Collana Studi biblici
1-3.
4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.
12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49.
S.A. Panimolle, Il discorso di Pietro all'assemblea apostolica l: Il concilio di Gerusalemme Il: Parola, fede e Spirito lll: Legge e Grazia F. Lambiasi, L'autenticità storica dei Vangeli M. McNamara, l Targum e il Nuovo Testamento C.K. Barrett, La prima lettera ai Corinti L. Monloubou, La preghiera secondo Luca L. Alonso Schokel, Trenta salmi: poesia e preghiera P. Grelot, l Canti del Servo del Signore J. Dupont, Teologia della Chiesa negli Atti degli apostoli P. Lapide, Leggere la Bibbia con un ebreo F.-E. Wilms, l miracoli nell'Antico Testamento Il Midrash Temurah, a cura di M. Perani J. Dupont, Le tre apocalissi sinottiche l. De la Potterie, Il mistero del cuore trafitto W. Egger, Metodologia del Nuovo Testamento J. Darù, Principio del Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco S. Zedda, Teologia della salvezza nel Vangelo di Luca L. Gianantoni, La paternità apostolica di Paolo S. Zedda, Teologia della salvezza negli Atti degli apostoli A. Giglioli, L'uomo o il creato? M. Pesce, Le due fasi della predicazione di Paolo E. Boccara, Il peso della memoria L. Alonso Schokel- J.M. Bravo Arag6n, Appunti di ermeneutica Metodologia dell'Antico Testamento, a cura di H. Simian-Yofre F. Manns, Il giudaismo G. Cirignano- F. Montuschi, La personalità di Paolo F. Manns, La preghiera d'Israele al tempo di Gesù H. Simian-Yofre, Testi isaiani dell'Avvento M. Nobile, Ecclesiologia biblica L. Ballarini, Paolo e il dialogo Chiesa-Israele F. Manns, L'Israele di Dio A. Spreafico, La voce di Dio G. Crocetti, Questo è il mio corpo e lo offro per voi A. Rofé, La composizione del Pentateuco P. Lapide, Bibbia tradotta Bibbia tradita G. Cirignano- F. Montuschi, Marco. Un Vangelo di paura e di gioia P. Grelot,/1 mistero del Cristo nei Salmi B. Costacurta,lllaccio spezzato G. lbba, La teologia di Qumran A. Wénin, Entrare nei Salmi B. Costacurta, Con la cetra e con la fionda J.P. Fokkelman, Come leggere un racconto biblico X. Lé on-Duf ou r, A gire secondo il Vangelo Bibbia e storia, a cura di M. Hermans- P. Sauvage W. Binni- B. G. Boschi, Cristologia primitiva M. Remaud, Vangelo e tradizione rabbinica B.G. Boschi, Le origini della Chiesa A. Miranda, l sentimenti di Gesù
AMERICO MIRANDA
I SENTIM�NTI DI GESU I verba affectuum dei Vangeli nel loro contesto lessicale
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
©
2006 Centro editoriale dehoniano via Nosadella, 6 40123 Bologna EDB (marchio depositato) -
ISBN 88-10-41001 -7 Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2006
A quelli che si affaticano per il vangelo
Hoc enim sentite in vobis, quod et in Christo Jesu (Fi/ 2,5)
PRESENTAZIONE
La grammatica, come si sa, distingue a parte una classe di verbi, variamente detti sentiendi o anche affectuum, con cui si riconosce e si evidenzia la portata particolarmente emotiva delle azioni o degli atteggiamenti umani. Per. poco che andiamo oltre la terminologia meramente «grammaticale», ci si rende conto che è in gioco una di mensione semplicemente «esistenziale», di cui è ampiamente mate riata la nostra vita. Si tratta né più né meno delle reazioni che assu miamo di fronte a eventi, a persone, a comportamenti altrui, sia che essi vengano adottati nei nostri confronti, sia che rappresentino sol tanto l'espressione di una condotta esterna non direttamente riferi ta a noi. Tanto la letteratura quanto la filosofia si sono ampiamente inte ressate a questa componente non secondaria dell'umana esperienza, a partire dall'antico concetto greco di passione, passando per il sen tire del cuore di Pascal che lo oppone alla conoscenza razionale, fino alla teorizzazione del sentimento in età romantica, compresi poi i più recenti concetti esistenzialisti di angoscia e persino di nausea. Certo è che l'ideale stoico della imperturbabilità o atarassìa ha poco di umano, se persino gli dèi della mitologia ellenica soggiacciono a mo ti d'ira, di commozione, di ilarità o di afflizione. Come poteva esserne esente un uomo come Gesù di Nazaret? Certo nei suoi confronti è esistito (e forse esiste ancora) un giudizio, che lo esclude da una umanità ritenuta eccessiva. Ma si tratta nient'altro che di una tentazione monofisita, che considera indegna contaminazione mondana la condivisione da parte sua di ciò che è umano, magari considerato troppo umano! Eppure, come si esprime va un antico adagio patristico, quod non est assumptum non est re7
demptum! E invece, Gesù ha assunto tutta intera la nostra umanità, compresi gli affetti che segnano tanto a fondo la nostra identità quo tidiana. Studiare gli affectus di Gesù, dunque, significa prendere sul serio l'incarnazione del Verbo di Dio, che si immerge a fondo nel tes suto vivo della nostra umanità. Il libro di Americo Miranda rappresenta un eccellente tentativo di rendere conto di questa dimensione identitaria di Gesù, e di ono raria come è giusto fare. In queste pagine non si trova certo una di scussione teologica in senso stretto. Del resto, non sarebbe possibile dibattere speculativamente dell'umanità di Gesù, se non si partisse dai testi letterari che ce la documentano. Ebbene, proprio questo fa lo studio che presentiamo. Esso prende in considerazione i testi del la tradizione evangelica, che ci documentano appunto le reazioni e gli atteggiamenti di Gesù di fronte alle varie situazioni umane da lui incontrate. Sono vari i testi (ben 35 quelli qui studiati, senza contare i passi paralleli) e quindi almeno altrettanti i momenti della sua vita, che ne rivelano gli affectus profondi: per esempio l'esultanza nello Spirito, la commozione di fronte alla madre vedova del figlio unico portato alla sepoltura e ancor più quella davanti alla tomba dell'ami co Lazzaro, la reazione sdegnata di fronte alla insensiblità dei pre senti nella sinagoga quando si tratta di guarire un uomo dalla mano rattrappita, l'ammirazione per una fede genuina, il commento ama ro per l'ingratitudine dei lebbrosi risanati o per l'ottusità degli scribi troppo legalisti, nonché l'implicita contentezza per i ragazzi che si di vertono sulla piazza indirizzandosi diversi ritornelli giocosi, la gioia per il ritrovamento degli smarriti, e infine l'indignazione dimostrata verso i mercanti nel tempio. Naturalmente un posto di rilievo è oc cupato dalle sue reazioni di fronte e durante la propria passione, do ve si succedono o si alternano la paura, il dolore, la richiesta di con divisione, la rassegnazione, l'abbandono a Dio. Americo Miranda struttura opportunamente la sua analisi dei te sti, suddividendo la ricerca in tre parti, dedicate rispettivamente al l'umanità di Gesù, alla sua intimità, e alla sua divinità. In ciascuna di queste sezioni, egli ripartisce ancora il materiale in oggetto a secon da che si tratti delle attitudini di Gesù, del suo turbamento e delle sue varie reazioni. Ogni testo viene esaminato nella sua peculiarità letteraria ed «affettiva». Si dispiega così sotto i nostri occhi un vasto materiale dedotto dai quattro vangeli canonici, a cui è limitata l'indagine, anche se altra
8
materia si troverebbe nell'altrettanto ampia produzione apocrifa. Il fatto è che i primi cristiani sono stati essi per primi impressionati dal forte spessore umano del loro Maestro e Signore, il quale stava da vanti a loro, come ancora sta davanti a noi, nella sua concreta gran dezza e profondità umana. Il risultato è duplice: da una parte, si con ferma il verus homo della definizione calcedonese, secondo cui l'u manità, tutt'altro che fare velo al verus deus, ne rende invece possi bile la manifestazione e attingibile la fruizione; dall'altra, il cristiano trae dal modello gesuano non solo conforto ma anche un senso nuo vo per le proprie personali e immancabili esperienze emotive. Lo studio di Miranda costituisce dunque un apporto veramente originale alla conoscenza non solo dei testi evangelici ma di Gesù stesso e in definitiva dell'uomo, di cui pure egli è figlio! C'è solo da augurarsi che esso venga apprezzato come merita. Romano Penna
9
INTRO DUZIO NE
Per una consolidata tradizione nella storia cristiana, i sentimenti di Gesù sono oggetto di interesse e venerazione: l'invito di Paolo ai filippesi (2,5: «abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cri sto Gesù») è stato infatti inteso come un richiamo diretto a una conformità, almeno tendenziale, del cuore e dell'attitudine del cre dente a quelli di Gesù, corrispondente al suo abbassamento fino al la condizione umana.1 Si tratta di un interesse che gli studi hanno potuto cogliere solo in parte. Se l'esegesi evangelica è pervenuta a risultati di grande chiarezza in merito all'ambiente in cui Gesù vive e ai suoi interlocu tori, non può che arrestarsi dinanzi alla reticenza del testo in meri to ai suoi sentimenti. Questa modalità è senza dubbio intenzionale, in accordo con lo stile di assoluta sobrietà della narrazione e con la tradizione biblica delle teofanie; l'estraneità del Cristo a una dimen sione dei sentimenti comune agli altri uomini è anzi affermata espli citamente (Gv 2,24), e costituisce un tratto insopprimibile della Ri velazione. La narrazione dei vangeli è intessuta di sentimenti, e si esprime anche attraverso un uso dei verba affectuum diffuso in tutti i quattro
Sull'importanza del passo di Filippesi per la trasmissione del vangelo, cf. E. Theo/ogische Einleitung in das Neuen Testament, Vandenhoeck & Rupre cht, Gottingen 1989 (trad. il. introduzione teologica al Nuovo Testamento, Paideia, Bre scia 1992), 21. Per la centralità dell'idea di abbassamento nella visione spirituale del Cristo, cf. ad es. O. CuLLMANN, Christo/ogie des Neuen Testaments, Mohr-Siebeck, Tii bingen 1957 (trad. it. Cristologia del Nuovo Testamento, Mulino, Bologna 1970), 140ss. 1
ScHWEIZER,
11
evangelisti: la ricerca del credente in tal senso è sollecitata in vario modo. Il rapporto anche affettivo tra i personaggi è intenso e costan te, e, seppure nell'intensità non ambivalente dei rapporti, lascia tra pelare attraverso Gesù tracce dei sentimenti di Dio. Ancor oggi, si pone perciò al credente, nell'accostarsi alle Scritture, l'obiettivo di sentire il più possibile «come proprio tutto ciò che è di lui»;2 in que sto senso, la componente dei sentimenti appartiene alla figura del Gesù storico nella sua complessità, e rientra nella definizione di un'etica del Nuovo Testamento che non sia solo disposizionale.3 Nella tradizione esegetica «occidentale», di cui non a caso molte anticipazioni si possono individuare nel testo di Marco, più avvertita è stata l'esigenza di definire in quali sentimenti la conformità a Ge sù dovesse concretarsi, in un intimo bisogno di comunanza, ma an che di chiarezza.4 Il patrimonio cui la sensibilità del credente può at tingere, soprattutto in un'epoca «come la nostra>> sensibile al dato in dividuale e psicologico, trova chiari riscontri nei testi, di cui è comun que necessario verificare la fondatezza: un'indagine lessicale può contribuire a raccogliere qualche elemento al riguardo. Di per sé, l'obiettivo di ricostruire, in base agli esigui riferimenti dei testi evangelici, la gamma dei sentimenti di Gesù è da considerar si assolutamente improponibile; esistono però indizi significativi, de sumibili soprattutto dalla comparazione tra terminologia relativa al la condotta di Gesù e agli altri personaggi, oltre che dall'analisi dei pochi termini di cui la figura del Cristo è referente unico, che non possono sfuggire all'esegeta. Se non per attribuzione diretta, è quin di possibile ricostruire alcuni tratti emblematici della sua figura, at-
2 Acta Conc. Oec. Vat. II, Decr. Apost. Actuosit. 33. La dissimmetria nell'istituire un rapporto con Gesù, che pure è sempre garantito nei vangeli a chi lo cerca con fede, è sottolineata da H. CoNZELMANN, Grundriss der Theologie des Neuen Testaments, Kai ser, Munchen 1967 (trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1 972), 156. 3 Per l'esigenza etica della fede nella persona di Gesù quale si manifesta nei van geli, contrariamente a quanto sostenuto dalla scuola bultmanniana, cf. G. SEGALLA, Pa norama teologico del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1 987, 58s. 4 Il contatto con lo Spirito per la patristica a partire da Origene rende possibile ai credenti anche la conoscenza della persona di Gesù: cf. per le versioni latine F. DùNZL, Pneuma Funktionen des theologischen Begriffs in fruhchristlichen Literatur, Aschendorff, Munster 2000 , 375ss. Per un saggio del delinearsi di un'interpretazione «occidentale» dei verba affectuum, cf. A. MIRANDA, <
>, in L'ese gesi occidentale dalle origini al V secolo, Augustinianum, Roma 2000, 501-514.
12
tenendosi a quanto la narrazione lascia trapelare in momenti di par ticolare pregnanza ed esplicitezza. I verba affectuum, in particolare, possono costituire un elemento rivelatore dell'immagine evangelica della persona di Gesù. Intesi in senso lato, essi costituiscono la classe lessicale comprensiva dei ter mini relativi a tutti i moti dell'animo; i vangeli ne forniscono un qua dro non certo completo e omogeneo, ma vi ricorrono in modo solo occasionale, quasi accessorio rispetto al contenuto più immediato della Rivelazione. Una ricostruzione delle occorrenze di tali verbi dovrà perciò necessariamente tener conto della intenzionale incom pletezza della loro gamma e della stretta connessione con il contesto. Compito del presente studio è fornire un quadro sufficientemen te completo, se non adeguatamente approfondito, delle occorrenze dei verba affectuum nei vangeli. Dato il valore notevolmente carat terizzato dei termini, si procederà, dopo aver rapidamente chiarito alcuni dati relativi alla relativa tipologia lessicale e contestuale, all'a nalisi dei passi in cui i verbi compaiono. Il quadro che ne emerge co stituirà lo spunto per discutere alcuni aspetti dell'immagine di Dio nei vangeli, anche se non certo sulla base di una ricognizione com pleta della sterminata messe degli studi al riguardo; e per tentare di collocarla tra una definizione totalmente altra rispetto alla realtà umana e quella di modello di condotta per ogni credente. Restringere il campo dell'indagine ai soli verba affectuum può far apparire l'oggetto di questo studio sproporzionato rispetto all'obiet · tivo, ambiziosissimo - raccogliere elementi sui sentimenti evange lici di Gesù - che esso si pone. È parso tuttavia opportuno un tale approccio proprio in relazione alla materia: essa induce a sollevare problematiche di primaria importanza piuttosto che a fornire rispo ste consolidate, per quanto circoscritte. Se si tratta di un obiettivo probabilmente impari per uno studio di carattere filologico, qualche indizio potrà forse riuscire utile, anche per un confronto personale con una tematica centrale nella definizione dell'immagine del Cristo per il credente.5
5 Per il testo greco, qui traslitterato, i riferimenti sono ad A. MERK (ed.), Novum Testamentum graece et latine, Biblico Pontificio Istituto, Roma 101984; le traduzioni ri portate sono tratte da La Sacra Bibbia, CEI, Roma 1 974.
13
l.
TIPOLOGIA LESSICALE DEI
VERBA AFFECTUUM
Nel lessico dei vangeli i verba affectuum costituiscono una cate goria piuttosto circoscritta e riconoscibile: conformemente alla so stanziale sobrietà di riferimenti allo stato d'animo dei personaggi, il testo ricorre ad essi a designare per lo più moti che possano avere un riscontro esteriore, e che siano comunque in relazione con un ele mento fisico ed oggettivo. In questo senso, si coglie una differenza si gnificativa sia rispetto ad alcune modalità della cultura pagana con temporanea, che caratterizzava il comportamento anche attraverso modulazioni descrittive quasi psicologiche, sia alle sfumature nel va lutare l'animo umano proprie di alcuni testi rabbinici coevi.6 Il ricorso ai verba affectuum nei vangeli non solo assume caratte ri straordinariamente innovativi, ma pone le premesse di una nuova sensibilità.? Si tratta di una classe lessicale non facilmente circoscri vibile: la definizione dei termini riguarda non tanto una disposizione permanente dell'animo, raramente messa in luce dai testi, quanto reazioni apparentemente estemporanee e dettate dalla situazione contingente; essi producono d'altra parte un'incidenza concreta sul la condotta e le iniziative di Gesù, e sono quindi riconoscibili come pienamente efficaci. Stando alla distribuzione delle occorrenze dei verba affectuum, ben pochi risultano i termini sul totale che riguardano direttamente l'agire di Gesù. In realtà, sono numerosi i passi che sembrano presup porli; e non sono mancati in ogni tempo rielaborazioni che hanno in teso individuare, in modo necessariamente arbitrario, dei riferimenti
6 Per la dimensione psicologica del romanzo antico, cf. Q. CATAUDELLA, Il roman zo classico, Ed. dell'Ateneo, Roma 1958, 39ss; per l'elaboratezza dei testi rabbinici coevi, cf. E. LoHSE, Umwelt des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin gen 1 971 (trad. it. L'ambiente del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1980), 1 1 9s; H.D. WENDLAND, Ethik des Neuen Testaments. Eine Einfiihrung, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1970 (trad. it. Etica del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1975), 29ss ha sottolineato la novità della visione personalistica dei vangeli rispetto ad entrambi i modelli. 7 Per una panoramica dei rapporti tra primi testi cristiani e coevi, cf. H.-D. BETZ, Hellenismus und Urchristentum, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1990, 262ss. L. BouYER, Spi ritualité du Neuf Testament et des Pères, Desclée, Paris 1966, llss rinviava a una vera e propria «storia della psicologia cristiana».
14
all'espressione di sentimenti nel testo evangelico.8 Risulta tuttavia evidente un intenzionale riserbo dei vangeli sull'atteggiamento di Ge sù: perciò, prima che una terminologia esplicitamente riguardante la sfera emotiva o propriamente sentimentale, bisognerà ricercare riferi menti ed allusioni, in relazione alle condizioni concomitanti. I motivi di un accesso tanto problematico alla terminologia dei verba affectuum è da rapportare anche alla destinazione ultima del testo evangelico. Esso è orientato anzitutto a fornire un'icona dei sen timenti di Gesù da porre dinanzi agli occhi dei credenti come model lo; di conseguenza, nei singoli episodi risulta più agevole individuare le motivazioni e il contesto da cui i sentimenti scaturiscono che la na tura e l'espressione degli stessi.9 Ma numerosi sono pure i casi in cui i sentimenti rappresentati, prima che come esempi di condotta, si pongono come propri della persona di Gesù nella sua peculiarità; an che in questo caso, è lontano dall'agiografo l'intento di un'esaltazio ne delle virtù individuali, propria di tante biografie del tempo.1 0 Proprio per il loro carattere peculiare ma non riferibile a un so lo individuo, i verba affectuum vanno studiati soprattutto nella loro relazione con gli altri personaggi evangelici. Tra le possibilità di pre sentazione tipologica, si è privilegiata in questa sede la distinzione, chiaramente suggerita dai vangeli, tra sentimenti condivisi da Gesù con gli altri uomini o con i discepoli e quelli propri della sua divinità. La figura evangelica di Gesù condivide con gli uomini soprattut to la terminologia relativa ai sentimenti più immediati, di cui è osser-
8 Cf. le considerazioni sui sentimenti di <>, in ThWNT, V, 382·448, 428. Su un piano meno specialistico, molte le pubblicazioni oggi disponibi li sull'argomento: emblematico di una ricostruzione non sempre basata sulle fonti G. CoNCONI, Quando Gesù sorrise. Gli uomini e le donne che fecero sorridere Gesù, San Paolo, Cinisello Balsamo 1995. 9 J. ScHNEIDER, Das Evangelium nach Johannes, Evangelisches Verlag, Berlin 1976, 255 indica «l'amore per gli uomini» di Gesù come il fondamento del modello cri stologico. Per amore, Gesù vive quell'«esodo da sé>> (B. FoRTE, L'essenza del cristiane simo, Mondadori, Milano 2002, 49) che lo porta in piena libertà ad accantonare ogni prospettiva individualistica. . 10 Come osserva A.J. KòsTENBERGER, The Mission ofJesus and the disciples accor ding to the Fourth Gospel, Eerdmans, Grand Rapids-Cambridge 1998, 158, la caratte rizzazione individuale di Gesù risulta sfuggente, tanto da sovrapporsi a quella di altri personaggi della narrazione evangelica. Per il rapporto tra vangeli e biografie contem poranee, cf. A. CERESA-GASTALDO (ed.), Biografia e agiografia antica e medievale, EDB, Bologna 1990.
15
vabile un insieme che va dal desiderio alla sollecitudine.11 La classi ficazione lessicale mette poi in luce il rilievo, tra i sentimenti condi visi, della sofferenza, che si esprime anche come pianto, sconvolgi mento, turbamento e, specie nei racconti della Passione, dolore. Si gnificativo è anche lo spazio riservato alla meraviglia e, con successi ve modulazioni, all'ammirazione, allo sdegno e all'ira. Più ristretto è l'insieme dei verba affectuum che nel testo evange lico sono attribuiti, oltre che a Gesù, soltanto ai discepoli: essi desi gnano l'amore per tutti gli uomini e per i singoli, l'atteggiamento confidente, il risentimento, la vergogna, la gioia. Si tratta di termini particolarmente espressivi di un rapporto personale, che mettono in luce l'importanza dell'attitudine del credente, in vista della possibi lità di condividere i sentimenti di Gesù. Riservato alla componente divina di Gesù è il sentimento di compassione, la cui frequenza nei vangeli e l'esclusiva attribuzione al Cristo non lasciano dubbi su un uso intenzionalmente ristretto alla sua persona. Accanto ad esso, risultano esclusivamente riferiti a lui la magnanimità, il turbamento e lo sconvolgimento, l'afflizione, l'e sultanza nello Spirito. Pur nell'ampiezza delle implicazioni, i verba affectuum non assu mono particolare rilievo rispetto alle altre classi lessicali; nei loro ri ferimenti alla fisicità, essi appaiono poco coerenti con le caratteriz zazioni evangeliche di Gesù.12 Pur nel modo sommesso con cui so no presentati, si avverte tuttavia l'intensità e l'urgenza dei senti menti, che trovano in ciò una significativa corrispondenza con quel li umani. In definitiva, la classe dei verba affectuum appare sufficiente mente coerente e omogenea da essere considerata un insieme a sé stante nell'ambito della terminologia evangelica. Se la scelta dei ter mini sembra precludere ogni enfatizzazione delle circostanze cui es-
11 Uno dei tratti più evidenti nei vangeli, come nota G. SEGALLA, Evangelo e Van geli, EDB, Bologna 1992, 198, è la comunanza tra le reazioni immediate di Gesù e quelle qei discepoli. 12 E sintomatico il ricorso a «commuoversi>> (splagchnizomai), «termine crudo e poco adatto ... all'agire divino>> (H. KosTER, <>, in Th WNT, VII, 547-559, 549). Su i riferimenti al <> della terminologia dei verba affectuum nella cultura cristiana successiva, cf. A. MIRANDA, <<"Corpo spirituale" in Origene e nella tradizione antiochena>>, in Gregorianum 84(2003), 1- 17.
16
si fanno riferimento, sarà importante mette me in rilievo la specificità per accedere al sottile ma decisivo discrimine, che il testo lascia in travedere nella persona di Gesù, tra manifestazioni umane e divine dei sentimenti. Il. TIPOLOGIA CONTESTUALE DEI
VERBA AFFECTUUM
Esaminare i verba affectuum come una classe lessicale omogenea presenta varie difficoltà, soprattutto in relazione alla relativa esi guità delle loro occorrenze. Non solo rispetto ad altre classi essi so no poco diffusi in assoluto, ma i contesti in cui compaiono sono ri portabili nei vangeli a una tipologia piuttosto circoscritta: quasi esclusivamente passi narrativi, in cui il riferimento ai sentimenti può apparire occasionate o solo concomitante all'azione descritta. Essi non ricorrono invece nei dialoghi e nei monologhi esplicativi: i sen timenti non sono oggetto per i protagonisti dei vangeli di riferimen ti espliciti. Sebbene in assoluto poco frequenti come consistenza lessicale, i verba affectuum sono diffusi nei vangeli con una certa uniformità; es si restituiscono però immagini isolate, e non consentono di tratteg giare un «carattere>>, nel senso corrente nel mondo ellenistico. Solo in alcune situazioni si ha un ricorso più ampio ad essi: particolarmen te frequente è ad esempio la menzione di sentimenti di Gesù nei pas si della polemica antifarisaica, in stridente contrasto con l'ipocrisia degli interlocutori. 13 L'infittirsi dei riferimenti in alcune pericopi sembra comunque indicare come l'attenzione di tutti gli evangelisti al tema, in forme e misure diverse, sia latente ma significativa.14 È particolarmente rivelatore che i verba affectuum emergano in riferimento a Gesù solo in scene che presentino un diretto contatto con i suoi discepoli. L'eccezionalità di questi momenti trova confer-
13 Scriveva J. JEREM!AS, Die Gleichnisse Jesu, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin gen H1970 ( trad , i t. Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1967), 131s che l'espressione dell 'illimitato amore di Dio rappresenta la risposta del le narrazioni evangeliche alle critiche all'operato di Gesù. 14 M.W.G. STIBBE, fohn, JSOT, Sheffield 1993, 124 nota il particolare valore di Gv 11 per la presenza di numerose notazioni affettive.
17
ma nelle citazioni nel discorso diretto: ai suoi, il Cristo presenta alcu ni aspetti del suo animo come parte della Rivelazione. Non si tratta perciò di espressioni quasi sfuggite al redattore, ma di indicazioni preziose, parte integrante dell'ispirazione dei vangeli. Le circostanze che più spesso determinano il manifestarsi dei sentimenti di Gesù sono connesse all'interlocutore, di cui è percepi ta in profondità la disposizione. La frequenza di questo nesso inten de mettere in luce l'attitudine messianica a conoscere e a lasciarsi toccare dal cuore degli uomini;15 tuttavia, accanto alla componente relazionale i vangeli mettono ben in evidenza la peculiarità dell'at teggiamento di Gesù, per cui assolutamente centrale risulta il rilievo della sua persona.16 Nel numero ristretto dei contesti in cui ricorrono, è rilevabile nei verba affectuum l'intento degli evangelisti di rendere accessibile un preciso moto dell'animo nella sua portata inequivocabile; inserendo si pienamente nella narrazione, essi alludono a una varietà di senti menti di Gesù, ed è con grande naturalezza che, anche se non condi visi con gli uomini, sono espressi.17 Nell'ampiezza della loro gamma, essi sembrano voler coprire ogni aspetto del comportamento dell'in dividuo, delineando la prospettiva di una piena condivisione tra umano e divino; per questo la distinzione operata all'interno di ogni sezione tra attitudini, turbamento, reazioni, rivelazioni, pur fornendo una chiave di lettura, non ne esaurisce la complessità. Da una parte, il testo evangelico mette in rilievo con i verba af fectuum le attitudini proprie di Gesù, intese come sentimenti deri-
15 E. LoHMEYER, Das Evangelium des Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin ge n 1937, 46 vi ravvisava la principale mani festazione del carattere teologico del Fi glio dell 'uomo. Il contenu to interiore dell a fede è secondo H.J. HELD, «Matthaus als Interpret der Wundergeschichten », in G. BoRNKAMM- G. BARTH- H.J. HELD (edd.), Oberlieferung und Auslegung in Matthiiusevangelium, Neukirchener Verlag, Neukir chen 1960, 181-226, 184s al centro delle situazioni presentate in particolare da Matteo. 16 Secondo l'espressione di J. ERNST, Johannes. Ein theo/ogisches Portrait, Patmos, Diisseldorf 1991 (trad. it. Giovanni. Un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1994), 48, è su di lui, in quan to amico, che si esemplano gli altri sentimenti, per cui non si può parlare di un sistema di rapporti che si condizionano reciprocamente. 17 Cf. le considerazioni sui dialoghi drammatici nei vangeli di J. S cHE NKE , Das Johannesevange/ium. Einfiihrung - Text - Dramatische Gesta/t, Kohlhammer, S tu ttgart 1992, 220ss. L'attitudine problematica è uno dei tratti che più fa accostare Gesù agli a ltri uomini; da qui l'immagine di lui come «Uomo delle domande>> di C. URBAN, Das Menschenbild nach dem Johannesevangelium. Grundlagen johanneischer Anthropolo gie, Mohr-Siebeck, TUbingen 2001 , 201ss.
18
vanti da un'iniziativa propria: la sollecitudine e anche il desiderio a che un fine si realizzi; un atteggiamento confidente, amorevole verso l'interlocutore; la generosità nei confronti di chi esprime una richie sta; ma anche, in merito al proprio destino personale, la sofferenza e il dolore. In tal modo, il destinatario può cogliere una disposizione permanente del Cristo, funzionale alla sua missione ma anche ri spondente a una determinata inclinazione dell'animo. Rivelatori di una componente particolarmente riposta dell'animo di Gesù sono i verbi indicanti turbamento, che include qui i sentimen ti che denunciano un'alterazione dell'atteggiamento abituale. Le espressioni che descrivono il pianto e lo sconvolgimento da parte sua, quasi tutte riferite nel testo evangelico anche ad altri personaggi, so no strettamente legate alla riflessione sul destino umano, nel suo ma nifestarsi con la morte, la rovina o la distruzione. Un ruolo particola re assumono i verbi indicanti il dolore messianico, che dovrebbero as solvere a una funzione rivelatrice agli occhi dei discepoli, per quanto, sintomaticamente, disattesa da parte loro.18 Può sorprendere l'assen za pressoché totale di tali verbi, se non nell'episodio del Getsemani, nei brani relativi alla Passione, a conferma dell'estrema sobrietà del la narrazione in merito all'intima disposizione del Cristo. Notevole è la frequenza dei verbi indicanti reazioni, cioè senti menti derivanti da un particolare atteggiamento o iniziativa altrui. Si passa dall'afflizione alla gioia di fronte al manifestarsi di un evento; ma anche dalla meraviglia all'ammirazione alla vergogna di fronte alla condotta degli uomini; dalla commozione alla misericordia alla compassione in presenza di un episodio o un comportamento rivela tore; e infine, di fronte al male, dallo sdegno all'ira all'indignazione. Più che sul piano dell'emotività, tali sentimenti sono collocati dai vangeli in un contesto situazionale, evidenziandone i motivi nel re lazionarsi alla condotta, anche nelle sue forme più estemporanee, degli uomini. Una menzione a parte merita un moto che il testo evangelico evidenzia come rivelazione di un sentimento divino, l'esultanza: al contrario che altrove, esso sembra esprimersi del tutto al di fuori di
18 R. ScHNACKENBURG, Matthausevangelium, Echter, Wtirzburg 1985-1987, 158 parla di un fine di <
19
un contesto emotivo o situazionale comune agli uomini, lasciando intravedere la relazione assolutamente peculiare di Gesù con lo Spirito. Il ricorso al metodo lessicale ha il vantaggio di consentire un'in dagine del valore delle singole occorrenze collegandole al contesto di riferimento; esso consente inoltre di restringere l'ambito dell'in terpretazione nel trattare passi che presentano implicazioni stermi nate. Per quanto non vada esente da numerosi limiti, esso consente un notevole coordinamento di alcuni fra i principali strumenti linguistici, filologici, lessicologici - a disposizione della critica neo testamentaria.19 Nell'analisi, si è ristretto l'ambito dei verba affectuum esaminati a quelli inseriti in contesti narrativi e dichiarativi. I termini oggetto di indagine sono stati esaminati in base alla tipologia lessicale - classe di appartenenza, evoluzione storico-culturale, implicazioni semanti che - e contestuale - struttura delle pericopi, passi paralleli, echi nel testo -. È sembrata, questa, un'operazione preliminare necessa ria per l'esame delle singole occorrenze dei verba affectuum. L'intento ultimo non può mirare a un quadro coerente dei senti menti relativi alla persona di Gesù, soprattutto perché essi si riferi scono a immagini sostanzialmente isolate: se la sensazione è di tro varsi dinanzi al cuore del messaggio cristiano, i testi lasciano spazio d'altra parte a un rapporto interiore e libero, non riassumibile in ca tegorie cogenti, con il Cristo. Si potranno individuare quindi indizi e sollecitazioni per una conoscenza più approfondita, ma non è detto che essi conducano a una visione chiara e definitiva. In ultima analisi, la limitata diffusione dei verba affectuum nel te sto evangelico e la loro rilevanza situazionale non consentono di far corrispondere ad essi una precisa tipologia contestuale; tuttavia, evi denziare le disposizioni di cui i verbi utilizzati sono indicative con sente una prima valutazione delle circostanze di occorrenza, facendo emergere come sia ben individuabile nel ricorso a questa terminolo-
19 Per alcuni limiti del metodo di indagine lessicale, specie nei sinottici, cf. A.D. BAUM, «Experimentalpsychologische Beitriige zur synoptischen Frage>>, in BibZ 44(2000) , 37-55, 54. Per la struttura del lessico dal punto di vista linguistico, cf. A. MI RANDA, «Modalità morfologiche di elaborazione dell'enunciato: indicazioni dai la psus>>, in St.lt. Linguist. Teor.Appl. 24(1995), 529-5 44.
20
gia un preciso disegno da parte degli evangelisti. Un esame più cir costanziato dei contesti potrà fare ulteriore luce sul valore dei riferi menti evangelici e dei termini ivi impiegati. III. OCCORRENZE DEI
VERBA AFFECTUUM
Esaminare la tipologia lessicale e contestuale dei verba affec tuum impiegati nei vangeli fa intravedere tutta l'importanza di essi nell'economia del testo; tuttavia, essenziale per una valutazione esaustiva risulta il riferimento ai singoli passi, dato il carattere pecu liare di ogni singola occorrenza. Per questo, si procederà di seguito ad un'analisi, per quanto necessariamente sommaria, dei brani in cui i termini compaiono, presentandoli secondo i criteri di classificazio ne proposti nei paragrafi precedenti. La narrazione evangelica mette spesso in luce la vicinanza di sen timenti tra i diversi personaggi; ma essa isola anche in alcuni momen ti decisivi l'eccezionalità del sentire di Gesù.20 I sentimenti che lo ac comunano alle folle, ai soli discepoli o quelli riservati alla sua perso na e da ritenersi perciò in lui propri della divinità devono conside rarsi in ugual misura determinanti a comprenderne la condotta; co me la varietà d'uso dei verba affectuum e l'ampiezza della loro utiliz zazione suggeriscono, è impossibile prescinderne per un'autentica conoscenza della figura di Cristo.2 1 Tutti i vangeli, da diverse angolature, lasciano intravedere alcuni sentimenti dell'animo di Gesù. Stando alle occorrenze, particolar mente ricco in tal senso risulta il pur scarno resoconto di Marco; il te sto di Luca è più degli altri sensibile alle manifestazioni dell'umanità di Gesù; Matteo sembra invece privilegiare i sentimenti della divi-
20 Per i casi di comunanza di sentimenti tra Gesù e le folle, cf. T. VooT, Angst und ldentitiit im Markusevangelium. Ein textpsychologischer und sozialgeschichtli cher Beitrag, Vandenhoeck & Ruprecht/Universitatsverlag, Gtittingen-Freiburg 1993, 1 92. 21 Il rapporto che la terminologia impiegata porta ad instaurarsi tra la figura di Cristo e il destinatario del messaggio evangelico è stato finemente esplorato da T. HoLTZ, <
21
nità di Gesù.22 Il Quarto Vangelo, che pure evidenzia una particola re sensibilità ai moti dell'animo, e riflette in ciò una precisa disposi zione dell'apostolo nel racconto evangelico, mostra invece una evi dente reticenza sui suoi sentimenti.23 Nell'analisi dei passi in cui i verbi compaiono, ordinati in base al la coesistenza o meno di altre occorrenze in riferimento ad altri per sonaggi evangelici, si distinguerà tra sentimenti dell'umanità di Ge sù, che i vangeli presentano come propri anche di altri personaggi; sentimenti dell'intimità di Gesù, che compaiono come condivisi dai soli apostoli e discepoli; sentimenti della divinità di Gesù, usati sol tanto in riferimento alla sua persona, come attributi certi e non tra visabili. Per ciascun passo ci si limiterà a poche notazioni e ad una ri costruzione essenziale del contesto di riferimento. Le occorrenze, diffuse seppur diversamente calibrate, sono indi ce della rilevanza annessa ai verba affectuum sul piano comunicati vo: l'espressione dei sentimenti di Gesù traduce un aspetto impre scindibile della sua missione, la cui genesi va individuata nel confor marsi alla volontà del Padre, e non in motivazioni estemporanee. 24 Anche i termini relativi ai sentimenti umani che non riguardano la figura di Gesù sono nei vangeli diffusi ma non particolarmente fre quenti; se ne percepisce tuttavia l'importanza, e i protagonisti della narrazione evangelica si muovono in un ambito fortemente connota to da questo punto di vista. La differenziazione tra sentimenti dei di scepoli e della folla non è netta, come risulta dai pochi passi qui at tribuiti alla categoria dei sentimenti dell'intimità di Gesù:25 l'atteg-
22 Sul primato di Luca in questo senso, cf. W. RADL, Das Lukas-Evangelium, Wis senschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1 988, 84 ss. A Marco in particolare è stata attribuita la propensione a <<descrivere i sentimenti intimi di Gesù» (S. LÉGASSE, L'É vangile de Mare, Cerf, Paris 1997 [trad . it. Marco, Roma, Boria 2000 ] , I, 211, che sotto linea tuttavia l'impossibilità di ricon élurre la notazione dei sentimenti ad uno schema unitario). 23 La reticenza accomuna nella visione giovannea secondo J. ZuMSTEIN, «Le disci ple bien-aimé», in Foi et Vie 86(1987), 47-5 8, 56 la visione dell' «amore» e della «cono scenza». 24 Sulla conformità dei sentimenti di Gesù alla missione, cf. P. STUHLMACHER, Bi blische Theologie des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1992, l, 128. 25 Per alcuni passi in cui è sottolineata la distanza dei sentimenti di Gesù da quel li dei discepoli, cf. G. ScHMAHL, Die Zwolf im Markusevangelium. Eine redaktionge schichtliche Untersuchung, Paul inus, Trier 1974, 136ss.
22
giamento dei discepoli risulta connòtato in senso strettamente recet tivo, spesso inadeguato a misurarsi con i sentimenti che la sua perso na sollecita. Complessivamente, è innegabile nei vangeli il determinarsi di un clima confidente tra il Cristo e i suoi, in cui maturano le condizioni per uno scambio, se non immediato, certamente fecondo per il futu ro. Questo clima di comunicazione dei sentimenti, che i verba affec tuum concorrono direttamente a esprimere, costituisce uno dei trat ti più autentici della narrazione evangelica.
23
l
I SENTIMENTI DELL'UMANITÀ DI GESÙ
La categoria dei sentimenti condivisi con gli uomini è la più am pia di quelli riportati nei vangeli a proposito della figura di Gesù. In generale, sembra emergere nei testi l'intenzione di designare molti suoi sentimenti nell'ambito di una larga condivisione di disposizioni e atteggiamenti con le folle, rispetto al più ristretto numero di occor renze proprie delle altre due categorie. La novità del testo evangeli co in questo senso è notevole, soprattutto se si pensi all'emergere nei testi religiosi contemporanei di coloriture magiche e misteriche, che tendono a collocare chi è investito dell'ispirazione divina in una po sizione inaccessibile.1 I verba affectuum riferiti a tutte le categorie di personaggi riguar dano principalmente la sfera delle attitudini; i sin ottici, e Luca in par ticolare, insistono sulla sollecitudine: per offrire la protezione divina, per il realizzarsi della salvezza, per rendere partecipi della Passione; nella terminologia relativa alla sofferenza, essa si presenta a designa re il destino del Messia e la prospettiva della salvezza, e, in Luca in particolare, il dolore preescatologico. Nella sfera del turbamento, a fronte di un'occorrenza nei sinottici relativa al pianto sulla rovina di Gerusalemme, Giovanni mostra una sensibilità particolare, rappre sentando lo sconvolgimento di Gesù di fronte al destino umano e di fronte al destino personale di Gesù prima della morte. Più frequenti i verba affectuum direttamente connessi, in quanto esprimenti rea-
1 Per un quadro delle dottrine misteriche diffuse nell'ambiente neotestamenta rio, cf. LoHSE, Umwelt des Neuen Testaments, 171ss.
25
zioni: l'ammirazione di fronte alla fede; ma più spesso, di fronte alla mancata comprensione, la meraviglia, fino allo sdegno e all'ira di fronte a un atteggiamento colpevole e offensivo. La molteplicità dei sentimenti di Gesù è espressa in rispondenza alla varietà degli atteggiamenti degli interlocutori, ma si pone in si gnificativa relazione con essi anche laddove, come attitudini, essi sembrano incausati. È poi proprio dell'icona evangelica di Gesù la capacità di riportare sentimenti comuni a un superiore modello di comportamento, componendo un'immagine della perfetta umanità del Cristo.
A) ATIITUDINI 1.1. Mt 23,37; Le 13,34: il desiderio di protezione divina («volere», thélo) <> (Mt 23,37). <> (Le 13,34).
Il brano, riportato dai due sinottici più elaborati, presenta un momento in cui si manifesta in modo particolare l'attitudine messia nica del Cristo. Il termine «volere» (thélo), ovviamente molto comu ne come ausiliare, indica qui un desiderio di particolare vivezza e in tensità; seppure in retrospettiva, esso esplicita il desiderio provato in passato di fornire a Gerusalemme una protezione che essa si è osti nata a rifiutare. Si tratta di un passo appartato rispetto al corso del la narrazione, e perciò particolarmente adeguato a manifestare i sentimenti. L'espressione si colloca in un momento di ricapitolazione estre ma dell'esperienza di Gesù, che viene riletta nella prospettiva di un costante rifiuto, destinato a risolversi nel momento definitivo della croce. In tal senso, essenziale è il richiamo alla storia di Israele, con le categorie dei «profeti>> e degli «inviati» che prefigurano l'esperien za del Cristo. Tuttavia, non si ha un pronunciamento definitivo sull'i26
naccoglienza degli uomini, e resta aperta una diversa prospettiva per il futuro.2 Il paragone con la gallina introduce un'immagine quotidiana e un elemento di tenerezza in due contesti fortemente polemici: in Matteo, l'espressione chiude il capitolo dedicato alle invettive rivol te agli scribi e ai farisei; in Luca, essa segue immediatamente i testi sul rigetto dal regno dei cieli e sull'ostilità di Erode. L'invocazione a Gerusalemme, luogo per eccellenza della salvezza, scaturisce dalla profondità del sentire di Dio, come manifestazione dell'intensità del la sua passione per gli uomini.3 Il desiderio divino che tutti gli uomi ni raggiungano la salvezza si contrappone così alla stoltezza della condotta umana. I richiami alla storia d'Israele fanno intravedere le motivazioni profonde dell'azione. Il passato «ho voluto�� (ethélesa) può alludere a tutto il corso della predicazione di Cristo; ma anche alla prospetti va sovratemporale divina, che racchiude tutto il corso della storia.4 Si evince che il testo vuole riferirsi non a un sentimento momenta neo e circoscritto nel tempo, ma pressante e ripetuto, che può attri buirsi al passato solo per la costante inaccoglienza degli uomini. L'immagine tratta dal mondo animale traduce il carattere pater no e quasi istintuale del desiderio, cui si contrappone l'attitudine analoga del rifiuto degli interlocutori; la durezza di cuore appare tut tavia superata dall'intensità del sentimento di Gesù.5 Nella misura in
2 J. ERNST Das Evangelium nach Lukas, Pustet, Regensburg 1977 (trad. it.ll Van gelo secondo Luca, Morcelliana, Brescia 1985), 433 legge nel termine un'allusione, su un piano più vasto, al rifiuto di Dio nella storia di Israele. Sulle implicazioni per il fu turo, cf. R. C. TouNEHILL, The Narrative Unity of Luke-A cts. A Literary Interpretation, Fortress, Philadelphia 1986, 155. 3 J. ERNST, Lukas. Ein theologisches Portrait, Patmos, Diisseldorf 1985 (trad. it. Luca: un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1988), 433 interpreta la invocazione raddoppiata come traduzione di tale passione. Significativo rispetto ai testi profetici è in Matteo, come messo in luce dallo studio di C.H. TALBERT, <>, in Bib 76(1995), 498-522, 520 mette in vece in dubbio che si debbano riconoscere qui i connotati del Cristo-profeta. 5 Fondamentale in questo passo il rapporto tra ostinazione e benevolo giudizio di Dio: cf. M.D. GouLDER, Luke. A New Paradigm, JSOT, Sheffield 1989, 577. ,
27
cui il testo anticipa la Passione, esso prefigura il rinnovarsi del senti mento del Salvatore, fino al suo pieno compimento.
1.2. Le 12,49-50 la sollecitudine per il realizzarsi della salvezza («volere», thélo; «essere angosciato», synéchomai) «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, fin ché non sia compiuto !» (Le 12,49-50). Al pari di Le
13,34, il passo traduce una ricapitolazione dell'espe
rienza di Gesù, che si colloca nel lungo itinerario lucano verso Geru salemme, prefigurandone pienamente il destino. Come confidando
un'intima esigenza, egli esprime il desiderio di veder compiuta la sua
missione in tutta la sua divampante potenza; i modi riescono sponta
nei, quasi traduzione immediata di un impulso interiore, anche nella forma concisa e colloquiale dell'espressione;6 successivamente, viene richiamato, in modo inestricabilmente connesso, il destino personale
di Gesù, attraverso l'immagine del battesimo. Il termine «Volere))
(thélo), cui il testo ricorre per designare la sol
lecitudine di Gesù per la salvezza del suo popolo, ne richiama sinteti
camente l'agire in tutta la sua forza innovativa, associando ad esso l'a spettativa che trovi presto coronamento; ma allude anche al suo con
sumarsi, con quella che è stata interpretata fin dalle prime generazio ni cristiane come una prefigurazione della Passione.? Il linguaggio è
imparentato con quello delle visioni profetiche: l'allusione al fuoco è
di per sé indeterminata, ma apre alla prospettiva di una morte violen
ta.8 Decisiva è la rispondenza tra forma e contenuto: l'intensità del
sentimento richiama e rafforza la potenza delle immagini.
Il desiderio di Gesù mira a veder realizzata una vicenda che ap
pare destinata a trovare comunque compimento. Il ricorrere di ver
bi al passato sottolinea che egli allude a un processo ormai avviato,
6 I.H. MARSHALL, The Gospel of Luke, Paternoster, Exeter 1978, 546 riporta all'a rea semitica l'origine della locuzione, inusuale in greco, «vorrei che» (thélo ei). 7 Per l'identificazione con una predizione del proprio destino, cf. W. WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, Evangelischer Verlag, Berlin 1988, 247. 8 E. KLOsTERMANN, Das Lukasevangelium, Mohr-Siebeck, Tilbingen 1929, 140s fa ceva invece coincidere la sofferenza cui qui si allude con la predicazione del vangelo.
28
e di cui si prospetta il coronamento futuro; il riferimento al fuoco
esplicita il modo in cui il Cristo guarda al realizzarsi della sua azione salvifica, attraverso un processo subitaneo e intenso;9 il richiamo al la terra indica l'universalità di essa; la menzione del battesimo
è
in
dizio di una chiara connessione tra sofferenza e salvezza. Il testo manca tuttavia di riferimenti puntuali, e l'intero contesto può consi
derarsi fortemente indeterminato, per quanto suggerisca l'ineluttabi
lità degli eventi. lO
La concitazione delle frasi, nella loro brevità, traduce la forza del
sentimento di Gesù. Particolarmente intenso risulta il termine «Vole
re»
(thél6), (epithyméo),
rafforzato dal successivo ricorso a
«desiderare»
che riporta la sollecitudine a una vera e propria ansia
salvifica. 1 1 Il sentimento qui espresso trova così ragion d'essere nel suo fondarsi sulla prospettiva più ampia, per molti versi non accessi bile per chi ne
è
spettatore, di una salvezza estesa a tutti gli uomini.
1.3. Le 22,15: il desiderio di rendere partecipi della Passione («desiderare», epithyméo; «soffrire», pascho) Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima del la mia Passione; poiché vi dico: non la mangerete più, finché essa non si compia nel regno di Dio» (Le 22,14-16). Più intenso ancora di «volere» (thé/6), il ricorso a «desiderare» (epithuméo), espresso, fatto eccezionale, nel discorso diretto, contra
sta con l'abituale sobrietà del testo evangelico, e introduce efficace mente al clima della Passione. Luca coglie con delicatezza una com ponente intima dell 'animo di Gesù, sottolineandone il costante rap
porto con i suoi discepoli anche nella comunicazione dei sentimenti:
9 R.C. TouNEHILL, The Narrative Unity of Luke-Acts. A Literary lnterpretation, Fortress, Philadelphia 1986, l, 155 parla, a proposito dell'intensità dell'espressione, di «tensione emotiva>> e di «senso del destino>>. IO L'ineluttabilità degli eventi emerge dalla stessa co llocazione del testo nell'iti nerario verso Gerusalemme, nota GouLDER, Luke, 552s, per quanto Gesù stesso non alluda al momento dell'attuazione. La particolare proposizione del motivo escatolo gico risponde secondo M. DIBELIUS, Die Formgeschichte des Evangeliums, Mohr-Sie beck, Ttibingen 1933, 2 1 1 proprio all'intento di storicizzazione proprio di Luca. 11 Sul rapporto tra thé/6 ed epithymé6 in questo contesto, cf. GouLDER, Luke, 724.
29
è anzitutto per loro che la Passione si compie, ma anche in una pro
spettiva escatologica, che è qui espressamente richiamata. 12
La forma intensiva del verbo sottolinea la continuità con cui il
sentimento viene vissuto; esso si percepisce inserito in una attitudine
a lungo inespressa, e getta una luce sulla consapevolezza messianica
del Cristo: da una parte con la preveggenza di quanto sta per acca dere, dall' altra con la prospettiva di un ritorno escatologico del Figlio dell'uomo.B Se la Passione mette in luce la debolezza del Cristo uo
mo, la prefigurazione del banchetto celeste ne rivela la gloria divina.
L'espressione del desiderio intende rassicurare sulla costante
preoccupazione di Dio nei confronti di quanti sono in comunione con lui, chiamati a partecipare dei momenti più solenni.l4 L'espres
sione indica inoltre l'esistenza di un rapporto continuo e a lungo me
ditato nei confronti dei discepoli, con cui si è istituita una relazione
irrevocabile. 15 Il sentimento di Gesù investe tramite loro, in una pro spettiva sovratemporale, tutti i credenti.
Il momento in cui il desiderio di Gesù si situa assume alla luce
delle parole preliminari alla cena un'aura sacrale, che segna una rea
lizzazione del disegno e del desiderio divino. Le parole non intendo
no tanto riferirsi a quanto sta per accadere nella narrazione evange
lica, ma· indicano soprattutto una disposizione interiore permanente,
rivelata in un momento di cui è sottolineato il carattere cruciale. 16
1 2 L'eccezionalità del testo lucano, e in particolare della pericope 15-19a, che lo distingue dagli altri resoconti della Passione, è ampiamente indagata da J. JEREMIAS, Die Abendmahlsworte Jesu, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 31960 (trad. it. Le parole dell' Ultima Cena, Paideia, Brescia 1973), 150ss. 1 3 H. ScHORMANN, Der Paschamahlbericht. Lk 22, (7-14) 15-18, Aschendorff, Miin ster 1953, 5s riconosce alla seconda occorrenza del verbo la funzione di rafforzare il concetto da parte del narratore. J. KREMER, Lukasevangelium, Echter, Wiirzburg 1988, 212 ha sottolineato come il contesto suggerisca un inquadramento ampio del senti mento di Gesù, estendendolo ben oltre la cerchia dei discepoli. 1 4 S u questo intento di rassicurazione, cf. J. ScHNEIDER, Das Evangelium nach Johannes, Evangelisches Verlag, Berlin 1976, 445. 15 Nel rapporto con i suoi, il resoconto del c. 22 denota secondo M.L. SoARDS, The Passion according to Luke. The Special Materia/ of Luke 22, JSOT, Sheffield 1987, 45 una particolare «profondità emotiva» da parte di Gesù. 1 6 MARSHALL, The Gospel of Luke, 795 ha sottolineato come in Luca epithymé6 non indichi abitualmente un desiderio che non ha trovato compimento, ma sottolinea essenzialmente l'intensità del moto dell'animo. È rilevante la possibilità di una matri ce ebraica delle formule della Passione, che la solennità del momento richiedeva: cf. JEREMIAS, Die Abendmahlsworte Jesu, 1 90s.
30
L'intensità della vicenda che sta per aprirsi trova piena rispondenza
nei sentimenti di Gesù, e Luca, con la sensibilità che gli
è propria, in
tende evidenziarla, al di là di ogni conseguenza sulla vicenda narrata.
1.4. Mc 8,31; Mt 16,21; Le 9,22: la sofferenza come destino del Messia («soffrire», paschO) E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffri re, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare (Mc 8,31) . ·
Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che dove va andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo gior no (Mt 1 6,2 1) . «
evangelica, sempre in diretta connessione con le vicende della Pas
sione e in contesti fortemente kerygmatici.17 In particolare, «soffri re»
(paschO) è
inserito in tutte le predizioni, che i sinottici esprimo
no ripetutamente e con grande evidenza, come elemento imprescin
dibile della missione e della parola del Cristo, per quanto non accol
to e compreso dai discepoli.1s
La predizione della Passione
è espressa in termini che, se riesco
no enigmatici nella loro sinteticità, mirano a essere inequivocabili; l 'espressione
è formulare e richiama lo stile profetico, in riferimento
1 7 K. ScHOLTISSEK, Die Vollmacht Jesu. Traditions· und redaktionsgeschichtliche Analysen zu einem Leitmotiv markinischer Christologie, Aschendorff, Miinster 1992, 145s parla di «sguardo anticipatorio finalizzato alla Passione». M. MEt SE R, Die Reak· tion des Volkes auf Jesus. Eine redaktionskritische Untersuchung zu den synoptischen Evangelien, de Gruyter, Berlin-New York 1998, 164ss ha presentato questo passo in senso kerygmatico come «l'estremo annuncio di Gesù». 1 8 Sui riferimenti alla morte come al proprio destino da parte di Gesù anche al di fuori delle predizioni della Passione, cf. N.T. WRIGHT, lesus and the Victory of God. Christian Origins and the Question of God, Fortress, Minneapolis 1996, 553ss.
31
al destino del Messia . 1 9 Tuttavia, il momento della narrazione in cui
il testo si inserisce non fa presagire alcun particolare della fine che
attende Gesù, e sembra orientato all'annuncio di una vicenda comu
ne ad altri uomini: 20 con la predizione si vuole evidenziare da una
parte il superiore livello di consapevolezza in cui egli vive, dall'altro il fine verso il quale muove il suo agire.
Gli eventi cui il testo fa riferimento sono presentati in una pro
spettiva sovratemporale, in cui le azioni successivamente designate si inseriscono; in questo contesto, la sofferenza
è svincolata da un'otti
ca puramente umana, equivalendo al compiersi del disegno divino nella persona del Messia. 2 1 Il sentimento di sofferenza non è posto in
particolare rilievo: esso («deve)),
è inserito nella prospettiva della necessità dei), e appare come l'imprescindibile portato della vicenda
messianica. 22 Il tono
è
uniforme e quasi distaccato, nonostante l'evidente ten
sione espressiva; la disposizione sintattica, con il succedersi di propo sizioni coordinate, contribuisce ad accrescere il senso di ineluttabilità
delle azioni descritte.23 La rapida successione delle azioni così come
19 A motivo del tono formulare, F. B ovoN , Das Evangelium nach Lukas, Benzi ger, Ztirich 1989, 480 ritiene che non venga espresso qui un sentimento vero e pro prio di Gesù, ma che si tratti di una formula messianica. D'altra parte, è evidente co me il verbo sia espresso in forte connessione alla persona di Gesù e alle sue reazio ni: su pascho come sentimento dell'umanità di Gesù, cf. M. LIMBECK, Markus-Evan gelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 984, 108. V. HAMPEL, Menschensohn und historischer Jesus. Ein Riitselwort als Schliissel zum messianischen Selbstverstiindnis Jesu, Neukirchner Verlag, Neukirchen 1990, 270s sottolinea che l'interpretazione del passo corrente all'epoca riguardasse la morte del Messia, non la sofferenza indivi duale qui prefigurata. 20 Per la genericità della predizione, cf. G. ScHNEIDER, Das Evangelium nach Lukas, Gtitersloh-Echter, Wtirzburg 1 977, 209. B. WrrHERINGTON, The Gospel of Mark, Eerdmans, Grand Rapids-Cambridge 200 1 , 264 ha interpretato il testo come anticipa zione in generale della resurrezione dei giusti. 2 1 H. ScHùRMANN, Das Lukasevangelium, Herder, Freiburg 1969, l, 574 coglieva nel «deve>> (dei) il fondamento messianico su cui l'intera predizione si sostiene. Sul va lore escatologico che in Luca assume la predizione, G. ScHNEIDER, «"Der Menschen sohn" in der lukanischen Christologie>>, in R. PEsCH (ed.), Jesus und der Menschen sohn, Herder, Freiburg 1975, 267-282, 276s. 22 La necessità di un adempimento della Scrittura non può essere ravvisato se condo HAMPEL, Menschensohn und historischer Jesus, 272 nel termine «deve>> (dei), che sottolinea piuttosto la definitività del disegno di Dio. 23 WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 177 ha messo in rilievo il fatto che <<Sof frire>> sia subordinato (pathetn); TouNEHILL, The Narrative Unity, 50 ha discusso il ruo lo al proposito di «deve>> (det). La costruzione secondo M. REISER Markus-Philologie. ,
32
vengono presentate, se concorre a determinare un quadro assoluta
mente realistico, dà anche conto in modo efficace dell'intensità del
turbamento di Gesù.24 Il ripetersi della predizione nei vangeli
è
elo
quente della sua importanza per l'economia della salvezza, al di là
dell 'apparente distacco con cui essa
è
enunciata.
Neppure per un momento viene messa in discussione la possibi
lità che gli eventi evocati non abbiano realmente luogo: il «dover»
realizzarsi di essi
è imprescindibile perché costitutivo della missione (pascho) è da riportarsi sia al
del Cristo; in questo senso, il «soffrire»
la sua esistenza terrena che alla sua divinità. La Passione appare at
to fondante della fede della Chiesa: la necessità del suo compiersi si
pone non come destino inesorabile, ma come passaggio obbligato
per la nuova creazione di Dio in mezzo agli uomini. 25 Accanto alla prospettiva salvifica del «soffrire»
(pasch6)
si coglie
una componente puramente relazionale: nella narrazione di Matteo,
in particolare, emerge da parte del Maestro la preoccupazione di met
tere a parte i discepoli il prima possibile della sorte che lo attende. Si
tratta di un momento centrale nello sviluppo dell'evangelo, non solo
per la costruzione di una «teologia della croce» che si intreccia all'or
dito narrativo, ma per la rivelazione personale del Cristo ai suoi di
scepoli:26 testimonianza messianica e sentimento rivolto al singolo
emergono da questo episodio come pienamente compresenti. L'accento
è posto nella sequenza sul rilievo delle singole
azioni a
segnare la missione redentrice del Messia;27 il testo assume un carat-
Historische, literar-geschicht/iche und stilistische Untersuchungen zum zweiten Evange lium, Mohr-Siebeck, TUbingen 1984, 160 risponde ai canoni di un corretto periodare ellenistico. 24 Interessanti al rigul}rdo le osservazioni di REISER, Markus-Philologie, 148s, che ha richiamato alcune caratteristiche narrative del romanzo alessandrino. M. LIMBECK, Matthiius-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1986, 217 sottolinea il carat tere estensivo delle espressioni, che fanno riferimento a una realtà che sembra essere sotto gli occhi degli ascoltatori. 25 W G KOMMEL, Die Theologie des Neuen Testaments nach seinen Hauptzeugen Jesus, Paulus, Johannes, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 41980 (trad. it. La teolo gia del Nuovo Testamento: Gesù, Paolo, Giovanni, Paideia, Brescia 1 976) sottolinea il ruolo delle predizioni della Passione come fondamento della comunità dei credenti. 26 Il disegno deliberato dei tre evangelisti per una <> è rico struito da CH. SENFr, L'Évangile selon Mare, Labor et Fides, Genève 1�la premura nell'informare i discepoli, cf. LIMBECK, Matthiius-Evange/ium;1 94s. ' � 27 W. ScHMITHALS, Das Evangelium nach Lukas, Theologischer Verlag, Zilrich 1 980, 385 parla di chiaro valore kerygmatico dell'enunciazione, in quanto la con.
.
·.�
.
' ·
33
tere di particolare chiarezza e lucidità: le successive tappe della sof ferenza segnano, oltre che la vicenda personale di Gesù, la rivelazio ne di un disegno di salvezza che investe tutti gli uomini; il fatto che la predizione sia riproposta più volte nei vangeli indica, tra l'altro, che il rapporto con la morte costituisce parte integrante della missio ne del Cristo. 28 Il carattere eminentemente narrativo delle azioni presentate vale da una parte a oggettivame la portata, dall'altra a fame risaltare l'inesorabile consequenzialità. La identificazione tra sofferenza ed eventi della Passione non è univoca: essa è vista come una condizione già presente, soprattutto se si considera che il «soffrire» (pascho), almeno a quanto emerge soprattutto da Matteo, viene interpretato come primo elemento al l'interno di una successione temporale.29 In ogni caso, la sofferenza non è inserita in una dimensione puramente individuale, ma ne emerge come preminente il carattere di compartecipazione: l'inde terminata misura della sofferenza («molto», polla) ne indica l'am pliamento al di là di ogni misura personale.30 L'accenno finale alla vittoria sulla morte ne delinea tuttavia il definitivo superamento, co me notazione pienamente evangelica che offre una visione d'insieme dell'evento pasquale; in ogni caso, il rapporto tra Passione e Risurre zione non è pienamente esplicitato, e il «soffrire» (paschO) resta la nota dominante.3t
gruenza tra le singole azioni è orientata all'annuncio di esse. Il modo nitido in cui es se sono presentate contrasta con lo stile profetico: cf. i passi che richiama ERNST, lohannes, 296. 2M U. LucK, Das Evangelium nach Matthiius, Theologischer Verlag, Ziirich 1 993, 190 ha parlato di carattere apocalittico del testo, riconnettendone al tempo stesso la forma espressiva al tema veterotestamentario della consapevolezza del giusto. Le ri petute predizioni della Passione sono secondo E. ScHWEIZER, Das Evangelium nach Lukas, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1982 inscindibili dalla chiamata del Cri sto alla sofferenza. ScHMITHALS, Das Evangelium nach Lukas, 386 ha sottolineato co me un carattere narrativo altrettanto spiccato ricorra soltanto in Paolo e negli Atti. 29 A favore di quest'interpretazione, BovoN, Das Evangelium nach Lukas, 480. 30 Per la compartecipazione, intesa come capacità di sopportare il peso del dolore altrui, e per l'interpretazione che ne fornisce Origene, cf. J. MoLTMANN, Der Weg Jesu Christi: Christologie in messianischen Dimensionen, Kaiser, Miinchen 1989 (trad. it. La via di Gesù Cristo: cristologia e dimensioni messianiche, Queriniana, Brescia 1991 ), 201 . 31 L'immagine pasquale domina invece secondo H. KAHLEFELD, Die Gesta/t Jesu in den synoptischen Evangelien, Knecht, Frankfurt 1981 , 208 sulla stessa dimensione della sofferenza.
34
L'aggiunta da parte di Marco e di Luca di un riferimento alla re sponsabilità dei sacerdoti e degli scribi nel consegnare il Cristo alla morte («essere riprovato», apodokimazomai) inserisce la sofferenza del Messia nel quadro di un totale rifiuto da parte dei depositari del l'antica fede di Israele; ciò nell'accentuazione, propria di Marco, dei riferimenti al dolore, da riportare secondo alcuni studiosi ad una ve ra e propria teologia marciana del Cristo sofferente.32 Più in genera le, può dirsi proprio di tutte le narrazioni evangeliche il riferimento alla sofferenza come sentimento distintivo e assolutamente peculia re dell'umanità di Gesù. 1.5. Mc 9,12; Mt 1 7, 12: la sofferenza come prospettiva della salvezza («soffrire», pascho) Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa: ma come sta scritto del Figlio dell'uomo? Che deve soffrire molto ed essere di sprezzato. Orbene, io vi dico che Elia è già venuto, ma hanno fatto di lui quello che hanno voluto, come sta scritto di lui>> (Mc 9,1 2-13). Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come han no voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro>> (Mt 17,1 1 -12).
La prospettiva della sofferenza del Messia torna più volte nelle narrazioni evangeliche, anche al di fuori delle ripetute predizioni della Passione. In connessione con la figura di Elia, il riferimento as sume un valore messianico particolarmente esplicito, quasi, come è stato definito, un «breve annuncio kerygmatico»:33 l'atteso ritorno 32 In Marco è stata colta un'«emozione esasperata>> (J. N EY REY , The Passion ac cording to Luke. A Redaction Study of Luke 's Soteriology, Paulist, New York 1985, 12) ben lontana dal tono consueto di Luca. Sulle espressioni di questa teologia, cf. J. ERN ST, Markus. Ein theologisches Portrait, Patmos, Di.isseldorf 1987 (trad. i t. Marco. Un ri tratto teologico, Morcelliana, Brescia 1990), 60. HAMPEL, Menschensohn und histori scher Jesus, 272ss ha riconosciuto in questi aspetti di Marco l'intento peculiare del nar ratore di rivolgersi ai giudei della diaspora in Egitto. 33 ER NST Markus, 62. J. MARKUS, The Way ofthe Lord. Christological Exegesis ofthe Old Testament in the Gospel of Mark, Westminster-Knox, Louisville 1992, 109 sostiene che è da riconoscere nel passo la rassicurazione che la sofferenza del Messia avverrà per volere di Dio. L'idea di «necessità>> (dei) indicherebbe non la sottomissione fatalistica, ma <
.
35
del profeta si identifica con la venuta del Figlio dell'uomo, destinato alla stessa inaccoglienza da parte dell'umanità. La sofferenza appare qui come conseguenza dell'ostilità degli uomini, pienamente prefigu rata dalle Scritture. L'episodio è riportato da Marco e Matteo, i due vangeli più atten ti alla tradizione di Israele. In Matteo, in particolare, questa profezia si pone in diretta continuità con il capitolo precedente, configurando una vera e propria sezione teologica sulla figura del Figlio dell'uomo sofferente.34 Evidente risulta l'intento di delineare la figura di Gesù con i tratti di quel Messia sofferente ben vivi nella tradizione scrittu ristica, anche se con una particolare accentuazione dell'aspetto uma no, esplicitandone i sentimenti. La predizione è in Matteo scopertamente relativa agli ultimi istanti della vita terrena del Figlio dell'uomo: la venuta di Elia è da ta come già avvenuta, al di fuori del quadro escatologico cui normal mente veniva connessa dalla tradizione rabbinica; è il Cristo, ancor più che in Marco, il protagonista della vicenda, nella duplice veste di Messia sofferente e vittorioso che le Scritture suggerivano.35 L'inten sità del sentimento di sofferenza è evidenziata come prospettiva per sonale dell'esistenza di Gesù, oltre che come compimento delle pro messe scritturistiche. Rispetto alle predizioni della Passione, il passo inserisce con maggiore evidenza la sofferenza in una prospettiva di salvezza, con figurandone la connessione con l'attesa della comunità. Elia costitui sce un sicuro tramite con l'antica fede di Israele, ma apre anche a una
34 Si tratta secondo H. GEIST, Menschensohn und Gemeinde. Eine redaktionskri tische Untersuchung zur Menschensohnpriidikation im Miitthausevangelium, Echter, Wtirzburg 1986, 128 di una sezione a se stante, contrassegnata dal ricorrere degli ap pellativi del Figlio dell'uomo. P. GACHTER, Das Matthiiusevange/ium, Tirolia, lnn sbruck 1963, 574 definisce le espressioni di Marco <>; J. M A R Kus, «Mark - Interpreter of Pau!», in NTSt 46(2000 ) , 473-485, 478 riporta la <<straordinaria enfasi>> di Marco sulla debolezza e la sofferenza alla vicinanza all'inse gnamento di Paolo. 35 Secondo MAR KUS , The Way of the Lord, 109, il passo ha il compito di <<armo nizzare>> queste due visioni veterotestamentarie. La mancanza di ogni riferimento escatologico è sottolineata in Marco da GEIST, Menschensohn und Gemeinde, 147. Un tratto <<paradossale>> della figura del Cristo è secondo D.C. ALLISON, <
36
visione decisiva del futuro: nel passo si è potuta leggere la chiamata a condividere la sofferenza del Cristo.36 In questo senso, il «soffrire» assume una valenza molto ampia, che accomuna l'esperienza del Messia a quella di tutti i credenti. 1.6. Le 1 7,25: il dolore preescatologico del Figlio dell'uomo («soffrire», paschO) Disse ancora ai discepoli: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete. Vi di ranno: eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione>> (Le 1 7 ,22-25).
Tra i brani relativi alla sofferenza di Gesù, quello riportato si ri ferisce a un momento peculiare. Il passo costituisce un ampliamento sconosciuto alle parallele pericopi dei sinottici, che, se da una parte è rivelatore della particolare sensibilità di Luca ai sentimenti della persona di Gesù, vuole collocarne la vicenda in un quadro preesca tologico.37 Qui, infatti, la sofferenza è vista come necessaria premes sa alla rivelazione finale del Figlio dell'uomo. Il quadro qui prospettato è fortemente connotato in senso emo tivo: da una parte l'aspettativa carica di desiderio dei credenti, dal l'altra le difficoltà nel riconoscere il momento della rivelazione del Messia. Ma l'apparizione del Figlio dell'uomo assume un carattere oggettivo e indubitabile, configurandosi, attraverso la similitudine del lampo, come maestosa e universale. Rispetto alle predizioni della Passione riportate da tutti i sinot tici, i riferimenti sono meno puntuali, e la predizione abbraccia mo menti diversi, stabilendo solo una priorità («prima», prfn ) . Il Cristo è posto dinanzi a una sofferenza indeterminata, venuti meno i rife-
36 Secondo H .F. FuHs, «Angst>>, in G o Ro M. - LANG B. ( edd. ), Neues Bibel-Lexicon, Benziger, Ziirich 1 991, 1 07-108, la natura extra-mondana della sofferenza cui si allude in questo brano unisce strettamente nell'immagine scritturistica i credenti a Cristo. 37 Sul carattere lucano del versetto dal punto di vista lessicale, cf. J. JEREMIAS, Die Sprache des Lukasevangeliums. Redaktion und Tradition im Nicht-Markusstoff des dritten Evangeliums, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1980, 267s.
37
rimenti ai responsabili di essa e alla storia d'Israele, così come im personali sono gli accenni a quanti sono di ostacolo per i credenti sulla strada della salvezza. Il cenno alla generazione presente richia ma tuttavia precise responsabilità nel determinare la sofferenza di Gesù. La rappresentazione del dolore evocata come prioritaria è sof ferta, e carica dell'apprensione di chi si appresta a viverne la dram maticità; per questo motivo, la sua predizione è perspicua e priva di ogni connotazione arcana, ponendosi nei termini inequivocabili del ripudio di un'intera generazione.38 Il destino di Gesù è tutto dinanzi agli occhi di quanti lo ascoltano nella sua terribile linearità: il miste ro consiste unicamente nel significato che esso riveste nella storia degli uomini, e nei richiami illusori che suscita. Pur nella sua essenzialità, il riferimento alla sofferenza è riporta to al contesto della parusia, e al complesso di sovrasensi simbolici ed esistenziali connessi; la sua ragion d'essere è una necessità («dovere», def) che la inserisce nel percorso verso il compimento della salvezza, più tormentato di quanto si possa ritenere.39 Emerge tuttavia tutta la paradossalità dell'annuncio evangelico, per cui la glorificazione del Cristo può avvenire solo attraverso la vicenda della Passione. 40 Pre minente risulta nel suo giorno la figura del Cristo, per il quale la sof ferenza costituisce una tappa verso la glorificazione: tutti gli uomini sono chiamati ad aver parte al compiersi, seppure attraverso forme di incomprensione e di rigetto, della sua vicenda salvifica.
38 KO MME L Die Theologie des Neuen Testaments, 79s sottolinea come Gesù parli del dolore in termini puramente umani. 39 ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 489 ha colto nella descrizione un caratte re di urgenza e di prontezza maggiore che nel resto degli eventi. L'interesse escatolo gico «domina» perciò questo brano, nel tentativo di scuotere l'uomo contemporaneo (U.B. MOLLER, «Parusie und Menschensohn>>, in ZeitNTWiss 92(2001], 1- 19, 15). 40 Per la tematica, qui presente, della glorificazione del Cristo nella prova, cf. R. MEYNET, Jésus Passe. Testament, jugement, exécution et résurrection du Seigneur Jésus dans les évangiles synoptiques, Cerf, Rome-Paris 1999 (trad. it. La Pasqua del Signore: testamento, processo, esecuzione e resurrezione di Gesù nei vangeli sinottici, EDB, Bo logna 2002), 428. ,
38
l. 7. Le 24,26: la sofferenza come dimensione messianica («soffrire», pascho) Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Le 24,25-27).
Come in varie altre occasioni nei vangeli, la sofferenza è presen tata nell'episodio della cena di Emmaus come sentimento caratteriz zante della vicenda del Cristo, qui visto al tempo stesso in retrospet tiva e come fondamento della sua gloria.41 In questa valenza molto ampia, la sofferenza risulta assolutamente peculiare della condotta del Cristo in Luca, comunque attento alla natura personale e carat terizzante del sentimento.42 La connessione tra sofferenza e ingresso nella gloria riporta la vi cenda della Passione a una prospettiva superiore, come compimento di un evento sacro in un preciso disegno di salvezza.43 Il sottinteso è che non sarebbe stato possibile l'adempiersi della missione del Cri sto senza che egli fosse sottoposto alla sofferenza;44 ma il contesto del dialogo con i due di Emmaus intende inoltre sollecitare da parte del credente una comprensione . del mistero di Cristo non attuabile senza entrare in contatto con il suo sentimento. Attraverso la comprensione piena della sofferenza vengono po ste le fondamenta del relazionarsi del credente con Dio: si tratta di 41 ScHWEIZER, Das Evangelium nach Lukas, 246 ritiene che qui la sofferenza sia presentata come ingresso del Cristo nella sua regalità. Sull'efficacia della disposizio ne narrativa dell'episodio, cf. TouNEHILL, The Narrative Unity of Luke-Acts, 294. 42 La natura assolutamente originale dell'uso del termine in Luca è stata illustra ta da J. 0UPONT, <
39
un rapporto di natura salvifica, che fa propria la visione della «glo ria» dell'Antico Testamento, ma nel contempo fondato sulla fede, che connette saldamente ogni credente alla croce.45 D'altra parte, la dura apostrofe iniziale evidenzia la difficoltà a entrare in quest'otti ca, e come nel credente sia sollecitato con forza l'emergere di un sen timento di condivisione con il Cristo. La sofferenza accomuna la figura di Gesù agli altri uomini, anche se il conseguente ingresso nella gloria è prerogativa della sua divi nità; in questo senso, l'evangelista ricorre a una terminologia in stret ta connessione con la figura messianica del servo sofferente.46 Anche nel Cristo risorto, la sofferenza risulta sentimento eminente e carat terizzante della sua figura per una piena conoscenza di lui. B) TURBAMENTO 1.8. Le 19,41: il pianto sulla rovina di Gerusalemme («piangere», klaio) Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni par te; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pie tra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visita ta» (Le 1 9,41-44).
Nell'imminenza della Passione, Gesù si abbandona a un'apostro fe a Gerusalemme carica di spirito profetico, ma anche dell'accorata
45 ScHMITHALS, Das Evangelium nach Lukas, 234 ritiene che il rapporto conosci tivo tra credente e Dio prevalga sullo stesso significato soteriologico del brano. Secon do GRANT, Gospe/s, 56, Luca intende trasmettere l'immagine di un insegnamento che si attua attraverso la vita stessa del Cristo. 46 È costante la presenza di echi del <<servo sofferente» nelle predizioni della Pas sione: cf. D. DoRMEYER, Die Passion Jesu als Verhaltensmodell. Literarische und theo /ogische Analyse der Traditions-. und Redaktionsgeschichte des Markuspassion, Aschendorff, Mtinster 1974, 276ss. In Luca l'associazione tra Passione e prospettiva escatologica è costante: cf. JEREMIAS, Die Abendmahlsworte Jesu, 153. Sulla sofferenza come dimensione dell'umanità di Gesù in Luca, cf. W. RADL, Das Lukas-Evangelium, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1988, 86.
40
percezione del rapporto tra la propria vicenda e quella della città. Il sentimento cui il pianto si riconnette è il rammarico per un rapporto col suo popolo che non è stato possibile costruire, e che sembra toc care l'intima essenza della sua missione; esso tuttavia non costituisce un'aspirazione generica, ma fa riferimento ad un momento ben de terminato («in questo giorno», en tei hemérai tautei) in cui potrà compiersi.47 Per quanto il pianto costituisca una manifestazione del sentimen to largamente condivisa con gli uomini, il testo intende evidenziare una percezione più alta da parte di Gesù del momento e del suo si gnificato. La vista di Gerusalemme lo induce, su un piano di superio re consapevolezza, a uno sguardo capace di cogliere ciò che è preclu so alla vista umana nel futuro della città, ma anche nella passata «Vi sita» di Dio.48 La constatazione di quanto Gerusalemme sia lontana dalla salvezza viene associata ad un preciso accadimento storico, l'as sedio romano del 70, che riesce non immediatamente comprensibile agli ascoltatori, ma che avvicina pienamente il resoconto lucano alla tipologia dei testi profetici. Nel passo, Gesù dà voce ad un sentimento che va al di là della sua prospettiva personale: se il «piangere» (klaio) è proprio della visio ne lucana della figura del Cristo, esso ricorda anche il legame visce rale dei profeti a Gerusalemme, ed è a quel clima che la narrazione intende evidentemente riferirsi, con il suo richiamo alla responsabi lità degli abitanti.49 In ogni caso, è in rispondenza a un superiore vo-
47 ScHNEIDER, Das Evangelium nach Lukas, 388 riconosce nell'indicazione tem porale il desiderio in quel determinato momento da parte di Gesù di identificarsi nel la famiglia del suo popolo. Il passo rivela d'altra parte anche una percezione divina del tutto autonoma dalla percezione umana (cf. R. BuLTMANN, Theologie des Neuen Testa ment, Mohr-Siebeck, Tiibingen 41961 [trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Queri niana, Brescia 1985), 23). 48 ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 528s sottolinea come il testo voglia pre scindere da ogni elemento psicologico e far riferimento a una superiore capacità di comprensione nello Spirito. L'espressione «in questo giorno>>, d'altra parte, mette in evidenza secondo B.R. KINMAN, <<Parousia, Jesus' "A-Triui:nphal" Entry, and the Fate of Jerusalem (Luke 19: 28-48)>>, in JBibLit 1 18(1999), 279-294, 289 il carattere storico della <> del Cristo. 49 Per i riscontri in Luca, cf. 1EREMIAS, Die Sprache des Lukasevangeliums, 281 . Di «dolore profetico>> ha parlato KLOSTERMANN, Das Lukasevangelium, 1 90. P. G. MOLLER, Lukas-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 988, 151 considera eloquente del disegno di Dio il ricorso alla forma passiva.
41
lere di Dio che si compie la rovina della città, e il sentimento espres so da Gesù non ne mostra che una conseguenza in essere. Ci troviamo di fronte a un momento che è stato definito di estre mo ripiegamento nell'esperienza di Gesù, il quale sembra esprime re un moto profondo del suo animo, quasi senza relazione con gli eventi concomitanti.50 L'esplicitazione dei motivi del pianto vale però a gettare piena luce, se non sulle circostanze puntuali, sulla mo tivazione di tale atteggiamento: la profonda e irriducibile inacco glienza della città; il credente è così indotto ad una identificazione e condivisione piena con Gesù. In tal modo, non solo l'evangelista in serisce la vicenda del Cristo in una più ampia prospettiva storica, ma getta una luce sulla complessità dei suoi sentimenti: di essi non emergono che pochi tratti, ma con cui la narrazione lucana si avver te in profonda sintonia. 1.9. Gv 12,27-13,21 : lo sconvolgimento prima della morte («essere turbato»!«commuoversi», tanissomai) Gesù rispose: «È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In ve rità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, ri mane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. Ora l'anima mia è turba ta; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora ! Padre, glorifica il tuo nome>> (Gv 1 2,23-28a). Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In ve rità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà>>. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi ·parlasse (Gv 13,21-22).
Il Vangelo di Giovanni, generalmente parco nel descrivere le rea zioni di Gesù, si infittisce di riferimenti al suo stato d'animo negli ul timi momenti della sua vita pubblica e poi nel grande discorso da lui pronunciato nell'imminenza della morte. Il brano del c. 12, attraver so un monologo interiore che costituisce un unicum per i vangeli,
50 Cf. la definizione in questi termini di PETZKE, Das Sondergut des Evangeliums nach Lukas, 1 72.
42
colloca accanto a quelle che possono apparire soltanto delle disposi zioni rivolte ai discepoli una rivelazione sorprendentemente esplici ta sul suo stato d'animo, dal carattere intimo e definitivo; e le reazio ni del gruppo ristretto dei discepoli, di cui emerge drammaticamen te l'inadeguatezza, non fanno che sottolineare l'eccezionalità del momento. 5 1 Dal testo del c . 13, analogamente, non emerge i n modo compiu to lo stato d'animo di Gesù: esso è senza dubbio improntato a un'in tensa emozione, e assume una forte connotazione affettiva, come at testa il ripetersi del verbo «essere turbato» (tarassomai). 52 Lo scon volgimento mina l'immagine consueta di Gesù, fino a far riscontrare i connotati di una trepida aspettazione;53 l'evangelista intende evi dentemente mettere il lettore in un contatto particolarmente inten so con i sentimenti di Gesù nel momento decisivo della sua esisten za terrena. In entrambi i brani, per quanto evidentemente anticipatrici, le pa role di Gesù non preannunciano esplicitamente la morte come nelle predizioni dei sinottici. Gli studiosi hanno ravvisato nel testo da par te di Gesù di volta in volta la piena consapevolezza del destino che lo attende, o una naturale oscurità del presentimento;54 senza dubbio, l'evangelista intende sollecitare un pieno coinvolgimento, prima che con la conoscenza, con i sentimenti che Gesù vive in prima persona, lasciando alla sua sensibilità il compito di accoglierlo e comprender lo. Barrett ritiene intenzionale il riserbo del testo sulle autentiche mo-
51 E. HANCHEN, Das Johannesevangelium, Mohr-Siebeck, Ttibingen 1980, 461 rile va il carattere sorprendentemente inadeguato delle reazioni dei discepoli in questa circostanza rispetto al resto della narrazione giovannea. 52 STI BBE lohn 1 47 parla di carattere «elusivo ed enigmatico» delle azioni di Ge sù descritte nel c. 13. U.B MOLLER, «Zur Eigenttimlichkeit des Johannesevangeliums. Das problem des Todes JesU>>, in ZeitNTWiss 88(1 997), 24-55, 37 ha messo in luce il drammatico contrasto tra l'agire di Gesù e il corso degli eventi in questa sezione. Sul la più esplicita e intensa resa delle connotazioni affettive in Giovanni nell'ultima par te del vangelo, cf. HANCHEN, Das Johannesevangelium, 426. 53 Di sentimento confinante con 1a «paura» parla C. SPICO, Lexique théologique du Nouveau Testament, Cerf, Paris 1991 , 1514. 54 Per una valutazione di entrambe le possibilità, ScHNACKENBURG, Das Johanne sevangelium, II, 421 . WIKENHAUSER, Das Johannesevangelium, 233 ritiene che la narra zione abbia voluto evidenziare la naturalezza del sentimento di Gesù, anche a prescin dere dalla percezione del momento; J. GNILKA, Johannes Evangelium, Echter, Wtirz burg 1 983, 105 si pronuncia per una piena consapevolezza del suo atteggiamento. ,
,
43
tivazioni dello sconvolgim ento di Gesù;55 e del resto la comunione con il Cristo sofferente non presuppone, nell'ottica giovannea, la pos sibilità di un accesso incondizionato al suo animo. Se la lettura più immediata dello stato d'animo di Gesù induce a connettere le sue parole con i drammatici eventi narrati nei capitoli successivi, non vi è correlazione esplicita tra afflizione e timore del la morte incombente: i riferimenti del testo in tal senso assumono un valore compendiario, che travalica la pura e semplice reazione emo tiva. 56 Nella Passione giovannea i gesti si caricano di un significato che rinvia a una dimensione assoluta; i sentimenti cui si allude qui so no forse più sfumati ancora.57 Proprio attraverso l'indeterminatezza dei riferimenti, Giovanni intende avvicinare alla dimensione assolu ta e aliena dal contingente dei sentimenti di Gesù. Il monologo giovanneo, con la sua indeterminatezza, non sembra sottolineare reazioni psicologiche, anche se non sono mancate lettu re in tal senso.58 Riduttivo appare comunque il richiamo a una sem plice sensibilità «Umana» di Gesù; Schulz ha presentato anzi le espressioni del brano come eloquenti di una percezione «preesisten te», propria della divinità del Cristo.59 Senza dubbio espressiva di
55 C K BARREIT, The Gospel according to St. fohn. An lntroduction with Com mentary and Notes on the Greek Text, SPCK, London 21 978, 398s. Sul carattere condi zionato della rivelazione dei sentimenti di Gesù cf. HANCHEN, Das fohannesevange lium, 469. B.T. VIVIANO, «John's Use of Matthew: Beyond Tweaking>>, in RBib 1 1 1 (2004), 209-237, 220 ha segnalato il passo come fondamentale per la continuità tra sinottici e Giovanni in merito alla !ematica del <<segreto messianico>>. 56 Ad esempio, F. PoRSCH, fohannes-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stutt gart 1 988, 1 33 smentisce una semplice correlazione tra timore e morte, rilevando invece piuttosto un presentimento delle circostanze in cui ha luogo la Passione. R. ScHNACKENBURG, Das fohannesevangelium, Herder, Freiburg 1965- 1971 (tra d. it. Il Vangelo di Giovanni, Paideia, Brescia 1973-1 987), II, 421 parla di un più generale <<sguardo d'insieme>> a proposito di 13,21. 5 7 Cf. le considerazioni sull'intensità dei sentimenti della Passione in ScHNACKEN BURG, Das fohannesevangelium, Il, 484. A. WIKENHAUSER, Das fohannesevangelium, Pustet, Regensburg 1961 (trad. it. L'evangelo di Giovanni, Morcelliana, Brescia 1962), 249 ha chiarito il valore omnicomprensivo dei gesti della Passione in Giovanni; G N I LKA, fohannes Evangelium, 108 ne ha sottolineato il carattere <<profetico>>. 58 R. B uLTMANN , Das Evangelium nach fohannes, Vandenhoeck & Ruprecht, Got tingen 191968, 327 richiamava il valore an tipsicologico di ora (nyn). BARREIT, The Go spel according to St. fohn, 399 parla al contrario di natura psicologica del turbamento; più cautamente, ScHNEIDER, Das Evangelium nach fohannes, 231 ritiene che nel sobrio resoconto sia ravvisabile un'intima lotta già ricomposta nell'animo di Gesù. 59 S. ScHULZ, Das Evangelium nach fohannes, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin gen 1 972, 167. .
44
.
un'attitudine sovrumana è la scelta di andare incontro in una visio ne salvifica alla morte;60 e la solenne investitura della voce dal cielo conferma che si tratta di un momento in cui componente umana e di vina si intrecciano in modo decisivo. Attraverso il percorso drammatico e tormentato di cui il vange lo dà conto, Gesù si dispone consapevolmente ad affrontare la mor te; nel turbamento che ne consegue, egli mostra di adeguarsi in tutto alla volontà del Padre, pur mantenendo integralmente i connotati della sua umanità.61 L'esito della lotta interiore che ne emerge pro duce frutti che restano significativi: l'espressione «fino alla fine» (eis télos) configura la durevolezza del sentimento di Gesù, ma anche la sua natura decisiva per la condotta di ogni uomo.62 La narrazione implica così una svolta drammatica: il Cristo si orienta definitiva mente al pieno compimento dell'azione di salvezza, ricevendone conferma dalla voce del Padre.63 È però attraverso l'esplicitazione di sentimenti pienamente condivisi con gli uomini che tale orientamen to può aver luogo, fornendo un'immagine coerente con la natura di Gesù, commisurata a tutti gli altri personaggi in ogni momento del la sua esistenza terrena.
60 Sul tema della consapevolezza di Gesù nella narrazione giovannea, cf. Po RSCH , Johannes-Evangelium, 141 . La sua obbedienza è consapevolmente «a caro prezzo» ( BAR REIT, The Gospel according to St. John, 354). 6 1 Secondo LÉON-DUFOUR, Lecture de l'évanglile selon Jéan, II, 424 Je lacrime se gnano fra l'altro l'accettazione della missione affidata a Gesù. La sua morte imminen te viene presentata come derivante a pieno titolo dall'espressione del volere divino ( G N JLK A , Johannes Evangelium, lOOs). 62 ScHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, III, 16 ipotizza anche un valore qualitativo oltre a quello temporale di «fine>>. ScHULZ, Das Evangelium nach Johan nes, 1 72 la presenta come <<predizione tipicamente preescatologica»; W. THOSING, Die Erhohung und Verherrlichung Jesu im Johannesevangelium, Aschendorff, Miinster 1 960, 78ss ha invece sottolineato l'importanza dell'<
45
C) REAZIONI 1.10. Mc 6,6: la meraviglia per l'incredulità degli interlocutori («meravigliarsi», thaumazo) Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltan dolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sap�enza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo imporre le mani a pochi amma lati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,2-6).
La meraviglia di Gesù per l'incredulità degli interlocutori viene sollecitata dalla pervicacia dei dubbi dei nazareni, cui essa si con trappone strutturalmente nel testo, di fronte alla sua azione salvifica. Il brano è tanto più sorprendente in quanto si colloca nel quadro del la parte iniziale del testo di Marco, che evidenzia un'espansione sen za apparenti difficoltà dell'iniziativa del Cristo.64 L'episodio presenta una scansione inconsueta: sono i commenti degli interlocutori, riportati come espressione di una collettività, a occupare un posto preponderante; le parole di Gesù costituiscono apparentemente nient'altro che una reazione ad essi: la manifesta zione di un sentimento da parte sua è solo susseguente, e non com porta effetti concreti sulla narrazione. Complessivamente, risulta pa radossale la prospettiva stessa in cui l'episodio viene inserito: l'atteg giamento di Gesù contrasta con quello correntemente attribuito al maestro e al guaritore, e anzi condivide l'attitudine, la «meraviglia», di chi è destinatario del miracolo.65 Il vangelo propone così in forma
64 Il rapporto tra il racconto di questo insuccesso della predicazione e i passi con tigui è stato definito «ironico>> (F.J. MoLONEY, <<Mark 6: 6b-30: Mission, the Baptist, and Failure>>, in CathBibQ 63[2001], 647-663, 655). K. TAGAWA, Miracles et évangile. La pensée persone/le de l'évangéliste Mare, Presses Universitaires, Paris 1966. 12 ritiene questa <> emblematica delle modalità narrative di Marco. 65 Il rovesciamento paradossale riguarda le modalità della fede, che nella tradi zione cui Marco attinge deriva anzitutto dalla constatazione del miracolo (cf. W. TRIL LINO, Das wahre Israel. Studien zur Theologie des Matthiiusevangeliums, St. Benno, Leipzig 1962, 235 [trad. it. Il vero Israele. Studi sulla teologia del Vangelo di Matteo,
46
particolarmente eloquente il profondersi del Cristo in un sentimen to comune a tutti gli uomini, anche se altrimenti fondato e manife stato. L'incredulità dinanzi alla sua persona e alla sua azione salvifica è vista da Gesù con meraviglia: essa impedisce la realizzazione dei mi racoli, oltre a interrompere la successione, fin qui osservata in Mar co, per cui a un miracolo segue immediatamente un breve insegna mento.66 Il fine cui il testo sembra mirare è una più chiara esplicita zione di una precisa prospettiva interpretativa, per cui la fede non scaturisce dalla presenza del miracolo, ma si manifesta indipenden temente da esso e lo sollecita. La lunga serie di domande da parte dei nazareni mette in di scussione la credibilità stessa dell'agire di Gesù, tanto da costituire un ostacolo decisivo all'efficacia della sua missione. L'incredulità che il testo vi riconosce, per quanto manifestata in modo estempo raneo, è quindi espressione della mancata accettazione della sal vezza messianica: si tratta infatti non di una reazione momentanea, ma di un'attitudine consolidata, tale da condurre a una definitiva insensibilità.67 Allo scandalo dei nazareni si contrappone così la meraviglia di Gesù: egli non esprime un giudizio o una contestazio ne verso il loro operato, ma ne prende le distanze, astenendosi però dal compiere prodigi che, evidentemente, vanno oltre la cura dei malati.
Piemme, Casale Monferrato (AL) 1 992]). Cf. lo studio comparativo con la tradizione dei guaritori pagani di B. BLACKBURN, Theios Aner and the Markan Miracle Tradition. A Critique of the Theios Aner Concept as an lnterpretative Background of the Miracle Tradition Used by Mark. Mohr-Siebeck, Tiibingen 1991, 226s. 66 Questo mutamento capovolge l'abituale schema compositivo e sottolinea, se condo E.K. B ROADHEAD, Teaching with Awority. Mirac/es and Christology in the Go spel of Mark, JSOT, Sheffield 1992, 1 1 5, la portata paradossale del brano. L'ecceziona lità della circostanza è data, come più volte in Giovanni, dal giudizio espresso sull'a zione di salvezza: cf. R. METZNER, «Der Geheilte von Johannes 5 - Riipresentation des Unglaubens>>, in ZeitNTWiss 90(1 999), 177- 193, 1 92s. 67 Secondo R. PESCH, Das Markusevangelium, Herder, Freiburg 1 976 (trad. it. /1 Vangelo di Marco, Paideia, Brescia 1980-1982), ad l. , il sentimento di Gesù si rivolge alla «incredulità eretta a norma>>. Per T. SùDING, Glaube bei Markus. Glaube an das Evangelium, Gebetsglaube und Wunderglaube im Kontext der markinischen Basi leiatheorie und Christologie, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 985, 434 l'incredulità dei nazareni va interpretata come espressione dell'incredulità verso il regno.
47
L'episodio delinea un modo erroneo di accogliere l'insegnamen to di Gesù, di fronte al quale egli stesso recede. Nel suo agire, si può riconoscere la radicale disapprovazione di ogni atteggiamento ana logo nei discepoli: essi sono indirettamente richiamati ad accogliere la sapienza e i prodigi da parte sua senza riserve.68 Un simile atteg giamento è riconosciuto come naturale, tanto che in caso contrario si dà prova di un'incredulità di fronte a cui il sentimento più appropria to è la meraviglia. Il sentimento qui espresso è il medesimo di Mt 8,10, ma, come notava Klostermann, con ben diverso valore (cf. infra, § 1 . 1 1 ) ; il fat to che si rivolga in quel caso a un pagano e non ai nazareni costitui sce una dichiarazione dell'assoluta libertà per chiunque di accedere alla salvezza.69 Sembra da escludere che l'episodio assuma una va lenza psicologica, non limitandosi a una nozione emotiva, ma volen do sollecitare, per contrasto con l'incredulità, una presa di coscienza estemporanea dell'autentico atteggiamento da discepoli.70 La mera viglia di Gesù esprime l'assenza da parte sua di ogni posizione pre concetta, e la piena libertà dell'annuncio salvifico, ma è funzionale al piano di una narrazione la cui linearità disadorna è solo apparente. 1. 11. Mt 8,10; Le 7, 9: L'ammirazione di fronte alla fede («essere ammirato», thaumazò) Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va', ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' que sto, ed egli lo fa». All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «
68 R.M. FowLER, Let the Reader Understand. Reader-Response Criticism and the Go· spel of Mark, Fortress, Minneapolis 1991, 122 parla a proposito delle espressioni di me raviglia di <<strategia retorica>> dell'evangelista. Secondo C. M Azzucco, Lettura del Van gelo di Marco, Zamorani, Torino 1999, Gesù appare «sorpreso ma non impreparato». 69 Cf. E. KwsTERMANN, Das Markusevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 5197 1 , 56. Lo scetticismo dei nazareni rappresenta, sottolinea M.-E. BOISMARD, lésus u n horn me de Nazareth raconté par Mare l'évangeliste, Cerf, Paris 1 996, 84s, una novità rispet to allo stereotipo dell'agnosticismo pagano. 70 Esclude una componente psicologica J. GNILKA, Das Evangelium nach Markus, Benziger, Ziirich 1 978 ( trad. it. Marco, Cittadella, Assisi 1 988), ad l.
48
Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò al cuni amici a dirgli: <<Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono un uomo sottoposto a un'autorità, e ho sot to di me dei soldati; e dico all'uno: Va', ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa». All'udire questo Ge sù restò ammirato e disse rivolgendosi alla folla che lo seguiva: <
Tra le guarigioni evangeliche, questo resoconto si distingue, oltre che per l'ampiezza, per la sproporzione tra l'articolata invocazione del centurione e la subitanea ma illuminante risposta di Gesù. La ri sposta di quest'ultimo nei confronti della fede dell'interlocutore, fre quentemente rilevata nei vangeli, è espresso qui in modo assai netto, a denotare la particolare intensità del sentimento suscitato in lui.71 Il termine «essere ammirato» (thaumazo) non indica esattamente sor presa per la risposta ricevuta, ma una reazione a un atteggiamento inconsueto: Gesù ne fa occasione per sollecitare gli interlocutori a una fede altrettanto chiara.72 Nel succedersi delle due battute, il con testo esprime complessivamente una grande intensità emotiva. Il sentimento cui <<essere ammirato» (thaumazo), qui riferito a Ge sù, allude è abitualmente attribuito nei vangeli alle folle; esso esprime comunque una comunicazione profonda tra il mondo di Dio e quello degli uomini. Da una parte, si tratta di un sentimento colto ripetuta mente, nelle folle in concomitanza con fenomeni sovrannaturali; dal l'altra, in riferimento a Gesù, esso traduce un pieno riconoscimento del popolo di Dio come destinatario dell'azione di salvezza.73 Il per-
71 Si tratta secondo GACHTER, Das Matthiiusevangelium, 267 di uno dei passi che getta maggiormente luce sulla personalità di Gesù. ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 241 ravvisa in Luca una enfatizzazione maggiore che in Matteo. 72 Secondo J. GNILKA, Das Matthiiusevangelium, Herder, Freiburg 1986 (trad. it. ll Vangelo di Matteo, Paideia, Brescia 1990-1991), ad l. si tratta di una risposta da inter pretarsi puramente come reazione. 73 E. KAsEMANN, Exegetische Versuche und Besinnungen, Vandenhoeck & Rupre cht, Gottingen 1 970 (trad. it. Saggi esegetici, Marietti, Casale Monferrato 1 985), I, 242 ha esaminato come thaumazo nella folla traduce frequentemente nei vangeli l'atmo sfera concomitante al manifestarsi delle guarigioni. Secondo W. ScHENK, Die Sprache des Matthiius. Die Text-konstituenten in ihren makro- und mikrostrukturellen Rela tionen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1987, 281 vi è da riconoscere in Matteo
49
sonaggio del centurione, estraneo alla cultura e alla tradizione di Israele, risulta il più adatto a illustrare la valenza universale di tale rapporto, che si determina in modo eccezionale. L'efficacia delle parole del centurione è sottolineata dall'assoluta immediatezza delle reazioni di Gesù, quasi a richiamare un sentimen to latente.74 Le motivazioni che lo inducono a «restare ammirato» (thaumazo) si rivolgono, stando alla solennità del suo riconoscimen to, a una realtà più profonda di quanto le parole lascino intendere: il fatto che si tratti dell'intercessione per un malato fa intuire un decisi vo nesso tra la preghiera e la meraviglia.75 Senza dubbio il clima del l'episodio concorre a evidenziare una ben precisa dimensione della fede come connessione diretta e incontrovertibile tra uomo e Dio. Nella sua affermazione Gesù si colloca di fronte alla fede in po sizione esterna, ammirandone il manifestarsi come indizio della di gnità dell'uomo: essa si presenta qui come «piena fiducia nel potere miracoloso di Gesù che sostiene».76 La fede non si esaurisce però in un atteggiamento estemporaneo, ma risponde all'intima disposizio ne che lo produce: di pieno abbandono al potere salvifico del Cristo, e di ricerca della salvezza assieme a chi soffre; anche se, va sottoli neato, il testo non esplicita pienamente come si manifesti tale dispo sizione.77 Le parole di Gesù concorrono, anziché a gettare una luce
un intento di spiritualizzazione delle folle, in antitesi ai capi di Israele. GNILKA, Das Matthiiusevangelium, ad l., sottolinea invece come il sentimento di Gesù implichi una valorizzazione della fede di tutto Israele. 74 A. ScHLATIER, Der Evangelist Matthiius. Seine Sprache, seines Zie!, seine Selbstiin digkeit. Ein Kommentar zum ersten Evangelium, Kohlhamrner, Stuttgart 1 929, 275 parla dell'emergere di un codice di condotta; E. KwsTERMANN, Das Matthiiusevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 41971 , 75 sottolinea il carattere non mediato dell'episodio. 75 J. ScHMID, Das Evangelium nach Matthiius, Pustet, Regensburg 41959 (trad. it. L'evangelo secondo Matteo, Morcelliana, Brescia 1976), 1 64 ne desumeva una defini zione della fede come comunanza nella preghiera. A quest'interpretazione sembra opporsi il carattere totalmente estraneo del centurione alla religiosità di Israele, che secondo S. FAUSTI, Una comunità legge il Vangelo di Matteo, EDB, Bologna 1998, 133 è decisivo per la concezione di fede qui presupposta. 76 A. WouTERS, ... wer den Willen meines Vaters tut». Eine Untersuchung zum Ver stiindnis vom Handeln im Matthiiusevangelium, Pustet, Regensburg 1992, 290. Il Cri sto è di fronte alla fede spettatore tra gli altri spettatori ( B ovoN , Das Evangelium no eh Lukas, l, 359s); in questo senso, il suo atteggiamento lo avvicina, secondo l'espres sione di L. MoRRIS, The Gospel according to Matthew, Eerdmans, Grand Rapids 1 992, 194, all'umanità di quanti lo ascoltano. 77 J. K R EM E R , Lukasevangelium, Echter, Wiirzburg 1 988, 80 nota come il resocon to lucano manchi di una risposta esplicita o di un annuncio di guarigione. «
50
pienamente rivelatrice sulla fede, a evidenziare l'impossibilità di ti condurla alle abituali categorie umane. In rispondenza al sentimento di Gesù, si delinea una disposizio ne chiaramente orientata da parte degli interlocutori. Il centurione, nella consapevolezza del suo ruolo sociale, che trova riscontro nella concretezza della sua richiesta, si pone come immagine di ogni cre dente nell'esprimere la sua fiducia nella suprema autorità di Gesù.78 L' «essere ammirato» (thaumtizo) crea un intimo rapporto tra Cristo e l'uomo, tanto che Luca ricorre, a esprimerlo compiutamente, al ra ro uso transitivo del verbo: la fede emerge quindi come intima con sonanza col divino, a partire dalla quale emerge quasi naturalmente l'esplicitazione di uno stato d'animo.79 L'«essere ammirato» (thaumtizo) di Gesù di fronte a un uomo è atteggiamento inconsueto, e costituisce una notazione tanto più pre ziosa in quanto sollecita un pronunciamento esplicito: si tratta di un «riconoscimento» attraverso cui Dio valuta la fede degli uomini, a prescindere dal popolo presso cui si manifesta.80 Alla sua complessità, non facilmente riconducibile ad un singolo sentimento, non è estra neo, è stato notato, un motivo contemplativo, 'che più volte nei vange li trasferisce gli uomini in un'atmosfera quasi estatica dinanzi all'e vento miracoloso: viene quindi in un certo modo applicato anche al Cristo, a identificare pienamente la fede con l'evento miracoloso.81
78 U.
Luz, Das Evangelium nach Matthiius, Benziger-Neukirchner, Ziirich 1990,
Il, ad l. ritiene il centurione una figura eccezionale ma propria della dimensione evan
gelica, improntata in tutti i sinottici alla condotta concreta dell'uomo di fede. Diffici le è poi precisare esattamente in cosa consista quest'ultima: H. ScHORMANN, Das Lukasevangelium, Herder, Freiburg 1969 (trad. it. l/ Vangelo di Luca: testo greco e tra· duzione, Paideia, Brescia 1983), l, 394 la identifica come perfetta sottomissione e ti moroso tenersi indietro rispetto a Dio. 79 Sull'uso del complemento oggetto, cf. JEREMIAS, Die Sprache des Lukasevange· liums, 155. ScHLATIER, Der Evangelist Matthiius, 277 sottolineava la connessione tra stato d'animo e fede in questo passo; anche LucK, Das Evangelium nach Matthiius, 108 ritiene che la fede oggetto di ammirazione sia l'assoluto confidare nella parola di Cri sto stesso. HO Il motivo della fede individuale prevale qui su quello dell'appartenenza etni ca: cf. KLOSTERMANN, Das Lukasevangelium, 87. Sul tema del «riconoscimento», cf. A. SAND, Das Evangelium nach Matthiius, Pustet, Regensburg 1986 (trad. it. /1 Vangelo se condo Matteo, Morcelliana, Brescia 1992), 178, che nota come si tratti di uno spunto inusitato nell'ambiente religioso giudaico; per il suo rilievo nella narrazione, cf. WEI FEL, Das Evangelium nach Lukas. 144. 81 Sul carattere contemplativo di thaumazo in Marco, P. DscHULNIGG, Sprache, Redaktion und lntention des Markus-Evangeliums. Eigentiimlichkeiten der Sprache
51
L'atteggiamento di Gesù intende interrogare ogni discepolo in modo particolarmente diretto sulla propria condizione di credente; tuttavia non viene offerto altro elemento di valutazione della fede del centu rione se non quanto egli esprime in prima persona nella circostanza concreta della malattia del servo.82 Ne emerge un'idea di fede piena mente realizzata nella dimensione attuale del dialogo; e immediata mente Gesù si rivolge alle folle per esprimere il suo sentimento. L'esplicitazione del sentimento di ammirazione da parte di Ge sù non produce un effetto evidente sul corso della vicenda. Come in altri casi, la guarigione viene presentata come conseguenza della fe de di chi ne è interessato; i gesti che la caratterizzano sono messi però del tutto in secondo piano, quasi a tradurre in modo più urgen te una disposizione che travalichi la circostanza concreta.83 È alla fede che l'episodio intende conferire il massimo rilievo, anche sot tacendo altre componenti dell'azione miracolosa, e al cuore con cui essa va accolta. 1. 12. Mt 18,34: lo sdegno per la mancata condivisione dei sentimenti di Dio («sdegnarsi», orghizomai) «Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiama re quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il de bito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovu to. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdo nerete di cuore al vostro fratello» ( Mt 18,31-34).
des Markus-Evangeliums und ihre Bedeutung fur die Redaktionskritik, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 986, 381 . La reazione di Gesù è stata definita <> da E.J. VLEDDER, Conflict in the Miracle Stories. A Socio-Exegetical Study of Mt 8 and 9, Sheffield Academy, Sheffield 1997, 181, in quanto sollecitata sia dalla richiesta del cen turione che dalla sua fede ed attitudine. 82 Secondo ScHNEIDER, Das Evangeliu.m nach Lukas, 209 la condotta del centu rione rappresenta una sollecitazione intenzionalmente inespressa alla fede dei cre denti per mostrarne la forza liberante. Sulle figure dei pagani come prefigurazione della conversione dei popoli, cf. S. LÉGASSE, Le procès de Jésus. La Passion dans /es quatre évangiles, Cerf, Paris 1 995, 1 5 1 . 113 S AN D , Das Evangelium nach Matthiius, 178 sottolinea i l concentrarsi del dialo go sulla persona del centurione.
52
Nella complessa parabola dei due debitori, solo nella conclusione emerge lo «Sdegnarsi» (orghizomai) del padrone, riportato da Gesù al Padre celeste. La narrazione, seppure tutta percorsa da una forte trama affettiva, non ne rivela l'evolversi dello stato d'animo fino a quel momento; d'altro canto, il suo intento è quello di evidenziare un atteggiamento iniziale completamente opposto, ma indotto a mutare dalla mancata condivisione dei sentimenti da parte del debitore; ciò ha luogo attraverso il dialogo e il rapporto interpersonale.84 I sentimenti cui la parabola fa riferimento sono estremi, dettati dalla necessità di dar loro voce al culmine di un crescendo drammati co degli eventi; ma sono tuttavia pienamente liberi, indotti da una let tura in profondità dell'animo dell'altro.85 L'insorgere dell'ira è causa to dallo stridente contrasto tra l'atteggiamento di Dio e quello del de bitore, che gli stessi servi registrano con profonda preoccupazione;86 la narrazione è comunque molto attenta all'eziologia dei sentimenti, non suggerendo in alcun modo un loro manifestarsi incontrollato. I moti dell'animo dei protagonisti, pur se espressi con intensità paragonabile, sono di natura ben diversa tra loro. L'atteggiamento sollecitato dal padrone, e anzi presupposto come naturale adesione, è verosimilmente !'«impietosirsi» (makrothyméo), proprio nei van geli solo della divinità (cf. infra, 3.2). I servitori esprimono invece sol tanto un «essere addolorati>> (lypéomai), il cui senso è piuttosto di scusso, oscillando tra la contrarietà e l'afflizione;87 la totale assenza di sentimenti espressi da parte del debitore, . invece, è sintomatica della sua insanabile lontananza dalla disposizione di Dio.
R4 J. GNILKA, Jesus von Nazareth, Herder, Freiburg 1993 (trad. it. Gesù di Nazaret: annuncio e storia, Paideia, Brescia 1 993), 102 notava l'anomalia, rispetto ad altre para bole, di una disposizione benevola iniziale che si muta in avversione. Per un'analisi strutturale della parabola, che rappresenta «una misura centrale lunga e immaginifica, inquadrata tra due misure molto più corte e più astratte>>, cf. D. HERMANT, «Structure littéraire du "discours communautaire" de Mathieu 18>>, in RBib 103(1996), 76-90, 85. K5 Secondo L. SABOURJN, Il Vangelo di Matteo. Teologia ed esegesi, Paoline, Roma 1976, ad l. , i sentimenti non sono còndizionati in modo angusto dalla vicenda. Emer ge secondo la definizione di M. G REEN The Message of- Matthew. The Kingdom of Heaven, lnter-Varsity, Leicester 2000 , 1 99 una concezione dinamica, e che varia nel corso della vita, del perdono di Dio. 116 È costante nei vangeli, secondo notato da STAHLIN, «Òpyi] KtÀ..», 426, la prove nienza dell'uno dall'altro sentimento. 87 A favore dell'accezione di «contrarietà>> SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 377. ,
53
I protagonisti della scena agiscono in stretta interdipendenza; ri corrente è pure il richiamo alla propensione agli affetti familiari.88 Tanto più fredda e incomprensibile risulta in tal modo l'insensibilità del servo, vero modello negativo per il credente. La compartecipa zione non è però puramente frutto dell'iniziativa individuale: dalla parabola emerge secondo Schnackenburg un'immagine di compas sione che presuppone la fede in Cristo;89 l'insieme mira a creare una condivisione analoga da parte degli ascoltatori, sollecitandone l'ade sione piena ai sentimenti di Dio. La parabola mostra un Dio aperto alla piena condivisione di una realtà segnata dalle difficoltà e dal limite, in cui i sentimenti assumo no una preminenza totale nei rapporti tra le persone e con lui; essa configura però con altrettanta drammatica evidenza anche la totale esclusione di alcuni da questa prospettiva. 1. 13. Mt 22, 7; Le 14,21: l'ira di fronte all'ingratitudine degli uomini («indignarsi»!«irritarsi», orghizomai) «Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al pro prio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultaro no e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze>> (Mt 22,4-9). <<Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giu stificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a pro varli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho preso moglie
88 J. ERNST, Matthiius. Ein theo/ogisches Portrait, Patmos, Diisseldorf 1989 (trad. it. Matteo: un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1 991 ) , 45 connette il richiamo agli affetti familiari alla nozione, che emerge successivamente in Matteo, di «famiglia di Dio>>. Sull'urgenza dei sentimenti rappresentati, cf. ScHMID, Das Evangelium nach Matthiius, 275 . 89 R. ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi im Spiegel der G/eichnissen von vier Evangelien, Herder, Freiburg 1 993 (trad. it. La persona di Gesù Cristo nei quattro vangeli, Paideia, Brescia 1 995), 148. SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 377 inter preta «per questo>> (dià tollto) del v. 23 come spia della considerazione del padrone.
54
e perciò non posso venire. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zop pi» (Le 1 4,1 8-21 ).
Pur nelle notevoli divergenze testuali, le due parabole tratteggia no in Matteo e in Luca il motivo dell'inaccoglienza verso il Regno e il conseguente atteggiamento di Dio nei confronti di quanti sono chiamati ad averne parte.90 L'«indignarsi» o «irritarsi» (orghizomai) indica un repentino cambiamento nella disposizione del re, protago nista della parabola; ciò risulta evidente soprattutto in Matteo, in cui si produce una vera e propria rottura della continuità narrativa co me reazione all 'atteggiamento radicalmente contrastante degli invi tati al banchetto.91 Ciò che è contraddittorio non è tuttavia la dispo sizione benevola del re, ma quella dei destinatari di essa, di cui emer ge palesemente l'indegnità. L'«indignarsi» (orghizomai), altrove attribuito dai vangeli ad al tri personaggi. appare qui come una prerogativa di Dio decisiva nel la sua potenza, in contrapposizione all'agire irresoluto degli uomini: non si tratta di un sentimento generato da una diretta presa di con tatto, ma dal veder inoperanti nella concretezza dell'agire umano gli effetti di una disposizione divina.92 In questo senso, nota Schnacken burg, la reazione del re non è ipotizzabile che in un ambito escatolo gico, che pure non è esplicitamente richiamato;93 qui non si trattereb-
90 Per una panoramica di differenze e similarità tra i due episodi, cf. G. EICHHOLZ, Gleichnisse der Evangelien. Form, Oberlieferung, Auslegung, Neukirchener Verlag, Neukirchen 197 1 , 127ss. L. VAGANAY, Le problème synoptique, Desclée, Paris 1954, 131 annoverava questa parabola nella tipologia più recente delle fonti sinottiche, e perciò più soggetta a variazioni. 91 SAND, Das Evangelium nach MatthiiiiS, 90 sottolinea in questo punto la rottura dell'unità narrativa in Matteo. Il carattere radicale della reazione contrasta, sottolinea ERNST, Matthiius, 68s con i toni più sfumati del racconto lucano. BoJSMARD, Jésus un homme de Nazareth raconté par Mare l 'évangeliste, 50s ritiene che il resoconto di Mat teo sia condizionato dal più esteso ricorso all'ira di una tradizione testuale più antica. 92 E. ERLEMANN, Das Bi/d Gottes in den synoptyschen Gleichnissen, Kohlhammer, Stuttgart 1988, 186 sottolinea l'autonomia dell'immagine ·di Dio da quella del messag gero; MARSHALL, The Gospel of Lukas, 589 ritiene ancor più accentuato in Luca l'au tonomo manifestarsi dell'<> (orghizomai). Data la sua unicità, STAHLIN, <<Òpyit KtÀ.>>, 423 parla di un concetto teologico di <
55
be che di un'anticipazione dell'ira nei confronti di quanti oppongo no un rifiuto incondizionato al Regno.94 L'«indignarsi» (orghizomai) appare quindi pienamente giustificato dalla situazione: esso non va interpretato come una manifestazione incontrollata, ma nel suo rap porto con la vicenda e con il carattere ammonitorio del messaggio che Gesù intende sottoporre ai discepoli.95 È qui particolarmente rilevante per l'interpretazione della pa rabola il destinatario del sentimento: all'interno della categoria di quelli «di fuori», che l'invito del re vorrebbe raggiungere tutti, si delinea una netta cesura, in base anche all'accettazione o al rifiuto del messaggio di salvezza. Anche nei confronti di chi rifiuta, lo sde gno non comporta un autentico mutamento nella condotta del re, ma soltanto, notava Jeremias, il rafforzamento di una scelta già compiuta nell'indire il banchetto, di per sé aperta alla condivisione e alla misericordia.96 In ogni caso, il novero dei destinatari di en trambe le disposizioni appare illimitato, e la decisione irreversibile solo dopo ripetuti dinieghi, seppure diversamente modulati, in Mat teo e Luca. In Luca particolare rilievo assume il tema del contrasto tra la reazione degli invitati al banchetto e dei poveri successivamente convocati. L'accoglienza da parte dei sofferenti nel corpo dell'invito del re può apparire riduttiva, perché condizionata dal loro stato di bisogno; in realtà, essa costituisce l'autentica risposta dell'umanità,
l'ambito escatologico in tutto il Nuovo Testamento. SCHNEIDER, Das Evangelium nach Johannes, 107 ha sottolineato la connessione tra <>; DuPONT, <>, 313 sottolinea come non si possa parla re di un rapporto pienamente bilaterale tra il padrone e i convitati, in quanto l'ogget to dell'ira non viene mai esplicitato nel corso della parabola. 96 Cf, JEREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 176ss. Sulla base di questo testo GNILKA, Das Matthiiusevangelium, ad l. ritiene che non sia Israele a doversi considerare ogget to dell'ira divina, ma i pagani che non hanno accettato il messaggio di salvezza. Solle cita a una lettura in chiave storica della parabola lo studio di R. BAUCKHAM, «The Pa rable of the Royal Wedding Feast (Mt 22,1-14) and the Parable of the Lame Man and the B lind Man (Apocryphon of Ezekiel)>>, in JBibL 1 15(1996), 471 -488, 484.
56
nella sua componente più partecipe dei sentimenti di Dio, all'ira di vina.97 La predilezione di Dio per i poveri appare così motivata da un ben preciso riscontro negli effetti della sua chiamata sull'umanità. Pur nella gravità delle sue conseguenze, }'«indignarsi» (orghizo mai) che la parabola esprime richiama da vicino l'analogo sentimen to umano; il modello di riferimento è quello dei profeti, che hanno espresso adeguatamente nel loro annuncio la veemenza del manife starsi dell'ira divina.98 L'ira è proporzionale all'intensità dell'ammi razione nei confronti della fede, qui non espressa, ma implicita nella dignità conferita ai poveri con l'invito al banchetto.99 I sentimenti di Dio sono qui presentati davvero in modo regale per la loro ampiez za, anche suggerendone una coerenza e una forza impensabili per la dimensione umana.
97 ERNST, Lukas, 86 ravvisa nella parabola l'intento di attribuire ai poveri senti menti opposti a quelli comuni, in piena rispondenza con l'atteggiamento di Dio. SCHWEIZER, Das Evangelium nach Lukas, 157 ritiene che si alluda qui non solo a sof ferenze fisiche, ma a tutti i bisognosi del soccorso divino. Il riferimento privilegiato ai poveri attenua secondo G ouLDER Luke, 59l la portata vendicativa delle decisioni di Dio. 9S I vangeli applicano a più riprese a Gesù, in particolare, la tipologia dell'ira ri scontrata nell'annuncio di Giovanni Battista: cf. LÉON-DUFOUR, Lecture de l'évangile selon Jéan, I, 332s. 99 Ira e ammirazione sono atteggiamenti che coesistono frequentemente: cf. le considerazioni di EICHHOLZ, Gleichnisse der Evangelien, 1 36. ,
57
2
I SENTIMENTI DELL'INTIMITÀ DI GESÙ
La categoria dei sentimenti dell'intimità di Gesù, cioè condivisi con i soli discepoli, è piuttosto ristretta; in ciò, si riflette la relativa esiguità dei passi in cui egli si ritrova da solo a solo con i suoi, e l'as soluta mancanza nei vangeli di espressioni destinate alla recezione e interpretazione della cerchia più stretta dei suoi seguaci, come in molti testi iniziatici o esoterici coevi.1 L'emergere di momenti di con tatto privilegiato con il gruppo dei discepoli o con parte di essi, se consente di condividere sentimenti attribuiti a Cristo in momenti di particolare vicinanza umana e di piena adesione al suo messaggio, non vale a realizzare la vicinanza e la compartecipazione che il Mae stro sollecita. La tipologia lessicale dei verbi condivisi con i discepoli si può ri durre a due sole categorie. I verba affectuum riguardano anzitutto la sfera delle attitudini: l'affetto che vincola in una stretta comunione personale e introduce in una dimensione salvifica o, nella versione giovannea, l'amore messianico della Passione o personale per i sin goli discepoli; la confidenza nel sostegno e nella comprensione degli uomini. La reticenza dei testi in proposito è sintomatica della man cata comunicazione di sentimenti, che restano spesso sullo sfondo, tra Maestro e discepoli.
1 Dallo studio di J. RoLOFF, Apostolat - Verkiindigung - Kirche. Ursprung, lnhalt und Funktion des kirklichen Apostelamts nach Paulus, Lukas und den Pastoralbriefen, Mohn, Giitersloh 1965, 144 emerge l'assenza di espressioni destinate in forma privile giata ai discepoli. Essa. si colloca in un clima più generale da parte dei discepoli secon do BuLTMANN, Theologie des Neuen Testaments, 33 di persistente incomprensione.
59
Mentre mancano termini riferiti alla sfera del turbamento, si ri scontrano verba affectuum che si pongono come reazioni a un atteg giamento esterno: l'indignazione e la vergogna di fronte alla condot ta dei discepoli, in particolare per il loro fraintendimento del mes saggio evangelico; l'espressione della gioia per il peccatore ritrovato e per il raggiungimento della salvezza da parte di chi ne era lontano. In forma contrastante, si esprime così, seppure per immagini solo in termittenti, la vicinanza di Gesù alla vicenda interiore, spesso stenta ta e contraddittoria, dei suoi. Nonostante il loro numero ridotto, è parso significativo considerare a parte queste espressioni relative ai sentimenti che legano Gesù e i di scepoli: pur nella sostanziale condivisione dell'orizzonte e dei limiti co muni agli altri uomini, che emergono anche nella dimensione privilegia ta dell'intimità, esse sono indicative di un ambito in cui si manifesta con particolare forza la vicinanza di Dio ai suoi. Il coinvolgimento del disce polo ha luogo così non tanto sul piano dei giudizi, ma è sollecitato a una comunanza anche emotiva e relazionale con il Cristo, aprendo alla pro spettiva della «nuova creatura» evangelica nella sua pienezza. A)
AlTITUDINI
2. 1. Mc 1 0,21: l'affetto che induce alla salvezza («amare», agapaò) Egli allora disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una sola cosa ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cie lo; poi vieni e seguimi>>. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni (Mc 10,20-22).
L'episodio del giovane ricco, nel registrare la mancata adesione alla vocazione evangelica, esprime con particolare intensità la chia mata di Gesù. L'espressione sintetica agapao («amare>>) vuole con densare in un moto momentaneo, con grande forza, la disposizione di Dio nei confronti dell'uomo: la sua volontà salvifica si traduce in un intenso sentimento nei confronti dell'interlocutore.2 La reazione
2 KREMER, Lukasevangelium, 1 18s identifica il termine <> (agapti6) come una rivelazione di tipo giovanneo. ScHORMANN, Das Lukasevangelium, 394 percepisce
60
opposta dal giovane non fa che accrescere la percezione della gra tuità e nel contempo della irrevocabilità di tale attitudine. Il verbum affectuum, che solo Marco riporta e che costituisce co munque un rilievo eccezionale per i vangeli, è determinante per l'e spressione del successivo precetto sull'abbandono delle ricchezze nel discepolato; con il ricorso al verbo agapao («amare»), egli inten de indicare un sentimento più intenso e personale di philéo («avere caro»).3 L'atto del «fissare» il giovane (v. 21, blépo), che assume un rilievo eccezionale nel testo evangelico, vale ad individuare il senti mento di Gesù in modo definitivo.4 La disposizione verso il singolo diviene così occasione di rappresentare un'attitudine permanente del Cristo verso l'umanità intera. Sulle motivazioni per cui Gesù sia indotto al sentimento per il giovane si può ipotizzare la serietà dello sforzo di adesione al vange lo da parte sua;5 ma forse vi è da ravvisare la manifestazione parti colare di un amore incondizionato per tutta l'umanità, conforme mente all'uso diffuso nei vangeli del termine «amare» (agapa6).6 Ta le moto costituisce comunque in Marco il fondamento del successi vo agire di Gesù: l'amore verso il giovane ricco può compendiare la
questo termine come più intenso del «meravigliarsi» (thaumtizo) di fronte alla fede (cf. supra, § 1 . 1 1 ) 3 W. BAUER, Das Johannesevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1933, 86 non ri scontrava invece una differenza sostanziale tra agaptio e philéo, laddove non può de finirsi una separazione tra sfera etica e teologica. Per il parallelismo con Giovanni, cf. V. TAYLOR, The Gospel according to St. Mark, MacMillan, London 1959, 429 (trad. it. Marco. Commento al Vangelo messianico. Presentazione all'edizione italiana di Bruno Maggioni, Cittadella, Assisi 1977). Per la scarsità di citazioni esplicite di termini che indicano amicizia e amore nei vangeli, cf. M. TRIMAILLE, La Christologie de St-Marc, Desclée, Paris 2001 , 1 52. 4 Secondo ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 35 è proprio il «fissare» nel Vangelo di Marco a determinare la presenza permanente di Cristo. C. CouLOT, Jésus et le disciple. Étude sur l'autorité messianique de Jésus, Lecoffre et Gabalda, Paris 1987, 100 sottolinea la corrispondenza imprescindibile tra i due momenti del «fissare» e dell'«amare». 5 Così KLOSTERMANN, Das Markusevangelium, 102; A. ScHLATTER, Die Geschich te des Christus, Calwer, Stuttgart 1977, 200 ritiene al contrario che si tratti di una ri sposta alla sua erronea disposizione alla conoscenza di Dio. 6 Cf. per il Vangelo di Giovanni le considerazioni sull'amore del Cristo per l'uma nità in WIKENHAUSER, Das Johannesevangelium, 1 44; HANCHEN, Das Johannesevange lium, 233 ha sottolineato il carattere permanentemente universalistico dell'espressio ne dell'amore nei vangeli. .
61
disposizione verso tutti gli uomini, per i quali il Cristo offre la sua vi ta, così come la «tristezza» con cui egli risponde esprime il rifiuto nei confronti dell'azione salvifica, diffuso in tutto il testo marciano.7 L'immagine di Gesù assume qui una caratterizzazione comples sa anche nell'indirizzarsi delle sue parole verso un significato più ampio e fondamentale per tutti i credenti: egli prefigura le condizio ni per seguirlo e il giudizio sulla condotta individuale. Lungi dal rap presentare una disposizione estemporanea, l'«amare» (agapa6) co stituisce una sollecitazione pressante a seguire la via del Cristo, al di là dei limiti personali dell'interlocutore.8 In questo senso, l'affetto si pone come sentimento dalla forza decisiva che, senza pregiudicare la libertà del singolo dinanzi ad esso, induce l'interlocutore alla sal vezza. 2.2. Gv 13,1: l'amore messianico della Passione («amare», agapao) Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (Gv 13,1).
In corrispondenza di una chiara cesura della narrazione del Van gelo di Giovanni, si colloca questa introduzione solenne ed emble matica al racconto della Passione, e all'ampia sezione di gesti e di scorsi che la precedono.9 Il testo, più che di raccordare gli eventi, ha la funzione di presentare la continuità del manifestarsi dell'amore di Gesù per il mondo tra la vita pubblica e le prove che lo attendono.
7 Sul tema del fondamento dell'agire di Gesù, cf. W. GRUNDMANN, Das Evange lium nach Markus, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 3 1968, 2 1 1 . Il sentimento di Ge sù si può configurare secondo l'interpretazione di J. ScHREIBER, Theologie des Ver trauens. Eine redaktionsgeschichtliche Untersuchung des Markusevangeliums, Furche, Hamburg 1967, 232 come chiamata del crocifisso. 8 Secondo K. BERGER, Historische Psychologie des Neuen Testaments, Katholi sches Bibelwerk, Stuttgart 1 991 ( tr. it. Psicologia storica del Nuovo Testamento, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo [MI] 1994), 182 il termine avrebbe una funzione «tera peutica» . J. B EcKER , Das Evangelium nach Johannes, Giitersloher-Echter, Wiirzburg 1 979, 236 ha illustrato la connessione tra le rappresentazioni evangeliche dell'amo re e il giudizio. 9 Indizio della crucialità del brano è il gran numero di echi del prologo qui ri scontrabili: cf. M.L. CoLOE, «Welcome to the Household of God. The Foot Washing in John 13>>, in CathBibQ 66(2004), 400-415, 401ss.
62
Il sentimento qui messo in evidenza si rivolge ai suoi discepoli, ed in una forma che intende sottolinearne con forza il carattere esclusivo e personale. L'amore di Gesù si manifesta in un momento supremo (aoristo «amò», egapese), ed è strettamente connesso al clima di rac coglimento, in cui tale rivelazione può aver luogo, che si determina du rante la cena.1 0 Nella drammaticità del momento, l'amore rappresen ta la decisiva risposta di bene al male che si trama contro il Cristo. L'espressione traduce adeguatamente l'intensità del momento, sia nell'estensione che nella paradossale persistenza dell'amore: si tratta dei due aspetti cui «alla fine» (eis télos) nella sua ambivalenza può alludere. 1 1 Il sentimento di Gesù supera i limiti della percezione comune e anche della situazione contingente, e si rivela ai suoi in tut ta la sua paradossale chiarezza. Accanto alla manifestazione affetti va del momento, il testo sottolinea così l'attitudine ad amare che tra valica nel Cristo la persona dei discepoli, investendo tutta l'umanità. Gesù è presentato come pienamente consapevole del momento, e già volto verso il passaggio al Padre; non si fa invece alcun riferimen to alle sofferenze imminenti.12 È per contrasto evidenziata dal testo la condizione dei discepoli nel mondo, e con essa la loro intrinseca de bolezza e impossibilità di comprendere pienamente il significato de gli eventi. 13 L'amore si presenta così come risposta gratuita, che vie ne in soccorso prima e sopperisce poi all'incomprensione dei suoi. 1 0 Per gli elementi tipici del processo di iniziazione nel clima del racconto, cf. M. PESCE - A. DESTRO, <>, in Bib 80(1999), 240-249. E comunque netto il distacco dal la <<sfera degli eventi quotidiani>> (F.J. MoLONE Y, The Gospel offohn, Liturgica) Press, Collegeville 1998, 373). B.J. MALWA - R.L. RoHRBAUGH, fohn, Fortress, Minneapolis 1998, 21 9ss hanno studiato la simbologia di questa sezione giovannea, elaborata in vi sta della comunicazione interpersonale. 1 1 L'ambiguità di <> è <> dello stile giovanneo (BARRETT, The Gospel according to St. fohn, 364). Come efficacemente si esprime G. R AVAS I , /1 Vangelo di Giovanni, EDB, Bologna 1989, 60, il télos è anche «Una pienezza che si col ma, un amore che trabocca>>, 12 La consapevolezza di Gesù insita nel termine <> (agapao ) esprime se· condo E. STAUFFER, <>, in Th WNT, l, 20-55, 47 la conoscenza del mondo e il pieno orientamento, nonostante essa, della sua vita verso l'amore. Tale atteggiamen to conferma che il sacrificio riguardi la vita di Gesù nella sua interezza (E. LoHSE, Grundriss der neutestamentlichen Theologie, Kohlhammer, Stuttgart 1974 (trad. it. Compendio di teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1987], 131). 1 3 Diversi elementi della narrazione sono tesi ad enfatizzare secondo B A R RETT, The Gospel according to St. fohn, 365 il contrasto tra Gesù e il mondo. M. PEscE, <>, in G. GHJBERTI (ed.), Opera giovannea, Elledici, To-
63
Nella duplice veste di compendio e di introduzione alla Passione, la notazione del sentimento di Gesù traduce il cuore della rivelazio ne giovannea. Come i riferimenti temporali suggeriscono, essa trava lica però il momento in cui si presenta, e va considerata una chiave di interpretazione permanente dell'intero vangelo. 2.3. Gv 11,5; 13,23; 19,26; 20,2; 21, 7; 21,20: l'amore di Gesù per i singoli discepoli («voler bene»l«amare»: agapao, philéo) Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto be ne a Marta, a sua sorella e a Lazzaro (Gv 11 ,4b-5). Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fian co di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Di', chi è colui a cui si riferisce?>>. Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Si gnore, chi è?>>. Rispose allora Gesù: « È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò>> (Gv 13,23-26a). Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio l >> (Gv 1 9,26).
amava,
(Maria di Magdala) corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro di scepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Si gnore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto ! >> (Gv 20,2). Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: « È il Signore ! >>. ( ... ] Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era chinato sul petto e gli aveva doman dato: «Signore, chi è che ti tradisce?>> (Gv 2 1 ,7 e 20).
I diversi brani in cui Giovanni fa riferimento all'amore di Gesù per i singoli discepoli testimoniano l'esistenza di un legame intenso e personale, su cui i sinottici sono assolutamente reticenti.14 Si tratta
rino 2003, 233-271, 234 ha sottolineato l'importanza dell'elemento rituale per «esalta re lo stato di separazione dal mondo circostante». 14 In Giovanni, al di là delle notazioni, tutti i personaggi sono «soggiogati e affer rati dalla sua persona» (S.A. PANIMOLLE, L'evangelista Giovanni. Pensiero e opera let teraria del quarto evangelista, Boria, Roma 1989, 69). Sul valore anticipatorio dei
64
comunque di esplicitazioni legate a circostanze eccezionali, e che non rappresentano una costante del Quarto Vangelo. La natura del rapporto con i destinatari espliciti dell'amore di Gesù - Marta, Maria e Lazzaro e Giovanni nei vari brani - è em blematica di quello che lo lega all'umanità intera. Essi sono connes si a due contesti ben precisi, la risurrezione di Lazzaro nel primo ca so e il più ampio resoconto della Passione per quanto riguarda Gio vanni, in cui l'amore ha modo di manifestarsi con maggiore inten sità. 15 In ogni caso, si tratta di un legame già attuale e persistente al momento della sua esplicitazione, di cui non sono evidenziate la ge nesi e le manifestazioni. Si intuisce dalle occorrenze che il sentimento che Gesù ripetuta mente esprime non è statico, ma costituisce il movente delle azioni dei protagonisti e dei successivi sviluppi del testo. I destinatari di es so sono almeno in parte inconsapevoli, e comunque non si avvalgo no esplicitamente del privilegio che esso configura, e che resta un motivo di comunicazione segreta tra Gesù e tali personaggi. 16 Viene evidenziato così il senso di gratuità di tale disposizione, ma anche la sua natura insondabile. La scelta di Marta, in particolare, come destinataria esplicita del l'amore di Gesù può sorprendere. Giovanni vuole probabilmente sottolinearne il valore di figura-chiave, nella sua evoluzione da un at teggiamento di incredulità alla piena disponibilità all'azione salvifi ca del Cristo. Ella emerge così come direttamente investita da quel la che appare l'accezione privilegiata dell'amore, la misericordia che conduce alla conversione. La figura dell'apostolo Giovanni costituisce il riferimento privi legiato dell'amore di Gesù (agapao, che alterna solo al c. 20 con
sentimenti di Gesù rispetto alla rispondenza dei suoi in Giovanni, cf. ZuMSTEIN, «Le disciple bien-aimé>>, 56. 15 Come ha precisato C.H. Dooo, The lnterpretation of the Fourth Gospel, Cam bridge University Press, London 5 1953 (trad. it. L'interpretazione del quarto vangelo, Paideia, Brescia 1974), 522, non si può parlare di una preoccupazione teologica che domini il resoconto giovanneo dell'amore del Cristo, ma di una notazione puramente contestuale. 1 6 A proposito di Gv 1 1 , M.W.G. SnBBE, <>, in NTSt 40( 1994), 38-54, 44 parla di «costante elusi vità>> nella caratterizzazione di Gesù.
65
philéo) in tutta la seconda parte del Quarto VangeloP In quanto pu ramente destinatario in senso passivo di tale sentimento, egli rappre senta anzitutto la figura esemplare del discepolo; ma mostra di ri spondere con la sua condotta, evidenziando coerenza e continuità nel suo agire anche di fronte agli ultimi drammatici eventi della vita del Cristo, nelle situazioni più diverse;18 di tale continuità si fa garan te l'appendice del c. 21, che estende il rapporto privilegiato anche al la fase successiva alla risurrezione. Per quanto investito allo stesso ti tolo degli altri discepoli, egli, come autore dichiarato del Quarto Vangelo, rappresenta il testimone diretto della dimensione persona le dell'amore di Gesù per ciascuno. La rivelazione dell'amore di Gesù per i singoli ha luogo nell'inti mità del rapporto discepolare, che Giovanni intende riprodurre nel la sua narrazione. Nelle circostanze in cui tale sentimento viene espresso, si percepisce tutta la sua forza nella situazione contingen te, ma anche, potenzialmente, l'ampliarsi del sentimento a tutti colo ro che sappiano porsi in un'attitudine simile a quella dei discepoli. 2.4. Gv 2,24: il confidare negli uomini («confidarsi», pisteuo) Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, veden do i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confi dava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro; egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo (Gv 2,23-25).
Il termine «confidarsi» (pisteuo) si colloca in un passaggio parti colarmente significativo del Quarto Vangelo: si tratta di «un primo sommario», attraverso il quale viene suggerita una valutazione om nicomprensiva sull'operato del Cristo. 19 In questo contesto può in-
17 BARREIT, The Gospel according to St. John, 259 ha chiarito come l'uso dei due termini sia equivalente in Giovanni. 18 Come notato da BARREIT, The Gospel according to St. John, 365, nulla nella narrazione giovannea fa supporre che Giovanni, come prediletto nell'amore, rappre senti una figura puramente ideale di discepolo. Egli è il <<membro anticipatore e rap presentativo>> della famiglia di Gesù (M. MoooY SMJTH, John, Abingdon, Nashville 1999, 400 ) . 19 Per la definizione di <<sommario», cf. ScHULZ, Das Evangelium nach Johannes, 5 1 . P. LÉTOURNEAU, Jésus, Fils de l'homme et fils de Dieu. Jean 2,23 - 3,36 et la double
66
tendersi l'uso del verbo «confidarsi» (pisteuo), utilizzato di preferen za in senso diverso nel Nuovo Testamento, a indicare l'attitudine di fede dei discepoli; per questo, anche se il termine è riferito anche ad altri personaggi del vangelo, nel suo senso specifico può considerar si proprio della divinità di Gesù.2o La collocazione della pericope è singolare; la prima questione ese getica è se essa debba intendersi parte integrante del discorso rivolto a Nicodemo o se debba senz'altro considerarsi a parte, come un'affer mazione distinta dell'evangelista. Un rapporto indiretto con la vicen da precedente è innegabile, per quanto problematico, e proprio della fluidità narrativa della prima parte di Giovanni, in cui gli episodi non sono chiaramente circoscritti: il testo intende ampliare l'orizzonte di riferimento senza recidere del tutto il nesso con la vicenda.21 Ciò al l'interno di una struttura in cui evento e valutazione teologica si in trecciano e si fondono in misura assolutamente peculiare. Il significato del termine «confidarsh> (pisteuo) resta di difficile decifrazione: il suo uso unitamente al pronome riflessivo (aut6n), piuttosto anomalo, mette in relazione l'inconciliabilità della condot ta di Gesù con l 'atteggiamento dei «molti», che evidenziano un «confidare» momentaneo e incerto, fondato unicamente sui «Se gni».22 L'evangelista, gettando una luce inusitata sull'animo di Ge sù, rivela così i motivi per cui egli non condivide i suoi sentimenti con gli uomini, senza tuttavia evidenziarne in alcun modo una di sposizione a respingerli da sé.
christologie johannique. Bellarmin-Cerf, Montréal-Paris 1992, 133 ha messo in rilievo l'eccezionalità di questa <<enunciazione generale». Cf. le considerazioni sul <> di pisteuo, cf. LÉON-DUFOUR, Lecture de l'é vangile selon féan, l, 285. Lo studio di T. SùDING, <<"lch und der Vater sind eins" (Joh 10,30). Die johanneische Christologie vor dem Anspruch des Hauptgebotes (Dtn 6,4 f.)>>, in ZeitNTWiss 93(2002), 177-199, 193 ha messo in evidenza in questo passo l'in flusso della teologia della preesistenza giovannea, sconosciuta ai sinottici. 21 Autorevolmente, WIKENHAUSER, Das fohannesevangelium, 84 ritiene che non vi siano connessioni con l'episodio di Nicodemo, e con lui ·concorda la maggior parte degli esegeti; SnBBE, fohn ha tuttavia riconosciuto in <> del termine ha escluso quello qui riportato. ,
67
Siamo in presenza di un uso singolare di un verbum affectuum, introdotto per negare una disposizione di Gesù a condividere un sentimento provato, in forma condizionata, da altri; in effetti, la pe ricope sembra allontanare da una condivisione da parte del Cristo dei sentimenti, delineando un ambito di percezione del tutto diverso da quello umano.23 Tuttavia, il fondamento del mancato «confidarsi» (pisteuo) è individuato dal testo evangelico proprio in una conoscen za profonda degli uomini: l'attitudine di Gesù si può quindi interpre tare, come è stato fatto, anche in senso drammatico, come forzata ri nuncia a un'aperta rivelazione messianica.24 In ogni caso, è sul piano di una piena relazione con gli altri uomini, e non di un compiaciuto distacco, che la mancata condivisione va inserita. L'atteggiamento di Gesù è in realtà un prendere le distanze da un sentimento ambiguo e rappresenta l'espressione della messiani cità del Cristo, che rifugge da ogni commistione con il peccato.25 D'altra parte, il modo in cui questo tratto dell'animo di Gesù viene espresso, rivelando un aspetto del suo intimo sentire, travalica i limi ti dell'agire individuale, per prefigurare una disposizione esemplare per ogni credente; Giovanni intende sollecitare in tutto il popolo cri stiano l'attitudine a una fede saldamente fondata e ad un rapporto interpersonale più consapevole e illuminato dallo Spirito. Attraverso un sentimento condiviso con i discepoli, Giovanni mostra il volgersi di Gesù a una dimensione più alta del vivere. È at traverso questo tratto proprio della sua esistenza segreta, e non per una separazione evidente, che emerge l'inarrivabile superiorità del Cristo, ma anche il suo permanente porsi come modello per il cre dente.
23 Si tratta di un «occhio spirituale» (ScHNEIDER, Das Evangelium nach Johannes, 88s) che risponde a una percezione del tutto peculiare. 24 Adombra questa interpretazione G. VoiGT, Licht, Liebe, Leben. Das Evange lium nach Johannes, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1991, 56s Emerge qui in particolar modo la natura <
.
68
B) REAZIONI 2.5. Mc 1 0, 14: il risentimento dinanzi al falso zelo dei discepoli («indignarsi», aganaktéo) Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere questo, s 'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso>>. E prendendoli fra le brac cia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva (Mc 10,13-16).
Nell'ambito di una scena quotidiana della vita di Gesù, nel suo incontro con le folle, si inserisce l'episodio dell'ammonizione ai di scepoli per il loro atteggiamento verso i bambini. Ricorrendo a un verbo altrove attribuito proprio ai discepoli, il testo mette in eviden za un sentimento di Gesù che introduce un insegnamento fondamen tale, espresso proprio a partire dal biasimo per la loro condotta. La presa di posizione di Gesù ha tutti i caratteri di una reazione immediata, e non sembra obbedire a un intento preordinato di edifi cazione: il sentimento che il vangelo gli attribuisce («indignarsi», aganaktéo) è molto intenso, ed è significativo dell'importanza dell'e pisodio a definire l'attitudine verso la salvezza.26 È il susseguente di scorso sul Regno a evidenziare il rilievo dell'insegnamento connesso sull'umiltà, e a metterne pienamente in luce le implicazioni. Il sentimento attribuito a Gesù si traduce, con particolare imme diatezza, nota Aland, in una esplicitazione verbale.27 Pur nel suo ca rattere di reazione al falso zelo dei discepoli, l'intensità delle parole suggerisce una percezione assolutamente peculiare della situazione da parte sua; egli vive su un piano differente, anche dal punto di vi sta emotivo, l'episodio, nel suo rilievo apparentemente limitato: l'at teggiamento di fastidio verso i bambini e il loro accesso al Cristo è
26 GRUNDMANN, Das Markusevangelium, 206 sottolinea l'imprevedibilità della condotta di Gesù, qui dettata unicamente dal dialogo con i discepoli. L'incomprensio ne dei discepoli manifesta che <<Si può comprendere l'opera di Gesù solo dopo la Pa squa e grazie alla Pasqua>> (BULTMANN, Theologie des Neuen Testaments, 182). 27 K. ALANO, Die Stellung der Kinder in den fruhen christlichen Gemeinden und ihre Taufe, Kaiser, Miinchen 1979, 198.
69
sintomo della mancata percezione del loro essere e dell'esempio che rappresentano per poter aver parte al Regno. Il sentimento di Gesù è determinato da motivazioni meno estem poranee di quanto il testo faccia trasparire. Esso si caratterizza come reazione alla poco accorta condotta dei discepoli e al loro sostanziale rifiuto di cambiare vita: lo zelo mal riposto rappresenta, come il succes sivo loghion sottolinea, l'incapacità di accogliere il regno di Dio.28 Co me risulta da altri particolari rivelatori nei vangeli, la veemenza del sentimento di Gesù scaturisce da una disposizione permanente, solo a tratti rivelata, del suo animo. L'incomprensione dei discepoli per l'atteggiamento di Gesù ap pare qui radicale. Per quanto non espressa nei termini di uno scon tro verbale, la loro iniziativa è giudicata negativamente sia in senso positivo («lasciate», tiphete) che negativo («non glielo impedite», mè k6lyete).29 In realtà, nelle diverse accezioni dell'ira, «indignarsi» (aganaktéo) appare più moderato di «adirarsi» (orghizomai), e rive la comunque un certo grado di indulgenza. Nell'indignazione dinanzi al falso zelo, si rivela una discrepanza di fondo rispetto al sentire dei discepoli; tuttavia, l'esplicito ammae stramento fornito e il ricorso a un verbo vicino alla loro sensibilità ri vela la continuità ininterrotta del rapporto discepolare. 2. 6. Mt 10,33; Le 9,26: la vergogna davanti all'indifferenza degli uomini («vergognarsi», epaischYilomai) «Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io Io riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,32-33).
2 8 Sulla natura puramente reattiva di fronte alla condotta dei discepoli, cf. TAYLOR, The Gospel according to St. Mark, 107. S. LÉGASSE, L'tvangile de Mare, Cerf, Paris 1997 (trad. it. Marco, Boria, Roma 2000) , 603 ha parlato di un certo grado di «violenza inte· riore». Ha indagato il carattere <<non gerarchico>> del Cristo di Marco M.E. BoRING, <<Markan Christology: God-Language for Jesus?>>, in NTSt 45(1999), 45 1-471, 456ss. 29 È chiara nella condotta di Gesù, come ha illustrato P.-Y. BRANDT - A. LUKINO VICH, <>, in Bib 79(2001), 1 7-50, 39 la distinzione nel rapporto discepolare tra semplice opposizione, incomprensione e tra dimento. Per un'analisi dell'ambiguità della condotta dei discepoli in Marco, cf. M. Es NER, <
70
Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovi na se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergo gnerà il Figlio dell'uomo, quando verrà nella gloria sua e del Padre e de gli angeli santi. In verità vi dico: ci sono alcuni qui presenti, che non mor ranno prima di aver visto il regno di Dio» (Le 9,22-27).
Le espressioni che denotano «vergogna» sono inserite in un con testo poco abituale per i verba affectuum, quello escatologico, sep pure solo in Luca in forma esplicita. Sia la voce verbale che i conte sti sono diversi nelle versioni di Matteo e Luca; quest'ultimo ricor re a un'espressione intensiva, «vergognarsi» (epaischynomai), e la inquadra in un discorso organico, mentre Matteo sceglie un termine più secco, «rinnegare» (arnéomai), e lo presenta quale parte di una raccolta di loghia apparentemente del tutto autonomi, per quanto all'interno di una sezione particolarmente espressiva dei sentimen ti di Gesù. 30 Stando al loghion in se stesso, viene istituito un parallelismo molto stretto tra condotta umana e divina, per cui oggetto del sen timento di vergogna saranno quanti ora la provano nei confronti del Cristo. In realtà l'apparente contiguità delle azioni risulta un artificio espressivo per esprimere una totale diversità di punti di vista, che possono essere accomunati soltanto dalla categoricità del manifestarsi: la prospettiva di un atteggiamento simile da par te di Dio può indurre a recedere dalla condotta attuale degli inter locutori. Del resto, totalmente diversa è la prospettiva, su cui Luca fa leva,3t del «guadagno�� per gli uomini e della «gloria» del Padre, del Figlio e degli angeli.
30 Si tratta, nella partizione proposta da GACHTER, Das Matthiiusevangelium, 314, dei cc. 10-12. La peculiarità dell'espressione lucana è colta da WEIFEL; Das Evange lium nach Lukas, 178, per cui l'aschynesthai rappresenterebbe un sentimento esclusi vamente divino, e non condiviso dagli esseri celesti. 31 ScHORMANN, Das Lukasevangelium, 547s ravvisava nel «dunque» (gar) il se gnale della radicale diversità tra condotta divina e umana. J. GNILKA, Neutestamentli che Theologie. Ein Oberblick, Echter, Wiirzburg 1989 (trad. it. Teologia del Nuovo Te stamento, Queriniana, Brescia 1992), 25 definisce caratteristico di questo brano «il to no di distacco».
71
Gesù non esprime un parallelismo, per il momento attuale, tra la condotta degli uomini e quella di Dio: la sua constatazione riguarda la prospettiva ultima, anche se sorge da una percezione i cui presup posti vanno ricercati nel tempo presente; e non esprime necessaria mente un'esigenza esplicita di mutamento.32 I due atteggiamenti qui evidenziati, il rinnegamento e la vergogna, costituiscono evidente mente due manifestazioni di quel rifiuto di cui ogni uomo sarà chia mato a rendere conto. Per quanto il contesto non presenti possibili riferimenti al con creto agire di Dio, la situazione qui tratteggiata è particolarmente drammatica nel suo sollecitare ad assumere una posizione nei con fronti di Gesù (e, in Luca, della sua parola); essa configura una pro spettiva di inclusione o di definitiva esclusione dalla salvezza.33 Ma l'espressione di Gesù non sembra debba circoscriversi all'ecceziona lità del momento, e si pone come più generale e desolata constata zione sulla condotta degli uomini. Il sentimento si può cogliere in tutta la sua forza, per quanto al l'interno di una prefigurazione, che interroga direttamente i discepo li. Il suo carattere fortemente relazionale, e consequenziale alla con dotta attuale, lo avvicina con tutta evidenza al mondo dei sentimen ti umani. 2. 7. Le 15,5: la gioia per il peccatore ritrovato («essere contento», chairo) «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantano ve nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritro vatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore con vertito, che per novantanove giusti, che non hanno bisogno di conversio ne» (Le 15,4-7).
3 2 ScHNEIDER, Das Evangelium nach Lukas, 212 ravvisa qui l'intenzione del van gelo di presentare il Cristo come Salvatore e non regolatore dell'agire degli uomini; sulla stessa linea KREMER, Lukasevangelium, 107, che sottolinea che non vi è alcuna identificazione esplicita con la venuta futura del Figlio di Dio. 33 MARSHALL, The Gospel of Lukas, 376 ipotizza che il testo faccia direttamente riferimento a situazioni di persecuzione e di confessione o rinnegamento del Cristo.
72
La parabola fa breve riferimento alle reazioni «in cielo>> per la salvezza ritrovata da parte di chi era perduto: l' «essere contento» (chairo), espressione del sentimento, si riconnette a un termine più volte riferito ai discepoli, soprattutto nelle apparizioni successive al la Pasqua. Del resto, esso riprende e amplifica l'attitudine del pasto re e poi, in forma invitatoria, dei suoi amici, prospettando una larga condivisione. La rappresentazione della gioia, caratteristica dell'annuncio luca no, è strettamente connessa con l'atto del soccorso, e anzi ne scaturi sce direttamente.34 Iniziativa ed effetto della salvezza appaiono stret tamente congiunti nella persona del pastore, che si fa promotore di un gesto paradossale eppure coerente con il quadretto di vita quoti diana.35 In contrasto con questo tono realistico, il futuro in cui è proiettata l'azione del successivo commento di Gesù la riferisce in primo luogo alla prospettiva escatologica. L'efficacia nella rappresentazione del sentimento è data dal suo scaturire dal contrasto tra lo sforzo della ricerca e il successivo ritro vamento; la gioia si pone come superamento, totale oblio delle diffi coltà materiali in vista della salvezza che si apre.36 Essa non si esau risce nelle circostanze contingenti, ma intende rivelare una disposi zione più generale di Dio, che investe tutta l'esistenza del credente: in questo senso, può dirsi caratteristica della sensibilità di Luca.37 Si tratta perciò di una rappresentazione particolarmente efficace di un tratto abituale nel terzo vangelo, qui esteso a tutto il contesto esca tologico («cielo»).
3 4 Luca s i riferisce con il termine d i preferenza all'acclamazione gioiosa: cf. B.R. KINMAN, «The Stones will Cry out (Luke 19,40) . Joy or Judgement?», in CathBibQ 75(1994), 232-235. 35 Cf. per tale coerenza WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 283; ERNST, Lukas, 122 ha parlato di atto di <>. Per la rarità dei riferimenti alla gioia negli altri sinottici, cf. TR TMAILLE , La Christologie de St-Marc, 1 50. Secondo J.-N. ALET TI, Il racconto come teologia. Studio narrativo del terzo Vangelo e del libro degli Atti de gli Apostoli, Dehoniane, Roma 1996, 199, l'intento di Luca è di suggerire qualcosa dei sentimenti di Dio quanto più comune è l'esperienza descritta. 36 Sulla prospettiva del superamento, cf. ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 453. Sulla connessione tra gioia e salvezza, cf. W!KENHAUSER, Das Johannesevangelium, 286. 37 Cf. J. DuPONT, <>, in Gregorianum 49(1968), 265-287 , 277, che ne evidenzia la caratterizzazione dei gesti. JEREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 1 35 ha sottolineato il carattere escatologico e soterio logico della gioia lucana.
73
Per quanto emerga con naturalezza dal brano, l'espressione «es sere contento» ( chairo) è distintiva della sensibilità di Luca. La gioia è sentimento raramente riferito a Dio nei vangeli, ma costitutivo del l'atteggiamento del cristiano: Bultmann notava come essa sia costan temente associata alla prospettiva ultima della sua esistenza nella vi sione giovannea, come analogamente, seppure in forma non piena mente esplicita, in questo passo.38 L'esortazione a rallegrarsi non può perciò non toccare, per quanto il quadro sembri svolgersi in una di mensione appartata, tutti i destinatari del testo. Le motivazioni della gioia appaiono nel contesto pienamente fondate. Essa non può considerarsi frutto di una reazione puramen te emotiva, ma dipende dal rapporto con la volontà salvifica di Dio: la pecora viene ritrovata dopo sofferta ricerca, per iniziativa gratui ta e non motivata se non dal senso profondo di appartenenza a una comunità.39 Il tema della conversione, cui allude la conclusione del� la parabola, è invece solo presupposto, ma essa è sollecitata con for za dalla premurosità del pastore. La gioia vienè presentata qui come sentimento condiviso tra quanti hanno parte alla salvezza, e non proprio esclusivamente di Dio: tutt'uno con la gioia del ritrovamento è il desiderio di metter la in comune con altri.40 Oltre che termine condiviso nei vangeli con i discepoli, l'«essere contento» (chairo) si pone quindi come senti mento abituale nella comunità celeste, di cui quella terrena è l'im magine.
38 Cf. BuLTMANN, Das Evange/ium nach Johannes, 416s. Per un riscontro, cf. Gv 15,1 1 , ma in forma sostantivale. Sugli elementi rivelatori della gioia divina, cf. BAUER, Das Johannesevange/ium, 191. 3 9 Non si tratta in ogni caso, osserva PORSCH, Johannes-Evangelium, 168, di una gioia costruita, ma derivante da Dio come un dono. Essa appare «doverosa» (E. BoRGHI, La responsabilità della gioia. Vivere il Vangelo secondo Luca, Paoline, Mila no 2000 , 163) sulla scorta dell'amore radicale del Padre. Per il rapporto tra peniten za e gioia, cf. J. JEREMIAS, Neutestamentliche Theologie, Mohr-Siebeck, Giitersloh 1971, 156ss. 40 Il testo pone sullo stesso piano secondo DuPONT, «La parable de la brebis per due», l'espressione del sentimento di gioia per il ritrovamento e della comunanza nel l'appartenenza alla famiglia di Dio.
74
2.8. Gv 11,5: la gioia per il manifestarsi della salvezza («essere contento», chairo) «
Nell'ambito di un contesto per molti versi enigmatico, Gesù preahnuncia il miracolo che sta per compiere risuscitando Lazzaro. Il brano si inserisce all'interno di una pericope fortemente connota ta in senso emotivo (cf. supra, § 2.3), che include anche sentimenti as sai contrastanti con la gioia qui dichiarata. La gioia che Gesù annuncia è chiaramente motivata dal prodigio che sta per compiersi - la risurrezione di Lazzaro dai morti -, che costituisce in Giovanni una chiara anticipazione della Pasqua. Si tratta di una dichiarazione unica, che sembra contrastare con la rilut tanza altrove mostrata a compiere miracoli, e si oppone visibilmente alle resistenze dei discepoli al progetto di tornare verso Gerusalem me.41 In senso più generale, essa traduce anche un atteggiamento prossimo all'esaltazione per l'imminente manifestarsi della salvezza. Il sentimento qui espresso assume un carattere strettamente re lazionale, anzitutto perché intende coinvolgere i discepoli e prepa rarli al miracolo imminente.42 Può lasciare perplessi, in questo senso, l'apparente contraddittorietà dell'agire di Gesù, che manifesta im mediatamente prima del miracolo turbamento e pianto, anche se senza rivelarsi ai discepoli. Il testo presenta infatti un'evoluzione drammatica nella vicenda, cui l'animo di Gesù non risulta estraneo,
41 Per l'equilibrato alternarsi di atti e discorsi in questa sezione di Giovanni, cf. A. FEUILLET, Etudes johanniques, Desclée de Brouwer, Paris 1962, 143. 42 BARRETT, The Gospel according to St. John, 327 evidenzia come il testo sia tut to orientato all'edificazione che i discepoli avrebbero ricevuto dal manifestarsi del mi racolo. Secondo F.J. MOLONEY, <
75
in una stretta dipendenza del manifestarsi dei suoi sentimenti dal momento contingente in cui essi sono espressi. Attraverso l'annuncio della propria gioia, Gesù ricerca un'inti mità con i discepoli che essi, in base alle reazioni incerte e contrad dittorie riportate dal testo, non si direbbero in grado di dimostrargli. L'intento di comunicazione del sentimento sembra sfuggire loro per ché troppo dominati dall'urgenza del momento presente, con il suo orizzonte di incertezze e timori contingenti, cui la vicenda di Lazza ro è estranea.43 Al di là della loro reazione, tuttavia, Gesù manifesta un moto, una forza decisiva, che vince ogni resistenza e apre alla rea lizzazione del Regno. Proprio della terminologia relativa all'intimità di Gesù, l'«essere contento>> (cha{ro) è originato dalla compassione per Lazzaro ed espresso a beneficio della fede dei discepoli. Nonostante la risposta non adeguata, questo sentimento evidenzia una forza autonoma, e che anticipa potentemente il realizzarsi della salvezza per Lazzaro e per l'umanità intera.
43 L'annuncio giovanneo consiste qui secondo H. CoNZELMANN, «xaipoo KtA.>>, in ThWNT, IX, 350-362, 361 nella fine dell'epoca antica e nell'annuncio di un'era di gioia. R. FABR!S, Giovanni, Boria, Roma 1 992, 615 parla di «clima emotivo che in mo do diverso contagia i vari protagonisti>>.
76
3
I SENTIMENTI D ELLA DIVI NITÀ DI GESÙ
I sentimenti che possono definirsi propri della divinità di Gesù, per il fatto che il testo vi ricorre solo in riferimento a lui, costituisco no un gruppo piuttosto esiguo nei vangeli: la natura della narrazio ne, che almeno nei sin ottici evidenzia un contatto continuo con i suoi discepoli o con le folle intese nel loro complesso, rende rara l'espres sione di sentimenti del tutto avulsi dal contatto con gli uomini.l Fat to inusitato per la rappresentazione biblica della divinità, gli evange listi attingono così quasi sempre allo stesso campo semantico cui si fa riferimento per gli altri personaggi evangelici. Dei termini riferiti unicamente a Gesù uno, «avere misericordia» (makrothyméo), è utilizzato in tutti i casi ad esprimere un'attitudine nei confronti degli interlocutori che, nelle parabole, si presentano al cospetto di Dio. Alcuni termini relativi al turbamento sono riferiti unicamente a Gesù, nel designarne l'atteggiamento di fronte alla morte e al destino; anche un termine indicante reazioni, «rattristar si» (syllypéomai), compare soltanto in riferimento a lui. Ma la serie dei sentimenti della divinità di Gesù è dominata dal termine splag chnizomai, che è semanticamente collocabile tra il «provare genero sità» e «provare misericordia», e si pone nei vangeli come il vero e proprio tratto caratterizzante della disposizione di Dio nei confron-
1 In quella che definisce «pretesa personale» di Gesù, KOMMEL, Die Theologie des Neuen Testaments, 75s sottolinea il sorprendente persistere del termine «uomo>> come autodefinizione. D 'altra parte M. KARRER, Jesus Christus im Neuen Testament, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 998, 330 ha evidenziato gli elementi che nei van geli contrastano la paganizzazione ellenistica degli attributi di Dio.
77
ti degli uomini: esso si può connettere principalmente, per utilizzare categorie valide anche altrove, alla sfera delle reazioni, anche se in effetti costituisce un unicum nelle narrazioni evangeliche, condiviso da tutti i sinottici. Assolutamente peculiare, e perciò da ascriversi al la sfera autonomamente definita delle rivelazioni, è da considerarsi «esultare» (agalliao), che designa un sentimento nello Spirito che getta una luce unica sul rapporto tra il Cristo e il Padre. Sebbene quantitativamente esigua (sette lessemi), la categoria dei sentimenti della divinità di Gesù assume un ruolo fondamentale, e forse meglio di tutte le altre contribuisce a illustrare l'animo di Ge sù e la condotta di cui il credente deve farsi imitatore. Decisivo risul ta rispetto agli altri termini l'orientamento di Gesù verso gli uomini nel manifestare questi tratti: conforme ai caratteri della Rivelazione, i sentimenti di Dio non appaiono mai isolati in un ambito inaccessi bile, ma risultano comunque intesi in un'ottica relazionale, anche se, per il loro peccato, gli uomini non giungono a condividerli. Essi in terrogano perciò particolarmente il credente sulla figura di Gesù, nella duplice funzione di modello per la loro condotta e di totalmen te «altro» da loro. A)
ATTITUDINI
3. 1. Le 18, 7: La magnanimità di fronte alla preghiera dei figli («fare giustizia», makrothyméo) «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguar do per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tem po egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giusti zia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore sog giunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Le 18,2-8).
La parabola della vedova importuna si chiude con un esplicito paragone con Dio, di cui è richiamato un sentimento peculiare, la ge nerosità di fronte all'invocazione. Rispetto alla vicenda illustrata, la 78
risposta di Dio alla preghiera viene qui rappresentata in forma indu bitabile; semmai la domanda finale apre al dubbio sulla condotta de gli uomini. Il testo ricorre a una voce verbale, «fare giustizia» , secondo il sen so complessivo della tradizione (makrothyméo), che non è stretta mente correlata all'ambito del perdono, ma piuttosto a quello del giudizio, su cui si fonda del resto l'allegoria, e indica la grandezza d'animo nell'esprimere un verdetto; l'una e l'altra attitudine costitui scono comunque in Luca un diretto richiamo a Dio. Il contesto è col loquiale, come indica il brusco passaggio dal congiuntivo all'indicati vo;2 del resto, l'insieme vuole costituire un richiamo pressante e par ticolarmente eloquente della misericordia divina. Il sentimento di Dio appare piuttosto conseguenza della pietà propria del giudice che risposta dovuta alla preghiera della vedova:3 la magnanimità esprime un moto del tutto autonomo e incausato dell'animo, più che una reazione. In base ai particolari forniti, si co glie la larghezza delle attitudini, la perseveranza della vedova e la ge nerosità di Dio, e non un effettivo sviluppo consequenziale interno al testo: gli eventi avrebbero potuto prendere una piega del tutto di versa.4 Il brano non si preoccupa di fissare le motivazioni né le con seguenze degli atti, ma solo di coglierne la misura sproporzionata ri spetto all'iniziativa dei figli, costituita dalla preghiera. Il «fare giustizia» (makrothyméo) appare in contrasto con la di sposizione iniziale del giudice iniquo: il fatto che quest'ultimo rap presenti Dio risulta sorprendente e ha suscitato non poche perples sità.5 In realtà è la devozione dei figli, espressa attraverso la preghie ra, che risulta elemento determinante, nella parte precedente della
2 Difficoltà crea anche la voce verbale all'indicativo presente; cf. KLOSTERMANN, Das Lukasevangelium, 178. J EREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 154 ritiene tali forme espressive proprie di un'attitudine aramaicizzante. 3 Per il tema della pietà, cf. WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 315. ScHWEIZER, Das Evangelium nach Lukas, 185 ritiene invece che si presupponga una richiesta di giustizia, non menzionata, da parte dei poveri che invocano Dio. 4 MARSHALL, The Gospel of Lukas, 674 ha ipotizzato una serie di diversi atteggia menti del giudice cui la situazione avrebbe potuto dare adito: il porsi in aspettativa, o il rimandare, o il tollerare il mancato adempimento di quanto dovuto. 5 Secondo GouLDER, Luke, 66 1s il soliloquio del giudice ha lo scopo di accresce re nei destinatari la misura del contrasto con un atteggiamento puramente umano che si potrebbe ravvisare nelle sue reazioni.
79
parabola: essa dà modo alla generosità di Dio, che è pronta e non ab bisogna di sollecitazioni, di esprimersi in tutta la sua forza; in tal sen so, l'atteggiamento di Dio prelude alla ben più larga generosità esca tologica, che Luca ripetutamente prospetta.6 Il nesso tra preghiera e misericordia è significativo della possibi lità di sollecitare la manifestazione del sentimento di Dio, per quan to esso sia del tutto autonomo e costante. Nel quadro di continuità così prospettato, emerge la domanda drammatica sul fondamento della fede, che introduce l'autentico problema del rapporto tra Dio e uomo. 3.2. Mt 18,27: la magnanimità e compassione di fronte all'invocazione di pietà («aver pazienza», makrothyméo; «impietosirsi», splagchnizomai) «A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debi tore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restitui re, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, get tatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli con donò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari, e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esau dirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito» (Mt 1 8,23-30) .
L'avvio della parabola dei due debitori è segnato dalla richiesta di magnanimità, «aver pazienza» (makrothyméo), e dalla conseguente compassione, «impietosirsi» (splagchnfzomai), del re, che porta a un primo scioglimento della vicenda con l'inatteso e totale condono del debito; si tratta di un sentimento in radicale opposizione allo «sde-
6 ERNST, Das Evangelium nach Lukas, 145 ritiene il passo un'evidente anticipa zione dei discorsi escatologici, in cui emerge la benevolenza del giudizio divino. KRE MER, Lukasevangelium, 174 parla di prefigurazione della parusia.
80
gnarsi» (orghizomai) che chiude la narrazione (cf. supra, § 1 .12).7 «Impietosirsi» (splagchnizomai), in particolare, viene citato a desi gnare l'atteggiamento del re nel punto culminante della parabola, che nemmeno il servo sa od osa sollecitare; lo stesso re, richiamando al v. 33 il momento in cui si è mosso a pietà per il servo, utilizza un termi ne diverso, «aver pietà» (e/eé6).8 L'uso di «impietosirsi» (splagchnizo mai) al participio aoristo, come altrove, indica sentimento certo e fer mo già nei gesti in cui esso, immediatamente, si traduce. Sono le parole stesse del re che ci rivelano la commozione di Dio, sebbene designandola appunto con u.n termine diverso e di na tura pienamente umana, «aver pietà» (eleéo). Data la reticenza in proposito del testo, sembra che sia la situazione nel suo complesso, non un gesto particolare, a determinare il sentimento del re; risulta anzi sufficiente l'accorata richiesta di pietà, per quanto non adegua tamente motivata, del servo.9 D'altro canto, la misericordia è speci ficamente indirizzata al servo che invoca pietà: il v. 27 insiste sui di mostrativi ( ekeinou, auton, autoi), a indicare quanto il sentimento di Dio non sia indifferenziato, ma si appunti precisamente nei confron ti di quel servo. Il manifestarsi del sentimento del re appare tanto più notevole quanto enorme era l'importo del debito, e terribili le conseguenze per il debitore; esso è legato con particolare evidenza a una situazio ne di bisogno. 10 Il sentimento, nella sua gratuità, implica un genero so moto dell'animo, ma risulta d'altra parte pienamente regolato da una decisione razionale («animo», thymos ). Non si tratta che della
7 Collera e misericordia sono frequentemente associate nelle narrazioni bibli che: cf. J. DuPONT, <>, in J. DuPoNT ET ALli ( edd. ), La parabola degli invitati al banchetto. Dagli evangelisti a Ge sù, Paideia, Brescia 1 978, 279-329, 318. 8 W. GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 31972, 424 sottolinea la maggiore intensità di splagchnizomai, riservato a Dio. Dio è «fine e misura>> della visione qui espressa (TRILLINO, Das wahre Jsrael, 1 30). 9 Il termine «aver pietà>> (eleé6) designa, come riconosceva R. BULTMANN, <<È'A.eÉro Kt'À.>>, in TWNT, II, 478, la pietà che si manifesta nel rapporto interpersonale, condivisibile da ogni uomo. KAHLEFELD, Die Gesta/t Jesu, 79 richiama al proposito l'e pisodio di Le 15 per la compassione senza apparenti motivazioni del pastore verso la pecora smarrita ( cf. supra, § 2.7). 10 GNILKA, Das Matthiiusevangelium, 352 rileva il ricorso a sp/agchnizomai da parte dei vangeli solo per rispondere a <<Situazioni di malattia o estremo bisogno>>, in cui si ricorre a un <>.
81
prima delle azioni che nella parabola implicano una profonda com partecipazione emotiva, ma anche un fermo atto di volontà: all'una e all'altro il solo debitore risulterà radicalmente estraneo. 1 1 La narrazione è tutta condotta con riferimento alla passata mi sericordia del padrone, e con chiara allusione al ruolo messianico del Cristo; essa non preclude l'accesso a sentimenti di misericordia anche agli uomini, sul modello di quelli di Dio. 1 2 La possibilità di una condivisione dei sentimenti tra Dio e uomo viene prospettata con grande evidenza dalle parole del re al v. 33; in particolare, vie ne presentato come condivisibile sia il «lasciar andare» (aphiemi) che l'«aver pietà�� (eleéo). Quanto alle azioni che il brano ci pre senta come peculiari del comportamento del re o del debitore, si tratta di moti dell'animo nel caso del re («impietosirsi», splagchni zomai; «adirarsi», orghizomai), il cui drammatico contrasto è stato messo in luce dagli esegeti;13 e di azioni fisiche e anzi indicatrici di una certa brutalità nel caso del debitore («afferrare», kratéo; «soffocare», pnigo) . Tanto la condotta di Dio appare determinata dai sentimenti che insorgono nel suo intimo, quanto l'agire del l'uomo appare quasi ineluttabilmente legato al manifestarsi della sua condotta esteriore e impulsiva, non risult;mte �a una percezio ne che abbia luogo a un livello più intimo. 14 È perciò per l'ottusa iniziativa del servo che si determina un'incolmabile distanza ri spetto a Dio.
1 1 Questa posizione contrasta con il particolare clima di compartecipazione che la parabola sollecita, sottolineato da H.-T. WEEGE, Das Sondergut des Matthiius-Evan geliums, TV, Zurich 1991 , 94. Come ha evidenziato S. GRAsso, «La parabola del re buono e del servo spietato (Mt 18,21 -35). Analisi narratologica>>, in RBiblt 46( 1 998) , 19-41, 25, il narratore non fa conoscere la risposta del servo, ed anzi chiude abbastan za bruscamente la scena che lo riguarda. 1 2 ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 146 ritiene che la parabola si connet ta agli insegnamenti sul buon uso delle ricchezze, considerando come ricchezza lo stesso condono del debito; il genitivo autou («vostro>>) del v. 35 non è tuttavia secon do KLOSTERMANN, Das Matthiiusevangelium, 153 da connettere a splagchnizomai, ri servato a Dio. JEREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 207ss ritiene che tutta la parabola sia co struita per contrasto con la grandezza della misericordia divina. Secondo GNJLKA, Das Matthiiusevangelium, 147 l'episodio risulterebbe «incolore>> senza annettere ad esso una chiara implicazione cristologica. 13 H. KOsTER, <<
82
È sulla realtà cui i sentimenti della parabola si rivolgono, concre tizzata dalla somma del debito, che vi è assoluta incommensurabi lità.15 L'infinita bontà di Dio viene meno laddove egli deve constata re l'assoluta mancanza di riconoscenza dell'uomo: i sentimenti della parabola non conoscono sfumature, e tutti concorrono a delineare un modello di comportamento profondamente radicato nel cuore ed espresso nelle azioni, privo di ogni risonanza e mediazione psicolo gica. La risposta del re si sviluppa comunque su di un piano total mente diverso da quello degli altri personaggi, e va oltre ogni possi bile aspettativa: un sentimento che è alla base di tutto, ma resta ine spresso anche al momento della successiva rivelazione del v. 33, in cui il re ripercorre la vicenda. Effetto esteriore ne è la totale e gra tuita liberazione da ogni credito («lasciar andare», apolyo; «condo nare», aphiemi):16 l'uso insistente di apo nei due verbi, così piena mente evangelici, intende esprimere un senso di liberazione totale dal debito tanto gravoso. Tra i sentimenti dei protagonisti emerge una sostanziale conti guità. Ricorrente è il richiamo alla naturale propensione agli affetti familiari: gli schiavi sono oggetto di accorata considerazione da parte del padrone, e il loro resoconto (v. 31: «andare a riferire», diasaphéo) tradisce un'intensa compartecipazione emotivaP Nessuno però con divide la magnanimità originaria: dalla parabola emerge secondo Schnackenburg un'immagine di compassione che presuppone la fede
15 SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 377 definisce l'incommensurabilità del le azioni segno della natura incomprensibile della condotta di Dio, all'interno di una si tuazione deliberatamente estremizzata. ERNST, Matthiius, 56 considera la radicalità del richiamo congruente con la forte immagine delle relazioni familiari della parabola. 1 6 L'interpretazione di ScHNACKENBURG, Matthiiusevange/ium, II, 35 ha ricono sciuto nella figura del re una caratterizzazione prioritaria della sovrabbondanza del l'amore di Dio. L'eccezionalità dell'espressione del sentimento è sottolineata dall'as senza di notazioni simili per gli altri personaggi: cf. J. DuPONT, «La parabola degli in vitati al banchetto nel ministero di Gesù», in J. D u PONT ET ALli, La parabola degli in vitati al banchetto. Dagli evangelisti a Gesù, Paideia, Brescia 1978, 279-329, 313s. 17 SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 377 interpreta in questo senso <> (dià toato) del v. 23. Il senso dell'<> (lypéo) dei servi è piuttosto discusso, oscillando tra la designazione di un sentimento di contrarietà (SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 377) e uno di afflizione per una delusione patita. WEEGE, Das Sondergut des Matthiius-Evangeliums, 94 nota il particolare clima di comparteci pazione che la parabola determina; ERNST, Matthiius, 45 considera il riferimento agli affetti familiari da riportarsi alla successiva nozione di <>.
83
in Cristo, e che quindi mette radicalmente in discussione altre forme di comunanza tra gli uomini.18 L'immagine che la parabola ci mette dinanzi è quella di un'umanità che vive dei sentimenti di misericordia che provengono da Dio: del resto, l'articolazione del testo coinvolge profondamente l'ascoltatore, specie nella forma interrogativa del v. 33; realizzazione perfetta ne è colui che è «fedele», in contrapposizio ne all'infedeltà degli uomini. Thtti hanno dunque a che fare con la mi sericordia di Dio, pur ponendosi in atteggiamenti contrastanti quan to all'accettazione di essa.19 Il succedersi di due verba affectuum fornisce più di un 'indicazio ne isolata, ma delinea nel padrone un'evoluzione emotiva;20 il punto di svolta tra i due stati è rappresentato dall'«allora» (t6te) del v. 32. Entrambe le azioni del re vengono presentate come frutto di un mo to continuo dell'animo; e, in ultima analisi, ciò che viene rimprovera to al debitore è non tanto la mancata realizzazione di un certo gesto, ma la maturazione di sentimenti analoghi ai suoi: «avere pietà» (eleéo) e lo stesso «condonare�� (aphiemi), se lo intendiamo nel signi ficato originario di «rendere libero»; il testo intende presentare il primo sentimento come proprio di Dio, e il secondo come reazione alla condotta dell'uomo. La provenienza dell'atto di misericordia totale e gratuito del pa drone torna («da», ap6) nel modo più esplicito nell'ammonizione in chiusa alla parabola, al v. 35: dal «Cuore» (kardia) dell'uomo, in cor rispondenza con le «Viscere» (sp/agchna) di Dio; in questo senso, il sentimento del re è da intendersi come proprio esclusivamente della divinità, ma può trovare un riscontro nella natura umana. La conso� nanza con Dio si configura come una conquista, ed è susseguente al l'invocazione di cui parla il v. 26; essa si inquadra nella consapevolez-
J H ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi im Spiegel der von vier Evangelien, 148. Anche dallo studio di GRAsso, <>, 37 emerge che è l'immagine del Padre a fondare una nuova relazione tra i discepoli. 19 WoUTERS, wer den Willen meines Vaters tllt», 146 sottolinea la priorità che il testo riserva all'iniziativa divina. Sul concetto di <
84
za piena di una distanza, espressa dalla forte cesura tra i due mem bri della frase, a sottolineare i quali è inserito un «a me» (mo{) e un «a te» (so{). La domanda di condivisione dei sentimenti espressi dal la parabola risulta così più esplicita che altrove: il richiamo alla sede da cui essi devono sgorgare (v. 35: «dai vostri cuori», apò ton kardion hymon) richiede un atteggiamento del tutto autentico.21 L'accesso alla gioia, fine ultimo della parabola, è però fortemente condiziona to dalla condotta personale, che può determinare un mutamento brusco e radicale nell'atteggiamento di Dio.22 Attraverso un drammatico rovesciamento di prospettive, l'illimi tata generosità del re diviene nel prosieguo della parabola ira infles sibile. È nella nettezza della situazione delineata che questi due sen timenti possono trovare espressione e piena legittimazione come at titudini proprie di Dio, con cui la vicenda di fede del credente deve costantemente misurarsi. B) TURBAMENTO 3.3. Mc 14,33; Mt 26,37: il turbamento di fronte alla morte («sentire paura/provare tristezza», ekthambéomaill ypéomai; «provare angoscia», ademonéo) Giunsero intanto a un podere chiamato Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: <<Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: <
21 SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 379 insiste sul superamento attraverso tale espressione del concetto di limite. 22 Sulla gioia come ricompensa nella parabola, LucK, Das Evangelium nach Matthiius, 204.
85
Fatto eccezionale per i racconti della Passione, estremamente so bri nel ricorso a verba affectuum, lo stato d'animo di Gesù è espres so in questi passi da una coppia di verbi. L'avvicinarsi dell'arresto e degli eventi successivi imprime alla narrazione una drammaticità che travalica la collocazione cronologica, e richiama, gettando una luce sullo stato d'animo di Gesù, la sfera dei sentimenti condivisi con tut ti gli uomini nel «sentire paura/provare tristezza» (ekthambéomai/ lypéomai), e con un termine riferito solo a Gesù, il «provare ango scia�> (adémonéo). Rispetto alle altre occorrenze evangeliche dei termini indicanti turbamento, la sofferenza è qui non evocata, ma personalmente e fi sicamente vissuta; la rappresentazione degli effetti fisici della morte prevale anzi su ogni tratto psicologico, di cui «non c'è traccia» (Klo stermann).23 Per quanto nulla emerga dei pensieri di Gesù se non il suo atteggiamento di preghiera, è evidente l'incombere della morte, intesa come «possibilità attuale» (Schmithals),24 che trova fisicamen te consistenza nella sudorazione; essa si risolve però pienamente non in una lotta da solo a solo col proprio destino, ma in un pieno affi darsi al Padre. L'insistenza sullo stato d'animo di Gesù esprime il desiderio del l'evangelista di far accedere pienamente ad esso; il termine «prova re tristezza» (lypéo) che compare in Matteo, è stato valutato come più tenue del «sentire paura�� (ekthambéomai) cui ricorre Marco.25 Il rapporto tra i termini prescelti sembra essere in entrambi i casi com plementare, piuttosto che denotare un andamento ascendente: ac canto alla tristezza derivante dagli eventi esterni, si manifesta un'in timo turbamento, modulato attraverso i due diversi sentimenti della «tristezza» e della «paura», che si impadronisce di tutta la persona di Gesù; ciò nonostante un certo grado di indeterminatezza è insito nel
23 E. KLOSTERMANN, Das Markusevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 197 1 , 150. Insiste sull'assenza di ogni riferimento eroico o psicologico GNILKA, Das Matthiiuse vangelium, ad l. Sulle differenze tra sofferenza evocata e vissuta nei vangeli, cf. ScHWEIZER, Das Evangelium nach Matthiius ubersetzt und erkliirt, 179. 24 SCHMITHALS, Das Evangelium nach Matthiius, 637, che ha richiamato le espres sioni di alcune passioni di martiri. Secondo L. MoRRIS, The Gospel according to Matthew, Eerdmans, Grand Rapids 1 992, 667 non l'evento della morte è evocato agli occhi di Gesù, ma il modo in cui essa dovrà essere vissuta. 25 Per lypé6 cf. SAND, Das Evangelium nach Matthiius, ad 1. ; per l'uso eccezionale di «provare angoscia» ( adémoné6 ) cf. KLOSTERMANN, Das Matthiiusevangelium, 2 1 1 .
86
ricorso a «provare angoscia» (ademonéo). La presenza di più verbi e una certa alterazione del ritmo narrativo tradiscono l'intensità del sentimento che si vuole rappresentare.26 Si è spesso interpretata la sofferenza espressa al Getsemani co me manifestarsi di una reazione umana alla prospettiva della morte incombente;27 e la terminologia suggerisce una piena condivisione da parte di Gesù di tratti comuni a tutti gli uomini.28 Certo non si trattava di un sentimento nobile per la mentalità ellenistica, che lo considerava irrazionale e frutto di una lotta lacerante dell'animo; e ancor meno per la visione teologica ebraica.29 In tal modo, la figura del Cristo viene riportata a una dimensione assolutamente peculia re, proprio attraverso la condivisione dei sentimenti comuni. L'appressamento alla morte costituisce il presupposto dell'episo dio, e senza dubbio il timore e l'angoscia di Gesù sono quelli di un condannato a morte.30 Ma la rappresentazione dei sentimenti da par te dell'evangelista fa riferimento a un quadro più ampio, sottolinean do l'intima e costante comunione con il Padre, che viene indiretta mente sollecitata nei credenti tramite la testimonianza dei discepoli più vicini a Gesù. In questo senso, si possono evincere motivi ulterio-
26 La resa narrativa è secondo GAcHTER, Das Matthiiusevangelium, 864 «incerta», proprio a rendere l'intensità del sentimento di Gesù. 27 ScHENK, Die Sprache des MatthiiltS, 341 parla di «forte reazione emotiva». Se condo U. SoMMER, Die Passionsgeschichte des Markumsevangeliwns. Oberlegungen zur Bedelllung der Geschichte fii r den Glauben, Mohr-Siebeck, TUbingen 1993, 106 si trat ta, tra le manifestazioni di debolezza umana, di quella che meglio rivela agli occhi del lettore l'umanità del Cristo. Anche SCHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 207 ha sot tolineato i tratti umani dell'episodio, pur evidenziandone il carattere di estrema e so vrumana immersione nel dolore; E. LoHMEYER, Das Evangelium des Matthiius, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1958, 361 individua invece come prevalente nel te sto l'espressione di una superiore consapevolezza del Cristo della sorte cui va incontro. 28 Una suggestiva analisi delle reazioni comuni di Gesù di fronte alla morte in B. VAN IERSEL, MarkltS. Kommentar, Patmos, Diisseldorf 1993, 227 (trad. it. Marco. La let tura e la risposta. Un commento, Queriniana, Brescia 2000) . 29 I l contrasto con la mentalità corrente sia nell'ambiente ellenistico che ebraico è stato indicato da J.H. NEYREY, «The Absence of Jesus' Emotions», in Bib 61(1980), 153-171 come una delle cause della mancata rilevazione esplicita in Luca dello stato d'animo di Gesù. G. BORNKAMM, Jesus von Nazareth, Kohlhammer, Stuttgart 141988 (trad. it. Ges1ì di Nazaret: i risultati di quaranta anni di ricerche sul «Gesù nella storia», Claudiana, Torino 1977), 143 ha illustrato i motivi della difformità di questo passo dal le imm a,.gini del divino correnti in ambito giudaico. 30 E soprattutto ademonéo, secondo GRUNDMANN, Das Evangelium nach Markus, 291s a esprimere la paura della morte incombente.
87
ri di angoscia che non la sofferenza personale del Cristo: l'interruzio ne violenta dell'azione evangelica, il fallimento del rapporto con i di scepoli, il distacco dalla città.31 La dimensione di sconfitta legata all'esperienza del Getsemani sembrerebbe implicare un drammatico rovesciamento della figura del Cristo come modello. Thttavia, il testo intende porre dinanzi al lettore l'esempio di condotta che egli, sofferente e sul punto di esse re sconfitto, continua a rappresentare con la preghiera insistente e l'obbedienza piena e incondizionata a Dio; determinante in tal sen so il fondamento scritturistico, con il richiamo alla figura del giusto sofferente.32 Il carattere paradossale della Passione rappresenta una dimensione decisiva anche nell'apparente sconfitta. L'intensità con cui i sentimenti emergono dal testo costituisce, in una percezione nuova del rapporto tra individuo e realtà, il fonda mento di un modello di condotta valido per ogni credente. I tratti che risultano dall'immagine di Gesù sono assolutamente antieroici e lontani da ogni intento introspettivo, eppure fondanti di una nuova concezione dell'umanità e dell'espressione di essa. 3. 4. Gv 11,33: lo sconvolgimento di fronte al destino («commuoversi», embrimaomai; «turbarsi», tarasso; «scoppiare in pianto», dakryo) Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi pie di dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe mor to!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: <
3 1 Per il tema del distacco, cf. J. ScHREIBER, Die Markuspassion. Eine redaktion sgeschichtliche Untersuchung, de Gruyter, Berlin-New York 21993, 342. T. VOGT, Ang st und Identitiit im Markusevangelium. Ein textpsychologischer und sozialgeschichtli cher Beitrag, Vandenhoeck & Ruprecht/Universitatsverlag, Gtlttingen-Freiburg 1993, 93 riconosce la rappresentazione del turbamento come esemplare di tutta la condot ta di Gesù. 32 È in particolare il salmo 42 l'unica fonte di questo passo secondo GNrLKA, Das Evangelium nach Markus, ad l. Sul rapporto di necessaria implicazione tra preghiera e obbedienza piena che il testo mette in evidenza ha insistito LucK, Das Evangelium nach Matthiius, 289.
88
loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?» (Gv 1 1 ,32-37).
Il brano di Giovanni che precede la risurrezione di Lazzaro è uno dei luoghi dei vangeli di maggiore intensità emotiva, con il ricorrere di vari verba affectuum in riferimento alla persona di Gesù, anche a disegnarne un'evoluzione. Il «commuoversi» (embrimiwmai), cioè l'alterazione interiore, è considerato un tratto fortemente giovan neo;33 il «turbarsi>> (tarass6) che esso provoca è stato invece ricono sciuto vicino ad alcune espressioni di Marco; lo «scoppiare in pian to» (dakryo) è espresso con un termine riferito nei vangeli al solo Gesù.34 Dei termini, «turbarsi» (tarass6) è quello che più direttamen te anticipa i sentimenti della Passione; l'afflizione (embrimiwmai) è da mettere in più diretta connessione con la mancanza di fede dei presenti.35 Ma è «piangere» nella forma dakry6 che è usato solo qui, come atto distintivo del Cristo.36 In ogni caso, pur facendo riferimen to a sentimenti in parte attribuiti anche ad altri uomini nei vangeli, il clima emotivo è assolutamente peculiare. La reazione di Gesù si origina nell'episodio dall'esplicito annun cio, affidato alla coralità dei presenti, della morte di Lazzaro. La vi cenda crea una situazione «contraddittoria» (Gnilka) tra la desolata constatazione della morte e l'aspettativa della potenza vivificatrice del Cristo;37 si può dire che tale contraddittorietà possa riflettersi in
33 Sul carattere giovanneo, cf. W. RINBOLD, Der ii/teste Bericht uber den Tod Jesu. Literarische Analyse und historische Kritik der Passionsdarstellungen der Evangelien, de Gruyter, Berlin-New York 1994, 88. 34 ScHULZ, Das Evangelium nach Johannes, 160. Sul pianto come elemento di ri conoscimento di Gesù come Dio in Giovanni, cf. H. REGENSTORF, <>, in Bib 78(1997), 350-368, 358 ha messo in evidenza l'intento del testo di non presentare comunque l'operato di Gesù con contorni magici.
89
Gesù stesso, che sembra cedere alla commozione di fronte al destino di Lazzaro e di ogni uomo, e nel contempo dà disposizioni ai presen ti.38 Tuttavia, non è possibile considerare la reazione di Gesù come dettata da un'attitudine puramente umana; e il testo sottolinea l'im possibilità di una comprensione da un punto di vista omologo al cor so degli eventi.39 È caratteristica della narrativa giovannea l'attenzione con cui vengono messi in luce i presupposti dell'episodio nell'agire dei pro tagonisti. Le battute preparatorie rivolte ai discepoli, di inconsueta ampiezza, sottolineano l'importanza dell'episodio, di cui il pianto di Gesù costituisce il momento centrale; la commozione si manifesta non in modo improvviso, ma in seguito a un dialogo serrato.40 Anche le ripercussioni del pianto sono ben messe in luce: le osservazioni dei giudei sottolineano il significato dell'espressione del sentimento di Gesù, evidenziandone l'eccezionalità. Il vangelo giovanneo si rivela qui particolarmente sensibile al manifestarsi dei sentimenti di Gesù ai più intimi.41 Non sono manca te ipotesi che negano la paternità giovannea della sezione dei vv. 3438, che appare come un resoconto drammatico inconsuetamente di retto; le reazioni dei discepoli risultano particolarmente inadeguate rispetto ad altri episodi, e denotano una mancanza di sintonia e «sim-
38 Ha sottolineato come Gesù sia ininterrottamente presente a se stesso nella narrazione LÉON-DUFOUR , Lecture de l 'évangile selon Jéan, II, 415. Secondo J. G Ro SEJAN, L'ironie christique. Commentaire de l'É vangile se/on Jean, Gallimard, Paris 1 991, 184, è l'esplicitazione del dolore che induce Gesù a una piena condivisione dei sentimenti umani: «il dolore sul volto degli amici, il distacco da chi ci è caro, è penoso per tutti, persino per Gesù» (V. PAGLIA, Rinascere. Il vangelo di Giovanni in un tempo di crisi, San Paolo, Cinisello Balsamo 1995, 70). 39 Secondo BARRETI, The Gospel according to St. John, 400 il testo lascia voluta mente nell'ombra motivazioni ulteriori. In questo senso, secondo le affermazioni di M. LABAHN, Jesus als Lebensspender, de Gruyter, Berlin-New York 1999, 462s, siamo di fronte a una delle manifestazioni più evidenti del dominio di Gesù sulla morte. Le rea zioni di Gesù sono classificabili in modo analogo secondo T.E. PoLLARD,lohannine Ch ristology and the Early Church, Cambridge University Press, Cambridge 1970, 1 8s. 40 R.T. FoRTNA, The Fourth Gospel and lts Predecessors, Edinburgh, Fortress 1988, 99 considera questa parte alla stregua di un «Commento editoriale>>. Sulla con nessione tra il pianto e i dialoghi che inquadrano, d. LÉON-DUFOUR, Lecture de l'évan gile se/on Jéan, II, 425. 41 Secondo R. ScHNACKENBURG, Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments. Die urchristliche Verkiindiger, Herder, Freiburg 51988 (trad. it. Messaggio morale del Nuo vo Testamento, Paoline, Roma 1981), 160 emerge con particolare chiarezza dal clima del brano la connessione giovannea tra fede e amore.
90
patia» (Schnackenburg) con Gesù.42 Particolare è comunque tutto il clima dell'episodio, e la intensità del sentimento di Gesù sembra evi denziare come il suo agire si rivolga, tramite la cerchia dei suoi più intimi, a tutta l'umanità. Il resoconto dettagliato dei fatti, con la sua inusuale concitazio ne, è indicativo della peculiarità dei sentimenti di Gesù in questa cir costanza. Il pianto si differenzia dalle altre espressioni di cordoglio riscontra bili nei vangeli, oltre che per la scelta del lessema, per la sua intensità e per il numero dei testimoni presenti, che impersonano l'intero genere umano.43 Troviamo qui rappresentata una tipologia dei sentimenti anomala, oltre che per la consuetudine evangelica, per la cultura del tempo, che rovescia lo stereotipo proprio della figura maschile dell'assenza di pianto.44 Proprio la commozione è sintomo non di debolezza, ma della compartecipazione salvifica del Cristo. Il sentimento di commozione contrappone fortemente la perso na di Gesù a quanti lo circondano. Le reazioni dei presenti appaiono al confronto molto più incerte e mediate, senza che essi percepisca no in se stessi la pienezza del sentimento; in particolare, la precisa zione «profondamente» (toi pneumati) sembra a Schnackenburg in dice del livello puramente interiore su cui Gesù, a differenza di ogni altro, vive l'episodio.45 L'espressione sollecita comunque quella «prossimità a Gesù» (Zumstein) che il Quarto Vangelo a più riprese evidenzia come l'autentica dimensione del cristiano.46 Le motivazioni più profonde del pianto, senza dubbio da ricon nettersi all'intensità dell'affetto per Lazzaro, non sono esplicitate dal
42 ScHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, Il, 423. Esprime dubbi sulla pater nità giovannea FORTNA, The Fourth Gospel and Its Predecessors, 106s. E. RucKSTUHL P. DscHULNIGG, Stilkritik und Verfasserfrage im Johannesevangelium. Die Johannei sche Sprachmerkmale auf dem Hintergrund des Neuen Testament und des zeitgenossi schen hellenistischen Schrifttums, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin gen 1 991 , 63 rico noscono invece nel passaggio da tale sezione al resto della narrazione una tipica for mula giovannea. 43 ScHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, Il, 422 interpreta il pianto come ri volto alla profonda ingiustizia della condizione attuale dell'umanità. BuLTMANN, Das Evangelium nach Johannes, 3 1 0 citava il passo come esemplare per l'indirizzarsi del l'agire di Gesù oltre il fine della conversione dei giudei. 44 Sulla novità del pianto in una figura maschile, cf. ERNST, Johannes, 102. 45 ScHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, II, 420s. 46 ZuMSTEIN, <
91
testo evangelico. Si è pensato a una reazione almeno in parte estem poranea: Bultmann la interpreta come compianto di Gesù sulla man canza di fede dei presenti, e indirettamente di tutti gli uomini;47 Wikenhauser vi riconosce invece un moto dinanzi al potere distrut tivo della morte.48 L'esplicito richiamo all'amore da sempre nutrito da Gesù sembra comunque orientare in primo luogo alla continuità del suo sentimento, e al suo essere incline a commuoversi per il po tere della morte sull'umanità.49 Per molti versi, il sentimento di Gesù appare indipendente dallo svolgimento dei fatti: il resoconto giovanneo non sembra evidenziare da parte sua un mutamento di decisione, nemmeno a seguito dello sconvolgimento. 5° Sono stati riconosciuti nel termine «commuoversi» (embrimaomai) gli estremi di una privazione della volontà di agire;51 ma l'azione salvifica del Cristo risulta collocata su un piano del tutto diverso da quello delle sue reazioni emotive. Rispetto ad altri episodi, non si può parlare di semplice sensibilità esistenziale, ma di uno sguar do superiore, eppure pienamente partecipe della sofferenza umana. L'eccezionalità dell'episodio consiste nel suo delineare con par ticolare chiarezza l'atteggiamento di Gesù di fronte alla morte. Il suo valore anticipatorio della resurrezione è evidente, e largamente per cepito nella tradizione della Chiesa; esso rende tangibile l'annuncio della liberazione dalla morte che percorre tutto il Vangelo di Gio-
47 In ciò, vi sarebbe una chiara premonizione delle parole del Risorto: cf. BuLT MANN, Das Evangelium nach Johannes, 310. Anche GN ILKA, Johannes Evangelium, 89 considera il pianto indotto dal mettere alla prova la fede di Lazzaro. La preminenza dell'affetto per Lazzaro, al di là degli interventi delle due sorelle e dai sovrasensi del testo, è ribadita da L. DEviLLERS, «Les trois témoins: une structure pour le quatrième évangile», in RBib 104(1 997), 40-87, 69. 48 Così WIKENHAUSER, Das Johannesevangelium, 216. 49 La continuità del sentimento secondo ScHNEIDER, Das Evangelium nach Johannes, 211 ne richiama volutamente la persistente intensità; HANCHEN, Das Johan nesevangelium, 399 ha sottolineato il carattere comunque sempre reticente dei richia mi all'amore di Gesù. LÉON-DUFOUR, Lecture de /'évangile selon Jéan, II, 422s vi rico nosce un moto interiore non rivolto ad alcuna persona, ma all'intera umanità. sn BARREIT, The Gospel according to St. fohn, 390 osserva che la precisazione del l'evangelista sul ritardo con cui Gesù giunge sul posto sembra non presupporre alcuna predeterminazione. Come sottolinea ScHNACKENBURG, Das Johannesevangelium, Il, 421, il resoconto ci storna così radicalmente da quell'immagine di <
92
vanni.52 Attraverso la narrazione, si delinea un elemento decisivo per il destino dei credenti, e per la loro ricerca di un Dio che non resta indifferente di fronte alla morte, ma la percepisce con un'intensità, per quanto altrimenti fondata, riscontrabile in ogni uomo. C) REAZIONI 3.5. Mc 3,5: l'afflizione per la durezza di cuore (<>, syllypéomai) Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: <<Mettiti nel mezzo!». Poi domandò loro: « È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salva re una vita o toglierla?>>. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uo mo: «Stendi la mano ! >>. La stese e la sua mano fu risanata (Mc 3,3-5).
In occasione di uno dei primi miracoli riportati, il testo di Marco si discosta dall'abituale stile scarno di particolari per soffermarsi con ben due termini, «indignazione>> (orgM) e «rattristarsi» (syllypéo mai), sulla disposizione interiore di Gesù. La notazione appare sor prendente nel contesto, e piuttosto anomala anche dal punto di vista della costruzione grammaticale; ma essa è eloquente del clima di confronto dialettico in cui i miracoli hanno luogo e di un aspetto de cisivo del rapporto che si istituisce sul piano emotivo con gli interlo cutori.53 L'uso del termine «rattristarsi» (syllypéomai) unicamente in riferimento al Cristo è indice dell'intento di sottolineare un senti mento peculiare della sua persona. 54
52 Sul tema del «vedere» la salvezza come caratterizzante tutta la seconda parte di Giovanni, cf. B. BEUTLER, Habt keine Angst. Die erste johanneische Abschiedsrede (Joh 14) , Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 21990, 78ss. Per gli elementi anticipatori dell'episodio dal punto di vista letterario, cf. HANCHEN, Das Johannesevangelium, 21 1s. 53 Secondo W. WEISS, Eine neue Lehre in Vollmacht». Die Streit- und Schulge spriiche des Markus-Evangeliums, de Gruyter, Berlin 1 989, l l l s si tratta di un auten tico hapax espressivo; la costruzione asindetica, nota R EIS E R, Markus-Philologie, 158s traduce una concitazione poco usuale in Marco. Per la collocazione non cronologica del passo. cf. GRANT, The Gospels, 89. 54 D. B. TAYLOR, Mark s Gospel as Literature and History, SCM, London 1992, 223 sottolinea l'assoluta unicità del significato del termine. R. BuLTMANN, «À\lltÉro KTÀ.>>, in Th WNT, IV, 314-325, 325 ritiene invece la forma rafforzata non sostanzialmente dis«
93
Il riferimento allo stato d'animo è indicativo di una situazione gravida di sentimenti, benché il resoconto risulti estremamente po vero di indizi in tal senso. 55 Le notazioni sono riportate in piena con tinuità con il tema della guarigione fisica, come correntemente in Marco; è evidente la compartecipazione interiore di Gesù, che si fa intima vicinanza nel contatto fisico col malato, e lascia affiorare il suo sentire in contrasto con la durezza di cuore dei presenti.56 Il te sto realizza dunque un pieno equilibrio tra dimensione fisica ed in teriore, senza riservare in alcun modo un ambito separato alla mani festazione dei sentimenti. Il moto di Gesù scaturisce dall'osservazione del comportamento dei presenti; il successivo gesto di guarigione si pone come manifesta zione eloquente di un'azione che si inserisce nel piano di salvezza, si gnificativamente contrastante con la irresoluta complicità dei presen ti. Si realizza così visibilmente una drammatica contrapposizione tra Cristo e gli uomini;57 è significativo come, tuttavia, la terminologia si riferisca a sentimenti di Gesù pienamente condivisi con l'umanità. L'episodio porta a una drammatica contrapposizione di ruoli ol tre che di azioni. La durezza di cuore dei presenti segna l'inacco glienza all'amore messianico, eloquentemente espresso attraverso la guarigione: per questo motivo, la figura di Gesù risulta isolata nella manifestazione del suo sentimento, senza alcuna partecipazione da parte dei discepoli; anche il silenzio ha la funzione di sottolinearlo, e
simile da quella semplice. Per W. KAHL, <>, in NovTest 40( 1998), 313-335, 316, tutta la persona di Ge sù appare qui <<portatrice di un potere numinoso>>. 55 E. LoHMEYER, Das Evangelium des Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottin gen 1937, 69s credeva di cogliervi ira e compassione, segno della divinità. Come ha messo in evidenza R. SCHMOCKER, <> non solo come sede delle sensazioni, ma anche della percezione che dà impulso alla volontà.
94
ne evoca la problematicità.58 L'effetto è un eccezionale rilievo con ferito alla figura del Maestro, ma anche una definizione della sua missione in termini di contrapposizione alla sensibilità comune.59 I gesti e le parole di Gesù contribuiscono a una piena esplicitez za sul motivo più evidente di contrasto con i presenti, l'osservanza delle prescrizioni della legge: il rapporto con esse è stato motivo di discussione tra gli esegeti, per quanto il testo dia conto di un'opposi zione estemporanea più che di una critica circostanziata.60 Gli inter locutori vengono comunque presentati come seguaci solo in senso formalistico della Legge, e come tali non animati da autentico spiri to religioso; l'atteggiamento che Gesù esprime trova invece ben maggiore rispondenza nei Profeti.61 La disposizione interiore appa re così la via per il vero compimento della Legge e per il realizzarsi dell'umanità nella sua pienezza, al di là di ogni vincolo prescrittivo. 3.6. Mc 1,41: la compassione che genera il miracolo («essere mosso a compassione», splagchnizomai) Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi ! >>. Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci! >>. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò (Mc 1 ,40-43a).
S R Sul silenzio nell'episodio, cf. LIMBECK, Markus-Evangelium, 50. PESCH, Das Markusevangelium, l, 193 ritiene che vi siano riscontrabili i tratti dell'ira divina. ScH NACKENBURG, 1 993, 46 considera l'atteggiamento di Gesù uno sguardo profetico sulla Passione che lo attende. 59 Per la figura del Maestro, cf. BROADHEAD, Teaching with Autority, 72, che ha in dividuato i tratti del carattere di Gesù che emergono dalla descrizione della sua com passione. 60 J.-J. MANN, The Christology of Mark. Does Mark's Christology support the Chal cedonian formula «truly man and truly God»?, Lang, Bern 1991 , 212 sulla base di que sto testo riconosce un'opposizione tra concezione dell'individuo e della legge in Mar co. E. DREWERMANN, Markusevangelium: Bi/der von Erlosung, Walter, Olten 1987 (trad. it. Il Vangelo di Matteo: immagini di redenzione, Queriniana; Brescia 1994), 286 ritiene invece che non vi siano autentici motivi di contrasto tra legge e sentimento di Gesù. 6 1 Per i richiami ai Profeti, cf. GNILKA, Das Evangelium nach Markus, ad l. ; gli in terlocutori sarebbero invece da considerarsi <<decaduti dalla Legge» (PESCH, Das MarkLtSevangelium, l, 193). Il testo si inserirebbe così nello schema tradizionale del contrasto tra autorità di Dio e ribellione del suo popolo (cf. S.H. SMITH, «Mark 3, 1-6. Form, Redaction and Community Function>>, in Bib 75[1994], 153-174, 168).
95
Il ricorso al termine «essere mosso a compassione» (splagchnfzo mai), che più spesso degli altri nei vangeli esprime un sentimento proprio di Gesù, è immediatamente precedente in Marco alla realiz zazione di uno dei primi miracoli, la guarigione del lebbroso. La no tazione del sentimento di Gesù appare piuttosto anomala nel quadro dei primi capitoli marciani, ma evidentemente non percepita come dissonante rispetto alla sobrietà del resoconto dell'evangelista.62 Il termine rappresenta un'esplicitazione della radice divina dei sentimenti di Gesù, che ne sostanzia il potere salvifico. La loro natu ra risulta indefinita perché non pienamente accessibile alla compren sione umana, ma non manca di una componente fisiologica; il gesto e le parole del lebbroso suggeriscono, senza esplicitarla, l'attitudine che può suscitarla.63 Nella sobrietà del resoconto, non è stabilito alcun nesso di conse quenzialità tra sentimento e azione. La connessione tra i sentimenti colti in Gesù dall'evangelista e la successiva descrizione del miraco lo, che secondo Schnackenburg è tipicamente marciana, evidenzia un insegnamento immediato ed eloquente al pari dell'annuncio verba le; di qui l'attenzione ai gesti e la scarsità di parole dell'episodio.64 Esso è tutto giocato su un nesso tra sentimento e azione sommesso e non esplicito: significativo è che il beneficiario del miracolo disat tenda le ammonizioni verbali di Gesù, pur senza sminuime la poten za della forza salvifica.
62 In particolare, F. FENDLER, Studien zum Markusevangelium. Zur Gattung, Chronologie, Messiageheimnistheorie und Oberlieferung des zweiten Evangeliums, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1991, 121 coglie il contrasto rispetto a <>, in RBiblt 43(1995), 125-1 33, al l'ambiente farisaico. J. D ELORM E , Au risque de la parole. Lire des évangiles, du Seui!, Pa ris 1991, 24s ipotizza un Gesù «diviso>> tra il desiderio di guarigione e l'intento di am maestramento morale. 63 Per il carattere fisiologico dell'emozione qui rappresentata, cf. SPJCO, Lexique théo logique du Nouveau Testament, 141 1 . Il passo rientra tra quelli individuati in Marco da L. ScHENKE, «Gibt es in Markusevangelium eine Praexistenzchristologie?>>, in ZeitNTWiss 91(2000) , 45-71, 58s per illustrare la teofania marciana del potere divino di Gesù. 64 a. SCHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 32. E. SCHWEIZER, Das Evange lium nach Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1967, 3 1 ritiene che la com passione sia qui svincolata dalla prospettiva contingente del miracolo, per delineare il motivo della lotta contro ciò che si oppone a Dio. SENFT, L' Évangile selon Mare, 20 lo ritiene un «elemento estraneo».
96
Tra sentimento di compassione e miracolo un certo grado di con citazione ben si inserisce nell'esaltazione della potenza salvifica di Gesù propria della prima parte del vangelo marciano, seppure in for ma particolarmente accentuata.65 Il corso degli eventi è presentato con grande nettezza, anche nell'esprimere la compassione che con duce al miracolo; ma si ricava anche l'impressione che esso sia frut to non di un moto estemporaneo, ma di una disposizione duratura nei confronti degli uomini.66 L'essenzialità della preghiera e del ge sto del lebbroso fanno emergere nel modo più immediato un senti mento di grande intensità, che è preludio alle altre circostanze di guarigione. Attraverso la reazione alla supplica del lebbroso, la benevola dispo sizione di Dio si rivela come compassione. Il ripetuto presentarsi di questo sentimento ne chiarisce il valore di attitudine permanente ed emblematica del rapporto che il vangelo configura tra ogni uomo e Dio. 3. 7. Mc 6,34; Mt 14,14: la commozione di fronte alle folle («commuoversi»>«sentire compassione», splagchnizomai) Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad ac correre là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si com mosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a in segnare loro molte cose (Mc 6,32-34). Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati (Mt 14,13b-1 4).
In un quadro emblematico della sua vita pubblica, le narrazioni di Marco e Matteo rivelano il sentimento che prende Gesù alla vista delle folle; si tratta di una notazione solo apparentemente estempo-
65 M. REISER, Sintax und Stil des Markusevangeliums im Licht der hellenistischen Volksliteratur, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1984, 158s ha evidenziato come la paratassi asindetica di questo passo (due participi congiunti) sia piuttosto eccezionale in Marco. M> DREWERMANN, Markusevangelium, I, 211 parla di radicamento nel cuore di Ge· sù del sentimento qui espresso.
97
ranea, e che influisce significativamente sul corso degli eventi. Da entrambe le narrazioni, pure piuttosto differenziate, si percepisce chiaramente come la commozione sia conseguente alla visione delle folle: si tratta di uno dei vari momenti in cui ciò si manifesta, e non a caso i due evangelisti fanno proprio qui menzione esplicita delle fol le, data la relazione particolarmente intensa che si è istituita con es se, dopo la lunga sezione di insegnamenti.67 Il contesto richiama particolarmente in questo passo il duplice senso che «commuoversi» (splagchnizomai) può assumere, sia quan to alla natura percettiva, relativa alla sensibilità, che emotiva, relati va ai sentimenti, di tale termine:68 Gesù dimostra una particolare sensibilità ai bisogni delle folle, anche se in Marco il rapporto con es se è inteso in senso prevalentemente didascalico, mentre in Matteo si ha piuttosto una prevalenza dell'elemento taumaturgico.69 Ma l'a zione assume il valore di diretta esplicitazione del sentimento, in quanto si manifesta come esigenza insopprimibile dell'animo. In un momento apparentemente ordinario del ministero di Ge sù, emerge la sua attitudine, largamente prefigurata dalla letteratura profetica, di pastore che ha a cuore la sorte del suo gregge e sovvie ne ai suoi bisogni. L'esplicitazione del sentimento assume una valen za simbolica, nel collocarlo nei confronti delle pecore nella qualifica di Messia misericordioso, e apre alla prospettiva di un'azione che in veste l'umanità in una dimensione vasta e complessa.70 Il silenzio sui modelli scritturistici, in particolare in Matteo, denuncia l'intento di sottacere il più possibile un aspetto che deve risultare evidente agli occhi dei fedeli. Gesù dimostra una percezione particolare nei confronti dei biso gni delle folle, ben maggiore di quella che, in entrambi gli evangeli sti, evidenziano i discepoli con le loro affermazioni immediatamente
�7 Così KLOSTERMANN, Das Markusevangelium, 63 Per altri momenti in cui si in tuisce la commozione di Gesù per le folle, cf. VAN IERSEL, Markus Kommentar, 155. 68 KùSTER , «crJtÀ.ay:xvov», 553 illustra il delinearsi di queste due diverse accezioni nei testi veterotestamentari. 69 La differenza rispetto alla fede dei discepoli, evidenziata dall'episodio successi vo, risulta più evidente in Matteo: cf. W. CARTER, «The Crowds in Matthew's Gospel», in CathBibQ 55 ( 1 993), 54-67, 62. Secondo GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, 363, l'attenzione di Matteo si incentra piuttosto sull'azione salvifica di Cristo. 70 Sulla simbologia del Messia-maestro come pastore, cf. PEscH, Das Markuse vangelium, l, ad l. .
98
successive. Le folle ( 6chloi) cui il testo si riferisce costituiscono un insieme volutamente indeterminato, ben distinto dal «popolo» elet to con la propria specifica identità (laos) o dalla massa degli altri «popoli�>, estranea alla salvezza di Israele (éthné): il sentimento di Gesù si indirizza proprio a un insieme privo di identità, nell'intreccio inestricabile della vicenda umana dei singoli.71 Il numero e l'unani mità dei presenti rende più sentito l'essere «presi alle viscere» che il termine esprime; e senza dubbio la scena apre alla visione dell'inte ra umanità al cospetto del Cristo. Il sentimento di Gesù nei confronti delle folle può definirsi effi cace nel suo tradursi direttamente in azione; in nessuna delle due versioni può riconoscersi comunque un'implicazione necessaria ri spetto allo stato d'animo.72 Ciò che conta è la relazione di conse quenzialità tra sentimento e azione salvifica percepibile con gli occhi della fede, che troverà ulteriore conferma nella successiva moltipli cazione dei pani: la notazione del sentimento è comunque solo appa rentemente fugace nell'insieme del testo, in cui sembrano prevalere gli elementi puramente narrativi: è alla sensibilità del lettore che è affidata la capacità di riconoscere e imitare in questo frangente i sen timenti del Cristo.73 3.8. Mc 8,2; Mt 15,32: la rivelazione della compassione ai discepoli («sentire compassione», splagchnfzomai) In quei giorni, essendoci di nuovo molta folla che non aveva da mangia re, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione di questa fol la, perché già da tre giorni mi stanno dietro e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle proprie case, verranno meno per via; e alcuni di loro vengono di lontano» (Mc 8,1-3).
7 1 MoLTMANN, Der Weg Jesu Christi, 1 70 ritiene che l'espressione ponga Gesù in un rappprto familiare con le folle. 72 E sulla base dell'assenza di una necessaria implicazione che GRUNDMANN, Das Evangelium nach Markus, 135 riconosceva questo passo emblematico per la concezio ne di Gesù come <
99
Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: <<Sento compassione di que sta folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangia re. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada>> (Mt 1 5,32).
Il testo delinea una situazione del tutto eccezionale nei vangeli: l'aperta dichiarazione ai discepoli da parte di Gesù dei propri senti menti, unitamente alle motivazioni di essi.74 I termini e la situazione sono quasi identici che negli altri brani relativi alla compassione nei confronti delle folle, e si ha piena corrispondenza tra espressione del narratore e discorso diretto. L'evangelista mette in bocca a Gesù l'e mergere con forza del sentimento, che la narrazione intende comu nicare con la massima urgenza. Una dichiarazione tanto sentita nella forma da parte di Gesù tro va riscontro solo nelle predizioni della Passione; ed è stato notato che la struttura dell'episodio richiama alcuni tratti dei resoconti dell'ulti ma parte dei vangeli.75 Nonostante la sua natura strettamente perso nale, il legame istituito con quanti lo ascoltano è reso con grande for za: i discepoli sono convocati con solennità, e messi a parte del senti mento e delle circostanze connesse.76 Qui emerge, rispetto agli altri passi in cui «sentire compassione» (splagchnizomai) compare, come la mancata condivisione con i discepoli sia piuttosto effetto della loro in comprensione che una forma di riserbo da parte di Gesù. Nelle due diverse narrazioni, l'espressione assume caratteri di vergenti: più sfumata in Matteo, più pressante e ricca di particolari in Marco; in entrambi i casi, essa è riportata in modo molto incisivo, co me preludio all'azione seguente.77 Significativo è il rapporto tra esplicitazione del sentimento e decisione con cui Gesù agisce: si può forse presupporre l'intento narrativo di segnare una cesura netta tra l'insegnamento che le parole qui riportate esprimono e il miracolo.
74 L'espressione è tanto più notevole in quanto si deve pienamente all'iniziativa di Gesù, dato che nulla lo sollecita all'esplicitazione del sentimento: cf. Luz, Das Evangelium nach Matthiius, 441 . 75 KLOSTERMANN, Das Markusevangelium, 75. 76 GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, 378 distingue una «sollecitudine>> conseguente alla <
100
Questo procedimento narrativo, per cui si traducono in gesti le paro le proferite, non è inusuale: sorprendente è il fatto che la parola tra duca direttamente il sentimento di Gesù stesso.78 Alla compassione per la perseveranza e il bisogno delle folle si ag giunge la sollecitudine per la sorte che le attende nel caso in cui ven gano improvvisamente congedate («non voglio», ou thél6).19 È attra verso la vicinanza alle percezioni degli uomini nelle circostanze con crete del loro manifestarsi - il digiuno, il ritorno a casa, il lungo iti nerario - che si intuisce la radice autentica del sentimento di com passione: essa non si risolve in un sentire isolato, ma si configura come compartecipazione alle difficoltà e alla sofferenza.80 Si tratta di una di sposizione cui ogni destinatario del vangelo è sollecitato, e che si fa vo lontà di bene per ogni uomo, in tutti gli aspetti della sua esistenza. 3. 9. Mt 9,36: la compassione per la stanchezza delle folle («sentire compassione», splagchnizomai) Gesù andava intorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e in fermità. Vedendo le folle ne sentì compassione perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone del la messe che mandi operai nella sua messe ! >> (Mt 9,35-38).
È, questo, un unico passo di Matteo in cui «sentire compassione» (t.plagchnizomai) non è direttamente collegabile al testo dei sinotti ci, anche se chiaramente connesso alla tipologia degli altri brani re-
?R Per il tema più generale del rapporto tra parole e azione nei vangeli, cf. RuP PRECHT, Krankenheit als Erfahrung des Lebens, 1 7 1 . Cf. SCHMITHALS, Das Evangelium nach Matthiius, 364, per cui la distinzione tra parole e miracolo assume un forte valo re teologico. L'immagine di Gesù risulta in questa circostanza <<energica>> (SCHNACKEN BURG, Matthiiusevangelium, 1 45). 7 9 SAND, Das Evangelium nach Matthiius, 3 1 9 coglie nell'uso di «rimandare>> (ekf}iomai) uno stato di debolezza da parte dei discepoli: viene sollecitata in tal modo nel credente, nella sua impotenza, la fiducia nella sola misericordia di Dio. Come ha indicato A. RICCARDI, Dio non ha paura. La forza del Vangelo in un mondo che cam bia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2003, 20, vi è qui espressa la sproporzione tra commozione di Gesù e possibili realizzazioni della Chiesa. RO Sulla contiguità nei Vangeli tra vicinanza di Dio all'uomo e la sua sofferenza, cf. SCHOLTISSEK, Die Vo/lmacht Jesu, 227.
101
lativi all'esplicitazione dei sentimenti di fronte alle folle. Il termine non si rapporta evidentemente ad altre azioni del contesto se non il «vedere»; del resto, la sua «non particolare utilità» (Schnackenburg) dal punto di vista narrativo è evidente.81 Come altrove, il tema della compassione è strettamente connes so alla visione delle folle, anche se non se ne evidenzia alcun atto specifico, né il testo fa cenno a particolari che abbiano colpito l'at tenzione di Gesù.82 La constatazione del bisogno delle folle deriva da una percezione profonda del loro stato anche spirituale, segnala to dalla metafora del gregge, e di quanto di inespresso vi è nel loro presentarsi a Gesù. Il suo sentimento è comunicato ai discepoli nel l'intimità, e non trapela esplicitamente nei discorsi in pubblico. Per quanto splagchnizomai sia caratterizzato come sentimento assolutamente proprio di Gesù, si possono riconoscere nel testo in dizi di una segreta comunicazione con le folle. La compassione lo po ne in una posizione di reciprocità nei loro confronti, per un'intima compartecipazione alla loro difficoltà, simmetrica alla ricerca di un contatto, tanto che i successivi gesti attraverso cui le guarigioni han no luogo traducono in termini fisici un mutuo avvicinarsi.83 II rap porto ha una valenza permanente, e si estende al futuro con preoc cupazione per gli operai della messe. Il «sentire compassione» (splagchnizomai) è qui strettamente connesso alla sollecitudine per la cura del gregge. Si tratta di un'atti tudine propria della visione del Messia misericordioso che è viva nel la letteratura giudaica del tempo; peculiare è che essa si traduca in un rapporto diretto, per quanto non precisato nei suoi particolari, con le folle, si esprima in modo del tutto incondizionato come attitu-
8 1 Cf. ScHNACKENBURG, Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments, l, 97, per cui il testo potrebbe appartenere all'ultima fase redazionale dei vangeli. JEREMIAS, Die Sprache des Lukasevangeliums, 158 avanza l'ipotesi di una redazione tardiva, sotto lineando un più spiccato interesse per le notazioni riguardanti i moti dell'animo di Gesù. 82 Dubbioso sulla possibilità di identificare le circostanze che fanno maturare la compassione in Gesù si dice DIBELIUS, Die Formgeschichte des Evangeliums, 159. 83 S ul tema della reciprocità, cf. RuPPRECHT, Krankenheit als Erfahrung des Le bens, 174. U. HENDINGER, <
102
dine del pastore;84 d'altra parte, il testo evangelico pone anche in ri lievo l'autorevolezza di Gesù, che permane anche nell'espressione della sua compassione.85 Il testo induce a un silenzioso riserbo sulla possibilità di comprendere e interpretare la figura del Maestro, ep pure ne offre un'immagine potente e inequivocabile. Anche dal silenzio dei discepoli, emerge con chiarezza come la compassione sia sentimento esclusivo di Gesù, che lo distacca profondamente dalla sensibilità degli uomini: egli è il pastore che so lo può prendersi cura del suo popolo rispetto a ogni altra autorità umana.86 Il riscatto messianico è destinato però a compiersi attraver so la missione dei discepoli, originata direttamente dalla compassio ne del Maestro, che essi sono sollecitati a condividere.87 La comuni cazione dei sentimenti di Gesù, che avviene attraverso le sue parole, si identifica così con la comunicazione del vangelo. 3. 10. Mt 20,34: la commozione di fronte alla richiesta di guarigione («commuoversi», splagchnizomai) Mentre uscivano da Gerico, una gran folla seguiva Gesù. Ed ecco che due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava, si misero a gri dare: <<Signore, abbi pietà di noi, figlio di Davide !». La folla li sgridava perché tacessero; ma essi gridavano ancora più forte: <<Signore, figlio di Davide, abbi pietà di noi ! >>. Gesù, fermatosi, li chiamò e disse: <
K4 Per un'analisi del motivo del Messia misericordioso nella letteratura giudaica, cf. ERLEMANN, Das Bi/d Gottes in den synoptischen Gleichnissen, 70. 85 SCHLATIER, Die Geschichte des Christus, 186s ha evidenziato come il richiamo alla messe segni la novità dell'autorevolezza di Gesù rispetto a quella dei capi religio si giudei. Per la contrapposizione tra rapporto con le folle e con i capi giudei , cf. CAR TE R «The Crowds in Matthew's Gospel», 60. 116 ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 45 avvicina l'immagine della com passione di Gesù per le folle alla manifestazione dell'amore per il suo popolo che emerge dalle apparizioni pasquali. 87 Sulla connessione tra compassione e missione, cf. GRUNDMANN, Das Evange lium nach Matthiius, 285s. DIBELIUS, Die Formgeschichte des Evangeliums, 250 ha sot tolineato la funzione figurativa della messe come luogo della missione, anche in rela zione ad altri passi evangelici. ,
103
Nel suo ministero a contatto con le folle, si impone all'attenzio ne di Gesù la voce di due ciechi, che pure il resto dei presenti vor rebbe tacitare; il breve scambio di battute provoca in lui l'insorgere della commozione, e la conseguente guarigione. La nettezza della scena è indicativa delle modalità con cui si manifestano e trovano compimento i sentimenti di Gesù. Nella sua essenzialità, il dialogo evidenzia l'urgenza dei sentimen ti e della loro motivazione. I ciechi esprimono per due volte una ri chiesta pressante e drammatica, pur nella sua scarna formulazione, ri petuta in forma identica; la loro voce si impone così rispetto a quella indistinta della folla, e richiama in modo decisivo l'attenzione di Ge sù.88 Come in Mt 18, la risposta («commuoversi>>, splagchnizomai, v. 34 e supra, § 3.2) va oltre la richiesta dei ciechi («avere pietà», eleéo, v. 30), evidenziando l'emergere del corrispondente divino di un senti mento puramente U:mano;89 inoltre, la richiesta viene espressa solo dietro sollecitazione dì Gesù, ed è successiva all'invocazione, che ne implica il riconoscimento della signoria e dell'origine davidica. L'episodio suggerisce una precisa correlazione tra pietà umana e misericordia divina, pur risultando quest'ultima ìncommensurabil mente superiore: essa si esprime attraverso un potere che salva, che qui appare particolarmente evidente. Come spesso in Matteo, l'invo cazione ha come conseguenza l'azione taumaturgica, ma con un pas saggio qui molto rapido, che ne mette in evidenza l'efficacìa;90 del re sto, il motivo della misericordia sembra porre in ombra in questo brano la componente fisiologica della guarigione, ridotta al solo ge sto dì toccare gli occhi.91 Similmente, le reazioni dei presenti al pro-
88 Il dialogo pone in evidenza secondo HELD, <<Matthiius als lnterpret der Wun dergeschichten», 213 il tema della fede che salva. Secondo D.J. HARRINGTON, The Go spel of Matthew, Liturgica! Press, Collegeville 1991 (trad. it. Vangelo secondo Marco, Queriniana, Brescia 1 992), 292, intento primario di questo testo è di sollecitare la fe de come fiducia nel potere salvifico di Dio. 89 K òsTE R «<mÀ.ayxvov», 555 legge la reazione di Gesù in chiave di superamento. HELD, «Matthiius als lnterpret der Wundergeschichten>>, 226 ha notato la singolarità del dialogo, attraverso il quale la misericordia divina sopravanza la richiesta umana. 90 ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 145 osserva che in Matteo si ha una connessione costante tra richiesta di misericordia e guarigione. 91 Sul ridotto spazio della componente fisiologica della guarigione, cf. E. ScHWEI ZER, Das Evangelium nach Matthiius ubersetzt und erkliirt, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1973, ad l. ,
104
digio sono minimizzate, e il testo si limita a registrare corsivamente la immediata sequela dei due ciechi. La preminenza della misericordia è sottolineata dall'andamento narrativo dell'episodio. Il dialogo con i lebbrosi prepara e conferi sce rilievo al miracolo, ma soprattutto suggerisce le motivazioni del l'atteggiamento di Gesù; la domanda di fede, espressa in termini re cisi e non dubitativi (v. 33: «che si aprano» , hina anoigosin) determi na l'istituirsi di un rapporto di diretta consonanza, cui risponde la nettezza del manifestarsi del sentimento di Gesù.92 Risulta così pie namente evidenziato il tema, che in Matteo trova ampio spazio, del l'efficacia della preghiera, purché espressa compiutamente e con fe de, come pressante sollecitazione al manifestarsi della misericordia di Dio. Come risposta alla preghiera individuale dei lebbrosi, il «com muoversi» (splagchnizomai) non rivela qui una matrice diversa che dinanzi alle folle: analogo è il rapporto di reciprocità che si istituisce con gli uomini, e analoga l'efficacia salvifica. Come altrove, esso ap pare manifestazione occasionale, per quanto attentamente calibrata dal testo, di una disposizione permanente di Gesù. 3. 1 1 . Le 7, 13: la compassione di fronte al dolore («avere compassione», splagchnfzomai) Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepol cro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non pian gere ! >> e accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: <>. Il morto si levò a sedere e incomin ciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre (Le 7,12-1 5}.
L'episodio del figlio della vedova di Nain rappresenta una scena tipica della sensibilità di Luca, sia per i dettagli con cui viene presen tata la situazione sia per l'intensa compartecipazione dei presenti. Il
92 ScHNACKENBURG, Die Person Jesu Christi, 39 ha illustrato il rapporto tra amore e senso di figliolanza nei confronti della figura di Cristo: egli è in Matteo l'unico a de tenere la forza salvifica, e la capacità di esercitarla: cf. sull'argomento K. PAFFENROTH, <<Jesus as Anointed and Healing Son of David in the Gospel of Matthew», in Bib 80( 1 999), 547-554, 551.
105
fanciullo viene resuscitato dopo un incontro di grande intensità emo tiva, che culmina nella notazione dell'evangelista sull'«avere com passione» (splagchn{zomai) di Gesù, che qui non si trova applicato al rapporto con le folle, ma, come spesso in Luca, assume un carattere individuale. 93 La scena è descritta con una certa completezza di particolari; ed essi assumono una funzione cruciale, in quanto concorrono a suscita re il sentimento di Gesù. Il narratore sembra prefiggersi l'intento di cogliere la scena così come essa si è presentata agli occhi dei testimo ni, quasi a focalizzare le motivazioni della misericordia; nel contem po, nessuna di esse però risulta determinante.94 Anche le azioni attri buite a Gesù sono presentate in successione e con una certa gradua lità, suggerendo in modo inconsueto la genesi dell'azione salvifica. Nella concisione del resoconto, è possibile isolare diversi mo menti. L'enunciazione del sentimento succede a una serie di azioni da parte di Gesù, che lo portano a un contatto significativo e perso nale con il fanciullo morto; per questo, intuiamo chiaramente che la misericordia si pone al culmine di un sommovimento che interessa tutta la sua persona.95 All'azione taumaturgica in se stessa è conferi to uno spazio limitato; i commenti e le reazioni della folla sono inve ce, come spesso in Luca, ampiamente sottolineati, e costituiscono un efficace corrispondente ai particolari preparatori. La nettezza dei gesti qualifica con grande precisione, pur nella lo ro essenzialità, i personaggi. L'appellativo kyrios, usato qui al di fuo ri dal discorso diretto e che Klostermann ritiene riferito in Luca al
�3 L'associazione in Luca delle folle ad annunci, insegnamenti e guarigioni di ca rattere indi viduale è stata messa in l uce da R.S. AscouGH, «Narrative Technique and Genie Designation: Crowd Scenes in Luke-Acts and in Chariton», in CathBib Q 58( 1 996), 69-8 1 , 75. L'uso di <>, pure più frequente in Marco, si in serisce in Luca in contesti del tutto autonomi e propri della sua sensibilità ( cf. M.J.J. MENKEN, <>, in NTest 30[1988], 107-1 14). 9 4 ERNST , Das Evangelium nach Lukas, 243 ha sottolineato come il <> da parte di Gesù implichi qui la sua piena e peculiare percezione della necessità della donna; rilevante in tal senso, come ha evidenziato S. GRASSO, L uca, Boria, Roma 1 999, 318, è la condizione di straniero di Gesù. 95 MOLLER, Lukas-Evangelium, 81 ritiene questo procedimento espressivo rivela tore della pienezza del sentimento di Gesù. Sulla particolare tensione espressiva che si determina nell'episodio, come anche in Luca 5, cf. J.J. KILGALLEN, <>, in RBib 108(200 1 ) , 2 1 4-227, 222.
106
Cristo come portatore della salvezza, sottolinea la divinità del senti mento; esso ribadisce d'altra parte la distanza della dimensione divi na dalla «particolare immagine della sua umanità)) che emerge dal brano96• Si delinea in tal modo una teologia della compassione spe cificamente lucana, come sentimento nel contempo umano e divino, che Koster ritiene estranea alla tradizione evangelica più antica;97 essa emerge come propria della divinità di Gesù, seppure dettata an che da motivazioni profondamente umane. Susseguente all'espressione del sentimento di Gesù è il suo invi to, che ha del paradossale, a non piangere, quasi a sovvertire il moti vo del dolore ancor prima che il miracolo abbia luogo; e un moto, il toccare la bara, non indotto come in altre narrazioni di guarigione da una preghiera esplicita.98 L'invito ha il merito di mettere in piena lu ce la fede celata nel pianto della donna, istituendo un rapporto da so lo a sola con lei, e di mostrarne gli effetti ai fini della guarigione.99 Quanto vi è di inespresso nell'episodio è quindi riportabile a una vi cenda di fede, che come altrove dà luogo al processo di guarigione. Le parole di consolazione e la consegna del fanciullo vivo alla madre chiudono l'episodio; esse si rivolgono non solo alla donna, ma assumono una dimensione universale. 1 00 Il particolare della folla al seguito (v. 12) e i commenti successivi al miracolo, collocando la sce na al cospetto di un pubblico vasto, ne rafforzano l'ampiezza: il do-
96 Cf. KLOSTERMANN, Das Lukasevange!ium, 88; similmente SCHNACKENBURO, Die Person Jesu Christi, 206s. Il titolo <<Signore>> sottolinea secondo J. KNIGHT, Luke 's Go spel, Routledge, London-New York 1998, 93 il coinvolgimento della divinità di Gesù nella compassione. 97 KOSTER, «mtÀayvoV>>, 555. 9x WEIFEL, Das Evangelium nach Lukas, 145 ha imputato l'eccezionalità del comportamento di Gesù all'esigenza, propria di Luca, di metterne in evidenza i senti menti. ScHùRMANN, Das Lukasevangelium, 401 ritiene che la forma paradossale com pendi il dialogo che altrove precede le guarigioni, in quanto richiamo alla conversio ne della donna. 99 ScHNACKENBURG, Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments, 1 67 ha ravvisa to come pienamente espresse nell'episodio le modalità del «movimento di amore>> che scaturisce dalla fede; secondo ScHLATTER, Die Geschichte des Chrisms, 215 è comun que da ravvisare nella sua condotta una risposta a un'implicita richiesta della donna, segnalata dal pianto. 1 00 Per il motivo della consolazione universale, cf. PETZKE, Das Sondergut des Evangeliums nach Lukas, 91 ScHMITHALS, Das Evangelium nach Lukas, 93 ha citato l'episodio come particolarmente significativo della nozione lucana di manifestazione dell'amore di Dio per il mondo. .
1 07
lore, nella forma comune e ineluttabile della morte, è così oggetto della misericordia di Dio davanti a tutti gli uomini. 3. 12. Le 10,33: la compassione per l'uomo sofferente («avere compassione», splagchnizomai) «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, !asciandolo mez zo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un !evita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viag gio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino: poi, caricatolo sopra il suo giu mento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno» (Le 10,30b-35).
Il motivo dell'«avere compassione» (splagchnfzomai) è elemen to caratterizzante della condotta del buon Samaritano, che differen zia la reazione all'incontro con l'uomo mezzo morto rispetto a quanti lo hanno preceduto, e sollecita in lui una vicinanza del tutto particolare.1 01 Si tratta di un sentimento decisivo, che nessuno di quanti lo hanno preceduto ha saputo esprimere e che fa identifica re il Samaritano, attraverso il comportamento che gli è proprio, co me Dio stesso. La misericordia costituisce lo spartiacque della parabola anche dal punto di vista narrativo. A partire dal sentimento del Samarita no, risulta chiaro un mutamento complessivo nel tono del racconto, un'accelerazione e un infittirsi dei gesti, tutti volti a concretizzare la sollecitudine per l'uomo mezzo morto. 1 02 Il Samaritano ne è prata-
10 1 Ha messo in rilievo la funzione strutturale della parabola nella narrazione evan gelica, nel suo porre in modo conclusivo l'importanza dello sguardo sul prossimo, lo stu dio di T.P. OssoRNE, «Deux grandes structures concentriques centrai es et une novelle ap proche du pian global de l'évangile de Luc>>, in RBib 110(2003), 197-22 1 , 2 1 8. L'accento è soprattutto <<posto sulla prassi» (R. FABRIS, Luca, Cittadella, Assisi 2003, 233ss). 102 Secondo EICHHOLZ, Gleichnisse der Evangelien, 169, la narrazione intende co sì esprimere la radicale libertà in cui entra colui che sceglie per la vicinanza e la com passione. In questo senso, F. MosErro, Lettura del Vangelo secondo Luca, LAS, Roma 2003, 226 definisce il racconto <>.
108
gonista assoluto: egli agisce in prima persona e dispone poi che il suo prossimo riceva le attenzioni necessarie, comunicando ad altri la sua preoccupazione di aver cura di lui. La genesi del sentimento non è precisata, se non nella semplice azione del «vedere)). Per quanto il contesto sia apparentemente di verso che nelle altre situazioni evangeliche in cui opera I'«avere com passione)) (splagchnizomai), come la vista delle folle o l'incontro con i malati, si ha qui il medesimo incontro con una domanda di salvezza, per quanto per forza di cose non esplicitata e non assoggettabile a una legge. 1 03 La compassione si presenta quindi come sentimento re lazionale; esso si traduce quasi per forza propria in gesti e concrete mozioni nei confronti degli altri uomini. 104 Se è vero che la situazio ne, come è stato osservato, non consente di parlare di un sentimento prodottosi all'interno di un rapporto individuale, essa rientra piena mente nella relazione paradigmatica di Dio con l'umanità. 1 05 Pur nella sua cogente immediatezza, la situazione descritta dalla parabola emerge come modello della relazione tra Dio e uomo, in cui la misericordia del primo viene in aiuto del bisogno dell'altro. Si è voluto riconoscere in essa una metafora della condizione futura: è evocata qui in una certa misura una situazione escatologica, con il ri velarsi dei sentimenti di Dio per l'umanità, e la retribuzione ad essa associata. 1 06 In ultima analisi, la pluralità di significati è dovuta all'e mergere dell'autentico nucleo dell'annuncio evangelico: la sollecitu dine in ogni circostanza, sia pure la più estrema, per la miseria e la sofferenza dell'uomo.
1 113 La priorità dell'uomo mezzo morto sulle esigenze degli altri p rotagonisti è evidente, come sottolinea M. GouRGUES, <
109
3. 13. Le 15,20: la compassione di fronte alla conversione del peccatore («essere commosso», splagchnizomai) «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane. raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i por ci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nes suno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in ca sa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame ! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quan do era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, am mazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era mor to ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Le 1 5,1 1 -24a).
Nella parabola dei due figli, decisivo è il momento in cui il padre si commuove per il ritorno del figlio minore e gli si fa incontro. Se es sa meriterebbe di essere designata più come parabola «del padre mi sericordioso» che «del figliol prodigo», è anche nel senso che il sen timento va posto al centro della vicenda, come presupposto del suc cessivo comportamento del padre. 107 «Commosso» (splagchnistheis) è collocato al momento culmi nante dell'episodio, immediatamente prima che l'abbraccio del pa dre abbia luogo. 108 Il verbo non è introdotto in contrasto con altri
1 07 ScHWEIZER. Das Evangelium nach Lukas. 1 65 ritiene centro della parabola la decisione per l'amore, che ha luogo una volta per tutte. Uno studio di J.J. Kn.GALLEN. «Luke 15 and 1 6. A Co nnect i on , in Bib 78( 1 997 ), 369-376 ne ha messo in e vid en za la connessione co n il c. 1 6. nelresi ge nza prio ritar i a di indirizzare i dis cepo li verso una condotta s aggi a 10 8 P er un 'analisi te rm i nologi ca cf. B. HEJNINGER, Metaphorik, Erziihlstruktur un d >>
.
,
szenisch-dramatische Gestaltllng in den Sondergutgleichnissen bei Lukas. Aschendorff,
110
elementi, né si fa riferimento a un processo di maturazione del sen timento, o almeno alle cause cui si può riportare: esso ci viene pre sentato come una determinazione immediata e definitivamente ac quisita (participio aoristo) dell'animo del padre. Questi caratteri so no fortemente legati all'immagine lucana del Cristo, e richiamano per analogia l 'immagine del Padre celeste. L'evento che potrebbe essere alla base del gesto del padre è il ri pensamento del figliol prodigo, che si configura come una vera e propria conversione. Nella vicenda precedentemente descritta, si aveva come una lenta deriva del figlio minore: dalla richiesta dell'e redità, designata al v. 12 con un'espressione che sembrerebbe piut tosto indicare l'abbattersi del destino («che mi spetta», epibal lon ) ; 1 09 all'allontanamento irrevocabile evocato da «partì » (aped�mesen) a l v. 13; a l senso d i pesantezza suggerito dal «trovarsi nel bisogno» (hysteréomai) del v. 14; al lungo peregrinare che «andò» (poreutheis) del v. 15 presuppone. Stupisce anzi il silenzio quasi irreale in cui tali azioni si sviluppano, senza l'intervento di nessuno dei successivi protagonisti, a sottolineare l'assoluta autono mia che al figlio è concessa nell'agire. Il vero momento di svolta per il figlio è rappresentato da «rientrò in se stesso» ( elthon eis heauton) di v. 17, interpretato di solito come un vitale «riprendere coscienza», che implica il riconoscere i propri atti come una dissipazione. 1 1 0 Si ha un deciso cambio di direzione del l'andamento del brano: esso riceve una vera e propria spinta all'azio ne, espressa plasticamente da «levatosi» (anasttis) dei vv. 18 e 20, che indica fisicamente il sollevarsi di scatto. 1 1 1 L'espressione del v. 1 7
Miinster 1 99 1 1 54, che h a individuato un vero e proprio climax a l cui culmine è <
POHLMANN, Der l'erlorene Sohn unti das Haus. Swdien zu Lukas 15, l l -32 im Ho ri zon t der antiken Lehre von Haus. Erziehung und Ackerhau, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1 993,
1 78 sorprendente rispetto alla abituale tipologia delle parabole. 1 1 "' Cf. su «che mi spetta» (epihallon ) . cf. J.A. FlTZMYER. The Gospe l according to L u k e , Doubleday, Garden City 1 9R5. ad l. 1 1 11 Per il tema della «perdita di sé» e del << riprendere coscienza, , L.T. JcJH'-IS0'-1, The Gll.lpel of Luke. Harrington. Collegeville 1 99 1 . ad l. ( t rad. it. Il Vangelo di Luca, Ellcdici, Torino 2004) richiama al proposito l'uso corrente ne! linguaggio popolare. E. BoRO H l . <
individuato come movente dell 'intera parabola il tema del desiderio di vita. 1 1 1 J. WoLLAND, Word hihlical commentary: L u ke Word, Dallas 1 993, ad l. ricono sce <
111
(«rientrò», elthon) costituisce un punto di svolta, nel suo indicare un movimento deciso e definitivo, in contrasto con gli altri in quanto non diretto verso un luogo fisico. Il padre è testimone rispettoso ma non distaccato della vicenda del figlio. Le sue parole del v. 32 ricapitolano con chiarezza gli eventi, e indicano una priorità all'interno di essi: le due coppie «era mor to ed è tornato in vita» (�nlézesen) ed «era perduto ed è stato ritro vato>> (apolol6s!heuréthe), con la contrapposizione tra tempi durati vi e tempi perfettivi, suggerisce la diversa dimensione in cui opera no i protagonisti della parabola: gli atti del figlio minore disegnano una traiettoria in cui la posizione del soggetto muta, mentre gli atti del padre sono contraddistinti dal loro carattere decisivo e irrevoca bile. La misericordia deve quindi considerarsi, più che effetto della scelta del figlio, frutto dell'iniziativa assolutamente autonoma del padre.1 12 Il ritorno del figlio provoca una reazione da parte del padre che può apparire smisurata: essa supera la prospettiva pienamente uma na, nell'ambito della quale il ragionare del figlio ha prodotto la deli berazione di tornare a casa. «Si commosse>> ( esplagchnisthe) da solo fa da contrappunto al monologo dei vv. 17-19, e trasferisce la delibe razione, così sofferta nel figlio, su di un piano immediato e apparen temente estemporaneo: come nota Ernst, il fatto che venga rivelato dal v. 20 in poi in modo in cui agisce Dio rende del tutto irrilevanti le emozioni umane. 113 In realtà, anche nel caso del padre riscontriamo sullo stesso piano le azioni fisiche con quelle che esprimono senti menti, al v. 20 («commosso>>, «gli corse incontro», «gli si gettò al col lo»: esplagchnisthe, dramon, epépesen ) ; ma, mentre il figlio perviene a una dimensione interiore solo dopo una lunga parabola di progres sivo distacco, i gesti del padre derivano da un moto dell'animo che immediatamente si traduce in azione decisa e inequivocabile. Il sentimento di compassione del padre è indirizzato verso il primo figlio nella sua individualità, anche se traspare da tutta la condotta co me caratterizzante il suo agire: il suo legame con i due figli resta intat-
1 1 2 L'arbitrarietà del determinarsi della compassione del Padre è, nota KAHLE FELD, Die Gesta/t Jesu, 223, propria della dimensione di buon annuncio nel vangelo
lucano.
1 1 3 ERNST, Das Evangelium nach Lukas, ad l.
1 12
·
to nonostante il loro peccato, come un valore a se stante.1 14 Anche nel la condotta del figlio maggiore i verbi di movimento assumono un ruo lo significativo, senza designare però azioni nette e drammatiche, ma un progressivo avvicinarsi («fu vicino», «ritornare>>: vv. 25 e 28, éggisen, eiselthein) alla casa del padre; anzi, l'avventatezza delle azioni del fi glio minore è da lui richiamata con disprezzo («è tornato>>, élthen del v. 30). Questi termini traducono una verità della condotta del figlio, cioè la sua illusoria vicinanza alla casa, che è solo apparente; tanto più generosa appare allora la posizione del padre, che al v. 31 richiama un'identità con lui che risulta smentita dalla sua condotta. Pur focalizzandosi sulla compassione, il testo non presenta richia mi espliciti di natura morale, a partire dagli eventi narrati, rivolti agli ascoltatori della parabola. Il sentimento appare nel complesso della narrazione fondamentale, assai più del senso di una giustizia retribu tiva e della natura delle colpe in se stesse: esse al v. 18 sono designa te solo in modo generico, anche se richiamate esplicitamente, e con un certo compiacimento, nelle parole del fratello maggiore (v. 30) . 1 1 5 L'uditorio è così guadagnato alla stessa generosa dimenticanza delle colpe degli interlocutori che il padre dimostra. 1 16 È il sentimento di compassione a generare il momento di svolta ideale della parabola, con l'effetto che qualunque peccato, per quan to grande, risulta superato. 1 1 7 L'uso dei termini e la corrispondenza
1 1 4 Secondo KREMER, Lukasevangelium, ad l. , emerge un legame costante tra pa dre e figlio che annulla ogni influenza del peccato. Sull'individualità del sentimento ha insistito HEININGER, Metaphorik, 164, che arriva a considerare il secondo figlio una controfigura, in quanto del tutto escluso da esso. 1 11 Sulla genericità delle espressioni riguardanti le colpe, cf. JoHNSON, The Go spel of Luke, ad l. JEREMIAS, Die Gleichnisse Jesu, 1 28ss parla di intento apologetico soprattutto a proposito del secondo figlio, cui l'autoidentificazione dell'uditorio do vrebbe rivolgersi. Lo studio di E. RAu, «Jesu Auseinandersetzung mit Pharisiiern iiber seine Zuwendung zu Siinderinnen und Siindern. Lk 1 5 , 1 1 -32 und Lk 18,10-14a als Worte des historischen Jesu>>, in ZeitNTWiss 89(1 998), 5-29, 13 ha messo in luce come la parabola, per quanto orientata verso i peccatori, non presenti spunti di criti ca all'atteggiamento dei giusti. 1 16 ERLEMANN, Das Bi/d Gottes in den synoptischen Gleichnissen, 137s ha defini to l'immagine di Dio nella parabola come il prodromo e il modello della condotta umana. J.M. N OTZEL, Jesus als Offenbarer Gottes nach den lukanischen Schriften, Ech ter, Wiirzburg 1 980, 254 evidenzia in tal senso il coinvolgimento nella gioia di tutti gli ascoltatori che l'episodio sollecita. 1 1 7 Per la rilevanza narrativa del sentimento di compassione, cf. l'analisi di EICHHOLZ, Gleichnisse der Evangelien, 207ss n denominatore di tutti i gesti del padre .
1 13
tra i sentimenti, costantemente ricercata, rivelano che la condotta di Dio non è isolata nella sua straordinarietà, ma viene posta a fonda mento di un modello di condotta valido per tutti gli uomini, nono stante il ripetuto dar prova di sordità da parte loro. D)
RIVELAZIONI
3. 14. Le 10,21: l 'esultanza nello Spirito per la rivelazione («esultare», agalliao) In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «lo ti ren do lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste co se ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Le 10,21 -22).
Nell'introdurre il rendimento di lode di Gesù, che ha un corri spondente sinottico in Matteo, Luca ricorre a un'espressione presso ché unica del vangelo, che designa l' «esultare» (agalliao) «nello Spi rito Santo».118 Questo termine rappresenta una vera e propria rive lazione delle modalità in cui si esprime l'intimo sentire di Gesù, nel la sua relazione trinitaria, in cui l'uomo costituisce l'argomento e non il diretto destinatario. l l 9 L'uso di «esultare» (agalliao) è proprio in Luca dei contesti pneu matologici, e traduce nella condotta di Gesù la rivelazione dell'ope ra dello Spirito. La superiore percezione del significato degli eventi da parte sua è associata a un'evenienza, il successo dei discepoli nel-
risulta «l'affetto appassionato e disinteressato per il secondogenito» (BoRGHI, «Le 1 5 , 1 1 -32>>, 290) . I IK Il termine compare solo, all'indicativo, nel Magnificat (Le 1 ,47). JEREMIAS, Die Sprache des Lukasevangeliums, 189 ipotizza il confluire di due diverse tradizioni in Matteo e Luca. 1 1 9 Il carattere divino della rivelazione cui il termine fa riferimento appare chiaro secondo S. GATHERCOLE, «Jesus' Eschatological Vision of the Fall of Satan: Luke 10,18 Reconsidered», in ZeitNTWiss 94(2003 ) , 143- 1 63 dal confronto con altri passi sulla con trapposizione a satana. CoNZELMANN, «JCaipro», 357 sottolineava il significato sacro di «esultare» (agallitio) nella tradizione biblica, in contrapposizione a «gioire» (chairo).
1 14
l'annuncio del vangelo, e trova espressione in un tono vicino a quel lo dei passi di rivelazione profetica.120 Viene quindi segnalata con forza l'unicità del sentimento, ma anche la sua connessione con la tradizione di Israele. La rivelazione dell'intimo sentire del Cristo va congiunta alla puntualizzazione temporale («in quel momento»), che sottolinea un'eccezionale esplicitazione piena e lungimirante da parte sua: «esultare)) (agalfùio) non appartiene alla gamma dei sentimenti uma ni espressi nei vangeli, per cui si è parlato di «esultanza escatologica)) (Weifel).121 Il brano si colloca perciò in una dimensione distinta ri spetto al piano evangelico della Rivelazione, pur non assumendo dal punto di vista formale alcun carattere iniziatico o inaccessibile. L'esultanza si risolve in una comunicazione tra Gesù e lo Spirito, moto che resta necessariamente sottratto alla comprensione dei disce poli. Se tuttavia il sentimento di Gesù è di natura pienamente spiritua le, la motivazione è costituita dalle opere realizzate dai discepoli, e an zi dal fatto che proprio essi le abbiano compiute.122 Il testo non con sente una chiara identificazione dei motivi dell'esultanza: è la perce zione di essi, più che la loro consistenza, a essere oggetto del sentimen to evangelico.123 Si creano in tal modo i presupposti di un contatto tra sfera umana e divina, e anzi di un accesso da parte dell'uomo alla sfe ra del divino in virtù unicamente . della rivelazione ai piccoli. 1 20 Va letta in senso profetico, in particolare. l'espressione en pneumati: cf. NOT Jesus als Offenbarer Gottes, 157. R. P. MENZIES, The Development of Early Chri stian Pneumatology with Special Reference to Luke-A cts, JS OT, Sheffield 1991 , 1 79 os serva come con l'uso di agallùi6 si segnali una particolare rilevanza, ma solitamente connessa ali'espressione verbale. 121 WEtFEL, Das Evangelium nach Lukas, 204s. J. EcKERT, <>, che comunque i testi evangelici ci presen tano in piena sintonia con il suo agire. Sul valore della notazione temporale, cf. NOT ZEL, Jesus als Oftenbarer Gottes nach den lukanischen Schriften, 157. 1 22 Si è sottolineata la potenza che qui si manifesta, pienamente attribuita all'im magine del Cristo, ma nell'ambito dell'universalità di quanti sono raggiunti dalla sal vezza (M. KoRN, Die Geschichte Jesu in veriinderter Zeit. Studien zur bleibenden Be deutung Jesu im lukanischen Doppelwerk, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1993, 123). 1 23 E RNST, Lukas, 340 ritiene centrale il carattere personale sotto cui l'evento del la salvezza viene presentato. È questo secondo Co NZE LMA NN , Theologie des Neuen Te staments, 1 7 1 uno dei passi rivelatori di come nella persona di Gesù si possa vedere realizzato in Luca il regno dei cieli.
ZE L,
1 15
L'intima relazione tra Gesù e il Padre fa sì che il suo sentimento venga presentato non come percezione inattingibile, ma nella sua na tura comunicativa; non come sentimento visionario e isolato, ma vi sione complessiva che abbraccia la prospettiva escatologica.124 In tal modo, il vangelo ribadisce la profonda connessione tra sentimenti della divinità di Gesù e dimensione umana.
1 24 E RNST, Lukas. 340 ha definito «gioia escatologica» il moto di esultanza di Ge sù, privo com'è di ogni consistenza psicologica. Per il suo trascendere il contesto, cf. GATHERCOLE, <>, 1 49.
1 16
4
L'IMMAGINE DE L CRISTO CO ME ALTE RITÀ E CO ME MODE LLO
Attraverso la rapida rassegna dei passi che contengono verba af fectuum riferiti a Gesù nei vangeli, si è abbozzata una prima classifi cazione dei sentimenti evangelici; operazione, questa, solo parzial mente riuscita, come era prevedibile, data la sovrapposizione nello stesso passo tra termini appartenenti a diverse classi lessicali (è il ca so di ademonéo accanto a lypéomai ed ekthambéomai, § 3.3), il ri scontro di termini di significato simile in categorie diverse (come klaio del § 1 .8 e dakryo del § 3.4) o i termini che si differenziano so lo debolmente da altri di categorie differenti (così syllypéomai del § 3.5). In realtà, si tratta di una terminologia quantomai sfuggente, cui è forte l'impressione che sia opportuno avvicinarsi senza troppo di stinguere e definire. Se l'uso dei termini è forse condizionato da una certa approssi mazione della koiné, appare tuttavia costante nei vangeli lo sforzo di ricorrere a tutti i mezzi, anche quello linguistico, per riprodurre l'am piezza della gamma dei sentimenti che si vogliono rappresentare. Come classe lessicale, i verba affectuum riflettono la ricchezza termi nologica al riguardo della lingua greca, ricorrendo a tratti a sfumatu re anche sottili (come tra embrimaomai e tarasso, analizzati al § 3.4). Anche laddove termini diversi appaiono dei sostanziali equivalenti (è il caso di agapao e philéo del § 2.3), vale nei vangeli il principio della massima valorizzazione dello strumento lessicale ai fini della perspicuità narrativa, che è quindi opportuno riflettere anche in se de di analisi esegetica. I sentimenti appaiono in Gesù fortemente connessi alle modalità concrete dell'operare, e la sua immagine ne risulta caratterizzata in 117
profondità, come una figura a tutto tondo. 1 Di qui il loro valore pret tamente relazionale, legato a situazioni concrete, anche nelle parabo le; si tratta certamente di un sostegno per una comprensione più ef ficace ai destinatari dei vangeli. Thttavia, il Cristo assume i connota ti di una totale e decisiva alterità nei confronti della comune condot ta umana; e l'immagine che egli rappresenta per il credente, pur con dividendo gran parte dei sentimenti umani, risulta innegabilmente altro, e troverà riscontri decisivi nella teologia paolina.2 Caratterizzante l'alterità della condotta di Gesù è la rappresen tazione radicale dei suoi sentimenti, più evidente nel caso di quelli propri della sua divinità: significativo è che il loro manifestarsi non derivi mai da commenti o interventi esterni, ma dalla propria inizia tiva.3 Il Cristo vive la vicenda che gli altri uomini hanno sotto gli occhi in modo radicalmente più intenso: si pensi al caso, emblema tico, della commozione di fronte alle folle (cf. § 3.7) o all'ammira zione di fronte alla fede (cf. § 1 . 1 1 ) . Nonostante questo, il tono del la narrazione resta dimesso, a sollecitare nell'ascoltatore una «emo zione contenuta» (Solages), ma decisiva per la sua conversione, an che per le manifestazioni più eclatanti di tale alterità.4 I sentimenti di Gesù non risultano così esaltati dalla potenza delle immagini o dei mezzi espressivi, ma dalla relazione che è possibile istituire tra la sua figura e quella degli uomini, e in primo luogo del destinata rio dell'annuncio. I sentimenti di Gesù si collocano nei vangeli in un mondo affetti vo fortemente connotato. Per quanto le figure coinvolte spesso non siano compatibili tra loro - e anche la comparazione qui tentata su base puramente lessicale, tra moti dell'animo di Gesù e degli altri per sonaggi può essere discutibile dal punto di vista ermeneutico -, egli
1 Secondo la ricostruzione di T. HoLTz, «Kenntnis von Jesus und Kenntnis Jesu. Eine Skizze zum Verhiiltnis zwischen historisch-philologischer Erkenntnis und histo risch-theologischen Verstiindnis», in Th LitZeit 79( 1979), 1 - 12, 7 è Cristo stesso a pre sentare come centrale il legame tra la sua persona e le sue opere. Gesù respinge se condo CuLLMANN, Christologie des Neuen Testaments, 282s come <> in Paolo, cf. A. MIRANDA, «L'"uomo spi rituale" nella Prima ai Corinzi», in RivBiblt 43(1995), 485-5 19. 3 Emblematico della radicalità dei sentimenti di Gesù è secondo GRUNDMANN, Das Evangelium nach Matthiius, 281 il caso di «avere compassione>> (splagchnizomai). 4 M. DE SoLAGEs, /ean et les Synoptiques, Brill, Leiden 1979, 246s.
1 18
è al centro di un'intensa corrente di affetti che la sua figura e i suoi atti suscitano, che pure, almeno in parte, condivide: emblematico in tal senso il testo di Gv 1 1 (cf. §§ 2.3, 2.8 e 3.4). Tuttavia, resta il miste ro di fondo sulle motivazioni profonde del suo animo, di fronte al quale le narrazioni evangeliche mantengono un rispettoso riserbo. Sebbene non isolata, la rappresentazione evangelica dei senti menti del Cristo confligge con ogni visione comunemente accettata della vita affettiva: per quanto pienamente riportabili alla gamma dei sentimenti umani, le notazioni che li riguardano implicano una ricollocazione decisiva dell'ordine abitualmente istituito tra essi.5 In tal senso, può colpire l'inattesa intensità di alcune reazioni di Gesù, come la vergogna davanti all'indifferenza (cf. § 2.6) o la compassio ne per la stanchezza delle folle (cf. § 3.9); o anche ci troviamo di fron te a sentimenti inaspettati in base alla logica umana, come la sua in dignazione dinanzi al falso zelo (cf. § 2.5) o alla generosità illimitata di fronte all'invocazione di pietà (cf. § 3.2). La difficoltà di cogliere appieno sentimenti che sfuggono alla comune percezione umana è evidente, in particolare nelle reazioni della folla e dei discepoli stes si;6 tuttavia, a nessuno dei presenti risulta indifferente la radicale no vità della forza dei sentimenti di Gesù. In virtù della loro eccezionalità, la rappresentazione dei senti menti di Gesù non è orientata a sottolinearne la componente pura mente umana. Nella decisione, a tratti perentoria, che muove le sue azioni è anzi da riconoscere una impronta significativa del divino: emblematici in tal senso sono la sollecitudine per il realizzarsi della salvezza (cf. § 1 .2) e la compassione che genera il miracolo (cf. § 3.6); una visione di tipo flebilmente intimistico dei sentimenti di Gesù ri sulterebbe perciò quantomai inopportuna.7 L'umanità intera è desti-
5 G ROSFJAN, L'ironie christique, 1 80 coglie nei testi evangelici l'intento di far re cedere l 'ascoltatore dalle sue sicurezze, p er p rendere contatto con un sistema costitui to di sentimenti proprio solamente del Cristo. 6 Come nota L. Sc:HENKE, Das Markus-Evangelium, Kohlhammer, Stuttgart 1988, 95, gli interlocutori si limitano a p ercepire la p otenza dei sentimenti di Gesù, ignoran done l'intima sostanza. Nemmeno nella profonda compartecipazione del <
119
nataria dei sentimenti, ed è quindi sollecitata a comprenderne il sen so; ma è evidente il carattere sovrannaturale della loro origine e del loro manifestarsi. Nonostante la loro natura, i sentimenti di Gesù non sembrano provenire in nessuna circostanza da una dimensione oracolare e inaccessibile, ma scaturiscono con naturalezza dal vissuto, di cui le scene evangeliche forniscono quadri di notevole realismo. Il loro ruolo è complementare a quello delle parole, di cui costituiscono non di rado un sostegno e una motivazione; ma a volte vanno oltre, a si gnificare ciò che esse non riescono a comunicare, quasi tentando un avvicinamento vis à vis al Cristo: è il caso, emblematicamente, del l'affetto che induce alla salvezza (cf. § 2. 1 ) , o dello sconvolgimento di fronte al destino (cf. § 3.4).8 Ciò è sintomatico di quanto nei vangeli i sentimenti non siano mai puro oggetto descrittivo, ma di una comu nicazione intensa e personale. Non si è riscontrata una separazione netta tra sentimenti di Ge sù e degli uomini, sia a livello di scelte lessicali che di contesto espressivo. I primi possono dirsi pienamente mescolati nella vicenda umana, anche se si avverte spesso una loro collocazione più alta: al cuni sentimenti appaiono ispirati da un superiore bisogno di compar tecipazione - il desiderio di rendere partecipi (cf. § 1 .3) o l'amore messianico della Passione (cf. § 2.2) -, così come altri più intensi e complessi - il desiderio di protezione divina (cf. § 1 . 1 ) o il pianto sulla rovina di Gerusalemme (cf. § 1 .8) di quelli umani. La forza dell'espressione gioca un ruolo essenziale nel suggerire i termini di tale diversità. Gesù sollecita in modo radicale, con l'intensità del suo sentire, la condotta del credente. Tuttavia questa mozione, avvertibile con gli occhi della fede in tutta la narrazione evangelica, non va intesa come un appello incondizionato e da applicarsi in modo indifferenziato a -
lukanischen Sondergut. Sprachliche, theologische und formkritische Untersuchungen zu Sonderguttexten in Lk 5·19, St. Benno, Leipzig 1991, 59, a un vero e proprio «dove re» div�no come fondamento dell'agire di Gesù. 8 E un tratto costante dei vangeli il «Volgersi con benevolenza al singolo», mai ca ratterizzato come «assoluzione generale>> (L. GoPPELT, Theologie des Neuen Testa ments, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1975 [trad. it. Teologia del Nuovo Testa mento, Morcelliana, Brescia 1983), 184).
120
ogni situazione: attraverso prese di posizione forti e imprevedibili come lo sdegno per la mancata condivisione dei sentimenti di Dio (cf. § 1 . 12) e la rivalutazione della sofferenza come prospettiva della salvezza (cf. § 1 .5), l'insegnamento evangelico invita ad astenersi dal le manifestazioni eccessive dei moti dell'animo, specie del timore, e a riservarli solo a ciò che realmente vale. Il richiamo a coltivare e a esprimere sentimenti più intensi si rivolge comunque generalmente all'insieme dei discepoli, e va inserito in un'ottica di edificazione co munitaria prima che individuale:9 il credente ha davanti a sé un mo dello articolato, che non si presta a semplificazioni, ma che esige una totale adesione del proprio sentire. La rappresentazione del Cristo assume la duplice valenza di una dimensione «altra» rispetto alla condotta comune e di proposta di un atteggiamento esemplare per i credenti; questo equilibrio è signi ficativo di un orientamento e di una sensibilità che sono peculiari dei vangeli. Nel Cristo il credente riscontra un'immagine, dai tratti chia·ramente connotati, con la quale confrontarsi costantemente, e in cui riconoscere appieno il volto di Dio; nell'uno e nell'altro aspetto, la componente dei sentimenti gioca un ruolo determinante, pur non prestandosi a facili semplificazioni o adattamenti. Custodire e pre servare tale immagine nella sua integrità, come il testo evangelico lo rappresenta, costituisce resta il fine che resta fisso davanti a ogni credente.
9 ERNST, lohannes, 35 individua il riferimento comunitario dei sentimenti di Ge sù come caratterizzante l'annuncio evangelico. Per il tema del superamento del timo re, cf. F. PoRSCH, Anwalt der Glaubenden. Das Wirken des Geistes nach dem Zeugnis des Johannesevangeliums, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1978, 38ss.
121
CON CLU SIONI
La reticenza del testo evangelico in merito ai sentimenti di Gesù si è rivelata nel corso di questa indagine non generalizzata: accanto alle menzioni esplicite di essi, molti riferimenti possono essere colti nel contesto situazionale, o come reazione a gesti ed espressioni de gli interlocutori; le brevi osservazioni qui riportate non hanno potu to fornirne un quadro completo. Forse il termine stesso «sentimen ti», con le implicazioni che è venuto assumendo nella nostra cultura, non è adatto a tradurre quanto nei vangeli è riferito a questa sfera, che non è paragonabile a nessuna forma che emerge, ad esempio, nella narrativa o nella lirica contemporanee: si potrebbe forse parla re di elementi della sensibilità, o di espressioni del cuore. Ma anche attenendosi soltanto all'esplicito uso dei verba affectuum, come si è fatto in questa sede, numerosi sono gli indizi che è stato possibile ri cavare, soprattutto a partire dal confronto con i sentimenti attribuiti agli altri personaggi evangelici, per una definizione. Può dirsi sostanzialmente confermato un riserbo intenzionale dei vangeli sui verba affectuum, dato il carattere solo episodico del le loro occorrenze e il valore problematico di molti di essi. Tuttavia, il loro uso non risulta meramente occasionale o funzionale all'azio ne descritta, ma risponde a una domanda diffusa degli interlocuto ri, e, indirettamente, di tutti i credenti: per questo, si è riscontrato anzi un significativo orientamento dei testi a mettere in luce nella condotta di Gesù, in determinate circostanze, la componente emoti va. Di più, si è avuto occasione di constatare un'attenzione privile giata, sotto vari punti di vista, degli evangelisti a questa terminolo gia, che spesso emerge in momenti particolarmente significativi del la narrazione. 123
L'obiettivo di raccogliere elementi sui sentimenti evangelici di Gesù è approdato, come era prevedibile attendersi, a risultati mol to interlocutori. In realtà, nell'analisi dei passi si è solo sfiorata la messe di problematiche relativa ai singoli termini, e si è ridotto allo stretto necessario il riferimento alla sterminata massa di studi in proposito. Emerge comunque dai testi esaminati un forte rilievo dell'umanità dei sentimenti di Gesù, nel senso, che qui si è assunto come fondamentale, della categoria dei sentimenti condivisi con gli uomini; più reticenti sono apparsi i testi sul tema dell'intimità dei sentimenti, mentre quelli della divinità sono emersi come riferimen ti episodici e quasi sfuggiti al narratore, o al culmine di una conca tenazione di termini. Le circostanze in cui i sentimenti di Gesù si manifestano sono particolarmente significative nell'economia del testo evangelico, e non di rado implicano una svolta decisiva nella narrazione. L'esplici tazione di tali circostanze costituisce una necessità espressiva, oltre a rispondere probabilmente a un disegno coerente; e l'esame delle oc correnze che si è cercato qui di fornire ha dovuto rilevare il caratte re fortemente contestuale dei termini. Proprio questa constatazione fa valutare il ruolo dei verba affectuum come tutt'altro che accesso rio nel testo, ed anzi come vero e proprio veicolo di elementi della Rivelazione. La gamma dei sentimenti che è stato possibile ricostruire, in ba se a tracce che si direbbero intenzionalmente disposte nei resoconti evangelici, fanno intravedere come possibile una compartecipazione con essi, non apparendo mai come il capriccioso manifestarsi di una divinità estranea alla sensibilità dell'uomo. Per quanto incompleta, tale gamma è comunque rivelatrice di un orientamento decisivo per la sensibilità del credente: attraverso l'immagine del Cristo che se ne può desumere, egli è potentemente sollecitato nella sua componen te emotiva e, più in generale, nella sua condotta. Se alcuni sentimen ti di Gesù sono sottratti all'ottica di una possibile imitazione, essi co stituiscono comunque una formidabile sollecitazione a entrare in sintonia con lui. Perché la prima comunità non sentì il bisogno di mettere in mag giore evidenza nei vangeli una componente tanto importante come i sentimenti di Gesù? Senza dubbio, tra l'altro, per una diffidenza verso ogni visione troppo connotata in senso emotivo; in effetti, il quadro complessivo dei verba affectuum mal si presta a facili letture 124
in chiave psicologica, soprattutto se si tiene conto dei successivi svi luppi dell'antropologia teologica; 1 in realtà, i vangeli sembrano ripu diare del tutto il ricorso a un linguaggio dell'emotività, intendendo la preminenza dei sentimenti come funzionale a un'immagine forte e radicata di un'umanità rinnovata. Nel culto per la persona di Gesù in tutti i suoi aspetti che i vangeli, seppure con sobrietà, sollecitano, una componente comunque imprescindibile è senza dubbio la sua interiorità. La veneranda tradizione tesa a ricostruire i sentimenti di Gesù si pone oggi più che mai, in un'epoca di particolare sensibilità ai moti dell'animo e della coscienza, come un itinerario interpretativo fon damentale. Il credente avverte infatti l'esigenza non solo di app ren dere parole e disposizioni del Cristo, ma anche di entrare in comu nicazione con la sua condotta complessiva.2 Nel tradurre alcuni sen timenti di Gesù, i primi testimoni del vangelo hanno infatti fornito un'immagine del rapporto personale ed emotivo con lui come indi spensabile per la fede; e i sentimenti stessi di Dio appaiono accessi bili dai loro resoconti, per quanto attraverso un notevole sforzo di sintonia. Se dall'insieme dei termini esaminati emerge un modello com plessivo per il credente, singolarmente essi si pongono come propri della p ersona di Gesù, e quindi difficilmente estensibili a un insieme di persone. Il mistero del Cristo appare nei suoi sentimenti per mol ti aspetti insondabile, ma non gelosamente custodito: attraverso di essi il credente può maturare un'autentica conoscenza della figura del Cristo, che si rivela nella totalità e nell'intimità del suo sentire: condividerne o, più sommessamente, cominciare a imitarne l'attitu dine interiore è in molti modi evocata dagli evangelisti come la mi gliore disposizione per credere.
1 Cf. M. MESLIN, L 'expérience humaine du divin. Fondemetits d 'une anthropologie religieuse, Desclée, Paris 1988, 377 per l 'importanza della partecipazione al divino co me costante dell'antro pologia postpaolina. 2 Sul tema dell'<> di Gesù nei vangeli come chiave per inter pretare la volontà di Dio, cf. H. HOBNER, Biblische Theologie des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1995 (trad. i t. Teologia biblica del Nuovo Testa mento, Paideia, Brescia 2000), III, 257ss.
125
B IBLIO GRAFIA
K., Die Stellung der Kinder in den fruhen christlichen Ge meinden aus und ihre Taufe, Kaiser, Miinchen 1979. ALETTI J.-N., Il racconto come teologia. Studio narrativo del terzo Vangelo e de/ libro degli Atti degli Apostoli, EDB, Roma 1996. ALLISON D.C., «Anticipating the Passion: The Literary Reach of Matthew 26:47 - 27:56», in CathBibQ 56(1994), 701-714. AscouGH R.S., «Narrative Technique and Genie Designation: Crowd Scenes in Luke-Acts and in Chariton» , in CathBib Quart 58(1 996), 69-81 . BARRETT C.K., The Gospel according to St. fohn. A n Introduction with Commentary and Notes on the Greek Text, SPCK, London 21978. BAUCKHAM R., «The Parable of the Royal Wedding Feast (Mt 22, 1 14) and the Parable o f the Lame Man and the Blind Man (Apo cryphon of Ezekiel)», in JBibL 1 15(1996), 471-488. BAUER W., Das Johannesevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1933. BAVM A.D., «Experimentalpsychologische Beitrage zur synoptischen Frage», in BibZ 44(2000), 37-55. BECKER J., Das Evangelium nach Johannes, Giitersloher-Echter, Wiirzburg 1979. B ERGER K., Historische Psychologie des Neuen Testaments, Katholi sches Bibelwerk, Stuttgart 1 991 (trad. it. Psicologia storica del Nuovo Testamento, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo [MI] 1 994). BETZ H.-D., Hellenismus und Urchristentum, Mohr-Siebeck, Tiibin gen 1990. BEVTLER B., Habt keine Angst. Die erste johanneische Abschiedsrede (Joh /4) , Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 21990. ALANO
127
W.J., Jesu Zeichen im Johannesevangelium. Die Messias Erkenntnis im Jesus vor ihrem jiidischen Hintergrund, Mohr-Sie beck, Tiibingen 1987. BLACKBURN B., Theios Aner and the Markan Miracle Tradition. A Cri tique ofthe Theios Aner Concept as an Interpretative Background of the Miracle Tradition Used by Mark, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1 991 . B LOMBERG C.L., Interpreting the Parables, Apollos, Leicester 1990. BOISMARD M.-E. , Jésus un homme de Nazareth raconté par Mare l'é vangeliste, Cerf, Paris 1 996. BoRGHI E., La responsabilità della gioia. Vivere il Vangelo secondo Luca, Paoline, Milano 2000. - «Le 15, 1 1-32. Linee esegetiche globali», in RBibit 44(1996), 279307. B ORINO M.E., «Markan Christology: God-Language for Jesus?», in . NTSt 45(1999), 451 -471. B oRMANN L., Recht, Gerechtigkeit und Religion im Lukasevangelium, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 2001. BoRNKAMM G., Jesus von Nazareth, Kohlhammer, Stuttgart 141 988 ( trad. it. Gesù di Nazaret: i risultati di quaranta anni di ricerche sul « Gesù nella storia», Claudiana, Torino 1977). - «Die Offenbarung des Zornes Gottes. Rom 1 -3», im Studien zum Neuen Testament, Kaiser, Miinchen 1985, 136-160. BoUYER L., Spiritualité du Neuf Testament et des Pères, Desclée, Pa ris 1 966. BovoN F., Das Evangelium nach Lukas, Benziger, Ziirich 1989 ( trad. it. Vangelo di Luca. Ed. it. a cura di Oscar Ianovitz, Volume I, In troduzione. Commento a 1,1-9,50, Paideia, Brescia 2005). BRANDT P.- Y. - LUKINOVICH A., «L'adresse à Jésus dans les évangiles synoptiques», in Bib 79(2001), 17-50. B ROADHEAD E.K . , Teaching with Autority. Miracles and Christology in the Gospel of Mark, JSOT, Sheffield 1992. B uLTMANN R. , Das Evangelium nach Johannes, Vandenhoeck & Ru precht, Gottingen 1 91968. - «ÈM:Éro K'tÀ.», in ThWNT, II, 478. - «À.U1tÉro nÀ..», in ThWNT, IV, 314-325. Theologie des Neuen Testaments, Mohr-Siebeck, Tiibingen 41961 ( trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985). B nTNER
128
CARTER W., «The Crowds in Matthew's Gospel», in CathBibQ 55 (1993), 54-67. CATAUDELLA Q., Il romanzo classico, Ed. dell'Ateneo, Roma 1958. CERESA-GASTALDO A. (ed.), Biografia e agiografia antica e medieva le, EDB, Bologna 1 990. CoLOE M.L., «Welcome to the Household of God. The Foot Washing in John 13», in CathBibQ 66(2004), 400-415. CoNZELMANN H., Grundriss der Theologie des Neuen Testaments, Kai ser, Mtinchen 1 967 (trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Pai deia, Brescia 1972). - «xaipro K'tÀ..», in ThWNT, IX, 350-362. CouLOT C., Jésus et le disciple. Étude sur l'autorité messianique de Jé sus, Lecoffre et Gabalda, Paris 1987. CuLLMANN 0., Christologie des Neuen Testaments, Mohr-Siebeck, Tti bingen 1957 (trad. it. Cristologia del Nuovo Testamento, Mulino, Bologna 1970). DELORME J., Au risque de la parole. Lire des évangiles, du Seuil, Paris 1991 . DEVILLERS L., «Les trois témoins: une structure pour le quatrième évangile», in RBib 104(1997), 40-87. DIBELIUS M., Die Formgeschichte des Evangeliums, Mohr-Siebeck, Ttibingen 1933. Dooo C.H., The Interpretation ofthe Fourth Gospel, Cambridge Uni versity Press, London 51953 (trad. it. L'interpretazione del quarto vangelo, Paideia, Brescia 1 974). DoRMEYER D., Die Passion Jesu als Verhaltensmodell. Literarische und theologische Analyse der Traditions� und Redaktionsgeschi chte des Markuspassion, Aschendorff, Mtinster 1 974. DREWERMANN E., Markusevangelium: Bi/der von Er/Osung, Walter, Olten 1 987 (trad. it. Il Vangelo di Matteo: immagini di redenzio ne, Queriniana, Brescia 1994). DscHULNIGG P., Sprache, Redaktion und lntention des Markus-Evan geliums. Eigentumlichkeiten der Sprache des Markus-Evange liums und ihre Bedeutung fur die Redaktionskritik, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1986. DuPoNT J., «La parable de la brebis perdue (Mt 18, 12-14; Le 15, 47)», in Gregorianum 49(1968), 265-287.
129
- «La parabola degli invitati al banchetto nel ministero di Gesù», in J. D uPONT ET ALli (edd.), La parabola degli invitati al banchet to. Dagli evangelisti a Gesù, Paideia, Brescia 1978, 279-329. - «Les pèlerins d'Emmatis (Le 24, 13-35)», in L.M. D I AZ CARBONEL (ed.), Miscellanea Biblica B. Ubach, Abbadia de Montserrat, Montserrat 1954, 349-374. DONZL F., Pneuma. Funktionen des theologischen Begriffs in fruh christlichen Literatur, Aschendorff, Mtinster 2000. EBNER M., «lm Schatten der Grossen. Kleine Erzahlfiguren im Markusevangelium», in BibZ 44(2000) , 56-76. EcKERT J., «Christus als "Bild Gottes" und die Gottebenbildlichkeit des Menschen in der paulinischen Theologie» , in H. FRANKEMOL LE - K. KERTLEGE (edd.), Vom Urchristentum zu Jesus. Fs. zu J. Gnilka, Herder, Freiburg i.Br. 1989, 3 19-360. EcKERT M., «Geftihlsreligion», in Lexicon fii. r Theologie und Kirche, Herder, Freiburg i.Br. 1995, IV, 345-346. ErcHHOLZ G., Gleichnisse der Evangelien. Form, Vberlieferung, Aus legung, Neukirchener Verlag, Neukirchen 1 971 . ERLEMANN E., Das Bild Gottes in den synoptischen Gleichnissen, Kohlhammer, Stuttgart 1988. ERNST J., Das Evangelium nach Lukas, Pustet, Regensburg 1977 (trad. it. Il Vangelo secondo Luca, Morcelliana, Brescia 1 985). - Johannes. Ein theologisches Portrait, Patmos, Dtisseldorf 1 991 (trad. it. Giovanni. Un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1 994). - Lukas. Ein theologisches Portrait, Patmos, Dtisseldorf 1985 (trad. it. Luca. Un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1 988). - Markus. Ein theologisches Portrait, Patmos, Dtisseldorf 1987 (trad. it. Marco. Un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1 990). - Matthi:ius. Ein theologisches Portrait, Patmos, Dtisseldorf 1989 (trad. it. Matteo: un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1991). FABRIS R., Giovanni, Boria, Roma 1 992. - Luca, Cittadella, Assisi 2003. - Matteo, Boria, Roma 1996. FAUSTI S., Una comunità legge il Vangelo di Matteo, EDB, Bologna 1 998. FENDLER F., Studien zum Markusevangelium. Zur Gattung, Chrono logie, Messiageheimnistheorie und Uberlieferung des zweiten Evangeliums, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 991 . 130
FEUILLET A., Études johanniques, Desclée de Brouwer, Paris 1962.
J.A., The Gospel according to Luke, Doubleday, Garden City, NY 1985. FoRTE B., L'essenza del cristianesimo, Mondadori, Milano 2002. FoRTNA R. T. , The Fourth Gospel and lts Predecessors, Fortress, Edin burgh 1988. FowLER R.M., Let the Reader Understand. Reader-Response Critici sm and the Gospel of Mark, Fortress, Minneapolis 1991. FuHs H.F., «Angst», in GùRG M. - LANG B. (edd.), Neues Bibel-Lexi con, Benzinger, Ztirich 1 991, 107-108. GACHTER P. , Das Matthiiusevangelium, Tirolia, Innsbruck 1963. GAGNON R.A.J., «Statistica! Analysis and the Case of the Double De Iegation in Luke 7: 3-7a», in CathBibQ 55(1993), 709-731 . GATHERCOLE S., «Jesus' Eschatological Vision o f the Faii of Satan: Luke 10,18 Reconsidered», in ZeitNTWiss 94(2003), 143-163. GEIST H., Menschensohn und Gemeinde. Eine redaktionskritische Untersuchung zur Menschensohnpriidikation im Miitthausevan gelium, Echter, Wtirzburg 1986. GNILKA J., Das Evangelium nach Markus, Benziger, Ztirich 1 978 (trad. it. Marco, Cittadella, Assisi 1988). - Jesus von Nazareth, Herder, Freiburg 1993 (trad. it. Gesù di Na zaret: annuncio e storia, Paideia, Brescia 1 993). - Johannes Evangelium, Echter, Wtirzburg 1983. - Das Matthiiusevangelium, Herder, Freiburg i.Br. 1 986 (trad. it. Il Vangelo di Matteo, Paideia, Brescia 1 990-1991 ). - Neutestamentliche Theologie. Ein Oberblick, Echter, Wtirzburg 1989 (trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Bre scia 1992). GoPPELT L., Theologie des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ru precht, Gottingen 1975 (trad. it. Teologia del Nuovo Testamento, Morceiiiana, Brescia 1 983) . GouRGUES M., «The Priest, the Levite, and the Samaritan Revisited: A Criticai Note on Luke 10: 31-35», in JBibLit 1 17(1997), 709713. GouLDER M.D. , Luke. A New Paradigm, JSOT, Sheffield 1989. GRANT F. C., The Gospels. Their Origin and their Growth, Fa ber & Fa ber, London 1957. GRAsso S., Luca, Boria, Roma 1999. - «La parabola del re buono e del servo spietato (Mt 18,21-35). Analisi narratologica», in RBiblt 46(1998), 1 9-41 . FrTZMYER
131
Le idee fondamentali del Nuovo Testamento, Paoline, Mo dena 1 968. GREEN J.B., The Death of Jesus. Tradition and Interpretation in the Passion Narrative, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1988. GREEN M., The Message of Matthew. The Kingdom of Heaven, Inter Varsity, Leicester 2000. GROSEJAN J., L'ironie christique. Commentaire de l'Évangile selon Jean, Gallimard, Paris 1991 . GRUNDMANN W., Das Evangelium nach Markus, Evangelische Verlag sanstalt, Berlin 31 968. - Das Evangelium nach Matthiius, Evangelische Verlagsanstalt, Berlin 31972. HAMPEL V., Menschensohn und historischer Jesus. Ein Riitselwort als Schlussel zum messianischen Selbstverstiindnis Jesu, Neukirchner Verlag, Neukirchen 1990. HANCHEN E., Das Johannesevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1 980. HARRINGTON D. J. , The Gospel of Matthew, Liturgica) Press, College-· ville 1991 (trad. it. Vangelo secondo Marco, Queriniana, Brescia 1 992). HEININGER B. , Metaphorik, �rziihlstruktur und szenisch-dramatische Gestaltung in den Sondergutgleichnissen bei Lukas, Aschendorff, Miinster 1991. HELD H.J. , «Matthaus als Interpret der Wundergeschichten», in G. BoRNKAMM - G. BARTH - H.J. HELD ( edd. ), Oberlieferung und Aus legung im Matthiiusevangelium, Neukirchener Verlag, Neukirchen 1960. HENDINGER U., «Jesus und Volksmenge: Kritik der Qualifizierung der ochlos in der Evangelienauslegung», in TheolZ 32(1976), 201206. HERMANT D., «Structure littéraire du "discours communautaire" de Mathieu 18», in RBib 103(1996) , 76-90. HoLTZ T., «Kenntnis von Jesus und Kenntnis Jesu. Eine Skizze zum Verhaltnis zwischen historisch-philologischer Erkenntnis und hi storisch-theologischen VersHindnis», in ThLitZeit 79(1 979), 1 -12. HOBNER H., Biblische Theologie des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ruprecht, III, Gottingen 1 995 ( trad. it. Teologia biblica del Nuovo Testamento. III: Lettera agli Ebrei, Vangeli e Apocalisse. Epilegomenoi, Paideia, Brescia 2000). GRECH P.,
132
J. , Die Abendmahlsworte Jesu, Vandenhoeck & Ruprecht, Gèittingen 31 960 (trad. it. Le parole dell'Ultima Cena, Paideia, Brescia 1973). - Die Gleichnisse Jesu, Vandenhoeck & Ruprecht, Gèittingen 81970 (trad. it. Le parabole di Gesù, Paideia, Brescia 1967). - Neutestamentliche Theologie, Mohr-Siebeck, Giitersloh 1971. - Die Sprache des Lukasevangeliums. Redaktion und Tradition im Nicht-Markusstoff des dritten Evangeliums, Vandenhoeck & Ru precht, Gèittingen 1980. JoHNSON L.T. , The Gospel of Luke, Harrington, Collegeville 1991 (trad. it. Il Vangelo di Luca, Elledici, Torino 2004). KAHL W., «1st er urlaubt am Sabbat leben zu retten oder zu tèiten? (Mark. 3:4). Lebenswahrung am Sabbat im Kontext der Schriften vom Toten Meer und der Mischna», in Nov Test 40(1 998) , 313335. KAHLEFELD H., Die Gesta/t Jesu in den synoptischen Evangelien, Kne cht, Frankfurt 1981 . KARRER M., Jesus Christus im Neuen Testament, Vandenhoeck & Ru precht, Gèittingen 1998. KAsEMANN E., Exegetische Versuche und Besinnungen, Vandenhoeck & Ruprecht, Gèittingen 1 970 (trad. it. Saggi esegetici, Marietti, Casale Monferrato [AL] 1 985). KILGALLEN J.J., «Luke 15 and 16. A Connection», in Bib 78(1997) , 369-376. KINMAN B.R., «Parousia, Jesus' "A-Triumphal" Entry, and the Fate of Jerusalem (Luke 19: 28-48)», in JBibLit 1 1 8(1999) , 279-294. - «The Stones will Cry out (Luke 19,40) . Joy or Judgement?», in CathBibQ 75(1994), 232-235. KLOSTERMANN E., Das Lukasevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 1929. - Das Markusevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 51971. - Das Matthiiusevangelium, Mohr-Siebeck, Tiibingen 41971. KNIGHT J. , Luke 's Gospel, Routledge, London-New York 1998. KoRN M., Die Geschichte Jesu in veriinderter Zeit. Studien zur bleibenden Bedeutung Jesu im lukanischen Doppelwerk, Mohr-Sie beck, Tiibingen 1993. KosTENBERGER A.J., The Mission of Jesus and the Disciples according to the Fourth Gospel, Eerdmans, Grand Rapids-Cambridge 1 998. KosTER H., «crrtì..a:yxvov KtÀ.», in ThWNT, VII, 547-559. JEREMIAS
133
«Now Shall the Ruler of This World be Driven Out: Je sus' Death as Cosmic Battle in John 12: 20-36», in JBibLit 1 1 4(1995), 227-247. KRAFT H., Die Entstehung des Christentums, Wiessenschaftliche Buch gesellschaft, Darmstadt 1981. KREMER J. , Lukasevangelium, Echter, Wiirzburg 1 988. KOMMEL W.G., Die Theologie des Neuen Tescaments nach seinen Hauptzeugen Jesus, Paulus, Johannes, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 41 980 (trad. it. La teologia del Nuovo Testamento: Ge sù, Paolo, Giovanni, Paideia, Brescia 1976) . LABAHN M., Jesus als Lebensspender, de Gruyter, Berlin-New York 1 999. LÉGASSE S., L'Évangile de Mare, Cerf, Paris 1 997 (trad. it. Marco, Boria, Roma 2000). - Le procès de Jésus. La Passion dans les quatre évangiles, Cerf, Pa ris 1995. LÉON-DUFOUR X., Lecture de l'évangile selon Jéan, Du Seuil, Paris 1988-1990 (trad. it. Lettura dell'Evangelo secondo Giovanni, San Paolo, Cinisello Balsamo [MI] 1989�1 998). LÉTOURNEAU P. , Jésus, fils de l'homme et fils de Dieu. Jean 2,23 - 3,36 et la double christologie johannique, Bellarmin-Cerf, Montréal Paris 1992. LIMBECK M., Matthiius-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stutt gart 1986. - Markus-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 984. LoHMEYER E., Das Evangelium des Markus, Vandenhoeck & Rupre cht, Gottingen 1 937. - Das Evangelium des Matthiius, Vandenhoeck & Ruprecht, Got tingen 1958. LoHSE E., Grundriss der neutestamentlichen Theologie, Kohlhammer, Stuttgart 1974 (trad. it. Compendio di teologia del Nuovo Testa mento, Queriniana, Brescia 1987). Umwelt des Neuen Testaments, Vandenhoeck & Ruprecht, Got tingen 1 971 (trad. it. L'ambiente del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1980). LucK U., Das Evangelium nach Matthiius, Theologischer Verlag, Zti rich 1993. Luz U., Das Evangelium nach Matthiius, Benziger-Neukirchner, Zii rich 1990. KovAcs J.L.,
134
B.J. - RoHRBAUGH R.L., fohn, Fortress, Minneapolis 1 998. J.-J., The Christology of Mark. Does Mark's Christology sup port the Chalcedonian formula «truly man and truly God»?, Lang, Bern 1991. MARKUS J., «Mark - Interpreter of Pau)», in NTSt 46(2000), 473-485. - The Way ofthe Lord. Christological Exegesis ofthe Old Testament in the Gospel of Mark< Westminster-Knox, Louisville 1992. MARSHALL I.H., The Gospel of Luke. A Commentary on the Greek Test, The Paternoster Press, Exeter 1978. MAzzucco C. , Lettura del Vangelo di Marco, Zamorani, Torino 1 999. M EI S E R M., Die Reaktion des Volkes auf fesus. Eine redaktionskriti sche Untersuchung zu den synoptischen Evangelien, de Gruyter, Berlin-New York 1998. MEN KEN M.J.J., «The Position of <mÀayxviçeaeat and <mMYXva in the Gospel of Luke», in NTest 30(1 988), 1 07-1 14. MESLIN M., L'expérience httmaine du divin. Fondements d'une an thropologie religieuse, Desclée, Paris 1988. METZNER R., «Der Geheilte von Johannes 5 - Rapresentation des Unglaubens», in ZeitNTWiss 90(1999), 177-193. MENZIES R.P., The Development of Early Christian Pneumatology with Special Reference to Luke-Acts, JSOT, Sheffield 1991 . MEYNET R., fésus passe. Testament, jugement, exécution et résurrec tion du Seigneur fésus dans les évangiles synoptiques, Cerf, Ro me-Paris 1999 ( trad. it. La Pasqua del Signore. Testamento, pro cesso, esecuzione e resurrezione di Gesù nei vangeli sinottici, EDB, Bologna 2002). MIRANDA A., «"Corpo spirituale" in Origene e nella tradizione antio chena», in Gregorianum 84(2003), 1-17. - «Homo spiritalis neii'Ambrosiaster. La prima esegesi latina di un passo controverso della Prim� ai Corinti», in L'esegesi occidenta le dalle origini al V secolo, Augustinianum, Roma 2000, 501 -5 14. - «Modalità morfologiche di elaborazione dell'enunciato: indica zioni dai lapsus», in St.It. Linguist. Teor.Appl. 24(1 995), 529-544. - «L"'uomo spirituale" (nveUJ.LattKòç &vepcmtoç) nella Prima ai Co rinzi)), in RivBiblt 43(1995), 485-51 9. MoLONEY F.J., «Can Everyone be Wrong? A Reading of John 1 1 ,1 12,8)), i n NTSt 49(2003), 505-527. - The Gospel of fohn, Liturgica! Press, Collegeville 1998. MALWA MANN
135
- «Mark 6: 6b-30: Mission, the Baptist, and Failure», in CathBibQ 63(2001 ), 647-663. MOLTMANN J., Der Weg Jesu Christi: Christologie in messianischen Di mensionen, Kaiser, Miinchen 1989 (trad. it. La via di Gesù Cristo: cristologia e dimensioni messianiche, Queriniana, Brescia 1 991). MoNTEVECCHI 0., «Viscere di misericordia», in RBiblt 43(1995), 125133. Mooov SMITH M., John, Abingdon, Nashville 1 999. MORRIS L., The Gospel according to Matthew, Eerdmans, Grand Ra pids 1992. MosETTO F., Lettura del Vangelo secondo Luca, LAS, Roma 2003. MOLLER P.G., Lukas-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 31988. MOLLER U.B., «Parusie und Menschensohn», in ZeitNTWiss 92(2001 ), 1 -19. - «Zur Eigentiimlichkeit des Johannesevangeliums. Das problem des Todes Jesu», in ZeitNTWiss 88(1997), 24-55. NEYREY J.H., «The Absence of Jesus' Emotions. The Lucan Redac tion of Lk 22,39-46», in Bib 61(1980), 153-171 . - The Passion according to Luke. A Redaction Study of Luke's So teriology, Paulist, New York 1 985. NOTZEL J.M., Jesus als Offenbarer Gottes nach den lukanischen Schriften, Echter, Wiirzburg 1980. O 'TooLE F., «Does Luke Also Portray Jesus as the Christ in Luke 4, 16-30?», in Bib 76(1995), 498-522. OssoRNE T.P. , «Deux grandes structures concentriques centrales et une nouvelle approche du pian global de l'évangile de Luc», in RBib 1 10(2003), 197-221. PAFFENROTH K., «Jesus as Anointed and Healing Son of David in the Gospel of Matthew», in Bib 80(1999) , 547-554. PAGLIA V., Rinascere. Il vangelo di Giovanni in un tempo di crisi, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1995. PANIMOLLE S.A., L'evangelista Giovanni. Pensiero e opera letteraria del quarto evangelista, Boria, Roma 1989. PESCE M., «Il lavaggio dei piedi (Gv 13,1-20)», in G. GHIBERTI E COLLA BORATORI (edd.), Opera giovannea, Elledici, Torino 2003, 233-271. PESCE M. - DESTRO A., «La lavanda dei piedi di Gv 13,1-20, il "Ro manzo di Esopo" e i "Saturnali" di Macrobio», in Bib 80(1999), 240-249. 1 36
Das Markusevangelium, Herder, Freiburg i.Br. 1976 ( trad. it. Il Vangelo di Marco, Paideia, Brescia 1980-1982). PETZKE G., Das Sondergut des Evangeliums nach Lukas, Theologi scher Verlag, Ztirich 1 990. PITTNER B. , Studien zum lukanischen Sondergut. Sprachliche, theolo gische und formkritische Untersuchungen zu Sonderguttexten in Lk 5-19, St. Benno, Leipzig 1991 . PLUMER E., «The Absence of Exorcism in the Fourth Gospel», in Bib 78(1997) , 350-368. PùHLMANN W., Der verlorene Sohn und das Haus. Studien zu Lukas 15,11 -32 im Horizont der antiken Lehre von Haus, Erziehung und Ackerbau, Mohr-Siebeck, Ttibingen 1993. PoLLARD T.E., Johannine Christology and the Early Church, Cam bridge University Press, Cambridge 1970. PoRSCH F., Anwalt der Glaubenden. Das Wirken des Geistes nach dem Zeugnis des Johannesevangeliums, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1978. - Johannes-Evangelium, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1988. PRETE B., La passione e la morte di Gesù nel racconto di Luca, Pai deia, Brescia 1 996-1997. RADL W., Das Lukas-Evangelium, Wissenschaftliche Buchgesell schaft, Darmstadt 1988. RAu E., «Jesu Auseinandersetzung mit Pharisaern tiber seine Zuwendung zu Stinderinnen und Stindern. Lk 15,11-32 und Lk 18,10-14a als Worte des historischen Jesu>>, in ZeitNTWiss 89(1998), 5-29. RAVASI G. , Il Vangelo di Giovanni, EDB, Bologna 1989. REGENSTORF H., «KÀ.aiw KtÀ.», in Th WNT, III, 721 -725. REID B.E, «Violent Endings in Matthew's Parables and Christian Nonviolence», in CathBibQ 66(2004), 237-255. REISER M., Markus-Philologie. Historische, literar-geschichtliche und stilistische Untersuchungen zum zweiten Evangelium, Mohr-Sie beck, Ttibingen 1984. - Sintax und Stil des Markusevangeliums im Licht der hellenisti schen Volksliteratur, Mohr-Siebeck, Ttibingen 1984. RICCARDI A., Dio non ha paura. La forza del Vangelo in un mondo che cambia, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2003. RINBOLD w. , Der ii/teste Bericht uber den Tod Jesu. Literarische Analyse und historische Kritik der Passionsdarstellungen der Evangelien, de Gruyter, Berlin-New York 1994. PEsCH R.,
1 37
Apostolat - Verkundigung - Kirche. Ursprung, Inhalt und Funktion des kirklichen Apostelamtes nach Paulus, Lukas und den Pastoralbriefen, Mohn, Gtitersloh 1965. RucKSTUHL E. - DscHULNIGG P., Stilkritik und Verfasserfrage im Johannesevangelium. Die Johanneische Sprachmerkmale auf dem Hintergrund des Neuen Testaments und des zeitgenossischen hel lenistischen Schrifttums, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 991 . RuPPRECHT F., Krankenheit als Erfahrung des Lebens. Eine biblisch exegetische Studie, Fest, Heidelberg 1992. SABOURIN L., Il Vangelo di Matteo. Teologia ed esegesi, Paoline, Roma 1976. SAND A., Das Evangelium nach Matthiius, Pustet, Regensburg 1986 (trad. it. Il Vangelo secondo Matteo, Morcelliana, Brescia 1992). ScHENK W., Die Sprache des Matthiius. Die Text-konstituenten in ihren makro- und mikrostrukturellen Relationen, Vandenhoeck & Ru precht, Gottingen 1987. ScHENKE J., Das Johannesevangelium. Einfiihrung - Text - Dramati sche Gesta/t, Kohlhammer, Stuttgart 1992. - Das Markus-Evangelium, Kohlhammer, Stuttgart 1 988. ScHLAITER A., Der Evangelist Matthiius. Seine Sprache, seines Zie/, seine Selbstiindigkeit. Ein Kommentar zum ersten Evangelium, Kohlhammer, Stuttgart 1929. - Die Geschichte des Christus, Calwer, Stuttgart 1977. ScHMAHL G., Die Zwolf im Markusevangelium. Eine redaktiongeschi chtliche Untersuchung, Paulinus, Trier 1974. ScHMID J. , Das Evangelium nach Matthiius, Pustet, Regensburg 41959 ( trad. it. L'evangelo secondo Matteo, Morcelliana, Brescia 1 976). ScHMITHALS W., Das Evangelium nach Lukas, Theologischer Verlag, Ztirich 1980. - Das Evangelium nach Matthiius, Theologischer Verlag, Ztirich 1 979. ScHMOCKER R., «Zur Funktion der Wundergeschichten im Markus evangelium}}, in ZeitNTWiss 84( 1993), 1-26. ScHNACKENBURG R., Das Johannesevangelium, Herder, Freiburg i.Br. 1965-1971 (trad. it. Il Vangelo di Giovanni, Paideia, Brescia 19731987). - Matthiiusevangelium, Echter, Wtirzburg 1 985-1987. RòLOFF J. ,
138
- Die Person Jesu Christi im Spiegel der Gleichnissen von vier Evangelien, Herder, Freiburg i.Br. 1993 (trad. it. La persona di Gesù Cristo nei quattro vangeli, Paideia, Brescia 1995). - Die sittliche Botschaft des Neuen Testaments. Die urchristliche Verkundiger, Herder, Freiburg i.Br. 51988 ( trad. it. Il messaggio morale del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1989-1 990). SCHNEIDER J., Das Evangelium nach Johannes, Evangelischer Verlag, Berlin 1976. - Das Evangelium nach Lukas, Gi.itersloh-Echter, Wi.irzburg 1977. - «"Der Menschensohn" in der lukanischen Christologie>>, in R. PEscH ( ed ) Jesus und der Menschensohn, Herder, Freiburg i.Br. 1975, 267-282. ScHOLTISSEK K., Die Vollmacht Jesu. Traditions- und redaktionsgeschi chtliche Analysen zu einem Leitmotiv markinischer Christologie, Aschendorff, Mi.inster 1992. ScHREIBER J., Die Markuspassion. Eine redaktionsgeschichtliche Un tersuchung, de Gruyter, Berlin-New York 21993. - Theologie des Vertrauens. Eine redaktionsgeschichtliche Ùntersuchung des Markusevangeliums, Furche, Hamburg 1967. . ScHuLz S. , Das Evangelium nach Johannes, Vandenhoeck & Rupre cht, Gottingen 1972. ScHORMANN H., Das Lukasevangelium, Herder, Freiburg 1969 ( trad. it. Il Vangelo di Luca: testo greco e traduzione, Paideia, Brescia 1983). - Der Paschamahlbericht. Lk 22, (7-14) 15-18, Aschendorff, Mtin ster 1953. ScHWEIZER E., Das Evangelium nach Lukas, Vandenhoeck & Rupre cht, Gottingen 1982. - Das Evangelium nach Markus, Vandenhoeck & Ruprecht, Got tingen 1 967. - Das Evangelium nach Matthiius ubersetzt und erkliirt, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1973. Theologische Einleitung in das Neuen Testament, Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1989 (trad. it. Introduzione teologica al Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1 992). SEGALLA G. , Evangelo e Vangeli, EDB, Bologna 1992. - Panorama teologico del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1987. SENFT C., L'Évangile selon Mare, Labor et Fides, Genève 1 991 . .
,
·
139
M.L., The Passion according to Luke. The Special Materia/ of Luke 22, JSOT, Sheffield 1987. SùDING T., Glaube bei Markus. Glaube an das Evangelium, Gebets glaube und Wunderglaube im Kontext der markinischen Basi leiatheorie und Christologie, Katholisches Bibelwerk, Stuttgart 1 985. - «"Ich und der Vater sind eins" (Joh 10,30). Die johanneische Christologie vor dem Anspruch des Hauptgebotes (Dtn 6,4 f.)», in ZeitNTWiss 93(2002), 177-199. SOLAGES M. DE, Jean et /es Synoptiques, Brill, Leiden 1979. SOMMER U., Die Passionsgeschichte des Markusevangeliums. Uberle gungen zur Bedeutung der Geschichte filr den Glauben, Mohr Siebeck, Tiibingen 1993. SPICO C., Lexique théologique du Nouveau Testament, Cerf, Paris 1991 . STAHLIN G. , «ÒpyiJ nÀ..», in ThWNT, V, 382-448. STAUFFER E., «àya7taro K'tA.», in Th WNT, l, 20-55. STIBBE M.W.G., John, JSOT, Sheffield 1993. - «A Tomb with a View: John 1 1 , 1-46 in Narrative - Criticai Per spective», in NTSt 40(1994), 38-54. STUHLMACHER P. , Biblische Theologie des Neuen Testaments, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1992. TAGAWA K., Miracles et évangile. La pensée personelle de l'évangéliste Mare, Presses Universitaires, Paris 1 966. TALBERT C.H., «Indicative and Imperative in Matthean Soteriology», in Bib 79(2001), 515-538. TANNEHILL R. C., The Narrative Unity of Luke-Acts. A Literary Inter pretation, Fortress, Philadelphia 1986. TAYLOR D.B., Mark's Gospel as Literature and History, S CM , London 1992. TAYLOR V., The Gospel according to St. Mark, MacMillan, London 1 959 (trad. it. Marco. Commento al Vangelo messianico, Cittadel la, Assisi 1977). THOSING W. , Die Erhohung und Verherrlichung Jesu im Johannes evangelium, Aschendorff, Miinster 1960. TRILLING W. , Hausordnung Gottes. Eine Auslegung von Matthiius 18, Patmos, Diisseldorf 1 960. - Das wahre Israel. Studien zur Theologie des Matthiiusevange liums, St. Benna, Leipzig 1962 (trad. it. Il vero Israele. Studi sulla teologia del vangelo di Matteo, Piemme, Casale Monferrato [AL] 1992). SOARDS
140
M., La Christologie de St-Marc, Desclée, Paris 2001. C. , Das Menschenbild nach dem Johannesevangelium. Grund lagen johanneischer Anthropologie, Mohr-Siebeck, Tiibingen 2001 . VAGANAY L., Le problème synoptique, Desclée, Paris 1954. VAN IERSEL B. , Markus. Kommentar, Patmos, Diisseldorf 1993 (trad. it. Marco. La lettura e la risposta. Un commento, Queriniana, Bre scia 2000). VIVIANO B.T., «John's Use of Matthew: Beyond Tweaking», in RBib 1 1 1 (2004), 209-237. VLEDDER E.J., Conflict in the Miracle Stories. A Socio-Exegetical Study of Mt 8 and 9, Sheffield Academy, Sheffield 1997. VoGT T., Angst und Identitiit im Markusevangelium. Ein textpsycho logischer und sozialgeschichtlicher Beitrag, Vandenhoeck & Ru precht/Universitatsverlag, Gottingen-Fribourg 1993. VoiGT G., Licht, Liebe, Leben. Das Evangelium nach Johannes, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1 991. WEIFEL W. , Das Evangelium nach Lukas, Evangelischer Verlag, Ber lin 1988. WEISS W. , «Eine neue Lehre in Vollmacht». Die Streit- und Schulge spriiche des Markus-Evangeliums, de Gruyter, Berlin 1989. WENDLAND H.D., Ethik des Neuen Testaments. Eine Einfuhrung, Van denhoeck & Ruprecht, Gottingen 1970 (trad. it. Etica del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1975). WIKENHAUSER A., Das Johannesevangelium, Pustet, Regensburg 1961 (trad. it. L'evangelo di Giovanni, Morcelliana, Brescia 1962). WITHERINGTON B., The Gospel of Mark, Eerdmans, Grand Rapids Cambridge 2001. WoLLAND J., Word biblica/ commentary: Luke, Word, Dallas 1993. WouTERS A., « wer den Willen meines Vaters tut». Eine Untersu chung zum Verstiindnis vom Handeln im Matthiiusevangelium, Pustet, Regensburg 1992. WREGE H.-T., Das Sondergut des Matthiius-Evangeliums, TV, Ziirich 1 991 . WRIGHT N. T., Jesus and the Victory of God. Christian Origins and the Question of God, Fortress, Minneapolis 1996. ZuMSTEIN J., «Le disciple bien-aimé», in Foi et Vie 86(1987), 47-58. TRIMAILLE URBAN
...
141
INDICE
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
p ag.
7
..
»
l. TIPOLOGIA LESSICALE DEI VERBA AFFECTUUM . . . . . . . . . . . . . . . Il. TIPOLOGIA CONTESTUALE DEI VERBA AFFECTUUM . . . . . . . . . . III. OccoRRENZE DEI VERBA AFFECTUUM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
))
l
))
25
))
26
))
26
))
28
))
29
))
31
))
35
))
37
))
39 40
Introduzione
'
......................................................................
.
.
I sentimenti dell'umanità di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
. . . . .. . . . . . . . . . . ... . . .. . . ... . ... . . . 1.1. Mt 23,37; Le 13,34: il desiderio di protezione divina («volere», thélo) .................. ....................... . . 1.2. Le 12,49-50: la sollecitudine per il realizzarsi della salvezza («volere», thélo; «essere angosciato», synéchomai) .................................................. . 1.3. Le 22,15: il desiderio di rendere partecipi della Passione («desiderare», epithyméo; «soffrire», pascho) ............ ......................... . . . . . . ............. . . . . . . . . . . 1.4. Mc 8,31; Mt 16,21; Le 9,22: la sofferenza come destino del Messia («soffrire», pascho) ............ . 1.5. Mc 9,12; Mt 17, 12: la sofferenza come prospettiva della salvezza («soffrire», paschO) ............... . . 1.6. L e 1 7,25: il dolore preescatologico del Figlio dell'uomo («soffrire», pascho) ........................... . 1. 7. Le 24,26: la sofferenza come dimensiòne messianica («soffrire», pascho) ................................ . .
A) ATTITUDINI
..
.
..
...
.
.
....
. .
.
..
.
.
.
...
.
....
.
..
..
.
.
B)
TURBAMENTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
1.8. Le 19, 41: il pianto sulla rovina di Gerusalemme («piangere», klafo) . . .. . . . . . .. .. . . . . .. ..
..
...
.......
.....
....
.
.....
»
))
))
11 14 17 21
40 143
1. 9. Gv 12,27-13,21: lo sconvolgimento prima della morte («essere turbato»!«commuoversi», tanissomai) ...... .......... ................................. . . . . . . . . . . . ....... . C) REAZIONI . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.10. Mc 6,6: la meraviglia per l'incredulità degli interlocutori («meravigliarsi», thammizo) ............ . 1.11. Mt 8, 10; Le 7, 9: l'ammirazione di fronte alla fede («essere ammirato», thaumazo) .................... . 1. 12. Mt 18,34: lo sdegno per la mancata condivisione dei sentimenti di Dio (<<sdegnarsi>>, orghizomai) 1. 13. Mt 22, 7; Le 14,21: l'ira di fronte all'ingratitudine degli uomini (<
» »
42 46
»
46
»
48
»
52
»
54
I sentimenti deU'intimità di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
A ) ATTITUDINI . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
59 60
2
2. 1. Mc 10,21: l'affetto che induce alla salvezza (<>, agapao) ......................... ...................... . 2.2. Gv 13,1: l'amore messianico della Passione (<>, agapao) .............................. . . . .............. . 2.3. Gv 11,5; 13,23; 1 9,26; 20,2; 21, 7; 21,20: l'amore di Gesù per i singoli discepoli (« voler bene»><>, pisteuo) ........... ...................................................... .
B)
REAZIONI
···•······•·•·•·· ··••·····•···········•••·····························•·
2.5. Mc 10,14: il risentimento dinanzi al falso zelo dei discepoli (<>, aganaktéo) ............. . 2.6. Mt 10,33; Le 9,26: la vergogna davanti all'indif ferenza degli uomini (<>, epaischynomai) ................................................................... . 2. 7. Le 15,15: la gioia per il peccatore ritrovato (<<essere contento>>, chairo) ....................................... . . 2. 8. Gv 11,5: la gioia per il manifestarsi della salvezza (<<essere contento>>, chairo) ............................ .
»
60
»
62
»
64
»
))
66 69
))
69
))
70
»
72
))
75
A ) ATTITUDINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
)) ))
3. 1. Le 18, 7: La magnanimità di fronte alla preghie ra dei figli (<>, makrothyméo) ......
77 78
))
78
3
144
I sentimenti della divinità di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2. Mt 18,27: la magnanimità e compassione di fronte all 'invocazione di pietà («aver pazienza», makrothyméo; «impietosirsi», splagchnizomai) B) TURBAMENTO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . : . . . . . . . . . . . . . . . 3.3. Mc 14,33; Mt 26,37: il turbamento di fronte alla morte («sentire paura/provare tristezza», ekthambéomai/lypéomai; «provare angoscia», ademonéo) ............................................................ . 3.4. Gv 11,33: lo sconvolgimento di fronte al destino («commuoversi», embrimaomai; « turbarsi», tarasso; «scoppiare in pianto», dakryo) . . . . . ....... .. C) REAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5. Mc 3,5: l'afflizione per la durezza di cuore («rattristarsi», syllypéomai) ...................... .................. 3. 6. Mc 1,41: la compassione che genera il miracolo («essere mosso a compassione», splagchnizomai) .......................................... ........................ .... 3. 7. Mc 6,34; Mt 14,14: la commozione di fronte alle folle («commuoversi»!«sentire compassione», splagchnizomai) ...... ; . . . . . . . . .. . . . . . . .. . . . ... . . . 3.8. Mc 8,2; Mt 15,32: la rivelazione della compassio ne ai discepoli (<<sentire compassione», splagchnizomai) .................................. . . . . . . .................... . 3. 9. Mt 9,36: la comp(lssione per la stanchezza delle folle («sentire compassione», splagchnizomai) . 3. 10. Mt 20,34: la commozione di fronte alla richiesta di guarigione («commuoversi», splagchnizomai) 3.11. Le 7,13: la compassione di fronte al dolore («avere compassione», splagchnizomai) .......... . 3. 12. Le 10,33: la compassione per l'uomo sofferente («avere compassione», splagchnizomai) .......... . . 3. 13. Le 15,20: la compassione di fronte alla conver sione del peccatore («essere commosso», splagchnizomai) .............................. . . . . . .............. . . . . . . . .... . D) RIVELAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. 14. Le 10,21: l'esultanza nello Spirito per la rivelazione («esultare», agalliao) ................................. .....
.
.
...
...
...
...
..
..
.
..
.
..
.
...
..
.
85
))
88 93
.
))
93
))
95
))
97
))
99
))
101
))
103
))
105
))
108
))
1 10 114
..
.
..
))
.
))
114
))
1 17
))
123
))
127
L'immagine del Cristo come alterità e come modello
Conclusioni
��
��
.
4
80 85
.
..
...
��
))
..........................................................................
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
145