiologo - a Mach, ecc.). Ciò, se spiega la situazione storica di Lenin, non giustifica però gli sforzi spesso acrobatici di molti marxi.5ti odierni per mantenere quell'insostenibile concetto, del tutto inutile in un materialismo moderno. Del resto, si è già visto che Engels scriveva che «ciò che è luce dipende dalla struttura dell'occhio ... ». (Lo stesso Lenin viene a fornire, nell'opera citata, gli elementi che avviano alla correzione o giusta interpretazione, quando asserisce che <
96

www.scribd.com/Baruch_2013

designatum; il contenuto dei concetti; l'essenza, ecc.) funge da elemento mediatore 21). Ma i classici del marxismo hanno anche sempre fatto presente « come tutte le determinazioni del pensiero che si muovono su un piano di opposizioni antitetiche abbiano validità assoluta solo in un campo estremamente limitato ~>: oltre i cui confini l'antitesi « diventa relaciva » (nel senso che l 'un termine tende a convertirsi nel proprio contrario) e quindi « inutilizzabile per l'esatta mani·era di esprimersi della scienza » 21 • Esplicitamente Lenin applicava questo principio della dialettica alla stessa « opposizione fra la materia e la coscienza » riducendo il suo « significato assoluto » ai « limiti della questione gnoseologica fondamentale » (che consiste nel chiedersi: in coppie antitetiche come natura-spirito, essere-pensiero o materia-pensiero a quale dei due termini spetta il primo posto, cioè il posto in base a cui si rende ragione dell'altro?) 22 • Al di là di tale d.ferimento la distinzione ceSJsa di essere valida, cioè perde significato. Questo non è un discorso campato in aria, fatto astrattamente, per amore di relativismo e dialettismo. All'opposto: si tratta di un'asserzione gravida di conseguenze filosofiche e, insieme, pienamente passibile di verifica concettuale. Nel marxismo, ad esempio, i «rapporti di produzione» fra gli uomini vengono anche detti rapporti materiali (onde «materialismo storico ») e ciò in un duplice senso: l. perché all'interno di essi si realizza il rapporto materiale (ossia pratico-sensibile) dell'uomo con la natura fisica nella produzione economica; e quindi dall'interno di essi si sviluppano le forze produttive « materiali » della società, su cui i rapporti di produzione sono fondati. Potremmo chiamare questo un uso ontologi..co del termine «materiale.». 2. perché questi rapporti di produzione esistono (nello spazio geografico e nel tempo storico) anche se non sono consaputi. Ed è 20 A partire da questa funzione il pensiero umano, dopo aver analizzato, può ricostruire o riprodurre il reale nel suo movimento, sviluppo, ecc., e presentare quindi se stesso nella propria piu alta essenza logica, quale mediazione c dialetticità, come avviene nella Logica hegeliana. Si tratta, come ha mostrato Marx, in uno dei suoi piu importanti scritti filosofici (l'Introduzione, del 1857, ai Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica), di quella << riproduzione del concreto - quale « risultato >> della ricomposizione dei suoi momenti astratti precedentemente analizzati - onde Hegel era sta.to condotto alla « illusione >> idealistica che il reale fosse risultato di un processo dd pensiero. Il problema rimane--\ aperto, a quali campi del reaJe, oltre l'ambito storico-sociale, tale metodo sia effetj tivamente applicabile come di~etto metodo di conoscenza. 21 F. Engels, Antidiihring, p. 10). 22 Lenin, Mater.;alismo e empiriocriticismo, p. 1.35.

97

www.scribd.com/Baruch_2013

questo un uso evidentemente gnoseologico del medes.jmo termine « materiale ». Ma questi stessi << rapporti di produzione », benché realissimi, non sono poi, come tali, nulla di immediatamente sensibile, o fisico-sensibile, e sotto questo aspetto li potremmo anche dire obiettivamente « ideali » (purché a tale termine si tolga ogni sfumatura di trascendenza, rispetto al concreto de~l'esperienza). SensibiLmente infatti io non incontro mai un capitalista o un salariato, ma solo un individuo vivente, un certo animale della specie zoologica « uomo », che può essere biondo o bruno, grasso o magro, longilineo o brevilineo, ecc. In altre parole, sensibilmente io non incontro mai l'uomo in quella che è la realtà propria di ogni individuo umano in quanto umanamente e non soltanto biologicamente storico: e cioè quale « en.te sociale ». Ma ciò accade perché i nes•si del reale (sia storico, sia naturale), o esistente, non sono mai, a rigore, proprietà immediatamenl:le sensibiii (onde tutte le discussioni sulla relazione di « causa ed effetto » ). Allo stesso modo io posso numerare un gruppo di oggetti .fisici, ma la loro numerabilità non è una proprietà immediatamente sensibile. La base oggettiva dell'articolazione, o meglio, saldatura, fra l'immediatamc;onte sensibile e la sua « connettività » mi è data nella esperienza del movimento (oggettivo; cioè colto in objecto) e della successione. Tolto .iJ riferimento alla soggettività s~B~ibile-mentale guelle differenze cadono dunque risol·vendo!>i assolutamente in un /,l unum et idem. Si vede qui il profondo errore del kantismo, giustamente criticato da Hegel, di separare il mentale (come universalmente soggettivo) dal sensibile (proveniente ah extra): siffatta separazione rende, nel kantismo, misteriosa ed eterogenea at1l'esperienza la cosa in sé. In t~J!ima_ an~l~si__ f>ercl9__l)sserzione engelsiana che l'unità del mondo è nella sua materialità si traduce nell'altra che-l;~-;;_ù~-d_~l__f!!.ondo··-~-~tieYi~~u_a_()p~(àvzÙ.; :cta.r seno clefìi qualeinsorge obiettivamente la stessa sogg~_tività. La base di taleul.mi-versale obiettività è la realtà fisica, oggetto delle scienze fisiche. QueH'unum et idem è effettivamente tale; ossia è cosi costituite per cui pèr esso non ha piu senso il rapporto aristotelico-antropomorfico di forma e materia. Se le cose non stessero cosi la conoscibiHtà del mondo sarebbe 'Veramente (e non solo per paradosso maieutico) un mistero. Ma, se si osserva bene, con questa considerazione perfino il platonismo è inverato (ossia accolto parzialmente) nel materiahsmo dialettico: senza piu bisogno di mimesi o metessi, perché la realtà obiettiva ideale cessa di apparire trascendente e precedente al sensibile ma è fusa assolutamente nellé"

98 www.scribd.com/Baruch_2013

fondamenta « materiali » di esso. Non è certo però un caso che la scienza moderna, gaLileiana, sperimentale (ma non empiricistica) storicamente sia nata in guerra contro l'aristotelismo fisico"metafisico; e si presentasse assai piu platonica che ar·istotelica 23 • Se le cose non stessero come si è detto, ·il marxismo non potrebbe sostenere, come giustamente sostiene, che la astrazione scientifica tispecchia la realtà a un livello piu veritiero della semplice « rappresentazione sensibile ». La conclusione di tutto ciò è che la obiettività deHa scienza', Jt è fondata sulla intersoggettività pratica dei rapporti umani solo in quanto quest'ultima racchiudè necessariamente in sé già ilmovi- ; mento verso la scoperta della obietdv:ità del reale ed è, per cosi dire, orientata su di essa. In altre .parole, l'obiettività scientifica, correlativa alla materiale obiettività dell'esistente, è essa ·il fonda--" mento ultimo di quanto •possa esserci di universale nell'intersoggettività umana. Altrimenti la intersoggettività umana, che include in maniera essenziale la sfera del « mentale », perderebbe quest'ultima, non potrebbe distinguersi daHH intersoggettività propria a una qaa:lsiasi specie zoologica. Ma si spiega casi perché la scienza, come aveva intuito Gramsci, si presenti oggi, attraverso il peso crescente che acqlliista nella vita sociale, quale uno dei piu potenti fattori reali di unificazione deHa mental.ità e « cultura » umana 24 • Quanto si è detto fin qui riguarda un certo tipo di verità, quello che si può dhettamente ricondurre alla definizione aristotelica citata inizialmente: la verità jnte1Iettuale. Esso sembra del tutto corrispondere al comportamento mentale comune. Ma non si ·può evitare la domanda se si tratti dell'unico tipo o dell'unico piano di verità. Porre questa domanda non significa affatto subire sollecitazioni irrazionalistiche. È solo in un senso figurato o traslato, per esempio, che si può porre un problema di verità nei riguardi dell'arte? Chi scrive non lo crede; ma qui si lascia da parte questo problema. Ma nello stesso linguaggio comune si parla di verlità in altri sensi (già Aristotele lo sapeva). Si dice, per esempio, che « Tizio è un vero amico » o che « questa rosa è una vera rosa » {e non .!

23 Ciò è storicamente vero anche per le prime appari2'1Ìoni medievali dello sperimenralismo, che sono come i prodromi della scienza moderna. Di fronte alle quali il tomismo si presenta come una grande organizzazione mentale conservatrice. 24 Ma si deve anche riconoscere che in Gramsci vi è la tendenza a identificare l'oggettivo con l'universaJmente soggettivo (in SC'llSO storico-umano}, e non a fondare il secondo sul pr.imo (dr. Il materialismo storico e la f1losofia di Benedetto Croce, Roma, 19711, p. 168}.

99 www.scribd.com/Baruch_2013

una rosa finta). È solo in senso figurato o traslato che si adoperano queste espressioni? L'intellettualista (anche in veste marxista) risponde di sL Chi scrive non lo -crede. Naturalmente, dal punto di vista formale, quelle espressioni si risolvono nel tipo di verità che già abbiamo esaminato. La proposizione « Tizio è un vero amico » equivale all'altra « Tizio è un amico è un giudizio vero ». Ma in questa riduzione si perde il senso del loro uso reale. Quei modi di espressione rispondono alla domanda se la data cosa corrisponde, o no, a runa certa essenza. Vi è anche qui, dunque, una questione di corrispondenza o di adaequatio, ma in senso del tutto diverso dal già visto. È evitabile il problema de1le essenze? Si può porre, cioè, il problema della verità (nel di·scorso) in modo suHidentemente çompleto senza integrarlo nella questione delle essenze? Se io ti giudico « bianco » e ·il mio giudizio è vero, ciò significa che tu appartieni, almeno in questo momento, aJla classe delle cose bianche. Ma se tu perdi questa proprietà ç.essi di essere quello che sei, un uomo? Come, inve-ce, cessi di essere un uomo se perdi certe altre proprietà che sono perciò essenziali all'esser uomo? Basta porre questa domanda per scorgere che il problema delle essenze non è semplicemente identico a quello dei designata né a quello delle classi logiche. (Rispetto a quest'ultimo, vi è all'incirca 1la stessa differenza che corre fra l'estensione e l'intensità, o comprensione, di un concetto, secondo la logica tradizionale. Il problema, come è noto, era stato posto da Socrate, nel suo andar indagando il 'tl. ÈCT'tt delle diverse cose.) Credo che il materialista moderno non dovrebbe avere nessuna paura di queste essenze. Credo che, anzi, egli non possa rimanere, come il materialista medievale, sul piano del nominalismo e quindi del mero empirismo. Nel ~n_ess() f.ra estensione -~ comprensione di ~B concett~_~_Q~~!Qi_le clJ.~4-~~Q~ _trovat"Si anchej}J:)Ul}to -~-)J1seri­ mento della d!ff~E~JJza fr~J~ca formale e dialettica 25 • Chi scrive non crede che le classi (logiche), in quanto classi, abbiano un correlato nella realtà. La utile distinzione elaborata dai moderni logici matematici fra classi che non contengono nessun elemento e classi che contengono uno o piu elementi non appare sufficiente a fornire l'indicazione di un siffatto correlato 26 • Ma altra cosa è la questione delle essenze e del loro correlato reale, come già aveva visto Aristotele (nello scritto sulle Categorie, 4, 5). La realtà delle specie biolo25 Trovo fatta questa proposta da G. Klaus neHa sua Einfiihrung in die formale Logik, Berlin, 1958, p. 147. 26 Cosi invece sembra ritenere il Klaus, ivi, pp 143-144.

100

www.scribd.com/Baruch_2013

giche, messa in luce da tutti quei modi di dproduzione della vita che non avvengono in forme asessuate (cioè dai modi di gran lunga piu diffusi nella natma vivente) - anche se non si tratti di una realtà assoluta e rigida, msa ovvi.a dopo Darwin - mostra come-: il problema aristotelico delle OEvnpa.t. oùcr!a.L sia, allivello delle spe- ' cie viventi, tutt'altro che scientificaa:nente infondato. Il fatto che esse e i loro caratteri propri siano scoperti per induzione, e l'ap:partenenza di individui ad esse sia appurata attra,verso metodi empirici (statistici, ecc.), non toglie di per sé nulla alla loro obiettività reale e materirule, che tuttavia si costituisce e si dissolve attraverso il fissarsi di mutazioni individuali. Per ogni realtà che si presenti in qualche modo come un totum organko ·puÒ esser posta un'analoga questione (naturalmente « .analoga » non vuol dire « identica » ). Il marxismo, in quanto materialismo storico, è centralmente interessato a ciò, in riferimento alla nozione di « formazione economk
www.scribd.com/Baruch_2013

suo essere non è O!Ìente di oggettivo» 27 • « ... se l'uomo reale, corporeo che sta sulla ferma, solida terra, espirando e aspirando tutte le forze naturali, pone le sue reali, oggettive forze sostanziali come oggetti estranei, questo porre non è soggetto [nel senso speculativo-idealistico]: 'è la soggettività di oggettive forze sostanziali, la cui azione deve essere anche una azione oggettiva. » 28 (Il problema filosofico posto dall'idealismo speculativo è stato rovesciato: non si tratta dì sapere come la pura soggettività si fa individuo corporeo vivente, ma, all'opposto, come l'individuo corporeo vi- , vente si fa soggeHo.) Ma dò riguarda ancora, soltanto, l'uomo· come « immediato ente naturale » (come « individuo umano vivent-e », si dirà nella Ideologia tedesca, in quanto « presupposto di ogni storia »). · Ma, continua Marx, « l'uomo non è soltanto ente naturale umano ... ». La rela2Jione che hanno gli individui umani fra loro non è « la generalità interna, muta » della « specie » zoologica. È quella dei « rapporti sociali », onde « ne1la sua realtà » ogni uomo è un «insieme di rapporti sociali» (cfr. Tesi su Feuerbach, VI). Dov'è il legame del momento umano con il momento naturale dell'uomo? Nella soddisfazione dei suoi bisogni vitali, nella produzione e riproduzione deLla sua vita materiale. Ma il modo in cui ciò avviene (socialmente) differenzia r.rdicalmente uomo e animale, mondo umano e sfera zoologica. « L'animale fa immediatamente n « ... Esser oggettivi, naturali, sensibili, e avere altresi un oggetto, una natura, un interesse fuorl di sé, oppure esser noi stessi oggetto, natura, interesse di terzi, è l'idenrica cosa. tLa fame è un bisogno naturale, le occorre dunque una natura, un oggetto, al di fuori, per soddisfarsi, per calmarsi. La fame è il bisogno oggettivo che ha un corpo di un oggetto esistente fuori di esso, indispensabile a,lla sua integrazione e alla espressione del suo essere. H sole è oggetto della pianta, un oggetto •indispensabile, che ne ronfe.rlllil la vita, come la pianta è oggetto del sole, in quanto è manifestazione della fomt vivificante del sole, dell'oggettiva forza essenziale del sole» (K. Marx, Opere filosofiche giovanili, trad. di G. della Volpe, Roma, 11)50, p. 302). 28 « ... L'uomo è immediatamente ente naturale. Come ente naturale, e ente naturale vivente, è da una parte forni·to di forze naturali, di forze vitali, è un attivo ente naturaJe, e que~ forze esistono in lui come disposizioni e capacità, come impulsi; e d'altra parte, in quanto ente naturale, corporeo, sensibile, ogget· tivo, è un ente passivo condizionato e limitato, come è anche l'animale, e la pianta: e cioè gli oggetti dei suoi impulsi esistono fuori di lui come oggetti da lui indipendenti, e tuttav~a questi oggetti sono oggetti del suo bisogno, oggetti indispensabidi, essenziali alla manifestazione e conferma delle sue forze essenziali. Che l'uomo sia un ente corporeo do~a.to di forze naturali, vivente, reale, sensibile, ogget· tivo, significa ch'egli ha come oggetto della sua esistenza, della sua manifesta· zione vitale, degli oggetti reali, sensibili, o che può esprimere la sua vita soltanto in oggetti reali, sensibili » (iv i).

102

www.scribd.com/Baruch_2013

uno con la sua attività vitale, non si distingue da essa, è essa. L'uomo fa della sua attività vitale stessa l'oggetto del suo volere e della sua coscienza. Egli ha una cosciente attività vitale: non c'è una sfera determinata con cui immediatamente si confonde. » Tra l'agire animale e l'agire umano vi è questa differenza essenziale, in quanto il secondo è, anche nelle sue forme piu primitive, un quanto già umano, un agire finalistico (ossia un agire secondo la rappresentazione di f.ini, secondo disegni e progetti) 29 • Il pensiero dell'uomo non è pura teoreticità o contemplatività che si aggiunga dal di fuoni, teologicamente o miracolosamente, alla sua animalità. Troviamo, cosi, un piano piu profondo, che sottende a quanto si è detto sopra intorno alla verità in senso intellettuale, piano in cui ha la sua mdice la stessa differenza fra verità e ideologia, ossia fra msoienza tecnica (e scientifica) quale si rea\lizza prima di tutto nell'attività di lavoro e mera coscienza ideologica come riflesso di un insieme di determinati (storicamente) rapporti sociali (o di produzione). È il punto questo, vedremo meglio fra poco, in cui tutto ciÒ che concerne l'uomo in quanto uomo fa nodo e si articola. E proprio perché la coscienza dell'uomo in quanto coscienza capace di verità (nel giuclizio, nel discorso) ha questo carattere originariamente tecnico, nel senso deUa rappresentazione del fine (l'uomo, si potrebbe dire, è l'animale che introduce il finaHsmo nel mondo), ha senso riporre il criterio di verità in ultima analisi sempre nella pratica. Marx trae tutte le conseguenze da siffatta caratterizmzione dell'agire, quale si verifica anche neLl'atto piu elementare dell'attivjtà di lavoro e di produzione materiale umana. Esso comporta, innanzi tutto, il fmngerni di quella chiusura nella specie che è caratteristica deWanimale, e quindi l'aprirsi alla coscienza umana di un orizzonte infinito (i cui confini, potremmo dire, sono quelli dell'essere).« Invercr-,- scrive Marx- anche l'animale produce: esso si costruisce un nido, delle abitazioni, come le apti, i castori, le formiche ecc. Ma esso produce soltanto ciò di cui abbisogna immediatamente per sé e per i suoi nati; produce parzialmente, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico e produce in senso 29 lvi, p. 231. Gr. K. Marx, Il capitale, I, p. 212: «H nostro presupposto è il lavoro in una forma ne!Ja quale esso appartiene esclusivamente all'uomo. H ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l'ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall'ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera ».

103

www.scribd.com/Baruch_2013

vero e proprio soltanto nella libertà dal medesimo. L'animale produce solo se stesso mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il prodotto dell'animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo si pone Hberamente dinanzi al suo prodotto. L'animale forma cose solo secondo la misura e il bisogno dehla specie cui appartiene; mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e dappertutto sa conferire all'oggetto la misura inerente, quindi l'uomo forma anche secondo le leggi della bellezza. » 30 Questo oltrepassamento della specie zoologica è il dissolversi, nell'uomo, dell'immediatezza animale (immediata identità con la propria attività vitale), e ciò condiziona- quindi attraverso il lavoro e la produzione sociale - il costituirsi per l'uomo di un « mondo oggettivo », e il modo del costituirsi (o porsi) di esso: « né gli oggetti umani sono gli oggetti naturali quali si presentano immediatamente, né la sensibil.a.tà umana, quale è immediatamente e oggettivamente, è umana sensibilità, umana oggettività. Né ,la -1: !!~!ll_~a obiettiva, né la natura subietti"{;l __ ~_immediatamente pre~ sente comeladeguatàl all'ente JlJ!?~no ». In questo enunciato è forse da vedersi il nucleo filosofico piu profondo del pensiero di Marx. La adaequatio del mondo (reale, .ecc.) in senso umano non concerne solo la oggettività di ciò che noi conosciamo, ma anche la radice naturalistica della stessa soggettività che noi siamo; quella per cui siamo articolati con tutto il. reale e, per cosi dire, insediati in esso. La trasformazione deLl'uomo da ente immediatamente naturale in ente storico-sociale, _che è la sua nascita come uomo (e « l'atto di nascita », dice Marx, è appunto la storia), concerne o investe tutto l'uomo e non una parte di esso. Tutto l'uomo, e quindi, innanzi tutto, la sua parte naturale, la sua attiva, sensibile naturalità con ciò che essa comporta o da cui sgorga: il suo vivere i propri bisogni, il suo goderne la soddisfazione o no; e, in genere, i suoi sentimenti ed emozioni, o affetti e passioni, come si vogliano chiamare. Già Spinoza, molto profondamente, aveva affermato « affectus animalium, quae irrationalia dicuntur, ab affectibus 30 Questi passi possono essere confrontati e insieme integrati con quanto scriveva Engels molti anni piu tardi nei suoi appunti per la Dialettica della natura ( trad. i t. ci t., p. 151 ): « L'esistenza normale degli animali è data insieme alle condizioni ambientali nelle quali vivono e alle quali si adattano - le condizioni dell'esistenza normale dell'uomo, al momento in cui si differeru:ia dall'animale in senso stretto, non sono ancora mai esistite, ma devono essere elaborate nel futuro processo storico L'uomo è l'unico animale che può trarsi fuori, con la sua attività, dallo stato puramente animale, che può trasformare il suo stato normale in uno piu adatto alla sua coscienza, che dev'essere da lui stesso creato ... ».

104 www.scribd.com/Baruch_2013

hominum tantum differre quantum eorum natura a natura humana differt. Fertur quidem equus et homo libidine procreandi; at ille libidine equina, hic autem humana ». Se ciò che caratterizza il modo (sociale) in cui l'uomo in quanto uomo produce e riproduce la propria Vlita materiale è l'agite secondo rappresentazione di fini; e, se la conseguenza di ciò è l'aprirsi all'uomo di un orizzonte mentale illimitato sull'essere delle cose, questa sua nuova natura (storico-sociale) non può non investirlo radicalmente. Ma ciò significa che nessuna antropologia o psicologia, o fisiologia, ecc. (e neppure logica, sia che abbia a oggetto la ~ogicità immanente al linguaggio comune, sia il suo perfezionamento in ulteriori linguaggi strettamente razionali o matemacici) è sufficiente a cogliere integralmente l'ente umano. Per esprimersi con un vecchio termine, che è stato modernamente rinnovato, possiamo dire che quel punto di vista integrale sull'uomo insito nella comprensione de1la sua natura storico-sociale conduce a mettere in luce la ontologicità (in ~~nso -~!-~o:J~.,s.~~cità d_Lrife_~j;:si_ all'essere dell~--~J dell'uomo stesso. Ossia condm:e a un piano di verità piu profondo di quello del discorso logico, dal quale quest'ultimo è condizionato (ma che, d'altronde, è a sua volta da quest'ultimo controllato). È il piano in oui la naturale (sensibile) articolazione dell'uomo con tutto il reale (o suo insediamento nel reale) primariamente l i riceve un slghificato umano. Se gu~s_tg_è _!!letafisica_afferm~mo . , che il marxismo è g-qest(l_metafisiç_~. In questo senso Marx può seri~ vere, in un'altra pagina dei Manoscritti de/1844, che« i sentimenti, le passioni, ecc. dell'uomo » (i quali « si affermano realmente per il fatto che il loro oggetto è per essi sensibile ») « non sono soltanto determinazioni antropologiche in senso stretto », bensf hanno vaJore antologico, sono « ontologische Wesen (Natur) bejahungen ». Non si tratta, soltanto, di un « Marx giovane ». Il punto di vista critico da oui si svolge quella «critica della economia politica » che è Il Capitale implica esattamente questo. Altrimenti sarebbe un'operazione puramente magica la risoluzione critica che ivi si opera di ciò che l'economia classica concepiva come « cose » in « rapporti fra uomini » e quindi la stessa storicizzazione delle categorie economiche. Quella operazione mentale non avrebbe alcuna base reale in dò che 'l'uomo produttore - in gu-isa sensibilerazionale, ma in relazione ai suoi bisogni vitali - effetnivamente compie, a un certo grado del suo sviluppo storico-sociale (e non avrebbe base reale l'attività rivoluzionaria intesa come « attività 105

www.scribd.com/Baruch_2013

pratico-critica » ). Tutta 1a problematica della cosiddetta « reificazione »è intrinsecamente connessa con quanto si è detto. Si potrà osservare che que1la ontologicità deH'ente umano, .a cui ci siamo rifatti, è una nozione propria anche dell'esistenzialismo e che è stata svolta da esso. Ma, se consideriamo le correnti principali del pensiero borghese contemporaneo, esistenzialismo, pragmatismo e neopositivismo, il marxista si può forse meravigliare che in ognuna di esse si trovi sviluppato unilateralmente (e in guisa deformata talvolta fino alla mostruosità) un aspetto intrinseco del marxismo? Il marxista si potrà forse meravigliare che tutta la filosofia borghese contemporanea consista in una dissociazione degli elementi fondamentali del marxismo in cui va perduto l'essenziale (doè l'unità): la dialettica e il materialismo?

Solamente sul piano piu profondo della problematica della verità che si è ora raggiunto viene in luce pienramente e senza artificio la sua oggettiva connessione con quella delia libertà; cioè si trova un passaggio (non ideologico e non retorico) fra l'una e l'altra. Ma non è 'inutile premettere, almeno in forma schematioa, alcuni richiami storici. L'uso o gli usi deJia parola « libertà )> che qui ci riguardano traggono la loro origine dal rapporto di produzione dominante nel mondo antico, dal rapporto di schiravo-padrone, e dalla successiva estensione di s~gnificato alla vita politica della 7tOÀ.Lç. Gli uomini sì dividono in liberi e non liberi. La « libertà » ( ÈÀ.e:v~e:ptet) viene indicata da Aristotele come iJ valore ·(&.çt:cx) proposto da una determinata forma politica, aa democrazia, a differenza dei valori dominanti in altre forme politiche. Aristotele stesso viene a svolgere tutta la problematica della vita morale {volontarietà e non volontarietà, virtu, bene, ecc.), e a svolgerla mi.vabilmente, senza mai fare uso di questa parola. Ma i1 linguaggio comune e letterario già aveva introdotto la metarfora della « libertà >) nel discorso intorno alla moralità, e precisamente per indicare il rapporto dell'individuo umano (che in qualche parte del suo essere è « ragionevole ») ·con le proprie passioni o brame: si è schiavi o padroni di esse. Di qui ha origine un tipo di problematica morale che troviamo per esempio in Platone, il quale la collega, anche, direttamente col .suo utopismo politico (cfr. nel IX della Repubblica la deduzione, per cosf dire socio-psicologica, dell'uomo tirannico dall'uomo democratico). Assai piu tardi, attr.aN'erso procedi106

www.scribd.com/Baruch_2013

menti mentali (o verbali) c in collegamento ·con situazioni idealo· giche che qui è inutile evocare, iJ tema « libertà » viene trasportato alJ'interno stesso della problematka del volere (la « volendi nolen· dique libertas }> di Boezio) e si entra nella vertiginosa· e abiiSsale problematica del liberum arbitrium, collegata con ] 'ideologia religiosa cristiana, che ha avuto molteplici traduzioni speculative e laicali, come per esempio ancora in Kant. Sia qui sufficiente questo minimo di riferimenti storici. In che senso possiamo parlare correttamente di « libertà » muovendo dalle questioni che già abbiamo esaminato? In un senso che non tmgga piu ·il suo significato, evidentemente, dal rapporto di produzione dominante nel mondo amico; ma che poi sia anche in grado di spiegare i vari usi ideolo·gki dd termine slorkamente prodottisi (il che qui non potrà essere fatto se non per accenni) e di assumere o non assumere ·i corrispondenti vaJori o ideali. Tuttavia 1'-immagine ·rimane quella storicamente originraria: libero è il padrone, o chi ha la capacità (originariamente ciò che era inteso in senso giuridico) di esser padrone e proprietario. Ciò corrisponde alia nozione di appropriazione e di signorcggiamento, o dominio, che troviamo nel marxismo innanzi tutto applicata al rapporto atti·vo de1l'uomo con la- natura. In questa attività, in quanto umana, è essenziale .iJ finalismo cosciente sopra indicato. A partire da questo nesso si può parlare di « libertà » dell'uomo in senso non ideologico, ma critico e filosofico. Verità e libertà hanno dunque nell'Ltomo la medesima radice. Ciò comporta che l'uomo sia originariamente sovrastato e dominato da una natura che egli è indirizzato a sua volta a dominare attraverso la forma o modo umano in oui egli come vivente produce e riproduce la propria vita (biologica, innanzi tutto); e cioè attrave11so ri·l lavoro sociale e la produzione. Mediante la quale attività l 'uomo ins·ieme mantiene {riproduce) ed esplica, o applica, le proprie forze e energie naturali o fisiche, in indissolubile sintesi con le energie e capacità mentali (inteHettuali e morali) che si producono, ,accumuiano e trasmettono nello svolgimento storico-sociale. Ma questa continuità avviene sulla base di .un'altra continuità: del sommarsi e accumularsi di forze produttive che generate nella vita sociale (prodotte dagli uomini nel loro rapporto attivo con la natura) vengono a sovrastarli e dominarli come una « potenza estranea », come una « seconda natura» (cioè attraverso regolarità, o leggi obiettive, che una scienza sorta nell'età moderna, l'economia, si industria di conoscere).

107

www.scribd.com/Baruch_2013

Appare cosf, in linea di principio, un nuovo problema di «li« seconda natura ». È interessante notare che, appena esso fu in qualche modo (indirettamente e confusamente) avvertito, fecero la loro comparsa, storicamente, ideologie e utopie comunistiche, che troviamo lungo il corso deHa civiltà, nel mondo antico e in epoca cristiana. (È qui fuori consideraeione il «comunismo primitivo».) Non si tratta di un caso. Allo sviluppo di quella « seconda natura», ossia della sfera economica, è collegata intrinsecamente, infatti, per esprimersi con Rousseau, l'origine della « diseguaglianza » fra gli uomini. Allorché !',aumento della produzione (divisione sociale del lavoro; acquisizione e trasmissione di nuove capacità tecniche, ecc.) dà alla forza-lavoro umana h capacità di creare un prodotto maggiore di quanto sia necessario a-1 suo mantenimento si verifica la condizione per cui un gruppo umano si appropria il prodotto di lavoro di un altro gruppo umano: e quindi il dominio su tutta la società di una parte di essa (divisione della società in classi antagonistiche; costitll!irsi dd potere politico o Stato). Ma è proprio per questo che ogni problema mondano e umano di libertà (ossia ogni problema di libertà che non sia stato trasferito in un al di là teologico o metafisicamente mistificato) si riconduce, direttamente o indirettamente, ai due aspetti sopra indicati. Al limite 'SÌ può dire che ciò che razionalmente rimane di ogni ideale politico o giuridico o morale di libertà storicamente prodettosi è iJ movimento verso il comunismo; ossia verso una forma di vita associata in oui sia stato possibile abolire lo sfruttamento del lavoro, e quindi la divisione delle classi, in cui il potere politico abbia perso le ragioni di esistenza, e lo sviluppo delle forze produttive venga dominato e regolato collettivamente dagli uomiin. Le condizioni storiche del mondo moderno hanno reso reale la possibilità di questo passaggio: e intorno ad essa, sia pure in forme fino ad oggi drammatiche, si è già di fatto venuto unificando il corso storico del genere wnano. Tuttavia, come osservava Marx, quella J:ibertà rimane ancom legata alla necessità naturale sempre presente attraverso le condizioni biologiche della vita umana. Epperò, muovendo dal comunismo, sulla base permanente di quel « regno della necessità », ma al di sopra e al di là di esso, si inizia uno sviluppo delle energie e persone umane che vale intieramente come scopo a se stesso. Che è il senso reale dell'ideale morale espresso nel « regno dei fini ».O« regno della libertà »,come Marx lo chiamava.

i be.rtà », che è quello del signoreggiamento di questa

L

108

www.scribd.com/Baruch_2013

Sappiamo di non aver affatto esaurito i problemi attinenti aUa relazione verità~libertà. In certo modo, anzi, la loro discussione comincerebbe a questo punto. Tutti sanno da sempre che verità non si oppone solo a errore, ma anche a menzogna: il che fa immediatamente presente il rapporto fra uomini, e neJl'aspetto piu propriamente morale e nell'aspetto ideologico. Dei problemi a ciò connessi si deve dire che una discussione di essi sub specie aeternitatis, o in assoluto, non ha senso, Il -che, d'altra parte, non comporta punto un'evasione da essi, ma, all'opposto, h loro inteLligenza (e commisurazione) nella relatività storica in cui si presentano. Si tratta, per noi, soprattutto dei problemi dehla « libertà » in senso attualmente politico e morale; fra i quali rientrano anche quelli deLla ricerca della verità (dei « diritti dell.a scienza » ), della ~a organizzazione e dei limiti di tale organizzazione, della circolazione delle idee, della « tolleranza », del potere politico, deLla relazione fra dirigenti e diretti, del nesso J,ibertà-responsabilità e quindi disciplina-autodisciplina, che include anche il rapporto educativo {« responsabilità contro arbitrio individuale - scriveva Gramsci - è sola libertà quella "responsabile", cioè" uni-· versale", in quanto si pone come aspetto individuaJe di una "libertà" collettiva o di gruppo, come espressione individuale di una legge»); e cosf via. Ma riteniamo che ognuno di essi può diventare facilmente una gherminella 1ideologica se essi non vengono criticamente esaminati a partire daJ nesso che si è cercato di chiarire o dalla discussione di esso: dalle questioni che esso pone in luce. A proposito del « concetto di libertà » scriveva, ancora, Gramsci in carcere che essa non è « un pallone con cui giocare a football ».

1960

109 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Marxismo e soggettività

Approssimazione al problema

Non ho scelto questo argomento a caso. Personalmente ritengo che sia un tema di grande rilievo nel marxismo, qudlo della soggettività, perché riguarda direttamente l'uomo; inoltre non si può ignorare il grande peso che esso ha avuto nello sviluppo della filosofia moderna prima del marxismo. Vale anche a questo proposito, mi sembra, dò che diceva Lenin: « H marxismo risponde a problemi che evano già posti, non solo'! dalla realtà, ma in quarlche modo anche dal pensiero». Devo dire ; subito che assumo questa proposizione di Lenin come un dnone~ interpretativo, non per ragioni dogmatiche, ma (all'opposto) nella misura in cuJ essa è largamente verificabile e può diventare ·quindi illuminante. Ma una considerazione generale non basta. Oggi, almeno in certi contesti culturali, Jl tema (o, se vogliamo, il problema) della soggettività è riproposto con forza al marxismo da .alcune tendenze di pensiero che intendono mantenersi in stretto contatto, in stretto dialogo con esso. Cosi accade ·in Francia con Sartr..e e la sua Critique de la raison dialectique. In I tali a abbiamo una rinascita della fenomenologia basata soprattutto sulla utilizzazione degli scritti po·stumi di Husserl, che ha anch'essa come sua caratteristica originale lo sforzo di condurre un dialogo organico col marxismo e compie il tentativo di interpretarlo nella prospettiva fenomenologica. Anche da questa parte iJ tema della soggettività è riproposto al marxismo come un punto di confronto e di a~pprofondirnento essenziale. Noi non respingiamo questo confronto, né lo interpre111 www.scribd.com/Baruch_2013

tiarno semplicemente con spmto di controversia. Pensiamo che nel marxismo vi sono molti problemi aperti, e che, proprio per questo, è una dottrina viva. E crediamo che anche il ripensamento e lo sforzo di approfondimento dei suoi grandi motivi originari e fondamentali non possa considerarsi mai chiuso; né si possa svolgere in vitro, cioè fuori dalle sollecitazioni che provengono da altr.i indirizzi .di pensiero, dal momento che questi esistono. Pensiamo che questo sia un atteggiamento utile e giusto in generale, che non indebolisce per nuhla il ·carattere di lotta ideale e pratica del marxismo, ma anzi gli dà maggior respiro e efficacia, e un nutrimento vivo. {Non importa dire, credo, che il confronto con altri indirizzi di pensiero passa per noi sempre attraverso il confronto con la realtà e la analisi di essa.) Cosf, per esempio, proprio il tema della soggettività è stato oggetto qualche mese fa di un incontro a Roma fra Sartre, il prof. Paci di Milano, che è iJ maggior mppresentante in Italia della corrente fenomenologica a cui ho accennato, e noi 1 • Un incontro che si è concluso con il tentativo di definire i punti su cui si è d'accordo e quelli su cui si è in disaccordo e con 1'intenzione di proseguire la discussione.· Che il problema della soggettività esista nel marxismo lo si vede immediatamente dalla stessa terminologia della lotta (politica, economica, ecc.). È impossibile in essa fare a meno di distinguere •le « condizioni oggettive » e le « condizioni soggettive » in cui si svolge la 1lotta stessa. È una .distinzione di carattere filosofico e metcklologico sempre immediatamente presente e necessaria. Si può anche subito osservare che nella parola « soggettivo » ci si riferisce qui generalmente à una soggettività di gruppo o collettiva (della classe o di una parte di essa, del partito, e cosi via). Inoltre si può osservare che con l'espressio"ne « soggettivo » ci si riferisce prevalentemente aHo stato di coscienza 'o presa di coscienza del gruppo umano in questione {in lotta) rispetto .a problemi e condizioni considerati oggettivi. Si presentano cosi subito due problemi diversi. Il primo è questo: se con il termine soggettività si intenda, nel linguaggio del marxismo, solo la coscienza e la presa di coscienza - il Bewusst-sein e j,l Bewusst-werden - o anche qualcosa di piu, di cui la consapevolezza (e il grado di consapevolezza) 1 Si tratta di un incontro svoltosi a Roma nei giorni 12-13 dicembre 1961, organizzato dall'Istituto Gramsci per ini:>:iativa delle riviste Temps moderns, Aut-aut, Società e Il pensiero critico. Il dibattito intomo al « problema della soggettività » fu introdotto da brevi relazioni di ].-P. Sartre, Enzo Paci e Cesare Luporini.

112 www.scribd.com/Baruch_2013

è un momento essenzi.ale, ma non unico e esaustivo. Ora, la risposta a questa domanda è molto facile, almeno nel suo aspetto generale: tutti sanno che la consapevolezza (iJ Bewusst-sein) è per il marxismo un momento della praxis e della praxis umana associata. In essa, quindi, si deve trovare H terreno ultimo, o la dimensione complessiva, in cui porre il problema della soggettività, a liveLlo umano. L'altro problema è invece quello del rapporto fra la soggettività di gruppo (di classe, di partito, ecc.) e la soggettività individuale. Questo è un problema tutt'altro che facile e semplice e in-torno a esso è particolarmente acuta la discussione (per es. da parte di Sartre). Il primo e piu elementare aspetto della difficoltà è rappresentato dal fatto che i gruppi sono costituiti da individui~ e che una qualsiasi coscienza di gruppo, collentiva, o si realizza negli individui o non c'è. La questione poi nel suo fondo è legata a1l'altm, piu generale e filosofica, della intersoggettività. Ma a questi due problemi già presenti {e interni, per cosf dire, alla locuzione steS<Sa) quando noi in linguaggio marxist'
1 1

113

6

www.scribd.com/Baruch_2013

natura che poi era soprattutto h fisica cosiddetta. «classica », anzi la meccanica, non si sarebbe, fra l'altro, potuta costituire senza la fondamentale distinzione (fondamentale per essa) fra qualità primarie e secondarie (per esprimerla, come si usa, secondo la terminologia di Locke) la quale rinvia al problema del « soggetto » conoscente. È una distinzione infatti che troviamo in tutti: in Cartesio, in Galileo, in Boyle, in Newton ecc. E non è un caso che la prima filosofia pienamente e intenzionalmente ~dealistica moderna, quella di Berkeley, si fondi sulla negazione e riduzione di tale distinzione. Questa distinzione a sua volta illumina un aspetto essenziale della nuova scienza: i:l fatto che essa non è semplice empiria descrittiva e catalogante (nella quale, per cosi dire, il soggetto possa dimenticare se stesso) hensf costruzione ~sperimentale nella quale l'uomo interviene sia manualmente sia intehlettualmente: e intellettualmente con l'elaborazione di nozioni astratte non sempre immediatamente di senso comune (principio di inerzia, nozione di massa, ecc.) la ·cui unica plausibilità è la loro traducibilità in linguaggio matemat~o come strumento menta;le di misura e di cak:olo del dato empirico. Questo aspetto rinvia nuovamente alla soggettività non piu come passività sensibile, ma appunto come a.ttiiVità intellettuale. La situazione che ho qui sommariamente descritta rimane valida fino a Kant e condiziona e promuove .il pensiero dei maggiori filosofi e 'scienziati dei XVII e XVIII secolo. Naturalmente la soggettività di cui si parla (l'uso moderno del termine comincia solo nel XVIII secolo) è soggettività deLl'uomo, e la spinta principale è quella di definire gli ~petti o elementi di essa validi universalmente; o intersoggett1vàmente, come diremmo oggi. Ma dò non toglie che il problema della soggettività si presenti dissociato dal problema inte~rale dell'uomo. In Kant, ad esempio, proprio per la statura di questo fiJosofo, e .anche per la sua posizione in certo senso concLusiva. di un grande periodo, gli elementi di tale dissociazione appaiono in modo molto esemplare. Per lui - come, piu o meno, per tutti i pensatori classici precedenti tla grande stagione dell'idealismo tedesco - realtà ultima umana sono gli individui umani, creature naturali e razionali, dotate di una razionalità essa stessa « naturale », cioè enti finiti, senzienti, desideranti, raziocinanti e operanti. Ma questi aspetti sono profondamente divisi. L'individuo umano .in Kant è portatore di almeno tre soggettività, .assai eterogenee tra loro: la soggettività del senzient·e, la soggettiwtà del desiderante e agente, la soggetti114 www.scribd.com/Baruch_2013

L_yità del pensante. Tutto il sistema kantiano è un grande tentativo di suturare queste divisioni (dopo averle prodotte), sia attraverso collegamenti successivi ad esse, sia attraverso la ricerca orla ·supposizione di radici unitarie profonde, piu o meno segrete e mistenose. La spinta prindpale è quella di definire gli elementi della conoscenza validi universalmente o intersoggettivamente, come diremmo oggi: e quindi fondamentali per la scienza. La nozione kantiana del trascendentale, per esempio, spogliata dei suoi caratteri speculativi, ha evidentemente questo significato. Gli aspetti tecnicomateriali dell'operare scientifico, che in qualche modo lo collegavano alla tradizione rurtigiana, e al sapere tecnico racchiuso in essa, vengono trascurati. È caratteristico, per esempio, che l'interesse culturale per essi che ebbero uomini come Diderot (ed è presente nell'Enciclopedia) trovi scarsissima corrispondenza nelle grandi sistemazioni filosofiche. A questo livello di considerazione filosofica li troviamo presenti invece nella diffusa esaltazione ottocentesca del « metodo sperimentale » {su cui si appoggerà largamente iJ positivismo). Non è un caso che Marx nella prefazione alla prima edizione del Capitale .(1867) faccia riferimento a esso (microscopio, reagenti chimici, osservazione, esperimento) per segnare la differenza con i'l suo metodo, centrato tutto invece, necessariamente, suLla « forza dell'astrazione ».Nella sua considerazione epistemologica Marx (sotto questo riguardo) si arrestava a siffatta contrapposizione, funzionale a.Ua .sua ricerca critica, e condizionatrice, altresi, della specifica forma sistematica di esposizione a cui essa approda (per interna necessità). Ma non è senza interesse ricordare qui che Engels nella prefazione alla seconda edizione dell'Antiduhring ( 1885), collocandosi dal punto di vi,sta di una considerazione epistemologica complessiva, potesse affermare che « l'arte di operare con dei con- ':;l< cetti non è innata e neppure è acquisita con la comune coscienza· quotidiana, ma richiede invece un pensiero effettuale » e che « que- , sto pensiero ha una lunga storia: sperimentaJe [ erfahrungsmiissige ' Geschichte], né piu né meno della indagine naturalistica sperimentale ». Vi è qui un tentativo di congi-ungere in maniera non estrin- .• seca sperimentalismo e coscienza storica, articolandoLi al livello-~ piu alto, cioè a quello dei concetti (essi stessi « risultati » storicosperimentali) con cui l'esperienza può venire .interpretata e dominata (che era poi il senso engelsiano di «sintesi dialettka »): dialettizzando in una vi,sione epistemoJogica unitaria scienza e storia 115 www.scribd.com/Baruch_2013

della scienza, concetti ~ganizzatori e storia (sperimentale) della loro produzione. È su questa strada, a chi ben guardi, che si inoltra e procede Gramsci quando dà rilievo all'importanza del.la scienza non solo come strumento di dominio sulla natura, ma, in pari tempo, come elemento di unificazione 'OulturaJe dell'umanità, nell'epoca mooerna. La validità intersoggettiva della ·scienza della natura (intesa come sintesi di attività teorica e attività pratico-sperimentale) assume nella visione gramsciana il valore di « lotta per l'oggettività » - attraverso gli stessi antagonismi del processo storico-reale- e quindi di lotta « per liberarsi dalle ideologie parziali e fallaci ». Ora, 'lo innalzarsi a un siffatto punto di vista, dischiudente un orizzonte problematico cosi globale, è possibile muovendo da una intuizione della soggettività che non è piu soltanto que1la che naoce dall'interno della galileiana scienza della natura, nei suoi sviluppi fino a noi, ma che ha preminente radice in un terreno diverso e, storicamente, nella svolta che si proouce nell'ideaJismo tedesco dopo Kant. Per collocare il materialismo marxista dobbiamo perciò fare questo passo indietro. È ben noto come il problema della soggettività (del soggetto) cambi profondamente caratteri nell'1dealismo tedesco postkantiano, benché quest'ultimo, dal punto di vista teorico, prenda l'avvio da Kant. Il fondo culturale decisivo non è piu, in questo momento, quello della scienza della natura !sebbene si costruiscano delle « filosofie della natura»), ma quello del mondo storico-umano: diritto, economia, politica, ru-te, rel1gione, ecc.; tutti campi che, piu o meno ·separatamente, erano stati investiti dalla critica dei «lumi »nel XVIII secolo. Questa critica aveva preparato Ja grande rivoluzione borghese, dopo la quale anche la prospettiva filosofica è molto cambiata. È inudle cercare o evocare qui le ragioni (spesso ilLustrate da Marx e da Engels) perché proprio in Germania, che era una nazione relativamente arretrata, iJ movimento filosofico del nuovo idealismo assumesse quell'importanza che ebbe poi per tutta l'Europa. Ed è altrettanto inutile evocare qui, in modo generico, i legami del marxismo, alle sue origini, con quel movimento. Il marxismo nasce sul terreno della realtà politko-socialc, della pratica, anzi della lotta rivoluzionaria, ma dà ragione di se stesso in questa nascita. Cioè dà ragione del suo inserirsi in un determinato momento dd corso della storia. Ciò gli è essenziale, in quanto teoria rivoluzionaria, che si collega e appoggia ad una classe nuova, il moderno proletariato industriale. Ma, dal punto di vista formaJe, in questo carattere di autorifles116 www.scribd.com/Baruch_2013

sione ·storica, il marxismo prosegue la filosofia di Hegel. Anche la filosofia di Hegel inf·atti collooava se stessa nel corso della storia, presentandosi come suo risultato attuale, e come culmine epocale del suo proceSiso, che consenti•va l'appropriazione spirituale del presente attraverso l'appropriazione di tutti i suoi antecedenti. Ciò sulla base di un'interpretazione ideologica (teleologico-speculativa, spiritualistico-idealistica) del corso storico delùe società e civiltà umane. Che tale interpretazione nascondesse un punto di vista di classe è ciò che si scopre alla critica marxiana. Questo è possibile non solo perché si produce un punto di vista di cla,s.se diverso e opposto, ma perché quest'ultimo si fa esplicito e cosciente di sé, e rende cosf esplicito - criticandone il carattere di mascheratur·a ideologica- quello dell'avversario. Si può sootilizzare quanto si vuole 5ul rapporto Marx-Hegel, ma l'essenziale rimane questo: Marx dà una risposta critico-materiali•stica a un problema che era] stato posto da Hegel (il rapporto del presente dell'umanità col suo passato) e a cui egli aveva dato una risposta speculativo-idealistica. La diversità dedla risposta, che modifica i termini del problema, non è semplicemente una mutazione teoretica, ma esprime il punto di vista di una nuova classe (rivoluzionaria), il quale può ' affermarsi soltanto col mettere in luce criticamente il carattere di classe della concezione che viene rovesciata. Se la critica della filosofia speculativa, ereditata da Feuerbach, è essenziaJe al marxismo, esso Ia può ereditare solo attraverso la piu generale critica

dell'ideologia, e immettendola in questa. Ma alle spaJle di quel problema di Hegel (e non soltanto delJa sua soluzione) ve ne era un altro, piu generale, che rendeva proponibile il primo. Era quello della ricerca di una coesione interna dei processi storici, passibile di una spiegazione razionale. La dialettica hegeliana, in ciò che non ha di artificioso, è un grandioso sforzo di scoprire e dare strumentazione concettuale a una ratio (V ernunft) che sia in grado di render conto della processualità storica, in ciò che ha di proprio {per es. di contro a quella naturale), e del reciproco condizionarsi e richiamarsi del molteplice in essa. La ricerca di quella coesione interna (dialettica) era implicata in modo essenziale nella nozione di W eltgeschichte che costituisce l'orizzonte concreto (attuale) e ultimo di essa. Anche qui non è certo la sostanza del problema ad esser respinta da Marx, e da Engels, ma la soluzione speculativa di Hegel che, teoreticamente, dipende da tutto il suo sistema di idealismo obiettivo, o che si pretende tale, anzi di idealismo assoluto. 117 www.scribd.com/Baruch_2013

Ma, prima di chieder-si qual è Ja soluzione marxista, è importante rilevare che .il problema non è meno centrale pcr Marx ed Enge1s che per Hegel. Il terreno di origine del marxismo, filosoficamente, è cioè quello della spiega-zione e inte11preta-zione della storia umana. Il suo nudeo .generatore è .il materialismo storico. Ciò che importa tener presente è che si tratta non solo di una situazione iniziale (storica), ma di un nuoleo generatore permanente. Credo che ogni esposizione del marxismo che perda di vista questo punto centrale sia destinata fatalmente a:d essere piu o meno dogmatica -(quest'affermazione, naturaLmente, non va confu·sa con una riduzione del marxismo al solo ma-terialismo storico, o a« materialismo storico azione politica rivoluzionaria»). Torniamo a.11a domanda: qual è la soluzione marxista? Vi è una risposta di Engels molto nota, che è perfino ·stupefacente per la ·sua apparente semplicità: « i ·fatti concepiti nel loro proprio nesso e non in un nesso fantastico ... il materialismo non vuole dire niente altro che questo ». Questa risposta, presa isolatamente, potrebbe ·sembrare obiettivistica, in c-erto modo positiv•istica, e insieme formale. Però vi sono già in essa alcune implicazioni molto importanti. La prima, la principale, <::redo sia questa: si ricerca una spiegazione immanente e non tdeologica deUa storia umana, senza principi e criteri di giudizio o di valutazione sovmpposti. Cioè: una spiegazione che assuma l'~spetto di una spiegazione finalistica, in qu.alche modo provvidenziale, de.Ua storia non può essere · marxista, anche se si presenta in linguaggio marxi.sta. Le ~tesse leggi di sviluppo della società, cioè delJe formazioni · economico-sociali, e del passaggio da una formazione economicosociale all'altra, non possono essere interpretate se non come espressione di tendenze che eme11:gono dalla. concatenazione dei fatti, e la cui necessità può, in ultima analisi, essere contestata, de_viata, sospesa o interrotta dall'insorgenza di circostanze nuove. Nulla di fatrulistico in essa. Propriop~rché_ sitratta__clit1,tta tl~-~ssit~ in se!!so scientifl~_q_L__t_radot~j_tl_ J~gg.l!(lggj~JC?.gA~- essa si presenta ~e la necessit~ interna di un giudizio ipotetico, in quella forma di es_so che__ rinvia alla ve~ifi~a_.~mpirica. Per iJ sistema capitalistico l'ipotesi che assume un grado estremo di probabilità (un grado cioè molto maggiore che in tutte le precedenti formazioni economico-sociali), e quindi praticamente un carattere di necessità, è quella di un accres·cimento continuo delle forze produttive, nonostante le loro distruzioni parziali e transitorie (crisi, guerre, ecc.). Ma queste distruzioni sono fin dall'origine l'espressione di una con-

+

118

www.scribd.com/Baruch_2013

traddizione fondamentale che 'Si sviluppa, e quindi si acuisce, con lo sviluppo stesso delle forze produttive. La tendenza necessaria di questo sviluppo (necessaria nel senso sopra indicato) è perciò la distruzione del sistema stesso, :la sua ·sostituzione con un sistema socialista. Questa tendenza si produce attraverso l'intrecciarsi di una serie praticamente infinita di accidentalità: Ja necessità si fa strada non di per se stes·sa ma attraverso il caso, dicevano i classici del marxismo. Ai nostri giorni quest'affermazione « dialettica » appare moJto piu chiara ed evidente, alla ,Juce deUa moderna metodologia scientifica, nella quale, in genere, probabiLità e statistica hanno un peso decisivo. Ciò significa che nel fondo rimane sempre, in misura maggiore o minore, un elemento di alternatiw, o, in termini dialettici, che la categoria della necessità, nell'applicazione che ne facciamo aHa realtà, non è separabiJe da quella della possibilità (nel senso che l'applicazione dell'una richiama continuamente l'applicazione dell'altra, sia pure in nessi e proporzioni variabili): se coo1 non fosse non vi sarebbe piu posto per .l'azione cosciente umana. Ma bisogna stare attenti a non accontentarsi di una soluzione di dialettica pmamente formale: cr.edo che il marxismo in certi suoi modi di espressione abbia coll'so e corra questo rischio. Perciò guardiamo, sia pure ra.pidissimamente, le cose un po' piu da vicino· e concretamente. L'aJternativa di fondo è quella fra progresso da una parte, e stagnazione o regresso dall'altra parte, delle forze produttive. Questa è un'alternativa generalissima, vaHda per ogni società umana 1storka. Quante di esse sono perite -per interna dissoluzione o sotto 1l'urto di forze esterne prevalenti! Lo sviluppo storico del genere umano, nonostante la possibilità di ridurre ad alcuni tipi fondamentali le sue formazioni economico~sociali e di porle in serie progressiva, ·non è stato affatto lineare, omogeneo, unitario. Solo nell'epoca borghese divi-ene plausibile la nozione hegeliana di W eltgeschichte, come nozione unitaria che ,corLtisponde a un risultato reale della !Storia, perché di fatto in questa epooa la tStoria umana è divenuta unitaria, inizialmente in relazione aJlo stabilirsi di un mercato mondiale. La divisione odierna del mondo in campi o blocchi contrapposti non abolisce, come tutti sanno, l'unità fondamentale di g_esti_11,2__gorico che ,si è costituita per il genere umano. D'altra parte fra le forze produttive, non bisogna mai dimenti~ carlo, è compreso l'uomo con la sua capacità tecnica acquisita 119 www.scribd.com/Baruch_2013

e le sue forze di lavoro associate. Anzi, essa è la principale forza produttiva che, di volta in volta, totalizza (per usare un'espressione di Sartre) tutte le altre. La soggettività umana, cioè, è sempre direttamente in causa come attività pratico-tecnioa che si realizza nel processo della produzione, ed essa è sempre, in quanto umana, anche attività cosciente. Ma questo forse è il punto che è piu necessario avere bene in chiaro. In un passo famoso Marx dice che non è in quanto forniti di coscienza che gli uomini « cominciano a distinguersi dagli animali », bensf in quanto « cominciano a produrre i propri mezzi di vita », il che signHica «produrre indirettamente la loro vita materiale ». È interessante che in questa proposizione Marx inserisca due volte j,J verbo «cominciare ».Essa non è solo una proposizione che indica una differenza acquisita e permanente (fra uomo e animale), ma una proposizione che si riferi-sce a un effettivo passaggio, storicamente avvenuto, da animaJe a uomo. Anche l'animale, biologicamente, produce e riproduce la sua vita materiale. Anch'esso, possiamo dire, è iniziativa in questo senso. E d'altra parte non è possibile, com'è noto, almeno a determinati livelli, negargli la coscienza. Si fa, per esempio, una psicologia animale. Ciò che distingue l'uomo dall'animale è, prima di tutto, la produzione indiretta della sua vita materiale. In essa è implicita e operante la forma ~specifica di coscienza dell'uomo, la quale impronta di sé, della sua presenza, tutte le ahre forme di coscienza che provengono dalh sua biologicità e le innalza a sé. Questa specifica forma di coscienza è la rappresentazione del fine, cioè il fine presente nella mente, presente idealmente, come elemento di orientamento dell'attività di lavoro, dell'attività tecnicopratica. Quando gli esistenzialisti dicono che l'uomo è J'ente che fa progetti dicono una cosa esatta, ma che proprio Marx aveva illustrato nei suoi caratteri decisivi, se non in tutte le sue implicazioni. Questa specifi:ea forma di coscienza è la base di ogni coscienza riflessa, e quindi della ·stessa coscienza di sé dell'uomo. Si deve anche osservare che essa è il nucleo generatore, primitivo e permanente, della scientificità de1l'uomo, cioè della ~sua ricel'Ca di obiettività, o conoscenza obiettiva del mondo. Yi è una conn_es§].9_.Q~-1?!9_:_ __:lqnd~, __g;:[email protected]~,_fr.~ sciep.;?:~,_te<;!!_i~_s!_Q!.()_çlgziQ11_e, per quanto elementari possano essere Ie sue primitive esplicazioni, ancora .lontanissime dal collocarsi in sistemazioni « scientifiche ». (Essendo queste ultime una produzione tarda, di civiltà di sviluppata divisione del lavoro intelletturule da quello manuaJe, e inserendosi esse comunque in sistemazioni ideologiche piu vaste, o sostituendosi 120

www.scribd.com/Baruch_2013

in parte a queste, o lottando con esse.) Anche a prescindere dal legame col 1to~E~'V umano, col lavoro, con la produzione, non è pensabile lo sviluppo di detta specifica forma umana della coscienza fuori della società, non foss'altro perché non è pensabile il suo sviluppo separatamente da quello del linguaggio. Dobbiamo sempre tener presente che la specifica forma della coscienza umana, mediata dalla rappresentazione del fine, investe tutto l'uomo proprio in quanto individuo sociale. Essa fa si che ogni attività umana sociale sia una attività che passa attraverso la coscienza dei singoli. Se a questo si riduce l'idealismo, dkeva ironicamente Engels, non si potrebbe non essere idealisti. . Ma proprio a questo punto viene in luce un lato molto diverso della questione. Quando usiamo l'espressione « ogni attività umana sociale » non possiamo piu riferirei aLla sola produzione dei beni materiali. Con essa comprendiamo tutto: politica, scienza, arte, religione, filosofia, ecc., tutto ciò che 11 marxismo raccoglie nell'espressione « sovrastrutture ». Giustamente si dice che le sovrastrutture reagiscono sulla struttura e, direttamente o indirettamente, sullo stesso movimento delle forze produttive. Però questo rischia di darci un modeLlo molto meccanico. Poiché l'ultima parola rimane -alla dialettica « forze produttive-rapporti di produzione », tutto il resto finisce per fare la figura di una frangia, di un elemento di d1sturbo, di un epifenomeno, e cosf via. Insomma l'uomo concreto, l'individuo vivente, rischia di sentirsi un intruso, in tale quadro. E può anche venirg1i voglia di dire quando sia figHo di una civiltà sviluppata e altamente individualizzante: se il mondo è cosf, mi licenzio dal mondo, mi ritiro in me stesso, cerco di vivere come posso, e le cose vadano come vogliono. Ma Marx presenta le cose ~n modo assai diverso. Com'è noto la « dialettica dei concetti di forza produttiva e di rapporti di produzione » (una dialettica che implica e « non annulla la loro differenza reale )>) sta alla base del marxismo come teoria rivoluzionaria. Quando i due estremi di questa dialettica entrano in contraddizione si apre un periodo di rivoluzionamento e anche di rivoluzione sociale. Si tratta indubbiamente, per il marxismo, di una dialettica oggettiva, di un processo oggettivo che ha i suoi presupposti e le sue condizioni, per il loro lato oggettivo, fuori della coscienza degli uomini. In altre parole, il conflitto e la contraddizione sono oggettivi, proprio in questo senso: essi non sono posti da un atto di coscienza, non dipendono da esso, benché si tratti i di un conflitto umano. Ma come si svolge il conflitto stesso? Sen:J 121

www.scribd.com/Baruch_2013

tiarno h risposta di Marx: << Quando si studiano simili sconvolgimenti, è indispensabile distinguere sempre fra lo sconvolgimento materiale delle cond~zioni economiche della produzione, che può essere constatato •con la precisione deLle scienze naturali, e le forme giw-Ldiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, ossia le forme ideologiche che permettono agli uomini di concepire questo conflitto e di combatterlo » 2 • In altre parole: senza la presa di coscienza da parte degli uomini, il confilitto non si svolgerebbe, in particolare iJ processo ri·voluzionario non ci ·sarebbe. La coscienza cioè ha un ruolo decisivo nel processo storico, essa è, in linea di principio, integrata necessariamente in esso, nella sua obiettività, e nell'obiettività del suo movrmento. Esso non ci sarebbe se gli uomini non vi partecipassero coscientemente, se non se lo appropriassero in qualche modo - doè in « fol'me » determinate - nella coscienza. 11 che non toglie nulla alle condizioni obiettive e materiali di quel processo, che sono quelle che sono, indipendentemente dalla coscienza degli uomini. Ma non vi è qui una contraddizione? La coscienza non rimlta essere cosi nello stesso tempo fuori e dentro il processo e il confiliitto? Evidentemente, se risolvessimo la soggettività umana ndla sola dimensione della coscienza, la contraddizione ci sarebbe. Una concezione idealistica della •soggettività non sarebbe in grado di superare la difficoltà. Ma appena noi concepiamo l'attività soggettiva umana, neLla sua integraJ.ità, come attività pratico-sensibile che modifica la natura, di cui la coscienza (e ,la conoscenza ·intellettuale) è specifica funzione, e che crea quindi una concatenazioné di condizioni obiettive e materiali, la difficoltà non esiste piu. Stabilito c11iticamente il punto di vista materialistico, essa non è nemmeno molto interessante e chiedo scusa di averne parlato. LI punto interessante, al quale volevo giungere, è un altro. Quelle che ne~ passo citato Marx chiama « fo11me ideologiche » sono considerate da Jui, in generale, forme di appropriazione del mondo da parte dell'uomo sociale, a livello delda coscienza, religione compresa. (Len1n, piu ravvicinatamente, le considera forme di organizzazione della esperienza, mentre la scienza indica una di esse, e non ancora quella prevalente nell'insieme della coscienza soci·ale. Questo ci rico.l'da la gramsciana « lotta per l'oggettività ».) Attraverso di esse, abbiamo visto, si svolge la partecipazione non solo attiva, ma cosciente, dell'uomo al proprio pro2

Nella prefazione al Per la critica dell'economia politica.

122 www.scribd.com/Baruch_2013

cesso \';torico. In che relazione sta questa dottrina con la crltlca dell'ideologia, intesa come « falsa coscienlja », come « coscienza deformata», cdtica che tutti sanno è fondamentale nel marxismo, e fa tutt'uno con ·la sua stessa nascita? (La cri•tica dell'ideolog1a, fra l'aJtro, tSt'a a fondamento della critica alla « costruzione speculativa » con cui il marxismo si oppone a1le sue stesse fonti filosofiche, alla filosofia classica tedesca.) Tutta la storia della civiltà è concepita dal marxismo come un processo a cui gli uomini hanno partedpato coscientemente, ma con una coscienza deformata, in guise e misure diverse, rispetto alla natura obiettiva del processo stesso. E ciò per due ragioni diverse, ma concorrenti e strettamente legate fra loro: l. per la mancanza o, successivamente, per l'insufficiente sviluppo, e quindi per i limiti, di una visione scientifica del moll!do, della realtà; 2. per la divisione della società in classi antagonistiche, e i conseguenti interessi ddle cla.ssi dominanti monopolizzatrici della cultura e produttrici delle idee dominanti. Ciò, naturalmente, detto in modo molto schematico. Che cosa significa questo? Che il marxismo, presentandosi al culmine .del processo storico :precedente, quaLe concezione adatta aU'ultima classe sfruttata e rivoluzionaria, il proletariato, destinata ad abolire la 'società di classi, considera se stesso come il primo ingresso della verità nel mondo? Spero che in nessun luogo esista qualcuno che concepisce il marxismo in questo modo. La concezione marxista è proprio l'opposto. La verità, per esso, entra nel mondo coJ .primo uomo umano, e cioè col primo atto di lavoro umano, ché implica rappresentazione di -un fine, nel senso che si è detto prima, e quindi obiettivazione e tendenz~aJe ricerca di obiettività. La verità nasce sul terreno del 'ltOtE~v umano e si irradia da esso. Qui ha la sua radice la scienza, anche quando, attraverso la divisione fra Lavoro manuale e intellettuale, essa assume l'autonomia termale della teoria. I greci, nella loro lingua molto filosofica, distinguevano fra 1tp!l."t"tEW e 'ltOtE~v. Il marxismo ha messo in luce :però che iii '!tO~Ei:v si realizza sempre aiJ'~nterno del 1tptX"t"tEW, la produzione all'interno dei rapporti di produzione e, in generale, dei vapporti umani sociali. Ma nella differenza fra quei due modi di atti'Vità è anche la sede del permanente décalage, nella società divisa in claStsi antagonistiche, fra verità, scientificità, obiettività da un lato e ideologia dall'altro lato, differenza che il marxismo, attraverso la criticità che è propria della forma e del contenuto dehla sua concezione (materiaJi.smo storico) cancella 123 www.scribd.com/Baruch_2013

in linea di principio e deve tendere a cancellare in linea di .fatto (questo compito immanente al processo rivoluzionario Gramsci lo chiamava .« riforma intellettuale e morale di massa »), pena il tradimento di se stesso. In questo senso credo sia giusto considerare il marxismo non come una verità eterna ma come l'orizzonte di verità (se mi è lecito adopevare questa espressione; alcunché di simile dice Sartre nelle sue Questions de méthode) della nostra epoca. Purché non .si dimentichi mai che esso è tale non staticamente e separatamente nella forma di quaJcosa come un trascendentale storico-epocale, ma in quanto è « coscienza piena delle contraddizioni - come diceva Gramsci - in cui lo stesso filosofo, inteso individualmente o rinteso come intero gruppo sociale, non solo comprende le contraddizioni ma pone se stesso -t come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione» 3 «Comprendere le contraddizioni » è possibile solo all'interno di quell'orizzonte globale, ma .stabilire o scoprire quest'ultimo è possibile solo coLlocandosi , nella contraddizione stessa, cioè muovendosi come un Irato di essa. "-Questo il fondamento teorico dell'atteggiamento militante-rivoluzionario, nel suo nesso critico con obiettività, scientificità, ecc. A partire da queste considerazioni si può vedere, credo, tutto il nodo complesso del problema della soggettiv1tà del marxirsmo. Vorrei tentare di districarlo un poco, secondo le mie forze, a partire daJ modo in cui poneva la questione Sartre. Se consideriamo la soggettività umana prima di tutto come attività pratico-sensibile, è evidente, e~li diceva, che « le passage par la subjectivité est une necessité pour la constitution de processus nécessaires structurés et sociaux. Par exemple, le processus du capitalisme ». Ma si tDatta sempre di processi oggettivi. « Ce qui les constitue - osservava Sartre - c'est rl'ensemble objectif des ~travaux des hommes, de leur rdation à la matière et entre eux (entre eux sous la forme institutionelle). » Anzi nel sistema capitalistico, a differenza di quello schiavistico e di quello feudale, i fondamentali rapporti umani « passent tous à travers la cho se, la chose est leur ·~ntermédiaire. Il représente pourtant la complète réification ou aliénation du sujet. (Le système socialiste ou communiste - -au contraire - représente sa liberation par rapport à cela)». Ed ecco la difficoltà di Sartre: « je voudrais personellement qu'on ne considère pas qu'il y a d'une part des grandes lois dialectiques 3

Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Roma, 1971, p. 109.

124 www.scribd.com/Baruch_2013

à l'intérieure de la société qui produisent des systèmes, des processus, qui se développent objectivement, et puis que là dedans il y a d<:: pauvres moucherons qui 6tent leur subjectivité, ils en font ce qu'ils peuvent ou ce qu'ils veulent, pas grande chose, puisqu'elle est elle-merne entièrement et rigoureusement aliénée, du moins dans le système capitaliste ». Ma in ogni aaso « on renverrait la subjectivité à l'individu en tant que tel ». Credo che sarebbe sciocco non prendere sul serio l'obiezione di Sartre, che sembra far pernio sull'uhima proposizione qui riportata. Ora, io penso di aver in parte {ma solo in parte) già risposto. I processi storico-sociali non si producono mai senza Ja partecipazione cosciente degli uomini, sia che si tratti di una presa di coscienza ideologicamente defovmata o no. Ll condizionamento oggettivo, cioè lo sviluppo ogget· tivo, non solo indude Je strutture della soggettività {sia in senso biologico, sia in ISenSO StOricO-SOCiale), iffia lascia USCire ruoti di sé e non abolisce mai il momento specifico della coscienza. La realtà di questo fatto pone, intanto, un problema metodologico permanente alla storiografia, anche non marxista, anche idealistica, nella misura in cui quest'ultima tenda 'a essere concreta. Il problema è questo: qual è il rapporto fra accadimento storico, come risultato obiettivo di un insieme atomico di azioni 'U1Tlane (per es. la caduta di Berlino), e la volizione-azione, già essa orientata verso un fine storico, per esempio da parte di un uomo politico o di un gruppo dirigente? Benedetto Croce, nella sua Filosofia della pratica, si è posto acutamente questo problema, senza tuttavia dare una risposta soddisfacente. Solo il marxismo sembra in grado di farlo introducendo le nozioni fondamentali di «rapporti di produzione » e di « formazione sociale »; cioè nel quadro in cui si articolano e dialettizzano accadimenti e iniziative di azione. Ma con tutto ciò la domanda che poneva Sartre non .dmane completamente esaurita. Non si tratta tanto di cercare qual è la sorte per cosi dire privata de1l'indiv1duo umano « en tant que tel », del povero « moucheron ». {Benché taie problema esista, io credo, anche nella stessa società sociaHsta o comunista, in qualche forma.) Il fondo deLla domanda di Sartre riguarda tuttavia, si è visto, il nesso soggettività-individuo. È un problema generalmentemascherato dahle filosofie idealistiche, nel cui discorso in pratica si ~salta, o si oscilla, continuamente fra una soggettività trascendentale e la soggettività individuale. Epperò è un problema preliminare alla stessa questione dell'intersoggettività. Cercherò di esaminarlo riferendomi a due testi di Marx molto 125 www.scribd.com/Baruch_2013

noti. « Il primo presupposto di tuHa la storia dell'uomo - scrive Marx nella Ideologia tedesca - è l'esistenza di individui umani viventi. » E insiste: « È un presupposto reale da cui si può fare astrazione solo nell'immaginazione». Sembra una semplice affermaz.ione di buon senso, ma essa è il risultato dd!la critica all'ideologia e alla costruzione speculativa, e solo attra,verso l'integrazione di queste due critiche essa può condurre a mettere a fuoco, criticamente, il problema della storia. Feuerbach che era rimasto chiu$0 nella seconda critica e non aveva compiuto il passaggio, con l'aiuto e sotto ,la spinta di essa, alla critica dell'ideologia (e quindi al socialismo, al ·comunismo, ecc.), aveva messo si allo scoperto, filosoficamente, la irrJducibilità degli uomini concreti e sensibili, degli individui viventi (intesi come « enti generici »), ma in forma tale per cui ne veniva preclusa la possibilità stessa di porre il problema della storia. Sotto questo riguardo (ma solo sotto questo riguardo) la sua critica, paradossaJmente, è piu arretrata dell'oggetto criticato, cioè della fiJosofia di Hegel. (Questa situazione contmddittoria si riflette in Marx nel travaglio interno dei suoi manoscritti parigini deJ. 1844.) Per Hegel soggetto della storia era l'« idea » o piuttosto lo « spirito » che nel suo di~&piegarsi Ja realizza. Possiamo dire che a questo soggetto metafisko (nel quale gli individui vanno perduti e risolti, se non dissolti) Marx (il Marx dell'Ideologia tedesca, cioè della fondazione del materialJsmo storico) sostituisca senz'altro gli uomini concreti e sens1bili, gli «individui umani viventi»? Non mi sentirei di compiere questo passo. Ciò che è presupposto della stoda (e quindi delJa storiografia) non è ancora storia, anche se viene mantenuto in essa come un substrato o supporto permanente. Cioè: di quella proposizione non deve <Sfuggire -l'importanza del fatto che essa indica un «presupposto>>, non semplicemente accettato dal senso comune, ma riportato a1la luce e, per cosf dire, rifondato da quella dupllice critioa (dell'ideologia e della « costruzione» speculativa). Va notato a questo opunto che J'attenzione all'indivkluo, all'aspetto individuale deLl'« essere sociale >>, sarà sempre presente nelle pagine di Marx e di Engels: non per una scelta o un gusto personali (o una influenza della loro epoca), ma per ragioni intrinseche alla concettualizzazione da essi prodotta. Tutto ciò che è « socialle » (materialmente o idealmente) - secondo l'ottica di tale concettualizzazione - passa attraverso gli individui o si a.ppoggia 'agli individui: anche nelle forme di società ancora legate, o piu legate, alla naturalità {che poi, per Maxx, •sono, in ultima

126 www.scribd.com/Baruch_2013

analisi, in var,io .g,rado, ~utte le società precapitalistiche). D'altra parte la « coscienza sociale » (in quanto contrapposta all'« essere sociale ») è tale perché sociali sono Je sue « forme » ( « forme 1deologiche » ) . Mai da Marx essa viene intesa come un eter.e psichico che attraversi e sostenga gli individui, come una specie di coscienza universale extra - o sUJper - o ISub-indivi:duale. La sua impostazione, e la concettualizzazione che ne deriva, è completamente estranea a qualsiasi mistidsmo di una coscienza collettiva (o di un inconscio collettivo). Ciò che è collettivo per Marx è veramente tale: cioè legato sempre a un insieme (« conglomerato ») di individui - ancorché esso non sia r.idudbile mai a un semplke insieme matematico perché quegli individui sono connessi fra loro organicamente dal rapporto di comuni « forme » sociali (via via cariche di contenuti ~torici, e mutantesi in parte con questi) - sia che si tratti di rapporti « materiali » o rapporti ideologici. Avviene cosi che per Marx e per Engds un massimo di individuazione umana è possibile là dove .si ha un massimo di complessità dei rapporti sociali: nel sistema borghese-capitalistico, per quanti limiti e deformazioni esso ponga a11o sviluppo dell'individuo. Tali limiti dovranno essere tolti nella società comunista. Comunanza e « comunità >> (Gemeinschaft: parola tedesca che piaceva molto a Marx), a cominciare dalla solidarietà rivoluzionaria di classe, si ricostruiscono muovendo da questa situazione di avanzata individuallizzaz.ione dell'individuo nella società moderna, tper indirizzarla altrimenti che non l'illusionistico: individualismo borghese (fondato sullo sfr.uttamento}. E non per depotenziare l'individuo, né tanto meno per ri.pristinare uno status di comunità «naturale », anche s~ questa aveva già prodotto valori comunitari, eventualmente da ·ri'Scoprirsi, e che fanno pa.rte comunque del retaggio dell'umanità. Certo che in questa prospettiva glli uomini (individui sociali) da « presupposto» divengono a•nche « soggetto>> della storia, ma non d è lecito confondere il « presupposto >> immanente (gli individui fisi~ ci, biologici, portatori di relazioni sociali umane) con una prospettiva che si apre neUa storia solo mediante il processo rivoluzionario e non prima di esso. L'umani§.mo marxi~t_~ è ~rciò _!_(J__!Q cge,lo diverso _e:_a_~gni uf!!~n~;mo (ideologi.fQ}. L'aver tracciato i contorni di questo quadro globale (di oriz:wnte, per cosi dire) ci facilita di tornare sul problema che stiamo perseguendo. Si diceva che ciò che è presupposto della storia non è ancora storia, anche se viene mantenuto in essa come un substrato 127

www.scribd.com/Baruch_2013

o supporto permanente. Noi siamo soggettivi prima di tutto a un liveLlo naturale, o, se si vuole, siamo natura a un livello di sog_gettività. Non siamo natura come un minerale, ma come un orga: nismo vivente. È in questa forma che siamo individui. La stessa ~ interiorità e interiorizzazione, su cui si sono costituite tante elucu; bmzioni spiritualistiche, ha questa radice naturali.stica e organica. -Ogni organismo vivente, anche H piu elementare, nel suo scambio col mondo esterno, è una interiorità <:oncreta. Per questo esso vive unitariamente i prop:ri processi organici e si identifica immediatamente con essi. Da questo punto di vista potremmo dire che non vi è niente di piu soggettivo al mondo che l'animale. Ma appunto per questa radice e base naturale la soggettività ha una realtà oggettiva. Per tale ragione, nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx aveva potuto scrivere, a proposito ddl'attività pra-ticosensibile dell'uomo, che « i sentimenti, le passioni, ecc. dell'uomo si affermano realmente per il fatto che il loro oggetto è per essi sensibile » 4 • Ma nello stesso tempo dice che essi « non sono soltanto determinazioni antropologiche in senso stretto », bensi hanno valore antologico, sono « ontologische W esens (Natur) bejahungen ». A prima vista quest'affermaziqne può sembrare solo suggestivamente enigmatica. Epperò non si tratta semplicemente di un « Marx giovane», a cui si possa comodamente voltare le spalle. Tutt'altro. Si tratta di un nudeo essenziale che rimane vivo nel Capitale. Proprio perché la rappresentazione del fine, questa mediazione ideale o mentale, caratterizza il lavoro umano, a differenza di quello animale, aprendo all'uomo, come si è detto, un orizzonte infinito sull'essere delle cose, ,questo fatto si riflette su tutti gùi aspetti della sua soggettività, anche e prima di tutto su quelli emozionali, che hanno alla loro base il bisogno e lo sviluppo dei bisogni. (Illing~taggio umano e le sue rappresentazioni sembrano essere fortemente impregnati di ciò.) Si tratta di un fatto originale, di una struttura originaria: quella del passaggio da animale a uomo comunque esso si sia realizzato a livello empirico (evolutivo). E tuttavia si tratta di una struttura che è essa medesima sottoposta al successivo sviluppo storico, che è lo sviluppo storico delle formazioni economico-sociali. Molto caratteristicamente scrive Marx in quella stessa pagina dei Manoscritti del1844: «soltanto mediante l'industria sviluppata, cioè per la mediazione de1la proprietà privata, l'essenza antologica 4

Opere filosofiche giovanili, Roma, 1963, p. 252.

128

www.scribd.com/Baruch_2013

della passione umana diviene sia nella sua totalità che nella sua umanità; e la scienza dehl'uomo è dunque essa stessa un prodotto della pratica automanifestazione dell'uomo ». (Il marxismo non poteva nascere se non nell'età del capitalismo.) Ciò significa che vi è un nesso profondo - qualcosa come un richiamo interno fra la struttura soggettiva che mi sono sforzato di illustrare e la struttura oggettiva dei rapporti di produzione, nesso profondo che la « forma di merce » (e quindi la « forma di capi tale ») cela, nel punto stesso in cui sembra liberare al di fuori di sé e in contrapposizione a sé, pur mndizionandole, le capacità e attività soggettive dei « possessori di merci » e dei « produttori »; ma che la critica dell'economia politica mette in luce penetrando o1tre la sfera delle apparenze e delle determinazioni di queste. Tale critica, come è noto, mette in luce che « l'economia politica non tratta di cose, ma di rapporti tra persone, e in ultima istanza, fra classi » anche se « essi sono sempre legati a delle cose e appaiono come cose» 5 • Due poli della soggettività: capitalista e operaio. Finalismo oggettivo e finalismo soggettivo

Questo risu1tato finale della critica, per quanto potentemente suggestivo, non ha tuttavia significato di per sé, e non è di uso pratico (per esempio, neHa lotta sociale e politica) se non in relazione ai meccanismi nascosti (economici, e quindi sooiali) che vengono portati allo ·scoperto attraverso l'ana:lisi complessiva del modo di produzione capitalistico. È un'analisi specifica della sua genesi, del suo funzionamento e della sua dinamica ( ove la categoria della contraddizione ha un.a parte fondamentale), di cui la pubblicazione ai nostri gior.ni del grandioso abbozzo costituito dai Grundrisse der Kritik der politischen Oekonomie 1857-1858, ci permette di costruire il processo di maturazione. Ma questa specificità, che rappresenta l'apporto decisivo critico-scientifico di Marx, non si confronta soltanto, differenzialmente e geneticamente, con l'analisi tematica delle «forme che precedono la produzione capitalistica», ma ha anche un quadro di riferimento generale che Marx s F. Engels, Per la critica dell'economia politica (recensione), in Das Volk di Londra del 1859, ora in appendice a K. Marx, Per la critica dell'economia politica, Roma, 19692.

129

www.scribd.com/Baruch_2013

aveva cercato di tratteggiare nella prima parte della « ·introduzione » ( 1857) inmrporata in detto abbozzo. Qui ritroviamo, nella sua forma appunto piu generale, anche se in un'angolatura inizialmente diversa, il problema in cui ci &iamo venuti a incontrare. In queste pagine Marx mostra come il processo sociale della produzione raccolga e organizzi in sé dialetticamente quei momenti che gli economisti trattavano separatamente e in reciproca esteriorità (creando di.fficoltà inestricabiH); e cioè la produzione, la distribuzione, lo scambio e il consumo. Di questo quadruplice nesso Marx prende a considerare da prima i due estremi ( produzione e consumo), come i due pilastri che reggono il processo produttivo e ne determinano la direzione. Sarà il punto di arrivo di questa prima analisi che porterà a includere necessariamente gli altri due momenti. Non ci fermiamo qui a considerare le caratteristiche del metodo dialettico messo in opera da Marx, le quali merit·erebbero peraltw un attento esame. Ci limitiamo ad acc.enngre aila sostanza del problema, per gli aspetti che riguardano la questione che -stiamo consideraMo. Il punto saliente e decisivo risulta essere questo: che l'intero processo produttivo è dominato dalla catego-ria della fJnalità, senza la qua1e esso non appare intelligibile. Esdusa dal processo storico complessivo, in oui Hegell'aveva introdotta, essa dunque ricompare nell'analisi del processo di produzione, anche inteso in generale. L'agire di questa categoria è determinato dal momento del consumo. «Senza produzione non v'è consumo; ma non v'è nemmeno una produzione senza consumo, altrimenti la produzione sarebbe senza scopo. » 6 Sotto questo riguardo è vera la proposizione che « H consumo produce Ia produzione ». Ma questa verità investe due modalità assai diverse, poiché la prima concerne la natura del « prodotto »; la seconda il dinamismo del processo produttivo. La prima stabilisce una differenza essenziale fra il « prodotto » (oggetto di uso; valor.e di uso) e il « semplice oggetto natura],e ». Quest'ultimo è quello che è, nella forma in cui esso è dato allorché viene .strappato, per dirla con il Marx del Capitale, dal suo «contesto naturale}>. Anche .il prodotto (del lavoro umano) ha sotto questo rigua•rdo sempre una forma naturale {cioè ne ha acquisita una nuova, appunto attraverso H lavoro). Questo tuttavia è un fatto extra-economico, anche se H prodotto ha il carattere di essere 6 K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, Firenze, 1968. La parte qui analizzata è alle pp. 13-19 del v . .r.

130

www.scribd.com/Baruch_2013

lavoro oggettivato ( « attività oggettivata »). Ma come tale esso è « prodotto » soltanto in un senso potenziale. Esso diviene « prodotto effettivo » - dice Marx - soltanto nel consumo; cioè soltanto (paradossalmente) nel processo in cui esso viene dissolto. ( « Il consumo rende definitivamente esecutivo l'atto di produzione, por.tando a compimento il prodotto come prodotto, dissolvendolo, consumandone la forma oggettiva autonoma. ») Ne viene che « il prodotto è la produzione » in duplice e opposto senso: in quanto « attività oggettivata » e in quanto « oggetto per H soggetto attivo ». Appare dunque (all'analisi) qualcosa come una fuoruscita del soggetto nel consumo, rispetto all'oggettivazione ddla sua attività nel prodotto come cosa. ~!:OP!i!)_g~~st~-~h~~hlamiall'lo -~f~o!::uys,ita_>) e questa proposizione va presa alla 'lettera. Ora, il rapporto produzione-consumo (all'interno del processo produt·tivo) ha due versi, o direzioni. Vi è un verso che va dal consumo alla produzione ( qudlo Hnora considerato) per il 131 www.scribd.com/Baruch_2013

..r

quale 11 consumo « procura ai prodotti il soggetto per il quale essi sono dei prodotti ». Qui il soggetto non è oggettivato· nel prodotto, ma è presente di·rettamente come soggetto, prevale come soggetto, cosf che egli dà il finish, dice Marx, cioè il compimento, al prodotto «dissolvendolo, consumandone la forma oggettiva autonoma » [corsivo mio]. Perciò abbiamo parlato di « fuoruscita » del soggetto ~rispetto ·aUa oggettivi-t~ del suo prodotto. Ma attraverso il consumo non solo si compie questa operazione, ma al contempo, abbiamo visto, si riattiva la produzione riproducendo il bisogno, e quindi di nuovo finalizzando la produzione mediante « stimolo», « impulso » e << immagine interiore », che si trasferiscono dal consumo alla produzione in quanto si trasferiscono dal consumatore al produttore. Almeno in quanto consumatore dunque il soggetto non è mero supporto dell'oggettivo processo produttivo, come nell'atto lavorativo (considerato esteriormente) ma lo determina in quanto lo indirizza. Cioè, vi è Uf!:l_E!esenza ·attiva del soggetto in guanto tale che !!..~!!__~_çgg~t_tj~~t~_i~r:t_cg,re,_l!!a è O~!:ante n~la forrp._~__del «bisogno >~indi dj_uno~rimQh:ud!l:l.Q~Jso finli'U~:z.ante! Di qui sembra trarre H suo immanente finalismo l'intero processo produttivo. L'importante è intanto sottdlineare che questo è un momento irriducibile, all'interno della concezione di Marx. Ciò non significa tuttavia che questo soggetto rimanga indeterminato, che sia soltanto autodeterminato, dspetto all'insieme del processo produttivo. Qui entra in giuoco, ed ha una pa>rte non meno decisiva, l'analisi che Marx oompie del versus contrario a quello inizialmente considerato, del versus che va dalla produzione al consumo. Questo ha prima di ·tutto un aspetto elementare, ed ovvio: la produzione fornisce al consumo {di qualunque specie di consumo si tratti: s.ia anche il « con.sumo produttivo » relativo all'uso di un mezzo di produzione) H suo oggetto materiale. « Ma - osserva Marx non è soltanto l'oggetro che la produzione procura al consumo [ ... ] l'oggetto non è un oggetto in generaie, ma un oggetto determinato che deve essere consumato in un modo determinato.» Ora questo «modo determinato » ha necessità, per essere tale, di «essere mediato dalla produzione stessa» («La fame è fame- esemplifica Marx - ma la fame che si soddisfa con carne cotta, mangiata con coltello e fo!'chetta, è una fame diversa da quella che divora carne cruda, aiutandosi con mani, unghie e denti ».) La produzione produce dunque non soltanto l'oggetto materiale per il consumo, «ma anche il m'Jdo di consumarlo non solo oggettivamente, ma 132 www.scribd.com/Baruch_2013

anche soggettivamente» [corsivi miei]. « La_Qtoduzione - conclude Marx - crea g_uindi il consumatore.» Q;est~-~~~d~~~~ viene da Marx -~~ri~!mén1:~;pprof~ndùa-:3:Tiivello del« bisogno», cioè a Iivello piu intimo, e insieme propu1sivo, della soggettività del soggetto (considerata sotto il riguardo del processo produttJivo). La tesi di Marx è estremamente lucida: <<__l.~_p_r.9.9-uzione fornisc_e non solo un materiale al bisogno'--- m~ a~2!_l~_~g--~~~- a! materiale ». La dimostrazione - sia pur rapida - di questa tesi è estremamente importante perché essa coinvolge il passaggio da una mera e immediata naturalità aHa media2ione dello sviluppo storico-sociale umano. Scrive Marx: « Quando il consumo emerge dalla sua immediatezza e dalla sua prima rozzezza naturale - e l'attardarsi in questa fase sarebbe ancora i:l risultato di una produzione imprigionata nella rozzezza mateniale - esso stesso come impulso è mediato dall'oggetto. Il bisogno çhe esso ne avverte è creato dalla percezione dell'oggetto stesso [ ... ] La produzione perciò non sol-· tanto -produce un oggetto per il consumo, ma anche un soggetto : [corsivo mio] per !l'oggetto». Molto camtteristicamente Marx l esemplifica con lo « oggetto artistico »: è esso a creare « un pubblico-sensibile all'arte e non viceversa » (principio di un'estetica non propriamente populistica). Quella ohe avevamo chiamato « fuoruscita del soggetto » è oos1 ricondotta all'interno del processo di produzione sociale, e viene stabilita in esso la dominanza del momento [ .. .ubergreifendes Moment] della produzione (che varrà in modi appropriati per ogni momento o articolazione del processo produttivo). L'autonomia del soggetto, la sua presenza in quanto tale, cioè inoggettivata (presenza neHa forma del bisogno) viene cosi relativizzata, in quanto storicizzata (al di là del suo originanio imprigionamento nella « -rozzezza naturale »). Tuttavia non è soppressa: essa rimane a costituire la finalità del processo stesso. È v-ero (cosi conclude Marx per questa parte) che la produzione: -'i= « produce l'oggetto del consumo, il modo del consumo e l'impuLso ' al consumo » (onde la dominanza di essa). Ma all'in-temo di dò : rimane fermo che «H consumo produce la_disposizione [AnkKe] , del produttore, in quanto lo sollecita come bisogno che determina • uno_~~oJ!J!Jeckk_~~!immfnde_~_!}_~tj_ij_I/nisJ ». Fin~li!à d~l___Q_~sso,_ · e ·soggettività defl?iSQgno_!!Q~
Il discorso di Marx pr·esenta un modello non solo generale, ma astratto in un senso specifico. In esso « produttore » e « consumatore » appaiono si quali figure distinte, ma distinte solo in funzione dei «momenti» che esse rappresentano e non necessariamente come soggetti individuali diversi. Anzi il modello come rapporto diretto tra i due estremi del processo, produzione e consumo, ha 1a sua perfezione - cioè continuità, o non interruzione - in quanto riferito a un soggetto individuale unico. Cosi Marx può concludere !l'intera trattazione di questa parte affermando: « L'individuo produce un oggetto e consumandolo fa di nuovo ritorno a se stesso [corsivo mio], ma come individuo produttivo e che riproduce se stesso». (Cosi 11isulta per Marx dimostrata la tesi: «il consumo si presenta come un momento della produzione».) Ora, siffatta astrazione non può essere rotta, nella visione di Marx, sostituendo al soggetto individuale un soggetto collettivo, la sodel- tà (esplicitamente egli dice: « SQQ&
lvi, p. 5.

134

www.scribd.com/Baruch_2013

questi si trova con altri individui. Egli non se ne impossessa immediatamente. » Dunque, questa è la situazione sociale. Qualunque forma essa assuma (in dipendenza di un determinato, storico, modo di produzione) fra il momento ddla produzione e quello del consumo, che implica l'impossessamento del prodotto, s'interpone qualche:cos'altro (distribuzione, scambio). Vi è di ciò una conseguenza rilevantissima per quel che concerne la determinazione di « scopo ». Quando l'individuo, dice M.arx, «produce nella società l'appropriazione immediata del prodotto non è il suo scopo >>. Dunque egli è costretto a porsi altri scopi i quali sono, evidentemente, mezzi per l'appropriazione del prodotto, che diventa mediata: mediata e condizionata « daNe relazioni in cui egli si trova con altri uomini». Abbiamo dunque una plur.alizzazione e gerarchizzazione di scopi non tanto in funzione delta pluralità degli individui (su questo punto por.tò l'accento Engels) quanto in dipendenza della struttura del processo sociale di produzione, oioè, neHa fattispecie, dell'interporsi di altri momenti fra produzione e consumo, semplicemente relativo al fatto che si produce in società. «Tra H produttore ·e i prodotti - scrive Marx - s.i interpone la distribuzione che, in base a leggi sociali [corsivo mio], determina quale quota della massa dei prodotti spetti al pr·oduttore, venendo cosf a interporsi fra produ2lione e consumo. » Vi è un problema tuttavia che Marx lascia nell'ombra, qui come altrove (ci sembra). Come si ripercuote questa che abbiamo detto pluralizzazione-gerarchizzazione di scopi- la quale rimane pur sempre a livello di soggettività (sia che si tratti di individill, sia di loro insiemi o gruppi ) - ·rispetto al finalismo interno del processo oggettivo di produzione sociale, che tuttavia non può ripetere se non dai pi"imi (ma non certo immediatamente, o come risultante immediata) la suaesisten2la? Quel finalismo interno rappresentato dal consumo ·e dai bisogni (dal « sistema dei bisogni », -secondo l'espressione adottata da Marx piu oltre nei Grundrisse) che il consumo soddisfa: ma con l'avvertenza (decisiva) che essi sono determinati, a loro volta, ·storicamente e geneticamente, si è visto, dallo sviluppo della produzione stessa. È possibile dare a quella domanda una ·ri-sposta in generale? Un punto sembra chiaro: !'.interporsi fra il produttore e i prodotti di altri momenti che non siano il consumo, non solo suddivide, condiziona e gerarchizza gli scopi soggettiv·i, ma (virtualmente o di fatto) li separa dalla finalità immanent·e operante nel processo di produz.ione. Ma 1i separa in base a che cosa? (Dalla risposta a questa domanda di·pende 135 www.scribd.com/Baruch_2013

la possibilità di conoscere H configurarsi determinato di quella fi. nalità oggettiva e immanente, secondo i diversi modi di produzione.) Si è visto che Marx parla dello interporsi della distribuzione, « in base ·a leggi sociali ». Quest'ultima espressione è ancora vaga, ma essa fa pensare comunque allo stabilirsi e « interporsi » di obiettivi meccanismi sociali. In questo caso, qual è il rapporto loro con la fina~ità oggettiva operante nel proc.esso di produzione sociale, e con le subordinate finalità soggettive (individuali o di gruppo)? Qui sembra veramente che sia impossibile una risposta in generale, cioè fuori dell'analisi di un determinato modo di produzione. Nel passare a trattare - in questa stessa Introduzione del 1857 - il nesso distrlbu2lione-produzione Marx non riesce piu a mantenere il medesimo HveHo di generalità su cui si era mosso precedentemente. Il modo di produzione capitalistico è qui direttamente chiamato i:n causa e con esso la critica degli ·economisti (in particolare Ricardo). Marx apre qui un discorso importante, ma ancora incerto che arriverà a chia·rezza e compimento soltanto molto piu tardi, nelle pagine postume del 51 o capitolo (in pratica è l'ultimo ) del III libro del Capitale intitolato Rapporti di distribuzione e rapporti di produzione. Si conchiude in esse il lungo processo critico-analitico -iniziato appunto in questo settore della Introduzione del '57 per cui i primi vengono subordinati ai secondi, anzi identificati con essi come una loro Kehrseite, come un loro « rovescio». Sono conclusioni che hanno aspetti specifici (prevalenti) e aspetti general,i ( riducentisi a pochi elementi), le quali presuppongono comunque l'immissione della classica questione dei « redditi» e delle loro « fonti » nell'anaHsi del «processo complessivo della produzione capitalistica ». La cui effettività << come unità del processo di produzione diretto e del processo di circolazione » è risultata all'analisi essere tale che « genera nuove configurazioni [ Gestaltungen] in cui ·sempre piu si perdono i fili dell'interno nesso » e « i rapporti di produzione si autonomizzano l'uno rispetto all'altro, e le parti costitutive del v.alore si consolidano in forme autonome l'una rrspetto all'altra » 8 • Questo è uno dei prindpali campi di discussione e di rettifica di Marx nei riguardi degli economisti borghesi, contro l'iUusione della separatezza dei rapporti di distribuzione rispetto a quelH di produzione. 8

K. Marx, Il capitale, III, trad. it. di M. L. Boggeri, Roma, 19654, p. 941.

136 www.scribd.com/Baruch_2013

Ora, è proprio il riassorbimento dei primi nei secondi a delimitare l'ambito di ·risoluzione del problema che stiamo perseguendo. È appunto nell'ambito dei rapporti di produzione, e della loro riproduzione, che si stabilisce il carattere oggettivo della finalità che li domina, e che subordina a sé i fini individuali o comunque soggettivi. Di fatto è una risoluzione originaria, la cui constatazione ha validità generàle, quali siano le forme che storicamente essa assume nei diver!>i modi di produzione. « Nelle comunit·à primitive, in cui predomina il comunismo naturale, e perfino nelle antiche comunità cittadine è la comunità stessa con le sue condizioni che si presenta come base della produzione, rosi come la sua riproduziòne si presenta come suo fine [corsivo mi<>] uLtimo. Nelle corporazioni medioevali, né il capitale né il lavoro appaJono separati, ma le loro relazioni appaiono determinate dal sistema corporativo e dai rapporti con questo connessi e dalle relative concezioni di dovere professionale, prerogative del maestw ecc. Soltanto nel modo di produzione capitalistico ... » È la fine (incompiuta) del capitolo intitolato La formula trinitaria nel III libro del Capitale. Si tratta di situazion() x in cui «l'individuo che produce » in quanto « parte di un insieme! piu grande»- per esprimerci secondo la Introduzione del1857 -i o spontaneamente (comunità primi:tive) o perché costretto e Jndotto! (anche da un'etica sociale) - secondo i gradi diversi e storicamente relativi della sua mancanza di « autonomia» - è scopertamente subordinato nei suoi Hni individuali a un fine comunitario ( riassuntivamente: quello della riproduzione del sistema), il quale tuttavia non può costituirsi (in forme di divisione del lavoro; e in forme politiche e ideologiche) se non attraverso siffatta diretta subordinazione. Comunque si palesi o comunque si travesta (per es., nella forma dei« rapporti di signoria e servitu »)si tratta sempre di un medesimo fatto generale, della su bordi-nazione dei produttori alle condizioni della produzione: del «dominio [Herrschaft] delle condizionJ della produzione sui produttori » 9 • (La introduzione della nozione di « condizioni deLla produzione » nel suo nesso con qudla di « rapporti di produzione » è essenziale.) Quel domJnio sussiste comunque e non dipende specificamente dalLa« mistificazi-one economica»- come la chiama Marx- che anche in forme di società precedenti quella capitalistica « si riscontra principaLmente solo in r.elazione al denaro e al capitale 1

1

9

lvi, p. 944.

137

www.scribd.com/Baruch_2013

produttivo di interesse » 10 • Questa« mistiHcazione », questo« rovesoiamento"travisamento » [V erkehrung] - consist·ente nel fatto che « i rapporti soci!ali, al quali gli elementi materiali della ricchezza servono da portatori [Tra ger] », appaiono come « proprietà [Eigenschaften] delle cose s·tesse (merce)», e, ancora piu marcatamente, « il mpporto di produzione stesso » si presenta come « cosa (denaro) »-questa V erdinglichung-V ersachlichung- è « comune - dice Marx - a tutte 1e forme di società, in quanto giungono alla produzione mercantile e aU.a o1rwlaz.ione monetaria. Ma nel modo di produzione capita1istico e nel caso del capitale, che è la sua categoria dominante, H suo rapporto di produzione determinante, questo mondo stregato e capovolto si sviluppa ancora molto di piu ». Fino a copri1'e, praticamente, possiamo aggU.ungere, l'intero campo delle condiz1oni della produzione, determinando la collocaZiione in ess;a degli altri « .agenti di produzione ». Ciò che Marx aveva considerato in modo astratto-sistematico, nella prima sezione del I 1ibro del Capitale, all'inizio della trattazione deHa «forma di denaro », e cioè H famoso «carattere di feticcio della merce», viene qui (III libro del Capitale) proiettato, e ,jn certo modo relativizzato, nelle modalità di uno sviluppo storico, quello del modo di produzione capitalistiro, in quanto esso deve sorgere da formazioni sociali in cui già si era stabiHto un modo dd produzione mercanti·1e e una circolazione monetaria. Anche nel sistema capitalistico il pieno smascheramento dei rapporti sociali, in quanto reificati o cosaHzzati, non ha luogo « ndla -sfera del rapporto &retto fra lavoro e capital'e » ( « l'accanita lotta int-orno ad limiti deil:a giornata lavorativa lo d~mostra in modo convincente » - dice Marx) ma in quella sua forma specifica e caratterizzante che è lo « svjluppo del plusvalore relativo, con il quale si sviluppano le forze produttive sociali del lavoro ». Sotto questa angolatura « le forze produttive e i nessi sociali del lavoro appaiono nel processo lavorativo di'tetto come trasferite dal lavoro nel capita,1e ». «Cosi- ·aggiunge Marx H capitale diviene già una entità molto mistica, in quanto tutte le forze produttive sociali del lavoro appaiono come forze appartenenti a lui e non al -lavoro come tale, nate dal ·suo grembo. >> (Ma il massimo deHa V erkehrung, della « mistificazione » dei nessi interni reali del processo produttivo, viene raggiunto attraverso l'interveni· IO

lvi.

138

www.scribd.com/Baruch_2013

re del « processo di circol•azione, i cui mutamenti di sos.tanza e di forma toccano tutte le parti del capitale » 11 .) Tuttavia questo ampio sviluppo (storico) e complicarsJ. ( •sistema·tico) - che qui abbiamo solo ·rievocato per accenni - di quello che er.a già dahl'inizio l'« arcano » oostirutivo del « carattere di feticcio ddla mer-ce», fino a una sua completa, possiamo dire, invasione di campo (del campo delle « condizioni della produzione ») nel modo di prodUZ'ipne capitalistico (inteso quale effettiva « unità del processo di produzione diretta e del processo di circolazione ») costi-tuisce ·solo un Jato del « meccanismo sociale » (come .lo chiama ripetutamente Marx) messo in opera dal suo sviluppo. Considerare solo questo Lat·o,- ciò che oggi con termine riassuntivo vi-ene genera•lmente chiamato « reificazione », - deforma in certo modo i risultati della ma·rxiana « critioa dell'economia » neHa misura in cu:i vengono iHuminate soltanto le « condiz,ioni oggettive », lasciando nell'oscuro, o per cosi dire in libertà, le « condiziGni soggettive ». È invece molto significativo il fatto che Marx ponga in s~mmet:ria W. « oosalizzazione [ Verdinglìchung] delle determrnamoni ,.,ocia,J.i ddla produzi.one »,implicita nella «esistenza di merci, e ancor piu di merci in quanto prodotto del capitaLe», con la « soggt:)ttivazi~on:!-: [V.e_ri~~k~tLzd~.1'~gJ..Q~iJ2:!lda­ menti m~teriali deUa produzione »: quali due aspetti caratterizzanti « l'intero modo di produzione capitalistico » 12 • Sono ambedue conseguenze, o effetti, uguaLmente ·necess·ari del suo «meccanismo sociale». Certamente, come dke Marx, « i principali agenti di questo modo di produzione, H capitaHsta e hl Javoratore ~alariato, sono in quanto tali ·semplicemente incarnazioni, 'Personif.icazioni dd capitale e dd lavoro salariato; sono caratt.er.i sadali determinati, ohe il proc.ess.o sociale di produzione imprime agLi JndivU.dui; sono prodotti di questi determinati rapporti sociaLi di produzione » 13 • Sotto questo riguardo, per esempio, necessariamente lo « unico scopo » del capit~Li·sta « è 1a produzione del plusvalore, cosicché egli produce un certo tipo di merci unicamente a tal fine » 14 • Egli in ciò non fa che assumere soggettiv·amenrte la fina·Htà interna e obiettiva per h quale « tratto caratteristico che contraddistingue 11 12 13 14

lvi, pp. 940-941. I vi, p. 998. I vi. lvi, p. 232.

139

www.scribd.com/Baruch_2013

specificamente il modo di produzione capitali'Stico è la produzione del plusvalore còme scopo diretto [corsivo mio] e motivo determinante della produzione » 15 • capitalista cioè assume necessariamente questo ruolo ( alt)rimenti cesserebbe di essere capitalista), che si imprime perciò neH~ sua spontaneità soggettiva. Essa tuttavia (e vedremo fra poco perché) è coinvolta e presupposta con un grado di autonomia che non ha l'uguale in nessun altro precedente modo di produzione. Vi è qui un punto deLicato da comprendere, se non si vuoi compiere grossolani errod teorici. L'identificane col suo ruolo del capitaliista in quanto tale dipende da quella che Marx ohi'ama la differentia specifica del rapporto con la forzalavoro nel modo di produzione capitaListico. « La forza-lavoro - dice Marx - qui non è comprata per soddisfare mediante il suo servizio o suo prodotto i bisogni personali del compratore. » 16 Identificazione del capitalista col proprio ruolo (o funzione) è perciò, possiamo dire, un dato tautologico che deve esser presupposto a priori 17 • Per esso « lo scopo del compratore [della forzalavoro] è 'la valorizzazione del 'i>UO capitale, la produzione di merci che contengano una maggior quantità di lavoro di quella che paga,

n

a

I vi, p. 999. K. Marx, Il capitale, l, trad. di Delio Cantimori, Roma, 19645, p. 677. Scrive Marx, nei Lineamenti fondamentali (I, p. 252): « Se un capitalista si fa tagliare della legna per arrostire il suo montone, il rapporto non solo del taglialegna con lui, ma anche di lui col taglialegna è un rapporto di scambio semplice. Il taglialegna gli presta Ì'l suo servizio, ossia un valore d'uso che non accresce il capitale ma nel quale anzi questo si consuma, e il cap1talista gli dà in cambio un'altra merce sotto forma di denaro. Cosi accade in tutte le prestazioni che i lavoratori scambiano direttamente col denaro di altre persone e che vengono da queste consumate. Si tratta allora di consumo del reddito, che come tale rientra sempre nella circolazione semplice, non in quella del aapitale. Poiché uno dei contraenti non si contrappone all'altro come capitalista, questa prestazione in veste di servitore non può rientrare sotto la categoria di lavoro produttivo». La soddisfazione dei bisogni personali non rientra nel ruolo o funzione con cui il capitalista si identifica, in quanto « agente della produzione » personificato; e questa separazione contraddistingue particolarmente il modo di produzione capitalistico. (Di qui poi anche la questione della collocazione di quei bisogni personali a cui si integra la questione del «lusso» come «spesa di rappresentanza>>, o viceversa quella relativa alla ideologia della « astinenza >> del capitalista ccc., discusse da Marx nel Capitale). Ma qui, come dice Marx nella prefazione alla prima edizione del Capitale (v. l, p. 34) « si tratta delle persone soltanto in quanto sono la personifica:z;ione di categorie economiche, incarnazione di determinati rapporti e di determinati interessi di classe»; e si cerca di comprendere in che senso esse, cioè gli individui, non soltanto sono Triiger (portatori) di quei rapporti, ma sono anche tali per cui quei rapporti, nel processo di produzione del capitale, si imprimono, come di~ ripetutamente Marx, nella loro soggettività; cioè in che senso questa ne viene determinata (indipendentemente dalle restanti relazioni sociali, dalla psicologia ecc.). 15

16 17

140

www.scribd.com/Baruch_2013

che contengano quindi una parte di valore che a lui non costa nulla e che ciò nonostante viene realizzata mediante la vendita delle merci. La produzione di plusvalore o H fare di piu è la legge assoluta di questo modo di produzione» 18 • In questa identificazione col proprio ruolo o funzione il capital vigente in questo modo di produzione. « L'autorità assunta dal capitwlista in quanto personificazione del di·retto processo di produzione, la funzione sociale che eg1i riveste nella sua qualità di dirigente e di dominatore del:la produzione - scrive Marx è sostanzialmente divers.a dall'autorità avente come base la produzione con schiavi, servi della gleba ecc. [ ... ] suUa base della produzione capitalistica aHa massa dei produttori diretti si contrappone il carattere sociale della loro produzione, nella forma di un'autorità 18

19 20

lvi. Il capitale, Ùl, p. 242. lvi, p. 999.

141

www.scribd.com/Baruch_2013

rigorosamente norma,tiva e di un meccanismo sociale del processo autorità lavorativo articohto in una gera-rchia complet•a, però che spetta a.i suoi depositari [T rdger] m quanto personificazioni delle condizioni di lavoro rispetto al lavoro, non, come nelle precedenti forme di produzione, in quanto dominatori politici o teocra.tid. » 21 Ma oome st-anno le co&e rispetto all'altro principale <
n

21 22

lvi. lvi, pp. 996-997.

142

www.scribd.com/Baruch_2013

l' autovalorizzazione del capitale [ ... ] Il concetto di operaio pro· duttivo non implica dunque affatto solt.anto una relazione fra attività -e effetto utile, f.ra operaio e prodotto del lavoro, ma implica anche un rapporto di produzione specificamente sociale, di origine storica, che imprime aWoperaio il marchio di mezzo diretto d:i va· lorizzazione del capitale ». ( « Dunque commenta Marx essere operaio produttivo non è una fortuna ma una disgrazia! » ) 23 :È sotto j,l segno di ques.ta spedficit-à che il processo lavorativo come « attività finalistica per la produzione di valori d'uso » 2\ viene assunto nella produzione capitalistica. Non si tratta soltanto della _ sepa•razione del produ-ttore diretto dai mezzi di produzione, dalle condizioni di lavoro ·e dal« prodotto in generale», ma del fatto che questi si contrappongono a lui nella forma di oap1it:ale; che è 1.a condizione del rjprodursi dd sistema e quindi del riprodursi ddle due clas&i fondamentali. È in questa forma specifica che gli è sottratto il controllo deHe sue condizjorui di Lavoro, una volta che H modo di produzione capitaHstico si è stabi~ito ed è divenuto dominante. « L'opera-io lavora sotto il controllo del capitalista, al quale appartiene il tempo ddl'opera:io. [ ... Il capJtaHsta] mediante la com pera della forza-lavoro ha incorporato H lavoro stes-so, come Lievito vivo, ai morti elementi costitutivi del prodotto che anch'essi gli appartengono. Dal suo punto di v.ist.a il processo lavorativo è semplicement·e H consumo della merce forza-lavoro, da lui acq-uist:ata, merce che ·egli tuttavia può consumare soltanto aggiungendole mezzi di produzione. Il pwc-ess-o lavorativo è un processo che si svolge fra cose che il capita,JLsta ha comprato, fra cose che gli appartengono. » 25 Questa riduzione a « cosa » della forza-lavoro comperata come merce e consumat,a neUa produzione non ·è in sé medesima una operazione m-agica, bentSf è s-oltanto la ·riduzione ddl'operaio ahla naturalità che è propri-a della forza lav-orativa come ta-le (comunque sviluppata storicamente in attitudini specifiche).(« L'uomo stesso considerato come ·semplic-e esistenza di forza -lavorativa, è un oggetto naturaie, una cosa, se anche cosa vivente e autocosciente, e il lavoro stesso è espres-sione in cose di quella forza. » ) 26 Nella sua naturalità, tuttavia, d:i per ·sé presa, la forza-lavoro non è capitale piu che non lo siano, di per sé presi, -i mezzi di produzione -n. 23 24

25

26 27

Il capitale, J, p. 556. I vi, p. 218. lvi, p. 219-220. lvi, p. 236. « Come la forza-lavoro umana per sua natura non è capitale, cosi non lo sono

143 www.scribd.com/Baruch_2013

Essi lo diventano solo in quanto oome « fattori personali » e « fattori oggettivi » assumono « questo s'Pecifko carattere sociale » nelle condizioni storicamente determinate e sviluppate della produzione capitalistica 28 • « Se la forza-lavoro è merce solo nelle mani del suo voenditore, l'operaio salariato; essa diventa viceversa capitale solo nelle mani del suo compratore, al quale tocca il suo uso temporaneo. » 29 Ma in siffatta compr·avendita della forza-lavoro è essenziale e caratter.izzante del modo di produzione capitalistico che « fin dall'inizio il compratore si presenta insieme come possessore dei mezzi di produzione, che costituiscono le condizioni oggettive per il dispendio produttivo della f.ona~lavoro da parte del suo possessore ». In altre pa-role, spieg,a Marx, « questi mezzi di produ:zione si contrappongono ,al possessore della forza-lavoro come pr~ prietà estranea. D'aitro lato, il venditore del 'lavoro sta di contro al compratore di esso come una forza-Javoro estranea, che deve passa·re in suo pot,ere, essere incorporata al suo capitale, affinché questo agisca realmente come capital,e produttivo. Il rapporto di classe fra capitalista ·e operalo salariato è dunque già presente, già presupposto nel momento in cui entrambi si contrappongono nell'atto D-L (L-D da parte del lavoratore) » 30 • E ancora, precisa Marx: «è compravendita, rapporto monetario, ma una compravendita nella quale il compratore viene presupposto come capitaHsta e il venditore come salariato, e questo rapporto è dato dal fatto che le condizioni per 1a reaLizzazione della forza~lavoro - mezzi di sussistenza e mezzi di produzione - sono sepa11ate dal possessore della forza"Lavoro come proprietà estranea » (comunque questa situazione sia sorta storioamente). Naturalmente l'operaio è anche compratore di merci, non foss'altro per il suo sostentamento, e per questo, e per la riproduzione della sua classe, egli !'iceve un salario; cioè non cessa in ciò la sua appartenenza al ciclo deHa produzione capitalistica. In quanto compratore di merci, nella misura che gli è consentita, egli partecipa alla formazione deJ:la domanda. Ma « il rapporto fra domanda e ofi mezzi di produzione. Essi ricevono questo specifico carattere sociale solo in condizioni determinate, storicamente sviluppate, cosi come soltanto in analoghe condizioni ai metalli nobili viene impresso il carattere del denaro, o, addirittura, al denaro quello del capitale monetario.» (Il capitale, II, trad. di Raniero Panzieri, Roma 1965.1, p. 42.) 28 Cfr. Il capitale, II, p. 41 (e anche p. 37). 29 lvi, pp. 41-42. 30 lvi, pp. 35-36 (D-L=denaro acquista fona-lavoro; L-D=forza-lavoro si vende contro denaro).

144 www.scribd.com/Baruch_2013

ferta non può spiegare assolutamente nuhla, fino a che non sia messa in luce la base su cui si fonda questo rapporto » 31 , osserva Marx. «Sembra- scrive Marx- che la domanda rappresenti un bisogno sociale determinato di una certa grandezza, che esige, per esser soddisfatto, la presenza sul mercato di un certo articolo. Ma la determinf!zione quantitativa di questo bisogno è assolutamente elastica e fluttuante. J.l suo carattere di fissità è puramente apparente. » 32 Il capita;le accorre là dove gli è garantito un maggior profitto e ciò determina la domanda di « beni destinati al consumo produttivo» (per esempio di materie prime) che proviene dal capit•alista. È in questa prima forma, in quanto capitalistll, che egl~ partecipa alla determinazione della domanda complessiva. « Lo scarto fra domanda - ossia .H bisogno di merci rappresentato sul mercato - ed il vero bisogno sociale, varia naturaLmente in misura considerevole da una merce -ad un'altra >>, scrive Marx. Precisando: « intendo dire .la differenza fra le quantità di merc.i richieste e la quantità che sarebbe ri·chies-ta se la mercanzia avesse un altro prezzo monetario ·O i compratori si trovassero in una diversa '>it-uazione economica od aves·sero un altro teno:De di vita ». Ma intendendo come « bisogno ·sociale » ciò che « regola il principio della domanda }>, esso, aveva già annotato Marx, « ri·sulta essenzialmente dal rapporto che esiste fra le diverse dassi e dalla loro rispettiva posizione economica» 34 • Certo, osserverà Marx altrove, vi è anche questa « contraddizione nel modo capitalisti co di produzione: gLi operai in quanto compra•tori della merce sono importanti per il mercato. Ma in quanto sono venditori della loro merce -la forza-lavoro la società capitaListica ha la tendenza a costringerli al minimo del pr.ezzo » 35 • È una delle contraddiziorl!Ì in cui si inserisce la lotta di classe, almeno nel suo aspetto salariale. Non è quest'aspetto tuttavia che qui ci inter,essa, ma qualcosa di piu radicale, la collocazione stessa dell'operaio quale agente personificato della pwduzione, di fronte al capitalista, nd « meccaniIl capitale, Iill, p. 2,24. I vi, p. 232 (con la dimostrazione c esemplificazione che segue). Si veda anche (II, p. 77) la tesi fondamentale: « 11 volume della massa di met·ce prodotta dalla produzione capitalistica viene determinato dalla scala di questa produzione c dal bisogno di quest'ultima d1 estendersi costantemente, non da un circolo predestinato di domanda e offerta, di bisogni da soddisfare ». l3 lvi, p. 232. 34 I vi, p. 224. 35 Queste parole si leggono in una inrerpolazione di Marx al manoscritto del capitolo su La rotazione del capita!e variabile (Il capitale, II, p. 332). 31 32

145

7

www.scribd.com/Baruch_2013

smo sociale » generato da1la produzione capitalisllica. Abbiamo visto in che senso e modalità H oapitalist.a sJ identifiohl con lo scopo di essa ( nuHa oambia so«:.o questo riguardo se esso si presenti nella figura di « mandatario » di un « capitalista collettivo » o dell'insieme della società borghese). Al suo «bisogno di realizzare profitto » 36 , convergente con l'esigenza di autovalorizzazione del capitale, sono subordinati e insieme complementari i suoi bisogni personaH e qudli indotti e stimolati, o viceversa frenati e arrestati, nel resto deila società. Ma proprio sotto il prof.Ho del « bi·sogno » l'operaio è invece rappresentante soltanto dei propri bi·sogni ~individuali o personali comunque sviJupp.ati storicamente, e comunque ooddisfracibHi(al di là del mero sostentamento materiale): in una misura e secondo moda:l:ità determinate dal « meccani,smo socirule » a oui egli è asservito, salvo ~a lotta per modificarli (o per sovvertire e sostituir·e il mecamnsmo stesso). A dHferenz;a del capitalista egli non si identifica perciò soggettivamente con H proprio ruolo e la propria funzione nel processo di produzione capitalistico. ( Empli'l."ica~mente oiò si esprime nel fatto che l'operaio non può sentire come propri soltanto i bi·sogm che gH è consentito di soddisfa·re, di fronte all'immane sviluppo dii. forze produttive che gLi sta di fronte e che egl.i non controlla . ) La necessità pe11manente, nel ·sistema di produzione capitalistico, della disponibilità di forza-lavoro sotto forma di lavoro salariato diwene anch'es,sa soggettivo bisogno per i·l capitalista. Qudla ste&sa necess.ità sì presenta invece quale « rapporto di coerciz1one » per l'operaio, nonostante la •sua figura di hlbero venditore (per periodi di tempo determinati) dell'uso della propria forza-lavoro, .anzi in ragione di essa (come si è visto). In quel rapporto di coercizione H capitale, S<èl'live Marx, « come produttore di laboriosità ·aLtrui, come pompatore di plusvalore e sfruttatore di forza-lavoro supera in energia, clismisura ed efficacia tutti i sistemi di produzione del p~ato fondati sci lavoro forzato diretto » 37 • Ma .altrove egli soriv~: « Uno degli aspetti in cllli si manifesta l'a funz-ione civ.ilizzat·rice del capitale è quehlo di estorcere questo pluslavoro in un modo e sotto condizioni che sono piu favorevoli ,aJlo svi·luppo delle forze produttive, dei rapporti sociali, e alla orea21ione degli elementi per una nuova e piu elevata formazione, di quanto non avvenga nehle forme precedenti della schiavitu, 36 37

Cfr. Il capitale, Ili, p. 232. Il capitale, I, p. 348.

146 www.scribd.com/Baruch_2013

della serv1tu della g1eba ecc. » 38 • ( Qudla nruova e piu elevata formazione è iJ comunismo). Il contrasto tra quei due aspetti ha la sua radice oggettiva ·in queHa contraddizione del modo capitalistico di produmone che « consiste proprio nehla sua tendenza ·allo svHuppo assoluto delle forze produttive, che vengono continuamente a trovarsi in conflitto con le specifiche condizioni di produzione, entro le quali i•l capitale si muove e può solo muoversi » 39 • Parlando deUa legge dell'accumulazione capit·alistica Marx aveva detto che essa « esprime in realtà solo H fatto che la sua natura esclude ogni diminuzione del grado di sfruttamento del loavoro o ogni aumento del prezw del lavol'o che s~ano t-a·Ii da esporre a un serio pericolo la costante riproduzione dei rappo11to capi·ta1istico e ·J..a sua riproduzione su scala sempre piu allargata ». Ed aggiungeva: «Non può essere div·ersamente in un modo di produzione enbro H quale l'operaio esiste per. i bisogni· di valorizzaZJione di valori esistenti, invece che, viceversa, la ricchezza materiale esista per i bisogni di sviiuppo ddl'' opera:io » 40 . Qui ( e non è il solo caso) trov·iamo la parola «bisogni » usata una volta in senso proprio, soggettivistico ( « bisogni di sviluppo dell'operaio ») e una volba ;in senso braslato, oggettivato ( « bisogni di valollizzazione » ecc.) secondo un linguaggio già in uso negli economisti. A prima vista e formalmente Ia contrapposizione che ne segue è scorretta, e sembra retorica. Quell'uso traslato esprime tuttavia la necessità intern-a e finalistica del sis.tema di produzione che, abbiamo visto, si per·sonifica e sogget:tivizza nel capitalista, nel suo identificarsi con la sua propria funzione, necessari1amenue in forma del ·tutto eterogenea ai bisogni dell'operaio. Nonost·ante h « mistificazli:one » dei rapporti sociali prodotta dalle forme di merce e di dena•ro, e dal loro sviluppo nella forma di capitale, nel processo di produzione diretto l'operaio vive immedi·atamente questa antJitesi che si sv•iluppa ne11a ;lotta di classe e nelLa coscienza di classe. Nel1e basi ·oggettive di essa è compresa anche questa determina:;done ererogenea aUa radice della ~oggetti­ vità, cioè nel « bisogno », prodotta daHa forma in cui nel sistema di produzione capitaListico si pr-esuppongono, e sti. mantengono, dis-sociaci i « fattori ob1ettivi » e •i <( fattori personali » della produzione. Nell'operaio, ~ossiamo dir_~l'uomo del bisogno e l'uomo def lavoro sono necessadamente di:ssociati, e posti in contrasto fra 38 39

40

Il capitale, IH, p. 932. lvi, p. 311. Il capitale, I, p. 680.

147 www.scribd.com/Baruch_2013

loro, quale -rWess.o nella sua soggetcività delLa dinamica contraddizione oggettiva del sistema, a cui sopra si è accennato, che ne rivela il limite interno, sia pure mobile. È una situazione compless.iva che definisce (oggettivamente) non soltanto H capitalista e f'operaio, ma che, in fomna mediata, condiziona ogni soggetto individuale all'interno di un campo sociale cf.ominato dal modo di produzione cap1ta~listico. Ma probabilmente, di ·riflesso, anche nelle forme di transizione al socialismo. Può da·rsi che oggi sia insufficiente concentrare sul tema del « bisogno » la ·questione della struttura della soggettiv;ità (umano-sociale), e che ad esso altri ne debbano venire affi.ancati. Ma neLLa sua estensibi'"lità e flessibilità storica, che coinvolge pur sempre i bisogni « fisici »primari, esso rimane ugualmente un tema ·fondamentale che dal contraddittorio presente si proietta nel futuro. Se esiste una via della liberazione dell'uomo, in senso universale - cioè di con~rollo delle<< potenze estranee »da lui stesso generate nel processo sociale, e di sviluppo deLla persona suHa base e al di sopra di esse- tale via non può non passare per quelli che Marx chiamava « bi·sogni di sviluppo dell'operaio ». In questa par~e del presente scritto avevamo preso le mosse dal nesso dialettico tra produzione e consumo nel processo di produzione considerato in generale. Abbiamo visto che cosa si interponga fra quei due poLi estremi non in gener~.'le ma nel modo di produzione capitalistico: la finalità oggettiva ( soggettivata nel capitalista) di autovalorizzazione del capitale, che riduce a proprio mezzo l'intero processo di produzione. Abbiamo oercato un fHo conduttore (per collocare e circoscrivere il problema della soggettività, e insieme con esso queHo del finalismo oggettivo e soggettivo) accostando e connettendo fra loro una serie di formulazioni di Marx da.i tre libri del Capitale, intenzionalmente esttatte da contesti sistematici assai disparati. Ci sia consenti·to, per chiudere, tornare a quella generalità secondo il modo critico in cui Ma·rx ne ripropone il profilo in una delle ultime pagine del III libro del Capitale; modo critico, il quale conti•cne però .indi'rettamente H riferimento alle potenzialità di una società diversa (comunistica) rispetto al sistema borghese-capitalistico che ne crea i· presupposti. Scrive Marx: « ... se riconduciamo il salario alla sua base generale, precisamente a quella parte del prodotto di lavoro dell'operaio che passa nel suo consumo individuale; se liberiamo questa parte dai limiti capitalistici e la estendiamo al volume del consumo consentito da un lato dalla forza produt-tiva es1stente della società (cioè dalla forza 148 www.scribd.com/Baruch_2013

produttiva sociale del suo lavoro considerato come lavoro effet,l'irvamente sociale). e richiesto d'altro lato dal pieno sviluppo delta per~­ nalità; se ~riduciamo inoltre il pluslavoro e H plusprodotto alla misu- · ·: ra che è richiesta nelle date conclizi•oni d:i produzione della società, da un lato per la costituzione di un f.ondo di assicurazione e di riserva, da:IJ'.alt>ro per l'a:Hargamento continuo dehl~ riproduzione neHa misura determinana dai bisogni sociaLi; se comprend±amo infine nel n. l, nel lavoro necessario, e nel n. 2, nel pluslavoro, la~ quantità di lavoro che i membri della società in grado di lavorare devono s~empre effet,tuare, per coloro che non possono ancora o non pos·sono piu ~Lavorare, in alt:J:'Ie parole, se spogliamo sia il sad.ario che il p1usv,alore, sia H lavoro necessario che il pluslavoro, del loro specifico carattere capitalistico, non abbiamo piu queste forme, ma semplicemente i !loro fondamenti, che sono comuni a tutti i modi di produzione ~sociaH » 41 • Dalle considerazioni che abbiJamo fatto si possono trarre anche alcune conseguenz;e di ·significat>O opevativo. Esse si .raccolgono intorno a ciò: che la questione della soggettività del capitalista, e quindi delle classi dominanti, ha p.vaticamente scarstssima importanza - rispetto al meccanismo del s1stema - nonostante ili peso (e quindi l'importanza) delle ideologie che quehle classi esprimono e delle mediazioni politiche a cui esse si affidano. Ma che, viceversa~ ha enorme importanza la questione della soggettività operaia, notai storicamente anche come questione deLla « spontaneità ». Intorn~ ad essa, forse, vi è ancora qualcosa da dire. 1962-[1974]

41

Il capitale, MI, pp. 993-994.

149 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Parte seconda

www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo

l. Il marxismo, nel suo svolgimento, in Marx e in Engels, tocca molti temi: la società, l'uomo (individuo), la storia (la storiegrafia), 1~ natura, l'economia, 01 socialismo, H comunismo, le dassi sociali, la rivoluzione, l'emancipazione (del proletariato, delì'uomo), lo Stato, la politica, il diritto, la religione, la ideologia, la scienza, 1a filosofia, la dialettica, ecc. Di « realtà.» (Wirklichkeit) si parla doV!unque, e l'aggettivo «reale» (wirklich) è sempre presente. Non si tratta tuttavia di un soggetto reso esplicito tematicamente. Siamo noi a doverlo ·tematizzare. Cercherò di farlo dall'interno della problematica pit~ caratteristica del marxismo: non in un modo, cioè, che pretenda a una completezza panoramica; ma tale tuttavia da condizionare, se giusto, ogni ulteriore considerazione in proposito. Il marxismo è una concezione contrassegnata originariamente e in modo essenziale da una marcata storicizzazione di •se stesso, della propria genesi, delle proprie radici. Questo aspetto è strettamente legato· al suo carattere rivoluzionario oltre che, indubbiamente, a un elemento specifico della sua scientificità. Esso tuttavia può dar luogo a molti equivoci, o a false suggestioni, sul piano sistematico. Per esempio, nel nostro caso, si deve evitare il doppio pericolo di una decifrazione della riozione di « ~ltà » nel marxismo in chiav·e hegeliana) oppu,re in chiave feuerbachiana. Dall'analisi risulterà, implicitamente o esplicitamente, che anche una interpretazione naturalistica (o, in particolare, sensualistica), positivistica (o, in particolare, empiristica), ingenuamente realistica, o anche immediatamente storicistica (in uno qualsiasi dei significati correnti di questa paro!'a), sarebbe fondamentaLmente sbagliata. Forse è opportuno aggiungere che, nonostante il grande peso

153 www.scribd.com/Baruch_2013

attribuito alla oppos1z10ne idealismo-materialismo, al marxismo è estranea originariamente (vedremo perché), soprattutto per quanto concerne Marx, una problematica gnoseologica. Quest'ultima si è aggiunta al marxismo tardivamente, col cosiddetto « rev1sionismo » e nella lotta contro di esso: in particolare, contro le infl!uenze del neokantismo e piu tardi ancora (Lenin) dell'empiriocriticismo. Originario nel marxismo non è il problema della conoscenza, bensf queRo della scienza. Considero :importante oggi ripristinare questa situazione originaria e rendersi conto delle sue ragioni. 2. Comiocio con il produrre una difficoLtà. Scrive Engels, nel Ludwig Feuerbach e il punto di apprdo della filosofia classica tedesca (saggio che ebbe grandissima influenza neLla formazione del « marxismo della II Internazionale », e anche oltre i limiti di questo), rirferendosi « al distacco daUa filosofia hegeliana » operato da Marx: « ... ci si decise a concepi-re ·.hl mondo reale [die wirkliche W el t] - natura e storia - nel modo come esso si presenta a chiunque vi si accosti senza ubbie idealis-tiche preconcette [ .. .vorgefasste idealistiche Schrullen], ci si decise a sacrificare senza pi-età ogni ubbia idealistica che non si potesse conciliare con i fatti [T atsacfn.n] concepiti nd loro proprio nesso [in ihrem eignen Zusammenhang] e non .in un nesso fantastico. E il materialismo non vuol dire a~ltro che questo » 1 • Sembra il dtorno a una concezione di senso ·comune, colorita in qualche modo di :positivismo {vecchio positivismo). La data di queste parole (1886) potrebbe giustiiicare tale impressione superficiale. È inutile sottolineare come questa posizione semplicistica possa lasciare perplessi, dopo quasi tre secoli di riflessione cri·tica intorno alla scienza e alla conoscenza scientifica, o almeno dopo ~cke, Hume, Kant. Nel quadro del marxismo buttavia sembra che essa possa gilllstificarsi «criticamente». Quelle parole di Engels posscmo (anzi debbono) venir interpretate secondo un certo codice: il codice stabilito dalla « critica della ideologia ». {Prima di stendere il suo -saggio Engels aveva infatti riletto il vecchio manoscritto· della Deutsche Ideologie del 1845.) La «critica della ideologia » aveva !ncorporato la critica feuerbachiana della « filol F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, trad. it. di Palmko TogHatti, Roma, 19722 , p. 56.

154 www.scribd.com/Baruch_2013

sofia speculativa». La conclusione 'Sarebbe: 1886= 1845. Cioè: « i:I mondo reale {natura e storia) », liherart:o (mediante la critica della ideologia e della speculazione) da « ogni llibbia ideaìlistica », si dà a ognuno cosi come è. Il che significa per Engels: i fatti possono allora venire colti « nel loro proprio nesso ». Ripeto: questa era senza dubbio anche la posizione ài Marx nel 1845. È ancora valida per il Marx maturo, per il Marx che ha dato esecuzione a.l1la sua grande impresa scientifica, al Capitale 2 ? 3. Che cos'è Il capitale di Marx? Esso è la costruzione di un modello scientHiico .astratto o ideaJ.e ('Lenin ebbe sempre chiaro ques1:o punto) 3 : il modello scientifico del modo di produzione borghese {capitalistico). Questa costruzione avviene attraverso Uill certo sviluppo '(dialettico) di « forme », che ·si 'presenta regolato da leggi interne al sistema (leggi di tendenza, di sviluppo, ecc.) e dal loro cooperare, convel:lgere o anche possibile contrastare: onde appunto la dialenticità consistente nel modifica·rsi, o anche arrovesciarsi, di situazioni precedentemente accertate (tipico in questo senso il passaggio dalJa formula MDM alla formula DMD, nella prima sezione del Capitale). In effetti Il capitale di Marx, come tante volte è stato osservato, è costituito di parti 1sistematiche e di parti storiche; che si alternano in qualche guisa (anche se di riferimenti storici sono ricche le stesse parti sistematiche). Lasciamo dà parte per il momento la questione se tutta la materia, una volta « acquisito il metodo » (ci si riferiva .al «metodo dialetrtico -spogliato dei veli idea.Iistici )>), potesse essere esposta « in due modi»: « storicamente » o « logi2 Ciò che viene posto qui in discussione non è la fjnalità scientifica della messa in evidenza dei fatti nel loro proprio nesso (finalità che, sul piano epistemologico, richiede una teoria dei fatti e delle relazioni}, bensf che essa possa venir realizzata, secondo i1 pensiero maturo di Marx, semplicemente, come enuncia Engels, liberandosi dadle « ubbie idealistiche >>. Proprio Marx, in una importante lettera a Engels del 24 agosto l867, riferendosi al suo lavoro in corso, Per la critica dell'economia politica, scriveva: «per quanto concerne il chapter IV, mi è costato tanta fatica trova:re le cose stesse [die Sachen selbst], vale a dire la loro connessione [Zusammenhang] ». 1 Lenin distingueva molto nettamente i « problemi astratti » inerenti alla « teoria del capitalismo» e (i momenti «ideali» che la compongono) dai problemi relativi alle « condizioni concrete dello sviluppo del capitalismo in questo o quel paese, in questa o quella epoca». (Si veda, ad esempio, lo scritto Ancora una volta circa la questione della teoriiZ ·d-ella realizzazione, da cui sono prese le espressioni qui citate, o anche Osservazione circa la questione della teoria dei mercati, a proposito della polemica dei signori Tugan..Baranovskii e Bulgakov, 1898, in f) pere complete, v. 4, Roma, 1957, pp. 87-88 e .55-64).

155 www.scribd.com/Baruch_2013

camente », come riteneva Engels 4 {e «logicamente » qui o non significa nulla o signitica « sistematicamente »). L'affermazione ha bisogno essa ·stessa di venire intenpretata e messa alla prova. Noi dobbiamo perciò prendere le cose cosf ·come sono; cioè Il capitale nel1suo ordinamento proprio {in particolare il primo volume, pubblicato da Marx, anche se la comprensione profonda dell'insieme, per quanto riguarda il sistema borghese, non è possibile se non a partire dal terzo). Ordinamento proprio che fu il punto di arrivo di un lungo travaglio non .solo di ·ricerca .e analisi del materiale, ma di ricerca metodologica dell'ordinamento stesso 5 • Vedremo piu oltre il senso di ciò. Sarebbe, 'Comunque, run grosso errore conce" pire quella alternanza come un piu o meno occasionale ricorrere, secondo opportunità didascaliche ed espositive, ad analisi sincroniche e a na·rrazioni diacroniche (quali la «giornata lavorativa >>, « la divisione del lavoro », la « manifattura », la « cosiddetta accumulazione originaria », ecc.). Se vogliamo per un momento adottare questa terminologia, che si è dimostrata efficace ·speciatlmente ndla moderna linguistica, si deve dire che Il capitale è tutto sincronico; ma che la cosltruzione formale che esso costituisce (costruzione dialettico-sistematica, o, se si vuole, genetico-sistematica 6 : nel senso di deduzione genetica delle forme stesse) non è possibile 4 Nella recensione in due puntate (e non compiuta) al Per la critica dell' economia politica, apparsa negli ultimi due numeri di Das V olk, nel 1859 (cfr. Marx, Per la critica dell'economia politica, Roma, lf)69, p. 2{)8). La recensione stessa fu vivamente so1lecitata da Marx che dette a Engels alcuni suggerimenti (cfr. Carteggio Marx,Engels, II, Roma, 19723, p. 323). 5 Non si sottolinearà mai abbastanza quanto fosse importante per Marx, e carica di significati, questa distinzione: è la distinzione fra n metodo della ricerca (Forschungsweise) e il metodo della esposizione (Darstellungsweise}, I quali differiscono, dice Marx nei riguardi della sua opera, << formalmente » (formell). (Cfr. il « posc11hto» alla seconda edizione del Capitale, I, ttad. it. di D. Cantimori, Roma, 19645, p, 44). 6 In questo senso, ad esempio, scrive Rodolfo Banfi, nell'acutissimo saggio Uno pseudo problema: la teoria del valore,favoro come base dei prezzi di equilibrio {cfr. Critica marxista, 1%5, n. l, p. 141), che Marx, nella prima sezione del primo volume del Capitale, a un certo punto «riprende l'analisi della merce per ricavare geneticamente dall'opposizione tra forma relativa e forma di equi" valente, la forma generale di valore e quindi la forma di denaro». È una acce" zione di « genetico »- (nel senso dello svihtppo formale-sistematico) da tenersi accuratamente distinta da quella di cui mi avvarrò poco òltre, e piu vicina al significato corrente, di «genetico» in senso storico. Perché non vengano confuse, userò le espressioni ( qua:ndo sia necessario) di « genetico--formale » e « storicogenetico». Nel Capitale, a mio avviso, sussistono e sono essenziali alla sua sistemaricità ambedue gli aspetti, anche se il secondo, come vedremo, è subordinato al primo. Di diverso parere è invece Jacques Rancière nel suo saggio - comun" que molto importante e sul quale va richiamata l'attenzione - Le concepte de critique et la critique de l'économie politique des Manuscripts de J844 au Capitai

156 www.scribd.com/Baruch_2013

- cioè non è possibile il passaggio dalle forme piu semplici a11le piu complesse (poiché tale è lo stile della costruzione) - se non via via includendo, in certi punti determinati e necessari, tranches storiche, che meglio che « diacroniche » si dovrebbero dire « genetiche » (per la funzione a cui adempiono), nel senso proprio o storico della parola. Se vogliamo proilungare il raffronto con la moderna linguistica - raffronto che potrebbe essere produttivo, perché fra le discipline del mondo umano è quella che negli ultimi decenni ha fatto comunque i maggiori progressi verso un assetto scientifico 7 (e in generale sembra ormai meno intrisa di presupposti ideologici e normativi) - si deve suggerire che la coppia epistemologicamente dirigente nella costruzione del Capitale non è la coppia « sincronico-diacronico », ma piuttost::> un'altra che indicheremo con «S'incronico-genetko ». Natmal:mente l'uso diffewnzi'a:1e di questi t:errnini è puramente convemionale: ciò che conta è la differenza reale c:he intendiamo indicare. Un sistema linguistico (intendo, qui, una .lingua reale, storica) può esser esaminato nelle sue forme e strutture simultanee (metodo sincronico), ·o ricercato nel suo svolgimento storico (metodo diacronico ) 8, o in una sintesi e composizione dei due metodi 9 • Quest'ultima possibilità, che oggi sembra prevalere, comporta evidentemente l'eliminazione del rigido carattere antinomko dei termini della coppia dirigente (sincronia-diacronia) che fa parte del r«entissimo volume collettivo Lire te Capitai I (Pari$, 1%5). Il Rancière tende infa.tti deoi·samente a elidere la Componente storica in quanto tale, e a riassorbire o ridurre ogni elemento storico-genetico in quello che io chiamo «genetico-formale», ossia nello sviluppo sistematico delle «forme». Mi corre anche l'obbligo di aggiungere che il saggio di Rodolfo Banfi sopra citato, particolarmente nella sua impostazione, mi è stato di dcci.sivo aiuto ·per l'analisi e i1 tentativo di interpretazione che presento in queste pagine. Naturalmente, dei miei eventuali errori non è imputab~le questo autore. 7 Caratteristico, al riguardo, questo passo del Lévi-Strauss (che parla a nome degli antropologi): « J>endant des années, nous avons travaillé cote à cote, et brusquemenr, il nous semble que !es ,Jinguistes se dérobent: nous !es V'Oyons passo· de l'autre còté de cette barrièrc, longtemps jugée infrachissable, qui séparc Ics sciences cxactcs et naturolles des sciences humaines et sociaoles. Comme pour nous jouer un vilain tour, les voioi qui se metten1 à travailler de cette faç.xm rigoureuse dont nous étions resignés à admettre que ·les sdenccs de la naLUrc détenaient •le prhnilège » (cfr. Claude Lévi-Strauss, Anthropologie structurale, Paris, 1958, p. 7~). Ma il passaggio non è poi stato cosi brusco. 8 Almeno in astratto. Ma si tratta di uno schema di comodo, perché è molto dubitabile che una linguistica puramente diacronica sia mai esistita, anzi che essa sia possibile (cfr. Eugenio Coseriu, Sincronia, diacronia e historia. El problema del cambio linguistico, Montcvideo, 1958, p. 159. Cfr. anche André Martinct, La considerazione funzionale del lin!(uaggio, Bologna, 1965, p. 187). 9 Cfr. ad esempio, Roman Jakobson, Essais de linguistique générale, tr. fr. di N. Ruwet, Paris, 1963, pp. 35-37. (Cfr. anche E. Coscriu, op. ci t., pp. 153, sgg.)

157

www.scribd.com/Baruch_2013

- cos( fortemente marcato invece quando essa comparve (Saussure) -_- e in certo modo anche una attenuazione deUa sua importanza. La quale tuttavia rimane depositata nel punto di vista che obbliga a considerare una lingua concreta - 'sia nei suoi aspetti fonologici e morfologid, sia in quelli grammaticali-sintattici (il cui ambito, mi sembra, è stato tanto meno ril11novato, finora) in ogni momento della sua evoluzione storica sempre come un sistema. La situazione è stata brillantemente riassunta da:l Coseriu nella frase: « La lingua funziona sincronicamente e ·si costituisce diacronicamente » 10 • Questa proposizione tuttavia non mi sembra la soluzione di un problema ma soltanto l'indicazione di un indirizzo della ricerca {il ricorso alla nozione di « sistematicità dinamica » non è che la ripetizione di esso con altre parole). Anche se tale indicazione si 'presenta come superamento di :una precedente difficoltà metodologica. Se infanti la lingua è sempre un sistema, si tratta di vedere attraverso quali modi possibili (eventualmente, attraverso quali leggi) ha luogo dentro il sirstema stesso il SIUO perenne costituirsi « diacronico ». Quali sono cioè i modi e le .leggi (o la gamma di possibilità) attraverso cui si generalizzano e fissano le mutazioni e il sistema si evolve. E in che mi•sura essi possono venir riflessi e determinati nella astrazione scientifica, cioè riportati a regolarità. La staticità specifica (se esiste, com'è poss1bile) dell'oaccadere :linguistico non potrà venire indiwduata se non nel corso della risposta a tali domande_. È un errore idealistico (o di 'Storicismo idealistico) accontentarsi di presupporre una storicità generica. Quest'ultima osservazione vale non ·solo per la linguistica, ma in genere per le scienze umane, dove oggi i1 ricorso all'attributo « storico » serve piU'ttosto a mascherare, che non a chiarire, diffico1tà e problemi. Quanto alla lingua, la questione finale è evidentemente extra-linguistica: quali compiti assolve il linguaggio umano? (La tendenza prevalente - giustamente mi sembra - è quella di cercare il suo nucleo fondamentale nella esigenza di comunicare infovmazioni.) Ma, qualunque sia la ri-sposta generale a tme domanda, per la lingurstica essa dovrà tradursi in termini rigorosamente linguistici, cioè dovrà contenere sempre una precisata delim1tazione metodologica rispetto ai campi della sociologia, psicologia, ecc. 11 • E. Coseriu, op. cit., p. 154. Non sono persuaso, ad esempio, che l'affermazione del Martinet (op. cit., p. 192): «una crescente complessità delle relazioni sociali sarà accompagnata da 1°

11

158

www.scribd.com/Baruch_2013

Debbo scusarmi col lettore se procedo attraverso riferimenti a problemi piuttosto ohe a so1uzioni: allo sta:to attuale della ricerca questa non è solo una misura di cautela, ma l'unica maniera in cui il raffronto con l'economia è di qualche utilità. Se prendiamo, ad esempio, la citata proposizione del Coseriu, non è essa forse vera, nella sua generalità, anche per un qualsiasi sistema econo· mico concreto (cioè per una determ~oota società storica)? E quante altre analogie o somiglianze si possono accumulare. Anche una 11ngua, per es., è campo di conflitti (fra il vecchio che inerzialmente resiste e il nuovo che viene emergendo) 12 , i quali possono essere veri e propri conflkti di sistema, come accadde nel latino durante tutta la fase di trapasso dalla rigida sintassi dei casi a qudla flessibile delle preposizioni 13 • E ancora: ci possono essere dei cambiamenti che si ripercuotono su tutto ii} sistema (come quello or ora indicato) o che mutano il valore di categorie, le quali continuano a ,sussistere, ma in rm diverso nesso di opposizioni (come i generi maschile e femminile, una volta caduto il genere neutro nel cosiddetto latino volgare) 14 • Qualcosa di simile met· teva in rilievo Marx per le categorie economiche (per es. relativamente al salario, nelle sue diverse incarnazioni storiche, da quel1o del legionario romano, quando ne ebbe uno, al salario dell'operaio della grande industria capitalistica). E cosi via. Non credo che allo stato attuale della ricerca (in ambedue i campi) procedendo sulla via di siffatte analogie siano poi facilmente reperibili (attraverso un metodo del tipo delle baconiane tabulae presentiae e tabulae absentiae) gli elementi sicuramente differenziali. E ciò per una ragione di fondo: che i caratteri dell'accadere {e agire) economico, nella storicità propria di questo, rimangono non meno indeterminati, fino ad oggi, di quelli dell'accadere (e agire) Hnguistico. Nonostante che il marxismo abbia fissato e isolato, quanto una crescente complessità della sintassi» possa valere come una legge generale. Vi è qui una irruzione immediata del sociologico nel linguistico che lascia assai perplessi. Mfascinante invece mi sembra lo studio delle relazioni fra la frequenza di una unità linguistica e la sua forma, che conduce alla conclusione che « una lingua cambia perché la si usa» (ivi, p. 189). E, in genere, tutta la ricerca intorno ai rapporti fra frequenza e complessità linguistica (cfr. anche A. Martinet, Linguistique structurale et grammaire comparée, in Travaux de l'Institut de linguistique, I, 1956, pp. 7-21), dove mi sembra che possa collocarsi almeno una sezione del confine linguistico fra linguistica e sociologia. 12 ar. A. Martinet, La considerazione funzionale del linguaggio, p. 193, e passim. u lvi, p. 192. 14 Cfr. E. Coseriu, op. cit., p. 157.

159 www.scribd.com/Baruch_2013

al primo, con certezza obiettiva il punto di partenza -che è anche un nucleo di riferimento :permanente - nella nozione di « produzione e riproduzione della vita materiale » degli uomini comunque associati. (Un analogo nucleo f'Otrebbe esser per la linguistica la nozione di « comunicazione di informazioni ». Ma questa è ancora t'roppo problematica nelle sue implicazioni riguardanti le lingue concrete e tutti i loro aspetti, perché si possa azzardare di proporre un siffatto parallelismo, quale base per la ricerca degli dementi differenziali 15 .) Se fossimo costretti a lasciare le cose •a questo punto, la conclusione sarebbe che ci troviamo in una situazione bloccata, e l'unica utilità dell'appena iniziato raffronto si manifesterebbe nel rinvio ad approfondire differenziatamente, per ogni campo a cui è riferìbile, la nozione dJ storicità 16 . Ma le cose non stanno cosi. Se quegli elementi differenziali non si possono esibire, oggi, in via diretta (altto-che attraN"erso •Spiegazioni meramente verbalistiche), vi è tuttavia, a livello scientifico, un fatto che sembva comportare una differenza decisiva, e che comunque non può non ·servire da bussola di orienuamento. Qualunque sia la differenza fra l' acoadere linguistico e l'accadere economico - e fra i ·rispettivi modi di storica continuità (lasciando del tutto aperta quest'ultima nozione) - il secondo è tale per cui è stato possibile (nel marxismo) costruire in funzione di esso la nozione scientifica di formazione economico-sociale: quale nozione di modelli teorici astratti complessivi dell'a{;cadere economico che si verifica all'interno di determinati ·Sistemi concreti. Non sembra che la linguistica abbia prodotto, o sia in grado di produrre, nel proprio campo un analogon IS Mi sembra che allo stato attuale della ricerca non si possa andare molto oltre il precetto e l'ipotesi di lavoro espressi da Martinet, ove egli dice: « Dobbia,mo concentrard sul linguaggio in quanto strumento di comunicazione, dato che quest'uso del linguaggio gli dà una forma che sarà probabilmente imitata in tutti gli altri usi» (op. cit., p. 194 ). Coinvolgere in questa ricerca il raffronto con le tecniche degli ingegneri delle comunicazioni, come è venuto proponendo in questi ultimi anni Io Jacobson (op. cit., p. 31 c passim), mi sembra che possa aiutare a far procedere per una strada attualmente molto utile (e feconda anche per la filosofia del linguaggio). Non meno e forse piu utile della messa a confronto prodottasi negli ultimi decenni fra il lavoro dei linguisti e quello degli analisti logici. 16 Ho l'impressione che sia questo il vero problema che sta al fondo del saggio di Louis Althusser, Esquisse du conce pt d'histoire (cfr. La pensée, n. 121, giugno 1965; e ora nel cimo volume collettivo Lire le Capitai), pre· sentato in italitJ;no in Critica marxista, 1966, n. l. Non posso essere d'accordo con Althusser sulle vie di soluzione che egli propone, che mi sembrano introdurre nel marxismo una specie di mistica della temporalità. Ma il saggio di Alrhusser dovrà venire attentamente discusso.

160

www.scribd.com/Baruch_2013

della nozione marxis>ta di formazione economico-sociale. Ma propno perché la moderna linguistica opera anch'essa mediante il rilevamento di strutture oggettive su base empirica (che in certo senso possono venir chiamate 'modelli'), con "I"isultati senza dubbio notevoli almeno in campo fonematico 17 (quali si siano i malintesi che ancora possono sussistere intorno alla nozione di 'segno'), è necessario, per rendere in qualche modo controllabile la mia affermazione, precisare con sufficiente completezza i -tratti necessariamente comuni a ogni possibile modello di 'formazione economico-sociale'. Questi tratti, a mio parere, sono essenzialmente tre. a) Il modello (come in generale ogni modello scientifico) ha una funzione interpretativa rispetto all'accadere concreto dell'ambito a cui esso si riferisce e che delimita. Nella fattispecie questa funzione interpretativa permette di rilevare obiettive tendenze di sviluppo e compiere previsioni in tal senso. Si tratta di quel tipo di previsione, relativo ai caraJtteri propri del campo ecom>mico e deUe sue leggi (è secondario qui cercare di precisarlo piu ravvicinatamente - anche se il problema è sotto altri riguardi di grande rilievo), che consente di inserire l'azione concreta: di una forza po!itica o di un gruppo sociale cosciente. Si sente ripetere che un modello del genere - cioè la teoria . economica di una formazione sociale - « esiste in forma completamente sviluppata solo per quanto riguarda il modo di produzione capitalistico » 1a. Questo è esatto. Ma si dimentica altrettanto spesso, mi sembra, di domandarsi se e quali esempi cospicui esistano di una sua applicazione interpretante; nel senso sopra indicato. Ora, è necessario rilevare che un grande esempio di questo genere esiste ed è l'opera di Lenin (già compiuta nel 1898) Lo sviluppo del capitalismo in Russia. Processo di formazione del mercato interno, opera condotta con grande rigore di analisi e anche con tutti quei 'sacrifici' (di esclusione cosciente di alcuni settori dell'esperienza reale) che sono in genere caratteristici di ogni. ricerca scientifica che sa di poter giungere a conclusioni precise e probanti solo attraverso Io sforzo di massima omogeneizzazione degli elementi presi in considerazione, e la correlativa delimitazione del17 Mi sembra interessante, a questo riguardo, la stessa definizione di fonematica, quale « tematica connessa con il fonema, considerato sia come elemento di sistema sia come elemento di contesto» (W alter Belardi, Nullo Minissi, Dizionario di fonologia, Roma, 1962, p. 54). 18 Oskar Lange, Economia politica, Roma, 1962, p. 111.

161

www.scribd.com/Baruch_2013

l'oggetto della ·ricerca, per quanto ampio esso rimanga. Nel dare alle stampe 'per la prima volta, nel 1899, questa sua opera, Lenin nella prefazione ad essa, la metteva in confronto, per alcuni punti essenziali, con quella del K;autsky Die Agrarfrage, poco prima apparsa, e di oui egli non aveva potuto tener conto nella propria elaborazione (lo studio del Kautsky è un altro esempio molto notevole 19 di applicazione del modello, interpretativa di una realtà in atto). E, quanto all'evoluzione capitalistica dell'agricoltura e ai suoi fenomeni, Lenin poteva rHevare « fino a che punto siano identici i lineamenti fondamentali di questo processo generale nell'Europa occidentale e in Russia, nonostante le notevolissime particolarità di quest'ultima, s~a dal punto di wsta economico che da quello extraeconomico » 20• Non si trattava di una constatazione di valore puramente 'accademico', o di scienza del'l'economia sociale. Essa era infatti, al contempo, i.l punto in oui, scientificamente, veniva messa a fuoco definitivamente la non breve battaglia politica di Lenin coi populisti, circa l'indirizzo da dare al movimento rivoluzionario. Proprio per questo l'esempio di tale opera di Lenin (e delle ricerche e polemkhe economiche antecedenti, che la preparano) mi sembra straordinariamente probante di ciò che -sto qui cercando di mettere in luce. I due aspetti e5senziali da sottolineare sono infatti i seguenti: l. Le 'particolarità' a cui Lenin si riferisce sono quelle di un paese arretrato, ma in cui il capitalismo ha fatto il suo ingresso decisivo. Di un paese comunque le cui caratteristiche si pongono (a differenza della 'Europa occidentale') a un estremo opposto, rispetto a quelle della società concreta da cui Marx aveva tratto soprattutto, anche se non esclusivamente, gli elementi attuali delia sua elaborazione; e cioè quella inglese 21 • E tuttavia in Lenin il confronto col modello, ossia col Capitale di Marx, è continuo, ed è mediante esso- nel reperimento del modo in cui funzionano le leggi del modello, attraverso e per entro le 19 Nel recensirla, approvandola senza riserve, Lenin salutava questa opera di Kautsky come «l'avvenimento piu notevole della piu recente letteratura economica », dopo la pubblicazione del terzo volume del Capitale (cfr. Lenin, Opere complete, v. 4, Roma, 1957, pp. 95-101). La recensione conserva ancora oggi grande interes5e, sia per i problemi che investe, sia per i principi generali a cui si ricollega. 20 Opere complete, v. 3, Roma, 1956, p. 5. 21 Ma si deve tener conto, naturalmente (come fa Lenin) del décalage storico, rispetto alle fasi della società inglese da cui Marx: aveva tratto tanti elementi per la sua elaborazione.

162 www.scribd.com/Baruch_2013

condizioni differenzialli ·concrete della Russia 'arretrata' - che la sua analisi procede con interna forza sistematica. 2. A partire da siffatta analisi prendono 5enso e acquistano centezza razionale, le battaglie politiche via via condotte da Lenin a:ll'interno del movimento rivoluzionario (e testimoni.ate in famosi .scriai dal Che cosa sono gli « amici del popolo » al Che fare?, a Stato e rivoluzione, ecc.), per individuare i compLti storici della classe operaia r.ussa e della sua organizzazione politica {quanto di 'rivoluzione democratico-borghese' essa doveva assumere •SU di sé, e la nozione di passaggio ininterrotto da questa alla ·rivoluzione proletaria: punti i quali costituiscono l'asse dell'azione •len1niana, che attraverso il 1905 conduce ahl'ottobre 1917). L'insuperato esempio leniniano mostra, in questa sua completezza, quale errore sia da ritenersi, in una organizzazione politica rivoluzionaria di classe, qualsiasi contrapposizione di economia e politica, piu o meno esplicita, ma
163 www.scribd.com/Baruch_2013

dello contenga in se stesso una qualSii:asi cronologia (o un qualsiasi calendario). Bensf nel senso che, r1portato all'analisi storica (storico-sociale) concreta, esso consente di stabi:lire periodi o epoche corrispondenti. (Consente, per esempio, di dire: 'il modo di produzione capitalistico comincia ·a sviluppa~:~si nel pa·ese x negli anni y', e cosi via.) In ciò non vi è nulla di aprioristico o platonizzante, poiché gli elementi da cui è costituito LI modello sono essi stessi desunti dall'esperienza. O, se si vuole, si tratta deH'inveramento, in un ambito determinato del reale, di quel tanto di esigenza scientifica che stava alla base del platonismo (poiché anche le idee, oggettive, di Platone erano in realtà tolte dalla esperienza; e piu volte ne.l pensiero moderno una esigenza consimHe -·- ma conn~ssa organicamente alle nozioni di divenire e di svolgimento, e talvolta anche a quelle di ripetizione o 'ricorso' - si ·è presentata, non a caso proprio in riferimento al mondo umano, storico-sociale, benché in travestimento speculativo: dalla Scienza nuova del Vico ai Grundziige unseren Zeitalters del Fichte). c) Il modello si costituisce nella opposizione fra le lèggi generali della produzione (va\l.ide cioè per ogni sua forma storica) e le leggi ·speciali - integranti· o modificanti ,le precedenti - che definiscono la formazione economico-sociale determinata. Restando qui impregiudicata la questione della parte proporzionale spettante ad eventuali 'leggi statiche' e di quella spettante alle tleggi 'dinamiche', o di sviluppo {anzi restando impregiudicato il problema della validità di siHatta distinzione, per l'ambito considerato; ma comunque tenendo conto della necessità di una ulteriore caratterizzazione epistemologica delle 1eggi emergenti dell'alla'lisi: statistiche, 'casuali', ecc., ecc.). Questi dunque sono i tratti distintivi comuni (non so se se ne 'POtranno aggiungere alt-ri) a ogni modello di formazione economico-sociale. Ma che cosa sta alla base di essi? Intendo dire: qual è la condizione della loro possibilità, teoreticamente determinabi-le? Che cos'è che ci garantisce della non-arbitrarietà delle corrispondenti costruzioni? « Le astrazioni dell'economia politica - come del resto le astrazioni di qualsiasi altra scienza che si occupa dei fenomeni empirici - non possono essere arbitrarie; non possono costituire costruzioni concettuali soggettive, ma d<::bbono essere dettate dalle proprietà oggettive del proces.so economico, e rappresentarlo in fo1.1ma adeguata. » Sono parole di Osbr Lange che ·si leggono alla fine di un pa·ragrafo intitolato I modelli teorici, del suo l:ibro Econo164

www.scribd.com/Baruch_2013

mia politica 23 • Esse esprimono una esigenza giusta, e <ÌtDinunciabile per il marxismo anche da un punto di vista pratico: per agi·re sulla realtà e modificarla essa va conosciuta nella sua autonoma obiettività. Il 'si conosce operando' è vero, ma di una verità non semplicistica, la quale include l'·autonomia del momento teoretico, come rispecchiamento e appropriazione di una realtà in atto (su ciò si ritornerà più avanti). Non si deve mai dimenticare che Marx ed Engels, proprio nelra prima storica delineazione programmatica - e quindi di azione - del << partito comunista », e cioè nel Manifesto del 1848, ebbero cura di presentare la loro dottrina non come sem:pli:ce invenzione o ritrovato delle loro menti, ma come 'espressione' teorica di una realtà storica già in corso, di cui prima di tutto si dovevano rilevare gli oggettivi caratteri. Se ho citato quelle parole del Lange non è dunque per un significato peregrino che esse con tengano, nel problema che cosf viene proposto, ma piuttosto perché la risposta che ad esso dà questo importante autore mi sembra al contempo insufficiente e tipica. « L'astrazione in economia poHtica - egli dioe - deve basarsi sull'andamento reale, storico, del processo economico, e ad esso corrispondet<e. » 24 E piu oltre, esemplificando (sulla base di un passo del Capitale di Marx, che anche noi avremo occasione di utilizzare): «La legge del valore si spinge tanto lontano nella storia quanto h produzione mercantile; h legge del plusvalore tanto lontano qua nt o la produzione capita'listica » 25 • Affermazione, quest'uLtima, indubbiamente vera, e che non è poi se non l'~sem:pio della valid1tà interpretativa del modello, cioè di quello che ci è apparso il suo tratto distintivo. Ma discende · direttamente questa ·verità dalla proposizione generale precedente? Più in generale an'Cora: l'opposizione alle teorie 'soggettivistiche' in economia è sufficientemente fondata - ed è quindi sufficientemente fondata la oggettività - dal cosiddetto carattere 'storico' dell'indiTizzo marxista in economia .politica (come tipicamente ritiene il Lange 26 )? Mi sembra che sia ·sufficiente enunciare la domanda per accorgersi che la risposta non può essere che negativa. Poiché la stessa storicità ha bisogno di venir fondata nella sua oggettività (oltre 2l 24 25 26

O. Lange, op. cit., p. 112. lvi, p. 113. lvi, p. 114. I vi, tutto il capitolo sesto.

165 www.scribd.com/Baruch_2013

che nella sua specificità di campo 27 , nel senso sopra intravi,sto). E a questo scopo il richiamo diretto all'« andamento reale, storìco, del processo» non è che una petitio principii {a cui Marx non ha fatto mai ricorso, come vedremo meglio in seguito). Non è che il Lange non abbia, indirettamente e implicitamente, avvertito la difficoltà. Sempre nel paragrafo I modelli teorici egll scrive: «Le astrazioni dell'economia politioa -le categorie economiche, le leggi del:l'economia politica e le teorie economiche deri~ano da'l processo di generalizzazione e separazione di ciò che è essenzia:le dagli elementi secondari. Per questo esse dànno una visione non solo semplificata, ma anche approfondita delle proprietà e regolarità del proce»so economico » ~ 8 • Anche quest'affermazione è giusta (salvo a precisare che la « semplificazione » è in rapporto al concreto svolgersi dei processi economici, e non sign.ifica che H modello, in quanto teorico, sia necessariamente semplice, come di fatto non rio è punto Il capitale di Marx). Questa affermazione non è poi che .l'estensione della interpretazione che Lenin da'Va del Capitale, nel corso della sua polemica dell894 col Miohailovskij, quale si legge nella prima parte del Che cosa sono gli << amici del popolo » 29 , là dove ascriveva a merito essenziale dell'impostazione marxiana, di contro al procedere corrente dei « sociologi », la capacità di « distinguere, nella intricata rete dei fenomeni sociali, i fenomeni importanti e i fenomeni non importanti ». Ma dove è la base di questa distinzione, ossia il criterio che permette di scegliere fra il materiale empirico ciò i cui caratteri debbono essere necessariamente inclusi nel modello? Se non si trova risposta a quest'ultima domanda il soggettivismo continua a incalzarci. La questione del 'criterio oggettivo' per tale discriminazione veniva posta, come essenziale, esplicitamente -da Lenin, nello scritIl Mi sembra tisulti evidente dal già detto che ·la formula << astrazione de· terminata » (in senso storico), venuta in qualche uso in I talla negli ultimi anni, - nella misura in cui sia possibile attribuirle un qualche significato non soltanto suggestivo, - non ha alcuna efficacia scientifica dirimente. .Astrazioni storicamente determinate, infatti, non meno delle categorie economiche, sono le categorie linguistiche. E le categorie di tutte quelle scienze « umane » delle quali si riesca a dimostrare almeno (poiché senza la seguente condizione restrit· tiva tale formula non dice proprio nulli) che appartengono sempre, nel concreto, a contesti funzionali, e sono quindi in qualche modo riconducibili a sistemi dinamici (aperti o chiusi). Si vedano comunque, a proposito della « astrazione de· terminata », le 05Sel"Vazioni del Rancière nel citato saggio. u O. L!nge, op. cit., p. 111. 29 Lcnin, Opere complete, v. l, Roma, 1954, pp. 134-135.

166

www.scribd.com/Baruch_2013

to citato. È bene subito premettere che la sua soluzione positiva è ciò che consente, secondo Lenin, la costituzione stessa del concetto di « formazione sociale ». E il suo uso: cioè la possibilità di « generalizzare i sistemi di diversi paesi in unico concetto fondamentale di formazione sociale ». E Len:in agg.iungeva: « Soltanto quesM generalizzazione ha permesso di passare dal1a descrizione (e dall'apprezzamento dal punto di v1sta di un ideale) de.i fenomeni social·i alla anaHsi rigorosamente scientifica di t·a1i fenomeni, individuando, per spiegard con un esempio, ciò che distingue un paese capitalistioo dall':ahro, e analizzando ciò che è c·omune a tutti ». La soluzione positiva di quel problema è presentata da Lenin come una 'ipotesi', affacciata<si inizialmente come tale, e poi trasformatasi in « tesi scientificamente dimostrata » attraverso Ia costruzione marxiana del Capitale, e destinata a resistere « finché non avremo un altro .tentativo di ·spiegare scientificamente il funzionamento e lo sviluppo di qualche formazione sociale » 30 • Ed è stata essa, secondo Lenin, a creare « per Ja prima volta la possibilità di una sociologia scientifica ». Dobbiamo ricovdar·e anche questò punto, s.ebbene esso sembri portarci al di là dei limiti delle considerazioni presenti, che sono relative all'economia politica. Ma
lvi, p. 137.

167 www.scribd.com/Baruch_2013

nomico-sociale ») è infatti tale, 1secondo l'esempio fornito da Marx col Capitale, per cui - ci dice Lenin - « si è ottenuta una salda base per rappresentare l'evoluzione delle formazioni sociali come un processo storico-naturale » (irl corsi~vo è mio) 31 • Come è noto, l'espressione« storko-naturale }> (naturgeschichtlich) è di Marx, che la usa in un contesto lucidissimo 32 , ma lascia tuttavia all'interprete il compito di coglierne (o svolgerne) tutte le implicazioni. Non si può dire (a quel che mi consta) che i successivi sviluppi del marxismo abbiano brillato malto in questo senso. p,er trovare un inizio di approfondimento bisogna, ·ancora, rifarsi al Lenindel 1894. Questo inizio ha un particolare significato proprio per il problema che ci concerne direttamente. Secondo Lenin infatti il criterio oggettivo per sceverare l'importante ·e il non-importante, - ovvero l'essenziale e il non-essenziale (nella terminologia del Lange e di altri), - allo scopo di costruire il modello della formazione economico-sociale, è srato trovato da Marx nell'iso-· lamento dei « rapporti di produzione come struttura della società}>, cioè nel cànone stesso del materialismo storico. Da questo isol13.mento o « discriminazione » ('la iniziale « ipotesi ») discendono tutte le conseguenze che ho premesso sopra. Ed un'altra ancora, a cui Lenin dà particolare rilievo. Si tratta deU-a « possibilità di applicare ai rapporti di produzione il criterio scientifico della 31

lvi, p. 135.

Il contesto che era presente piu immediatamente a Lenin era certamente il seguente passo della prefazione di Marx alla prima edizione del Capitale: «Non dipingo affatto in luce rosea le figure del capitalista e del proprietario fondiario. Ma qui si tratta delle persone soltanto in quanto sono la fJersoni/icazione di categorie economiche, incarnazione di determinati rapporti e di determinati interessi di classi. Il mio punto di v·ista, che concepisce lo sviluppo della formazione economica della società come processo storico-naturale, può meno che mai rendere il singolo responsabile di rapporti dei quali esso rimane socialmente creatura, per quanto soggettivamente possa elevarsi al di sopra di essi >> (Il capitale, I, p. 34). L'espressione «storico-naturale» (o «di storia naturale>>, come traduce il Cantimori; e si potrebbe discutere a lungo sulla preferibilità dell'una o dell'altra versione) usata da Marx in questo passo s'illumina in tutto il suo significato attraverso l'intero contesto della prcfa:>:ione. Ove Marx pone l'accento sul fatto che nella sua opera « in sé e per sé, non si tratta del grado maggiore o minore di sviluppo degli antagonismi sociali derivanti dalle leggi naturali [ Natztrgeset;;e] della produzione capitalistica, ma proprio di tali leggi, di tali tende n:.,· che operano e si fanno valere con bronzea necessità>> (ivi, p. 32). Concetto che si integra con l'altro « anche quando una società è riuscita a intravedere la le!!,ge di natura l Naturgesetz] del proprio movimento - e fine ultimo al quale mira quest'opera è di svelare la legge economica del movimento della società moderna non può né saltare né eliminare p<'r decreto le fasi namrali dello svolgimento [naturgemiisse Entwicklungsphasen] » (ivi, p. 33). 32

168 www.scribd.com/Baruch_2013

re1terabilità » 33 • La cui « applicazione alla sociologia - aggiunge Lenin - era negata dai soggettivisti ». Si noti che questo criterio scientifico è valido, secondo Lenin, proprio soltanto per gli oggettivi « rapporti di produzione » e non per i restanti « rapporti sociali », quelli «ideologici »: cioè, chiarisce Lenin, queHi che necessariamente « prima di formarsi passano attraverso la coscienza degli uomini » (in altre parole: i r·apporti intersoggettivi o interpersonali). Per questi ultimi rapporti- secondo Lenin- hanno ragione i « soggettivisti ». (La questione andrebbe tuttavia approfondita, e messa a fuoco ·sulla base dei progressi nel frattempo compiuti, comunque, dalle scienee umane.) Ad ogni modo, è il criterio della reiterabiHtà emergente dalla « analisi dei rapporti sociali materiali » che ne iJlumina le « regolarità», consentendo la formazione della nozione di « formazione economico-sociale » ed il suo uso, qua1e si è visto sopra. Da quel criterio, o meglio da questi due a.spetti congiunti, reiterabilità e regolarità, prende ·senso la nozione marxiana di « storico-naturale » da applicarsi necessariamente all'evoluzione deUe formazioni economico-'Sociali {prima di tutto, evidentemente, alla loro evoluzione interna), e solo ad esse. Solo ad esse, ma con riflesso, evidentemente, in tutta la complessa evoluzione storica di società concrete, se è vero che i rappor.ti di produzione costituiscono la loro struttura di base. (Del che ci occuperemo piu oltre.) Il discorso di Lenin che abbiamo qui riportato e analizzato è ineccepibile e di grande importanza. Dobbiamo tuttavia chiederci: è esso ·sufficiente a .fondare non in forma ipotetica, bens1 con la necessità propria di una ipotesi provata (ossi·a, come dice Lenin, trasformata in «tesi dimostrata»), il criterio oggettivo che stiamo cer
Lenin, op. cit., p. 135.

169 www.scribd.com/Baruch_2013

ne» consente in modo specifico l'applicazione di questo criterio generale? Ecco il problema che abbiamo ancora davanti. Se non riusciamo a rispondere ad esso, avremo ancora davanti, in verità, Pintero problema dd ricercato 'criterio oggett,ivo'. La risposta la troviamo espressa con tutta chiarezza e rigore in Marx (a noi resta sdltanto di porla in relazione con il problema che si è individuato) ndla Introduzione del 1857, interrotta e rimasta allora inedi,t'a, incorporata nei Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica. Nel paragrafo intitolato Il metodo dell'economia politica a un certo punto Marx scrive:« In tutte le forme di società vi è una determinata produzione che decide del rango e dell'influenza delle ahre, e i cui rapporti decidono del rango e dell'influenza di tutti gli a·ltri ». E aggiunge l'immagine significati· va (perché traducibile, nella applicazione, ·in precisi concetti): « È una luce generale che si effonde su tutti gli altri colori modifioandoli nelJa loro particolarità » 34 • Questa enunciazione di Marx, di enorme portata !Scientifica (per il campo considerato), deve essere ritenuta la legge generale delle formazioni economico-sociali: quella che ne consente la loro ogget· tiva (non a11bitraria) cost~tuzione in modelli determinati. Essa fa anche comprendere perché i rapporti di produzione vengono chiamati « struttura economica » della società: cioè perché essi costituiscono sempre una « st·ruttura », ovvero una tot.ali.tà strutt:u·rata (.che non è affatto nel marxismo un concetto generico, o una metafora, bensi una precisa nozione appunto strutturalistica) 35 • 'Struttura' che nella fattispecie si configura cosi: vi è, in « tutte le forme di società », una produzione economica dominante che dà il senso a tutto il sistema, determinando il rapporto delle sue diverse parti. Naturalmente la formazione sociale è assunta a un certo grado del suo costituirsi: quel grado (non aprioristicamente determinabile per tutte le possibili formazioni ~ociali) che consente di darle, di caso in caso, il suo ·approprhto nome (asiatica, schiavistica,

* K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, I, Firenze, 1968, p . .34. 35 Non arreca chiarezza il fatto che il termine « fJberbau » (il quale alla lettera significa « rialzato » o « rialzamemo » o « aggetto >>, nel linguaggio archi· rettu:rale) sia tradotto con « sovrastruttura » - (sovrastruzione, propose il Labriola, e sarebbe già meglio) - perché ciò dà l'impressione di un'opposizione al carattere strutturale del « fondamento economico » ( « okonomische Grundlage » o « reale Basis »). L'opposizione è invece fra il carattere di << base » della base stessa e il carattere di « sovrabase » o di « rialzamento » della cosiddetta « so· vrastruttura >>. La base in quanto tale non è semplicemente la « struttura » ma la « struttura economica ». 170

www.scribd.com/Baruch_2013

feuda;le, ecc.). Se cosi non fosse avremmo una v1s1one statica (e non dinamica), che è invece lontanissima dal com:etto di Marx (per quanto vi siano marxisti a cui oggi questo sembra dispiacere). È a partire da.ll'approfondimento dei caratteri generali specifici (cioè relativi al campo dei rapporti economici) di detto dinamismo che prende senso determinato l'uso continuo che troviamo in Marx del termine « evoluzione» o « svrluppo » (Entwicklung), il quale non è direttamente riportabile né ai suoi precedenti speculativi (Hegel), né, tanto meno, al suo analogon dell'evoluzionismo biologico. Siffatto approfondimento è un ·altro dei tanti compiti che oggi ci troviamo dinanzi, ma dobbiamo lasciarlo da parte nel presente scritto. Non vi è dubbio comunque che, nella concezione di Marx, l'elemento dinamico sia decisirvo. H passaggio, infatti, alla funzione dominante - nel senso sopra indicato -di una determina,ta produzione e quindi di una determinata categoria economica (per es. del capitale nell'ordinamento economico borghese) è dò che crea, ne:Ila evoluzione storica - qualunque cosa quest'ultima sia, cioè ·comunque se ne debba determinare il concetto - la « differenza essenziale» {come la chiama Marx sempre nella Introduzione dd '57) fra un sistema e l'aLtro. Ossia è ciò che stabilisce quello che abbiamo detto essere i'l terzo tratto distintivo della nozione marxista di formazione economico-<socia.Ie: .la distinzione (o opposizione) in essa contenuta fra leggi generali, valide per ogni forma di produzione, e quindi di società, e le leggi speciali proprie di ogni particolare formazione sociale. È dunque nella 'legge naturale' enunciata da Marx {anche se egli non la chiama cosf) nella Introduzione del 1857 che si trova il vero e unico criterio oggettivo per la costruzione di qualsiasi modello di formazione economico-sociale. Quale sia infatti, in ogni determinata fase storica della produzione, la categoria dominante non è una scelta che il ricercatore possa compiere ad arbitrio: egli deve soltanto scoprirla attraverso la concl.'leta indagine empirica. Indubbiamente si tratta di una indagine su materiali storici, ma non piu 'storici'- rispetto al metodo di costruzione strutturale del modello, dettato dalle caratteristiche proprie del campo considerato (circa l'importanza dell'identificazione di esso aveva ragione Lenin) - di quelli che si presentano, ad esempio, al fisico (nonché al linguista, ecc.}. Storico, qui, è semplicemente (secondo, del resto, il suo originario significato) uguale ad empirico. Questa conclusione non ha proprio nulla di traumatizzante, se non per i gene-

171 www.scribd.com/Baruch_2013

rici st-oriczsti, dalle .cui confusioni, che hanno cosi a lungo paralizzato i nostri cervelli, è proprio gilllnta l'ora, anche nel marxismo, di sgomberare i nostri cervelli. È allora messa fuori uso la nozione 'storia', nel ,suo senso proprio e modernamente corrente? A una siffatta paradossale interpretazione (paradossale rispetto a se stesso) dovremmo spingere il marxismo? Quanto ho sparsamente accennato fin qui intorno al problema deila storidtà specifica dei vari settori del 'mondo umano' (strutturali e sovrastrutturali, possiamo ormai qui aggiungere) mostra che non di questo si tratta. Nel binomio marxiano « storico~naturale » (ove l'un termine della coppia si ·determina logicamente in funzione dell'altro) è racchiuso, all'opposto, i1 punto di pal.ìtenza (ma soltanto questo) per la ricerca dei caratteri differenziali di una storicità &pecifica (quella relativa all'accadereagire economico). Tale strada - o altre parallele che possano aprirsi in altri campi d'indagine {per esempio, nella linguistica) è oggi l'unica metodologia che sembra aprirsi per una determinazione non verbahsta e non retorica (cioè non semplicemente connessa alla logica della persuasione, invece che a una logica scientifica) della nozione 'storia', almeno relativamente al 'mondo umano'. Si intravede già che in essa non potrà non avere una parte decisiva il dinamismo (anch'esso specifico) attribuito da Marx al:la struttura ·economica, e che da essa si propaga all'insieme delle strutture ('sovrastrutture') sociali, o totalità sociale. (Su ta,Je questione ritorneremo piu avanti.) La determinazione comoiuta da Marx nella Introduzione del 1857 del 'criterio oggettivo: per l'identificazione di qualsiasi formazione economico-sociale (e quindi per ]a costruzione dei relativi modelli) stabilisce anche la abissale, insuperabile, distanza fra marxismo e qualunque « filosofia della storia ». Nell'affermare ciò, ho in mente soprattutto le incarnazioni contemporanee di quest'ultima. Per esempio, le costruzioni di uno Spengler, o piu ancora di un Toynbee. Anche esse sono infatti condotte sulla base di materiali empirici e su una elaborazione di essi che ne fa risa-ltate apparenti regolarità. Non è il ricorso, come tale, ai materiaili empirici, e un qualunque rilevamento di regolarità, che costituiscono l'oggettività scientifica di un sistema, bensf la oggettivitànecessità (necessità fattuale) del criterio della loro '&celta ed elaborazione (in relazione a un campo determinato dell'accadere stesso). Altrimenti l'elemento di 'Urbitrio rimane insuperato. Ma ciò mostra la debolezza, per non dire la inanità di una impo-

172 www.scribd.com/Baruch_2013

stazione generale (per l'economia politica) come quella a cui rimane il Lange, sopra accennata, nella generica contrapposizione di una storicità dell'indirizzo marxista, quale elemento differen· ziale ·rispetto alle teorie economiche giustamente dette « soggettivistiche » 3 ~. Non basta contrapporre, infatti, essenziale e inessenziale nella scelta dei caratteri empirici ('-storici') da includere nei modelli teorici, se non si sa quale sia il criterio per Ia determinazione del oosoiddetto « essenziale ». L'iniziale rraffronto de1l'eoonom]a (marxista) con la linguistica moderna ci ha condotto assai lontano. Ed esso non può non rimanere, aUo stato delle cose, che iniziale. Non bloccato, ,tuttavia, come ci era parso per un momento, né tanto meno arbitrario, poiché si tratta dei due campi del « mondo umano » scientificamente piu progrediti, come si è accennato, e che qualche rapporto reale dovranno pure avere, intervengano o no, in tale rapporto, importanti mediazioni. Non è tuttavia un interesse « interdisciplinare » (come si suole oggi dire) che ci ha spinto ad esso, bensf la necessità di esemplificare in concreto il senso del problema delia « storicità ». specifica, che involge quello della diversità possibHe (e molto probabile) deUe forme di continuità storica, nei vari campi ·del mondo umano. La ricerca comparativa non ci è apparsa bloccata- nonostante ~a indeterminazione in cui ancora rimane la rispettiva specifica storicità - perché si è trovato un ·punto di appoggio, c insieme di orientamento, fornito dalla nozione marxista di « formazione economico-sociale ». La linguistica non ci propone modeJJi analoghi, e cioè che posseggano tutti e tre i requisiti fondamentali che abbiamo messo in luce 17 • Questo è un nettissimo elemento diffe.l6 Il riferimento al Lange.. nawralmeme, ha solo valore esemplificativo. Ma a mio parere esso è ~igni[icativo, perché si tratta di un autore di particolare interesse per la sua capacità di milinare nell'economia marxista apporti moderni derivanti anche da ahri indirizzi: non solo economici, ma sociologici, antropologici e, con positivo risnlt:~w, sopranutto logici. D'altra parte, mi sembra, è proprio questa centrale deboleua che «>nduce il Lange a caratteristiche inccrte~~e nella sua discussione con :\hx \'\ichcr c la dottrina dei cosiddetti tipi ideali (cfr. O. Lange, op. cit., p. 111, nota). ;\la la posizione qui respinta è comunque largamente diffusa nel marxismo cd ha anche altri autorevoli rappresentanti. 37 Formalmer1te il massimo di avvicinamento, o di affinità, (ma, comunque, senza la compresenza dei deni tre requisiti), mi sembra si potrebbe trovare negli schemi della linguistica strutturalistica piu 'rigorosa.' Come, ad esempio, nel funzionalismo bina,rio e nella correlativa combinatoria di V,iggo Brondal (dr. Les parties du discours. Partes orationis. Etudes sur !es catégories linguistiques,

173 www.scribd.com/Baruch_2013

renziale. Se ciò dipende dallo status attuale della ricerca, cioè dal punto a cui sono giunte le discip'line linguistiche (a rigore, si dovrebbe usare, per ora, questo plurale), o, viceversa, se ciò. rimandi a una piu profonda differenza nella natura stessa differenziale del rispettivo accadere storico, non è possibile oggi determinarlo con certezza. Non posso nascondere tuttavia che propendo per quest'tÙtima soluzione, perché essa mi sembra connessa in quakhe modo con la eterogeneità dei compiti a cui devono rispondere l'attività economica (produttiva) e ·1'-attività linguis~ioa deH'uomo. Ma questa eterogeneità non toglie tuttavia la legittimità del raffronto; anzi, dal punto di vista marxista, lo rende obbligatorio. A imporlo è la nozione marxista di totalità sociale, e il problema conseguente delle sue interne articolazioni a partire dalla sua struttura di base, cioè quella economica {su ciò, r1peto, ritorneremo piu oltre). Obbligatorio non significa evidentemente esclusivo. Ma se il raffronto appare in prospettiva fecondo, perché economia e linguistica, come si è detto, sono di fatto le due scienze piu progredite del « mondo umano » (e piu facilmente hberabiH, nel d:is.oors.o scientifico, da occlusioni ideologiche), tale obbHgatorietà in certo modo privilegiata non dipende da questa situazione storica delle due scienze, ma da una ragione piu profonda. .Possiamo infatti immaginare la vita degli uomini assodati senza religione, senza diritto codificato, senza Stato, senza morale (sparizioni, anzi, desiderabilissime) e in certo modo senza filosofia, e perfino- almeno allo stato attuale, ancora confuso, della scienza estetica - senza arte (ma speriamo che non sia cosf!). Non lo possiamo invece immaginare senza attività economica, per- quanto abbassata possa essere Ja sua incidenza proporzionale in un-a società comunista altamente sviluppata, cosf come non la possiamo immaginare, almeno per Copenhagen, 1948) o, in campo fonematico, dellò Jakobson. O, ancor-a, nella glossematica delio Hjelmslev. Ma proprio questi avvicinamenti, nonostante il fascino intellettuale di tali ricerche (non sono in grado di valutare tutte le riserve fatte in proposito da alMe tendenze linguistiche) mettono in rilievo la distanza che rimane. O si ha infatti la costruzione di un sistema unico generale (su base logico-classificativa), sia pure articolato in compossibilità diverse, come nel caso del Brondai; o si ha un sistema a sua volta tendenzialmente universale di strutture binarie in numero definito, come nel caso deUa Jakobson ( ove tuttavia l'opposizione di tratti 'distintivi' e 'ridondanti' - che richiama al nostro problema della differenza tra essenziale e inessenziale - sembra veramente risultare intrinseca c funzionale rispetto alla oggettività linguistico-semantica), o, infine, colpisce la tendenza a distaccare il sistema concettualmente elaborato da quelle che dovrebbero essere le sue manifestazioni concrete, come nel caso dello Hjelmslev. Per fermarsi solo agli aspetti piu appariscenti di tre esempi che credo si possano considerare tipici anche se di valore molto diverso.

174 www.scribd.com/Baruch_2013

ora, del tutto senza linguaggio, anche se sono presagibili profonde trasformazioni future nelle forme del comunicare interumano (e quindi dello stesso cosiddetto « pensiero »). Ho detto che iJ modehlo scientifico costituito dal Capitale è tutto sincronico (sincronico non equivale per nulla a statico, come ha messo bene in luce, per la linguistica, lo ] akobson) 3S, ma che d'altra parte esso non è costruibile (sistematicamente) se non attraverso determinate inclusioni genetiche (in senso storico). Il genetico-formale (ossia lo sviluppo sistematico delle 'forme' o figure) del Capitale non è possibile che mediante questo inserimento del genetico-storico in punti determinati. La legge generale delle formazioni eoonomico~sociaH (e, cioè, che esista sempre in esse una produzione dominante, il cui emergere deve esser individuato neLl'analisi del materiale empirico) ci fa ben comprendere perché sia cosi. Come, d'altra parte, il carattere appunto dominante {cioè organizzante sistematicamente) che una determinata produzione sempre .assume ci fa comprendere la costruibilità del modello, e quindi la posizione subordinata che spetta al momento storico-genetico rispetto a qudlo genetico-formale, ovvero sistematico. Questa subordinazione non significa in alcun modo dissoluzione. Se si vuole è una Aufhebung in senso hegeliano, ma determinabile nel duplice aspetto che caratterizza l'Aufhebung (il togliere e il conservare) in maniera del tutto scientifica (e non speculativa), come mi sforzerò di mostrare. Per quanto a prima vista possa sembrare paradossale, è proprio la presenza de:l geneticostorico a fornire infatti il ma-ssimo di autonomia scientifica, intendo dire il massimo di :flessibile applicabilità (sia in direzione del passato, storiograficamente; sia in direzione del presente-futuro, politicamente) al modello stesso. A una condizione tuttavia: che si consideri il genetico-storico come presenza di una componente sf inevitabHe, ma che dal punto di vista strettamente sistematico va intesa come presenza di una variabile (o insieme di variabili) entro limiti dati. Che cosa intendo dire, concretamente? Il capitale di Marx è un modello scientifico interpretativo dell'ordinamento economico borghese, o capitatlistico, e nello stesso tempo- necessariamen~ te (in base a quanto sopra) - una illustrazione della sua genesi storic-a (secondo leggi). Ciò non sarebbe possibile se h componen38

R. Jakobson, op. cit., p. 36.

175 www.scribd.com/Baruch_2013

11

te genetico-storica non solo non mantenesse la sua presenza autonoma per entro la forma sistematica, ma se essa non si riflettesse sull'insieme e sul risultato (condizionando appunto la costruzione sistematica). Nell'esecuzione ddl'opera, ciò comporta che, almeno indirettamente o per iscordo, Il capitale contiene anche il modello interpretativo della formazione economico-socia-le pl'ecedente, quella feudale 39 ; in base ai materiali effettivamente studiati da Marx. Questa è la maniera in cui la variabile si determina. Sotto tale angolatura Il capitale di Marx contiene anche la descrizione delle rransizioni tipiche (forme e leggi) in oui in una determinata società (o complesso piu o meno intercomunicante di società concrete, quelle occidentali) si è passati dal modo di produzione feudale a quello borghese. Se il significato o la validità del Capitale fosse tutto o principalmente in questo aspetto, l'alternativa proposta da Engds («modo storico» o «modo logico »dell'esposizione) si presenterebbe effettivamente: :la scelta non dipenderebbe, come sembra pensare appunto Engels, che da una opportugità didascalica, o di economia dell'esposizione stessa. Naturalmente non ci sarebbe piu luogo per parlare del genetico-storico come di una 'variabile' (entro determinatUimiti) nel sistema. Epperò, basta cercare di immaginare che cosa sarebbe Il capitale di Marx, se esso fosse stato esposto secondo questo cosiddetto « modo storico >>, per rendersi conto che avrebbe perduto gran parte della sua efficacia scientifica di modello interpretativo; avrebbe perduto, doè, come specificherò meglio fra poco, sia la sua universalità sia quella flessibilità di applicazione, a cui ho açcennato. Non una perdita parziale e limitata, ma una perdita nell'essenziale. La questione non è .di poca importanza come ci mostra una esperienza già avvenuta: la quale è una esperienza di dogmatizza:àone; con conseguenze negative sia in senso storiogra·fico che ope39 A proposito, per esempio, della comparsa storica, neUe società occidentali, della figura del << lavoratore libero » (circa la cui decisiva funzione si veda oltre, alla conclusione del presente paragrafo) scrive F. Engels nell'Antidiihring (Roma, 1950, p. 225): «E precisamente questo lavoratore libero ci &i prc· senta in massa per la prima volta ne1la storia intorno alla fine dd XV e al principio del XVI secolo, in seguito alla dissoluzione del modo di produzione feudale. con questo fatto c con .Ja creazione del commercio mondiale e del mercato mondiale, che risa:lgono alla stessa epo:a, furono poste le basi sulle quali la massa della ricchezza mobiliare esistente si doveva sempre pitt trasformare in capitale e il modo di produzione capitalistico indirizzato alla produ.zione di plusvalore doveva sempre piu diventare il modo esclusivamente dominante».

Ma

176

www.scribd.com/Baruch_2013

rativo-politico. Per il primo di questi aspetti (e si tratta di conseguenze storiografkhe cariche anch'esse di .significato politico) penso particolarmente alla tendenza prodottasi nel periodo staliniano a imporre lo schema del feudalesimo occidentale anche alla storia dei popoli dell'oriente, e viceversa a espungere dalla visione marxi.sta il modo di produzione detto da Marx « asiatico ». Per il secondo aspetto penso pa-rticolarmente all'idea che· tutti i popoli (e in particolare quelli investiti da:l oolonialismo occidentale, e oggi malamente detti sottosviluppati) dovessero ,~percorrere - sia pure piu rapidamente (perché con l'aiuto,-ancorché interessato, di quelli 'civili' e capitalistici, classe operaia compresa) - le stesse tappe di sviLuppo dei popoli occidentali. Idea meccanicistica, di cui fu vittima anche il nostro Antonio Labriola: la quale però era piu o meno comune a tutto iJ. « marxismo della II Internazionale » (proprio in esso, credo, sono da ricercare le radici prime della dogmatizzazione della dottrina). Ancora una volta grandeggia nel confronto la figura di Lenin che non fu soggetto a siffatta deformazione meccanica. E non solo nel suo discorso e nella .sua azione politici, rivolti alla classe operaia dell'occidente (si ricordi l'articolo L'Europa arretrata e l'Asia avanzata, del 1913), ma anche in sede teoretica, perché Lenin muoveva da un'interpretazione giusta del significato e delJa .natura del modello scientifico, cioè del Capitale di Marx. Ecco infatti come Lenin, già nel Che cosa sono gli «amici del popolo », presenta l'ope11a di Marx: «Egli prende una delle formazioni economico-sociali- il sistema deH'economia mercantile- e sulla base di una mole prodigiosa di dati (che egli stu-diò per non meno di venticinque anni) dà un'analisi minuziosissima de1le leggi del funzionamento di questa formazione e della sua evoluzione. Quest'analisi è limitata ai soli rapporti di produzione tra i membri della società; Marx, se~ mai ricorrere per spiegare la cosa a un qualsiasi elemento che si trovi al di fuori di questi rapporti di produzione, dà la possibilità di vedere come si evolve l'organizzazione mercantile dell'economia sociale, come essa si trasformi in organizzazione capitalistica, creando le classi antagonistiche (nei limiti dei rapporti di produzione) della borghesia e del proletariato, come essa sviluppa la produttività del lavoro sociale e, con ciò stesso, introduce un elemento che entra in contraddizione inconciliabile con le basi di questa stessa organizzazione capitalistica ». Lenin è sensibilissimo all'aspetto storico-evolutivo (nel contesto da cui è tratta la citazione egli insiste sulla 'classica' analogia

177

8

www.scribd.com/Baruch_2013

con Darwin), tuttavia nella rappresentazione, de.l tutto corretta, che egli dà dell'opera di Marx non è il passaggio dall'economia feudale a quella capitalis.tica. (momento che diviene presente, a un certo punto, nel moddlo, come determinazione specifica di quella che ho chiamato la variabile genetico-storica) ad avere un valore decisivo, bensi il punto di partenza dal « sistema della economia mercantile », e il suo svolgimento in economia capitalistica, sulla base convergente dei dati storici, e delle leggi di funzionamento e di evoluzione. Questo non significa per niente ridurre i:l modello sistematico a un dinamismo puramente formale (cioè di fatto a qualcosa di statico), con l'occLusione della possibilità di comprendere, nella storia reale, in base al modello interpretante, il passaggio da un sistema precedente a quello rappresentato nel modello stesso: bensi, all'opposto, significa la piena disponibilità teorica del moddlo, anche in direzioni diverse da quella della effettiva esperienza storica su cui esso ·è stato originariamente costruito. È il .frutto piu prezioso (e faticato), questo, della metodologia elaborata da Marx. Le conseguenze sono, a mio parere, di grande ri•lievo, sia in .senso storico, sia in senso pratico. Si può comprendere infatti come il sistema capitalistico possa venir trasportato, inserito e magari imposto (entro determinate condizioni evidentemente, relative alle forze produttive messe in azione) e quindi fatto svolgere in società di esperienza storica (economico--sociale) del tutto diversa da quella delle società occidentali. Ma il discorso vale anche per il successivo modello socialista, e per •le varianti che esso necessariamente può e deve assumere, e perfino per le loro conseguenze politiche 40 • Di quest'ultimo Marx non poteva né vòleva in alcun modo parlare (per non cadere - allora - nell'utopismo). Ma quanto al modello borghese-capitalistico fin dall'Introduzione del 1857 (cioè. in anticipo •sulla sua elaborazione definitiva del modello stesso) egli vedeva ben chiaro, circa la pluralità e ricchezza di valenze storiche che in esso confluivano e ne facevano una chiave interpretativa, in atto o potenziale, non verso un solo sistema precedente, ma in direzione di tutti que-lli - purché meno complessi (condizione che era poi una realtà di fatto) - già presentatisi nel.Ia storia umana. · « La società borghese - egli scrive: - è la piu complessa e 40 In questo senso non appare universalmente necessario il passaggio attraverso una fase democratico-borghese per arrivare al socialismo.

178

www.scribd.com/Baruch_2013

sviluppata organizzazione storica della produzione. Le categorie che esprimono i suoi rapporti e che fanno comprendere la sua struttura, permettono quindi di capire al tempo stesso la struttura e i rapporti di produzione di tutte le forme di società passate, sulle cui rovine e con i cui elementi essa si è costruita, e di cui sopravvivono in essa ancora residui parzialmente non superati, mentre ciò che in quelle era appena accennato ·si è svolto in tutto il suo significato, ecc. L'anatomia dell'uomo è una chiave per l'~na­ tomia della sdmmi,a. Invece, ciò che nelle specie animaJi inferiori a<:cenna a qualcosa di superiore può essere compreso solo se la forma superiore è già conosciuta. L'economia borghese fornisce cosf la chiave per l 'economia antica, ecc. Ma non certamente al modo degli economisti, -che cancellano tutte le differenze storiche e in tutte >le forme di ,società vedono la società borghese. » 41 In questo :passo di Marx non si deve, innanzi tutto, caricare di significati troppo determinati, nel senso di un evoluzionismo specifico (come potrebbe accadere sotto la suggestione del posteriore darwinismo e dell'assentimento critico di Marx ad esso), l'analogia stabilita col rapporto anatomico uomo-scimmia e con la concezione generale che essa esemplifica (gerarchia di forme, nelle specie animali, in relazione a una vaga intuizione evolutiva) 42 • È una analogia che non si richiama a concezioni scientifiche nuove (nel momento in cui Marx scriveva), ma viceversa già assai antiche. Svolgendo appunto l'analogia sul terreno suo :proprio, e cioè quello .della teoria delle formazioni sociali, e piu specificamente di quella borghese, dopo ·poche righe Marx aggiunge, non senza qualche ironia: « La cosiddetta evoluzione storica si fonda in genere sul fatto che l'ultima forma considera le precedenti come semplici gmdini che portano ad essa ... ». Non è dunque il nesso evolutivo fra le diverse formazioni soK. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, . 42 Contrariamente a quello che generalmente si crede 1e idee evolutive sono, nella cultura occidentale, piu antiche, pokhé risalgono addirittura ai filosofi greci, preclassici, e .a Democrito, cbe non l'atteggiamento mentale opposto iJ quale terrà fermo ahla Hssid delle specie. In quest'ultimo converge il descrittivismo morfologiccrdassificatorio con l'idea del disegno immutabile della creazione divina. Com'è noto già il Buffon - che mette in opera una piena separazione di teologia e scienza della natura ed ha un forte senso dell'unità del mondo organico, con orientamento evodutivo - pone il problema del nesso uomo-scimmia (sia pure attraverso la domanda se la scimmia non sia un uomo degenerato). Ma nella similitudine di Marx è presente anche il comparatismo anatomico, che non è di per sé evoluzionistico (per es., nel Cuvier). Jl fondo cultur2le del passo sembra dunque assai complesso. 41

l, pp. 32-33.

179 www.scribd.com/Baruch_2013

dali che viene sottolineato da Marx, ma il fatto che muovendo dalla piu complessa si comprendono le piu semplici. Naturalmente per Marx esiste un « processo di sviluppo storico » della produzione che ha attraversato « diverse fasi »: cioè re diverse « epoche storiche » della produzione a cui corrispondono le diverse formazioni sociali. Ma la ricostruzione di questo processo appare nella sua concezione (se non le si sovrappongono immagini allotrie, sia pur sorte in seno al marxis~o, posteriqrmen.te) possibile solo a posteriori (la « cosiddetta evoluzione »). Il processo stesso infatti non appare dotato di alcuna necessità aprioristica o analitica (altrimenti sarebbe un processo in quakhe modo finalistico). È coerente coi prindpi già esposti che l'atteggiamento mentale di Marx sia questo. H processo storico d'insieme e l'ordine successivo delle formazioni economico-sociali non possono venir infatti dedotti ·dalle leggi generali della produzione, che non sono da tanto; e le leggi specifiche delle particolari formazioni sociali si riferiscono soltanto alle stesse: alla loro genesi e sviJuppo. Non che il passaggio dal'l'una all'altra sia lasciato da Marx alla pura accidentalità. Ciò contraddirebbe allo spirito scientifico della sua elaborazione, che non è certo empiristico (almeno nel vecchio e tradizionale senso ddla parola). E soprattutto contraddirebbe alla possibilità ·stessa del costituirsi di sistemi economici specifici. Ma l'accadere concreto economico-sodale è non meramente accidentale soltanto perché realizza certe possibilità e non altre: e queste possibilità, a Joro volta, prese complessivamente, non sono in numero illimitato. Sono anzi in numero assai limitato, come mostra l'elenco delle categorie economiche che le esprimono, e i gradi di sviluppo determinabili delle medesime. Gradi che si evidenziano in rappor-to non a un progresso storico totale, ma alla varia collocazione che trovano le categorie economiche nelle differenti formazioni sociali. Ecco perché Marx può scrivere, sempre nello stesso contesto, e riferendosi al sistema borghese, della cui economia egli sta elaborando :la 1scienza critica: « Sarebbe dunque :inopportuno ed erroneo disporre le oa:tegorie economiche nell'ordine in cui esse furono storicamente determinanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano l'una con l'altra nella moderna società borghese, e questo ordine è esattamente l'inverso di quello che sembra essere iJ loro ordine naturale o di dò che corr1sponde alla successione dello sviluppo storico. Non si tratta del posto che i rapporti economici occupano storicamente nel succedersi delle diverse forme di società ed ancor meno della loro successione "ne1l'Idea" (Prou180 www.scribd.com/Baruch_2013

dhon), che non è che una rappresentazione nebulosa del movimento storico, ma della loro articolazione all'interno della moderna società borghese » 43• Siamo dunque molto lontani dall'alternativa presentata in ipotesi da Engels fra modo storico e modo logico: qui al « modo logico » {cioè, sistematico) non si presenta proprio nessuna alternativa. È evidente, all'opposto, che solo l'elaborae:ione sistematica potrà rendere intelligibili i fatti della storia. Senza di essa, il cànone del materialismo storico, isolatamente preso, perderebbe quasi completamente la sua efficacia. Possiamo chiederci perché questo lato del pensiero di Marx, cosi ri'Cco di possibiHtà e stimolante per Ja ricerca, che a chi ben guardi sta al fondo di tutta l'elaborazione del Capitale, sia rimasto cosf a lungo oscurato da una interpretazione del marxismo (che cominciò prestissimo) nello stesso tempo esageratamente evoluzionistica e necessitante, riguardo alle fasi storiche attraversate dalle società umane. Non credo che sia sufficiente una risposta soltanto culturalistica (influenze del clima vecchio-positivistico et similia). La vera e principale ragione non può essere che politico-ideologica; e va cercata in una direzione già suggerita da Gramsci per tutte le commistioni verificatesi storicamente nel marxismo con elementi di dottrine eterogenee, anche quando queste commistioni non avessero avuto carattere revisionistico. L'interpretazione accentuatamente evoluzionistico-necessitante (e implicitamente finalistica) del generale processo storico poté certamente rafforzare il senso fatale di una necessità piu particolare - quehla dell'avvento della società socialista e comunista - in una classe ancora 1ontana dal potere e dall'egemonia, e quindi bisognosa di quasi religiosa fiducia. Si perdeva cosi, però, uno degli aspetti piu caratteristici, insieme intellettualmente sollecitante e (a un livello piu maturo) praticamente propulsivo, del pensiero di Marx, a cui è connessa la stessa idea della « necessità » del passaggio dal sistema borghese al socialista. E cioè il senso dello stringersi dei tempi storici, con l'avvento della ·società borghese, congiunto a quello dell'allargarsi e unificarsi del teatro dell'azione (costituzione del « mercato mondiale » come presupposto fattuale; e appello a unirsi, rivolto ai proletari di tutti i paesi). Ciò che Marx sinteticamente esprimeva, con Hegel e contro Hegel, nel concetto che la storia universale, 4l

K. Marx, op. cit., pp. 35-36.

181 www.scribd.com/Baruch_2013

la W eltgeschichte, è soltanto un risultato 44 , ma un risultato ormai presente. La «necessità » del passaggio dalla società borghese a quella socialista non ha poi in lui nulla di mistico, ma come ogni necessità scientir:fi\:a è ·semplicemente •legata a certe ipotesi, e da esse dipende. L'ipotesi centrale è quella :di uno sviluppo cresoente ddle forze produttive e della socializzazi,one del lavoro, tale da acuire fino alla insostenibilità la contraddizione interna nella società borghese stes.sa, purché h {)lasse che può assumere la successione si renda cosciente del compito storico che si è venuto costituendo 1per lei, in uno ·col suo stesso formarsi come classe. La necessità discende dunque dall'ipotesi .(di contro alla quale sta, in astratto, la possibilità della stagnazione e dispersione delle forze produttive, come tante volte è accaduto nella storia umana per altri sistemi); ma l'ipotesi è innalzata a un grado altissimo di probabilità dalla natura stessa specifica deLla società borghese, cioè delle forze produttive che essa sviluppa. Si tratta dunque di una necessità particolare, e non di una legge evoluti!Va generale che domini l'umanità e la indirizzi finalisticamente, dal giorno in cui il primo uomo intraprese a produrre in •senso economico. Il carattere ipotetico di tale ne.cessità, che ai tempi di Marx poteva apparire quasi evanescente, è invece drammaticamente sottolineato ai giorni nostri dalla possibilità reale di una guerra sterminatrice e del conseguente suicidio o quasi-suicidio dei genere umano. Apparentemente queste considerazioni ci hanno condotto lontano dal problema che stavamo inseguendo. Ma non è cosi: ·solo adesso abbiamo tutti gli elementi per comprendere fino in fondo il nesso fra ciò che abbiamo chiamato « genetico~storico » e la costruzione sistematica compiuta da Marx del modello della produzione capi talis tic a. Si è già intravisto che ciò che costituisce ,Ja universalità e flessibHe applicabi-lità deL modeHo è i1 fatto che esso comincia a cootituirsi non come passaggio da una formazione sociale antecedente e opposta (anche se questo passaggio ·è poi incluso nel modello stesso) bensf già nell'assunzione della .formazione economico-sociale data: tuttavia, in una forma di essa non soltanto non sviluppata rispetto al grado storicamente presente, bensi anche, si deve qui aggiungere e precisare, astratta 45 (in questo suo grado di non av44

45

lvi, p. }8. Questa è la ragione per cui il « sistema mercantile » in quanto tale, anche

182

www.scribd.com/Baruch_2013

venuto sviluppo): cioè isolata mediante astrazione, rispetto a un quaLsiasi effettuale sviluppo storico. Si tratta, nella fattispecie, per usare le parole già citate da Lenin, del « sistema dell'economia mercantile ». È appunto questa iniziale operazione astrattiva a determinare potenzialmente, fin dal primo momento, l'universalità e flessibilità del modello. Ed è in funzione di essa che il passaggio da una formazione sociale antecedente sl presenta non come valore necessariamente predeterminato (il modello non sarebbe piu flessibile), ma come una variabile entro certi limiti. L'applicabilità del modello a un qualsiasi concretum storico-sociale è resa, per altro, possibile solo dalla presenza di questi limiti, i quali coinvolgono sempre certe condizioni costituitesi storicamente, ma non di per sé (per necessità teoretica, cioè logicamente analitica), legate a questa piuttosto che a queli'altra formazione sociale antecedente. Nel caso di sistema borghese-capitalistico siffatte condizioni storiche si riassumono (posti naturalmente tutti g.Ii altri elementi analiticamente necessari) nella presenza e disponibilità del lavoratore libero, nel senso in cui Marx lo definisce. « Dunque per trasformare H denaro in capitale il possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore Hbero; libero nel duplice senso che disponga ddla propria forza lavorativa come propria merce, nella sua qua.Iità di libera persona, e che, d'altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte -le cose necessarie per Ja realizzazione della sua forza-lavoro. Per il possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero Javoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E ·per il momento non ha interesse neppure per noi. Noi teniamo fermo sul piano teorico al dato di fatto, come fa il possessore di denaro sul piano pratico. Una cosa è evidente, però. La natura non produce da una parte possessori di denaro o di merci e dai.l 'altra puri e semplici possessori della propria forza lavorativa. Questo rapporto non è un rapporto risultante dalla storia naturale e neppure un rapporto sociale che sia comune a tutti i periodi della storia. Esso stesso è evidentemente il ·risultato d'uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molti rivolgimenti economici, se può essere considerato (ma solo in astratto) come « formazione sociale», non figura fra i modi di produzione i quall « a grandi U.nee >> designano « le epoche progressive della formazione economica della società» (cfr. Per la critica dell'economia politica, prefazione, Roma, 1957, p. 11 ) .

183 www.scribd.com/Baruch_2013

del tramonto di tutta una serie di formazioni piu antiche della produzione sociale. Anche le categorie economiche che abbiamo già considerato portano le tracce della loro storia. Nell'esistenza del prodotto come merce sono racchiuse determinate condizioni storiche. Per divenire merce, il prodotto non dev'essere prodotto come mezzo immediato di sussistenza per colui che lo produce. Se avessimo indagato per vedere in quali circostanze tutti o anche soltanto la maggior parte dei prodotti assumono la forma di" merce, avremmo trovato che ciò avviene soltanto sulla base di un modo di produzione assolutamente specifico, cioè del modo di produzione capitalistico. Ma tale ricerca era estranea all'analisi della merce. La produzione _delle merci e la circolazione delle merci possono aver luogo anche se la massa, di gran lunga preponderante, dei prodotti destinati al fabbisogno del produttore non si trasforma in merce, e dunque anche se ci manca ancor molto a che H processo sociale della produzione sia dominato in tutta la sua estensione e in tutti!. la sua profondità dal valore di scambio. La rappresentazione del prodotto come merce esige una divisione dd lavoro entro la società tanto sviluppata che la separazione fra valore d'uso e valore di scambio, che nel commercio di permuta diretta comincia soltanto, sia già compiuta. Tale grado di sviluppo è però comune a formazioni sociali economiche storicamente diversissime l'una dell'altra. » 46 In questa pagina di Marx è espressa in maniera lampante la necessità deHa componente storico-genetica per la costruzione del modello dell'economia capitalistica, e insieme il suo carattere di 'variabile entro cer.ti limiti', nettamente indicato dalle ultime parole. La presenza di siffatta variabile, cioè la presenza della componente storico-genetica, è ciò che rende possibile la costruzione sistematica del modello: il genetico-formale che lo caratterizza dipende dal genetico-storico in quanto variabile. Si tratta di due aspetti di una sintesi (sincronico-genetica, o, piu semplicemente, sistematico-genetica) fra loro inseparabili, in base alla costituzione del modello in questione. Che altrimenti andrebbe a pezzi. 4. Se la proposta interpretativa ora affacciata ha qualche validità, si comprende bene, sul•la base di essa, perché il punto di 46

K. Marx, Il capitale, I, pp. 201-202

184 www.scribd.com/Baruch_2013

partenza delia esposizione sia stato per Marx oggetto di una ricerca importante e assai tormentosa, e come alla sua individuazione egH sia giunto attraverso un processo non certo rapido, via via che gli si chiariva il senso, oltre che il contenuto, teoretico della sua « critica dell'economia politica ». E ancora un passo non piccolo egli dovette compiere, dal Per la critica dell'economia politica al Capitale, per la definitiva organizzazione espositiva del punto di partenza. Non è senza significato il fatto che Marx sia ancora tornato su tale questioni in quei suoi appunti privati, non sempre di facile decifrazione, ma di inestimabile valore, che costituiscono il suo ultimo lavoro economico, le Glosse marginali al manuale di economia politica di Ado! p h W agner, in cui si trovano ulteriori elementi di precisazione. Se consideriamo la questione nel suo complesso risulta chiaro che l'individuazione del punto di partenza necessario - necessario non in assoluto, o metafisicamente, ma in dipendenza di un certo metodo elaborato criticamente - è ciò che permette a sua volta la fondazione 'critica' di quella scienza. Fondazione la quale include la critica dell'economia classica inglese e della cosiddetta economia volgare, e che geneticamente è concresciuta con esse (specialmente con la prima), e in esse si verifica, ma che con quelle non si confonde dal punto di vista sistematico. Scegliamo qui di muovere da alçune affermazioni di Marx nelle citate Glosse a Wagner, proprio petché esse costituiscono il testo terminale in cui è affrontata la questione. « Ciò da cui parto- ribadisce qui Marx - è la forma sociale piu semplice in cui si presenta il prodotto del lavoro nell'attuale società, e questo è Hprodotto in quanto "merce". » 47 Va prima di tutto notato che il campo di riferimento è l'attuale società. Ciò appunto determina, fin dall'inizio, e fuori di ogni dubbio, il carattere sin<:ronioo di tutta la costruzione del Capitale. È tanto piu importante tener fermo a questo punto, in quanto la iniziale trattazione della « forma-merce » (nella « forma di valore semplice, singola, ossia accident:_:~.le ») se proiettata sul piano storico, cioè riporta!)a a una retrospettiva storico-genetica, nella sua tipicità è lontanissima dai rap'j)orti capitalistici. Non solo, ma, come è noto, anche tutti i successivi sviluppi sistematici di quella prima « forma » o « figura », esposti nella prima sezione del Capitale (« merce e denaro >>), dal punto di vista storico-genetico sono ancora soltanto un presupposto del sistema capitalistico. Tal47

Cfr. K. Marx, Scritti inediti di economia politica, Roma, 1%3.

185 www.scribd.com/Baruch_2013

ché quando sorse - dopo la pubblicazione del III libro del Capitale-- l'acuta e complessa questione della accordabilità della « teoria del valore » (la « base del sistema ») con quella dello scambio delle merci al loro prezzo di produzione (secondo quanto avviene a partire da un << determinato livello deHo ·sv.ilu'Ppo oa'Pitalistico ») Engels poté arrivare a sostenere (e se avesse torto o ragione qui ora non interessa discutere) 43 nell'articolo Legge del valore e saggio del profitto, i•l quale venne pUJbblicato sulla Neue Zeit subito dopo la Silla morte,
186 www.scribd.com/Baruch_2013

.Ciò che è completamente fuori discussione per Marx, evidentemente, non è ii riferimento storico {che deve venir comprovato dai fatti), ma la base stessa su cui il riferimento avviene, ossia ciò che egli. chiama il « prius teoretico » (o come preferiamo dire, 'sistematico'). Nella esposizione del punto di partenza del Capitale è questo prius sistematico a venire elaborato, in rapporto al generale campo di riferimento indicato con le parole « l'attuale società». Naturalmente questo prius sistematico viene individuato e messo in evidenza attraverso una serie di operazioni astrattive che sono sottese a quell'inizio e prodotte docreto » (in uso comparativo, e quindi come coppia di «contrari», secondo la terminologia logica tradizionale). Ovviamente tale coppia coinvolge le coppie 'normali' di « semplice·complesso » e «astratto-concreto», ma si presenta come risultato di un loro pa;rticolare intreccio, che costituisce la peculiarità del procedimento marxiano. Poiché non mi consta che tale situazione sia mai stata posta in rilievo e analizzata, ritengo che quel testo di Marx rimanga a tutt'oggi non interpretato almeno per un suo aspetto fondamentale. D'a.ltra parrte, riiTlll!nendo esclusa dalla presente ricerca siffatta analisi, non mi è possibile qui discutere la teoria del « graduale-a>ncreto » che Oskar Lange applica al Capitale di Marx (dr. op. cit., pp. 11&-121 ). 52 II Rancière, che, nel saggio citlrtO, ha egregiamente impostato il problema dell'interpretazione del Capitale quale sv:iluppo sistematico di forme (ossia ge. netico-formale), trascura completamente tuttavia questa essenziale e chiarificatrice (a mio avviso) determinazione detla meoce alttesf come un « concretum » poiché lascia del tutto da parte le Glosse a W agner e si fonda, in pratica, esclusivamente .su un punto della nota 32 della prima sezione del Capitale in cui la « forma di .valore del prodotto di lavoro » è detta da Marx (di passaggio) (( la

187 www.scribd.com/Baruch_2013

è definita (nello •stesso contesto da cui abbiamo tratto la precedente citazione) come «il piu semplice concreto economico, da ana.Jizzare ». (Sulla no21ione di « concreto » dovremo tornare piu oltre.) La comprensione del Capitale di Marx è in ultima analisi tutta legata all'intelligenza di questo punto: ·rendersi conto del perché l'analisi di tale concretum sia fin dall'inizio un'analisi di « forme », che si sviluppano organicamente. Il punto iniziale ·risulta dunque questo: Wa. merce è « la piu semplice forma sociale» e il « piu semplice concreto economico ». Considerare che la merce, in quanto non .soltanto « forma » ma anche un concretum, sia sotto quest'ultimo riguardo il prodotto del lavoro come semplice « valore d'uso » o « oggetto d'uso )> sarebbe un errore. La merce ha si tale « doppia esistenza», ma essa è un concretum per Marx non soltanto come « valore d'uso » ma proprio in quella complessità che già fin da principio possiede in quanto merce. È Marx stesso a farci ·sicuri di questo, in quella medesima pagina delle Glosse a Wagner. Troviamo infatti H una terza definizione che in certo modo media le due già citate e rappresenta la loro integrazione e complementarietà. Si tratta della definizione della merce come « figura )> (espressione di origine hegeliana, che fu sempre assai cara a Marx). Si dice, infatti, ancora della merce che essa è « la concreta figura sociale del prodotto del lavoro ». La « figura» si distingue dalla semplice « forma » (non ci sarebbe senza quest'ultima) in quanto contiene un esplicito riferimento al « contenuto )> (I nha!t) della forma stessa. Il contenuto (si tratta, neHa fattispecie, del valore) non ha infatti fenomenicamente la medesima determinazione della «forma». (E anche questo è appunto di stile hegeliano.) Ora, prosegue Marx, rievocando l'andamento iniziale del Capitale, la merce viene analizzata «dapprima, nella forma, nella quale essa appare)>. Questa forma fenomenica è il «valore di scambio)), Se andiamo a confrontare con i1l modo di procedere di Marx in quelle prime pagine del Capitale vediamo che le cose corrispondono perfettamente con quanto ora vien detto. Troviamo là infatti un primo avvfo di analisi del « valore di scambio )> che viene in qualche mcxlo sospeso per compiere una determinazione autonoma del « valore » (quale oggetti v-azione del « Lavoro )> in quanto « astrattamente umano )>), dopodiché si riprende e prosegue l'analisi della forma piu astratta » del modo di produzione borghese. Le Glosse a W agner si trovano invece al centro dell'attenzione nell'impostazione del saggio citato di R. Banfi (dr. pp. 141-145).

188 www.scribd.com/Baruch_2013

forma fenomenica del valore, cioè del valore di oc.ambio. Se ,accettiamo, per elucidare siffatta procedura, la coppia opposizionale hegeliana «essenza-fenomeno», è quanto mai giusta l'osservazione di Rodolfo Banfi che in quell'inizio Marx « si occupava dell'essenza in funzione della apparen:zJa ». E cioè, come dice ancora i'l Banfi, che Marx nella prima sezione del Capitale piuttosto che una « teoria del valore » espone una « fenomenologia del valore di scambio » (ma sarebbe piu esatto, a mio parere, di·re semplicemente « una fenomenologia del valore», perché il « valore di scambio »o «forma d:i valore è ·appunto .Ja forma fenomenica del valore stesso) 53 • Ma perché siffatta situazione iniziale? Perché siffatto andirivieni iniziale, quale lo ~abbiamo delineato? Appunto perché, come dicevamo, forma e contenuto non coincidono, non sono il medesimo (come ancora una volta sottolinea Marx nelle Glosse a W agner in poLemica sia contro quest'uhimo, sia contro i:l Rodbertus) - cioè fra Je rispettive determinazioni sussiste una 'hegeliana' differenza. Che è appunto dò che tutta l'economia classica non ha colto, confondendo « valore di scambio »con« valore ». La criticità della situazione 1niziale, come è ottimamente chiarito nelle Glosse a Wagner, è racchiusa interamente in tale differenza. Si tratta infatti di una differenza di enorme importanza (anche per il nostro tema, vedremo fra poco) perché la forma fenomenica, la Erscheinungsform {«valore di scambio»), non ·rivela immediatamente il proprio « contenuto», ciò di oui essa è Erscheinung (il <
189 www.scribd.com/Baruch_2013

diante il. « disvelamenw del plu5va:lore » ( Enthullung des Mqhrwerts). Ma il rapporto di nascondimento 54 che la « critica » mette in evidenza non è per questo abolito nella realtà, finché il modo di produzione rimane lo stesso. Nel caso che qui esaminiamo perciò la « forma fenomenica » dd « valore » dà luogo a quello che possiamo chiamare una 'parvenza inevitabile' - la parvenza per cui rapporti fra uomini (nella p_roduzione e nello scambio), in quanto legati a cose appaiono come rapporti fra cose. È evidente, quindi, che almeno nel caso in questione (ma esso è decisivo) non basta la 'critica della ideologia', delle « ubbie idealisti che », perché i «fatti » ,si presentino nel loro nesso proprio e « H mondo reale » '.POssa coincidere immediatament:e con oil modo in cui esso si dà a ognuno. Non lllppena ·in un rettore qualsiasi ddl'economia si produce in vista dello scambio (cioè compare la « merce ») ha luogo anche quehla « iMusione >> ( Tauschung) o quella «parvenza)) (Schein) oggettiva, al livello delle « forme fenomeniche » 55 • Abbiamo dunque trovatp una situazione molto piu complessa di quella schizzata da Engels nel Ludwig Feuerbach. D'altra parte, la merce non è soltanto « merce ». Essa è anche 54 Di esso ha schizzato una interpretazione molto interessante, che dovrà essere attentamente dìscussa, il Ranc.ière nel saggio citato. Questo rapporto di nascondimento, benché non tematicamente, era stato messo in evidenza anche dal Banfi ( ... « Marx r1petutamente sottolinerà che il valore di scambio nasconde le stesse variazioni
190

www.scribd.com/Baruch_2013

una cosa (Ding) e precisamente un oggetto d'uso (Gebrauchsgegenstand) - ciò che gli economisti chiamano « valore d'uso » (denominazione che dà luogo a molti equivoci verbalistici). Se non avesse questo carattere non potrebbe essere neppure una « merce». Gli oggetti d'uso possono non avere nessuna rilevanza economica ( per esempio -1'ar.ia che respiriamo) . Ma nel caro della « merce » l'oggetto d'uso, vale ( gilt) come pura e semplice aggettivazione di lavoro umano~ (piu precisamente, « come dispendio di eguale forza lavorativa umana » ). Tale « oggeHivazione » non appare (erscheint nicht) neìfa «.forma naturale » {Naturalform) della cosa. E tuttavia questo «contenuto » (lnhalt), abbiamo già visto, « viene rappresentato come carattere oggettivo della cosa » (als gegenstiindlicher Charakter der Sache dargestellt ist). (Si potrebbe qui forse ricordare la differenza hegeliana fra « Ding » e « Sache ».) Rimane tuttavia anche dopo la « critica » - dopo la denuncia del « carattere di feticcio della merce » e il disvelamento del suo « arcano », anzi emerge come risultato di essa - che il lavoro umano sociale utile produce una sfera della oggettività (Gegenstandlichkeit) diversa da quella naturale, ancorché edificata su questa. È il mondo dei rapporti sociali (storico-sociali) di cui l'economia costituisce la base perché è la sfera in cui l'uomo dapprima oltrepassa le proprie determinazioni naturali {Naturbestimmtheiten), cioè diventa uomo (individuo sociale). Il discorso fatto sulla. merce viene infatti da Marx generalizzato (nelle conclusioni delle Glosse a W agner): « ... il "valore" della merce esprime soltanto in una forma storicamente sviluppata ciò che esiste in tutte le altre forme storiche di società, sebbene in forma diversa, cioè il carattere sociale del lavoro, in quanto esso esiste come dispendio di forza-lavoro sociale». Si tratta di una sfera dell'oggettività, prodotta dal lavoro umano, cioè daJl'atriv1tà pratica (osensibHe-intelligente; t·ecnico-finali· stioa) del1'oomo, che non ha piu il mero carattere « materiaJisticosensualistico » della realtà di Feuerbach, anche se non ha neppure il carattere « idealistico » della ì:ealtà di Hegel. Per esso Marx adopera, com'è noto, Ja designazione molto significativa « sensibilesovrasensibile >>. Questa espressione non è la designazione di una coppia, bensi di una sintesi e in certo modo (per un suo lato) di una 'sintesi 56 Mmeno nell'ipotesi (restrittiva) in cui essa è fin dall'inizio presa, e cioè quale «prodotto di un lavoro» (cfr. su questo punto R. Banfi, art. cit., pp. 135-136).

191 www.scribd.com/Baruch_2013

apriori'. Ma la cui origine è storico-genetica, come ogni determinazione del «mondo dell'uomo» che si ponga al di sopra dei rapporti puramente animali, o li riassorba in sé. In essa il termine « sovrasensibile » non designa nulla di sovrannaturale, o anche soltanto di 'extrafenomenico' (nonostante la 'inevitabile parvenza' di cui abbiamo parlato) perché la concezione marxiana dell'apparire fenomenico risulta qui, almeno per un aspetto (che è però decisivo), simile alla hegeliana; opposta cioè comunque a quella di Kant. Il fenomeno contiene, sf, in ambedue i casi, un rinvio ad altro, a ciò di cui esso è fenomeno. Ma nella visione kantiana questo altro rimane eterogeneo al fenomeno (è perciò inconoscibile secondo le leggi di questo, cioè senz'altro inconoscibile per l'uomo: la famosa cosa in sé, « noumenicamente » intesa) e la separazione tra i due campi cosf stabiliti è rigida e invalicabile. Nella visione hegeliana inveoe, e nella sua utiLizzazione e interpretazione materialistica da parte di Marx, siffatta eterogeneità non sussiste, e la differenza-relazione è penetrabile in ogni !Sua parte mediante la conoscenza scientifica 57 • (Nella prospettiva finale di Marx - qual è accennata nel celebre paragrafo Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano - la differenza stessa sembra, per ciò che concerne la sua radice economico-:sociale, dover essere abolita, e quindi abolita la distanza fra senso comune e sapere scientifico, per quanto conçerne la read.tà sociale in presenza. Comunque, nella società comunista sono soppresse le condizioni della :illusione inevitabile che era connesosa al « mondo delle merci ».) Il termine « sovrasen~ibile » in Marx designa semplicemente il riflesso della socialità (Gesellschaftlichkeit) in quanto essa è presente e operante nel prodotto del lavoro, e cioè, come si è visto, il « carattere sociale del.lavoro » in quanto « dispendio di lavoro sociale » (che non è, in Marx, però mai tutto il carattere del lavoro: 57 La ,diversità profonda fra Marx e Hegel non viene tuttavia per questo cancellata. Ma essa ha luogo su un altro piano. Concerne cioè il modo di con· cepire la conoscenza scientifica, o scienza o sapere. Che per Hegel è quello speculativo (onde la vera scienza viene ad essere soltanto la globale filosofia, e il suo sistema), mentre per Marx si tratta pur sempre di un ambito scientifico determinato (nella fattispecie l'economia), che appunto per questo richiede un metodo che contenga la propria fondazione critica. Si potrà osservare che con ciò si ripristina una nozione kantiana. Il Ranci.ère, ad esempio, non esita su questo punto; poiché egli presenta l'intera questione sotto questa angolatura (ritrovando addirittura nel Capitale una « analitica » e una « dialettica ») e rischiando, a mio avviso, una lettura kantiana di esso (senza, naturalmente, l'inconoscibile cosa in sé), per tema di una suà lettura hegeliana. Ma tutta la · questione merita una discussione a parte.

192 www.scribd.com/Baruch_2013

punto essenziale, anche questo, che non ci è possibile ora svolgere). Non dobbiamo tuttavia dimenticare che tutto quello che abbiamo fin qui illustrato è pur relativo all'isolamento o astrazione di un punto di vista, il punto di vista della « produzione »·(anche se questa è stata connessa con lo « scambio » senza di che non sarebbe stato possibile parlare della «merce»). Ma Marx si rifiuta di fermarsi a tale isolamento e, correlativamente, all'isolamento dei punti di vista della circolazione e del consumo. Rifiuta cioè il limite di una situazione epistemologica che egli indica come caratteristica delle teorie economiche da lui criticate. Il punto di v~sta integrato o t~ tale che egli propone {con piena consapevolezza almeno metodologica già nella Introduzione del '57) modifica ulteriormente ]a prospettiv,a 58 • La produzione si realizza infatti in vista del consumo ( nelle varie forme di questo) , id quaLe costituisce, insieme, il momento ideale di essa (in quanto, in certo modo, sua causa finale, o necessaria determinante teleologica) e la realizzazione ultima del prodotto della produzione. In questa realizzazione terminale del prodotto, il prodotto stesso non solo viene fruito o goduto o utlilizzato, ma anche distrutto. Ciò che qui interessa, rispetto aUe considerazioni precedenti, è che H prodotto in tale realizzazione estrema, costituita dalla sua distruzione nel consumo, è sempre presente nella sua forma sensibile, o « forma natura.le », come la chiama Marx in contrapposizione alla « forma sociale ». Ma che significa « naturale » in questo uso della parola? Non è senza importanza accennare, almeno, a una precisazione di ciò (tanto p iti che le parole « natura », « naturale » non sempre hanno nel linguaggio di Marx·un impiego univoco). Questa« forma naturale » della cosa non ha nulla a che fare con ciò che è oggetto delle scienze naturali (moderne), che anch'esse - come nel suo campo l'economia politica critica - vanno oltre le « forme » delle cose, intese in siffatto senso 'fenomenico-sensibile', e in qualche modo 'rompono' con ~e medesime 59 • Quando Marx parla di «forma natu58 Scrive Marx nella Introduzione del '57 (cfr. Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, pp. 15-16): «Se è chiaro che la produzione offre esteriormente l'oggetto del consumo, è perciò altrett!plto vero che il consumo pone idealmente l'oggetto della produzione, come immagine interiore, come bisogno, come impulso e come scopo. Esso crea gli oggetti della produzione in una forma ancora soggettiva. Senza bisogno non vi è produzione. Ma il consumo riproduce il bisogno». Questo passo è importante non solo per i nessi che direttamente iUumina, ma per tutte le sue implicazioni categoriali (Si confronti nel presente volume lo scritto Marxismo e soggettività, seconda parte). 59 Ciò era stato intuito genialmente dal ·Feuerbach (se interpreto in modo

193 www.scribd.com/Baruch_2013

rale » delle cose egli intende la « forma » della cosa in quanto essa è « oggetto d'uso », oggetto che corrisponde cioè ai bisogni dell'uomo: ossia delle cose in quanto sono per la sua vita necessarie, utili, piacevoli. Il che significa: delle cose nel loro nessQ.. con la prassi umana, individuale e associata. Sotto questo riguardo è « forma naturale » della cosa, nel linguaggio di Marx, anche quella che viene impressa dal lavoro dell'uomo. · Se il quadro d'insieme della sfera oggettuale del mondo umano secondo Marx, che abbiamo cosi ,tracciato, è sufficientemente esatto, si comprende perché, come dicevamo all'inizio, nel marxismo originario (come del resto in Hegel) il problema della conoscenza, in senso stretto, non esista. L'uomo, in quanto animale sociale, vive e opera all'interno di forme fenomeniche prodotte dalla sua stessa attività (sensibile-intelligente) necessariamente indirizzata, innanzitutto, alla produzione e riproduzione della propria vita materiale. Il problema che si presenta è quello della riduzione scientifica di tali forme .fenomeniche; cioè il problema è quello della scienza. L'impostazione del Capitale è la risposta c..i.tica all'esigenza di siffatta riduzione, per quanto concerne l 'economia politica. Una riduzione, o riconduzione, dell'apparente al non apparente, attraverso la quale risultino spiegati i modi dell'apparenza stessa, e quanto vi è in essa di reale e di irreale. Sotto tale riguardo (e non sotto quello di un mero sperimentalismo cosiddetto galileiano) l'analogia è profonda con il procedere delle scienze della natura dal '600 ad oggi. Quella riduzione operata dal
5. Ma a questo punto, evidentemente, s'impone il problema: che cosa è quella realtà che noi stessi siamo, gli •uomini'? Marx accetta la critica feuerbachiana dell'illusione speculativa, cioè della giusto) in una nota del suo celebre scritto del 18}9, Per la critica della filosofia hegeliana. « Vi è certo una rottura inevitabile nella natura della scienza in generale; ma non è nece56ario che sia senza mediazione. La filosofia fa da mediatrice di quella rottura per il fatto che essa stessa si produce dalla· non filosofia » (cfr. Ludwig Feuerbach, Principi della filosofia dell'avvenire, a cura di N. Bobbio, Torino, 1946, p. 27).

194

www.scribd.com/Baruch_2013

illusione di una filosofia « senza presHpposti » (o che pretenda muovere da puri concetti, ovvero solo da se stessa). «Presupposto di ogni storia sono gli individui umani viventi », &i legge nella Deutsche Ideologie. Questo rimane un punto fermo. (.Esso presenterà il vantaggio di poter riallacciare il marxismo all'evoluzionismo biologico, mantenendo tuttavia la netta distinzione del piano biologico da quello storico-sociale.) D'altra parte, radicale è il distacco di Marx da Feuer.bach. Esso si esprime dapprima nella proposizione: «l'essenza umana nella sua realtà è l'insieme dei rapporti sociali » (Tesi su Feuerbach, VI). Alla luce del marxismo maturo questa affermazione deve essere interpretata come una proposizione ellittica 60 • Si scioglie cosf: ciò che Feuerbach cercava di costruire (speculativamente, malgré lui) come «essenza dell:'uomo » (genere, 1n opposizione a individuo) deve essere sostituito dall'« insieme dei rapporti sociali ». Che cosa siano questi « rapporti sociali » (gesellschaftliche V erhaltnisse) è un nodo che Marx ( 184 5) comincia allora a sciogliere. Il punto di arrivo è un « risultato generale )> che diventa « filo conduttore », sia per il « materialismo storico », sia, m-rettamente, per ·)a «Critica dell'eoonom:Ìia politica ». << Nella produzione socia~·e della loro vita gli uominio ·sono ·soggetti a rapporti determ:i:nati, necessari, indipendenti daHa loro volontà, rapporti di produzione »,ecc. ( prefaZJione .al Per la critica dell'economia politica, 1859). Bisogna tener conto che i « rapporti di produzione » non ~ooo tutti i « rapporti sociali», ma una parte di essi, quelli che stanno alla loro base («reale Basis »). D'ahra parte, la proposizione del 1845 non si riferiva all'individuo, se non come il «genere » di Feuerbach si riferisce all'individuo, e cioè per owosizione. Con una differenza radicale però: i•l « genere » di Feuerbach è nello stesso tempo interno all'individuo: concepito « come interna, muta, universalità, che unisce in modo puramente naturale i molti individui », dice Marx. ( Qu:i non interesS~a se quest·a critica di Marx a Feuerbach, nel modo come viene espressa, sia completamente giusta.) Mentre g;li. « uomini » di Marx sono essi a trovarsi sempre dentro i « rapporti sociali », ancorché questi siano crea.ti da loro (dal loro lavoro: l'uomo fa la propria storia, ecc.). Gli indi-vidui, tiO Per una efficace messa in discussione del contenuto della sesta tesi si veda Louis Althusser, Nota complementare sull'« umanesimo reale .. , in Per Marx, Roma, 1967, pp. 217-222. La presente interpretazione si muove sulla medesima linea, anche se conclude molto piu positivamente circa la validità di quel testo (non solo storicamente considerato, ma :.nche come punto di riferimento deHa problematica per un umanesimo socialista).

195

www.scribd.com/Baruch_2013

l'

cioè, sono prima di rutto condizionati e determinati da t~li ra~ porti: prima di poterli (eventualmente, e a certe condizioni) .modificare. In altre parole: gli individui sciolti non li troviamo mai. Li troviamo o prigionieri neHe loro determinazioni naturali (Naturbestimmtheiten) o condizionati dai «·rapporti sociali», o nel collegamento, che contiene necessariamente una componente gene.. tica, dalla prima alla seconda situazione. Questo non significa affatto però che l'individuo venga dissolto nelle « relazioni sociali ». All'opposto: questo significa che il problema dell'individuo (umano) non è semplice, e può essere correttamente impostato solo a partire dalla situazione indicata. {È falsa perciò una contrapposizione di principio - quale è stata a lungo alimentata nel periodo dogmatico, e ancora oggi è dura a morire - del marx1smo con la psicanalisi: ove si faceva confusione fra una posizione di prindpio e la giusta esigenza di eliminare dalla psicanalisi le intrusioni non scientifiche, ideologiche, di classe. Il che vale, almeno, per tutte le scienze dell'uomo.) Ma che cosa sono allora gli « uomini », gli « individui umani » nel marxismo? (Marx è attentis-simo all'individuo, contrariamente a quel che spesso si crede, e ~a parola ricorre nei suoi scritti continuamente.) Un inizio di risposta può essere questo: per un verso gli uomini debbono venir assunti come 'nudi. individui' (adopero siffatta espressione che si trova, per es., in Russell, applicandola agli uomini. E non c'è affatto bisogno di pensare alJe « anime nude» di Platone!). In questo senso essi sono presentati da Marx come portatori (Trager) dei rapporti sociali, e prima di tutto dei rapporti di produzione. Si tratta evidentemente di una astrazione, ma di una astrazione necessaria, scientifica. Essa è resa legittima dal fatto che comunque gli « individui umani viventi » effettivamente esistono. Con 'nudi individui' intendo dunque l'astrazione piu generale corrispondente a tale realtà. Cioè al fatto che ogni uomo, in qualsiasi relazione esso si trovi o entri, deve essere contato, almeno praticamente, come uno (o anche come uno). È una nozione dunque molto semplice ed evidente; ma che tuttavia deve venir trattata con cura. Per un verso essa è potentissima proprio nei riguardi deHe « scienze umane )>, rispetto alle quali, vedremo tra poco, è funzionale, non meno che rispetto alle scienze biologiche (anche se in una diversa relazione di funzionalità). Siffatta nozione ci rende conto, ad esempio {dal lato formale, naturalmente) perohé un neonato di una tribu 'selvaggia' trasportato e educato in una comunità europea o cinese, ecc. possa diven-

196

www.scribd.com/Baruch_2013

tare un normale cittadino di tale comunità assumendone la civiltà,

il che non accade per una scimmia o per un elefante per quanto addomesticabili. O il figlio di un proletario, adottato da un capitalista, divenir membro del gruppo sociale in cui viene cosi ad entrare. (N 'nudo individuo' è i·nfatti, benché nudo - cioè considerato all'infuori delle rel-azioni in cui è suscettibi·le di venir immesso sempre membro di una classe, nel senso logico della parola: nella· fattispecie quella degli « uomini ».) D'altro verso, però, nella sua estrema generalità l'astrazione 'nudi individui' (umani) ci lascia completamente a mani vuote, se si pretende di poter passare da essa alla società umana, cioè alla ricostruzione concettuale di quest'ultima (in qualsi~i sua .forma storica). Dal 'nudo individuo', cioè, non è possibile alcun passaggio formale all'individuo sociale 61 • Tale impossibilità mette in luce che il soggetto originario e -reale della considerazione non può essere se non la società stessa (comunque, nelle ·sue forme primitive, essa si sia venuta costituendo nell'evoluzione dall'animale all'uomo. Il che è oggetto di scienze speciali). Ma proprio in quanto gli uomini si relazionano fra loro sempre anche in quanto individui, oltre che come gruppi (famiglie, classi, tribu, nazioni, associazioni, partiti, ecc.), l'astrazione 'nudo individuo' è nella pratica sempre, almeno potenzialmente, presente ad essi. E nella civiltà è operante istituzionalmente come anagrafe, battesimo, annuario o albo professiona•le, e cosi via, do6 1 Non è vero però l'inverso, altrimenti il presente discorso sarebbe impossibHe o illusorio. È invece la realtà di fondo indicata da tale astrazione quella che, a mio parere, contiene la condizione della possibilità dell'emergere dell'in· dividuo, proprio allorché la società si fa (storicamente) piu oomplessa. Scriveva Marx, a questo proposito nella Introduzione del 1857: «Solo nel XVIJI secolo, nella "società borghese", le diverse forme dei nessi sociali si presentano al singolo come un puro strumento per i suoi fini privati, come una necessità esteriore. Ma l'epoca che genera questo modo di vedere, iJ modo di vedere del· l'individuo isolato, è proprio l'epoca dei rapporti sociali (generali da questo punto di vista) finora piu sviluppati. L'uomo è nel senso piu letterale uno t;i;lov 7tOÀ.~"r~xbv, non soltanto un animale sociale, ma un animale che solo nella società riesce ad isolarsi ». Può forse sembrare da questo pasro che si tratti di un insieme di circostanze le quali ooncernono soprattutto il « borghese »; e piuttosto la sua ideologia che non la sua situazione reale. Ma, se si considera la classe opposta, nelle -condizioni stesse originarie del sistema mercantile inerenti al « processo che precede la formazione· del rapporto capitalistico » (cioè la. « accumulazione originaria»), e precisamente nella figura del « lavoratore libero », l'emergere storico di tale nudità dell'individuo si presenta in tutta la sua nettezza (cioè senza aloni ideologici). Si tratta del lavoratore in quanto soltanto possiede la propria forza lavorativa. Di lui caratteristicamente scrive Marx nei Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, H, p. 96: «Il porsi dell'individuo come un lavoratore, in questa sua nudità [Nacktheit] è esso stesso un prodotto storico».

197

www.scribd.com/Baruch_2013

ve agli individui - in quanto ognuno di essi conta come uno vengono assegna ti nomi propri. I.n forma siffatta (pratica) l'astrazione 'nudo individuo' è dunque presente al•la cosiddetta « coscienza sociale». Ma a quest'ultima non è atfatto presente l'impossibilità del passaggio sopra accennato, che deve essere scoperta criticamente o sc~entificamente. Prima di tale scoperta, che è poi l'opera :del mar~i.smo (materialismo storico), tale impossibilità rimane anzi nascosta. Ciò è molto importante perché .tale ascosità è la condizione forma·le della possibilità dell'ideologia (in quanto questo termine sia contrapposto a scienza), nei riguardi dell'uomo. Qui è il segreto ultimo, cioè, de,lla possibilità delle piu diverse costDuzioni ideologiche intorno all'uomo, che sotto tale angolatura sono tutte in qualche modo apparentate .(la loro diversità dipende, in ultima analisi, dal modo, socialmente e storicamente condizionato, in cui i 'nudi individui' vengono rivestiti di attrib'Llti, e correlazioni di attributi, piu o meno immaginari). Dalle ideologie religiose (per es. gli uomini 'figli di Dio'), a queUe umanistiche (da distinguersi, nella nostra tradizione occidentale, in a) umanesimo dell'antichità classica; b) umanesimo borghese, dagli « umani~ti » a Feuerbach; c) umanesimo dei socialisti e comunisti « utopisti ») 62 , a quelle scientistiche (per es. il famigerato darwinismo sociale, o suoi eq_.uivalenti dei nostri giorni). In Marx l'astrazione 'nudi individui' (presente di .fatto tutte le volte che egli adopera .le .parole: gli «uomini», dopo che è stato distrutto il mito ideologico « essenza dell'uomo») ha valore non di per sé, ma in funzione dei rapporti -sociali, e prima di tutto dei << rapporti di produzione ». Solo in questa funzione essa ha valore scientifico 63 • E solo a partire da essa si può cominciare 62 Resta qui del tetto impregiuelicata la questione del!l.a :legittimità scientifica della nozione eli « umanesimo socia:lista », o equivalenti, messa in discussione da L. Althusser nell'articolo citato. 63 Tale funzione emerge con evidenza fin dall'inizio dcilla man:iana «critica dell'economia » nell'anailisi del valore di scambio in relazione al tempo di lavoro del singolo inclivid.uo. « n tempo di la-voro rappresentato nel ·valore di scambio è tempo di lavoro dd singolo, senza dist~nzione dagli altri $.ingoli, da tutti i singoli, in quanto essi compiono lavoro uguale e, quindi, il tempo di lavoro richiesto a un singolo per la produzione eli una merce determinata. è il tempo di lavoro necessario, dhe qualsiasi altro dovrebbe impiegare per la produzione della stessa merce ~ (Per la critica dell'economia politica, p. 20). Cioè, nel « lavoro umano astratto ~. e nella correlativa detenninazione della grandezza di valore, il singolo non scompare daMa consoiderazione di Marx (ciò da cui si astrae sono le determmazioni qualitative del souo lavoro), ma resta anzi solo in qua,to singolo, ossia nella sua diversità puramente numerioa dagli altri singoli ( pe.r la quale egli conta come uno). ·

198 www.scribd.com/Baruch_2013

a ricostruire non ideologicamente che cos'è l'individuo concreto umano. Per esempio, Marx ha potuto mettere in luce il segreto del « valore » (o scoprire il « plusvalore ») quando ha trovato la differenza fra « lavoro » e « forza-lavoro » (differenza decisiva per tla « critica dell'economia politica »). Non è il lavoro a essere una merce, non è il lavoro che viene venduto sul cosiddetto «mercato del lavoro », bensi la « forza-lavoro ». (Non è il lavoro - creatore di valore - che ha un « valore », bensi .la forza-lavoro.) Ma anche la « forza-lavoro » è un'astrazione, cioè una categoria scientifica. Non è essa che va al mercato del lavoro, ci ricorda proprio Marx, bensi un uomo in carne e ossa, il ~avoratore. Che ha di fronte a sé un altro uomo in carne e ossa, il capitalista, portatore in senso inverso dello stesso rapporto di produzione di cui è portatore l'operaio. Ma in carne e ossa io percepii>co (sensualisticamente) individui grassi o magri, biondi o bruni, longilinei o bt>evH,inei, non capitalisti o operai. Anche l'individuo umano nella sua realtà (quella realtà storico-socia>le per cui l'« uomo è il mondo dell'uomo») è dunque « sensibile-sovrasensibile »: correlativamente a quanto accade per le « cose >> in quanto, al di là della loro « forma naturale», esse sono prodotti utili del lavoro sociale. In altre parole: in quanto storico-sociale irl rSoggetto umano ha gli stessi caratteri ,(perché li produce) della sfera oggettuale dei suoi « valori d'uso » (quando essi siano non semplici « oggetti naturali », ma altresi aggettivazioni del suo lavoro sociale o inglobati nel.la sua sfera). È importante aver chiaro che questa non è affatto la soluzione del problema ddl'indi·viduo {di quella rell'ltà che noi stessi siamo), ma solo il punto di partenza per impostarne il problema. Tutto quello che si potrà cercare e trovare scientificamente a propositç> degli 'uomini' (individui sociali), sia in direzione della loro eredità e ·realtà biologica o psichica, sia in direzione della loro vita storica (materiale e 'spirituale') - tutte le invarianti e le variabili e le 'gerarc,hie di funzioni' che in qualsiasi campo di ricerca (an tr6poologìco, socioJogico, linguistico, ecc.) potranno cosi emergere - hanno come obbligatorio punto di riferimento questo rapporto funzionale tra individui e formazione economico-sociale specifica, o data. Cioè, in pratica, hanno come punto di partenza la formazione sociale, o le formazioni sociali (in epoca di compresenza di società capitalistiche e socialistiche), i.n oui noi stessi viviamo 64 • 64 Quanto sopra non deve essere frainteso nel senso di un assorbimento esaustivo nella formazione sociale data di tutto ciò che costituisce 11 singolo, o l'individuo, che ne fa parte; ma, ribadisco, deve esser concepito come urut ne-

199 www.scribd.com/Baruch_2013

6. Dalla esposizione fatta fin qui la dialettica è stata finora assente. Ciò dipende semplicemente dal fatto che ho cercato di illustrare i problemi nel loro punto di origine o nel loro punto questione della dialettica di incrocio, non nel loro sviluppo. nel marxismo è una questione difficile. Essa è resa ancora piu complicata dalle stesse affermazioni fatte da Marx intorno al suo metodo. Al centro delle quali sta ciò che Matx dice del suo« metodo dialettico» nel famoso poscritto alla seconda edizione (1873) del primo libro del Capitale. Marx pone il proprio« metodo dialettico » in una duplice relazione con quello di Hegel, storica e sistematica. Dal punto di vista storico egli si proclama « scolaro di quel grande pensatore », dal punto di vista sistematico egli dice che « quanto al fondamento » il suo metodo « non solo è differente da quello hegeliano, ma ne è anche direttamente l'opposto». E spiega (il passo è molto noto, e mi scuso di doverlo citare ugualmente): «Per Hegel il processo del pensiero, che egli, sotto il nome di Idea, trasforma addirittura in soggetto indipendente, è il demiurgo del reale, mentre il reale non è che il fenomeno esterno del processo del pensiero. Per me, viceversa, l'elemento ideale non è altro che l'elemento materiale trasferito e tradotto nella testa degli uomini ». In questa affermazione troviamo la caratteristica coppia dd marxismo « materiale-ideale » (da cui viene la non meno caratteristica contrapposizione di materialismo e idealismo). Non ci serve

La

cessaria (se non si vuoi evadere nell'ideologia) dimensione di riferimento. La differenza che qui sottolineo è comunque di grande importanza, credo, per k scienze umane, se si vuoi evitare la loro caduta in un volgare sociologismo, sia pure di apparente conio marxistico. Tale differenza era sempre ben presente a Marx ed è decisiva nelle sue analisi; essa gli consente, ad esempio, di stabilire con assoluta chiarezza l'opposizione di «valore d'uso» e «valore» (e quindi il rapporto del primo con quella forma fenomenica del secondo che è il « valore di scambio »), o di non cadere nel tranello di scorgere nel « lavoro » l'unica fonte di ricchezza. In un pregnante passo del Per la critica dell'economia politica questi due aspetti si trovano raccolti insieme: <
200 www.scribd.com/Baruch_2013

molto a questo punto illustrare il contenuto dei due termini (che non è semplice). Basti qui far presente che sarebbe del tutto sbagliato interpretare il marxismo (anche se questo spesso accade) come se la nozione di « realtà » si esaurisse o risolvesse soltanto nel primo termine. (Quanto abbiamo accennato intorno a:lle « forme fenome.niche » è sufficiente a far intuire che non può esser cosi.) Quel che è essenziale nel marxismo è la precedenza di ciò che è inteso col primo termine, rispetto a ciò che è inteso col secondo: precedenza sia in senso genetico-storico, sia in senso sistematico. Questa precedenza fa parte dell'« ordo rerum » messo in evidenza prima di tutto dalla critica dell'ideologia e della filosofia speculativa (cioè ddla filosofia che ha la sua radice nella illusione di costruirsi « senza presupposti »). Tale critica (che evidentemente non può considerarsi compiuta una volta per sempre, ma è un'esigenza permanente) è la condizione di possibilità (necessaria ma non sufficiente, come risulta dalle pagine precedenti) perché un qualsiasi campo di ricerca possa venir liberato dalle deformazioni e intrusioni ideologiche; cioè possa costituirsi come ambito scientifico. Quanto al trasferimento e alla traduzione del « materiale » nell'« ideale» (operazione che si compie nella testa degli uomini), di cui parla Marx, si tratta, anche qui, di un processo complesso. Marx se ne è occupato esplicitamente (non sotto l'aspetto psicologico, che sembra non lo interessasse affatto, bensf sotto l'aspetto epistemologico) almeno una volta, nella Introduzione del 1857. Ma è una questione che non possiamo affrontare in questa sede. Basti qui solo ricordare che esso è concepito da Marx -come un processo attivo di « appropriazione » (Aneignung) da parte dell'uomo, e non di meccanico rispecchiamento (Widerspiegelung). La metafora del « rispecchiamen t o » (o « riHesso ») è valida solo per indicare i risultati (parziali o complessivi) del processo stesso, non i modi del suo dinamismo. Essa, in ultima analisi, serve soltanto a non confondersi con l'idealismo, proprio là dove si descrive un processo ideale. Le cose che ·abbi.amo ·rioordato caratterizzano in modo essenziale il marxismo, nei confronti dello hegelismo. Ma per quanto riguarda la quest1one deHa «dialettica» bisogna riconoscere che non se ne ricava molto. Marx asserisce che l'inversione operata da lui (cioè, l'inversione di direzione, rispetto a Hegel, nel nesso fra « ideale »

201 www.scribd.com/Baruch_2013

e « materiale )>) 6~ libera 1a d~alettka begeliana daHa « scorza mistica» (mystische Hulle), che ne costituiva il « lato mistificatorio » e, come dice Engels, ne faceva uno strumento « inservibi·le ». Quella inversione rende possibile, invece, scoprirne il « nocciolo razionale » ( rationeller Kern). In relaz.ione a ciò egli afferma molto energicamente (in un'epoca in cui Hegel veniva trattato come un «cane morto)> 66 ): «La mistificazione alla quale soggiace la dialettica ndle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo a esporre ampiamente e consapevolmente le forme genem:1i del movimento della dia,lettka stess•a » 67 • Sulla base di queste osservazioni non meraviglia che Marx possa affermare, praticamente nello stesso .tempo, che il suo « metodo dialettico » è il « diretto opposto » {direkter Gegenteil) di quello hegeliano, o che esso è il medesimo, solo applicato (angewandt) in « maniera critica » 68 • Tutte queste affermazioni di Marx sono diventate una vera « crux » dell'esegesi marxista. In pratica oggi i marxisti si dividono

in due tendenze di ·fondq, quelli che accettano, quanto alla dialettica; la filiazione di Marx da Hegel, e quelli che ne sottoHneano radicalmente il distacco. Da11a difficoltà non si esce né con mezzi filologici, e Aeppure con un metodo d'interpretazione soltanto storico. Ancora una volta bisogna muoversi dall'interno deJ.la problematica marxiana. Naturalmente si potrebbe partire dalle non molte specifiche .elaborazioni metodologiche di Marx (praticamente si riducono a1la Introduzione del 1857 e a sparse osservazioni, soprattutto nell'epistolario) o dalle generalizzazioni operate da Engels. Credo che sarebbe anche questa una via sbagliata. Credo che 65 Circa il valore logico e non soltanto metaforico di quella inversione o capovolgimento della dialettica hegeliana che Marx attribuisce a se stesso si veda la mia nota « Rovesciamento » e metodo della dialettica marxista, in Critica marxista, 1%3, n. 3, pp. 109 sgg., in discussione con L. Althusser. 66 La polemica similirudine del « cane morto » doveva piacere molto a Marx, perché la troviamo già usat:a in una sua lettera ad Engels del 1868 ( ove l'allusione a Lessing, Mendelsohn e Spinoza rimane sottintesa), in cui mi sembra particolarmente interessante la punta rivolta contro Feuerbach: «Quei signori in Germania credono (ad eccezione dei reazionari teologici) che la dialettica di Hegel sia un "cane morto: a questo riguardo Feuerbach ha molte colpe» (dr. Carteggio Marx-Engels, V, p. 137). 67 Cfr. Il capitale, I, pp. 44-45. 68 Cfr. la lettera a Kugelmann del 27 giugno 1870. (Cfr. anche la lettera a Kugelmann del 6 marzo 1868, ove si legge: <
202 www.scribd.com/Baruch_2013

dobbiamo muovere dalla effettiva applicazione deHa dialettica in Marx. O piu esattamente ,(poiché la parola applicazione presuppone una dialettica già elaborata in astratto, il che Marx non ha fatto) dobbiamo muovere dalla sua effettiva ricerca per indagare se i.n essa si trovi veramente una dialettica e .quale. O, eventualmente, quali dialettiche. Non è possibile qui un esame completo. Sceglieremo quindi due punti decisivi e caratterizzanti. Non potremo andare molto oltre una ricerca d'impostazione, ma sarà sufficiente ai fini presenti. Ma perché« due t>unti »?Qui è necessaria una breve considerazione preliminare. Essa risponde alla seguente domanda: che cosa ha effettivamente prodotto il pensiero dei classici del marxismo? La risposta d'insieme mi sembra che sia questa: esso ha portato alla luce quattro territori principali della ricerca, diversi fra loro, anche se comunicanti attraverso modi di -coerenza che potranno \lenir determinati· e controllati soltanto muovendo dalle effettive posizioni di confine {e non in generale e univocamente). A dò corrisponde i·l seguente quadro: a) la dottrina conosciuta sotto il nome di « materialismo storico >>; b) una nuova scienza dell'economia, fondata cnucamente, e messa in esecuzione come analisi dell'ordinamento economico borghese o capitalistico 69 ; c) una scienza del socialismo (o «socialismo scientifico») intesa non come esposizione di un « sistema socialista » (questa possibilità viene anzi respinta; cioè viene respinta l'iUusione dei socialisti e comunisti « utopisti »), be.nsi come scienza dei passaggio dal capitalismo al socialismo, in direzione ~el comunismo 70 • La possiamo anche chiamare scienza della rivoluzione (ulteriormente molto sviluppata da Lenin). Rispetto ai primi due punti, essa si (f} In essa vanno distint·e due parti: a) l'elaborazione del modello teorico, cioè Il capitale di Marx; b) le ~pplicazioni del modello a paesi determinati e sistemi sociali concreti, in funzione interpretaoti-va, sul genere del:la Agrarfra_ge del Kautsky e dello Sviluppo del capitalismo in Russia di Lenin. 70 A questa scieflza del socialismo, e della rivoluzione {}roletaria, è particolarmente (ma non· esclusivamente) collegata Ja dottrina critica dello Stato, -che mi sembra sia stata quella di piu lento sviluppo ne-l pensiero di Marx e di Engels, poiché si perfeziona solo con il 1871, cioè dopo la Comune di Parigi. Benché Marx pr<)prio dal problema dello Stato avesse iniziato (a differenza di Engels) il suo itinerario cr1tico, fin dal tempo dell-a Questione ebraica ( 1843). Anche questa dottrina, come è noto, è stata ulterionnente sviluppata da Lenin (e in Italia da Gramsci). E non si può certo considerare il discorso chiuso. Lascio qui da parte le questioni della morale e dell'estetica, che non ebbero nei classici alcuno svolgimento sistematico.

203

www.scribd.com/Baruch_2013

configura come una scienza applicata {allo stesso modo per es., in cui, mutatis mutandis, è una scienza applicata la « scienza delle costruzioni » che si insegna agli studenti di ingegneria); d) una generalizzazione della dialettica alle moderne scienze della natura (opera quasi esclusiva di Engels). È ciò che piu tardi da alcuni è stato chiamato o viene ancora chiamato « materialismo dialettico » 71 • È l'unica parte del ma:rxismo che sia entrata profondamente in crisi (ed era già entrata in crisi ai tempi di Lenin). Personalmente ritengo che di essa non sia possibile una conservazione, nella forma datale da Engels. Cioè ritengo che la relativa problematica debba esser trasferita su basi assai diverse. (A parte singole osservazioni e suggestioni, probabilmente -ciò che in qualche modo si mantiene dell'elaborazione di Engels è un ideale e alcune direttive di 'scienza unificata', a partire dai contenuti delle scienze, e non soltanto, idealisticamente, dai loro linguaggi.) 72 Stando cosi le cose scegliamo due punti per il nostro sondaggio, circa la dialettica nel marxismo, corrispondenti, nell'impostazione, al punto a e a:l punto b. Le ragioni per cui si esc:lude il punto d sono evidenti. n terzo settore ( « scienza del sociaLismo » o della rivoluzione), che è molto interessante ai fini della dialettica, viene qui escluso non soltanto per brevità, ma anche perché si tratta, comunque, come si è detto, di « scienza applicata » e suppone, almeno parzialmente, l'esame dei primi due. 7. Il « materiaùismo storico » o « concezione materialistica della storia» non è propriamente una 'scienza', ma una dottrina critico-scientifica, e piu precisamente un cànone o criterio d'interpretazione scientifica (della società umana, e della storia) fondato criticamente. Questo cànone o criterio è esposto con grande lu71 Si tratta di un'accezione ristretta di materialismo dialettico, formula che piu spesso viene adoperata per indicare l'insieme, o i fondamenti filosofici, o la concezione generale del marxismo, anche se in questo suo impiego sia sempre presente un riferimento primario anche all'ambito della « natura » e delle scienze della natura. Ma l'espressione «materialismo dialettico» è entrata nella tradizione marxista relativamente tardi, in circostanze che qui non· è possibile evocare. Solo con Stalin, comunque, essa ha assunto il significato sistematico ben noto. La questione di un impiego rinnovato dell'espressione «materialismo dialettico» deve venir proposta. Essa non è verbale, bensf legata alla domanda, pur decisiva, se e in che senso sia da parlare di una filosofia marxista. 72 La presente riserva non si riferisce quindi alle idee espresse da Engels nella prefazione alla seconda edizione dell'Antiduhring ( 1885) e, naturalmente, a tutti quegli elementi critici che ad essa si possono ricollegare (specialmente negli · scritti noti sotto il titolo Dialettica della natura).

204 www.scribd.com/Baruch_2013

cidità da Marx in akune pagine giustamente famose della già citata prefazione al Per la critica dell'economia politica (1859). Consideriamo qui soltanto l'aspetto di esso che concerne H nostro problema, e cioè il problema della dialettica. Il soggetto dell'attenzione di Marx è dapprima la società nel suo insieme, che è fatta corrispondere a ciò che Hegel, « seguendo l'esempio degli inglesi e dei francesi del XVIII secolo, abbraccia sotto H termine di società civile ». L'ipotesi di Marx è che « l'anatomia della società civile sia da cercare nel.l'economia politica ». Il significato concettuale della metafora « anatomia )> risulta del tutto chiaro dal contesto. Esso consiste nell'isolamento del «processo sociale della produzione ». Tale isolamento mette in luce una totalità dinamica, assunta come « reale Basis )> o meglio base « materiale » della società. In essa troviamo la dialettica tra forze produttive ( Produktivkriifte) e rapporti di produzione ( Produktionsverhiiltnisse). A prima vista è una dialettica estremamente semplice, Hneare. I rapporti di produzione (rapporti fra uomini, di oui gli uomini sono portatori, da cui gli uomini sono condizionati) nascono dalle forze produttive {di cui la primaria è l'uomo stesso, o la sua forza-lavoro, applicata alla natura) come loro forme di sviluppo (Entwicklungsformen). Con l'ulteriore sviluppo delle forze produttive i rapporti di produzione si arrovesciano (schlagen ... um) in catene delle medesime. Cioè è nata una «contraddizione)>, a cui corrisponde nella realtà storica « una epoca di rivoluzione sociale )> che produrrà una nuova « struttura economica della società )>. Come un organismo v~vente che si riveste di una certa epidermide dentro a cui esso continua a crescere, fino a una crisi di sviluppo in cui se ne spoglia per rivestirsi di una nuova pelle. In verità tale dialettica non è cosi semplicistica come qui si è fatto apparire; perché in tutto i.l corso della civiltà lo sviluppo delle forze produttive avviene in società in cui esso ha dato luogo, attraverso -la divisione del lavoro, a gruppi sociali diversi (ceti, classi, ecx::.), fra i quali intercorrono rapporti anche antagonistici, di conf.litto latente o aperto. E sono i rapporti antagonistici ( di classe) a divenire i portatori delle crisi rivoluzionarie. Perciò quella dialettica costituisce, appunto, un criterio o cànone di interpretazione, non è una chiave universale che apra, aprioristicamente, le porte segrete della storia: questa anche dal punto di vista dell'accadere economico-sociale e delle mutazioni che attraverso di esso si presentano va studiata e indagata in tutte le sue particolarità e particolari contraddizioni. Ma, agli effetti della presente con· 205 www.scribd.com/Baruch_2013

siderazione, ciò non cambia molto. La conclusione è questa: abbiamo una dialettica di « contraddizioni » 73 (-una volta accettata questa terminologia hegeliana, passata nel marxismo) ch€.::MSsuna 'ragione' {Vernunft) può conciliare. Esse rappresentano ·forze e situazioni « reaH » e vengono soppresse· solo quando nel conflitto la vittoria di una di queste forze reali sopprima le basi o fonti della contraddizione stessa 74 • Marcata cosi la radicale differenza da Hegel, gli elementi di assomiglianza col « metodo hegeliano » hanno un interesse puramente storico-culturale, cioè secondario. Questo cànone del materialismo storico ha una grande potenza interpretativa, e ha a.vuto grande influenza, .spesso non confessata, anche al di fuori del marxismo. Il nucleo dialettico ora esposto tuttavia non può esaurire il cànone stesso. L'accadere storico compless1vo (sincronicamente parlando) è un intreccio di specificità diverse, come indica il dnone stesso. In concreto, cioè, non esiste una società puramente economica. I rapporti di produzione non sono tutta la società, ma solo la sua « anatomia», o il suo « scheletro » 75 • La struttura economica non è tutta la struttura della società. Vi sono altre « forme » che costituiscono 1>a oosiddetta sovrastruttura. L'organismo socia'le è sempre la totalità strutturata e sincronica del loro insieme. J.l carattere di « reale Basis » della « struttura economica » indica solo il versus che ren<Ìe intelligibile 73 Normàlmente, per convalidare questo passaggio e l'uso di tale termine (che si è universalmente diffuso sia nella pubbli<:istica politica, sia nello stesso linguaggio delle scienze umane, anche aJl'infuori dell'indirizzo marxista), si suole distinguere fra «contraddizione» in senso logko e «contraddizione» dialettica. Ciò è giusto in prima approssimazione: ma dà luogo a una serie di problemi, e nell'interpretazione dei testi marxisti c nella necessaria fissazione di elementi differenziali rispetto alla dialettica hegeliana, che non possono venir trascurati. 74 Ciò è messo fortemente in luce da Marx fin dallo scritto contro Proudhon, La miseria della filosofia ( 184ì). Ma Marx aveva certamente intenzione di ritornare sul problema da un punto di vista metodologico e epistemologico. Ciò è provato, a mio vedere, dalla seguente notazione di carattere programmatico (come il contesto nella quale si trova) che si legge .a breve distanza dal punto di interruzione della Introduzione del 1857 (p. 52): « Dialettica dei concetti di forza produttiva (mezzi di produzione) e di rapporti di produzione - una dialettica di cui vanno definiti i limiti e che non annulla la differenza reale >>. Passo in cui va prima di tutto presa in considerazione l'opposizione tra il sostantivo «concetti» (riferito alla forza produttiva e ai rapporti di produzione) c l'aggettivo « reale >> (riferito alla loro « differenza »; in una dialettica appunto reale e non soltanto concettuale), Per ciò che vengo svolgendo nel testo, subito dopo, è invece importante, di questo passo di Marx, l'a·ccenno ai limiti della dialettica in questione, propria della struttura ·economica in quanto tale. 75 Quest'ultima immagine è di Lenin, nel Che cosa sono gli «amici del Popolo» (p. 20). È una metafora piu· evidente c plastica, ma anche meno precisa, in quanto oblitera l'elemento dinamico operante direttamente nei rapporti di produzione attraverso la loro dialettica con le forze produttive (e i mezzi di produzione)

206 www.scribd.com/Baruch_2013

la struttura d'insieme. Il dinamismo di quest'ultima dipende innanzi tutto e fondamentalmente da quello della struttura economica, ma non si esaurisce nel medesimo 76 • Esso acquisisce, cioè, anche .iltre fonti e diverse componenti. Quel primo, relativamente semplice, schema diwlettico dovrà quindi ulteriormente integrarsi e r.omplicarsi. Marx non ha affrontato pubblicamente il problema, se non per il suo aspetto macroscopico e catastrofale, diciamo cosi; cioè in relazione alle rivoluzioni sociali: «con il cambiamento della base economica si sconvolge [ walzt sich ... um] piu o meno rapidamente tlutta la gigantesca sovrastruttura TI. Il marxismo posteriore a partire da Engels (post mortem di Marx) si è accontentato di parlare di azione reciproca (W echselwirkung) fra le parti del'sistema sociale, e di determinazione «in ultima istanza» ad opera deli'« economia». La prima indicazione è probabilmente gius.ta, ma è anche del tutto generica e rimane alla superficie; la seconda, oltre a essere ambigua 78 , non esprime una soluzione, ma nel migliore dei casi proprio ciò i cui modi devono esser chiariti; ossia l'oggetto stesso dei problema. La difficoltà era stata vista molto bene da Marx in quel testo prezioso che è l'Introduzione del 1857, proprio nella sezione di essa dove venne interrotta. Non è propriamente l'« azione reciproca» che preoccupa Marx, ma un problema piu profondo: ciò che egli chiama « l'ineguale sviLuppo della produzione materiale » rispetto allo sviluppo di altre attività umane. E quindi l'evenruale « di'sproporzione » ( esempHficabile dalla storia) fra i diversi pi,ani dell'edificio sociale, e in particolare rispetto alla « base economica ». Si tratta del loro possibile « sviluppo ineguale », che gli fa 76 A ciò dà rilievo l'accenno ai limiti della « dialettica dei concetti di forza produttiva e di rapporti di produzione» nel passo di Marx citato alla nota 74. TI A Marx, nell'interesse dell'incisività rivoluzionaria della teoria, premeva evidentemente di mettere in evidenza, innanzi tutto, tale conseguenza indipendentemente dai problemi lasciati aperti dall'interruzione della Introduzione del '57. Si deve indltre osservare che .ill r-apporto di dipendenza cosi ·tracciato viene a incorporare l'antica «cri-tica dell'ideologia» ( 1845), a dare ad essa una collocazione e un significato nel sistema del materialismo storico. 78 Si può infatti eternamente discutere sul significato dell'espressione « ultima istanza >>: se essa indichi una continuità tuttavia autonoma nella sfera dell'« economia »; o, viceversa, un ricadere in quest'ultima, inf/uem:.andola (in forma diretta o attraverso mediazioni piu o meno complesse), delle determinazioni che si producono nella sfera delle sovrastrutture: ·-le quali solo mediante siffatta incidenza troverebbero la loro collocazione pienamente intelligibile nella continuità del pro· cesso ( « sviluppo>>) storico. Né si potrebbe escludere fra i due estremi cosi delineati di trovare soluzioni intermedie, diverse per i diversi tipi di sovrastrutture, o per le circostanze concrete del loro realizzarsi.

207 www.scribd.com/Baruch_2013

mettere in questione anche la nozione di progresso, esoludendone l'accezione comune (cioè come essa è intesa « nella abituale astrazione »). È un nodo di problemi di enorme portata, che Marx incomincia a indagare (ma soltanto incomincia) a proposito dell'arte e della validità permanente dei prodotti artistici, o anche a proposito del trasferimento di sistemi giuridici (questione questa spesso presentatasi ai fondatori del marxismo in relazione soprattutto al diritto privato romano, adottato dal moderno sistema sociale borghese). Si tratta, in generale, del problema dell'eredità storica e culturale, attraverso la successione di diverse formazioni sociali, e del problema congiunto che possiamo chiamare della 'permanenza e trasmissione di valori'. Il metodo marxista ci fa subito comprendere che non esiste una soluzione univoca per tutti i piani della « sovrastruttura ». Ma di piu oon siamo ancora in grado di dire. Il cànone del « materia:hsmo storico » è dunque, nonostante la sua· forza, a tutt'oggi incompleto, e il suo stesso nucleo dialettico è ancora in attesa di integrazione. Il marxista che non sia del tutto privo di quel senso vivo e acuto dei problemi che Marx possedeva in misura eccezionale (il marxista cioè non dogmatico) non può certo disperarsi di ciò che vi è ancora da fare anche alliveJlo piu profondo della dottrina. 8. Prima di stendere definitivamente per ~a pubblicazione ,il primo volume del Capitale Marx rilesse ancora una volta - informa una sua lettera - la Logica di Hegel. E nel poscritto alla seconda edizione (1873) egli dice di aver kokettiert, nel capitolo sulla teoria del valore, « col modo di esprimersi che gli era peculiare». Si tratta solo di una circostanza leqeraria? La dia.lettica di Hegel non è .la semplice lineare dialettica di tesi, antitesi e sintesi, che appartiene piuttosto a Fichte. La dialettica di Hegel, nel suo nucleo piu tipico, è la dialettica della differenza che si acutizza in opposizioni che si acutizzano in « contraddizioni ». Hegel tuttavia non si soddisfa della differenza, quale limite estremo proposto dalla riflessione metodologica, anche se essa rimane il punto di leva di ogni suo procedere. Essa presuppone per lui (caratteristicamente) la scissione di una unità semplice non ancora sviluppata. È essenziale infatti per Hegel che i « lati » della differenza, che viene svolgendosi, esprimano sempre e in ogni momento, sia pure inadeguatamente, non solo Ja propria provvisoria determina208 www.scribd.com/Baruch_2013

tezza in ·riferimento a sé e in riferimento ad altro, ma il movimento dell'intero, che naoce dalla differenza stessa. Ora anche la merce per Marx è, abbiamo visto, un semplice: &emplice come forma, e semplice come concretum. Nel paragrafo Il metodo dell'economia politica dell'Introduzione del 1857 Marx distingue però due concreti. Il concretum nella realtà e il concretum nella mente. Il secondo è da principio una confusa rappresenta~ione del primo. Mediante l'analisi astraente l'indagine si procura i materiali per ricostruire scientificamente il modello del concretum reale. Se la ricostruzione -·precisa Marx nel citato poscritto - .riesce, otteniamo il rispecchiamento ( Widerspiegelung) scientifico della « vita del materiale » (des Lebens des Stoffs) 19 • Tale vuole essere Il capitale rispetto alla realtà del modo di produzione capitalistico. Evidentemente quindi ai «momenti» del modello devono corrispondere aspetti della realtà, il che non può esser provato se non attraverso la messa in corrispondenza con i fatti. Per mezzo della quale questi ultimi vengono riportati al modello, e cosi interpretati. Ma le parti del modello che si prest ..,_ tano come forme determinate (e quindi anche come determinaLe unità concettuali, o meglio unità s-emantiche) non è detto che rappresentino o esprimano necessariamente ognuna di esse un unicum nel reale, come la vecchia logica del resto ha sempre saputo a proposito del 'concetto'. Guardiamo dunque, adesso, l'inizio del Capitale. Qui troviamo il valore in quella sua forma fenomenica esibita dal mondo delle merci: il va.Jore di scambio. Questa forma si scinde di fronte all'analisi immediatament·e in due: la forma di valore relativa e l.a forma di equivalente. Se io cambio venti braccia di tela contro un abito, ho una situazione per cui « la tela esprime il suo valore nell'abito e l'abito serve da materiale di questa espressione di valore ». È a partire da questa prima scissione di un semplice in due « lati », i quali rimangono fra loro legati in un nesso di polarità (dice Marx, assai hegelianamente), che è possibile tutto il successivo sviluppo delle forme mediante cui è costruito il modello del capitale. Ora, tale scissione, come è evidente dall'esempio portato, illustra veramente il senso di un atto reale, quello dello scambio di merci anche piu elementare. Ma proprio H riferimento all'atto reale dello scambio mette in evidenza la condizione reale 79 Ciò significa per Marx che il « movimento reale» è esposto (dargestellt) in modo corrispondente (entsprechend).

9

209 www.scribd.com/Baruch_2013

per la quale i due aspetti 10 cui il valore di scambio si è scisso possiedono (epist·emologicamente) un significato. Tale condizione è l'esistenza di due merci di natura o qualità diversa (in possesso di due diverse persone). Nessuno cambia venti metri di tela contro venti metri della stessa tela. Quello che Marx chiama il « rapporto sociale fra merce e merce» è tale in quanto in esso, mediante detta diversità, le merci « giuocano due ruoli diversi » (appunto quelli di « vll!lore relativo >> e di « equivalente » ). In termini moderni ciò significa che si è stabil-ita fra loro una relazione asimmetrica. L'atto dello scambio è l'implicazione di due relazioni asimmetriche, •l'una inversa rispetto all'altra. Il discorso di Marx può facilmente venir chiarito con quello deUa logica delle relazioni. È il versus e una « differenza di verso » che domina l'atto dello scambio. Esso suppone la dualità reale di due individui umani, e nello stesso tempo di due specie di merci. Questa dualità non può piu in nessun modo venire interpretata come Ia scissione di un semplice. Viene distrutta cosi .la dialettica? Niente affatto: essa viene soltanto illuminata non verbalisticamente. La dialettidt-à del •legame rimane. Essa non consiste nella implicazione delle due relazioni asimmetriche reciprocamente inverse {altriment·i tutte le relazioni asimmetriche sarebbero eo ipso dialettiche), ma nel fatto che secondo l'angolo visuale in cui mi metto l'una assume il ruolo attivo (forma di valore relativo) e 1'a1tra il ruolo passivo (forma di equivalente); e viceversa 80 • Ripetiamo dunque: lo scindersi de1lla forma semplice «valore di scambio » esprime il significato di un atto reale, ma questo atto rea·le presuppone una doppia dualità reale: quella di due individui, e di due specie di merci. Per il primo aspetto la dialettica marxiana è identica a quella di Hegel, per il secondo se ne diversifica radicalmente: ma naturalmente l'intervento del secondo è decisivo. II primo aspetto emerge infatti (analiticamente) sul piano epistemologico, ma questo piano epistemologico ha signi.ficanza non in sé, ma solo in quanto riferibile {e riferito) a ciò che viene empiricamente alla luce sul piano di quei condizionamenti reali. Mi sono dovuto limitare a un'illustrazione molto parziale ed elementare. Ma è già sufficiente per suggerire una differenza che 80 .Analogo chiarimento, anche se piu complesso, vale conclusivamente per la dualità degli individui. La loro relazione si presenta attraverso la scissione nella figura del compratore e nella figura del venditore. Ma tale scissione sup· pone una separazione o dualità reale, fra produzione e consumo, che a sua volta implica la divisione del lavoro (cfr. R. Banfi, art. cit., pp. 138-140).

210

www.scribd.com/Baruch_2013

credo di grande importanza. Il modo hegeliano di concepire la dialettica, come dialettica di una unità che si scinde, si diversifica, si oppone, si moltiplica e arricchisce, per poi riuni.firnrsi e conciliarsi neH'·autocoscienza, .anzi nel sapere assoluto - ponendosi come esaustiva del reale e di ogni possibile grado della coscienza di esso - comporta la visione di un finalismo immamente nel mondo. Perciò tutto il processo è da Hegel necessariamente presentato come processo dell'idea, o suo attuarsi. Essa sta all'inizio in quanto rappresenta la trazione finalistica del processo stesso; ed è quindi anche la verità obiettiva (idealismo assoluto-obiettivo) di ogni suo momento, <::he ad essa si commisura in maggior o minore adeguatezza (o grado di realtà). Questo è, in definitiva, il « velo mistico » deHa dialettica hegeliana. Il senso del capovolgimento manciano è la sua lacerazione, cioè la messa ~uori opera di un finalismo totale. Solo a partire da questa messa fuori opera, che è evidentemente in esecuzione negli esempi sopra analizzati, si può cominciare a scorgere ciò che Marx intendeva per « nocciolo razionale )>. Ma, come si è visto per la categoria del « consumo » (in quanto categoria economico-sociale), sarebbe un errore credere che il finalismo che può inrvenirsi nel mondo, cioè in settori del reale, si riduca secondo Marx semplicemente a quello cosciente dell'operare .soggettivo. Anche i,J suo problema è dunque piu complesso 81 •

1966

SI (Per una prima, sia pure schematka, delineazione si può vedere nel presente volume lo scritto Marxismo e soggettività, particolarmente nella seconda parte.)

211 www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Marx secondo Marx

Nel tematizzare la espressione « formazione economico-sociale » o « formazione economica della società » ( okonomische Gesellschaftsformation ), allo scopo di definire che genere di nozione essa rappresenti nella problematica dei classici del marxismo, e che funzione e uso le spetti, anche attualmente, Sereni 1 si è valso di vari modi di approccio alla questione. Nel suo scritto infatti si intrecciano considerazioni sistematiche, filologiche (sui testi) e perfino lesskai!i. Vi è poi da osservare che l'intero saggio è dOminato concettualmente da una coppia opposizionale, quella di statico e dinamico, che dovrà essere discussa.

l. Questioni lessicali. Devo dire subito - anche per sgombrare il campo dall'elemento piu esteriore del dibattito aperto da Sereni- che, da un punto di vis-ta linguistico, la contrapposizione della parola Formation, come di un «nome di azione» (e quindi · denotante un concetto «dinamico »), alla parola Form, come di un «nome di stato» (e quindi denotante un che di «statico»), mi sembra del tutto priva di fondamento 2 • Mi sembra evidente che l Cfr. E. Sereni, Da Marx a Lenin: la categoria di -«formazione economicosociale», in Quaderni di Critica marxista, n. 4, 1970, pp. 29-79. 2 Non si può dimenticare che Form e Formation sono la trasposizione in tedesco di due parole latine, forma e formatio, dietro alle quali sta una lunghissima tradizione terminologica, che a sua volta 1 alle origini, almeno quanto al primo vocabolo, si collega anche a problemi di traduzione in latino di termini greci che avevano acquisito cariche semantiche piu o meno specializzate filosoficamente e scientificamente. Ora, non sembra dubbio che in latino formatio sia originariamente nome di azione e come tale, come actus formandi, Io definiscono i lessici, per esempio il Porcellini (ne è stato forse ispirato Sereni?). Ma, se poi si va a vedere gli esempi recati, mi sembra si possa notare che appena il vocabolo si tecnicizza perde il significato (dinamico) di 'azione' per acquisire quello (statico) di configurazione

213 www.scribd.com/Baruch_2013

la parola « Form » può denotare una forma che si sviluppa e quin· di dinamica, e la parola « Formation » una configurazione che si presenti staticamente (come in geologia, dal cui linguaggio Marx probabilmente l'ha desunta): e viceversa. I due termini cioè, per sé presi, sono tali per cui nulla può decidere del loro valore statico o dinamico, se non il contesto in cui essi vengono adoperati. Inoltre, cosa a cui Sereni ha ·poco badato, l'uno è incastrato nell'altro: non posso pensare una 'formazione' che non abbia una 'forma', proprio nel sens0 di 'forma' per cui Sereni ne fa un opposto di 'formazione'. Eppure è Marx stesso, indirettamente, a suggerirei questa osservazione, quando in un passo della prefazione al Per la critica dell'economia politica ( 1859) - testo da cui Sereni prende le mosse - .scrive che « i rapporti di produzione borghesi sono l'ultima forma antagonistica del processo sociale della produzione ». Quei rapporti di produzione costituiscono la 'formazione sociale' borghese, secondo Marx. Dunque .qui abbiamo una 'forma' o disposizione di eletii"tmti. Per esempio, nel linguaggio architetturale di Virruvio (esempi recati dal Forcellini}: jormationes columnarum, o oblonga fori formatio' et ad spectacularum rationem utilis dispositio. Sembra evidente che in un senso già tecnicizzato la parola sia stata adottata ·aal tedesco sdcntifico. Sotto il riguardo dell'azione o ano va poi evidentemente distinto il modo transitivo dal modo riflessivo, a seconda cioè che il soggetto dell'azione operi su un soggetto diverso da lui, o resti immanente o~ll'azione stessa. Altro infatti è il dare forma a qu.alcosa, altro è il prender forma di quakosa (per esempio il formarsi di un organismo dal suo embrione). Naturalmente anche il primo caso può essere per astrazione ridotto al secondo, mettendosi dal punto di vi:;ta dell'oggetto (per esempio, posso wnsiderare il prender forma o formarsi di una statua, sotto le mani dello scultore, prescindendo da quest'ultimo). Tale differenza è dunque logicamente essenziale e si riflette nell'uso dei sostantivi corrispondenti ai verbi di azione. Come nome di azione troviamo in tedesco Bildung (bilden, sich bilden), assai frequente anche in Marx; culturalmente molto noto soprattutto per H significato traslato impostasi verso la fine del XVIII secolo, educa~ivo-formativo in senso lato (all'origine intensamente legato a una rinnovata ideologia 'umanistica', con forre influsso anche -letterario, com'è noto: piu tardi invece generalizzatosi e appiattitosi, come nell'uso odierno). È poi da ricordare Formierung (formi ere n, sich formieren), che ha avuto massimo uso nel linguaggio militare (anche in italiano del resto si dice, per es., « reggimento di formazione », per indicare tale unit?l in quanto OC· casionalmente costituita da reparti di varie armi). Ora Formierung ha un uso specifico nei Lineamenti della filosofia del diritto di Hegel (cfr. §§ 54-55 e § 203) in quanto riferito soprattutto agli effetti perduranti del lavoro umano sùl mondo naturale e quindi sulla oggettualità materiale {come tale costituisce nella sistemazione hegeliana il momento che stabilizza la 'presa di possesso'). Molto vicino a questo uso hegeliano di Formierung trovo nel Marx dei Grundrisse il raro Formung, per indicare appunto la azione di formazione di oggetti da parre del lavoro umano e a ciò connessa la « sottomissione degli oggetti a uno scopo sog· gettivo >> e la loro « trasformazione in risultati e recipienti della attività soggettiva » (cfr. K. Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Okonomie [Robentwurf], 1857-1858, Berlin, :19532, p. 389; trad. it., a cura di Enw Grillo, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, Firenze, 1968, 11, p. 114). Quasi

214 www.scribd.com/Baruch_2013

che è, in pari tempo, la forma di una formazione e la forma di un processo. Ma anche in questo caso non è deciso nulla sulla 'staticità' o 'dinamicità' della forma stessa. Supponiamo, per esempio, di dirla 'dinamica' perché è forma di un processo: se essa si modifica insieme con il processo stesso sarà 'dinamica' in un significato radicalmente diverso dal caso in cui questo non avvenga. Vedremo piu oltre la portata di tale differenza. 2. Questioni filologiche. Se la tesi di Sereni non persuade .sotto l'aspetto linguistico (ma ciò potrebbe lasciare intatta la sostanza di quel che ·egli vuole dimostrare, o almeno mostrare), mi sembra che essa fallisca anche sul terreno, diciamo cosf, filologico: cioè dell'interpretazione letterale dei testi. Almeno di qudlo 'che è preso a fondamento e come punto di partenza dell'indagine, e cioè la prefaz.ione al Per la critica dell'economia politica, ove per la prima volta compare in Marx la espressione « formazione economica della società ». Accade a Sereni di leggere questo testo (e detta espressione) secondo un'ottica precostituita, queLla del Che cosa sono gli <
215

www.scribd.com/Baruch_2013

essenziale Sereni è venuto meno. Detto fra parentesi, non credo che ciò sia avvenuto a caso. Anche Sereni subisce ancora l'effetto di una certa sacralizzazione delle posizioni teoriche espresse dai classici del mar-xismo, per cui il loro su<:cedersi viene accolto soprattutto sotto l'angolo visuale dell'arricchimento e approfondimento e perciò della accumulazione (quando non si tratti di posizioni devi an ti rispetto alla ricostruzione di una certa linea, come invece accade nella divaricazione· posta tra Lenin e i teorici della II Internazionale); e non anche come eventuale sostituzione - attraverso correzioni o modificazioni - di concetti e teorie. Ma la storia di una scienza si compone sempre dell'intreccio di questi due momenti e ciò deve essere valido anche per il marxismo (all'interno, per cominciare, dello stesso sviluppo del pensiero di Marx). E v.eniamo al merito. Ci conviene cominciare da Lenin. Nel Che cosa sono gli « aptici del popolo» (1894: ma la sua efficacia vera, sul piano teorièo, è molto piu tarda), Lenin polemizza in modo penetrante con le generalità su cui si appoggia la sociologia borghese dell'epoca (impersonata per lui dal Michajlovskij), anzi col fatto stesso di fondatsi su generalità - quali la società in generale o presunte esigenze eterne della natura umana - mettendo in luce :iJ. soggettivismo che all'intera disciplina viene impresso da tali impostazioni, e dagli elementi utopici che esse comportano. A siffatto avvicinamento ai problemi della società Lenin contrappone l'oggettività- mettendone in rilievo gli elementi costitutivi, ricordati anche da Sereni - di quello di Marx, sottolineando che la forza scientifica di Marx è consistita nel lasciar da parte tale generalità e nella capacità invece di esaminare dettagliatamente una determinata « formazione sociale », quella borghese-capitalistica, secondo le sue leggi di funzionam·ento e di evoluzione. Anzi nella capacità di costruirne, attraverso tale analisi, un « unico concetto fondamentale» (un modello, diremmo oggi), rendendo possibile di individuare « ciò che distingue un paese capitalistico dall'ahro » e « ciò che è comune a tutti ». Quest'impresa, dice Lenin, è stata possibile in quanto Marx ha separato « da tutti i rapporti sociali i rapporti di produzione, come rapporti fondamentali, primordiali che determinano tutti gli altri». Ora, nell'accentuare cosi, polemicamente, 1'aspetto senza dubbio essenziale del lavoro teorico di Marx accade a Lenin di assorbire l'espressione marxiana « formazione economica della società » (quale si trova nella prefazione del '59) all'interno dell'altra espres216 www.scribd.com/Baruch_2013

sione marxiana (ugualmente presente in quel testo e altrove) di « formazione dell.a società », o « formazione soci.aJ.e » ( Gesellschaft sformation), come una specificazione e particolarizzaz.ione di essa, corrispondente alla collocazione data ai rapporti di produzione. In altre parole: studiata nella sua costituzione strutturale, una determinata « formazione sociale » si rivela come una determinata « formazione economico-sociale »; quest'ultima espressione stando a rappresentare l'autonomia o separatezza (in quanto « fondamento ») dei « rapporti di produzione )>. Non mi sembra dubbio che in Lenin le cose stiano cosL Guardiamo come espone quello che egli chiama «lo scheletro del Capitale». « Egli [Marx] prende una deLle formazioni economko-sociaH - il. sistema della economia mercantile - e sulla base di una mole prodigiosa di dati (che egli studiò per non meno di venticinque anni) dà un'analisi minuziosa delle leggi di funzionamento di questa formazione e della sua evoluzione. Quest'ana:Hsi è limitata ai soli rapporti di produ~ zione fra i membri della società: Ma-rx, senza mai ricorrere, per spiegare la cosa, a un qualsia-si elemento che si trovi al di fuori di questi rapporti di produzione, dà 1a possibilità di vedere come si evolve l'organizzazione mercantile dell'economia sociale, come essa si trasforma in organizzazione capitalistica, creando le classi antagonistiche (nei limiti dei rapporti di produ:z;ione) della borghesia e del proletariato, come essa accresce la produttività del lavoro socia'I.e e, con ciò stesso, introduce un elemento che entra in coritraddi:lJione inoonciliabi1e con 1e ba&i di questa stessa organizzazione capitalistica. » Vero è che Lenin aggiunge che « tutto sta però nel fatto che Marx non si accontentò di questo scheletro, che egli non si limitò alla sola "teoria economica" nel senso abituale della parola )>, ma « che egli investigò sempre e dappertutto le sovrastrutture corrispondenti a questi rapporti di produzione, rivesti lo scheletro di carne e di sangue ». Ma ciò sembra appartenere, nella esposizione di Lenin, piuttosto aHa forza di persuasione e di rappl.'esentazione globale del Capitale che non alla sua articolazione strettamente scientifica. Lenin infatti (a scanso di equivoci) si affretta a ribadire, in mezzo a questi ultimi passi ora citati, il suo concetto dell'autonomia di movimento e di sviluppo di quello « scheletro » (evidentemente qui la metafora, trasferita dai nessi interni del Capitale al loro oggetto, diventa alquanto difettosa). Marx fece nel Capitale tutto qudrlo che fece « pur spiegando la struttma e l'evo217 www.scribd.com/Baruch_2013

luzione di una data fermazione sociale esclusivamente con i rapporti di produzione » 3• Mi sembra che questi luoghi mettano bene in luce il meccanismo concettuale per cui, nella interpretazione di Lenin, la nozione (marxiana) di « formazione sociale » partorisce nel proprio seno, per cosf dire, quella di «formazione economico-sociale». In modo tale per cui, si può concludere, la specificità stessa di una determinata formazione sociale si definisce solo in base alla specificità della formazione economica che essa include. Tale nozione viene cosi a convergere con quella delle leggi di funzionamento ed evoluzione della formazione stessa, rilevabili soio attraverso la separazione dei rapporti di produzione daLl'insieme di tutti i rapporti sociali. Questo è il concetto che noi ahbiamo ereditato dalla tradizione leniniana, cioè dal modo in cui Lenin interpreta Marx. La mia tesi è questa: che in realtà Lenin ha prodotto una nozione nuova, che non c'è in Marx. Egli .Io ha fatto- in sede, si noti, di interpretazione metodologica del Capitale, non in ·sede di riflessione sul 'materialismo storico' della prefazione del '59 - maneggiando un'espressione verbale che si trova in Marx <( « formazione economica della società »), ma attribuendole di fatto un significato diverso da queilo che Marx le assegnava. Ora, questo nuovo significato, ~na volta proiettato sul.la prefazione del '59, ne deforma il senso, proprio per quanto concerne i•l termine tematizzato da Sereni. Ma vediamo come stanno le cose in Marx. Prima di tutto colpisce che neHa prefazione del '59 l'espressione « formazione economica della società» è usata al singolare, in contrapposto a una pluralità di « formazioni sociali ». Si tratta di un singolare non soltanto grammatkale ma logico. Esso designa evidentemente qualcosa che si presenta come un unicum nel campo considerato. Di che campo si tratta? È H campo teorico correlato alla messa in serie storica di una molteplicità di « modi di produzione » che Marx enumera e a cui -dà un nome {asiatico, antico, feudale e borghese). Ognuno di essi, diée Marx, può essere designato come un'« epoca». Ognuno di essi - possiamo commentare - rappresenta rispetto a quello successivo una « vecchia società », cioè una « formazione .sociale » precedente. Nel testo di Marx a un « modo di produzione » corrisponde 3 Lcnin, Che cosa sono gli <
218

www.scribd.com/Baruch_2013

una « formazione sociale », cioè quest'ultima è evidentemente l'effetto del primo sulla società (sulla configurazione di essa). Fin qui la nozione di « formazione economica » come nozione distinta non compare. Ma per !asciarla momentaneamente fuori abbiamo arrestato il discorso di Marx in un punto arbitrario. Precisamente nel punto dove Marx utilizza la nozione di «epoche ». L'intera proposi7.done di Marx suona cosi: «A grandi .linee, i modi di produzione asiatico, antico, feudale e borghese moderno possono assere designati come epoche progressive della formazione economica della società». · A una pluraHtà determinata dei modi di produzione corrisponde quindi una pLuralità determinata di formazioni sociali. Ora, il nesso di successione fra un modo di produzione e l'altro, cioè il passaggio da una formazione sociale all'altra, è deciso secondo Marx da una legge (anche se egli non le dà il nome di legge). Eccola: « Una forma1)ione soo1ale non pel'i"Sce finché non siano sviluppate tutte 1e forze produttive a cui può dare 1ruogo ». Questa legge è dominata da una contraddizione (dialettica, cioè intesa come reale: una 'negazione', direbbe Hegel, che non è = 0), ovvero la esprime. I termini di tale contraddizione sono il perire {deLla formazione socia'le) e lo sviluppo (delle forze produttive). Lo sviluppo delle forze produtdve a un certo grado provoca l'effetto di far perire la formazione sociale, ma (è sottinteso) non perisce esso stesso. Cioè non si ha uno sviluppo delle forze produttive che, dopo essere cresciuto fino a. distruggere la sua formazione sociale, di colpo precipiti a causa di quella dissoluzione, esso medesimo a un grado zero. (La cosa, in sede astrattamente logica, sarebbe pensabi:le.) Quelle forze produttive si trasferiscono dunque in un'altra formazione sociale a cui esse dànno luogo attraverso un nuovo modo di produzione: senza, ripetiamo, che tale trasferimento passi per un loro momentaneo annichilimento. Questo significa che deve esistere, teoreticamente distinguibile, un luogo della loro continuità (una continuità, in linea di principio, misurabile) nella discontinuità delle « epoche » storiche. Questo luogo è ciò che Marx chiama « formazione economica della società». Esso appare qui come un unicum continuum (con-· tinuum che si distende nel tempo, ma che è anche dotato di quantità intensiva; fondamentalmente per Marx nel senso dell'aumento o incremento), ohe attraversa •la discontinuità deHe epoche, dei modi di produzione e delle formazioni sociali. Piaccia o non piaccia, questa è la maniera in cui Marx vedeva le cose nel1859. Ma le vede219

www.scribd.com/Baruch_2013

va cosi sembra, anche nel 1867, qua·ndo egli, nella prefazione alla prima edizione del Capitale presenta il suo « punto di vista » come quello che. « concepisce lo sviluppo della formazione economica della società quale un processo storico-naturale ». Anche qui « formazione economica della società » è un singolare che non ammette plurale all'interno del processo storico in cui è collocato. Solo interpretate cosi, le proposizioni di Marx divengono intelligibili, perfettamente trasparenti ra:lmeoo nei testi considerati (da Sereni e da me). Questo (sostengo) è Marx interpretato secondo Marx. La nozione di « formazione economica della società » serve qui a Marx per designare la continuità, il non--interrompersi, di un tessuto economioo, nella discontinuità e p1uralltà sucoessiva deHe formazioni sociali. Essa non denota propriamente una generalità (non è la generalizzazione di nessuna pLuralità empirica, poiché le forze produttive sono qui assunte come complesso, come risultanza, come totalità, se si vuole: il loro referente, ripetiamo, è un unicum), ma tuttavia d~nota qualcosa che non si lascia rinchiudere nella specificità di un particolare modo di produzione o di una particolare formazione sociale. Si tratta quindi di un concetto perfettamente opposto a quello fomito da Lenin sotto lo stesso termine. L'uno e l'altro mirano rispettivamente a rispondere a problemi del tutto diversi, anzi contrapposti. In Lenin quello della specificità della formazione sociale, nella sua connotazione economica. In Marx quello della continuità (economica) fra differenti formazioni sociali. Un lato, quest'ultimo (adopero la parola « lato » nel senso dialettico che si trova in Hegel, in Marx e nello stesso Lenin), che il Lenin del Che cosa sono gli «amici del popolo >>, tutto preso nella sua polemica specificistica contro Michaj.lovskij, lasciava in ombra. La teoria cosi enunciata da Marx è logicamente valida (coerente) entro limiti determinati, cioè dipende da un'ipotesi, presente in modo del tutto evidente nel ·suo discorso. L'ipotesi è che ognun:a delle quattro formazioni sociali prese in considerazione possa essere accoppiata con una successiva in· contiguità storico-temporale (l'ultima di esse sbocca nel comunismo). La tesi di Marx, almeno per· il campo storico teoricamente c~nsiderato {le quattro epoche nominate), è che il passaggio dall'una all'altra sia condizionato da unJondamentale-incremento delle forze produttive (dico 'fondamentale' perché sembra implicito che nort siano necessariamente esclusi da quel corso storico parziali o momentanei decrementi). Ciò che importa a Matx è la presentazione di un fatto« a grandi 220 www.scribd.com/Baruch_2013

linee » (in grosse n U mrissen ), nel senso, evidentemente, non di una approssimazione ma di una risultanza complessiva. Sotto questo angolo visuale Marx chiama « progressive » le « epoche » indicate della « formazione economica della società ». Cioè quella continuità (estensiva, ma anche intensiva nel senso dell'incremento) costituisce un progresso che attraversa dette epoche. È importante rilevarlo in un momento storico come l'attuale in cui l'ideologia borghese è scatenata contro la nozione di 'progresso' (tranne che nelle celebrazioni e mistificazioni retoriche) e sembra che anche molti marxisti, di riflesso, ne provino qualche immotivato pudore. Il « progresso » di cui qui parla Marx non è evidentemente tutto il progresso; è quello delle forze produttive. La nozione complessiva di progresso in Marx e in Engels è dialettica (per tutte le società di « forma antagonistica» implica anche ·determinati regressi, in una problematica - su cui qui non è possibile fermarsi e che comunque andrebbe approfondita- che coinvolge e fonda l'assiologia marxista) e passa attraverso la critica dell'ideologia del progresso della borghesia ascendente: ma anche, in qualche misura, la eredita. La nozione marxista complessiva di « progresso » tuttavia non può venire separata dal suo fondamento che è appunto nella nozione di progresso delle forze produttive. Su tale fondamento in ultima istanza è basato il marxismo come teoria rivoluzionaria che considera « i rapporti di produzione borghesi come l'ultima forma antagonistica del processo sociale di produzione» e il complesso delle dette quattro epoche, secondo la suggestiva parola di Marx, come « preistoria della società umana » 4• Poiché questo è il punto culminante di tutta la teoria (una teoria 'per trasformare il mondo') in rapporto ad esso si può accogliere, credo, Ja tesi di Eric Hobsbawm che « il contenuto della storia » è« nella sua forma generale», per Marx, il progresso 5•

• 3. Questioni sistematiche: a) continuità e discontinuità. Ma a questo punto siamo ormai fuori dalle considerazioni filologiche (cioè da una lettura o decodificazione, anzi decifrazione, dei testi) e ci troviamo già nel mezzo della riflessione sistematica. Da questo K. Marx, Per la critica dell'economia politica, Roma, 1%92, p. 6. Cfr. la prefazione dello Hobsbawm a K. Marx, Forme econof11iche precapitalistichc, Roma, 1%72, p. 10 (Inoltre alle pagine 11, 31 e 34.) Per una disçussione dei problemi trattati nella presentazione dello Hobsbawm si veda la Postilla al presente scritto. 4

5

221 www.scribd.com/Baruch_2013

angolo visuale, ormai, dobbiamo considerare le tesi e le proposte di Sereni. Ora, mi sembra che Sereni, di fatto, venga a trovarsi in una curiosa situazione (rilevabile dalle pagine 51-54 del suo scritto), in una situazione, diciamo cosi, diJaniata. La logica del suo discorso lo conduce a neutralizzare il piu possibile la presenza della parola « economico » nella espressione « formazione econonuco-sociale » e a cercare invece di metterne i.n evidenza un valore globale (Sereni, appoggiandosi in qualche modo a Labriola, lo collega aJ tema « totalità e unità de.Ua vita sociale », il quale per lui diventa senz'altro «unità e totalità del processo storico »: con un indebito slittamento sistematico). Tuttavia quella paroletta ( « economico ») esiste, non è facile liberarsene, e allora Sereni la giustifica con la necessità di sottolineare la « parte ·privilegiata » che spetta ai rapporti di produzione. Che è un modo un po' letterario e ambiguo (anche a me è capitato una volta di adoperare l'espressione soggettivistica di « privilegiamento » onde indicare la collocazione data da Marx ai rapporti di produzione nell'insieme dei rapporti sociali \ ma ne ·faccio, a distanza, pubblica ammenda) per presentare la posizione di Lenin. Scrive Sereni: « È significativo il fatto che Ja sottolineatura della parte privilegiata, che nella caratterizzazione di una formazione economicosociale spetta ai rapporti di produzione, sia immediatamente associata, in Lenin, a quella del piano storico, sul quale la nozione di formazione economico-sociale stessa .si colloca: qudlo della totalità e della unità, cioè, di tutte le sfere - strutturali, sovrastrutturali o altre - della vita sociale, nella continuità e, al tempo stesso, nella discontinuità del suo svi:luppo ». Qui il groviglio teorico mi sembra al colmo. Non vi è dubbio che in Lenin (Che cosa sono gli «amici del popolo ») due aspetti complementari vengono associarh egli sottolinea, si è visto, che Il capitale di Marx non si limita a ciò che egli ha chiamato il suo « sche!etro ».Ma, per •l'appunto, Lenin- per indicare il carattere, diciamo pure, globale che risulta da tale integrazione - adopera la espressione marxiana « formazione sociale » e non la espressione « formazione economico-sociale » (« mostrò al lettore tutta 1a formazione sociale capitalistica come una cosa viva», ecc.). Nulla da eccepire quindi: senonché agli effetti della problematica di Sereni siamo esattamente al punto di prima. 6 ln Le ·«·radici» delkz~·morale, relazione al convegno «Morale e società», presso l'Istituto Gramsci,- maggio 1964 (dr. della Volpe, Garaudy, Kosik, Luporini, Markovic, Parsons, Sartre, Schaff, Morale e società, Roma, 1966, pp. 49 e 53}.

222 www.scribd.com/Baruch_2013

Ma che vuoi dire poi che questa associazione o integrazione operata da Len1n sarebbe una sottolineatura (simmetrica alJa sottolineatura della parte privilegiata spettante ai rapporti di produzione) del « piano storico »? Il ragionamento di Sereni è un'evidente petitio principii: poiché con queHa integrazione o .associazione viene instaurata, o restaurata, una globalità, eccoci sul « piano storico »; dunque Lenin compiendo tale associazione sottolinea il piano storico. E poiché una determinata « formazione sociale » (.anzi, economico-sociale) segna una discontinuità, ma si deve anche supporre la continuità, ecco che posso passare dalla « totalità e unità di tutte le sfere», ecc. della «vita sociale>> alla « continuità» e nello stesso tempo alla « discontinuità » del « processo storico ». Che è come dire: signori, nella storia c'è tutto. E come no? Ma non si è fatto un passo avanti, anzi si è stabilita una estrema confusione. Resta infatti esclusa dall'indagine la domanda principale che è sempre la medesima per ognuno dei temi considerati: la domanda del come. Come si produce nel Capitale di Marx la detta integrazione, che consente a Lenin di associare, ecc., ecc.? (Vero è che neppure Lenin ri.solve, o pone, la questione; ma egli espressamente si limita a descrivere Ie caratteristiche dd Capitale, il suo scopo sistematico, .in tale descrizione, essendo quello di mostrare l'autonomia di funzionamento e di evoluzione dei rapporti di produzione, e quindi di sottolineare l'importanza di averli scientif-icamente separati, pur aH'interno di una visione d'insieme delJa « formazione soci-ale » capitali·stica, a cui es·sci. forniscono lo « scheletro ».) E inoltre; come da questa, chiamiamola pure, unità-totalità di una formazione sociale si passa alla. presunta continuitàdiscontinuità del processo storico {anzi, addirittura a una sua unità-totalità)? Sereni si è messo in una situazione nella quale gli è impossibile porre distintamente le proprie questioni. E indubbiamente interessante e significativa la tendenza nel suo scritto a ripristinare il valore globa-le (cioè, non soltanto 'economico') della nozione marxiana di « formazione sociale »; e sono fermamente convinto che a questa tendenza ai debba acconsentire. Ma, poiché Sereni investe con tale tendenza la nozione leniniana di << formazione economico-sociale » gli accade di inutilizzare o neutralizzare quest'ultima, senza recuperare i,l diverso contenuto marxiano di quella espressi-one. Nel suo valore sistematico il suo scritto si riduce cosi all'esposizione di un'esigenza, ma in termini disadattati. Mentre invece la nozione marxiana di « formazione economica della so223 www.scribd.com/Baruch_2013

cietà » (in cui la parola « formazione » ha si valore dinamico, non per ragioni lessicali, - che militerebbero semmai in senso contrario, - ma per il contesto concettuale in cui viene inserita, e in cui è necessariamente assodata a « processo » e « sviluppo » come qualcosa che partecipa di essi) gli avrebbe offerto almeno una passerella per impostare il problema - limitato e distinto ma imPortantissimo - della continuità (e discontinuità) del corso storico. Che non è affatto, tuttavia, un problema - né logicamente né secondo Marx- di 'unità-totalità'. 4. Questioni sistematiche: b) unità e totalità. Tenere ferma quest'ultima distinzione (tra continuità-discontinuità e unità-totalità) è di somma importanza se non si vuole ridurre la teoria esposta da Marx nella prefazione del '59 (nella parte sopra illustrata) a una filosofia della storia o, come avrebbe detto Labriola, a una « storia a disegno ». Certo si può presentare - assai legittimamente - la concezione di Marx, almeno nelle sue implicazioni di principio, come una risposta al problema di fatto posto da Hegel: di che cosa tiene insieme il corso storico dell'umanità e gli fornisce un senso progressivo. Una risposta non idealistica e non teleologica. Il 'senso progressivo' stesso non è presupposto o riconosciuto preliminarmente o, comunque, ricavato come una necessità a priori, ma è legato (condizionato) esso stesso alla verifica di quell'ipotesi:- L'avvio di questa risposta è reso possibile proprio dal fatto che viene criticamente scalzato un problema di totalità, almeno a parte ante (ma ciò è sufficiente per spezzarne il carattere speculativo). Certo vengono fornite alcune caratteristiche essenziali (nell' Ideologia tedesca, per esempio) del modo di essere umano (storico-sociale) che viene fatto coincidere, quasi ontologicamente, coi modi di produzione (e quindi con il loro concatenarsi, quando si dia), ma questa è una risposta sistematica, di validità permanente, trasversale, per cosi dire, all'indagine storiografica, che non produce di per sé alcuna totalizzazione dell'effettivo corso storico e tanto meno una sua unificazione, mentre, al contempo, esclude qualsiasi teleologia (Marx ironizza efficacemente nell'Ideologia tedesca sul costume metafisico di interpretare nella storia ciò che è venuto dopo come « fine» di ciò che era accaduto prima). Le concezioni unificanti-totalizzanti (e teleologiche) della storia umana, come quella di Hegel (ma essa non per nulla diventa in Hegel una storia dello 'spirito'), sono demistificate da Marx come proiezio224

www.scribd.com/Baruch_2013

ni metafisiche di un fatto storico reale ed empmco, la unificazione e totalizzazione (usiamo pure questi termini) prodotta dall'instaurarsi di un « mercato mondiale » ad opera del modo di produzione borghese. Il problema (generale) della storia e storicità (umano-sociale) passa cosf, in Marx - per poter essere posto determinatamente e scientificamente (non specuiativamente) - attraverso il problema determinato di quel processo storico che ha condotto alla costituzione del modo di produzione capitalistico e della formazione sociale borghese. Non è una scelta arbitraria o, supponiamo, eurocentrica: è una scelta necessaria in una visione critica (critica della ideologia e critica della speculazione) che ha appurato la necessità di muovere dall'analisi del presente (la « attuale società ») in quanto esso costituisce un determinato sistema (in ultima analisi, sempre, un sistema di produzione e di riproduzione della vita immediata). Visione che diviene totalizzante solo perché questo sistema del presente (il modo di produzione capitalistico) investe di sé (mercato mondiale) ormai l'intero genere umano. Marx sa benissimo che le quattro epoche fissate nella prefazione del '59 (non vi è nominato fra esse, per esempio, un comunismo primitivo) non esauriscono per nulla il passato, anzi i passati, del genere umano (ed esse sono epoche in cui « il processo sociale della produzione » ha soltanto « forma antagonistica »). Il suo problema è però quello di avere una teoria funzionale al problema del processo storico (in sostanza il processo storico della proprietà privata} che ha condotto al modo di produzione capitalistico. Perciò egli isola una sia pur ragguardevole franche di storia su una tematica che è in. dubbiamente di continuità (forze produttive, formazione economica della società) e di discontinuità (modi di produzione, formazioni sociali). La non arbitrarietà della operazione è legata, ripeto, al momentaneo punto di arrivo di quel processo storico (il nostro 'presente'), che è il punto di partenza e di riferimento dell'indagine, non come un fine che quel corso storico doveva perseguire, ma come un dato fattuale che si è prodotto e nelle cui contraddizioni viviamo. Solo una siffatta (fattuale) preminenza epistemologica del sistema del presente dis-teleologizza quel corso storico stesso senza che perciò la sua continuità si polverizzi. Indubbiamente l'operazione concettuale compiuta da Marx nella prefazione del '59, sulla base di alcuni cànoni del materialismo storico ivi esposti (dialettica forze produttive-rapporti di produzione; struttura economica-sovrastruttura e forme ideologiche; ma225 www.scribd.com/Baruch_2013

di di produzione~formazioni sociali) investe in generale temi come 'storia' e 'staticità' (rispetto al vivere umano-sociale). Ma appena ciò venga esplicitato si sale a un diverso e superiore piano teorico. Tentiamo di compiere tale innalzamento partendo dall'ipotesi marxiana di cqi abbiamo .fin qui parlato: ipotesi, perché, se è destinata a guidare l'indagine storiografica, ne richiede anche la verifica. Se la verifica è positiva ahbiamo la rappresentazione di un delimitato (nel tempo e geograficamente) corso storico in cui diverse formazioni sociali sono attraversate « a grande linee» da una crescita delle forze produttive (sviluppo della « formazione economica della società »). Il collegamento interno che cosi viene stabilito tra quelle diverse epoche del processo sociale di produzione (a forma antagonistica) - la loro continuità - sembra presentare a posteriori un carattere di necessità. È un'apparenza, poiché appunto si tratta di un aposteriori. Ma qui bisogna stare attenti nell'applicare queste vecchie categorie. Mi sembra che la classica rigida opposizione tra apriori e aposteriori sia inadeguata a cogliere l'essenziale del metodo di Marx. (Già Hegel si era trovato- ma su un piano speculativo- a doverla erodere, proprio perché egli tentava di .illustrare una processualità che non era comunque un flusso omogeneo.) Il corso storico è senza dubbio empirico (ed è non-tdeologico), ma esso si produce sempre in determinate forme. Ora, a prescindere dagli aspetti generali costanti di esse (queHi relativi al « modo di produzione» in generale, cioè al modo di essere umano-sociale), tali forme in quanto via via specifiche di determinati modi di produzione non esistono asistematicamente, cioè come non-collegate fra loro, come semplicemente sorrette dall'empirico corso storico che le produce, quasi in, una specie di rapsodia. Al contrario: esse sono coHegate fra l_oro in quanto forme, nella logica (cioè nella interna necessità) di quel determinato modo di produzione. È il lato di verità dello strutturalismo, anticipato da Marx. Esse via via comandano il corso storico che empiricamente ne produce i sistemi. Questa situazione intrinsecamente dialettica è analizzata e ricostruita passo passo da Marx nel Capitale per il modo di produzione borghese (leggi di funzionamento, leggi di evoluzione). Il rapporto in esso fra empirico e formale, fra sviluppo (sistermtico) delk «forme » e attuosità e processualità empirica, è la chiave di volta di tutta l'opera. Il carattere di determinazione essenziale di quel rapporto (senza di cui l'interna sistematicità, e quindi la specifica scientificità dell'opera scompare) ha costretto Marx a non aver requie finché non 226 www.scribd.com/Baruch_2013

è riuscito a condurre la « crltlca dell'economia politica » a quella autofondazione critica che è racchiusa nella prima sezione del Capitale. (Una esigenza immanente, un tropismo teoretico interno, a cui Marx ha ubbidito e non un « pregiudizio hegeliano » come crede Althusser 7 .) Nel 1859 Marx non aveva ancora raggiunto questo punto piu alto di maturazione sistematica; e non è detto che le formulazioni della teoria generale del materialismo storico, che troviamo neHa prefa.?M.one >al Per la critica dell'economia politica (prefazione, non va dimenticato, che sostituiva una introduzione rimasta interrotta credo non a caso; cioè- credo- perché fallita, anche se costituisce per noi un testo interessantissimo), non risentano di questo status di incompiutezza dell'indagine specifica (la «critica dell'economia politica»), nel ~uo assetto teorico di base. Questo è un problema tutt'oggi ancora aperto. Quelle formulazioni sono tuttavia sufficienti - almeno nella determinata vettorialità epistemologica che le costituisce - per rispondere ad alcuni quesiti teorici fondamentali che si sono presentati anche in questo dibattito con Sereni. Il principale di essi mi sembra proprio quello che abbiamo ora incontrato circa il carattere, o meno, di necessità dei processi investigati e, eventua-lmente, circa la natura di tale necessità. Intorno al 'determinismo' marxista, o presunto tale, si sono ·svolte, -lungo quasi un secolo ormai, copiose discussioni, in grande parte fondate, credo, su incomprensioni. A me sembra indubitabile che in Marx ci sia una 'necessità', ma di tipo soltanto strutturale (relativa cioè agli effetti delle strutture o « forme » sui processi) che lascia perciò gioco - ma non uno spazio teorico indefinito - alla spontaneità empirica (o, se si vuole, alla combinatoria empirica), attraverso le possibilità reali che vengono determinandosi, o che sono determinate datle strutture stesse. La «previsione morfologica », con cui Labriola caratterizzava la scientificità del marxismo (Labriola intu1 assai chiaramente, sopravanzando l'epistemologia del suo tempo, questo insieme di nessi) dipende da tale impostazione sistematica e metodologica marxiana. Probabilmente una epistemologia marxista piu ravvicinata dovrà distinguere vari livelli di necessità (anche di questa categoria non si de'Ve fare un feticcio immoto e inarticolato) a seconda dei modi (diretti o variamente mediati) in cui si producono gli effetti delle strutture sulla processualità empitrica e 7 Cfr. lo Avertissement dì Althusser a K. Marx, Le capita!, Livre I, Paris, 1%9, p. 19.

227

www.scribd.com/Baruch_2013

a seconda dei gradi di realizzazione delle .forme dirigenti i processi da parte di questi (confronto fra tendenze ed evoluzioni effettive).· Una ricerca epistemologica di questo genere ha da effettuarsi prima di tutto sull'opera principale di Marx, sul Capitale. Non si tratta solo di soddisfare una esigenza scientifica di chiarezza e di controllo: si può supporre che questa ricerca fornisca essa stessa ulteriori strumenti per l'indagine concreta e attuale di processi oggi in corso (e non soltanto in campo capitalistico). Anche se questa ricerca è ancora da compiere sappiamo comunque che una logica di funzionamento-evoluzione (e le relative leggi) può imporsi con il suo carattere necessitante solo all'interno di un determinato modo di produzione. L'origine di esso {cosi come del resto la sua f.ine), cioè iJ suo nesso con un altro modo di produzione, non è con ciò devoluta a una assoluta indeterminatezza empirica, ma a serie di possib.Hità reali - serie e combinazioni di condizionamenti, e quindi di ipotesi - che possono presentarsi in alternativa. Perché, ad esempio, dal germe di un sistema mercantile si sviluppi il modo di produzione capitalistico devono essere soddisfatte - si è visto - alcune condizioni, ma non vi è nessuna intrinseca necessità per cui il maturarsi di quelle condizioni sia possibile solo in una formazione sociale di tipo feudale. Non vi è una 'legge' in questo senso e qui la fattualità dell'accaduto non si risolve, almeno direttamente~ in necessità formale o strutturale. Se le cose stanno cosi, quel continuum che viene ipotizzato nella prefazione del '59 fra i modi di produzione ivi denominati ed enumerati (il venire avanti della « formazione economica della società » studiabile come un « processo storico-naturale ») si distribuisce dalla parte della fattualità empirica (e deve essere verificato in essa), mentre la discontinuità si distribuisce dalla parte dei modi di produzione e delle corrispondenti formazioni sociali (che devono esser costruiti concettualmente, o teoreticamente, con l'unico strumento della « forza dell'astrazione », come ricorda Marx nella prefazione della prima edizione del Capitale). Molto opportunamente Sereni ha rievocato le diverse bozze della lettera di Marx a Vera Zasulic, del febbraio 1881, sui destini possibili della tradizionale comunità agricola russa, mettendo attraverso di ciò in luce che Marx esclude « ogni interpretazione delle sue tesi nel senso di una linea di successione unica ed obbligatoria delle diverse forma228

www.scribd.com/Baruch_2013

zioni sociali ed epoche storiche » 8 • Ma la fondazione teorica di tale esclusione non può trovarsi se non in una problematica del genere di quella che ho qui cercato di schizzare. A questo punto però ci possiamo, anzi ci dobbiamo, chiedere se in Marx non coesistano altre accezioni dell'espressione « formazione economica della società» che in qualche modo, eventualmente, la avvicinino a quella che abbiamo trovato in Lenin. Purtroppo non si dispone di repertori o di ricerche sul lessico intellettuale o sugli usi terminologici principali di Marx che possano aiutare nella risposta. Ma non ho bisogno di andare a rileggere Il capitale a caccia di eventuali presenze dell'espressione « okonomische Gesellschaftsformation » per ritrovarla in un passo di grande rilevanza sistematica; che già ebbi occasione di citare nel mio Realtà e storicità: economia e dialettica nel marxismo 9 • Ed è curioso che Sereni non lo abbia utilizzato, visto che alcune parti di quel mio scritto sono state da lui discusse nel suo saggio. Il passo è il seguente: « [ ... ] per trasformare il denaro in capitale iJ. possessore di denaro deve trovare sul mercato delle merci il lavoratore libero; libero nel duplice senso che disponga della propria forza lavorativa come propria merce, nella ·9Ua qualhà di liber.a persona, e che, d'altra parte, non abbia da vendere altre merci, che sia privo ed esente, libero di tutte le cose necessarie per la realizzazione della sua forza-lavoro. Per il possessore di denaro, che trova il mercato del lavoro come sezione particolare del mercato delle merci, non ha alcun interesse il problema del perché quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione. E per il momento non ha interesse neppure per noi. Noi teniamo fermo sul piano teorico al dato di fatto, come fa il possessore di denaro sul piano pratico. Una cosa è evidente, però. La natura non produce da una parte possessori di denaro o di merci e dali' altra puri e semplici possessori della propria forza lavorativa. Questo rapporto non è un rapporto risultante dalla storia naturale e neppure un rapporto sociale che sia comune a tutti i periodi della storia. Esso stesso è evidentemente il risultato d'uno svolgimento storico precedente, il prodotto di molti rivolgimenti economici', del tramonto di tutta una serie di formazioni piu antiche della produzione sociale. Anche le categorie economiche che abbiamo già considerato, portano le tracce della loro storia. Nell'esistenza 8 9

E. Sereni, art. cii., p. 39. Cfr., nel presente volume, p. 183.

229 www.scribd.com/Baruch_2013

del prodotto come merce, sono racchiuse determinate condizioni storiche. Per divenire merce, il prodotto no t;. dev'essere prodotto come mezzo immediato di sussistenza per colui che lo produce. Se avessimo indagato per vedere in quali circostanze tutti o anche soltanto la maggior parte dei prodotti assumono la forma di merce, avremmo trovato che ciò arvviene soltanto sulla base di un modo di produzione assolutamente specifico, cioè del modo di produzione capitalistico. Ma tale ricerca era estranea ali' analisi della merce. La produzione delle merci e la circolazione delle merci possono aver luogo anche se la massa, di gran lunga preponderante, dei prodotti destinati al fabbisogno del produttore, non si trasforma in merce, e dunque anche se ci manca ancor molto a che il processo sociale della produzione sia dominato in tutta la sua estensione e in tutta la sua profondità dal vaclore di scambio. La presentazione [Darstellung] del prodotto come merc.e esige una divisione del lavoro entro la società, tanto sviluppata che la separazione fra valore d'uso e valore di scambio, che nel commercio di permuta diretta comincia soltanto, sia già compiuta. Tale grado di sviluppo è però comune a formazioni economiche ddla società storicamente diversissime l'una dall'altra» 10 • Dunque, qui, nella conclusione dell'argomentazione di Marx, troviamo l'espressione « okonomische Gesellschaftsformation », e per l'appunto usata al plurale. Se la dimostrazione che ho dato precedentemente dell'uso di tale espressione nella prefazione del '59 e nella prima prefazione del Capitale è una dimostrazione solida (come ritengo) e tale da rispondere a un'essenziale esigenza sistematica {come credo di aver provato) dovremmo concludere che ci troviamo, nello stesso Marx, di fronte a un'accezione diversa di quella medesima espressione, accezione che la avvicinerebbe all'uso di essa che abbiamo rinvenuto in Lenin. Tuttavia ne dubito fortemente. In questo contesto infatti non si tratta (come nella prefazione del '59) di un processo storico, considerato come unico e unitario, che raccoglie in successione progressiva diversi modi di produzione e diverse formazioni socia-li (fino a quella borghese-capitalistica), bensi delle condizioni che rendono possibile lo sviluppo del modo di produzione capitallsti.co, ravvisate e concentrate nella disponibilità sul mercato, ·ai fronte al possessore di mezzi di produzione e di sussistenza, del lavoratore libero: qualunque sia la formazione IO

K. Marx, Il capitale, I, trad. di Delio Ca.ntimori, Roma, 19645, pp. 201-202.

230 www.scribd.com/Baruch_2013

sociale o il modo. di produzione che lo mette a disposizione (a questo livello teorico, infatti, per il ricercatore come per il capitalista, dice Marx, « non ha alcun interesse il perché quel libero lavoratore gli si presenti nella sfera della circolazione »). Ma Marx approfitta, in qud medesimo contesto, di questa occasione sistematica per richiamare l'attenzione (non è l'unica volta) sulla condizione di tali condizioni, su quella cioè che potremmo chiamare una pre-condizione generale. La quale consiste in ciò: che comunque, in qualche parte o settore della società, deve esistere una produzione mercantile, sviluppata a un certo grado a piacere, tuttavia non a un livello cosi alto da essere divenuta ormai la produzione dominante, e neppure a un livello cosi basso che non sia stata oltrepassata la soglia per cui si è stabilizzata la separazione fra valore di uso e valore di scambio. A questo punto Marx osserva che J'oltrepas·samento di tale sogha avviene in società di formazione economica storicamente diversissima. Si tratta cioè di un «gradino dello sviluppÒ>> (Entwicklungsstufe) « comune», egli dice, a sviluppi della produzione sociale che possono non avere niente altro (di specifico, naturalmente) in comune fra loro e che, evidentemente, possono .essere distanti fr.a loro nel tempo o separati nello spazio geografico (cioè: si sono prodotti separatamente), o ambedue le cose. Abbiamo cosi una comparazione astratto-sistematica in cui formazioni diversissime fra loro sono messe a confronto in funzione di quell'unico punto comune che rappresenta un identico gradino di sviluppo non ddl'intera formazione ma di quel settore di essa, maggiore o minore che sia (tuttavia non dominante), costituito dalla produzione mercantile. O si tratti unicamente dell*l distanza storica, o della separazione storico-geografica fra i tel'mini cosi chiamati a confronto, è chiaro che a questo lhello di astrazione - in cui l'assunzione di un unitario processo storico è esclusa in ipotesi dall'operazione mentale posta in atto ciò che Marx chiama « formazione economica della società » non può presentarsi se non rifratto e segmentato, cioè pluralizzato. In altre parole: il contesto che abbi,amo esaminato non autorizza a individuare nell'uso di Marx una seconda accezione di « formazione economica della società » diversa e opposta rispetto alla precedente. Si può al piu ritenere che un contesto problematico ;(astratto: qui ne.l senso di non correlativo ad alcun decorso storico) come quello ora visto, di fatto contenga alcuni elementi di passaggio dal significato n. l - trovato in Marx - al significato n. 2 231 www.scribd.com/Baruch_2013

trovato in Lenin - (passaggio che forse in qualche modo risulta provvisoriamente depositato nell'espressione marxiana « serie di formazioni della produzione sociale ») 11 .

5. Questioni sistematiche: c) statico e dinamico. Tutto il discorso di Sereni, come osservavo all'inizio, è dominato dalla coppia opposizionale « static.o-dinamico ». Ora, indubbiamente, l'opposizione fra ciò che può esser detto « statico » e ciò che può esser detto « dinamico » ha rilevanza nell'interpreta2ione di Marx. Lo abbiamo già visto del resto a proposito della nozione di « formazione economica della società », secondo l'accezione di essa che abbiamo localizzato nella prefazione del '59. Ma è solo un esempio ancora marginale e in certo modo imperfetto. In questo caso, infatti, non esiste un opposto altrettanto concreto, o storicamente determinato, che possa dirsi propriamente 'statico'. Non certo i modi di produzione o le formazioni sociali. È un esempio tuttavia che deve metterei in guardia sull'uso di tali qualificazioni. Ora, Sereni, a mio parere, ne fa un uso cattivo, e teoricamente deviarire. Ne fa un uso metafisica. Egli muove infatti da quella contrapposizione, per investire di essa la problematica marxiana. Ciò significa che egli sa già che cosa vuoi dire « statico » e che cosa vuoi dire « dinamico ». Sereni si vale (certo involontariamente) del fatto che dinamico e statico hanno all'orecchio di ciascuno di noi un certo valore allusivo, derivato da una tradizione culturale (scientifica e filosofica). Ma a rigore quelle determinazioni sono vuote, cioè non hanno alcun contenuto, all'infuori dei contesti problematici in cui soltanto possono assumere un significato determinato. (In rapporto ad essi bisognerà dunque stabilire certe regole di linguaggio sull'~so di quei termini.) Questo vale per ogni scienza; ma tanto piu per il marxismo in cui la rottura col metodo speculativo è direttamente un elemento costitutivo della sua criticità, che lo tiene in permanente tensione contro le tentazioni metafisiche sempre risorgenti all'esterno e anche all'interno di esso, Il Nel senso che questa espressione {« Reihe iilterer Formationen der gesellschaftlichen Produktion », cioè serie di formazioni piu antiche della prod.uzzone sociale), se avvicinata a quella della prefazione del 1859 ( << letzte antagonistiche Form des gesellschaftlichen Produktionsprozesses », ultima forma antagonistica del processo sociale di produzione}, risulta affine ad essa, ma nello stesso tempo diversificata soprattutto dalla differenza semantica tra « Form >> c « Formation >>, termine quest'ultimo che qui indubbiamente va in senso opposto a quello di un'accentuazione sia di dinamismo sia di continuità.

232

www.scribd.com/Baruch_2013

per dò che riguarda 'Il mondo dell'uomo'. Bisognava dunque procedere in senso perfettamente inverso a quello in cui ha camminato Sereni. Egli ne paga il prezzo. La sua asseverazione centrale, che « senza possibilità di equivoco una formazione economico-sociale esprime un processo, una realtà dinamica, .appunto, e non statica » 12 , non solo non significa nulla per le ambiguità, non sciolte da Sereni, che -si addensano, come abbiamo visto, neHa espressione « formazione economico-sociale >>: ma non s1gnifica nulla anche a prescindere da esse, cioè non significa nulla in nessuno caso. Che vuoi dire infatti « esprime »? Se il soggetto di questo verbo è la « formazione economico-sociale » in quanto nome (e infatti Sereni la mette fra virgolette) quella frase è soltanto una frase, un semplice truismo. Un nome 'esprime' (cioè, in questo caso, denota) qualcosa. Se a questo qualcosa viene imputato un referente reale ('processo', 'realtà dinamica') siamo al punto di prima, perché per Marx non vi è realtà che non sia (genericamente) dinamica, ossia in movimento. Ma se il soggetto di « esprime » è la classe di oggetti denotata da « formazione economico-sociale » il contenuto semantico di «esprime» diventa completamente oscuro. Che significa che una cosa ne 'esprime' un'altra? Dal contesto di Sereni non lo sappiamo di certo. Può darsi che si possa assegnare un valore determinato a esprime (qualcosa che si avvicini al « rappresentarsi », al « sich darstellen », di uso cosi frequente nel Capitale e in altri scritti di Marx, e in questo caso ci troveremmo, ritengo, in un ordine semiologico), può d.arsi invece di no. In generale nel discorso di Sereni non si riesce mai a capire se qualcosa è detto statico o dinamico perché è esso stesso statico o dinamico, o perché è qualcosa che diventa significativo (nella fattispecie una 'forma' o una 'formazione') in quanto riferito a un insieme di dati che si presentino come statici o dinamici. Abbiamo cioè il continuo confondersi di due livelli epistemologici. Eppure si tratta di una distinzione essenziale non solo per ragioni logiche generali, ma perché racchiude l'elemento differenziale su cui è costruita l',intera struttura del Capitale. L'oggetto iniziale complessivo del Capitale di Marx è indubbiamente dinamico, è la « circola:iione delle merci ». Senz:t venire a capo scientificamente di ciò che rende possibile tale fenomeno Marx non potrebbe arrivare a dire nulla di valido concettualmente sul modo di produzione capitalistico, e quindi neppure a costruirne 12

E. Sereni, art. cit., p. 35.

2.3.3 www.scribd.com/Baruch_2013

il concetto {o modello). Ora, circolazione delle merci non può esserci senza scambio delle medesime e senza chi le scambia (« [ ... ] non possono andarsene da sole .al mercato» 13 ): senza ,atto di scambio o meglio senza una serie collegata di atti di scambio, per i quali viene introdotta la figura degli scambiatori, cioè dei « possessori di merci >>. Il che Marx chiama « processo di scambio ». L'oggetto iniziale si restringe dunque. Ma comunque esso è ancora una realtà dinamica {atto di scambio). Ed eccoci di fronte al primo grande problema interpretativo: perché Marx non comincia di qui? Ora, Marx, nel Capitale, non comincia di qui. Cioè non comincia dal secondo capitolo che si chiama appunto Il processo di scambio (includente l'analisi iniziale dell'atto di scambio). Marx comincia invece dal primo capitolo che si chiama La merce e che avrebbe potuto chiamarsi La forma di merce o piu particolarmente ancora La forma di valore (ambedue espressioni di Marx). Dunque: forma. Tutto Il capitale di Marx è uno sviluppo (in senso sistematico, non storico) di forme. Uno sviluppo costituito dal generarsi successivo di forme sempre piu complesse: non lo sviluppo, cioè il movimento, di una forma. Ciò è di portata epistemologica grande. Ciò, fra l'altro, differenzia radicalmente (nonostante molte parziali similarità, del resto niente affatto secondarie) il metodo immanente di Marx da quello di Hegel, almeno secondo la pretesa di quest'ultimo. Certo l'« idea» di Hegel non è soltanto « forma>>. Essa si dialettizza sempre (anche in sede ·logica) in « forma >> e « contenuto »(la forma pura o vuota non c'è mai, propriamente neppure nel puro o vuoto «essere» dell'inizio della Scienza della logica; come si può dimostrare). Ma in questo dialettizzarsi (contraddirsi) - sia che la spint·a provenga da un lato o dall'altro, dalla forma o dal contenuto - H risultato è un movimento solo che (se ci teniamo alla presunzione di Hegel) è automovimento dell'idea: essa è reale o effettuale sempre soltanto nel suo automovimento. Il metodo di Marx è del tutto diverso certamente (assai piu di quanto egli stesso si fosse reso conto) e dà luogo a una dialettica diversa. Lo sviluppo (sistematico, non storico) delle « forme » (al plurale) nel Capitale è radicalmente differenziato dalla attuosità e processualità dei loro contenuti: che appunto per ciò possono comparire nel loro carattere proprio di empiricità, e divenire accessibili in quanto empirici. Credo che questo sia, gnoseologicamente, il punto piu importante da cogliere: il carattere scientifico n È la prima frase del secondo capitolo della prima sezione (Il p1·ocesso di scambio).

234

www.scribd.com/Baruch_2013

proprio del Capitale consiste nell'avere stabilito, o scoperto, un accesso non empirico (morfologico, strutturale) sulla empiria. Ora, il collegamento fra due piani cosi profondamente diversificati - quello dello sviluppo o successione delle forme e quello della processualità empirica - è dato dal fatto che tale sviluppo è con· cettualizzabile solo in quanto sia rappresentato come generato dalla processualità empirica. Ma, in pari tempo, in quanto la processualità empirica si presenti, a sua volta, come comandata dal generarsi delle forme. Si stabilisce cosi una quasi-circolarità dialettica (invero una spiralità, come si ·accorse Lenin) che ha un versus obbligato, e ha un punto di accesso obbligato il qua•le (sul piano della resa o 'rispecchiamento' scientificJ dei processi indagati) è necessariamente formale o strutturale. Ancorché condizionato all'ipotesi o constatazione di una determinata realtà e sfera empirica ( « La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una "immane raccolta di merci"»: sono le prime parole del Capitale) 14 • Va preso sul serio e alla lettera ciò che scrive Marx nella prefazione alla prima edizione del Capitale: che « all'analisi delle forme economiche non possono servire né il microscopio né i reagenti chimici: l'uno e gli altri debbono esser sostituiti [corsivo mio] dalla forza del-; l'astrazione ». Non nel senso di una grossolana e dubitabile con· tr•apposizione di analisi teorica e cosiddette scienze sperimentali, ma nel senso di un necessario rapporm :conoscitivo con l'empiria (accesso su di essa) che ha a disposizione soltanto strumenti formali (da foggiarsi in modo conforme allo scopo). Ora, questo metodo di ·Marx non ·è una scelta, non ha carattere convenzionale, ma è obbligato da quell'impostazione sistematica che coincide con .Ja raggiunta autofondazione critica della « critica dell'economia politica » (anche se nella storia intellettuale di Marx essa è arrivata da ultimo). Tutto sta, in sostanza, perciò nel comprendere bene la démarche, la mossa iniziale, di Marx. Marx parte, si è visto, dalla constatazione empirica della « immane raccolta di merci », relativa alla « attuale società )>, cioè al « modo di produzione borghese ». 14 Parole che erano una citazione dall'inizio del Per la critica dell'economia' politica. Il che significa, a mio parere, che Marx non solo e non tanto teneva molto (genericamente) a questo modo di aprire il discorso; ma che la conoscenza di tipo descrittivo, empirico e rapprescntazionale racchiusa Pn quella espressione, e l'immediato riallacciarsi di essa al significato della parola 'merce' nel linguaggio ordinario, erano per Marx qualcosa di essenziale, e in certo modo obbligato, nel suo 'cominciamento'.

235 www.scribd.com/Baruch_2013

Ma quest'ultima nozione non è affatto anticipata: essa deve venir costruita (e srarà tutta l'opera del Capitale). Quella constatazione è ridotta perciò al suo nucleo elementare, anche qui non a causa del pregiudizio tradizionale o hegeliano (come sostiene Althusser) che si debba partire dal piu semplice, ma perché non vi è assolutamente altra strada per la costruzione sistematica di ciò che è stato presupposto non a livello concettuale ma di mera rappresentazione («immane raccolta di merci»). La domanda è dunque: che cosa è 'merce' indipendentemente e prima de: ·,1odo di produzione capitalistico? È una domanda puramente sistemati~..éi che inizialmente sospende ogni riferimento alla storia e alla staticità. Non per escluderlo, ma possibilmente per guadagnarlo dall'interno dell'impostazione sistematica stessa. Se ciò non dovesse riuscire la ricerca sarebbe fallita. È già evidente che l'accesso alla storia non potrà esser guadagnato se non attraverso un accesso aU'empiria che comporti la riduzione di essa al piano sistematico stabilito inizialmente. Questo stabliimento iniziale deve essere un atto critico, altrimenti avremmo un cominciamento dogmatico. Il che significa che il principio empirico 'merce' da cui si prendono le mosse deve esser immediatamente spogLiato della sua empiricità in un modo che risulti criticamente appropriato alla natura di dò che viene designato con la parola 'merce'. Non si tratta di una immediata riduzione della rappresentazione 'merce' al concetto 'merce', perché anche quest'ultimo dO'Vrà venir costruito. Non resta altra strada allora (per soddisfare l'esigenza sistematica) che un inizio di natura fenomenologica. Tale inizio è presentato da Marx con assoluta autochiarezza in un passo delle Glosse a Wagner {1881-82), in cui la nozione di « merce » viene radicata in quella di « prodotto del Javoro » (cioè, si presenta come una delimitazione di quest'ultima) 15 • « Giò d-a cui parto - scrive Marx - è la forma piu semplice j,n cui si presenta n prodotto del lavoro nell'attuale società, il prodotto in quanto "merce". Io analizzo la merce, e precisamente dapprima nella forma i,n cui essa appare. » 16 15 Il che ha decisiva importanza sistematica perché rmv1a immediatamente e necessariamente (anche se ciò non viene esplicitato per il mome-nto) alla funzione dominante della produzione, benché, come si ricorda nel testo, l'oggetto iniziale del Capitale sia la « circolazione delle merci ». 16 K. Marx, Glosse marginali al «Manuale di economia politica>> di Adolph W agner, trad. it. in Scritti inediti di economia politica, a cura di :Mario Tronti, Roma, 1%3, p. 175. Il passo citato continua -,in modo che, credo, comprova la presente interpretazione - cosi: « Qui trovo -che essa è da una parte, nella sua forma naturale, un oggetto d'uso alias valore d'uso, dall'altra portatrice di valore

236 www.scribd.com/Baruch_2013

Il principio empirico 'merce' si dissolve cosi, quanto alla sua empiridtà, non per gradi ma immediatamente, nella problematizzazione di cosa è «forma di merce». D'altra parte questa problematizzazione è possibile e ha senso solo in quanto la « forma di merce » (qualunque cosa essa si rivelerà essere) sia intesa come forma di un apparire (cioè di una fenomenicità). Altrimenti ogni legame con il principio empirico 'merce' - h cui empiricità per venire distrutta deve essere anche presupposta- verrebbe meno. Se io chiamo quel presupposto iniziale (la 'merce') un 'principio' (empirico) non credo affatto di forzare entro un precostituito schema epistemologico la mossa iniziale di Marx: credo, anzi, di essergli strettamente fedele. La rappresentazione 'merce' (cioè la merce quale è denominata nella esperienza e nel linguaggio ordinari) stabilisce infatti in Marx immediatamente un campo teorico determinato a cui egli dà un nome (evidentemente convenzionale): «mondo delle merci» (Warenwelt). L'astrazione designata cosi da Marx non è però arbitraria (convenzionale è solo il nome), perché essa è significativa non per se stessa (in questo caso non sarebbe altro se non una duplicazione dell'espressione meramente rappresentazionale « raccolta di merci »), ma è significativa in relazione a una nozione, o concetto, che funge da ipotesi: la nozione di « società di-.produttori di merci ». È un concetto costruito con la « forza dell'astrazione », ma anch'esso non arbitrariamente, bensi necessariamente, sulla base dell'unico elemento concettuale che possediamo nella rappresentazione empirica 'merce', o che comunque possiamo e dobbiamo associare con essa: e cioè che la merce è un « prodotto del lavoro ». La compresenza di questo elemento ·concettuale (a cui è legata la teoria del valore-lavoro) fa si che la prima sezione del Capitale, particolarmente il pri111o capitolo, è si una fenomenologia, ma non è soltanto una fen@menologia. L'analisi fenomenologica come tale porterebbe semplicemente al rinvio del « valore di scambio » al « valore » come a qualcosa x; una incognita 17 di cui si saprebbe soltanto che deve soddi-

=

di scambio, e da questo punto di vista essa stessa "valore di scambio". Un'ulteriore analisi di quest'ultimo mi mostra che il valore di scambio è solo una "forma fenomenica", un modo di presentazione indipendente [eine selbststiindige Darstellungsweise] del valore contenuto nella merce; e passo allora all'analisi di quest'ultimo». 17 Adopero questa espressione in analogia col senso in cui l'impiega Kant per indicare, nella Critica della ragion pura, la transfenomenicità dell'« oggetto trascendentale» (con la differenza, naturalmente, che questa 'x' non rimane in Marx né un inconoscibile né un inconosciuto).

237 www.scribd.com/Baruch_2013

sfare a certe condizioni. Quella prima sezione è invece un intreccio di analisi fenomenologica e costruzione concettuale: qui, e unicamente qui, è la sua difficoltà. (E non ·è detto che, anche nella redazione deHa seconda edizione del Capitale, l'eSJposizione sis!cmatica abbia raggiunto un assetto organico del tutto soddisfacente. Chi scrive non lo ritiene.) Tuttavia l'analisi fenomenologica è necessariamente (sulla base del criticismo messo in opera) la mossa inizi~e. Analisi dunque della forma (•forme) di un apparire. 11 primo dato di essa è che la 'forma di merce' presuppone e implica si delle 'forme naturali' (quelle per cui le merci in quanto oggetti d'uso sono valori d'uso) ma non è una 'forma naturale'. Questo primo risultato indirizza tutto il proseguimento dell'analisi. Via via che nella costruzione del Capitale procede J'analisi delle « forme » (strutturali) it·rompe sempre piu abbondantemente il contenuto (empirico, storico), quella « mole prodigiosa di dati » di cui parlava Lenin. Il contenuto empirico viene cosi· immesso nella costruzione sistematica (ma sarà da vedere come). Ciò non sarebbe possibile se quelle 'forme' non fossero innanzi tutto forme di un apparire, cioè senza la componente fenomenologica. L'interferire della costruzione concettuale - a partire dalla assunzione nel campo teorico ·« mondo delle merci » della nozione di merce come « prodotto del lavoro » (nozione, ripetiamo, di per sé non fenomenologica) - produce nell'analisi fenomenologica (è qui che entra in opera la « forza dell'astrazione », è qui che essa si determina in senso specifico) la scoperta di ciò che sta al di là deU'apparenza fenomenioa- a cui -si tiene ancora oggi, e pour causi? tutta la sociologia e economia borghese - la sooperta, p.otremmo di~·;!, dei « moti reali » dietro i « moti apparenti ». Tale che in pari tempo essa salva, cioè spiega, qu.eUa apparenza fenomenica. Che è poi ciò che costituisce positivamente· in scienza la « critica dell'economia politica », cioè le dà il carattere e il contenuto di analisi, strutturalmente completa, del modo di produzione capitalistico e quindi del sistema sociale borghese. Ciò che viene costruito concettualmente è la merce come soggetto reale; cosa che Marx sottolineò con forza nelle Glosse a Wagner. Un soggetto reale e non soltanto -epistemologico, perché la costruzione concettuale di esso coinvolge in modo essenziale le sue condizioni di esistenza. Cioè soggetto reale di processi reali. E tuttavia tale per cui i connotati della sua realtà e effettualità solo in parte e in superficie coincidono con i dati empirico-fenomenici (nel senso che questi ultimi appaiono come effetto, a livello 238 www.scribd.com/Baruch_2013

fenomenico, di tale effettualità o realtà). Detto in parentesi, fra le brillanti, e un poco oracolari, incongruità pronunciate in questi ultimi anni da Althusser intorno a Marx vi è anche quella che Marx avrebbe ereditato da Hegell'idea di processo senza soggetto (comE, quest'idea si realizzi in Marx, Althusser comunque non lo mostra: cioè non mostra in che modo si potrebbe realizzare una simile veduta, una volta caduto il teleologismo hegeliano) 18 • Ora, è vero il contrario, piaccia ciò o non piaccia al gusto speculativo. Per Marx è inconcepibile un qualsiasi processo senza soggetto (anche la sua critica a Hegel consiste infatti nell'imputargli di aver reso autonomo i1 processo del pensiero sotto il nome di idea 19 , cioè di aver creato un fittizio e illusorio « soggetto reale»). Ma siccome Althusser - a differenza di quasi tutti i suoi critici - è un forte pensatore anche in questa sua brillante (e 'speculativa') incongruità interpretativa vi è la segnalazione indiretta di un'importante verità: che il soggetto reale dei processi umano-sociali (nella fattispecie la « merce ») non è quello dato empiricamente o nella apparenza fenomenica; non è quello che si vede, ma quello a cui corrisponde una costruzione concettuale ('rispecchiamento ideale' 20 ) la quale fa capire ciò che si vede e si esperimenta quotidianamente. Torniamo adesso alla questione che stiamo perseguendo. È costitutivo per le «forme » di cui parla Marx - almeno in quant,) esse sono (o sono anche) forme di .un apparire - il riferimento ad atti e processi empirici. Cioè a una materia {insieme di dati) in movimento, o 'dinamica'. Se assumiamo questa denominazione come una regola di linguaggio, non vi è dubbio che quelle « forme» debbano per contrasto esser dette 'statiche'. Esse infatti non mutano, non si sviluppano, ma soltanto si succedono e si complicano nella costruzione sistematica {o di sviluppo sistematico). La forma semplice di merce, o di valore, resta sempre quella che 18 Cfr. L. Althusser, Sur le rapport de Marx à Hegel, in Hegel et la pensée modeme, Seminaire sur Hegel dirigé par Jean Hyppo!ite (1%7-1968), Paris, 1970, pp. 107-109. t9 Nella famosa pagina del PQ.SC4'iUo alla seconda edizione del Capitale in cui Marx dà conto del rapporto dei suo metodo dialettico con quello di Hegel (e a proposito della quale si veda piu oltre, nel testo). 20 Intendo rievocare con questa espressione il passo del citato poscritto in cui Marx enuncia la differenza « formale » e 11 rapporto intercorrente fra « modo di indagine» (Forschungsweise) e «modo di esposizione>> (Darstellungsweise). Ove la struttura di quest'ultimo è presentata come intrinseca alla conoscenza, nel suo livello scientifico. Enunciato cardinale della concezione marxiana del conoscere scientifico, o, pili esattamente, modello e interpretazione del tipo di compiutezza interna o sistematica a cui essa deve tendere; per sua natura, in certo modo.

239

www.scribd.com/Baruch_2013

è, e cosi pure la sua forma completa o perfetta, la «forma di denaro », quale forma della circolazione delle merci. E cosi via. Le « forme » cioè sono statiche, non per ragioni lessicali, ma perché tali risultano all'interno del contesto problematico-concettuale a cui vengono riportate, in confronto (in questo caso) con la dinamicità dei loro contenuti. Ma non è detto che i termini dell'opposizione epistemologica 'statico-dinamico' debbano ambedue trovare sempre un referente reale; distribuendosi, come in questo caso, fra una forma (strutturale) statica e un contenuto (empirico) dinamico: non è detto cioè che sempre ci sia questa d1ssoci~zione qualitativa fra forma e contenuto. Si è già visto che ciò non vale per la nozione « formazione economica del-la società » (nel significato di essa che abbiamo rinvenuto in Marx) che è 'dinamica' perché caratterizzata proprio come un mutamento. Si potrebbe obiettare dicendo che ciò che muta in essa è soltanto una quantità, poiché quel mutamento è riferito all'incremento delle forze produttive. Ma non è soltanto cosi. Non si tratta infatti di un incremento sempre o prevalentemente omogeneo e perciò apprezzabile solo a un livello quantitativo. Abbiamo già indicato che per segnalare tale incremento (potrebbe, in astratto, anche essere un decremento: nulla con ciò cambierebbe alla forma della nostra questione) Marx assume le forze produttive come un insieme, una resultanza, una totalità. Ma nel passaggio da un modo di produzione all'altro, o in ciò che lo prepara, le forze produttive (un nome collettivo) si dispongono e articolano variamente nei loro rapporti ·reciproci (e quindi variamente rispetto ai rapporti di produzione, mod1ficandoli). Se,nza questo vario disporsi non ci sarebbero se non incrementi o decrementi assai limita-ti. Con l'incremento (o decremento) oltre i limiti in cui le forze produttive non fanno che riprodurre i rapporti di produzione dati muta perciò la forma della « formazione economica ». Proprio per questo essa può dirsi, con pieno rigore di linguaggio, 'dinamica': senza (in questo caso) che essa abbia in nessuna parte del reale un correlato 'statico'. Se si abolisce, o si ignora, tale tessuto problematico le straordinarie pagine dei Grundrisse in cui Marx esamina e problematizza le « forme economiche precapitalistiche » diventerebbero soltanto una raccolta di osservazioni rapsodiche, ancorché acute. 6. Questioni sistematiche: d) l'ingresso della storia. E qui mi potrei fermare. Perché mi sembra dimostrato a sufficienza quanto 240 www.scribd.com/Baruch_2013

sia metafisico {e insieme generico) l'uso che fa Sereni di « statico» e «dinamico», sovrapponendo questi nomi alla problematica marxiana, e ai suoi sviluppi, invece di ricavare da essa un loro significato determinato e conforme. Vi è tuttavia ancora qualcosa di neo secondario che è utile . aggiungere perché la problematica che abbiamo incontrato venga illuminata, sia pur di scorcio, in modo sufficientemente completo. Senza lasciare, cioè, zone d'ombra tali da renderla dubitabile in qualche punto decisivo. Mi riferisco alla dissociazione, che si è rilevata come propria all'impianto del Capitale, fra 'forme' (strutturali, 'statiche') e 'contenuti' (empirici, 'dinamici'). Essa è essenziale alla 'criticità' del Capitale. Discende infatti direttamente dalla necessità della sua impostazione, cioè dalla obbligatorietà di cominciare l'analisi (onde essa possa non rimanere imprigionata nell'empirismo fenomenico e nel soggettivismo che ne discende) da una forma (la forma semplice di merce o di valore) e non dai contenuti (atti e processi.) di cui essa è forma. 'Dissociazione' significa qui disposizione su due piani epistemologici diversi, in modo conforme alla configurazione deH'oggetto (cioè della materia trattata). Ne viene fuori una decisiva domanda (anche in questo caso una domanda del 'come'): come, una volta cosi dissociati, quei due piani si articolano? Cioè come quelle « forme » si applicano a quei « contenuti », una volta che sono stati resi reciprocamente eterogenei, fino al punto di poter dire le une statiche, gli altti dinamici? Il che significa, quanto all'oggetto, o referente reale, come le forme possono agire su quegH atti e processi? (In astratto: come ·lo statico agisce sul dinamico?) Ovvero come questi ultimi recepiscono le forme nel loro seno, anzi, eventualmente, le partoriscono da esso, pur essendone diretti e comandati? L'ipotesi è infatti che dette forme siano forme di tale attuosità e processualità, e prima di tutto del suo apparire. Ma, d'altra parte, come è pensabile di poter rispondere a siffatta domanda, cosf variamente formulabile, se non si trovasse un termine intermedio, cioè una struttura o forma propria di quei contenuti dinamici in quanto tali? Il che significa, espresso in astratto: una forma che renda possibile l'applicazione di una forma! Non si tratta tuttavia di una difficoltà sul ti;po del platonico 'tpLnc; &v~pwnoc;, ma pj.uttosto di un problema sul tipo di quello che Kant ha dovuto risolvere nel.la Critica della ragione pura con la dottrina dello schemati.smo trascendentale (non a caso Marx parla nel poscritto alla seconda edizione del Capitale dell'apparenza di una « costruzione aprio241

IO

www.scribd.com/Baruch_2013

ri »). Se non fosse possibile dall'interno della problematica del Capitale, anzi della sua prima sezione, dare soddisfazione a quest'ultima domanda, lo -specifico criticismo dell'opera di Marx si ridurrebbe a una mera velleità. In effetti la risposta in Marx c'è, ed è parte intrinseca - cioè non aggiuntiva - della struttura metodica della prima sezione. Essa è tale che fa fare un passo avanti alle questioni che ahbiamo finora incontrato, e ad un'altra (vedremo fra poco) ugualmente toccata da Sereni, quella dei cosiddetti (da Engels) « modo logico » e « modo storico » della esposizione (presunti come due modalità possibili di uno stesso metodo, per i quali vi sarebbe solo una scelta di comodità didascalica). Se prendiamo hl primo capitolo del Capitale (seconda edizione) vediamo che già in esso si trapassa dalla trattazione della forma semplice di merce, o di valore, alla Sl\.la forma completa, cioè alla «forma di denaro». È un'analisi minuziosa e accanitamente rigorosa di 'forme' che segue via via il complicarsi del problema 'merce' {sempre all'interno del campo teorico « mondo delle merci », e nell'ipotesi ohe il rinvio del fenomenico 'valore di scambio' a 'valor·e x' abbia ttiovato soluzione concettualmente positiva; come si è accennato). Un punto nodale in questa trattazione è quello in cui si è stabilita la« forma generale di equivalente» come « una forma del valore in genere » (inizio del terzo paragrafo). Siamo alla soglia del « passaggio » {sistematico) da-Ha « forma generale di valore» alla « forma di denaro». Una merce - dice Marx « si trova nella forma generale di equivalente solo perché e in quanto- come equi.valentè'- viene esclusa da tutte le altre merci » 21 • A questo punto si affaccia un'esigenza funzionale al « mondo delle merci.», perché esso possa esistere socialmente (cioè possa darsi una «circolazione delle merci»), l'esigenza del.lo stabilizzarsi in un « genere specifico di merci » della « forma generale di equivalente ». Qui avviene un fatto di grande ri1evanza epistemologica, anche se può passare inosservato al lettore superfidale: il necessario dferimento all'empiria non piu come a una qualsiasi empiria, ma come a un'empiria caratterizzata quale storica. Abbiamo cioè il primo ingresso del tema 'storia' nella problematica del Capitale. È un ingresso ancora puramente esigenziale, se lo consideriamo (come si deve) a partire dalla struttura sistematica. Tuttavia ha già qualche caratterizzazione specifica: ci si riferisce

=

21

K. Marx, Il capitale, ·1, p. 101.

242

www.scribd.com/Baruch_2013

a un « momento >> (Augenblick). in cui qualche cosa si stabilizza « definitivamente » (endgiiltig). Questo « momento » a sua volta è visto come p.unto di arrivo dell'intrecciarsi o concrescere (verwachsen) - cioè dello identificarsi sociale - di una «forma naturale » con la funzione di generale equivalente (cioè con la « forma di equ1valente » che è appunto sociale e non 'naturale'). Senza tale riferimento a un siffatto prodursi storico-processuale {scandito però da un .« momento » di specifica stabilizzazione) il passaggio sistematico a.Ila forma di denaro non sa:rebbe possibile 22 • Nella struttura sistematica questo riferimento alla storia ha però (a questo punto) un mero carattere di anticipazione e, ripeto, un carattere esigenziale: non si vede affatto come nella processua.Iità storico-empirica, a cui necessariamente ci si deve riferire, la « forma di denaro » abbia la possibhlità e la c-apacità di affermarsi {'storicamente'). Il che significa che, dal punto di vista sistematico, la soluzion~ del problema viene rinviata. Se questa non fosse pos-sibHe in quak+he modo, 1'·1ntera costruzione delle 'forme' del primo capitolo del Capitale crollerebbe nel passaggio al suo punto conclusivo '( « ,forma di denaro »). Ciò significa che il primo capitolo del Capitale non sta in piedi di per se stesso. Sta in piedi solo nell'ipotesi che di quel problema esista una soluzione sistematica in mrrispondenza a quella che è una rea:ltà empirica: l'esistenza storica del denaro come mezzo della circolazione delle merci. Dal punto di vista· sistematico si sa già tuttarvia una cosa importante (perché si oppone ad altre dottrine): che il denaro sarà comunque esso stesso una 'merce'. Ora, Marx non affronta il problema di petto, o direttamente; bensi arriverà a dare una risposta (che renderà possibile la trattazione propria del terzo capitolo: Il denaro ossia la Circolazione delle merci) ricominciando l'analisi da un'angolatura diversa, quella del contenuto dinamico e non piu delle forme statiche. Ossia l'analisi del «processo di scambio »,·autorizzata, come si è accennato, dal fatto che comunque « le merci non p~sono andarsene da sole al mercato». Che cosa presuppone questa nuova analisi {secondo capitolo della prima sezione), nel suo movimento iniziale, di quanto è stato messo in luce da quella precedente (primo capitolo)? È evidente che se non presupponesse nulla, se fosse assoLutamente autonoma, o questo sarebbe il vero inizio del Capitale (e .l'intera prima ~ezione andrebbe ristrutturata), o diversamente i! 22

lvi, pp. 101-102.

243 www.scribd.com/Baruch_2013

Capitale avrebbe due inizi. L'autofondazione critica di cui abbiamo parlato si risolvere!hbe in ogni caso in un pasticcio. Ma d'altra parte è evidente che ,non ~'intero primo capitolo può essere presuppos-to al secondo, perché da quello, conclusivamente, sappiamo che cosa è la « forma di denaro », ma non come essa possa prodursi storicamente, cioè quali siano le condizioni di possibilità di un suo affermarsi nell'empiria e nella storia. Ora, il contenuto dina.mico « processo di scambio )> è dapprima elementarizzato da Marx (questa è la mossa iniziale dd secondo capitolo) nella sua molecola, diciamo cosi, cioè nel semplice atto di scambio. Il semplice atto di scambio appare (ovviamente) comandato dalla forma semplice di merce .(o di valore) analizzata all'inizio del primo capitolo. Esso, cioè, ubbidisce necessariamente alla sua struttura asimmetrica {forma di valore ·relativa e forma di equivalente) appunto perché ciò che si scambia sono già in ipotesi comunque merci (non si. esce infatti dal campo teorico « mondo delle merci » e dall'ipotesi « società di produttori di merci »). Nasce allora subito un problema (non del tutto esplicitato da Marx, che non aveva a disposizione .la logica delle relazioni): come quella struttura asimmetrica si distdbuisce sul.la duplice figura degli scambia tori {« possessori di merci »), che viene in tradotta nel secondo capitolo? È un problema di analis1 che qui possiamo tralasciare nei suoi dettagli: di fatto dalla descrizione ana:litica di Marx risulta che detto rapporto asimmetrico subisce un'inversione. Ma tale inversione è plaus1bile in quanto l'applicazione di quella forma .(elementare) a quel contenuto era possibile. La questione di tale possibilità è appunto la grossa questione che avevamo annunciata e che ci troviamo ora davanti; è la questione-chiave. Ebbene, essa è risolta da Marx mostrando di fatto {cioè nella sua analisi) che già il semplice scambio {di d~e merci) ha una struttura o forma sua propria: cioè ha una struttura o forma, in quanto atto, diversa dalla for-ma di merce da cui pure viene comandata. Essa in qualche modo (vedremo in quale) modifica la precedente struttura statica {a guisa di una retroazione, almeno epistemologica, su di essa). Potremmo anche dire che la prima è la 'forma' dell'oggetto 'merce' (oggetto « sensibile-sovrasensibile )>), forma stabilita in vista o in funzione dello scambio; mentre la s~conda è la forma dell'atto {di scambio), forma stabilita in quanto gli oggetti dello scambio sono 'merci'. Ma non si tratta di due forme paritetiche che vengano giustapposte o semplicemente 'combinate'. La seconda si rivela piuttosto essere la modalità (l'unica modalità 244 www.scribd.com/Baruch_2013

poss~bile) di applicazione della pritna alla propria materia empi11ÌC'a, cioè, in objecto, la mod31lità in cui essa si attua o effettua. L'importante- qt.!anto alla nostra questione- è che questa modalità si presenta ,appunto con una propria forma, che ·se è forma di attuazione della precedente (forma del comandare di questa) è in pari tempo forma dell'assunzione in essa del contenuto empirico-dinamico. Traducendo in linguaggio kantiano si potrebbe chiamare la seconda forma 'schema' della ptima forma. Ma a differenza di Kant non vi è in Marx nessun rirfedmento a una forza misteriosa che lo produca (in Kant era una « forza » specifica dell'animo umano). In Marx infatti tutto avviene allo scoperto, perché la seconda forma non è altro che la forma di un processo o atto (lo scambio) del tutto ben definito a livelJo della sua fenomenicità. (Naburalmente questa parziale analogia con un problema kantiano ha un valore puramente illustrativo, e può essere tranquillamente eliminata: non essendovi in Marx nessuna, né implicita né esplicita, deri· vazione, e non trattandosi, propriamente, in Marx di un impianto « trascendentale », a1meno in senso kantiano.) La cosa piu importante e significati
245

www.scribd.com/Baruch_2013

utile » si $CÌnde distribuendosi inversamente fra i due « possessori r. di merci< » nei confronti della merce che rispettivamente essi portano al mercato. Ciò è espresso da Marx con grande nitidezza: «Tutte Ie merci sono pei loro possessori valori non d'uso e pei loro non possessori valori di uso. Quindi debbono cambi.ar di mano da ogni part·e >> 23 • Ma qui troviamo in ·Marx la cosa piu sorprendente: non solo quelle due forme si diversificano, ma all'interno del raccordo in cui si presenta il loro diversi,fkarsi esse entrano in contraddizione reciproca. Prosegue infatti Marx: .« Ma questo cambiamento di mano costituisce il loro scambio, e il loro ·scambio le rHel'isce l'una all'altra come valori ·e le realizza come valori. Dunque le merci debbono realizzarsi come valori, prima di potersi realizzare come valori di uso [questa dunque 'è la regola, o condizione, che si evince dall'analizzata forma o struùura del semplice atto di scambiD] . D'altra partJe le merci debbono dar prova di sé [si eh bewahren] come valori di uso, prima di potersi realizzare come valori [questa è la regola, o condizione, che si evince dalla elementare·« forma di merce »] ». Marx non sottolinea tanto la contraddizione in se stessa quanto i suoi effetti nella struttura o forma nell'atto di scambio, dato che essa è (e non può non essere) comandata nello stesso tempo dalla ·« forma semplice di merce », cioè dalla forma dell'oggetto merce (secondo l'ipotesi che ciò che si scambia è una merce).« Ogni possessore .di merci vuo1e alienare la sua merce soltanto contro altra merce, il cui valore d'uso soddisfi il ~Suo bisogno. Fin qui lo scamb1o è per lui solt.anto processo individuale. D'ahra parte, eg1i vuole reaoHz2lare la sua merce oome valore, doè la vuoi realizzare in ogni alt.r:a mer·c<e dello stesso valore, a scelta, sia che la sua propria merce abbia o non abbia valore d'uso per H possessore dell'altra merce. Fin qui lo scambio è per lui processo generalmente sociale. Ma lo stesso processo non può essere contemporaneamente e per tutti i possessori di merci solo individuale e insieme solo generalmente sociale. >> 24 La contraddizione rilevata a livello di analisi formale o strutturale porta alla luce un'impasse inso11monta:bile, una volta che venga proiettata nella realtà empirica corrispondente. Questa realtà empirica indica tuttavia che la difficoltà è stata risolta (storicamente) con l'introduzione del denaro. E, a livello sistematico, la 23 24

lvi, pp. H8. lvi, pp. 118-119.

246 www.scribd.com/Baruch_2013

« forma denaro » è infatti la risoluzione ddla contraddizione. Sto·

ricamente la pratica non ha avuto bisogno della teoria ( « in princi· pio era l'azione», ricorda Marx). Ma non per ragioni casuali, bensi per una ragione intrinseca, strutturale. Poiché il problema non era solubile {come mostra la indicata contraddizione e la sua proiezione nell'empirico) sul piano del rapporto ,fra «persone», giuridicamente inteso, cioè attraverso un contratto: benché la forma contrattuale sia essenziale alla funzionalità del piu elementare atto di. scambio (di merci). Cioè, la «forma denaro» non può essere sorta per convenzione fra 'persone' (giuridicamente riconoscentisi, anche se in forme non ancora 'legali') perché esse si pongono come tali solo nell'atto di scambio che, in quanto fatto molecolare di un generale {« sociaJe ») processo di scambio di « merci » (e quindi nel quadro di esso), supera la propria intrinseca contraddittorietà logica e la propria impossibiHtà reale, solo a patto che sia già sorto il denaro, e qu1ndi sia già in funzione la « forma denaro ». Marx perciò parla per la produzione della« forma denaro }>di azione sociale (« azione sociale di tutte le merci » consistente nell' escludere « una merce determinata nella quale le altre rappresentino universalmente i loro valori » ). Egli evidenzia, cioè, ciò che oggi diremmo un effetto di struttura che sotto forma di processo {non individuale, bensi sociale) si è fatto strada ndl'empiria e neUa storia, per risolvere i problemi posti dal loro movimento e sviluppo. Naturalmente attraverso gli uomini, nella .fattispecie << possessori di merci »: ma essi, dice Marx, «hanno agito ancor prima di aver pensato >> 25 • Né potevano esser altro se non i tramiti inconsci (meramente pratici) del realizza.rsi di quell'effetto. Cosi attraverso l'analisi di una struttura determinata dell'empiria (la struttura propria del processo di scambio) compare per la prima volta - non piu soltanto in forma esigenziale, ma con riferimento a un modo determinato della sua effettualità - la 'storia' nel Ca1

pitale. Questo modo è la prassi sociale, in una figura definita di essa la quale importa un agire inconscio e istintuale degli uomini: non una prassi sociale fondata su un rapporto fra 'persone', ma un rapporto fra 'persone' (riconoscentisi reciprocamente: i « possessori di merci ») fondato da tale prassi e dalle soluzioni strutturali (o formali: nella fattispecie, la « forma di denaro ») affermantisi in essa. {Si tratta di una posizione raggitunta dal rigore di Marx 25

lvi, p. 119.

247 www.scribd.com/Baruch_2013

di enorme portata filosofica - certo tale che egli stesso non poteva immaginare - nelle piu varie direzioni delle cosiddette scienze umane. E che ancora oggi tutte le supera nella loro attua,le impostazione borghese, cioè fenomenistica e positivistica. Le supera tutte a eccezione di una, la psicanalisi, se ci riferiamo non a quanto di ideologico possa esservi nelle sue formulazioni e nei criteri della sua prassi, ma al terreno epistemico in cui essa si colloca.) A questo punto dobbiamo fare due considerazioni, di ordine completamente ditverso, a proposito del discorso di Sereni. La prima riguarda ancora una volta l'uso di « dinamico » e di « statico ». Si è visto che le 'forme' del Capitale di Marx sono statiche rispetto alla dinamicità dei contenuti a cui si riferiscono e che ne condizionano il dispiegamento. o sviluppo sistematico. Siffatta caratterizzazione per opposizione (tra forma e contenuto) spetta a tutte, anche a quella forma o struttura dell'atto di scambio che consente l'agire delle forme di merce precedenti (sistematicamente) la forma di denaro. Si tratta di una netta e precisa applicazione di una regola di linguaggio del tutto conforme all'organizzazione concettuale della materia considerata. Tuttavia nell'insieme di dette forme quella dell'atto di scambio in quanto atto {si noti che Marx non la rileva come una specifica forma) non si allinea con le altre: dalla ricostruzione che abbiamo fatto si è visto che essa ha una funzione particolare (che abbiamo avvicinato per una qualche analogia allo « schema » kantiano ). Se consideriamo questa differenza all'interno della classe logica costituita dall'insieme di tutte queste forme (e di altre che seguiranno) - e cioè se prescindiamo dal loro riferimento ai contenuti -in nessun modo migliore e piu appropriato si potrebbe esprimere questa differenza se non chiamando « statiche » le une e « dinamica» l'altra, la forma o struttura interna dell'atto (e poi del processo) di scambio. Sarebbe semplicemente cambiata la regola di linguaggio. Questo mostra la relatività dell'uso possibile di questi termini. L'importante è che esso risulti sempre uni,vocamente definito rispetto al contesto della sua applicazione. Ma un uso e degli usi definiti purtroppo non si riesce a ricavarH dallo scritto di Sereni. L'altra considerazione è molto piu importante, perché non è di metodo e di linguaggio, ma di ordine sistematico e tocca il merito delle questioni. Si è visto il punto in cui effettualmente entra la storia per la prima volta nel Capitale di Marx. Il modo di questo ingresso

248 www.scribd.com/Baruch_2013

è di alto interesse teorico, e ci conviene tornare ancora un momento su di esso. M~rx ha compiuto una analisi la cui conclusione è questa: «la cristallizzazione "in forma di denaro" [der Geldkristall] è un prodotto necessario al processo di scambio, nel quale prodotti di lavoro di tipo differente vengono di fatto [ tatsi:ichlich] equiparati e quindi di fatto trasformati in merci ». Marx sottolinea (con la duplice ripetizione di « tatsachli.ch )>) la fattualità dell'equiparazione e trasformazione avvenuta, quella per cui una merce è divenuta denaro, cioè ha assunto questa specifica forma. Tale fattualità viene assunta necessariamente nella considerazione sistematica dal momento che si è dimostrato che la soluzione del problema era impossibile a livello di volontà personali cosc1enti (mentre di fatto il denaro è storicamente giunto a esistenza; e socialmente funziona la« forma di denaro »). È dunque l'ingresso della prassi come processo sociale {in una figura da Marx ben definita di « processo sociale », in contrapposizione a « processo individuale »; che qui non è possibile approfondire) a condizionare il rimando alla storia, in una guisa determinata. Se tutto l'insieme di considerazioni e di analisi fatte da Marx precedentemente può esser considerato come l'esposizione del modo in cui le forme agiscono sulla empiria da cui vengono prodotte e quindi, epistemologicamente, come ,J'accesso dall'analisi strutturale (morfologica) alla sua materia empirica (evidentemente come tale sempre fungibile), risulta evidente e confermato che quell'accesso determinato alla storia passa attraverso quest'ultimo. E solo quando siamo arrivati a tale ulteriore tappa il senso dell'empiria stessa e i modi possibili di costituzione, presenza e azione in essa delle 'forme' risultano delineati con sufficiente completezza. Cioè vediamo come nell'empiria (ormai, storia) si possa costituire la struttura in uno con il prodursi del suo effetto (un tipo di causalità del tutto specifico: non è certo qudla 'newtoniana' criticata da Hume. Se si traduce speculadvamente è forse pi,u vicina alla causa sui spinoziana). Scrive infatti Marx: «L'estensione e l'approfondimento storico dello scambio dispiega l'opposizione latente nella natura della merce fra valore d'us-o e valore. Il bisogno di dare, per gli scopi del commercio, una presentazione esterna di tale opposizione, spinge verso una forma indipendente del valore delle merci; e non s'acquieta e non posa fino a che tale forma non è definitivamente [ endgultig] 26 raggiunta medi:ante il rraddoppiamento della 26

Questo « enqgiiltig » richiama uno strettamente correlativo « endgii!tig »

249

www.scribd.com/Baruch_2013

merce in mer<:e e denaro. Quindi la trasformazione deHa merce in denaro si compie nella stessa D;1isura della trasformazione dei prodotti del lavoro in merci »v. L'effetto della struttura dunque precede il costituirsi della :struttura stessa (è un effetto de1la sua latenza, derivato, nella fattispecie, dalla natura di 'merce' che alcuni prodotti del lavoro hanno :acquisito o ~engono acquisendo) e guida un processo (storico) che dapprima è un processo graduale e a tentoni, finché non si sia costituita nella sua pienezza ( « definitivamente ») la struttura stessa, e come tale possa funzionare. (A questo fine non è necessario che un« modo di produzione» mercantile divenga dominante.) Cosi è chiamata in causa da Marx la storia: non propriamente ancora con una sua eventuale forma caratterizzante (supponiamo, per es., una« forma di svi:1uppo ») ma in modo tale che comunque sappiamo già che quest'ultima dovrà assumere la figura {o le figure) di « processo socirule » {nella fattispecie si tratta di ciò che rende possibile uno scambio generalizzato di merci). Ecco come Marx descriove, con riferimenti storici esemplMicativi, il modello {storico, ormai) di detto effetto di struttura, nel senso che ora ho indicato di passaggio dalla btenza {o virtualità) al dispiegamento pieno e fun~ionante dell:a « forma » in questione ( << denaro » ) : « Per un oggetto d'uso la prima maniera di essere, vi,rtua1mente, valore di scambio, è I.a sua esistenza oome non-valore d'uso, come quantità di va1ore d'uso eccedente i bisogni immediati del suo possessore. Le cose, prese in sé e per sé, sono esterne all'uomo, e quindi alienabili. Affinché tale alienazione sia reciproca, gli uomini hanno bisogno solo di comportarsi tacitamente come proprietari privati di quelle cose alieMbi.li, e proprio perciò di affrontarsi come persone indipendenti l'una dall'altra. Tuttavia tale rapporto di reciproca estraneità non esiste per i membri di una comunità naturale originaria, abbia essa forma di famiglia patriarcale, di -comunità paieolndi:ana, di Stato degli lncas, ec-c. Lo soombio di merci comincia dove finiscono le comunità, ai loro punti di contatche troviamo nel paragrafo del primo capitolo intitolato Passaggio dalla forma generale di valore alla forma di denaro, là dove, come si è detto nel testo, si affaccia per la prima volta la 'storia' nella struttura del Capitale, ma ancOra in forma esigenziale. Il passo è il seguente: « E solo dal momento nel quale questa esclusione [l'esclusione di una merce da tutte le altre merci, in quanto assume la forma generale di equivalente] si limita definitivamente ,[endgUltig] a un genere specifico di merci, la forma unitaria relativa di valore del mondo delle merci ha raggiunto consistenza oggettiva e validità generalmente sociale» (ivi, p. 101). 27 Ivi, pp. 119-120.

250 www.scribd.com/Baruch_2013

to con comunità estranee o con membri di comunità estranee. Ma, una volta le cose divenute merci nella vita esterna della comunità, esse diventano tali per reazione anche nella vita interna di essa. In un primo momento il loro rapporto quantitativo di scambio è completamente casuale. Sono scambiabili: per l'atto di volontà dei loro possessori, di, alienarsele reciprocamente. Intanto, il bisogno di oggetti d'ruso aitrui si consolida a poco a poco. La continua ripetizione dello scambio fa di quest'ultimo un processo sociale regolare. Quindi nel corso del tempo per lo meno una parte dei prodotti dell:woro dev'essere prodotta con l'intenzione di ·farne scambio. Da questo momento in poi si consolida, da una parte la separazione fra l'utilità delle cose per il bisogno immediato e la loro utilità per lo scambio. Il loro valore d'uso si separa dal loro valore di scambio. D'altra parte il rapporto quantitativo secondo il quale esse vengono scambiate diventa dipendente dalla loro produzione. L'abitudine le fissa come grandezze di valore » u. In que~ta descrizi1one del modello di processo storico, che da una situazione « primitiva » conduce al primo stabilizzarsi ( « abitudine ») di un « sistema mercantile », vediamo gradualmente mutarsi il soggetto della produzione sociale. InizFalmente tale soggetto è gli uomini in quanto stretti in una comunità piu o meno << naturale » o « originaria » {passibile di varie forme sociali e perfino statali); successivamente vediamo gli uomini tramutarsi i·n meri agenti inconsci della « forma di merce» {poitohé la loro-coscienza si limita al costituirsi dell'immediata intenzione di produrre qualcosà per Io scambio). Con lo stabilizz-arsi di tale separazione e le conseguenze (riprodut•tive del sistema) che immediatamente ne discendono (fissarsi delle « cose » come « grandezze di valore >>) il soggetto del processo di produzione non sono p ili gli uomini, ma è già la merce stessa, e tale esso rimarrà in tutto il successivo dispiegarsi e complicarsi sistematico (dialettico-sistematico) in cui sì definisce nel Capitale di Marx il modo di produzione borghese. Il processo delineato è un processo specifico di progressiva strutrturazione storica, nel senso dell'a.ffermarsr di 'forme' nella storia, e contemporaneamente della l-oro funzione di guida in essa. Se si deve concettualizzare dunque qualcosa come 'storia' (in senso umano-sociale) è evidente che questo qualcosa non potrà essere assunto come indifferente o estraneo a tale strutturabilità da parte delle 'forme' dei possibili rapporti, umani in generale e dei rapporti 28

I vi, p. 120.

251 www.scribd.com/Baruch_2013

di produzione in particolare: è evidente, cioè, che questo qualcosa (la storia) - con tutto ciò che esso implica: processuaJi.tà, forme della temporaHtà, forme della prassi (nella dimensione sociale), sistemi' di linguaggio-comunicazione o di segnalazione e via dicendo - dovrà esserne affetto intrinsecamente, nella sua essenza e natura·. Categorie come quelle dello 'accadere', della 'azione' (di individui o di gruppi), o nessi come quello di 'individuale-particolare-universale' {introdotto nel pensiero e nella teoria storiografici soprattutto dall'idealismo di marca hegeliana), o dei 'tipi', e quanti altri mai aggruppamenti e nessi categoriali sono stati accumulati e si possano rastrellare da alcurli secoli di attività storiografica, dovranno passare dal vaglio e dallo stretto varco (a direzione unica) di questa problematica morfologica, o struttJurale, se alla storidtà della storia si voglia fornire un accesso e un impianto scientifico. Il capitale di: Marx - benché il suo oggetto epistemologico non sia propriamente la storia, né tale oggetto sia (direttamente) storico - ci fornisce l'unico modello di una vettorialità epistemologica che porta dalle 'forme' ai contenuti empirici, e dalla generi~ ca empiria agli effettivi processi storici. Si tratta non soltanto di un modo possibile di guardare alla storia, ma del criterio stesso fondamentale perché la trattazione di essa diventi, appunto, scientifica. A cento anni dal Capitale di Marx si può dubitare che la storiografia nonostante sicuri: progressi della sua strumentazione scientifica - e fatto salvo, naturalmente, tutto ciò che attiene alla critica dell'ideologia (cioè,. alle posizioni di classe) - abbia comunque compiuto (o compiuto pienamente, in ciò compresa la storiografia marxista) questo salto metodologico che da 'arte' la trasforma in 'scienza'. 7. Questioni sistematiche: e) « modo logico » e « modo storico ». La questione tuttavia che qui ci interessa principalmente è quella dei cosiddetti « tpodo logico » e « modo storico » intesi come due aspetti alternativ'i, almeno in astratto, di messa in esecuzione dell'unico metodo di Marx (nella sua critica dell'economia politica). È la ben nota posizione espressa da Engels nella sua recensione dell'estate 1859 al Per la critica dell'economia politica 29 (recensione che fu insistentemente sollecitata dallo stesso Marx, 29 F. Eugels, Per la critica dell'economia politica (recensione), in Das Volk del 6 e 20 agosto 1859, ora in appendice a K. Marx, Per la critica dell'economia politica, p. 208.

252 www.scribd.com/Baruch_2013

ma di cui non è dato &apere in che misura poi egli fosse soddisfatto). Tutte le implicazioni e i sottintesi di quella interpretazione fornita da Engels {e citata largamente da Sereni, p. 68) non è qui possibile discuterli. Cercherò di rendere visibili quelli principali. Ciò che conta innanzitutto è tuttavia il nucleo teoretico di tale interpretazione. Esso consiste, a mio parere, nel fa.tto che ciò che Engels chiama « modo logico » non è soltanto contrapposto a « modo storico», ma è inteso come «modo storico unicamente spogliato della forma storica e degli elementi occasionali perturbatori ». Si deve osservare prima di tut·to, quanto a.U'ult1ma parte della proposiziDne di Engels, che l'espressione « elementi occasionati perturbatori » {la cui origine dal linguaggio dello sperimentalismo fisico è evidente; ma anche in Marx si possono trovare modi di esprimersi analoghi) può a.vere un contenuto semantico non generico, non per se stessa, ma solo in dipendenza di un modello sistematico determinato rispetto al quale quelle 'perturbazioni' si manifestino come tali; e quindi ne vengano escluse. 11 che significa che nell'espressione «modo logico» è comunque racchiusa l'idea di una siffatta sistematicità (ne avremo la prova nel seguito della presente ricostruzione) 30 , qualunque sia la tJ:agione per la quale Engels adopera il termine « logico », contrapposto a « storico », allo scopo di segnalare la differenza. La qua.le viene presentata come una differenza formale. Perciò il nucleo teoretico che dobbiamo effettivamente problematizzare è quello racchiuso nell'espressione 'Jnodo logico = modo storico spogliato della forma storica'. (Ne viene anche di conseguenza che - una volta i due 'modi' posti in parallelo- il 'modo storico non spogliato della forma storica', cioè associato alla sua forma propria, dovrà essere privo di caratteri sistematici, o almeno averli nel proprio seno in misura non determinante e costitutiva.) Natur-almente tutto questo è vero se si presume che quelle formulazioni engelsiane vadano comunque prese sul serio, doè ahbiano un significato preciso (da ricostruire); e le vogliamo quindi met.tere alla prova nella .loro virtu concettua:lizzatrice. Cioè se non le si accolgono sic et simpliciter come puramente suggestive (in certo modo 'retoriche'). Ora, se si vuole tentare di r-inverdirne l'uso, eventualmente-con adattamenti e modernizzazionit (come ap30 Del resto lo stesso Engels all'inizio della seconda parte dell'articolo parla di « systematische Zusammenfassung » a proposito del libro di Marx.

253

www.scribd.com/Baruch_2013

punto fa Sereni), sembra per lo meno utile e corretto cercare innanzi tutto di verificarle nel loro significato originario, per non d~re autentico. {Altrimenti si cade nel vizio purtroppo assai frequente da decenni, e che è venuto a far parte integrante del processo di sclerotizzazione-dogmatizzazione del marxismo - di fa,r uso di formulazioni dei classici non tanto distaccate dai loro contesti letterari, come si suole talvolta rimproverare, quanto separate da quello sfonclo cultu~ale-concettuale rispetto al quale esse acquistano un contenuto semantico determinato e non evanescente, o deformato, o appunto soltanto suggestivo.) Ora, lo sfondo oulturale-concettuale 31 che qui d interessa (per cogliere il senso di « modo storico spogliato della forma storica ») risulta dal rapporto in cul Engels colloca il metodo di Marx con il metodo di Hegel e consiste nel suo modo di interpretare quest'ul· timo, per un verso in connessione col tema 'scienza', per un altro verso in connessione col tema 'storia'. A proposito di ambedue questi temi Engeis ·attribuisce infatti al Hbro di Marx un'enorme importanza anche metodologica (non minore di quella che spetta ai suo contenuto specifico, di critica dell'economia politica) 32 • Quanto al primo punto Engels afferma: « Dalla morte di Hegel in poi non si è fatto nessun tentativo di sviLuppare una scienza nella sua propria connessione interna ». Questa « connessione interna » (innerer Zusammenhang) è per Engels, sicuramente, dò che egli piu oltre chiama «>il -lato formale», cioè la ~truttul'\azione forma1e di una scienza. La novità metodologica del libro di Marx 3t Per dare concretezza alla storia delle idee, delle posizioni teoriche, ecc. si tende qggi spesso (sotto la suggestione del marxismo) a riportarlc alle situazioni reali (sociali, economiche, politiche, ecc.) in cui esse naèquero. E un'esigenza del .. "tUtto giusta. Ma essa non può essere soddisfatta se non passando attraverso una determinazione il piu possibile esatta dei valori semantici in cui originariamente quelle idee, ecc. si sono in qualche modo definite. Il che non può farsi se non me· diante questo metodo di ricostruzione del loro primitivo 'sfondo' culturale-concet· tuale. Altrimenti si salta un momento essenziale della storicizzazione dei contenuti ideali, e si rischia di cadere in interpretazioni insieme grossolane e arbitrarie. È evidente che questo modo di storicizzazione, proprio perché il solo corretto (ritengo), è quello che permette iri pari tempo la migliore discussione teorica anche attuale di qualsivoglia posizione teorica, indipendentemente dall'epoca e dalle circostanze in cui è sorta. Molti dei richiami storici di Marx a posizioni teoriche del passato, anche antico, nel campo dell'economia politica, sono appunto di fatto compiuti sotto questo duplice angolo vJsuale che presuppone Wla storiciz:;.a:àone nd senso sopra indicato. 32 Nella--citata recensione di Engels infatti si legge: «pensiamo che questa elaborazione del metodo, che è la base della critid dell'economia politica di Marx, costituisce un risultato quasi altrettanto importante quanto la concezione materialistica fondamentale ».

254

www.scribd.com/Baruch_2013

è infatti da Engels messa in risalto di contro al processo storicoculturale {e alle basi storico-sociah di esso, quanto alla Germania) che ha visto il giustificato dissolversi della scuola hegeliana per la sua incapacità di penetrare criticamente, promuovere e dominare dall'interno qualsiasi sapere poshivo. Quest'ultimo trionfa ( « La Germania si gettava, con una energia straordinaria, sulle scienze naturali, il che col'rispondeva al potente sviluppo della borghesia dopo il 1848 »). Benché in un quadro di rozzo materialismo naturalistko, e attraverso « il vecchio modo di pensare metafisica », precipitato «-di nuovo fino alla volgarità estrema di Wolff ». Per tutte queste ragioni « al regime dei diadochi hegeliani, perdotosi nella pura fraseologia, aveva tenuto dietro naturalmente un'epoca in cui il contenuto positivo della scienza prendeva nuovamente il sopravvento sul lato formale ». Ora qui Engels non faceva che riproporre in forma giustamente divulgativa e pubblicistica pensieri che erano propri anche di Marx. Per convincersene basta inseguire nel carteggio Marx-Engels di quegli anni il tema 'dialettica' in rapporto, soprattut>to, ai tentativi, alle presunzioni e alle velleità di Lassalle. A proposito dell'Eraclito di quest'ultimo si legge (è i1 passo che meglio si addice a1la nostra questione) ·in ·una lettera di M.arx del febbraio 18 58: <~ [ ... ] vedo ohe il dpo ha l'intenz1one di esporre l'economia politica alla Hegel in un suo secondo grande opus. Imparerà a sue spese che ben altra cosa è arrivaTe a portare per mezzo della critica una scienza al punto di poterl.a esporre dialetticamente e altra applicare un sistema di logica astratto e bell'e pronto a presentimenti appunto di un tale sistema » [corsivi miei]. Era la polemica della Misère de la philosophie contro lo pseudohegelismo di Proudhon ohe prosegue, sullo stesso terreno (economia politica) ma con l'aggiunta, almeno iroicata, di un versante positivo: in quanto gli viene opposto, quas1 programmaticamente, un altro tipo di sistemazione critico-dialettica. (La data parla chiaro: siamo all'epoca dei Grundrisse.) Ci porterebbe fuori tema affrontare qui direttamente il grande argomento del nesso criticadialettica in Marx (e l'evoluzione di esso). G basti registrare che la posizione di Marx_e quella espressa da Engels nel doppio articolo del V olk sotto queSito riguardo fondamentaùnente coincidono. V al la pena solo di sottolineare che sia per l'uno che per l'altro il referente concreto è non la globaHtà del sapere, ma un campo specifico di ricerca, quello in cui Marx di fatto ha sviluppato - dice Engels - «la concezione materialistica » (materialistische Auf-

255 www.scribd.com/Baruch_2013

fassung). In questione è lo « sviluppo » (questa parola va intesa in senso sistematico, non .itorico evolutivo) di tl~tt scienza « nella sua connessione interna». Certo in Engels già qm troviamo, nella risposta alla esplicita domanda « come trattare la scienza? », una spinta alla generalizzazione del metodo da cui Marx tende sempre invece a tenersi lontano. Ma su questo tornerò piu oltre. Per ciò che qui ci interessa dobbiamo fermarci alla fondamentale coinci· denza che abbiamo constatato. Come stanno le cose in rapporto al tema 'storia', sempre &ul detto sfondo che potremmo denominare· 'pro-contra-Hegel'? Tale sfondo è molto limpidamente ddineato da Engels (secondo l'atti· ca •in cui egli si poneva) : « Ciò che distingue - egli scrive - Hmodo di pensare [Denkweise] di Hegel da queLlo di tutti gLi ·altri fi.losofi era l'enorme senso storico [der enorme historische Sinn] che ne · stava a fondamento. Per quanto as~natta e idealisnica fosse Ia forma ciò nondimeno il suo sviluppo di pensiero [ Gedanke nentwicklun g] andava sempre parallelamente [corsivo mio] allo sviluppo della storia mondiale [W eltgeschichte] e quest'ultimo non doveva propriamente esser altro se non soltanto h prov•a [P robe] del primo [ ... ]. Egli fu il primo che cercò di dimostrare [ nachweisen] nella storia uno sviluppo, un nesso interno [einen inneren Zusammenhang]. [ ... ] Nella fenomenologia, nell'estetica, nella storia della filosofia, dappertutto penetra questa grandiosa visione della storia, e dappertJutto la materia [der Stoff) viene trattata storicamente [historisch] in una connessione determinata, anche se astratta e arrovesciata, con la storia [ Geschichte] ». Questa hegeliana concezione deila storia (Auffassung der Geschichte) è per Engels « epochemachend » (cioè tale da fare epooa, nella storia del pensiero umano), e costituisce « i1 presupposto teorico diretto » della nuova concezione matedaliSJtica di Marx. (Questa posi:done di messa in rapporto diretto fra le due conceZioni della storia sarà sempre mantenuta da Engels, come prova il Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca del 1886.) Perché quest'ultima potesse sorgere, H « metodo hegeliano » doveva essere sottoposto a una critica energicamente radicale (dure h greifende) : è il grande merito attribuito da Engels a Marx sul terreno metodologico. È Engels a enucleare da Maorx il senso di questa critica come di una critica tale che essa opera un rovesciamento del metodo (Hegel « partiva dal pensiero puro, mentre qui si doveva partire dai f·atti piu testardi »), cosi da ristabilire « il rapporto corretto » rispetto a quel « contenuto reale » che

256 www.scribd.com/Baruch_2013

mreva dappertutto fatto irruzione abbondantemente nella filosofia di Hegel ma che era stato da lui« collocato con la testa all'ingiu ». Ora, è da notare che una tale drastica e plastica contrapposizione non si trova in Marx in quegli anni. In quegli anni -.- e in molti ancora che seguiranno -l'atteggiamento di Marx sembra piu sfumato e insieme piu complesso. Nel gennaio 1858 egli esprime a Engels il desiderio di esporre a livello di senso comune « l'elemento razionale » (das Rationelle) « nel metodo che Hegel ha scoperto e nello stesso tempo mistificato ». Dieci anni piu tardi (e cioè dopo la pubblicazione del primo volume del Capitale) egli scrive a Kugdmann (lettera dci 6 marw 1868): « La dialettica di Hegel è >, comunque egli poi l'avesse di fatto interpretata. Non è tanto questo che interessa, quanto la circostanza che la sopraricordata interpretazione althusseriana del Kokettieren acquista il suo peso all'interno di un'operazione zelantemente indirizzata alla demolizione del significato critico-sistematico della prima sezione del Capitale.

257 www.scribd.com/Baruch_2013

::li Hegel, e quindi erano completamente perspicui solo a Marx medesimo (e a Engels o a Kugelmann solo ndla misura in cui quella :ritica giovanile, assai sommadamente, si era rif_lessa nella Sacra famiglia) 34 • In quella medesima lettera a Kugelm'ann, ironizzando sull'ottusità di F. A. Lange, che « ingenuamente » ha lodato Marx perché egli « si muove con rara libertà » nel materi-ale (Stoff) empirico, Marx scrive: « Costui non ha alcun sospetto che questo "libero movimento nel materiale" [freie Bewegung im Stoff] non è assolutamente ahro che una parafrasi del metodo di trattare il maveriale: e cioè il metodo dialettico ». Una delle migliori illustrazioni di che cosa fosse per Marx in questo senso i·l carattere scientifico del metodo dialettico applicato criticamente, sul terreno specifico dell'economia politica, la troviamo nella sua lettera del 27 luglio 1867 a Engels, che è parte della sua diHicoltosa spiegazione con l'amico, forse mai giunta a pieno chiarimento 35 , drca l'assetto del primo capitolo del Capitale e la funzione di questo rispetto all'ambito problematico dell'intera opera (compresi i volumi ancora in gestazione): « Qui si mostrerà di dove si origina il modo di veder le cose dei borghesucri e degli èconomi&ti volgari, e cioè del fatto che nei Lovo cervelli sempre soltanto si riflette l!a immed~ata fÒrma di manifestazione dei rapportJ, non la loro intima correlazione. Del resto, se cosi fosse, che ragione ci ·sarebbe poi di una scienza? Ora se io volessi in precedenza toglier di mezzo simili dubbi, rovinerei llutto . il metodo dialettico di sviluppo [dialektische Entwicklungsmethode]. Viceversa tale metodo ha di buono che continuamente tende a quei grulli delle trappole che li inducono a un'intempestiva manifesbazione della loro asineria ». Questa « dialektische Entwicklungsmethode » è sf i4- libero movimento nel contenuto » ·(o « materiale ») a cui, dobbiamo dire, 34 Si noti che Marx riscoprf la Sacra famiglia nel 1867 a Hannover, mentre, ospite del dr. Kugelmann, aspettava di poter rivedere i primi fogli a stampa del Capitale. Presentando a Engels, per lettera (24 aprile 1867), il nuovo amico, a un certo punto scrive: «Possiede una raccolta di lavori nostri migliore di quella di noi due presi insieme. Qui ho trovato nuovamente anche la Sacra famiglia, che mi ha regalato e di cui manderà a te un esemplare. Fui piacevolmente sorpreso di constatare che non abbiamo da vergognarci del nostro lavoro, quantunque il culto di Feuerbach faccia ora un'impressione molto umo~i.stica ». È da pensare che l'esem· plare regalato a Engels fu poi quello prestato ad Antonio Labriola, e da lui letto avidamente (e da cui tanto succo seppe trarre). 35 Mi riferisco particolarmente a quanto risulta dall'assai fitto carteggio MarxEngels del periodo giugno-agosto 1867.

258 www.scribd.com/Baruch_2013

anche Hegel aveva aspirato (generalmente), ma che di fatto e nell'esecuzione egli aveva mistificato con la sovrapposta dialettica dell'idea, per la quale, come aveva scritto Marx nella sua (inedita) Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (1843) «non è la logica della cosa, ma la cosa della logica » a determinare il movimento stesso, onde Hegel « non sviluppa il suo pensiero secondo l'oggetto, bensi sviluppa l'oggetto secondo un pensiero in sé predisposto, e ch'è stato predisposto nell'astratta sfera del1a logica ». E cosf via: uutti .gli ingredienti che costituiscono la critica giovanile di Marx: appunto al « mistici&mo logico » di Hegel. Tale critica è indubb~amente un presupposto non solo storico, ma teoretico, dello sviluppo di quel criticismo che abbiamo visto in opera nella fondazione {primo e secondo capitolo del Capitale) della critica dell'economia politica. Non nel senso tuttavia di un trasferimento della critica alla dialettic-a hegeliana sul terreno dell'economia politica (come è accaduto al della Volpe di fr.aintendere, in pratica equiparando h oritica marxiana della fir1osoHa speculativa con la critica marxiana dell'economia classica- come se dello stesso· gt":nere di criticismo si trattasse: ed è uno dei piu grossi errori, in sostanza esso stesso speculativo dell'impostazione dellavolpiana), bensf nel senso che la critica della filosofia speculativa, nella sua versione marxiana (cioè come demistificazione del « misticismo logico » hegeliano), rende impossibile in Marx una pseudodialettizzazione estrinseca delle categorie economiche {alla Proudhon, o alla Lassall.e, secondo l'indirizzo mentale che Marx ravvisava anche in quest'ultimo) e viceversa rende possibile all'autonoma critica dell'economia politica (sia classica, sia anche 'volgare') di liberare, nel sud proprio campo specifico (analisi del modo di produzione borghese), quella « dialektische Entwicklungsmethode » a cui ·Marx teneva cosi acoanitamente, come prova il suo stesso dialogo con Engels circa il primo capitolo del Capitale. In che misura questo marxiano « metodo di sviluppo dialettico » converge, al di là dei detti criticismi, con il metodo di cui Hegel avrebbe comunque fornito I.a 'forma fondamentale' è problema epistemologicamente oggi piu che mai aperto (ed è, comunque, un ~e­ rito della scuola di della Volpe in Italia e di quella di Althusser in Francia averlo sollecitato energicamente). Vi è dunque una differenza, non trascurabile, fra il modo in cui Marx, negli anni 1857-59, come si è visto, e >anche as&ai piu tardi {addiri·ttura fin dopo la prima edizione del Capitale), si collocava nei riguardi del <~ metodo » dialettico hegeliano e il modo 259

www.scribd.com/Baruch_2013

:li Hegel, e quindi erano completamente perspicui solo a Marx medesimo (e a Engels o a Kugelmann solo neHa misura in cui quella :ritica giovanile, assai sommariamente, si era riflessa nella Sacra famiglia) 34 • In quella medesima lettera a Kugelm·ann, ironizzando sull'ottusità di F. A. Lange, che « ingenuamente» ha lodato Marx perché egli « si muove con rara libertà » nel materiale (Stoff) empirico, Marx scrive: « Costui non ha alcun sospetto che questo "libero movimento nel materiale" [freie Bewegung im Stoff] non è assolutamente ahro che una parafrasi del metodo di trattare il materiale: e cioè il metodo dialettico >>. Una delle migliori illustrazioni di che cosa fosse per Marx in questo senso i·l carattere scientifico del metodo dialettico applicato criticamente, sul terreno specifico dell'economia politica, la troviamo nella sua lettera del 27 luglio 1867 a Engels, che è parte della sua difficoltosa spiegazione con l'amico, forse mai giunta a pieno chiarimento 35 , circa l'assetto del pdmo capitolo del Capitale e la funzione di questo rispetto all'ambito problematico dell'intera opera ( oompresi i volumi ancora in gestazione): « Qui si mostrerà di dove si origina il modo di veder le cose dei borghesucci e degli e<:onomisti volgari, e cioè del fatto che nei loro cervelli s-empre soltanto si riflette :La immediata forma di manifestazione dei rapporti, non la loro intima correlazione. Del resto, se cosi fosse, che ragione ci ·sarebbe poi di una scienza? Ora se io volessi in precedenza toglier di mezzo simili dubbi, rovinerei trutto . il metodo dialettico di sviluppo [dialektische Entwicklungsmethode]. Viceversa tale metodo ha di buono che continuamente tende a quei grulli deHe trappole che li inducono a un'intempestiva manifestazione della loro asineria ». Questa « dialektische Entwicklungsmethode » è sf • Hb~ movimento nel contenuto» {o «materiale») a cui, dobbiamo dire, 34 Si noti che Marx riscopri la Sacra famiglia nel 1867 a Hannovcr, mentre, ospite del dr. Kugelmann, aspettava di poter rivedere i primi fogli a stampa del Capitale. Presentando a Engels, per lettera (24 aprile 1867), il nuovo amico, a un certo punto scrive: « Possiede una raccolta di lavori nostri migliore di quella di noi due presi insieme. Qui ho trovato nuovamente anche la Sacra famiglia, che mi ha regalato e di cui manderà a te un esemplare. Fui piacevolmente sorpreso di constatare che non abbiamo da vergognarci del nostro lavoro, quantunque il culto di Feuerbach faccia ora un'impressione molto umo11istica ». È da pensare che l'esemplare regalato a Engels fu poi quello prestato ad Antonio Labriola, e da lui letto avidamente (e da cui tanto succo seppe trarre). 35 Mi riferisco particolarmente a quanto risulta dall'assai fitto carteggio MarxEngels del periodo giugno-agosto 1867.

258 www.scribd.com/Baruch_2013

anche Hegel aveva aspirato (generalmente), ma che di fatto e nell'esecuzione egli aveva mistificato con la sovmpposta dialettica dell'idea, per la quale, come aveva scritto Marx nella sua (inedita) Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico ( 184 3) « non è la logica della cos-a, ma la cosa della logica » a determinare il movimento stesso, onde Hegel « non sviluppa il suo pensiero secondo l'oggetto, bensi sviluppa l'oggetto secondo un pensiero in sé predisposto, e ch'è stato predisposto nell'astratta sfera deUa logica». E cosi via: tmtti gli ingredienti che costituiscono la critica giovanile di Marx appunto al « misticismo logico » di Hegel. Tale critica è indubb1amente un presupposto non solo storico, ma teoretico, dello sviluppo di quel criticismo che abbiamo visto in opera neBa fonde.zione {primo e secondo capitolo del Capitale) della critica dell'economia politica. Non nel senso tuttavia di un trasferimento della criti~a alla dialettic-a hegeliana sul terreno dell'economia polLtica (come è accaduto al della Volpe di fraintendere, in pratica equiparando ,la critica marxiana della fil1ooofia speculativa con la critica m'.uxiana dell'economia classica- come se dello stesso· genere di criticismo si trattasse: ed è uno dei piu grossi errori, in sostanza esso stesso speculativo dell'impostazione dellavolpiana), bensi nel senso che la critica della fil.osofia speculativa, nella sua versione marxiana (cioè come demistificazione del « misticismo logico » hegeliano), rende impossibile in Marx una pseudodialettizzazione estrinseca delle categorie economiche {alla Proudhon, o aLla Lassalle, secondo l'indirizzo mentale che Marx ra'Vvisava anche in quest'ultimo) e viceversa rende possibile all'autonoma critica dell'economia politica {sia classica, sia anche 'volgare') di liberare, nel sud proprio campo specifico (analisi del modo di produzione borghese), quella « dialektische Entwicklungsmethode » a cui ·Marx teneva cosi accanitamente, come prova il suo stesso dialogo con Engels drca il primo capitolo del Capitale. In che misura questo marxiano « metodo di sviluppo dialettico » converge, al di là dei detti criticismi, con il metodo di cui Hegel avrebbe comunque fornito 1a 'forma fondamentale' è problema epistemologicamente oggi piu che mai aperto (ed è, comunque, un ~e­ rito della scuola di della Volpe in Italia e di quella di Althusser in Francia aveorlo sollecitato energicamente). Vi è dunque una differenza, non trascurabile, fra il modo in cui Marx, negli anni 1857-59, come si è visto, e anche assai piu tardi {addirittura fin dopo la prima edizione del Capitale), si collocava nei riguardi del « metodo » dialettico hegeliano e il modo 259

www.scribd.com/Baruch_2013

in cui Engels rappresentava tale collocazione di Marx nella recensione del Volk (1859) •al Per la critica dell'e-conomia politica. A quel.lo che mi risulta, bisogna giungere al famoso poscritto della seconda edizione del Capitale (1873) - allorché Marx si trova per cosi dire til'ato per i capelli dalla necessità improrogabile di fornire almeno qualche chiarimento intorno al metodo da 1ui messo in opera nel libro - perché egli accolga pienamente e chiaramente la tesi del « rovesciamento » e della di·retta contrapposizione ( « il mio metodo diaLettico, quanto al suo fondamento [ Grundlage] non soltanto è diverso da quello hegeliano, ma è il suo diretto contrario »). Marx si è deciso cioè a .fare quest.a specie di salto (che dovrebbe esser chiarificatore) rispetto alle posizioni diverse e di piu sottile e meno drastica differenziazione che troviamo ancora nel carteggio fra il 1867 e il 1873. Marx però, in pari tempo, non rinuncia per null-a al riferimento esplicito alla sua critica giovanile di Hegel, riferimento che anzi viene r1badito e portato ora davanti al pubblico: a un pubblico il quale .nulla ne sapeva e ben poco poteva capire ,(a differenza di noi): «Ho criticato il lato mistificatore della di·alettica hegeliana quasi trent'anni fa, quando era ancora la moda del giorno »,ecc. Se le cose stanno cosi, come credo di aver sufficientemente provato, nel poscritto del 1873 s'intrecciano e tendono a fondersi due tradizioni critico-concettuali diverse, una piu propriamente marxiana e una .piu propriamente -engclsi.ana, drca il modo di interpretare il rapporto del metodo dialettico dì Marx con quello di Hegel. È perfetta tale fusione? Possiamo dubitarne. Se la critica dì Althusser a un sov-rapporsi incongruo di metafore, in quel poscritto, fallisce del tutto il bersaglio, perché Althusser ostinatamente si è sottratto a-1 compito di almeno tentare la loro concettualizzazione (che, quanto al 'rovesciamento' non può compiersi se non riportando tale metafora a una logica di reLazioni asimmetriche) 36 bisogna riconoscere che il suo discorso sbrigativo, e non del tutto, intellettualmente, leale, è tuttavia, anche in questo caso, segnalatore (ma non piu che segnalatore) di una situazione nascosta di disagio teoretico effettivo. Ma esso non sta affatto, 36 Feci questa proposta fin dal 196.3, in un intervento pubblicato in Critica marxista (e ora inserito nel presente volume, pp. 352·.361 ), la cui base teorica (a proposito del problema accennato nel testo) rimane per me valida; anche se l'interpreta7.Ìone che davo della recensione di Engels al Per la critica dell'economia politica risulta assai profondamente modificata nel presente scritto.

260

www.scribd.com/Baruch_2013

propriamente, nel rapporto concettuale fra le meta,fore messe in opera. Sotto questo riguardo, anzi, .la fusione delle due sopraindividuate tenden:re ti.nterpretati'V•e risulta perfett=a 37 • Perché ne1La nuova posizione del Marx 1873 è proprio H « rovesciamento » a render possibi.le la separazione di un « nocciolo razionale » da un « guscio mistico » { « bisognava rovesciar1a [la dialettica di H egei] per scoprire il nocciolo razionale entro il guscio mis tico »). Il che significa che il « nocciolo razionale » come tale ·rimane in piedi, non viene rovesciato esso stesso: è quel « razionale nel metodo che Hegel ha scoperto ma in pari tempo mistificato » di cui parlava Marx, si è visto, fin dal 1858. In che cosa consista per lui quel nucleo razionale («critico» e «rivoluzionario» insieme) egli lo indica ohi·aramente neLle righe -seguenti dd poscritto del 1873 38 • Ora, si deve notare che questa metafora dell'« estrarre il nocciolo)> (cioè toglierlo dal guscio: den Kern herausschalen) si trova tal quaie nella recensione engelsi~na del 1859 al Per la critica dell'economia politica, messa in correlazione all'operazione del « rovesciamento » del metodo. Ma il discorso di Engels è molto meno netto (e non a caso, vedremo piu oltre). Ascoltiamolo: « Marx era ed è ~l solo che si poteva accingere al tavoro di estrarre dalla .Jogica hegeli.ana il nocciolo che racchiude le vere scoperte di Hegel in questo campo, e di stabiHre ·i·l metodo dialettico spogliato dei suoi veli idealistici [ entkleìdet von ihren idealistischen Umhullungen], nella figura semplice [in der einfachen Gesta!t] in cui esso diviene la soia forma giusta dello sviluppo del pensiero [richtige Form der Gedankenentwicklung] ». Al 'nocciolo' engelsiano non solo manca l'epiteto di « razionale)> - cosa di per sé senza importanza, perché dal discorso di Engels lo si può desumere come genericamente implicito ma manca in Engels una defizione (anche implicita) delimitante H 'nocciolo' stesso, quale si trova invece nel Marx dd 1873. Soprattut·to è rilevante il fatto che la coppia opposizionale è divers'a: 37 Ho fatto l'analisi della corrispondenza fra quel sistema di metafore e il sistema concettuale che se ne ricava in una mia relazione scritta per il congresso intE-rnazionale tenutosi ~ Stoccarda in occasione del bicentenario ( 1770-1970) della nascita di Hegel. Essa deve vedet· la luce nel fascicolo degli llegel Studien dedicato a quel congresso. (È srata anche raccoha, sotto il titolo Die eigentiimliche Logik des eigentiimlichm Gegr:nstandes, in Cesare Luporini. Kar! Marx - Kommunismus und Diaiektik, Frankfurt a.M. - Koln, 1974.) 3 ~•. Esso corrisponde a ciò che Hegel, nell'introduzione alla Scienza della logica, chi.ama Lt «negazione determinata». Che anche in Hegel non è tutto il metodo, né la struttura di esso (Bau de,· Methode), costituita piuttosto dall'imera «scienza della logica»; ma si potrebbe ben dire qualcosa come il suo nucleo.

261

www.scribd.com/Baruch_2013

non 'nocciolo razionale - guscio mistico', bensi 'nocciolo razionale - veli idealistici'. Mentre la coppia opposizionale funzionante nel Marx 1873 è strettamente specifica, in quanto dipendente da un criticismo specifico (la richiamata critica del « misticismo logico»), quella presente nell'Engels del 1859 è generica e, diciamo pure, assai grossolana, in quanto semplicemente identica {niente altro ahe una parafrasi delucidativa e altresi semplicistica) al 'rovesciamento' in oggetto. P•urtroppo si deve constatare che neppure in seguito Engels ha migliorato questo suo genericismo-semplicismo. Nel pur mirabi·le (per ·àhri versi) Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia class.ica tedesca (1886, cioè tre a!l11i dopo la morte di Marx), come .già ricordavo nel mio citato Realtà e storicità 39 , egli continua a muoversi in questa dimensione genericO"semplificatol'i·a, perfino esprimendoJa in termini certo non piu affinati: « [ ... ] ci si decise. a concepire il mondo reale [di e wirkliche W elt] - natura e storia - nel modo come esso si presenta a chiunque vi si accosti senza ubbie idealistiche preconcette [ vorgefasste idealistische Schrullen], ci si decise a sacrificare senza pietà ogni ubbia idealistica che non si potesse conciliare con i farti [T atsachen] concepiti nel loro proprio nesso [in ihrem eignen Zusammenhang] 40 e non in un nesso fantastico. E il materialismo non vuole dire .altro che questo ». Le radici, non casuali, di ciò le vedremo, ripeto, piu ohre. Nel posctitto alkseconda edizione del Capitale ( 1873) il nesso metaforico 'nocciolo raziona.Ie~guscio mistico' si discioglie perfettamente in nesso concettuale, cosi come l'altra metafora del 'rovesciamento' con cui Marx - si è visto - ha finito per correlarlo. E tuttavia, dicev-amo, permane una zona di disagio teoretico, che è piu profonda di quel plesso metaforico-concettuale. Si tratta di questo: nel ricostituire ed esplicitare il proprio rapporto critico con la dialettica hegeliana Marx in realtà fa a Hegel non uno ma due riconoscimenti positivi. Non soltanto quello del « nocciolo razionale» (.ben individuato e delimitato), ma anche l'altro e diverso riconoscimento: che Hegel, nonostante tutto ciò che vi è da critiCfr. nel presente volume p. 154. Nella lettera di Marx a Engels del 24 agosto 1867, a proposito del capitolo quarto del Capitale, ancora in bozze, troviamo che Marx scrive: «mi è costato tanta fatica di trovare le cose stesse, vale a dire la loro connessione [die Sachen selbst z.u finden, d.h. ihren Zusammenhang] », ma la fatica di Marx è appunto quella di far risultare, o scoprire, attraverso l'analisi morfologico-sistematica, l'oggettivo nesso delle cose, che non si trova per lui in alcun immediatismo fattuale-fenomenico (ancorché liberato da veli ideologici). 39

40

262 www.scribd.com/Baruch_2013

care e rifiutare in 1ui, è « stato il primo a esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa ». Punto, quest'ultimo, che corrisponde grosso modo alla prima parte dell'osservazione di Marx; sopra riportata, nella ·lettera a Kugelmann del ma·rzo 1868 che la « dialettica di Hegel è la forma fondamentale [Grundform] di ogni dialettica». Ma là si aggiungeva: solo che venga « spogliata della sua forma mistica ». Come questo 'spogliamento' o 'sfilzamento' o 'sgusciamento' [Abstreifung] potesse avvenire Marx non .Jo spiegava. Quasi certamente egli aveva in qualche maniera nella testa non solo il metodo concreto della sua critica dell'economia politica, bensi anche la propria diretta cri tic a giovanile a H egel. Ma nel poscritto del 18 7 3 in cui quest'ultima è richiamata {in modo assai enigmatico, indubbiamente, per il lettore di allora) lo 'sgusciamento' e il 'rovesciamento' simboleggiano due operazioni concettuali correlative e interdipendenti, si è visto, il cui risultato positivo è la separazione del detto, delimitato, « nocciolo razionale ». Il che significa che il riconoscimento n. 2 {letterariamente al primo posto, ma logicamente al secondo, nell'esposizione di Marx), che è poi di gran lunga il piu compromettente nei riguardi di Hegel, non trova in Marx piu alcun luogo teoretico Ìij. cui collocarsi, perché non si vede su quale operazione cdtica esso venga fondato, una volta che il criticismo messo in opera ·è stato precisato nel detto 'rovesciamento' e nei suoi dfetti ben delimitati (separazione del « nocciolo razionale »). Si tratta di una ambiguità ed equivocità - a livello epistemologico- che Marx si è sempre portato dietro (possiamo leggere sotto il segno di tale ambiguità tutte le citazioni da Marx che abbiamo fatto precedentemente per il periodo in questione, a partire dai 1858) e che SIOltanto ora { 187 3) viene alla luce. Ma viene alla luce per noi, non per 1ui. Marx non sembra essersi accorto dell'enorme distanza teoretìca fra i due Ticonoscimenti da ·lui fatti a Hegel; e di cui uno solo egli ha criticamente giustificato. Questo spazio teoretico lasciato vuoto {e che non fu certo riempito da Engels, se non in tentativi generosi ma molto 'datati·', non sempre coerenti, e per noi del tutto insoddisfacenti, come nell'Antiduhring o negli appunti per la Dialettica della natura) è esattamente lo spazio teoretico ancora oggi aperto che costituisce il luogo del raffronto fra la dialettica di Hegel e quella di Marx, rispettivamente nella loro effettiva esecuzione e interna necessità: per quanto concerne Marx soprattutto nel Capitale. Ma è altresf lo spazio teoretico in cui, ad 263

www.scribd.com/Baruch_2013

esempio, intuitivamente si è collocato Lenin nella sua lettura della logica hegeliana (qualunque giudizio .si voglia dare di tale lettura). È sullo sfondo .di questo cosi complesso contesto storico-concettuale (a livello epistemologico) che possiamo riprendere ora il filo della nostra discussione di « modo logico » e « modo storico », al punto in cui l'avevamo lasciata. Si tratta di comprendere in modo esatto {cioè non a orecchio) che cosa intendesse Engels nella reoensione del 1859 con l'equ~zione 'modo logico=modo storico spogliato della forma storica'. Ora, essa risulta del tutto dipendente dall'interpretazione engelsiana {« rovesciamento », per cosf dire, generale) del 1.apporto del metodo di Marx con quello di Hegel, a sua volta dipendente dall'interpretazione ·engelsiana dello stesso metodo di Hegel. La generalità attribuita da Engels al rovesciamento « critico» che sarebbe stato opera di Marx- generalità di sapore in qualche modo positivistico (Hegel « partiva dal pensiero puro, mentre qui si doveva partire dai fatti piu testardi») -ossia tale generalizzazione è resa possibile dal fatto che in tutta la tecensione Engels si riferisce vuoi ai principi del materialismo storico, esposti nella prefazione all'opera recensita, vuoi al contenuto dell'opera stessa (critica deH'economia politica), conducendo si il discorso dai primi al secondo, ma senza mai distinguere la profonda diversità epistemologica di tali due Ji.velii della ricerca maTxiana. 0Cosi avviene che la domanda 'come trattare la scienza?' è per lui una domanda generale, mentre per Marx sarà sempre una domanda specifica. Anche nell'inedita e incompiuta Introduzione del 1857 Marx problematizza non H metodo della scienza in generale, ma il« metodo dell'economi·a politica ».) Accade c_osf, prima di tutto, nella recensione di Engels, che il rapporto metodico fra Hegel e Marx, benché sia a un certo punto tematizzato, rimanga non solo fhtttuante (come, almeno in parte, sarà anche in Marx, per l'ambiguità sopra rilevata) -ma addirittura sia presentato come 'faute de mieux', nonostante la netta contrapposizione privilegiante il metodo dialettico hegeliano rispetto al vecchio metodo detto « metafisica», emblematizzato nel nome di Wolff (posizione che sarà sempre anche di Marx): « [ ... ] questo metodo di Hegel - dice Engels - fra tutto il materiale logico esistente era l'unica cosa a cui aLmeno ci si potesse appigliare! ». Il grande merito di Hegel viene collocato da Engels (come risulta dalle nostre citazioni precedenti) nel fatto che l'enorme materiale trattato da Hegel è sempre stato da lui pos.to in un « nesso deter-

264 www.scribd.com/Baruch_2013

minato » con la storia {anche se 'astratto' e 'rovesciato'); e si può ritenere che anche Marx, in sostanza, la pensasse cosi. Questo « nesso» [Zusammenhang] è precisato da Engels, nel suo aspetto generale, in ciò: che «lo sviluppo del suo pensiero andava· sempre parallelamente allo sviluppo della storia mondiale ». In siffatto parallelismo consiste per Engels il vero merito di Hegel. Esso fa si - impl,icitamente ma del tutto chiaramente - che anche in Hegel, « per quanto astratta e idealistica fosse la forma », il suo « modo logico » ('sviluppo del pensiero') fosse nella sua essenza un « modo storico» (in quanto dipendente da detto parallelismo) espresso solo
265

www.scribd.com/Baruch_2013

è la seguente: è siffatta riduzione propria anche di Marx? Solo a un confronto superficiale potrebbe sembrare di sl. A un'analisi attenta risulta invece 'Una differenza di impostazione molto profonda. Mettiamo a confronto i due luoghi privilegiati in cui rispettivamente in Engels e in Marx viene definito il senso del 'rovesciamento' marxiano del '7 3. Nella prima gli estremi di cui si .rovescia il rapporto sono, abbiamo visto, « pensiero puro» e « fatti testardi » (intesi questi ultimi positi
266 www.scribd.com/Baruch_2013

gere il significato critico del 'capovolgimento' stesso), è niente altro che un'insopportabile manipolazione. La differenza profonda ed essenziale fra l'interpretazione engelsiana e l'interpretazione marxiana del 'capovolgimento' marxiano è che in quest'ultima non vi è nessun ricorso diretto aHa immediata fattualità e alla storicità di essa. Anzi fa parte del suo rigore che questo ricorso diretto venga escluso. L'effetto essenziale del criticismo della marxiana critica dell'-economia politica nel suo dispiegarsi è infatti quello di ricostruire concettualmente ciò che sta dietro ai fatti fenomenici e eh~ in essi non appare (o meglio appare in modo distorto, capovolto, ecc.): e questo, e non la semplice descrizione positivistica dei fenomeni, è per Marx, in generale, il compito de_lla scienza. Vi è quindi una perfetta sutura fra il modo in cui si sviluppa in Marx ciò che "~Jgli ama chiamare « critica dell'economia politica » (accentuando l'aspetto critico della sua analisi del modo di produzione borghese, rispetto ai presupposti di essa forniti dagli « economisti ») e il modo in cui egli, a livello epist·emologico generale, presenta il suo capovolgimento metodico rispetto a Hegel. Ma analoga coerenza (in negativo, secondo la presente comparazione analitica e conseguente valutazione) trov1amo nella recensione ·engelsiana del '59. Perché - secondo Engels - « la critica dell'economia politica, ·anche dopo che era stato acquisito ,il metodo, poteva ancora esser intrapresa in due modi: storicamente o logicamente»? La risposta la fornisce lui stesso: perché « nella storia, come nel suo riflesso letterario, l'evoluzione va pure, in sostanza, dai rapporti piu semp1ici ai rapporti piu complicati ». Ne consegue, per Engels, che « lo sviluppo storico-letterario dell'economia politica offriva un filo conduttore naturale a cui la critica poteva aggrapparsi e in sostanza le categorie economiche sar·ebbero apparse anche in questo caso nello stesso ordine [Reihenfolge] dello sv.iluppo logico ». La scelta marxiana del « modo logico » è stata per Engels in certo modo una necessità ( « H modo logico della trattazione era i·l solo adatto»), ma una necessità del tutto pratica, di opportunità, perspicuità ed economia della « trattazione ». Il principio fondamentale -- in base al quale anche nell'eventuale uso diretto e formale del « modo storico », ritiene Engels, « le categorie economiche sarebbero apparse nello stesso ordine che nello sviluppo logico » - è che «ciò con cui incomincia la storia è ciò con cui deve pure incominciare il corso dei pensieri, e il proseguimento 267 www.scribd.com/Baruch_2013

ultertiore di questo non sarà altro che l'immagine speculare [Spiegelbild], in forma astratta e teoreticamente conseguente, del decorso [Verlauf] storico». Ecco perché - secondo Engels - il « modo logico » è assolutamente identico nella sua essenza al « modo storico », cosi come accadeva in Hegel (nell'ottica di Engels) nonostante la sua distorsione idealistica. Il che comporta implicitamente che esista appunto una essenza o essenzialità del decorso storico (e questo senza dubbio era vero per Hegel) distinta dagli andirivieni (Zickzack) della storia e delle sue « disturbanti accidentalità » (storende Zufiilligkeiten), h quale viene portata alla luce dalla specificità del « modo logico ». Speoificità che si presenta in Engels, implicitamente, come una (un poco m1steriosa, invero) operatività sistematizzante la quale riesce a fornire un'immagine speculare sistematica opportunamente corretta (korrigiertes S piegelbild, egli dice), ma « corretta secondo leggi che lo stesso effettivo decorso storico fornisce ». Che è una tipica posizione empiristico-positivistica: con tutte le implicite inestricabili difficoltà che si presentano sempre aU'empirismo-positivismo di far stare insieme la moltitudine dei fatti empirici, registrati come tali, con quanto di oggettivamente sistematico ne rende possrbile innanzi tutto la stessa individuazione e registrazione. Nel fatto queste difficoltà vengono eluse e ignorate da Engels con un nascosto ricorso a un essenzialismo, o quasi-essenzialismo {essenzialismo atipico, potremmo dirlo), di marca hegeliana. È tuttavia in questo senso - del tutto definito semanticamente - che egli può scrivere che « i:l modo logico è il modo storico unicamente spogliato della forma storica». Abbiamo cioè una reductio per un lato (formale: le 'leggi' fornite dal decorso storico) positivistica, per un altro lato (il contenuto, diviso in essenziale e casuale) hegelistica della posizione sistematica di Marx e dei suoi fondamenti morfologico-strutturali. Reductio dalla quaJe scompare quanto di specifico vi è nel criticismo di Marx non in rapporto alla filosofia speculativa, ma in rapporto alla 'economia politica'. Condizione prima e unica di tale reductio - che le fornisce un'innegabile interna coerenza - è che l'ordine dello 'sviluppo logico' {cioè delle categorie messe in opera) e l'ordine dello 'sviluppo storico' {fattuale) coincidano, andandosi nell'un caso e nell'altro dal piu semplice al piu complesso. Ove, naturalmente, è sottinteso che si tratti dello stesso genere (nel logico e nello storico) di (relative) semplicità o complessità. (Tale principio condizionante è ciò che potremmo chiamare lo storicismo di 268 www.scribd.com/Baruch_2013

Engels, in tutto coincidente col suo postttvzsmo dei 'fatti' immediati, e insieme col suo hegelismo essenzializzante, nella misura in cui quest'ultimo viene attratto aU'interno di siffatto positivismo.) Ora, tutto questo era esattamente il contrario di ciò che pensava Marx; ossia delle posizioni a cui egli proprio ·in questi anni era già pervenuto, come rivelano i manoscritti dei Grundrisse, e particolarmente la Introduzione interrotta del1857. Ove il parallelismo tra decorso storico effettuale e sviluppo sistematico della scienza ·è decisamente ed esplicitamente respinto, sotto ogni riguardo: « Come in g-enerale per ogni sdeooa storica e SO<.'iaie [è uno dei pochissimi spunti generalizzanti di Marx, e lo è, vediamo subito, in sel11So nettamente antistoricistico], nell'ordinar-e le categorie economiche si dev·e tener fermo che, oome nella realtà cosi nella mente, il soggetto - qui la moderna sodetà borghese è già dato, e che le categori·e perciò esprimono forme dello es-serci [Daseinsformen], determinazioni del:l'esistewa [Existenzbestimmungen], spesso soltanto singol
e ohe è esattamente l'inverso di quelLo che ·sembra essere H loro ordine naturale o· di ciò che corrisponde alla successione [ Reihe] dello sviluppo storico. Non si tratta del posto che i rapperti economici occupano storicamente nel succedersi delle diverse forme di società ed ancor meno della loro successione "nell'idea" (Proudhon), che non è che una rappresentazione nebulosa dello sviluppo' storico, ma della loro articolazione [ Gliederung] all'interno della moderna società borghese ». Dunque il « modo storico » è per Marx « impraticabile e falso ». Ma anche per Engels esso è, di fatto, impraticabile, si è visto ( « Il modo logico di trattare la questione era dunque il solo adatto»). Tuttavia non è 'falso'; e l'ipotesi (ancorché impraticabile, o quasi) di esso gli serve a dimostrare la essenziale identità dei due presunti 'modi', proprio su quel terreno teoretico che Marx dichiara « fa:lso » in r·apporto a un critedo cr.itico di verità sdentific·a appropriato al campo considerato; anzi, addirittura, appropriato a « ogni scienza storica e sociale ». È come se Marx rispondesse con due anni di anticipo (estate 1857) al modo in cui Engels lo avrebbe frainteso e stravolto due anni piu tardi, recensendolo sul Volk. Alla luce delle presenti considerazioni giova andare a rileggere, fra le lettere di Marx a Engels in cui egli sollecitava l'amico perché recensisse 11 suo libro, quell'unica (del 22 luglio 1859) che contiene dei pur rapidi suggerimenti. « Nel caso che tu ne parli - scrive Marx - non bisognerebbe dimenticar.e: l. che il ptoudhbnismo è stroncato alla radice, 2. che si analizza subito nella sua f.orma piu semplice, quehla di merce, il camttere speci,ficamente sociale e nient·e a.ffatto assoluto della produzione borghese ». Ora, nei riguardi di questo duplice suggerimento, colpiscono due cose: a) per quanto concerne Mrurx: che dall'intero arco dei problemi trattati nel Per la critica dell'economia politica egli invitasse Engels a mettere in rilievo quei soli -aspetti, il primo dei quali sembra essergLi sostanzialmente esterno; b) per quanto concerne Engels: che delle due indicazioni forn~tegli da Marx egli disattendesse del tutto la prima, e .fraintendesse completamente la seconda. Di quest'ultimo punto ci spetta ancora la prova analitica. Il suggerimento di Marx a Engels è dunque di sottolineare che nel suo libro « si analizza subito nella sua forma phi semplice quella di merce, il carattere specificamente sociale, e per nulla assoluto, ·della produzione horghese ». Ora, che cosa fa Engels? Incomincia (per quanto concerne questa parte) con un discorso generaleasttatto: « Seguendo questo metod'O [quello già iilust.rato, di cui sa270

www.scribd.com/Baruch_2013

rebbero possibiJi i due modi, logico e storico] prendiamo come punto di partenza H primo e piu sempl1ce rapporto che ci si presenta storicamente, di fatto [corsivo mio] cioè, in questo caso ril caso della cri tic a dell'economia poli ti<:a], il primo rapporto economico che troviamo davanti a noi. Questo rapporto lo scomponiamo. Per il fatto che è un rapporto, ne deriva già che esso ha due lati che sono in relazione l'uno con l'altro. Ognuno di questi lati viene esaminato a sé; da questo esame risulta il modo del loro reciproco rapporto, la loro azione e reazione reciproca. Ne risultano delle contraddizioni che richiedono di esser rimosse ». E cosf via, cosf via! Lasciamo al gusto di qualche studente di buona volontà, in cerca di un tema dL esercitazione, il confronto analitico fra questo approccio metodico di hegelismo un po' alla buona (applicato 'materialisticamente') e quello che è l'effettivo andamento del Per la critica dell'economia politica di Marx. Ciò che ci preme rilevare è che En.gels qui inserisce comunque e subito qualcosa che era del tutto assente nell'indicazione fornitagli da Marx: la storia e la immediata fattualità, insieme congiunte, come qualcosa che ci sta dinanzi al naso (das uns historisch, faktisch vorliegt): in coerenza con la sua convinzione che H « piu semplice » storico deve essere anche il « piu semplice » nel quadro dello sviluppo sistematico. Proprio per questo gli è organicamente indispensabile una premessa metodo logica che (qualunque fosse il suo contenuto) è invece estranea, cioè disorgank:a, al modo di esposizione di Marx (già nel Per la critica dell'economia politica), il quale tende a essere di natura tale da contenere in se stesso la propria fondazione critica, senza bisogno di alcuna premessa generale metodic-a. Ma altrimenti Engels non avrebbe potuto inserire il riferimento alla 'storia', che gli è invece necessario, perché sul parallelismo evolutivo di « storico » e « logico » è fondata tutta la sua interpretazione metodologica di Marx e del 'rovesciamento' marxiano. Quando Engels, subito dopo, passa (fi.wlmente!) a parlare della « merce », la sua esposizione è assolutamente coerente con siffatta interpretazione: «L'economia politica incomincia dalla merce, dal momento [Moment] in cui dei prodotti -sono scambiati con aitri prodotti, sia da individui singoli sia da comunità primitive. prodotto che viene scambiato è merce ». Con quel che segue. Come nella premessa metodica è stata inserì t a la 'storia', cosi neli' esposizione della problematica della merce viene subito inserita una designazione temporale (Moment

n

271

www.scribd.com/Baruch_2013

in questo caso è usato appunto in senso temporale), quale riferimento a un dato originario e originante. Quella che per Marx è una fattualità storica che viene scoperta solo a un certo punto dello sviluppo sistematico, da Engels è dislocata (necessariamente, secondo la sua impostazione) aLl'inizio di esso, stravolgendone radicalmente 1'andamento critico-sistematico che aveva in Marx. È impressionante come questo modo di procedere di Engels non corrisponda all'indicazione che gli aveva dato Marx, sopra riportata, in cui assolutamente non figura nulla né di storico né di temporale. Si tratta, si badi, non di un'aggiunzione che si possa dichiarare soltanto superflua (una rotella di troppo); ma, ripeto, di un completo stravolgimento. Marx, si è visto, aveva chiesto a Engels di mettere in rilievo che nella sua opera « si analizza subito nella sua forma piu sempli<:e, quella di merce, il carattere specificamente sociale e niente affatto assoluto della produzione borghese ». Marx chiede, esattamente, a Engels di mettere in luce ciò per cui tanti anni piu tardi, come testimoniano le postume Glosse a Wagner, ancora dovrà lottare contro i volgari fraintendimenti del suo procedere critico-sistematico: la nozione iniziale di « merce » come del « piu semplice » concretum economico ( « cosa sociale », soziales Ding) della « società borghese», qua1e risulta dall'analisi « microscopica» di essa mediante l'applicazione della ·«forza di astrazione » (e non da una messa in correlazione della società borghese con una propria origine storica), e a cui corrisponde, nell'analisi medesima, « la forma sociale piu semplice in cui si presenta il prodotto della:voro nell'attuale società, il prodotto in quanto "merce" » 42 • Criticamente e sistematicamente essenziale nella richiesta che Marx aveva fatto a Engels è che il « carattere non assoluto della produzione borghese » si trova accoppiato al suo carattere « specificamente sociale» e non al suo carattere storico (qui neppure nominato). Ciò premeva a Marx. È attraverso la determinazione critico-sistematica della specificità sociale di un modo di produzione che ·si scoprirà anche la sua spedfkità storica (e in questo senso si può parlare di storicità delle categorie economiche) e non viceversa. Altrimenti si sa già che cosa è storia {e ideologicamente, cioè borghesemente, lo si sa già!) e con la ·storia si spiega tutto (cioè, nulla). Ma nella impostazione critica marxiana che cosa è storia lo si sa dopo e non prima; e la determinazione dei modi di produzione e delle corrispondenti formazioni sociali come « sta42

K. Marx, Scritti inediti di economia, p. 175.

272 www.scribd.com/Baruch_2013

di » fondamentali di uno « sviluppo storico » richiede appunto la determinazione della loro specificità sociale, che è prodotta da un'analisi critico-sistematica differenziale .(a partire dall'attuale società), e non dalla storiografia, anche se naturalmente si elabora su dati in senso .Iato (e classico) storici .(ovvero descrittivi). Possiamo dire che lo stravolgimento-fraintendimento engelsiano della richiesta di Marx, idealmente autorizzava quei fraintendimenti con cui si troverà alle prese Marx nelle Glosse a W agner in polemica con Rodbertus e gli economisti volgari, ove non a caso egli deve proprio rettificare, e lo fa sarcasticam~nte, il rapporto di « logico » e « storico ». H prezzo che tale stravolgimento-fraintendimento fa pagare al marxismo, a tutti i livelli, è altissimo. Sul piano della critica dell'economia politica esso obbliga a storicizzare come uno stadio per u5a:re a sé quel «sis.tem~ dell',econom.ia mercantile» l'espressione di Lenin- che è invece soltanto u1,1 momento necessado dell'analisi genetico-sistematica (metodo dello 'sviluppo' sistematico) del modo di produzione borghese (appunto Lenin aveva visto ciò nitidamente), a cui, in linea di principio (cioè agli effetti dell'analisi della società borghese), è del tutto indifferente quale dose di realtà storica gli abbia corrisposto, e dove e quando. Ma, in linea generale, con questa deformazione aHa radice della critica dell'economia politica s'introduce nel marxismo il cancro dello storicismo - di cui appunto in Engels esiste il germe - {perfettamente fuso con quello di una deformazione positi:vistica e insieme, si è visto, pseudo-hegelistica) 43 ; cancro che lo ha poi pervaso am43 Mi rendo conto che la parola « pseudo.hegelismo » può apparire assai pe:;ante. Ma qui non è in questione, sia ben chiaro, il 'ruolo' complessivo avuto da Engels a fianco di Karl Marx, e neppure la sua parte differenziale nella fondazione del 'materialismo storico'; bensf un punto teorico discriminante che si riverbera sull'intera interpretazione di Hegel, e quindi sul rapporto di fondo H~gcl-marxismo, la cui problematica è tutt'altro che esaurita, anzi è quanto mai attuale. Ritengo del tutto inaccettabile e falsificante qualsiasi riduzione storicistica del 'razionalismo dialettico' di Hegel; e quindi ritengo che s1a necessario e doveroso snidare anche i germi piu lontani di siffatto riduzionismo. Naturalmente anche per ciò che di negativo (secondo la mia valutazione) essi trasmettono comunque sull'autointerpretazione del m:irxismo, A questo punto si apre la questione, estremamente impegnativa per i marxisti italiani, di ciò che Gramsci intendeva impiegando il termine « storicismo >>. Per impostare seriamente la quale è innanzi tutto necessario non solo reperire la eventuale pluralità di significati del suo uso in Gramsci, ma applicare il metodo di 'storicizzazione' suilo sfondo culturale-concettuale e, differenzialmente, fare attenzione alla diversità ri~petto ailo 'sfondo' proJblematico attuale, onde evitare interpretazioni abusive, sul piano storico ed equivoci su quello teoretico. Quanto a Gramsci e al suo 'sfondo' culturale-concettuaie vorrei qui solo ricordare che, nell'ambito del cosiddetto neo-idealismo e

273

Il

www.scribd.com/Baruch_2013

pilamente (ma non in Lenin ) , e che è una malattia teoretka ma di cui sarebbe poi importante ricercare e vedere •le conseguenze di carattere pratico che a chi scrive sembrano andare in direzioni, in ultima ana:lis•i, revisionistiche o oppottunistiche, e non in quella rivoluzionarioa dd marxismo. Ma, se Engels, nel 1859, ha cos( frainteso il secondo suggerimento di Marx, non minore rilievo ha il fatto che egli abbia disatteso H primo, quello relativo al proudhonismo « stroncato alla radice » (non è ragionevolmente presumibile che nella terza parte, soltanto annunciata, dell'articolo in questione Engels avrebbe potuto ripescare questo tema). Storicamente questa disattenzione tocca l'enigma non solubile (o non solubile fino in fondo, sulla base dei materiali rimasti) del rapporto intellettuale fra i due amici. Per noi, che conosciamo i Grundrisse e in par.ticolare l'Introduzione del 1857, quel suggerimento è chiari-ssimo, e appare strettamente collegato, da un punto di vista critico-sistematico, col secondo: è il suo rovescio (oggi si direbbe, 'risvolto'} storico-attuale, in Marx (nel senso di 'storia delle posizioni teori·che'). Anche in questo caso ciò che decide è la posizione antistoricistica (ante-litteram!) di Marx. Come si è visto da·i due passi che abbiamo citato dell'Introduzione del '57, allo stesso modo in cui è escluso da Marx che l'ordine dello sviluppo sis~ematìco cenisponda all'ordine che « i rapporti economici occupano storicamente nel succedersi delle diverse forme di società», cos( esso « ancor meno»- dice Marx- può corrispondere a una « loro successione "nell'idea" .(Proudhon), che non è che una rappresentazione nebulosa del movimento storico >>. Sotto questo riguardo Proudhon per Marx non è soltanto Proudhon (s'intende il Proudhon di prima il 1848, che rimane sempre per lui neo-hegelismo (ma quest'ultima espressione è assai impropria) italiano, il termine storicismo fu impiegato da akuni 'scolari' del Croce assai prima che dal Croce stesso, il quale poi fini per accettarlo: ma credo con qualche iniziale esitazione, forse per l'origine positivistica di questo termine (e maggiore riluttanza mostrò il Gentile). La famosa discussione fra il Croce e il Meinecke intorno allo storicismo si colorisce indirettamente di una partkdare luce retrospettiva attraverso la polemica del Popper contro lo historicism, che non ha mrlla a che vedere con le posizioni da mc sostenute (poiché, com'è noto, per il Popper modelli di historicism sono per l'appunto il pensiero di Hegel e il marxismo; e in ciò egli è idealmente, ma da un punto di vista arrovesciato e negativo, vicino al Croce, dopo che questi ebbe accettato il termine). Ritrasportata in ambiente culturale tedesco la posizione del Popper ha dato luogo all'introduzione di un nuovo termine, Historìzi.rmus, contrapposto al precedente Historismus, onde eV> si trova già in Labriola, in una duplice interpretazione (negativa e positiva).

274 www.scribd.com/Baruch_2013

queLlo che conta) bensi è un modello - o se si vuole un contromodello. Il modello di ciò che non si deve fare nella pur necessaria deduzione astratta delle categorie economiche: sviluppare 'dialetticamente' quest'ultima in parallelo con il « movimento storico ». È in certo senso H modello negativo, sul terreno della critica dell'economia politica, dello storicismo che Marx rifiuta. Proudhon giganteggia in Marx come la rappresentazione permanente (fin entro Il capitale) del rischio che la modalità specifica del suo criticismo, sul terreno deH'economia, ha saputo evitare. Diventa perciò un cànone generale negativo ·.(onde la sua applicazione anche a Lassalle). Vi è di piu: Proudhon è un tale punto focale negativo per Marx che in esso, in ciò che esso rappresenta, - la pseudodialettizzazione, la dialettizzazione insieme estrinseca e evolutiva, - e solo in esso (« la successione nell'idea », specchio illusorio della successione storica) convergono e si incont-rano nel loro prolungamento ideale i due criticismi marxiani, altrimenti del tutto eterogenei fra loro {anche se l'uno rende possibile l'altro, si è visto), quello di rilevanza filosofica, diretto contro la filosofia speculativa, e qudlo di rilevanza e di modalità scientifiche, inerente all'analisi d eH a società borghese {critica dell'economia poli tic a). Solo cosi si comprende la permanenza in Marx di questo polo di riferimento, la presenza di tale Proudhon; ad esempio, in un complesso problematico come quello dei Grundrisse. Si tratta di un cofibrasto criticosistematico che ha valore esemplare. Alla luce di esso prendono singolare rilievo e significanza i riferimenti di Marx a Proudhon, dagli scritti giovanili a quelli della maturità, un rilievo e una significanza che nessun metodo di storia delle idee b della cultura perverrebbe altrimenti a collocare nel giusto spazio teorico. {lvi compresi i parziali riconoscimenti 44 .) Tutto questo diventa chiaro per noi, ma poteva essere altret44 Tra questi parziali riconoscimenti, con il loro scomparire o ripresentarsi (sia in positivo che in negativo), collocherei, come punto di attenzione iniziale per la storia del rapporto teoretico Marx-Proudhon, il passo dell'Ideologia tedesca, nella sezione Il vero socialismo, in cui Marx si riferisce, ironizzando su Karl Griin, alla « dialectique sérielle » del libro di Proudhon, De la création de l'ordre dans l'humanité, che era apparso da poco (1843). Quanto profondo e Importante, nel suo insieme, fosse il rapporto Marx-Proudhon lo indica in modo partico!armente sensibile (per l'immediato passaggio da un giudizio di combattimento a un giudizio storico) la straordinaria lettera-articolo, scritta da· Marx il 24 gennaio 1865, e cioè pochi giorni dopo la morte di Proudhon, al direttore del Sozial-Demokrat, J. B. Schweitzer, su richiesta del medesimo, e pubblicata in tre numeri di quel giornale (la si può leggere in italiano in appendice a K. Marx, Miseria della filosofia, Roma, 19633, pp. 183-190).

275 www.scribd.com/Baruch_2013

tanto chiaro a !Engels? È molto dubitabile, a quanto testimonia o fa presumere il carteggio fra i due amici, di questi anni e di quelli posteriori. Per quanto possa sembrare paradossale, noi conosciamo di Marx oggi, sulla base della massa di scritti incompiuti rimasta inedita fino a poche decine di anni fa, molto piu di quanto ne conoscesse lo stesso Engels. Vi è un enorme travaglio problematico di Marx il cui significato è evidentemente sfuggito a Engels; ma si deve anche dire ohe non vi è nessun segno che Marx abbia cercato di comunicarglielo veramente, fino alla discussione intorno all'assetto del primo capitolo del Capitale. Ma era come discutere su un punto di arrivo, senza che fossero presenti tutti i presupposti della via che ad esso a.veva condotto. Probabilmente vi era una difficoltà intrinseca nello stesso Marx a restituire fino in fondo, sul piano della riflessione epistemologica, quel travaglio problematico, e le sue conseguenze metodologkhe. Noi vediamo che Marx è stato attratto dall'esigenza di dare spazio a una riflessione metodologica ed epistemologica, ma se ne è anche ritratto quasi come da una tentazione dissipatrice (esempio classico l'Introduzione del '57), fino a che fu costretto dalle circostanze a dire pubblicamente qualcosa; e lo fece nel poscritto alla seconda edizione del Capitale, in modo splendido e lapidario, ma anche sommario e in parte perfino sibillino, per il lettore dell'epoca (quasi che Marx avesse parlato piu a noi che a lui). Nel 1859 (prefazione a Per la critica dell'economia politica) egli preferi sos
276 www.scribd.com/Baruch_2013

Feuerbach: isolamento che ha influit_o a lungo sull'autointerpretazione del marxismo. Tutto questo {che qui si è appena tracciato) spiega storicamente, in qualche modo, la differenza, anzi il contrasto sistematico, che abbiamo trovato fra la posizione da Engels attribuita a Marx nella recensione del Volk e l'effettiva posizione di Marx (e, quanto a Proudhon, va forse aggiunta una differenza originaria fra i due amici, nel rapporto con lui, che è poi un aspetto della differenza all'origine, prima del loro incontro, del rispettivo passaggio all'idea comunistica) 45 ; ma, dal punto di vista teoretico, tutta quanta la ricostruzione storica non toglie né aggiunge un ette a quel contrasto che concerne la 'concezione' di fondo metodico-sistematica. Rimane il fatto che la posizione espressa da Engels nella recensione del Volk è in se stessa coerente e semanticamente univoca, se ricostruita nel suo esatto sfondo culturale-concettuale. Solo a questo punto possiamo chiederci: che ne è del tentativo fatto da Sereni di rinverdirla? Ebbene, esso è basato su un fraintendimento. Sereni interpreta la differenza (« due vie possibili )>, egli scrive) fra un « modo logico)> e un « modo storico >> di applicare al materiale empirico un medesimo 'metodo' critico-dialettico come una differenza di 'accentuazione' {quale collocazione epistemologica possa avere questa categoria non si desume dal suo scritto). « Non si tvattoer~ - egli .dice - d~ una .alternativa schematica bensi piuttosto della preminenza, dell'accento prevalente posto sull'uno o sull'altro momento, su qudlo logico, sistematico, strutturale, ovvero su quello storico, genetico. » 46 In base a ciò Sereni crede di poter distinguere un modello strutturale-genetico e un modello genetico-strutturale, di usi applicativi diversi, tuttavia però complementari. Questa proposta - che esamineremo fra poco - non ha piu nulla a che vedere con la posizione engelsiana, a oui pur viene collagata. Sereni infatti propone una validità ·epistemologica di reciprQCanza ndl'inversio~5 In ragione di quanto si è detto diventa, mi sembra, assai significativo che nella grande prefazione di Engels alla prima edizione tedesca (1884) della Miseria della filosofia si parli soprattutto di Rodbertus, e poi anche... di Ricardo, di Gray, ecc. (per contrasto di quadro storico e teorico), fino ad Adoplh Wagner, ma la questione 'Proudhon' appaia del tutto ai margini. Nonostante le comprensibili e importantissime esigenze di attualizzazione a cui quella prefazione (che sotto questo riguardo è esemplare ) rispondeva, l'esteriorità in cui rimane il collegam~nto critico-teorico, non con il Proudhon di Rodbertus, ma con il Proudhon di Marx, fa pur qualche impressione. 46 E. Sereni, art. cit., p. 69.

277 www.scribd.com/Baruch_2013

ne di versus del rapporto fra i termini considerati (genesi-struttura). Ma per Engels l'identità sostanziale o essenziale fra i due 'modi' in questione è per l'appunto, si è v·isto, basata suila comunanza fra loro di un versus irreversibile, che va nel senso del decorso storico (nel senso della diacronia, oggi si direbbe), cosicché il « modo logico » è uguale al « modo storico », ancorché spogliato della « forma storica ». È esplicitamente escluso da Engels che la separazione della «forma storica » (da lui suHicientementç: precisata) renda reversibile il versus sul terreno della trattazione sistematica. Perciò cardine dell'interpretazione engelsi.ana, si è visto, è la omogeneità del 'piu semplice' in senso storico col 'piu semplice' in senso sistematico. Quella separazione rende soltanto possibile un 'r1flesso sistematico' del decorso reale, riflesso che è costituito da un'immagine modificata (korrigiert) .di esso, ma modificata legittimamente (e in maniera che dovrebbe essere calcolabile) perché costruita in base a 'leggi' esse stesse prodotte dal processo storico. Un modello epistemologico, dunque, coerente; anche se rimane un modello vuoto, 'perché ad esso non corrisponde affatto l'analisi effettiva di Marx, né altre che si conoscano, né si sa quali sarebbero le condizioni e le regole di una sua effettiva applkabilità. Comunque fra la posizione espressa da Engels e quella espressa da Sereni vi è assoluta incompatibilità. A questo punto, evidentemente, non resta altro da fare che lasciare da parte Engels, ed esaminare la proposta di Sereni per se stessa. << Per ·tutte le scienze -soci-ali- egli scrive- che studiano aspetti ·e l'ivdli particolari, per quanto .importanti, della vita sociale, qual è quello economico, è chiaro che sarà il metodo strutturale-genetico quello che generalmente si imporrà nella trattazione. Ma quando si tratti della società nel suo complesso, nella sua totalità e unità, quando si tratti di formazioni economico-sociali, che esprimono l'unità dialettica di continuità e discontinuità dei processo storico, le due vie possibili per l'elaborazione di un modello di tali formazioni ci forniranno rispettivamente un modello strutturale-genetico, che ci si presenterà in tal caso come un modello sociologico, ovvero un modello genetico-strutturale, che ci si presenterà in tal caso come un modello piu propriamente storico delle formazioni stesse. Si tratta, beninteso, piuttosto che di due diversi modelli, di due diversi aspetti e di due diversi usi di un modello teorico sostanzialmente unico, del quale analoghi sono gli elementi cost·ituti·vi, seppur disposti in un differente ordine gerarchico, per cosi dire, a seconda del diverso livello e tipo di 278

www.scribd.com/Baruch_2013

astrazione scientifica che l'indagine sociologica e, rispettivamente, quella storiogra-fica comportano: il cui risultato è quello di una piu astratta e sistematica generalità, appunto, per la prima, e quello invece di una generalità empiricamente, storicamente piu concreta per la seconda. Sotto l'aspetto sociologico, in altri termini, un modello di formazione economico-sociale rifletterà, in primo luogo, il modo di produzione dominante in quella data formazione stessa. Preso in sé, tale procedimento ci fornirebbe un modello semplicemente economico: ma nel modello sociologico, insieme col modo di produzione, dovranno invece riflettersi i rapporti sociali e i fenomeni sovrastr.utturaH ad esso corrispondenti, in forma pura, sistematica. Sotto l'aspetto storico, d'altro canto, un modello di formazione economico-sociale - ·fondandosi semp.te sulla caratterizzazione del modo di produzione dominante - ne porrà in particolare rilievo la genesi, lo sviluppo, il decadLmento; lo calerà, e calerà i corrispondenti ropporti sociali e fenomeni sovmstrutturali, nelle concrete condizioni del dato ambiente geografico, storico-sociale, culturale, integrando ed arricchendo, da questo punto di vi•sta, gli eLementi costitutivi del modello stesso. » 47 A prescindere dalle ambiguità che abbiamo visto addensarsi nell'uso sereniano di « formazione economico-sociale » (con tutto ciò che concerne continuità-discontinuità, totalità e unità del « processo storico ») che cosa oi propone Sereni? Due modelli ·(perché, una volta prese insieme « genes1 » e « struttura », essendo evidentemente asimmetrica la relazione che può stabilirsi fra loro, si dà luogo a due modelli, ancorché reciprocamente legati da una differenza di verso) e tre distinti campi di applicazione (lo strettamente economico e il piu .vastamente sociologico per il modello strutturale-genetico e lo storico per il modello genetico-strutturale). I due modelli sono dunque complementari, stretti dalla correladvità costituita dalla detta differenza di verso; e quindi sono assolutamente paritetici. Non si può pensare che H primo condizioni il secondo piu che il secondo non condizioni il primo. Anohe se si volesse proiettare nel rapporto logico un elemento temporale, e per esempio attribuire un prima alla genesi e un dopo alla struttura, o viceversa, nulla cambierebbe a siffatta pariteticità, poiché essa significa solo che i due termini della relazione sono necessariamente, comunque, presi insieme; altrimenti la relazione non sussisterebbe. Si pensi per esempio al rapporto tra 'padre' e 'figlio' 47

I vi, p. 70.

279 www.scribd.com/Baruch_2013

(includente una differenza di verso che sul terreno empmco si riempie di enormi differenze qualitative .di ordine morale, affettivo, giuridico, ecc.), in cui si può credere di intravedere intrecciata una differenza temporale perché il padre è nato prima e il figlio è nato dopo. Ma questa differenza temporale non entra nel gioco, sia sotto il riguardo logico sia sotto quello dell'applicazione empirica: perché padre e figlio si costituiscono come tali in quanto compresenti, o 'presi insieme' o (se ci si vuole introdurre il tempo) simultanei. n che ·res-ta fis·sato 'Per l'eternità. Cioè non muta p.iu, anche se uno dei due muore, o quando ambedue saranno scomparsi dalla terra. Gli effetti - per esempio affettivi o giuridici - che questi fatti soprawenienti possono originare continuano a prodursi ~ll'interno di quel rapporto, che rimane la condizione fissa di essr. Mi scuso di richiamare queste cosi elementari considerazioni, ma vorrei prevenire e scansare gli equivoci che possono nascere dal fatto che nei dU.!! modelli sereniani, quanto alla loro applicazione, è chiamata in qualche modo in causa la storia e quindi la temporalità. M·a sono chiamate in causa non come costitutive dei modelli stessi, bens.l co111e qualcosa che deve essere afferrato da essi (in modo diverso secondo la differenza del loro verso; a meno che l'effetto di questa differenza non sia tale per cui storia e temporalità non ricadano integralmente soltanto nel campo applicativo di uno solo dei due modelli. Un'alternativa che non cambia nulla alla presente considerazione). Ora, che cosa accade in Sereni? Accade- come si evince dal lungo passo sopra citato che detta correlatività, complementarietà e 'pariteticità sussiste e insieme non sussiste. Infatti l'applicazione nel suo campo proprio (quello storico) del modello che Sereni chiama genetico-strutturale è possibile, egli dice, a una condizione (Sereni ha qui, marxisticamente, del tutto ragione) h quale viene espressa con le parole: « fondandosi sulla caratterizzazione del modo di produzione dominante ». Ma che cosa è siffatta « caratterizzazione » se non la applicazione del modello precedente - quello chiamato da Sereni strutturale-genetico - al suo campo proprio, denominato da Sereni sociologico, e includente il campo piu strettamente economico? A questo punto, di colpo, le cose presentano un volto compietamente diverso da quello fissato precedentemente. Si badi, ciò che turba non è il fatto che Sereni intrecci alla detta asimmetria e reciprocanza un rapporto toto co elo diverso (un rapporto non formale-relazionale), e cioè un rapporto di fondazione. Potrebbe anzi 280 www.scribd.com/Baruch_2013

esser là individuata la ragione reale della asimmetria in questione. Allo stesso modo posso sostenere che il legame costituito dalla differenza di verso fra 'padre-figlio' e 'figlio-padre', cioè tutto questo plesso relazionale, dipende realiter dal fatto che il padre fonda il figlio (in quanto lo genera). E perché no? Sarebbe una constatazione che non tocca nulla di quel plesso relazionale, ma soltanto spiega' l'origine 'reale' di quel caso determinato di asimmetria. Infatti (in generale) si può sensatamente ritenere che senza i rapporti biologici, per es. quello della generazione, e il loro inscriversi nella vita sociale, non sussisterebbero neppure gli umani (sociali) rapporti di parentela. È difficile infatti immaginare questi ultimi in un mondo di, puri spiriti 48 • Può avere quindi la sua importanza il riconoscere che i secondi sono fondati dai primi. Ma Sereni non dice che la genesi si fonda sulla struttura come il figlio sul padre, bens{ che il modello genetico-strutturale si fonda (per la sua applicazione) su quello strutturale-genetko. Che è come dire non che il figlio 'si fonda' sul padre (o è 'fondato' dal padre), ma che il rapporto figlio-padre è fondato su quello padre-figlio: e quindi, per esempio, che i diritti del figlio in quanto figlio, rispetto al padre, sono fondati sui diritti del padre in quanto padre, rispetto al figlio: un evidente non-senso (logico e giuridico). È il modo quindi in cui Sereni intreccia quel rapporto di fondazione con la relazione formale asimmetrica che viene a distruggere le premesse ~ poiché è una fondazione vista non fra i due termini relazionati, ma fra le relazioni inverse stesse. Viene cosi distrutta ogni loro correlatività o reciprocità (il loro legame per 'differenza di verso'). Eppure Sereni ha ragione, si è visto, nell'aver inserito quella condizione (« fondandosi sulla caratterizzazione del modo di produzione dominante »). Il che significa che ha torto in tutto il resto. Il tentativo di Sereni di far sopravvivere, o meglio di risuscitare in nuova incarnazione, « modo logico » e « modo storico » come due « vie possibili », due vie paritetiche e complementari, che s'illuminano e integrano vicendevolmente, fallisce perché egli stesso a un certo momento è costretto - sia pure in un inciso e come di sfuggita - a indicare che vi è un solo accesso il quale 48 Vero è che, in qualche modo, la teologia cristiana si è trovata nella necessità di tentarlo. E per un verso si sono avute le dispute sull'interpretazione del rapporto trinitario; per un altro verso, quanto al problema cristologico, esso prende senso dall'incarnazione, cioè dall'intreccio del rapporto di filiazione da un padre celeste con il rapporto di filiazione (reale, empirico, storico) da una madre terrestre. In ambedue i casi comunque il punto risolutivo è mysterium.

281

www.scribd.com/Baruch_2013

determina un senso unico che va dalla trattazione sistematica (strutturale, includente, in qualche modo, il genetico storico) aUa realtà storica; e quindi alla storiografia. Come mi sono sforzato dì mostrare nell'insieme di queste pagine. Quanto al modello scientifico di tale storiografia {a partire dalla stessa successione e evoluzione delle formazioni sociali e dei modi di produziohe), che Sereni denomina genetico-strutturale, essendo caduta detta complementarietà e correlatività, esso non esiste piu. Cioè è ancora tutto da costruire ·e di lui non si sa assolutamente nulla, se non che dovrà dipendere dal precedente, dal modo come questo fornisce un filo conduttore perché si possa sfociare sulla realtà stori-ca. La versione sereniana di « modo logico » e « modo storico » cosi si distrugge da se stessa, perché, a differenza di quella di Engels, è autocontraddittoria. Né poteva essere altrimenti sul terreno del marxismo. Certo si potrebbe tentare di interpretare i due modelli correlativi di Sereni - staccandosi in parte dalla lettera del suo testo in forma esigenz1ale, parificando rispettivamente « genetico » e « strutturale » a « diaaonico » e « sincronico ». L'esigenza sarebbe allora di chiarire come appare il sincronico nell'ottica (per cosi dire) del diacronico, e viceversa. Supposto che il problema abbia un senso controllabile 1n un qualche campo determinato e che lo abbiano i termini stessi messi in opera; e che essi siano criticament·e da ritenersi in una problematioa marxista, 'ecc., ecc.: tutte cose in cui non è ·certo qui il caso di addentrarci. 8. Risposta ad alcune obiezioni di Sereni. Prima di chiudere quest'intervento, mi spetta di rispondere ad alcune obiezioni che Sereni fa al mio Realtà e storicità, già citato. Cercherò di essere il piu rapido possibile, a costo di qualche schematicità. Non posso però fare a meno di premettere l'osservazione che nel suo saggio sulla « formazione economico-sociale » Sereni si .pone (e di ciò naturalmente sono lieto) fondamentalmente sul terreno stabilito ·da quella mia ricerca. Il quale è circoscritto e definito da due punti principali: a) che alla nozione di « formazione sociale» (o « economico-sociale», nel significato che abbiamo qui detto leniniano) è applicabile, ed è opportuno applicare, l'idea di «modello», in un senso che cercavo in qualche modo di cominciare a specificare. Ciò ha la sua ri:levanza oggi, perché ci sono mar.xistì che, implicitamente o esplicitamente, respingono siffatto uso, piu o meno chiaramente lasciando intendere che la nozione 282

www.scribd.com/Baruch_2013

di 'modello' apparterrebbe a un'epistemologia borghese (cioè nascostamente inficiata di ideologismo) e non marxista o comunque non sarebbe applicabile a una teoria marxista della società; b) che esiste una 'legge generale' enunciata di fatto da Marx nell' Introdu:àone del 1857 la quale esprime l'unico possi1bile, ma anche necessario, criterio oggettivo « per la costruzione - come mi esprimevo- di qualsiasi modello di formazione economico-sociale». Tale legge è, nelle parole di Marx: « In tutte le forme di società vi è una determinata produzione che decide dd rango e delJ'in~lruenza delle aLtre, e i cui mpporti decidono del rango e dell'inf,}uenza di tutti gli altri ». Si può anche considerare una ovvietà, o meglio un 'uovo di Colombo', l'attribuire carattere di 'legge' a tale proposizione. Sta di fatto, come risulta dal mio scritto, che sono arri.vato a questa formulazione (essa, a quanto io sappia, non si trova, almeno esplicitamente, nella precedente letteratura marxista) sulla linea di svolgimento dell'esigenza espressa da Lenin (nella sua polemica contro il soggettivismo in economia e in sociologia) di individuare un criterio 'oggett~vo'; esigenza, a mio parere, non suf.ficientemente soddisfatta da Lenin stesso (in Che cosa sono gli «amici· del popolo ») attraverso la sua sottolinea tura della « possibilità di applicare ai rapporti di produzione il criterio sdentifico generale della reiterabilità »; con le conseguenti rilevabili « regolarità », emergenti dall'« analisi dei rapporti sociali materiali» all'interno di una formaziQne sociale. Osservavo infatti che una qualsivoglia reiterabilità-regolarità, di per sé presa, può essere tranquiilamente inclusa,· o lasciata emergere, anche da impostazioni economiche e socio logiche tipicamente soggettivistiche o convenzionalistiche (il che sembm accadere, a mio parere, al pur import-ante ~conomi­ sta marxista polacco Oskar Lange). Dunque le obiezioni di Sereni si pongono all'interno di questo orizzonte che ci è comune. Ora, nello spazio esposit1vo del mio scritto, attraverso i.J quale salivo dal punto a) al punto b) (naturalmente si poteva scegliere anche una via discendente, ma credo che essa avrebbe avuto un'apparenza assai dogmatica), mi sono sforzato di ricavare « i tratti distintivi necessariamente comuni a ogni possibile modello di formazione economico-sociale». E ne sono venuto trovando tre che, a mio parere, cominciano a fornire un'idea sufficientemente completa del tipo di modello in questione (H che significa: non eoon pretesa di esaustività). Eccoli rievocati e riassunti: l. il modello ha funzione interpretativa rispetto all'ac28.3 www.scribd.com/Baruch_2013

cadere concreto, nell'ambito a cui ésso si riferisce e che deLimita; 2. esso ha capacità storiograficamente periodizzante. Ma qui aggiungevo: «non nel senso che il modello contenga in se stesso una qualsiasi cronologia (o un qualsiasi calendario), bensi nel senso che riportato all'analisi storica (-storico-sociale) concreta esso consente di stabilire periodi o epoche corrispondenti »; 3. il modello si costituisce nella opposizione fra le leggi generali della produzione (valide cioè per ogni sua' forma storica) e le leggi speciali -integranti o modificanti le precedenti- che definiscono la formazione economi<X>-'sociale determinata. (Aprivo qui la questione dello status epistemologico divers.ilficato di tali leggi.) Come elemento unificante di questi 'tratti comuni' (e, ripeto, altri se ne potrebbero probabilmente trovare) presentavo quella « legge generale» sopra ricordata esprimente il criterio oggetdvo « per la cost11u2:ione di qualsiasi modello di formazione economicosociale». Dunque un principio costitutivo, rispetto al quale, una volta posto, quei ''tratti dist•1ntivi comuni' (se correttamente formulati) dovrebbero assumere carattere analitico (che qualche logico moderno potrebbe di,re 'tautologico'). Ora Sereni mi rimprovera (p. 75) di non avere assunto questa legge generale come «primo tratto da rilevare». Si poteva anche fare, perché no? E tuttavia la proposta alquanto mi ripugna (anche se le conseguenze non sarebbero state tragiche). Mi ripugna perché si sarebbe perduta la differenza fra H carattere costitutiNo di siffatta legge generale e il carattere analitico di quei 'tratti distintivi comuni'. Cioè l'esposizione, mi sembra, sarebbe stata meno rigorosa. Si tratta tuttaNiia dell'obiezione piu marginale, fra quante me ne fa Sereni. Le altre, specificatamente, sono le seguenti. Per il primo 'tratto distintivo' esso, a detta di Sereni, è « tautologico » {in un senso di « tautologico » diverso .da quello ricordato sopra, molto caratteristico della polemka soprattutto ottocentesca- anche in Marx- e che- è cosi noto che è inutile qui definirlo) in quanto, secondo Sereni {ed egli attribuisce quest'idea anche a me) qualsiasi « modello scie.ntifico » ha « funzione interpretativa ». Ma qui bisogna intenderei. Certo, ogni modello scientifico ha funzione interpretativa (per questo ...appunto è costruito) rispetto all·a teoria di cui è modelilio (con tutti i rischi che oomporta il tentativo, o i tentativi, di modellizzarla) 49 • Su dò credo d sia 49

Naturalmente questa distinzione fra modello e teoria (di cui il modello è

284 www.scribd.com/Baruch_2013

hrgo accordo. Questo dunque 'è anche per me una ovvietà (o tautologismo, come piace dire a Sereni). Ma io ho parlato di « funzione interpretativa rispetto all'accadere concreto», con quel che segue. Semmai Sereni avrebbe dovuto chiedermi di precisare meglio questa funzione interpretante. (Credo di aver fatto, inddrettamente, un passo avanti col presente scritto.) Ora, qui non siamo in un procedimento giudiziario, che debba condudersi con un -verdetto, e neppure in una disputa teologka in cui si decida fra ortodos~ia ed eresia. Si decide piuttosto una certa linea, o indirizzo, di ricerca all'mterno del marxismo. Con quel primo 'tratto distintivo' intendevo dire, per intanto, che il modello di qualunque formazione economico-sociale deve contenere in sé certe regole di collegamento e di corrispondenza con l'accadere concreto, nell'ambito da esso delimitato; cioè con l'empiricamente osservabile o rilevabile. Il che credo non si possa dire di ogni 'modello' scientifico. (Vi sono cioè modelli scientifici per i quali queste regole di corrispondenza sono del tutto esterne e aggiuntive rispetto al modello stesso.) La cosa non è di poco conto. Senza tale caratteristica, ad esempio, Lenin non avrebbe potuto scdvere (nel modo in cui lo scrisse) Lo sviluppo del capitalismo in Russia. Processo di formazione del mercato interno {1898): cioè applicare il modello del Capitale, in via differenziale, a una realtà profondamente diversa da quella sulla cui analisi era stato costruito il modello stesso. Senza aver bisogno di costruire a questo scopo, partendo da quel modello, una nuova teoria o una teoria piu allargata (nel senso che la precedente diventasse di essa un caso particolare). Può darsi che di modello) è capitale. Non mi sembra che essa risulti dal saggio di Sereni, e forse non era sufficientemente esplicitata neppure in Realtà e storicità. Ora, io penso che non si possa escludere che un giorno il marxismo, almeno in quanto teoria scientifica della società (delle formazioni sociali, ecc.) includente i principi del 'materialismo storico', possa venire a far parte di una teoria generale piu ampia (o un settore del marxismo possa venire a far parte di questa): una teoria dei condizionamenti dell'uomo che non passano per la sua coscienza immediata, pratica, ideologica- (o per quella riflessiva acriticamente fondata sulla precedente), ma solo indirettamente e per rappresentanza (per cosi dire) si riflettono in essa, in tal guisa determinando i comportamenti dell'uomo (pratici, linguistici, e anche istituzionali, ecc.). E siffatta teoria potrebbe eventualmente comprendere anche pochi enunciati. È evidente che in questo momento penso particolarmente alla psicanalisi. Ebbene, se riesco razionalmente a immaginare ciò, non riesco a immaginare tuttavia, almeno allo stato attuale delle cose (e per quanto ne so), un modello comune ai due settori cosi fatti convergere in una sola teoria, o la costruibilità di quest'ultima a partire dal modello di uno di essi. Cose analoghe, se non identiche, si potrebbero dire in direzione delle strutture linguistiche (e ciò avevo cominciato a fare in Realtà e storicità). Naturalmente altrettanto si può dire per il rapporto psicanalisi-linguaggio che si è oggi ricominciato a tematizzarc.

285 www.scribd.com/Baruch_2013

questo primo 'tratto distintivo' si possa fornire una formulazione migliore di quella che ho cominciato a dare, per cogliere il relativo ambito di questioni. Ma esso non è, a mio parere, eliminabile o sostituibile; né l'accusa di tautologismo mossami da Sereni a1uta in nulla a migliorare le cose. Si può aggiungere inoltre che, almeno nell'ambito dell'accadere umano-sociale, sia ·inevitabile una distinzione fra interpretativo e meramente descrittivo (qualunque contenuto si voglia dare a questa distinzione, purché essa non sia una differenza soltanto verbalistica). Altrimenti, ad esempio, il marxismo in quanto teoria scienti.fka, invece di far fare alla storiografia un passo in avanti verso lo status di 'scienza', le farebbe fare un passo indietro verso qualcosa come la memorialistica: il che basta enundarlo, perché ne balzi agli occhi l'assurdità. Tutto questo (tornando al modello) ha particolare e specifi:ca importanza per il modo di produzione capitalistico in cui (secondo l'analisi di Marx) l'empiricamente osservabile e registrabile può essere riportato, come suo effetto, a una struttura ( 1a inizia-le 'forma semplice' di merce con i suoi successivi sviluppi sistematici) solo concettualmente cootruibrle, e in nessun modo propriamente rappresentabile, o visualizzabile ( oome si d~rebbe in epistemologia fisica). Comunque a sif.fatta « funzione interpretativa » del modello di formazione economico-sociale legavo il « tipo di previsione, relativo ai caratteri propri del campo economico e delle sue leggi»: un tipo di previsione, dicevò, che « consente di inserire l'azione concreta di una forza politica o di un gr.uppo sociale cosciente ». Nel presente scritto (anche sotto lo stimolo del saggio di Sereni) ho potuto, indirettamente almeno, fare un passo avanti, Iegando a 'previsione' H 'morfol'Ogico' JabrioNano (già da me posto in rilievo in Realtà e storicità). Ma l'aocusa che mi fa Sereni è un'altra, quella di ridurre il tipo di «previsione» marxista solo al campo economico 50 • Ora questo non era nel mio pensiero, e quel 'solo' l'ha aggiunto Sereni. Mi sono comportato semplicemente con prudenza. Oggi aggiungerei che in tutti i campi dove sono ri·levabili 'strutture' (in .un senso identico o analogo all'uso marxista del termine, per esempio in linguistica) dovrebbero, entro certi limiti e a certe condizioni, essere possibili previsioni (o previsioni alternative) di tipo appunto morfologico 51 • E. Sereni, art. cit., p. 74. Naturalmente dò ·~~lude dal marxismo altri tipi di previsione basati su metodi induttivi (statistici, eçc,); ma semplicemente li incorpora, o meglio li interiorizza, alla previsione di tipo morfologico. SO 51

286 www.scribd.com/Baruch_2013

Quanto al terzo tratto distintivo comune (il costituirsi di ogni modello di formazione economico-sociale nell'opposizione tra leggi generali ddla produzione e quelle specifiche di una formazione sociale determinata) Sereni giudica « tutta estrinseca e arbitraria » 52 sitfatta proposta (çhe a me sembra discendere chiaramente della marxiana Introduzione del '57): perché prescinderei in essa « dal momento genetico, storico della formazione economico-sociale ». Ritengo superfluo rispondere a siffatta obiezione (se tale si può chi1amare) perohé ad eS&.J. tutto ii presente scritto è già una risposta. {Esso comporta~- colgo l'occasione per farlo rilevare - alcune non marginali correzioni alle pos~ioni espresse da me in Realtà e storicità, che chi si interessa di questi studi potrà facilmente individuare.) Le contropropostTe di Sereni non mi sembmno, in generale, accettabili. Del primo tratto distintivo si è già detto. Il secondo tratto distintivo (ma egli, quesvi 't11atti', ·li chiama «costitutivi>>, il che, se preso alla lettera, verrebbe inavvertitamente a cambiare il piano epistemologko) sarebbe formato « dalla contraddizione economica e sociale fondamentale del dato modo di produzione dominante ·e dehl.a data formazione » 53 • Ma questa proposta implica: a) la riduzione del modello alle sole formazioni sociali di 'forma antagonistica'; b) l'assunzione che in queste ultime vi è sempre comunque una 'contraddizione fondamentale', il che è per lo menoda dimostrare. · Il terzo tvatto, secondo Sereni, sarebbe quello « Tappvesentato dalla "via d'uscita" da quella contraddizione fondamentale » 54 • In siffatta formulazione la proposta di Sereni cade con la precedente, dipendendo da essa. Ma qui mette conto tuttavia di soffermarci un momento. L'espressione « via d'uscita » Sereni la prende da ·un brano di Lenin, del Contenuto economico del populismo, in cui Lenin polemicamente fissa e descrive la figura dell'« oggettivista », contrapponendo ad essa quella del « materialista ». La contrapposizione è svolta in modo tale che i1 « materialista » nel contempo risulta necessariamente essere il militante rivoluzionario, criticamente cosciente. « Il materialismo racchiude in sé, per cosi dire, la partiticità, imponendo, ~ella valutazione di ogni avvenimento, l'accettazione diretta ed aperra dd punto di vista di un determinato gruppo sociale. » È la conclusione del brano citato S2 53

54

E. Sereni, art. cit., p. 77. l vi, p. 75. lvi, p. 76.

287

www.scribd.com/Baruch_2013

da Sereni 55 (vi sono affermazioni di Gramsci molto affini a questa conclusione). Ci si può chiedere che cosa abbia a che fare un siffatto discorso di Lenin con la questione che qui stiamo perseguendo e come sia venuto 1n mente a Sereni di tirarlo in campo. È evidente infatti che la distinzione di Lenin ('oggettivista/materialista') si riferisce a due modi di interpretare il marxismo in quanto teoria del passaggio dal sistema borghese a quello comunista: un modo inautentico e controrivoluzionario, passivo o al massimo 'riformistico' (come si sarebbe detto piu tardi) e un modo invece attivo e autenticamente rivoluzionario. <( L'oggettivista -scrive Lenin- parla di "irresistibili tendenze storiche"; il materialista parla della classe che "gestisce" un determinato ordinamento economico, creando certe forme di resistenza da parte di altre classi », ecc. Tuttavia possiamo chiederci: esistono elementi di generalizzazione possibili del discorso di Lenin, al di là dei problemi della rivoluzione proletaria? In certo senso direi di sf; nel senso cioè di un esperimento puramente ideale e astratto, che può avere però qualche significato sistematico. Scrive Lenin, proseguendo l'argomentazione sopra riportata: « In questo modo il materialista, da un lato, è piu ooerente dell'oggettivista e applica i1 suo oggettiv.i-smo in modo piu approfondito e completo. Egli non si limita ad indicare la necessità del processo, ma chiarisce con precisione quale formazione economica deUa società dà H contenuto a questo processo, quale classe precisamente determina questa necessità. I n questo caso [corsivo mio], per esempio, il. materialista non si sarebbe accontentato di constatare le "irresistibili tendenze ,storiche", ma avrebbe indicato l'esistenza di date classi, che determinano il contenuto degli ordinamenti esistenti ed escludono la possibilità di una via d'uscita al di fuori dell'azione -dei produttori stessi ». L'esperimento ideale, di cui parlavo, richiede innanzi tutto di sostituire l'espressione di Lenin « in questo caso » con altri casi non reali in quanto attuali, ma pensabili in· quanto avvenuti, e consiste piu o meno in ciò che segue. Nel domandarsi, ad esempio: che cosa avrebbe potuto fare, o fare di diverso da quello che fece, Spartaco, capeggiando un'immane e organizzata rivolta di schiavi (cioè di 'produttori'), se avesse potuto avere a disposizione un'analisi marxista-Ieninista della formazione sociale romana in quel dato momento storico? Oppure: a quaH conclusioni e indiss I vi, pp. 75-76.

288

www.scribd.com/Baruch_2013

cazioni pratiche sarebbe giunto Aristotele, allorché scrisse la Politica allo scopo di difendere gli ordinamenti della 1t6ÀM; greca l ma vi includeva anche Cartagine), ordinamenti, noi possiamo dire, ormai condannati dallo sviluppo storico-sociale, - e senti il bisogno, nel suo immenso istinto scientifico, di premettere quella specie di analisi strutturale economico-sociale che è parzialmente contenuta nel primo libro della Politica stessa, - se avesse potuto, marxisticamente, estendere tale analisi a tutta la nuova formazione sociale (e quindi anche politica) contro cui la 1t6Àt~ si scontrava? Queste domande sono, storicamente, dei non-sensi; ma non lo sono del tutto dal punto di vista logico-sistematico, in quanto domande-limite, come tali irrispondibiH, ma atte a differenziare emblematicamente i due rispettivi ambiti. Questo è, comunque, l'unico senso ragionevole, o quasi-ragionevole, che si può dare aHa terza delle proposte di Sereni (sostitutive delle mie). Ma cosi razionalizza/a essa evidentemente rientra nel primo « tratto distintivo comune a ogni formazione economico-sodale » da me proposto, e nelle ivi incluse implicazioni di possibilità previsionali (salvo forse - nel caso degii esempi ora addotti, o adducibili - a doverla momentaneamente restringere a 'formazioni sociali di forma antagonistica'). Al di fuori di tali questioni sistematiche Sereni mi rimprovera di aver attribuito erroneamente ad Antonio Labriola, secondo le mie parole, l'« idea meccanicistica » .piu o meno comune, credo, a tutto il « marxismo della II Internazionale » (e non forse, aggiungo ora, con qualche radice anche in Engels?) che « tutti i popoli (e in particolare quelli investiti del colonialismo occidentale, e oggi malamente detti sottosviluppati) dovessero percorrere - sia pure piu rapidamente (perché con l'aiuto, ancorché interessato, di quelli "civili" e capitalistici, classe operaia compresa) - le stesse tappe di sviluppo dei popoli occidentali ». Sereni afferma invece che non vi è « nulla di piu estraneo ·alla concezione del Labriola di. una tale concezione "unilaterale" dello sviluppo storico » 56 • Non sono in grado in questo momento di rispondere. Può darsi che ci sia stata da parte mia qualche deformazione, o esasperazione, o confusione impressionistica. Ne sarei molto contento. Cioè, ristudiando la coSJa (come mi riprometto di fare), sarò molto contento di potermi ricredete su un mio eventuale torto verso quel grande marxista italiano, e di poter dare ragione a Sereni. 56

lvi, p. 64.

289

www.scribd.com/Baruch_2013

Postilla: La nozione di « formazione economica della società » e la prefazione di Eric Hobsbawm alle « Formen >> La prdazione dello Hobsbawm 57 è molto ·impontante, per li proble. mi raccolti o sollevati in· essa. Sia perché il contenuto delle Formen viene dallo Hobsbawm collocato in tutto l'arco di •svolgimento che la relativa problematica ha avuto in Marx, dall'Ideologia tedesca al terzo volume del Capitale, e in Engels, da1l'Antidiihring alle On!!,ir.i d:!lla famiglia, della proprietà privata e dello Stato; sia perché essa è collegata alla posteriore discussione marxista di quei medesimi temi, e quest'ultima, molto concretamente, è vista anche nel suo intreccio con momenti politici determinati (in positivo o in negativo) del movimento rivoluzionario comunista internazionale. La prefazione dello Hobsbawm - che è del 1964 - conclude con la valutazione che « l'attuale stato del dibattito marxista in questo campo [relativamente cioè al complesso della problematica sia teorica sia storica circa le « formazioni sociali », e le questioni metodologiche, di periodizzazione, ecc., da essa dipendenti] è insoddisfacente ». « Lo si deve - egli aggiunge - in gran parte agli sviluppi storici del movimento marxista internazionale nella generazione precedente alla metà degli anni cinquanta, che hanno avuto un indubbio effetto negativo sul livello della discussione marxista in questo come in altri campi. La posizione originaria di Marx sul problema della evoluzione storica è stata in cer>ta m~sura ISemplilficata e modificata, e determinate sollecitazioni a tener presente la natura profonda, complessa del suo metodo, come quelle fornite dalla pubblicazione delle Formen, non sono state utilizzate per correggere queste tendenze. L'elenco originario di Marx delle formazioni economico-sociali è stato modificato, ma non si è trovato nulla che lo sostituisse in modo soddisfacente. Alcune delle lacune contenute nell'analisi di Marx e di Engels, brillante ma incompleta e sperimentale, sono state scoperte e colmate, ma alcuni dei contributi piu importanti di quell'analisi sono stati persi di vista » (p. 64 ). Va notato che questo severo (ma certo giusto) giudizio viene espresso dello Hobsbawm pur dopo che egli ha riconosciuto che « recentemente, tuttavia, e in parte sotto lo stimolo delle Formen, il dibattito marxista ha rivelato una posidva ~nza a riproporre e metter~ in discussione molte opinioni che erano state accettate nei passati decenni » (e, naturalmente, in primo piano è la riapertura e l'ampio sviluppo, «in '51

E. Hobsbawm, Forme economiche precapitalisticbe, Roma, 19672•

290 www.scribd.com/Baruch_2013

numerosi paesi socialisti e no», della questione del modo di produzione « asiatico » ). Con l'analisi delle Formen schizzata nel suo scritto, e con la collocazione storica di esse a cui sopra ho accennato, lo Hobsbawm ha dato un notevole contributo al superamento di detta situazione « insoddis·facente ». Da essa è stato indubbiamente sollecitato Sereni nella sua ricerca. Ciò non toglie tuttavia, a mio parere, che la stessa prefazione dello Hobsbawm tradisca nel suo fondo il disagio teorico non chiarito dei termini ultimi della questione, per aiutare a superare il quale ho cercato dii dare, in una opa11te di Marx secondo Marx, un inizia!Le corullributo, portando all'estremo della sua logica interna la posizione espressa da Marx nella prefazione del '59. Ciò che mi premeva, per intanto, qui di mettere in evidenza è che per Marx « formazione economica della società » è qualcosa che attraversa varie epoche storiche, varie formazioni sociali, vari modi di produzione, purché essi siano raccoglibili in un unitM"io processo ·stori<:o, il che non può essere fondato ~e non suln continuità (incremento o decremento) delle forze produttive e sul loro modificare con ciò i rapporti di produzione: sul loro farne crescere alcuni, o portarli .in ·primo piano e mettere invece ·in ombra altri, allorché tali incrementi-decrementi oltrepassino la soglia della mera riproduzione dei rapporti sociali esistenti. È un continuazionismo che si deve necessariamente considerare implicito nella posizione espressa da Marx nella prefazione del '59 (e che trova conferma neLla ci tana propooizione delira prefazione alla prima edizione del Capitale), il quale non è per nulla in-

compatibile con la teoria delle crisi rivoluzionarie ivi espressa, anzi la sottende, rendendola meglio plausibile e comprensibile. Ma tutto questo (che a mio parere è importantissimo) •non dimmuisce le dif.f.icoltà create dalla schematizzazione storica proposta in modo oosi drastico nella «superba» (come la Chiama lo Hobsbawm) prefazione del '59. Difficoltà che sono interne e insieme esterne ad essa. Vi è da notare innanzi tutto (poiché è un'incongruità che balza subito agli occhi) la messa in serie del modo di produzione asiatico con quello detto « antico » che non corrisponde non solo alla realtà ~torica (una volta ammesso il modo di produzione asiatico), ma a nessuna delle posizioni elaborate altrove analiticamente da Marx. (Il che ci porta subito sulle difficoltà esterne, in senso letterario, alla pre.fallione stessa.) Ma c'è poi la difficoltà costituita dalla linea tutta ascendente attribuita da Marx al succedersi delle quattro forme, collegata al cànone generale che « una formazione sociale non tramonta prima che non si siano sviluppate tutte le forze produttive per le quali vi è posto in essa »,da cui dipende l'altro cànone generale che « nuovi piu alti [corsivo mio] rapporti di produzione non 291

www.scribd.com/Baruch_2013

subentrano mai prima che siano maturate .[ausgebrutet worden sind: alla lettera, che «siano state finite di covare »] nel s-eno della stessa vecchia società le loro condizioni materiali di esistenza». Naturalmente, come ho sottolineato nel testo, l'applicazione fatta da Marx di questo duplice cànone alla serie successiva delle quattro epoche (e piu corretto sarebbe lasciar da parte quella « asiatica ») si salva attraverso l'espressione - che è evidentemente una riserva o limitazione - « a grandi linee» (in grossen Umrissen); la quale quindi giuoca una parte importantissima, che ho cercato di definire con tutta la approssimazione che mi era possibile. Ma qui si presenta la domanda-chiave. È sufficiente tale riserva-limitazione (che all'orecchio de' lettore inesperto degli inediti di Marx - dall'Ideologia tedesca ai Grundrisse, con quel che seguirà - doveva essere assai sfuggente; e mi si perdoni la barocca immagine dell'orecchio del lettore, ma, paradossalmente, la credo assai esatta) per tenere aperta un'articolazione possibile con la flessibilissima problematica, niente affatto unilineare (come giustamente mette in rilievo lo Hobsbawm), delle Forme che precedono la produzione capitalistica (ovvero Forme economiche precapitalistiche, secondo il titolo diffuso, ma non del tutto soddisfacente)? Appunto a questo livello teoretico mi sembra che la prefazione dello Hobsbawm entri in .difficoltà. I vi si legge infatti (pp. 34-35): «Tuttavia, mentre queste diverse forme di divisione sociale del lavoro sono chiaramente forme alternative della disgregazione della società comunitaria esse sono presentate__:___ nella prefazione a Per la critica dell'economia politica, sebbene non specificamente nelle Formen - come fasi storiche successive. In senso letterale questo è evidentemente falso, perché non soltanto il modo asiatico di produzione coesistette con altri, ma non vi è alcuna indicazione nella argomentazione delle Formen, o in altri luoghi, che il modo antico si sia evoluto dal modo asiatico. Dobbiamo quindi intendere che Marx non abbia voluto riferirsi a una successione cronologica, o anche alla evoluzione di un sistema da quello che lo ha preceduto (anche se cosi è avvenuto nel caso del capitalismo e del feudalesimo) ma all'evoluzione in un senso piu generale. [ ... ] Marx distingue quattro fasi analitiche, anche se non cronologiche, di questa evoluzione». Ora a me sembra che questa risposta sia alquanto evasiva e dannosamente conciliazionistica (tra le Formen e la prefazione del '59). Infatti, lasciamo pure da parte la « forma asiatica », perché ciò che osserva lo Hobsbawm (e altri del resto) a questo proposito mi sembra fuori discussione: rimane il fatto non mascherabile o offuscabile che, sia per Marx, sia nella realtà storica - una volta accettato che il modo di produzione detto·« antico » (o schiavistico) e quello « feudale », con tutte le loro sottospecie, sud292

www.scribd.com/Baruch_2013

divisioni e confluenze interne-esterne, costituiscono i principali sistemi antecedenti (in tale ordine) quello borghese capitalistico - questi tre grandi sistemi costituiscono una 'evoluzione' non puramente 'generale' o 'analitica' - in quanto questi due termini vengono contrapposti a 'cronologica' -ma esattamente cronologica per quella parte del mondo che viene a presentarsi come l'asse centrale dell'evoluzione storica umana, non a causa di una soggettiva scelta pseudoassiologica o eurocentrica, ma perché l'ultimo di tali sistemi, quello borghese-capitalistico ha investito di sé, col mercato mondiale, la totalità del genere umano (e, di fatto, lo ha investito violentemente)_ Si tratta quindi di un processo storico unitario che da parziale (storicamente e geograficamente) è diventato totale (e come tale costituisce la premessa àll'universalizzazione della rivoluzione comunista. A qualsiasi stadio di evoluzione o involuzione si trovino i processi storico-sociali di altri popoli e di altre parti del mondo). Sotto questo riguardo, per l'appunto cronologico, la posizione espressa da Marx nella prefazione del '59 (salvo sempre il modo di produzione asiatico) è giusta e rispondente alla realtà storica. Marx perciò correttamente mette in piedi un campo teorico corrispondente a siffatto processo unitario, nel quale è sottolineata la continuità della trasformantesi e progrediente « formazione economica della società » che attraversa dette epoche (e ~a epocalità successiva è una nozione che d·ndubitabi1mente coinvolge, nella sua applicazione, la cronologia). Ma ciò non toglie che rimangono aperte tutte le questioni delle evoluzioni interne di quei sistemi e del trapasso dall'uno all'altro, cosf riccamente problematizzate, anche se talvolta per accenni e non completamente, da Marx nelle Formen (e piu tardi da lui e da Engels, sulla base dei materiali allora disponibili), come giustamente mette in rilievo lo Hobsbawm. Si tratta dunque di un processo fondamentalmente (in grossen Umrissen) unilineare di fatto che non esclude le alternative possibili a livello di analisi sistematica; e quelle alternative che di fatro, cioè realiter, ·si sono presentate, ma sono state interrotte, escluse o schiacciate dal processo storico effettivamente compiutosi. La vera difficoltà teorica non è qui. Essa risiede altrove, e si esprime nella domanda se e in quale misura il duplice cànone generale di materialismo storico, a cui Marx nella prefazione del '59 riallaccia direttamente il suo schizzo delle quattro epoche successive (anzi progressive), corrispanda, o corrisponda pienamente, non dico soltanto (cfr. Marx secondo Marx) alla definitiva .fondazione critica marxiana della critica dell'economia politica, ma allo stesso stadio di maturazione che in Marx essa aveva già raggiunto in quegli anni: quale è testimoniato in generale nei Grundrisse e piu in particolare nelle Formen. Questo ç il problema Che viene eluso dal:lo Hobsbawm, e ~n un certo modo

293 www.scribd.com/Baruch_2013

(involontariamente) mascherato nella sua presentazione delle Formen, per la conciliabilità che in essa si dà pressoché per scontata fra le Formen stesse e la prefazione del '59. Ed è invece un grande problema di portata teorica generale (poiché concerne in generale il rapporto tra 'materialismo storico' e 'critica dell'economia politica'), che ci sta ancora oggi davanti. Ne discende che lo Hobsbawm - mentre coraggiosamente (contro le attuali piu raffinate ideologie borghesi), interpretando Ma.rx, assegna il « 'Progres·so » quaJe « contenuto ddla storia nella sua ·forma piu generale » (ma òmane a-ssai .imprecisato che cosa significhi « storia nella sua forma piu generale ») - non riesce a dare di dò una definizione ~oddisfacente, :fosse !3.1!lche virtua1mente, cioè taJe che afferri, sia pure in nuce, la complessa .problematica del progresso presente o .latente nel mancismo, a cui ho accennato nel testo. Ed egloi forni:sce una definizione, per intanto, in cui estremamente labile appare il rapporto con la questione dello sviluppo de1le forze produttive, che oggi non solo coinvolge il confronto fra il mondo socialista e il mondo capita1Istico, e 1lloro rispettivo rapporto col cosiddetto 'terzo mondo', ma addirittura rimette in causa, per ragioni ben note, lo •stesso rapporto dell'uomo con la natura {esterna e interna alJ'.uomo stesso), i limiti dell'appropriazione umana detl.la natura medesima, gli equilibri invalicabili di tale appropriazìone e cosf. via. Lo Hobsbawm infatti si limita a dire (p. 11) che « il progresso [in generale] naturalmente è osservabile nella crescente emancipazione dello uomo dalla natura, e nel suo crescente controllo su di essa. Tale emancipazione [ ... ] incide non soltanto sulle forze produttive ma anche sui rapporti di produzione ». (E aggiunge, giustamente: « è di quest'ultimo aspetto che le Formen si occupano».) Non a caso lo Hobsbawm considera la ·posizione cosi espressa come sufficiente (è sottinteso) « base oggettiva dell'umanesimo di Marx », attraverso l'osservazione che «la forza della fede di Marx nel trionfo del libero sviluppo dell'uomo nasce non dalla forza con cui Marx spera in ciò, ma dalla convinzione della giustezza dell'analisi secondo cui è in tale direzione che lo sviluppo storico condurrà alla fine l'uomo» (p. 10). Che è osservazione vera approssimativamente; e tuttavia troppo idealizzata per restituire la complessità &dla posizione a cui giungerà il Marx maturo a questo proposito (circa i,l « regno della libertà » e 11 suo nes-so ·ricchissimo di v~rtualità inesplorate e attuali, ma che 13il:Che evidenzia limiti umani sconosciuti al M3il'x giovanile, per esetn'Pio dci Manoscritti pa11igini dd '44 ).

1972

294

www.scribd.com/Baruch_2013

Marginalia

www.scribd.com/Baruch_2013

www.scribd.com/Baruch_2013

Marxismo e sociologia: il concetto di formazione economico-sociale

Il marxismo non è una filosofia « senza presupposti », una filosofi.a circolare. Esso anzi critioa 1e filosofie senza presupposti, mostrandone la natura e la genesi ideologica. « I presupposti da cui partiamo - snivevano i fondatori del materialismo storico neiia Deutsche Ideologie - non -sono 'arbitrari, non sono dogmi, sono inv•ece presupposti reaH, dai qUJali si può as-trarre solo nell'immagina2lione. » E piu oltre si l~gge: « Il primo presupposto di tutta la stol'ia dell'uomo è naturalmente l'esistenza di 'indiv;idui umani viventi ». In che cosa consi•ste l'umanità di questi individui umani v1ventJi? Si tratta, -innanzi tutto, di quel mpporto attivo dell'uomo con la natura nella produzione dei .ptopti mezzi di sussistenza, e quindi delle proprie condizioni di vita, che si cMama lavoro: H quale, in quanto umano, 'implica in modo ·essenziale la rappresentazione cosciente dd fine, e quindi lo sviluppo della mente. I rapporti reciprooi fra gli uomini possono esser considerati sotto v•ari aspetti, a comindal:'e da qudH inerenti alla l'iproduzione della specie. Ma i rapporti fra gli uomini, proprio in quanto umani, sono, innanzi tutto e fondament·almente, quei rapporti che vengono a stabilirsi « in relazione al materiale, allo strumento e al prodotto dd lavoro ». Il marxismo li ch1ama rapporti di produzione, intend~ndo con ciò queUe relazioni in cui gli uomini vengono a tro'VIatsi fr.a di loro nell'appropriarsi e nel modific·are la natura mediante atti tecnici e cons•apevoli, mediante quell'attività di lavoro in cu·i scocca la scintilla dell'intelligenZJa; ·e li considera il fondamento di ogni rapporto umano, proprio in quanto umano. Fuori e prima di essi non c'è l'uomo, ma solo l'animale. Questo è tutto il fondamento 297 www.scribd.com/Baruch_2013

materialistico dd marxismo come ·concezione dell'uomo e della sto11Ia umana. EStSO coincide dunque interamente col suo umanismo. In quanto critica dell'economia politioa il marxismo ha mostrato appunto che ciò che l'economi•a classica concepiva come cose sono in realtà rapporti fra uomini, e quindi rapporti sociali sempre determinati. Se vi fu un materialismo volgare che diceva l'uomo essere quello che mangia (ossi~, piu in generale, potremmo estendere, quel che consuma), il marxismo non capovolge semplkementJe questa proposizione, affermando che l'uomo è quel eh~ produce, ma piuttosto che l'uomo è innanzi tutto il modo e i rnpporti in cui produce, ossia è il proprio essere socilale. Entro i quali rapporti si .accumulano .e si differenziano, nello svolgimento storico, la forza, le energi~e, la rkchezza, !'-esperienza, l'·abiHtà, l'intdl.igenza e la scienza atte a produrre. Di qui è facile comprendere come il marxi.smo concepisca tutva la stol"!ia umana fin'ora svoltasi, nel ·suo filo conduttore, in quella coesion-e intrinseca che costituisce sviluppo (il quale non è da intendersi .a guisa di un processo semplice e lineare), come una dialettica tra i rapporti di produzione e forze produttive. I !'apporti di produzione non sono dunque una generalizzazione di singo1i o particolari atti umani, bensf i nessi reali entro cui gli atti umani com-e tali si producono. Non una generalità, nel senso di gener.aliz~azione, ma, di volta in volta, o di grado in grado, un totum, una totalità. Questo mi •S'embra il punto fondamentale della sodologi•a marxista, o, se si: voglioa, il punto che segna la differenza radic-ale fra marxismo c ciò che altrimenti s'intende per sociologi,a. Ed è anche, per altro verso, i•l punto fondamtental:e di diffierenza e di contrasto tra il marxismo 'e lo storicrsmo idealistico che concepisce come unica realtà o concrezione storica ciò che esso chiama l'individuale. Scrive, ad ·eSiempio, Marx contro l'ipost;:Hizzazione e il f.al\'ìo uso del concetto di produzione in generale: « Quando si tratta di produzion~, si tratta sempr·e di produzione a un grado determrnato di sviluppo sociJale ». Alla qualoe tesi giova qui accostare •l'altra: « Ogni produzi•one è approp11iazione della natura da parte dell'individuo entro ·e per mezzo di una determinata forma delLa società». La società, che -il marxismo non considera speculativamente come ente a sé stante, come un « unico soggetto », è quell'insieme di rela~i·oni fra gli uomi·ni che di voltla in volta, ossia di fase storica 298 www.scribd.com/Baruch_2013

in fase storic·a, con •I.e v·arie differen2le di svolgimento dei popo1i che cosrituis<:ono l'umanità, ha una forma o struttura, in quanto totalità o sistema di rapporti di produzione. Si ·tratta di quel concetto di formazione economico-sociale, essenziale nel marxismo, del quale Lenin neUa sua pol~mica col sooiologo russo Mich~jlovskij, sulia fine ddlo scol'So secolo, diceVta che aveva « innah;ato per la prima volta la sodologia .al 1ivdlo della scienza ». ScriveV'a allora Lenin: « Non era mai •avvenuto, e non avviene neppure oggi, che i membri della soòetà immagÌinino il complesso dei rapporti social•i nei quali essi vivono come qualcosa di d!et.erminato, di intero, - dominato da un principio; al contrario, ·1a massa ·si adatta inconsci-amente 1a quest'i •rapporti, ed è oasi lontana dall'immaginars•e1i come rapporti storici e soc1ali particolari che la spi·egazione, per esempio, dei rapporti di ·scambio nei quali gli uomini sono vissuti per molti secoli è stata datla soltanto in quest·i ultimi tempi >>. Il marxismo li chiama •anche « rapporti sociali materiali» in quanto ·appunto •essi esistono indipendent•emente daUa consapevolezza che gli uomini ne abbrano. QuesiJa discriminazione vi<ene ad avere .importanvissime conseguenze per ciò che riguafda ~a relazione fra l'essere sodale degli uomini e la loro cosden:zJa; 1e comporta la distinzione (·e la di:a1ettk·a) fra la loro cosci>em>:a tecnica o soioentifica, come si real!izza ad 1esempio nel l1aVOl'O e nell'espedmento {con 1e attività teoriche imphca·te), e queUa meramenve soci-aie o ideologica, in relazrone ·alle sovt1astrutture. Cioè conseguenre incalcolabi.J.i per tutte le sci.enze storico-social.i, dall'economia alla psicologi1a, ·all'etnologia, 'al folklore, alla scienza politi<:a, e, last but not the least, aWattività ·storiografica. Non mi posso qui fermat1e su nessuna di •esse. {M~ è necessario ricordare che in connessione col concetto di « formazione economko-sodale » si stabiliscono ·per il marX'ismo le grandi partizioni periodizzanti della stoda, ossia il fondamento obiettivo delIra storiografra.) Mi limiterò :alla questione deUa sooiologia. Ndla già citata discussione con Micha j1ovski j, Lenin osservav-a che il materialismo storico creava la possibilità di una ·sociologra veramente scientifica, in quanto, «discriminando i napporti di produzione come struttura della sodetà », dava « un criterio completamente oggettivo » per « dis~inguere nella rete intri:ca•ta dei fenomeni soci.ali i fenomeni importanti e i fenomeni meno importami», togHendo Ia sodoiogia da·l soggettivismo. Non è questa una distinzione arbitrarila e appros·simat>iva, ossia, •essa medesima, nel senso peg-

299 www.scribd.com/Baruch_2013

giore, soggretciva. Si tra·tta di una distinzione rigorosa, di ca-rattere dialettico (senza di cui, fra l'altro, non sarebbe 1possibile orientarsi nelLa pratka): rimportante è quel fenomeno o momento che costitu·i!sce l'elemento d~eterminanbe rispetto agli altri (e fornisce quindi anche il pt>incipio si•stematico per la loro conoscenza). Solo questa distinzione permette, diceva Lenin, di trarre la sooiologia da quella situazione in cui si era fino allora mantenuta, « nel migliore dei oasi », e cioè di essere « soltanto una descr·iZlione dei fenomeni soorali, una 11acoolta di material·e greggio ». Per quanto J:a sodologia oggi, nelle sue varie scuole ufficiali, sia assai mutata da quella della fine del XIX secolo; che si appogg~ava ·alla filosofi-a pos·itivistica e alle sule certe:r.:r.e, credo che l'osservazi'Oille di Lenin mantenga tutta -la sua portata cri•tica. Ma che cosa ·significa, in tal senso, nel marxismo, Gver por~to la sociologia sul piano della scienza? Signi:~ioa che solo congiuntamenbe alla discrimi1nazione essenziare dei !iapporti di produzione come •s-truttura deLla società può aversi un'·applicazione non casuale e arbitraria ,a[ f.enomeni sadali del « criterio scienri~ico generale della reiterabHità ». Oss1ervava ·appunto Lenin: «L'analisi dei rapporti sadali mat·eria1i ha subito dato La poss·ibilità. di rilevrare Ja ruiter.abilità e m·regolarità, e di gen~mlizzare 1 sisterrù di diversi paesi in un unico concetto fondamentaLe di formazione sociale». Tale geneMlizzazione non mta affatto quel ca.rottere di interezza oome lo avev.a chiamato Lenin, ossi•a di tot:aHtà (termine hegdi,ano assai oaro a Marx) dei rapporti di produ2lione ,eff.ettivamente e storicamente dati, ma 'anzi lo presUJppone: presuppone ·appunto i « si,stemi di diversi p.a1esi ». E qui Lenin chi:adva: « Soltanto questa gener·alizzazione ha permesso di passare dalia descruzione {1e dall'apprez~amento dal punto dii v1sta dell'ideale) dei fenomeni sodaH ,a,Il',~ma1isi l'ligorosamente scientifica di tal>i fenomeni, discri~ minando, per spiegarci con un esempio, ciò che distingue un paese capitaHstko dall'altro e .analizzando ciò che è comune a tutti». Riduzione >allor•a della sociolog,ia all'economia? Niente 1affatto. Non riduzione, ma ~intrinseca articoLazi
zione - investigò ciò nondimeno sempre e dappertutto le sovl'lastrutture corrispondenti a questi rapporti di produzione, rivesti lo scheletro di carne e di sangue ». (E, sia detto fra parentesi, questa metafora dello scheletro e di ciò che lo riveste e ne oonsenre la funzionalità vale anche a indicare quel rappo.rto fro struttura e sov.rastrutturn, nel marxismo, che ved1amo tante volte incompreso e deformato, come l'operare del dio ascoso o ahre •trovate del genere.) Non dunque mera opera di 'teoria economica' o di 'critica dell'economi>a', ma Wlchè, e nel suo complesso, opera di sociologia in senso critico e scientlifiico. Ossia non metafisica e speculativo. Come il «chimico metafi~ s.ico », ricorda Lenin, cessò di esser t•aie, 1e fu scienziato, quando, d.mparando a indagare di fatto 'i processi chimici, non si pose piu in astratto la dom~nda: che forz·a è !',affinità chimic-a? e come 1a biologi·a :e 1a psicologia divennero scienza quando furon messe da parte, e non furon piu considerate preliminari, le questioni: che cos'è la vha e la forza vitale? che cos'è .Pamim11? - cosi, nel campo delLa sooi.ologia, «il gigantesco pa,sso in avanti compiuto d>a Marx consiste ,appunto neH'aver rigettato tutti quei ragionamenci intorno 'aUa società e tal progresso in generale e nell'>aver dato invec·e l'ana:l:isi scientifica di una società e di un pwgresso: della società e dd progresso capitalistici ». Ricordare a questo punto che il marxismo non concepisce Je formazioni economico-sociali come qualcosa di statico credo che sarebbe cosa ovvh. Es~se sono formazioni storiche, camttteriz2late da un processo di ascesa e da un processo di decomposizione ad opera delle forre [n esse sviluppa-tesi. Quando i rapporti di produzione da forme di sviluppo deUe forze produttive si convertono. in loro caten1e, subentra un'epoca eH rivoluzione sociale. Ma qui i'nconrtri1amo l'accusa che lo storicista idealistico fa al marX!ismo, l'accusa di naturalismo. (E natumLismo significa nd suo Hnguaggio, oom'lè noto, antistoria.) Solamente, questa per i:l marxismo non è affatto un',accus~a; è anzi l'indicazione di un oamttere essen:>Jiaie .e peculiare alla storicità .deUe ~< formazionli economico-sooiaH ». Diceva ,appunto Marx nella prefazione al Capitale: « 11 mio punto di vista sta nd concepire lo sviluppo delLa formazione eco·nomic-a deUa sodetà come un processo storico naturale». A qUJesto « punto di vista » è congiunta la possibi·lità di s·tudiare le leggi del funzionamento e dell'evoluzione di una formazione economicosociale, e neUa fattispecie, come scriveva Marx, « la legge economi301 www.scribd.com/Baruch_2013

ca del movimento [das okonomische Bewegungsgesetz] della società modema »; ossrua della sooitetà borghese-capitalistica. Legge alla stessa guisa, come affermava Marx, di un Natur" gesetz, di una legge di natura; osStia che agisce con 1a forza di una J•egge di na'tura. A ciò è Iegat·a 1a possibilità della previsi'One. È noto che proprio sulla baSìe di una pt1evisione i fondatori dd mancismo diressero, e cercarono di dirigere, le lotte del proletadato nei vari paesi, come faranno poi i loro prosecutori. Io penso che sitano oggi dei timidi marxisti ooloro che cercano di velarte o di ·attenua!'e questo aspetto :essenllia}e del marxismo. Previsione non è profe2li·a. :Sarà forse qui bene ricordare che è un cavattett essenziale della scienza moderna, vogho dime di quella nata sul terreno dell'indagine della .natura nd XVII secolo, il fare previsioni. H probiema di scoprire
smo idealistico. Quando vedo che Nico1a Abbagnano scrive: «Ciò che veramente apparenta la ·sociologia con le scienre natu·ral•i è i·l car.attere dominante dei lo·ro oggetti rispettivi: la ripetibilità, che •rende possibile la previsione », non posso non provare un moto d!i consenso. Il di.ssenso e l•a dioscuss.ione cominciano dopo, mentre con .lo storiaismo idealistico cominci>ano pvima: nonostante certi aspetti comuni nella polemica contro l'intrusione neHa storiografia del sociologismo di impronta positivisnica, o di schemi e tipi sociologici costruiti ·SU queilo st'ampo. Polemica che Io sot:oridsmo idealistico crociano ereditò dal marxismo, donde esso prese le mosse alla fine del•soe<:olo scorso, svolgendola poi sul proprio •terreno. Ma a questo punto mi semhra non poco ·importante mettere in chi1aro che per iJ marxismo la naturalità del processo storico delle « formazioni economico-sociali », e delle leggi del loro funzionamento e movimento, cominda al di là deHe 'S·ingo1e volontà individua][. Scri:voeva Federi'CO Engels: « ... la storia si fà in modo tale che ,il risultato fin:aLe balza sempre fuori dai conflitti di molte volontà s1ngole ... Esistono dunque innumerevoli forze che si incrociano, esiste un numero Lnfinito di paraUelogrammi di forre da cui e6ce una risult-ante, l'avvenimento storico, che può essere considerato a sua volta come ·i·l prodotto di una forza che agisce come un tutto, in modo incosciente e cireco. Perché ciò che ogn1 singolo vuole viene impedito da ogni altro singolo, e ciò che ne ri:sulùa è qualcosa che nessuno ha voluto. Cosi la storia procede .si:n'om [questo « sin'ora », .questa l!imivazione, ha naturalmente tnoha importanza nel marxismo] ·a gui:sa di un processo storioco natumle ed è anche sottoposta sostanzialmente aUe stesse 1eggi di .sviluppo)>. Queste parole di Engels m'i offrono il destro per un chi•arimento che mi sembr.a essen2liaie. Quando ho detto che ·i mpporti di produzione non sono la generalizzazione di singoli atti umani, ma i;l nesso reale, la totaHtà sempre storicamente determinata in cui, e per mezzo di cu'i, quegli aotti si producono, ·non si deve ·intendere •in questa to!:ialità, in qu•esto totum, un concetto metafi.sko e speculativo. Si tratta semplicemente della risultante di quelle infini·tamente Vlari•e volontà .ilridi'V'iduali e di quanto esSie hanno prodotto e accumulato storicamente; qualcosa di toto coelo diverso da esse 'e dal1a loro vatitetà. Un pass'aggio dalLa quantiotà alla qualità, come sogLiono dire, ellitticamente, ~ marX'isti. Chi comp11enda quest'O punto, 1e la problema
la taccia di determinismo che ·tante volte viiene fatta al matel'liaHsmo storico e al1a ·sua concezione dell'uomo. Aggiungeva Engels al passo oitato: « Ma per il fatto che )e singole volontà non raggiungono quello che vogHono, ma si fondono in una medi:a generale, in una risuhanue comune, rper questo non si può concludere che esse debbano esser fatte eguaLi a ZJeto. Al contrario ognuna contribuisce alla risulnante ed è quindi comp!!esa in essa ». Sti inserisce dunque qui la questione filosoficamente fondamentaLe dell'aspetto a>ttivo della coscienz.a. E, per il marxismo in quanto prassi politica, la questione deil'elaborazione attiva della coscienza di classe del proletru-Jato e in genemle della coscienza culturale, sociale e politica dei gruppi umani finora subalterni. Ma a me pare che ne sorga anche un avvertimento metodologico per la sociologia, a.Imeno nel senso in cui genera.Imente Vliene intesa, e nelle sue varie scuole ufficiali. Nulla di piu auspicabile che concrete ricerche, indagini, inchieste di carattere sooiologko. Ma non si cada nell'inganno di un ambiguo obiettivismo. L'inchiesta non può esser fine a se medesima e lo •SCOp<> che la guida, determinando l'ambito della •scelta, determina di volta in volta anche gli element!Ì. del rilievo e il metodo di accertamento. Il pericolo è quando si ricerca, o si crede di rilevare, come spesso avviene, certe costanti di compol'ltamento aU'inte.rno di gruppi umani statisticamente concepiti o oarbitrari.amente e frammentariamente scelti, e quando su tale fondamento sri vengono stabilendo in senso statistico, o ~addirittura con costruzionti matematico-deduttive, leggi e generalizzazioni. Sotto !'·apparenza dei cl1iteri oggett,ivi di accertamento accade che si rivelino allora con fucilità pregiudizi di classe; punti di vista soient1ficamente iUusoDi, nel senso attivo e passivo della parola. Quelnammonizione metodoiogica veniva già :innalzata da Gr·amsci, allorché osservava che « l.a legge suatistica può essere 1impLegaua neUa serenza e nell'arre politka solo fino a quando le grandi masse della popolazione rimangono essenz~al­ mente passive - per rr~petto ·alle qu~Sitioni che interessano lo storico e il politico - o si suppone rimangano passive »; mentre « l'·a~ione politica tende appunto a far uscire le molt,itudini daUa passività »: e quindi a sconvolgere e d1struggere quelle pretese leggi sociologiche che su taLi passività erano fondate. Quando - sono ancora parole di Gramsci - « la consapevolezza umana si sostituisce ,alla "spontaneità" naturaloistica ». 1954 304

www.scribd.com/Baruch_2013

Per lo studio delle opere giovanili di Marx ed Engels

Alla discussione che ~si è svolta or è poco sulle colonne del Contemporaneo (anno l; nn. 24, 33, 34), fra Henri Lefebvre e Lucio Colletti intorno all'interpretazione degli scritti giovanili di Marx, vorrei aggiungere qualche osservazione. L'argomento è affascinante e complesso, e presenta anche, senza dubbio, il pericolo di prestarsi a un discorso chiuso, fra iniziati: il che non sarebbe punto una caratteristica marxista. Vorrei qui cercare qualche altro lato della questione, e se si possono, almeno in via provvisoria, stabilire alcuni punti d'orientamento. L'importanza di quel gruppo di scritti teorici è oggi, direi, fuori di discussione. Una parte molto notevole di essi rimase allora inedita e anche incompiuta, per circostanze che non sto qui a ricordare. Non tutte del resto appaiono ancora chiarite in uguale misura; ma per alcuni sono certamente connesse alla stessa rapidità con cui si sviluppa e alla crescente complessità che viene 'acquistando il pensiero di Marx attraverso le sue esperienze non solo intellettuali, bensf, e in maniera decisiva, di lotta politica e di pubblicistica politica, negli anni in cui si prepara il 1848 in Germania e in Europa. Da tali circostanze quegli scritti, evidentemente, non possono venir separati. Com'è noto la pubblicazione degli inediti (e dei connessi materiali) non fu opera deg1i immediati eredi politico-letterari di Marx e di Engds: essa è recente, ma oramai non piu recentissima 1 • In che consiste, dunque, l'importanza di quegli scritti? lnnan1 Gli scritti di Marx (e Marx-Engels) che qui ci interessano sono dunque essenzialmente: I. Critica della filosofia del dirillo di Hegel (dell'estate 1843; ma la data di inizio della sua elaborazione è una questione filologicamente ancora aperta; non è escluso che si possa risalire piu addietro). Il. Un carteggio del 1843 (ed. febbraio 1844).

305

12

www.scribd.com/Baruch_2013

zi tutto neUa possibilità che essi ci dànno di ricostruire nella sua fase iniziale la formazione del marxismo, ossia del materialismo storico e dialettico. Se si prende come punto di partenza la dissertazione di dottorato di Marx (Differenza della filosofia della natura di Democrito e di Epicuro), come ha fatto Togliatti nel suo recente fondamentale studio Da Hegel al marxismo (Per una giusta comprensione del pensiero di Antonio Labriola, 3, in Rinascita, giugno 19 54), essi investono il periodo 1841-46. È anche il periodo in cui avviene l'incontro e si inizia la collaborazione ininterrotta di Marx e di Engels. « Quando nell'estate del 1844 feci visita a Marx a Parigi- scriverà Engels quarant'anni dopo- risultò che eravamo pienamente d'accordo in tutti ·i campi della teoria e da allora data il nostro lavoro comune. Quando ci ritrovammo a Bruxelles nella primavera del 1854 Marx dai principi enunciati aveva pienamen~ elaborata nelle sue linee fondamentali la sua concezione materialistica della storia, e allora ci accingemmo a sviluppare nei particolari ques~a nostra nuova concezione nelle direzioni piu diverse. >> Marx aveva detto sostanzialmente la stessa cosa nella famosa prèfazione al Per la critica dell'economia politica (1859), che infatti Engels citerà, proprio r.1 questo proposito, nella Osservazione preliminare al suo Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classici~ tedesca (1886). Dunque, nel 1845 la concezione materialistica della storia è, secondo i suoi autori, pienamente elaborata nelle sue linee fondamentali. Il giudizio è tanto piu importante che né Marx né Engels ebbero tenerezze retrospettive verso i loro scritti inediti o incompiuti di quel periodo; e di ciò è simbolo il manoscritto ·della Deutsche Ideologie abbandonato volentieri alla « critica roditrice dei to
lV. Per la critica della filosofia del diritti? hegeliana. Introduzione. (1843 ed. febbraio 1844). V. La sacra famiglia o critica della critica critica. Contro Bruno Bauer e consorti, di Marx-Engels (1844 ed. 1945). VI. Tesi su Feuerbach (del marzo 1845; pubblicate da Engels nel 1888). VH. L'ideologia tedesca. Critica della recentissima filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner e del socialismo tedesco nei suoi diversi profeti, di Marx-Engels (1845-46). Gli scritti I, LV, VU costituivano il gruppo degli inediti. La loro pubblicazione critica si è avuta nella Marx-Engels Gesamtausgabe (negli anni 1927-1932) a cura dell'Istitpto Marx•Engels-Lenin di Mosca.

306 www.scribd.com/Baruch_2013

quale si presenta nella prima parte della Deutsche Ideologie, che essa « prova soltanto quanto a quel tempo fossero ancora :incomplete le nostre conoscenze della storia economica ». A parte la sprezzatura dell'espressione, consentita a Engels che parlava di sé e di Marx, e non certo a noi come loro Sltudiosi (ma Engels, prima di dare alla luce in forma indipendente il suo saggio, aveva, come ci dice, « ric.ercato e riveduto ancora una volta il vecchio manoscritto del 1845-46 >>), quelle parole contengono un'indicazione preziosa, se le affianchiamo a quanto già si è rilevato. Si trae infatti dall'insieme che la concezione materialistica della storia è pienamente costituita nelle sue linee fondamentali nel 1845-46, ma con quelle deficien~e e insufficienze determinate da un'incompleta conoscenza della storia economica. Se si tiene presente il nesso intrinseco che vi è nel marxismo fra indagine storica (a partire dalla storia del presente) ed elaboraZlione teorica (come fra quest'ultima e l'azione politica), non mi pare dubbio che alla limitazione di Engels dobbiamo dare un significato rilevante. Ad essa corrisponde del resto quello che era stato lo svolgimento effettivo della successiva produzione scientifica di Marx. Ma è proprio sul fondamento della conquistata conceZJione materialistica della storia (alla quale non si giunge senza una prima radicale discussione della sfera dell'economia e del lavoro) che aveva potuto svolgersi quella vivacissima e laboriosissima critica dell'economia la quale prende il lancio dalle pagine della Miseria della filosofia (1847) e occupa tanti anni di fatiche, di ricerche e di geniali scoperte di Marx, culminando costruttivamente nel Zur Kritik e nel Capitale. Basti confrontare il concetto di « hase reale della storia » come si presenta nella prima parte della Deutsche Ideologie con il nesso base-sovrastruttura nella prefazione al Per la critica, per cogliere anche nei suoi riflessi pili generali e Eilosofici, o di metodologia della storia, .Ja maturazione avvenuta. Ma ciò non toghe che il pur insufficiente ooncetto della Deutsche Ideologie non rappresenui il completo rovesciam~nto di ogni precedente concezione della storia, la scoperta del nesso obiettivo di sviluppo del mondo storico-umano, che permette di concepir.e e intendere la storia non piu secondo un criterio estrinseco, sia esso teologico e speculativo (ove non si preferisse, scetticamente o ·irra:dona•lmente, non concepirla affatto), ma secondo il suo proprio procedere. Per un'intel"pretazione marxista. ossia, fra l'altro, seria e non di fantasia, del gruppo delle opere giovanili teoriche di Marx e di

307 www.scribd.com/Baruch_2013

Marx-Engels, mi sembra intanto assodato questo importante punto: che lo sviluppo di pensiero da esse rappresentato oulmina nella conquista della concezione materialistica deHa storia, entro i limiti (naturalmente da approfondirsi) sopra indicati. Ma a questo punto incontr•iamo un'altra questione. In che rapporto stanno, storicamente, materialismo storico e materialismo dialettico? Solo che quest'ultima non è piu soltanto una questione filologica. È anche e soprattutto una questione filosofica, poiché implica la comprensione .del nesso fra mater1alismo storico e materialismo dialettico. Il quale non è esteriore, ma intrinseco. Il materialismo dialettico è un materialismo che comporta in modo essenziale - e non, per cosi dire, aggiunto - la dialettica (anche se i due aspetti, nel momento didattico, possano, fino ad un certo punto, esser trattati distintamente). Lo stesso svolgimento storico del marxismo, con la sua costante lotta teorica sù due fronti, contro l'idealismo anche se dialettico, e contro la metafisica anche se materialistica, lo prova. In sede teorica, giunta la dottrina a un aho grado di sviluppo e ·in certo modo aH.a sua piena classicità (penso al significato che a questo termine dava Gramsci), non vi è dubbio che l'esposizione del materialismo dialettico logicamente preceda quella del materi·alismo storico, in quanto quest'ultimo si presenta come un caso di applicazione del primo, e precisamente alla società, al mondo storico-umano. E fu infatti questa la via segufta da Stalin nel suo notissimo scritto. In sede storica ciò che si chi·ama, in senso specifico, materialismo dialettico si è svolto dal materialismo storico. Vi è contrasto fra questi due fatti? Non solo non vi è contrasto, ma vi è piena e assoluta coincidenza. Ciò che a un certo momento si è chiamato materialismo dialettico, in quanto concezione generale della realtà e metodo di indagine di essa, non è che l'estensione alla sfera della natura (e quindi alle scienze della natura) della concezione e del metodo dialetticomaterialistico già affermatosi, come « materialismo storico », nei riguardi del mondo storico-umano. Questa estensione non è avvenuta per spirito astrattamente sistematico o astrattamente costruttivo, ma corrisponde a una nuova fase delle scienze naturali, che si andava parzialmente e lentamente preparando fin dal XVIII secolo, ma che venne a maturazione solo dopo la metà del secolo scorso. Le scienze della natura cessano di essere scienze di cose in sé compiute e di fatti in eterna ripetizione; divengono, fondamentalmente, scienze di processi e dei loro nessi. Crolla di fatto la concezione antistorica o astorica 308 www.scribd.com/Baruch_2013

delJa natura, anche se J.a storicità delJa narura non è destinata a confondersi con quella del mondo umano. Il materialismo dialettico è la coscienza teorica e critica di questo radicale mutamento. Esso non è meno storico, in quanto riguarda la natura, di quanto non sia dialettico il materialismo storico come interpretazione della società umana e del suo divenire. Negli scritti teorici giovanili di Marx e di Marx-Engels quella estensione non è ancora avvenuta. Nella Deutsche Ideologie la storicità della natura si presenta solo nel suo aspetto umano, solo per il rapporto att1vo e storico che l'uomo 'ha con essa, nel lavoro, nell'industria, nel commercio; onde l'uomo, là dove giunge con le proprie forze, la viene dominando e modificando. Ma è tuttavia questo nesso pratico e sensibile con la natura (nesso che è insieme permanente e in sviluppo storico) a costituire la possibi-lità di comprendere lo svolgimento storico del genere umano secondo criteri immanenti, e quindi a rivoLuzionare la concezione della storia. La sua radice (ed è la radice di tutto il materialismo storico come teoria) è il rifiuto e la crit-ica della <:oncezione astratta dell'uomo fornita da Feuerbach, la contrapposizione ad essa della concezione dell'uomo come attività pratica e sensibile, non come essenza data ma come processo e risultato di processi pratici storico-sociali. È la rivendicazione contro Feuerbach (ma sul piano del materialismo) della mediazione e della dialetticità. Mediazione, dialetticità e prassi come attività sens1bile sono gli elementi costitutivi del materialismo storico. Nei Manoscritti del '44 li troviamo in piena elaborazione, e connessi con l'economia attraverso H lavoro, prima che il materialismo storico si sia effettivamente costituito. Un materialismo storico, sia pure germinale, non ancora dialettico non v'è dunque mai stato e ,sarebbe impensabile. « La concezione materialistica della storia e la sua specifica applicazione alla moderna lotta di classe fra proletariato e borghesia erano infatti possibili solo mediante la dialettica», dirà Engels nei 1882. Mi sembra che queste considerazioni concordino pienamente coi risultati cui è giunto Togliatti e col tracciato da lui magistralmente segnato nel citato capitolo Da Hegel al marxismo. Si tratta di uno scritto che, per quanto appartenga a una ricerca diversa, indirettamente viene a offrirei un prezioso filo conduttore. Tali risultati, che rompono una serie di vecchi schemi, sono, per il problema che qui ci interessa, sostanzialmente, mi sembra, i seguenti: l. « Marx non è mai stato un hegeliano ortodosso, se non forse in abbozzi d~ scritti di scuola che a noi non sono giunti ».

309 www.scribd.com/Baruch_2013

2. « Marx non aderi mai pienamente a nessuna delle correnti di pensiero che stavano scaturendo dalla disgregazione della scuola hegeliana ». 3. L'influenza di Feuerbach ·accelerò un « processo di liberazione che era già in corso » contribuen.do « alla maturazione di un pensiero da tempo in via di elaborazione ». Ossia, l'influenza di Feuerbach c'è ed ·è decisiva, ma essa si produce fin da pri•ncipio attraverso una critica radicale che Ma•rx compie di Feuerbach, la quale è fondata in un'analisi concreta, anche se ancora parzia·1e e approssimata, della reahà politico-sociale e ha come sua arme la dialettica. Lo scritto di Togliatti mette fortemente in evidenza la ·funzione critico-positiva della dialettica - sostituzione in atto di una dialettica reale a quella astratta e ideale di Hegel - in quel « processo di Hberazione » che è insieme il processo di nascita del marxismo. Tale sostituzione, credo si possa dire, è la prima e unica effettiva « ri·forma della dialettica hegeliana » che d sia mai sbata. Come si vede s.i·amo agli anti•podi dal presupporre anche lontanamente un materiaHsmo storko in una qu-alche sua fase non ancora diaLettico. Tutto il marrismo è tale :r.if.onma, ma essa è compiuta, sotto l'aspetto filosofico e logico, in quei primi scritti teorici. Di qui H secondo aspetto della lioro importan:òa, e in certo s·enso i.l piu attuale, quello filosofico. Intorno a questo punto, aJl'attualità filosofica delle opere teoriche giovanili di Marx e Marx-Engels, è necessado cercare di avere chiare .1e :idee. Nei'la prefazione ( 1859) al Zur Kritik Marx .afferma che H compito che si erano assunti lui ed Engels neHo scrivere 1a Deutsche Ideologie fu quello di « elaborare a:ttraverso un lavoro comune il contrasto tr.a il nostro modo di vedere » - .(ossia, il materialismo storioo, oome preciserà Engels) - « e la oonè.ezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti in realtà con la nostra anteriore coscienza filosofica ». Il che fu realizz·ato « nella forma di una critica della filosofia posthegeliana ». Raggiunto questo « scopo principale », ossia la chiarezza con se medesimi, la Selbstverstandigung, essi non s.i: .addolorarono ·tt.oppo per la .sopraggiunta impossibilità di pubblicare il manoscritto: il loro lavoro e la loro azione, su quella base, si sviluppava in altre direzioni che non la filosofia. Come mai, possiamo chiederci, Marx ~ poi Engels presenteranno a partire dal 1859 questo fatto cosi importante, la conquista del materialismo storico nel suo aspetto filosofico attraverso la critica della filosofia precedente, quasi come una faccenda privata e di interesse biografico? A me sembra che la ri&posta 310 www.scribd.com/Baruch_2013

ce la diano gli stessi fondatori del marxismo. Vi era stata la grande fmttura del 1-848 che segna in Germania 1a fine dell'hegelismo e di tutto ciò che era nato dalla sua disintegrazione teorica (anche per Feuel'bach- dirà Engels- l'<< anno 1848, che egli non comprese, segnò la rottura definitiva col mondo reale, il ritiro nella solitudine»). «Con la rivoluzione del 1848 la Germania "colta" dette congedo alla teoria e si pose sul terreno dell'attività pratica », dirà anc-ora Engels (ma nello stesso tempo « andava perduto anche per la Germania colta quel grande senso teorico che aveva costituito la gloria della Germania nel periodo della sua piu profonda decadenza politica, - il senso per l 'indagine scientifica pura, ind1pendentemente dal fatto che il risultato raggiunto fosse praticamente utilizzabile oppure no, e fosse oppure non fosse contrario alle ordinanze di polizia »). Quando, alcuni decenni p ili tardi, i fondatori del marxismo avranno occasione di riprendere in modo diretto la 'POiemica e Ia di:souss·ion.e mosofica, nel1'Antidiihring ( 1878), l'ambiente generale della cultura faosofica è pvofondamente diverso da quello della Germania fra la morte di Hegel e il 1848. La Deutsche Ideologie e le altre opere « giovanili» rimaste inedite sarebbero ora, nel loro aspetto di polemica filosofica, del tutto inattuali; mentre intanto il materialismo storico e dialettico, nel- suo complesso di dottrine e di applicazioni, si è grandiosamente sviluppato, la « critica dell'economia » è divenuta Il capitale, e dalla polemica politica sono uscite opere storiagraficamente fondamentali. « Ho criticato il lato mistificatore della dialettica hegeliana trent'aimi fa, quando era ancora la moda del giorno», wrive Marx nel 1873, «ma proprio mentre elaboravo il primo volume del Capitale i molesti, presuntuosi e mediocri epigoni che ora' dominano nella Germania colta si compiacevano di trattare Hegel come ai tempi di Lessing il bravo Moses Mendelsohn trattava Spinoza: come un cane morto. Perciò mi sono professato apertamente scolaro di quel grande pensatore ... La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolment-e le forme generali del movimento della dialettica stessa ». ln tutto questo periodo Marx ed Engels accentuarono polemicamente, contro il positivismo e l'eclettismo in vigore, la connessione del proprio 'Pensiero con la « filosofia classica tedesca » e l'eredità da essi accolta della « dialettica tedesca.>>, della « critica dialettka tedesca». Ripubblicando in forma autonoma, nel 1882, alla vigilia della morte di Marx, tre capitoli dell'Antidiihring sotto 311 www.scribd.com/Baruch_2013

il titolo L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza, Engels cosi chiudeva la sua prefazione: « Se i maestri di scuola della borghesia tedesca hanno sommerso nella palude sconsolata dell'eclettismo la memoria dei grandi filosofi tedeschi e della dialettica da essi- affermata, tanto che siamo costretti a invocare le scienze naturali moderne come testimoni del fatto che la dialettica esiste nella realtà, noi socialisti tedeschi siamo oontenti di non discendere soltanto da Saint-Simon, da Fourier e da Owen, ma anche da Kant, da Fichte e da Hegel ». Il Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca di Engels è di alcuni anni dopo (1886). Doveva essere una recensione e divenne un saggio, in cui l'autore tracciò in sintesi storico-sistematica i rapporti del marxismo con la filosofia hegeliana e con Feuerbach. Forse non si è soliti prestare sufficiente attenzione alle circostanze che dettero luogo a questo sviluppo, benché sia lo stesso Engels a fermarsi su di esse (nell'osservazione preliminare del 1888). Oramai « la concezione marxista del mondo ha trovato dei rappresentanti ben al di là delle frontiere della Germania e dell'Europa, in tutte le lingue colte del mondo», dice Engels. « D'altra parte la filosofia classica tedesca conosce all'estero, e precisamente in Inghilterra e nella Scandinavia, una specie di resurrezione e persino in Germania sembra che si incominci ad averne abbastanza del minestrone eclettico che viene servito nelle università sotto il nome di filosofia. » Sono i primi segni di un mutamento nell'atmosfera filosofica europea che non sfuggono all'acuta percezione di Engels e che egli pone accanto all'avvenuta diffusione internazionale del marxismo. In rapporto a « queste circostanze » egli scrive il suo saggio. Naturalmente Engels non pot-ev:a prevedere dove quel mutamento avrebbe condotto. Allo stesso modo - in un diverso terreno - Engels in quegli anni segnalò e mise in luce la nuova forma di produzione, la nuova forma di concentrazione del capitale, avviata a diventare prevalente nel sistema capitalistico, quella dei trusts. Egli vide che questa nuova forma, e i diversi rapporti che si stabilivano con lo Stato, non sopprimevano « la qualità di capitale delle forze produttive », ma che tuttavia essa costituiva obiettivamente un nuovo gradino e piu mature condizioni per il passaggio al socialismo. Ma, naturalmente, non fu in grado di determinare l'epoca che seguf nei suoi caratteri d'insieme e nei suoi sviluppi. Questo compito, l'identificazione marxista dell'« epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria », in cui ancora viviamo, e la correlativa 312 www.scribd.com/Baruch_2013

impostazione dei nuovi problemi di lotta del proletariato internazionale, doveva toccare a Lenin. Quei segni che Engels coglieva di un mutamento nell'indirizzo della cultu·ra Hlosofica tradizionale erano si i primi sintomi del fatto che ci si avviava a uscire dalla rozzezza eclettica e positivistica, ma erano al contempo l'inizio delle filosofie della nuova epoca. Sotto i colpi della critica marxista la borghesia non poteva rimanere nelle posizioni dell'eclettismo, del positivismo e del loro facile scientismo. Non a caso i sorgenti neo-hegelianesimi proseguiranno e trapianteranno sul proprio terreno, idealistico, quella critica; e analogo compito si assumeranno altre scuole allora emergenti, secondo i r:aratteri delle varie culture nazionali. H rigetto di tutto ciò che si può genericamente far confluire sotto il nome di positivismo (a cui si accompagna del resto il distacco culturale della borghesia dalle classi popolari) era una svolta necessaria perché la cultura borghese potesse produrre le nuove ideologie che le accorrevano, i nuovi miti filosofici, sotto il segno della « critica » o, piu tardi, nel piu sfrenato irrazionalismo (che servirà e serve tuttora da ponte verso il confessionalismo). Non è qui il caso di dare un quadro neppure sommario delle filosofie borghesi della nuova epoca, dal neohegelismo, dal revisionismo neokantiano, dal pragmatismo, dal bergsonismo, dall'empiriocriticismo giu giu fino alle mode presenti (in cui le reincarnazioni empiriocriticistiche stanno assumendo, se non sbaglio, una funzione direttiva). In questo diverso clima le posizioni filosofiche e critiche svolte da Marx e da Engels nelle loro opere teoriche « giovanili », nella Critica della filosofia hegeliana del diritto, nei Manoscritti economico-filosofici, nella Questione ebraica, nella Sacra famiglia, nell'Ideologia tedesca, riassumono piena attualità. Marx ed Engels non avevano sentito successi.vamente il bisogno di ripresentare e rielaborare quelle tesi, per il mutato ambiente culturale, dopo il '48, perché non si trattava piu in quest'ambiente di combattere le scuole hegeliane o Feuerbach, bensf, all'opposto, di dare, se non a queste scuole, morte per sempre, a Feuerbach e soprattutto a Hegel il posto che loro spettava. Ma da'quelle tesi non si staccarono mai, come mostrano i molteplici riferimenti, a partire dal 1859, da essi fatti a quanto avevano definitivamente conquistato con la Deutsche Ideologie. Quelle opere teoriche « giovanili » costituiscono oggi le fonti principali dirette della filosofia marxista, accanto all' Antiduhring, alla Dialettica della natura e al Ludwig Feuerbach di Engels, 313 www.scribd.com/Baruch_2013

a Materialismo ed empioriocriticismo e ai Quaderni filosofici di Lenin, a Materialismo dialettico e materialismo storico e agli ultimi scritti di Stalin. E non solo le fonti, o l'armamentario critico, ma la piatta·forma di sviluppo della filosofia marxista. Se guardiamo le cose sotto quest'ampia angolazione storica, se vediamo nelle opere teoriche giovanili di Marx e di Marx-Engels la prima vera e unica, radicale, « riforma della dialettica hegeliana », da cui prende le mosse, nel suo aspetto teorico, tutto lo svolgimento del marxismo, credo che mohe ambagi sono destinate a cadere e chiara apparirà la via dello studio e dell'utilizzazione. Certo, in quelle opere il marxismo è ancora lontano dal pieno e classico sviluppo di tutti i suoi rami d'applicazione; appena all'inizio, anzi nel suo primo germe, è la critica dell'economia politica, di là da venire è l'analisi del sistema borghese di produzione e di scambio delle sue leggi di sviluppo; vi sono solo i primordi della metodologia storiografica marxista; ancora assente è la concezione critico-dialettica della natura e de'Ile scienze 'naturali, ossia H nuovo mat·erialismo in tutta la ·sua estensione. Ma ciò.che è assente è presente potenzialmente, e ciò che è agl~ inizi si ·trova entro un ambito di elabor~tzione in cui la critica filosofica, la concezione filosofica, ha compiuto il passo deci:sivo. Non v·i è dunque alcun bisogno, dal punto di vista del marxismo sviluppato, di circondare questi seri tti di ca va'ili di frisia e di filo spinato. Es-si vanno· invece compresi e interpretati per quello che sono, nel processo di sviluppo cui appartengono. Forse è opportuno ricOL'dare qui alcune cose che -credo fondamenta1i. In quanto critica dialettica il marxismo respinge e demolisce la metafisica. Ma in ciò non fa che proseguire Hegel. Lo prosegue tuttavia su di un piano completamente nuovo, liberato radicalmente dalla forzatura ideale del sistema: sul piano dei nessi reaH del mondo della natura e del mondo storico-umano. Come viene conquistato questo terreno nuovo e aperto? Attraverso la critica della speculazione, della « mistificazione. speculativa » del reale, la quale corre parallela a1la critica dell'ideologia. Se la critica della metafisica prosegue Hegel, la critica della speculazione va contro Hegel. Ma essa non potrebbe compiersi senza il riferì- · mento atuvo alla realtà umana, senza far pernio ·sulla prassi umana sensibile e sulla prassi umana associata, nei loro caratte.ri storici. Ossia non potrebbe compiersi senza l'analisi delle forze s·toricosociali attualmente in lotta, senza la comprensione delle contraddizioni reali da cui questa lotta scaturisce e senza comprendersi, 314

www.scribd.com/Baruch_2013

nella propria attualità di pensiero, come riflesso di essa. Ciò esclude necessariamente l'evasione dalle contraddizioni reali per la via illusoria, ideologica o speculativa, di una qualche risoluzione o sintesi ideale (il filosofico «mettere le brache al mondo»), significa invece porsi «come elemento della contraddizione», elevando « questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione », secondo un'espressione di Gramsci. Significa cioè agire nel process0 storico facendosi cos-cienza teorica e guida nell'azione di una parte di quelie forze storko-sodali nel loro moV'imento, dd proletariato come classe rivoluzionaria del mondo moderno. È il carattere militante o di partito, essenziale al marxismo. Quelle prime opere teoriche di Marx e di Marx-Engels ne testimoniano la formazione critica, e lq_ troviamo del tutto costituito, in modo esplicito, nella Deutsche Ideologie, attraverso la .stessa polemica filosofica verso Feuerbach. Certo, si tratta di opere filosofiche, ma di una filosofia che si accinge non piu a contemplare il mondo, ma a mutarlo, sulla base di una deter-minata forza sociale (e a diventare perciò nello stesso tempo « riforma intellettuale e morale » di massa); e sa di poterlo comprendere solo nella misura in cui agisce per m.utarlo, e si •SVOlge nel senSO di queStO mutamento. Se teniamo presente questo quadro nel suo insieme, con tutti i momenti essenz~li che lo compongono, ci accorgeremo che nozioni filosofiche come quelle dell'alienazione e dell'uomo totale, per <Juanto suggestive e importanti per la fondazione dell'umanesimo marxista e aella etica del marxismo, per quanto integrabili e di fatto integrate nel materialismo dialettico, sono, anche filosoficamente, negli sCritti teorici giovanili di Marx, elementi subordinati. Mi trovo d'accordo con Henri Lefebvre quando egli dice che quelle nozioni, « prese in se stesse, sono suscettibili di una interpretazione metafisica e antimarxista ». Meno d'accordo sono con Lefebvre quando egli sembra indicare il motivo di ciò nel ·fatto che quelle nozioni, come tali, proverrebbero « dalla filosofia anteriore al marxismo ». Poiché nella misura in cui è vero ciò, quelle nozioni presentavano, sia pure in forma metafisica o speculativa, un'esigenza e dei problemi (si può risalire per lo meno a Spinoza) che solo nel marxismo, e nel movimento che esso esprime e guida, possono trovare la loro impostazione e risoluzione reale. Anche qui, mi sembra, è valida l'affermazione di Lenin che « tutta la genialità di Marx "sta proprio in ciò, che egli ha risolto dei problemi già posti dal pensiero d'avangnardia della umanità » (con questa 315

www.scribd.com/Baruch_2013

proposizione, è forse bene ricordarlo, Lenin investiva tutte e tre « le fonti e parti integranti del marxismo )>, ossia anche quella

filosofica, onde il marxismo attraverso la filosofia classica tedesca eredita tutta la storia della filosofia). Di fatto, quelle nozioni le troviamo in uso nelle opere teoriche giovanili di Marx già trasformate (di qui la loro forza e suggestione, la loro capacità di farci comprendere un aspetto della realtà umana in cui ci muoviamo) e trasformate, rispetto alla loro origine anteriore, proprio in quanto subordinate alla critica della speculazione e delle costruzioni speculative. Se le priviamo di ~uesto rapporto fondamentale, fatalmente ci troveremo avviati a ripristinarle nel loro carattere metafisico, ossia a muoverei nella direzione opposta a quella in cui si muove Marx, caratterizzata dal fatto che quelle nozioni venivano intrinsecamente legate alla propria storicità e alla staticità di ciò che le produce e dà loro un senso reale: la divisione del lavoro, la soggezione dell'uomo all'uomo nella produzione e quindi nella società, la merce, la proprietà privata, la divisione della società in classi antagonistiche. Lungo la via di approfondimento e di sviluppo di questa tematica, noi troveremo quelle nozioni di alienazione o di uomo totale risolte o assorbite e integrate dal materialismo dialettico nel pieno svolgimento di tutti i suoi rami, fino ad oggi apparsi, in opere quali Il capitale di Marx (è giusto a questo proposito ricordare « il carattere di feticcio della meroe e il suo arcano ») o ~l'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato di Engels. Il che non significa che quelle nozioni non ne possano, o non ne debbano, venir riestratte, unitamente a ciò di cui si sono venute via via arricchendo, e quindi anche con le implicite eventuali correzioni e modifitazioni. Ma, innanzi tutto, serbando ad esse quella piena funzionalità anti-metafisica, anti-ideologica e anti-speculativa con cui fin dall'inizio erano entrate nel cerchio di idee dei fondatori del marxismo. Via opposta, evidentemente, a quella delle precarie e arbitrarie interpretazioni esistert~iàlistiche, o esistenzialistico-religiose, di cui siamo stati gratificati in questi anni. Ma è la via non solo dell'interpretazione marxista, bensi anche, semplicemente, della correttezza storiografica. La critica della speculazione, dell'elemento « speculativo idealistico », della costruzione speculativa di « soggetti » fantastici, e in genere della costruzione 'speculadva della realtà naturale e sociale del movimento della storia, è, a me sembra, l'aspetto filo316

www.scribd.com/Baruch_2013

soficamente emergente di quegli scritti, il quale subordina a sé (intendo filosoficamente) gli altri. La stessa accentuazione dell'empirico che .in essi troviamo va intesa all'interno di questa critica, altrimenti si rischia di presentarla in maniera del tutto deformata. Essa non è per nulla in contrasto con la polemica antiempiristica dei decenni posteriori (quando la battaglia filosofica del marxismo avrà opposti bersagli), la quale a sua volta non toglie punto che il marxismo muova sempre dal dato storico e dall'analisi delle circostanze di fatto. Quella critica antispeculativa delle opere teoriche giovanili respinge dunque non la dialettica (il che non entra mai neppure lontanamente in questione), ma solo il« lato mistificatore della dialettica hegeliana », come dirà Marx piu tardi. Ossia è un raddrizzamento e una riforma della dialettica, ed è essa stessa squisitamente dialettica. Solo come tale riesce a essere al contempo una critica a fondo di Feuerbach, nella misura stessa in cui ne utilizza e svolge dialetticamente gli spunti antispeculativi. Il quale processo mi sembra che sia stato posto fortemente m luoe nel citato soritto di Togliatti. Se le opere teoriche giovaniH di Marx e di Marx-Engels fossero andate perdute noi av,remmo ugualmente, nei suoi risultati, questa riforma della dialettica, poiché essa si è realizzata in tutto il marxismo nel suo svolgimento (e l'espressione «materialismo dialettico)> giustamente lo designa). Quelle opere ci sono pr·ezioS'e perché possiamo ricostruire il processo teorico Òriginario nel suo iniziale 1egarsi coi problemi e con il movimento pratico, rivoluzionario, della classe operaia. Ma questo non è tutto. Esse ci sono anche preziose .perché nella loro genesi contengono una serie di motivi critico-filosofici che non hanno perduto di attualità, o in un certo modo l'hanno riacquistata nella nostra epoca. Anzi, credo che l'attualità di questi motivi non sia solo nel loro aspetto negativo e distruttivo, ma, non meno, negli elementi positivi che essi recano con sé o l>ervono a chiarire. A me sembra che in questo senso il filo principale da raccogliere sia la critica della costruzione ·speculativa del soggetto o della soggettività. È quella che lo stesso Marx del resto indicava nel poscritto alla seconda edizione del primo volume del Capitale, riferendosi a Hegel. Nella sua portata negativa questa critica colpisce l'idealismo della filosofia classica tedesca e quindi anche le sue successive reincarnazioni (perché non sfugga il punto di disc:dmine è bene ricordarsi ciò che scriverà Engels, che « i sistemi 317 www.scribd.com/Baruch_2013

idea•listici si riempivano sempre piu di contenuto materiaHstico » e che « il sistema di Hegd alla fine rappresenta soltanto, pel suo metodo e pel suo contenuto, un materialismo posto idealisticamente con la testa all'ringiu ». Questo criterio presiede, se non sbaglio, alla feconda lettura di Lenin de1la Logica e di altre opere hege· liane). Ma indirettamente cosi quella critica si riconnette a un problema, quello della soggettività, che non a caso è presente in tutto lo svolgimento della filosofia moderna dal XVII secolo e in ce.rto modo la caratterizza. Nella sua portata .positiva quella critica contiene gli elementi da cui si sviluppa la soluzione marxista del medesimo •problema, che è innanzi tutto la sua instaurazione in termini compiutamente umani, e quindi anche sociaH, storici, pratici, antimetafisici, antispeculativi. Qui fanno nodo necessariamente i problemi della conoscenza, del metodo delle scienze e della storiografia, della logica, e quelli da essi inscindibili delia pratica, e quindi anche della lotta •economica 't! sociale. Del rapporto di oggettivo e soggettivo, della relativa problematica, il marxismo non può fare sicuramente a meno in nessuno di questi campi. L'impostazione materialistico-dialettica trasporta il problema della soggettività su un nuovo piano {che è, almeno parzialmente, indicato dalle prime due tesi su Feuerbach), non lo abolisce affatto. n matedalismo dialettico respinge criticamente il soggettivismo, non il problema della soggettività, che è, in definitiva, il problema delfuomo, della sua azione, e dei reciproci rapporti umani. Analogamente il marxismo respinge l'idealismo in quanto respinge la priorità genetica del momento ideale, quale resurrezione laica della teologia, ma non il momento ideale stesso, i modi della sua realtà, la sua importanza, H suo riverber.arsi su tiò che lo genera, e i connessi problemi di vaiMe. Congiunta a quella critica della costruzioné speculativa della soggettività è la concezione dell'uomo come •atotività sensibHe e razionale, come essere naturalestorico, come individuo che è il proprio es·sere sociale, come autoproduzione storica attraverso i•l proprio l·avoro sociale. Tutti aspetti intorno ai quali la battaglia filosofica è tuttavia aperta e lo sarà indubbiamente ancora a lungo. Fuori di tale connessione lo stesso umanesimo marxista si ridurrebbe a un moralismo ·gratuito, a 110 mero dover essere (e ricadrebbe cosi dentro la critica hegeliana all'inanità dell'imperativo categorico, ricorcj.ata da Engels): cosa ben lontana dal c-arattere che gli è proprio. L'uomo totale giustamente caro a Ldebv.re 318 www.scribd.com/Baruch_2013

può prodursi come ideale (dello sviluppo « onnilaterale » di ogni par.ticolar·e uomo; e quindi come aspetto ulteriore di un concreto fine di lotta di cui sono date le {:Ondizioni, la società soci-alista) non solo in quanto è, per cosf dire, il controluce della divisione classistica dd lavoro, della propri-età privata, ecc., ma in quanto è ben radicabO e presente neJ.la realtà ym-ano-stork.a come unità in svolgimento del genere umano, daHa qu-ale nessun singolo uomo può venire strappa.to. Sarebbe puerile pensare che questa unità (in svolgimento) esista soltanto da quando lo sviluppo del capitalismo ha creato il mercato mondiale, e quindi ha portato di fatto, come osservava Marx nelle Deutsche Ideologie, gli uomini sul « piano storico-universale», dando realtà alla nozione di Weltgeschichte. (Del.la quale faticosa unificazione umana noi viviamo oggi una svolta decisi·va.) A quest'osservazione di Marx non bisogna dare cioè un'inte1.1pretazione unilateral·e, e sotto questo aspetto la Deutsche Ideologie va integrata con l'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, che non è una tipizzazione sociologica, ma innanzi tutto un libro e un modello di critica storica. Non a caso Stalim ricorda, in Materialismo storico e materialismo dialettico, che esiste un « co1.1so della storia dell'umanità » (cosa che oggi è estremamente e'legante, da parte di storiografi e di ideologi, mettere in ombra). Questa unità in svolgimento, che non implica assolutamente alcuna predeterminazione di sviluppo complessivo, è stata fino ad oggi relativa alla differenziazione e ramiliorrione, al maggior sviluppo o ritardo, e magari aUe involuzioni, deUe società umanestoriche, nei confronti della loro origine biologica; nonché ·alla loro diffusione e divisione geografic-a. Essa è tuttavia reale, di luogo in luogo e di fase storica in fase storica, nel fatto o cQi caratteri dell'essere sociale dell'uomo (che non è .l'essere sociale dello sciame o del formicaio, e neppure dell'orda). Reale quindi prima di tutto nell'unità interna deHe ·effettive società storicheumane, per quanto a un certo punto divise, e insieme mosse, da interne contraddtizioni e da lotte. Il che è anche testimoniato dall'irriduoibilità al rapporto base-sovrastrutt~ra dello strumento che, variamente, gli uomini si sono creati per comunicare umanamente fra loro, H linguagg1o « oonnesso direttamente rcors-ivo mio] con J'.attività produttiva diehl'uomo e non solo con l'attivictà produttiva m~- con tutte le altre attività dell'uomo », come si è espresso Stalin. 319 www.scribd.com/Baruch_2013

La problematica svolta da Marx nei Manoscritti economicofilosofici del 1844, con grande'energi1a filosofica, intorno all'uomo come «ente generico» (e «consapevole ente generico»), mi sembra che abbia questo senso complessivo fondamentale, anche se le mancano quelle determinazioni scientifiche e storiografiche che il marxismo potrà attingere piu tardi dalla teoria dell'evoluzione, dalle scoperte preistoriche e protostoriche, e dalle proprie scoperte intorno all'ordine di successione deLle formazioni economico-sociali. In questo scritto Marx, dopo aver dato un giudizio altamente positivo sul risultato sostanziale della Fenomenologia hegeliana (cfr. per questo punto il citato studio di Togliatti, p. 391), osserva criticamente che Hegel « vede soltanto l'aspetto positivo del lavoro, non quello negativo », e aggiunge: « Il lavoro che Hegel soltanto conosce e riconosce è il lavoro spirituale astratto ». Avviandosi alla conclusione dell'Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato Engels quarant'anni dopo scrive: « Poiché Ja. base della civiltà è lo sfruttamento di una classe da parte di un'altra, l'intero sviluppo della civiltà si muove in una contraddizione permanente. Ogni progresso della produzione è contemporaneamente un regresso della situazione della classe oppressa, cioè della grande maggioranza». Il marxismo, che mai un istante ha cessato di riconoscere e di promuovere il progresso, non si lasciò ingannare dall'idealizz-azione borghese del progresso, dalLa mascheratura borghese del prezzo che esso era costato e costava all'umanità nella società divisa in classi. Di fronte all'ideologia borghese del XIX secolo esso, accanto agli aspetti positivi, ne ·accentuava contemporaneamente queUi negativi. Oggi sotto questo aspetto, intendo sul terreno ideologico, le cose sono mutate. La borghesia nel suo restringersi in borghesia imperialistica e monopolistica, nella conseguente profonda rottura con le masse popolari altrimen. ti progredite e guid'clte, e di fronte alla realtà e all'aVIanzata del mondo socialista, ha buttato via l'ideologia del progresso che non le serve piu e ironizza sullo « stupido » XIX secolo. Marx contrapponeva all'ottimismo hegeliano il lato negativo dd lavoro. Engels contr:apponeva all'ottimismo positivistico il regresso sempre insito nel progresso delle ·società di classe. Ma tuttavia la storia di questo regresso era la storia di quel progresso, non solo come suo rovescio negat1vo ma anche nel senso positivo della presenza attiva e fondamentale delle masse produttrici: la storia dell'umanità è in ultima analisi la loro storia, « storia dei popoli », come scrive Staiin. 320 www.scribd.com/Baruch_2013

Di fronte agli odierni fastidiosi moralisti e pessimisti, esistenzialisti e nichilisti, letterati e filosofi, che voluttuosamente si pascono di « alienazione » e somministrano « alienwione » fra i loro stupefacenti ideologici, è bene ricordare che il lato negativo del lavoro non toglie quello positivo, né degrada e annulla l'operaio che lo subisce, nella misura in cui esso, muovendo dalle stesse condizioni create nel mondo moderno dalla produzione capitalistica, lotta per la propria emancipazione e per quella di tutti gli uomini. Come già indicava il Manifesto del partito comunista del 1848, e come proprio la storia della nostra epoca ha largamente dimostrato e viene dimostrando. Questi mi sembrano i punti di orientamento fondamentali dai quali muovere oggi allo studio delle opere teoriche giovanili di Marx e Marx-Engels.

195.5

321 www.scribd.com/Baruch_2013

Il rapporto uomo-natu.va aHe origini del marxismo

Fra le varianti della Deutsch.~ Ideologie 1, alle prime pagine, si trova un passo che si apre con questa aff.ermazione suggestiv·a: « Conosciamo solamoot'e un'unica scienza, la ,scienza deHa storia ». Quest'unica scienza - vien detto nelle righe seguenti - ha due lati, distinti ma inseparabili: essi sono La storia de'Ila natura « la cosiddetta scienza della natura Naturwissenschaft » e la storia degli uomini. « Finché ci sono uomini - si afferma anrora -storia della natura e storia degli uomini si condizionano t·eciprocamente. » Questo passo è rimasto fuori dal testo, ma non si può dire che ne sia espunto i·l contenuto: il quale è piuttosto risolto e chiarito nella discussione con Feuerbach e nella critica a Feuerbach. Errerebbe chi voiesse leggere -'in quel reciproco condizionarsi una posizione idealistica; e addirittura, di contro a Feuerbach, un rinnovarsi della posizione ideal1stica hegeliana, ancorché alleggerita dalla dialettica dell'idea astratta. E non solo per 'H rilievo dato al legame umano, al condizionamento « antropologico », di quella reciproca dipendenza (<~ .•. finché ci sono uomini ... >>). Ma perché, come dke 1o stesso Marx neHe famose pagine sulla 'produ-· zio ne della cosc1enza', « la priorità della natura esterna rimane ferma». · TuttaV'ia non è intorno a quest'ultima affermazione che gravita il discorso; ma all'opposto, potremmo dire. Oggetto della critica è Feuerbach e quindi la sua affermazione della realtà -immediata della natura e dell'immediata, oggettiva, naturalità dell'uomo. Si 1 Marx-Engels / historisch-kritische ·cesamtausgabe, a cura dell'Istituto MarxEngels-Lenin di Mosca, I, 5, Berlin, 1932,~ p. 567.

322 www.scribd.com/Baruch_2013

tratta, dice Marx, di « concepir·e 1e cose cosi come dfettiv-amente sono e accadono »: e allora si vedrà che << ogni profondo problema tilosofico si risolv·e in modo assolutamente semplice in un fatto empirico ». Innanzi tutto proprio « l'importante quest·ione del r·apporto d~ll'uomo con la natura ». La quale ha assunto nell'idealismo di Bruno Bauer la forma sblenne, che qui viene ironizzata, di antitesi della natura e della storia: « come se queste - dice Marx- foss-ero due "cose" [ "Dinge"], tra loro separate, ·e l'uomo non avesse sempre davanti a sé una natura storica e una stol'ia naturale » 2• Ma non si tratta qui ancora, in questa « natura storica », di una storicità della natura in quanto tale. In questa fase di sviluppo del materiaHsmo storico di ta·le concetto vi sono appena barluiDi, se vi sono, ed ·esso vimane piuttosto nello sfondo come un problema ancora irrisolto. La staticità deUa natura che qui viene affermata è quella che ad essa perviene dal rappor.to umano, d~l rapporto ptatico che I'uomo ha con essa. Qudla grave questione filosofica «cade da se stessa, - dic-e Marx, -·allorché si comprende che Ia celeberrima "unità dell'uomo con la natura" da tempo immemorabiLe è esistita nell'industria ·e in ogni epoca è esistita in modo diverso a seconda del maggiore o minore sV'iluppo dell'industria ... » 3 • La p.vasosi umana e, ·implicitamente, Ia prassi umana assoc1ata, si presenta dunque qui come il criterio decisivo, antimetafisko, antispeculavivo. « J.l ciliegio - es-emplifica Marx - come. quasi tutti gLi alberi da frutto, com'è noto, solo da opocbi secoli, attraverso il commercio [Handel] è stato trapiantato ndLa nostra zona e perciò solo attraverso questa azione di una determinata società in un tempo determinato è stato offerto alia "certezza s-ensibile" di Feuerbach. » 4 Da questa condizione pra1,ica e da1l processo delle sue conquiste, dipende anche ogni acquisiz~one teorica, scientifica intorno -alla natura. « Feuerbach parla segnaotamente dell'intuizione deUa scienza ddia na.tura, egli menziona segreti [ Geheimnisse] che si rivelano solo all'occhio del fisico e del chimico, ma senza indust-ria e commercio dove sarebbe 1a scienz~ della natura? Perfino questa "pura" scienza dell'il natura riceve, anzi, tanto il suo fine quanto il suo 2

J 4

K. Marx, L'ideologia tedesca, Roma, 1%72, p. 16. lvi, pp. 16-17. lvi, p. 16.

323 www.scribd.com/Baruch_2013

materiale attraverso il conunercio e !'·industria, attraverso l'attività sensibile degli uomini. »5 Non meno, dunque, che dinanzi all'astraua (e passiva) « certezza s·ensibile » di Feuerbach sono radicali le riserve di Marx di fronte all'a•ltro pilastro deUa sua posizione: l'intuizione della natura che starebbe a fondamento della scienza (una natura, per l'appunto, intuita ancora come astorica). E ad ambedue viene contr·apposta l'attivi·tà sensibile degli uomini, questo continuo « lavorare e produrre [Schaffen] sensibile», questa «produzione» [ Produktion] 1a quale « è tanto 1a base [ Grundlage] di tutto il mondo sensibile come esiste oggi che, se venisse interrotta anche solo per un ·anno, non solo Feuerbach troverebbe un enorme cambiamento nel mondo naturale, ma anche tutto il modo umano e quindi la facoltà di intuire di Feuerbach, ·anzi la .sua propria esistenza, molto presto verrebbero meno »6 • Ecco dunque il « f.atto empirico » che mette in iscacco e dissolve quel solenne problema filosofico del rapporto storia-n
6

324 www.scribd.com/Baruch_2013

Marx non si pone esplicitamente la domanda, ma 'la risposta è presente al suo argomemare, ne costituisce anzi •tutto il nerbo. Ed è una ·risposta che rimarrà fondamentale nel marxismo ed estremamente carattedst>ica del suo metodo. La sua misura storica è data dalLa distanza, dal salto, che la separa sia da Hegel che da Feuerbach. Non si watta di .una natura ·astrattamente contrapposta all'uomo, tanto meno allo « spiril'O », alla maniera hegeliana, né della negazione di questa contrapposizione, o del suo capovolgimento, nell'·affermazione dell'immediata naturalità e sensibilità (semplicemente « oggetdv.a ») dell'uomo, a:I.la maniera di Feuerbach. Si può considerare, per Marx, «l'uomo come distinto dalla natura » solo in quanto egli se ne è venuto, con la sua storia, realmente distinguendo e differenziando: e quindi nella stessa misura e nello stesso senso. Tanto è vero che quella distinzione, dice qui Marx, « non si applica aLl'uomo primitivo, prodotto daHa generatio aequivoca » (naturalmente questa formulazione verrà corretta e molto approfondita piu tardi dai fondatori del marxismo, in relazione ai ooovi d~ti della sdenza, in particoLare del!l'evoluzionismo, ma sulla base dell'elemento critico contenuto in essa). Ossia solo in quan·l'O gli uomini nel loro svolgimento stol'ico, nel processo della loro prassi associata, si sono venuti effettivamente distinguendo e differenziando dalLa natura (dal resto della n!cltura) si produce una >&iffatta distinzione nella coscienza, d.n cui ha radice la relativa di.scinzione e contrapposizione astratta e filosofica. La quale sarà dunque vaiida (criticamente, scientificamente, metodologicamente) ·solo nei Hmiti, che sono Iimiti storici, di questo suo reale fondamento. Ancora una volta è la prassi, la prassi umana associata e storica, a fornire il criterio decisivo: neLla ques-tione dell'unità come nella questione della distinzione uomo-natur.a, e anche quest'uldma, possiamo dire, è strappata >alia speculazione per esser consegnata ·alla scienza e alla ricerca particolare. Se la distinzione uomo-natuJ:ia si produce innanzi tutto come un fatto reale e pratico è chiaro che essa non può togliere l'unità pratica degli uomini con la natura, ma anzi la presuppone, come sempre presente e operante, in varie e successive forme, ed è, essa distinzione, un aspetto di quell'unità nel suo storico svolgimento. Ossia l'unità pratica degli uomini con la natura è elemento unitario imman·ente, esso stesso in mutamento e svolgimento, di ogni processo stol'lico-umano. «Gli uomini- dice Marx- fanno l'un l'altro, fisicamente e spiritualmente ... »; il quale farsi viene deformato dalle fantas·ie idealistico-speculative in varie guise, co325 www.scribd.com/Baruch_2013

me •proc·es·so dell'autocosdenza, o come « autoproduzione propria del genere» (Bauer) o «come un indiv·iduo unico che compie ii mistero di produrre se S'tesso » (Stirner). Ma il reale processo della stor1a {ove oalla parola processo non è da aggiungere ·qui alcun significato oltre quello elementare del succed•ersi di eventi e generazioni di uomini), i·l reale processo della storia non può intendersi e spiegarsi se non partendo daHa produzione della vita stessa (Lebensproduktion), dalla «produzione materiale della vi·t.a immediana ». Come ogni vivente l'uomo deve ·incessantemente produrre se sresso. Si tratta innanzi tutto della .produzion-e e riproduzione della vita bisica degli individui: per l'uomo come per l'animale. Ma dove, come e in che cosa •si distingue l'uomo dall'animale? La otisposta che troviamo è oa·rotteristica del marxismo, e segue il medesimo modulo, è la medesima risposta di quella che già abbiamo trovato per il piu generale problema della dist~inzione uomo-natura. È una distinz,ione fondata su un processo reale, empirico (« ... ogni profondo problema filosofico si· risolve in modo assolutamente semplice in un fatto empirico ... »), e cbe •si mantiene nei limiti di esso. « È possibile dist~ingu'ere- dice Marx- gli uomini dagli animaH per la coscienza, per la religione o per quaolsivoglia altra cosa. Ma gli uomini stessi cominda·no a distinguersi dagli ·animali tosto che cominciano a produrre i propri mezzi di sussistenza [Lebensmittel], passo che è condizionato dalla •loro organizzazione corporea. Producendo i loro mezzi di sussistenza gli uomini producono indi.rettamenre la loro stessa vita matel"ioale. » La produzione non solo diretta, ma indiretta ddla propria v>ita materiaJ.e, .attraverso la .produzione dei propri mezzi di sussistenza, è dunque ciò che carattel'izza l'uomo. Si inserisce qui un elemento di mediazione (implicante lo sviluppo d-ella mente con il souo finalismo) 7 che è di decisiva importanza. Ma esso non togLie ·affatto il rapporto att>ivo, sensibile, materiale, con la natura: lo rende ·solo inf·initamente piu complesso e indefinitamente aperto. Gli dà la complessità, l'apertura e l'infinitezza umana: ossia una non conchiusa potenzialità di sviluppo. Ciò che gli uomini sono e divengono è in relazione essenzial,e a questa loro siffatta produzione e produttività. Non solo al che cosa, agli oggetti, di essa; ma, altrettanto, al come ,.aJ:..-. modo »di tale produzione. 7

Esso è indicato e concettualmente delioneato da Mii1'X nella sua analisi del

« processo lavorativo » alle prime pagine della terza sezione (La produzione del

plusvalore assoluto) del primo volume del Capitale.

326 www.scribd.com/Baruch_2013

« Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi di sussistenza dipende innanzi tutto dall·a natura [Beschaffenheit] dei mezzi di sussistenza che essi •trovano e che debbono •esser riprodotti. Questo modo di produz,ione non deV'e v·enir considerato semplicemente sotto }'•aspetto che esso è la .riproduzion•e ddl'esisrenzoa fis1oa degli individUi. Esso è inveoe già una maniera [Art] determinata dell'attività di questi ~ndividui, una maniera determinata di estrinseoar·e .Ia loro vita. Come gli individui •estrinsecano la loro vita, cosi essi sono. Ciò che essi rono ooindde quind~ oon Ia l'Oro produzione, tanto considerando ciò che producono, quanto, anche, come .producono. Ciò che gli individui sono dipende quindi dalle condizioni matJeriali della Jor.o produzione. »8 Questa produzione uman·a, dice Marx, «presuppone il praticarsi [V erkehr] degli individui fro di loro. E la forma di questo commercio è condizionata, .a sua volta, JaUa produzione». Sulla vi•a di ques.t'.anahsi Marx viene distinguendo un «fondamento reale» (realer Grund), una «base effettuale» (wirkliche Basis, Grundlap,e, ecc) del:l-a storia. Questo fondamento è cosotituito dalJe condizioni materLali de1l'es1stenza: nd loro modifi.ca·rsi, si, ma con dò ·che intorno ad esse accumula, raccoglie e sedimenta, di generazione ip gene.razion'e, il processo storico. 11 quale, non che culminave e risolversi neJ.l'« ·autocoscienza», o in altro del genere, si ·pres·enta, appunto cosi « che in ogni grado si trova un risultato mar.er1ale, una somma di forze produttive, un rapporto con la natura e degl-i individui fra di loro .pr.od.atto ·storicamente, che ad ogni generazione viene tramandato da quella che l'ha preceduta, una massa di forze pvoduttive, capitali e circostanze [ Umstande] che, certo, viene modificata dalla nuova generazione, ma che d'altra parte le prescriV'e Ire sue proprie condizioni di vit-a e le dà uno sviluppo determinato, un carattere speciale » 9• (Onde è V'ero- dice Mar.x- che« tanto .Je circostanze fanno gli uomini quanto gJ.i uomini le circostanze».) Questo conce-tto del.la « base reale della storia » sarà destinato, come tutti sanno, ad avere grande svi:lruppo nd marxismo 10 • Ma sia pure con l'indi8 K. Marx, L'ideologia 9 lvi, p. 30. 10 Da esso si svolgerà

tedesca, pp. 8-9.

sia il concetto di « base » o «struttura economica » della società, in quanto contrapposto alla « sovrastruttura » ideologica, istituzionale, ecc. (quel primo concetto esprime solo i <> che nel loro accrescersi, accumularsi e differenziarsi (e anche distruggersi), vengono a essere la forza motrice fondamentale della storia

327 www.scribd.com/Baruch_2013

stinzione che esso ancora contiene in quest·e pagine della Deutsche Ideologie, la quale si chiarirà nelle successive scoperte sul terreno della « critica dell'economia », Marx è già qui pi,enamente consapevole che attraverso tale nozione si ,rivoluziona in modo ·radicale ogni precedente concezione della stol'lia e si rinnova la storiografi.a, trasferendola da uri terreno speculativo o semplicemen~e « ideologico » ai suoi criteri propri e immanenti. « Tutta .Ia concezione che sinora si è avuta della storia - egli dice - o non ha assolutamente tenuto conto di questa base effettiva della storia o l'ha considerata solo come cosa coHaterale [Nebensache] al di fuori di ogni connessione col corso storico. » 11 Ora, non si può comprendere appieno tale rivoluzionamento prodotto dal marxi,smo nella concezione della !Storia se non ci si rende conto che alta base di questa « base », per rosi dire, vi è « Ia produ21ione materiale della vita immediata » e quindi l'uomo viv:ente. Che è poi l'uomo come « attività sensibiLe » che (attraverso un operare finalistico) si fa lavoro ·e produzione: ossia l'uomo nella sua unità pratica con la natura. Aver tl'lascurato quel fondamento reale della storia significa innanzi tutto, per Marx, avere escluso dalla storia il permanente rapporto atcivo dell'uomo con la natura, generando cosi l'idea astratta dell'antitesi stor1a-natura. In tal modo, dice Marx, « la reale produzione della vita appare come fatto preistorico [urgeschichtlich] » e di conseguenza « l'elemento storico [das Geschichtliche], in quanto separato dalla comune vita, appare come extramondano e sovramondano ». La questione è da Marx considerata in questo passo nel suo aspetto puramente teorico e metodologico, indipendentemente dai condizionamenti ideologici o di classe di queUa tradizionale separazione. Ebbene, le conseguenze sono le piu negative per la scienza storica, perché è da cercare in quella separazione la ragione onde « sempre si deve scrivere la storia [ossia, finora si è scritta la storia] secondo un criterio ad essa estraneo ». Il che significa secondo criteri teologici o speculativi o ideologici. La quale considerazione critica non sembra tuttavia, ancor oggi, divenuta inattuale.

1955 umana, e l'unico, non finalistico, elemento di connessione del corso storico in quanto «sviluppo>>. L'uno e l'altro termine costituiscono per il marxismo le componenti del modo di produzione, cioè, in ultima analisi, dd «modo di vita>> degli uomini, e la loro connessione e dialettica è il principale cànone di interpretazione delle società umane nel loro movimento. 11 I vi, p. 31.

328 www.scribd.com/Baruch_2013

Convergenze per un umanesimo moderno

Dobb1amo chiederci innanzi tutto: umanesimo o uma:nismo? La nostra Hngua consenlle la distinzione anche dei termini. Non sarebbe meglio, per evitare confusioni, tener fermo ad ess·a, evitare una coincidenza verbale che può caricarsi di equivoci? Se parliamo, ahrimenti, di un moderno umanesimo, non accade forse che operiamo in qualche modo una prevaricazione, col richiamo sottaciuto a qualcosa che ebbe una !.'lealtà storica propri·a, a qualcosa di profondamente diverso? Non fu l'umanesimo un fiatto storico squisitamente Lntellettual•e, un moV'imento di idee, un'affermazione di valori (secondo alcuni, an21i, sol•tanto un movimento letterario: il sorgere di un gusto autentico, Hlologicamente sorretto, delle lettere •antiche), camttevisticamente ristvetto a certi uomini di cultura, anche se essi, nel '400 italiano, prestarono servizi a principi, papi e repubbliche? Non fu l'umanesimo cioè, tipicamente, un movimento di élite intellettuale, che dall'Italia si diffuse in Europa, .e fu sommerso dai grandi contrasti religiosi, politici, nazionali che troviamo a'll'orig~ne dell'età moderna, benché lasciasse una grande traccia e coloritura, ed dementi specifici di reale continuità, nell'eredità culturale ed reducativ·a? Che cosa ha a che fat,e con gli ideal:i trasmess,i da tale ered~tà, - intorno .ai quali oggi assai si discute di fronte aHa dvihà della tecnica, che sarebbe quella nostra, contemporanea, - che cosa ha •a che vedere con quegli ideali la-moderna questione dell'uomo? E, per esempio, l'umanesimo di cui parla til marxismo, l'umanesimo socialista? Non ~sarebbe piu corretto metterre in chi,aro che le due cose non hanno nulla in comune? Eppure non è cosi: una separazione radicale - e ciò proprio di fronte a molte questioni dei mondo odierno - non sarebbe 329 www.scribd.com/Baruch_2013

giusta. Si lascia qui da parte i:l problema, compl•esso e non a.ncora chiarito, di quali siano •st'ate .}.e basi sociali di quello storico urna.· rres·imo che segnò un distacco da11'~tà precedente (e produsse cosf la contrapposta nozione di medioevo). Ma vi è qualcosa di esso che, anche da un punto di \TI.Ìsoa sociale, ci interessa .ancora d~r.ettamrenre. Pe·rché proprio allora, in quel movimento e nei suoi contorni, n\asce e prende forma un dpo di « inteHet>tuaole », di « uomo di cultura », che s•e non è .ancor:a l'intellettuale moderno ('e t•anto meno .Io sdenzrato moderno) ne è tuttavla La srorica tpremess•a. Naturalmente, non si tratta qui di idealizzare (e rendere quindi « metastor:ico ») un determinato e complesso moto stor1co-cultul1ale, che ·ebbe .nel suo sV'Olgersi non solo limiti di da.ss'e, ma che per entro questi stessi lim1t
dente no:zrione della v·erità 'e deglii obb!tighi dell'uomo di scienza e di « cuLtura » re1a:~iv:amenre .ad essa. Se pon~amo mente ·a questo nucleo fondamentaLe Vlediamo quanto possa divenir.e falsMioant·e La consueta contorappnsiZJ~one di cultura sdentifica e cttltul'a umanisnica. Anche ·stor:i,oamente la nuova sdenz.a della na-tura 11!asce ·si da esigenze pratiche :e attuali, · ma nasce ·~rntvaverso una dLscussione con Aristotde, Archimede e altvi :frnti·chi (oltfte che con piu recenti tradizi'Oni) ·stud1aot'i e 1etti, e raffmntati aHa realtà fisica~ .attJ:IaVierso un occh-J..o indaga-t-ore che, almeno in parte, è stato oostrui~ daUa c11itica umanistJica, 'e su testi -che queSota ha emendati 'e ·posti in drco1azione. Qud metodo filologico uman~Sitiooo, pur coi lim'i!ti ddl'epoca, e gli ideali retorici a cui si saldava {ma avevano aHor.a anche um senso posit·ivo), è i.l primo metodo ·cdtko-scitentifico moderno, ed è esso s~esso premessa mentaLe, ·sbonkamente, del .futuro metodo deHa scienza della ootllll'a. Senza Via'lla, oSosia ·senZJa lo ·spk1ro crinico che egli ~mper­ sonava, pottlemmo intendetle pi-enamente la comparsa di Ga1i1lteo? Molto egregiamente è stato scritt10: « Quello che certi critici non :afferrano è che senza la oosiddetta "·retorica" dei Guarino, dei V alla, dei PoJ:i:zJ.i!fmo, e di altri cosiHa:tti "pedanni", le "autorità" non sarebbevo mai state rovesda:ÌÌe da'i .loro pied1staUi » 1 • Cosi non potremmo nemmeno ·intendeve H sorgere deilo spirito crittko dì Machbavelli. In Lur quegli ide:lli ·retorici, che nel loro nascere 'erano sta,tJi legati a certe rappresentazioni e ·a cerci interes·s:i delLa vita civile, non •sopravvivono piu. Sono crollati •SOtto i colpì dell'e cose, ossi'a è crollata queHa che potremmo dire l'ideologia de'l '400 1ta.U.ano. Non rimangono tuttavia insosti•tuiti, .a chi ben guardi. È •err.ato, come osservava Gramsci, presentare Machiav.elli quale un puro scienziato della politica. Vi è, anzi, una certa cont!inuhà profonda che è stata. .lin qualche modo intuit!a da coloro che sono venuti sotto1irreando un « repubblicanesimo » permanente del MachraveUi. Naturalmente Sti r.illeV'erà che qui ci contraddiciamo nd giro di .poche righe. Ma non è oosi: cadUito è l'eLemento ftetorko-umanistioo caratterizzante ·l'tideologir.:~ del '400, come funzione delle forze poHtiche dominanti neHa penrsola e dei loro contrasti. Non a caso •subentva in Ma•chi,avelli quella sua asp11a e f.issa, « na•tumHst>ica }>, idea dell'uomo che si richilllma ormai direttamente ·aH'espe~:~ienza soprattutto pol-itica, e si 1egiuima e convalida in es-s'a. Sempre 1

Eugenio Garin, L'umanesimo italiano, Bari, 1952, p. 16

331 www.scribd.com/Baruch_2013

un'idea dell'uomo, tuttavia: e di quale presa nella realtà! Ma SJiamo amcor.a .ai margini del problema. Il centro di esso consiste nel fat•to che è Machl~avell!i stesso, individualmente, a prendere •l'inizi>, di « manifesto » - o carattere « giacobino precoce » ( vòlto alla formazione da una volontà collettiva) - e insieme l'elemento utopistico che opera in esso. La realtà italiana non conteneva ·in sé i dati per la ·risoluzione del problema che veniva posto, ma esso non •mppresenta un'alternativa arbitrari•a, bensf contiene J.a ·rappresentazione dei caral!teri negatirvi, dei Hmitli di questa realtà in quanto essa è t'affrontata al gen·erale moVIimento storico da cui non è separ.abHe, 'a cui appavtiene. Il raffronto è fondaoo sull'analisi razionale, compiuta aLtrove da MachiavelH, e suJ.la scoperta cl:1itica del nuovo quadro stodco"politico europeo. In Stiffatta fusione di ideologia ·poiitica e scienza politica nacque la scienza po1itti>Oa moderna (e anche una piu matura ~atdtudine stoviograHca): essa non nacque pura, e non sembra, per sua natura, che possa mai (se non iUu:soriamente) presentarsi come pura, ossia non mista con l'ideologia, non collegata con l'agire e il programma politico. Comunque t•a•le connessione con 1a p11at:tioa non potrà non divenire piu tardi essa medesima oggetto di indagine e di oonsapevorezza critlica... · 3.32 www.scribd.com/Baruch_2013

Metodi di -accertamento filologi-co, metodologia delle scienze della natura, metodologi,a delle scienze del mondo umano: .si è fatto qui accenno ·solo al1e loro origini, .a quelle che possi,amo dire ·1e loro origini moderne; ossia 'in un tessuto <SJtorico di cui v>ivi:arno la condnu~tà. Per quanti conflitti possano esSJer ·successivamente inteiVenuti negli svi,luppi delle tendenre mentali che cosi vennero stabHendosi, esse, di ~atto, si arricchirono vicendevolmente durante il corso dd prOC'eSJSO storico reale, e la loro •1ntegrazione, che non è mai 1aprimi·sticamente determinata, costi
gli uomini, assodar~ fl'la di -Imo, ed essi sono tigli delLa pll"opria stoda, creta tori del futuro, ma condizJ1onati dal passato. Un um:anesimo moderno non può non accelltar'e questi termini. Ma che sleooo ha oggi parlare di un moderno umarresimo, ~arne in qualche modo 1a propostla? Qu:al~ punto di con\"ergen:?Ja può esso ropp!'esentare .nel mondo Jn cUli vlv1amo? E, per qu'.llnto ci riguarda, si chiederà: quarlle contr1buto v;i ;port·a una dott'l'ina che ha ~atto cosi ·aspm 1-ichiamo ai farri reoonomici, matel'liali, deHa vi: t a umana re ha opeva to 1e opera ne11a loutJa delle olassl? Credo che un piano di convergen2la ·SÌ• possa meglio dehineare innanzi tut'to per ·V:ira hlegati:va e per oontr:asto. Parole come uomo, essere .umano, umanità, •e cosi vi'a, hanno \.lJI'l!a oarica ·rkchi·ssrma, formatasi •Storioamente ·nella nostl1a cosdenza, di signifioatJi e di vaiori. Coerrto possono vrMire usate, come .tutti sappiamo, al se.rv>iziro di ogni sortra di ipocvi.sila re di misnifioazione rerodoa. Ma la menzogna cbe ·in rtal oaso ·eSrSie ricoprono, da cui dobbi1amo guardarci ·e difenderci, è paras-s1ta·rira dd ·loro valore e srenso positivo. Si tra:t:ol:'a ruppunto di guadagnarne un signi~i·cato •al:'tuale. Gò che oi ai·uua ~n quesvo rompi,to, .~-sai piu che il dce.rcaDe Ire loro banali mistificazi10ni, è il modo come neJ1a nostra epoca quei valori :sono st'at'i ripudiati. AUa ~ine dd1a prima guerra mondi·aLe un profieta di decadenza e di barbarie, Osvaldo Spengler, ,affermaVIa: « L'umanirtà è un concetto zoologico, oppure è una parola vuota» 2 • La nostra epooa ha sperrmenrato .in modo tr-agko che .speòe di realtà si muoveva dietro quel1e parolte. Il prooes-so fal'icoso e doloroso di liberazion1e da tale realtà credo che dobbiamo riconos-oerlo tuttora in corso. Razzismo e ooloni,ao1ismo racchiudono, resp1idtamente o 1impHdtament·e, un ·conceti:'O zoologi{lo dell'umanhà. Un model1no umanesimo penso che ha r.1 OOV~ere di sn.i.dado intrepidamente ·e respingerlo con chi·arezza. Si può molto cliscutere sulle forme .e anche sull'origine della 11agione umana, si può -essere in ciò idealisti o mater1a1i:sti, o credersri 1al di là di questa dist1n2li'One: ciò che un moderno umanesimo innanii tutto ·resp1ngerà ·e combatterà è h sfiduoi,a nella ragione umana quanto a11a sua capacità di ,scruvare sempre rpiu a fondo neHa realtà che ci circonda, o cbe noi stessi produciamo, ·e .a dirigerci in questJa realtà: come uomini singoli 'e come gruppi di umanità associata. ~espingerà cioè ogni .:eva·sione per .Ie vie dell'irra2 Lo ricordava alcuni anni orsono Ranuccio Bianchi Bandinelli, Le crixi dell'umanesimo, in Società, VU, n. 2, p. 20.

334 www.scribd.com/Baruch_2013

zion·allismo e del mr.strcrsmo, .e anche quella piu sotui1e evasione che consiste nell'inne~l"e in un cielo- di puro e.straot:tezz,a la :ragione umana e nel separa'l:'la cosi dall:a "pratica: quotidiana degli uomini e della soci<età. La 1:radi21ione storica dell'umanesimo h'tradi2lione. NO!ll avrà alcun valore positivo, a'lcuna efficacia pratica e liberatrice, ma sarebbe es•so stesso una.' forma camuffata di evasione, se 6i Hmitassre a un concetto ideale o idea!Iizzato dell'uomo, desunto dalla stilizza:done d~ akune sue attività che sti dicono «spirituali ». Se es.so non rteltrà continuamente aper.ta Ia domanda sulla reale condizione umJana nel mondo di oggi, a ogni .latitudine geografica e a ogni livello sociale. Non si possono piu staccare akunJi. valori dell'uomo dra:ll'uomo stesso, considernrli « in se » e chiudere gli occhi .sul resto. Questo fu il limite, come oggi ci appare, del vecchio « umanesimo » (dando lll..l termin~e, per un momento, .la piu vasta accezion•e: daHa filosof.ia greca 1al .IiberaHsmo moderno). Avvert,iv:a Marx che non esi-stono da ruoo parte l'importanl'ia e H significato deH'uomo (iJ v·a1ore, o i v'alari, ddlo spill".ito, direbbero alcuni) e dall',altra l'uomo; ma che l'unica importa:n.Zia dell'uomo è appunto quella di esser uomo. r.l che siignifioa: neU.a sua rerahà e roncretezzra s torJco~sooiale. Credo che un moderno umanesnmo debba esse!le un-a fmnoa accettazione dd risultJato de1.1a ·stori!a. So chte que•sto è uno dei punti che può apparire piu contenz1oso, o 'Prestarsi a equirvoci e fraintendimenti. Ma da t•aie .aff.ermra~ione è da espungere ogni possi!bile significato di passi'Vi•tà ·e conformismo neli riguardi dell'accadere che d preme intorno e ci condiziona. E ·anche ogni piu genet1ale signifiicartlo, ·1arvatQ o manifestto che si:a, di provvidenziaHsmo te di ottimi·smo ad ogni costo, che in qualche modo possrano ottundere i·l Benso deHe alterna'tive rea.}i ·e del r1schio moraie che ·si accompagna .a ogni libera scelta, re debi,litoare la responS!abirlità, o svalutare 1a par.te della volantà .cosciente. Ma ·il punto di poss·1bi1e convergenza .lo possi!amo trovare, anche qui, piu fiaoilm:ente per via .n'egativa: dò che si resp1nPJe è .ogni radi·oale pessimi·smo •srtorko. Ci limi•ti:amo, a qures to proposito, a una concreta considera2lio, ne. Anche ·Ì piu pessimisti cirrca le ·sorti dell'uomo, anche coloro che ·rifiut·ano come un'iUusione l'idea del progresso, almeno un fatrt'o non pos·sono nega11e re cioè l 'ascesa economica e necnica

.335 www.scribd.com/Baruch_2013

dell'umanità. Proprio quest'asces!a (che è dominio progressivo dt:g1i uomini sulle forze naturali) - e forse nello stesso tempo i ritardi e gli impedimenti che tuttavia si frappongono ad essa proprio questo processo ·Storico nella fase che .attualmente viviamo, ci mette dinanzi ai piu gravi problemi e anche alle piu gravi contnaddizioni presenti nel mondo umano. Antiche questioni come queUe della povertà e della l'icchezza, del nutrimento, del lavoro o delta sua mancanza, del potere poli~ tico, dei rapporti di ·soggezione e dominazione fra d popoli, o sodalmente all'intemo di essi, hanno assunto neHa nostra epoca un volto complenamente nuovo. Il cui trnt·to ·essenz1ale è senza dubbio la partecipa21ione alJ.a loro :elaborazione di grmdi mas·se umane, con gl-i elementi dQ consapevolezza e 1e forze d:iretti'V'e che ·esse sprigionano da sé. Il nesso che viene a ·stabilirsi fm ·bali forze direttive e le masse stesse, il processo di formazione delle volontà coLlettive, le rdative tnasformazioni sociali, la misura ±n cui in esse intervengono il momento delia forza e quello del consenso, con Ie conquistJe e i progressi, e ins1eme con le diffkoltà, gli errori e i conHi-t>ti cui dànno -luogo, non possono esser considerati con indifferenza o semplicemente respinti o condannati, alquanto comodamentte, at1trave11so sbrigative analogie storiche, qooH espressioni di una nuova barbarie: poiché •Sono gli aspetti essenZinaJi del moderno problema dell'uomo, della sua vera libertà e dignità, che si presentano in un orizzonte mondia1e involgente, per la prima volta, 1tutto H genere umano. Dererminanre, in tutto ciò, è appunto j,J fatto che ti·l corso stmi·co .dell'uma·ni:tà, attraverso gli ~stessi presenti oontrasti, ·si è uniEicato e sembra attenderlo un comune destino. Un moderno umanesimo non potrà sfuggi·re a tahl questioni, e alla considerazione di sifhtti oaratteri, ·senza manifestare ·1a sua astrattezza e 1nuti,11tà. Né potrà sfuggire ·alia piu graV1e fra tutte, quella della pace e della guerra. Da Erasmo a Rous·seau .a Kant e a molti altri, non la trascurarono e non la disdegnarono i pens·atori piu significativi dell'epoca storica che ha preceduto la nostra. E •tutJtavi•a, come ognuno sa, tal'e questione si pone oggi in termini 11eali profondamente nuovi, ·in conhonto a tutto il pa.ssato deH'umanità, e decisivi per il suo futuro. Vi .sono altre quesbioni anoora che un moderno umanesimo non può ignma11e: si pensi ai patrimonio ideaLe che ereditiamo dal passato, all'importanza del suo mantenimento :in vitta, della sua fruizione e circolazione, de11a diretta e ~autentica partecipazio336 www.scribd.com/Baruch_2013

ne ad es•so di un numero sempre piu grande di uomini. Ciò non è parte i:nessenz1ale d~l problema educativo, se è vero che agli uomini giov·a una capao1tà di comportamento verso i prodotti del proprio passato che di cominuo arricchisca 1a loro vi~t·a e fornisca le maggiori di:sponibilità di sceLta e orientamento nello ·stesso urgere delle cose presenti. (Il che, dunque, non cont11addice punto alia necessMà che ·l'~a~ione educativa venga Jndirizzata Ìlnn;an2i- tutto a garantire la dign1tà civile e 1a preparazione professionale dei membd deLla società.) Tale questione non è indifferente, del resto, al rapporto odierno fra le cosiddette élites ·intellettuali e le piu vaste masse attive di uomini, non a caso sent'iro da tnoki con inquietudLne, e che non può certo piu adagiarsi ·sulle vecchie basi di reciproco distacco, es-ternamente med]a·to dalle strutture tr·adizionali della ·società oivilte e politica. Ma le condiz;ioni reali dell'atti·vLtà creativa, ndl'·a11te e nel pensiero, di fatto rimangono forse estranee, oggi, a quest'u-ltimo pro· blema? E non ne è impHcato anche quel nesso fm politica e cultura di cui tJanto si è venuti parlando? Si può restringerlo forse aUa questione dei rapporti fra gli « spedalisti » dell'una e dell'altra (ed eventuaJmenre ddle gar.anzie che •i primi dovrebbero dare ai secondi...), o non rienN>a in qualche modo nei termini di ciò che Gramsci intendeva come « riforma inrellettua1e ·e morale » dell'intera società? Vi è .ancor-a un atltoo grande problema che non può es.ser ignorato da un moderno umanesimo: è quello del peso che ha .acquistJato lta sdenza della natwa nella nostra vita, del fatto che essa sempre piu ampi
13

www.scribd.com/Baruch_2013

che esso lincontverà .aolcuni concetti jes·~enzilali dd mandsmo alla cui di:scus~ione non può venir meno nessun ·serio •indirizzo di pensi!ero dei noSitri tempi. Marx diceva di non •aver scoperto né •l'esistenza deHe classi socila1i né quella delle 1oro lorve, bensi ·il ratto che questa esi-stenza è .1egatJa •a determinare fasi stor:khe deUa produ2lione econom'ica. Si trratta di una conn~e>ssrone che ha le piu importJanti conseguen2le di caratttere uman1stioo. Essere •schiavo o padrone, salariato o ca:pha·Hs~a, non è come essere biondo o bruno, magro o grasso, brachkefaJo o dolicocefaio: non signifioa c~ r.iennrare 'in una qua-losLasi dassi6icazione descrittiva, costruita trasceg1iendo car-atteri comun!i a individuoi la cui esi•stenz.a real1e è del ko di sch~avo e padron1e, o di capitalista e s.altariato: questi sono i termici di un'opposizkme .lt,t cui un~tà si trova an un modo di produzione srtoricamente d~eterminato, fuori de1le cui condi2lioni non vi è esisten2la degLi individui umani associa•tL Le dassi soci•ali, da quando esistono e finché ci .sa:r.anno, cos:tituisCO"no tna glii uomini rapport>i reali che in modo essenzi>ale -condizionano la loro vita, i modi e le forme del loro essere e del loro pensate. Uantagonismo di es-se comporta non solo la divisione dd la:voro, Imi J.:a compal'Sa di un sistema di sfruttamento. Già gli •antichi Hlosofi si arrestarono perplessi dinanzi ai fenomeno delLa schiavitu, che era il rapporro di produzione su cui si ediEicava lia Ioro società. Non è certo un caso che Anistotele - ·i•l re.alistico Aristotel~ - facesse precedere H suo trattato sistematico delle « cose poLitiche » da4le questioni inerenti la struttura soda1e e -la proprietà, in cui ha tanta paDte la discussione della relazione di sch~avo e padrone. Ci sono ·schiavi « per natUtra » o si tr·atta solo di una situazione di fatto stabilita daUe 1eggli? Nel primo caso « Ja schiavitu è giusta ed è utile » non solo al padrone ma ,aJlo schiavo stesoso; nel secondo non ci si può sottrarre a:lla conseguenza eveMiva che la schiavi1tu costitud•sce « una disparità di condizione ingiusta perché violenta ». È ben noto quaJe fosse Ia ·rispos>ta di Aristotte-le; la schiavitu, in 'linea di principio, è da lui connessa a una diseguagli>an2la di natura che concerne tanto H corpo quanto la mefilte. Contro l1e ~nqui~e~anti apposte dottrine (la discussione era in qualche modo già ~n corso) Afi.S!toteàe 1si presenta cosi come ti.deologo e giustificatore deila s-truttura sociale esli·stente. Può sembra11e che si tratti di una problematka ormai mol•to 338 www.scribd.com/Baruch_2013

remota da noi', ma se goordiamo al suo fondo non è del tutto cosi. (« Quali motivi ideaH ha questa dv1ltà modetn'-:1 che non absi chi'edeva Concetto M~rchesi biano riscontro ~ndJ',antioa? » ~n una deUe sue u1t,ime pagine.) p,er esempio, proprio :in di,scu5sione col « comunismo », di recente è stato scritto: « Il marxismo non consentJe di affrontare la questione della disegu'llgHanza sociale 11iconducendoh aUa sua vera radice che è queHa della d1seguagHanza naturale ....È chiaro, infatti, che, se l'aspirazione dell'uomo non potess·e essere quella di dominave il ·dato, v·ano sarebbe il tentativo di eliminare le classi rociali. Le classi sarebbero per natura. Le vere classi, in realtà, sono que1le Slegnate dalla natura. Ed è illusorio, quindi, ogni comunismo che' non si pr,oponga di dimina,re le classi n,aturali. Le qua:N sono anch'esse, ovviamente, quelle dei ·ricchi e dei poveri. Ricchi di bellezza, di salute, di ingegno, di home ai brutti, a:i malati, agli stupidi. Quale posizione .assume il comunismo nei confronti di questo radicale classicismo cui ci costringe la natut1a? » 3 • Questo modo di considera·l'e .J,e cose ern già s•tll'to confutato due secoli f.a da RousSJeau. 11 quale con grande ne1t1tezza respingeva 1'-eterno tentatiVIo dei conservatori e dei r:eazionari di far comunque dipendere 'la diseglllagli'llnza sooia~e da una diseguaglianza natu11ale: « Non si può domandiate qual·e si•a -la fonte della. diJseguag1ianza natu~ale, perché la 1-IT:sposta si troverebbe enunci•ata ndla semplice definizione della par:ola. Meno ft!ncora si può oercalìe se non vi fo,sse quakhe nes·so essenziale fra le due diseguagliame: perché ciò ·equivarrebbe !a cMedel"e s1e co\loro che oomandatOo v~alga<no necessw~amente megli'O di qu'eHi che obbed~scono, e se 1a forza Hsica o spi
Ugo Spirito, Cristianesimo e comunismo, nei Problemi della pedagogia,

I, n. 4, p. 57.

339 www.scribd.com/Baruch_2013

tà » fu lo strumento mentaJe, relativo alla sua epoca, mediante H quale Rousseau l'iusd a dare un'~oatva e autonoma definizione delLa diseguaglianza ·sodale, come dipendenza e asserv1mento di uomini da altri uomini, e a dlenunziare l'ipocrisia e La contradd.i2li.one 1-ntrinseca deLle sovrastrutture giuridiche che maschemno naIe situazione: « C'è nello stato di natura un'eguaglian2'Ja di fatto reale e indistruttibHe, perché è impossibi-le in questo sta:to che la sola differenza da uomo a uomo sia abbastanza per rendere l'uno dipendente da:I.J.'altro. C'è nel1o stato civiJe una eguaglianza di diritto chimerica e vana, perché i mezzi destinati a mantenerla servono essi stessi a distruggerla, e perché la forza pubblica, che si aggiunge al piu forte per opprimere .il piu debole, -rompe quella specie di equilibrio che Ja ,natura aveva messo tJ.'Ia di loro. Da questa prima contraddizione derivano tutre quelle che si o&servano nell'ordine civ1le fra ['apparetn2'Ja e La realtà ». Ci siamo fermati su queste proposizioni perché datl. problemi che vivono in esse ebbe origine la democrazia moderna, il che avviene talvolta che oggi si dimentichi, nella confusione non del tutto innocente tra democrazia e 1iberalismo. Ma l'occhio penetrante di Rousseau aveva frugato ancora piu a fondo. « Tutti gli animali hanno esattamente le facoltà necessarie alla loro conservazione. L'uomo soltanto ne ha di superflue. Non è molto str.ano che qu~to superfluo sLa lo sttumento deJJa ·sua m1ser1a? In ogni pa:ese le bt~accia di un uomo valgono piu che •non richieda }a sua sussistenza». In questo ·eccesso, in questo surplus (rome eghl lo ch1ama) deLla umana forza di lavoro rispetto ·alle necessità vitali ddl'indtividuo, Rousseau scorge l'elemento or-iginario delle oontnaddizioni della società e J.a fonte prima delle i:n~elicità degl.i uomini. Qui Rousseau •in qualche modo toccava il fondo ulnimo della questione. È .hl punto che lo ricongiunge direttamentJe a1 marxismo. Se gli uomini non avessero oltrepassato lo st-adio in cui H lavoro di ogni singolo basta appena 'a mantenerlo i:n vita, non sarebbe mai sorto un qualsiasi sistema dello sfruttamento e quindi neppure una di'Visione della società ·in dassi antagonist-iche. Quella divisione, nel1e sue forme successive, segna tutw H oammi:no della civiltà. Nel quale 1e forre produttive create dagli uomirui si sono sov11a:pposte ·a 'loro e 1i hanno dominati come una seconda natura, come «potenze estranee», secondo l'espressione di Marx. La ·soci-età di da,ssi, per quanti progressi abbita arrec·8.'to, si presenta cosi come una radicale scissione deLl'uomo da se stesso. 340 www.scribd.com/Baruch_2013

Quali elaborazioni ideali, qua1i forze morali della s.toria avrebbero potuto opporsi 'a quest'ingresso dell'inumano nell'umano? A Marx piaceva citare (e interpretare) la shakespeariana raffigumzione deUa poten2ia del denaro- «dio invisihi•le » e « prostituta comune dell'umanità» - che fa «nero 'il bianco, brutto il bello, ingiusto il giusto, volgatre H nobile, vecchio il giovane, codardo H C01'aggioso ».;, Il denaro tuttavia ·non è un ente sovrannaturale, anche se ne assume la parvenza e i1l potere. Nehla critica marxista dell'economila politiça, nell'ana1i:si da essa compiuta del sistema borghes.e di produzione e di scambio, della sua genesi e dei suoi presupposti, vi è un nucleo di essen:ciale rHevanZJa umanistioo ed è La scoperta che denaro, merce, capitale, neUa loro parven~a ogget!)ÌV\a di cose o rapporti fra cose, nascondono e dissimulano rappor.ti fra uomini. Quell•apparen:z:a oggettliva è ciò che Marx chiama il carattere di feticcio che assume J,a merce ·nelLa società in cui vappresenta la forma dominante di produzione. « Il carattere mistico delLa merce non ·sorge dal suo valore d'uso ... L'arcano della forma di merre consiste 'Siempliremente nel fatto che tale forma rimanda agli. uom[ni come uno specchio i caratteri socilali del loro proprio ~avoro trasformati in carattel"i oggettivi dei prodotti di quel lavoro, in proprietà socia·li natura1i di quelle cose, e qudndi nspecchia ~nche iii 'l'apporto fra i produttori e rl lavoro complessivo come un rapporto sodade di oggetti avente esistenza al di fuori di loro ~>. Ma quell'apparenza oggettiva non si dissolve attraverso l',ana1isi, appunto perché essa esprime una sitlllazione reale: l'estra!l1eazione ddl'uomo a S>e stesso, la sua sogge21ione al proprio prodotto. Nel •SJ1stema borghese Marx, come è noto, ha riconosciuto la forma piu evoluta ed estrema delLa soc~età di classi. Quella che genera in sé le condizioni per una ,società in cui i:l processo de1la produzione venga signoreggiato e diretto ~n comune dagli uomini; e generu La forza soo1al:e, il proletani-a,to industriale, che non può emancipare ,se stessa daUa proprila condizione subalterna sen2la liberare nello stesso tempo la società dalla divisione in classi .antagonrsciche e dalla ·lotta d'elle classi. S'incontrano e fa'D'no nodo nd marxismo, ,a questo punto, critica dell'economi·a, metodo d'unterpretazione della storia e metodo dell'azione rivoluzionaria. Come questa sia trapassata nei fatti, quali forze abbia posro 1in movimento nel mondo, quali profonde modifica2lioni ,abbi;a prodotto e venga tuttav~a produoendo nella Tealtà umana non è qui il caso di consideratre. 341 www.scribd.com/Baruch_2013

Del marxi.smo scriv.eV'a Giiamsci che esso è «una espressione deUe oontra.ddizLoni storiche, anzi ne è l'espressione piu compiuta perché consapevo1e ... ». Nel ·tenere :aperta qu:esva consapevolezza è o1a vera .e umica gar·anZJ~a contro ogni sua dogmatizzazione. Negando ogni « fi1osofila perenne » esso esclude :anche sé da tale preteSla arcai·oa. Se m~ra .a una socÌietà .integmlmente umana, 01e'l senso che ·si è visto, rHevandone J:e condi2lioni da!l1e cos·e .stesse, non per quesoo chiude .e Hss·a 'idoolmente l'uomo in alcuna visione predetermim:atJa. All'opposto: attmverso la di:·struZJione del mito di una « natura umana » o di un << uomo in gener:aie ì> es·so ripropone ·e tDaduoe ·nella pr:assi assodata iJ tema centrale ddl'umanesimo: se possano gli uomini, con l.e loro forze e 1a .Joro ·ragione, dom1nare ti proprio destino. 1957

342

www.scribd.com/Baruch_2013

L'uomo e la natura

La domanda concernente l'uomo e la natura, e cioè la loro differenza o cont11apposizione, l·a loro relaziOI!lJe o identità, e perfino il senso e la legittimità dei due termi·ni, è una domanda sul cui filo &i può scriVlere tmta h storia della f.ilosQHa, ·e qualcosa di p.iu, la stor~a ddLa menta.U.tà umru1a. Come tutte le doma.nd~, es>Sa pane- da noi uom1ni. In questo aa.so dò significa ·che muove appunto daUa differenza ·e dalla contrapposizione, e precisamente di quello che si suole chiamare il « mondo umano» - ftJ. le ~ui manifestazioni c'è anc-he questo nostr.o incontm fiHosofico 1 - e un « mondo deila natur.a ». Na:tu:mlment1e vi sono state filosofie, idealistiche in un caso, mater-i1alist·khe neU'.a'hro, che hanno ·tentato .l'abolizione o la riduzione, in gui1se diV'erse, dimtte o •ilndit.'ette, dell'un termine in favore deH'.altr.o. È del ·tutt'o fuori ddla m1a ~ntenzione una discussione di ciò. Essa avrebbe, oggi, anche scarsa at'tualità filosofica, g.Jmeno nellia forma di di-s·cussione genemle, direnta 'e di p11Lndpi'O. Gò è dimostnÌto, mi sembra, anche daUe ·t11e rela2li,oni a questo congresso, in nesstUna delle qua-H si tenta di compiere una s~ffatta 11iduzione. Il prof.essor Lotz ha ricordato H signi•fuooto del termine « natura » pres·so 1i primi Hlrosofi greci. Esso coincideva con Ja totalità di ciò che è, dell'ente: solo in quanto, tuunavi!a, non si erano ·ancora introdotte qudle ulteriori di·stimziooni a -cui orma~ siamo abi:tuat•i da secoli, o altri usi della parol1a (come quando ·si parla della « nal Cioè al XII Congresso internazionale di filosofia (Venezia, 12-18 settembre 1958), dove intorno al tema in questione presentarono relazioni Johannes Lotz S.]., Mark Borisoviè Mitin, dell'Accademia delle scienze deli'URSS, e Phil1pp Frank, della Columbia University (la relazione di Frank aveva per titolo Present role

of science) .

343

www.scribd.com/Baruch_2013

tura » di una cosa, per indicare la sua essen2'la o per intendere qualcosa di piu della sua essenza o possibilità o non contraddizione logica, e cioè un principio o condizione di esistenza). Natura, potremmo diTe, è l'insieme di dò che è oggetto delle scienze della natura. Sarebbe una definizione, credo, epistemologicamente corveua, nella mi-sur.a almeno in cui è valida la riunione in gruppo di quelle sc1enze. Ma se questa definizione non si risolve in un vuoto drcolo, è ~solo in quanto essa contiene un rinvio storico: alla realtà delLe scienze ddla natura, realtà che ha appunto carattere storico, umano, sociale. Nella genesi storica di queste scienze « natura » ha significato l'insieme delle cose (oggetti, eventi, ~ecc.) sens,ibili. Il che contiene, almeno i:mpHcitamente, un riferimento all'uomo come al semiente di quelle cose sensibUi. Que&to è 11 concetto di natul'la che rimane proprio delle scienze della natura, anche Laddove i loro campi d'indagine abbi,ano oltrepassato i Limiti naturali della sens:ibiHtà umana e della corrdativa diretta esperienza umana, ~ deHe stesse no:lJioni astratte elaborate in corrispondenza di essa è legat'e perciò in qualche modo a rappresentazioni e rriodel1i intw.hivi. Resta infatci, anche in questi oasi, sia che si vada nel molto grande o nel molto piccolo (rispetto all'ordine di grandezza della nostra esperienza ordinaria), che presupposti e ni<Su.J.tati della 'Ì~nd'
www.scribd.com/Baruch_2013

questo -a,spetlto ·anche egli è materiale, «oggetto sem;ribiJe », come le altre cose ma·teriali, viventi o no. Ed è quilicosa di piu; perché è senz1ente, come ·altri animali, il quale sentire (che è un nome coLlettivo per indicare un insi'ellle di fuonzionri. coordinate) è, innanzi tutto, sua funzione vitale. Sen2la di esso non ci sarebbe l'operare pratico dell'uomo come Jo conosciamo, che anche neUe sue forme piu iiiltelligenti (quel progres.sivo dominio tecnico suJle cose ma1e'l'iaili) rimane attività sensibHe. Questo, dunque, è l'evidente inserimento originario dell'uomo nella natura, per ciò che interessa la filosofia. Qui potrebbero intervenire molne oonsidevazioni, a cui si acoenna solo rapidamente. Rispetto a quello che si chi·ama «mondo umano » vi è un'assoluta priorità della sfera o ambito della na•tura. La scienza ha poi dimostrato che in questo ambito l'uomo è sorto per u1timo. Cioè vi era natura prima dell'uomo. Per quanto ciò possa far s.off11ire alcuni epistemologi, non vi è nessuna ragione, dal punto di vista filosofico e metodologioo, di dubitiate di questa oonclusione. Rispeao al «mondo umano» non solo vi è assolruta priorità dell'ambito della natura, vi è La permanenza di quest'ultima (quali forme ciò assume adesso non si determina) neù primo: -in gui<Sa, comunque, che i 11apporti natura1i biologici, permangono oome base del mondo umano e all'interno di esso. R1sulta che il vivente ha come caratteristica, almeno a un certo grado di organizzazione, di 11eagire atcivamente all'ambiente, il che significa, per oiò -che interessa il filosofo, che esso ha un ambiente (una Umwelt). Ora, la sen&ibilità s~ sviluppa in ta1e nesoo: essa è un legame contemporaneamente con .I'ambientJe e con sé. Il primo nucleo della soggetvività è cosi esso stesso i:n nat\.100. L'esistenza dell'uomo, come l'es1,stenza dd suo 'ambiente naturaLe, le pi·ante, le montagne, le pianure, i fiumi, l'ari~, i fenomeni metereologki, gli anima.U, ecc., stabiHsce un determinato ordine di grandezza in natura, al quale, come si è accennato, l'uomo, in quanto scienziato riceroatove, non può non riportare, direttamente o indi'rettamente, tutti gli altri fatti o fenomeni che egl:i riesca~ indagare e che s·i pongano, nel piu grande o nel piu piccolo, al di là di quei limiti. Ritengo che 1a nozione di ordine di grandezza sia la categoria piu importante elaborata dalla scienza nuova. (La troviamo già implici-tamente operante in Leonardo da Vinci, quando egli, per esemp~o, dall'osservazione dei fossili madni trae argomenti non in favore ma contro una spiegazione che si rifaccia aJ mito biblico del diluvio universale.) Le concezioni de1la centralità

345 www.scribd.com/Baruch_2013

dell'uomo neH'un'iverso, quaLi si presencano in certò 111eoplaton~­ smo rinascimentaile {e ve n'è ancora un riflesso nella reLazione del professor Lotz), non sono, almeno per un 'loro aspetto, &e nO'll sublimaz~oni speculative del fatto sopra indicato. Tale ordine di grandezza è qUJalcosa· d~ rea1e ·nelLa natura, come è ·reaie l'uomo e 1il suo ambien:lle. È cosi l'esistenza ·s!.'essa dei.l'uomo ('e del suo amb1enl'e natmaJe), nelLe condizioni determinate che gli sono propri-e, a dar:e una (~non l'unica) garanzna fondamenta•le dell'oggetlli~ vi.tà delle sCÌienze della ·natura. Mi sembr.a, inohre, che sia qui tutto ciò che si può dire in r.isposl:la a11a domanda sul « posto de1bl'uomo ndila •natuna », ,a cui Ea accenno 11 professor Fmnk nelLa •sua 11eLaZ'i'one. O, piu esarttamenre .e ·sinceramente parLando, mi sembra che ques,ta sia una domanda propriamente priva di· senso Hlosofi'Co (.al di là di ciò che ci può dire Jo scienm,att:J evoluzionista). Per tutto qu>anto s~ è deno v'i è dunque ident>i-tà fra uomo e natura, ovvero l'uomo ne fa parte, rient·ra nel suo 'ambito, in quanto «individuo viven· te ». Fa parlie dd regno anima'le: un medicamento si pro \Ila su11 ',animale prima che sull'uomo, un tvatta•t'o di 'evoluzion~smo termina con l'uomo. No111 VIi è pe1ts0111a norm,a~e che non :possa ~e~ser d'ac-cordo, credo, su que~te aHermaz~on~. Ma tutti Slanno che ,l'uomo è .anche (e ·soprattut-to) qualche cos'altro. Dal modo oome si concepLsce e si ~interpreta questo « qualche cos'a~otro » dipende sre noi abbiamo una .concezione reale, scientifica, c1:1itìoo dell'uomo o una concemone ideologica, oss.i1a una « f,aJ.soa cosòenza », illusor11a, metafisica, teologito, rome dioevoa Hegel, nel suo propr.io elemenoo, neU'e1emooto del pensiero {sud che non .abbiwno ·ragione di di•scorda·re). Ora, del « mondo umano », che è un 'ambino non propriamente di oose, ma di e venni e di r.apporoi {istitu21ioni, ecc.), del « mondo umano» oome balle e nel suo insi,eme, •si può pada:re i•n tre modi: 346

www.scribd.com/Baruch_2013

mett•endo >in oblio, da un preteso punto di vista dd mondo umano medesimo {che può .esser chramato, .per l'occasione, « spi'rito », «storia », ecc.), D addtdt>tura nega-ndo la naturalità; oppure sovrapponendolo, addizJionandOilo e aggregandolo
Scrhrev.a Marx, i·ronicameme, ndla Deutsche Ideologie che ogni grave problema filosofico si r~sohe •in un f.avto empf.t,ko. EgH osserva, pol1emizzando contro Feuerbach, che Ù'a « natura » oin cu:i oggi vi:vi.amo è da r.fpo11t>are ,a:1l'artiv1tà ·sensibile dell'uomo, è un ambiente c11eato stori,camente e d1 contJi:nuo modifica,to daJ suo lavoro. Se taie ~1:ttivd1tà v-enrss~ interrotta ,l'umani•tà V'ivente ·rapidamente cesserebbe di .e-sistere. Quando parLiamo di « naJtura esterna » e ,a,Uorché si st~biùisoe una « pri'Otità ddk oo..tura » ciò « ha un s·enso - dice Marx - ,solo ndla mi·sura i'n cui si consideri. l'uomo come dis·tinto d-alla natur.a ». Qui "lli pone, implidt~mente, un problema di ·legiNimità. Anche noi dobbi~amo chiederci: con che diritto stiamo di,scutendo intomo ·al crema «l'uomo 'e Jta natura »? (E dicendo noi idealmentJe il nostro cerchio s'i ,aJHarga fi.no ai fiJosofi antichi.) Che Slenso doè ha 'l>a di·sti-n~ione? Il marxismo dà una r1sposta che è mdicaciva delJ-a concretezza del suo metodo e insieme del sens'O reale e dei: Hmiti ddlLa questione. La distinzione tm uomo e natura è Jeg.~ttima, è -s-i~ificante, in quanto si fonda .su quakhe cosa che si è .prodotto realiter, cioè 1n quanto gli uomi,ni, di Eauo, SLi sono dvsvimi come uomini da ciò che, 1n contrapposiZlione, didamo natura. In quanto ess'i', cioè, uomini sono divenuti e lo sono diyenuti nd tempo e ~nolkre per opera prop11ila. Gi'oè ancora: in quanto la loro a:ttirvti!tà -sensihiJle e « ma~eri:3Jle », e come tal•e •Illatumle e corporea, ha prodotto nelfla narura (e sulla natura) 11 « mondo umano ». In tal,senso va compresa una assai nota formuLazione di M·arx, 347 www.scribd.com/Baruch_2013

1addove egli ,scrive: «Si possono distinguere gli uomini· dagli animali per ~a coscien2la, per 1a !l."cligione o per qualsivog1i~a ail!tta cos:a. Ma gli uomini stes&i cominciano a distinguersi dagli .animali tosto che cominciano •a produrre i propri mezzi di vita, pa500 che è condizionato dalLa loro organi~zazione corporea. Producendo i ·loro mezzi di vi•ta gli uomin~ producono indi•rettamente •la Joro -stessa vita materi~ale ». In questa produzione indiretta. della propria viota mllterla·re, attraverso la produ7li.one dei· mez2:i. di vita o sussistenza (che è irnnamn •tUttO ri-produzione di queo.hli ·t-t"OV,at'i) è il passagg,io all'urna, nità. Qui ha '1a 11adice tuollto ciò che caratrertiz2la l'uomo; qui si spez2la il cerchio chiuso {o re1atl1vamente chiuso) delLa specie. Che oiò avvenga in forma associata è ,anch'esso un «fatto empirico», iJ quale tuttlav·La connette 1in modo ·indissolubile la rel1a2'lione atciva deLl'uomo con 1a natura e Je rel~zioni e comun:icaziDni •imerumane, ossi•a Ja soo~età. « Appa1.1e già all'origine- dice Marx - un nesso matler~a.1istlico deg1i uomini fra di loro il quale è condizionato dai bisogni e dal modo d~a produzione ed è altreuanto Gncico quanto gli uomini stessi, un nesso che ·assume sempre nuove forme e quÌlndi presenta una "·stor.i!a" ... » Quello spezzar.si del cerchio dclla ;spede, quel pasSiaggio all'umanità cosdtuito dal lavoro e dal processo produtanche 1a ·soluzione al problema -della loro unità. A chi poneva questo problema in forma mi•stJica o astrotLtamente speculativa Ma:rx !ironicamente ti·spondev·a che «da tempo immemorabile essa è es!Ìsti!t
nesso original'lio della s.toria {urgeschichtlich), ma di un nesso permanente, la successione dehle cui forme costituisce la cont-inuità e connessione fondamentale del.Ja storia umana (o « s.tori'a uruiversaJe »), nonost·anne tutti gli sviluppi diseguaLi o interrotti di essa. La rela2lione attiva deLl'uomo con ia n~tum è cioè anch'·essa um relazione Sltornca. La storia di essa è « storia ddla formazione degLi organi produttivi dell'uomo sodrele, deU.a hase materilale di ogni particolare organizzazione sociale », ossia di qu~.Lla tecnologia umana che immensamente diJ:ata ~ « tecnologia » naturnle dei nostri organi corporei, senza loa quale non vi sarebbero aJtri rapporti umani in quanto umani, storici e ciri civiltà. n che ci mostra Jra quesrt:.jone anche ootrto un altro aspetrto: che i rapporti interumani, i rapporti sociali e di civiltà sono t•anto piu complessi e ·w~luppati, quanto piu è svi!l;uppata la reloa2-ione BJtci.va deLl'uomo con 1a natu11a, nella tecnica, nel Javoro, nella produzione, neUa scienza. Ossia: quanto meno la natura sovrasta agli uomini come potenza estranea. (Che lo svhluppo storico dd nes·so uomo~natum -abbia poi prodotto a1l'inrerno de!l mondo umano, oon 1a d!i:V'isione dd Jravoro e 1e alassti Mtagonistkhe, -all'l're >« potenze estranee», è cooa che qui si deve tr~ciare.)

Nota Ph. Frank, nella sua relazione, sottolinea la distinzione fra teorie fisiche, loro interpretazioni filosofiche e filosofie politiche (o religiose) corrispondenti a tali interpretazioni. Egli pone il problema della loro « interazione » storico-sociale, come di .una realtà effettuale la cui comprensione sarebbe oscurata dalla rigida dicotomia di «fatti » e « valori ». Un marxista, credo, non può non esser d'accordo su questa osservazione. Ma Frank traduce il problema in quello della correlazione fra la nostra « rappresentazione dell'universo fisico » e la nostra «rappresentazione di un ideale di società umana ». Questa· correlazione costituirebbe, secondo Frank, un fatto sociologico presente sempre e ovunque nelle società umane, in forma di « concezioni socio-cosmiche » sottoposte a una specie di legge sociologica, per cui l'universo fisico viene interpretato come una « società cosmica », ossia sulla base di ideali, nozioni e valutazioni tratti dalla vita sociale, per essere poi assunto quale modello a cui dover uniformare la vita sociale stessa. Sarebbe cioè sempre operante nella società una «cosmologia politica » o « politica cosmologica ». Frank si appoggia qui alle teorie e ricerche dell'austriaco Ernst Topitsch (cfr., oltre gli scritti citati dal Frank, la 349 www.scribd.com/Baruch_2013

recente e ampia opera Vom Ursprung und Ende der Metaphysik. Bine Studie zur Weltanschauungskritik, Wien, 1958 ). Dato il carattere di quel nesso (il cui presentarsi appare d'altronde ineluttabile, in Frank assai piu che in Topitsch), il relatore conclude che ogni tentativo di appoggiare concezioni ( « credi », dice Frank) materialistiche o spiritualistiche sulla « ·scienza )> ( « teorie fi-siche ») del XX secolo non può, da un punto di vista strettamente scientHico, non fallire. Lo schema di questo nesso « socio-co~mico » (che, d'altra parte, è la generalizzazione di vedute interpretative non nuove, come, ad esempio quelle applicate dallo Jaeger ai filosofi greci arcaici nel primo volume di Paideia), per quanto possa servire a illuminare meglio atteggiamenti mentali, concezioni religiose, elaborazioni dottrinarie, prodotti storicamente nelle società umane, o i loro sedimenti attuali, è, in ultima analisi, nel suo presentarsi CO!ffie spiegazione di fondo e generailiz~ata, una mistinitazione appunto « sociologica » della critica marxista dell'ideologia (in cui si trova la sua origine). Sia Topitsch, estesamente, sia Frank, per accenni, si sforzano di applicare tale schenna al marxismo stesso, ma, come accade sempre in questi casi, non riescono a colpire se non mani,festazioni volgari del marxismo, ovvero debbono deformarlo: come là dove Topitsch afferma che Marx « spiega i fatti storici secondo un rmetro di valore presupposto, e precisamente secondo la rappresentazione di una vera natura dell'uomo di carattere normativa, di una presupposta idea della destinazione dell'uomo» (op. cit., p. 254). Che è proprio l'opposto di come stanno le cose (come anche nel presente intmvooto ho ceoca.to di mostmre. Anche se, natumlmente, elementi etico-valutativi 'non perciò debbano essere esclusi dalla storiografia ma.rnista, la quale, propnio perché si ispira a:lla dottrina rivoluzionaria della classe operaia, comporta una sua etica, che non è, d'altra parte, senza relazione con tutta la precedente Moria della morale uma.na. Quanto al punto piu specifico della discussione si potrebbe chiedere al prof. Frank se egli, a sua volta, non introduca una troppo rigida dicotomia fra teorie fisiche e interpretazioni filosofiche delle medesime, ove si considerino queste ultime non soltanto come fatti sociologici, ma al livello della teoreticità. Senza approfondire qui la questione va osservato tuttavia che il fatto per cui una determinata teoria fisica, o un insieme di teorie fisiche, possono venir interpretate idealisticamente o materialistica.mente, nonché costituire un'obiezione contro il marxismo, è il punto di partenza da cui esso model'namente si muove nella consider·azione di questi problemi, come ha messo -in rilievo Leniti (Il quale ad ~sempio, scriveva, nel 1922, che « dal brusco sovvertimento cui soggiacciono le scienze naturali moderne nascono con-

350 www.scribd.com/Baruch_2013

tinuamente scuole e tendenze filosofiche reazionarie piu o meno importanti » e che, « senza una solida base filosofica, non v'è scienza naturale, non v'è materialismo che possa sostenere la lotta contro la pressione delle idee borghesi e la restaurazione della concezione borghese del mondo».) 1958

3.51

www.scribd.com/Baruch_2013

« Rovesciamento » e metodo nella dialettica marxista

In Critica marxista, 1955, n. 2, p. 135, Luciano Gruppi richi:ama l'attenzione sull'arti'Colo di Louis Althusser, da:l ti•tolo Contradiction et surdétermination, apparso nehla Pensée del dicembre 1962. Come giustamente dice il Gruppi, i·l saggio di Althus-ser (per qualche rispetto almeno) «riprende un tema molto vicino a discussioni italiane, anche recenti ». E p11ecilsa: « Il rovesciamento. (marxista) delLa diruettica hegd:iana va inteso nel senso di un rovesdamento del sistema specuLativo, per ril~rovare 1:1 nocciolo razionale, 11 metodo·. dialettico, oppure i:l rovesciamen•to è da operarsi entro h dialettica medesima? L'A1thu&&er è per la seconda soluz1one; preferi-sce lasdare da parte la contl'lapposj2lione engelsiana tra sistema e metodo, per analizzare, nelle ·sue ~mplicazioni,

la distinzione di Marx tra "involucro mirstico" e "nude-o t'lazionale". Il termine stesso di rovesciamento appare all'Athusser met-aforico e da pJ:'Iecisare ulteriormente. Non si può r1prendere La dialettica

hegeli-ana cosi com'è, per app1ica:rla aLla materita, ma. biso~·a strutturare in modo diverso 1a dira~lettioa, per stabil:ime ·le strutture specifiche ». Vorrei fare, ·1n proposito, aùcune considerazioni. « Coniugando » (rome scrisse il ColLetti nel suo saggio premesso aU'ed.iz>ione italiana dei Quaderni filosofici di Lenin, 1958, p. XCIX) le due questioni, quel1a del « guscio mi·stico » e queUa del « sitSrtema » ( hegeliano) in rapporto al « metodo dialettico » - quali si presentano dspettivam~nte nel poscritto alLa second~ edizione ( 187 3) del Capitale di Marx e nel Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della .filosofia classica tedesca di Engels (1886) - credo anch'io che si si'a creato un grosso equivoco interpretativo, con cons>egue·nze ass.ai negative suUa riflessione marxista il11torno .ai problemi dd1a di>a:letoioa. Già che non condivido (mi riferi•sco qui non tanto .352 www.scribd.com/Baruch_2013

ad AJthusser quanto alle precedenti « discussioni ibahane ») è la conclusione secondo la quale tale equivoco si troverebbe in Engels stesso. Essa a mio parere dipende dalla ancora consueta lettura astorica d-ei daSISici del marxismo, che, tipica del dogmatismo, finisce spesso per condizionare anche chi vuole combatterlo. Acçade ·i:nveoe che proprio Enge1s sia, a mio parere, di grande aiuto per comprendere il pensiero di Marx, espresso nel poscdtto del 187 3: solo che l'Engels da utilizzare non è quello del Ludwig Feuerbach (ove si tratta, almeno principalmente, una diversa questione) bensf della recensione in due artJicoli (una rimasta incompiuta) al Per la critica dell'economia politica, da Marx sollecitata e da 1ui stesso pubblicata a Londra (agosto 1859) negli mtimi numeri del « piccolo Volk ». Qui la questione del « metodo », che assume grandissimo rilievo, è posta da Engels nel ·suo specifico signifkato scientifico (« Come trattare la scienza? »). Il metodo messo in opera da Ma-rx, e che Engels considera una acqui·sizione « qua·si altre!!tanto imporoante quanto la conoezio.ne matedaliosbica fondamentale» (oioè 41 materialismo storico), è pllesentato da Engds in polemico contrasto s~a col vecchio « metodo hegel1ano », si1,1 con l'ancorn. piu vecchio « metodo metaf.isico-wolffiano » (con « le sue •categorie fi.s•se »), già « teoricamente demolito da Kan t e spedalmente da Hegel », ma « tornato nuov·amente di moda » presso gli eçonomisti borghesi (e, piu in generale, dominante nd « nuovo materi'>, ma in mancanza di meglio. Il metodo hegeHano ·infatti « er:a scomparso perché la scuola hegeliana non .avev·a saputo far niente con esso». Ma quando Engels, nel medesimo contesto, dichi'> H metodo hegeliano « a:lmeno ndla forma in cui esoo si presentava >> egli si riferisce in modo spxifico alle esig;en:re di svi1luppo proprie della nuova « conce2lione dd mondo » (di Marx e sua), cioè del materiaHsmo storico; conce2lione, eglti dice, « piu materialista di tutte Ie precedenri ». Il metodo hegeHano infatti era « essenzialmente idealisti-co >>: esso « partiva dal pensiero puro » (« un metodo che, secondo la sua propria confessione, andava dal niente al niente attraverso il niente»); mentre, neLla nuova concezione, « si doveva ~·rtire dai farri piu testardi >>. Come si VJede, in Engels, La oa11a~terizzazione del metOdo (idealistico, matJe·rialis·tico) fa tutt'uno con quella ddia <
secondo l'opposto punto di ·partenza (pensiero puro; ·i fatti pm t'es•rardi). In questo modo di pveSientJare 1a qUJesni,one è già impliciuamenne prresente la mena6ora del « -rovesc1amento » ·che verrà esplidtiata da Engds poco oltre. J,l ·senso p11eciso di ·essa, M suo significato logico, è .pr.oprio quehla 1nversioone di dire--nione o meglio di « senso» che, per l'·appunto, rnon pi:ace ·ad AJthuss•er. Ho l'impvess1one che •ad .AMhusser sfugga .l'~mporran2la di es·3a, che è i•nvece dec1siVIa. Natuvalmente perché qll'est!a ·jmporlta.n2la ci si1a occorre che una « differenza di s·enso » foo i term1ni in quest~o:ne sus·s.i•sta comunque, necess•ariamente e ob~e~tivamentJe, una volta ammesso che essi si trovino i•n relamone. J.n t•aloe caso inver.tiTe i:l srens2 signrl.fioa metbel'e in luce una veJ-aZJbne in tr1nsecamente &versa. Non c'èb~sO'gno-ds=Jb.di,~I~ùiOa-per-·render&l-cont·o-df ciò. Basta la .logica formale (almeno ·in senso moderno). Si ~ratt-a di un probl,ema che, da Kant a Russdl, ha dato forte impulso alle questioni logiche. E g.U esempi ·s.i possono pr.ende11e dai campi piu di~rsi. Se inverto l'e reLazioni fra 'k~ parti di un corpo, determ~·nato nello spazio in modo comp!l>etQ, cioè anche sec'Oindo l'orientamento, ne ri·suha un co·rpo determinato lin senso oppo·sto e una differenza iniduoihile, oome quella fra mano destm e mano ·si·nistro, o fra una v:itre desrrorsa •e una vite sinistrorsa (ta•lle i·rr.iducibili•tà non significa che la differenza non sila esprimioolre logicamente o formalmente, come cr.edeva :K!ant). Di oiò ognuno può fare l~ prova semplicemente mettendosi davant'i ahlo specchio. Se prendo la reloaz,ione padrefiglio e la rovescio ho la relazione figlio-padre e ognuno sa che !'·esser-padre e f•esse.r-figl~o sono cose completamente diverse. Quando Althus·Sieir per ooLpire 1a famos"ene alole « aroi de1La persuasione» (;I"etorka), ma che non ha v~Iove logioo. Proprio perché hl nesso n-atutta~spi•d•to, essere-pen~iero, farti-concetti (o ootegori<e), e cosi v1a, comunque venga .preso, cioè in senoo marX"1stJa o -in senso hegeJliano, non -è un~ ·rda21ione simmetri<Ja, il ·rovesd~amento o logio, ·uaJe contJe.nuto -lo-

o

354

www.scribd.com/Baruch_2013

giro, e dal punto di vista •logico è dducibile ·a « metafom mol'ta », per usare un'espres·sione di della Volpe. Non può essere perciò esorcizz> del ma•rxi,smo. Gò ha una predsa 11ilevan2Ja teorica, .anzi « logica ». Ndla situa:moflle metodologka delin~e~ata dalila recensione engelsi•a:n1a del '59, ess;a viene i•n prima approssimazione indicata cosi: « fm tunro H mat'eltoia.le Jogico eSiistente [ila dia.J,etti'ca hege1i:a.na] era l'un'Ìooa oos•a a cui almeno ci si potesse collegare ». Ora è molto importlanve, io credo, •tenere presentJe che non S
1

355 www.scribd.com/Baruch_2013

da lui (neJha fenomenologia, ndl'esteuka, nei!La stovia deUa fiJo-

sof.iJa, ecc.) « 1a ma:neria viene ·~mtJtJatla m modo stork<:i, Jn uma oerta connessione, si1a pure ·a:stl'atta e a rovesoio, con iLa 1stonia ». Proprio per questo la filosofia di H~g~L~f.~9.9t» (è epochemachend). E non -solo « costituisce la premeSS~a •teorica dliretot1a del·la nuov.a conoe2ione materi1a1Hstim », ma, per i caratteri sopro ~ndi­ ooti, « oHre già un punto di collegamento [Anknupfungspunkt] per :hl metodo logico». Del resto, dice Engels, Sle qudl1a diwettica « aveV!a Jriquoid'alto con facil1ità Ja precedente .Jogioa e meuafisica, doveva eS!S.ere ~n ogni caso qu;glcosa piu che oofi'stichenita ». Ma la stessa vioerca del « punto di collegamento per iù metodo logiro » è proiettJatJa, :nella recensione engds~ana del '59, su umo ochermo piu v:aosto: .e preoios.amente su quello delle oonseguenre sistematiche dd. metodo. Anche queSitO è un elemento che non dobbi-amo wa·sda:rci -sfuggi·re, un elemento di concretez2la {•113 prova dell:a efficacia del metodo si traVIa .anche - e in modo non marg1na:le o solo ooncomitlante, ma, anz:i, essen:lJilale - in sifbatte conseguen2le). Al1meno ciò è V'alido per chi oondirvida Pesigenza -si'Srematica, e fva ques.ti sono rodubbiament1e Ma_.rx ed Engel.s. Ora, è interessante per llll nostro quesriooe che quell'esigenza venga presenuata da Enge1s .irrmanzi tutto :in vappovto (·storico) oa Hegel. « DaJta mo11te di Hegel &n poi - •egli dice :a proposito de.!Jla ·struttur.a ,sisrematica dell'opera receiJ:Si~tJa- non si e11a :6atto .alcun ten~aci'Vo di sVIiluppat:e una scienza nella sua propria connessione ointJerna. » La differenza capitale, natuulmente, è che il tentativo di Marx è interamente riuscito, cioè si pone intel'amente sul terreno scientifico. Ciò lo di·svacoa ·vadicalmentJe darl. ri·su.ltlati •anche positivi di Hegel :i qua.lti tutllaVtia, -a causa de11e ca11at>teodsciche ('astr.at>to-'idea1istJiche) del metxxlo, non .avev.ano dato luogo, né lo ponevano, ad ,alcuna sj.s-temazione •scien:tlifica: •i!n nessun campo. Nello stes·so tempo quell'oaffermazione di Enge1s è cari(la, l!ld suo pensiero (mi pare .i·ndubbio), di molte impl,ioa:zJioni e UÙ•teorioti svri,Juppi che V'anno -al di là del campo ddd'eoonomia po]rl.~ica. Vi è qui, a questo proposi·to, un accenno 'sintomatico: 1a domanda «come ·tmttare ·la ·ocioo:z;a? », postla nel duplioe contrasto metodologico di cui abbilamo parlato, «non ha nienre ·a che fiare- dice Engel-s- con ;l'economila pa1itica come tale ». (La inter-a questione del nesso fr.a metodo ed esporlzione sistematica, ripresa da Marx nel poocritto del '73, credo debba essere anama sotJtoposta ad attenta Ìindagine, per una soddi·sf:iaoontle comprensione del mandsmo teorico e delJ.a sua storioa.) Ma H, m quel campo, è ·1a l'iusdtla esemplare di Marx che portJa .3.56 www.scribd.com/Baruch_2013

l'economia tedesca 'a livello di ·Sden2la ~ndipendentJe, fm l'altro~ oLtre 1a •racchiude11e 1a c11i1tica. di_ turlla 1a 1etter.atu!1a economica. Una riusdta che 51 oont'Mppone 13:i necessari fal!Limenlli della metodologila hegehlana, ma ·insieme ne reailtiz:ZJa 1'esigen21a, che le viene aottl'ibudta (e che comunque è derlv.abile da esSia o .i!n essa ri•trov:ab1le): « ·svHuppare una scieruJa nehlia sua propr1a connes·sione il11terna >>. Er.a, come si è ~ccennato, un'esigem21a riconosoi:utJa da Marx (e_ questo è ill senso fondamentale d~Ha Introduzione del '57). La sua « critica dell'economia politica » non è separabile da ess-a, dalLa ~stanza de1l'esposizione di•alettioa come forma sistematica 11i·sultJantJe da~ll!a « crtirica » stessa. A proposito deLle velldtà di Lassa11e di « espor11e a'eoonomila poUtioa ~lù.a Hegel » ocnive Marx .a Enge1s -il l o fìebbroio 1858: « Imparerà •a sue spese che ben .altra cosa è .arrh,,are a por~ per mezzo dehl.-a ccitJioa unta sdenZJa al punto di poteda 1espoore ditaletticamente, ed ahm e.ppLioare un sistema di ·logica asrt:rntto e beLl'e pronto a presentimenti per l'appunto di ·Mle s'.i.s'Ì'ema ». 011a, il .successo scirentifioo ott'elluto da ~!l'X nell Per la critica vienre pos•to da Engels, sotto fangol.atu11a metodologioa, strettissima connesslO!lle di dilpendenza, innanzi tutto con un'altra cJ.'Iitica (aLtra ri5petto a quella direttamente concernente « tutta la letteratura econom'ioa »), piu genera.J.e e preliminare: Ja critica a•l metodo hegel:iano. Ndl'1nterno di essa, evidentemente, e non fuori, dohbi!amo rireroare qued. « punto di collegamento per iJ. metodo logico ». T a•le critica a sua vo1m è present~a_ta come una riforma (cosi poosmmo chiam.acl~a) del « metodo dia~ettico » opern1:1a da Marx, che aJ. contempo sa1lw « [e vere scoperte dd Hegel ». (Molti anni piu -tardi, a-ppunto nel Ludwig Feuerbach - sul piano proprio di queSJt~a, Ope1"a, che è dirett1amentJe storico e solo !indirettamente teorico - Enge1s insisterà retro.spet:tiv.amente sulla necessità storica, condizionata dalle drcostanze concrete dedJ' « evoluzione spir.ituale », che 1a dialett~ca hegdi.ana fos-se superata criticamente, e non semplicemente messa in disparte, come avrebbe fatto Feuerbach. E _g_uel Sl.l~tl!ffi..
m

357

www.scribd.com/Baruch_2013

voJ.li del genere, 'avrei una gron vogilia di rendere acress ibile a.Il'U:ntdletto dell'uomo comune, quanto vi è di ·razionale nel metodo che Hegd ha scoperto, ma ndlo s'tesso tempo mi'S·cif[oato », gli scJ.'IiveVJa Marx nel gennaio deol 1858. All'•in.tdlet-to dd-l'uomo comune: nella recens·ione engelsian.a del '59 H metodo dialettico di Marx ·in confironto di quel.lo di Hegiel è qU'a.H:6icaw due vol-te come metodo « sempLice» ... QuelLa notazione di Ma·rx ena occa,sionata da una 11ilettu11a deill.ta Logica di Hegel, che gli aveva « reso un gra•ndi'S·simo serv:i~io » ( « quanto •al metodo ») durante -1' dubomzrone del Per la critica dell'economia politica. È quasoi rin con~rap­ prmro (per ·noi) ·alla cibata frase della Ùletvera di Marx che Engels, nd1a reoons·ione ddil'agosto 1859, pone l1a detta que9ti011Je della critica d~l « metodo » hegelilano, del suo superamento critico (come verrà chi·amato nel Ludwig Feuerbach). « Marx era_e_g_l_il solo che si poteva accingere al l,avoro di estrarre rwerAA.t.schale?ZJ alla lettera: 'llimr fuO!Ii dai gusdo o daUa scorza] dalla logi•oa hegeli.ana ~ nocciolo che racchiude 1le ve11e scoperte fatte da Hegd in questo campo e di stabilhre il metodo diail!ettk:o spogli-a'to dei -&uoi vdi ideruistid, ·nd1a forma ,semplice ~n cu:.i esso è '1a sola forma giusta dello svi:luppo del pensi'ero. » Enge1s non prosegui·rà ohre, in questo .tJesto, neoHa questione generale di quel super.amento critico di Hegel. Pr.efer1rà, come si addiceva •a una recensione, 'IncHrizzat1SJi a nrette11e .in :luce !il metodo dila> diVIentano l'« ·ilnvdlucro » .(o •ilnVIi'luppo: Hiille) « misvico », ecc. E •tutto ~i~l discorso è ~egato all'idea •atVi'V.a ded « rovescilamenro ». (Ma in que•sta idea attiva non vi è 1affat:to ·i·n Marx, come vorrebbe ;}o Althusser, un'« .accumubzione di metafore»- queLLa cLCI11a estrazione e quella del rovesciamento - quasoi !a segno di lll1la « difJikoltà » senti-va da Marx. La meta~ra .&M'estrarre che c'lera in Engds, ma nel senso, •si è visto, del « lli'r.ar fuori dalla •sC(llr2!a », è ·anzi scompa·rsa in Marx, .a favore di un molto piu intd1ettuale « scopri:re ». Correlativamente ,l'timmagiJne met1a!llurgica della gangue con cui A1thus1

358 www.scribd.com/Baruch_2013

ser traduce ,1a H ii !le servitiebbe solo ·a dare una colol11tura divers
la

359 www.scribd.com/Baruch_2013

lo Althusser nehlte sue riserve, faooe 1n un saggio precedente, del 1960 (Le jeune Marx, già citato), quanto a!l. carattere specifkamenre marxista di queHa «critica»; ·anche se è da r>iconosoore che Marx .svolgeva iJn essa, ma anche completava e integrava in modo originale, alcune cHrette ~uggestioni di Feuerbach. (Ma perHno in Kant si trov·a il preannunzio di una siffatta c.t~i•!!ica, del prooed1mento ment3.'le di tipo ipoSt1la•tizzante, ed è im un severo appunto rivolto a Spinoza, come ho avuto occasione di rilewre in un mio lihro su Kant.) Anche se rimane solida, •a mio parere, al di sotto delle correzioni e proposte metodologiche fatte da Althusser in quel saggio (che io credo in parte giuste e in parte non accettabiJli - ma non se ne può discutere ora) l'ist:Janza che vi si esprime della piena storiciz:w.llione di ogni fas·e di sviluppo del marxismo, e quindi dei testi corrispondenti. Il che non significa perderne, ma anzi acquitsirne meglio, i permanenti valori teorici. Giunti ora al termine di queste considerazioni, come ri·spo.ndeve alle questioni iniziali? Abb~amo visto che, &e soi mettono a raffronto i testi giusti, cioè omogenei al problema considerato, né i·n Engeis né jg __M~rx è chJ:runato ·in C~J,!~jg__~~un_ mod9 rammentato, a propos•ito del« rovesdamento » della di:alettica he_Eeliana ~II ~ .s.!~!~Il?:a_->> cn·-Hege~ :-r.U(jllést:IOO.-e ··è-sempree-oortallto il met~ Essi non hanno per nulla in mente, come FeueriYach, che « il metodo della critica riformatrice della fi.IosoHa speculativa in generale », capovolgendo la fiJosofia speculativa stessa, ba·sti a « mettere a nudo la pura, la schietta vedtà » (cfr. T esi provvisorie per una riforma della filosofia). An21i, si è visto, il rovesciamento della dialettica implica nel marxismo, atl'opposto, la già avvenuta acquisizione eli una base diversa per H metodo, e cioè 1a « concezione materialistica fondamentale » o materialismo storico. La differenza d"allla posizione feuerbachiana è essenziale. Del res·to il sistema di Hegel era già, allora, piu che morto e, in sede teorenica, non valeva certo la pena di parlame. Mentre il metodo dialettico hegeliano era semplicemente « scomparso», come dice Engels, perché « inutiHz:w.bHe » sulla propri-a base. Si diltà che con queste parole io do già per buona J,a sepa-razione (o separabilità) in Hegel di metodo e sistema, di cui non si fa per niente parola nei testi finora analizzati. È l>a questiooe del Ludwig Feuerbach, che ho fin qui lasciato in disparte, quella che sembro fare tanto scanda·lo negJ.ii odierni discussor.i. Ma questa nota è già troppo lunga e se ne potd parLare un'a..ltra volta. Vorrei

*

.360 www.scribd.com/Baruch_2013

qui solo fare una piccola insinuazione. Almeno, ancora negli anni ..intorno al '58-'60 quel « metodo hegeHano », come metodo di « scuo1a », del tutto estrinseco, aprioristico e sovrapposto (e quindi ormai, per l'appunto, di:s.taccato dal sistema) non era poi oosi completamente « $OOmparoo ». Si è vilsta la notJaZJione ~ronica di Marx in una Jettera a Engels a proposi•to delJ.e vd1eità di Las&a•1le ciroa una esposizione « aUa Hegel » ddl'economrua politica. E ancora: in una dehle lettere a Engels (22 lugJ1o '59) ±n cui Ma:rx gli oollecita la recensione al Per la critica, una delle due indicazioni essenziali che egli, aJ contempo, gH. fornisce è la seguentle (e non trascuriamo che si•amo ·suJ piano teorico-metodologiw): «non bisognerebbe dimenticare che il proudhonLsmo vilene stroncato ·a11aradice ... ». Proiettando aill'indiletro, ma non di t-roppo, ·hl senso di questi .accenni, non può nascere H sospetto, intanto, che La distinzione fr:a metodo e sistema sia, aù.meno, storicamente valida per il prOC'eS'So di dissoluZ!ione deHe scuole he~hane? Ma l'•impLooto di quello scritto estremamente serio e importante che è il Lud= wig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca è ben a·ltrimenti ()Omplesoo e, .r]peto, non lo posso affrontare qui. Rimane fe_rm'?J_SIQ an~to__~L~rg~s__<;ÌaiJ1:e!ltQ__ ~~J -~}1~- ·!l rovesc_~­ _Q!'~n to ~__del Il_l~_!ock>L~__<;h~-~~s~_~ofl1_porba un·a .P;-
361 www.scribd.com/Baruch_2013

Marxismo e scienze umane

Darl presrente llitolo von1ei che fosse allont•aonato il senso di una qua1s•i.la•si oontrappos:iZJione. In Marx (pe:r il quaÙre> ovvi·amenlle, iJ te1"mine 'marx·Ì•smo' norn .aveva uso) contrapposizione •non c'era. Si •tna~ttaVIa piuttosto, per lui, eLi portare la rke•rca corncernernrtre J'uomo («l'uomo è :il mondo delJ'uomo »)·a H·veUo .scientifico. Il che non polleVIa accadere se non su una ba.se 'crirLoa'. Qu;est'ul!Jima esigenza non era di tipo karn!)1ano (come queHa, Mnto per irntJenderci, che da DHthey •a SaNte ha spinto .akuni penSratori Jad •t·erntra!tl'Vo di i•stituire una « cr~!Jica della ragiiO!n •storka »; eventualmente « di~1et­ t,ica »). Era 1'resigen2la di Hberore, anche per il « mondo umano », un punto di vista scientifico dalle deformazioni, apparenze e illusioni (da.Ua « faLsa oosciren:i'ia ») ddl 'ideolog:ira. Un Jntreccio ori·ganar:iro connette •La « cr1rioa de1l'e~irstenrte » (re -la .sp:111~ ,d.voluzolonan~a che que:sta ersprime) alia critica dell"ideoJogila: e da esso muove hl mo che conduce ,j,l comtmismo fuori delrl'utopia, e ra1-la scoperta del·1a prop111a oo~e di cla:sse, •nel prrorleta!'iato. La crir~rica ddP1dleOlog:i~a, d'·ai1t11a pant1e, aveVIa 1a~sorb1to den~ro di sé rlra crit,ica delJra 'speculazi!one' (cioè cW1La p11et1es:a derl
362 www.scribd.com/Baruch_2013

« reale Basis », o «fondamento ·economico», e chi,amando ·i'l resto « ,Ueberbau~>. (sovrastruzione, proponeva

hl Labriola; 'Oiò che ·non troppo felkemenre viene 'tnado.tto ·oon « sov•ras·truttull'a »), Marx ~ndi·cava ·il versus ·seoondo i:l quaLe si potev:a comionciiJ cap~va:le, nel ·sistema borghese) .. su. ·tr.atta di un criterio .anche questo dd tutto oggettl.rvo. R1speJbtO a una determina
363

www.scribd.com/Baruch_2013

vare H mode1lo ,tJeorioco, o -ideatl'e o ione del modeLlo: tooto piu probante in quanto riguardava non i paesi 'avanzati' del:l'« Europa occidentale», ben-si un paese 'rarretrato'. Nel quale però H modo di produzione capitruliscico si el'a ormai ,saJ.damente •impmntato. Quell'analisi di Lenin nasceva in mezzo ·alla lotta polit:Joa interna al movimento vivolu:m.onario (contro i popu:listi), e tuttJa lia succe5siw azione e direzione politica di Len:in, fìino a. Sen:z:a

364 www.scribd.com/Baruch_2013

di che non ravrebbe ruoun sigmificato l'isolamento scientJi..Eko, nell'insieme de11a Vti•toa ·soo.Laile, dd 'processo produttivo' (•in sen·so economico). Rego1aviltà tapparent!i e « .Jeggi », nella fenomenicità economica e sociale, possono ven•k riJ:ev-.ate .anche da punti di v1Sita soggettivi~&tici. E •si può addiJr1ttur.a giungere a costruire, ·suUa base di materiali empirici, intere filosofie dehl:a storia, connesse a regolarità .apparenti, come è i!l caso, mode11namentJe, del Toynbee. Ma al centro rimane l'atb~trarretà dei criteri e delle scelte fondamenta>H, o ~a loro •i•noertezza. &empio cospicuo è da dottr~na dei « tipi idea.hl. » nelJ•a sociologita di Max Weber. La forza del mM"xismo, in quanto « ocioica ddl'economila », è, aill'oppos.to, qllle1La di formre la base per ridu111-e li fenomeni sooi~i, e le loro eventuailii « regolarità », ai movimenti reali deolila società e alJe corrispondenti leggi. Qui - e non m oo preteso ·sper1mentaHsmo di .tJ1po oosiddetJto « gaL~leilano » (perché Ga•l•il!oeo fu, in verità, ben ru·tJr·a cos.a) - consi.ste l'·analogi•a impres.soionan!Je deil·la cri•tica maon®anoa deLl'economia col punto di parnenza faticos•amen:te racqu1si•to nel '600 daJille moderne ·scien2le d.elhl•a natura. Molto giusatamente perciò Lenin •id:entifroava nel modello teo.nico elaborato da•Marx aoohe il fondamento della« possibiMtà di una sociologi!a scientifica». Ciò significava per Lenlin due cose moho precise: a) la possibili.tà di tmn-e fuori ·Ia •sociologila daJ mero desc.ni1ti'Vilsmo fenomenico; b) l~a poosihi1htà di fondare Le «·Leggi » dei fenomeni storico-soda1i - pur ammesse ~n Jinea di prilnoipio dai ·sodologi anche « soggettivast·r » - su tma ba·se oggettiva, e non semp1iappaxen2la funomenioa; o della arbitr'clJ.'ietà nei cvite.ni delle scelte. In que~to !Senso Lentin SO'tto1ineav:a energicamente hl 'Siignif.iicato del predicato « storico~naturale » {naturgeschichtlich) ·attribuito da Marx ,aJ.l'« evolu2lione de1le formazioni sociali» (e, na,tumlmente, alle leggi interne di queste evoluzioni; che si po~sono esibire nei coDniospondenti modeLli teorici). Se ci si tilene fermi, come dobbiamo, saldamente a qlllesto punto, è a pa•r.tire da esso che si apre i•l problema del rapporto dd marrismo •anche con l'e restanti discipl1ine del mondo umano:

365 www.scribd.com/Baruch_2013

amropo1ogi,a, etnologi~, 'Psko.logia, psicologia del profondo, compol'tJamentismo, etka, ,e&tletJ1aa, ·ecc. (QueS't•a dencaz-lone è del tutto empi r:itoa e '1a,sda fuovi '.i!l pvob1ema della :liegilttlimi.tà ·soieru:ifiaa di tutti ques·ti 'ambitJi c1eill1a 'l'icerca.) La domanda è questa: per ognnno di taH campi si deve semplicemente genevaJ,iz:zJare H diiSootso !iatro da Lenin -a propost1to de11a ,socilologi~a? Credo che sarebbe un errore. A quesw punto è neoossari'o precisare megl·io che cosa effettivamente ha prodotto 11 marXlilsmo ·sul piano dellia ·S·ol-en2la. Mi ,atJtJer·rò a un'enumerazione di apparlen2la s·od1astioa, ma la credo necessari~a, nel presente stato di confiusi,one conceaual1e ·seguf,tJo neù marrismo ,ru}J,a fume del periodo 'dogmatim' (ne1lla mi·sum ~in cui esso s1a f.in~to), 1e ca!. O:ltatteiistico affi:or.are di ~nendleiD:oe sogget,ti.v>1stiche . .Attll.1a\llei.'\SO soprottut'to l'opem dei suoi olaSisici {Marx, Engels, Lerrin) il marxli:smo ha prodotto: l. 1a dottdna del maner.italllismo s'tonko. Non è propri;a del passaggio Pi..voiluziomtrio oa1 soci~aM~Smo. Ri,spetto 131i primi due :punti. si tmtot\a di una sci-enlia applicata. Per essere scienz;a e noo mem « f.J.'la:soeolog1a mvol:uziomt:t~la » esiSa abbisogna del contJnuo aggiÌollnamento n'e'l campo resem pLif.icato aJ p un t o 3. A quest'ultima scienza si rrkonnetJtono soprattutto - anche se non esclusivamente - le dottJri•ne ma·rxis.te ~nJtorno aLlo Strato, .aJil'egemon~a, al potere, ailh rivoluzione cu:ku11ale, ecc. Di propos~to l.asdo qui fuorJ oonsi:der.a:?Jione le generalizva21ioni 'd~alettiche' relatiV'e alle sden~e deHa natura e la questione di una fiJosofiia marxi:s-ta (materialismo dialettico) non perché padfiche (è vero :i1I contra.t'io), ma perché non serVJe a nudl~ tenerne 1

conto mel pt"esenl!:e C'011tes.to.

Da.U>a precedente enumeraz,ione risulta chiaro che 366 www.scribd.com/Baruch_2013

posto :iJ

cànone del ma~teriaol•iosmo stocico - .oa! cent-ro di ogn·i oonsiodern2lione vi1e~ne 'a •t:rova11S1i la costruzione del mode:Llo teorico in economi~a. Che natu~a metodolog:ica ha quesba cos·t:ruzitme? Non a caso nel cànone dd matenval'1smo storico ~ pavla di « struttura economica». La oostm2lioo111e del modell!O •teorico (Il capitale) ha, epistemologi:camente, una na.tura forma•le-sisttematiiOa. In essa ·è operante un metodo genetico-formaJ:e che ·si •alimenta di d~ti storici. È .decisi'V'O aver chi·a:ritto i•l•r.apporto f.m qureste due componenti (materuali · storko-empiol'ici 1e si•s.vematioità formale). Jj_ capitale 11Qn è un':ind.fl: g!tn~_§tCM'i·ca, né •tanvo meno, quanto al J;Iletodo, storicistica. Esso ha come campo dt ·nifeDimento l'« a:tJtuale società » e come punto di parten21a una formazione soocioaùe ·pura (il « s1Sitema dell 'econom1a mercant:ile ») che in t.a~le punezza non è mai e&istllita ·ndla ·reaJ1tà st:orica (·tranne forse, come dice Marx, negli: intermundia dclla sodetà antica medillvernanea, ma 11n fun21vone di ·a1tne economie). Il ma~ten~~e stonico;empilr.i<:o è •si !.indispensabile aLia oosnruzioone di quel modello, ma la ·soo pmsenza è la pl'esenza, -sempre, di una v;ariJab~Ie enwo Iimiri deverm1n:aui. (Camb1ando ti il.rrni•ti deHe v.ar1abiM storiche si ·dambi!a .a•nche modello, cioè si ha un'oa1tra formazione ·economiro~sooÌia11e.) Ecco peoché •hl metodo del Capitale non è •affante un metodo st:onicisnico. E,sso è, piuttoSJtq, un tl}et.Qd.o. ~ ~trut-turaolist•ico, in coerenza coù càpon~ del materiaJismo storico. Adoper.ando •tailii. paroJe non ei cede qui punto a una moda attuale. AJ CO!O'rratio: gli orient·amenti s.toruttum1ist:id che, a torto o •a ragione (un po' a mgione, un po' a torto), vengono oggi facendosi awnoti ndle plu div;erse 'scÌienze' um1ane, .esprimono·, ancorn confusamente, la tendenza di C$Se a porta~ttsi a 1irvello scientifico. Perciò i_n,sl,l~S~ ç UQ~_i~i9t~_çlj_p-,toiJ)'gpiç_{TI!_m_~rt_X.'iiSill0 e_§ot_l'_t!t_tUra.liosmo. E se s•i deve veni·re a un confronto, perché questo possta avere una qua:lsi:as:i utiHrt:à sdentoifoic.oa (ohne che per il'iag'ionoi. di correttezza metodo:logica), esso deve avvenire a;i ·Livelli piu devati, e cioè là dove i!l moderno sotruttura[•ismo ha già prodotto alcuni sicuri ·risuJ!batt!Ì sde11tttificl. Il che accade, per o•ro, soproa:Hwtto im alcuni ·settori della Jilnguistlica, come Ja fonematica e la moriiemadca (né con questo si .inoten_g_t__sdenti{@.. la metodologia strutturalistica dovrà essere presa con~ siderazione anche nell'ambito di essa.

in

367

www.scribd.com/Baruch_2013

è la nozione stessa di storicità (relativamente ,ai mondo umano). Lo storicismo, i.n qualsiasi sua veTslione, ci ha abitua;to a una concezione generica (e, in quanto taJe, Jdeologica e non -scientifica) dell'accadere storico. E, piu o meno palesemente, esso puntta sempre o in modo prevadente, su1l'unicbtà (Einmaligkeit) ddl'!llcoadimento storico; cioè tende a isoJado daNe leggi del suo accadere (1a storiograrm rome esclusiva 'consider.azione indivù.dualizzante'; conce2lione da cui è affetta anche qlliasi tutrt:a La ·storiogoofia marxi.s·t>a, aJmeono in Ita·lia) . Proi-ettato sul marxismo ~o S>torid.smo conduce ·a una di!storsione enorme, e occluSIÌ•va del problema stes,so dehla stonidtà. Ci si è forse domandato perché Marx dis,tilngueva con tanta cura, nel pos
oo

2 Andrà preso in considerazione, ovviamente, il problema della natura epistemologica di siffatte leggi, e degli eventuali suoi caratteri differenziali anche all'interno del campo in questione.

368

www.scribd.com/Baruch_2013

mitive dgiclezze), s·1a quelLa che meglio può condurre, in tale campo, a ~copr>ire i CM"att.teri specifici deHa st·orici•tà dei fatvi che gli sono ptopt'l. Ma bisogna evitare di arrivare .a mndusioni generali, precipitose, per tutti J. oampi, delle scienze umane. Propr·1o le attuali di-scussioni compara~ive intorno ~Ho snrutturalismo (genericamente •in~eso) mostrano 1'inoert·ezza, se non la confus·ione, in cui si può oadere ·s,e manoa una bussda di ori·entamento. La qual:e non può eSJsere forni1t•a, oggi, che da,l marxi·smo (correttamente inteso). Quasi tutte Je soien~e uma-ne concernono i pi,ani della « sovrastruzione », la cui incidenza reciproca (e con la base economica) muta ·st01rlioamente, a~traverso l'evolversi della formaz~one sociale, e il · <Succedersi ddle formazioni soòah. Qua:.i tutte le scienze umane, ~noltre, sono anoora paurosamentJe infiòate d~ ideologismo di d-asse, almeno ·in occidente (ma, appunto, h Hngu·i<sbica se ne è venuta diJsrtrioando assai V.tura economica e « sovra-srtruttura » fu trattlfllto da Marx, pubblicamente, so1lo jn relazione aUe grandi crisi rivoluzionarie della storia sociale ( « . .. col cambiamento della base economica si rivoluziona piu o meno rapidamente l'intera gigantesca sovrasotruzione ... », prefazione al Per la critica della economia politica, 1859.) Il che è notissimo. Ma neH'Introduzione del 1857, rimastTa privata e interrotta, Marx aoveva comindato

369

14

www.scribd.com/Baruch_2013

ad affrontare i1 problema della sua int«ez2la. La disuguag1ianza di 'sviluppo, o « di,sproporZii'Onle », dei p1ani ·sovr-astmttunali, rispetto al fondamento economico, la permanefi2la e trasmis·sione di v·alori (come qudli estetici ) attraverso formazioni soda1i lomaniss•ime, '1a ri!p1"esa di vaùidrutà ·storica di S'~stemi giul'idici nMi i.n diverse condizioni deH.a sooietà, quesiti sono ,i pcincipa.U problemi. Essi ·sembmno potet'19i concentrare intorno aLla questione dci « litni.ti » della « dilaletcica dei oonceHi dt for21a produt1liV1a e rapporto di produzione». Qui Marx si interruppe. L'elaborazione deHa «critica dell'econom~a »era, .allora, compito ben piu urgente. Quei prol11emi •SOno 'segnalia:ti; ·le r.i:9post:e non ci &ono, o ·sono appena abbozzate (né è detto che i •teOa (,i,nvece di ·r~m-a­ stLoarel'ultima istanza e l'azione reciproca). V·i è poi da aggiungere un'altra considerazione. Le 'sdenze' del mondo umano, proprio perché quaSii tutte 'sovmst-ruttuvali', riguardano pneva,l-eThtemenre quei .rapporni soda1i che sono 1ntersoggeNiivi o in1Jerpe11son~Ji. Si è vJ•sto che essi vanno toomi distinti (lenini,sticam'ente) dai :Siemplici (e soltanto oggetci.vi) 111apporui di produzione. Ma ciò pone una ques·ti10ne di fondo; quella dd .ne,sso i.ndi,viduo~soo1età. :t: una questione presente di continuo 1n Marx, ma che eg!.i non ha mai 'avuto ·ocoa!S'ione, o ·t:empo, di vemal!izza:re. Ed è .andata perduta, o fa~lsat:a, ne1l mostruooo edificio del dogmatismo (çhe ha radici ben piu ·lontane di Stalin). Da1le macede del quad!e (macer1e anco11a 'soltanto parz1ali, del ·flesto) .l,a Vlediamo oggi ri:sorgete, nalvo:ltJa doloroSiamente, ma quasi ·sempre comunque in forme re.ronkhe, letvemri·e e ·soggevtivi,sti'che, proprio in alcuni paesi socia.li•sti :europei. Si 'tr:a•tta ·ilnv:ece di una questione so1enti'fica, e che, .anzitutto, sdentlifi.ca:mentte va vta!ltalla. Il materi,aJlie che foS•tmtto o speculativame>nte (e di speculativismo marX!Ì370 www.scribd.com/Baruch_2013

sta, in verità di basso conio, ne è s.Mto fatto non poco nd pet'iodo dogmail::ico), bensf ~olo nel precisat~Sri detl 'orientamento marX'i•sta a1l'intemo dei campi spedfici {t·mnne .~lcun'l problemi dri fondo e comuni). Connessioni piu Vlaste vet'ranno dopo. daHa 'vita ,sresiSa dd mat erirue', via via che iJ suo ·r1specchi,amenrto « ideailie >> potrà confermarsi ·sCÌien.ti·Bicamente co·rretto e non idoologicamente deformato. L'idea1e :engels.ilalno di una scienza unifkat>a (ma Engds pensav·a .a.Uora, ·~n questo caso, solo aUe scienze del!La natura) 1<1 parti're dai contenuni dila1etrFoamente d,abo!l'ati (ideale :in ·oent:o modo opposto, ma non tolla:lmente dHforme da que1lo deill'unFbi,oaziorue fo·rmale dei linguaggi scilenciHci) non è come tale da ·&oat?tlal'si·. La sua reaLizzaZ>ione è tUJttavtico: per iJ. quale solo ~l manci>smo offl'le un quadro oaordi.ruatore ·soi,ent:ific.amente oggetTivo e non ·apriot:>is.ticamente predetermi!nante, 'e un metodo at.to a elimina•r.e di conti111uo ~La 'schiuma id~logi,oa (a.nche se non a svd1e.'11e .J1e nadld dell',ideologi1a o « falsa oosòenza », pet"ché ciò, neUe sod•età attou::l!Ùi, ·S'
Nota La polemica nei riguardi dello 'storicismo', intrecciata a questo scritto, obbliga naturalmente a un preciso confronto con alcune posizioni di Antonio Gramsci. Non è possibile svolgcrlo qui. Mi siano consentite solo alcune considerazioni preHminari. Per chi abbia qualche conoscenza dell'uso di quel termine, della storia di esso, nel nostro secolo (soprattutto in Germania e in Italia), è 5orprendente di trovarlo già in Antonio Labriola. (La derivazione era probabilmente positivistica.) In Labriola il valore che esso assume è duplice, positivo ( « storicismo oggettivo ») e negativo ( «storicismo volgare » ). Nel primo sembra sia fatto rientrare, implicitamente, il marxismo. Si indica con

371 www.scribd.com/Baruch_2013

esso un atteggiallnento della mente che contrasta ai tratti piu generali del razionalismo settecentesco e alla fiducia ri-formatrice che esso nutriva nell'astratta « ragione». Gli ostacoli della storia (al progresso) sono riportati invece, nello « storidsmo oggettivo », al suo « moto antagonistico», e questo a « leggi di sviluppo ». Lo << storidsmo volgare», è all'opposto, quello che rinuncia « alla ricerca delle leggi del variare, e alle varietà semplicemente enumerate e descritte appiccica l'etichetta di processo storico, di sviluppo e di evoluzione }>. (La successiva ripresa .idealistica, in Italia, non fece qualcosa di molto diverso.) Sarebbero due estremi, dunque, all'interno dei quali si apre tutta la problematica critica del marxismo: si apre e non si chiude, evidentemente. La parola 'storicismo' del resto interviene appena in Labriola. La ritroviamo in Gramsci e questa volta la derivazione è certamente idealistica: il suo uso, applicato al marxismo, rientra nel lavoro di recupero di ciò che dal materialismo storico l'idealismo soprattutto crociano aveva ritradotto in linguaggio 'speculativo'. Nella sua proposta Gramsci andava molto in là (storicismo « integrale}>, storicismo « assoluto » ). Ma anche qui è importante rendersi conto che Gramsci riapriva cosi soltanto un problema: il problema della storia e della storicità, nel quadro del marxismo. Si sono prese invece quelle espressioni come taumaturgiche soluzioni, anzi si sono dilatate (storicismo « concreto », storicismo « rivoluzionario», ecc.), in formule di uso meramente retorico. Cioè legato alla logica della persuasione (la logica propria dell'arringa, della controversia, della requisitoria, della predica) e non una logica scientifica: secondo una tradizione secolare della nostra cultura, che è la peggiore eredità dell'umanesimo. Del suo prolungarsi in vita è sperabile che stiano venendo meno, comunque, anche in Italia, le basi sociali. Ma di tale mutamento prevedibile è importante, evidentemente, che i marxisti italiani si trovino alla direzione.

1965

372 www.scribd.com/Baruch_2013

Dalla filosofia alla scienza: la quesvione deH'umanismo

La concezione del comunismo come movimento reale di soppressione della proprietà privata, che ne continua dialetticamente il « movimento » storico (il « movimento della proprietà privata ») - soppressione quindi arricchit·a dalle conquiste della « cultura e civiltà » e non impoverita di esse - se marcava in modo nel!to la differenza con le alllre teorie comunistiche, mascherava però (e ciò avviene ancora, in parte, nella Ideologia tedesca) un vuoto che difficilmente gli esaltatori incondizionati dei Manoscritti del 1844 riescono a nascondere. E cioè, il smlto che si produce fra la critica del comunismo rozzo, assai el·aborata, e la concezione che gli viene contrapposta. La quale in verità si scinde fra l'affermazione del comuni-smo come mot·imento reale ·O' azione pratica del proletariato rivoluzionario, accompagnata dalla coscienza teorica del suo punto di ins·erimento nel« movimen·to della storia »: contraddizione di capitale e 1avoro) e la raffigurazione del risultato, ove il tema (non esplicitamente nominato) della « emancipazione umana » è interpretato quale integrale soluzione (comunistica) di tutte le antinomie conosciute (e, si direbbe, conoscibili) relative all'uomo. Mi riferisco alla famosa proposizione: « Questo comunismo è, in quanto compiuto naturalismo, umanismo, e in quanto compiuto umanismo, naturalismo. Esso è la verace soluzione del contrasto dell'uomo con la natura e con l'uomo; la verace soluzione del confli.tto fra esistenza ed essen~a, fra aggettivazione ed affermazione soggettiva, fra libertà e necessità, fra individuo e genere. È il risolto enigma della stol"ia e si sa come tale soluzione ».Proposizione indubbiamente di alta suggestività, ma che solo in paHe può esser mes-sa in corrispondenza (attraverso una parziale traduzione di linguaggio) con le posizioni, sostanzialmente piu caute, del marxismo maturo (quali cominciano a delinearsi già nella Ideologia tedesca). Non è questo tuaavia il punto che ora piu 373

www.scribd.com/Baruch_2013

interessa, bensi, come accennavo, ·i·l salto o il vuoto che sembra palese fra tale prospettiva o risultato (che sarebbe poi la filosofia « realiz:zata », e perciò consumata) ·e il comunismo ilf1·terpretato come movimento reale. È un vuoto che Marx non poteva, proprio, al·1ora riempke. nonostante •la dialettica reale ed energica (« risolutiva ») identificMa nella .lotta fra capitale e lavoro, quale espressione del movimento storico deUa proprietà privata. Gliene mancava il ter.reno, impossibile a scoprirsi ali 'interno della problematica antropologica assunta come fondamento. Ma una volta scoperto tla'le terreno (ana.lisi del processo produttivo nel suo insieme; nozione dei « rapporti di produzione ») - il che avviene, inizialmente, nella Ideologia tedesca attraverso la crisi critica espres.sa daHe Tesi su Feuerbach -quel fondamento perdeva ogni significato e ogni necessità di « fondamento ». La « rottur.a epistemologica», di cui parla Althusser, e già intuita dal Rjazanov, credo sia un fatto il cui riconoscimento, o meno, determina ogni atteggiamento che si possa avere oggi verso il marxismo teorico. Ma va sottolineato che si ~ratta di una questione di fondamenti. I Manoscritti del 1844 sembrano forn~re un fondamento filosofico (in una filosofia dell'uomo) ·al comunismo. E quindi, per mo1ti, oggi, anche al successivo marxismo. Marx, preso da altri problemi, teorici e pohtici, non si sarebbe curato di continuare a daboral'lo, o ne avrebbe obliato l'importanza (o come altrimenti si voglia, in questa direzione), ma oggi esso avrebbe riacquist·ato tutta la sua validità e una attualità prem1nente. Per coloro che interpretano in tale guisa, tornare indietro da questa riscoperta (e dalle suggestioni che se ne dovrebbero trarre per ulteriori svolgimenti) equivarrebbe - se ben interpretiamo - a una perdita di fondamento del marximo stesso. L'altro •atteggiamento, a cui Io scrivente partecipa, è quello sopra delineato, che vede un trasferimento dei fondamenti da un ambito « H1osofico » a un ambùo scientifico. Ma chi scrive non orede di dover ·tt
374 www.scribd.com/Baruch_2013

di alcuni temi del «giovane Marx », bensf deve muovere dalle basi scientifiche del marxismo, e da tutti gli altri fondamenti scientifici ad esso integrabili. Si potrebbe dire che ttmanismo e filosofia sono stati ribaltati dalla loro posizione di « fondamento », ma non per questo si può ll'ilasdarne una dichiarazione di morte. Non è il caso, in questa sede, di dire di piu, se non forse riprendere un accenno già fatto: che proprio nella Ideologia tedesca, nella sezione piu ampia ma anche piu trascurata di essa, quella dedicata a Stirner, si trovano una quantità di sollecitazioni ancora attuali per la problematica marxista dell'uomo. Il vuoto che Marx non poteva riemp~re nei Manoscritti, perché non ne aveva i mezzi (non derivabili dalla antropologia filosofica), concerne ciò che nella terminologia del marxismo maturo si ch1ama « forma:zJione sociale » ( o ·economico-sociale ) , che a sua volta pre·suppone la nozione dei rapporti di produzione, nella loro dialetti:ca con Ie forze produttive. Socialismo e comunismo non possono non rientrare anch'essi in tale nozione (e quindi non venire a cost1tuir·e, a un certo punto, uno stato di cose). Vi è tuttavia nei Manoscritti il primo germe di qudla nDzione che svolgendosi sarà destinato a sconvolgere tutto il precedente impianto problematico. Lo troviamo proprio nella sezione rel,a:tiva al « lavoro aHenato », accennato entro i lim1ti di questo. « Attraverso il lavoro ·alienato - scrive Marx - l 'uomo non genera [ erzeugt] soltanto il suo rapporto con l'oggetto e l'atto della produzione come con un uomo e~traneo ·e nemico, ma genera anche il rapporto in cui ahri uomini stanno con la sua produzione e il suo prodotto, ed il rapporto in cui egli sta con quesd uomini. » Generalizzato ohre i limiti del l-avoro alienato, sarà questo il concetto dei rapporti di produzione e di strut:tura economica («anatomia» nella società civile). È un germe di immensa importanza. Non vi è infatti piu bisogno di presupporre negli individui una misteriosa e metafisica « qualità sociale »; essenza la cui « aggettivazione » produrrebbe la società e ·Ie sue i6tituzioni. Basta constatare e presuppotre il fatto empirico del lavoro umano ·associato (di individui, cioè, associati e cooperanti, in qualche modo, nella produzione e riproduzione della loro vita materiale ) la cui origine non spetta alla filosofia ben si a scienze empiriche ricercare e ricostr~ire (nella evoluzione daH'animale all'uomo), per rendersi conto deHe forme della società, delle loro mutazioni e dei loro svolgimenti. Per cont·ro, la di!llmetrale contrapposizione di individuo e società risulta a sua volta erronea e metafisica: l'individuo quale lo conosciamo (a livello umano) è sempre sociale; cioè 375 www.scribd.com/Baruch_2013

non esiste mai fuori del condizionamento dei rapporti sociali e delle strutture di base (famiglia; rapporti di produzione; e loro i.ntersecazioni) in cui i rapporti sociali si stabilizzano per lunghi periodi, . evolvono o si rivoluzionano. La autonomia (Selbsttiitigkeit) dell'individuo non viene con ciò annullata, ma immessa in un quadro di condizionamenti storico-sociali che di volta in volta ne spiegano i gradi di sviluppo, i contenuti concreti e le forme ideologiche. (È una problematioa che Marx comincia a trattare nella Ideologia tedesca, anche in questo oaso, nella discussione con Stirner.) A questo punto, l'espressione << individuo sociale » (uno dei termini-chiave del marxismo matmo) non ha piu alcun colorito essenzialistico. La rottura con l'essenzialismo fa tutt'uno con la rottura con l'antropologia filosofica. Ad esso è sostituito un peculiare operativismo che ha a suo fondamento la nozione di lavoro umano e di produzione {in senso economico), ma che non deriva necessa·riamente dal lavoro ogni modello di prassi (come erroneamente, a mio parere, crede Althusser): per il fatto stesso che il lavoro - in quanto di individui •associati - oltre che produrre oggetti di uso, genera e mantiene in vita rapporti soci·ali (e quindi pratici) che hanno uno status antologico (se cosi è lecito esprimersi) toto genere diverso da quello della produzione materiale. Ora, se è giusta l'interpretazione qui proposta dai Manoscritti del 1844 e del cammino che ha condotto ad essi, anche la lettura delle Tesi su Feuerbach not'l può non risultarne assai modificata. Esse costituiscono (di qui la loro difficoltà) un testo bifronte: il ponte, o meglio •la sottile passerella lanciata sulla « rottura epistemologica» che si è venuta producendo. Nel senso che costituiscono (complessivament·e), per un ve~so il bilancio critico del lavoro compiuto, per altro verso l'apertura sulla nuova problematica. Un bilancio critico sommario (e, naturalmente, ancor·a non definitivo e non senza resi.duo di eventuali scorie), di quanto del lavoro compiuto può essere salvato, trasferito su nuove basi e ulteriormente svolto: cosf, ad esempio, per la critica della religione; o per il sensibile come attività pratica, o per il pratico-critico, ecc. (la I Tesi appare come la presa di coscienza, in gran parte, del metodo già seguito nei Manoscritti). Ma ciò che fa da filtro ·in tale bilancio (ii qua-le, natumlmente, andrebbe esaminato punto per punto) è il primo affacciarsi della nuova concezione e della metodologia che ne dipende. Perciò occupa una posizione centrale la VI Tesi, ove viene respinta ormai la nozione di « genere » e « ente generico » ( « ... L'essere [ Wesen] umano non è un'astrazione immanente :all'individuo 376 www.scribd.com/Baruch_2013

singolo. Nelb sua rea.Jtà esso è l'insieme dei rapporti sociali » ). Come quella che esprime e segnala, ha giustamente messo in rilievo Althusser, il passaggio al nuovo ambito problematico, non piu « filosofico » ma scientifico. Anche se non concordo con Althusser nell'interpre!.azione che la riduce a una mera po11tata pratica, soltanto di segnalazione, appunto, di detto passaggio, dichia-randola però in se stessa, nella sua formulazione, priva di consistenza teoretka (cioè « autocontraddittoria ») 1 • Si tratta invece di esplicitare ciò che nella VI Tesi rimane ancora come rappreso, o è ellitticamente espresso. Vi è un termine comune a Marx e a Feuerbach, il quale rimane fisso nel passaggio dalla antropologia filosofica al materialismo storico. È l'individuo, o meglio gli individui (nella loro pluralità). Esso è in rapporto a un altro termine x. Quest'ultimo nella antropologia filosofica è il « genere», nella VI Tesi è inveoe lo « insieme dei rapporti sociali ». Nell'un caso e nell'altro il secondo termine ha la funzione di costituire il legame fra gli individui. Ma la sostituzione del secondo termine cambia anche la natura del legame e la sua localizzazione. Nel caso di Feuerbach (antropologia filosofica) l'individuo è inizialmente preso come isolato e quindi « astratto » ed a esso si contrappone la ·astrazione dd génere. Questa a sua volta è concepita come « astrazione immanente » agli individui, « universalità interna », che stabilisce fra loro un legame puramente « naturale » ( « naturale e muto }>, dice suggestivamente Marx). È una struttura the lascia fuori di sé, che non riesce cioè a includere il « corso della storia }>. Nel nuovo rapporto invece non è il « genere » ad essere interno agli individui (« astrazione .immanente }) ), bensi sono gli individui ad essere collocati nello « insieme dei rapporti sociali ». A livello delle scienze storico-sociali si tratta di un rapporto primario, e di un rapporto che rappresenta una configurazione concreta; gli individui non hanno p ili biso~ gno di essere presi dapprima come « isolati » (proiettando sulla società una situazione presociale; per esempio la considerazione puramente biologica degH individui umani); fin dall'inizio essi sono visti come sempre s·~tua.ti nello « insieme dei rapporti sociali ». Non ci troviamo piu su un terreno meramente « naturale », bensi, direbbe Labriola, «artificiale», costitutivo della «realtà» ["W"trklichkeit] umana in quanto umana. Poiché non si fa piu ricorso ad essenze, o qualità, o proprietà degli individui aprioristicamente concepite già come sociali, non potrà essere se non il «corso della storia}> (di l Si veda la Nota complementare sull'« umanismo reale», in Louis Althusscr, Per Marx, pp. 217 e sgg.

377

www.scribd.com/Baruch_2013

cui si apre cosi il problema) a dar ragione delle figure determinate in cui il .nesso fra individui e insieme-dei-rapporti-sociali esiste. Già nei Manoscritti abbiamo trovato pe~ò (in germe) l'elemento generame di quel nesso: vivendo e lavorando assodati, gli individui non producono soltanto oggetti di us·o, attrav•erso la « appropriazione della natura », ma generano altresi rappor~i stabili fra di loro. La « produzione e rip-roduzione della propria vita materiale », le condizioni specifkamente umane, ,in cui essa si mantiene e si svolge, diventeranno perciò l'elemento strutturale (in senso dinamico) deMo « ins1eme dei rapporti sociali ». Ciò consentirà l'operazione di astrazione ·scientifica per cui nello « insieme dei rapporti sociali » ver.ranno ritagha~ti, per cosf di·re, i « rapporti di produzione » (solo a questo punto tale« ~ns1eme »si presenta rome stJnitturato): quale base oggettiva di ogni relazione intersoggettJiva e interpersonale. Il materialismo storico soarà allora compiutamente costituito, come cril'erio int-errpretativo della società e della storia. Tutta la prima parte della Ideologia tedesca si svolge in questa di11.ezione. Ma nelLa VI T esi - anche se lo « insieme dei rapporti sociali » rimane ancora indeterminato (è solo potenzialmente strutturato) la rottura con il fCindamento antropologico-Hlosofico è compiuta nettamente. Siamo nello stesso temp-o assai vicini all'interpretazione di Althusser e assai lontani da essa. Francamente, nonostante i grandi meriti che sono da riconoscerle, tale interpretazione ci sembra perdere per strada un termine che rimarrà sempre centra11ssimo nel discorso scientifico di Marx: gli individui umani nella loro pluralità ·individuale, che, congiunta al riconoscimento della loro concretezza sensibile, rappresenta in Marx il retaggio antispecu1ativo feuerbachiano (gli « individui umani viventi » come unico« presupposto »della storia, secondo 1a nota formulazione che si trova nella Ideologia tedesca). La scientificità del discorso di Marx consiste, mi sembra, anzi, proprio in questo: nel pensare le strutture in funzione degli individui (e viceversa): che nel caso in questione sono gli individui umani. Uno strutturalismo che perda o, in qualche modo, consumi tale presupposto ( in cui gli unici mdividui o unici discreti divengano le strutture stesse) è mer·a ideologia, anche se di apparenza scientifica. È evidente, mi sembra, come a questo punto la presente interpretazione condurrebbe a riaprire il discorso sullo umanismo, il che non è possibile faTe qui. Ma valga però un accenno, in qu-anto esso è strettamente pertinente alla tematica che stiamo iUustrando. Potrebbe sembrare a qualcuno (a qualcuno del vers-ante 'opposto,

378 www.scribd.com/Baruch_2013

per cosf dire) che mentre si è rivendicata la presenza stabi•Ie degli individui ( « umani viventi ») nelle strutture, essi vengano ridotti tuttavia .a null'aLtu'o che ad enti1tà numerico-biologiche, e perciò ugualmtnte « disumatllizzati ». Si potrebbe dire: privati di « interiorità ». In ahre parole: che si riduca il marxismo (per quanto concerne gli individui) a un mero comportamentismo. Non è cosf. La VI Tesi non apre (o riapre) soltanto il problema della storia (del suo svolgimento, delle sue continuità). Indli•rettamente ne apre un all'ro, che •troviamo affrontato da Marx, nella Ideologia tedesca, attraverso la polemioa con Stirner. Gli individui umani non sono soltanto collocati nei rappo11ti sociali generati dalla loro atotiwtà assodata: essi di vo1tJa in volta interiorizzano anche tali rapporti, a cui sono condizionati. I modi, i gradi e le figure di tale interiorizzazione in rapporto allo svolgimento effettuale della storia, per un verso, e ·alla autodeterminazione degli individui per un altro verso {e i condizionamenti, peroiò, di questa stessa autodeterminazione) costi•tuiscono uno dei tessuti problema-tki piu interessanti (assai poco notato finora) appunto della Ideologia tedesca. Non si tratta di una problematica, diciamo cosi, di lusso, rispetto agli interessi del ma•teriaolismo s•torico inteso quale fondamento di una teoria della rivoluzione. Non solo essa è evidentemeOJte colloegata aU.a questione delle « forme sociali » (ideologiche, ecc.) della coscienza degli uomini; ma non ha senso parlare di una coscienza di classe del proletariato e occuparsi deUa sua formazione (che è la fot~mazione di taLe coscienza i111 ogni singolo individuo, come ben sapeva Gramsci), all'infuori di siHawt problematica della interiorità. Formare la coscienza di classe non è come addestrnre un oane o un oavallo a determinati comportamenti. Anche questa non è una conclusione; ma piuttosto la riapertura di un discorso non privo, credo, di ·irriplioazJÌoni socio-po1itiche ancora, o, di nuovo, molto attuali. 1967

379 www.scribd.com/Baruch_2013

Marx: problemi Hlosofici e ep1stemologioi

I In funzione de!Lle osserva2'Jioni che seguono sono costtetto a modifmre leggerm'oote il ti!tolo genemle di questo colloquio 1 • Piu ahe di un'a « influence de Karl Marx sur le développement de la pensée scientifique contemporaine » (è ·la patda « influence » otale che avrebbe essra ~ressa bisogno ·in queSito caso, di una fondazio!lle epistemologt.ica, nel quadro di rma teori'a di s·torira deil~1a ~soilen­ za) vorrei po.rt'e H ·1Jema de1}a presenza del pensli.ero di Ma,rx, in rapporto ad akurii problemi f,illosofid e ·epis~temologioi. Quando parlo di 'presenza' di Kal'l M!l!rx, non inoendo rma regi·stm;z,ione soi't'anto fattuale (in que&to caso '1a dhnersi·tà fra influenza ;e presenza s;a·rebbe 'il:'riolevante), bens1 mi l'iferisco a1Ì problemi che Kanl Marx continua a porci, all'impostraZJione che ·egli ha dato di ql.lle'Sit'Ì problemi, agli avvertl1ment1 che continuano a provenire da lui. Cr!edo che questa silll h cosa piu '1mpor1lante. Ma vi è un 31I,nro vantaggi'o, credo, a ,impostare cosf la questione. Se si parla di influenza dsulta estremamente difficitle dis1Jilnguere Marx dal succe~stivo 'marxismo' {questla pardla com1nciò a us·arsi verso ·1a fine deìHa vita di Marx ·e ·nel 1897 ~~1 mrar:x;is·ta Antonio Labri:ola ne 1segna•1ava l'uso ancora -reoente), Schemat~iz2100do aU'estl'emo si può affermare che vi sono &tiatJe due ortodossile marx:i•ste (come ogni ortodos-sia, accompagna,te daHe rispevuive ·eresi1e): i·l mar~1smo ddLa II Interna1 Originariamente il tema in discussione (pet" la sezione del symposium parigino ~n cui parlavo, indetto dall'International Council for Philosophy and humanistic Studies, 8-10 maggio 1968) era stato configurato come quello delI'« influenza di Marx sul pensiero scientifico contemporanet~ >>. Il titolo di questa sezione fu poi opportunamente ristretto, nella pubblicazione degli atti, a « scientific thought » (cfr. Marx and contemporary scientific thouJt.ht, The Hague · Paris, 1969; trad. it. Marx vivo, Milano, 1969, p. 286 sgg.).

380 www.scribd.com/Baruch_2013

zionail.e (Kautsky, Plechanov) :e .U ma•r:lCismo stJa!1ini.a:no, che hanno, nd fondo, no.n poche affini!tà tra di loro (o segrevi aliementJi di continu1tà). Nel mezzo vi è stalla però la potente re~inoorpret.a2lÌ'One, in pat'lle !lesot.autat!'ice, in part'e contirru.Nttrice •e innovatrice ·mppresen'tlatla da•l '.J,en~.nJismo', che è ranch'essa oggi, per un marxà•sua, oggetto di sto!iicizz,a2lione, di ripensamento •e di recupero. l·n ques~ Sliotua2lirone estrernamentle apertla (che è connessa, per .un marxi·st
II A questo puma •si deve raggiungere però un 'aJ1tra osserv.a2li:one. Game tutti .sanno negLi ranni ;trenta \SÌ' è avuta la pubblicazione di mo1ti !inediti di Marx, e .1n partko1are di opere o sc11irtti cos.iddetti 'giovanili' (precedemi irl 1845), che per decenni S'Ono ~~ati oggetto di es.alltazioni o di diffidenza •in un •rapporto di <JontJropposi:z;ione al Marx della maturti•tà. Queste po1emiche - che ·avev•ano preciSie mdi>Oi idedlog:khe e pcYhtiche- si •avvi•ano orma•i aUa fine. RUmanre comunque _•il fattto che 11immagìne che noi possedi•amo di Marx è molto
teoria nota sotto H nome di 'matlet'.i!ali:smo storico' (·Il suo fondamentale appoNo ·sci<entifiico specifico). Quest'u1tima venne ·a servire d~ foodamento :te:oriteo ,rulla conce21ione ·rivoluzronari~a (comunis•ta). È abolrprellativa (i!n questa sede non ·interesserebbe). Si til'aNia di una domanda che oondizio.na dUJe modi mo1to chive1~si- a:nzi oppostJi- di /intendere Marx e quindi -anche Jra sua presenza oggi. Per ~aJcuni ma:r~isti 11 fondamento an:tmpologico-fiilosofioo rimane, o aJmooo deve essene tecupe11a..to (da:l Matx g.iovan'i1l-e, del 1844). 11 m~naiiSmo, 'in ultima aoaJhsi, sa:rebbe doè una 'fitlosof1a dell'uomo', propri'O nel. ·senso che qUJes·lla gl1i servimebbe d~a fondamento, penetrando e dillatandosi attraverso tutta La teoria. Ciò .le forni11ebbe il senso ultimo. Riounoi~a>rVIi equ'i'Varrebbe a una perdita di fondamento (fitlosof,k:o) del maJrX'itSillo. H comp~Do auua·lJe urgente - sita di frontle a11e sdenze dell'uomo, ·sia dli fronue ca1l'.atti1V'i•tà po!Litica e oodarioSta è ciò che oggi alcun1 intendono sotJt
III Nel 1845 Marx riduce (contro Feuerbach) [a classica ques-tione deU'essen;.>)a (Wesen) del['uomo a qud1a dello 'Ensemble dei mp382

www.scribd.com/Baruch_2013

porti sodali'. A partire da questo momento ·egli ha tagliato i ponti con ogni res·1duo di fi,1osof.ia speculaniva, anche 'to speoiH•oo » av•ev·a rich~esto Marx, contol'O Io specuLa•t1ivi·smo hegeli~no). È H famoso problema deWobi•z,t·toività deUe sòenze soòaJi •e dei sensi p01ssib:rl
383 www.scribd.com/Baruch_2013

marin). In paroJe ·slemp1ici qua•lunque cosa si 'produca' ~n una società umana questa produzione (economka) dovrà prima di tutto soddi·sfare ù.e eSiigeme de1l·a « produzione e r~produz1one deHa '.nÌ•ta immedi•ata ». In •r.appo·rto ·a taLe funLJione obiettiva Marx ha potuto di·sti•nguer~ (Jsolare pet astlla2Jione fun21ionale) i 'ra.ppot'ti d:i produ2'iione' ndlo 'Ensemble dei rappoNi sodah'. Egli li ha ch~ama•t'i « struttura econom1ca » ddil:a soci•età. Si può osservare che la nozione di 'sttut:tura economica' non è, a sua voha, una nozione economica (primariamente), bensf sociologica o, piu esattamente, forse, metaeconomica. Ma proprio qu•esto suo mmttere mette ·in scr~cco ogni economia che ne prescinda, e che, nello stesso tempo, Sii presenti come quaJcosa di piu di una mera tecnica di manipol>a2liane di fiatti 'economici' o •teoria di··tJale manipolazione. Con i '·mpportli di produzi10ne' ('struttum economica') 1a nozione di 'Ensemble dei rapporti •SociaLi' r1su1t:a struttUllata. La categoria di totalità la 1nveste adesso Ù!n modo non metJafi'S'ko, ma semplicemente funzionale: in un modo deHnilto e, nehlo stesso •tempo, •aperto. v.edilamo come.

IV I 'rappoPt•i di produ;z,ione' sono ra:pporti che concetmono gH uomini (in senso semplice): a) sono generati dalla cooperazione (zusammen-wirken) degli uomitni ne1la produzi'One •e dQ.Jùa messa in comunicazione (lo Austausch) delle loro attività fisico-intellettuali; b) sono t'a:ppoNii nei qllla:H gH uommi ·si trov.arno sempre COÙ.locati. (Ma è un 'sempre' reLativo, vedremo: .a pa~rti·re d!fld momento in cui l'a,HiVIi'tà eoonomica abbia mggiunto un oerrto grado di i·nciden:z~a neUa vi•ta as·sodata degJri uomini.) Essi non sono però Mpporl:'i intersoggettivi (nel -senso corrente dd termine) e ~nterpersonaM. Ri.spet.ro ft queSiti rappresentrano, ae ·1nvarNcabHe (epistemologi•oamente e antologicamente) di oggetnwità, che contiene ogni possibi1le vappor.to inrersoggertivo e inrerpeJrsonaJ•e. Non passano, cioè, necessa1:1iramente per 1a cosiddetta 'coscienza' dt:gli uom1ni. I:n questo senso ess•i sono imdipendenni darlle strutture dell',imersoggettJi.vhà (comunque queste ultime vengano interpretate: speculativamente, fenomenologicamente, ·empiristicamente, pragmatisticamente, comport>amentisticament~, pos•it•i•v1s~r~oamentte, ecc.). Essi perdò v•engono di384 www.scribd.com/Baruch_2013

\

S>tlionti darUa loro eventu-ale iJstitu2lionaMzzazione giur-idica ('rrapporti di propr1età '): quest'ultima già dipende da!hle ·struttute dei11a ~nter­ soggebti·vhà. I 'rappovbi di produZJione' costi:tui'Scono un'ogge~tivi­ tà-1imi'te ri>spetoto a:l mondo uma,no-socitale, che in qualche modo si •riflette sempre (idreologÌ'camenlie) nella coscirenza degli uomin~ di una determinatJa •società, ma che neUa sua ·natura di oggettivitàlirnitte può es·sene •scopert:a solo -attraverso un'operaz1oo'e di '·astJrlaz~one' scirentlifioa. v,a aggiunto che la dist1nzione fra questrct oggetnività~limitte e i mpporbi •Ì•nrel'Sogget.tivi non deve essere •i.rntJesa come una sepa~raziappor!!i di produz1one), un carnttJere condizionante rispetto all'intero dinamismo sociale ( isti ru2lioni giuridiche, vita poloitnrna, 'forme sociraJl' dellla coscienza degli uomind). 'Condizionante' non vuol dire esaustivo: come se non esretessero altre fonti del dinami,smo sociale. È tutt-avia questo carattere condizionante, in ·senso tofa1e o rtadiGaJle ( 'u1tima i·stan2la'), che for:niDs<:e unra spedfka strulltu.r>azione alLo ',1ns.ieme dei rapporti sociJaJii'. Esso ind1oa il versus per cui questi divengono m2lionalmente· ~rnte11igibiili. La loro totalità non è l'omogenea globalità di un metafisica 'intero'; essa è ooS>thui,tJa da succes-si'VJ ·livelli, piu o meno reciprocamente funzionali fm 'loro e ·ni,spetto aJJ.,a « struttuJ:Ta economica »; J~ re1a2lioni stesse sono (jn senso logko) fondamentJaJmente asimmetrkhe. Ri·speuto llihle ,attiv1tà umane non tS>i tl'
v In questo modo Ma·rx ha fondato una scienz:a della v1tJa sodarLe che, n·ei suoi fondamenti, non ·appare superata da nessuna sucoossiva tteor.ia o S!i,stemraz,ione sodologica, nonos·t'ante tJeoniche mffti~ na:ve e uriltizzab~H, e ipote·sJ pa-rzi,arhl, che s·i ·St~an:o aggiunte, o possano mtegra:1:1si. Qui di iillteressa però sottol!ineare la priov1tà epi,stemologica, in Marrx, di ques.t·a fondaz1one della sc.Uen2la deJ.1a ·società 385

www.scribd.com/Baruch_2013

(già Lenin nel Che cosa sono gli «amici del popolo » 1o aveva i•n qualche modo ·im:tui•to) rispetto aHa sua probiema:rka deJlrla storia. J.l ,nome di 'matrel1!a•trica fm I~ categorie ddl'econorn.i;a, contro i•l pos1tlivismo (ante litteram) degli economisti che si limi·tavano a descriverle giustapponendole. Alle loro spiegaZ>ioni mitkhe, che si rifacevano a un presunto '·stato Orru~Tle .nell 'ia.s.traz~ooe sStorico), ma semp,J.i.oementle segna~l~a riil: fatto che -ciò-- che -è storico non può esser prob:lremacizz:a-to (e .tema.tci2:Zra:tt> come storico) se non -a parfltrre dal si-S'tema del present.e. Una dripendenz.a epi·s~emologioa, si potrebbe anche d.i·ne, del diacronico dal sincronico (1irntecrpretato dinamicamenoe), se .non foSJse opportuno evittl
www.scribd.com/Baruch_2013

der.aZJi:one, varli 'term1ni che implicano una problema•tioa deUa ~rem­ pomihtà a ~sura v01lt:ografi,e ·specigi1a, antropologia cuhu~ra.le, linguisti,oa). Quanto ,al tema storia passa di qui, credo, ~ra Im~ea dii demaroaZJione fra h sdenZJa di ·es,sa e ~e va·rie tideoilogie storicistiche.

VI Ho già osSJerv,Mo che ne11a noztione fondamentale (fond~nte) di 'produZiione e r·iprodu21iron~e d:ella vita ~immedi'ata' non è analirticamente contenuta queJJa di 'produzione' in senso economico. Si è V\ist'O che rolo d!a11Jia compos,imone {s,~ntesi) di queste due nozioni sorgono le a·hre d~ 'rnpporti di produ2i·on•e' •e 'struttwa 'economica' dellla ~società, che costi,tt.Jii,scono l'ogge,~rivhà~hm~lte, ovvero •l'ol'izzont'e di oggettrività {concetrtUJa[mente determi•nabTle) di ogni !1apporto mterumano .(int~ersoggettivo). Si ha l'impress~one perciò di trow·rsi di fronte ~a un assoluto. M"" è un '·assoluto' 'tdacivo: relativo a.JJ,e ~sue condizion•i di posSiihitHtà, che ·sono dd tutto empi,viche. Si è già acceonl\l'to che esse dipendono dal grado di 1ncidenZia dell'a:~rhn1tà eoonomka netHa v~Lta ~ssoc,i~at:Ja deg~i uomini. E 'S'1a pure dd1a v.ita economica a live1lH ancora elementar-i: «produzione di mez2li di ·sussirsten2la, di gened per ·l''arl'imenMzione, dt oggetJtri di vesvi~·nio, di, abi•uazioni e di 'strruml:!nti necessa·ri per queste cose », per di,f'la con Engeis. Nella sua pref.azione (1884) ,alJa Origine della famiglia, della proprietà e dello stato (« ~n ~:ttapporto aHe ~indag:Ìini di Lew1:s H. Morgan )>) Engels oS<Servava che l1a « produZJione e xiprodmione de1La vita immedi,arta )> ~avviene in una maniera du~ p!lk.e: -nel detto senso economico e rin que'llo apparentemente piu ovvio derlJ.a «produzione degli uom1ni stesrsi: la riproduzione dellLa specie )>. Diceva Engel:s (e vi oono buone .ragioni per ritenere ahe anche Marx foSJs·e giunto ·a quest•a conclusione): « Le istitu2lioni 387 www.scribd.com/Baruch_2013

sooi1ali entro le qua·1i glll. uomi!ni di una determinata epoca stori1oa e di un determ~nato pa,ese vivono •sono condizionate da entl'ambe le specie della produzione; dallo ·s.tadio di sviluppo del 1aroro, da una paTte, e daUa famig~lila, daM'ahra. Quanto meno H lavoro è •ancora svi:lupparo, qUJanto piu è 1Hmi,~at1a h quant'.Ìità dei suoi prodott!i· 1e quindi ,anche .la ·nicchezza deLla ·società, ·tanto piu l'ordinamento soda·le !atppa·re preva~lentemente domi:n:Ho da v.incoH di parentda ». Non •a {]aSO Lévi-St!laus·s si· è richiamato 1a questo passo ne1la sua Antropologia strutturale. Ma non a caso i1l ffi3lfX'i,smo dogmatico ha combattuto •e .esorcizzato questa posizione di Engds, coosklerandola un abusi·vo allineamento ·di cos·e e pi!arni· divevsi. Si tratta inv.eoe di ben ,alllro che di un 'alHneamento': ·si tratta di quella re1ati'Vizzaz'ione delile nozioni. di 'mpporti di pmdu:z:ione' e di '·struttura emnomi,oa', di cui ·abbi•amo parlato sopm. Essa è 'i!mportante non .solo nei confront-i deg1i studi etnd1ogioi; 'Ì quali - quanto aJ..le sodetà cos•iddet•t(! primitive -dovranno occuparni comunque anche del loro e1ementare modo di produzione e non solo delle sibrutture de'1la paren,vel:a, dei •l'i't
VII Ho tatto sovente uso .in questa esposizione del~a pawl-a 'empirico'. Ma il metodo di Marx è decisamente antiempiristico. Quando Engels ·sorhse ( 1886) che « •il punto di visoo mallerialiJStico » li be388

www.scribd.com/Baruch_2013

rando le menti dalle « vorgefasste idealistische Schrullen » rendeva posS1ihi1e, ,}n ogni campo, di cogl~ere i « fatt!i » (Tatsachen) nel loro « proprio nesso » (in ihrem eigenen Zusammenhang), semplificò quel metodo fino a un ta.l punto da deformarlo, in senso praticamente posllitJivilstko. Anche Marx pa·vla t~alvoha dei 'fa~t~t~1' ·e dei 1oro 'cr11essi', ma 1irn tl:lappo.Dto aihla difficoltà di portar-li alLa Juce in un 'lovo dominio proprio ·sempre speoi~im. Non è t·anrto l:a di.fficoltà di Jiberarl'i da un occultamento ideologico, ma di scoprire i nessi e i movimenti reali dietro quelh apparenti e fenomenici. Il suo procedimento è tlegarto a ques,tJa démarche essenzi'ale, e ii suo metodo dipende da ·es:Sa. È una démarche che J,e •sai!enze fi,s~che hanno compiuto nel '600, ma che 1le 'sdenze umane' O.n genere •11esi1stono a roml)ilere, e -ciò propr-io per mgioni tideologkhe, di ciLa~s-Sie. Il metodo positivistioo in esse tende a ridurre {in generale)'il fattuale e l'osservabile all'immediat,amente percezionale, saltando ~l momento costitutJi:vo della sdencifidtà delLa soilenza, che wns·1s.te nello •stJa:bilire 11a d1stan2Ja fira •ill fenomenico-percezionale ·e un tipo di obitettiVlittà che ·sila 1n grado di spitegado. Mo1te deMe obiezi'Ol1i t11adizionali :battte alla criti(la marxiana de1l'·economia poh~ica 'Semb!'a•no nascere da questa oonfusione teoritca (•ideologka). Oggi, di nuovo, ·si discute .1argamentJe nel oampo de'hle •soienre umane suHa d~st1nzione fra 'giudizi di fatto' (coi dipendenti giudiz.i prevli.·sionalti) e giudi-2li di valore. Mohi mandsui si credono 'in dovene di 11esp1nge1.1l1a, come una distoirnzione 'borghese'. Cvedo che er1.1ino profondamente. Es.sa era vaiida pet Matx (.anche ·se non ~esplicitata nei termini divenuti per noi ns.ua~li); essa appartiene ~n modo essenzia.le alla strutttma della •sua ricerca e al nesso che in questJa si stab~ùi·sce fr-a lleoria ~Scientifica e pra•tica poihico-sooi~almente rivoluzi,onacia). Si può discutere a lungo suJ.l'uso fatto da Matrx deJ.1Ja ca·regor-i•a moda1e della necessità ndla 389

www.scribd.com/Baruch_2013

concezione del pa•ssaggio del sistema borghe&e al comuoismo. È probabi•lmenlle un uso ancora moho •legatJo ,al/l~ ·scienza otJnocentesca, e che per di piu è stato spesso inte.Ppretato, per ragioni pragmatistische, in modo metafisica o addir.ittura teologizzante e provv·idenzi•aillis-tko. QueH.a Cia't1egovi.a a una problema•t-ica epi•s•temologicament•e mo!l·to pih1 çompless•a, ed è impo1ìtante farùo, ma ciò non cambi1a, credo, le linee di fondo. Si tll'aN·aVIa comunque per ·Maorx di una necessùtà •ipotetica, cioè ~ega1t1a a ce11~1e ·ipotesti, come sempre ne11a •sci~nza, e •al problema del gmdo di probahi,lé.otà dd lo.ro verim.a delJia rivoluzione. Ma ciò che ca·mtte·l"lizz.a Marx è Iii htto che eglil· ce lo ripropone all''inrerno ddl'es·igenZla di un'e pL'a•t'ioo aLl.a det•t'a arrali·s•i, dett'ato da es-igenze stmbegkodvolmlionallie. Ma }a forza dd pensi•ero di Mrux con-s,i•s•te ndl'.aver most11ato per un Ver>SIO che 'la s•t'rategl•a 11ivoluzionat1l•a ha bi•oogno di un'an·alitsti obielll!iva deJl dinamismo sod~!'e -in •att
c1eme approssima:?J.:.cn:e) c11ò è diVl~muto ineV1l1Dab1le. Il ·ni:conoscere non dicilamo 1a .soluzione proposua ma •H problema •SIOes•so obbliga, mi sembra, 1e coSiiddett:e 'scile_.nze umane' o •soc~ali del m-ondo borghese a unoa continua t>ormeontoSJa osoil.Iai1one fra una loro fun2li•one demirs~ibioant•e {s::::lentlli~i·ca) e una -loro funzione mi•s.cifi•oa~nbe {ideologica). A ·t·ittal•o di consCI~•a2lione (magra consolazione, però) si può aggrunger:e che analoghi ·anche se non uguali ocwltamenui possono produrSii te si pr:oduoono, per :r.agioni legate ·a•l ·slirsbema di povere, anche ·nel mondo .soc1aliSJta.

VIII Ci ·S'i!a•mo fermat~i soltfl!lnt·O su .ad·cuni ·asp~tui ·in cevoo modo e1ememari della ·s1s•toemat·i·aa mandsoa. Essi ·sono ·1ndubb:tamant>e del tut·to ~nsuffidenti pe.r mndere pos·sribile una conside11az:one epiostemologi•oa ·soddi·sface•m•e (non dico, compie1ta) dei prob~emi che Marx d pone. An'Che a questo :l1ivdlo itnlizi:a•Le >abbiamo dovut-o traJasc1al1e di t:ema•uizza•ne ·akune coppòe oppos•izionaJ1i- decltSoive (teoriaprat>ioa; •sci•eonz,a4i•deologita). Abbiamo dovutJo tmscur.a-re •anche -i •probLemi del1a diaLebtlica (ropmt'tutto quello del senso di '·con~raddi2lione') perché ess·i 111i•sch~ano, a mi•o parere, di venti•ve ()Ompletamente fa•lsati se si affrontano all'inizio e non a un certo punto di una riflessione di questo g-enere. Penso tuttavi-a che l·e considerazioni f-att•e siano StUfficienti per r.endere eV1icknte la direzione nella quale ci muoviamo. Se torruamo alLa quesL•1one posta all'·mizio (·sdenZJa-b~losofi.a) cvedo che S!Ìia possib~Ie tnarPe una çondusione che ch~a·ritsoe te conJierma La presente Hnea cin·tterpDeotat:iva. Non :sohanto una fondazione filosofica, in senso antropologico, del marxi•smo appa•re del tut· no es-clusa te f.aJ·St1blooab.I'ioe del ·suo di•soorso teorico, ma tiù ma•rnismo stJe&Sto si preSienta come 1a Hne di ogni antoropolog:1a f11osofica itn senso tSpecuLacivo. Cioè s-i presentla c-ome loa fi:•ne d:i. una g1:1ande tradizione fi1osofi•co"iod:eolog1oa che ha -avuto •neLla stor:ta del penei•ero ocoidentJa1e Wl:ti1e successive cincamazioni, qua!khe vohm ronservatrid, qualche volta pr:ogves&irv'e o addi.v~tltura .rirvoluzionarie (•anche .iJ SOC'Ì•al1smo e •tl •COmlllfl1i•smo 'cri:tim-utop:•sti•ci' V•a•ooo unciuSJi &n questa tmadi21i10ne umanistica). Ciò &igniHca che ·La ola:ssioa domanda Che cos'è l'uomo? •non va piu consfi.deratla una domanda pe11t'i!nen1Je delLa Hlosof·.ila. La t'.Ìlstpos~a ·ad essa v1ene ormad da part•i391 www.scribd.com/Baruch_2013

colari sdeMe .emprrkhe. Ad esse ·hl marX!~smo .vende ·a dare un.a disciplina critico,ordinatrke e una problemauica di base. Ciò non .significa cervo 1a fi.ne della riflessione ,intorno il·Il'uomo e <111 suo desrino, che :i problemi del mondo impongono oggi m modo cosi urgente. La ve11a domanda che 1a fiilosofila conbinua a porre, che Ia mami:ene in tensione sia con Je ·soi1enze pa:rtoioo1ari, sia con la sfera politka, non è, come già notava Antonio Gramsci, «che coSta è l'uomo? » ma (in ·senso non retorico) «che cosa l'uomo può divenire? ». 1

1968

392 www.scribd.com/Baruch_2013