WILBUR A. SMITH. L'ORO E' UNA FEBBRE. WITWATERSRAND, la Catena delle Acque Bianche... un nome che tintinna come una mont...
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WILBUR A. SMITH. L'ORO E' UNA FEBBRE. WITWATERSRAND, la Catena delle Acque Bianche... un nome che tintinna come una montagna di monete d'oro. O, per lo meno, cosí pensa Sean Courteney, mentre scruta per la prima volta le tende e i carriaggi dei primi cercatori. Come quella gente, anche lui e il suo socio Duff Charleywood hanno deciso di puntare tutto sulla ricerca del prezioso metallo, la cui scoperta può portare la ricchezza oppure la rovina, e persino la morte. L'ambiente di questo movimentatissimo romanzo è il Sud-Africa del 1880, una terra e un'epoca che videro una corsa all'oro non meno avventurosa, non meno spietata e non meno pittoresca di quella californiana. E Sean e Duff- giovani, belli e spericolati sono due personaggi ai quali tale ambiente e tale epoca si addicono alla perfezione. Il gusto di Sean per una bella, sportiva zuffa, non ha certo difficoltà a trovare sfogo; e quanto a Duff, tutt'altro che insensibile al fascino del gentil sesso, anch'egli non ha da lamentarsi. Cosí, mentre esplode il boom dell'oro, quello che agli inizi era un polveroso villaggio di baracche di legno, piano piano si trasforma in una grande, superba città: Johannesburg; e Sean e Duff ne seguono il destino, protagonisti di un'avventura esaltante, che sfocerà in un finale del tutto imprevedibile. CAVALCAVANO verso nord, attraverso il desolato veld sudafricano, e salivano con andatura costante verso la catena dei Drakensberg, che si stagliava contro il cielo, nera, seghettata come i denti di uno squalo. Faceva freddo. Avvolto nel SUO la coperta di pelliccia, Mbejane si teneva a rispettosa distanza I Idrone, Sean Courteney. Da quando avevano lasciato Pietermaritzbulg, s'erano scambiati sí e no una decina di parole, giacché Sean avcva per la testa pensieri tristi, e il mastodontico zulú gli si tcneva, con discrezione, alla larga. Un uomo che aveva appena lasciato per sempre i propri luoghi nat~li aveva ben diritto di starsene immusonito, per conto suo. Mbejane immerse il pollice e l'indice nella sua piccola tabacchiera, una scatoletta di zucca secca, e annusò con delicatezza la presa. Calato il buio, attraversarono un borro che solcava il veld e prosegUilollO verso le luci che brillavano in fondo alla valle. Dundee, pensò Sean con indifferenza, e già sentiva l'odor di fumo proveniente dalla miniera di carbone. Non aveva avuto intenzione di far sosta nella cittadina, ma quando fu davanti all'albergo, nella strada principale, el~l)e nn'esitazione. Si stava al caldo, là dentro; si udivano voci di uomini; e lui aveva le dita intirizzite. Smontò. Mbejane, prendi il mio cavallo. Scova un posto per accamparci, fuori città, e accendi un falò, in modo che possa ritrovarti. Entrò nell'albelgo. Il bar era affollato di uomini vocianti. Minatori, pCI la maggior parte: gente con la polvere del carbone che segnava lolo in modo ormai indelebile le rughe della pelle. Sean ordinò Ull hrande, addossato al banco, lo bevve in silenzio. Era un giovanotto sui ventitré o ventiquattr'anni, alto, largo di spalle, dalì'aria irrequieta. Bruno di capelli, con la pelle abbronzata, cotta dal sole, aveva due occhi azzurrissimi, che la barba faceva risaltare ancor di piú. (Jli si accostò un ubriaco, un uomo fatto come la Table Mountain di Città del Capo: basso, tozzo e solido. L'uomo dovette mettersi in punta di piedi per posargli un braccio intorno al collo. Bevine uno con me, boero. x No, grazie. Sean non era in vena di aver d'attorno ubriachi. Ma dài, forza! L'ubriaco vacillò, e il brandy di Sean si rovesciò sul banco. Lasciami in pace gli ordinò Sean, liberandosi del braccio con uno scrollone. Che, non ti piace la mia faccia? fece l'ubriaco, accostandola a quella di Sean.
Proprio cosí, a Sean non piaceva. Su, da bravo, togliti di mezzo. Sean trangugiò quel che gli era rimasto nel bicchiere e si voltò per avviarsi all'uscita. Allora, l'ubriaco gli scagliò in faccia il proprio brandv. Sean sentí gli occhi brtlciargli e allungò un pugno allo stomaco dell'uomo. Questi fece una piroetta e stramazzò. Perché l'hai fatto? domandò a Sean un altro minatore, mentre aiutava l'ubriaco a mettersi a sedere. Cosa ti costava bere con lui ? Sean avvertí l'ostilità che aleggiava nel locale contro di lui, lo straniero. Quello va in cerca di rogne! esclamò un tale. Forza, diamogli una lezione! gridò un altro. Sean aveva colpito l'ubriaco quasi senza volere, per pura reazione, e se ne era subito pentito. Ma adesso, nel vedere quella gente che gli si stringeva attorno, il suo senso di colpa svaní. E gli passò anche la malinconia. Un buon pestaggio era proprio quel che gli ci voleva. Ne aveva cinque, di fronte. Uno brandiva una bottiglia, e sulle labbra di Sean apparve un sorriso. Ora vociavano, per infondersi coraggio a vicenda, in attesa che qualcuno partisse all'attacco. Poi, con la coda dell'occhio, Sean scorse un movimento, e allora fece un balzo indietro, mettendosi in guardia. Calma, amico lo esortò una voce, che piú inglese non poteva essere. Le offro la mia assistenza. Ha qualche avversario di troppo. L'uomo che aveva parlato, si trovava in piedi a un tavolo accanto a Sean. Era alto, biondo, con un viso magro, devastato, e indossava un vestito grigio impeccabile. Me li tengo tutti io rispose Sean. Per niente sportivo commentò lo sconosciuto, tentennando il capo. Se mi fa un prezzo ragionevole, le compro i tre signori a sinistra. Se ne prenda due in regalo, e ringrazi la sorte >ribatté Sean, con un sorriso divertito. Lo sconosciuto gli sorrise di rimando. Molto cortese da parte sua. Permette ? Dufford Charleywood. Passò il bastone che aveva in mano nella sinistra, e porse la destra. Sean Courteney si presentò Sean, stringendogliela. Per la miseria ! Allora, ci scazzottiamo o no ? sbottò un minatore, impaziente. Ma certo, mio caro, ma certo gli rispose Duff, e, lieve come un ballerino, gli si accostò sollevando il bastone. Appesantita dal piombo, la mazza colpí l'uomo alla testa con un rumore simile a una palla ben centrata. E ne rimasero quattro commentò Duff mentre, come uno spadaccino, assaliva il minatore successivo, e nel medesimo tempo Sean si tuffava giú a braccia aperte, per abbrancare in un sol colpo tre paia di gambe e toglier loro l'equilibrio. Poi, Sean si levò a sedere in un groviglio di corpi, e si diede a sferrar pugni e calci. A poco a poco, le urla e i tonfi si diradarono, finché venne il silenzio, e Sean si rimise in piedi, con un labbro che gli sanguinava. Un goccetto? gli domandò Duff. Lui sorrise a quell'uomo elegante. Grazie, un brand~. Presero i bicchieri e, scavalcando i corpi proni, se li portarono al tavolo di Duff. Lei è in viaggio? domandò questi. Sí. E lei ? Magari. No, sono assistente ingegnere alle Miniere Dundee. Il padrone del bar si accostò al loro tavolo. Salve, Charlie lo salutò Duff. Dobbiamo rifonderle i danni ? Lasci perdere, signor Charleywood rispose l'uomo. Mica capita tutti i giorni d'aver un bel pestaggio cosí. Paga la ditta. Comunque, non sono venuto a parlarle di questo.
Avrei qualcosa da mostrarle, se non le dispiace, visto che lei è nel campo minerario. E gli porse una specie di sasso spigoloso. Che gliene pare ? Duff scrutò il campione di roccia attentamente. Sembrava vetro, ma un vetro grigiastro, chiazzato di bianco e di rosso, solcato nel mezzo da una larga striscia nera. Un conglomerato sentenziò alla fine, senza entusiasmo. Un mio amico sostiene che è aurifero continuò l'altro. L'ha portato giú dal Transvaal, l'altro giorno. C'è stato un grosso rinvenimento in un posto che chiamano Witwatersrand, poco fuori di Pretoria. Questo mio amico dice che i Boeri si sono messi a vendere permessi cli estrazione. Me lo porto via, e domani mattina lo setaccio. In questo momento sono occupato a bere col mio amico, come vede. LA MATTINA dopo, nello svegliarsi, Sean cercò di ricordare dove si trovasse. La testa gli doleva, e aveva nelle orecchie un rumore... una specie di martellamento ritmico e metallico. Voltò la testa dall'altra parte. Nell'altro letto, dalla parte opposta della stanza, c'era uno sconosciuto. Sean cercò a tastoni uno scarpone, e lo scagliò. Si udí un suono gutturale, poi la testa di Duff si alzò. Non potresti russare con un po' piú di delicatezza? gli susurrò Sean. Ti trovi di fronte a un uomo gravemente ammalato. Entrò un cameriere col caffè. Fa' avvisare in ufficio che mi sento male gli ordinò Duff. Già fatto rispose il cameriere, che evidentemente conosceva Duff molto bene. C'è fuori uno che cerca l'altro nkosi. E lanciò un'occhiata a Sean. Ha l'aria molto preoccupata. E il mio zulú, Mbejane rispose Sean. Digli di aspettarmi. Bevvero il caffè in silenzio, poi Duff si alzò e si vestí. Sean notò che, quantunque magro come un adolescente, il suo nuovo amico aveva una muscolatura quasi statuaria. Ma che cosa ci mette Charley, nel liquore che spaccia? si lagnò Duff. Cacciandosi una mano nella tasca della giacca, trovò il campione di roccia, e si mise a guardarlo con espressione infastiditapoi, da un mucchio di cianfrusaglie tipiche di una stanza da scapolo, ammassate in un angolo, prese un pestello d'acciaio, un mortaio e una padella da cercatore d'oro, tutta ammaccata. Frantumò nel mortaio il campione, fino a ridurlo in polvere, poi travasò la polvere nella padella, e andò fuori, al serbatoio, a riempirla d'acqua. Sean si vestí a sua volta e gli tenne dietro. Si sedettero insieme sul gradino d'ingresso. Duff si mise a manovrare la padella, imprimendole con mano esperta un moto ondulatorio che ne faceva turbinare il contenuto come un gorgo, e, a ogni movimento, un po' d'acqua traboccava dall'orlo anteriore di quello speciale setaccio. Poi, riempí di nuovo la padella con acqua pulita. All'improvviso, s'irrigidí. Sean vide il baluginio sul fondo, e avvertí un brivido che gli saliva su per le braccia, facendogli rizzare i capelli sulla nuca. In fretta, Duff versò altra acqua. Due o tre giri, e la fece traboccare di nuovo. Dopo di che, stettero a fissare quella stria che s'incurvava attorno al fondo della padella. Quanti soldi hai? domandò Duff, senza alzare lo sguardo. Poco piú di mille sterline. Addirittura ? Benissimo ! Io posso racimolarne un cinquecento, e in piú ci metto la mia competenza tecnica. Soci al cinquanta... d'accordo ? D'accordo. Allora, che si aspetta ? Vado subito in banca. Ci vedremo tra mezz'ora all'uscita del paese. E il tuo impiego ? volle sapere Sean. L'odore del carbone non posso soffrirlo. Al diavolo l'impiego. Sí, ma Charlie? Quel campione era suo. Charlie è un avvelenatore di professione. Al diavolo anche lui.
~-EI.I A notte, Sean e Duff s'accamparono all'imbocco di un valico, e davanti a loro s'ergevano le montagne del Drakensberg. .vevano viaggiato tutto il pomeriggio ad andatura forzata, e adesso stanchi, i cavalli brucavano l'erba secca, invernale, volgendo la coda al vento diaccio come neve. Mbejane accese un falò al riparo di un masso di pietra rossa, e tutti e tre si accovacciarono accanto al fuoco. Terminato di mangiare, Mbejane si rannicchiò a terra, si tirò il kaross fin sopra la testa e si addormentò. Quanta strada c'è ancora, per arrivare al Witwatersrand? domandò Sean. \lorl ne ho proprio idea confessò Duff. Domani ci avvieremo pel il valico... ottanta, cento chilometri... dopo di che sbucheremo nella parte alta del veld. E poi, ancora una settimana, direi. I)i`, non staremo dando la caccia alle chimere continuò Sean, versando il caffè per tutti e due. Te lo saprò dire quando saremo arrivati. Non è la prima volta che mi metto in una corsa all'oro. Chi tardi arriva, male alloggia, c ome dice il proverbio. Magari, una volta là, per un raggio di ottanta chilometr i troviamo il terreno fitto di paletti di concessione, piú di quanto la schiena di un porcospino sia fitta di aclllei. Bevve un sorso di caffè. Però, abbiamo i soldi: ecco il nostro asso nella manica. Se piantiamo un paletto di concessione, abbiamo anche il capitale per farlo rendere. E se arriviamo tardi, possiamo rilevare la concessiorle da qualcuno che ha fatto bancarotta. Se poi neanche questo funziona... be', ci sono sempre tanti modi di fare oro: un emporio, un saloon, un'impresa di trasporti. I)uff, dove hai imparato a fare il minatore In Canada. Ho girato parecchio, sai, ragazzo mio. Dammi una gilirlea, e ti racconto la storia della mia vita. l'rima racconta, e poi si vedrà se vale il prezzo. Sean tirò su la coperta, rimboccandosela intorno alle spalle e si accinse ad ascoltare. Ti faccio credito senza timore accettò Duff; poi, con aria drammatica, tacque un attimo. Sono nato trentun anni fa. Quarto ed ultimo figlio del sedicesimo barone Roxby. Ah, sangue blu. Ovviamente. Guardami un po' il naso. Armato di frustino, mio padre non ci mise molto a distruggere l'affetto che i figli gli dovevano. Gli stavamo sempre alla larga, finché, un bel giorno, il suo cavallo ebbe l'encomiabile idea di sparargli un calcio in testa. Dopo la sua morte, io mi sono trasferito in Canada. Tutto quel che i miei fratelli hanno saputo dirmi, è stato: "Non disturbarti a scrivere". In Canada, guadagnavo bene, e spendevo altrettanto... ma il freddo è stato piú forte di me. Cosí, ho cominciato a sognare di terre tropicali, di frutta esotiche, e di fanciulle ancora piú esotiche. Le circostanze che, alla lunga, mi convinsero a piantare il Canada- sono troppo penose perché abbia voglia di rievocarle. Ti basti sapere che, per modo di dire, sono partito nel mezzo di un temporale. E adesso, come vedi, eccomi qua a morire lentamente di freddo, con un marrano barbuto per tutta compagnia, senza l'ombra di una ragazza esotica per miglia e miglia. Racconto avvincente. E la ghinea se la merita, e come. Un racconto vale l'altro. Avanti, sentiamo la tua triste istoria. Il sorriso svaní delle labbra di Sean. Sono nato qua, a Port Natal. Me ne sono venuto via da casa una settimana fa. Anch'io, in circostanze penose... Era evidentemente restio ad andare avanti; ma, incitato dall'amico, riprese a parlare, poi le parole gli sgorgarono in fretta. Dopo aver terminato le scuole, spiegò, aveva lavorato come un uomo, nell'allevamento di bestiame del padre, e aveva vissuto una vita da uomo.
Qualche anno addietro, nel 1879, aveva partecipato alla spedizione contro gli zulú. Suo padre era caduto a Rorke's Drift, e anche lui, Sean, ci avrebbe lasciato la pelle, se non ci fosse stato il fedele Mbejane a salvargliela. Poi, tornato alla fattoria, si era trovato davanti al fratello, che ormai aveva preso il comando dell'azienda e si era sposato con una donna che li aveva messi uno contro l'altro. Alla fine, c'era stata una lite feroce e la conclusione era stata che lui aveva sgombrato il campo: per mettersi a vagabondare, e, adesso, a seguire il sentiero dell'oro. IL VALICO serpeggiava in mezzo alle montagne glabre e nere. Cavalcavano sempre all'ombra, fuorché nelle ore intorno a mezzogiorno. Poi, a poco a poco, si lasciarono le montagne alle spalle, e davanti si trovarono l'altopiano del veld, piatto e deserto, coperto d'un manto d'erba bruna, che fuggiva verso l'orizzonte a incontrarsi col cielo pallido e vuoto. Ma quella solitudine non smorzò minimamente la febbrè che li aveva presi. Anzi, a ogni chilometro percorso, a ogni accampamento superato lungo il nastro della pista, essa s'accresceva, finché avvistar~no la scritta. Desolato come uno spaventapasseri, il cartello indica~d PRETORIA" a destra, e, a sinistra, "WITWATERSRAND". I l~onti delle Acque Bianche bisbigliò Sean. Un nomc che squillava, che tintinnava come centinaia di milioni in monete d'oro. . . Arrivarono alla sommità di un crinale non diverso dai tanti e tanti altri che avevano valicato, e si fermarono a guardare in basso. Piú avanti, a sette od otto chilometri di distanza, correva da oriente a occidente un'alta giogaia. E giú, nella vallata in mezzo, il sole traeva riflessi metallici dagli stagni fangosi che davano a quelle colline il loro nome. < Guardali! esclamò Sean, con voce strozzata. La valle era cosparsa di tende e di carriaggi, e le trincee scavate dai cercatori erano altrettante ferite fresche, aperte nell'erba in una linea continua che ne solcava il centro. Eccolo lí, il giacimento disse Duff. La linea dove la vena è affiorata alla superficie. E noi siamo arrivati troppo tardi. E tutto palettato! Potrebbe esserci anche qualche angolo di cui non si sono allcora accorti. Quella è gente che non si lascia sfuggire nulla replicò Duff. Sprorlò il cavallo, e tutti e tre cominciarono a scendere. (luarda L~`l, v iCillO al torrente. Hanno già un frantoio in funziorle, che macina la roccia. Un iìnpianto da dilettanti, da quel che seml)ra. Cavalcarono fino a uno degli accampamenti piu vasti. Tellde, carr i, donne affaccendate intorno ai fuochi, e uomini seduti in attesa della cena. Ora m'informo sulla situazione dichiarò Sean. Smontò da cavallo, e Duff, con un sorrisetto ironico, stette a guardarlo mentre, UtlO dopo l altro, cercava di attaccare bottone con tre uornini. Ogni ~olta, la vittima prescelta cercava d'evitare gli occhi di Sean, faríugliava qualche risposta vaga, e poi si allontanava. Alla fine, Sean tornò indietro. .Ia che, ho la lebbra? si lamentò. Duff ridacchiò. Sono loro i malati. Hanno la febbre dell'oro, e tu, potenzialmente, sei un loro rivale. Potresti morire di sete, e non ti sputel ebbel o nemmeno addosso, per paura che lo scaracchio ti desse forza sufficiente a palettare un pezzo di terreno che a loro è sfuggito. Poi, diventò serio: Ci vuole un'ora, prima chc faccia bulo. Avanti, andiamo a dare un'occhiata per conto nostro. S'allontanarono al trotto verso le trincee. C'erano al lavoro uomini armati di picconi e di pale, alcuni asciutti, forti, attorniati ciascuno da una decina di indigeni anch'essi all'opera, altri grassi per la palese abitudine di essersene stati a sedere in un ufficio, sudati, COtl i denti stretti per resistere al dolore delle bolle nelle mani. E tutti accolseto Sean e Duff con la medesima aria sospettosa e ostile.
O,gtli cento metri, con regolarità scoraggiante, i due trovavano un paletto, SELE~IONE DEL LIBRO con inchiodato in cima un brandello di tela. Sulla tela, scritto in rozzo stampatello, si leggeva il nome del concessionario e il numero di matricola della concessione. Scesa la notte, si accamparono sul crinale battuto dal vento. Siamo arrivati troppo tardi ripeté Sean, guardando accigliato il fuoco. Ragazzo mio, hai notato quante di quelle concessioni sono ancora intatte ? Appartengono agli speculatori, e, se l'intuito non m'inganna, sono lí per essere vendute. In ogni modo, ci vogliono quattrini per sfruttare una vena aurifera: quattrini per comprare il macchinario, quattrini per le paghe, per le condutture dell'acqua e per i carrelli. La maggior parte della gente che abbiamo visto, è gente che si nutre di speranze, non di bistecche e di patate. E hanno già dipinti in faccia i primi segni della disperazione. Aspetta qualche settimana, e vedrai chi è veramente un uomo e chi un bambino. Detto questo, Duff si accese un sigaro Manila. Cos'è questo rumore? domandò Sean. Sembrava il battito sordo di un tam-tam della notte. Ti ci abituerai rispose Duff. Sono le aste di frantumazione di quel frantoio che abbiamo visto dall'alto. E a circa due chilometri da qui. Domani mattina ci passiamo vicino. Prima che sorgesse il sole, erano di nuovo in marcia, e arrivarono al frantoio nella luce incerta dell'alba. Nero e brutto, l'impianto stava accovacciato sulla parte liscia del crinale; le sue ganasce emettevano tonfi cupi nel masticare la roccia, sbuffava rumorosamente vapore e strideva con suono metallico. Si vedevano uomini muoversi accanto ad esso, intenti a provvedere alle sue necessità, a dargli roccia in pasto, a trafficare intorno alle piastre di rame sulle quali rovesciava le sue secrezioni pregne d'oro. Un uomo si accostò a Sean e Duff. I turisti non sono graditi, qua. Forza, circolare. Era un ometto vivace, con una faccia tonda e bruna, e una bombetta calcata sino alle orecchie. I barn gli spuntavano irti e duri come quelli di un fox terrier. Senti, Fran~ois replicò Duff, continua con quel tono, e ti sfondo la faccia a pugni. L'ometto vivace si fece piú d'appresso. Duff! strillò, tutto contento. Spiccò un balzo in avanti, per stringere la mano a Duff, e poi, mentre questi smontava, gli diede una pacca sulla schiena. Sean osservava la scena con a~ia divertita. La cosa andò avanti finché Duff non riuscí a trascinare l'amico accanto a Sean, per fare le presentazioni: Francois du Toit, Sean Collrteney. Seguí una cordiale stretta di mano. JG~u~ ~T~ Senti, Duff, in questo momento sono occupato a pulire le piastre dell'amalgama fece Franc~ois, tutto eccitato. Andate nella mia tenda, tutti e due. Io vi raggiungo tra mezz'ora. Dite al mio inserviente di prepararvi la colazione. Rimasto solo con Sean, Duff spiegò: Siamo stati nei campi diamantiferi di Kimberley insieme, io e Fran,cois. Una volta, gli ho fatto un favore... l'ho tirato fuori da un crollo con le gambe rotte. Averlo ritrovato qua è una grazia ricevuta. Se, per caso, lui non sa dirci una cosa, a proposito di questo giacimento aurifero, non c'è nessun altro al mondo in grado di dircela . Non passò molto che Francois fece irruzione nella tenda, e, durante la colazione, fu tutto uno scambio di "Ti ricordi... ?", "E che se n'è fatto del tale?", e cosí via.
Poi, quando i piatti furono vuoti e vennero riempite le tazze del caffè, Duff domandò: Allora, Franz, che ci fai da queste parti? E di tua proprietà, il frantoio ? . No, sono ancora alle dipendenze della Società. Ancora con Hradsky ? Non dirmelo ! esclamò Duff, con ironico spavento E una no-no-notizia f-f-ferale! soggiunse, con finto balbettio. Fran~cois apparve allarmato. Smettila. Il mio inserviente parla l'inglese. Vuoi farmi perdere il posto? Duff si rivolse a Sean. Il balbuziente Norman Hradskv e il Padreterno sono colleghi; ma, in questa parte della terra, è il Padreterno a prendere ordini da Hradsky. Piantala, Duff. Francois era profondamente scandalizzato. Duff continuò, imperturbabile: Quando si nomina l'azienda di Hradsky, si dice semplicemente, con riverenza, La Società. La sua ragione sociale, per esteso, è Società Mineraria e Terriera Sudafricana. E se si è messa a lavorare da queste parti, significa che qua c'è parecchio da fare . E come! confermò Francois, sollevato, ora che si trovava su terreno meno pericoloso. Dimmi tutto lo spronò Duff. Questo posto, lo chiamano la Barriel I Marcia... "barriera" significa "giacimento", signor Courteney. O anche il Banket, che è il termine transvaaliano per roccia aurifera. Il fatto, comunque, è che ce ne sono tre, di vene. Corrono lungo tutta la vallata. E tutte e tre dànno oro ? FranJcois tentennò il capo. No.in quella superiore ce ne sono solo delle tracce. Quella di mezzo è un pochino meglio- in-alcuni punti ha uno spessore di circa due metri; ma va solo a tratti. Si protese sul tavolo, entusiasmandosi. E la vena piú profonda, quella che vince la gara. La chiamiamo la Barriera Numero Uno. Ha uno spessore di appena qualche centimetro, e in certi punti smette addirittura di esistere, ma è fitta d'oro come una ciambella lo è d'uvetta. Una cosa incredibile, finché non la si vede! < Io ti credo, sí rispose Duff. E ora dimmi, dove posso prenderne una parte per me, di questa Barriera Numero Uno ? Francois si fece di colpo serio, come se gli fosse calata una saracinesca sugli occhi. E tutta palettata dichiarò. Siete arrivati troppo tardi.
SE~` e Duff andarono alla trattoria della signora Rautenbach. Si trattava di una baracca di lamiera ondulata.
Un cartello appeso sopra la veranda dichiarava: CANDY'S HOTEL CUCINA Dl PRIM~ORDINE SERVIZI IGIENICI GRATUITI PROIBITO L~INCRESSO AGLI UBRIACHI E Al CAVALLI PROPRIETARIA: SIGNORA CANDELLA RAUTENBACH Per togliersi la pólvere, si lavarono la faccia e le mani nel catino smaltato nella veranda, si asciugarono con l'asciugamani gratuito e si pettinarono davanti allo specchio appeso alla parete, anch'esso gratuito. Dentro, la sala da pranzo era quasi al completo. C'erano uomini barbuti, che ridevano e schiamazzavano, o mangiavano in silenzio, con aria affamata. Duff e Sean trovarono un tavolo libero, e Duff pregò la cameriera negra di portargli la lista. La ragazza lo guardò divertita. Quest'oggi abbiamo bistecca con patate come primo, e pudding per finire. D'accordo rispose Duff, e la negra tornò trotterellando in cucina. Benché tigliosa, la carne era saporita, e la mangiarono di gusto, finché Sean, che era seduto rivolto verso la cucina, si fermò con la forchetta a mezz'aria. Nella sala s'era fatto il silenzio. Eccola disse. Candy Rautenbach era alta, con i capelli biondi e lucenti, e una pelle perfetta. Riempiva il davanti della camicetta e il dietro della gonna con gradevole rotondità. Gli sguardi che la seguivano, non la mettevano minimamente a disagio, ma il mestolo che teneva in mano si alzava minaccioso non appena una mano maschile s'allungava per pizzicarla. Si fermò qua e là a parlare con qualche cliente, poi, alla fine, arrivò al tavolo dei due. Sean e Duff si alzarono. Candy batté gli occhi, stupita. Ma prego, state comodi. Quel piccolo segno di riguardo l'aveva commossa. Siete nuovi di qua ? Duff le sorrise. Siamo arrivati ieri, da Natal. Le presento il signor Courteney... gli interessa compiere alcuni investimenti, e pensava che questi giacimenti auriferi potrebbero essere un buono sfogo per una parte dei suoi capitali. Benché con sforzo, Sean riuscí a non spalancare la bocca. Si affrettò ad assumere l'aria del grande finanziere, e Duff continuò: Io mi chiamo Charley~ood. Sono il consigliere minerario del signor Courteney . La donna parve colpita. Molto lieta rispose. Io sono Candy Rautenbach. Non vorrebbe accomodarsi un momento, signora? Lei esitò. Ora devo tornare in cucina. Piú tardi, magari. Ti riesce sempre cosí facile sballarle grosse? domandò Sean a Duff, quando si fu allontanata. Non ho detto niente che non fosse vero si difese Duff. Sí, ma che modo di dire la verità! E mi spieghi come faccio, ora, a sostenere la parte che mi hai attribuito? Piano piano, imparerai: datti raria di chi la sa lunga e tieni il becco chiuso. Come ti è parsa? Appetibile, no? Per niente male convenne Sean. Quando tornò, Candy si mise subito a porre a Duff domande molto precise. La sua conoscenza di cose minerarie era palesernente superiore alla media, e Duff glielo disse. Sí, mio marito era anche lui della partita rispose lei. Cacciò una mano nella tasca della gonna a quadrettoni bianchi e azzurri, e ne trasse una piccola manciata di campioni di roccia. Sa riconoscerli ? Stava mettendolo alla prova; voleva vedere fino a che punto fosse davvero un competente. Duff sgranò il rosario dei nomi: Kimberlite, serpentina, feldspato . Candy ebbe l'aria palesemente sollevata. Forse, al signor Courteney interesserebbe dare un'occhiata ad alcune concessioni che ho nel Banket. Interessano molto anche alla Società Mineraria e Terriera Sudafricana. Fu per Duff il momento di dare il suo unico ma prezioso contributo alla conversazione. Ma certo rispose, assentendo con fare vissuto. Il vecchio, buon Norman, eh? Candy, ormai, era convinta.
Non era molta la gente che parlava di Hradsky chiamandolo per nome. Le va domani sera? domandò. Il GIORNO dopo, Candy li condusse alle venti concessioni di sua proprietà. In un punto in cui il giacimento affiorava alla superficie, li avveltí: Ora vi lascio a dare un'occhiata intorno. Se la cosa v'interessa, possiamo riparlarne piú tardi, in albergo . Duff l'accompagnò sino al cavallo e l'aiutò a montare in sella. Quando tornò, era euforico. Cammini con delicatezza, signor Courtenev Sotto i suoi piedi giace un patrimonio. Esaminarono gli avvisi di concessione, misurarono a passi i confini del terreno appartenente alla signora Rautenbach, e si riempirono le tasche di scaglie di roccia staccate dall'affioramento. Poi, tornarono all'accampamento (avevano piantato una tenda vicino all alhergo), e Duff andò a prendere il pestello, il mortaio e la padella. Si accovacciarono sulla riva del Natal Spruit, dove stettero tutto il pomeriggio a frantumare roccia e a far andare la padella. Alla fine, Duff espresse il suo giudizio: <- Be', l'oro c'è. E direi che è oro buono. Non ha niente a che fare col campione che abbiamo esaminato a Dundee, ma quello doveva essere un pezzo scelto, prelevato dalla Barriera Numero Uno. Guardò Sean con faccia seria. Per conto mio, vale la pena di tentare. Se la Barriera Numero Uno è lí sotto, la troveremo. Nel frattempo, lavoreremo la Barriera Media. Sean scagliò un sasso in acqua. Assaporava per la prima volta l'alternarsi di esaltazione e di depressione caratteristico della febbre dell'oro. Le strie d'oro, sul fondo della padella, gli erano apparse malinconicamente sottili e denutrite. Ammesso che riusciamo a convincere Candy a venderci le sue concessioni, come ci regoliamo dopo? Quel frantoio a quattro aste mi è parso un impianto maledettamente costoso. Duff gli diede un pugno affettuoso sulla spalla. Sta' tranquillo: Candy ci venderà le sue concessioni. Quando la tocco, si mette a tremare. Quanto al frantoio... una volta, tempo fa, mi ero messo con un ricco agricoltore del Capo che aveva sempre sognato di possedere un impianto d'estrazione tutto suo. Aveva scelto quello che gli era parso il posto ideale, mi aveva assunto come direttore dell'impresa, e aveva comprato il modello di frantoio piú recente e costoso. Dopo sei mesi, l'oro che avevamo estratto non bastava nemmeno a tappare l'orecchio d'un topo, e cosí il mio mecenate s'è deciso a chiudere la baracca. Da quel che mi risulta, il macchinario è ancora là, in attesa del primo acquirente disposto a pagare poche centinaia di sterline. Duff si alzò. In ogni modo, pensiamo prima alle cose piú importanti. Devo continuarli i negoziati con la signora Rautenbach ? Io direi di sí. Sean si sentiva piú su di spirito, via via che si avvicinavano all'accampamento. Però, sei certo che l'interesse che hai per quella donna è puramente di natura professionale? Duff assunse un'espressione indignata. Io non ho altra intenzione che di fare gli interessi della nostra società. Ora vado da Candy a informarla che mi hai dato la tua procura. Si pettinò i capelli ondulati, indossò i panni puliti che Mbejane gli aveva lavato, e sparí in direzione del Candy's Hotel. Quando tornò, era l'alba. Allora, com'è andata ? volle sapere Sean. Hai combinato qualcosa a proposito di quelle concessioni ? Duff sbadigliò. E disposta ad accettare una caparra di dieci sterline per ciascuna concessione, e a darci l'opzione per l'acquisto dell'intiero lotto entro tre anni, al prezzo di diecimila sterline. Ci siamo accordati in questo senso mentre cenavamo. Poi, abbiamo passato il tempo a suggellare l'intesa stringendoci continuamente la mano... si fa per dire, naturalmente. Questo pomeriggio scendiamo a Pretoria, tu e io, a cercare un legale che scriva il testo dell'accordo, e poi lo portiamo a lei per la firma. Quella sera stessa, Duff e Sean erano di ritorno col documento, e lo portarono a Candy. Stettero seduti, in preda all'ansia, mentre lei lo ]eggeva due volte. Alla fine, Candy sollevò lo sguardo, e disse: C'è solo una cosa... . Sean avvertí un tuffo al cuore, e il sorriso di Duff si fece teso.
Le cose erano andate troppo lisce, sino a questo punto. Poi, con stupore, Sean s'avvide che Candy arrossiva. Voglio che la miniera porti il mio nome. Per poco i due non si misero a urlare di sollievo. Ma certo! Chiamiamola la Candy Deep (*) propose Duff. Un po' prematuro, se si vuole, visto che siamo ancora in superficie; ma il pessimismo non rende mai. La Candy Deep! Che bel nome. Candy arrossí di nuovo, ma stavolta di piacere. E, mentre Duff stappava la bottiglia di chempagne che aveva comprato a Pretoria, scribacchiò la sua firma in fondo al documento. ecero tintinnare i bicchieri e brindarono alla Candy Deep. ABBIA~O bisogno di mano d'opera dichiarò Duff. Una decina di indigeni, almeno. Di questo dovrai occuparti tu. Era la mattina successiva, e Sean e Duff stavano facendo colazione davanti alla tenda . Sean assentí. Metto subito Mbejane all'opera. Bene. Nel frattempo, noi due prendiamo i cavalli e torniamo a Pretoria. Dobbiamo comprare picconi, badili, dinamite, e tutto il resto. Poi, portiamo la tenda sul posto, al giacimento, e ti mostrerò come devi sbrogliartela, prima che io riparta per il Capo a trovare quel mio amico agricoltore. Tornarono da Pretoria portando i loro acquisti su un carro a buoi. Mbejane, intanto, aveva assolto bene il suo compito. Davanti alla tenda stava allineata una decina di zulú, in attesa dell'approvazione di Sean. Questi li passò in rivista, chiedendo a ciascuno come si chiamasse e scherzando con ognuno nel suo linguaggio. Quando atrivò all'ultimo della fila, gli domandò: E tu come ti chiami? . Mi chiamo Hlubi,kosi. Sean fece un segno verso la pancia prominente del negro. Se ~ieni a lavorare per me, ti faremo partorire presto disse. Scoppiarono tutti in una risata sonora, e Sean sorrise loro con affetto. Gente semplice e fiera, uomini alti e muscolosi, e del tutto inermi di fronte alle prese in giro. Sta bene, allora. Sei pence al giorno e da mangiare a volontà. Siete disposti ad accettare? I negri risposero di sí in coro. Duff ci mise una settimana a insegnare a Sean come si usava la dinamite, a spiegargli come ci scavavano le trincee e come doveva tracciare l'area su cui sarebbe stato sistemato il frantoio e quella per l'ammasso del minerale. Alla fine disse: Ogni giorno che resto (*) Letteralmente: "Profondità Candy", cioè, giacimento negli strati bassi. (N. d. T. ) . ancora qui, aumenta il rischio che qualcun altro ci porti via quel frantoio. Il macchinario per le miniere sarà ricercatissimo da questo momento in poi. Mi conviene andare al Capo al piú presto E quello che pensavo anch'io rispose Sean. Sette giorni prima intorno al Candy's Hotel c'era stata sí e no una ventina di carriaggi. Ma quella sera, quando Sean e Duff scesero al ristorante per cenare come Dio comandava - e perché Duff potesse vedere Candy - se ne vedevano ormai almeno duecento. Case di legno e di lamiera cominciavano a sostituire le tende, e tutto ileld era solcato da tracciati di strade in costruzione. L'andirivieni di uomini e di animali, nonché i boati della dinamite che si udivano di tanto in tanto, tutto ciò accentuava l'atmosfera di fervore che attorniava i campi auriferi. Parto domani con le prime luci decise Duff. Dieci giorni di cavallo sino alla stazione capolinea di Colesberg, poi quattro giorni di treno, e sono arrivato. Con un po' di fortuna, posso essere di ritorno in meno di due mesi. Guardò Sean direttamente negli occhi. Dopo le duecento sterline pagate a Candy, e quello che ho speso a Pretoria, mi sono rimaste solo centocinquanta sterline circa. Dovrò sborsarne altre tre o quattrocento per il frantoio, poi noleggiare una trentina di carri per portarlo qui, e fanno, piú o meno, un ottocento sterline in tutto. Sean lo guardò di rimando. Era davanti a un uomo che conosceva da appena poche settimane.
Ottocento sterline costituivano il guadagno medio di un uomo in tre anni. L'Africa era una terra sconfinata, ed eclissarvisi era estremamente facile. Si slacciò la cintura portamonete e la posò sul tavolo. Dammi una mano a contarle disse a Duff. Grazie gli rispose l'altro, e non si riferiva al denaro. Dopo quella richiesta di fiducia formulata con tanta semplicità, e quella fiducia accordata con tanta spontaneità, l'amicizia tra i due fu completa.
~ARTITO Duff, Sean mise se stesso e i suoi uomini al lavoro senza misericordia. Portarono via la terra e la ghiaia, scoprendo tutto l'afffioramento da un capo all'altro delle concessioni di Candy; poi, Sl diedero a spaccare la roccia e ad ammucchiarla, pronta per la frantumazione, accanto al luogo dove sarebbe stato collocato il frantoio. Gli zulú cantavano, e, a ogni giornata lavorativa di dodici ore, l'ammasso si faceva sempre piú alto. Di notte, Sean si buttava a letto a smaltire col sonno la fatica. La domenica, inforcava il cavallo e andava da Francois a parlare di tecnica mineraria e a spremergli senza ritegno notizie e insegnamenti. Della florida Barriera Numero Uno non si vedeva ancora segno, ma Sean aveva troppo da fare per preoccuparsene. I giorni divennero settimane, e le settimane divennero mesi. Sean cominciò persino a immaginare Duff che, a Città del Capo, se la spassava con le ragazze sperperando le ottocento sterline. Una sera, percorse a cavallo parecchi chilometri lungo la strada che conduceva al Capo, e a ogni viaggiatore che incontrava chiedeva informazioni. Al ritorno, andò in un saloon e attaccò briga con un minatore tedesco, un biondo grande e grosso. Circondati da un pubblico estasiato, andarono avanti per un'ora a darsi botte da orbi; poi si strinsero la mano, promettendosi eterna amicizia, e Sean, esorcizzato per il momento il suo demonio, poté tornarsene piú tranquillo alla Candy Deep. Dall'albergo di Candy, tuttavia, si tenne alla larga: i capelli d'oro e la pelle vellutata della donna sarebbero stati una tentazione troppo forte, e lui non aveva nessuna voglia di rompere l'ancor fresca amicizia con Duff. Il pomeriggio dopo, Sean si trovava in fondo a una trincea alta cinque metri, a segnare i punti dove inserire la dinamite per l'esplosione successiva, e attorno aveva tutta la squadra degli zulú che fiutavano tabacco prima d'accingersi ad attaccare di nuovo la roccia, quando, dall'alto, gli giunse una voce nota: Che succede qui? Teniamo una riunione sindacale? . Era Duff, che li osservava dal ciglio della trincea. Sean si arrampicò su per la parete e strinse l'amico in un abbraccio degno di un orso. Allora, dov'è il regalo che sei andato a prendermi ? Qua, a pochi passi. Un regalo di venticinque carri. Guarda. La carovana di Duff si snodava per buoni sei chilometri attraverso il z~eld ed erano quasi tutti carri trainati da due gioghi di buoi, per poter trasportare l'enorme peso del macchinario. Duff puntò un dito verso un grande cilindro metallico, tutto arrugginito. La caldaia piú cocciuta e perfida del mondo. Sette tonnellate. Ha spaccato l'assale del carro non una sola volta, ma dodici. Per non parlare di quando si è addirittura tuffata in un fiume. Montarono in sella e cavalcarono sino alla fine della carovana.Quanta roba! esclamò Sean. Sei sicuro di saperla mettere assleme. Lascia fare allo zio Duff. Certo, è stata all'aperto per un paio di anni. Ma vedrai che con un giudizioso uso di grasso, con della ~ernice nuova, e con l'intervento del genio dei Charleyv~ood, entro un mese l'impianto della Candy Deep sarà sotto a macinare roccia e a sputare oro. 424 SELE~IONE DEL LIBRO DUFF aveva fatto male i conti: ci volle ben piú di un mese. Ogni bullone che riuscivano a svitare era rosso di ruggine; e lavoravano per dodici ore il giorno a scrostare, a smerigliare e a ingrassare.
Finché, come per miracolo, ebbero finito. Sul crinale, in bell'ordine e fragranti di vernice fresca, coperti da spessi strati di grasso e in attesa d'essere montati, s'allineavano i pezzi del frantoio. Quanto ci abbiamo messo, sinora? domandò Duff. Un secolo, si direbbe. Davvero ? fece Duff, con finto stupore. Ma allora oggi è vacanza. Cominciarono la bisboccia nel locale di Candy, che, tuttavia, li buttò fuori dopo la terza zuffa, e allora iniziarono il giro delle altre taverne. C'era anche altra gente che festeggiava, perché il giorno prima il vecchio Kruger, Presidente della Repubblica del Transvaal, aveva avocato al governo i diritti minerari per i giacimenti auriferi: da quel momento in poi, cioè, gli introiti per le licenze minerarie sarebbero andati al governo e non piú agli agricoltori locali. La scusa era buona per fare baldoria, e i saloons, una decina e passa, erano affollati di cercatori, nudi sino alla cintola, di viaggiatori di commercio dagli abiti sgargianti e dalla voce stentorea, di contadini, di giocatori d'azzardo e d'imprenditori. E, vestiti dimessamente, c'erano anche i barbuti boeri, che bevevano poco ma osservavano imperscrutabili gli invasori della loro terra, e tendevano l'orecchio a tutto Martha, la cameriera negra di Candy, trovò alla fine Sean e Duff in una baracca di fango e mattoni, battezzata la Taverna degli Angeli Luminosi: Duff si esibiva nella polka "L'ardito sergente bianco", con una sedia per tutta dama, e Sean batteva il tempo sul ripiano del banco di mescita. C'è grande guaio disse Martha a Sean. La signora dice di correre subito da lei. Sean e Duff si avviarono all'albergo. Quando, a braccetto, si fermarono, vacillanti, sulla soglia del suo ufficio, Candv li fissò. Belli miei, se domani volete essere ancora proprietari di una miniera, vi consiglio di farvi passare la sbornia. Loro la fissarono di rimando. Che succede? domandò Sean. Hanno intenzione di invadere le concessioni, ecco quel che succede. Il fatto che adesso questo sia un giacimento aurifero statale ha dato agli sbandati il pretesto che aspettavano. Si scno messi in un centinaio e hanno costituito un sindacato. Sostengono che le vecchie concessioni non hanno piú valore, e hanno intenzione di sradicare tutti i paletti e di metterci i loro. Duff le si accostò e le diede un bacio. Grazie, tesoro. Duff, ti prego, non commettere imprudenze ! lo supplicò Candy, mentre i due se ne andavano. L' ORO E UNA FEBBRE 425 Ci converrebbe assoldare qualche mercenario propose Sean. Nel ristorante di Candy trovarono cinque uomini armati disposti a`dar loro man forte. Poi, strada facendo, si fermarono alla tenda di Francois. Andate a caccia? domandò loro l'amico, quando vide quella scorta armata sino ai denti. Duff lo mise al corrente della situazione e Sean soggiunse: Non sappiamo quali concessioni invaderanno per prime. Prepara i tuoi uomini. Se senti una sparatoria dalle nostre parti, corri a darci una mano. Noi faremo altrettanto con te . Non aveva ancora finito di parlare, che Fran,cois era già tutto in agitazione. Quei fetenti!a, ja, certo che verremo! Quando raggiunsero la Candy Deep, era già buio: Accovacciati intorno al loro pentolone a tre piedi, Mbejane e gli altri zulú erano intenti a cucinare la cena. Andate a prendere le lance gridò Sean. Scaglionarono gli uomini armati tra le parti smontate del macclfiIIario, in modo che potessero tener di mira tutto il sentiero che conduceva all'affioramento. Gli zulú, invece, li fecero nascondere in una trincea. Quanta dinamite abbiamo? domandò Sean. Duff lo fissò per un secondo, poi sorrise compiaciuto: Quanto basta . Seppellirono la cassetta dell'esplosivo a metà del sentiero, qualche centinaio di metri in fondo alla discesa, e vi posero sopra un barattolo di latta per indicare il punto dove si trovava la miccia.
Poi, trascorsero un'ora a fabbricare granate con fasci di candelotti di dinamite. E alla fine, con i fucili in grembo, si misero ad aspettare. < Vorrei proprio sapere come Candy è riuscita a scoprire questa faccenda commentò Sean. Quella sa tutto. Il suo albergo è il centro del giacimento aurifero, e lei tiene le orecchie aperte. Hai intenzione di sposarla? domandò Sean. < Ma che dici? Sei matto? O stai scherzando Be', lei ha del tenero per te, e anche tu non mi sembri del tutto indifferente. D'accordo, ma tra questo e il matrimonio! Duff ebbe un brivido. Solo un imbecille può ripetere lo stesso errore due volte. Sean apparve stupito. Come, eri sposato? Sposato e strasposato. Era mezzo spagnola e mezzo norvegese... Il fuoco e il ghiaccio. C'erano solo due cose che facevamo bene insieme, e una delle due era litigare. Alla fine, ci siamo separati. Può darsi che tu abbia scelto la donna sbagliata. Guardati attorno e vedrai milioni di coppie felici. Nominamene una ribatté Duff. Si alzò, indolenzito. Che ora si è fatta ? Sean trasse di tasca l'orologio e lo inclinò in modo da farlo illuminare dalla luna. Mezzanotte passata. Qui mi sa che quelli non si fanno vedere. Verranno, sta' tranquillo. Tutto sta a vedere quando. A una a una, giú nella vallata, le luci si spensero, le voci profonde e cantilenanti degli zulú accovacciati nella trincea si tacquero, e si levò una brezza fredda. Trascorsero la notte un po' dormicchiando un po' parlando sottovoce. Alla fine, il cielo impallidí, poi si tinse di rosa. Sean si alzò e si stiracchiò. Guardò in fondo alla vallata, e a questo punto, li vide. Una chiazza scura e in movimento: una squadra di uomini a cavallo che invadeva la strada senza sollevare polvere dal terreno umido di rugiada, poi si sparpagliava per guadare il Natal Spruit, e da ultimo si rifaceva compatta di qua del fiume prima di riprendere l'avanzata. Abbiamo visite, signor Charleywood. Duff scattò in piedi. Può darsi che vadano prima da Hradsky. Stiamo a vedere che strada prendono non appena sono al bivio. Intanto, prepariamoci rispose Sean. Mbejane gridò quindi, e dalla trincea si vide spuntare la testa del negro. Siete svegli ? Guarda che arrivano. Il volto nero si aprí a un sorriso candidissimo. Siamo svegli. I cinque mercenari erano stesi a terra, sull'erba, ciascuno con una scatola di cartucce accanto. Sean e Duff si accovacciarono al riparo della caldaia. Il barattolo si vede molto bene da qua disse Duff. Riesci a centrarlo ? A occhi chiusi rispose Sean. Gli uomini a cavallo arrivarono al bivio e, senza esitazioni, si diressero verso la Candy Deep, accelerando l'andatura via via che s'avvicinavano al crinale. Sean appoggiò il fucile in cima alla caldaia e collimò il mirino col riflesso metallico del barattolo. Uno dei cavalli in testa al gruppo rovesciò il barattolo con gli zoccoli, e Sean fece fuoco verso quel bersaglio. La detonazione risonò oscenamente fragorosa, nel silenzio del mattino, e tutti gli aggressori alzarono la testa, allarmati, verso la cima del crinale. Poi, il terreno che avevano sotto i piedi schizzò in aria. Quando il polverone si dissolse, si vide un groviglio di uomini e di cavalli che s'agitavano per rimettersi in piedi. Sant'Iddio! esclamò Sean con voce soffocata, atterrito da quella scena di distruzione. Ci mettiamo a sparare? gridò uno degli armati. No rispose Duff, secco. Ne hanno avuto abbastanza. Uomini a cavallo, uomini a piedi e cavalli senza cavaliere si stavano ora sparpagliando per la valle, in ritirata.
Sean provò un senso di sollievo nel vedere che sul sentiero giacevano solo cinque o sei morti . Be', sono le cinque sterline piú facili che vi siate mai guadagnati commentò Duff, rivolto ai mercenari. Ora potete tornarvene a casa a fare colazione. Aspetta, Duff lo interruppe Sean puntando un dito. In basso, al bivio, due capi degli invasori stavano radunando i sopravvissuti. Gli uomini smontarono tutti da cavallo, si sparpagliarono e, cautamente, ripresero a dare la scalata al pendio. Giunti alla linea di paletti di recinzione, si fermarono un attimo, esitanti, poi avanzarono di corsa, strappando via via i paletti. Tutti insieme, signori, per cortesia gridò Duff, compito, e i sette fucili fecero fuoco. Ma la distanza era troppa, e gli attaccanti - una trentina in tutto - ora correvano a zig-zag, chini. Il decl v o era solcato diagonalmente da una specie di gola - una donga - e ciascun attaccante, come la raggiungeva, vi si buttava dentro, mettendosi a sparare da quel riparo. Le pallottole rimbalzavano contro le parti del macchinario. Alla confusione si aggiunsero le voci di Mbejane e degli zulú. Andiamogli subito addosso, JVkosi. Sono vicini... andiamo! State zitti, pazzi. Non fareste cento metri, con quei fucili puntati contro di voi rispose Sean, spazientito. Lasciatemi pensare. Sollevò la testa per guardare la caldaia, ma una pallottola che colpí sonoramente il metallo, a pochi centimetri dal suo orecchio lo costrinse a riabbassarla subito. Appoggiandoci contro una spalla, fece dondolare un pochino la caldaia. Avanzeremo tutti quanti insieme, buttando dinamite in quella donga propose a Duff. Mbejane e i suoi pagani assetati di sangue faranno rotolare la caldaia davanti a noi, e questi altri signori ci copriranno con i loro fucili. Chiamò gli zulú, facendoli uscire dalla trincea, e spiegò loro il piano. I negri esplosero in un coro di approvazione e si accalcarono intorno alla caldaia. Dopo di che, Sean e Duff si riempirono la camicia di granate di dinamite e accesero dei pezzi di corda catramata. Sean fece a Mbejane un segno di assenso. - Dove sono i figli di Zulú? intonò il negro, cantilenando l'antica domanda tribale. Qui risposero i guerrieri, addossati alla caldaia. Dove sono le lance di Zulú? continuò Mbejane, con voce piú stridula. Qui. Come brillano le lance di Zulú? 428 SELEZIONE DEL LIBRO Piú del sole. Quanta fame hanno le lance di Zulú ? Piú fame della cavalletta. E allora, portiamole al cibo ! ebho! esplose la risposta d'assenso, e, sotto la spinta delle spalle nere, la caldaia prese a rotolare. Pesantemente, essa rimbalzò giú per il declivio, e i negri le correvano dietro. Dalla donga partirono raffiche di pallottole, che crepita~ono come grandine contro il gigantesco cilindro di metallo. Il canto degli zulú si fece piú veloce, piú alto ed eccitato, finché fu un puro grido sanguinario. Quelle urla orrende e folli fecero venire a Sean la pelle d'oca, ma, nello stesso tempo, lo esaltarono. Toccò la prima granata con la corda accesa, e la scagliò, facendole descrivere un arco che sputava scintille. La granata scoppiò, ed egli ne lanciò un'altra. La caldaia cadde di schiando nella donga, e gli zulú le tennero dietro. Le loro assegais, le lance, si misero al lavoro. I bianchi si arrampicarono freneticamente fuori della gola e si misero in fuga, con gli zulú che li inseguivano. Quando Fran,cois arrivò portando con sé cinquanta cercatori armati, la battaglia era ormai conclusa. Porta i tuoi uomini agli altri accampamenti, e perlustrali attentamente gli disse Duff. Dobbiamo riacciuffare tutti gli aggressori che sono riusciti a svignarsela.
E tempo di stabilire un po' d'ordine e di legalità, in questo giacimento. Ma come facciamo a riconoscerli ? Dalla faccia pallida per lo spavento e dalla camicia sudata. Fran,cois e i suoi s'allontanarono, lasciando Sean e Duff a ripulire il campo di battaglia. C'erano piú di dodici cadaveri, disseminati nella donga e sulla china. Due erano zulú. I numerosi feriti furono portati, su un carro, all'albergo di Candy. QUANDO arrivarono, si sarebbe detto che davanti all'albergo, stipata intorno allo spiazzo dove Francois aveva radunato i prigionieri, ci fosse l'intera popolazione del giacimento minerario. Fran,cois, sovreccitatissimo, brandeggiava minacciosamente il fucile, nell'inveire contro i catturati. Farabutti ! strillava. Venire a rubarci le concessioni ! Poi, scorse Sean e Duff. Li abbiamo presi tutti quanti ! Duff salí i gradini d'ingresso dell'albergo e levò le braccia per imporre il silenzio. Oggi c'è stata una carneficina annunciò. Vogliamo che non si ripeta piú. E un modo per far sí che non si ripeta, è di dare a questi uomini la lezione che si meritano. Applausi, suscitati da Franc~ois. Ma dobbiamo farlo con le dovute maniere. Propongo di eleggere un comitato che s'incarichi di questa I SELEZIONE DEL LIBRO faccenda e di qualunque altro problema possa sorgere. Un comitato, diciamo, di dieci persone, piú un presidente. Altra ovazione. Chiamiamolo il Comitato dei Cercatori gridò una voce. Benissimo. Vada per il Comitato dei Cercatori. Adesso, il presidente. Nessuna proposta? Il signor Charleywood urlò Franc,ois. Sí, Duff Charleywood. Altra proposta ? No vociò la folla. Grazie, signori disse Duff, sorridendo. E adesso, i dieci membri... Furono eletti, tra gli altri, anche Sean, Franc~ois e i fratelli Heyns, proprietari delle concessioni Cousin Jock. Furono portati sulla veranda un tavolo e alcune sedie, e Duff si assise. Pestò il pugno per fare silenzio, dichiarò aperta la prima riunione del Comitato dei Cercatori, e, immediatamente, multò tre persone del pubblico per essersi messe a sparare in aria durante la seduta. Poi, a sua richiesta, Sean raccontò come si era svolta la battaglia di quella mattina. Ora disse Duff alla fine, rivolto ai prigionieri, chi è il vostro portavoce ? Dopo un minuto di movimento e di bisbigli, dal gruppo fu spinto fuori un uomo. Non avete il diritto di trattarci cosí dichiarò il portavoce. Voglio dire... quelle concessioni non avevano piú valore, no? Noi ce ne siamo venuti pacifici e tranquilli, e tu, lurido... mi scusi, e lei, Eccellenza... ci ha buttato contro la dinamite. Dovevamo pur difenderci, non le pare? Difesa brillante e molto ben condotta commentò Duff, poi, si rivolse al Comitato: Signori, qual è il vostro verdetto ? Colpevoli o non colpevoli ? . Colpevoli fu il giudizio espresso in coro, e FranJcois aggiunse, per sottolineare il concetto: Brutti fetenti! . Passiamo alla sentenza. Impiccateli gridò uno. Di botto, l'umore della folla mutò. Andiamo a prendere le corde ringhiarono piú voci. Sean strappò il fucile di mano a Francois e balzò sul tavolo. Se qualcuno li tocca prima che lo ordini il Tribunale, giuro che lo ammazzo. Gli astanti arretrarono, sempre borbottando. Sean approfittò del vantaggio: Uccidere è un reato, in questo paese. Impiccateli quest'oggi, e domani sarà il vostro turno . Allora fategli fare un giretto sulla 10ulette di Satana propose una voce, e fu seguita da un clamore di approvazione. L'ORO E /:'NAEBBRE 43 1
La ruota gira, gira, gira, e quando si ferma non si sa! berciò un minatore con la barba nera, e la folla scoppiò a ridere. Duff soppesò la situazione. A fermarli ancora, c'era il rischio che perdessero la pazienza e s'infischiassero del fucile di Sean. Va bene. Se volete cosí, d'accordo rispose. Si volse verso i prigionieri atterriti. Questa Corte sentenzia che giochiate a roulette col demonio, e che poi abbandoniate questo giacimento aurifero. Il signor du Toit sovrintenderà alla punizione. Sean scese dal tavolo. La folla era già occupata a trascinare i prigionieri verso il veld. Hai intenzione di assistere? domandò a Duff. L'ho già fatto una volta, e mi basta. Ma tu vacci. Se resisti fino alla fine, mi stupirei di te. Quando Sean raggiunse la folla, vide che i carri dei diversi accampamenti erano gia stati quasi tutti radunati e disposti in fila. E, intorno a ogni carro, c'erano uomini affaccendati a fissare un martinetto sotto l'asse delle ruote posteriori, per sollevare queste ultime da terra. Poi, i prigionieri furono spinti avanti, ciascuno accanto a una ruota, al cerchio della quale fu legato per le mani e le caviglie, a braccia e a gambe divaricate. Fran,cois dispose quattro cercatori vicino a ogni ruota, e urlò: Avanti, fateli andare! . Le ruote si misero in moto, prima adagio, poi sempre piú forte, sempre piú forte. Con l'aumentare della velocità, l'immagine dei corpi legati si fece vieppiú indistinta. Sean udí i conati del vomito e il suono dei boccheggiamenti. Si allontanò disgustato.
~L PRESIDENTE Kruger non aveva voluto saperne di mandare un distaccamento di polizia in mezzo a quella masnada di gentaglia, ma, dal momento in cui il Comitato dei Cercatori si mise, sia pure in maniera sommaria, ad amministrare la giustizia, negli accampamenti si ristabilí una parvenza d'ordine e di legalità. Sino a quel momento, solo la Jack and Whistle stava producendo oro in quantità apprezzabile, ma, sebbene corressero molte voci, solo Hradsky, che si trovava ancora a Città del Capo, e Francois du Toit sapevano con esattezza quale fosse l'entità di tale produzione. Su, alla Candy Deep, Sean e Duff sfaticavano senza posa. Il frantoio prese gradatamente forma, sulla sua base di cemento, con le ganasce spalancate, pronte a ricevere la prima imboccata di minerale. Una squadra di venti zulú mise in piedi la caldaia, innestandone il fondo nell'apposita intelaiatura. E anche le piastre di rame, collocate al loro posto, attendevano ora d'essere spalmate di mercurio. La scorta di soldi di Sean s'assottigliava di giorno in giorllo, 432 SELEZIONE DEL LIBRO ma non c'era tempo di preoccuparsene. Si lavorava e si dormiva: nient'altro. Il venti di novembre, accesero la caldaia. Magri, con i muscoli temprati dalla fatica, Sean e Duff, l'uno accanto all'altro, stettero a osservare l'ago del manometro della pressione che andava su. Finalmente, avevano l'energia. Il due dicembre, diedero al frantoio il primo pasto, e rimasero a guardare la roccia polverizzata scorrere sulle piastre d'amalgamazione. Erano troppo stanchi per aver voglia di festeggiare l'avvenimento. D'ora in poi, uno dei due sarebbe dovuto stare a far la guardia in permanenza a quel mostro d'acciaio, e Duff s'accollò il primo turno di notte.
La mattina dopo, quando lo rivide, Sean notò che vacillava. Secondo i miei calcoli, gli abbiamo dato da macinare dieci tonnellate. E tempo di vedere quanto oro ne abbiamo ricavato. Devi andare a farti una dormita ribatté Sean. Duff non gli diede retta. Mbejane, fa' venire qua un paio dei tuoi uomini. Dobbiamo cambiare le piastre. Trasferirono il deflusso di roccia in polvere alla seconda piastra; poi, con una spatola Duff raschiò via il mercurio dalla prima, impastandolo sino a ricavarne una palla grossa come una noce di cocco. Il mercurio trattiene le particelle d'oro spiegò lasciando scivolare via sulla piastra i granelli di roccia, che vanno a cadere nello scarico. E come si separa l'oro da quell'impasto? s'informò Sean. Metti l'impasto in una storta, e separi il mercurio per evaporazione. L'oro rimane dentro. Mica male, come spreco di mercurio. No, lo ricuperi a mano a mano che si condensa, e lo adoperi di nuovo. Duff portò la palla d'amalgama nel capannone che serviva da deposito, la mise nella storta, e accese la fiamma ad acetilene. Per effetto del calore, l'amalgama si sciolse e cominciò a ribollire. I due la fissavano in silenzio. Nella storta, il livello del mercurio cominciò a scendere, finché l'evaporazione fu completa, ed eccola lígialla e scintillante. Una goccia d'oro... grossa come un pisello. Per un po', nessuno dei due aprí bocca. Poi Sean fece: E tutto lí? Sí, amico mio, è tutto lí confermò Duff, con voce stanca. Che cosa vuoi farne? Otturarti un dente? Si volse verso la porta completamente accasciato. Continua a far andare il frantoio. Tanto vale affondare a bandiere spiegate. LA CENA di Natale, da Candy, fu tristissima. La sala da pranzo rimbombava di voci maschili e del rumore delle posate, mentre in L'ORO E UN.I FEBBRE Un angolo, arenati in un'isola di cupezza, Sean e Duff se ne stavano seduti con Candy. Duff si riprese: Dimmi di nuovo: quant'è che ci resta? I`re sterline e sedici scellini. E adesso, per godere appieno dello spirito natalizio: quant'è che dobblamo. Oh, vi prego, tutti e due, almeno per oggi dimentichiamo queste cose ! li supplicò Candy. Volevo che fosse una festicciola cosí ben riuscita! Guardate, ecco FrancTois. Il vivace du Toit si fece strada sino al loro tavolo. Buonatale, amici. Permettete che vi offra da bere? Molto gentile da parte sua. Candv gli diede un bacio. Ma li guardi; guardi che facce allegre. CTIe c'è che non va, Duff? Duff gli rispose con un sorriso sbilenco. Tre sterline e sedici scellini, ecco che cosa non va. Siamo a terra, completamente a tcrra.> Gott, mi dispiace. Credevo che vi stesse andando bene. E tutto il mese che sento il frantoio in movimento. Pensavo che, a quest'ora. f`oste ormai ricchi. < 01-, certo che il frantoio è stato sempre in movimento. Solo che l oro ricuperato non basta nemmeno a tappare l'orecchio d una pulce. Sul serio ? Ma come, non stavate lavorando la Barriera Numero l'no'.' La Barriera Numero Uno! Comincio a credere che si tratti di una favola. Abbiamo scavato un pozzo inclinato sino a cinque metri di profondità, e della Numero Uno nemmeno l'ombra. Flan~Tois stette a fissare il proprio bicchiere, assorto. Quello che sto per dirvi, lo dico a voi tre soltanto. Se andate a raccontarlo in giro, io salto, è chiaro? I tre assentirono. Sino a questo momento, la Numero Uno è stata rinvenuta solo in due punti. Da noi nella conccssiolle Jack and Whistle, e dai fratelli Heyns, a quanto mi isulta, nella concessione Cousin Jock. Ora vi faccio il disegno. Prese un coltello e si mise a tracciare linee nella salsa del piatto di Sean. Questa è la Barriera Centrale, che corre abbastanza rettilinea.
Qui sono io, qui c'è la CousinJock, e qui siete voi, nel mezzo e a fianco della concessione del dottor Sutherland. In fondo alla Jack and Whistle, la Centrale e la Numero Uno corrono parallele, a un mezzo metro l'una dall'altra; ma prima di alli~are al confine della Candy Deep, la distanza è già aumentata a ulla ventina di metri. Al confine della Cousin Jock, in~-ece, Sol10 di IlUoV0 piU vicine: quindici metri. Io direi che le due bar r iere 434 SELEZIONE DEL LIBRo formano una specie d'arco, in questo modo. E disegnò il tracciato. La Centrale è la corda, e la Numero Uno è l'arco vero e proprio. E nella Candy Deep la Numero Uno ci passa, ve lo dico io. Solo che non sapete dove scovarla. Ma dammi retta, Duff: scavate una trincea ad angolo retto con la Barriera Centrale, e ci arriverete. Dopo di che mi offrirete voi da bere. Finito il discorso di Francois, Duff si adagiò contro lo schienale del]a sedia. Averlo saputo un mese fa! Ora come facciamo a tTovare i quattrini per scavare la nuova trincea e per tenere il frantoio in funzione ? Vi farei volentieri un prestito, ma con quel che mi paga il signor Hradsky... Franc,ois scrollò le spalle. Vi occorrono duecento sterline e io non le ho. Candy, intanto, era stata ad ascoltare e a riflettere. Purtroppo, io ho appena comprato dieci appezzamenti di terreno a Johannesburg, il nuovo villaggio in fondo alla valle, e cosí sono a corto anch'io disse. Però, sino a cinquanta sterline ci arrivo. Candy, ti adoro rispose Duff. Vorrei che fosse vero. Ci vogliono ancora centocinquanta sterline. Duff si affrettò a cambiare discorso. Seguí un lungo silenzio; poi, Duff si mise a sorridere. Scrutò Sean. Come ti senti, figliolo mio? Sempre un torello? Certo. E a coraggio come stiamo? Andiamo, Duff, spiegati. Non mi piace quel tuo sguardo. Duff trasse di tasca un taccuino e si mise a scrivere. Poi, strappò il foglietto e lo porse all'amico. Affiggeremo in ogni locale questo manifesto dichiarò. Sul foglietto, Sean lesse: IL GIORNO Dl CAPODANNO IL SIG. SEAN COURTENEY CAMPIONE DEI PESI MASSIMI DELLA REPUBBLICA DEL TRANSVAAL, 51 BATTERA CON CHIUNQUE VOGLIA SFIDARLO DAVANTI AL CANDY S HOTEL. BORSE Dl SFIDA, 50 STERLINE L UNA. PREZZO PER GLI SPETTATORI, 2 SCELLINI A TESTA Candy aveva letto anche lei, da sopra la spalla. Idea stupenda! Io organizzo un buffet freddo, a due scellini a testa. Francois non volle essere da meno. Io provvedo all'affissione dei manifesti. E mando un paio di uomini a montare il ring. L'ORo E UNA FEBBRE ,3~
Ho messo Mbejane in attesa, di fianco all'albergo. Se scoppia una buriana, uno di noi deve buttargli la valigia, e lui se la darà a gambe verso il veld. Sean era sdraiato sul letto di Candy, con le mani intrecciate sotto la nuca. Calmati, amico. Mi stai innervosendo. Entrò Francois. Abbiamo già incassato cinquanta sterline annunciò. Sul tetto c'è una masnada che si godrà lo spettacolo a ufa. Se faccio tanto d'avvicinarmi, si mettono a tirarmi bottiglie addosso. Reclinò la testa, tendendo l'orecchio. Li sentite? Stanno perdendo la pazienza. Vi conviene sbrigarvi, se non volete che vengano a portarvi fuori di forza. Sean si levò in piedi. Sono pronto. l: ranc,ois ebbe un attimo di esitazione. Duff, ti ricordi Fernandes, quel portoghese di Kimberley? Dio Santo! Non dirmi che è qua! C'è un gruppo di cercatori che si è messo insieme e gli ha telegrafato per farlo venire. E arrivato mezz'ora fa, con la diligenza diretta. Duff guardò Sean con occhi tristi. Ti va male, figliolo. Francois cercò di attenuare la botta. Gli ho detto che i primi hanno diritto di precedenza. E il sesto, nella fila, sicché Sean avrà comunque modo d'intascarsi un paio di centinaia di sterline. Poi, possiamo sempre dire che ormai è troppo stanco, e chiudere l'incontro. Sean domandò con interesse: Questo Fernandes... è pericoloso ? Pensavano proprio a lui, quando hanno inventato quella parola. Vediamo un po' come si presenta. Sean fece strada verso l'esterno. Sulla veranda, il portoghese spiccava come un gorilla in mezzo a una gabbia di scimmiette. Aveva il petto coperto da uno spesso strato villoso. Hai una bilancia per pesarli? domandò Duff a Franc~ois. No, ma ho Gideon Barnard, il mediatore di bestiame. In vita sua, non ha fatto altro che pesare animali a occhio. La folla fece largo, al passaggio di Sean e Duff, che procedettero verso il ring. Varie mani s'allungarono per battere sulla schiena del pugile. Jock Heyns, l'arbitro, palpò le tasche di Sean. Tanto per la regola si scusò. Niente ferramenta, sul ring, lo sa. Poi, fece segno a un uomo alto e bruno, che se ne stava appoggiato alle corde masticando tabacco. Le presento il signor Barnard, nostro giudice del peso.Allora, Gideon, che dici? Il giudice proiettò uno schizzo marronastro dall'angolo della bocca. Novantacinque. Jock alzò la mano e ottenne un certo silenzio. Signore e signori, abbiamo oggi l'onore d'avere tra noi il signor Sean Courtenev, campione dei pesi massimi della Repubblica... Fai addirittura del mondo! lo interruppe una voce. ...che sosterrà sei incontri per una borsa di cinquanta sterline ognuno. Applausi e grida prolungate. Il primo sfidante, signor Anthony... Fermo! gridò Sean. Chi ha detto che è il primo? Jock Heyns aveva gonfiato i polmoni, prima di pronunciare il nome; ma a questo punto espulse l'aria con un sibilo. Cosí ha disposo il signor du Toit rispose. Io mi batto, e io li scelgo ribatté Sean. Per primo, voglio il port... La mano di Duff era scattata a tappargli la bocca. Sei pazzo ? gli bisbigliò l'amico, con voce disperata. Prenditi prima quelli facili. Sean gli respinse la mano con vigore. Voglio il portoghese! Scherza fèce Duff, con un sorriso teso, rivolto alla folla; poi si rivoltò contro Sean. Tu sei pazzo, ti dico. Fernandes è un cannibale. Lasciagli prendere Fernandes berciò un uomo dal tetto dell'albergo. Ed era chiaro che era pronto a ribadire l'invito col lancio di una bottiglia. Sta bene s'affrettò a concedere Jock Heyns. Ecco a voi il primo sfidante, che pesa... lanciò un'occhiata a Barnard, poi ne ripeté il giudizio: che pesa centoquindici chili. Il signor Felezardo de Silva Fernandes. Tra un fragore di applausi e di grida, il portoghese entrò con movimenti da gorilla nel ring. Sean aveva visto Candy a una finestra dell'albergo, e, a questo punto, le fece un segno di saluto. Lei gli rispose -mandandogli un bacio con ambe le mani, e in quell'istante, T revor Heyns, il cronometrista, sonò il gong. Sean udí il grido d'av~ vertimento di Duff.
Quasi contemporaneamente, si sentí attraversare il cervello da un lampo, e si ritrovò seduto ai piedi della prima fila di spettator i. Scrollò la testa. Sí, era ancora attaccata al collo. Si accese in lui una vampa di collera Sei... stava contando Jock. Il portoghese era appoggiato alle corde. Avanti, torna qua, bel pupetto.e ho ancora tante, sai. Sette... otto... Sean riuscí a rimettersi in piedi e partí alla carica. Rafforzato dalla velocità della corsa, il suo pugno urtò con un tonfo contro la bocca di Fernandes. Poi, le corde catapultarono di nuovo Sean tra la íolla.Ia il portoghese era a terra. Ma se norl eri nemmeno dentro il ring protestò uno spettatore che aveva scommesso sul portoghese Come hai fatto a colpirlo Cosí rispose Sean, dando dimostrazione della tecnica. Lo spettatore ricadde pesantemente a sedere e Sean rientrò nel quadrato scavalcando d'un balzo le corde. Jock Heyns era a metà del conto, quarldo Sean s'accostò al portoghese e l'aiutò a rimettersi in piedi. Lo rimise in bilico sulle gambe, e gli allungò un altro diretto. Uno-due-tre... riprese a contare Jock, e, questa volta, arrivò indisturl)ato a dieci. Poi, alzò il braccio destro di Sean tra le urla del pubblico. Ecco il vincitore! Dieci minuti di riposo prima del prossimo incontro... I secondi sono pregati di venire a ritirare la lolo roba e indicò il portoghese steso a terra. Duff incassò la borsa e la lasciò cadere nella valigia. Poi, condusse Sean a sedersi nella veranda. Bravo, figliolo. Incontro non molto ortodosso, ma molto spettacolare. L'avversario successivo era il signor Anthony Blair. Ma non ci mise spirito. Si moveva con grazia, sí, ma sernpre nelle direzioni che lo tenessero senza possibilità d'errore lontano dai pugni di Sean. Ha l'istinto della lunga distanza commentò qualcuno. Attento, Courteney, ti farà crollare con la maratona! L'inseguimento finí quando Sean, che cominciava a sudare lievemente, chiuse l'avversario in un angolo, e lo finí. Al terzo avversario venne improvvisamente un dolore al torace. Norl sono in condizioni di combattere. Che sfortuna si dolse, tutto allegro. Una sfortuna indicibile convenne Duff. Dovrà rinunciare alla borsa a favore dello sfidante. la come, non vorrà mica approfittare di uno che sta male.' l'rovi a impedirlo gli suggerí Duff, affabile. Jock presentò il quarto contendente. Il signor Martin Curtis, campione dei pesi massirni della Georgia, Stati Uniti. Gideon Barnard aveva già attribuito all'americano lo stesso peso di Sean: novantacinque chili. Sean strinse la mano all'avversario, e da quel contatto capí che, finalmente, avrebbe avuto un incontro vero e proprio. Lieto di conoscerla disse l'americano con voce morbida, ma la stretta era vigorosa. Ai suoi ordini, signore rispose Sean, allungando il primo colpo. ma riuscendo solo a sfondare l'aria nel punto in cui, un attimo prima~ si era trovata la testa dell'avversario. Poi, emise un suono raue( I quando un pugno gli urtò in pieno il petto, e rinculò, guarding-) Dalla folla si levò un sospiro, mentre tutti si mettevano a sederc soddisfatti. Finalmente, ecco lo spettacolo che erano venuti con l`intenzione di vedere. Il match procedette via liscio. Tonfi di nocche contro la carne, i ruggiti del pubblico, il respiro affannoso dei due pugili, lo struscio dei loro piedi. Jaaa! L'urlo belluino lacerò il silenzio come il suono d'una sirena di nave. Sean e l'americano si separarono e si volsero, cosí come fecero tutti, verso l'albergo.
Sulla veranda, di nuovo in sé, c'era Fernandes. Il portoghese agguantò un tavolo - uno dei migliori che Candy avesse - e ne staccò due gambe come si staccano le cosce da un pollo arrosto. Francois, la valigia! gridò Sean. Francois la abbrancò immediatamente e la scagliò, facendola volare sopra la folla. Nel seguirne la traiettoria, Sean trattenne il fiato; poi, con sollievo, vide Mbejane raccogliere il lancio e sparire dietro l'angolo dell'albergo. Jaaa! Brandendo una gamba del tavolo nella destra e l'altra nella sinistra, il portoghese si scagliò contro il pubblico che lo separava da Sean. Il pubblico si sparpagliò. Possiamo rimandare l'incontro a un altro momento? domandò Sean all'americano. Ma certo. Stavo per chiederglielo anch'io. Fernandes si fermò, si erse e compí il primo lancio. La garr.ba del tavolo, ronzando come le ali di un fagiano quando spicca il volo, passò sopra la testa di Sean a poco piú di un centimetro. Poi, Fernandes riprese l'avanzata, e la velocità con la quale Sean e Duff se la diedero a gambe fu tale, che, al confronto, quella precedente del signor Blair, si riduceva a poco piú del passo di una lumaca. Fernandes, con la miglior buona volontà, non avrebbe mai avuto la possibilità di acciuffarli. Fran~ois arrivò alla Candy Deep poco dopo mezzogiorno, con la notizia che il portoghese, dopo aver pestato tre suoi sostenitori, se n'era ripartito per Kimberley con la diligenza delle dodici.
Dl FF E SEAcontinuarono a tenere il frantoio in funzione. Finché il suo clangore per la vallata continuava a diffondersi, tutto andava bene. Tutti erano convinti che stessero sfruttando una vena redditizia, e li lasciavano in pace. Tuttavia, il denaro che entrava nelle fauci del frantoio era dimezzato, quando ne usciva dalI`altra parte sotto la forma di quei malinconici pisellini gialli. Comunque, Sean e Duff s'erano accinti, nel frattempo, a scavare la nuova trincea, sbranando il suolo, facendo esplodere la dinamite e, non appena le ultime pietre ricadevano dal cielo, tuffandosi, squassati dalla tosse provocata dal fumo acre, a sgombrare la roccia divelta e a disporre le nuove cariche. Fu un lavoro piú lungo di quanto avessero previsto, e il quindici febbraio Duff andò da Candy a chiedere un altro prestito. Sean stette a guardarlo scendere a piedi giú per il declivio (i cavalli li avevano venduti alla chetichella una settimana prima), e recitò una breve preghiera, la prima che recitasse da molti anni a quella parte. Duff torno nella tarda mattinata. Si fermò sul ciglio della trincea e guardò Sean che inseriva la dinamite in buca, per lo scassamento successivo. Cosí va bene, figliolo. Forza, vai avanti. Sean levò verso di lui gli occhi arrossati dalla polvere. Quanto ? domandò. Altre cinquanta. Ed è l'ultima volta, o almeno cosí ha detto. Sean notò un pacco che Duff teneva sottobraccio. Cos'è quella roba.l Carne di prima qualità spiegò Duff, con ur- sorriso malizioso. Niente sbobba, oggi. Carne. Sean ripeté la parola accarezzandola con la voce. Poco cotta. Salata quanto basta. E tu accanto a me, a cantare in mezzo alla landa selvaggia. Su, accendi quelle micce, e mettiamoci a tavola. I n'ora dopo, percorsero uno accanto all'altro la nuova trincea fino al punto in cui giacevano, accumulate, la terra e la roccia fatte saltare di recente. Sean avvertí l'emozione formicolargli su per le braccia e comprimergli i polmoni. Poi, le dita di Duff che gli serravano una spalla come un artiglio. Dita che tremavano.
Aveva l'aspetto di un serpente, di un pitone grasso e grigio, che strisciava lungo una parete della trincea, scomparendo per un tratto sotto un ammasso di macerie fresche e ricomparendo dall'altra SELEZIO NE DEL LIBRO parte. Duff fu il primo a riscuotersi. S'inginocchiò e raccolse un pezzo della vena, un blocco grosso, grigio-maculato, e lo baciò. Dev'essere la Numero Uno. Eh, Duff? Abbiamo fatto centro. Niente piú sbobba bisbigliò Sean, e Duff scoppiò a ridere. Poi, si mise a ridere anche Sean, e tutti e due, sfrenatamente, come folli, lanciarono il loro urlo di trionfo. LASCIAMELO tenere ancora una volta disse Sean. Duff gli passò il lingotto, e lui lo resse con entrambe le mani. Aveva le dimensiorli di una scatola di sigari. Una decina di chili li pesa tutti! In due giorni di lavoro abbiamo piú che ricuperato tutte le nostre spese Posò il lingotto sul tavolo, tra sé e l'amico che gli stava di fronte. Alla luce della lanterna, mandava minuti sorrisi scintillarlti, e Duff, protendendosi, lo accarezzò. La superficie, uscita dal]a rozza cassetta di colata, era scabra. on riesco a tenergli via le mani di dosso confessò, compunto. Nemmeno io. Tra un paio di settimane, potremo pagare a Candy quel che le dobbiamo per le concessioni. Duff,rli diede un colpetto sul braccio, con indulgenza. Ascoltami, figliuolo. Con Candy abbiamo un'opzione di tre anni. E~ dimmi, quanta £,rente, qua, ha soldi a disposizione Sean lo guardo confuso. Be', noi ne abbiamo, adesso. E ... e... E nessun altro. Cioè, nessun altro finché non torna Hradskv. E i fratelli Hevns? Sono loro che hanno messo allo scoperto la Barriera l~umeró Uno. Certo. Ma non gli servirà a niente, finché non ricevono il macchinario che hanno ordinato in Inghilterra. Va bene, e allora?> Sean non capiva bene dove Duff voles~e andare a parare. Anziché saldare subito il debito con Candy replicò l arnico~ battendo una mano sul lingotto, di questo, e di tutti i fratellini che lo seguiranno, ce ne serviamo per comprare il maggior nurnero possibile di concessioni. Tanto per cominciare, tra noi e la Jack and Whistle c'è quella del dottor Sutherland. Poi, dovremo cornmissionare un paio di frantoi grossi, di quelli a dieci aste, e quarldo si metteranno a sputare oro, noi lo investiremo nell'acquisto di terreni, nel finanziamento di fabbriche di mattoni, di officine meccaniche, di compagnie di trasporto, e tutto il resto. Te l'ho già detto, C sono tanti altri modi per fare oro, oltre a quello di scavarlo. Sean lo scrutava in silenzio. Soffri le vertigini? gli domandò Duff. Lui negò con un cenno del capo. I,'ORO E UNA FEBBRE 4~r Bene. Guai a te se fosse diversamente. Perché stiamo per salire dove volano le aquile. Tu stai per avere mano nel piú grosso stermlmo finanziario che questo paese abbia mai Vlsto. on ti pare che sarebbe meglio... be', andarci un po' piú cauti ? Acciderba, Duff, in fondo, sono appena due giorni che abbiamo commciato a sfruttare la vena, e... E abbiamo già fatto mille sterline lo interruppe Duff. E da tutta la vita che aspetto un'occasione del genere. Siamo in testa a tutti, in questo giacimento.
Dobbiamo buttarci a capofitto e íàrlo completamente nostro. La mattina dopo, Duff convinse il dottor Sutherland a cedergli v enticirlque concessioni. L'inchiostro del contratto non era ancora asciutto, che già Duff era in sella, diretto da Ted Reynecke, proplietario delle concessioni dall'altra parte della Cousin Jock.el gilo di sette giorni, Duff comprò piú di cento concessioni, indebitando se stesso e il socio per quarantamila sterline. Sean badava al frantoio e si rodeva le unghie. Duff, ti sta dando di volta il cervello sbottò un giorno, con voce supplichevole. l nlilerno In rovina. uanto abbiamo estratto sino ad oggi dalla Candv l)eep ' l'er quattromila sterline. < l)icci giorni per fare il dieci per cento dei nostri debiti... e con Ull rniserabile frantoio a quattro aste, per giunta. Tienti salclo, figliuolo. Domani firmo il contratto d'acquisto delle quararlta concessioni dall`altra parte della Jack and Whistle. Le avrei avute addirittura oggi, se quel greco della malora non tenesse duro per stlappalci mille sterline al pezzo.li sa che dovrò cedere. Sc~ol si premette le tempie. Io me ne vado a letto. Dovrò sostituilli di nuovo al turno, se hai intenzione di trascorrere la giornata a n~andarci a catafascio. \on c'è bisogno che tu mi sostituisca. Ho assunto quell'ameI`iCallo,\lartin Curtis... quello col quale hai interrotto l'incontro cli pugilato. Combinazione vuole che sia minatoreDunque, puoi ~CIIil` giú in paese con me e stare a guardarmi mentre ti faccio l`iCco. Ho appuntamento col greco all'albergo di Candv, alle nove. .-~I T I DIECIil greco non si era ancora visto. Sean, per il sollievo, si f`ece ciarliero E un segno della provvidenza, Duff Il buoll l)io ci ha visti, seduti qua, pronti a fare il piú grande sbaglio della nostla ~-ita, e ha detto: "~o, non posso permetterglielo.arò che il greco si rorrlpa una gamba. Non debbo lasciare che una cosa similc acCa(IL1 a due cosí magnifici ragazzi". I)uíguardò l'orologio. Avanti, muoviamoci! Signorsí rispose Sean, scattando in piedi. Non t'illudere. Andiamo dal greco, non a casa. Cavalcarono sino agli Angeli Luminosi, ed entrarono assieme nel locale. Il greco, seduto a un tavolo, dava loro le spalle, e la scriminatura, tra le onde nere e unte dei suoi capelli, sembrava una linea tracciata col gesso. Gli occhi di Sean si spostarono sugli altri due uomini seduti al tavolo. Il piú giovane era magro, con la pelle olivastra ben tesa sugli zigomi. Le labbra erano purpuree, e gli occhi bruni, frangiati da ciglia femminee, languidi. L'altro aveva una figura di cui si sarebbe detto che fosse stata plasmata nella cera e poi esposta alla fiamma. Le spalle spioventi e il corpo a forma di pera reggevano a stento la cupola glabra della testa, incorniciata di capelli solo sulle orecchie e sulla nuca. Ma non c'era niente di comico negli occhi giallastri e scintillanti. Hradsky bisbigliò Druff a Sean, e, nell'attraversare la stanza per accostarsi al tavolo, sorrise. Salve, Nikky. Non avevamo un appuntamento ? Il greco si voltò di scatto. Signor Charleywood, è lei! Mi scusi tanto: sono stato trattenuto, e s'è fatto tardi. Già, ci sono tanti briganti nei boschi ribatté Duff. Hradsky arrossí fino alla radice dei capelli. Poi, il rossore svaní. Ha già venduto? continuò Duff. Il greco assentí con aria di disagio. Mi dispiace, signor Charleywood, ma il signor Hradsky ha pagato quello che chiedevo io, e senza tentar di tirare sul prezzo. In contanti, per di piú. Lo sguardo di Duff si spostò adagio verso l'altra parte del tavolo. Salve, Norman. Come sta tua figlia? Questa volta, il rossore di Hradsky fu una vampa. Aprí la bocca, emise due volte un suono strozzato, poi la richiuse. Duff si rivolse con un sorriso all'uomo piú giovane, quello con la pelle olivastra: Rispondi tu per lui, Max .
444 SELEZIONE DEL LIBRO Gli occhi bruni si abbassarono. La figlia del signor Hradsky sta molto bene. Si è sposata subito, vero, dopo la mia partenza involontaria da Kimberley? Mossa accorta,ormanMolto piú accorta di quella di aver sguinzagliato i tuoi scherani per farmi abbandonare la città. Non sei stato molto cortese, sai? Silenzio generale. D-d-dobbiamo vederci, uno di questi giorni, e f-f-farci una chiacchierata sui bei tempi di una volta continuò Duff. Mentre tornavano verso il giacimento, Sean gli disse: Se la figlia è come lui, sei stato fortunato a svignartela . Non è come lui. E come un grappolo d'uva matura.Ia non sottovalutare il padre: la balbuzie è il suo unico punto debole. E grazie a Max - l'onnipresente Ma~, il suo buffone di corte - ha superato anche quello. Dentro quel monumentale cranio, ricordalo, c'è un cervello fulmineo e spietato come una ghigliottina Adesso che è arrivato qua, dovremo galoppare, per non restare indietro.> NELLE SETTIMANE successive, I unione tra Sean e Duff si rassodò definitivamente. Con la sua loquela magica e il suo sorriso fascinatore, Duff era il pozzo di scienza mineraria, l'uomo che teneva a bada i creditori scalpitanti, l'ideatore di piani audacissimi e brillanti. Ma, dato il carattere incostante e irrequieto del suo dinamismo, presto perdeva interesse alle cose, e toccava a Sean di bocciare le idee piú avventate e di dare impulso alle altre. Sean arrivò a capire come mai, sino ad allora, Duff non si fosse mai affermato; ma, d'altra parte, si rese conto che, senza l)uff, lui non avrebbe saputo come cavarsela. Con profonda ammirazione, osservò il modo in cui l'amico riusciva a tenere in funzione il frantoio, servendosi soltanto della scarsa quantità d'oro estratta dalla Candy Deep, e come, di tale produzione, si servisse per pagare i debiti alla scadenza, riuscendo, ciò nonostante, a mettere da parte il necessario per pagare i nuovi frantoi che avevano ordinato a Londra. Era come un giocoliere che giocasse con i tizzoni ardcnti: tienne in mano uno piú del necessario, e ti scotti; e Duff - I`intimamente incerto Duff- aveva in Sean una parete alla quale appoggiarsi nei momenti di difficoltà. La corporatura massiccia di Sean, e la sua determinazione ancor piú salda, gli davano un senso di pace, il medesimo senso che si prova quando si è su una montagna amica. Costruirono nuovi edifici: magazzini, un locale per il raffinamento del metallo, baracche adibite agli alloggi. La montagna biallca delle scorie si alzava di giorno in giorno. L'intera vallata stava 1 L'ORO E UJFEBBRE 44~ mutando aspetto. I nuovi frantoi di Hradsky si ergevano fieri sul clinale, finché venne il giorno in cui gli ammassi di scorie che loro stessi a~-evarlo creato ne fecero dei naniJohannesburg, in principio semplice mosaico di paletti di cercatori, pian piano riordinò i suoi accampamenti, sparpagliati alla rinfusa, in una parvenza di sistemaziorle urbana, lungo le sue vie. Il Comitato dei Cercatori fece costruire sul Natal Spruit un ponte. Comprò un carro per inr-laffiare ]e strade polverose e proibí le sepolture a meno di due chilometri dal ccntro dell'abitato.
Sean e Duff, per dimostrare la loro fede nello sviluppo del giacimento, comprarono in città venticinque appczzamc nti di terreno, a cinque sterline l'uno. E ogni giorno~ lungo la strada da Natal e dal Capo arrivavano altri carri e altri u-)mirli. Tn giorrlo, Duff tornò dal paese con un telegramma. Il macchinario era arrivato. Quello dei fratelli Heyns viaggiava sulla medesirna nave, perciò Jock e Duff scesero a Port Natal insieme. I,í, n-)leggialono cento carriaggi, e portarono il carico a Johannesburg in ulla volta sola. Erano al bar di Candy, a togliersi di gola la polvere, quando l)uff lanciò a Jock una sfida: Scommetto che mettiamo in funZiollC i nostri frantoi prima di voi. Chi perde, paga per il trasporto di tutto il carico . < -~ccettato. Anzi, faccio di piú: ci scommetto anche cinquecento sterline in colltarlti. Sean diede a Duff una gomitata tra le costole: Ma non possiamo permettercelo protestòPurtroppo, tuttavia, Jock aveva accttato al volo anche questo rialzo. CoII oC.-~RO~C) un frantoio nella Candy Deep, l'aitro nella nuova concessiolle dall'altra parte della miniera Cousin Jock. Assoldarono a Johannesburg due squadre di uominiCurtis ebbe la direzione della prima, e Sean la direzione dell'altra. Ogni volta che pass~lva accanto alla Cousin Jock, Duff guardava a che punto fossero i lavori. (:`i stanno tallonando, Sean disse un giorno, innervosito.< Le loro caldaie sono già montate e in grado di tenere la pressione. ~la il giorno dopo era di nuovo sorridente. Hanno scarseggiato col cemento, nel fare la piattaforma, e la piattaforma ha cominciato a sgretolarsi, quando ci hanno messo sopra il frantumatore. l)ovlallno rifare la colata. clle taverne, le scommesse subivano fluttuazioni repentine. IJn sahato, Erancois arrivò alla Candy Deep a riferire: Agli Angeli 446 SELEZIO~NE DEI I IBRO Luminosi vi stanno dando per uno a tre. Calcolano che gli Hevns finiscano entro la fine della settimana ventura. Torna in paese e punta altre cinquecento sterline per conto mio. Sean tentennó il capo, disperato; ma Duff lo tranquillizzó: Figliolo, è impossibile che perdiamo. Quell'ingegnere dilettante parlo di Jock Heyns - ha montato le ganasce del frantumatore al rovescio. Me ne sono accorto solo stamane. Avrà una bella sorpresa il giorno che tenterà di mettere il maechinario in moto. Dovrà smontare tutto e rieomineiare da eapo . Duff aveva ragione: riuscirono ad avviare entrambi i frantoi con quindici ore abbondanti di anticipo sui fratelli Heyns, e, da quel momento, per Sean e Duff fu una vera pioggia di soldi. Lo scherzo di natura geologica che aveva inarcato la Barriera Numero Uno, allontanandola dalla Principale, l'aveva nel contempo arricchita. Una sera, Sean e Duff stavano mettendo una palla d'amalgama nella storta, e c'era anche Fran~cois. Gli occhi dell'ometto parvero voler schizzare dall'orbita, mentre osservava il mercurio che evaporava. Eh, Francois, l'hai mai vista una vena piú ricca ? gongolò Duff. La Jack and Whistle non ne dà nemmeno la metà rispose l'interpellato, scotendo la testa. Lo scoperto che avevano in banca s'abbassò come un barometro all'approssimarsi di un uragano. I commercianti cominciarono ad essere con loro tutti sorrisi. Candy li baciò tutti e due, quando andarono a saldare in pieno il debito che avevano con lei, e in piú le diedero l'interesse del sette per cento.
Dopo di che, reinvestí il capitale nella costruzione di un nuovo albergo in centro: un palazzetto di due piani, con un lampadario di cristallo nella sala da pranzo e un sontuoso appartamento, che Duff e Sean affittarono subito in esclusiva, con l'intesa che, se mai la Regina fosse venuta in visita a Johannesburg, le avrebbero concesso di occuparlo lei. In previsione del quale avvenimento, Candy battezzò l'appartamento "Victoria Rooms". Con un po' di persuasione, Fran,cois fu indotto ad abbandonare Hradsky e ad assumere la direzione della Candy Deep. Martin Curtis fu nominato sovrintendente del frantoio montato nelle nuove concessioni, battezzate Little Sister Mine(*). Quest'ultima miniera, benché assai meno produttiva della Candy Deep, rendeva ugualmente ogni mese un piccolo, bel capitale, giacché Curtis valeva nel lavoro non meno che nel pugilato. (*) Miniera Sorella Minore. (N. d. T.) L'oRO E UNA FEBBRE 447 In capo alla fine di agosto, Sean e Duff non avevano piú debiti le concessioni erano di loro completa proprietà; e, in piú, possedevano capitali da reinvestire. Si costruirono un palazzo per uffici un edificio di due piani e di una ventina di stanze, coi pavimenti di olmo'e le pareti ricoperte di pannelli di quercia, tenendone per sé una parte e affittandone il resto. Poi, quando si resero conto che, in un trimestre, il prezzo della terra era triplicato, acquistarono quattrocento ettari di terreno a Orange Grove e altri quattrocento dalle parti di Hospital Hill. Altri capitali furono investiti in fabbriche di mattoni, che presero a lavorare ventiquattro ore il giorno e sette giorni la settimana, per far fronte alla continua richiesta di laterizi. In breve tempo, la loro impresa di trasporti raggiunse una dotazione di quattrocento carriaggi che facevano quotidianamente la spola tra Port Natal e Lorenzo Marques. In capo a dicembre, Johannesburg aveva già i suoi milionari: Hradsky, i fratelli Heyns, Karl Lochtkamper, Duff, Sean e una decina d'altri. Erano i padroni della città, l'aristocrazia del Wit~-atersrand. Una settimana prima di Natale, Hradsky, il loro re non di diritto ma di fatto, li invitò tutti a un incontro in una sala del Candy's Hotel. Non mancò nessuno, perché, qualunque iniziativa Hradsky prendesse, una cosa era certa: profumava di quattrini. Duff e Sean arrivarono per ultimi, quando l'atmosfera della sala era già carica di spasmodica attesa. Hradsky si afflosciò su una poltrona, e il fedele Max sedette in silenzio accanto a lui. Gli occhi del magnate ebbero un breve lampo nel vedere Duff, ma la sua espressione rimase impassibile. Non appena Duff e Sean si furono messi a sedere, Max si levò in piedi. Signori, il signor Hradsky vi lra invitati qua per sottoporvi una proposta. rl utti si protesero, e Max li guardò con quei suoi occhi neri e malinconici. Capita di tanto in tanto proseguí, che uomini della vostra posizione desiderino trovare altri capitali per nuove impr ese, e che altri, provvisti di denaro fermo, abbiano interesse a trovare nuovi sbocchi di investimento. Sino ad oggi, a JohannesI)urg, non abbiamo avuto un luogo di riunione adatto all'incontro di queste reciproche necessità, e il signor Hradsky vi ha invitati qua appunto per questo: studiare la possibilità di creare una Borsa. Finito il discorsetto, Max si risedette, e ciascuno, in silenzio, soppesò la proposta alla luce di un'unica domanda: che utile ne ricaverei io 7a, è una buona idea si espresse per primo Lochtkamper. E davvero quel che ci occorre. Io ci sto. 448 SELEZIONE DEL LIBRO Mentre formulavano progetti e discutevano di quote e di regolamenti, Sean stette ad osservare le facce di tutti quegli uomini.
Uomini inaspriti, uomini felici, uomini silenziosi e uomini fragorosi; ma tutti con una cosa in comune: il baluginio vorace degli occhi. Era mezzanotte, quando finirono. Max si alzò di nuovo. Signori, il signor Hradsky vi sarebbe grato se voleste brindare con lui alla nuova iniziativa. Non riesco a crederci commentò Duff. Presto, acciuffate un cameriere, prima che cambi idea. Hradsky si coprí gli occhi con una mano, per nascondere l`odio che Vi S; era acceso.
COLA creazione della sua propria Borsa, Johannesburg divenne veramente una città. Loiconobbe anche il Presidente Kruger, che, nel giro di pochi anni, depose il Comitato dei Cercatori, inviò le proprie forze di polizia e riformò le leggi fiscali con particolare riguardo alle entrate minerarie. In ogni modo, Kruger o non Kruger~ il centro continuò a crescere, invadendo di prepotenza il circostante zeld. E Sean e Duff crebbero con esso. Il loro tenore di vita piano piano mutò: le visite che facevano ai giacimenti si ridussero a una semplice ispezione settimanale, il loro orizzonte si restrinse sino ad abbracciare unicamente gli uffici tappezzati di pannelli in Eloff Street, sede della loro compagnia, le Victoria Rooms e la Borsa. Eppure, nei limiti angusti di quel mondo, Sean trovò un'emozione che non aveva mai immaginato potesse esistere.-~Il'improvviso, s'accorse che la possibilità di vivere di piú di cinquemila uomini dipendeva da lui. Era una gran soddisfazione vedele come la gente lo guardava per la strada e si faceva da parte quando, con Duff, attraversava ogni mattina la sala della Borsa, per andare a sedersi in una poltrona di cuoio, nella saletta dei soci. E quando, prima che cominciassero le contrattazioni, restava a parlare sottovoce con l'amico, anche gli altri pezzi grossi li tenevano d'occhio. Hradsky, i fratelli Heyns, Karl Lochtkamper... chiunque avrebbe dato volentieri la produzione di un giorno dei propri giacirnenti pur di poter sentire quel che quei due stavano dicendosi. Comprare! diceva Sean; e Comprale! Comprare! Comprare! vociava il branco. Le quotazioni salivano di scatto, poi crollavano non appena Sean e Duff ritiravano i loro capitali per metterli a frutto aitrove. Finché, una mattina di marzo, Max si alzò dalla poltrona accanto a Hradsky, attraversò la saletta e si accostò a loro. Quasi con L'ORO E UJ~A FEBBRE 449 l'aria di chiedere scusa, porse loro un fascio di carte. Buon giorno, signor Courteney; buon giorno, signor Charleywood. Il signor Hradsky mi ha pregato di consegnarvi questo progetto di emissione di. azioni perché lo esaminiate. Può darsi che la relazione allegata vi interessi, e non occorre dire che si tratta di un documento estremamente riservato. Il signor Hradsky ritiene che l'iniziativa meriti tutto il vostro appoggio. Quarldo un uomo che ti odia viene a chiedere il tuo aiuto, sigffifica che sei davvero potente. Dopo quel primo approccio da parte di Hradskv, Sean e Duff ebbero piú volte occasione di lavorare con lui, sebbene il magnate non desse mai segno - sia con una parola, sia con uno sguardo - di riconoscere la loro esistenza. Ogni mattina, quando Duff gli lanciava un saluto insolente, Hradsky aveva un lampo negli occhi e si afflosciava maggiormente nella poltrona. Ma, prima che la campana desse il via alle contrattazioni, Max immancabilmcnte si avvicinava a parlare con i due. Le loro fortune, una volta messe all'opera insieme, erano irresistibili; una volta, nel giro di una mattinata addirittura folle, guadagnarono cinquantamila sterline. ITn bambino inesperto maneggia il suo primo fucile come se fosse Ull giocattolo.
Sean era ancora al disotto dei trent'anni. Il potere clle ormai possedeva era un'arma ben piú pericolosa di qualunque fucile, e, nello stesso tempo, ben piú esaltante, ben piú ricca di soddisfazioni. Sin da principio, s'era trattato di una partita, nella quale Tit~-atersrand rappresentava la scacchiera, e gli uomini e l'oro ]e pedine. Le conseguenze ultime del giuoco erano ancora di là da ~enire, ma l'unica cosa che contasse era il punteggio finale, segnato SU Un estratto conto. Poi, un giorno, all'improvviso, Sean si trovò a capire come non fosse possibile buttare via, come si butta via un giocattolo ormai inUt;1e, Un uomo eliminato dal giuoco. Karl LoGhtkamper, il tedesco ridanciano e cuorcontento, si scoprí. Aveva bisogno di liqnido per mettere in attività una nuova miniera, e cosí contrasse dci debiti firmando cambiali a breve scadenza: prestiti segreti con gellte di CUi pensava di potersi fidare. In tal modo, si rese vulnerai)ile, e gli squali lo fiutarono subito. Da chi si è fatto prestare i soldi? domandò Sean a Max. on lo so, ma riesco a immaginarlo. Il giorno dopo, Max si avvicinò di nuovo a loro. Ha in giro otto cambiali. Ecco l'elenco bisbigliò con voce afflitta. Il signor Hradsky riscatterà quelle segnate con una crocetta. Voi potete occupal v i delle altre? Sí rispose Sean. Alla scadenza delle cambiali, le onorarono e diedero a Karl ventiquattro ore. Karl fece il giro delle tre banche. Ci rincresce, signor Lochtkamper, ma, per questo trimestre, la nostra disponibilità liquida è già tutta impegnata. Desolati, ma le sue cambiali sono in mano del signor Hradsky... Ben volentieri. Purtroppo, però, il signor Charley~ood fa parte del nostro consiglio d'amministrazione. Tornato in Borsa, Karl entrò nella saletta per l'ultima volta. Si fermò al centro del locale, grigio in volto, la voce amara e rotta. Che Dio abbia per voi la stessa misericordia che adesso avete per me, quando verrà la vostra ora! Amici! I miei amici! Sean, quante volte abbiamo bevuto insieme? E tu, Duff, non è stato ieri che mi hai stretto la mano? Un attimo dopo, era già fuori. Il suo appartamento, al Grand North Hotel, distava non piú di cinquanta metri dalla Borsa, e nella saletta dei soci il colpo di pistola si udí nettamente. Quella sera, Sean e Duff si ubriacarono insieme. Che bisogno c'era di farlo? Che bisogno c'era di uccidersi? Nessun bisogno rispose Duff. La verità è che era un rinunciatario. Se avessi saputo ... se appena avessi immaginato! Maledizione, Sean! Ha voluto correre un rischio e ha perso. Mica è colpa nostra. Se fosse stato al posto nostro, si sarebbe comportato nello stessissimo modo. E una storia che non mi piace. E una faccenda ... sporca ! Piantiamo tutto, Duff. In un modo o nell'altro, ora è tutto cambiato; non era cosí, in principio. Sí. Ma domani mattina ti sembrerà ancora diverso. Era vero: la mattina dopo tutto era effettivamente diverso. In ufficio vi fu il solito lavoro affannoso, e in Borsa una certa frenesia. Durante la giornata, Sean pensò a Karl una volta sola, e l'episodio aveva già perso molta della sua importanza. Mandarono al morto una bella corona di fiori. E cosí, Sean si trovò a guardare in faccia la vera natura del giuoco in cui era impegnato. Avrebbe potuto ritirarsene, COII la sostanza che aveva ormai accumulato; ma fare questo avrebbe significato abbandonare il potere che deteneva, e il vizio del potere ormai gli era entrato troppo nel sangue, per poterlo soffocare. Di tanto in tanto, si sentiva dilaniato da un conflitto intimo, ma la lotta si faceva sempre piú debole, e poi c'era Duff a dargli confi)rto. Sean, d'altra parte, non aveva ancora capito che non sempre ciò che Duff diceva e faceva, corrispondeva necessariamente a ciò cl~e Duff pensava. DUFF era seduto nell'umcio di Sean, a fumare un sigaro.
Aspettavano la carrozza che doveva portarli alla Borsa. Era una rigida mattinata invernale, e Duff indossava il cappotto, il cui collo aperto lasciava in mostra il brillante della spilla ferma-cravatta. Dài e dài, uno finisce con l'abituarsi a una donna stava dicendo. Candy, la conosco da appena qualche anno, eppure mi sembra d'essere con lei da tutta la vita. E una gran brava ragazza dichiarò Sean, piuttosto distrattamente, mentre firmava . in fretta un documento che aveva sulla scrivania. E gli anni passano anche per me continuò Duff. Se voglio avere un figlio, un figlio tutto mio ... Sean depose la penna e le labbra gli si incresparono in un sorriso. Be', vedi ... Duff sorrise a sua volta, debolmente. Il fatto è che ... Non terminò mai la frase. Fuori, nella strada, si udí uno scalpitío precipitoso di zoccoli. Seguirono voci agitate, lo scalpiccio di piedi che correvano, e un attimo dopo Martin Curtis, in tuta da minatore e con gli stivaloni di gomma tutti infangati, faceva irruz1one nella stanza. Siamo finiti in una vena di fango, al nono strato! Grossa ? scattò Duff. Abbastanza. Ha già invaso tutto sino al limite dello strato otto. Maledizione! Ci vorranno almeno due mesi a sgomberare tutto. Sean ebbe un attimo di riflessione. Ne ha parlato con qualcuno, qui in città ? Sono venuto qua dritto filato. Alla parete c'erano Cronje e altri cinque uomini, quando è avvenuto lo sfondamento. Torni immediatamente sul posto gli ordinò Sean. Però non corra a precipizio ... non dobbiamo farlo capire a nessuno che siamo nei guai. Non permetta a nessuno di uscire dai confini della miniera. Ci occorre tempo, per vendere. Va bene, signor Courteney rispose Curtis, esitante. Cronje e gli altri sono stati travolti dall'ondata. Devo far avvertire le mogli ? Parlo turco? Voglio che non si sappia nulla di questa faccenda fino alle dieci. Abbiamo bisogno di tempo. Ma signor Courteney! Curtis lo fissò trasecolato, e Sean avvertí il lieve, sconvolgente morso del senso di colpa. Sei uomini affogati in Ima densa massa di fango! Ebbe un gesto incerto. Mica si può... Ma intervenne Duff. Ormai sono morti, e non risusciteranno certo, quei poveretti, anche se awertiamo le mogli prima delle dieci. Vada, vada, Curtis. 452 SELEZIONE DEL LIBRO Nel giro di un'ora vendettero il loro pacchetto azionario della Little Sister. Una settimana dopo, lo riacquistarono a metà prezzo. In capo a due mesi, la Little Sister era di nuovo in piena attività. SUDDIVISERO in tanti lotti il terreno che avevano a Orange Grove e lo vendettero, conservando per sé appena una quarantina di ettari. Su questi cominciarono la costruzione di una palazzina in cui misero tutte le loro energie e tutta la loro fantasia. Duff assoldò il capo-giardiniere dell'Orto Botanico di Città del Capo perché sovrintendesse alla trasformazione in giardino di-tutti i quaranta ettari. I tappeti vennero dalla Persia, i legni dalle foreste Knysna, i marmi dall'Italia. Sul cancello fecero incidere due versi di Coleridge: A XANADU FECE KUBLA KHAN COSTRUIRE UNA MAESTOSA DIMORA D1 GIOIE Ogni pomeriggio, andavano sul luogo e stavano a guardare i muratori all'opera. Un giorno, li accompagnò anche Candy, e tutti e due le mostrarono i lavori di costruzione con la gioia e l'orgoglio di due bambini. Questo è il salone da ballo. Sean compí un inchino. Posso avere l'onore di questa danza? Grazie, mio signore rispose Candy, e volteggiò con lui sulle assi ancora grezze. Lo scalone principale le illustrò quindi Duff. Marmi neri e bianchi. E lassú, sul pianerottolo, in una teca di cristallo, ci sarà la testa di Hradsky, elegantemente imbalsamata, con una mela in bocca. Salirono ridendo i gradini di cemento. La mia stanza continuò Duff. Volevo una vasca da bagno d'oro massiccio, ma Sean dice che è volgare.
Guarda che panorama: si vede tutta la vallata. Che bello commentò Candy, trasognata. Potrebbe essere anche la tua stanza. Lei arrossí e i lineamenti le si irrigidirono, infastiditi. Sean ha detto bene. Sei proprio volgare. Fece per awiarsi alla porta, ma Duff la trattenne per un braccio, costringendola a voltarsi. Stupidella, era una proposta. Lasciami andare. Sull'orlo delle lagrime, lei cercò di svincolarsi dalla stretta. Non mi sembri per niente spiritoso. Candy, parlo sul serio. Vuoi sposarmi? Per poco, a Sean non cadde di bocca il sigaro che stava fumando. Candy restò ferma, immobile, gli occhi inchiodati in quelli di Duff. L' ORO E UNA FEBBRE 453 Allora, sí o no? Vuoi sposarmi? Lei assentí una prima volta, adagio, poi ancora, di scatto. Nel tornare in città, Candy e Duff chiacchieravano tutti allegri. Sean, invece, se ne stava in un angolo dellcarrozza, immusonito. Spero che mi lascerai tenere le Victoria Rooms disse, rivolto a Candy. Che intendi dire? saltò su Duff. Non voglio fare il terzo incomodo. Ma Sean, che sciocchezze! protestò Candy. Duff fu brusco: La casa è grandissima, ci possiamo stare benissimo tutti quanti. Candy posò una mano sulla spalla di Sean. Ti prego, siamo insieme da tanto tempo. E noi due ci sentiremmo soli, se non ci fossi anche tu. Sean emise un brontolio indistinto. Ti prego! insisté allora Candy. Oh, ma sí! fece Sean, con un cipiglio poco cortese.
SEAterminò di fare colazione, raccolse il bastone dal pomo d'oro, il cilindro, e andò nel cortile dell'albergo. Mbejane aveva già preparato la carrozza. Il veicolo s'inclinò leggermente sotto il peso di Sean, un peso che da qualche tempo andava aumentando, e che il sedile imbottito e foderato di pelle accolse con morbida cedevolezza. Sean accese il primo sigaro della giornata. Mbejane gli sorrise. Ti vedo,kosi lo salutò. }io vedo te, Mbejane salutò Sean di rimando. La carrozza uscí dolcemente dal cortile nella strada. Sean posò lo sguardo sulla schiena nuda e dondolante di Mbejane. Il negro aveva Ull che di stonato, con quel perizoma di code di leopardo. Scan s'augurò che il suo segretario non si fosse dimenticato di ordinare al sarto la livrea. I,a carrozza si fermò davanti agli uffici. Il segretario si precipitò fuori, passando sotto la veranda, e aprí lo sportello. Buon giorno, signor Courteney! Sean salí i gradini d'ingresso preceduto di corsa dal dipendente, un ometto di nome Johnson. Buon giorno, signor Courteney! Il saluto venne come un coro da tutte le scrivanie dell'ufficio principale. Sean rispose sollevando il hastone ed entrò nel suo studio privato. Il suo ritratto gli sorrise con sarcasmo da sopra il camino, e lui gli rispose strizzandogli l'occhio. Allora, Johnson, che abbiamo da fare questa mattina? domandò al segretario. Queste istanze, signor Courteney, poi gli assegni per le paghe, e il rapporto sugli sviluppi per gli ingegneri. Inoltre ... 454 SELEZIONE DEL LIBRO Sean si lasciò cadere sulla poltrona. Detestava quel lavoro a tavolino, e, per liquidarlo in fretta, vi si dedicò con tetra concentrazione. Quand'ebbe terminato di apporre la propria firma accanto alle crocette che Johnson aveva meticolosamente segnato a matita sull'ultima decina di documenti, buttò la penna sulla scrivania.
Che altro, ora? Alla una, l'appuntamento col signor Maxwell, il direttore della banca; poi, alla una e mezzo, l'appuntamento con l'agente della Brooke Brothers; e infine, è atteso, insieme col signor Charlevwood alla Candy Deep ... Ah, una cosa ancora. Johnson indicò ún pacco awolto in carta nocciola. Da parte del suo sarto. Ah! Sean sorrise. Mi mandi qua Mbejane. Un attimo dopo, la figura massiccia dello zulú riempiva il vano della porta. .Nkosi ? Mbejane, eccoti la nuova divisa. Sean disfece il pacco e ne estrasse la livrea marrone e oro, adorna di passamanerie. Gli occhi di Mbejane persero di colpo ogni espressione. E per me? Sean si mise a ridere. Ma certo. Su, indossala. Mbejane esitava. Poi, si tolse il perizoma di code di leopardo, s'infilò i calzoni e la giubba e li abbottonò. Sean gli girò intorno. Mica male commentò. Poi, in zulú, aggiunse: Non è bello? Il negro dimenò le spalle, costrette nel panno, e non disse niente. Be', non ti piace? insisté Sean. Quand'ero bambino, una volta sono andato con mio padre a Port Natal a vendere del bestiame. C'era un uomo con una scimmia incatenata. La scimmia ballava, e la gente rideva e le buttava dei soldi. Quella scimmia aveva un vestito proprio come questo. Non era una scimmia felice,kosi . Il sorriso di Sean si spense. Preferiresti tenerti le tue pelli di leopardo ? Il vestito che io porto è il vestito dei guerrieri zulú. Sean andò in collera. E invece indosserai quella divisa sbraitò. E lo farai di buona grazia, capito? Ho capito,kosi. Mbejane raccolse il perizoma e se ne andò. Quando uscí di nuovo nel cortile per salire in carrozza, Sean lo trovò seduto a cassctta, con la livrea indosso. Per tutto il tragitto sino alla Borsa, la schiena del negro rimase rigida, in un muto atteggiamento di protesta, e nessuno dei due aprí bocca. Alla Borsa, Sean lanciò un'occhiata truce al portiere, si mise a urlare con Johnson, trattò bruscamente il direttore della banca, fece scappare il rappresentante della Brooke Brothers, dopo di che si diresse alla Candy Deep in preda alla collera piú accesa, sempre guardando torvamente la schiena di Mbjeane, L'ORO E UNA FEBBRE 455 che continuava a protestare. Quando fu arrivato, entrò nella palazzina degli uffici come un ciclone e gridò: Dov'è il signor du Toit ? Giú, nella galleria numero tre, signor Courteney. Lei è arrivato con un'ora di anticipo. Be', datemi una tuta e un elmetto. Si calcò in testa il copricapo di metallo e, calzati i pesanti stivaloni di gomma, si diresse a passo di carica all'ingresso della galleria numero tre. Il montacarichi lo portò giú, senza scosse, a centocinquanta metri sotto terra, e lui ne uscí all'altezza del decimo strato. Dov'è il signor du Toit? domandò al caposquadra, nello spiazzo del montacarichi. In fondo alla galleria, dove si sta lavorando, signor Courteney. Sean s'addentrò nella galleria. Il pavimento era accidentato e fangoso. La lampada a carburo illuminava la roccia scabra di una luce bianca e fredda, e Sean cominciò a sentirsi sudato. Due indigeni, spingendo sulle rotaie un cocopan - un vagoncino - lo costrinsero ad appiattirsi contro una parete laterale. E allora, come il suo orecchio si fece piú accosto alla roccia, sul volto l'espressione passò dal cipiglio all'allarme. La roccia stava scricchiolando: un suono simile a quello di denti che digrignano. Sean tese maggiormente l'orecchio, cercando di. capire quale fosse la causa del rurnore. Non aveva mai udito niente di simile.
Riprese ad addentrarsi nella galleria, ormai non piú di malumore, ma assorto, preoccupato. Incontrò Francois un po' prima di arrivare in fondo. Salve, signor Courteney. Sean non era mai riuscito a far smettere a Fran,cois di chiamarlo in quel modo. Scusami se non ti sono venuto incontro. Non importa; sono arrivato in anticipG. Dimmi una cosa: poco fa, avvicinando l'orecchio a una parete della galleria, ho sentito un rumore strano... una specie di scricchiolio... come tanti pezzi di vetro strofinati insieme. Francois sbiancò in volto. Afferrò Sean per un braccio: Dove . Là, piú indietro. A Francois si mozzò il fiato in gola. Non riuscendo a parlare, si mise a scuotere Sean per il braccio. Crollo! riuscí a gracchiare alla fine. Fece per mettersi a correre verso il montacarichi, ma Sean lo trattenne. Quanti uomini ci sono, in fondo? Crollo! ripeté Francois, ora con voce isterica. Si liberò dalla stretta di Sean e si mise a correre verso l'uscita della galleria. Il suo terrore si trasmise a Sean, che gli corse dietro per un breve tratto, prima di fermarsi. Per qualche prezioso secondo rimase lí, vacillante, con la paura che gli s'insinuava nello stomaco, viscida SELEZIONE DEL LIBRO come un serpente. Poi, la vergogna di sé lo risospinse sui suoi passi, verso il fondo della galleria. Gli uomini erano lucidi di sudore. Sean lanciò loro il grido d'allarme, ed essi si precipitarono verso l'uscita della galleria come una mandria di bufali. Sean si mise a correre anche lui, ma il fango tratteneva come una colla i pesanti scarponi, e, per di piú, la vita comoda gli aveva tolto elasticità alle gambe. A uno a uno, tutti gli altri lo sopravanzavano. Scivolò sul terreno sdrucciolevole, cadde graffiandosi una spalla contro la parete scabra, poi si rimise in piedi. Con uno schianto secco, simile a un colpo di fucile, uno dei grossi tronchi di sostegno si spaccò in due sotto la pressione della roccia in movimento, e dal soffitto della galleria, davanti a Sean, cominciò a diffondersi un nuvolone di polvere. Rimasto solo, Sean riprese a camminare con passo barcollante, e tutt'intorno a lui la roccia bisbigliava, gemeva, protestava emettendo brevi strida soffocate. Scricchiolando e scoppiettando, le travi di sostegno s'inclinavano ora l'una contro l'altra, e Sean si rese conto che non ce l'avrebbe mai fatta. Pure, continuava a correre. Cominciò la pioggia di pietre. Accecato dal turbinio della polvere, andò a urtare in pieno contro il carrello abbandonato, e vi cadde sopra. Con la lentezza di un sipario, la volta di pietra s'incurvò verso il basso, poi, con un rombo, il tratto di galleria che gli stava davanti crollò. Sean si mise in ginocchio e riuscí a infilarsi sotto il vagoncino un'attimo prima che gli cadesse addosso anche la parte del soffitto che aveva direttamente sopra di sé. Pareva che il rumore non dovesse finire mai; ma poi, invece, si tacque, lasciando udire solo i fruscii e i gemiti della roccia che si assestava. La lampada era andata persa, e il buio lo schiacciava non meno pesantemente dei massi che racchiudevano il suo angusto rifugio. L'aria, densa di polvere, lo fece tossire fino a fargli dolere i polmoni insopportabilmente. Non c'era quasi la possibilità di muoversi, ma riuscí ad aprirsi la tuta da minatore e strapparsi un lembo della camicia. Si premette il pezzo di seta contro il naso e la bocca come una maschera da chirurgo. Serviva a filtrare la polvere, consentendogli di respirare piú liberamente. Alla fine, il polverone si posò, e la tosse smise.
Con cautela, si accinse ad esplorare intorno a sé. Tentò di allungare le gambe, ma dei massi gliel'impedirono. Prese a tastarsi attorno con le mani: venti centimetri davanti a sé, e poco piú di una trentina su ciascun lato; sotto, fango tiepido, e tutt'intorno, acciaio e roccia. Era in una bara, a centocinquanta metri sotto terra. Avvertí la prima ondata di panico. Non smettere di pensare, si ordinò. Pensa, pensa a tutto quel che vuoi, fuorché alla roccia che ti stringe. Pur con difficoltà, si frugò nelle tasche. Un portasigari d'argento, con due avana. Lo posò accanto a sé. Una scatola di fiammiferi, bagnata. La mise sopra all'astuccio. Un orologio da tasca. Un fazzoletto di lino irlandese, con le cifre. Venticinque sovrane d'oro: le contò attentamente. Nient'altro. I`erminato l'inventario delle cose che aveva con sé e terminata l'esplorazione della sua cella, bisognava ora che si mettesse a pen458 SELEZIONE DEL LIBRO sare. Prima di tutto, rifletté sul problema della sete. Il fango su cui giaceva era troppo denso, per poter ricavarne foss'anche una stilla d'acqua. Poi, gli venne in mente il problema dell'aria. Gli parve che fosse abbastanza pura, e concluse che ne filtrava abbastanza per non morire asfissiato. Per non morire... ma ci avrebbe pensato la sete, a questo. Sarebbe morto ripiegato su se stesso come un feto, in quel tiepido grembo di terra. Si mise a ridere, e s'accorse che quello era il primo segno del panico. Per smettere, si cacciò un pugno in bocca, mordendosi spietatamente le nocche. Attorno c'era un silenzio immenso; la roccia aveva terminato di muoversi. Quanto ci vorrà? Me lo dica, dottore. Be', sta sudando, e il suo corpo si prosciugherè piuttosto in frette. Quettro giorni, direi, si rispose. E la fame, dottore? Ah, leerrè senz'eltro. Me serè le sete e ucciderle. Pensa che impazzirò, dottore, tra qualche giorno? Sí, impezzira. E sarà un sollievo ? Se le renderè le morte meno etroce? Meh, non seprei ... Be', forse alla pazzia la farò in barba. Niente di piú facile che questo vagoncino si schiacci, sotto il peso della roccia che lo preme, e allora... Sean raccolse una pietra e la batté contro il metallo. Dal suono, sembra piuttosto solido. Un rumore gradevole, per la verità. Batté piú forte. Uno, due, tre... uno, due, tre... e la pietra gli cadde di mano. Tenui come un eco, lontani come la luna, udí tre colpi di rimando. S'irrigidí tutto, e cominciò a tremare per l'emozione. Batté di nuovo tre volte, e di nuovo gli tornarono i colpi di risposta. Mi hanno sentito. Gran Dio di misericordia, mi hanno sentito. MBEJANE attese che Sean fosse sparito giú per la tromba del montacarichi prima di togliersi la giubba. Ripiegò l'indumento con cura e lo posò sul sedile accanto a sé. Si risedette e, per un po', rimase a godersi la sensazione del sole sulla pelle nuda. Poi, si sdraiò, e il calore del sole lo fece addormentare. Si svegliò di soprassalto alle grida provenienti dall'edificio dell'amministrazione. Si levò a sedere e, macchinalmente, osservò la posizione del sole.
Doveva aver dormito per poco piú di un'ora. Era il signor Charleywood, che gridava. E il signor du Toit, inzaccherato di fango e spaventato, gli rispondeva. Mbejane smontò da cassetta e tese meglio l'orecchio per ascoltare. C'era qualcosa che decisamente non andava. L'ORO E UNA FEBBRE E tu l'hai lasciato laggiú! stava gridando Duff. Credevo che mi stesse seguendo, invece ha fatto dietro-front per andare ad avvertire gli altri. Hai cominciato lo sgombro della galleria ? No. Aspettavo il tuo arrivo. Pezzo d'idiota! Non sai che potrebbe essere ancora vivo! Impossibile. E morto. Per forza, è morto. Ma taci, maledizione a te! Duff girò sui tacchi e corse verso il gruppo fermo all'ingresso del pozzo. Mbejane lo raggiunse. E il miokosi? Sí, gli è crollata addosso la galleria. A gomitate, Mbejane salí anch'egli nel montacarichi. Né lui né Duff dissero parola, mentre scendevano verso il decimo strato. Si addentrarono nella galleria, ma solo per un brevissimo tratto. 01tre non si poteva andare. Trovarono una squadra armata di pale e di sbarre, in attesa di istruzioni. Mbejane e Duff si feccro largo, e si fermarono davanti alla parete di massi crollati. Duff si rivolse al caposquadra. C'era anche lei, in fondo? Sí. E tornato per darvi l'allarme, e voi l'avete abbandonato? L'uomo non aveva il coraggio di guardare Duff in faccia. Credevo che ci seguisse. Lei ha pensato solo alla sua pellaccia schifosa, pezzo di vigliacco. Lei... S'interruppe, sentendosi stringere al braccio da Mbejane: e allora udirono tutti. Tan, tan, tan ... <E lui. Non può essere altro che lui bisbigliò Duff. E vivo! Strappò un piede di porco dalle mani di un minatore, e percosse la roccia, sul fianco della galleria. Attesero, e non s'udiva altro che il loro respiro, finché giunse la risposta, piú forte e piú distinta dei colpi precedenti. Mbejane s'impadroní della sbarra, la inserí in una fessura, tra un masso e l'altro, e i muscoli della schiena gli si inturgidirono, quando fece forza. La sbarra si piegò come un bastoncino di liquirizia. Mbejane la scagliò via e aggredí i massi con le mani nude. Lei scattò Duff, rivolto al caposquadra. Vada a procurarsi delle travi per rifare i sostegni a mano a mano che procede lo sgombero. Poi, si girò di nuovo verso i minatori negri. Quattlo di voi alla parete. Quattro per turno. Gli altri portino via i massi man mano che vengono dislocati. In quattro ore, sgombrarono per una profondità di circa cinque metri, servendosi di pesantissime mazze per frantumare i massi piú grossi. Alla fine, Duff era tutto un dolore, e aveva le mani scorticate. Aveva bisogno d'una sosta. Adagio, tornò all'ingresso del mon460 SELEZIONE DEL LIBRO tacarichi, dove trovò delle coperte e un enorme recipiente di minestra. Da dove viene questa roba? domandò. Dal Candy's Hotel, signore. Su, all'ingresso, c'è mezza Johannesburg. Duff si avvolse in una coperta, sorbí un po' di minestra e riposò per un'ora. I quattro negri vennero a riposare anch'essi, sostituiti da una squadra di altri quattro. Quando Duff tornò in fondo alla galleria, Mbejane era ancora all'opera. Duff stette a guardarlo abbrancare un masso grande come un barile di birra, puntare le gambe, e strappare il macigno dalla morsa degli altri. Altre due ore di fatica, e Duff fu costretto a una nuova sosta.
Stavolta, portò con sé Mbejane, costringendolo a riposarsi e a bere un po' di minestra. Il caposquadra portò loro una bottiglia di brendy, dalla quale Duff bevve una sorsata, porgendola quindi allo zulú. Non sta bene si schermí Mbejane. Ma il bianco insistette, e alallora lui bevve, púlendo poi bene il collo della bottiglia, prima di restituirla. Duff ingollò un'altra sorsata, e offrí per la seconda volta la bottiglia al negro. Ma questi scosse risolutamente la testa. Un po' di quella roba è forza; troppo, è debolezza. Adesso dobbiamo lavorare. Quanto, ancora, prima che lo raggiungiamo? Un giorno. Forse, due. Si può morire, in due giorni commentò Mbejane, assorto. Ma non un uomo robusto come un toro e inferocito come il demonio lo rassicurò Duff. Mbejane gli sorrise. Lo ami, MbeJane ? Amore è parola da donne. Sei ancora stanco? No mentí Duff, e tornarono verso il fondo della galleria. SEAN giaceva in mezzo al fango, con la testa appoggiata sul duro cuscino dell'elmetto. Gli giungevano all'orecchio i colpi metallici delle mazze e il crepitio dei massi che cadevano, ma erano rumori che parevano non avvicinarsi mai. Nell'angusta nicchia l'aria cominciava a viziarsi, e gli doleva la testa. Si mosse di nuovo, impaziente, nel buio fitto, e con la mano sfiorò la pila di monete. Le spazzò via con violenza, mandandole a sparpagliarsi nella melma. Ecco l'esca che l'aveva attirato in quella trappola. Adesso, le avrebbe date via volentieri, e non solo quelle, ma tutti gli altri milioni che possedeva, in cambio della sensazione del sole sulla faccia. Ogni cosa - persino la vita degli altri - aveva perso ai suoi occhi ogni valore, di fronte alla potenza dell'oro- ma adesso era la sua propria vita a vacillare sul ciglio di quell'abisso nero. E dall'altra parte della galleria ostruita c'erano uomini intenti a cercare di sal L'ORO E UNA FEBBRE 461 varlo, uomini occupati ad aprirsi un varco nell'infido ammasso di rocce, quell'ammasso che da un momento all'altro avrebbe potuto riprendere a precipitare. La gente valeva ben di piú di quel velenoso metallo, di quei dischetti gialli, che ora giacevano comodamente accanto a lui nel fango! Gli si presentò alla mente l'immagine di Karl Lochtkamper con la pistola alla tempia, e di tanti altri uomini senza nome, morti o finiti in miseria per colpa sua. Se esco di qua, tutto sarà diverso, pensò. Lo giuro. N1~L GIRO delle successive trentasei ore, Mbejane ne godette solo quattro, di riposo. Duff vedeva le carni del negro sciogliersi in sudore. Duff non poteva piú servirsi delle mani, ma stette a dirigere gli uomini che puntellavano la galleria. In capo alla seconda sera, avevano sgombrato una trentina di metri. Quand'è che gli hai dato l'ultimo segnale? domandò Duff a Mbejane. Un'ora fa. C'era solo la lunghezza di una lancia, tra lui e me, in quel momento. Duff impugnò una barra e diede qualche colpetto sulla roccia. La risposta venne immediata. Sta battendo su qualcosa di metallico osservò Duff. A giudicare dal suono, è a un metro da noi, o poco piú! Mbejane levò in alto la sua mazza, tutta chiazzata di sangue, e la vibrò contro la roccia. Il masso colpito si spaccò, e due negri lo dislocarono, facendo leva con le loro barre. Si aprí in tal modo un buco, in fondo al quale si intravedeva un angolo del vagoncino. Sean ! urlò Duff.
Mi senti ? Smettila di chiacchierare e pensa a togliermi fuori di qui si udí la voce di Sean, roca per la sete e la polvere. L'hanno trovato! L'hanno trovato! il grido esultante rimbalzò di bocca in bocca sino all'ingresso del montacarichi. 'kosi, stai bene? Duff e Mbejane balzarono avanti insieme, dimentichi della stanchezza. Spazzarono via gli ultimi frammenti di roccia, e, a spalla a spalla, s'inginocchiarono per spingere lo sguardo sotto il vagoncino.~'kosi, io ti vedo. E io vedo te, Mbejane. Come mai ci avete messo tanto? J\~kosi, c'era di mezzo qualche pietra. Mbejane allungò le braccia, afferrò Sean e lo trasse fuori dalla nicchia, mentre Duff gli awolgeva una coperta intorno alle spalle. Poi, Mbejane prese il padrone sulle braccia, lo portò al montacarichi, e tutti e due salirono verso la superficie, verso la folla in attesa. SELEZI O JVE DEL LIBR O IL DOTTOR Symmonds, giovane medico molto alla moda, ordinò che Sean fosse messo immediatamente a letto, per scongiurare il pericolo della polmonite. E il giorno dopo, a mezzogiorno, quando si svegliò, Sean vide Candy che stava aprendo le tende della finestra. Con lei, c'erano anche due camerieri, che reggevano ciascuno un vassoio carico di cibi. Buon giorno! Come si sente il nostro eroe? lo salutò Candy. Si accostò al letto, mentre i camerieri deponevano i vassoi e Sl ritiravano. Sean batté le palpebre per cacciare gli ultimi residui di sonno. Mi sento la gola come se avessi appena terminato un pasto a base di vetri rotti. E la polvere. Candy gli posò una mano sulla fronte. E subito lanciò un gridolino, in reazione al pizzicotto che lui le aveva dato. Tu stai meglio di me! esclamò. Bene. Allora, mi alzo dichiarò Sean, buttando via le coperte. No, mio caro. Prima devi farti dare almeno un'occhiata dal medico. Dov'è Mbejane? E tutta la mattina che mi sta alle costole. Vuole vederti. Il dottor Symmonds ha detto in un primo momento che non prende mai in cura i negri, ma poi, alla fine ... be', siamo riusciti a convincerlo a medicare le mani di Mbejane. Sean si mise a ridere. Ti dispiace mandarmelo ? Candy si avviò alla porta, poi si fermò con una mano sulla maniglia. Bentornato, Sean. Ma prometti, ora, di non commettere piú pazzie del genere? Promesso. Un attimo dopo, Mbejane era già piantato nel vano dell'uscio. ;I~kosi, stai bene ? Sean scrutò le mani del negro, fasciate e macchiate di tintura di iodio, e la livrea marrone con le passamanerie d'oro. Io ho mandato a chiamare il mio servitore, e chi mi compare davanti, invece? Una scimmia alla catena. Mbejane stette immobile, col volto privo d'espressione, fuorché l'orgoglio ferito che trapelava dagli occhi. Vai. Vai a cercare il mio servitore. Lo riconoscerai da come è vestito. Ha il costume dei guerrieri zulú. Passarono alcuni secondi, prima che la risat~di Mbejane cominciasse a salirgli in gola dal ventre, e infine gli facesse scuotere le spalle. Poi, il negro chiuse l'uscio adagio, dietro di sé, e, quando ricomparve, era coperto solo del perizoma di leopardo. Sean gli sorrise. Ah, adesso ti vedo, Mbejane! L'ORO E UNA FEBBRE 463 E io vedo te, J~,kosi. Parlarono poco del crollo della miniera, e della partecipazione di Mbejane all'opera di salvataggio non dissero nulla. Era un argomento sul quale s'intendevano tacitamente. Domani hai bisogno della carrozza, J~,'kosi? domandò il negro alla fine. Sí.
Ma adesso va'. Va' a mangiare e a riposarti. Sean allungò un braccio e posò una mano su quella di Mbejane, prima che questi si allontanasse. Poi, entrò Duff, e tutti e due fecero colazione, a base di bistecche e uova. Mi hanno detto che Francois è ancora giú, agli Angeli Luminosi fece Duff a un certo momento. Da quando è uscito dal pozzo, è sempre rimasto in stato di ubriachezza. Quando gli passa e torna in ufficio, gli do un calcio tale, da farlo volare sino a Città del Capo. Sean si levò a sedere. Vuoi licenziarlo ? E perché mai ? Perché mai? fece eco Duff. Acciderba, per essersela data a gambe, no ? Duff, non sei stato tu a raccontarmi che una volta Francois si è trovato sotto un crollo, a Kimberley, e con tutt'e due le gambe rotte Sí. Be', sai che ti dico? Se dovesse capitare una seconda volta anche a me, anch'io me la darei a gambe. Manda qualcuno agli Angeli Luminosi e fallo awertire che, se entro domani non è di nuovo al lavoro, gli scaliamo le giornate perse dallo stipendio. Duff lo fissò stupito. Ma che ti prende? Ho avuto tempo di riflettere su tante cose, mentre ero sotto, e sono arrivato alla conclusione che, per arrivare in cima, non c'è bisogno di calpestare tutti quelli che incontri. Ah, ho capito. Ottima decisione. Va bene, d'accordo. Sai, mi avevi fatto spaventare. Avevo creduto che ti fosse caduta in testa una pietra. Anch'io, però, so.prendere le mie decisioni sagge. Duff, non voglio che Franc~ois sia licenziato. Sta bene, Francois resta. Se vuoi, possiamo aprire una mensa per i poveri, in ufficio, e trasformare Xanadu in un asilo per i vecchioni. Oh, va' al diavolo! sbottò Sean, ridendo. QUELLA NOTTE, Sean si svegliò urlando perché era circondato dall'oscurità e le coperte gli pesavano addosso, soffocandolo. Se ne liberò, dimenandosi tutto agitato, poi scese dal letto e, attraversata la camera a tastoni, uscí sul balcone. Lí, rimase all'aria fredda, sotto il cielo in cui spiccava una luna grossa e gialla, finché il re464 SELEIOJVE DEL LIBRO spiro non gli ridivenne normale. Rientrato, accese la lampada e rimase a leggere finché le finestre non si tinsero del grigio dell'alba. Allora, si vestí e andò giú, in scuderia. Sellami il leardo ordinò a Mbejane. Dove vai, JVkosi ? A uccidere un diavolo. Tornerò prima di mezzogiorno. Raggiunse la Candy Deep, indossò una tuta da minatore, si n1ise l'elmetto, e andò alla galleria numero tre. Fammi scendere al livello quattordici disse al manovratore del montacarichi, che lo guardava con tanto d'occhi. Ma il quattordici è abbandonato, signor Courteney. Non ci lavora piú nessuno, laggiú. Lo so benissimo. Sean accese la lampada ad acetilene, trasse un respiro profondo, ed entrò nel montacarichi. Quando fu al quattordicesimo livello, ne uscí e tirò il segnale per il richiamo della gabbia. Era di nuovo solo nelle viscere della terra. Si addentrò nella galleria, accompagnato dall'eco dei propri passi. Sudava, e un muscolo della faccia cominciò a contrarglisi quando raggiunse il fondo della galleria e posò la lampada su uno scalino di roccia. Si assicurò d'avere i fiammiferi in tasca, poi la spense. Il buio gli si serrò addosso. La prima mezz'ora fu la peggiore. Sotto le ascelle, il sudore gli disegnò due chiazze bagnate e fredde, e respirava estremamente a fatica. Poi, a poco a poco, riprese il dominio di sé, e si rese conto d'aver vinto. Attese dieci minuti ancora, respirando piú agevolmente, e, infine, riaccese la lampada. Sorrideva, quando tornò all'ingresso del montacarichi e tirò il segnale.
~N O'rTOBRE, Xanadu era quasi finita. Un sabato pomeriggio, tutti e tre, Sean, Duff e Candy, vi andarono per il consueto sopralluogo. L'imprenditore è in ritardo di sei mesi appena osservò Sean. Ora, dice che finirà entro Natale. Solo, non ho avuto il coraggio di domandargli entro quale Natale. Colpa di tutti i cambiamenti che Candy si è fatta venire in testa replicò Duff. E chi vi ha detto di chiedermi consiglio ? atté lei. Bastava lasciarmi da parte, e non ci sarebbe stata nessuna perdita di tempo. La carrozza varcò i pilastri marmorei dell'ingresso. Già il prato era verde e morbido, e gli alberi di jacaranda che fiancheggiavano il viale d'accesso erano alti sino alla spalla di un uomo. Credo che sarà una cosa all'altezza del nome che porta osservò Sean. L'ORO E UNA FEBBRE 4~5 A proposito di nomi interloquí Candy, a me Xanadu sembra Un PO' arzigogolato. Perché non la chiamiamo "Le Belle Querce" ?
e s'interruppe.
E una gran brava ragazza lo incitò Sean. Certo. Tutto qui? Non volevi dire altro? Be'... oh, lascia perdere. Andiamo a vedere che cosa vuole Hradsky. Ad accoglierli, sulla soglia dell'appartamento di Hradsky, c'era Max. Buona sera, signori. Grazie di essere venuti. Salve, Max. Duff gli passò davanti, accostandosi al camino, accanto al quale Hradsky attendeva in piedi. Norman, mio caro amico, come stai? Gli prese il bavero della giacca, aggiustandoglielo con cura, poi, con un buffetto, gli tolse dalla spalla un inesistente granello di polvere. Hai uno stile tutto tuo, nel vestire, Norman. Non conosco nessun altro che si metta Ull abito da venti sterline e riesca a farlo sembrare un sacco di patate mezzo vuoto. E gli diede un colpetto affettuoso sulla schiena. Sí, grazie, berremo volentieri. Andò allo stipetto dei liquori e si versò da bere. Bene, signori, in che cosa potete essermi utili? Max lanciò un'occhiata a Hradsky, il quale fece un segno d'assenso. Vengo subito al dunque. I nostri due gruppi di società sono i piú grossi di tutto il Witwatersrand. Abbiamo avuto piú volte occasione di lavorare insieme, con reciproco beneficio. Perciò, la logica fase successiva sarebbe quella di consorziare le nostre risorse. In altri termini, ci state proponendo la fusione? Esattamente, signor Courteney. Sean si adagiò contro lo schienale della poltrona e per poco non emise un fischio. Duff bevve un altro sorso. Allora, signori, che ne pensate ? premette Max. Ci avete preparato una proposta particolareggiata? ribatté Sean. Certo, signor Courteney. Max prese da una scrivania un fascio di carte e lo porse a Sean, che si mise a scorrere i fogli. Ci ha lavorato sodo, Max. Ci metteremo almeno due giorni, prima di capire che cosa ci offrite. Me ne rendo conto, signor Courteney. Prendetevi tutto il tempo che volete. Penso che troverete la nostra offerta molto generosa. Sean si alzò. Ci rivedremo tra qualche giOfnQ Andiamo, Duff? Duff terminò di bere. Buona notte, Max. E continui ad avere cura di Norman. Sa, per noi è un uomo prezioso. Andarono in ufficio. Sean accese le lampade nel proprio studio, e Duff accostò un'altra sedia alla scrivania del socio. In capo alle due del mattino, avevano già afferrato l'essenziale della proposta. L'ORO E UNA FEBBRE 467 Sean si sdraiò di peso sul divano e guardò Duff. Che ne dici? Prima di tutto, decidiamo se abbiamo voglia o no di fonderci con lul. Se le condizioni sono buone, perché no? D'accordo. Ma solo a patto che le condizioni siano buone sul serio. Duff si adagiò contro lo schienale. Qual è la cosa che ti colpisce a prima vista, in questo progetto di Norman? Ci vengono attribuite delle cariche dal nome altisonante, ci viene pagata una somma favolosa, ma il comando assoluto passa a Hradsky rispose Sean. Centrato. Non sono tanto i soldi che interessano a Hradsky, quanto il potere. Vuole potersi sedere in cima, per guardare tutti dall'alto e dire: "Certo che balbetto. E con questo~" Duff si alzò. Allora, gli passiamo le leve di controllo, o no? <Se ci paga il prezzo giusto, sí, gliele passiamo. Ti dirò: anche a me piacerebbe essere il gran Gapo; in ogni modo, sono d'accordo. Se paga, Hradsky si prende il comando SUpremo... e noi lo strizzeremo finché non sarà completamente aSClUttO. Sean buttò giú le gambe del divano. Per il momento, basta. Domani mattina facciamo questa proposta a pezzi e ne scriviamo un'altra, secondo la nostra convenienza. Il giorno dopo, si fecero portare il pranzo in ufficio. Johnson, che era stato mandato in Borsa per tenere d'occhio le quotazioni, dopo la chiusura riferí: E stato un mortorio tutto il giorno, ma in compenso si sono sentite correre voci d'ogni genere.
Stanotte, alle due, qualcuno ha visto che qui c'era la luce accesa; e poi, quando si è visto che lei, signor Courteney, oggi non è venuto in Borsa... be', le domande non finivano mai. E la mattina dopo, quando Duff e Sean continuarono a non farsi vedere in Borsa, nella saletta dei soci le voci si moltiplicarono ulteriormente, e le oscillazioni addirittura impazzirono. Johnson continuò a fare la spola tra la Borsa e l'ufficio; alle undici, era talmente stanco, da non aver piú la forza nemmeno di parlare. Non stia piú a preoccuparsi lo tranquillizzò Sean. Eccole una sovrana: vada al Grand National a bersi qualche cosa. lL n impiegato di Jock Heyns, che aveva ricevuto l'incarico di tenere d'occhio gli uffici di Duff e Sean, pedinò Johnson e udí l'ordine clle questi dava al bar, dopo di che si precipitò alla Borsa. Il segretario di Courteney poco fa si è ordinato una bottiglia di champagne! riferí. Jock fece segni frenetici al suo rappresentante. Compri gli bisbigliò. Compri tutto quello che può-, della loro roba. 468 SELEZIONE DEL LIBRO Dall'altra parte della saletta, Hradsky intrecciò le mani sullo stomaco, tutto soddisfatto, e arrivò quasi a sorridere. Per mezzanotte, Sean e Duff finirono la controproposta da presentare a Hradsky. Spero che abbia il cuore abbastanza robusto da reggere al colpo disse DuffJ sorridendo. E questa volta verrà lui da noi. La partita continua sul nostro campo. Hradsky arrivò alle dieci della mattina, accompagnato da Max e da due segretari. Come tutti si furono messi a sedere, Sean dette il via al colloquio Signori, abbiamo studiato la vostra proposta, e siamo lieti di dichiararvi che siamo pronti ad accettarla. C'è solo qualche particolare da mettere a punto, e ne abbiamo steso un elenchino. Raccolse un grosso fascio di fogli. Immagino che preferiate dare una scorsa a questo documento in privato, e lo studio del signor Charleywood è a vostra disposizione. Max prese il documento come se scottasse, e Hradsky condusse la sua squadra nello studio accanto. Un'ora dopo, quando ne uscí di nuovo, sembrava un gruppo di dolenti a un funerale. Nello schiarirsi la gola, si sarebbe detto che Max fosse sull'orlo delle lagrime. Sarà meglio che esaminiamo i punti di questo documento uno per uno dichiarò con voce mesta. TRE GIORNI piú tardi, vergarono l'atto ufficiale e si strinsero la mano. Duff versò da bere per tutti e distribuí i bicchieri. Alla nuova società! Alla Central Rand Consolidated! Hradsky aveva il comando assoluto, ma l'aveva pagato caro. La CRC ebbe la sua festa di battesimo alla Borsa. Il dieci per cento delle azioni venne messo in vendita al pubblico. Le contrattazioni erano ancora lungi dal cominciare, e già la folla stipava tutto l'edificio e ingombrava la strada. Il presidente della Borsa lesse lo statuto della nuova società in un silenzio da cattedrale. E anche quando sonò il campanello, il silenzio persistette. Poi, la voce del rappresentante di Hradsky, timida, lo ruppe: Vendo CRC. Scoppiò il pandemonio. Gli uomini che cercavano di comperare da lui erano almeno duecento, e tutti insieme. Prima la sua giacca, poi anche la camicia, finirono in brandelli sotto le dita adunche dei contendenti. Gli caddero gli occhiali, che non fulono piú ritrovati. Dieci minuti dopo, riusciva a sottrarsi all'assalto, e riferiva ai suoi padroni: Sono riuscito a vendere, signori . Sean e Duff si misero a ridere. E a ragione. In dieci minuti, il loro pacchetto azionario della CRC, che ammontava al trenta per cento del capitale, era aumentato di valore per la bellezza di mezzo milione di sterline.
ALLA FINE di gennaio, Xanadu era finita, e le nozze lùrono fissate per il venti febbraio. Nella sala da ballo della villa, dove i doni erano esposti su una serie di tavole appoggiate su cavalletti, la pohzla organizzò un servizio di guardia di ventiquattr'ore su ventiquattro. Il pomeriggio del dieci, Sean, Candy e Duff andarono a "valutare il bottino", come aveva detto Duff. Oh, è arrivata una quantità di altri regali! squittí Candy. Guarda, un intiero servizio da tavola d'oro massiccio da parte di Jock e Trevor! Prese un piatto e lo strinse a sé. Sean guardava altri regali. Di' un po', Duff, questo sono sicuro che ti darà una gioia particolare: "Tanti auguri, N. Hradsky". Ah, devo vederlo fece Duff, mostrando, per la prima volta 470 SELEZIONE- DEL LIBRO in un mese, autentico entusiasmo. Esaminò il dono, e mandò un ululato di gioia. Un'intera dozzina di tovaglioli da tè. Povero Norman, chissà la sofferenza di dover sborsare tanti quattrini! Bisogna che me ìi faccia autografare. Lasciarono Candy intenta a disporre i regali in mostra e uscirono in giardino. Perché non ti sposi anche tu? domandò Duff. Con quale scopo? fece Sean, stupito. Be', non ti sembra di tradire un poco la nostra società? Lasci che sia solo io a correre questa avventura. Ma va'. E poi, chi vuoi che sposi ? Dirò a Candy che te la trovi lei una donna adatta. Io ho un'idea migliore. Tu lasci che sia Candy a regolare la tua esistenza, e io, la mia, me la regolo da solo. Figliolo, è proprio quel che purtroppo sta per succedere. Si è già messa a chiamarmi Dufford, te ne sei accorto ? Esattamente come faceva la mia ex moglie. "Dufford" mi diceva... mi sembra ancora di sentirla, "Dufford, sei un cretino!" LA SERA del diciannove, Candy mise a loro disposizione, per la festa d'addio al celibato di Duff, il salone da pranzo dell'albergo e tutte le sale del pianterreno. Francois arrivò portando un capolavoro, preparato nelle officine della miniera: un'enorme catena con in fondo una palla di ferro. Assicurato debitamente il peso alla caviglia di Duff, la festa prese il via. Tempo dopo, qualcuno avrebbe affermato che le mille sterline chieste dall'impresario edile per le riparazioni eseguite nell'albergo, rasentavano il furto. Tuttavia, nessuno poté negare che il giuoco del bok-bok, durante il quale un centinaio d'uomini aveva cercato di innalzare una piramide umana, qualche danno, alla sala da Franzo, effettivamente, lo aveva procurato: né poté negare che il lampadario di cristallo s'era disancorato dal soffitto quando il signor Courteney vi si era aggrappato per ben la terza volta, per fare l'altalena. Cosí come nessuno poté confutare il fatto che, avendo Jock Heyns tentato per mezz'ora d'abbattere il bicchiere che suo fratello teneva sulla testa a colpi di tappi sparati da bottiglie di champagne, il laghetto che riempí la sala sino all'altezza delle caviglie avesse reso necessario il rinnovo totale del pavimento. In ogni modo, su una cosa tutti si trovarono d'accordo: fu una festa memorabile. Sulle prime, Sean ebbe l'impressione molesta che Duff non partecipasse veramente alla baldoria: Duff se ne stava accanto al bar, con la palla di ferro sotto il braccio, e ascoltava le battute salaci che si facevano sul suo conto con le labbra sempre piegate nel SOI` L'ORO E UNA FEBBRE 471 riso sbilenco che gli era caratteristico. Ma, dopo il settimo bicchiere, Sean smise di preoccuparsi d'ogni cosa. A mezzanotte, Duff convinse Francois a liberarlo della catena, e sgattaiolò via. Non se ne accorse nessuno, e men che tutti Sean. La mattina dopo, un cameriere svegliò Sean col dovuto riguardo, presentandogli un vassoio col caffè e un biglietto. Che ore sono ? fece Sean. Le otto, baas. Non c'è bisogno d'urlare borbottò Sean.
Sebbene con difficoltà, mise a fuoco gli occhi sul biglietto. Mio caro testimone, due parole solo per ricordarti che tu e Duff avete con me un appuntamento alle undici. Conto di vedervi arrivare puntuali, se non intieri, magari anche a pezzi. Tua, Cand~ In capo a mezz'ora, Sean si sentí abbastanza saldo da poter andare a svegliare Duff. Spalancò la porta della camera dell'amico, e andò ad aprire le tende della finestra. Si volse verso il letto, e la fronte gli si corrugò per lo stupore: il letto era intatto, con i cuscini belli tesi e le coperte rimboccate. Poi, scorse il biglietto posato su11d mensola del camino. Si può sbagliare una volta, ma non due. Non me la sento proprio. Tu sei il tèstimone, perciò chiedi scusa da parte mia a tutti i cari amici. Tornerò non appena il polverone si sarà posato un poco. Duff Sean lesse quelle righe due volte. Poi: Che ti venga un accidente! sbottò. Chiedi scusa da parte mia. Pezzo di vigliacco! Chiederai tu scusa, a costo di trascinarti legato al mio cavallo! . Con la vestaglia che gli svolazzava intorno alle gambe, corse giú ~er le scale di servizio e raggiunse la scuderia. Dov'è nkosi Duff.l ruggí, rivolto a uno stalliere. Il baas ha preso un cavallo ed è andato a fare una galoppata rispose il negro. Ma è stato questa notte, un sette od otto ore fa. Sean lo fissò. Da che parte è andato? Non me l'ha detto, baas. Otto ore addietro. Poteva essere ormai a cento chilometri di distanza. Sean tornò in camera sua. Mentre si vestiva, gli venne la tentazione di fuggire a sua volta, di prendere un cavallo e andarsene il piú lontano possibile. Non era stato lui a creare quella situazione, e non voleva finirci immischiato. Ma poi gli si affacciò 472 SELEZIONE DEL LIBRO alla mente l'immagine di Candy in attesa, sola, mentre il silenzio degli ospiti si trasformava in un mormorio diffuso. No, non poteva farle attraversare un momento del genere. Benché sgradevole, il compito di avvertirla toccava a lui. Prese l'orologio, posato sul cassettone: erano le nove passate. Andò in fondo al corridoio e si fermò davanti alla porta dell'appartamento di Candy. Mentre bussava, gli giunse dall'interno un cicaleccio di voci femminili. Sono Sean disse. Posso entrare Sí, entra pure. Che c'è ? Spalancò l'uscio. Si trovò di fronte a Candy, a due sue amiche e a Martha, la cameriera negra. Devo parlare con Candy a quattr'occhi dichiarò, brusco. Le tre donne fuggirono via, e Sean richiuse la porta. Candy era ancora in vestaglia. I capelli, tirati indietro, le fluivano splendenti sulle spalle. Era bellissima. Sean guardò la massa spumosa dell'abito nuziale, posata sul letto. Candy, brutte notizie. Ti senti di ascoltarle? Pronunziò le parole quasi con sgarbo, detestando la situazione. E vide il rosa delle guance di lei avvizzirsi, finché tutta l'espressione fu vacua e inerte, come quella di una misera statua. Se n'è andato. Ti ha piantata. Candy prese una spazzola e cominciò a passarsela sui capelli come un automa. La stanza era tutta silenzio. Mi dispiace, Candy. Lei assentí, ma senza vederlo.
Il suo sguardo era fisso sul COl`ì`idoio lungo e deserto dei giorni futuri. Una cosa assai peggiore delle lagrime, quella muta accettazione. Vorrei poter fare qualche cosa disse lui, voltandosi verso la porta. Grazie d'essere stato tu a darmi la notizia, Sean. 'on v'era alcuna emozione nella sua voce: una voce, come il volto, morta. A cavallo, Sean andò a Xanadu. Gli ospiti erano già raggruppati intorno all'ingresso della villa, sul prato. Brillava il sole, l'orchestìa sonava, e gli eleganti abiti delle signore spiccavano allegri contro il verde dell'erba. Sean avvistò Fran,cois e Martin Curtis. Consegnò il cavallo a uno scudiero e, a grandi passi, raggiunse i due. Il matrimonio non si fa piú annunciò, tetro. Avvertite tutti. Dite che i regali verranno restituiti. Franc~ois e Martin lo guardarono a bocca aperta. Che è successo? domandò l'americano. Dite a tutti che Candy e Duff hanno cambiato idea. Rimontò a cavallo e si allontanò al galoppo per la strada di Pre L'ORO E UNA FEBBRE 473 toria, finché non raggiunse il veld. Lí, ridusse l'andatura e si addentrò nell erba, col cappello spinto sulla nuca, in modo che il sole e il vento potessero accarezzargli il viso. Si rilasciò sulla sella, lasciando che il cavallo andasse come preferiva. Verso sera, tornò a Johanllesburg, e si sentiva meglio. Riempí la vasca da bagno di acqud caldissima e, mentre vi giaceva immerso, sentí di cominciare a dominal e la collera. Uscí dalla vasca, indossò l'accappatoio e passò in camera sua. Vi trovò Candy, seduta sul letto. Ciao, Sean lo salutò, sorridendogli. Un sorriso fragilissimo. Adesso, la chioma d'oro era un po' scompigliata, e il volto, senza trucco, appariva pallido. Indossava ancora la vestaglia di quella mattina. Ti disturbo? la nemmeno per idea. Oh, Sean, sono tanto spaventata. Ormai, tu solo puoi aiutarlo. Aiutallo, a fare che cosa? A trovare quello che sta cercando. La pace... se stesso... chiamalo come vuoi. E un ragazzo smarrito, capisci ? Un ragazzo smarrlto e solo. Solo quasi come mi sento sola io. Per questo, ne SOIIO certa, io avrei potuto aiutarlo. Finalmente, le colarono due lagrime sulle gote. l)uff smarrito? fece eco Sean, con accento cinico. on farmi ri(lele. Seal1, non lasciarti ingannare dai suoi modi da gradasso. Tac~lUe UII attimo.< SLI; bene quanto odiasse suo padre. E quel suo contillllo ribellal~i a ogni disciplina! Il SUO atteggiamento nei COIIf`~onti delle donne, di Hradsky, della vita ... Qui, Sean cerco di prendere le difese di Duff. Hradsky una volta gli ha f`atto nrl brutto servizio, e lui lo ha preso in antipatia. )> ()h, si tratta bcll di piú di un'antipatia. In certo qual modo, Hraclskv rappl escnta l'immagine di suo padre. E uno spirito finito a pezzi, Sean! Per questo ti è tanto attaccato. Perché tu puoi aiutarlo. Sean si mise a ridere. Candy, mia cara, Duff e io siamo amici e ... e null'altro. Lei si protese. Sean, tu sei un uomo forte. C'è in te una sicurezza, una solidità di cui non ti sei ancora accorto. Ma Duff l'ha avvertita, e per questo ha bisogno di te. Un bisogno estremo, Sean. I`i prego, badaci tu a lui. Fallo per me. Ma cosa vai dicendo? borbottò Sean, estremamente a disagio. Promettimi di dargli una mano. E sta bene, prometto. Grazie, Sean. Buona notte. SELEZIONE DEL LIBRO NELLA settimana immediatamente successiva, Sean si sentí solo, senza Duff. Lavorò con energia raddoppiata, ma il circolo era divenuto un luogo squallido, e le emozioni, in Borsa, erano calate d'intensità. Fu cosí che, un sabato, andò agli Angeli Luminosi in compagnia di Fran~cois e di Curtis.
Gli avrebbe fatto bene, pensò, ridere con uomini che non sorridevano nell'attesa di spazzarlo via: uomini puliti di dentro, anche se avevano lo sporco nelle unghie. Il baccano proveniente dagli Angeli Luminosi li raggiunse che erano ancora a un'isolato di distanza dal :ocale, e Sean, con un sorriso, accelerò il passo. Non appena la folla di quegli uomini spericolati lo scorse sulla soglia, il chiasso si affievolí. E quando lui offrí da bere a tutti, le voci che lo ringraziarono erano deferentemente sommesse. Piú tardi, però, mentre passava dietro il paravento che nascondeva la porta del gabinetto, alcune di quelle voci gli giunsero ancora, e restò paralizzato. Che cosa è venuto a fare? Mica è quel suo circolo della malora, qua. Sss! Vuoi che ti senta? Hai voglia di perdere il posto? Me ne infischio. Chi si crede d'essere"Bevete, ragazzi, e fate come vi dico." L'elegantone in scarpe da dieci sterline e bastone dal pomo d'oro! Ma che se ne torni dove deve stare! Sean tornò sui suoi passi, si avvicinò a Francois e a Curtis, e si congedò. Quella sera, cenò con Candy e le raccontò l'accaduto. Non mi volevano, lí con loro. Ed è la prima volta che la gente ha sentimenti ostili nei miei riguardi. Sono lieta che te ne preoccupi rispose lei, sorridendogli. Un giorno, Sean, diventerai una persona davvero gentile. Imparerai che la gente è importante, molto piú importante dell'oro. Sean abbassò gli occhi. Tempo fa, quando sono rimasto sepolto sotto il crollo, alla Candy Deep, ho formulato un proposito disse, con un sorriso timido. Ho promesso a me stesso di non umiliare piú nessuno. E me lo sono promesso davvero. Il fatto, però E stata una promessa importante, ed è importante mantenerla. Ma ti costerà fatica. Un'esperienza sola, anche se drammatica come quella che hai vissuto tu, non basta a far cambiare carattere a Un uomo. Si tratta di un'opera lenta, come costruire un muro mattone per mattone. Si va su a poco a poco. Ma un giorno anche tu finirai di costruire il tuo muro, e allora non avrai piú punti deboli. - IL GIOVEDí successivo, Sean andò a Xanadu per la prima volta dopo la fuga di Duff. La villa aveva un'aria nuovissima e asettica, in attesa che qualcuno andasse ad abitarla e vi portasse un po' di vita. Nel corridoio al primo piano, Sean osservò i quadri che Candy L'ORO E UNA FEBBRE 4~5 aveva scelto. Quadri dai colori tenui, nettamente femminili. Spalancò la porta della propria camera da letto e si sentí meglio. Lí, c'era la vivacità dei tappeti persiani e il marrone satinato dei pannelli di legno alle pareti. Si sdraiò e restò a fissare il soffitto candido, con le modanature di stucco. Se Duff fosse tornato, pensò. Si potrebbe vivere davvero come dico io, qui. Scese nello studio e staccò dalla rastrelliera un fucile da caccia. Lo imbracciò e ne sentí il peso ben bilanciato, entusiasmante. Brandeggiò le canne, facendo descrivere loro un arco contro le pareti, e, con l'occhio al mirino, seguí il volo di un immaginario uccello... finché si trovò davanti, all'improvviso, la faccia di Duff. Colto alla sprovvista, rimase cosí, con l'arma puntata contro il cranio dell'amico. Non sparare. Non farò mosse sospette disse Duff, tutto serio. Sean depose il fucile. Allora, come va, figliolo? continuò Duff.
Bene ! E tutti gli altri ? E Candy, innanzi tutto ? Be', se l'avessi scaraventata in un frantoio, certo le avresti fatto pegglo. >, Iale, eh Male confermò Sean, e tutt'e due tacquero per un po'. Se non sbaglio, nemmeno tu sei troppo ben disposto nei miei riguardi riprese alla fine Duff. Sean scrollò le spalle. Duff, sei un porco rispose, come se parlasse del piú e del meno. Duff fece una smorfia. Bene, figliolo, molto lieto d'averti conosciut(>. Immagino, che, da questo momento, le nostre strade si separino, v ero ? Non metterti a piagnucolare, Duff. Versa da bere e poi raccontami bene cosa si prova a essere un porco. Inoltre, vorrei parlare con te di quei quadri che Candy ha appiccicato in corridoio. Non so se convenga piú regalarli o bruciarli. Duff tentò di non lasciar trapelare il sollievo dalla propria espressione, ma non ve ne fu bisogno, perché Sean riprese subito: Prima di chiudere definitivamente l'argomento, lascia che ti dica una cosa. Non mi è piaciuto il tuo modo di comportarti. Ne vedo le ragioni, ma resta il fatto che non mi è piaciuto. Finito il discorso. Hai qualcosa da aggiungere . 0. Benissimo. Quella sera stessa, Sean andò da Candy, all'albergo, e la trovò nell'ufficio. E tornato le annunciò. Oh ! esclamò lei, trattenendo il fiato. E come sta, Sean l 476 SELEZIONE DEL LIBRO Un po' con la coda tra le gambe, ma non troppo Ti ho chiesto come sta insisté lei. Come sta di salute. Come sempre. Ha avuto la cortesia di chiedere altrettanto di te. Candy si alzò e andò accanto alla finestra. Immagino che ora traslocherete tutti e due a Xanadu. Sean rispose con un borbottio indistinto, e lei si affrettò a continuare: Non preoccupatevi, le Victoria Rooms le prendono i fratelli Heyns. Scommetto che darete feste ogni sera, là. Ma non importa. Ormai mi sono abituata all'idea . Girò il viso dolce, e guardò Sean. Lui le porse il fazzoletto perché si soffiasse il naso. Vuoi rivederlo, Candy? >, Lei si limitò a scuotere il capo, non fidandosi della propria voce. Allora, baderò io a lui, come ti ho promesso. L'abbracciò e si voltò per andarsene. Sean lo richiamò lei. Verrai a trovarmi qualche volta? Restiamo amici, vero ? Ma naturale, Candy. Certo, cara. SEAN guardò Duff, seduto dirimpetto a lui al tavolo del consiglio, in cerca del suo appoggio, ma Duff si limitò a esalare una densa boccata di fumo. Dunque, non mi sosterrà, rifletté Sean, amareggiato. La notte prima erano rimasti a discutere sino alle ore piccole. Ora, Sean lanciò il suo ultimo appello: Gli uomini hanno chiesto un aumento di paga del dieci per cento. Ne hanno ver2mente bisogno. Il costo della vita è salito, ma le paghe sono rim~e tali e quali. Signori, in molti casi si tratta di gente con famiglia, e... . ouff mandò un'altra boccata di fumo, e Hradsky guardò ostentatamente l'orologio. Max diede un colpetto di tosse, e interruppe: Ml sembra che di questo sia già stato discusso, signor Courteney. Non si potrebbe mettere la questione ai voti? . Sean vide la mano di Hradsky alzarsi subito contro di lui. Avrebbe preferito non guardare Duff, ma si costrinse a farlo. Le mani di Duff erano sul tavolo, esattamente come le sue. Chi è favorevole alla mozione? domandò Max, e Sean e Duff alzarono la mano insieme. Il risultato è di trenta voti a favore e sessanta contro proclamò Max. La mozione del signor Courteney è respinta.
Ne informerò il Sindacato dei Minatori. Sean tornò in ufficio a piedi, insieme con Duff. Se ti ho sostenuto dichiarò questi affabilmente, mentre apriva la porta, è stato solo perché sapevo che Hradsky avrebbe vinto comunque. Aumentare le paghe del dieci per cento significherebbe far salire i nostri costi di diecimila sterline al mese. L' ORO E UNA FEBBRE Sean richiuse la porta con un calcio e non diede risposta. Sean, non spingere questo tuo atteggiamento di amore verso gli uomini sino all'assurdo. Hradsky ha ragione: abbiamo da finanziare quel progetto d'espansione nel Rand Orientale. Non possiamo permetterci, in questo momento, di lasciar salire i costi. Per la miseria, Duff, non è giusto! sbottò Sean. Lo sai benissimo che non è giusto. Ma tanto, che posso farci? Duff scoppiò a ridere. L'unica cosa che puoi fare è smetterla di voler cambiare il mondo, e venirtene a casa con me. Nell'ufficio esterno, trovarono ad attenderli Max. Un Max molto sulle spine. Mi scusino, signori, potrei dir loro una parola? Una parola di chi? lo apostrofò Sean. Sua o di Hradsky? Si tratta di cosa mia personale, signor Courteney rispose Max, lanciando un'occhiata malinconica verso la strada. Ho bisogno di parlar loro da soli. E parla, allora lo spronòuff. Non siamo soli? No, non adesso. Il signor Hradsky potrebbe insospettirsi, se non torrlassi subito in albergo. Max era quasi alle lagrime; il pomo d'Adamo gli andava su e giú, giocando a nasconderello dentro il colletto alto della camicia. Duff, all'improvviso, ebbe molta curiosità di sentire quel che l'uomo aveva da dirgli. Vuoi che Norman resti all'oscuro di questa faccenda? gli domandò.Guai, se ne sapesse qualcosa guaí Max, ancora piú vicino alle lagrime. E quando vuoi che ci vediamo? Stanotte, dopo le dieci, quando il signor Hradsky ormai è già a letto. Al deposito della miniera Little Sister, sul lato orientale, c'è una stradetta secondaria ormai abbandonata. Sí, la conosco assentí Duff. Va bene, verremo là verso le dieci e mezzo. Grazie, signor Charleywood. Vedrà che non avrà da pentirsene. Max si allontanò a passetti verso la porta, e scomparve. Duff pungolò Sean nella pancia con la punta del bastone.< Lo senti? domandò, annusando l'aria. Che cosa? Non sento niente. E sí che l'aria n'è pregna insisté Duff. Del dolce profumo del tradimento, intendo. Uscirono da Xanadu alle nove e mezzo. Duff aveva voluto a tutti i costi indossare un mantello nero da sera. L'atmosfera soprattutto, figliolo. Nell'uscire da Johannesburg, evitarono le strade principali. In cielo era appesa un'esigua fetta di luna, ma le stelle brillavano 478 SELEZIONE DEL LIBRO grandi, e, alla loro luce, i bianchi depositi di scarico delle miniere risaltavano alti come tante colline. Ecco la strada disse Duff, facendo voltare il cavallo, e Sean gli tenne dietro. Il deposito della Little Sister si erse davanti a loro. Lo aggirarono, dopo di che i cavalli si misero a sbuffare e a recalcitrare. Da una macchia di cespugli era sbucata la figura di Max. Che bello rivederci al lume di luna, Maximilian lo salutò Duff. Abbiate la cortesia di togliere i cavalli dalla strada, signori. Max era ancora molto agitato. Legarono i due cavalli accanto a quello di Max, e poi raggiunsero l'uomo, che, frattanto, s'era nascosto di nuovo tra i cespugli. Dunque, prima di ogni altra cosa esordí Max, vorrei che lor signori mi promettessero, sul loro onore, che non ripeteranno a nessuno nemmeno una parola di quel che sto per svelare. D'accordo assentí Sean. Sul mio onore rincalzò Duff.
Max si sbottonò la giacca e sfilò dalla tasca interna una busta lunga. Penso che sia meglio mostrar loro questi documenti, innanzi tutto, cosí, dopo, mi sarà piú facile esporre la mia proposta. Si tratta degli ultimi estratti conto delle quattro banche di cui il signor Hradsky è cliente. Max accese una lanterna, e Sean e Duff esaminarono i fogli nel cerchio di luce gialla. Alla fine, Sean si rimise in piedi. Accipicchia, meno male che non sono io ad avere tanti debiti esclamò. Bene, Max, ci dica tutto. Max si riprese i fogli e spense la lanterna. Si schiarí la gola, e spiegò: Come hanno visto, dopo aver dovuto pagare loro la somma ingente che sanno, e dopo aver preso altri impegni, il signor Hradsky è stato costretto a chiedere alle banche prestiti fortissimi. In garanzia, poi, ha dato tutto il suo pacchetto azionario della CRC. Per ragioni di cautela, le banche hanno attribuito a ogni azione un valore di trentacinque scellini, anche, se, come loro sanno, la quotazione effettiva è di novanta scellini. Ora, se la quotazione scendesse a trentacinque scellini, le banche butterebbero sul mercato tutte le azioni che ora tengono in garanzia. Max, il suono della tua voce comincia a piacermi commentò Duff. Mi è venuto in mente continuò l'altro, che se il signor Hradsky si trovasse lontano da Johannesburg - per esempio in Inghilterra, a comprare macchinario per lor signori non dovrebbe essere impossibile far precipitare in pochi giorni il prezzo delle CRC a trentacinque. Potrebbero vendere a riporto, e mettere in giro la voce che la Barriera Principale si è esaurita. Cosí, non appena le 480 SELEZIoNE DEL LIBRO CRC scendono a trentacinque, le banche si metteranno a scaricare quelle che hanno, le quotazioni crollerebbero, e lor signori potrebbero ricomprare a prezzi irrisori. Significherebbe, per loro. impadronirsi di tutto il gruppo e guadagnarci due milioni di sterline, per soprammercato. Seguí un lungo silenzio, prima che Sean domandasse: E lei, che cosa ci guadagna, Max? . Un suo assegno di centomila sterline, signor Courtenev. Le paghe stanno finalmente aumentando replicò Sean. Credevo che il compenso normale, per certi servizi, fosse di trenta denari. Sta' zitto scattò Duff. Dimmi, Max, è tutto qui quello che vuoi? Solo soldi? A quest'ora dovresti essere già discretamente ricco, direi. Max si alzò di scatto. Aveva il volto nascosto dall'ombra, ma la voce era scoperta, quando strillò: Credete che non sappia che cosa mi chiamano in giro ? Il buffone di corte. La lingua di Hradsky. E credete che mi diverta a strisciargli ai piedi tutto il santo giorno Io voglio tornare a essere un uomo! La voce gli si strozzò, e si coprí la faccia con le mani. Singhiozzava. Sean non aveva il coraggio di guardarlo, e anche Duff abbassò gli occhi, a disagio. Ma quando Max riprese a parlare, la voce era di nuovo quella solita, morbida e malinconica. Signor Courteney, se domani, andando in ufficio, indosserà il suo panciotto giallo, sarà per me il segnale che la mia proposta e le mie condizioni sono state accettate. Dopo di che, ci penserò io a far sí che il signor Hradsky vada per un certo periodo all'estero. Slegò il proprio cavallo, montò in sella e si allontanò al galoppo. Lo scalpitio degli zoccoli si era già spento lontano, quando Duff riprese a parlare. Quegli estratti conto erano autentici. Ho osservato i timbri con estrema attenzione. E ancor piú autentico è stato quel cedimento di Max. Mi sentivo male, ad ascoltarlo. Ma come si può tradire una persona cosí a sangue freddo, d'altra parte? Figliolo, non perdiamo tempo a discutere della moralità di Max.
Norman ci è stato consegnato preparato a dovere, con tutti i condimenti necessari. Cuciniamolo e mangiamocelo, dico io. Punto primo, se lo merita. Punto secondo, se c'impadroniamo del comando assoluto, potremo fare a modo nostro: tu, potrai cedere al tuo vizio delle buone azioni, e aumentare le paghe; e io sarò di nuovo il direttore d'orchestra! Sean assentí, tormentandosi un baffo con aria assorta. Punto terzo continuò Duff, noi siamo venuti qua per fare soldi quanto piú possibile, e un'occasione del genere non ci si pre L'ORO E UNA FEBBRE 481 senterà piú. Ultimo motivo, ma il piú forte: quel panciotto giallo ti sta cosí bene. Sí, è davvero elegante concordò Sean. Però, sentimi bene, Duff: non voglio che si ripeta l'episodio di Lochtkamper. Norman è un adulto, mica un bambino. Non farà mai una bestialità simile. E poi, resterà sempre ricco. Gli rimangono le miniere di diamanti. NON FU difficile fare in modo che Hradsky si assentasse. Bisognava acquistare il macchinario per le nuove miniere del Rand Orientale, e a Londra bisognava pure che ci andasse qualcuno. Hradsky, benevolmente, accettò che l'incarico fosse conferito a lui. Una settimana dopo, accompagnato da Max, partiva con la corriera diretta a Port Natal. Sean e Duff restarono a guardare finché il grosso veicolo non scomparve alla vista, poi attraversarono la strada ed entrarono nei loro uffici. Ieri sera ho preso gli ultimi accordi con Max disse Sean. Non appena si sarà sistemato a bordo del postale con Hradsky, ci manderà un telegramma. Solo allora potremo metterci in azione. Trascorsero dieci giorni prima che il messaggio arrivasse: sALPIAMo ALLE QuATTRo DI QuEsTo POMERIGGIo. suoNA FORTuNA. MAX. Stavano pranzando al circolo, e Duff levò il bicchiere: Alla riuscita dell'impresa brindò. Sean sorrise. Guarda chi sta andando al gabinetto. Elliott, il direttore del Corriere del Rand. Seguimi! Si avviò anche lui ai gabinetti, e Duff gli tenne dietro. La porta di uno dei cubicoli era chiusa. Sean strizzò l'occhio a Duff e, accostatosi a un lavabo, si mise a lavarsi le mani. Be', a questo punto, non ci resta altro che sperare che Norman compia un miracolo, in Inghilterra. Duff raccolse l'imbeccata. Sí, ma questo significa correre un bel rischio, caro mio. Io sono sempre del parere che ci convenga vendere tutto, e subito. Stamane, le CRC erano ancora a novantuno, segno che la faccenda non è ancora trapelata. Ma lascia che scoppi la bomba ... Sean prese Duff per il braccio e lo condusse verso l'uscita. E lí diede l'ultima pennellata: Non appena la CRC crolla, ci saranno migliaia d'uomini a spasso, te ne rendi conto? . Si chiuse la porta alle spalle, e tutti e due si sorrisero soddisfatti. La mattina dopo, il primo gesto di Sean fu di prendere il giornale dal vassoio della colazione. L'articolo era in prima pagina: VA DAVVERO TUTTO BENE ALLA CENTRAL RAND CONSOLIDATED ? IL VLAGGIO MISTERIOSO DI NORMAN HRADSKY 482 SELEZIONE DEL LIBRO Il testo era tutto un capolavoro di evasività giornalistica: "Si dice ...", "Secondo voci solitamente attendibili, accadrebbe che ...", "Si ha motivo di credere...". Sean infilò le pantofole e corse giú per il corridoio sino alla stanza di Duff.
Porse a Duff il giornale e restò a guardare la faccia dell'amico incresparsi tutta in un sorriso. Sai che devi fare? Corri al giornale, dal direttore, e fagli una mezza sfuriata, tanto per confermarlo nei suoi sospetti. Io corro alla Candy Deep, a ordinare a Francois di chiudere i livelli piú bassi e di non lasciar entrare piú nessuno E togliti quel sorriso dalla faccia ! Cerca di sembrare emaciato e teso, invece. Quando Sean arrivò in Borsa, nella strada c'era già assiepata una folla. Guardò dritto di fronte a sé, con aria cupa, e, mentre infilava di fretta l'ingresso dell'edificio, non rispose alle domande che gli venivano rivolte da tutte le parti. Duff era già lí, attorniato da un gruppo agitato di agenti e mediatori. Un uomo agguantò Sean per il bavero della giacca, scrollandolo cosí forte, da fargli calare il cappello sugli occhi. E vero? gridò l'estraneo. Abbiamo il diritto di saperlo! Con uno spintone, Sean lo mandò tra le braccia di quelli che gli stavano dietro. Piú tardi farò una dichiarazione ufficiale rispose con voce incollerita. Poi, a grandi passi, raggiunse Duff, e insieme entrarono nella saletta dei soci. A te come è andata? domandò Duff, a voce bassa. Meglio di cosí non poteva andare. Sean si studiò di conservare un'espressione preoccupata. Ho messo delle guardie armate, al quattordicesimo livello. Lascia che arrivi la notizia, e li vedrai tutti con la spuma alla bocca. Quando fai la dichiarazione umciale, attento a usare un tono di fiducia palesemente infondata gli raccomandò Duff. Se andiamo avanti cosí, vedrai che le azioni crolleranno a trentacinque addirittura un'ora prima dell'apertura. Mancavano cinque minuti all'apertura, quando Sean, in piedi nel cubicolo del presidente della Borsa, rivolse a tutti i soci il suo discorso. Le sue rassicurazioni coraggiose e le sue acrobazie verbali riuscirono a infondere la disperazione anche nell'animo degli ottimisti piú incalliti. Quando sonò la campana, la prima offerta che si udí, fu: Vendo CRC. Tuttavia, non vi fu corsa all'acquisto. Dieci minuti dopo, fu registrata una vendita a ottantacinque scellini, sei punti di meno del prezzo di chiusura del giorno precedente. Duff si protese verso Sean. Dobbiamo vendere un po' delle nostre, se vogliamo che la cosa si avvii. Se no, tutti se ne staranno seduti a vedere cosa succede. L'ORO E UNA FEBBRE 483 Sean assentí. Dopo, ricompriamo a un quarto del prezzo, ma aspetta che si diffonda la notizia di quel che sta succedendo alla Candy Deep. Mancavano pochi minuti alle dieci, quando la notizia arrivò. La reazione fu acuta: le CRC piombarono a sessanta. Ma lí si fermarono, fluttuando nervosamente. Sono a corto d'azioni bisbigliò Duff. Dobbiamo metterci a vendere subito. Altrimenti, la quotazione si blocca dov'è. Sean sentí le mani che gli tremavano, in tasca, e le serrò a pugno. Anche Duff dava segni di tensione. Non esagerare gli raccomandò Sean. Vendine solo trentamila. Il prezzo scese ulteriormente, ma si stabilizzò a quarantacinque. Mancava un'ora alla chiusura, e Sean era teso come una corda di violino. Ne venda ancora trentamila ordinò al suo rappresentante. Non c'era piú bisogno, per Sean e Duff, di fingersi preoccupati: lo erano davvero. Stavolta, la quotazione si bloccò a quaranta, e la vendita di altre sessantamila azioni da parte loro la fece calare solo impercettibilmente. Qualcuno si è messo a comprare borbottò Sean, a disagio. Pare di sí convenne Duff. Alla chiusura, avevano venduto una buona parte del loro pacchetto, eppure il prezzo restava cocciutamente a trentasette, appena a due punti da quel magico trentacinque che avrebbe fatto inondare il mercato dalle azioni di proprietà di Hradsky. Duff e Sean restarono afflosciati sulle rispettive poltrone.
Sean posò una mano sulla spalla di Duff. Domani tutto si rimette a posto gli disse. Si guardarono a vicenda, infondendosi coraggio l'un l'altro finché tornarono a sorridere. Sean si alzò per primo. Forza, andiamocene a casa. La mattina dopo, davanti alla Borsa, la folla era di nuovo assiepata. Sean e Duff dovettero fare a gomitate, per entrare nell'edificio, e andarono a occupare i soliti loro posti nella saletta dei soci. Sean volse lo sguardo attorno, scrutando le facce dei colleghi. Su ciascuna, c'erano i segni dell'ansia. Vide Jock Heyns sbadigliare senza ritegno, e fu costretto a fare altrettanto. Di lí ad alcuni anni, avrebbe visto altri uomini sbadigliare nell'identico modo, in attesa che l'alba li mandasse contro i cannoni boeri. Duff si protese verso di lui: Non appena si apre, ci metteremo a vendere. Dobbiamo tentare di creare il panico. Sean fece un cenno d'assenso. Scarichiamo tutte le azioni che ci rimangono. Non è possibile che, dopo, la quotazione regga. Duff chiamò il loro rappresentante e gli ordinò di vendere centomila azioni al minor prezzo possibile. L'impiegato batté le ci484 SELEZIO.1VE DEL LIBRO glia, ma ubbidi, scrivendo l'ordine sul suo taccuino, e si allontanò verso la sala principale. Mancavano solo pochi minuti al suono della campana. E se non funzionasse ? domandò Sean. La morsa che gli stringeva lo stomaco gli dava la nausea. Deve funzionare. Per forza. Duff tormentava con le dita il pomo del bastone. Quando sonò la campana, Sean sussultò. Udi la voce del loro agente: Vendo CRC , e poi il brusio delle voci che contrattavano. Attraverso la porta della saletta, scorse l'impiegato addetto alla registrazione delle quotazioni scrivere sulla lavagna la prima vendita. Trentasette scellini... Sean si costrinse a stare calmo. L'impiegato cancellò le cifre, e ne scrisse altre. Trentasei. Si è messa ad andare giú bisbigliò Sean, e la mano di Duff strinse il bracciuolo della poltrona come un artiglio. Trentacinque ... Finalmente la quotazione tanto attesa. Sean udi Duff tirare un sospiro. Adesso arrivano le banche. Preparati a diventare ricco sfondato, figliolo. Trentaquattro e sei, scrisse il registratore. Ora arrivano ripeté Duff. Il loro rappresentante ricomparve nella saletta. Sono riuscito a venderle, signori. Sean si raddrizzò di scatto. Cosi in fretta? Si, signore. In tre colpi sostanziosi, sono riuscito a venderle tutte. Purtroppo, l'ultimo blocco ho dovuto darlo a trentaquattro e sei. Sean fissò la lavagna. La quotazione era sempre li. Duff, c'è qualcosa che non va. Perché le banche non si sono ancora fatte vive ? Le costringeremo noi a scaricare. La voce di Duff sonò rauca in modo innaturale. Ne venda altre centomila a trenta ringhiò, rivolto all'agente. La faccia dell'uomo si afflosciò per lo stupore; ma l'impiegato si affrettò ad allontanarsi. Duff! Sean agguantò l'amico per un braccio. Ti ha dato di volta il cervello? Non le abbiamo, altre centomila da vendere! Balzò in piedi. Vado a fermarlo. Corse verso la porta e si fece largo tra la folla, nel tentativo di raggiungere l'agente. Non venda piú gli ordinò a voce bassa. L'uomo lo guardò con rinnovato stupore. Ma le ho già vendute. Sean volse gli occhi alla lavagna. Tutte e centomila ? domandò, con voce atterrita. Sí, signore. Qualcuno le ha comprate in blocco.
Sean tornò al suo posto come trasognato. Si sprofondò nella poltrona accanto a Duff. credesse alle proprie parole. L'ORO E UNA FEBBRE 485
Già vendute
disse, come se non
Li costringeremo a scaricare borbottò di nuovo Duff. Sean si girò a guardarlo, spaventato. Duff sudava, e aveva gli occhi scintillanti. Calma, Duff gli susurrò Sean. Sapeva benissimo come gli occhi di tutti fossero puntati su di loro. Dov'erano finite le banche? Perché non si decidevano a vendere? Sembrava un incubo. Volse lo sguardo verso il salone, e, a questo punto, ebbe la certezza che si trattava di un incubo: perché di là, diretti verso la saletta, c'erano Hradsky e Max. I due erano attorniati dalla folla, e Hradsky, sorridente, alzava le mani come per fermare la valanga di domande. I due entrarono nella saletta, e Hradsky si accomodò nella sua poltrona. Continuava a sorridere, e Sean fissò quel sorriso affascinato e con la pelle d'oca allo stesso tempo. Accanto a lui, Duff era non meno folgorato. Max disse qualche parola a Hradsky, in fretta, poi si avvicinò loro. L'addetto alla registrazione ci informa che lor signori si sono impegnati a vendere al signor Hradsky trecentosettantacinquemila azioni della CRC, a un prezzo medio di trentasei scellini. Detto questo, le ciglia lunghe e malinconiche gli si abbassarono sulle guance. Come loro sanno, l'emissione totale delle CRC è di un milione, seicentotrentamila delle quali sono sempre state di proprietà del signor Hradsky. In questi ultimi due giorni, poi, il signor Hradsky ha avuto modo di comprarne ancora settantacinquemila, oltre alle loro. Con questo, egli si trova in possesso di un pacchetto ben superiore al milione, e bisogna pertanto dedurne che lor signori hanno venduto azioni inesistenti. Ma le banche ... farfugliò Duff. Come mai le banche non hanno venduto ? Max ebbe un sorrisetto luttuoso. Il giorno del suo arrivo a Port Natal, il signor Hradsky ha fatto trasferire alle banche di qua fondi piú che sumcienti a coprire il suo scoperto. Poi, ha spedito loro quel telegramma, ed è tornato immediatamente qua. Ma ... ma allora ci hai mentito! Ci hai truffati! Max reclinò il capo da una parte. Signor Charleywood, non desidero discutere di onestà con una persona che ignora il significato di questa parola rispose, e tornò a sedersi accanto al padrone. Nella saletta, la conversazione era stata udita da tutti, e, mentre Sean e Duff continuavano a sedere tra le rovine della loro fortuna, nella sala principale divampò la battaglia per l'acquisto delle CRC. In cinque minuti, il prezzo risali a novanta scellini, e continuò a salire. Sean diede di gomito a Duff. Andiamocene. Si alzarono esiincamminarono versol'uscita. Nelpassaredavantiallasuasedia,udirono Hradskyrivolgereloro , 486 SELEZIONE DEL LIBRO la parola. Signor Charleywood, non si può vincere sempre. La frase venne fuori liscia, con un lieve intoppo solo alla p di "può": una consonante che era sempre stata tra le piú difficili per Hradsky. Duff si voltò verso il suo nemico, spalancando la bocca per rispondere; ma le labbra gli si mossero senza emettere suono. Non c'era piú nulla da dire, ormai. Sean lo prese per un braccio, e nessuno badò loro, quando uscirono all'aperto e Mbejane li ricondusse a Xanadu. In salotto, Sean riempí di brandy due bicchieri, e andò a porgerne uno a Duff. La faccia di questi era cinerea. Mi dispiace. Ho perso la testa disse. Ero convinto che avremmo potuto comprare quelle azioni per quattro soldi, non appena le banche si fossero messe a vendere. Non
importa. La voce di Sean era stanca. Eravamo in rovina ancor prima di fare quello sbaglio. Dio santo, che trabocchetto magistrale! Tanto magistrale, che nessuno avrebbe potuto subodorarlo, no, Sean? replicò Duff, tentando di scusarsi. Sean si allentò il colletto. Quella notte, alla miniera... acciderba, ci avrei giurato che Max non stava recitando la commedia. Chissà le risate che si sono fatte, vedendoci mettere il piede nella trappola come cretini. Ma non siamo ancora finiti, no, Sean? Duff cercava un gancio al quale appendere un po' di speranza. Nonostante lo sfacelo, ci resterà ancora qualcosa per ricominciare. Ricostruiremo tutto da capo, vero? Sean scoppiò a ridere. Certo. Tu ti troverai un posto giú, agli Angeli Luminosi, a pulire gli scaracchi, e io suonerò il piano. Ma... ma qualcosa ci resta. Magari, un paio di migliaia di sterline. Potremmo vendere la villa. Non illuderti, Duff. Questa casa ormai è di Hradsky. Tutto è suo. Ricordati che gli dobbiamo centomila azioni che non esistono. L'unico modo per far fronte all'impegno, è di comprarle da lui, e lui può fissare il prezzo che gli pare. Siamo finiti, Duff. Rovinati! In malora! Sean tornò allo stipetto dei liquori e si versò un altro brandy. Bevi, Duff. Bevi a spese di Hradsky. E il suo liquore, adesso. Tese il braccio e descrisse un arco indicando tutta la stanza. Domani verrà l'ufficiale giudiziario a sequestrare tutto quanto. Poi, secondo la debita procedura della legge, ogni cosa sarà consegnata al suo legittimo proprietario... il signor Norman Hradsky. Si mosse per andare a sedersi, ma a un tratto si fermò. La debita procedura della legge ripeté a mezza voce. Chissà... chissà che non funzioni. L'ORO E UNA FEBBRE 487 Duff si erse, teso. Ti è venuta qualche idea? Be', una mezza idea, diciamo. Senti, Duff: se riesco a salvare un paio di migliaia di sterline, accetti di venir via da questo posto ? E dove ? Dove andremo ? Eravamo diretti a nord, al principio di questa storia, no? E una direzione come un'altra. Dicono che ci sia avorio e oro oltre il Limpopo. Andiamocene e ricominciamo tutto da capo. Scommetto che non ti ricordi piú quel che si prova a stare in sella, a maneggiare un fucile, a sentirsi il vento in faccia e a non avere una città nel raggio di ottocento chilometri. Ma significa abbandonare tutto quello per cui abbiamo sudato ! In nome del Cielo, ma sei proprio impazzito? Tu non possiedi piú nulla, Duff. Mi spieghi come puoi abbandonare una cosa che non hai? Senti, ora vado da Hradsky a fargli una proposta. Vieni anche tu ? Duff aveva le labbra che gli tremavano. Alla fine, comunque, si rese conto con chiarezza della situazione in cui ormai si trovavano, e ne fu annichilito. Tentennò il capo. Va bene fece Sean. Allora, aspettami qui. L'appartamento di Hradsky era affollato di gente che chiacchierava e rideva. Nella maggior parte di quegli uomini Sean riconobbe i cortigiani che una volta si assiepavano intorno al trono sul quale lui e Duff stavano seduti. Quando lo videro, però, tutti a poco a poco smisero di ridere, e tacquero. Max aprí il cassetto della scrivania alla quale stava seduto e, senza perdere d'occhio Sean, vi affondò la mano. A uno a uno, i cortigiani raccolsero il cilindro e il bastone e si ritirarono frettolosamente. Alcuni farfugliarono anche un saluto, nel passare accanto a Sean.
Finché rimasero loro tre soli : Sean, calmo, accanto alla porta, Max, seduto alla scrivania, con la mano sulla pistola; Hradsky, nella sua poltrona accanto al camino, a scrutare Sean con quei suoi occhi gialli e seminascosti dalle palpebre. Max lanciò un'occhiata al padrone, ne colse il cenno appena percettibile, e solo allora rivolse la parola a Sean: Prego, s'accomodi, signor Courteney . Con una spinta, Sean si richiuse la porta alle spalle. Max, lasci perdere la pistola. Non ne avrà bisogno, la partita ormai è conclusa. E il punteggio dà a noi la vittoria, vero, signor Courteney? Sí, avete vinto riconobbe Sean. Siamo pronti a consegnarvi tutte le CRC di cui siamo in possesso. Max tentennò il capo con aria mesta. Purtroppo, la cosa non è cosí semplice. Lor signori si sono impegnati a cederci un ben preciso numero di azioni, e noi siamo costretti a esigere che l'impegno venga mantenuto in pieno. 488 SELEZIONE DEL LIBRO Dunque, volete rivoltare il coltello nella piaga, eh? Lei si esprime in maniera molto poetica, signor Courteney. Avete riflettuto alle conseguenze di constringerci al fallimento ? Alle conseguenze per voi, intendo. Ordini di sequestro, riunioni dei creditori, cause e controcause, vendita coatta delle azioni, e tutte le spese da pagare. Un curatore fallimentare con un minimo di astuzia, potrebbe tirare in lungo per quattro anni, vivendoci sopra abbondantemente. Ci ha pensato, Max? Quando lo vide stringere gli occhi, Sean capí che Max non ci aveva pensato affatto. L'ometto si rivolse al padrone con un'espressione disperata, e, a quella vista, Sean si sentí un tantino meglio. Ed ecco la mia proposta continuò. Voi ci lasciate prelevare diecimila sterline e ci lasciate prendere i nostri cavalli; noi, in cambio, vi consegniamo il nostro pacchetto, i conti in banca, i nostri immobili, tutto. Non potreste ricavarci di piú, se ci mandate in fallimento. Col linguaggio mimico loro particolare, Hradsky lanciò a Max un messaggio, e Max lo tradusse a beneficio di Sean: Le rincrescerebbe attendere fuori, mentre discutiamo tra noi della cosa? . Sean trasse di tasca l'orologio. Bastano venti minuti ? Piú che sufficienti. Grazie, signor Courteney. Scaduti i venti minuti, Sean rientrò. Lo aspettavano. Allora, fuori questa decisione, Max. Sean riuscí persino a sorridere. Il signor Hradsky, molto generosamente ... Quanto ? lo interruppe Sean. Il signor Hradsky vi concede di prelevare millecinquecento sterline e di portar via tutti i vostri effetti personali. In cambio, voi gli date garanzia di non imbarcarvi in nessuna impresa, nel Witwatersrand, per un periodo di tre anni. Oh, tre anni. State tranquilli, non ce la faremmo neanche se volessimo. Facciamo duemila, e l'affare è concluso. L'offerta non è passibile di discussione. Sean s'accorse che non scherzavano. Va bene, accettato. |gEAN trovò Duff nella stessa poltrona in cui l'aveva lasciato. Dormiva profondamente, e a fianco aveva la bottiglia del brandy, vuota. Cosí raggomitolato, con i capelli che gli scendevan~o sulla fronte, sembrava piú piccolo. Ora che i bambini vadano a nanna disse Sean, a voce alta. Lo sollevò di peso e lo portò su per le scale. Arrivato in cima, si fermò e cercò di analizzare i propri sentimenti. Per la miseria... era contento ! Era ridicolo sentirsi cosí L'ORO E UNA FEBBRE 489 contento in piena tragedia. Portò Duff nella sua stanza e lo depose sul letto. Fatti una bella dormita gli disse, domani dobbiamo fare una lunga cavalcata. Tornato nel corridoio, si fermò di nuovo in cima alle scale e guardò in basso, dove il salone d'ingresso si apriva in tutto il suo splendore. Stava per lasciare tutto ciò, eppure rise a piena voce.
Forse, era felice perché, evitando il peggio, aveva trasformato la sconfitta in vittoria. Una piccola, patetica vittoria, ma, almeno, oggi non stavano peggio di quanto fossero stati il giorno in cui erano arrivati al Rand. Per di piú... c'era anche quel senso di liberazione. E anche ciò faceva parte di questa felicità. Andare a nord... verso una terra nuova... Provò un brivido di aspettazione. Corse giú per le scale e andò nel cortile antistante le scuderie. Mbejane! gridò. Udí il rumore di uno sgabe~lo che si rovesciava e la porta si spalancò. Che cosa succede, ;kosi? Mbejane si era spaventato al tono impellente della voce di Sean. Prendi i sei migliori cavalli che abbiamo. Che siano pronti prima dell'alba di domani. Due debbono essere sellati, gli altri dovranno trasportare il bagaglio. Mbejane sorrise. Andiamo forse a caccia, ;kosi? Forse sí assentí Sean. E per quanto staremo via, J~kosi? Staremo via per sempre. Porta il tuo kaross e le tue lance, e vedremo dove ci porta la strada. Sean tornò nella sua stanza. Impiegò circa mezz'ora a fare i bagagli: le cose che prese con sé costituivano appena la metà del carico che un cavallo poteva trasportare. Buttò su una sedia la giacca di pelle di montone coi calzoni di pelle e il cappellaccio da cacciatore, pronti per essere indossati al mattino, poi prese dallo studio un paio di fucili. Fatto ciò, andò all'albergo per salutare Candy. Hai sentito ? le domandò. Sí, lo sanno tutti. Oh, Sean, mi dispiace... come sta Duff? Si riprenderà bene. Voglio andare da lui disse lei con ansia. Avrà bisogno di me, in questo momento. Per tutta risposta, Sean alzò un sopracciglio e la fissò sino a quando lei abbassò gli occhi. No, hai ragione. Forse piú tardi, quando avrà superato il colpo. Candy, questo è un addio. Partiamo domattina prestissimo No! Stai scherzando, Sean! Però sapeva che non era cosí. Lui la baciò. Sii felice le ordinò. Cercherò. Tornate, un giorno o l'altro; presto. Solo se mi prometti che mi sposerai. Lui le sorrise e lei l'afferrò per la barba, facendogli dondolare la testa. Vattene, prima che ti ci trascini, al matrimonio. A questo punto, Sean se ne andò, perché capiva che Candy stava per piangere, e non voleva essere lí a vederla. La mattina seguente, Duff, obbediente e stralunato, mise via la sua roba, seguendo le direttive di Sean. Quando ebbe finito, Sean se lo portò dietro, giú da basso, dovc i cavalli li aspettavano nel freddo grigiore dell'alba. Vicino ai cavalli, nella semi-oscurità, si intravedevano quattro ombre. Mbejane chiamò Sean, chi sono gli uomini che ti accompagnano ? I quattro avanzarono e Sean ridacchiò. Hlubi, dal nobile ventre! Nonga! E anche tu, Kandhla? Uomini che avevano lavorato al suo fianco nella Candy Deep, che avevano maneggiato le zappe, che avevano scavato la sua ricchezza, che avevano impugnato le lance che lo avevano protetto dai suoi primi nemici. Avanzarono in gruppo, con quel sorriso cosí largo e cosí bianco che hanno solo gli zulú. Lazzaroni, che cos'è che vi ha fatto alzare cosí presto ? domandò Sean. Fu Hlubi a rispondere per tutti: JVkosi, abbiamo sentito parlare di pista, e i piedi ci bruciavano; abbiamo sentito parlare di caccia, e non potevamo dormire. Non abbiamo soldi per la paga. Sean parlò bruscamente, per nascondere l'improvvisa ondata d'affetto che provava per loro.Non abbiamo parlato di paghe rispose Hlubi con dignità. Era la risposta che Sean s'era aspettato. Si schiarí la gola. < E mi accompagnereste pur sapendo che il tagathi viaggia con rne Aveva usato la parola zulú che significava "spirito maligno". E sapendo
che lascio dietro di me una pista di morti e di dolore? J~'kosi la voce di Hlubi era grave, quando il leone si nutre, qualcosa deve morire, però c'è cibo per coloro che lo seguono. Diressero i cavalli giú per il viale di Xanadu e presero la strada per Pretoria. S'arrampicarono su per la catena e, giunti sulla cresta, arrestarono i cavalli. Sean e Duff si guardarono indietro, verso la valle ancora coperta dalla foschia del mattino. I,e nebbie si fecero dorate man mano che il sole, ancora basso, le raggiungeva. Sean sedeva in silenzio, fissando le nebbie dorate. Erano belle. Nascondevano la terra ferita e nascondevano le fabbriche: erano proprio il manto adatto per quella città crudele e vòrace. Voltò il cavallo nella direzione opposta, verso Pretoria, e lo incitò, battendogli le redini sul collo. Wilbur A. Smith A simiglianza degli eroi del suo romanzo, Wilbur A. Smith è un uomo portato alla vita movimentata. Figlio di un facoltoso ingegnere e allevatore di bestiame, egli è nato a Broken Hill, nella Rhodesia del Nord, nel 1933. Ha compiuto gli studi a Natal, dov'era direttore del giornale scolastico e capitano delle squadre di tiro a segno e di cross-country; ma, per dare un riassunto della sua vita di studente, egli ama citare le parole con cui lo congedò, alla fine, il preside: Smith, vecchia canaglia, mi dispiace vederti andare. Non per altro, ma perché ora non avrò piú modo di espellerti, come avrei invece dovuto fare tante e tante volte in passato! Passato all'università, Wilbur A. Smith si distinse soprattutto per essere finito, nel giro di un anno accademico, all'ospedale tre volte in seguito a incidenti motociclistici. Poi, conseguita la laurea, lavorò brevemente a bordo di un peschereccio: sino al giorno, cioè, in cui una pesca particolarmente abbondante e un guasto alle pompe non fecero colare a picco l'imbarcazione . Armato di laurea in Commercio, Smith passò per un certo tempo alle dipendenze della "Goodyear", la fabbrica di pneumatici, e piú tardi entrò nei cantieri del padre. Ma, a dispetto delle obiezioni di quest'ultimo, la sua aspirazione era sempre stata quella di scrivere, e, dopo essersi sposato, cominciò a "piazzare" novelle presso diverse riviste. Anche L'oro è una feb6re nacque in forma di breve racconto, finché l'autore, facendosi prendere la mano dai suoi stessi personaggi, non finí col ricavarne un vero e proprio romanzo (dei tempi della corsa all'oro aveva un'immaginc vivida, grazie a ciò che gliene aveva raccontato il nonno, pioniere chc aveva partecipato all'organizzazione delle carovane di rifornimento per le miniere del Witwatersrand). Dopo il successo incontrato dal romanzo, Smith ha deciso di darsi esclusivamente alla carriera di scrittore, e ha scritto un secondo libro, Ciò che Dio abbandonò, la cui azione si svolge nel Congo, nel 1962, e il cui protagonista è il nipote di Sean Courteney. Wilbur A. Smith risiede ora a Salisbury, nella Rhodesia del Nord. dove scrive regolarmente quattro ore il giorno e passa il resto dcl tempo libcro andando a pesca e a caccia. FINE.