Universit` a di Modena e Reggio Emilia Facolt` a di Ingegneria - sede di Modena
LEZIONI di MECCANICA RAZIONALE A
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Universit` a di Modena e Reggio Emilia Facolt` a di Ingegneria - sede di Modena
LEZIONI di MECCANICA RAZIONALE A
Docente: Prof. Valter Franceschini
Corsi di Laurea in Ingegneria (NOD) - a.a. 2009/2010 -
PREFAZIONE
Il corso di Meccanica Razionale A si pone come obiettivi specifici quelli di introdurre gli elementi di base della Meccanica Classica e di fornire gli strumenti matematici essenziali per la costruzione e lo studio dei modelli che descrivono i fenomeni meccanici. Queste dispense, che raccolgono le lezioni tenute dall’autore negli ultimi anni presso le Facolt`a d’Ingegneria di Modena e Reggio Emilia, sono intese da una parte come un supporto alla didattica, dall’altra come un testo dove il futuro ingegnere potr`a recuperare utili nozioni eventualmente dimenticate. Le dispense comprendono sei capitoli. Il primo `e dedicato ai vettori e propone tutti gli strumenti di calcolo vettoriale necessari per lo svolgimento del corso. Il secondo e il terzo capitolo trattano rispettivamente la geometria della masse, vale a dire baricentri e momenti d’inerzia, e la cinematica. Nel quarto vengono introdotte diverse nozioni propedeutiche alla formulazione e allo studio dei problemi della Meccanica, quali i postulati fondamentali, i concetti di forza, di vincolo, di lavoro, di potenziale, etc. Gli ultimi due capitoli propongono infine la Meccanica vera e propria: prima quella del punto, poi quella dei sistemi. Una considerazione `e doverosa circa gli argomenti trattati nei capitoli quinto e sesto. La necessit`a di limitare i contenuti del corso ha comportato l’esclusione di argomenti di grande interesse, quali i fenomeni dei battimenti e della risonanza, il problema dei due corpi, i fenomeni giroscopici, il moto dei sistemi articolati, le piccole oscillazioni, lo studio qualitativo dei moti mediante il teorema di Weierstrass. Questi argomenti potranno per`o essere recuperati, per obbligo o per scelta, col corso di Meccanica Razionale B da quegli studenti che proseguiranno gli studi con la laurea specialistica dopo aver conseguito quella triennale. Nella stesura di queste dispense si `e cercato di conciliare due esigenze: da una parte, per non appesantire troppo il corso, la necessit`a di proporre solo argomenti ritenuti basilari; dall’altra, per non rinunciare a priori alle possibili ricadute formative della materia, la volont`a di mantenere formalismo e rigore matematico associati a propriet`a di linguaggio. Il corso di Meccanica Razionale A, oltre alla trattazione di gran parte degli argomenti qui considerati, prevede lo svolgimento di un certo numero di esercitazioni. I problemi che sono affrontati in queste esercitazioni, e che sono destinati a far parte integrante del programma d’esame, sono inclusi nelle dispense Esercitazioni di Meccanica Razionale A, tutti completamente risolti. A conclusione di questa prefazione l’autore desidera porgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che in qualche misura hanno contribuito negli anni alla messa a punto di questo lavoro: innanzitutto il Prof. Italo Ferrari per tutto quanto gli ha insegnato di Meccanica, poi la Dott.ssa Cecilia Vernia per le sue osservazioni e i suoi suggerimenti, infine tutti gli studenti che gli hanno fatto notare imprecisioni o mancanza di chiarezza.
i
INDICE
1. Calcolo vettoriale 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8
1
Vettori e loro prime propriet`a Somma di vettori Prodotto scalare Prodotto vettoriale Prodotto misto Rappresentazione cartesiana dei vettori Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale Vettori variabili e loro derivazione
2. Geometria delle masse 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7
20
Massa Baricentro Momento d’inerzia Calcolo dei momenti d’inerzia Ellissoide d’inerzia Assi principali d’inerzia Momento d’inerzia polare
20 21 23 24 26 28 30
3. Cinematica 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 3.15 3.16 3.17 3.18 3.19 3.20 3.21
1 2 6 8 9 10 14 15
31
Terna intrinseca ad una curva Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria Velocit`a Accelerazione Classificazione dei moti Classificazione dei moti in base alla legge oraria Moto circolare Corpo rigido: generalit`a Formule di Poisson Formula fondamentale della cinematica rigida Stati cinetici Stato cinetico rotatorio Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo Composizione degli stati cinetici Definizione del problema della Cinematica relativa Teoremi di composizione delle velocit`a e delle accelerazioni Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori Moto rigido piano Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica Esempi di moti rigidi piani ii
31 33 34 35 36 37 39 40 43 44 45 47 49 50 51 53 54 56 57 59 60
3.22 3.23 3.24 3.25 3.26
Equazioni parametriche della base e della rulletta Polo delle accelerazioni Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto Sistemi di riferimento equivalenti Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto
61 63 64 65 66
4. Concetti e nozioni fondamentali della Meccanica
68
4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15 4.16 4.17 4.18 4.19 4.20 4.21 4.22 4.23 4.24 4.25 4.26 4.27 4.28 4.29
Forze Leggi fondamentali della Meccanica Sistemi meccanici Vincoli Numero di gradi di libert`a Parametri lagrangiani e sistemi olonomi Altri esempi di vincoli Spostamenti infinitesimi Configurazioni interne e di confine Forze attive Reazioni vincolari Vettori caratteristici di un sistema di forze Sistemi equivalenti di forze Sistemi elementari di forze Teorema di equivalenza sui sistemi di forze Operazioni elementari sulle forze Sistemi di forze interne Sistemi di forze parallele Forza peso Misura della massa Lavoro reale infinitesimo Lavoro finito Lavoro virtuale Lavoro infinitesimo delle forze applicate ad un corpo rigido Forze posizionali Sistemi conservativi di forze Esempi significativi di sistemi conservativi di forze Potenza Vincoli perfetti
5. Meccanica del punto 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7 5.8
68 70 71 72 74 75 76 78 80 81 81 83 85 86 86 89 90 91 92 93 94 95 95 96 97 97 99 101 102 104
I problemi della Meccanica La legge di Newton Moto di un punto libero Moto di un punto vincolato senza attrito Equilibrio di un punto libero o vincolato senza attrito Possibili casi di equilibrio di un punto Punto vincolato con attrito: relazioni di Coulomb Oscillazioni libere
iii
104 106 106 106 109 110 111 112
5.9 5.10 5.11 5.12 5.13 5.14 5.15
Quantit`a di moto ed energia cinetica di un punto Teoremi delle forze vive e di conservazione dell’energia Momento della quantit`a di moto di un punto Integrali primi del moto di un punto Pendolo semplice Moto ed equilibrio relativo Forza centrifuga
6. Meccanica dei sistemi 6.1 6.2 6.3 6.4 6.5 6.6 6.7 6.8 6.9 6.10 6.11 6.12 6.13 6.14 6.15 6.16 6.17 6.18 6.19 6.20 6.21 6.22
115 115 116 118 119 121 124 126
Equilibrio di un sistema meccanico Principio dei lavori virtuali Configurazioni d’equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti Equilibrio dei sistemi conservativi Stabilit`a dell’equilibrio Equazioni cardinali della statica Problemi staticamente determinati Equilibrio di un corpo rigido con asse fisso Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano Sistemi composti Attrito fra due corpi rigidi Quantit`a di moto di un sistema Momento delle quantit`a di moto di un sistema Energia cinetica di un sistema Equazioni cardinali della dinamica Teoremi dell’energia Integrali primi Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediante le equazioni cardinali della Dinamica Principio di D’Alembert Equazioni di Lagrange Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo Pendolo fisico
126 127 128 129 130 132 133 135 137 139 140 142 143 146 149 151 152 153 154 155 156 157
Bibliografia
158
Indice analitico
159
Ultime modifiche apportate il 10/09/08
.
iv
1. CALCOLO VETTORIALE
1.1 Vettori e loro prime propriet` a Ogni grandezza fisica risulta matematicamente ben definita quando `e possibile associare ad essa un opportuno ente matematico in modo da rappresentarne quantitativamente tutte le ` noto che alcune grandezze come la lunghezza sono completamente caratteristiche fisiche. E individuate da un valore numerico; esse sono dette grandezze scalari. Per altre grandezze, quali lo spostamento e la velocit`a di un punto, un numero non `e sufficiente a caratterizzarle: per esse occorre un vettore. Di conseguenza sono dette grandezze vettoriali. Un vettore `e un ente matematico caratterizzato da un numero (non negativo), da una direzione e da un verso. Un vettore a (nei testi denotato anche con a oppure a) viene sempre rappresentato da un segmento orientato (ossia da un segmento munito di freccia). La lunghezza del segmento, misurata in una certa scala, `e il numero (positivo) che caratterizza il vettore e che viene chiamato modulo del vettore stesso; esso verr`a denotato con jaj o, pi` u semplicemente con a. La direzione della retta che contiene il segmento `e la direzione del vettore; il verso `e dato dal verso della freccia. Un vettore di modulo unitario si dice versore; un vettore di modulo zero `e detto vettore nullo. Per quest’ultimo, che denotiamo con 0, la direzione ed il verso possono essere presi ad arbitrio. Se A e B sono gli estremi del segmento che rappresenta un vettore (con verso da A a B), il vettore pu`o indicarsi col simbolo B ¡ A, cio`e come differenza di punti. Il modulo del vettore B ¡ A vale la lunghezza del segmento AB. Il punto A si chiama origine o primo estremo del vettore, il punto B secondo estremo. Un vettore `e dunque rappresentabile nello spazio mediante 13 segmenti orientati equipollenti, cio`e aventi la stessa lunghezza, la stessa direzione e lo stesso verso. Da qui segue l’ovvia assunzione che due vettori sono uguali quando sono equipollenti. A rimarcare il fatto che ad un vettore, a differenza di ogni segmento orientato, non corrisponde una posizione precisa nello spazio, si dice che `e un vettore libero. Qualche volta per`o risulta necessario associare ad un vettore a una precisa origine A, ossia una ben de1
terminata localizzazione nello spazio. In tal caso si parla di vettore applicato e lo si indica con la notazione (A, a). L’origine A `e detta punto d’applicazione del vettore. Occorre comunque sottolineare il fatto che ogni volta che si parla semplicemente di un vettore, si intende un vettore libero. Se due vettori, entrambi rappresentati come differenza di punti, sono uguali, si ha B¡A=D¡C, per cui, essendo ABCD un parallelogramma, risulta anche C ¡A=D¡B.
Definizione
Si definisce prodotto di un numero reale m per un vettore a, e si scrive ma,
il vettore di modulo jmjjaj, di direzione uguale a quella di a, e di verso uguale od opposto a quello di a a seconda che m `e positivo o negativo. In particolare, se m=¡1 si ha il vettore ¡a che `e detto vettore opposto di a. Poich`e l’opposto di B ¡ A `e A ¡ B, vale la relazione B ¡ A = ¡(A ¡ B) , vera anche in senso algebrico, cio`e considerando i punti come se fossero numeri. Due vettori sono paralleli se hanno la stessa direzione; essi sono poi concordi o discordi a seconda che abbiano oppure no lo stesso verso. Teorema
Se b e a sono due vettori paralleli (con a 6 = 0) esiste un numero reale m tale
che b = ma . b b La dimostrazione `e immediata. Si prenda m = + oppure m = ¡ a seconda che i due a a ` facile vedere che b e ma hanno la stessa direzione e lo vettori siano concordi o discordi. E b stesso verso; inoltre, poich´e jmaj = a = b, il modulo di ma coincide col modulo di b. a 1.2 Somma di vettori Siano dati due vettori a1 ed a2 . Si costruiscano due vettori consecutivi A1 ¡ A ed A2 ¡ A1 uguali rispettivamente ad a1 e ad a2 (l’origine del secondo vettore viene fatta coincidere col secondo estremo del primo). 2
Definizione
Si chiama somma o vettore risultante dei vettori a1 ed a2 il vettore A2 ¡ A,
cio`e a1 + a2 = A2 ¡ A . La somma di due vettori gode della propriet`a commutativa. Infatti, completando il parallelogramma di lati AA1 e A1 A2 , si ha subito che A2 ¡A `e la somma dei vettori A3 ¡ A ed A2 ¡ A3 , uguali rispettivamente ad a2 ed a1 . Quindi si ha a2 + a1 = a1 + a2 . Si considerino ora n vettori a1 , a2 , . . . , an , con n ¸ 3. Costruiamo la poligonale (in generale non piana) formata dagli n vettori consecutivi A1 ¡ A, A2 ¡ A1 , . . . , An ¡ An−1 , uguali rispettivamente ad a1 , a2 , . . . , an . Definizione
Il vettore An ¡ A si dice
somma o vettore risultante degli n vettori dati, ossia (1.1) a1 + a2 + a3 + ¢ ¢ ¢ + an = An ¡ A . Notiamo che se An coincide con A, cio`e se la poligonale `e chiusa, la somma dei vettori `e nulla (cio`e `e uguale al vettore nullo). La somma di vettori gode delle propriet`a commutativa ed associativa. Quest’ultima propriet`a, di cui ovviamente ha senso parlare solo nel caso di almeno tre addendi, si prova subito nel caso di vettori consecutivi. Infatti, sostituendo, per esempio, ai tre vettori consecutivi a2 , a3 ed a4 al primo membro della (1.1) la loro somma A4 ¡ A1 , si ottiene a1 + (a2 + a3 + a4 ) + ¢ ¢ ¢ + an = (A1 ¡ A) + (A4 ¡ A1 ) + ¢ ¢ ¢ + (An ¡ An−1 ) = = An ¡ A = a1 + a2 + a3 + a4 + ¢ ¢ ¢ + an , conforme alla propriet`a associativa. Sfruttando il fatto, gi`a dimostrato, che per la somma di due vettori la propriet`a commutativa vale, si ha poi a1 + a2 + a3 + ¢ ¢ ¢ + an = a1 + (a2 + a3 ) + a4 + ¢ ¢ ¢ + an = = a1 + (a3 + a2 ) + a4 + ¢ ¢ ¢ + an = = a1 + a3 + a2 + a4 + ¢ ¢ ¢ + an , 3
ed in questo modo risulta provata la propriet`a commutativa per due vettori consecutivi. Poich´e due vettori non consecutivi possono essere resi tali con opportuni scambi, ´e facile provare che la propriet`a commutativa `e valida in generale. Si pu`o notare che la (1.1) pu`o essere cos`ı riscritta (A1 ¡ A) + (A2 ¡ A1 ) + ¢ ¢ ¢ + (An ¡ An−1 ) = An ¡ A , relazione vera anche in senso algebrico. Osserviamo che vale la relazione B ¡ A = (B ¡ C) + (C ¡ A) che permette di aggiungere e togliere un punto come se fosse un numero. Definizione
Si chiama differenza fra due vettori la somma del primo vettore con l’opposto
del secondo, cio`e a1 ¡ a2 = a1 + (¡a2 ) . La differenza di vettori gode delle stesse propriet`a della differenza fra numeri. Enunciamo ora due teoremi di cui omettiamo la facile dimostrazione. Teorema
In una uguaglianza fra vettori del tipo a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + an = b1 + b2 + ¢ ¢ ¢ + bm
si pu`o trasportare un vettore da un membro all’altro come se fosse un numero, cio`e cambiando il suo segno. Teorema
Il prodotto di un numero per una somma di vettori vale la somma dei singoli
vettori moltiplicati per quel numero, cio`e m(a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + an ) = ma1 + ma2 + ¢ ¢ ¢ + man . I due teoremi che seguono (con dimostrazione) sono particolarmente importanti. Essi riguardano la possibilit`a di decomporre un vettore secondo delle direzioni assegnate. Prima di enunciarli e dimostrarli, premettiamo la seguente nozione: le direzioni di tre o pi` u vettori sono complanari se, rappresentati i vettori con l’origine in comune, essi risultano contenuti in uno stesso piano. 4
Teorema
Un vettore a si pu`o sempre decomporre nella somma di due vettori a1 ed a2
aventi direzioni distinte assegnate, ma complanari con quella di a. Dimostrazione. Posto a = B ¡ A, si considerino le due rette passanti per A e parallele alle direzioni date (quindi complanari con a) e le altre due rette passanti per B anch’esse parallele a quelle direzioni. Si determina cos`ı un parallelogramma ADBC e si ha a = B ¡ A = (B ¡ D) + (D ¡ A) = a1 + a2 , con a1 e a2 uguali rispettivamente ai vettori D ¡ A e B ¡ D, e quindi con direzioni uguali a quelle assegnate. Teorema
Ogni vettore a si pu`o sempre decomporre nella somma di tre vettori aventi
direzioni assegnate non complanari. Sia A l’origine del vettore B ¡ A, uguale ad a, e siano r1 , r2 , r3 tre rette passanti per A e parallele alle direzioni date. Nel caso particolare che a abbia la stessa direzione di una delle tre rette, per esempio r3 , allora il teorema `e gi`a dimostrato in quanto i due vettori paralleli a r1 ed r2 possono considerarsi nulli, mentre quello parallelo ad r3 `e a. Se a non `e parallelo a nessuna delle tre rette, sia r′ l’intersezione fra il piano individuato da r1 ed r2 e quello individuato da B ¡ A ed r3 . Poich`e B ¡ A, r′ ed r3 sono complanari ed r ′ ed r3 sono rette distinte, si pu`o decomporre B ¡ A in due vettori a′ ed a3 paralleli rispettivamente ad r ′ ed r3 , tali che si abbia a = a′ + a3 . Ma a′ si pu`o decomporre secondo i due vettori a1 ed a2 paralleli ad r1 ed r2 . Di conseguenza sar`a a′ = a1 + a2 , e quindi a = a1 + a2 + a3 , con a1 , a2 e a3 aventi rispettivamente le direzioni di r1 , r2 ed r3 . 5
Si noti che il vettore a `e la diagonale del parallelepipedo di spigoli a1 , a2 , a3 , qualora questi quattro vettori abbiano tutti origine in A. Se r3 `e normale al piano di r1 ed r2 , il vettore a′ si chiama componente di a lungo il piano individuato da r1 ed r2 , mentre a3 si chiama componente normale al piano. In altre parole, dato un vettore a, per ottenerne la componente lungo un piano π e quella normale a questo piano, lo si pone con origine in un punto O di π e lo si decompone lungo la normale a π per O e l’intersezione fra questo piano e quello ad esso normale passante per a. Ovviamente il vettore a `e la somma delle sue componenti lungo il piano e normale al piano. 1.3 Prodotto scalare Definizione
L’angolo formato da due vettori a e b `e l’angolo, minore od al pi` u uguale
a π, formato da due semirette aventi l’origine in comune e parallele ed equiverse ai due vettori. Definizione
Si chiama prodotto scalare (o interno) tra due vettori a e b il prodotto dei loro
moduli per il coseno dell’angolo da essi formato, cio`e a ¢ b = ab cos α.
(1.2)
Ovviamente il prodotto scalare fra due vettori `e un numero. Dalla (1.2) segue subito che il prodotto scalare `e nullo quando o uno almeno dei due vettori `e nullo o i due vettori sono ortogonali. L’annullarsi del prodotto scalare fra due vettori non nulli `e quindi condizione necessaria e sufficiente per l’ortogonalit`a dei due vettori. Osserviamo che la (1.2) pu`o essere cos`ı riscritta: a ¢ b = a(b cos α) = aOH , cio`e il prodotto scalare fra due vettori pu`o essere visto come lo scalare ottenuto moltiplicando il modulo di uno dei due vettori per la proiezione su questo dell’altro vettore. Per proiezione di un vettore b = B ¡ O su un altro vettore a = A ¡ O si intende un numero con segno che esprime la lunghezza del segmento OH ottenuto proiettando b su a. Il segno `e positivo o negativo a seconda che H ¡ O `e concorde o discorde con a. Il prodotto scalare gode della propriet`a commutativa, cio`e
a ¢ b = b ¢ a.
Ci`o segue immedia-
tamente dalla (1.2) in quanto l’angolo fra a e b `e identico a quello fra b e a. 6
Il prodotto scalare gode della propriet`a distributiva rispetto alla somma, cio`e si ha (1.3)
a ¢ (b + c) = a ¢ b + a ¢ c .
Per dimostrare ci`o si costruiscono i tre vettori a = A ¡ O, b = B ¡ O e c = C ¡ B. Siano poi H e G le proiezioni di C e B su a, sicch`e OG e GH sono le proiezioni di b e c su a. Si ha quindi a ¢ (b + c) = aOH = a(OG + GH) = aOG + aGH = a ¢ b + a ¢ c , e la (1.3) `e cos`ı dimostrata. Dal momento che l’angolo fra due vettori uguali `e nullo, si ha a ¢ a = a2 .
(1.4)
D’ora in poi potremo riferirci al prodotto scalare di un vettore a per se stesso, e quindi al quadrato del modulo di a, come al quadrato del vettore a. In altre parole:
(a)2 = a2 .
Si ha poi (a § b)2 = a2 + b2 § 2a ¢ b , (a + b) ¢ (a ¡ b) = a2 ¡ b2 . Teorema
Sia a un vettore qualsiasi e siano m1 , m2 , m3 tre vettori distinti non nulli e
non complanari. Se si verifica a ¢ m1 = 0,
a ¢ m2 = 0,
a ¢ m3 = 0 ,
allora a = 0. Dimostrazione Se a fosse diverso dal vettore nullo, esso risulterebbe perpendicolare a tre vettori per ipotesi non complanari, il che sarebbe chiaramente assurdo. Corollario Siano a e b due vettori qualunque e siano m1 , m2 , m3 tre vettori non nulli e non complanari. Se si verifica a ¢ m1 = b ¢ m1 ,
a ¢ m2 = b ¢ m2 ,
allora a = b . 7
a ¢ m3 = b ¢ m3 ,
(1.5)
Dimostrazione Dalle (1.5) si ha (a ¡ b) ¢ m1 = 0,
(a ¡ b) ¢ m2 = 0,
(a ¡ b) ¢ m3 = 0,
e quindi, per il teorema precedente, a ¡ b = 0, da cui la tesi. Dal teorema e dal corollario appena dimostrati conseguono immediatamente altri due corollari: Corollario Se per ogni m si ha a ¢m = 0, allora a = 0. Corollario Se per ogni m si ha a ¢ m = b ¢ m, allora a = b. Nota. Ci sono autori che denotano il prodotto scalare in maniera diversa da quella qui adottata. Le altre notazioni pi` u comuni sono a £ b e ab. 1.4 Prodotto vettoriale Definiamo ora un’operazione tra vettori che, a differenza del prodotto scalare, a due vettori associa un terzo vettore. Definizione
Si definisce prodotto vettoriale (o esterno) di due vettori a e b un vettore, che
indichiamo col simbolo a £ b (da leggersi a vettore b), cos`ı definito: ¡ il suo modulo `e dato dal prodotto ab sin α (α angolo compreso tra a e b); ¡ la sua direzione `e quella ortogonale al piano dei due vettori (posti con l’origine in comune); ¡ il suo verso `e quello per cui un osservatore, disposto lungo la suddetta direzione e che guarda b, vede a alla sua destra. ` opportuno notare che il modulo di a £ b rappresenta l’area del parallelogramma di lati E a e b. Per stabilire il verso del prodotto vettoriale si possono usare anche altre regole: 1) il verso di a £ b `e quello per cui avanza un cavatappi, normale al piano contenente a e b, quando viene fatto ruotare in modo che a vada a sovrapporsi a b descrivendo l’angolo minore; 8
2) il verso di a £ b `e quello per cui la terna (a, b, a £ b) `e una terna destra. Una terna di vettori (a, b, c) `e destra o sinistra a seconda che a, b e c possano essere fatti coincidere rispettivamente con il pollice, l’indice e il medio della mano destra o della mano sinistra. Dalla definizione segue immediatamente che il prodotto vettoriale `e nullo o quando `e nullo uno almeno dei due vettori, o quando essi sono paralleli. Quindi l’annullarsi del prodotto vettoriale fra due vettori non nulli, `e condizione necessaria e sufficiente per il parallelismo fra due vettori. In particolare si ha a£ a = 0. Se m `e un numero, allora m(a £ b) = (ma) £ b = a £ (mb) . Il prodotto vettoriale non gode della propriet`a commutativa; infatti b £ a ha lo stesso modulo e la stessa direzione di a £ b ma verso opposto, cio`e a £ b = ¡b £ a. Il prodotto vettoriale gode della propriet`a distributiva rispetto alla somma (senza dimostrazione): a £ (b + c) = a £ b + a £ c . Il prodotto vettoriale, in generale, non gode della propriet`a associativa, cio`e in generale si ha (a £ b) £ c 6 = a £ (b £ c) , dove il primo membro, detto anche doppio prodotto vettoriale, indica il prodotto vettoriale tra il vettore a £ b ed il vettore c, mentre il secondo membro `e il prodotto fra i vettori a e b £ c. Nota. Anche per il prodotto vettoriale esistono altre notazioni, la pi` u comune delle quali `e a ^ b. Tuttavia, per non creare inutili fraintendimenti, si consiglia vivamente di usare le notazioni da noi introdotte, a ¢ b per il prodotto scalare e a £ b per il prodotto vettoriale, notazioni che corrispondono a quelle pi` u largamente usate nei testi. 1.5 Prodotto misto Definizione
Si definisce prodotto misto di tre vettori a, b e c lo scalare a £ b ¢ c. 9
(1.6)
Osserviamo che non c’`e ambiguit`a nell’ordine delle due operazioni in quanto ha senso solo fare prima il prodotto vettoriale a £ b e poi moltiplicare scalarmente il risultato per c. Teorema
Il prodotto misto (1.6) vale il vo-
lume del parallelepipedo avente come spigoli i tre vettori (supposti con la stessa origine O), con la convenzione che il volume si intende positivo o negativo a seconda che il triedro a b c `e destro o sinistro. Si omette la dimostrazione. Osserviamo che se il triedro individuato dalla terna di vettori (a, b, c) `e destro, tali sono anche i triedri individuati dalle terne (b, c, a) e (c, a, b). Di conseguenza, in virt` u del teorema appena enunciato, si ha a £ b ¢ c = b £ c ¢ a = c £ a ¢ b. Applicando poi la propriet`a commutativa del prodotto scalare a b £ c ¢ a, ne segue a ¢ b £ c = a £ b ¢ c. Con ci`o si `e dimostrata una importante propriet`a del prodotto misto: in un prodotto misto `e lecito scambiare il segno di prodotto scalare con quello di prodotto vettoriale. Osserviamo che se il prodotto misto di tre vettori `e nullo, allora il parallelepipedo ha volume nullo e quindi, o almeno uno dei vettori `e nullo, o i tre vettori sono complanari. Viceversa, se almeno un vettore `e nullo, o se i tre vettori sono complanari, il volume `e nullo e cos`ı il prodotto misto. Quanto detto permette di affermare che condizione necessaria e sufficiente affinch`e tre vettori non nulli siano complanari `e che il loro prodotto misto sia nullo. Un caso particolare, ma assai frequente, di nullit`a del prodotto misto si ha quando due vettori sono paralleli. 1.6 Rappresentazione cartesiana dei vettori Consideriamo un sistema di coordinate cartesiane ortogonali Oxyz tali da costituire una terna destra. Si prendano tre vettori unitari, detti versori fondamentali i, j, k paralleli ed equiversi agli assi x, y, z rispettivamente e con origine in O e sia a un generico vettore pure con origine in O. 10
Poich´e gli assi formano tre direzioni non complanari si pu`o scomporre a in tre vettori a1 , a2 , a3 , paralleli agli assi cartesiani, cio`e a = a1 + a2 + a3 .
(1.7)
Essendo a1 un vettore parallelo all’asse x, e quindi al vettore i, esiste un numero reale ax tale che a1 = ax i . In modo analogo si ha a2 = ay j ,
a3 = az k .
Sostituendo nella (1.7) si ottiene a = ax i + ay j + az k .
(1.8)
Da quanto precede `e ovvio che, fissato un sistema di assi cartesiani ortogonali, ad ogni vettore corrisponde una terna di numeri (ax , ay , az ), che `e unica. Viceversa, ogni terna (ax , ay , az ) individua, mediante la (1.8), un unico vettore a. Si pu`o perci`o concludere che i tre numeri ax , ay , az caratterizzano in modo completo il vettore rispetto al sistema di riferimento Oxyz fissato. Questi numeri sono detti componenti cartesiane del vettore, lungo gli assi x, y, z rispettivamente. I vettori a1 , a2 , a3 possono chiamarsi anche vettori componenti di a lungo gli assi. Il vettore a3 , normale al piano xy, ed il vettore axy = a1 + a2 , parallelo a tale piano, sono rispettivamente i vettori componenti di a normali ad xy e lungo xy. Il primo ha per componenti cartesiane (0, 0, az ), il secondo (ax , ay , 0). Le componenti cartesiane dei tre versori fondamentali sono ovviamente le seguenti: i ´ (1, 0, 0) ,
j ´ (0, 1, 0) ,
k ´ (0, 0, 1) .
Vediamo ora alcune propriet`a delle componenti cartesiane di un vettore. Ovviamente, se due vettori sono uguali, hanno uguali le componenti e viceversa. Vale poi l’affermazione seguente: Le componenti del vettore somma di due o pi` u vettori si ottengono sommando le componenti analoghe dei singoli vettori. Infatti se `e a = b + c, esprimendo b e c nelle loro componenti cartesiane, avremo a = (bx i + by j + bz k) + (cx i + cy j + cz k) = = (bx + cx )i + (by + cy )j + (bz + cz )k , 11
da cui segue che le componenti ax , ay , az di a valgono rispettivamente bx + cx , by + cy , bz + cz . Risulta immediata l’estensione al caso in cui a `e la somma di n vettori. Ricaviamo ora l’espressione cartesiana del prodotto scalare fra due vettori. Per fare ci`o osserviamo che essendo i vettori i, j, k unitari e a due a due ortogonali, si ha i¢ i = 1,
j ¢j = 1,
k ¢ k = 1;
(1.9)
i¢ j = 0,
j ¢ k = 0,
k ¢ i = 0.
(1.10)
u Dati due vettori a e b, rispettivamente di componenti (ax , ay , az ) e (bx , by , bz ), in virt` della propriet`a distibutiva del prodotto scalare rispetto alla somma e tenendo conto delle relazioni (1.9) ed (1.10) appena scritte, si ha a ¢ b = (ax i + ay j + az k) ¢ (bx i + by j + bz k) = ax bx + ay by + az bz .
(1.11)
Il risultato ottenuto pu`o essere letto nel modo seguente: il prodotto scalare fra due vettori vale la somma dei prodotti delle componenti analoghe dei due vettori. Siamo ora in grado di ricavare alcune importanti propriet`a delle componenti di un vettore. Indicando con α l’angolo fra a e la direzione positiva dell’asse delle x, ricorrendo alla definizione di prodotto scalare si ha a ¢ i = a cos α . Ricordando poi le (1.8), ed effettuando il prodotto sulla base della (1.11), si ricava a cos α = ax .
(1.12)
In modo analogo, se β e γ sono gli angoli fra il vettore a e la direzione positiva degli assi y e z, si ottiene che a cos β = ay ,
(1.13)
a cos γ = az .
(1.14)
Da queste relazioni si ricavano le componenti di un vettore noti il suo modulo e gli angoli che esso forma con gli assi. Elevando al quadrato le tre ultime relazioni, sommando membro a membro, e ricordando che cos2 α + cos2 β + cos2 γ = 1, avremo a2 = a2x + a2y + a2z , 12
da cui a=
a2x + a2y + a2z .
(1.15)
Questa formula esprime il modulo di un vettore note le sue componenti, mentre le (1.12), (1.13) ed (1.14) esprimono i coseni degli angoli che il vettore forma con gli assi. Questo permette di costruire il vettore note le sue componenti. Dalle (1.12), (1.13), (1.14) si ha che la componente di un vettore lungo un dato asse `e la sua proiezione sull’asse stesso. Sottolineiamo il fatto che la componente di un vettore lungo un asse vale il prodotto scalare del vettore per un versore diretto lungo quell’asse. Pi` u in generale, si chiama componente di un vettore lungo una direzione individuata dal versore m il prodotto scalare fra a e m. Ricaviamo ora l’espressione cartesiana del prodotto vettoriale. Ricordando che i £ i = 0,
j £ j = 0,
k £ k = 0;
i£j = k,
j £k = i,
k£i = j,
e che, per le propriet`a del prodotto vettoriale j £ i = ¡k ,
k £ j = ¡i ,
i £ k = ¡j ,
si ha a £ b = (ax i + ay j + az k) £ (bx i + by j + bz k) = = ax bx i £ i + ax by i £ j + ax bz i £ k + ay bx j £ i + ay by j £ j+ + ay bz j £ k + az bx k £ i + az by k £ j + az bz k £ k = = ax by k ¡ ax bz j ¡ ay bx k + ay bz i + az bx j ¡ az by i , e cio`e a £ b = (ay bz ¡ az by )i + (az bx ¡ ax bz )j + (ax by ¡ ay bx )k.
(1.16)
Per ricordare facilmente le componenti del prodotto vettoriale `e utile il determinante simbolico:
i a £ b = ax bx
j ay by
k az . bz
(1.17)
che, sviluppato secondo la prima riga, d`a esattamente la (1.16). Calcoliamo ora l’espressione cartesiana del prodotto misto a £ b ¢ c. Ricordando la (1.11) e la (1.16) si ottiene a £ b ¢ c = cx (ay bz ¡ az by ) + cy (az bx ¡ ax bz ) + cz (ax by ¡ ay bx ) , 13
o, equivalentemente,
ax a £ b ¢ c = bx cx
ay by cy
az bz . cz
Una considerazione importante `e la seguente: Dato il punto P di coordinate (x, y, z), le componenti del vettore P ¡ O sono proprio x, y e z. Infatti, essendo P O cos α, P O cos β, P O cos γ, nell’ordine, proprio le coordinate x, y, z di P , si pu`o scrivere P ¡ O = P O cos α i + P O cos β j + P O cos γ k = xi + yj + zk .
(1.18)
Di conseguenza, dati due punti P1 e P2 di coordinate (x1 , y1 , z1 ) e (x2 , y2 , z2 ), si ha P1 ¡ O = x1 i + y1 j + z1 k ,
P2 ¡ O = x2 i + y2 j + z2 k .
Sottraendo la prima uguaglianza dalla seconda si ottiene P2 ¡ P1 = (x2 ¡ x1 )i + (y2 ¡ y1 )j + (z2 ¡ z1 )k. Dunque, il vettore definito dalla differenza tra due punti ha per componenti la differenza fra le coordinate analoghe dei due punti stessi. 1.7 Doppio prodotto vettoriale e divisione vettoriale Dimostreremo ora la formula seguente (a £ b) £ c = (a ¢ c)b ¡ (b ¢ c)a .
(1.19)
Scegliamo un sistema di assi cartesiani ortogonali Oxyz in modo che l’asse z sia parallelo a c; cos`ı si ha c = ck,
a ¢ c = az c,
b ¢ c = bz c.
Allora, ricordando le espressioni (1.16) e (1.17) del prodotto vettoriale, possiamo scrivere i j k (a £ b) £ c = ay bz ¡ az by az bx ¡ ax bz ax by ¡ ay bx = 0 0 c = (az bx c ¡ ax bz c)i + (az by c ¡ ay bz c)j + (az bz c ¡ az bz c)k =
= az c(bx i + by j + bz k) ¡ bz c(ax i + ay j + az k) = (a ¢ c)b ¡ (b ¢ c)a , col che abbiamo dimostrato la (1.19). 14
La formula (1.19) permette di risolvere assai facilmente il problema della divisione vettoriale, che consiste nel determinare i vettori x soluzione dell’equazione: a £ x = b,
con a ? b .
(1.20)
Osservato che essendo a ? b l’equazione `e ben posta (se a e b non fossero perpendicolari l’equazione non avrebbe soluzione), dimostriamo che x0 =
b£a a2
`e soluzione. Infatti, sostituendo x0 nell’equazione ed applicando la formula (1.19), si ha a£
(b £ a) 1 1 1 = ¡ 2 (b £ a) £ a = ¡ 2 [(b ¢ a)a ¡ (a ¢ a)b] = ¡ 2 [¡a2 b] = b . 2 a a a a
Ricordando poi che a £ a = 0, la (1.20) risulta soddisfatta anche ponendo x = x0 + ha , con h numero qualunque. Osserviamo che ogni vettore soluzione x `e normale a b (x0 `e normale anche ad a). Posti a e b con origine in un punto O e posto x = P ¡ O, il risultato ottenuto ci dice che il luogo dei punti P soddisfacenti l’equazione a £ (P ¡ O) = b `e una retta parallela ad a posta come in figura.
1.8 Vettori variabili e loro derivazione Si consideri ora una variabile numerica reale t, che assuma tutti i valori compresi in un intervallo I = (t1 , t2 ). Supposto che ad ogni valore di t corrisponda uno ed un sol vettore u, diremo che u `e un vettore funzione di t ed esprimeremo ci`o scrivendo u = u(t) ,
t2I.
(1.21)
Fissato quindi un sistema di riferimento cartesiano ortogonale Oxyz, le componenti cartesiane ux , uy , uz di u sono anch’esse funzioni della variabile t. Allora la funzione vettoriale (1.21) `e equivalente alle tre funzioni scalari: ux = ux (t) ,
uy = uy (t) , 15
uz = uz (t) .
Per i vettori funzione di una variabile t, si pu`o definire, come per le funzioni ordinarie, il concetto di limite per t tendente a t0 , essendo t0 un punto di accumulazione di I. Definizione
Diremo che il vettore u(t) tende, per t ! t0 , al limite u0 e scriveremo lim u(t) = u0
(1.22)
t→t0
se 8ǫ > 0 ,
9δǫ > 0 : 8t 2 (t0 ¡ δǫ , t0 + δǫ ) , t 6 = t0
)
ju(t) ¡ u0 j < ǫ .
Posto poi u0 = u0x i + u0y j + u0z k , poich`e il valore assoluto della componente di un vettore `e sempre minore o al pi` u uguale al modulo del vettore stesso (vedi (1.15)), l’esistenza del limite (1.22) implica che 8ǫ > 0 ,
= t0 9δǫ > 0 : 8t 2 (t0 ¡ δǫ , t0 + δǫ ) , t 6
)
jux (t) ¡ u0x j · ju(t) ¡ u0 j < ǫ .
Questa relazione, e le analoghe per uy ed uz , implicano lim ux (t) = u0x ,
t→t0
lim uy (t) = u0y ,
lim uz (t) = u0z ,
t→t0
t→t0
vale a dire: il limite delle componenti di un vettore `e dato dalle componenti del limite del vettore stesso. Dalle precedenti formule si deduce poi subito che lim u(t) = lim
t→t0
t→t0
u2x (t) + u2y (t) + u2z (t) =
u20x + u20y + u20z = u0 ,
(1.23)
cio`e il limite del modulo di un vettore vale il modulo del suo limite. Si possono poi dimostrare i seguenti teoremi: — Il limite della somma di due o pi` u vettori vale la somma dei limiti dei singoli vettori. — Il limite del prodotto scalare o vettoriale di due vettori vale il prodotto scalare o vettoriale dei limiti dei singoli vettori. — Il limite del prodotto di uno scalare per un vettore vale il limite dello scalare per il limite del vettore. Considerati uno scalare m(t) e due vettori u(t) e v(t), e supposto che lim m(t) = m0 ,
t→t0
lim u(t) = u0 ,
t→t0
16
lim v(t) = v 0 ,
t→t0
i tre teoremi precedenti si scrivono cos`ı : lim u(t) § v(t) = u0 § v 0 ,
t→t0
lim u(t) ¢ v(t) = u0 ¢ v 0 ,
t→t0
lim u(t) £ v(t) = u0 £ v 0 ,
t→t0
lim m(t)u(t) = m0 u0 .
t→t0
Definizione
Il vettore u(t) `e continuo per t = t0 se lim u(t) = u(t0 ).
t→t0
Definizione
Si chiama derivata del vettore u(t) per t = t0 il vettore du u(t0 + h) ¡ u(t0 ) u (t0 ) = = lim . dt t=t0 h→0 h ′
(1.24)
(supposto che il limite esista) Definizione
Si chiama differenziale del vettore u(t) per t = t0 , e si indica con du, il prodotto
della derivata del vettore per t = t0 per il differenziale della variabile indipendente, vale a dire du = u′ (t0 )dt . Si dimostra facilmente che la derivata di un vettore ha per componenti le derivate delle componenti del vettore stesso. Infatti si ha du u(t0 + h) ¡ u(t0 ) = lim = dt t=t0 h→0 h
ux (t0 + h) ¡ ux (t0 ) uy (t0 + h) ¡ uy (t0 ) uz (t0 + h) ¡ uz (t0 ) = lim i + lim j + lim k= h→0 h→0 h→0 h h h dux duy duz = i+ j+ k = u′x (t0 ) i + u′y (t0 ) j + u′z (t0 ) k . dt t0 dt t0 dt t0
Non `e difficile provare che valgono le seguenti regole di derivazione: d(u ¢ v) du dv = ¢v+u¢ , dt dt dt d(u £ v) du dv = £v+u£ , dt dt dt d(mu) dm du = u+m . dt dt dt 17
(1.25)
In particolare, dalla (1.25), ricordando anche la (1.4), si ha du du2 d(u ¢ u) = = 2u ¢ , dt dt dt
(1.26)
cio`e la derivata del quadrato del modulo di un vettore vale il doppio del prodotto scalare tra il vettore e la sua derivata. Conseguenza immediata della (1.26) `e che, se il vettore u `e costante in modulo, allora du ¢ u = 0, dt per cui la derivata di un vettore costante in modulo `e perpendicolare al vettore stesso. In particolare ci` o vale per un versore. Supponiamo ora che si abbia
u = u s(t) ,
ossia che u sia funzione della variabile t attraverso una seconda variabile reale s. In tal caso `e facile dimostrare che
du ds du = . (1.27) dt dt ds Infatti, se u=u(s(t)), allora ux =ux (s(t)), uy =uy (s(t)) e uz =uz (s(t)), per cui, ricordando le regole di derivazione delle funzioni ordinarie, si ottiene du dux duy duz dux ds duy ds duz ds = i+ j+ k= i+ j+ k= dt dt dt dt ds dt ds dt ds dt ds dux duy duz ds du = i+ j+ k = . dt ds ds ds dt ds Si consideri ora la variabile t e si supponga che ad ogni suo valore corrisponda una posizione di un punto P dello spazio. In tal caso diremo che il punto P `e funzione di t e scriveremo P = P (t) . Definizione
Si chiama derivata del punto P rispetto a t la derivata del vettore P (t) ¡ O,
dove O `e un qualunque punto dello spazio che non dipende da t. Questa definizione `e giustificata dal fatto che la derivata di P non dipende da O. Infatti, dP indicata con la derivata di P rispetto a t, avremo dt P (t + h) ¡ O ¡ P (t) ¡ O dP d(P ¡ O) P (t + h) ¡ P (t) = = lim = lim . h→0 h→0 dt dt h h dP da O. Osserviamo che sarebbe perfettamente dt equivalente assumere come definizione della derivata di un punto rispetto ad una variabile Questo dimostra l’indipendenza di t l’ultimo limite soprascritto. 18
Come sappiamo, considerato un sistema di riferimento Oxyz e un punto P di coordinate x, y, z, le componenti del vettore (P ¡ O) sono proprio le coordinate di P, si ha cio`e P ¡ O = xi + yj +z k. La definizione appena data conduce dunque alla formula dy dz dP dx = i+ j+ k, dt dt dt dt cio`e le componenti della derivata di un punto sono le derivate delle sue coordinate. Se poi P `e funzione di un parametro s a sua volta funzione di t, per cui P = P s(t) , in virt` u della (1.27) si ha
dP d(P ¡ O) ds d(P ¡ O) ds dP = = = . dt dt dt ds dt ds Infine, se i punti P e Q sono entrambi funzione di t, tale sar`a anche il vettore P ¡ Q; di conseguenza, si ha d(P ¡ Q) d(P ¡ O) d(Q ¡ O) dP dQ = ¡ = ¡ . dt dt dt dt dt
19
2. GEOMETRIA DELLE MASSE
In questo capitolo ci occupiamo di geometria delle masse, vale a dire di nozioni fondamentali della Meccanica che, dipendendo solo dalla distribuzione geometrica delle masse, possono essere trattate anticipatamente. Pi` u precisamente, ci occupiamo delle nozioni di baricentro e di momento d’inerzia, fornendone anche il calcolo in alcuni esempi elementari ma utili ai fini degli esercizi.
2.1 Massa Definizione
La massa `e una propriet`a intrinseca dei corpi connessa alla loro quantit`a di
materia. Matematicamente la massa `e rappresentata mediante una grandezza scalare m positiva, che supponiamo indipendente dal sistema di riferimento e additiva, cio`e uguale alla somma delle masse delle parti componenti. Il numero m rappresenta la misura della massa del corpo in rapporto a quella di un corpo campione la cui massa `e assunta come unitaria. La possibilit`a di misurare una massa confrontandola con un’altra `e una conseguenza della II Legge della Dinamica che introdurremo fra un po’. Spesso, quando le dimensioni del corpo sono piccole e il problema che ci interessa lo permette, torner`a comodo, nel nostro modello matematico, trattare il corpo come se fosse un punto geometrico P dotato della massa del corpo. Ebbene, in tal caso si parler`a di punto materiale P di massa m, e si user`a la notazione (P, m). Un qualunque corpo potr`a sempre essere riguardato come un’unione di punti materiali. Tali punti potranno essere in numero finito o una infinit`a numerabile o un continuo. Nei primi due casi, indicata con mi la massa dell’i-esimo punto, la massa totale del corpo, in virt` u dell’additivit`a, sar`a data da M=
N
mi
i=1
oppure M=
∞
mi
i=1
a seconda che i punti siano in numero finito o un’infinit`a numerabile. 20
(2.1)
Se invece i punti materiali costituiscono un continuo C, allora si suppone che al corpo sia associata una funzione ρ(P ) reale, non negativa, limitata, detta densit`a di massa, definita per ogni punto P del corpo e tale che la massa infinitesima dm contenuta in un elemento infinitesimo dC del corpo contenente P sia data da dm = ρ(P )dC. La massa totale di C, sempre in virt` u dell’additivit`a, sar`a quindi data da M= ρ(P )dC .
(2.2)
C
In generale (2.2) `e un integrale di volume; se per`o la forma del corpo C `e particolare, per cui una o due dimensioni risultino trascurabili rispetto alle altre, allora si potr`a avere un integrale di superficie o un integrale curvilineo. Il caso pi` u semplice che si possa presentare `e ρ(P ) = costante = ρ0 , cio`e quando il corpo `e omogeneo, per cui risulta m = ρ0 V, con V volume di C. Nota bene: nel seguito supporremo sempre di aver a che fare o con un numero finito di punti materiali o con un corpo continuo. Tutte le dimostrazioni verranno fatte nel caso finito, sapendo per`o che esse possono essere riportate al caso numerabile o continuo sostituendo semplicemente le somme finite con serie o integrali che supporremo sempre convergenti. 2.2 Baricentro Definizione
Si chiama baricentro o centro di massa di un sistema materiale il punto G
definito dalla relazione G¡O =
N
s=1
ms (As ¡ O) M
(2.3)
se il sistema `e costituito di N punti materiali (As , ms ), s = 1, . . . , N , oppure da
ρ(P )(P ¡ O)dC G¡O = C M
(2.4)
nel caso di un corpo continuo C. Il punto O `e un qualunque punto da noi fissato ed M `e la massa totale del sistema materiale. Di solito O `e l’origine del sistema di riferimento. Le coordinate di G rispetto ad un riferimento Oxyz sono date da N m s xs xG = s=1 , M oppure da xG =
C
ρxdC , M
yG =
N
yG =
ms ys , M
s=1
C
21
ρydC , M
zG =
zG =
N C
ms zs . M
s=1
(2.5)
ρzdC , M
(2.6)
a seconda che i punti siano in numero finito od un continuo. Osservazioni: - Nel caso di un insieme di punti materiali tutti appartenenti ad una retta, anche G appartiene alla retta. Esempio ovvio: un’asta. Analogamente, se tutti i punti appartengono ad un piano, anche G appartiene al piano. - In generale gli integrali (2.6) sono degli integrali di volume. Tuttavia, nel caso di corpi particolari, essi possono ridursi ad integrali di superficie o addirittura ad integrali curvilinei. Ci`o accade quando il corpo pu`o assumersi come bidimensionale (ad esempio una lamina) o unidimensionale (ad esempio un filo). - Si pu`o dimostrare che se il corpo `e delimitato da una superficie convessa, G `e interno al corpo. - Ai fini del calcolo dei baricentri risulta molto utile (in quanto aiuta a semplificare il calcolo stesso) la seguente proposizione: se il sistema materiale ha un piano di simmetria geometrico-materiale, il baricentro sta su tale piano. Dimostrazione. Dire che il sistema di punti materiali, che indichiamo con S, ha un piano Π di simmetria significa dire che, se Ps 2 S, anche il punto Qs , simmetricamente posto rispetto a Π, appartiene a S. Dire poi che la simmetria `e anche materiale, significa dire che Ps e Qs hanno la stessa massa ms (o, nel caso continuo, la stessa densit`a di massa). Supposto ora che il piano Π coincida col piano Oxy (che ha equazione z = 0), se Ps ´ (xs , ys , zs ), allora Qs ´ (xs , ys , ¡zs ). Dalla terza relazione delle (2.5) (o delle (2.6)) segue quindi banalmente zG = 0, ossia G 2 Π. - Conseguenza immediata del teorema appena dimostrato `e che, se il corpo ha due piani di simmetria, G sta sulla retta d’intersezione. Se poi ne ha tre, G `e il loro punto d’intersezione. Ad esempio, in un corpo omogeneo a forma di parallelepipedo o di sfera G coincide col centro. - Per determinare il baricentro di un sistema materiale costituito di N componenti, si determina prima il baricentro di ciascuna componente, e quindi ci si comporta come se si avessero N punti. Pi` u precisamente, se si hanno N componenti di massa mi e baricentro Gi , `e come se si avessero gli N punti materiali (Gi , mi ). 22
2.3 Momento d’inerzia Definizione
Si definisce momento d’inerzia di un sistema di punti materiali (Ps , ms ), s =
1, ..., N , rispetto ad un asse (O, a) lo scalare N
I=
ms rs2 ,
(2.7)
s=1
dove rs `e la distanza di Ps dall’asse. Se invece di un sistema materiale discreto abbiamo a che fare con un sistema continuo, allora, indicata con ρ(P ) la densit`a di massa, anzich`e (2.7), si ha I=
ρ(P )r 2 dC ,
(2.8)
C
con r distanza di P dall’asse. In generale questo `e un integrale di volume. Tuttavia, se la forma del corpo C `e particolare, per cui una o due dimensioni sono trascurabili rispetto alle altre, allora si ha un integrale di superficie o un integrale curvilineo. Il momento d’inerzia pu`o anche essere definito rispetto ad un punto O: in questo caso, in cui le distanze rs sono le distanze di Ps da O, si parla di momento d’inerzia polare (rispetto al polo O) invece che di momento assiale. Il momento polare per`o non `e molto importante; esso `e utile a semplificare il calcolo di qualche momento d’inerzia assiale particolare (ad esempio, il momento d’inerzia di una sfera omogenea rispetto ad un suo diametro). Nel seguito, quando si parler`a di momento d’inerzia si intender`a sempre quello assiale, salvo che non sia altrimenti specificato. Analogamente a quanto fatto finora, tutte le dimostrazioni che seguiranno si baseranno sull’ipotesi che il sistema materiale sia discreto. Ovviamente le stesse dimostrazioni possono essere rifatte in maniera del tutto analoga nel caso di un sistema materiale continuo. Osserviamo che il momento d’inerzia I in generale `e funzione del tempo t in quanto, in generale, la distanza dei punti Ps dall’asse varia col tempo. Osserviamo per`o che, se il sistema materiale `e un corpo rigido e l’asse `e fisso rispetto al corpo, allora I `e costante. La nozione di corpo rigido, di cui ci limitiamo a riportare qui la definizione, sar`a approfondita nel prossimo capitolo. Definizione
Un corpo rigido `e un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-
gono costanti nel tempo. Un corpo non rigido, `e un corpo deformabile.
23
2.4 Calcolo dei momenti d’inerzia Il calcolo di un momento d’inerzia `e sempre possibile ricorrendo direttamente alla definizione, cio`e, a seconda che il sistema materiale sia discreto o continuo, alla (2.7) o alla (2.8). Esistono per`o degli altri metodi che sono estremamente utili e che sono espressi dai due teoremi che seguono. (di Huyghens o di Steiner)
Teorema
Noto il momento d’inerzia IG di un sistema materiale di massa totale M rispetto alla retta baricentrica (G, k), il momento d’inerzia I rispetto ad una qualunque retta parallela posta a distanza d vale I = IG + M d2 .
(2.9)
Dimostrazione Siano Oxyz e Gx′ y ′ z ′ due sistemi di riferimento con Gz ′ asse rispetto al quale `e noto il momento d’inerzia e Oz asse rispetto al quale si vuole calcolare il momento, con k versore comune. Si supponga poi che Oy ´ Gy ′ (senza con ci`o perdere di generalit`a). Ne consegue che xs = x′s , e quindi I=
ys = ys′ + d , s
=
s
ms rs2 =
s
′ 2 ms x2s + ys2 = ms (xs ) + (ys′ + d)2 s
ms (x′s )2 + (ys′ )2 + d2 ms + 2d ms ys′ = ms (rs′ )2 + M d2 s
= IG + M d2 ,
dove si `e tenuto conto che Osservazione.
zs = zs′ ,
s
s
s
′ ms ys′ = M yG = 0.
Noto il momento d’inerzia rispetto ad una retta r, il teorema di Huyghens
permette il calcolo del momento d’inerzia rispetto ad una qualunque retta r ′ parallela ad r. Ci`o `e possibile in base alla ovvia considerazione che la formula (2.9) pu`o essere usata anche per ricavare IG noto I. Teorema
Il momento d’inerzia di un sistema materiale rispetto alla retta (O, a) di coseni
direttori α, β e γ rispetto ad un riferimento Oxyz vale I = Aα2 + Bβ 2 + Cγ 2 ¡ 2A′ αβ ¡ 2B ′ αγ ¡ 2C ′ βγ , 24
(2.10)
dove A=
s
A′ =
ms ys2 + zs2 ,
m s xs y s ,
B=
s
B′ =
s
ms x2s + zs2 ,
C=
s
C′ =
ms xs zs ,
s
ms x2s + ys2 ,
ms ys zs .
(2.11) (2.12)
s
Prima di dimostrare il teorema osserviamo che A, B e C sono i momenti d’inerzia del sistema materiale rispetto agli assi Ox, Oy ed Oz rispettivamente. Le quantit`a A′ , B ′ e C ′ , che hanno le dimensioni di un momento d’inerzia, si chiamano momenti di deviazione o prodotti d’inerzia o momenti centrifughi. Dalle definizioni (2.11) e (2.12) si pu`o osservare che, al contrario di A, B e C che essendo dei veri momenti d’inerzia sono sempre positivi, i momenti di deviazione A′ , B ′ e C ′ possono essere sia postivi che negativi. Dimostrazione
Posto
Ps ¡ O = xs i + ys j + zs k , essendo a = αi + βj + γk, si ha 2 2 rs2 = (Ps ¡ O) £ a = (γys ¡ βzs )i + (αzs ¡ γxs )j + (βxs ¡ αys )k = (γys ¡ βzs )2 + (αzs ¡ γxs )2 + (βxs ¡ αys )2
= (ys2 + zs2 )α2 + (x2s + zs2 )β 2 + (x2s + ys2 )γ 2 ¡ 2xs ys αβ ¡ 2xs zs αγ ¡ 2ys zs βγ . Sostituendo in (2.7) si ha I= ms (ys2 + zs2 )α2 + ms (x2s + zs2 )β 2 + ms (x2s + ys2 )γ 2 ¡ s
¡2
s
s
ms xs ys αβ ¡ 2
ms xs zs αγ ¡ 2
s
s
ms ys zs βγ ,
s
che in virt` u delle posizioni (2.11) e (2.12) d`a la (2.10). Il teorema appena dimostrato vale per qualunque sistema materiale. Ovviamente, in base a quanto osservato alla fine del precedente paragrafo, i momenti d’inerzia A, B, C e i momenti di deviazione A′ , B ′ e C ′ in generale sono funzione del tempo. Nel caso per`o di un sistema rigido, se il sistema di riferimento `e solidale con esso, allora A, B, C, A′ , B ′ e C ′ sono costanti. In considerazione di ci`o, ed in considerazione del fatto che noi siamo interessati esclusivamente a corpi rigidi, d’ora in poi, in questo e nel successivo paragrafo, supporremo che il sistema materiale sia un corpo rigido e che la terna di riferimento sia con esso solidale. Per mettere in evidenza quest’ultimo fatto la terna sar`a indicata con O1 x1 y1 z1 (naturalmente con versori i1 , j 1 e k1 ). 25
Definizione
Si chiama matrice o tensore d’inerzia di un corpo rigido C relativa al riferimento
solidale O1 x1 y1 z1 la matrice simmetrica A J = ¡A′ ¡B ′
¡A′ B ¡C ′
¡B ′ ¡C ′ . C
(2.13)
Ora, utilizzando la matrice J , il risultato (2.10) pu`o scriversi nella forma compatta I = (J a, a) ,
(2.14)
dove a va inteso come vettore colonna, J a `e il prodotto di una matrice 3£3 per un vettore colonna (o, se si vuole, una matrice 3 £ 1), e (¢, ¢) indica il prodotto scalare tra due vettori colonna. Osservazione La matrice J , oltre ad essere simmetrica, `e definita positiva. Ricordiamo che una matrice A di tipo n£n si dice definita positiva se (Ax, x) > 0 8x 6 = 0 , x 2 Rn . Ovviamente il determinante di una matrice definita positiva `e positivo. 2.5 Ellissoide d’inerzia Il calcolo del momento d’inerzia rispetto ad una data retta pu`o essere fatto utilizzando l’ellissoide d’inerzia anzich´e la matrice d’inerzia. Questo approccio, per quanto totalmente equivalente ad usare la formula (2.10), permette per`o una interpretazione geometrica sia della matrice J che del momento d’inerzia. Definizione
Si chiama ellissoide d’inerzia di un corpo rigido C relativo al punto O1 l’ellis-
soide di equazione Ax21 + By12 + Cz12 ¡ 2A′ x1 y1 ¡ 2B ′ x1 z1 ¡ 2C ′ y1 z1 = 1 rispetto ad una terna O1 x1 y1 z1 solidale con C. Indicato con E(O1 ) l’ellissoide di C rispetto al punto O1 , vale il seguente Teorema
Il momento d’inerzia I del corpo rigido C
rispetto ad una qualunque retta passante per O1 vale 1 I= (2.16) 2 , O1 L essendo L uno dei due punti in cui la retta interseca l’ellissoide E(O1 ). 26
(2.15)
Osservato che ogni retta passante per (O1 ) interseca sempre E(O1 ) in due punti simmetricamente posti rispetto ad O1 , andiamo a dimostrare il teorema. Se la retta considerata `e (O1 , a), indicati con α, β e γ i suoi coseni direttori rispetto ad O1 x1 y1 z1 , le equazioni cartesiane della retta rispetto allo stesso riferimento sono x1 y1 z1 = = . α β γ
(2.17)
Per calcolare gli eventuali punti d’intersezione con E(O1 ) mettiamo a sistema (2.15) con (2.17). Le (2.17) forniscono y1 =
β x1 , α
z1 =
γ x1 . α
(2.18)
Sostituendo in (2.15) si ottiene β2 2 γ2 2 β γ βγ x + C x ¡ 2A′ x21 ¡ 2B ′ x21 ¡ 2C ′ 2 x21 = 1 , 1 α2 α2 1 α α α da cui, facendo il denominatore comune 2 Aα + Bβ 2 + Cγ 2 ¡ 2A′ αβ ¡ 2B ′ αγ ¡ 2C ′ βγ x21 = α2 , Ax21 + B
ossia, in virt` u di (2.10),
α2 , I con L punto di intersezione della retta con E(O1 ). Tenendo poi conto delle (2.18) si ha x21L =
β2 γ2 2 , z1L = . I I Sommando queste tre relazioni, e ricordando che la somma dei quadrati dei coseni direttori 2 y1L =
di una retta vale uno, si ottiene 2
2 2 O1 L = x21L + y1L + z1L =
α2 + β 2 + γ 2 1 = , I I
da cui segue in modo ovvio la (2.16). Osservazioni: — Cambiando O1 , l’ellissoide cambia. — Mantenendo O1 e cambiando gli assi del riferimento solidale, cambia la matrice d’inerzia e quindi l’equazione dell’ellissoide, ma non cambia l’ellissoide. Ci`o `e ovvio dal fatto che la formula (2.16) deve valere indipendentemente dal riferimento scelto. — L’ellissoide d’inerzia `e definito per ogni corpo rigido, eccetto che per un’asta. In tal caso, infatti, assunto l’asse O1 z1 coincidente con l’asta, poich´e ciascun punto Ps ha x1s = y1s = 0, si ha ovviamente C = 0, e di conseguenza l’ellissoide (2.15) degenera in un cilindro di asse l’asse z1 . 27
2.6 Assi principali d’inerzia Fra tutte le possibili terne di riferimento O1 x1 y1 z1 solidali con il corpo rigido ne esiste (almeno) una privilegiata: quella i cui assi coincidono con gli assi dell’ellissoide. Rispetto a questa terna, infatti, la matrice d’inerzia assume la forma diagonale, e di conseguenza l’equazione dell’ellissoide diventa Ax21 + By12 + Cz12 = 1 . Definizione
(2.19)
Si chiamano assi principali d’inerzia per il punto O1 gli assi passanti per O1 e
coincidenti con gli assi dell’ellissoide d’inerzia relativo al punto O1 . I momenti d’inerzia rispetto a tali assi si chiamano momenti principali d’inerzia. La scelta della terna solidale O1 x1 y1 z1 coincidente con quella principale d’inerzia risulta utile in quanto semplifica notevolmente i calcoli delle grandezze che coinvolgono il momento d’inerzia (energia cinetica e momento della quantit`a di moto). Di conseguenza risulta importante determinare gli assi principali d’inerzia. Vediamo dapprima come si determinano gli assi principali d’inerzia di un corpo rigido C rispetto ad un suo punto O1 , nota la matrice d’inerzia J rispetto ad una terna O1 x1 y1 z1 . Naturalmente supponiamo J in forma non diagonale, perch´e altrimenti gli assi O1 x1 , O1 y1 e O1 z1 sarebbero gi`a principali d’inerzia. Si pu`o dimostrare la seguente proposizione: Gli assi principali d’inerzia di C rispetto ad O1 hanno la direzione degli autovettori w1 , w2 , w3 associati agli autovalori λ1 , λ2 e λ3 della matrice d’inerzia J . Ricordiamo che λ1 , λ2 e λ3 , che sono reali, positivi e distinti in conseguenza del fatto che J `e simmetrica e definita positiva, sono dati dalle radici dell’equazione det(J ¡ λI) = 0 , e che l’autovettore wk `e determinato, a meno di una costante moltiplicativa, dall’equazione (J ¡ λk I)wk = 0 ,
k = 1, 2, 3 .
Piuttosto che calcolare la matrice d’inerzia J rispetto ad un osservatore O1 x1 y1 z1 scelto a caso, e determinare poi gli assi principali d’inerzia diagonalizzando J , conviene cercare di scegliere fin dall’inizio la terna principale d’inerzia, o almeno scegliere una terna con un asse che sia principale d’inerzia. Valgono infatti i seguenti Teoremi (senza dimostrazione) C.N.S. perch´e l’asse O1 x1 sia principale d’inerzia `e che si abbia A′ = B ′ = 0. C.N.S. perch´e l’asse O1 y1 sia principale d’inerzia `e che si abbia A′ = C ′ = 0. 28
C.N.S. perch´e l’asse O1 z1 sia principale d’inerzia `e che si abbia B ′ = C ′ = 0. Conseguenza immediata di questi teoremi `e che, se due assi sono principali d’inerzia, anche il terzo lo `e. Torna particolarmente utile il seguente Teorema
Ogni retta perpendicolare in O1 ad un piano di simmetria geometrico-materiale
`e principale d’inerzia. Dimostrazione Sia O1 z1 la retta perpendicolare al piano di simmetria geometrico-materiale O1 x1 y1 . La simmetria significa che ad ogni punto Ps ´ (x1s , y1s , z1s ) di massa ms corrisponde il punto Qs ´ (x1s , y1s , ¡z1s ) pure di massa ms . Ne consegue B′ =
s
ms x1s z1s = 0 ,
C′ =
s
ms y1s z1s = 0 ,
in quanto in ogni somma per ciascun termine ce n’`e uno uguale e contrario. Corollario 1 Se il corpo C `e una figura rigida piana, allora il piano π contenente la figura `e di simmetria per C. Di conseguenza, qualunque sia O1 2 π, la retta perpendicolare al piano del corpo `e asse principale d’inerzia per O1 . Allora, assunto π ´ O1 x1 y1 , l’asse z1 `e principale d’inerzia e l’equazione dell’ellissoide vale Ax21 + By12 + Cz12 ¡ 2A′ x1 y1 = 1 . Inoltre, poich´e Ps ´ (x1s , y1s , 0), si ha 2 2 2 2 2 C= ms x21s + y1s = ms x1s + z1s + ms y1s + z1s =A+B. s
s
(2.20)
s
Corollario 2 Se il corpo ha tre piani di simmetria mutuamente ortogonali, allora le tre rette intersezioni (a due a due) sono assi principali d’inerzia per il baricentro G. (Ciascun piano di simmetria contiene necessariamente G, e quindi tre piani di simmetria a due a due ortogonali si intersecano in G). In base a questo corollario si capisce facilmente che la terna principale d’inerzia non `e necessariamente unica. Basta infatti pensare ad una sfera rigida omogenea, e si ha immediatamente che se O1 coincide col centro della sfera, ogni terna `e principale d’inerzia. Definizione
L’ellissoide relativo al baricentro G `e detto ellissoide centrale d’inerzia del
corpo. I suoi assi sono detti assi centrali e i momenti A, B, C ad essi relativi momenti centrali d’inerzia. 29
Ai fini del calcolo dei momenti di deviazione pu`o risultare utile il seguente teorema, analogo a quello di Huyghens: ′ ′ Noti i momenti di deviazione A′G , BG , CG di un sistema materiale rispetto
Teorema
′ ′ ad una terna Gx′ y ′ z ′ , gli analoghi momenti A′O , BO , CO rispetto ad una terna parallela
Oxyz sono dati dalle relazioni seguenti: A′O = A′G + M xG yG ,
′ ′ BO = BG + M xG zG ,
′ ′ CO = CG + M yG zG ,
(2.21)
con xG , yG e zG coordinate di G rispetto ad Oxyz. Dimostriamo la prima delle tre relazioni. Le altre due si otterranno analogamente. Considerato un generico punto Ps del sistema, siano (xs , ys , zs ) le sue coordinate rispetto ad Oxyz e (x′s , ys′ , zs′ ) quelle rispetto a Gx′ y ′ z ′ . Essendo gli assi delle due terne paralleli, sussistono le relazioni xs = x′s + xG
ys = ys′ + yG
zs = zs′ + zG .
′ Essendo x′G = yG = 0, si ha A′O = m s xs y s = ms (x′s + xG )(ys′ + yG ) = s
= =
s A′G
s
ms x′s
ys′
+
s
+
M x′G yG
+
ms x′s yG + ms ys′ xG + m s xG y G =
′ M yG xG
s
+ M xG yG =
s
A′G
+ M xG y G .
Se la terna Gx′ y ′ z ′ `e principale d’inerzia, le (2.21) diventano semplicemente le seguenti: A′O = M xG yG ,
′ BO = M xG zG ,
′ CO = M yG zG .
(2.22)
2.7 Momento d’inerzia polare Ricaviamo qui una relazione tra il momento d’inerzia polare J rispetto al polo O e i momenti d’inerzia A, B, C rispetto ad una qualunque terna Oxyz. Si ha: ms rs2 = ms x2s + ys2 + zs2 = J= s
s
1 2 1 2 1 1 2 = ms ys + zs2 + ms xs + zs2 + ms xs + ys2 = A + B + C . 2 s 2 s 2 s 2
Nel caso di una sfera omogenea (o, pi` u in generale, a simmetria radiale) si ha A = B = C, e quindi J = 32 A. Tale formula `e utile per determinare A mediante J (il che `e pi` u facile rispetto al calcolo mediante (2.8)). 30
3. CINEMATICA
La cinematica ha come obiettivo la descrizione del moto dei sistemi materiali prescindendo dalle cause che lo producono. Tale descrizione comporta sempre la scelta di un sistema di riferimento Oxyz rispetto al quale riferire la posizione di ciascuno dei punti del sistema materiale oggetto di studio. I concetti di spazio e di tempo sono assunti come assoluti, vale a dire si assume il seguente Postulato: Due osservatori diversi misurano sempre le stesse distanze e gli stessi tempi. Andiamo ora a trattare la CINEMATICA DEL PUNTO. 3.1 Terna intrinseca ad una curva Sia γ una qualunque curva regolare dello spazio. Andiamo a definire su di essa un sistema di ascisse curvilinee. A tal fine fissiamo su γ un punto O1 , che chiameremo origine, ed un verso positivo che diremo verso degli archi crescenti. Inoltre, fissiamo un’unit`a di misura per la lunghezza degli archi.
In questo
modo ad ogni punto P si pu`o associare il numero s lunghezza dell’arco O1 P , preso col segno positivo o negativo a seconda che P segua o preceda O1 in base all’ordinamento indotto dal verso positivo fissato. Viceversa ad ogni valore di s corrisponde un unico punto P di γ. Si `e dunque stabilita una corrispondenza biunivoca tra i punti di γ ed i numeri reali di un opportuno intervallo. Il numero s che corrisponde al punto P `e detto ascissa curvilinea del punto P. Ha dunque sempre senso, quando torni utile, considerare il punto P come funzione della sua ascissa curvilinea s; in tal caso si scriver`a:
P = P (s) .
Ci poniamo ora il problema di calcolare le derivate prima e seconda di P rispetto ad s. In virt` u della definizione (1.24), si ha P (s + h) ¡ P (s) dP = lim . h→0 ds h Osserviamo innanzitutto che, poich´e P (s+h)¡P (s) `e un vettore diretto secondo la corda, tale `e anche 31
P (s + h) ¡ P (s) . Passando al limite per h ! 0, la suddetta corda tender`a h dP alla tangente a γ in P (s); di conseguenza ha direzione tangente alla curva in P (s). ds P (s + h) ¡ P (s) ha il verso degli archi crescenti; di Supposto ora h>0, osserviamo che h dP ha il verso degli conseguenza, poich`e il verso non cambia nel passaggio al limite, anche ds archi crescenti. Allo stesso risultato si giunge supponendo h < 0.
il vettore
Infine, ricordando la (1.23), si ha dP lim jP (s + h) ¡ P (s)j . ds = h→0 jhj
Ma il modulo di P (s + h) ¡ P (s) `e la lunghezza della corda che ha per estremi i due punti e jhj `e la lunghezza dell’arco associato alla stessa corda. Di conseguenza, poich´e quando h tende a zero il rapporto fra corda ed arco tende ad uno, si pu`o scrivere dP = t, ds
(3.1)
dove t `e il versore tangente alla curva nel punto P di ascissa s, orientato secondo il verso degli archi crescenti. La (1.28) comporta d2 P dt t(s + h) ¡ t(s) = lim . = ds2 ds h→0 h Osserviamo che, essendo t costante in modulo,
dt ds
dt giace nel piano normale a ds t, cio`e nel piano normale alla curva in P (s). Posti
`e normale a t, per cui
i vettori t(s + h) e t(s) con origine in P (s), osserviamo poi che il vettore t(s + h) ¡ t(s) giace nel piano passante per la tangente in P (s) e parallelo alla tangente in P (s + h). Per h ! 0 tale piano tende al cosiddetto piano osculatore alla curva nel punto P (s). Di dt ha come direzione quella della retta intersezione del piano normale col conseguenza ds piano osculatore. Tale retta `e la normale principale alla curva γ nel punto P (s). Si pu`o poi dimostrare che esiste una circonferenza speciale, detta cerchio osculatore, situata nel piano osculatore e con centro sulla normale principale, che approssima γ in un intorno del punto P meglio di qualunque altra circonferenza. Il raggio del cerchio osculatore, che indichiamo 1 con ρc , si chiama raggio di curvatura di γ nel punto P , mentre il suo inverso `e detto ρc curvatura. Ebbene, si pu`o dimostrare che dt d2 P 1 = = n, 2 ds ds ρc 32
(3.2)
dove n `e un versore, detto versore normale, avente la direzione della normale principale alla curva in P (s) ed orientato verso il centro del cerchio osculatore. Se la curva γ `e piana, il piano osculatore coincide col piano della curva, la normale principale coincide con la normale alla curva ed il versore n `e orientato verso l’interno della curva. Nel caso poi che γ sia una circonferenza il cerchio osculatore coincide ovviamente con la circonferenza stessa e si ha ρc = R. Dal momento che i versori t ed n sono normali tra loro, si pu`o definire un terzo versore b, normale ad entrambi (e quindi normale al piano osculatore) in modo che (t, n, b) sia una terna destra. La retta avente la direzione di b e passante per P (s) `e detta binormale a γ nel punto P . La terna di versori (t, n, b) `e detta terna intrinseca alla curva nel punto P . 3.2 Vettore spostamento, equazione del moto, legge oraria Si consideri dunque un punto P e sia O l’origine del sistema di riferimento cartesiano scelto. Ad ogni istante temporale t corrisponder`a una posizione di P, cio`e un valore del vettore P ¡ O. Tale vettore `e detto vettore spostamento (o pi` u semplicemente spostamento) del punto dall’origine oppure raggio vettore, e si pu`o scrivere P ¡ O = P (t) ¡ O ,
(3.3)
che costituisce l’equazione vettoriale del moto di P. Ovviamente, anche le tre coordinate cartesiane di P possono essere scritte in funzione di t, x = x(t),
y = y(t),
z = z(t) .
(3.4)
` ovvio che le (3.4) sono equiQueste funzioni sono dette equazioni cartesiane del moto di P. E valenti alla (3.3), dal momento che si possono dedurre uguagliando fra loro le componenti dei due vettori che compaiono in quell’equazione. Volendo separare l’aspetto geometrico da quello cinematico, si pu`o pensare di scrivere le equazioni del moto facendo riferimento alla traiettoria percorsa dal punto P. A tal fine consideriamo tale curva, che indichiamo con γ, e fissiamo su di essa un sistema di ascisse curvilinee. Allora ad ogni valore dell’ascissa s corrisponde una posizione di P, mentre ad ogni valore di t corrisponde un valore dell’ascissa curvilinea, cio`e P ¡ O = P (s) ¡ O s = s(t) . 33
(3.5)
La prima funzione di (3.5) fornisce la traiettoria di P, la seconda, detta legge oraria del moto, lo spazio in funzione del tempo, e quindi la posizione di P sulla traiettoria ad ogni istante t. In forma cartesiana (3.5) equivale a x= y= z= s=
x(s) y(s) z(s) s(t) .
(3.6)
Nel seguito si assumer`a che le funzioni a secondo membro di (3.3), (3.4), (3.5) e (3.6) siano almeno C2 (continue assieme alle loro derivate seconde). 3.3 Velocit` a Definizione
Si definisce velocit`a scalare (istantanea), e la si indica con s(t), ˙ la derivata
della funzione s(t) rispetto al tempo, ossia s(t) ˙ ´
ds . dt
(3.7)
Osserviamo che la velocit`a scalare all’istante t altro non `e che il limite della velocit`a scalare s(t + h) ¡ s(t) media nell’intervallo (t, t + h), cio`e , quando h tende a zero. h Osserviamo anche che abbiamo introdotto una notazione che sar`a ampiamente usata nel seguito: il punto sopra una variabile dipendente dal tempo t significa la derivata di questa rispetto a t. Analogamente, due punti significheranno la derivata seconda. Se la velocit`a scalare `e costante ed uguale a v0 , allora la legge oraria `e del tipo s(t) = s0 + v0 t
(3.8)
con s0 = s(0). In tal caso il moto si dice uniforme. Dalla (3.7) si vede che se la velocit`a scalare s˙ `e positiva, s cresce al crescere del tempo: in tal caso il moto si dice diretto; se invece s˙ `e negativa, s decresce all’aumentare del tempo e il moto si dice retrogrado. Siano ora P (t) e P (t + h) le posizioni del punto rispettivamente all’istante t e t + h. Definizione
Si definisce velocit`a vettoriale all’istante t la derivata rispetto al tempo del
vettore spostamento: v(t) =
d(P ¡ O) dP P (t + h) ¡ P (t) = = lim . h→0 dt dt h 34
(3.9)
Analogamente alla velocit`a scalare, la velocit`a vettoriale all’istante t `e il limite della veloP (t + h) ¡ P (t) nell’intervallo (t, t + h) quando h tende a zero. cit`a vettoriale media h a sempre il vettore velocit`a Nota bene: d’ora in poi, quando si parler`a di velocit`a, si intender` istantanea. Consideriamo ora P come funzione del tempo t attraverso l’ascissa curvilinea s; tenendo conto della (3.1) si ha dP dP ds ds = = t = st ˙ . (3.10) dt ds dt dt Dunque, la velocit`a all’istante t ha sempre direzione tangente alla traiettoria, modulo dato v(t) =
dal modulo della velocit`a scalare, il verso degli archi crescenti o decrescenti a seconda che s˙ sia positiva o negativa. Se il moto `e uniforme la velocit`a non varia in intensit`a perch`e s˙ `e costante, ma varia, in generale, in direzione. v `e costante solo nel caso in cui il moto `e anche rettilineo, perch`e allora t `e costante. In forma cartesiana si ha v(t) =
dP d(P (t) ¡ O) = = xi ˙ + yj ˙ + zk ˙ , dt dt
(3.11)
ossia le componenti sugli assi della velocit`a di P sono le derivate delle coordinate del punto rispetto al tempo. Il modulo della velocit`a, o equivalentemente, il modulo della velocit`a scalare `e dato da ˙ = jsj ˙ = jvj = jstj Ne consegue
x˙ 2 + y˙ 2 + z˙ 2 .
s(t) ˙ = § x˙ 2 (t) + y˙ 2 (t) + z˙ 2 (t) , t x˙ 2 (τ ) + y˙ 2 (τ ) + z˙ 2 (τ )dτ . s(t) = §
(3.12) (3.13)
t0
3.4 Accelerazione Poich`e l’unico moto che avviene con velocit`a costante `e il moto rettilineo uniforme, in generale la velocit`a di un punto `e variabile nel tempo. Definizione
Si definisce accelerazione all’istante t la derivata prima della velocit`a rispetto
al tempo o, equivalentemente, la derivata seconda del vettore spostamento rispetto al tempo, cio`e
v(t + h) ¡ v(t) dv d2 (P ¡ O) d2 P = = = . h→0 h dt dt2 dt2
a(t) = lim
35
(3.14)
Derivando la (3.10)e ricordando la (3.2) si ha a=
d ds˙ dt dt ds s˙ 2 (st) ˙ = t + s˙ = s¨t + s˙ = s¨t + n , dt dt dt ds dt ρc
ossia a = at t + an n
con
at = s¨ ,
an =
s˙ 2 . ρc
(3.15)
L’accelerazione all’istante t `e dunque la somma di due vettori, uno detto accelerazione tangenziale uguale a s¨t, diretto secondo la tangente alla traiettoria, l’altro, detto accelerazione s˙ 2 centripeta o normale, uguale a n, diretto secondo la normale principale e verso il centro ρc del cerchio osculatore alla curva. Poich`e questi due vettori giacciono nel piano osculatore alla traiettoria nel punto P (t), si avr`a che l’accelerazione giace nel piano osculatore della traiettoria. Ricordiamo anche che ρc `e il raggio di curvatura della curva percorsa dal punto in P (t). Se l’accelerazione tangenziale `e nulla in ogni istante, si ha s¨(t) = 0, per cui s(t) ˙ = cost = v0 ; integrando si ha s(t) = s0 + v0 t, cio`e il moto `e uniforme. Invece i moti con accelerazione s˙ 2 centripeta in ogni istante nulla sono i moti rettilinei, perch`e dovendo essere = 0, il ρc raggio ρc di curvatura deve essere infinito, e quindi la traiettoria `e una retta. Si conclude che i moti con accelerazione nulla in ogni istante sono soltanto i moti rettilinei ed uniformi. La (3.15) rappresenta l’espressione dell’accelerazione in forma intrinseca; in forma cartesiana si avr`a a=x ¨i + y¨j + z¨k,
(3.16)
cio`e le componenti dell’accelerazione sugli assi sono le derivate seconde rispetto al tempo delle coordinate del punto. 3.5 Classificazione dei moti In base a velocit`a ed accelerazione Consideriamo ora alcuni moti con particolari caratteristiche per quanto riguarda la velocit`a o l’accelerazione, e proponiamo uno schema di classificazione di tali moti. Ci`o ci porter`a a riconsiderare anche moti gi`a presi in considerazione e classificati. - moto diretto : se s˙ > 0; - moto retrogrado : se s˙ < 0; - moto uniforme : se s(t) ˙ = v0 costante; - moto rettilineo : se t(t) = t0 costante; 36
- moto rettilineo ed uniforme : se st ˙ = v 0 costante; - moto curvilineo : se t(t) 6 = cost; (circolare, parabolico, ellittico, . . . , a seconda della traiettoria) ds˙ 2 > 0 () jsj ˙ crescente - moto accelerato : se s¨ ˙ s > 0; dt ds˙ 2 - moto ritardato : se s¨ ˙ s < 0; < 0 () jsj ˙ decrescente dt - moto uniformemente vario : se s¨(t) = a costante; - moto uniformemente accelerato : se s¨ ˙ s > 0 ed s¨ costante; - moto uniformemente ritardato : se s¨ ˙ s < 0 ed s¨ costante. In base alla legge oraria I moti di un punto possono essere classificati anche in base alla legge oraria, nel qual caso torna utile introdurre e studiare il diagramma orario, vale a dire il grafico di s(t). 1) s(t) = v0 t + s0 Il moto `e uniforme. Il diagramma orario `e una retta e, ovviamente, v0 ed s0 rappresentano rispettivamente la velocit`a scalare s˙ (che `e costante) e l’ascissa curvilinea iniziale s(0). 1 2 at + v0 t + s0 2 Il moto `e uniformemente vario. Il diagramma orario `e una parabola e le costanti a, v0 ed 2) s(t) =
s0 forniscono rispettivamente s¨ (che `e costante), la velocit`a scalare iniziale s(0) ˙ e l’ascissa curvilinea iniziale s(0). 3) s(t) = A cos(ωt + γ) Il moto `e oscillatorio armonico. Il diagramma orario `e una sinusoide, A `e l’ampiezza del moto, ω la pulsazione e γ la fase iniziale. Il moto oscillatorio armonico `e periodico. A questo riguardo diamo la seguente Definizione
Un moto di equazione oraria s(t) si dice periodico se esiste T > 0 tale che s(t + T ) = s(t)
8t .
(3.17)
Il minimo T positivo per cui vale la (3.17) viene detto periodo del moto. 2π . Infatti Il moto oscillatorio armonico `e periodico di periodo T = ω 2π 2π s t+ = A cos ω t + +γ = A cos(ωt + 2π + γ) = A cos(ωt + γ) = s(t) . ω ω 37
Chiaramente pertanto f =
2π ω 1 T
`e il minimo T per cui vale la (3.17). La frequenza di tale moto sar`a =
ω 2π .
Osserviamo che frequenza e pulsazione differiscono solo per un
fattore 2π; ci`o giustifica il fatto che spesso ci si riferisca direttamente ad ω come alla frequenza del moto. Calcoliamo ora velocit`a ed accelerazione scalare del moto. Si ha s(t) ˙ = ¡Aω sin(ωt + γ) , s¨(t) = ¡Aω2 cos(ωt + γ) . Quest’ultima pu`o essere riscritta come s¨(t) + ω 2 s(t) = 0 ,
(3.18)
che costituisce l’equazione differenziale che caratterizza univocamente la classe di leggi orarie del tipo 3). 4) s(t) = Ae−pt cos(ωt + γ),
p>0
Il moto `e oscillatorio smorzato. Il diagramma orario `e una sinusoide smorzata, p `e il coefficiente di smorzamento, Ae−pt `e l’ampiezza dell’oscillazione (decrescente in quanto p > 0), ω `e la pulsazione e γ `e la fase iniziale. 5) s(t) = C1 e−β1 t + C2 e−β2 t ,
β1 > β2 > 0
Il moto `e aperiodico smorzato. Per t ! 1, s(t) ! 0. 6) s(t) = (C1 + C2 t)e−βt ,
β>0
Il moto `e aperiodico con smorzamento critico. Come per i moti 4) e 5), per t ! +1, s(t) ! 0. Un’equazione differenziale `e una relazione d’uguaglianza che esprime il legame tra una funzione incognita, alcune sue derivate e la variabile indipendente. Si chiama ordine dell’equazione differenziale l’ordine della derivata di ordine massimo. L’insieme di tutte le funzioni che sono soluzione di un’equazione differenziale `e detto integrale generale dell’equazione. Se p `e l’ordine dell’equazione differenziale, il suo integrale generale `e costituito di 1p funzioni. L’equazione (3.18) ha ordine 2 ed il suo integrale generale `e costituito dalle 12 funzioni C1 cos ωt + C2 sin ωt con C1 e C2 costanti arbitrarie o, equivalentemente, da C(cos ωt + γ) con C e γ costanti arbitrarie. 38
3.6 Moto circolare Definizione
Il moto di un punto P `e detto circolare se la sua traiettoria `e una circonferenza
od un suo arco. Per studiare questo particolare moto `e conveniente esprimere velocit`a ed accelerazione di P in forma intrinseca. A tal fine, data la circonferenza C di centro C e raggio R, fissiamo l’origine degli archi in un suo punto O1 e assumiamo come verso degli archi crescenti il verso antiorario. Ne consegue che il il versore tangente t ed il versore normale n in P sono quelli indicati in figura, con t normale a P ¡ C e n diretto radialmente e orientato verso C. Indichiamo poi con k il versore normale al piano della circonferenza che forma con t e n una terna destra. Riprendiamo le espressioni di v e a in forma intrinseca: (3.19)
v = st ˙ ,
a = s¨t +
s˙ 2 n, ρc
Essendo ρc = jP ¡ Cj = R e s(t) ˙ = §jv(t)j, l’accelerazione sar`a data da a = s¨t +
s˙ 2 v2 n = s¨t + n . R R
Supposto poi che le origini degli archi e degli angoli siano le stesse, indicato con θ l’angolo P CO1 , crescente come l’ascissa curvilinea s nel verso antiorario, si ha s = Rθ , e quindi, derivando rispetto al tempo,
s˙ = Rθ˙ ,
s¨ = Rθ¨ .
Le (3.19) diventano quindi ˙ , v = Rθt
¨ + Rθ˙ 2 n. a = Rθt
(3.20)
θ˙ viene detta velocit`a angolare scalare di P. Osserviamo che, essendo t = n £ k e R n = C ¡ P , si pu`o anche scrivere v(P ) = R θ˙ t = R θ˙ n £ k = ¡R θ˙ k £ n = θ˙ k £ (¡R n) , ˙ ovvero, posto ω = θk, v(P ) = ω £ (P ¡ C) .
(3.21)
Il vettore ω si chiama vettore velocit`a angolare o, pi` u semplicemente, velocit`a angolare del punto P . 39
Se il moto avviene con velocit`a scalare s˙ costante, si parla di moto circolare uniforme. In tale moto, essendo s funzione lineare del tempo, ossia s = v0 t + s0 (dove s0 rappresenta l’ascissa curvilinea di P all’istante t=0), si ottiene θ(t) = dove si `e posto ω0 =
s v0 s0 = t+ = ω0 t + θ0 , R R R
(3.22)
v0 s0 e θ0 = . Le (3.20) diventano quindi R R v = v0 t = Rω0 t ,
a=
v02 n = Rω02 n , R
da cui si evidenzia come, nel moto circolare uniforme, l’accelerazione sia tutta centripeta. Notiamo che, indicato con T il periodo del moto, ossia il tempo impiegato dal punto per percorrere l’intera circonferenza, si ha T =
2πR 2π = . v0 ω0
Fissato un sistema di riferimento cartesiano ortogonale nel piano Cxy (per semplicit`a si sceglier`a CO1 come asse delle x), le equazioni cartesiane del moto circolare uniforme sono date da:
x = R cos ω0 t + θ0 ,
y = R sin ω0 t + θ0 .
Osserviamo che le proiezioni di un moto circolare uniforme sugli assi (e quindi su un qualunque diametro della circonferenza che pu`o sempre essere assunto come uno degli assi) sono moti armonici. Passiamo ora a considerare la CINEMATICA DEL CORPO RIGIDO.
3.7 Corpo rigido: generalit` a Definizione
Un corpo rigido `e un sistema di punti materiali le cui mutue distanze riman-
gono costanti nel tempo. Ovviamente, essendo la distanza fra due punti indipendente dal riferimento, ne consegue che un corpo rigido `e tale rispetto a qualunque osservatore. Il moto di un corpo rigido `e determinato quando `e noto il moto di ogni suo punto in ogni istante t dell’intervallo di tempo considerato. In realt`a, grazie alla rigidit`a del corpo, la conoscenza del moto di tre punti non allineati, permette di conoscere il moto di ogni altro punto. Vale infatti il teorema che segue. 40
Teorema
Assegnata la posizione del corpo rigido C , ossia dei suoi punti, in un istante
t0 , e nota all’istante t la posizione di tre punti non allineati di C , risulta determinata all’istante t la posizione di ogni altro punto di C. Dimostrazione
Siano At , Bt e Ct le posizioni (note) occupate dai tre punti in questione
all’istante t e A0 , B0 e C0 quelle occupate all’istante t0 . Sia poi P un qualunque altro punto del corpo rigido, e Pt e P0 le sue posizioni agli istanti t e t0 , con P0 nota. In virt` u della rigidit`a di C , il tetraedro At Bt Ct Pt `e uguale al tetraedro A0 B0 C0 P0 . Di conseguenza la posizione di P all’istante t `e univocamente determinata dal vertice del tetraedro A0 B0 C0 P0 quando la sua base A0 B0 C0 `e fatta coincidere con At Bt Ct . Vale poi anche il seguente Teorema
C.N.S. affinch`e un corpo C sia rigido, o si comporti come rigido, `e che in ogni
istante t si abbia
8P, Q 2 C ,
C.N.
dP (P ¡ Q) dQ (P ¡ Q) ¢ = ¢ . dt jP ¡ Qj dt jP ¡ Qj
Per la definizione di corpo rigido, 8P, Q 2 C, si ha jP ¡ Qj = d, cio`e (P ¡ Q)2 = d2 .
Derivando ambo i membri: 2(P ¡ Q) ¢
(P ¡ Q) ¢ jP ¡ Qj
e quindi
C.S.
(3.23)
= 0,
= 0.
dP dQ ¡ dt dt
dP dQ ¡ dt dt
Si dimostra ripetendo a ritroso i passaggi appena descritti.
Osservazione. Un punto non appartenente al corpo rigido, ma solidale con esso, pu`o sempre essere considerato un punto del corpo. Quanti parametri sono necessari e sufficienti a determinare la posizione di un corpo rigido libero (cio`e non soggetto a restrizioni nei suoi spostamenti) ? Il modo pi` u semplice per rispondere a questa domanda si basa sulla considerazione precedente. Siano Pi ´ (xi , yi , zi ), i = 1, 2, 3, tre punti non allineati del corpo rigido. Per quanto detto, la conoscenza dei 9 parametri xi , yi e zi in funzione del tempo permette di conoscere la posizione di ogni altro punto del corpo, e quindi la posizione del corpo, in ogni istante. Tuttavia, dovendo le distanze P1 P2 , P1 P3 e P2 P3 rimanere costanti al variare 41
del tempo, sussistono tra i nove parametri le seguenti tre relazioni: P1 P2 P1 P3 P2 P3
=
2
2
2
(x1 ¡ x2 ) + (y1 ¡ y2 ) + (z1 ¡ z2 )
21
= d12
(x1 ¡ x3 )2 + (y1 ¡ y3 )2 + (z1 ¡ z3 )2 = d13 12 2 2 2 = (x2 ¡ x3 ) + (y2 ¡ y3 ) + (z2 ¡ z3 ) = d23 , =
1 2
con d12 , d13 e d23 costanti. Di conseguenza, i parametri indipendenti necessari e sufficienti a definire la posizione di un corpo rigido libero sono 6 (= 9¡3). ` bene osservare fin d’ora che nella pratica la scelta delle coordinate di tre punti non E allineati del corpo o, in alternativa, delle coordinate di un punto O1 del corpo e dei nove coseni direttori degli assi di un sistema solidale col corpo, non `e conveniente. Infatti, in tal caso occorrerebbe poi tener conto delle 6 relazioni che intercorrono tra questi parametri. Sottolineiamo fin d’ora il fatto che `e sempre opportuno scegliere dei parametri, che chiameremo parametri lagrangiani, che siano indipendenti. Nel caso di un corpo rigido C libero la scelta ottimale consiste nell’assumere come parametri lagrangiani le coordinate di un punto del corpo (x, y, z), per esempio il baricentro, e i tre angoli di Eulero (ψ, φ, θ) che adesso definiamo. Sia O1 un punto del corpo rigido C e O1 xyz un sistema di riferimento con origine in O1 e traslante (cio`e tale che i suoi assi rimangono paralleli a se stessi durante il moto) rispetto ad un osservatore fisso OXY Z, con gli assi della terna O1 xyz paralleli a quelli di OXY Z. Introduciamo poi anche un sistema O1 x1 y1 z1 solidale con C. Si consideri la retta (linea nodale) (O1 , l) intersezione del piano xy con il piano x1 y1 (supposti non coincidenti). Gli angoli di Eulero, che indicheremo con ψ (angolo di precessione), ϕ (angolo di rotazione propria) e θ (angolo di nutazione), sono cos`ı definiti: angolo levogiro rispetto a z, ψ = xl
0 · ψ < 2π ,
θ = zz 1 angolo levogiro rispetto a l,
0 · θ · π.
1 angolo levogiro rispetto a z1 , ϕ = lx
0 · ϕ < 2π ,
42
3.8 Formule di Poisson Un problema fondamentale della Meccanica riguarda lo studio del moto di un corpo rigido C rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz fissato. A tal fine risulta di grande utilit`a l’introduzione di un secondo sistema di riferimento O1 x1 y1 z1 , solidale col corpo. I versori i1 , j 1 e k1 associati a questa terna mobile in generale variano in direzione, per cui la loro derivata rispetto al tempo non `e nulla. Ebbene, le formule di Poisson risolvono il problema di calcolare le derivate temporali di una terna di versori mobili. Poich`e i1 ¢ j 1 = 0 j 1 ¢ k 1 = 0 k1 ¢ i1 = 0 si avr`a
di1 dj ¢ j 1 + i1 ¢ 1 = 0 dt dt dk1 dj 1 ¢ k1 + j 1 ¢ =0 dt dt dk1 di1 ¢ i1 + k 1 ¢ =0 dt dt
di1 dj ¢ j 1 = ¡i1 ¢ 1 = r(t) dt dt dk1 dj 1 ¢ k1 = ¡j 1 ¢ = p(t) dt dt dk 1 di1 ¢ i1 = ¡k1 ¢ = q(t) . dt dt
=) =) =)
Definito il vettore ω nel modo seguente ω(t) = p(t)i1 + q(t)j 1 + r(t)k1 , il vettore
(3.24)
di1 si potr`a rappresentare come dt di1 di1 di1 di1 = ¢ i1 i1 + ¢ j1 j1 + ¢ k1 k 1 = rj 1 ¡ qk1 . dt dt dt dt
Ma siccome
si ha
i1 ω £ i1 = p 1
j1 q 0
k1 r = rj 1 ¡ qk 1 , 0
di1 = ω £ i1 . (3.25) dt In modo analogo si ottengono analoghe relazioni per j 1 e k1 . Si hanno quindi le tre formule seguenti, note come formule di Poisson. di1 dj 1 dk1 = ω £ i1 = ω £ j1 = ω £ k1 . (3.26) dt dt dt Il vettore ω si chiama vettore velocit`a angolare del corpo rigido C (e del riferimento O1 x1 y1 z1 ) rispetto ad Oxyz. 43
Osservazione.
In realt`a il corpo rigido non ha giocato nessun ruolo nella deduzione delle
formule (3.26). Si poteva quindi partire direttamente con il solo riferimento O1 x1 y1 z1 , senza associarlo ad alcun corpo rigido. Occorre tuttavia dire che nella pratica O1 x1 y1 z1 `e quasi sempre ”attaccato” ad un corpo rigido. Ci`o giustifica la scelta fatta. 3.9 Formula fondamentale della cinematica rigida Risolviamo ora il seguente problema: determinare la velocit`a di un punto qualunque di un corpo rigido C , note la velocit`a angolare ω e la velocit`a di un punto O1 di C . Sia Oxyz il sistema di riferimento rispetto al quale stiamo studiando il moto di C . Consideriamo un generico punto P di C . Indicata con O1 x1 y1 z1 una terna solidale con C con origine in O1 e versori i1 , j 1 e k1 , si ha P ¡ O1 = x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 , con x1 , y1 , z1 costanti per la rigidit`a di C. Derivando ambo i membri rispetto all’osservatore Oxyz, si ottiene dP dO1 di1 dj dk 1 ¡ = x1 + y1 1 + z1 = x1 ω £ i1 + y1 ω £ j 1 + z1 ω £ k1 = dt dt dt dt dt = ω £ (x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 ) = ω £ (P ¡ O1 ) , ossia
dP dO1 = + ω £ (P ¡ O1 ) . (3.27) dt dt Questa formula, a cui ci riferiremo come formula fondamentale della cinematica rigida, esprime dunque la velocit`a di un qualsiasi punto P del corpo rigido, nota la velocit`a di un punto O1 e noto il vettore velocit`a angolare ω. Derivandola otteniamo l’espressione dell’accelerazione di un generico punto P di un corpo rigido. d2 P d2 O1 dω d £ (P ¡ O1 ) + ω £ (P ¡ O1 ) = = + 2 2 dt dt dt dt dω d2 O1 + £ (P ¡ O1 ) + ω £ ω £ (P ¡ O1 ) . = 2 dt dt
(3.28)
Poich´e la relazione (3.27) vale 8P 2 C, pu`o essere scritta per un altro punto Q 2 C: dQ dO1 = + ω £ (Q ¡ O1 ). dt dt Sottraendo membro a membro la (3.29) dalla (3.27) si ha dP dQ d(P ¡ Q) ¡ = ω £ (P ¡ Q) ) = ω £ (P ¡ Q), dt dt dt che d`a l’espressione della derivata del vettore (P ¡ Q), 8P, Q 2 C. 44
(3.29)
(3.30)
Il vettore ω gode delle seguenti propriet`a: - `e unico. Infatti non dipende dal punto O1 (come `e evidente dalla sua definizione) e supposto che ne esistano due, si dimostra immediatamente che sono uguali. - dipende, in generale, dal tempo. Di conseguenza esso varia, in generale, sia in modulo che in direzione. - ha le dimensioni dell’inverso di un tempo, come si evince da una analisi dimensionale della formula (3.29). Di conseguenza ω pu`o essere pensato nella forma ˙ ω = θ(t)a(t) , con θ angolo di rotazione del corpo. Il concetto di angolo di rotazione sar`a ripreso e giustificato pi` u avanti, quando tratteremo lo stato cinetico rotatorio.
3.10 Stati cinetici Definizione
Si chiama stato cinetico o atto di moto di un corpo rigido C il campo vettoriale
delle velocit`a dei suoi punti in un dato istante t0 . Si possono definire quattro stati cinetici elementari: 1) stato cinetico nullo:
8P 2 C
=)
v(P ) = 0 ;
2) stato cinetico traslatorio:
8P 2 C
=)
v(P ) = u ;
3) stato cinetico rotatorio:
8P 2 C
=)
v(P ) = ω £ (P ¡ O1 ) ;
4) stato cinetico elicoidale:
8P 2 C
=)
v(P ) = u + ω £ (P ¡ O1 ),
u k ω.
Osserviamo che lo stato cinetico elicoidale, essendo u k ω, posto u = uk e ω = ωk, pu`o essere rappresentato in modo equivalente nella forma 8P 2 C
=)
v(P ) = uk + ωk £ (P ¡ O1 ) .
In un dato istante un corpo rigido pu`o passare attraverso pi` u stati cinetici v 1 (P ), v 2 (P ),..., v n (P ). Ebbene, in tal caso lo stato cinetico risultante `e determinato dalla composizione degli n stati cinetici, ossia da v(P ) = v 1 (P ) + v 2 (P ) + ... + v n (P ) .
45
Come sappiamo gi`a, lo stato cinetico rigido `e dato dalla formula fondamentale della cinematica rigida
dO1 dP = + ω £ (P ¡ O1 ), dt dt
8P 2 C.
Esso pu`o essere riguardato come la composizione di uno stato cinetico traslatorio, definito dO1 , con uno rotatorio, definito da (O1 , ω). Per questa ragione si parla spesso di da u = dt stato cinetico rototraslatorio. Prima di passare ad esaminare i diversi casi che si possono avere a seconda del valore dei dO1 vettori caratteristici ed ω, occorre introdurre una nozione che ci torner`a assai utile. dt Definizione
Si chiama invariante la grandezza scalare I=
dO1 ¢ω. dt
(3.31)
L’invariante non dipende da O1 (il che giustifica il nome); infatti dP ¢ω = dt
dO1 dO1 dO1 + ω £ (P ¡ O1 ) ¢ ω = ¢ ω + ω £ (P ¡ O1 ) ¢ ω = ¢ω. dt dt dt
Andando ad esaminare i diversi casi che si presentano a seconda del valore dei vettori caratdO1 teristici ed ω, dimostreremo che uno stato cinetico rigido ` e sempre equivalente dt ad uno stato cinetico elementare. Incominciamo considerando innanzitutto i due casi pi` u semplici. dO1 = 0, ω = 0 : lo stato cinetico `e nullo. Tutti i punti del corpo hanno velocit`a nulla dt all’istante t0 ; ossia, per t = t0 il corpo ha un istante di arresto. dO1 = 0, ω = 0 : lo stato cinetico `e traslatorio. Tutti i punti del corpo hanno, all’istante 6 dt ` questo l’unico caso in cui si pu`o parlare di velocit`a del corpo C . t0 , la stessa velocit`a. E Al riguardo si pu`o enunciare un ovvio teorema: dO1 = 0, ω = 0. 6 dt Se poi lo stato cinetico del corpo C `e traslatorio in ogni istante di un intervallo (t1 , t2 ), Teorema
C.N.S. affinch`e lo stato cinetico rigido sia traslatorio `e che
si dir`a che in detto intervallo C si muove di moto traslatorio o, pi` u semplicemente, che C trasla. Ovviamente, durante un moto traslatorio la velocit`a, in generale, varia da istante ad istante.
46
3.11 Stato cinetico rotatorio Consideriamo ora il caso in cui
dO1 = 0 mentre ω 6 = 0, per cui dt v(P ) = ω £ (P ¡ O1 ) .
Lo stato cinetico, che `e chiaramente rotatorio, `e definito dalla coppia costituita dal punto O1 e dal vettore ω, e quindi dal vettore applicato (O1 , ω). La retta individuata da questo vettore applicato `e detta asse di istantanea rotazione. Osserviamo subito che tutti i punti dell’asse di istantanea rotazione hanno velocit`a nulla. Consideriamo quindi un qualunque punto P di C non appartenente ad (O1 , ω) ed andiamo a studiarne la velocit`a. Osserviamo innanzitutto che v(P ) `e un vettore normale al piano individuato dall’asse di istantanea rotazione e dal vettore (P ¡ O1 ) o, equivalentemente, dall’asse e dal vettore (P ¡ P0 ), essendo P0 la proiezione di P sull’asse. Posto poi ω = ωk, con k versore parallelo a ω, si pu`o scrivere v(P ) = ωk £ (P ¡ P0 + P0 ¡ O1 ) = ωk £ (P ¡ P0 ) .
(3.32)
Ora, confrontando questa espressione di v(P ) con la (3.21), se ne deduce che la velocit`a di un punto P 2 / (O1 , ω) `e quella di un punto che, all’istante considerato, percorre con velocit`a angolare scalare θ˙ = ω la circonferenza posta nel piano normale a k di centro P0 e raggio r = P P0 . Il fatto che ω sia indipendente dal punto P , e quindi esprima una caratteristica del moto dell’intero corpo, giustifica il nome di velocit`a angolare di C che si d`a al vettore ω. Naturalmente θ˙ `e detta velocit`a angolare scalare di C . Definito poi lo scalare θ(t) =
t
˙ )dτ = θ(τ
t0
t
ω(τ )dτ ,
(3.33)
t0
˙ `e indipendente da P , si d`a il nome di angolo di rotazione di C. ad esso, che come θ(t) Osserviamo che mentre l’angolo θ di rotazione di un corpo rigido `e definito analiticamente in maniera inequivocabile dalla (3.33), esso non `e altrettanto facilmente definibile per via ˙ geometrica a causa del fatto che, in generale, ω(t) = θ(t)k(t) varia anche in direzione. Se per`o k(t) = k 0 , allora θ pu`o essere definito come l’angolo solido compreso tra due semipiani uscenti dall’asse (O1 , k0 ), l’uno fisso nello spazio (o con giacitura fissa) e l’altro solidale con C. Osserviamo che in questo caso il corpo rigido o ha un asse fisso nello spazio o ha un asse che durante il moto rimane parallelo a se stesso. 47
Lo stato cinetico di un corpo rigido pu`o essere rotatorio anche senza che teorema che segue d`a ragione di questa affermazione. Teorema
C.N.S. affinch`e lo stato cinetico rigido
sia rotatorio `e che si abbia dO1 = 0 oppure dt
dO1 sia nullo. Il dt
dP dO1 = + ω £ (P ¡ O1 ), con ω 6 = 0, dt dt dO1 ? ω. dt
Dimostrazione C.N.
L’ipotesi `e che lo stato cinetico `e rotatorio. Di conseguenza esiste certamente un
punto O2 che permette di rappresentare lo stato cinetico nel modo seguente: dP = ω £ (P ¡ O2 ), 8P 2 C . dt Con questa formula sar`a lecito calcolare anche la velocit` a di O1 : dO1 = ω £ (O1 ¡ O2 ) , dt dO1 dO1 da cui si deduce = 0 oppure ? ω. dt dt dO1 dO1 C.S. L’ipotesi `e che o =0 o ? ω . Esaminiamo separatamente i due casi. dt dt dO1 a) = 0 : lo stato cinetico `e rotatorio per definizione, con asse (O1 , ω). dt dO1 ? ω: in tal caso si pu`o determinare un punto O2 tale che b) dt dO1 = ω £ (O1 ¡ O2 ) . (3.34) dt (Nel x1.7 si `e dimostrato che questa equazione ammette infinite soluzioni: tutti i punti O2 di una opportuna retta parallela ad ω.) Dalla formula fondamentale della cinematica rigida si ha quindi dP dO1 = + ω £ (P ¡ O1 ) = ω £ (O1 ¡ O2 ) + ω £ (P ¡ O1 ) = ω £ (P ¡ O2 ) . dt dt In questo caso, dunque, si ha uno stato cinetico di rotazione con asse (O2 , ω) individuato dalla relazione (3.34). Osservazione Uno stato cinetico rotatorio (O1 , ωk) `e equivalente agli infiniti stati cinetici (O2 , ωk), con O2 2 (O1 , k). Infatti: v(P ) = ω£(P ¡O1 ) = ω£(P ¡O2 +O2 ¡O1 ) = ω£(P ¡O2 )+ω£(O2 ¡O1 ) = ω£(P ¡O2 ) . In altre parole: dato uno stato cinetico rotatorio, `e lecito far scorrere il vettore velocit`a angolare lungo l’asse di istantanea rotazione. 48
Se lo stato cinetico del corpo C `e rotatorio in ogni istante di un intervallo (t1 , t2 ), si dir`a che in detto intervallo C si muove di moto rotatorio o, pi` u semplicemente, che C ruota. Naturalmente, durante un moto rotatorio, l’asse di istantanea rotazione varia, in generale, sia nello spazio che nel corpo. Nota bene : in questo paragrafo `e stata introdotto l’uso della notazione di vettore applicato anche per indicare la retta dello spazio che esso individua. Di questo doppio uso del simbolo di vettore applicato faremo ampio uso anche in seguito. Il contesto dovrebbe escludere ogni possibilit`a di confusione. 3.12 Stato cinetico elicoidale; teorema di Mozzi Come abbiamo visto uno stato cinetico elicoidale `e cos`ı rappresentabile: dP = uk + ωk £ (P ¡ O1 ) . dt La retta (O1 , k) `e detta asse di Mozzi o asse elicoidale. I suoi punti sono caratterizzati dalla seguente propriet`a: 8M 2 (O1 , k) ,
v(M ) = uk .
Di solito la velocit`a uk, che `e comune a tutti (e solo) i punti dell’asse di Mozzi, `e detta velocit`a di scorrimento del corpo. Osserviamo che si pu`o scrivere uω ω I v(M ) = uk = = 2ω. ω ω ω Per quanto riguarda la velocit`a di un qualunque punto non appartenente all’asse di Mozzi, osserviamo che si ottiene sommando alla velocit`a di scorrimento una componente (non nulla) normale all’asse stesso. Teorema di Mozzi
C.N.S. perch´e uno stato cinetico rigido sia elicoidale `e che l’inva-
riante I sia diverso da zero. Dimostrazione dP dO1 = + ω £ (P ¡ O1 ) . dt dt dO1 dO1 C.N. L’ipotesi `e che lo stato cinetico `e elicoidale. Ci`o implica = 0, ω 6 6 = 0, k ω. dt dt dO1 Essendo I = ¢ ω, ne consegue immediatamente I 6 = 0. dt dO1 C.S. L’ipotesi `e I 6 = 0. Ne consegue che i vettori e ω sono non nulli e non ortogonali, dt dO1 dO1 e quindi k ω oppure = uω + un con uω k ω ed un ? ω. Consideriamo nell’ordine dt dt i due casi.
Lo stato cinetico rigido sia rappresentato come al solito:
49
dO1 k ω. Per definizione lo stato cinetico `e elicoidale con asse di Mozzi (O1 , ω) . dt dO1 b) = uω + un . Essendo un ? ω, come visto al x1.7, esistono infiniti O2 tali che dt un = ω £ (O1 ¡ O2 ) . (3.35)
a)
Scelto un O2 siffatto, si ha quindi dO1 dP = + ω £ (P ¡ O1 ) = uω + ω £ (O1 ¡ O2 ) + ω £ (P ¡ O1 ) = uω + ω £ (P ¡ O2 ) . dt dt Ci`o significa che in questo caso lo stato cinetico di C `e equivalente ad uno stato cinetico elicoidale con asse di Mozzi (O2 , ω) definito dall’equazione (3.35). Se lo stato cinetico del corpo C `e elicoidale in ogni istante di un intervallo (t1 , t2 ), si dir`a che in detto intervallo C si muove di moto rototraslatorio. Durante un moto rototraslatorio, l’asse di Mozzi varia, in generale, sia nello spazio che nel corpo. Un esempio significativo di moto rototraslatorio `e costituito dal moto di un corpo rigido con un asse scorrevole su un asse fisso. In tal caso l’asse di Mozzi risulta fisso sia nello spazio che nel corpo. 3.13 Stati cinetici e moti di un corpo rigido: schema riassuntivo I diversi casi di stati cinetici rigidi possono essere riassunti nello schema seguente:
I=0 :
I6 =0 :
dO 1 = 0, dt dO1 = 0, 6 dt dO1 = 0, dt dO1 6 = 0, dt dO1 = 0, 6 dt dO1 60, dt =
ω=0
=)
Stato cinetico nullo
ω=0
=)
Stato cinetico traslatorio
ω6 =0
=)
Stato cinetico rotatorio (O1 , ω)
=)
Stato cinetico rotatorio (O2 , ω)
ω6 = 0,
dO1 ?ω dt
ω6 = 0,
dO1 kω dt
=)
ω6 = 0,
dO1 trasverso a ω dt
=)
Stato cinetico elicoidale con asse di Mozzi (O1 , ω) Stato cinetico elicoidale con asse di Mozzi (O2 , ω)
Nel caso del moto di un corpo rigido in un intervallo di tempo (t1 , t2 ) si parla di - moto traslatorio : se 8t 2 (t1 , t2 ) lo stato cinetico `e traslatorio; - moto rotatorio : se 8t 2 (t1 , t2 ) lo stato cinetico `e rotatorio; - moto rototraslatorio : se 8t 2 (t1 , t2 ) lo stato cinetico `e elicoidale. 50
3.14 Composizione degli stati cinetici Sia C un corpo rigido in moto e sia fv(P ), P 2 C g il suo stato cinetico in un dato istante t. Supponiamo che v(P ) sia la composizione di due stati cinetici v 1 (P ) e v 2 (P ), ossia che si abbia v(P ) = v 1 (P ) + v 2 (P ) . Vogliamo studiare lo stato cinetico risultante. In particolare vogliamo prendere in considerazione i casi possibili di composizione di due stati cinetici rotatori. Altri casi, che sono invece riconducibili ai due teoremi visti nei precedenti paragrafi, non saranno ripresi in esame. 1) Composizione di due stati cinetici di traslazione: v 1 (P ) = u1 ,
v 2 (P ) = u2
=)
v(P ) = u1 + u2 .
Lo stato cinetico risultante `e di traslazione se u1 6 = ¡u2 , nullo se u1 = ¡u2 . 2) Composizione di uno stato cinetico traslatorio con uno rotatorio: v 1 (P ) = u ,
v 2 (P ) = ω £ (P ¡ O1 )
=)
v(P ) = u + ω £ (P ¡ O1 ) .
Per quanto visto sugli stati cinetici rotatorio ed elicoidale sappiamo gi`a che lo stato cinetico risultante `e rotatorio se u ? ω, elicoidale altrimenti (si veda il teorema di Mozzi). 3) Composizione di due stati cinetici di rotazione: v 1 (P ) = ω 1 £ (P ¡ O1 ),
v 2 (P ) = ω 2 £ (P ¡ O2 );
Si presentano tre possibili casi. 3a) Gli assi d’istantanea rotazione (O1 , ω 1 ) e (O2 , ω 2 ) sono concorrenti (eventualmente anche coincidenti). Detto O il punto d’intersezione delle rette (O1 , ω 1 ) e (O2 , ω 2 ), si pu`o scrivere v(P ) = ω 1 £ (P ¡ O) + ω 2 £ (P ¡ O) = (ω 1 + ω 2 ) £ (P ¡ O). Di conseguenza, se ω 1 + ω 2 6 = 0 (come in generale sar`a), lo stato cinetico risultante `e rotatorio con asse (O, ω 1 + ω 2 ). Se invece ω 1 + ω 2 = 0, cio`e ω1 = ¡ω 2 , lo stato cinetico risultante `e nullo. 3b) Gli assi d’istantanea rotazione (O1 , ω1 ) e (O2 , ω2 ) sono paralleli (e distinti, per cui O2 2 / (O1 , ω 1 )). 51
Se ω 1 + ω 2 6 = 0 allora sulla retta O1 O2 esiste un punto O tale che ω 1 £ (O1 ¡ O) + ω 2 £ (O2 ¡ O) = 0 .
(3.36)
Infatti, qualunque sia il punto O, questi due vettori hanno uguale direzione (normale al piano contenente ω 1 e ω 2 ); affinch`e abbiano verso opposto, occorre scegliere O internamente al segmento O1 O2 quando ω 1 e ω2 sono concordi, esternamente quando sono discordi. Affinch`e poi i due vettori abbiano lo stesso modulo si deve verificare che ω1 OO1 = ω2 OO2
=)
ω1 OO2 = , ω2 OO1
cio`e il punto O deve dividere il segmento O1 O2 internamente o esternamente (a seconda che ω 1 e ω 2 siano o no equiversi) in parti inversamente proporzionali ad ω1 e ω2 . Osserviamo che nel caso in cui O `e esterno ad O1 O2 , esso sta dalla parte dell’ωi di modulo maggiore. Ora, tenendo presente la (3.36) si ha v(P ) = ω 1 £(P ¡O1 )+ω 2 £(P ¡O2 )+ω 1 £(O1 ¡O)+ω 2 £(O2 ¡O) = (ω 1 +ω 2 )£(P ¡O), che rappresenta uno stato cinetico di rotazione attorno ad un asse d’istantanea rotazione parallelo ad ω 1 +ω2 e con velocit`a angolare uguale allo stesso vettore somma. Se invece ω1 + ω 2 = 0, per cui ω 1 = ¡ω 2 = ω, si pu`o scrivere v 1 (P ) = ω £ (P ¡ O1 ),
v 2 (P ) = ¡ω £ (P ¡ O2 )
Allora, poich´e v(P ) = ω £ (P ¡ O1 ¡ P + O2 ) = ω £ (O2 ¡ O1 ) = u , v(P ) = u non dipende da P, e quindi lo stato cinetico `e traslatorio. Si noti che u `e ortogonale al piano che contiene i due assi di rotazione. 3c) Gli assi d’istantanea rotazione (O1 , ω 1 ) e (O2 , ω2 ) sono sghembi (per cui ω 1 6 = ω 2 ). v(P ) = ω 1 £ (P ¡ O1 ) + ω 2 £ (P ¡ O2 ) + ω 1 £ (P ¡ O2 ) ¡ ω 1 £ (P ¡ O2 ) = = ω 1 £ (O2 ¡ O1 ) + (ω 1 + ω 2 ) £ (P ¡ O2 ) = u + (ω1 + ω 2 ) £ (P ¡ O2 ) Osserviamo che, essendo u = ω 1 £ (O2 ¡ O1 ), u `e perpendicolare sia a ω 1 che a (O2 ¡ O1 ). Dimostriamo che u non `e perpendicolare ad ω 1 +ω 2 . Per farlo, ragioniamo per assurdo e supponiamo che lo sia. Considerato il piano Π individuato dal vettore (O1 , ω1 ) e da O2 , essendo u ? ω 1 e u ? (O2 ¡ O1 ), ne consegue u ? Π. Di conseguenza u ? (ω 1 + ω 2 ) comporterebbe (O2 , ω 1 +ω 2 ) 2 Π e quindi anche (O2 , ω2 ) 2 Π, contro l’ipotesi che (O1 , ω 1 ) e (O2 , ω 2 ) sono sghembi. Dunque u non `e perpendicolare ad ω 1 +ω 2 . Di conseguenza lo stato cinetico risultante, essendo la somma di uno stato cinetico traslatorio con uno rotatorio con asse non ortogonale, per il teorema di Mozzi `e elicoidale. 52
Passiamo ora allo studio di quel capitolo della cinematica che va sotto il nome di CINEMATICA RELATIVA.
3.15 Definizione del problema della cinematica relativa Il problema di cui vogliamo occuparci `e il seguente: Si considerino due sistemi di riferimento Oxyz e O1 x1 y1 z1 in moto l’uno rispetto all’altro. Noto il moto di un punto P rispetto ad uno dei sistemi, ad esempio rispetto ad O1 x1 y1 z1 , e noto il moto di O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz, si vuole determinare il moto di P rispetto ad Oxyz. Ci riferiremo convenzionalmente al sistema Oxyz come al sistema fisso o assoluto e al sistema O1 x1 y1 z1 come al sistema mobile o relativo. Ricordato che in virt` u di due fondamentali postulati gi`a introdotti i tempi e le distanze non variano al variare dell’osservatore (si veda il postulato della nota introduttiva alla Cinematica, pag. 43), facciamo subito un’importante considerazione. Ogni sistema di riferimento si pu`o sempre pensare collegato ad un corpo rigido, in quanto o lo `e realmente, oppure si pu`o immaginare che lo sia (in tal caso il corpo rigido sarebbe quello formato dai punti le cui distanze dagli assi rimangono invariate nel tempo). Allora, per conoscere il moto del sistema relativo rispetto a quello fisso occorre conoscere in ogni istante la posizione rispetto ad Oxyz del corpo rigido collegato col sistema O1 x1 y1 z1 . Ci`o `e possibile conoscendo il moto di O1 e i nove coseni direttori degli angoli che gli assi del sistema mobile formano con gli assi del sistema fisso o, equivalentemente, il moto di O1 e il vettore ω(t). Il problema che ci interessa pu`o essere risolto attraverso le formule di trasformazione di coordinate. Infatti, denotate con (a, b, c) le coordinate di O1 rispetto ad Oxyz e con (α1 , α2 , α3 ), (β1 , β2 , β3 ), (γ1 , γ2 , γ3 ) i nove coseni direttori delle rette O1 x1 , O1 y1 , O1 z1 rispetto agli assi Ox, Oy e Oz, le formule di trasformazione seguenti forniscono le coordinate (x, y, z) di un qualunque punto P rispetto ad Oxyz, note le sue coordinate (x1 , y1 , z1 ) rispetto ad O1 x1 y1 z1 .
x = a + α1 x1 + β1 y1 + γ1 z1 y = b + α2 x1 + β2 y1 + γ2 z1 z = c + α3 x1 + β3 y1 + γ3 z1 .
(3.37)
Ovviamente, per usare queste formule, occorre conoscere le 12 funzioni a(t), b(t), c(t), α1 (t), α2 (t), α3 (t), β1 (t), β2 (t), β3 (t), γ1 (t), γ2 (t) e γ3 (t).
53
3.16 Teoremi di composizione delle velocit` a e delle accelerazioni Le formule (3.37) risolvono dunque il problema di determinare il moto del punto P rispetto all’osservatore fisso, noto il moto di P rispetto all’osservatore mobile e noto il moto di questo rispetto all’osservatore fisso. Risultano tuttavia molto importanti le relazioni che legano direttamente fra di loro le due velocit`a e le due accelerazioni rispetto ai due osservatori. Ci occupiamo ora di determinare queste relazioni. In questo caso il moto del riferimento O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz `e noto essendo noti O1 (t) e ω(t). Ritorniamo alle primitive coordinate, (x, y, z) rispetto al sistema fisso e (x1 , y1 , z1 ) rispetto al sistema mobile, e supponiamo, come al solito, che i, j, k siano i versori relativi agli assi del sistema Oxyz mentre i1 , j 1 , k1 siano i versori del sistema O1 x1 y1 z1 . L’espressione cartesiana del vettore P ¡ O rispetto ad Oxyz e di P ¡ O1 rispetto ad O1 x1 y1 z1 `e data da P ¡ O = xi + yj + zk ,
P ¡ O1 = x1 i1 + y1 j 1 + z1 k1 .
La velocit`a di P rispetto al sistema relativo (velocit`a relativa) `e d(P ¡ O1 ) v1 = = x˙ 1 i1 + y˙ 1 j 1 + z˙1 k 1 , dt O1 mentre quella rispetto al sistema assoluto (velocit`a assoluta) vale d(P ¡ O) v= = xi ˙ + yj ˙ + zk ˙ . dt O Analogamente l’accelerazione relativa di P diventa 2 d (P ¡ O1 ) a1 = =x ¨1 i1 + y¨1 j 1 + z¨1 k1 , dt2 O1
(3.38)
(3.39)
(3.40)
e l’accelerazione assoluta vale a=
d2 (P ¡ O) dt2
=x ¨i + y¨j + z¨k .
(3.41)
O
Derivando ora P ¡ O1 rispetto al tempo nel sistema fisso, si ottiene dP dO1 di1 dj dk1 ¡ = x˙ 1 i1 + y˙ 1 j 1 + z˙1 k1 + x1 + y1 1 + z 1 , dt dt dt dt dt ovvero
(3.42)
dO1 dP di1 dj dk1 = x˙ 1 i1 + y˙ 1 j 1 + z˙1 k1 + + x1 + y1 1 + z 1 . dt dt dt dt dt
Si pu`o dunque scrivere
v(P ) = v 1 (P ) + v τ (P ) , 54
(3.43)
dove dO1 dt dO1 = dt dO1 = dt dO1 = dt
v τ (P ) =
+ x1
di1 dj dk1 + y1 1 + z 1 = dt dt dt
(3.44)
+ x1 (ω £ i1 ) + y1 (ω £ j 1 ) + z1 (ω £ k1 ) = + ω £ (x1 i1 ) + ω £ (y1 j 1 ) + ω £ (z1 k1 ) = + ω £ (P ¡ O1 )
(3.45)
viene detta velocit`a di trascinamento di P . Tale nome deriva dal fatto che v τ (P ) rappresenta la velocit`a che il punto P avrebbe se fosse rigidamente connesso al sistema mobile. La (3.43) esprime il teorema di composizione delle velocit`a: la velocit`a di un punto rispetto al sistema fisso vale la velocit`a del punto rispetto al sistema mobile sommata con la velocit`a di trascinamento. Consideriamo ora la (3.42) e deriviamola rispetto al tempo nel sistema fisso. Si avr`a di1 dj 1 dk 1 d2 i1 d2 j 1 d2 k 1 d2 P d2 O1 ¡ = x ¨ i + y ¨ j + z ¨ k + 2 x ˙ +2 y ˙ + 2 z ˙ + x + y + z , 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 dt2 dt2 dt dt dt dt2 dt2 dt2 e cio`e a(P ) = a1 (P ) + ac (P ) + aτ (P ) .
(3.46)
Il termine
d2 O1 d2 i1 d2 j 1 d2 k1 + x + y + z , (3.47) 1 1 1 dt2 dt2 dt2 dt2 costituisce l’accelerazione di trascinamento di P ; esso rappresenta l’accelerazione che il punto aτ (P ) =
P avrebbe se considerato rigidamente connesso al sistema relativo, mentre il termine di1 dj 1 dk1 ac (P ) = 2 x˙ 1 + y˙ 1 + z˙1 = 2 x˙ 1 ω £ i1 + y˙ 1 ω £ j 1 + z˙1 ω £ k1 = dt dt dt = 2ω £ x˙ 1 i1 + y˙ 1 j 1 + z˙1 k1 = 2ω £ v 1 (P ), (3.48)
`e detto accelerazione complementare o di Coriolis del punto P .
La (3.46) rappresenta il teorema di composizione delle accelerazioni o di Coriolis : l’accelerazione di un punto rispetto al sistema Oxyz vale l’accelerazione rispetto ad O1 x1 y1 z1 sommata con l’accelerazione di trascinamento e con l’accelerazione di Coriolis. L’accelerazione di Coriolis ac (P ) `e nulla in ogni istante t in cui o `e nullo v 1 (P ) o `e nullo ω o ω `e parallelo a v 1 (P ). L’accelerazione di trascinamento aτ (P ) non `e la derivata rispetto a t di v τ (P ). Essa pu`o per`o essere pensata come la derivata di v τ (P ) rispetto a t purch´e si consideri P solidale 55
con il riferimento O1 x1 y1 z1 , cio`e supponendo x1 , y1 e z1 costanti. Ci`o risulta evidente se si confronta (3.44) con (3.47). Sviluppando quest’ultima si ottiene un’espressione dell’accelerazione di trascinamento molto utile ai fini del calcolo della stessa: d2 O1 d(ω £ i1 ) d(ω £ j 1 ) d(ω £ k1 ) + y1 + z1 = + x1 2 dt dt dt dt dω d2 O1 di1 = £ i1 + ω £ + + x1 dt2 dt dt dω dj 1 dω dk1 + y1 £ j1 + ω £ + z1 £ k1 + ω £ = dt dt dt dt
aτ (P ) =
=
dω d2 O1 + ) + ω £ ω £ (P ¡ O ) . £ (P ¡ O 1 1 dt2 dt
(3.49)
Supponiamo ora che i sistemi di riferimento coinvolti siano tre: oltre ad Oxyz ed O1 x1 y1 z1 introduciamo anche O2 x2 y2 z2 . Considerando O1 x1 y1 z1 come sistema assoluto ed O2 x2 y2 z2 come sistema relativo, si ha v1 = v 2 + vτ 2 ,
a1 = a2 + aτ 2 + ac2 .
Ricordando poi le relazioni (3.43) e (3.46) si avr`a v = v2 + vτ 1 + vτ 2 ,
a = a2 + aτ 1 + aτ 2 + ac1 + ac2 .
Nel seguito qualche volta useremo una notazione pi` u sintetica per indicare un sistema di riferimento: (O) per Oxyz e (O1 ) per O1 x1 y1 z1 .
3.17 Relazione fra le derivate di un vettore rispetto a due osservatori Preso un vettore qualsiasi u, in generale esso varia sia rispetto al sistema fisso Oxyz che rispetto al sistema mobile O1 x1 y1 z1 . Ci poniamo il problema di determinare la relazione che lega le derivate (rispetto al tempo) di u rispetto ai due riferimenti. Sia u = u1x i1 + u1y j 1 + u1z k1 l’espressione cartesiana di u rispetto ad O1 x1 y1 z1 . Derivando rispetto ai due sistemi, si ottiene
du dt
= u˙ 1x i1 + u˙ 1y j 1 + u˙ 1z k1 , O1
56
du dt
= O
= =
du dt du dt du dt
ossia
+ u1x O1
di1 dj dk1 + u1y 1 + u1z dt dt dt
+ u1x (ω £ i1 ) + u1y (ω £ j 1 ) + u1z (ω £ k1 ) O1
+ ω £ (u1x i1 + u1y j 1 + u1z k1 ) , O1
du dt
= O
du dt
+ ω £ u.
(3.50)
O1
Si `e cos`ı ottenuta la relazione cercata. Supponendo u = ω si trova un’importante propriet`a del vettore velocit`a angolare. In tal caso, infatti, la (3.50) diventa
dω dt
= O
dω dt
, O1
cio`e la derivata rispetto al tempo del vettore ω `e la stessa rispetto ai due sistemi di riferimento. Pertanto se p, q, r sono le componenti di ω sugli assi x1 , y1 , z1 ,le componenti dω dω di sugli stessi assi sono p, ˙ q, ˙ r. ˙ Si pu`o inoltre osservare che, se = 0, dt O dt O1 allora (O1 , ω) `e fisso rispetto ad (O1 ) e traslante rispetto ad (O).
Dedichiamo ora alcuni paragrafi allo studio di particolari moti rigidi, detti MOTI RIGIDI PIANI. Questo argomento, riveste particolare interesse soprattutto in vista del corso di “Meccanica Applicata alle Macchine”.
3.18 Moto rigido piano Definizione
Si definisce moto rigido piano il moto di una figura rigida piana nel proprio
piano. Sia Oxy il piano fisso su cui si muove la figura rigida piana e sia O1 x1 y1 un piano solidale con la figura, mobile su Oxy. Siano poi k e k 1 i versori ortogonali rispettivamente al piano fisso Oxy e al piano mobile O1 x1 y1 , orientati in modo tale che le terne Oxyz e O1 x1 y1 z1 siano destre. Poich`e O1 x1 y1 si muove su Oxy, in ogni istante si ha k = k1 , e quindi
dk 1 dt
= 0. Utilizzando le formule di Poisson si ha dunque ω£k 1 = 0, per cui, supposto
ω6 = 0, ω `e ortogonale ai due piani. Ovviamente, se ω = 0 lo stato cinetico in generale `e traslatorio (si pu`o anche verificare il caso particolarissimo in cui `e nullo). 57
Lo stato cinetico del moto rigido piano `e dunque dato da dP dO1 = + ω £ (P ¡ O1 ) , dt dt dO1 ortogonale ad ω. Esiste perci`o, ed `e unico, un punto C 2 Oxy, soddisfacente dt l’equazione dO1 = ω £ (O1 ¡ C) ; (3.51) dt con
questo punto `e tale che, sostituendo, si ha dP = ω £ (P ¡ C) . dt
(3.52)
Questa relazione dice che in un moto rigido piano con ω 6 = 0 lo stato cinetico `e sempre rotatorio attorno all’asse (C, k). Il punto C si chiama centro di istantanea rotazione. Esso si muove sia rispetto al piano fisso Oxy che rispetto al piano mobile O1 x1 y1 . I luoghi geometrici descritti dal moto del punto C rispetto ai due osservatori si chiamano rispettivamente base (o curva polare fissa) e rulletta (o curva polare mobile). Le due curve polari sono anche dette traiettorie polari. Il centro di istantanea rotazione gode di una importante propriet`a: `e l’unico punto del piano mobile che ha velocit`a di trascinamento nulla. Infatti, in virt` u della (3.52), v τ (C) = ω £ (C ¡ C) = 0 , o equivalentemente, in virt` u della (3.51), v τ (C) =
dO1 + ω £ (C ¡ O1 ) = 0 . dt
Ne consegue che v(C) = v 1 (C) , ossia il punto C percorre la base e la rulletta con la stessa velocit`a. Questo permette anche di affermare che durante il moto della figura rigida piana la base e la rulletta rotolano senza strisciare l’una sull’altra. Osserviamo che l’equazione (3.51), usata per determinare C, ne esprime la propriet`a che lo caratterizza, vale a dire v τ (C) = 0.
58
Problema: Note in un dato istante la posizione del centro C e la velocit`a di un punto A della figura piana, determinare la velocit`a di un qualunque altro punto P. Osserviamo innanzitutto che, essendo v(A) = ω £ (A ¡ C) ,
v(P ) = ω £ (P ¡ C) ,
cos`ı come v(A) `e ortogonale ad (A ¡ C), dovr`a essere ortogonale a (P ¡ C). Inoltre, poich`e nell’istante considerato la figura sta ruotando attorno a C, il verso di v(P ) sar`a “concorde” con quello di v(A). Dunque, v(P ) `e immediatamente determinata in direzione e verso. Per determinarne il modulo, osserviamo che jv(A)j = jωj jA ¡ Cj ;
jv(P )j = jωj jP ¡ Cj .
Ricavando jωj dalla prima relazione e sostituendolo nella seconda si ottiene jv(P )j =
jP ¡ Cj jv(A)j . jA ¡ Cj
3.19 Determinazione del centro di istantanea rotazione per via geometrica Qualche volta `e possibile determinare il centro di istantanea rotazione di un moto rigido piano per via geometrica. A tal fine tornano utili i due teoremi che seguono. Teorema
Sia nota la traiettoria Γ di un punto A della figura rigida piana. Allora il centro
C di istantanea rotazione sta sulla normale a Γ per A. La dimostrazione `e ovvia in quanto, essendo dA = ω £ (A ¡ C) , dt dA e (A ¡ C) sono ortogonali. dt Per enunciare il secondo teorema `e necessario introdurre il concetto di profili coniugati.
i vettori
Cos`ı si chiamano due curve γ e γ ′ , l’una fissa e l’altra solidale col sistema mobile, tali che durante il moto rigido si mantengono in ogni istante tangenti. Vale quindi il seguente Teorema
La normale comune a due profili coniugati nel loro punto di contatto passa per
il centro di istantanea rotazione. 59
Dimostrazione. Sia M il punto di contatto fra i profili coniugati γ e γ ′ , che rotolano e strisciano uno sull’altro. Supposto M 6 = C, essendo v(M ) k v 1 (M )
e
v τ (M ) = v(M ) ¡ v 1 (M ) ,
ne deriva che v τ (M ), che `e diverso dal vettore nullo, ha la direzione della tangente ai profili coniugati. Di conseguenza, essendo v τ (M ) = ω £ (M ¡ C), C sta sulla normale per M a γ e γ ′. Se v τ (M ) = 0, allora M ´ C, γ coincide con la base e γ ′ con la rulletta. L’applicazione di uno dei due teoremi appena enunciati porta dunque a determinare una retta che contiene il centro di istantanea rotazione C. Chiaramente, il punto di intersezione di due rette siffatte determina completamente C. Pertanto, il centro di istantanea rotazione di un moto rigido piano `e determinabile per via geometrica quando sono note le traiettorie di due punti della figura rigida oppure la traiettoria di un punto e due profili coniugati oppure due coppie di profili coniugati.
3.20 Esempi di moti rigidi piani a) Asta scorrevole su guide rettilinee (glifo). Consideriamo un’asta rigida AB (schematizzata con un segmento) i cui estremi siano vincolati a percorrere due guide rettilinee ortogonali che assumiamo come assi x ed y del nostro riferimento fisso. Assumiamo poi O1 coincidente con l’estremo A e l’asse y1 coincidente con la retta individuata dall’asta, come nella figura. In base al primo teorema enunciato nel paragrafo precedente, il centro di istantanea rotazione C `e individuato dal punto di intersezione delle perpendicolari agli assi x in A e all’asse y in B. Di conseguenza il quadrilatero OACB `e in ogni istante un rettangolo avente sempre una diagonale coincidente con l’asta, e quindi di lunghezza ℓ = AB. Pertanto, rispetto al sistema fisso, C ha sempre distanza ℓ da O, il che significa che la base `e la circonferenza di centro O e raggio ℓ. Per quanto concerne invece la posizione di C rispetto al sistema solidale, si pu`o notare che in ogni istante AB `e visto da C sotto un angolo retto. Ci`o permette di affermare che la rulletta `e la circonferenza di centro il punto medio dell’asta e raggio ℓ/2.
60
b) Esempio di profili coniugati. La figura accanto mostra un’asta AB che si muove in un piano rimanendo appoggiata alla circonferenza fissa di raggio R e centro Q ´ (0, R), e con l’estremo A obbligato a scorrere lungo una retta (l’asse x). Ebbene, la circonferenza e la retta contenente l’asta stessa, essendo la prima fissa rispetto ad Oxy e l’altra fissa rispetto ad O1 x1 y1 , mantenendosi esse tangenti durante il moto, costituiscono una coppia di profili coniugati. Il centro C di istantanea rotazione risulta quindi individuato dal punto di intersezione della retta QM , normale ai due profili nel loro punto di tangenza M, con la perpendicolare all’asse x per il punto A. Si pu`o far vedere, anche solo con ragionamenti geometrici, che base e rulletta sono entrambe delle parabole. c) Ruota di un treno che si muove di puro rotolamento. Si consideri la ruota di un treno (schematizzata con una circonferenza) in moto su un binario rettilineo orizzontale che assumiamo come asse x. Essa si muove di moto rigido piano rispetto al piano verticale Oxy che la contiene (Oy `e verticale). ˙ essendo Indicato con O1 il centro della ruota e con O1 x1 un asse solidale, si ha ω = θk, l’angolo di rotazione θ definito (per esempio) dall’angolo compreso fra O1 x1 e l’asse O1 x (parallelo ad Ox per O1 ). Ebbene, se la ruota rotola senza strisciare, allora il punto C di contatto con la rotaia ha velocit`a di trascinamento nulla in ogni istante (giustificheremo ci`o pi` u avanti). Di conseguenza C `e il centro di istantanea rotazione; la base `e la rotaia e la rulletta `e la ruota stessa. Osserviamo che rispetto all’osservatore fisso il punto della ruota coincidente con C ha velocit`a nulla, mentre la velocit`a con cui C percorre la rotaia `e uguale a quella di O1 (che coincide con “la velocit`a del treno”). Il punto pi` u in alto della ruota (quello diametralmente opposto a C) ha velocit`a doppia di quella di O1 . d) Moti cicloidali. Si chiamano moti cicloidali i moti rigidi piani nei quali ambedue le curve polari sono circonferenze. In particolare, si parla di moto epicicloidale quando la rulletta `e esterna alla base e di moto ipocicloidale quando `e interna (come nell’esempio a)). Si chiama poi epiciclo o ipociclo la traiettoria descritta da un punto solidale con la figura rigida a seconda che il moto `e epicicloidale o ipocicloidale. Tali moti sono di interesse nella teoria degli ingranaggi. 61
In un moto cicloidale la base pu`o anche essere una retta (”circonferenza di raggio infinito”), come nell’esempio c). In tal caso la traiettoria descritta da un punto solidale con la figura mobile `e detta cicloide.
3.21 Equazioni parametriche della base e della rulletta Supponiamo sia nota la traiettoria di un punto O1 della figura rigida piana. Assunto tale punto come origine del sistema di riferimento solidale, e indicato con θ l’angolo tra gli assi x e x1 , siano a(θ) e b(θ) le coordinate di O1 rispetto ad Oxy. Indicate poi con (ξ, η) e (ξ1 , η1 ) le coordinate del centro C rispetto ad Oxy e O1 x1 y1 rispettivamente, valgono le seguenti relazioni :
(3.53)
O1 ¡ O = ai + bj
(3.54)
C ¡ O1 = (ξ ¡ a)i + (η ¡ b)j
(3.55)
C ¡ O1 = ξ1 i1 + η1 j 1
(3.56)
i = cos θ i1 ¡ sin θ j 1 j = sin θ i1 + cos θ j 1 .
Riscrivendo la (3.51), che come abbiamo visto rappresenta la condizione v τ (C) = 0, tenendo conto che O1 `e funzione del tempo t attraverso θ, e semplificando per θ˙ (cosa lecita in quanto ω 6 = 0), si ha dO1 + k £ (C ¡ O1 ) = 0 . dθ Sostituendovi la derivata
(3.57)
dO1 ottenuta dalla (3.53), si ottiene dθ da db i + j + k £ (C ¡ O1 ) = 0 . dθ dθ
(3.58)
Questa relazione permette ora di ricavare facilmente le equazioni parametriche delle curve polari. Per ricavare quelle della base `e sufficiente sostituirvi la (3.54) ed eseguire il prodotto vettoriale. Cos`ı facendo otteniamo da db i + j + (ξ ¡ a)j ¡ (η ¡ b)i = 0 , dθ dθ che implica
db ξ =a¡ dθ da η =b+ . dθ 62
(3.59)
Per ottenere le equazioni della rulletta occorre sostituire in (3.58) le espressioni di C ¡ O1 e dei versori i e j date dalle (3.55) e (3.56). Ci`o porta alla relazione db da (cos θi1 ¡ sin θj 1 ) + (sin θi1 + cos θj 1 ) + ξ1 j 1 ¡ η1 i1 = 0 , dθ dθ da cui si deduce
da db ξ1 = sin θ ¡ cos θ , dθ dθ η = da cos θ + db sin θ . 1 dθ dθ
(3.60)
Osservazione. Nella relazione (3.57) il tempo non compare. Questo significa che base e rulletta costituiscono un fatto geometrico e non cinematico, vale a dire esse non dipendono dalla legge oraria del moto. Di conseguenza possono esistere infiniti moti diversi aventi per`o la stessa base e la stessa rulletta. 3.22 Polo delle accelerazioni L’accelerazione di un generico punto di una figura rigida piana in moto nel suo piano si ottiene derivando la (3.52) ed `e data da a(P ) =
dω dC £ (P ¡ C) + ω £ ω £ (P ¡ C) ¡ ω £ , dt dt
(3.61)
˙ Ebbene, vale il seguente con ω = θk. Teorema
In un moto rigido piano in ogni istante t esiste uno ed un solo punto, detto
polo delle accelerazioni, che ha accelerazione nulla. Dimostrazione.
Perch´e a(P ) sia nulla, dalla (3.61), opportunamente riscritta, si deduce
che deve essere verificata la seguente relazione:
Posto
˙ £ dC . ¨ £ (P ¡ C) ¡ θ˙2 (P ¡ C) = θk θk dt ¨ £ (P ¡ C) , u1 = θk
u2 = ¡θ˙2 (P ¡ C) ,
˙ £ dC , u = θk dt
vediamo dunque se esiste un punto P per cui si abbia u1 (P ) + u2 (P ) = u . Osserviamo innanzitutto che mentre u1 e u2 dipendono da P , u `e indipendente. Osser¨ e ju2 j = θ˙ 2 r, viamo anche che u1 e u2 sono perpendicolari tra loro e che si ha ju1 j = jθjr con r distanza di P da C. Perci´o, posti i vettori con l’origine in C, quando si varia P sulla circonferenza di centro C e raggio r, il secondo estremo del vettore u1 +u2 descrive pure esso una circonferenza. Se si varia con continuit`a il raggio r da 0 ad 1, la circonferenza 63
descritta da u1 +u2 copre tutto il piano. Di conseguenza, al variare di P in tutto il piano, il vettore u1 +u2 diventa uguale ad un qualunque vettore prefissato. Esiste quindi un punto A, chiaramente unico, per cui u1 +u2 = u, e conseguentemente tale che a(A) = 0. Il polo A delle accelerazioni `e importante in quanto pu`o essere utilizzato per calcolare l’accelerazione dei punti della figura rigida. Vale infatti la seguente proposizione: In un moto rigido piano l’accelerazione di un punto pu`o essere calcolata come se la figura ruotasse attorno al polo A anzich´e attorno al centro C, purch`e si consideri A fisso. Dimostrazione. L’espressione (3.61) calcolata per P ´ A fornisce 0=
dω dC £ (A ¡ C) + ω £ ω £ (A ¡ C) ¡ ω £ . dt dt
Sottraendo questa relazione dalla (3.61) si ottiene a(P ) =
dω £ (P ¡ A) + ω £ ω £ (P ¡ A) . dt
Questa espressione di a(P ) `e esattamente la derivata di dP = ω £ (P ¡ A) dt
dA = 0. Ci`o prova l’affermazione precedentemente fatta circa la dt possibilit`a di utilizzare il polo delle accelerazioni ai fini del calcolo delle accelerazioni. purch´e si consideri
Per completare il capitolo riguardante la cinematica rimangono da introdurre alcune nozioni, quasi tutte molto importanti ed utili nel seguito del corso.
3.23 Moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto Dato un corpo rigido C e l’osservatore assoluto OXY Z, per moto del corpo rispetto ad un suo punto O1 si intende il moto del corpo rispetto ad un riferimento O1 xyz traslante rispetto ad OXY Z. Dalla (3.43) si ha v(P ) = v 1 (P ) +
dO1 , dt
e dalla formula fondamentale della cinematica rigida v(P ) =
dO1 + ω £ (P ¡ O1 ) . dt
64
Uguagliando queste due relazioni si ottiene v 1 (P ) = ω £ (P ¡ O1 ) .
(3.62)
Ci`o significa che il moto di un corpo rigido rispetto ad un suo punto O1 `e sempre rotatorio con asse (O1 , ω), eccetto il caso in cui ω = 0, nel qual caso il corpo `e fermo (nell’istante in questione). Lo stato cinetico v 1 (P ) pu`o essere definito in termini un p`o pi` u precisi mediante gli angoli di Eulero introdotti nel x3.7. Facendo riferimento alla figura e alle notazioni del suddetto paragrafo, lo stato cinetico di C pu` o infatti essere riguardato come la composizione dei tre ˙ ˙ Di conseguenza stati cinetici rotatori (con assi concorrenti) (O1 , ψk), (O1 , ϕk ˙ 1 ) e (O1 , θl). ˙ + ϕk ˙ . ω = ψk ˙ 1 + θl Un generico moto di un corpo rigido C rispetto ad un suo punto O1 `e sempre rotatorio con questa velocit`a angolare. Se ψ˙ e ϕ˙ sono entrambe diverse da zero, il corpo ruota sia attorno all’asse z, che `e traslante (se non addirittura fisso) nello spazio ed `e chiamato asse di precessione, sia attorno all’asse z1 , che `e fisso nel corpo ed `e detto asse di figura. Se anche θ˙ 6 = 0, allora l’angolo tra gli assi di precessione e di figura varia col tempo. Si chiamano precessioni quei particolari moti per i quali θ(t) = θ0 costante, per cui ˙ + ϕk ω = ψk ˙ 1. Se poi ψ˙ e ϕ˙ sono entrambi costanti, per cui le due rotazioni attorno agli assi di precessione e di figura sono uniformi, allora la precessione `e detta regolare. Esempi tipici di precessioni sono il moto della trottola e il moto della terra rispetto al proprio centro. In quest’ultimo caso l’asse terrestre nord-sud `e l’asse di figura e la retta baricentrica normale al piano dell’orbita terrestre `e l’asse di precessione. Valutando il tempo in giorni e tenendo conto che l’asse di figura impiega 26000 anni a fare un giro completo attorno all’asse di precessione, il moto di precessione della terra risulta caratterizzato da θ0 = 23◦ 28′ ,
ϕ˙ =
2π , 1g 65
ψ˙ =
2π . 365 ¢ 26000g
3.24 Sistemi di riferimento equivalenti Definizione
Due sistemi di riferimento (O) ed (O1 ) si dicono equivalenti se si muovono
l’uno rispetto all’altro di moto traslatorio rettilineo uniforme. Teorema
C.N.S. affinch`e due sistemi di riferimento (O) ed (O1 ) siano equivalenti `e che
si abbia a(P ) = a1 (P ) ,
8P = P (t) .
Ne dimostriamo solo la condizione necessaria. Se (O) e (O1 ) sono equivalenti, essi si dO1 = v0 ) muovono l’uno rispetto all’altro di moto traslatorio (ω = 0) rettilineo uniforme ( dt e quindi, qualunque sia P (t), si ha ac (P ) = 0, aτ (P ) = 0. Di conseguenza, in virt` u del teorema di composizione delle accelerazioni, si ha a(P ) = a1 (P ). Supponiamo di considerare due sistemi equivalenti Oxyz e O1 x1 y1 z1 con l’asse x coincidente con l’asse x1 . Le formule di trasformazione di coordinate, note come trasformazioni di Galileo, sono date da x = x1 + v0 t y = y1 z = z1 .
Sono sistemi equivalenti fra di loro i sistemi stellari, vale a dire i sistemi di riferimento con origine in una stella fissa ed assi orientati verso stelle fisse. Il sistema solare, con origine nel centro del Sole ed assi orientati verso stelle fisse, `e da ritenersi, in buona approssimazione, equivalente ad un sistema stellare. Ricordiamo che le stelle fisse sono le stelle per le quali la loro reciproca posizione ci appare invariabile nel tempo. Chiaramente il Sole non `e una stella fissa. Un sistema di riferimento molto importante per noi terrestri `e il sistema terrestre-stellare, con origine nel centro della terra ed assi orientati verso stelle fisse. 3.25 Moto di due corpi rigidi a contatto in un punto Supponiamo di avere due corpi rigidi C e C1 , con C1 che si muove su C avendo con esso un unico punto di contatto. Sia σ la superficie di C e σ1 quella di C1 , con σ e σ1 superfici regolari. Consideriamo un sistema di riferimento Oxyz solidale con C ed uno O1 x1 y1 z1 solidale con C1 . Sia Oxyz il sistema fisso ed O1 x1 y1 z1 quello mobile.
66
Per ogni P 2 C1 si ha v(P ) =
dO1 + ω £ (P ¡ O1 ) , dt
(3.63)
con ω velocit`a angolare di C1 . Se poi consideriamo il punto M di contatto fra i due corpi (che non `e solidale con C1 !), la sua velocit`a vale v(M ) = v 1 (M ) + v τ (M ) , con v τ (M ) =
dO1 + ω £ (M ¡ O1 ) . dt
Quest’ultima relazione fornisce dO1 = v τ (M ) + ω £ (O1 ¡ M ) , dt che sostituita in (3.63) d`a v(P ) = v τ (M ) + ω £ (P ¡ M ) . Scomposto ω lungo la normale e il piano tangente in M (comuni alle due superfici σ e σ1 ), per cui ω = ω t + ω n , si ha v(P ) = v τ (M ) + ω t £ (P ¡ M ) + ω n £ (P ¡ M ) ,
8P 2 C1 .
(3.64)
Interpretiamo il risultato ottenuto. Quando un corpo si muove su un altro corpo avendo con questi un unico punto di contatto, lo stato cinetico risultante `e la somma di tre stati cinetici: uno stato cinetico di traslazione v τ (M ) comune a tutti i punti del corpo (che d`a luogo al moto di strisciamento di C1 su C ), uno stato cinetico di rotazione di asse (M, ω t ) (che origina il moto di rotolamento di C1 su C ) e un secondo stato cinetico di rotazione di asse (M, ω n ) (causa del moto di piroettamento di C1 su C ). Definizione
Si dice che un corpo rigido C1 , per il quale si ha ω n = 0, rotola senza strisciare
sul corpo C se v τ (M ) = 0. Osservazione
Nel moto di puro rotolamento (sinonimo di rotolamento senza strisciamento)
la velocit`a del punto di contatto M `e nulla, e quindi lo stato cinetico `e di rotazione con asse di istantanea rotazione (M, ω), con ω tangente a σ (e quindi anche a σ1 ) in M .
67
4. CONCETTI E NOZIONI FONDAMENTALI DELLA MECCANICA
Prima di entrare nel vivo della Meccanica, `e necessario introdurre una serie di concetti, nozioni e strumenti senza i quali lo studio non pu`o essere affrontato. In questo capitolo, si introdurranno, fra l’altro, i postulati fondamentali della Meccanica, i concetti di forza, di vincolo e di lavoro. Sottolineiamo il fatto che per noi “Meccanica” significa Meccanica Classica, vale a dire quella branca della scienza che si occupa dei fenomeni di moto per i quali il modello matematico pu`o essere efficacemente costruito assumendo che i concetti di spazio e tempo siano assoluti (Postulato di pag. 43). La Meccanica Classica fallisce quando i fenomeni comportano delle velocit`a confrontabili con quella della luce. In questo caso il modello matematico utile `e fornito dalla Meccanica Relativistica.
4.1 Forze Una forza `e un ente fisico in grado di modificare lo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme di un punto materiale rispetto ad un dato osservatore. In altre parole, una forza `e qualcosa che produce accelerazione. Il concetto importantissimo di forza, cos`ı introdotto in termini fisici, in termini matematici viene definito nel modo seguente: Definizione
Una forza `e un vettore applicato (P, F ). Il punto P `e il punto di applicazione della
forza ed il vettore F `e il vettore della forza. Come si misura sperimentalmente il vettore F ? Considerato un punto P in moto nello spazio, ci poniamo il problema di misurare la forza che agisce su di esso in un dato istante t0 rispetto ad un fissato osservatore Oxyz. A tal fine useremo un “dinamometro”, cio`e uno strumento che possiamo pensare costituito da una molla opportunamente costruita, sottile, leggera, come un segmento, con due ganci alle estremit` a. Supposto che il punto P all’istante considerato abbia velocit`a v 0 , vi attacchiamo uno dei due estremi della molla, a cui abbiamo imposto un moto traslatorio pure con velocit`a v 0 e, tenendola all’altro estremo, la tendiamo in modo tale da “compensare” l’azione della forza agente sul punto, cos`ı che all’istante t0 l’accelerazione di P sia nulla. Allora, il vettore F all’istante t0 ha la direzione del dinamometro, il verso opposto a quello in cui il dinamometro `e teso, modulo dato dall’allungamento del dinamometro.
68
Da quanto detto emergono dunque due concetti basilari: - sul punto P agisce una forza se e solo se la sua accelerazione `e non nulla; - quantitativamente questa forza corrisponde all’allungamento di un dinamometro campione teso in modo da compensare la forza stessa. Fino a questo punto si `e parlato “della forza” applicata al punto P come se su P agisse un’unica forza. In realt`a molto spesso su P agiscono pi` u forze e tutto quanto detto finora rimane valido in virt` u del concetto di forza risultante e di un postulato che ora andiamo a formulare. Supponiamo che il punto sia soggetto a N forze (P, F i ) , i = 1, 2, ..., N . Definizione
Si chiama forza risultante agente su P la forza (P, F ) con F =
N
Fi .
i=1
Supposto poi che l’accelerazione prodotta dalla singola forza (P, F i ), quando applicata singolarmente, sia ai , e che quella prodotta dalla forza risultante sia a, vale il seguente Postulato L’accelerazione del punto P quando ad esso sono applicate N forze (P, F i ) `e uguale a quella che ha P quando vi `e applicata la sola forza risultante (P, F ), ossia a = a1 + a2 + ¢ ¢ ¢ + aN . In altre parole: gli effetti meccanici prodotti da pi` u forze aventi lo stesso punto di applicazione si sommano. Si impongono ora una considerazione e un avvertimento. La considerazione riguarda la forza che si va a misurare con l’esperimento del dinamometro. Si tratta chiaramente della risultante di tutte le forze applicate al punto. Naturalmente, se sul punto agisce un’unica forza, allora la risultante coincide con quella forza. L’avvertimento consiste nel mettere in guardia contro l’idea che le forze si possano sempre sommare ed ottenere quindi una forza risultante. Mentre ci`o ha sempre senso nel caso di forze applicate tutte allo stesso punto, in generale non lo ha quando i punti di applicazione sono diversi. Sull’argomento ritorneremo ampiamente in seguito quando tratteremo i sistemi di forze. Sulla natura del vettore di una forza si assume poi questo ulteriore Postulato
Il vettore F di una forza (P, F ) dipende, in generale, dalla posizione del suo
punto d’applicazione, dalla sua velocit`a e dal tempo, ossia F = F P, v(P ), t . 69
(4.1)
Posto P ´ (x, y, z) e F = Fx i + Fy j + Fz k, la (4.1) significa ˙ y, ˙ z, ˙ t) , Fx = Fx (x, y, z, x, Fy = Fy (x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t) , ˙ y, ˙ z, ˙ t) . Fz = Fz (x, y, z, x,
Per completare questo primo discorso sulle forze, occorre dire che esse possono essere di due tipi diversi: - dovute a corpi (quali le forze newtoniane, elastiche, elettriche, viscose, reazioni vincolari); - dovute al sistema di riferimento (forze di trascinamento e di Coriolis). Rinviando al momento opportuno la definizione delle diverse forze elencate fra parentesi, assumiamo fin d’ora che le forze dovute a corpi siano assolute, cio`e valga il
Postulato Le forze dovute a corpi non dipendono dall’osservatore. 4.2 Leggi fondamentali della Meccanica Siamo ora in grado di enunciare le Leggi fondamentali della Meccanica, vale a dire i tre postulati, nati dall’osservazione sperimentale, che sono basilari nella costruzione del modello matematico che ci apprestiamo a descrivere e che utilizzeremo ai fini dello studio del moto (e dell’equilibrio) dei sistemi materiali. Prima Legge (Principio d’inerzia) Esiste almeno un osservatore, che chiameremo osservatore inerziale o Galileiano, rispetto al quale ogni punto materiale isolato o `e in quiete o si muove di moto rettilineo uniforme. Un punto materiale si intende isolato se `e posto ad una distanza molto grande dagli altri corpi dello spazio, per cui si possono ritenere trascurabili le forze esercitate da questi ultimi sul punto. La prima Legge della Dinamica postula dunque l’esistenza di almeno un riferimento rispetto al quale un punto materiale isolato ha accelerazione nulla, e quindi non `e soggetto a forze. Questo riferimento ha un ruolo privilegiato: esso permette di definire la forza assoluta che agisce sul punto materiale P come quella che agisce su P rispetto a questo riferimento. Tale forza `e esclusivamente dovuta a corpi. Ogni sistema di riferimento equivalente ad un sistema inerziale, `e pure esso inerziale. In realt`a, dunque, il Principio d’inerzia postula l’esistenza di una classe di infiniti osservatori inerziali. D’ora innanzi, ogni volta che si introdurr`a un sistema di riferimento fisso (o assoluto), si intender`a sempre un sistema di riferimento inerziale. Gli osservatori che meglio approssimano i sistemi di riferimento inerziali sono i sistemi stellari. Il sistema solare, pur non essendo un sistema stellare, per tanti problemi ne risulta una buona approssimazione e 70
quindi pu`o essere riguardato come inerziale. Nello studio di molti fenomeni che avvengono sulla superficie terrestre `e inoltre lecito ritenere inerziale anche il sistema terrestre-stellare. Seconda Legge (Legge di Newton) Il moto di un punto materiale rispetto ad un osservatore inerziale soddisfa la relazione ma = F .
(4.2)
La Legge di Newton stabilisce che l’accelerazione a di un punto materiale e il vettore F della forza a cui `e soggetto, rispetto ad un sistema inerziale, sono proporzionali e che la costante di proporzionalit`a `e la massa m del punto. La possibilit`a di misurare la massa m di un corpo `e dovuta a questa proporzionalit`a. Vedremo infatti in seguito come la massa m di un corpo C si trovi rapportando la sua “forza peso” con quella di un altro corpo la cui massa `e assunta come unitaria. Consideriamo ora un sistema di due punti materiali (P, mP ) e (Q, mQ ). I due punti esercitano uno sull’altro una forza. Sia (P, F Q→P ) la forza che agisce sul punto P dovuta a Q e (Q, F P →Q ) quella che agisce su Q dovuta a P . Ebbene, vale il seguente postulato : Terza Legge (Principio di azione e reazione) Le forze (P, F Q→P ) e (Q, F P →Q ) sono uguali e contrarie e con linea d’azione coincidente con la retta congiungente i due punti. Ossia: (a) F Q→P = ¡F P →Q ; (b) F P →Q k (P ¡ Q) . 4.3 Sistemi meccanici Un sistema materiale `e un insieme di punti materiali. Un sistema `e discreto se `e costituito da un numero finito o numerabile di punti; in questo caso lo indichiamo con (Ps , ms ), s = 1, ¢ ¢ ¢ , N , con N finito oppure no. Si dice invece che il sistema `e continuo se `e formato da un continuo di punti. Il pi` u semplice sistema materiale discreto `e ovviamente quello costituito da un unico punto materiale (P, m), mentre un corpo rigido rappresenta l’esempio pi` u comune e significativo di sistema continuo con cui avremo a che fare. Ovviamente esistono anche sistemi materiali formati sia da punti che da corpi continui. Un sistema meccanico `e un sistema materiale su cui agisce un assegnato sistema di forze attive e di vincoli. (Questi concetti saranno precisati pi` u avanti) 71
` importante sottolineare come un sistema meccanico costituisca un modello matematico E che si ritiene valido ai fini dello studio di un problema che ci interessa. Cambiando il problema, anche il sistema meccanico in generale varier`a. Il seguente esempio potr`a aiutare a capire il concetto. La terra pu`o essere rappresentata con un punto se ci interessa il suo moto attorno al sole, con una sfera rigida se si vogliono studiare i suoi moti rispetto ad un sistema terrestre-stellare (precessioni,...), con un corpo continuo deformabile se interessano le sue deformazioni (deriva dei continenti, maree,..). Ovviamente, cambiando il problema in esame, cambieranno in generale anche le forze di cui si deve tenere conto. 4.4 Vincoli Definizione
Si dice configurazione di un sistema meccanico all’istante t0 l’insieme delle
posizioni occupate dai punti del sistema in quell’istante rispetto ad un dato osservatore. Qualche volta, anzich´e di configurazione del sistema, si parla di posizione. I due termini possono considerarsi come sinonimi anche se il termine configurazione appare preferibile in tutti i casi eccetto che per un sistema materiale costituito da un singolo punto. Definizione
Si chiama vincolo un qualunque dispositivo, dovuto a corpi, che limita le
configurazioni e/o le velocit`a dei punti del sistema meccanico. Definizione
Un sistema meccanico si dice vincolato se `e soggetto ad almeno un vincolo;
altrimenti si dice libero. Supponiamo ora che in ogni istante una qualunque configurazione del sistema meccanico sia determinata dagli m parametri x1 , x2 , ..., xm . Ci`o equivale ad affermare che in ogni istante t i parametri xi determinano la posizione di ognuno degli N punti Ps del sistema, ossia che sono note le seguenti N funzioni: Ps = Ps (x1 , x2 , ..., xm , t) ´ Ps (x, t),
s = 1, ..., N .
(4.3)
Nella (4.3) `e stata introdotta una notazione di cui verr`a fatto ampio uso in seguito: con la lettera in grassetto x si intende l’insieme delle variabili x1 , x2 , ..., xm . Ovviamente con x˙ si potr`a rappresentare l’insieme delle derivate x˙ 1 , x˙ 2 , ..., x˙ m . Definizione
Se un vincolo non dipende dal tempo `e detto fisso o scleronomo; altrimenti
`e detto mobile o reonomo.
72
Esempio Consideriamo un punto vincolato a muoversi su una circonferenza di raggio R; sia θ l’angolo che individua la posizione di P su di essa. Vediamo come, a seconda del caso, questo vincolo (la circonferenza) possa essere o fisso o mobile. Caso I. Supponiamo che la circonferenza, il cui piano coincide col piano Oxy, sia fissata con il centro C fissato nel punto dell’asse x di ascissa d. Chiaramente, in questo caso il vincolo `e fisso. Osserviamo che la posizione di P `e data da x = R cos θ + d y = R sin θ .
(4.4)
Caso II. Supponiamo ora che la circonferenza trasli uniformemente con velocit`a vo i con il centro C che si muove percorrendo l’asse x. In questo caso la circonferenza `e mobile e quindi anche il vincolo lo `e. Supposto che all’istante t=0 si abbia C´O, l’ascissa di C sull’asse x `e v0 t. Di conseguenza la posizione di P sul piano ora `e determinata da x = R cos θ + v0 t y = R sin θ .
(4.5)
Il confronto delle (4.4) con le (4.5) porta ad una considerazione molto importante: se il vincolo `e fisso, il punto dipende dal tempo t solo attraverso l’angolo θ; se il vincolo `e mobile, il punto, oltre la dipendenza implicita attraverso θ, dipende da t anche esplicitamente. Generalizzando, si pu`o affermare che la presenza esplicita nella (4.3) della variabile t significa vincoli mobili nel tempo, mentre la mancanza significa vincoli fissi. Definizione
Un sistema meccanico si dice scleronomo se tutti i suoi vincoli sono sclero-
nomi; altrimenti `e detto reonomo. Osservazione: un sistema libero `e un sistema scleronomo. Definizione
Un vincolo si dice interno se `e dovuto a punti del sistema, esterno se `e dovuto
a punti non appartenenti al sistema. Esempio Consideriamo un anello puntiforme vincolato a scorrere lungo un’asta. Caso I: il sistema materiale sia costituito dal solo anello. L’asta non fa parte del sistema meccanico e quindi il vincolo che agisce sull’anello `e esterno. Caso II: il nostro sistema materiale `e costituito dall’anello e dall’asta. In questo caso l’asta esercita sull’anello un vincolo interno (cos`ı come l’anello sull’asta). 73
I vincoli analiticamente si traducono in equazioni o disequazioni che devono essere soddisfatte dai parametri xk . Definizione
Un vincolo si dice bilaterale se `e espresso da un’equazione, unilaterale se `e
espresso da una disequazione. Esempio Anche in questo caso un esempio pu`o essere d’aiuto a capire la differenza fra i due tipi di vincolo. Caso I. Consideriamo un punto materiale vincolato a muoversi all’interno o sulla superficie di una sfera di raggio R. Adottati come parametri xi le coordinate cartesiane x, y e z di P rispetto ad una terna Oxyz con O coincidente col centro della sfera, il vincolo `e espresso dalla disequazione x2 + y 2 + z 2 · R 2 , e pertanto si tratta di un vincolo unilaterale. Caso II. Se invece il punto `e vincolato a muoversi sulla superficie della sfera, il vincolo `e espresso dall’equazione x2 + y 2 + z 2 = R 2 . Dunque, in questo caso il vincolo `e bilaterale. L’equazione che segue generalizza l’equazione appena vista: F (x1 , x2 , . . . , xm , t) = 0 .
(4.6)
Un vincolo bilaterale con un’espressione analitica del tipo (4.6) `e detto vincolo finito. 4.5 Numero di gradi di libert` a Come abbiamo visto, ciascun vincolo bilaterale finito comporta una relazione d’uguaglianza tra due o pi` u parametri xi . Di conseguenza, supposto che sul sistema meccanico agiscano r vincoli del tipo (4.6), questo significa che r parametri xi sono esprimibili in funzione dei rimanenti n=m¡r, e che pertanto non `e necessario usare tutti gli m parametri inizialmente introdotti, ma soltanto n che siano indipendenti. Per meglio capire quanto detto consideriamo un esempio estremamente importante (anche ai fini degli esercizi). Esempio: il puro rotolamento. Consideriamo una ruota che rotola senza strisciare su una rotaia rettilinea che assumiamo come asse x. Sia Oxy il piano nel quale avviene il moto. Indichiamo con θ (crescente nel verso antiorario) l’angolo di rotazione della ruota e con x l’ascissa del punto M della ruota a contatto con l’asse x (o, equivalentemente, del centro C della ruota). Chiaramente, i 74
due parametri x e θ sono sufficienti ad individuare, qualunque sia il moto della ruota, la posizione della ruota stessa. Tuttavia, se il moto `e di puro rotolamento, la velocit`a di trascinamento di M deve essere nulla. Di conseguenza si ha: v τ (M ) =
dC ˙ £ (¡Rj) = (x˙ + Rθ)i ˙ = 0, + ω £ (M ¡ C) = xi ˙ + θk dt
da cui l’equazione scalare x˙ + Rθ˙ = 0. Supposto per semplicit`a x(0)=0 e θ(0)=0, integrando questa equazione si ottiene il vincolo finito x + Rθ = 0 .
(4.7)
In virt` u di questa relazione tra x e θ `e sufficiente un solo parametro, indifferentemente x o θ, per individuare la posizione della ruota quando questa rotola senza strisciare. Definizione
Si chiama numero di gradi di libert`a di un sistema meccanico il numero dei
parametri che sono necessari e sufficienti ad individuare una qualunque configurazione del sistema. Osserviamo che il fatto che nella definizione si sia detto parametri “necessari” implica pure che essi siano indipendenti. Osserviamo inoltre che la scelta dei parametri `e in generale largamente arbitraria. Ritornando alla ruota che rotola senza strisciare sulla rotaia, essa ha 1 grado di libert`a. Se invece la ruota rotola e striscia, allora non sussistendo pi` u la relazione (4.7), i parametri x e θ sono indipendenti e la ruota ha 2 gradi di libert`a. 4.6 Parametri lagrangiani e sistemi olonomi D’ora in poi indicheremo sempre con n il numero di gradi di libert`a del sistema e con q1 , q2 , ..., qn gli n parametri indipendenti scelti. A questi ci riferiremo come parametri o coordinate lagrangiane. Le loro derivate q˙i saranno chiamate velocit`a generalizzate. Il numero di gradi di libert`a `e massimo se il sistema meccanico `e un sistema libero : ad esempio, per un punto si ha n=3, per due punti n=6, per un corpo rigido libero n=6, per un’asta rigida n=5. Se invece il sistema ha dei vincoli finiti, il numero di gradi di libert`a diminuisce. Esempi tipici sono un corpo rigido con un punto fisso (n=3) o con un asse fisso (n=1) o con un asse scorrevole su un asse fisso (n=2), un punto vincolato ad una curva (n=1) oppure ad una superficie (n=2). 75
Definizione
Un sistema meccanico ad n gradi di libert`a con parametri lagrangiani q1 , q2 ,
. . . , qn si dice olonomo se non ha vincoli bilaterali del tipo G(q1 , q2 , . . . , qn , q˙1 , q˙2 , . . . , q˙n , t) = 0 .
(4.8)
Assumeremo poi che ciascun parametro lagrangiano qi abbia un proprio intervallo di variabilit`a : qi 2 [qi1 , qi2 ],
i = 1, ..., n ,
(4.9)
con i qi1 che possono anche essere ¡1 ed i qi2 che possono anche essere +1. Una qualunque configurazione C 0 del sistema compatibile con i vincoli sar`a associata ad una n-pla di valori numerici soddisfacenti le (4.9), per cui dovr`a essere del tipo C 0 ´ (q10 , q20 , ..., qn0 ) ,
qi0 2 [qi1 , qi2 ] .
u precisamente, tale punto appartiene al sottinsieme C 0 rappresenta un punto in Rn . Pi` chiuso S di Rn definito dal prodotto cartesiano S=
n !
i=1
qi1 , qi2 ,
che chiameremo spazio delle configurazioni del sistema meccanico. Ogni moto del sistema nell’intervallo di tempo (t1 , t2 ) sar`a rappresentato dal moto del punto C(t) ´ q1 (t), q2 (t), ..., qn (t) ´ q(t)
all’interno di S, dove descriver`a una traiettoria di estremi C(t1 ) e C(t2 ). Se qi (t) = qi1 oppure qi (t) = qi2 , diremo che qi ha, all’istante t, un valore estremale. Come si `e convenuto, d’ora in poi n indicher`a il numero dei gradi di libert`a del sistema meccanico in questione. Analogamente possiamo convenire di indicare con N il numero dei punti materiali costituenti il sistema. 4.7 Altri esempi di vincoli 1) Punto vincolato ad una superficie fissa (n = 2) L’equazione della superficie `e del tipo f (x, y, z) = 0 , che costituisce un vincolo finito scleronomo bilaterale.
76
2) Sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un’asta rigida (n = 5) Supposto che l’asta abbia lunghezza ℓ e che P1 ´ (x1 , y1 , z1 ) e P2 ´ (x2 , y2 , z2 ), l’equazione del vincolo `e della forma (x1 ¡ x2 )2 + (y1 ¡ y2 )2 + (z1 ¡ z2 )2 = ℓ2 . Anche in questo caso si tratta di un vincolo finito scleronomo bilaterale. 3) Punto mobile in una stanza (n = 3) Assunto Oxyz come sistema di riferimento, con O coincidente con un “vertice” ed assi coincidenti con gli spigoli uscenti da O ed indicate con a, b, c le dimensioni della stanza, allora le coordinate x, y, z di P devono soddisfare i seguenti sei vincoli finiti unilaterali: 0·x·a 0·y·b 0 · z · c.
4) Il pattino (n = 3)
Si tratta del sistema costituito da due particelle P1 e P2 collegate da un’asta di lunghezza costante ℓ e vincolate a muoversi in un piano in modo che la velocit`a del punto medio dell’asta abbia la direzione dell’asta. Supponendo P1 = (x1 , y1 , z1 ) e P2 = (x2 , y2 , z2 ) e supponendo che il moto avvenga nel piano xy, i vincoli sono i seguenti : z1 = 0 z2 = 0
(x1 ¡ x2 )2 + (y1 ¡ y2 )2 = ℓ2 x˙ + x˙ 2 y˙ 1 + y˙ 2 1 = . x1 ¡ x2 y1 ¡ y2 Si tratta di un sistema meccanico soggetto a tre vincoli finiti (le prime tre equazioni) e ad un vincolo del tipo (4.8) (l’ultima equazione). Di conseguenza questo costituisce un esempio di sistema non olonomo.
Nel seguito considereremo solo sistemi olonomi e scleronomi. L’ipotesi di olonomia ci garantir`a non solo l’indipendenza dei parametri lagrangiani qi , ma anche quella delle velocit`a generalizzate q˙i , e di conseguenza quella dei dqi . L’ipotesi di vincoli fissi, invece, ci permetter`a di scrivere la (4.3) senza il tempo t. Potremo quindi sempre scrivere: Ps = Ps (q1 , q2 , . . . , qn ) , n ∂Ps vs = q˙i , ∂qi i=1 dPs =
n ∂Ps dqi . ∂qi i=1
77
(4.10) (4.11) (4.12)
4.8 Spostamenti infinitesimi Introduciamo ora i concetti di spostamento infinitesimo reale e spostamento virtuale che giocheranno un ruolo fondamentale in argomenti molto importanti che svilupperemo nel seguito. Si tratta di concetti non banali, legati alla nozione matematica di ”infinitesimo”. Una grandezza costituisce un ”infinitesimo” quando, facendone un opportuno limite, essa tende a zero. Operativamente, per semplificare le cose, gli infinitesimi possono essere trattati come quantit`a finite ”arbitrariamente piccole”. In quest’ottica, il differenziale dx della variabile spaziale x pu`o essere visto come un incremento (positivo o negativo) estremamente piccolo di x. Analogamente il differenziale dt della variabile tempo t pu`o essere riguardato come un intervallo molto piccolo di tempo. Consideriamo un sistema meccanico ad n gradi di libert`a con parametri lagrangiani q1 , q2 , ..., qn . Posto qk0 =qk (0) e q˙k0 =q˙k (0), con k=1, 2, . . . , n, allora la n-pla (q10 , ..., qn0 ) rappresenta la configurazione C0 del sistema all’istante t0 e (q˙10 , ..., q˙n0 ) la n—pla delle velocit`a generalizzate nel medesimo istante. In virt` u della (4.10) la posizione di P all’istante t0 `e data da P0 = P (q10 , q20 , . . . , qn0 ) = P (C0 ) . Diamo ora due definizioni fondamentali: Definizione
Si definisce spostamento infinitesimo reale del punto P il vettore dP = v 0 dt ,
essendo v0 la velocit`a di P all’istante t0 . Definizione
Si definisce spostamento infinitesimo virtuale, o pi` u semplicemente spostamento
virtuale, ogni vettore δP del tipo δP = v ′ dt , essendo v ′ una qualunque velocit`a del punto P consentita dai vincoli nella posizione P0 all’istante t0 . A questo punto sono necessarie alcune considerazioni. a)
` detto spoMatematicamente, dP `e il differenziale della funzione P (t) all’istante t0 . E
stamento infinitesimo “reale” in quanto costituisce la parte principale dello spostamento infinitesimo effettivo ∆P = P (t0 + dt) ¡ P (t0 ) a cui il punto d`a luogo nell’intervallo di tempo (t0 , t0 + dt).
78
b)
Uno spostamento virtuale `e uno spostamento fittizio, ipotetico, ma compatibile con i vincoli,
che immaginiamo di far compiere al punto P all’istante t0 . Gli spostamenti virtuali costituiscono, come avremo ampiamente occasione di verificare in seguito, un artificio analitico estremamente utile. c)
La velocit`a v 0 di P all’istante t0 , che `e fornita dalla (4.11) calcolando le derivate
all’istante t0 , ha la seguente espressione: v0 =
n ∂P k=1
d)
∂qk
(C0 )
q˙k0 .
Una qualunque velocit`a v ′ di P consentita dai vincoli all’istante t0 ha ovviamente la
stessa espressione di v 0 , ma con le q˙k qualunque: v′ =
n ∂P
k=1
Definizione
∂qk
(C0 )
q˙k .
Uno spostamento virtuale δP si dice invertibile se anche ¡δP `e uno sposta-
mento virtuale; altrimenti esso `e detto non invertibile. ` importante sottolineare il fatto che, perch´e uno spostamento virtuale δP sia non inverE tibile, occorre che almeno uno dei parametri qi nella configurazione occupata dal sistema meccanico all’istante t0 abbia un valore estremale e che il corrispondente δqi sia diverso da zero. Supponiamo, per esempio, che sia q1 (t0 ) = q11 e δq1 > 0. Ovviamente lo spostamento ¡δP implicherebbe ¡δq1 , e quindi si verrebbe ad avere q1 = q11 ¡ δq1 < q11 , il che non `e lecito. Definizione
Uno spostamento non consentito δ ∗ P ´ (Q ¡ P ) si dice totalmente o
parzialmente proibito a seconda che non esista od esista uno spostamento virtuale δP che avvicini P a Q. Osservazione Uno spostamento parzialmente proibito pu`o scriversi come somma di uno spostamento totalmente proibito e di uno virtuale δ ∗ P = δ1∗ P + δP . Consideriamo l’esempio di un punto appoggiato ad un piano. Lo spostamento normale al piano δ1∗ = (Q′ ¡P ) `e totalmente proibito, mentre lo spostamento obliquo (Q ¡ P ) `e parzialmente proibito in quanto mi posso avvicinare a Q con lo spostamento virtuale δP =(Q” ¡ P ). 79
Vediamo ora come le nozioni date per un singolo punto P si estendono al sistema meccanico di cui esso fa parte. I parametri lagrangiani siano q1 , q2 , ..., qn . Supponiamo che il sistema meccanico sia costituito di N punti Ps . Naturalmente lo spostamento infinitesimo di un sistema meccanico `e definito dagli spostamenti infinitesimi di tutti i suoi punti. Per indicare uno spostamento virtuale si potrebbe dunque scrivere δC ´ (δP1 , δP2 , . . . , δPN ) . n ∂Ps δPs = δqk , ∂qk
Ma essendo
k=1
tutti i δPs sono individuati dalla n¡pla (δq1 , δq2 , ..., δqn ). Di conseguenza si ha anche δC ´ (δq1 , δq2 , . . . , δqn ) . Definizione
Uno spostamento virtuale δC di un sistema meccanico `e invertibile se lo `e lo
spostamento di ciascun suo punto Ps . Questo significa che, dato uno spostamento δC invertibile a partire da una configurazione C0 ´ (q10 , ..., qn0 ), nessun qk0 corrispondente ad un δqk non nullo ha un valore estremale. Al contrario, se δC `e non invertibile, questo significa che ad almeno uno dei δqk diversi da zero corrisponde qk0 estremale.
4.9 Configurazioni interne e di confine Definizione
C0 = (q10 , q20 , . . . , qn0 ) `e una configurazione interna per il sistema meccanico
se ogni spostamento virtuale del sistema a partire da C0 `e invertibile. Definizione
C0 = (q10 , q20 , . . . , qn0 ) `e una configurazione di confine se esiste almeno uno
spostamento virtuale del sistema a partire da C0 che `e non invertibile. In base a quanto affermato in precedenza si pu`o dire che, affinch`e una configurazione C0 sia interna occorre che nessuno dei qi0 , i = 1, ..., n, sia estremale. Se invece almeno uno dei qi0 ha un valore estremale, allora C0 `e di confine. Consideriamo i due esempi seguenti. i) punto P (x, y, z) libero, per cui ¡1<x< +1, ¡1
Chiaramente, se si assume θ variabile tra 0 e 2π, θ = 0 e θ = 2π non sono configurazioni di confine. Per ovviare a questo inconveniente `e sufficiente considerare θ variabile tra ¡1 e +1 (anche se in questo modo si perde la biunivocit`a della corrispondenza fra configurazioni del sistema e valori del parametro θ).
4.10 Forze attive Definizione
Una forza (P, F ) si dice attiva se il suo vettore F `e noto in funzione di
x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t, essendo x, y, z le coordinate di P . Le forze attive possono essere distinte in due tipi: a) le forze dovute a corpi, quali le forze Newtoniane, elettriche, elastiche, etc.; b) le forze dovute al sistema di riferimento, quali le forze di trascinamento e di Coriolis. Per quanto concerne le forze dovute a corpi sottolineiamo il fatto che sono forze assolute, cio`e forze che non dipendono dall’osservatore. Le altre, invece, variano a seconda dell’osservatore e sono collegate ovviamente alle accelerazioni che intervengono nel moto relativo rispetto ad un osservatore assoluto inerziale. Nota bene
Il vettore F = F (x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t) di una forza attiva (P, F ) deve essere noto
in funzione di x, y, z, x, ˙ y, ˙ z. ˙ Ci`o non significa affatto che questi parametri siano noti in funzione del tempo ! Se cos`ı fosse il moto di P sarebbe gi`a noto, mentre il nostro problema `e proprio quello di determinarlo ! Le forze attive dovute all’azione di altri corpi possono essere distinte in interne ed esterne a seconda che siano dovute a punti materiali facenti parte del sistema materiale considerato oppure no. Nel caso di forze interne vale ovviamente il Principio di azione e reazione. Su ogni punto Ps di un sistema meccanico si possono dunque pensare applicate una forza attiva interna (Ps , F is ) ed una esterna (Ps , F es ). Volendo, nel caso in cui intervengono anche forze non assolute dovute ad un sistema di riferimento non inerziale, queste si possono includere fra le forze attive esterne. In realt`a su ciascun punto Ps agiscono in generale pi` u forze interne e pi` u forze esterne. Ovviamente, (Ps , F es ) `e la risultante delle forze esterne, (Ps , F is ) `e la risultante di quelle interne.
4.11 Reazioni vincolari Le reazioni vincolari, differentemente dalle forze attive, sono forze pi` u o meno incognite, dovute ai vincoli, la cui natura `e sancita dal postulato che segue.
81
Postulato delle reazioni vincolari
Un sistema meccanico comunque vincolato pu`o essere
reso libero, senza alterarne lo stato di quiete o di moto, sopprimendo i vincoli e sostituendo ad essi “opportune forze” dette reazioni vincolari. L’azione di un vincolo pu`o essere rappresentata o da una singola reazione o da un sistema di pi` u reazioni. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, `e sufficiente considerare una sola reazione il cui punto di applicazione coincide col punto su cui il vincolo agisce. Definizione
Un vincolo si dice liscio o senza attrito se la sua azione `e rappresentata da un’u-
nica reazione vincolare (P, Φ) avente la direzione di uno spostamento totalmente proibito e verso opposto. Altrimenti il vincolo `e detto scabro o con attrito. Spesso, anzich´e coinvolgere gli spostamenti totalmente proibiti, si dice pi` u semplicemente che un vincolo `e liscio quando esplica un’unica reazione normale al vincolo stesso. Vediamo ora alcuni esempi di vincoli lisci: - punto vincolato ad un piano liscio : Φ = Φn
(n versore normale al piano);
- punto appoggiato ad un piano liscio : Φ = Φn ,
Φ¸0
(n versore normale al piano,
diretto nel verso in cui pu`o avvenire il distacco); - punto vincolato ad una curva liscia : Φ = Φn n + Φb b
(n e b versori lungo la normale
principale e la binormale). L’attrito si manifesta quando un punto materiale, muovendosi (o tentando di muoversi) su un altro corpo, ne modifica lievemente la superficie (che guardata al microscopio non `e poi cos`ı liscia come sembra), generando forze non solo normali alla superficie ma anche tangenti. Nella realt`a i vincoli sono tutti pi` u o meno scabri, per cui i vincoli lisci rappresentano essenzialmente delle situazioni ideali. In molti problemi, tuttavia, le superfici sono abbastanza levigate, per cui si pu`o assumere che il vincolo sia liscio. Limitandoci a questo caso, (il problema dell’attrito sar`a ripreso e trattato in maniera pi` u ampia in seguito) e ricordando la definizione di vincolo liscio, si possono fare le seguenti considerazioni circa il vettore Φ della reazione vincolare. Pur rimanendo il suo modulo in ogni caso incognito, ne conosciamo: - la direzione, se vi sono solo due spostamenti totalmente proibiti uno opposto all’altro; - la direzione ed il verso, quando c’`e un unico spostamento totalmente proibito. Come nel caso delle forze attive, anche le reazioni vincolari possono distinguersi in interne ed esterne, e ci`o a seconda che il vincolo `e di tipo interno od esterno. Di conseguenza, su ogni punto Ps di un sistema meccanico, oltre alle forze attive interna (Ps , F is ) ed esterna (Ps , F es ), potremo sempre pensare che ci siano le reazioni vincolari interna (Ps , Φis ) ed esterna (Ps , Φes ). 82
4.12 Vettori caratteristici di un sistema di forze Su ogni sistema meccanico agiscono sempre delle forze, in generale sia forze attive che reazioni vincolari. Consideriamo per il momento delle forze generiche, senza specificarne la natura, ed andiamo ad introdurre alcune nozioni che ci torneranno poi utili in seguito. Al momento in cui queste nozioni saranno utilizzate, potremo facilmente circoscriverci o alle sole forze attive o alle sole reazioni vincolari o ad un qualunque altro insieme di forze. Consideriamo dunque un generico sistema di forze agenti sul sistema meccanico; lo indicheremo enumerando le forze: (As , F s ), s = 1, . . . , N . Ovviamente, pi` u forze possono avere lo stesso punto di applicazione, per cui i punti As , che naturalmente sono punti del sistema meccanico, non sono necessariamente distinti. Un sistema di forze (As , F s ), s = 1, . . . , N , `e caratterizzato dai due vettori seguenti : a) il vettore R somma dei vettori delle forze, R=
N
F s,
(4.13)
s=1
che chiamiamo vettore risultante o pi` u semplicemente il risultante, e b) il vettore Ω(O) =
N
Ωs (O) =
s=1
N
F s £ (O ¡ As ),
s=1
che chiamiamo momento risultante del sistema di forze rispetto al polo O. Si noti che il vettore Ωs (O) = F s £ (O ¡ As ) , cio`e il momento della singola forza (As , F s ), `e ortogonale al piano individuato dal polo O e da (As , F s ). Il suo modulo vale Fs jO ¡ As j sin αs = Fs rs , dove rs `e la distanza di O dalla linea d’azione della forza. Qualche volta la distanza rs `e detta braccio della forza rispetto ad O. Ovviamente, se F s 6 = 0, Ωs (O) `e nullo se e solo se O appartiene alla retta (As , F s ). In particolare, Ω(As ) = 0. Nota bene: R e Ω(O) sono vettori liberi (cio`e non applicati) !
83
(4.14)
Propriet`a dei vettori caratteristici a) In generale il momento risultante di un sistema di forze dipende dal polo. Vediamo la relazione che intercorre fra Ω(O) ed Ω(O1 ). Si ha: Ω(O1 ) =
N
F s £ (O1 ¡ As ) =
s=1
=
N
N
F s £ [(O1 ¡ O) + (O ¡ As )] =
s=1
F s £ (O ¡ As ) +
s=1
N
F s £ (O1 ¡ O) = Ω(O) +
s=1
N s=1
F s £ (O1 ¡ O) ,
ossia Ω(O1 ) = Ω(O) + R £ (O1 ¡ O). b) Teorema
(4.15)
C.N.S. affinch´e il momento risultante di un sistema di forze sia indipendente
dal polo `e che sia R = 0. C.N.
Se il momento risultante `e indipendente dal polo, si ha Ω(O) = Ω(O1 ), qualunque
siano O ed O1 . Dalla relazione (4.15) segue R £ (O1 ¡ O) = 0 per qualunque O ed O1 . Ci`o implica R = 0. C.S.
Se R = 0, la tesi segue in modo ovvio dalla (4.15).
Nel seguito la scrittura di un momento senza l’indicazione del polo, ne implicher`a automaticamente l’indipendenza. Introduciamo infine le nozioni di invariante e di momento assiale. Si chiama invariante del sistema di forze (As , F s ), s = 1, . . . , N , la grandezza scalare I = R ¢ Ω(O) .
(4.16)
Il nome `e giustificato dal fatto che questa grandezza non dipende dal polo rispetto al quale `e calcolato il momento risultante. Infatti, considerato un secondo polo O1 ed utilizzando la (4.15), si ha R ¢ Ω(O1 ) = R ¢ Ω(O) + R £ (O1 ¡ O) = R ¢ Ω(O) + R ¢ R £ (O1 ¡ O) = R ¢ Ω(O) . Si chiama momento assiale del sistema di forze (As , F s ), s = 1, . . . , N , rispetto alla retta (O, r), r versore, la grandezza scalare Ωr = Ω(O) ¢ r =
N s=1
84
F s £ (O ¡ As ) ¢ r.
Tale grandezza dipende dalla retta, ma non dal punto O. Infatti, qualunque sia O1 2 (O, r), per cui r k (O1 ¡ O) , si ha: Ωr (O1 ) = Ω(O1 ) ¢ r = Ω(O) + R £ (O1 ¡ O) ¢ r = Ω(O) ¢ r + R £ (O1 ¡ O) ¢ r = = Ω(O) ¢ r = Ωr (O).
4.13 Sistemi equivalenti di forze Diamo ora una definizione il cui significato fisico apparir`a chiaro nel seguito del corso. Definizione
′
Due sistemi di forze S : (As , F s ), s = 1, . . . , N , e S ′ : (A′ s , F s ), s = 1, . . . , N ′
si dicono equivalenti se R=R Teorema
′
′
e
Ω(O) = Ω (O).
C.N.S. affinch´e due sistemi di forze siano equivalenti `e che essi abbiano lo
stesso momento risultante qualunque sia il polo. In virt` u della (4.15), qualunque siano i punti O ed O1 , valgono le seguenti relazioni: Ω(O1 ) = Ω(O) + R £ (O1 ¡ O) Ω′ (O1 ) = Ω′ (O) + R′ £ (O1 ¡ O) C.N.
(4.17)
Hp.: i due sistemi di forze sono equivalenti. Th.: i due momenti sono gli stessi per
qualunque altro polo O1 . Ci`o `e evidente dalle relazioni (4.17): l’uguaglianza dei secondi membri comporta anche quella dei primi. ′
C.S.
Hp.: Ω(O) = Ω (O) qualunque sia O. Th.: i due sistemi sono equivalenti, cio`e ′
R = R . L’ipotesi e le (4.17) comportano ′
R £ (O1 ¡ O) = R £ (O1 ¡ O)
=)
da cui consegue, per l’arbitrariet`a di (O1 ¡ O), la tesi.
85
′
(R ¡ R ) £ (O1 ¡ O) = 0,
4.14 Sistemi elementari di forze Si definiscono i seguenti sistemi elementari di forze: a) sistema nullo, quando non c’`e nessuna forza. Ovviamente R = 0,
Ω = 0,
I = 0.
b) una forza (A, F ), per cui R = F,
Ω(A) = 0,
I = 0.
c) una coppia (A, F ), (B, ¡F ), con F non parallelo a (B—A), per cui R = 0,
Ω = F £ (B ¡ A) 6 = 0,
I = 0.
Si chiama braccio della coppia la distanza fra le linee d’azione delle due forze. Osserviamo che l’ipotesi fatta di non parallelismo tra F e (B—A) implica un braccio non nullo. Osserviamo anche che, essendo R = 0, il momento di una coppia non dipende dal polo. d) una forza (A, F ) ed una coppia (B, F 1 ), (C, ¡F 1 ), di braccio non nullo, con F parallelo al momento della coppia Ω = F 1 £ (C ¡ B). Chiaramente: R = F,
Ω(A) = Ω,
I6 = 0.
Osserviamo che la definizione di sistemi elementari di forze `e del tutto analoga a quella di stati cinetici elementari introdotta in cinematica. 4.15 Teorema di equivalenza sui sistemi di forze Teorema
Un qualunque sistema di forze `e equivalente ad un sistema elementare di forze.
Dimostrazione
Considerato un sistema di forze S : (As , F s ), s = 1, . . . , N , siano R ed
Ω(O) i suoi vettori caratteristici, con il polo O arbitrariamente scelto. Distinguiamo due casi: a) I = 0; b) I 6 = 0. Caso a). Sono possibili quattro sottocasi. a1 ) R = 0,
Ω = 0 : il sistema S `e equivalente al sistema nullo.
a2 ) R = 0,
Ω 6 = 0 : il sistema S `e equivalente ad una qualunque coppia di forze di
momento Ω. 86
a3 ) R 6 = 0,
Ω(O) = 0 : il sistema S `e equivalente ad una forza (A, R), con A punto
qualunque della retta (O, R). Tale retta, che rappresenta il luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il momento risultante `e nullo, si chiama asse centrale del sistema di forze. a4 ) R 6 = 0,
Ω(O) 6 = 0,
R ? Ω(O): se avessimo un polo O1 tale che Ω(O1 ) = 0,
ricadremmo nel caso precedente. Facciamo vedere che un tale O1 esiste. Essendo Ω(O1 ) = Ω(O) + R £ (O1 ¡ O) , perch´e Ω(O1 ) sia nullo, O1 dovr`a essere soluzione dell’equazione Ω(O) = R £ (O ¡ O1 ) .
(4.18).
Essendo R ? Ω(O), si tratta di un problema di divisione vettoriale (x1.7) che ammette infinite soluzioni: tutti i punti di una certa retta parallela a R. Si pu`o dunque affermare che il sistema S `e equivalente ad una forza (A, R), con A punto qualunque della retta (O1 , R) formata dai punti O1 soluzione dell’equazione (4.18). = 0, Ω(O) 6 = 0, con i due vettori non ortogonali. Sono Caso b). Ora I 6 = 0, per cui R 6 dunque possibili due sottocasi. b1 ) R k Ω(O) : il sistema S `e equivalente ad una forza (A, R), con A punto qualunque della retta (O, R), ed una qualunque coppia di momento Ω(O). Anche in questo caso la retta (O, R) `e detta asse centrale del sistema di forze. b2 ) R ed Ω(O) sono obliqui, per cui, scomponendo Ω(O) lungo le direzioni rispettivamente parallela e perpendicolare a R, si pu`o scrivere Ω(O) = Ω (O) + Ω⊥ (O) . Osserviamo che se avessimo un polo O1 tale che Ω(O1 ) = Ω (O) ci troveremmo nelle stesse condizioni del punto b1 ). Perch`e un siffato O1 esista deve essere Ω(O1 ) = Ω(O) + R £ (O1 ¡ O) = Ω (O) + Ω⊥ (O) + R £ (O1 ¡ O) = Ω (O) ovvero Ω⊥ (O) + R £ (O1 ¡ O) = 0
o, equivalentemente,
Ω⊥ (O) = R £ (O ¡ O1 ) .
Essendo Ω⊥ (O) perpendicolare ad R, esistono infiniti punti O1 che soddisfano questa condizione. Scelto un tale O1 , si pu`o dunque affermare che il sistema S `e equivalente ad una forza (A, R), con A punto qualunque della retta (O1 , R) ed una qualunque coppia di momento Ω (O). La retta (O1 , R) `e l’asse centrale del sistema di forze. Si impongono ora alcune osservazioni. a) La prima osservazione riguarda il fatto che spesso, impropriamente, si parla di un sistema nullo anzich`e di un sistema equivalente ad un sistema nullo. A tale proposito 87
anticipiamo fin d’ora che, mentre questa distinzione non `e rilevante quando il sistema di forze `e applicato ad un corpo rigido, lo `e invece nel caso di un corpo deformabile. b) Il pi` u semplice sistema equivalente ad un sistema nullo `e una coppia di braccio nullo. Esempio significativo: la coppia di forze che due punti materiali esercitano l’uno sull’altro in virt` u del principio di azione e reazione. c) L’asse centrale `e definito quando il sistema di forze `e equivalente ad una sola forza e quando `e equivalente ad una forza ed una coppia. Nel primo caso l’asse centrale `e il luogo dei punti rispetto ai quali il momento risultante `e nullo; nel secondo caso `e il luogo dei punti rispetto ai quali Ω `e parallelo ad R. Ebbene, poich´e in entrambi i casi un polo non appartenente all’asse centrale comporta una componente di Ω ortogonale all’asse medesimo, `e chiaro che l’asse centrale `e il luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il modulo del momento risultante del sistema di forze `e minimo. Nel caso di equivalenza ad una forza ed una coppia il momentorispetto adun punto P dell’asse centrale vale R R I Ω(P ) = Ω(O) ¢ = 2R. jRj jRj R d) L’invariante I di un sistema di forze complanari `e sempre nullo. Infatti, se Π `e il piano delle forze, R `e parallelo a tale piano, mentre Ω(O), con O 2 Π, `e ortogonale a Π. Se poi R6 = 0, il sistema `e equivalente ad una forza con asse centrale che sta, come le forze, su Π. e) L’ultima osservazione concerne la possibilit`a di formulare i tre corollari che seguono: Corollario 1 :
C.N.S. affinch´e un sistema di forze sia equivalente ad una forza ed una
coppia `e che si abbia I 6 = 0. Corollario 2 :
C.N.S. affinch´e un sistema di forze sia equivalente ad una sola forza `e che
si abbia I = 0, R 6 = 0. Corollario 3 :
C.N.S. affinch´e un sistema di forze sia equivalente ad una coppia `e che si
abbia R = 0, Ω 6 = 0. Infine, una considerazione molto importante. Nel caso in cui il sistema `e equivalente ad una forza, e solo in questo caso, ha senso parlare di forza risultante o, pi` u semplicemente, della risultante, intendendo con ci`o una forza equivalente al sistema. Sottolineiamo la differenza tra il risultante e la risultante: il primo, cio`e il vettore risultante, `e un vettore libero ed esiste sempre; la seconda, ossia la forza risultante, esiste solo nel caso di sistemi particolari (Corollario 2), il pi` u semplice dei quali `e quello in cui tutte le forze hanno lo stesso punto di applicazione A. Ovviamente in questo caso A costituisce il punto d’applicazione “naturale” della risultante, come assunto nella definizione di forza risultante data nel x4.1.
88
4.16 Operazioni elementari sulle forze Con le forze si possono compiere tre operazioni elementari che trasformano il sistema di forze dato in un sistema equivalente. a) Composizione di due o pi` u forze applicate allo stesso punto. Tale operazione consiste M nel sostituire al sistema di forze (A, F s ), s = 1, ..., M , la risultante (A, F = F s ). s=1
b) Scomposizione di una forza in due o pi` u forze con lo stesso punto d’applicazione ed aventi direzioni assegnate as . Tale operazione consiste nel sostituire alla forza (A, F ) il sistema di forze (A, F s = Fs as ), s = 1, ..., M , con s Fs as = F .
c) Scorrimento di un forza lungo la sua retta d’azione. Questa operazione consiste nel sostituire alla forza (A, F ) la forza (A′ , F ), con A′ punto qualunque della retta (A, F ). Teorema
Le operazioni elementari trasformano un sistema di forze in un sistema equi-
valente. La facile dimostrazione `e lasciata per esercizio. Dimostriamo invece l’importante teorema che segue: Teorema
Un sistema di N forze qualunque si pu`o sempre ridurre, mediante operazioni
elementari, ad un sistema di due forze. Dimostriamo il teorema per N = 3. Siano (As , F s ), s = 1, 2, 3, le tre forze in questione che, volendo stare nel caso generale, supponiamo sghembe. Sia r la retta inter sezione del piano A1 , (A2 , F 2 ) col piano A1 , (A3 , F 3 ) . Sia A un qualunque punto
di r. Scomponiamo la forza (A2 , F 2 ) lungo le rette A2 A1 e A2 A: otterremo due nuove ′
′′
forze (A2 , F 2 ) e (A2 , F 2 ). Analogamente scomponiamo la forza (A3 , F 3 ) lungo le rette A3 A1 e A3 A ottenendo le ′
′′
due nuove forze (A3 , F 3 ) e (A3 , F 3 ). A questo punto facciamo scorrere ciacuna di queste ′
′
quattro forze lungo la propria linea d’azione in modo da portare i vettori F 2 ed F 3 in A1 e ′′
′′
′
′
F 2 ed F 3 in A. Eseguite queste operazioni ci sono tre forze di vettori F 1 , F 2 , F 3 applicate ′′
′′
in A1 e due forze di vettori F 2 e F 3 applicate in A. Componendo le prime tre ottengo la ′
′
′′
′′
forza (A1 , F 1 + F 2 + F 3 ), mentre componendo le altre due si ha (A, F 2 + F 3 ). Dunque il sistema di tre forze `e stato trasformato in un sistema equivalente di due forze. 89
Ovviamente, se il sistema `e costituito di N > 3 forze, se ne prendono tre e ci si riduce ad N ¡ 1 forze, poi se ne prendono ancora tre e ci si riduce ad N ¡ 2, e cos`ı via fino a che non ci si riduce a due soltanto. Se le tre forze sono parallele, la dimostrazione `e ancora valida prendendo come retta r la linea d’azione di (A1 , F 1 ). Se delle tre forze due sono complanari ed incidenti, mediante scorrimento queste due si riducono immediatamente ad una sola forza, per cui il teorema `e subito provato. Se tutte le forze sono complanari, il sistema si riduce ad una sola forza (caso generale) o ad una coppia (caso particolare). 4.17 Sistemi di forze interne In base a quanto detto in precedenza, le forze che agiscono su un sistema meccanico possono essere distinte in forze attive e in reazioni vincolari. A loro volta, sia le une che le altre, possono essere distinte in interne ed esterne. Dunque, su qualunque sistema meccanico, si pu`o sempre ritenere che agiscano quattro sistemi di forze: i sistemi delle forze attive esterne (As , F es ), s = 1, . . . , N , delle forze attive interne (Bs , F is ), s = 1, . . . , M , delle reazioni vincolari esterne (Cs , Φes ), s = 1, . . . , N ′ , e delle reazioni vincolari interne (Ds , Φis ), s = 1, . . . , M ′ . Essendo le forze interne dovute soltanto all’azione di punti appartenenti al sistema meccanico in questione, per il III principio della Meccanica (principio di azione e reazione) esse compaiono sempre a coppie di braccio nullo. Pi` u precisamente, se (Br , F s→r ) `e la forza attiva che agisce sul punto Br dovuta a Bs , allora c’`e anche la forza (Bs , F r→s ) dovuta a Br . Queste due forze costituiscono una coppia di braccio nullo e di conseguenza, oltre ad avere risultante nullo, hanno anche momento risultante nullo. Ne consegue che Ri =
M
F is =
s=1
Ωi (O) =
M M
F r→s = 0 ,
s=1 r=1 r =s
M s=1
F is £ (O ¡ Bs ) =
M M
F r→s £ (O ¡ Bs ) = 0 .
s=1 r=1 r =s
Vale dunque il seguente Teorema
Il sistema delle forze attive interne (Bs , F is ), s = 1, . . . , M , `e equivalente al
sistema nullo.
90
Un analogo teorema vale ovviamente anche per le reazioni vincolari: Teorema
Il sistema delle reazioni vincolari interne (Ds , Φis ), s = 1, . . . , M ′ , `e equivalente
al sistema nullo. 4.18 Sistemi di forze parallele Consideriamo ora il caso particolare di un sistema di forze tutte parallele. Indicato con a un versore con la direzione delle forze, il sistema in questione pu`o essere scritto nel modo seguente: (As , Fs a), s = 1, ..., N . Ovviamente lo scalare Fs , che rappresenta la componente del vettore F s lungo a, `e positivo o negativo a seconda che F s `e concorde o discorde con a. Se gli Fs hanno tutti lo stesso segno, le forze sono tutte concordi. Teorema
L’invariante di un sistema di forze parallele `e nullo.
Infatti, essendo R=
N
Fs =
s=1
Ω(O) =
N
Fs a =
s=1
N
N s=1
F s £ (O ¡ As ) =
s=1
Fs a = Ra,
N
Fs a £ (O ¡ As ) = a £
s=1
N
Fs (O ¡ As ),
s=1
ne consegue I = R ¢ Ω(O) = Ra ¢ a £
N
Fs (O ¡ As ) = 0 .
s=1
Questo teorema implica dunque che un sistema di forze parallele non `e mai equivalente ad una forza ed una coppia. In particolare implica che un sistema di forze parallele con R6 = 0 `e sempre equivalente ad una sola forza, in altre parole ammette la risultante. In questo caso vale l’importante Teorema
Per ogni sistema di forze parallele con R 6 = 0 esiste, ed `e unico, un punto C
dell’asse centrale che `e indipendente dalla direzione a delle forze. Tale punto, che si chiama centro delle forze parallele, `e dato da C ¡O =
N
Fs (As ¡ O) . N s=1 Fs
s=1
(4.19)
Dunque, un qualunque sistema di forze parallele con R 6 = 0 ammette sempre il centro delle forze parallele, vale a dire un punto C, indipendente dalla direzione delle forze, in cui si pu` o applicare la risultante. L’indipendenza di C da a comporta la sua invarianza 91
rispetto ad una qualunque rotazione delle forze, lasciandone fermi i punti d’applicazione e invariate le intensit`a. Assunto un sistema di coordinate cartesiane Oxyz, indicate con (xs , ys , zs ) le coordinate di As e con (xC , yC , zC ) quelle del centro C, la relazione (4.19) proiettata sugli assi fornisce le coordinate cartesiane di C: N Fs xs xC = s=1 , N s=1 Fs
yC =
N
s=1 Fs ys , N s=1 Fs
N
zC = s=1 N
Fs zs
s=1
Fs
.
(4.20)
` immediato verificare che se tutti i punti d’applicazione delle forze stanno su una retta, E anche C sta sulla retta. Analogamente, se tutti i punti As stanno in un piano, anche C sta nel piano. Consideriamo a titolo di esempio il pi` u semplice sistema di forze parallele: quello costituito = 0. Assunto come di due sole forze. Siano (A1 , F1 a) e (A2 , F2 a) le due forze, con F1 + F2 6 asse Ox la retta congiungente i punti A1 ed A2 , essendo A1 ´ (x1 , 0, 0) e A2 ´ (x2 , 0, 0), le (4.20) forniscono immediatamente yC = zC = 0, per cui C sta sulla congiungente A1 con A2 . Inoltre xC =
F1 x1 + F2 x2 F1 + F2
=)
F1 (xC ¡ x1 ) = ¡F2 (xC ¡ x2 ).
Ci`o significa che C `e interno al segmento A1 A2 se le due forze sono concordi, esterno se sono discordi (dalla parte della forza di modulo maggiore). Inoltre, in ogni caso, le distanze di C dai punti A1 ed A2 sono inversamente proporzionali a jF1 j e jF2 j.
4.19 Forza peso Definizione
Si chiama peso del punto materiale (P, m) la forza che occorre equilibrare
perch´e il punto sia in equilibrio rispetto ad un osservatore solidale con la terra. La forza peso, che indichiamo con (P, p), `e la risultante delle forze dovute all’attrazione Newtoniana ed ai moti della terra. Essa risulta principalmente dalla composizione di due forze: la forza d’attrazione esercitata dalla terra e la forza centrifuga (che sar`a definita pi` u avanti) dovuta alla rotazione uniforme della terra attorno al proprio asse. Pi` u precisamente, indicati rispettivamente con n e N i versori radiali e normali all’asse terrestre 92
orientati come in figura, si ha p ' G
mM n ¡ mρ cos ϕω2 N , ρ2
(4.21)
dove G `e la costante di gravitazione universale, ρ `e la distanza di P dal centro della terra, M la massa della terra, ϕ `e la latitudine di P e ω `e la velocit`a angolare della terra. Poich`e la forza Newtoniana `e diretta verso il centro della terra e la forza centrifuga `e normale all’asse, ne consegue che, eccetto che all’equatore e ai poli, la forza peso non passa per il centro della terra (anche se vi passa molto vicino). Nel seguito il vettore p della forza peso agente su (P, m) sar`a scritto come p = mg = ¡mgk ,
(4.22)
dove g, che `e detta accelerazione di gravit`a, `e indipendente da m e variabile con la latitudine e con l’altezza (rispetto al livello del mare). Il versore k, che definisce punto per punto la direzione verticale (direzione del filo a piombo), e quindi il piano orizzontale, `e il versore verticale ascendente. Osserviamo che in un problema ha senso parlare di “verticale” solo se tra le forze che agiscono sul sistema ci sono anche le forze peso. Consideriamo ora un sistema di N punti materiali (Ps , ms ). Ad esso sar`a associato il sistema delle forze peso (Ps , ps = ms g s ), s = 1, ..., N . Supponendo che le distanze fra i punti Ps siano molto piccole rispetto al raggio terrestre, come `e ragionevole supporre per ogni sistema meccanico con cui abbiamo a che fare, si pu`o assumere ps = ms g = ¡ms gk. Dunque, il sistema delle forze peso applicate ad un sistema meccanico pu`o considerarsi un sistema di forze parallele. Essendo queste equiverse si ha R 6 = 0, e quindi il sistema delle forze peso `e equivalente ad una sola forza (A, ¡M gk), dove A `e un punto qualunque N dell’asse centrale, M = s=1 ms `e la massa totale e k `e il versore verticale ascendente. A tale forza ci si riferisce come al peso del sistema materiale.
In particolare, la forza peso pu`o sempre essere applicata nel baricentro G del sistema ` infatti facile verificare che il baricentro `e il centro delle forze peso. materiale. E 4.20 Misura della massa Come si calcola la massa di un punto materiale (P, m) ? Assunta come massa unitaria quella di un punto campione (P0 , m0 ), si ha: m0 g = ¡m0 gk = p0 k,
mg = ¡mgk = pk 93
(p0 < 0, p < 0),
da cui la relazione m0 = 1:
m p = . Per ottenere la massa m fornita dalla bilancia basta porre m0 p0 m=
p . p0
4.21 Lavoro reale infinitesimo Definizione
Si definisce lavoro reale infinitesimo della forza (P, F ) il prodotto scalare dL = F ¢ dP.
(4.23)
Posto, come al solito, P ¡ O = xi + yj + zk dP = dxi + dyj + dzk F = Fx i + Fy j + Fz k, l’espressione cartesiana di dL `e la seguente: dL = Fx dx + Fy dy + Fz dz.
(4.24)
Nel caso di un sistema meccanico ad n gradi di libert`a con parametri lagrangiani q1 , q2 , . . . , qn , il lavoro dLs della forza (Ps , F s ), tenendo conto della (4.12), sar`a dato da: n ∂Ps dLs = F s ¢ dPs = F s ¢ dqi . ∂qi i=1
Definizione
Si definisce lavoro reale infinitesimo compiuto dal sistema di forze (Ps , F s ), s =
1, . . . , N , la somma dei lavori dLs compiuti da ciascuna forza, ossia dL =
N
dLs =
s=1
N
F s ¢ dPs .
(4.25)
s=1
Quando il sistema delle forze in questione `e quello delle forze attive, `e molto conveniente rappresentare dL in una forma che ora andiamo a ricavare. N N n n N ∂Ps ∂Ps dL = F s ¢ dPs = Fs ¢ dqi = Fs ¢ dqi ∂qi ∂qi s=1 s=1 i=1 i=1 s=1
Ponendo
Qi =
N s=1
si ha
Fs ¢
∂Ps , ∂qi
i = 1, ..., n ,
dL = Q1 dq1 + Q2 dq2 + ¢ ¢ ¢ + Qn dqn =
n
Qi dqi .
(4.26)
(4.27)
i=1
Le Qi sono dette forze generalizzate di Lagrange. In un certo senso, esse generalizzano il concetto di componenti cartesiane delle forze. Infatti, nel caso di un punto libero, posto q1 = x, q2 = y, q3 = z, si ha Q1 = Fx , Q2 = Fy , Q3 = Fz . 94
4.22 Lavoro finito Si definisce lavoro compiuto dalla forza (P, F ) nell’intervallo di tempo (t1 , t2 )
Definizione
l’integrale curvilineo
L = (γ)
P2
F ¢ dP,
(4.28)
P1
dove P1 = P (t1 ), P2 = P (t2 ) e γ `e la curva percorsa dal punto P per andare da P1 a P2 . Poich´e, in generale, F = F (x, y, z; x, ˙ y, ˙ z; ˙ t), questo integrale, in generale, dipende: a) dalla curva γ (a causa della dipendenza da x, y, z); b) dalla legge oraria con cui P percorre γ (a causa della dipendenza da x, ˙ y, ˙ z); ˙ c) direttamente dal tempo, cio`e dall’intervallo (t1 , t2 ). Consideriamo ora il caso di un sistema ad n gradi di libert`a soggetto ad un sistema di N forze. Supponiamo che il sistema nell’intervallo di tempo (t1 , t2 ) si sposti dalla configurazione C1 =C(t1 ) alla configurazione C2 =C(t2 ), percorrendo, nello spazio n-dimensionale dei parametri lagrangiani qi , la curva Γ. Definizione
Si definisce lavoro compiuto dal sistema di forze (Ps , F s ), s = 1, . . . , N sul
sistema meccanico nell’intervallo di tempo (t1 , t2 ) l’integrale curvilineo L = (Γ)
N C2
C1
F s ¢ dPs .
(4.29)
s=1
Analogamente al lavoro di una singola forza, anche questo integrale dipende, in generale, dalla traiettoria Γ, dalle modalit`a con cui il sistema si sposta da C1 a C2 (attraverso le velocit`a generalizzate q˙i ) e dal tempo. 4.23 Lavoro virtuale Definizione
Si definisce lavoro virtuale, ovviamente infinitesimo, della forza (P, F ) il pro-
dotto scalare δL = F ¢ δP = Fx δx + Fy δy + Fz δz.
(4.30)
Nel caso di un sistema ad n gradi di libert`a su cui agisce un sistema di N forze attive (Ps , F s ), si ha δL =
N s=1
δLs =
N s=1
Fs ¢
n ∂P
n N n ∂Ps δqk = Fs ¢ δqk = Qk δqk . ∂qk ∂qk s=1 s
k=1
k=1
(4.31)
k=1
Questa relazione esprime il lavoro virtuale delle forze attive. Osserviamo che (4.31) coincide formalmente con l’espressione (4.27) del lavoro reale infinitesimo. Ci`o non sarebbe vero se il sistema meccanico non fosse scleronomo. 95
4.24 Lavoro infinitesimo delle forze applicate ad un corpo rigido Se il sistema materiale `e un corpo rigido C, il lavoro virtuale delle forze ad esso applicate assume una semplice espressione, di particolare importanza, che deriva dalla formula fondamentale della cinematica rigida dO1 dPs = + ω £ (Ps ¡ O1 ). dt dt ˙ ed essendo dθ = θdt, ˙ Posto ω = θa, lo spostamento infinitesimo reale di un punto Ps 2 C in corrispondenza allo spostamento reale dC = dO1 , (O1 , dθa) (naturalmente compatibile coi vincoli esterni), `e dato da
dPs = dO1 + dθa £ (Ps ¡ O1 ) .
(4.32)
Ne consegue che il lavoro infinitesimo reale di un generico sistema di forze (Ps , F s ), s = 1, . . . , N , `e dato da dL =
N
F s ¢ dPs =
s=1
=
N s=1
=
N s=1
N s=1
F s ¢ dO1 +
F s ¢ dO1 +
F s ¢ dO1 + dθa £ (Ps ¡ O1 ) =
N
F s ¢ (O1 ¡ Ps ) £ dθa =
s=1
N
F s £ (O1 ¡ Ps ) ¢ dθa .
s=1
Ricordando la definizione di vettore risultante e di momento risultante, si ottiene la seguente espressione: dL = R ¢ dO1 + Ω(O1 ) ¢ dθa .
(4.33)
L’espressione del lavoro virtuale `e formalmente la stessa. Osservazioni: — Il lavoro infinitesimo, sia reale che virtuale, delle forze interne (attive e vincolari) che agiscono su un corpo rigido, `e sempre nullo. — L’espressione trovata per dL (o δL) ci dice che due sistemi di forze equivalenti, se applicati ad un corpo rigido, compiono lo stesso lavoro. Ci`o non `e vero se il corpo `e deformabile, in quanto la formula (4.32) non vale pi` u. — Sottolineiamo che l’espressione di dL ottenuta vale qualunque sia il punto O1 del corpo rigido e qualunque sia lo spostamento infinitesimo dO1 , (O1 , dθa) (analogamente per δL).
96
4.25 Forze posizionali Definizione
Una forza attiva (P, F ) si dice posizionale quando il suo vettore F dipende
solo dalla posizione del suo punto d’applicazione P ´ (x, y, z), ossia se F = F (x, y, z). Il vantaggio pi` u immediato che deriva da questa propriet`a consiste nel fatto che il lavoro finito di una forza posizionale, dato dall’integrale (4.28), dipende solo dalla traiettoria γ percorsa per andare da P1 a P2 , mentre `e indipendente sia dalla legge oraria che dal tempo. Osserviamo che nel caso di una forza (Ps , F s ) applicata ad un sistema con parametri lagrangiani qi , il fatto che sia posizionale implica F s = F s (q1 , q2 , . . . , qn ). Ovviamente, se tutte le forze applicate al sistema sono posizionali, anche il lavoro finito L espresso dalla (4.29) dipende soltanto dalla “traiettoria”.
4.26 Sistemi conservativi di forze Consideriamo un punto materiale (P, m), libero e soggetto ad un’unica forza posizionale (P, F ). Siano x, y e z le coordinate di P rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz rispetto al quale sia F (x, y, z) = Fx (x, y, z) i + Fy (x, y, z) j + Fz (x, y, z) k. Definizione
(4.34)
La forza posizionale (P, F ) si dice conservativa se esiste una funzione U (x, y, z)
tale che Fx =
∂U , ∂x
Fy =
∂U , ∂y
Fz =
∂U . ∂z
La principale propriet`a che caratterizza una forza conservativa consiste nel fatto che il lavoro da essa compiuto quando il punto P si sposta dalla posizione P1 alla posizione P2 dipende solo dalle posizioni iniziale e finale, e non dalla traiettoria γ percorsa. Si ha infatti P2 L = (γ) dL = U (P2 ) ¡ U (P1 ). P1
In particolare, se la curva `e chiusa (quando P1 ´ P2 ), il lavoro `e nullo. La definizione appena data si pu`o generalizzare ad un sistema di forze, purch`e applicato ad un sistema meccanico olonomo e scleronomo (ipotesi in cui ci siamo messi una volta per tutte, ma che `e opportuno ricordare). 97
Definizione
Un sistema di forze attive posizionali si dice conservativo se esiste una funzione
U = U (q1 , q2 , . . . , qn ) tale che Qi =
∂U , ∂qi
i = 1, . . . , n ,
(4.35)
essendo le Qi le forze generalizzate. La funzione U si chiama funzione potenziale o, pi` u semplicemente, potenziale. Chiaramente, U `e definita a meno di una costante additiva arbitraria U ∗ . Qualche volta l’arbitrariet`a di U ∗ `e sfruttata ai fini di far assumere ad U un valore desiderato in una data posizione del sistema. La principale propriet`a dei sistemi conservativi di forze `e che il lavoro da esse compiuto sul sistema meccanico quando questo si sposta dalla configurazione C1 = q1 ´ (q11 , q21 , ¢ ¢ ¢ , qn1 ) alla configurazione C2 = q2 ´ (q12 , q22 , ¢ ¢ ¢ , qn2 ) non dipende dalla traiettoria Γ percorsa (nello spazio delle configurazioni), ma solo dai suoi punti estremi C1 e C2 . Infatti, si ha C2 L = (Γ) dL = U (C2 ) ¡ U (C1 ) = U q2 ) ¡ U (q1 ) . C1
Osserviamo che, se una forza `e conservativa, essa rimane tale qualunque sia il sistema meccanico a cui la si applichi. Ne consegue che, se un sistema `e costituito di forze tutte conservative, `e certamente conservativo. Possono per`o esistere dei sistemi conservativi di forze senza che tutte le forze componenti, prese singolarmente, lo siano. Sia (P, F ) una forza conservativa e sia U (x, y, z) il suo potenziale. Quando la forza viene applicata ad un sistema meccanico di parametri lagrangiani qi , il suo potenziale diventa U (q) = U x(q), y(q), z(q) .
Di conseguenza, se si considera un generico sistema di N forze Ps , F s (q) tutte conser vative, per cui esistono gli N potenziali Us (q) = Us xs (q), ys (q), zs (q) , allora anche il
sistema di forze `e conservativo e il suo potenziale `e dato dalla somma dei potenziali delle singole forze, ossia U (q) =
s
Us (q) .
Osservazione. Il fatto che un sistema di forze sia conservativo ha un’importante implicazione: il lavoro infinitesimo dL delle forze attive `e uguale al differenziale dU del potenziale. Infatti, riprendendo l’espressione (4.27) di dL e sostituendovi le uguaglianze (4.35), si ha dL = Q1 dq1 + Q2 dq2 + ¢ ¢ ¢ + Qn dqn =
∂U ∂U ∂U dq1 + dq2 + ¢ ¢ ¢ + dqn = dU . ∂q1 ∂q2 ∂qn 98
Dunque, per un sistema conservativo di forze attive, si ha dL = dU .
(4.36)
In Analisi Matematica questo fatto si esprime dicendo che dL `e una forma differenziale esatta. La condizione (4.35) della definizione equivale dunque alla richiesta che dL sia un differenziale esatto.
Nella pratica la verifica che un dato sistema di forze posizionali `e conservativo si ri duce a verificare che il corrispondente lavoro infinitesimo dL = ni=1 Qi dqi `e una forma differenziale esatta.
A tal fine, date per soddisfatte alcune condizioni sulle funzioni
Qi (q1 , q2 , . . . , qn ) e sul loro dominio di esistenza, `e sufficiente verificare che dL `e una forma chiusa, ossia che valgono le uguaglianze ∂Qk ∂Qh = , ∂qk ∂qh
h, k = 1, . . . , n .
Consideriamo in particolare il caso di una singola forza della forma (4.34). Volendo verificare che `e conservativa, essendo dL dato dalla (4.24), dovranno essere soddisfatte le relazioni
∂Fx ∂Fy = , ∂y ∂x
∂Fx ∂Fz = , ∂z ∂x
∂Fy ∂Fz = . ∂z ∂y
Per quanto riguarda il calcolo del potenziale, ne diamo un’espressione nel caso particolare in cui la forza `e piana, rinviando ad un testo di Analisi Matematica per il caso di una forza non piana. Sia dL = Fx dx + Fy dy = A1 (x, y) dx + A2 (x, y) dy = dU la forma differenziale. Comunque scelto P0 ´ (x0 , y0 ), la funzione potenziale U (x, y), cio`e la funzione avente come differenziale la forma appena scritta, `e la seguente: y x U (x, y) = A1 (ξ, y0 ) dξ + A2 (x, ξ) dξ . (4.37) x0
y0
Si noti che questa formula corrisponde al calcolo del lavoro compiuto dalla forza (P, F ) quando il punto P si sposta da P0 a P muovendosi prima parallelamente all’asse x fino a raggiungere il punto Q ´ (x, y0 ), e poi parallelamente all’asse y. Una formula equivalente si pu`o ottenere percorrendo l’analogo cammino parallelo prima all’asse y e poi all’asse x.
99
4.27 Esempi significativi di sistemi conservativi di forze a) Forza costante Consideriamo la forza (P, F ) di vettore F = ai + bj + ck costante. Questa forza `e conservativa ed il suo potenziale U `e dato da U (x, y, z) = ax + by + cz + U ∗ ,
(4.38)
con U ∗ costante arbitraria. Quando la forza `e applicata ad un punto di un sistema meccanico ad n gradi di libert`a, il suo potenziale vale U (q) = ax(q) + by(q) + cz(q) + U ∗ . Tra le forze costanti va annoverata la forza peso. In tal caso, assunto un sistema di riferimento Oxyz con z verticale ascendente, il peso ha vettore ¡mgk. Dalla (4.38) consegue quindi che il potenziale della forza peso che agisce sul punto materiale (P, m) `e dato da U (x, y, z) = U (z) = ¡mgz + U ∗ . Nel caso di un sistema materiale di N punti (Ps , ms ), si ha ¡ms gzs + Us∗ = ¡g ms zs + U ∗ = ¡g M zG + U ∗ , U= cio`e
s
s
U = ¡M gzG + U ∗ .
(4.39)
Dunque, il potenziale delle forze peso agenti su un sistema materiale `e uguale a quello della risultante purch´e applicata nel baricentro. Esprimendo zG in funzione di q1 , q2 , . . . , qn , si ottiene U (q). Osserviamo che la relazione (4.39) mette in evidenza, per la prima volta, l’importanza del baricentro. Se andiamo a calcolare il lavoro finito L delle forze peso nell’intervallo (t1 , t2 ) quando il sistema meccanico si sposta dalla configurazione C1 ´ C(t1 ) a C2 ´ C(t2 ) , si ottiene: L = U (C2 ) ¡ U (C1 ) = ¡M gzG2 + U ∗ ¡ (¡M gzG1 + U ∗ ) = M g(zG1 ¡ zG2 ) , essendo G1 ´ G(t1 ) e G2 ´ G(t2 ) . Dunque, il lavoro delle forze peso `e positivo se il baricentro del sistema si abbassa, negativo se si alza, nullo se rimane alla stessa quota (indipendentemente da tutte le posizioni intermedie). Osserviamo infine che l’espressione (4.39) di U rimane valida anche per un corpo continuo in quanto si ricava allo stesso modo sostituendo la somma con il corrispondente integrale. 100
b) Forza d’attrazione Newtoniana Consideriamo il punto materiale (P, m) e la forza d’attrazione Newtoniana (P, F ) che agisce su P dovuta al punto materiale (O, M ). Come `e ben noto, il vettore F `e il seguente: F = ¡G
mM r, ρ2
essendo G la costante di gravitazione universale (positiva), ρ la distanza di P da O e r =
P −O ρ
il versore avente la direzione della retta congiungente P con O, orientato da O verso P (il che spiega il segno meno). Si pu`o dimostrare che questa forza `e conservativa ed il potenziale U , espresso in funzione di ρ, `e il seguente: U (ρ) = G
mM + U∗ . ρ
(4.40)
c) Forza elastica esterna Data una molla di lunghezza a riposo nulla, avente un estremo nel punto fisso O e l’altro nel punto P , il punto P `e soggetto alla forza di vettore F = ¡k2 ρr , con k2 costante elastica della molla, e ρ ed r con lo stesso significato visto in b). La forza (P, F ) `e conservativa ed il suo potenziale vale 1 U (ρ) = ¡ k2 ρ2 + U ∗ , 2 Se invece la molla a riposo ha lunghezza ℓ, allora
(4.41)
F = ¡k2 (ρ ¡ ℓ)r , e quindi
1 U (ρ) = ¡ k2 (ρ ¡ ℓ)2 + U ∗ . 2
(4.42)
d) Coppia di forze elastiche interne Siano (P1 , k2 ρa) e (P2 , ¡k2 ρa) le due forze elastiche, con P2 ¡ P1 = ρa. In questo caso P1 e P2 sono due punti di un sistema meccanico, entrambi mobili, collegati tra di loro da una molla. Si pu`o dimostrare che il sistema costituito da questa coppia di forze elastiche interne `e conservativo e vale 1 U (ρ) = ¡ k2 ρ2 + U ∗ , 2 esattamente come nel caso di una singola forza elastica esterna. 101
Osserviamo che questo costituisce un esempio di un sistema conservativo di due forze, senza che ciascuna delle due forze sia conservativa. Risulta infatti impossibile scrivere separatamente il potenziale di ciascuna delle due forze. I risultati ottenuti ai punti c) e d) permettono di affermare che una molla di costante elastica k2 , sia che agisca come forza esterna, sia che agisca come coppia di forze interne, ha potenziale U = ¡ 12 k2 ξ 2 + U ∗ , essendo ξ la sua elongazione. 4.28 Potenza Definizione
Si chiama potenza della forza (P, F ) lo scalare P (t) t d d d W (t) = L(t) = F ¢ dP = F ¢ vdτ = F ¢ v. dt dt P (t0 ) dt t0
Il lavoro finito L della forza pu`o essere riscritto utilizzando la potenza: t2 L= W (t)dt. t1
Osserviamo che ci sono dei testi di Meccanica Razionale nei quali viene prima introdotta la nozione di potenza, e poi attraverso questa la nozione di lavoro.
4.29 Vincoli perfetti Concludiamo questo capitolo con alcune nozioni, molto importanti, riguardanti il lavoro delle reazioni vincolari per una classe molto importante di sistemi meccanici, che adesso definiamo. Definizione
Un sistema meccanico vincolato si dice a vincoli perfetti o ideali se, per qua-
lunque configurazione C0 compatibile coi vincoli, e per qualunque spostamento virtuale a partire da C0 , il lavoro δρ delle reazioni vincolari `e non negativo, ossia δρ =
N
Φs ¢ δPs ¸ 0 .
(4.43)
s=1
Si impongono immediatamente alcune considerazioni. Nella (4.43) vale il segno di uguaglianza in corrispondenza ad ogni spostamento invertibile. Infatti, se la (4.43) vale per lo spostamento invertibile (δP1 , δP2 , ..., δPN ), essa deve valere anche per il suo opposto, per cui, dovendo essere δρ ¸ 0 e ¡δρ ¸ 0, necessariamente si ha δρ = 0. 102
La relazione (4.43), e di conseguenza la nozione di vincolo perfetto, costituisce una relazione sintetica dedotta, con metodo induttivo, dall’esame di una vasta gamma di casi concreti : essa riassume tutte le propriet`a delle reazioni vincolari nel caso, sia pure limite, di assenza di attrito. In altre parole, i vincoli lisci sono anche perfetti. Ricordiamo che i vincoli lisci pi` u comuni sono quelli di un punto P a) vincolato ad una curva liscia; b) vincolato ad una superficie liscia; c) appoggiato ad una superficie liscia. L’utilit`a di introdurre la nozione di vincolo perfetto `e giustificata dal fatto che ci sono anche vincoli scabri che sono perfetti. Infatti, il vincolo di puro rotolamento, che pu`o realizzarsi solo in presenza di attrito, `e un vincolo perfetto. Rientrano infine tra i vincoli perfetti i vincoli di rigidit` a e i fili. Un’importante propriet`a, che contraddistingue i vincoli perfetti da quelli che non lo sono, `e la seguente: Il lavoro reale, sia infinitesimo che finito, della reazione vincolare associata ad un vincolo scleronomo perfetto `e sempre nullo.
103
5. MECCANICA DEL PUNTO
5.1 I problemi della Meccanica Quali sono i problemi che si possono affrontare con la Meccanica ? Sia dato un sistema meccanico, ossia sia dato un sistema di punti materiali soggetto ad un sistema noto di forze attive ed ad un certo numero di vincoli di cui `e nota la natura. Supponiamo poi che in un dato istante siano noti la posizione e lo stato cinetico del sistema meccanico. Pi` u precisamente, siano C0 = C(t0 ) = (q10 , q20 , ..., qn0 ) ´ q0 e C˙0 = (q˙10 , q˙20 , ..., q˙n0 ) ´ q˙ 0 la posizione e “la velocit`a” all’istante t0 . Sia poi (As , F s ), s = 1, . . . , N , il sistema delle forze attive e (Bs , Φs ), s = 1, . . . , M , il sistema delle reazioni vincolari che rappresentano l’azione dei vincoli. La Meccanica si pone innanzitutto il seguente problema: determinare il moto del sistema, vale a dire determinare n funzioni qk (t) tali che qk (t0 ) = qk0 e q˙k (t0 ) = q˙k0 . Un secondo problema che la Meccanica pu`o risolvere `e quello di determinare le reazioni vincolari durante il moto. Tale problema pu`o per`o essere risolto in modo univoco solo se il numero delle reazioni scalari introdotte `e il numero minimo necessario per rappresentare l’azione dei vincoli. In questo caso le reazioni vincolari Φs si determinano in funzione dei parametri qk (t) e quindi potranno essere note in funzione di t solo dopo che il moto `e stato determinato. A volte particolari condizioni iniziali possono dar luogo a soluzioni costanti (o stazionarie). Ci`o `e possibile quando esistono particolari posizioni nelle quali il sistema meccanico, postovi in quiete in un dato istante, vi rimane per sempre. Ebbene, la ricerca di siffatte soluzioni, o per dirla con linguaggio pi` u appropriato, la ricerca delle configurazioni d’equilibrio, costituisce un altro problema che la Meccanica insegna ad affrontare e risolvere. Osserviamo che una configurazione d’equilibrio `e rappresentata da una n-pla (q1∗ , q2∗ , ..., qn∗ ) di numeri. C’`e dunque una differenza sostanziale tra la determinazione del moto e quella delle configurazioni d’equilibrio. Nel primo caso si deve determinare una n-pla di funzioni, nel secondo caso, ammesso che il problema abbia soluzione, una o pi` u n¡ple di numeri. Nel primo il problema ammette sempre soluzione e questa `e unica; nel secondo caso il problema pu`o avere o non avere soluzione, e in caso positivo, le soluzioni possono essere 1,2, ... ,m (anche infinite).
104
Il problema del calcolo delle reazioni vincolari nelle configurazioni d’equilibrio `e un problema successivo a quello di determinare le suddette configurazioni. Analogamente al caso dinamico, esso pu`o essere affrontato e risolto (in modo univoco) solo se le reazioni vincolari non sono in numero sovrabbondante (pi` u avanti diremo “solo se il problema `e staticamente determinato”). Determinare le reazioni vincolari significa associare ad ogni configurazione d’equilibrio le rispettive reazioni. Sottolineiamo il fatto che il problema del moto (o dell’equilibrio) viene sempre prima di quello delle reazioni (che pu`o anche non interessare). Vedremo metodi per scrivere le equazioni che governano il moto (o le equazioni per l’equilibrio) che prescindono completamente dalle reazioni vincolari ed altri che, al contrario, le contemplano. In ogni caso per determinare il moto di un sistema ad n gradi di libert`a dovremo scrivere un sistema di n equazioni differenziali in cui non compaiono altre incognite se non le qk (t). Associando a queste equazioni le condizioni iniziali e risolvendo il problema di Cauchy cos`ı ottenuto, si determiner`a il moto. Per quanto concerne invece il problema dell’equilibrio, esso comporta la scrittura di un sistema di n equazioni (non pi` u differenziali !) nelle sole incognite qk . Ciascuna n-pla soluzione di questo sistema costituisce una configurazione d’equilibrio per il sistema meccanico (purch`e nel dominio di variabilit`a dei parametri e purch`e le relative reazioni vincolari siano compatibili con i vincoli). Tradizionalmente la Meccanica viene suddivisa in Statica e Dinamica, l’una concernente il problema dell’equilibrio di un sistema meccanico, l’altra concernente il problema del moto. Un’ipotesi molto importante, da tenere ben presente, che contraddistingue la Statica dalla Dinamica `e la seguente : in statica i vincoli si assumono indipendenti dal tempo e le forze si assumono posizionali. Ci`o `e giustificato dal fatto che in statica le velocit`a sono sempre tutte nulle e dal fatto che si vogliono configurazioni d’equilibrio, e quindi anche reazioni vincolari, che non dipendano dal tempo. La premessa appena fatta riguarda la Meccanica di tutti i sistemi. In questo capitolo, per`o, ci occuperemo della Meccanica del punto, vale a dire la Meccanica del pi` u semplice sistema meccanico.
105
5.2 La legge di Newton Lo studio del moto di un punto si basa sulla legge di Newton. Come abbiamo gi`a visto, essa postula che, rispetto ad un osservatore inerziale, un punto si muova in modo tale che la sua accelerazione a e il vettore risultante R di tutte le forze ad esso applicate, siano legate dalla relazione ma = R(P, v, t)
(5.1)
Ricordiamo che le forze o sono dovute ai corpi (forze newtoniane, elastiche, elettriche, viscose, convettive, reazioni vincolari) o sono dovute al sistema di riferimento (forze di trascinamento e forze di Coriolis, che vedremo in seguito). Spesso torner`a utile evidenziare nella (5.1) la distinzione fra il vettore risultante F delle forze attive (noto in funzione di P, v(P ) e t) ed il vettore risultante Φ delle reazioni vincolari (sempre incognito, totalmente o parzialmente): ma(P ) = F (P, v(P ), t) + Φ(P, v(P ), t).
(5.2)
L’equazione di Newton non `e sufficiente, da sola, a determinare il moto del punto P. Occorre associarle le condizioni iniziali, vale a dire la posizione e la velocit`a di P in un dato istante t0 , istante che chiamiamo istante iniziale e che spesso assumeremo uguale a zero (senza con ci`o perdere di generalit`a). Ci`o porta alla formulazione di un problema di Cauchy la cui risoluzione permette di determinare il moto di P. 5.3 Moto di un punto libero Il problema di Cauchy `e il seguente:
ma = F (P, v, t) P (t0 ) = P0
(5.3)
v(t0 ) = v 0 .
L’Analisi Matematica insegna che, se F `e una funzione sufficientemente regolare dei suoi argomenti, allora il problema di Cauchy ammette soluzione e questa `e unica. Di conseguenza il moto di P `e determinato da questa soluzione. Assunto P = P (x, y, z), scalarmente l’equazione di Newton equivale ad un sistema di tre equazioni differenziali del 2◦ ordine in forma normale (cio`e esplicitato rispetto a x ¨, y¨, z¨). Queste equazioni, che chiamiamo equazioni differenziali del moto, m¨ x = Fx (x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t), m¨ y = Fy (x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t), m¨ z = Fz (x, y, z, x, ˙ y, ˙ z, ˙ t), 106
(5.4)
assieme alle condizioni iniziali x(t0 ) = x0 , x(t ˙ 0 ) = v0x ,
y(t0 ) = y0 ,
z(t0 ) = z0 ,
y(t ˙ 0 ) = v0y ,
z(t ˙ 0 ) = v0z ,
(5.5a) (5.5b)
forniscono il problema di Cauchy da risolvere per ottenere il moto di P. Risolverlo significa: a) Determinare l’ integrale generale del sistema di equazioni differenziali (5.4) (coi metodi dell’Analisi Matematica). Ci`o porta a determinare tre funzioni x = x(t, C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ), y = y(t, C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ), z = z(t, C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ),
(5.6)
essendo C1 , ..., C6 sei costanti arbitrarie. Le 16 funzioni P (t) date dalle (5.6) rappresentano gli 16 moti di P che sarebbero possibili sotto l’azione di un qualunque sistema di forze avente come vettore risultante F . b) Determinare le costanti Ci imponendo le condizioni iniziali. A tal fine si deve risolvere il sistema di sei equazioni nelle sei incognite Ci dato da x(t0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = x0 , y(t0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = y0 , z(t0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = z0 ,
x(t ˙ 0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = v0x , y(t ˙ 0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = v0y , z(t ˙ 0 , C1 , C2 , C3 , C4 , C5 , C6 ) = v0z .
(5.7)
Ovviamente, determinate le costanti Ci e sostituite nelle (5.6) si ottengono le tre funzioni x = x(t), y = y(t) e z = z(t) che rappresentano il moto del punto P. 5.4 Moto di un punto vincolato senza attrito Esaminiamo ora alcuni possibili casi di punto soggetto a vincolo liscio. Nel caso di punto vincolato od appoggiato ad una superficie, per semplificare le cose, si considera un piano. a) Punto vincolato ad un piano liscio Π. In questo caso il problema ha due gradi di libert`a: siano x e y le coordinate del punto P rispetto ad un sistema Oxyz con il piano xy coincidente con Π. Essendo il vincolo liscio, la reazione vincolare `e normale al piano e quindi `e 107
diretta lungo k, per cui Φ = Φk. Posto F = Fx i+ Fy j + Fz k ed a(P ) = x ¨i + y¨j, l’equazione di Newton, proiettata su i, j e k fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari: ˙ y, ˙ x, y, t) (5.8a) x = Fx (x, m¨ m¨ y = Fy (x, ˙ y, ˙ x, y, t) (5.8b) 0 = Fz (x, ˙ y, ˙ x, y, t) + Φ . (5.9)
Chiaramente le due equazioni (5.8), non contenendo la reazione vincolare Φ, costituiscono le equazioni differenziali del moto. Abbinando ad esse le condizioni iniziali x0 = x(t0 ), y0 = y(t0 ), x˙ 0 = x(t ˙ 0 ), y˙ 0 = y(t ˙ 0 ), si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce il moto di P, vale a dire x = x(t), y = y(t). L’equazione (5.9) fornisce la reazione vincolare Φ. Una volta che il moto di P `e stato determinato, Φ `e nota in funzione del tempo. b) Punto appoggiato ad un piano liscio Π. Le equazioni (5.8) sono ancora le equazioni del moto, mentre la (5.9) fornisce sempre la reazione vincolare. In questo caso, per`o, preso il versore k orientato nel verso in cui pu`o avvenire il distacco, si deve aggiungere la condizione Φ ¸ 0, che deve essere verificata in ogni istante in cui il punto P `e appoggiato a Π. Se accade che Φ(t∗ ) = 0 e Φ(t) < 0 per t > t∗ , ci`o significa che all’istante t∗ P si stacca da Π. Di conseguenza, per t > t∗ il problema non `e pi` u lo stesso: ora P `e libero ! c) Punto vincolato ad una curva liscia γ. Ora il problema ha un grado di libert`a: sia s l’ascissa curvilinea di P su γ. Considerata la terna di versori t, n e b intrinseca a γ, essendo la reazione vincolare normale a γ, si ha Φ = Φn n + Φb b. Posto F = Ft t + Fn n + Fb b, l’equazione di Newton, proiettata su t, n e b fornisce le seguenti tre equazioni scalari: m¨ s = Ft (s, s, ˙ t) (5.10) 2 s˙ ˙ t) + Φn (5.11) m = Fn (s, s, ρc 0 = Fb (s, s, ˙ t) + Φb . (5.12)
L’equazione (5.10), non contenendo le reazioni vincolari scalari Φn e Φb , costituisce l’equazi-
one differenziale del moto. Associando ad essa le condizioni iniziali s0 = s(t0 ), v0 = s(t ˙ 0 ), si ottiene il problema di Cauchy la cui soluzione fornisce il moto di P, cio`e la legge oraria s = s(t). Le equazioni (5.11) e (5.12), nota s(t), forniscono Φ(t). 108
5.5 Equilibrio di un punto libero o vincolato senza attrito Si dice che P0 `e posizione d’equilibrio per il punto P , se P , posto in quiete
Definizione
in P0 all’istante t0 , vi rimane per ogni t > t0 . Osserviamo subito che dire che P0 `e posizione d’equilibrio di P equivale ad affermare che l’equazione del moto di P ammette la soluzione costante (o stazionaria) P (t) ´ P0 . Chiediamoci ora quanto segue: posto il punto P in una generica posizione P0 con velocit`a v 0 = 0, cosa fa P ? Teorema
(noto come legge del “moto incipiente”).
= 0 il punto si mette in moto nella direzione e verso di R(P0 ). Se R(P0 ) 6 Questo teorema, che non dimostriamo, dice che un punto in quiete in un dato istante si mette in moto concordemente con la forza risultante agente su di esso in quell’istante (purch`e non nulla). Teorema
C.N.S. perch´e P0 sia posizione d’equilibrio per un punto P libero o soggetto a
vincolo liscio `e che si abbia R(P0 ) = F (P0 ) + Φ(P0 ) = 0 .
(5.13)
Dimostrazione. C.N.
Sia P0 posizione d’equilibrio per P . Dunque, posto P in P0 con velocit`a v 0 nulla,
vi rimane. Di conseguenza, si ha v(t) ´ 0 per t > t0 , e quindi anche a(t) ´ 0. L’equazione di Newton comporta allora R(P0 ) = 0, o equivalentemente, F (P0 ) + Φ(P0 ) = 0. C.S.
Sia R(P0 ) = 0. Per sapere se P , posto in P0 all’istante t0 con velocit`a nulla, vi
rimane, andiamo a studiare il relativo problema di Cauchy. Se esso ammette la soluzione costante P (t) ´ P0 , essendo questa unica in virt` u del fatto che il punto `e libero oppure soggetto a vincolo liscio, avremo dimostrato che il punto rimane in P per ogni t > t0 . Il problema di Cauchy (5.3) ora `e il seguente: ma = R(P ) P (t0 ) = P0 v(t0 ) = 0.
(5.14)
Chiaramente, essendo R(P0 ) = 0, P (t) = P0 `e soluzione.
Commento:
Questo teorema `e molto importante in quanto dice che le posizioni d’equilibrio
di un punto P libero o soggetto a vincolo liscio sono date da tutte e sole le soluzioni P0 dell’equazione F (P ) + Φ(P ) = 0 . 109
5.6 Possibili casi di equilibrio di un punto L’equazione vettoriale (5.13) `e sempre equivalente a tre equazioni scalari in tre incognite scalari : gli n parametri che determinano la posizione di P , n · 3, e le (3 ¡ n) componenti della reazione vincolare. Esaminiamo il problema dell’equilibrio di un punto in alcuni casi specifici, gi`a studiati, per quanto concerne il moto, nei paragrafi (5.3) e (5.4). Teniamo presente che ora, dovendoci occupare d’equilibrio, le forze sono posizionali. a) Punto libero. In questo caso l’equazione (5.13) proiettata sugli assi fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e z : Fx (x, y, z) = 0 Fy (x, y, z) = 0 Fz (x, y, z) = 0.
(5.15)
Tutte e sole le soluzioni (x∗ , y∗ , z ∗ ) di questo sistema costituiscono le posizioni d’equilibrio del punto P . Se il punto non `e libero, ma `e soggetto a vincoli unilaterali (per esempio un punto in una stanza), allora sono posizioni d’equilibrio solo le soluzioni che appartengono al dominio di variabilit`a delle coordinate. Naturalmente, ad esse vanno poi aggiunte eventuali altre posizioni d’equilibrio di confine. b) Punto vincolato ad un piano liscio. L’equazione (5.13) proiettata sui versori i, j e k fornisce il seguente sistema di tre equazioni scalari nelle incognite x, y e Φ: Fx (x, y) = 0 Fy (x, y) = 0 Fz (x, y) + Φ = 0 .
(5.16)
Chiaramente, mentre le prime due equazioni forniscono le posizioni d’equilibrio (x∗ , y ∗ ), la terza equazione fornisce la reazione vincolare Φ. Sottolineiamo il fatto che Φ va calcolata in ciascuna posizione d’equilibrio (ovviamente dopo che queste sono state determinate). c) Punto appoggiato ad un piano liscio. Il sistema che fornisce l’equilibrio del punto `e ancora (5.16), per`o con l’aggiunta della condizione Φ ¸ 0, condizione che assicura che il punto non sia distaccato dal piano. Ci`o implica che fra tutte le soluzioni (x∗ , y ∗ ) del sistema costituito dalle prime due equazioni di (5.16), soltanto quelle per le quali Fz (x∗ , y ∗ ) · 0 rappresentano posizioni d’equilibrio. Se fosse Fz (x∗ , y∗ ) > 0 il punto si solleverebbe dal piano. 110
d) Punto vincolato ad una curva liscia. L’equazione (5.13) proiettata sui versori della terna intrinseca t, n e b d`a le tre seguenti equazioni scalari nelle incognite s, Φn e Φb : Ft (s) = 0 Fn (s) + Φn = 0 Fb (s) + Φb = 0
La prima equazione fornisce le posizioni d’equilibrio s∗ , la seconda e la terza equazione forniscono la reazione vincolare Φ in corrispondenza di ogni posizione d’equilibrio. e) Punto fisso. In questo caso non ci sono posizioni d’equilibrio da calcolare. L’equazione (5.13) permette tuttavia il calcolo della reazione vincolare. Se il punto `e fissato in P0 di coordinate (x0 , y0 , z0 ), posto Φ = Φx i + Φy j + Φz k, si ha il sistema Fx (x0 , y0 , z0 ) + Φx = 0 Fy (x0 , y0 , z0 ) + Φy = 0 Fz (x0 , y0 , z0 ) + Φz = 0,
di immediata soluzione rispetto alle incognite Φx , Φy e Φz . 5.7 Punto vincolato con attrito: relazioni di Coulomb Consideriamo un punto soggetto ad un vincolo con attrito. Ora, differentemente dal caso di vincolo liscio, la reazione vincolare Φ ha anche una componente tangente al vincolo. Il vettore Φ pu`o dunque scriversi come Φ = Φt + Φn , cio`e come somma di due componenti l’una tangente al vincolo e l’altra normale. L’esperienza ha portato Coulomb a formulare due relazioni, una valida in statica, l’altra in dinamica, che legano Φt a Φn . Relazione statica: jΦt j · fs jΦn j
(5.17)
v jvj
(5.18)
Relazione dinamica: Φt = ¡fd jΦn j
(se v 6 = 0)
I coefficienti fs e fd , che sono detti coefficienti d’attrito statico e d’attrito dinamico, sono legati dalla relazione fd · fs e dipendono dalla natura del punto materiale e del vincolo. Le relazioni (5.17) e (5.18) vanno aggiunte rispettivamente all’equazione dell’equilibrio (5.13) o all’equazione di Newton a seconda che si voglia determinare l’equilibrio o il moto del punto. Osserviamo che mentre la relazione statica fornisce semplicemente una disuguaglianza fra i 111
moduli delle due componenti, la relazione dinamica non solo lega il modulo di Φt a quello di Φn , ma ne fornisce la direzione (quella della velocit`a) ed il verso (opposto a quello in cui il punto si muove). La diseguaglianza (5.17) porta, in generale, ad infinite posizioni d’equilibrio. Fra queste ci sono ovviamente quelle che si avrebbero se il vincolo fosse liscio. 5.8 Oscillazioni libere Uno tra i comportamenti temporali pi` u significativi che un sistema fisico pu`o esibire `e quello che comporta delle oscillazioni. Questo fenomeno pu`o nascere sotto forma di vibrazioni meccaniche, fluttuazioni di carica elettrica sulle armature di un condensatore in un circuito elettrico, il moto in cima ad una colonna di fluido nel tubo di un manometro, ed in molti altri modi. Tuttavia, per rimanere in argomento con la dinamica del punto, consideriamo un punto materiale (P, m) vincolato a muoversi su una retta liscia, che assumiamo come asse Ox. In ogni caso il punto `e soggetto ad una forza elastica (P, ¡k2 xi). Pu`o poi essere soggetto anche ad una forza viscosa (P, ¡2mpxi), ˙ con p > 0, e ad una forza periodica di tipo sinusoidale (P, N cos(Ωt + α)) i. A delle forze agenti su P , si parla di a)
oscillazioni libere non smorzate, se su P agisce solo la forza elastica;
b)
oscillazioni libere smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza viscosa;
c)
oscillazioni forzate non smorzate, se su P agiscono la forza elastica e la forza periodica;
d)
oscillazioni forzate smorzate, se su P agiscono tutte tre le forze.
Esaminiamo da vicino i due casi di oscillazioni libere. Oscillazioni libere non smorzate L’equazione del moto di P `e la seguente: m¨ x = ¡k2 x . 2 k Posto ω 2 = , questa equazione differenziale del 2◦ ordine, lineare, omogenea, a coefficienti m costanti, si pu`o riscrivere nella forma x ¨ + ω2 x = 0 .
(5.19)
Abbiamo cos`ı ritrovato l’equazione differenziale (3.18) che, come gi`a sappiamo, `e caratteristica dei moti oscillatori armonici. L’Analisi Matematica insegna che il suo integrale generale `e dato da x(t) = C cos(ωt + γ) ,
(5.20)
che rappresenta appunto un moto oscillatorio armonico di ampiezza C e di fase iniziale γ. Le costanti C e γ si determinano imponendo le condizioni iniziali x0 = x(0) e v0 = x(0), ˙ 112
il che porta al sistema seguente: x0 = C cos γ v0 = ¡ω C sin γ . Risolvendolo si ottiene
C=
"
x20 +
v02 , ω2
v 0 arctan ¡ ω x v 0 arctan ¡ 0 + π ω x0 γ= π ¡ 2 +π 2
se
x0 > 0
se
x0 < 0
se
x0 = 0 e v0 > 0
se
x0 = 0 e v0 < 0 .
(5.21)
Oscillazioni libere smorzate.
In questo caso, l’equazione di Newton per il punto P , proiettata sull’asse x, fornisce l’equazione scalare m¨ x = ¡k2 x ¡ 2mpx˙ .
(5.22)
k2 , questa equazione differenziale, anch’essa del 2◦ ordine, lineare, m omogenea, a coefficienti costanti, si pu`o riscrivere nella forma Posto, come prima, ω 2 =
x ¨ + 2px˙ + ω2 x = 0 .
(5.23)
Il suo integrale generale pu`o assumere tre diverse forme a seconda del segno del discriminante ∆ = p2 ¡ ω 2 dell’equazione caratteristica associata: λ2 + 2pλ + ω 2 = 0 .
(5.24)
Distinguiamo dunque i tre casi, e per ciascuno di essi diamo l’integrale generale e i valori delle costanti C e γ in funzione delle condizioni iniziali. a) Caso p2 > ω 2 . Le radici λ1 = ¡p ¡ p2 ¡ ω 2 e λ2 = ¡p + p2 ¡ ω2 di (5.23) sono reali ed entrambe negative. Di conseguenza, posto β1 = ¡λ1 e β2 = ¡λ2 si ha x(t) = C1 e−β1 t + C2 e−β2 t ,
(5.25)
che rappresenta l’equazione oraria di un moto aperiodico smorzato. Le costanti C1 e C2 si determinano risolvendo il sistema C1 + C2 = x 0 ¡β1 C1 ¡ β2 C2 = v0 , 113
che fornisce C1 =
β2 x0 + v0 , β2 ¡ β1
C2 =
β1 x0 + v0 . β1 ¡ β2
b) Caso p2 = ω 2 . Le radici di (5.24) sono λ1 = λ2 = ¡p, per cui x(t) = C1 + C2 t e−pt ,
(5.26)
che rappresenta l’equazione di un moto aperiodico con smorzamento critico. Imponendo le condizioni iniziali si ottiene immediatamente C1 = x 0 ,
C2 = px0 + v0 .
c) Caso p2 < ω 2 . Le radici di (5.24) sono complesse coniugate e valgono λ1 = ¡p¡iq, λ2 = ¡p + iq, con q = ω 2 ¡ p2 . Ci`o porta all’integrale generale seguente : x(t) = Ce−pt cos(qt + γ) ,
(5.27)
che costituisce l’equazione di un moto oscillatorio smorzato. Le costanti C e γ sono le soluzioni del sistema
C cos γ = x0 ¡pC cos γ ¡ qC sin γ = v0 ,
da cui, se x0 > 0, C=
#
x20 +
v + px 0 0 . γ = arctan ¡ qx0
v + px 2 0 0 , q
Osservazioni : — Nei casi a) e b) l’uso del termine “oscillazioni” per descrivere i moti associati alle soluzioni dell’equazione (5.23) `e improprio in quanto il moto non `e oscillatorio. — Caratteristica comune delle oscillazioni libere smorzate `e il fatto che asintoticamente esse tendono a “smorzarsi”, vale a dire limt→∞ x(t) = 0. — Un punto materiale che si muove su una retta liscia sotto la sola azione di una forza elastica `e spesso detto oscillatore armonico. Un oscillatore armonico ha la notevole propriet`a di esibire solo moti periodici aventi tutti lo stesso periodo indipendentemente dalla loro ampiezza (propriet`a dell’isocronismo, caratteristica delle piccole oscillazioni del pendolo semplice, che vedremo pi` u innanzi). — Se il punto `e soggetto anche ad una forza viscosa, allora si parla di oscillatore armonico smorzato. 114
5.9 Quantit` a di moto ed energia cinetica di un punto Definizione
Si definisce quantit`a di moto del punto materiale (P, m) rispetto ad un dato
sistema di riferimento il vettore Q = mv . Nell’ipotesi di massa costante, siccome ma = essere cos`ı riscritta:
d(mv) dQ = , l’equazione di Newton pu`o dt dt
dQ = F + Φ. (5.28) dt Questa equazione, a cui ci si riferisce come all’equazione della quantit`a di moto, vale per`o anche nel caso di massa variabile. Concettualmente essa `e molto diversa dalla legge di Newton: infatti, mentre quest’ultima esprime il legame tra forze e variazione istantanea di velocit`a, la (5.28) lega le forze alla variazione istantanea della quantit` a di moto. Molti autori interpretano la legge di Newton come caso particolare dell’equazione della quantit`a di moto, ma qui si preferisce non entrare in disquisizioni circa quale delle due venga prima. Definizione
Si definisce energia cinetica di un punto materiale (P, m) rispetto ad un dato
sistema di riferimento Oxyz la grandezza scalare 1 1 T = mv 2 = ms˙ 2 . 2 2 Ovviamente v `e la velocit`a di P rispetto all’osservatore Oxyz.
(5.29)
L’energia cinetica T , che non `e mai negativa, pu`o essere scritta immediatamente anche usando le coordinate cartesiane: T =
1 m(x˙ 2 + y˙ 2 + z˙ 2 ) . 2
5.10 Teoremi delle forze vive e di conservazione dell’energia Teorema delle forze vive (o dell’energia cinetica):
Il lavoro infinitesimo (o finito) compiuto
da tutte le forze applicate ad un punto `e uguale alla variazione infinitesima (o finita) di energia cinetica. Sia dL ´ dL + dρ il lavoro infinitesimo di tutte le forze applicate al punto, sia attive che vincolari. Dimostriamo che dL = dT . Si ha infatti
dv dv ¢ v dt = dL = F ¢ dP + Φ ¢ dP = R ¢ dP = ma ¢ dP = m ¢ v dt = m dt dt 1 d 1 mv 2 d v2 =m dt = 2 dt = d mv 2 = dT . dt 2 dt 2 115
(5.30)
Consideriamo ora uno spostamento di P finito relativo ad un intervallo di tempo (t0 , t). Il lavoro finito L si ottiene integrando la (5.30) sull’intervallo suddetto. Si ha quindi t P (t) dL = dT , L = (γ) P (t0 )
t0
ossia, essendo dT il differenziale della funzione T (t), posto T = T (t) e T0 = T (t0 ), L = T ¡ T0 ,
(5.31)
col che il teorema `e dimostrato. Definizione
Si chiama energia potenziale di un punto materiale soggetto ad una forza
attiva (risultante) conservativa la funzione V (x, y, z) = ¡U (x, y, z) . Definizione
Si chiama energia meccanica totale di un punto materiale soggetto ad una forza
attiva (risultante) conservativa la somma dell’energia cinetica T e dell’energia potenziale V. Vale il seguente importantissimo Teorema di conservazione dell’energia
L’energia meccanica totale di un punto materiale
libero, oppure vincolato con vincolo scleronomo liscio, soggetto ad una forza attiva (risultante) conservativa, rimane costante durante il moto, ossia T ¡U =T +V =E. Dimostrazione.
(5.32)
Sia U (P ) il potenziale delle forze applicate al punto P . Osserviamo che dL = R ¢ dP = F ¢ dP + Φ ¢ dP = dL + dρ = dL ,
in quanto il lavoro dρ della reazione vincolare, se c’`e, `e nullo (come si `e visto alla fine del precedente capitolo nel caso di vincoli scleronomi perfetti). In virt` u della (5.30) si ha quindi dL = dT e, grazie al fatto che la forza attiva applicata a P `e conservativa, si ha anche dL = dU . Ne consegue perci` o dT = dU , e quindi, integrando,
ossia
d(T ¡ U ) = 0 ,
T ¡ U = cost = E .
La costante E `e determinata dalle condizioni iniziali: E = T0 ¡ U0 ,
T0 =
1 mv 2 , 2 0
U0 = U (P0 ) .
(5.33)
Osservato che questo teorema giustifica il nome di forze “conservative”, sottolineiamo il fatto che la relazione (5.32), poich´e esprime un legame fra le funzioni x(t), y(t), z(t) e le 116
loro derivate x(t), ˙ y(t), ˙ z(t), ˙ costituisce un’equazione differenziale del I◦ ordine. Avendo le stesse incognite di una equazione del moto, se ci far`a comodo, potremo utilizzarla al posto di una delle equazioni del moto. Ritorneremo sull’argomento un po’ pi` u avanti quando si parler`a degli integrali primi. Se alcune delle forze applicate al punto fanno si che la forza risultante non sia conservativa, allora indicando con Lr il lavoro finito compiuto da tali forze, si ha (T + V ) ¡ (T0 + V0 ) = Lr .
(5.34)
Se Lr < 0, le forze si ”oppongono” al moto e per questo sono dette resistenti. Pertanto, in questo caso, la (5.34) equivale ad affermare che se un punto `e soggetto a forze resistenti, durante il moto la sua energia meccanica totale diminuisce di una quantit`a uguale a quella dissipata da tali forze. 5.11 Momento della quantit` a di moto di un punto Definizione
Si chiama momento della quantit`a di moto (o momento angolare) di un punto P
di massa m rispetto al polo O1 (e ad un dato osservatore Oxyz) il vettore K(O1 ) = mv £ (O1 ¡ P ) ,
(5.35)
essendo v la velocit`a di P rispetto ad Oxyz. Se O1 ´ O la forma cartesiana di K(O) `e la seguente: K(O) = m(xi ˙ + yj ˙ + zk) ˙ £ (¡xi ¡ yj ¡ zk) = + m(z x˙ ¡ zx)j ˙ + m(xy˙ ¡ xy)k ˙ . = m(y z˙ ¡ yz)i ˙
(5.36)
Vale il seguente Teorema
Se il polo O1 `e fisso rispetto ad Oxyz, si ha
dK(O1 ) = Ω(O1 ) + Ψ(O1 ) , (5.37) dt con Ω(O1 ) e Ψ(O1 ) momento risultante rispetto ad O1 rispettivamente delle forze attive e delle reazioni vincolari agenti su P . Dimostrazione : dO1 dK(O1 ) d dP = mv £ (O1 ¡ P ) = ma £ (O1 ¡ P ) + mv £ ¡ , dt dt dt dt e ricordando la legge di Newton, ed essendo O1 fisso e v ´ dP dt , dK(O1 ) = (F + Φ) £ (O1 ¡ P ) = Ω(O1 ) + Ψ(O1 ) . dt 117
5.12 Integrali primi del moto di un punto Definizione
Si definisce integrale primo del moto del punto P una funzione ϕ delle sue
coordinate x, y, z, delle componenti x, ˙ y, ˙ z˙ della sua velocit`a, e del tempo t, che rimane costante durante il moto. In altre parole, in ogni istante t si ha ϕ x(t), y(t), z(t), x(t), ˙ y(t), ˙ z(t), ˙ t =C ,
(5.38)
dove C `e una costante, x(t), y(t), z(t) sono le leggi del moto di P e x(t), ˙ y(t), ˙ z(t) ˙ le corrispondenti derivate. La costante C si determina attraverso le condizioni iniziali. Un integrale primo del moto `e a tutti gli effetti equivalente ad una equazione del moto, col vantaggio di essere un’equazione differenziale del I◦ ordine anzich´e del II◦ . Per questa ragione gli integrali primi, quando esistono, possono tornare molto utili ai fini dello studio del moto. Vediamo due esempi significativi di integrali primi collegati con le nozioni di energia totale, di quantit`a di moto e momento della quantit`a di moto introdotte in precedenza. a) Integrale primo dell’energia. La relazione (5.32), che esprime la conservazione dell’energia totale per un punto, fornisce l’integrale primo 1 m(x˙ 2 + y˙ 2 + z˙ 2 ) + V (x, y, z) = E . 2 b) Integrali primi assiali. Si ottengono dall’equazione della quantit`a di moto (5.20) quando il vettore risultante di tutte le forze applicate al punto ha componente sempre nulla lungo uno degli assi. Per esempio, (F + Φ) ¢ i = 0
)
dQ ¢i=0 dt
)
dQx =0, dt
per cui Qx = Cx ,
vale a dire
mx˙ = Cx = mv0x .
In questo caso si pu`o parlare di conservazione della quantit`a di moto lungo l’asse x. Analogamente Q pu`o conservarsi lungo gli assi y oppure z. In tali casi si avrebbe my˙ = Cy = mv0y
oppure
118
mz˙ = Cz = mv0z .
5.13 Pendolo semplice Definizione
Si chiama pendolo semplice o ideale o matematico un punto materiale, soggetto
solo al peso, vincolato senza attrito ad una circonferenza non orizzontale. Indicato con π il piano della circonferenza e con α l’angolo che π forma col piano orizzontale, assumiamo come sistema di riferimento il sistema Cxyz, con C centro della circonferenza, Ck normale a π ed orientato verso l’alto, Ci e Cj paralleli alle rette di π rispettivamente orizzontali e con la massima pendenza (anche j orientato verso l’alto). , levogiro rispetto a k (O punto pi` Assumiamo poi come parametro l’angolo θ = OCP u basso della circonferenza).
Volendo scrivere l’equazione di Newton ma = mg + Φ rispetto alla terna intrinseca t, n, b, b ´ k, scriviamo il peso prima rispetto a Cxyz e poi rispetto alla terna intrinseca. mg = ¡mg sin α j ¡ mg cos α k = ¡mg sin α sin θt ¡ mg sin α cos θn ¡ mg cos α k . Pertanto, indicato con ℓ il raggio della circonferenza e tenuto conto che Φ `e normale al vincolo, l’equazione di Newton, proiettata su t, n e k, fornisce le tre equazioni scalari seguenti: ¨ m ℓ θ = ¡mg sin α sin θ m ℓ θ˙ 2 = ¡mg sin α cos θ + Φn . 0 = ¡mg cos α + Φb
(5.39)
L’equazione (5.39) costituisce l’equazione del moto. Associandole le condizioni iniziali si ottiene il problema di Cauchy relativo al moto del pendolo semplice: θ¨ + ω 2 sin θ = 0 θ(0) = θ0 ˙ θ(0) = θ˙0 , 119
(5.40)
dove si `e posto
g sin α . ℓ
ω2 =
(5.41)
Osservazione: 0 < α · π2 . Se fosse α = 0, la circonferenza sarebbe orizzontale ed il moto sarebbe uniforme (θ˙ = costante), per cui non avremmo pi` u un “pendolo”. Lo studio delle soluzioni del problema di Cauchy (5.40) risulta alquanto complicato in quanto esse non sono esprimibili in termini di funzioni elementari. Per via analitica sono facilmente studiabili solo dei particolari moti approssimati detti piccole oscillazioni, ossia dei moti tali che il punto si mantenga sempre cos`ı vicino alla posizione θ = 0 per cui siano lecite le approssimazioni sin θ ' θ ,
cos θ ' 1 .
(5.42)
Osserviamo che la posizione θ = 0 non `e una posizione qualunque, ma rappresenta una delle due posizioni d’equilibrio del pendolo. Infatti, l’equazione che fornisce le posizioni d’equilibrio, che si ottiene semplicemente uguagliando a zero il secondo membro di (5.39), `e data da ¡mg sin α sin θ = 0 , da cui le due posizioni d’equilibrio θ1 = 0 e θ2 = π. Ma non `e tutto: θ1 `e posizione d’equilibrio stabile, mentre θ2 `e posizione d’equilibrio instabile. Pi` u innanzi si vedr`a cosa questo significhi da un punto di vista matematico. Fisicamente, nel caso di una posizione d’equilibrio stabile le forze tendono a far rimanere il punto in un intorno di tale posizione, mentre nel caso di una instabile le forze tendono ad allontanarlo. Dunque, nell’ipotesi di piccole oscillazioni attorno alla posizione di equilibrio stabile θ = 0, l’equazione del moto, “linearizzata” apportando la prima delle approssimazioni (5.42), diventa θ¨ + ω 2 θ = 0 , il cui integrale generale `e dato, come abbiamo visto nel x5.8, da θ(t) = C cos(ωt + γ) . Le costanti C (ampiezza) e γ (fase iniziale), determinate imponendo le condizioni iniziali, sono date, come abbiamo visto, dalle (5.21) (ovviamente con θ0 e θ˙0 al posto rispettivamente di x0 e v0 ). Abbiamo dunque trovato che il punto, spostato di “poco” dalla posizione di equilibrio stabile θ = 0 e con una velocit`a “sufficientemente piccola”, descrive delle oscillazioni periodiche di ampiezza C intorno a tale posizione. Il periodo di queste oscillazioni, ricordando 120
la posizione (5.41), vale 2π T = = 2π ω
#
ℓ . g sin α
(5.43)
Osserviamo che T non dipende dall’ampiezza C. Questo fatto, che si esprime dicendo che le piccole oscillazioni del pendolo sono isocrone, fu osservato per la prima volta da Galileo ed `e noto come legge dell’isocronismo del pendolo. I moti generici del pendolo semplice possono essere studiati qualitativamente mediante il teorema di Weierstrass, che in questo corso non trattiamo. Ci limitiamo solo a riportare i risultati di un tale studio. Il tipo di moto del pendolo semplice dipende dalle condizioni iniziali. Pi` u precisamente, dipende dal valore E dell’energia meccanica totale e dal suo rapporto con il valore massimo Vmax dell’energia potenziale. Prescindendo dai possibili casi di quiete, si hanno i tre casi seguenti: a) E > Vmax : il punto si muove sulla circonferenza sempre nello stesso verso con velocit`a che non si annulla mai. Per questa ragione spesso si parla di moto rivolutivo. b) E = Vmax :
il moto `e asintotico verso la posizione (d’equilibrio instabile) θ = π.
c) E < Vmax : il moto `e periodico. Si pu`o dimostrare che il potenziale del pendolo semplice vale U (θ) = ¡mgl sin α(1 ¡ cos θ)
(5.44)
dove la costante arbitraria U ∗ `e stata posta uguale a ¡mgl sin α in modo che U (0) = 0. Da (5.44) `e facile verificare che Vmax = ¡U (π) = 2mgl sin α.
5.14 Moto ed equilibrio relativo Ci occupiamo ora di un argomento estremamente importante della Meccanica, argomento che va sotto il nome di Meccanica relativa del punto. Il problema da risolvere `e il seguente: determinare il moto di un punto materiale (P, m) rispetto ad un osservatore O1 x1 y1 z1 , in moto rispetto ad un osservatore fisso Oxyz, noto il moto di O1 x1 y1 z1 rispetto ad Oxyz, nota la forza attiva agente su P rispetto ad Oxyz, e note le condizioni iniziali di P rispetto ad uno dei due osservatori. Nel seguito ci riferiremo a un problema di questo tipo come ad un problema di moto relativo del punto P . 121
Si pu`o dimostrare (cosa che omettiamo) il seguente: Teorema
La legge di Newton vale qualunque sia l’osservatore.
Come si ricorder`a, la validit`a della legge di Newton `e stata postulata per i sistemi di riferimento inerziali. Questo teorema estende la sua validit`a a tutti i sistemi di riferimento. Ne consegue che se O1 x1 y1 z1 `e un riferimento non inerziale, potremo sempre scrivere ma1 = R1 ,
(5.45)
con R1 , vettore risultante di tutte le forze agenti su P rispetto ad (O1 ), che `e conveniente scrivere come R1 = F 1 + Φ1 , separando cos`ı le forze attive e le reazioni vincolari. Ora, mentre `e chiaro che Φ1 = Φ in quanto le reazioni vincolari sono forze dovute a corpi e quindi assolute, non sappiamo quanto vale il vettore risultante F 1 delle forze attive agenti su P rispetto ad (O1 ). Ma F 1 `e facilmente deducibile. Infatti, scritta l’equazione di Newton rispetto all’osservatore assoluto, ma = F + Φ , sfruttando il teorema di composizione delle accelerazioni, vi sostituiamo a con a1 + aτ + ac . Otteniamo cos`ı l’equazione m(a1 + aτ + ac ) = F + Φ , ossia, ma1 = F ¡ maτ ¡ mac + Φ .
(5.46)
Confrontando ora con ma1 = F 1 + Φ1 , e tenendo conto che Φ = Φ1 , si ha F 1 = F ¡ maτ ¡ mac .
(5.47)
Ebbene, posto F τ = ¡maτ e F c = ¡mac , le forze (P, F τ ) e (P, F c ) si chiamano rispetivamente forza di trascinamento e forza di Coriolis. Si pu`o dunque affermare che la forza attiva risultante rispetto al sistema (O1 ) vale la forza attiva risultante rispetto al sistema (O) pi` u le forze di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O1 ) rispetto ad (O). 122
Il concetto di forza da noi adottato `e un concetto “relativo”: la forza agente su di un punto materiale dipende dall’osservatore. Esiste per`o anche una concezione “assoluta”, meno moderna (anche se adottata ancor oggi da molti autori di testi di Meccanica), secondo la quale le forze sono dovute solo a corpi e sono caratterizzate dal fatto di tendere a zero quando le reciproche distanze dei corpi tendono all’infinito. In base a questa seconda concezione, poich´e l’accelerazione a(P ) varia con l’osservatore mentre F non cambia, la legge di Newton vale solo rispetto ad un osservatore inerziale. Per studiare il moto rispetto ad un osservatore non inerziale occorre ancora scrivere l’equazione (5.46), ma questa non `e pi` u l’equazione di Newton. I termini ¡maτ e ¡mac , di cui bisogna sempre tenere conto, non sono pi` u dovuti a forze vere ma a forze fittizie, variabili con l’osservatore. Dunque, nelle due concezioni cambia l’interpretazione dei simboli, ma le formule rimangono inalterate. Osserviamo che se l’osservatore fisso (O) `e un osservatore inerziale, allora il vettore F nella (5.47) `e dovuto a tutte e sole le forze dovute a corpi, che sono le stesse per qualunque osservatore. Se invece (O) `e un osservatore non inerziale, F `e il risultante, oltre che delle forze dovute a corpi, anche di quelle di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O) rispetto ad un osservatore inerziale. Dunque, `e sempre conveniente assumere come osservatore fisso un osservatore inerziale. Ci si pu`o porre anche il problema dell’equilibrio relativo di P . Ovviamente in questo caso il problema deve essere affrontato direttamente, imponendo che valga la condizione necessaria e sufficiente R1 = F 1 + Φ1 = 0 . In virt` u della (5.47) e tenendo conto che P in equilibrio rispetto ad (O1 ) significa v 1 = 0, e quindi ac = 2ω £ v 1 = 0, e di conseguenza anche F c = 0, l’equazione dell’equilibrio relativo `e la seguente: F + Φ ¡ maτ = 0 .
(5.48)
Una considerazione importante `e la seguente. Si supponga di dover determinare il moto (o l’equilibrio) di un punto P (soggetto ad un dato sistema di forze attive dovute a corpi) rispetto ad un assegnato sistema di riferimento (O) non inerziale. Ebbene, si tratta di un problema di dinamica (o statica) relativa. Infatti, per ottenere il risultante F 1 delle forze attive agenti su P rispetto ad (O), occorre considerare anche le forze di trascinamento e di Coriolis dovute al moto di (O) rispetto ad un osservatore inerziale. 123
Il caso pi` u semplice, ma nondimeno significativo, di moto relativo si ha quando il sistema relativo (O1 ) trasla. In questo caso la forza di trascinamento agente sul punto materiale (P, m) ha vettore F τ = ¡m
d2 O1 , dt2
mentre la forza di Coriolis, essendo ω = 0, `e nulla. Se si considera un sistema di N punti materiali (Ps , ms ), allora le forze di trascinamento ` costituiscono un sistema di forze parallele concordi (Ps , ¡ms a(O1 )), e quindi con centro. E facile verificare che tale centro coincide col baricentro. Di conseguenza, posto M = s ms ,
vale il seguente Teorema
Il sistema delle forze di trascinamento agenti su un sistema di punti rispetto ad
un riferimento (O1 ) traslante `e equivalente ad un’unica forza di vettore F τ = ¡M a(O1 ), con asse centrale parallelo ad a(O1 ) e passante per G. 5.15 Forza centrifuga Consideriamo ora la forza di trascinamento agente su di un punto P : (P, F τ = ¡maτ ). Indichiamo con γτ la curva di trascinamento descritta da P , cio`e la curva percorsa da P pensato solidale con (O1 ). Indichiamo poi con sτ , ρcτ , tτ e nτ l’ascissa curvilinea, il raggio di curvatura, il versore tangente e il versore normale associati alla posizione di P su γτ . Possiamo quindi scrivere s˙ 2 s˙ 2 F τ = ¡m s¨τ tτ + τ nτ = ¡m¨ s τ tτ ¡ m τ n τ . ρcτ ρcτ La componente s˙ 2τ nτ , ρcτ si chiama forza centrifuga agente su P . F τ c = ¡m
Caso particolare significativo.
(5.49)
Consideriamo il caso in cui il sistema (O1 ) si muove rispetto
ad (O) di moto rotatorio attorno ad un asse fisso (A, a) con velocit`a angolare ω = ωa. In tal caso la curva di trascinamento di un punto P `e una circonferenza di centro la sua proiezione P0 sull’asse. Di conseguenza la componente normale dell’accelerazione aτ vale ω 2 (P0 ¡ P ), da cui (5.50)
F τ c = mω 2 (P ¡ P0 ) . 124
Un esempio di forza centrifuga, e pi` u in generale, di problema di equilibrio relativo, `e gi`a stato visto quando si `e definita la forza peso agente su un punto nel x4.19. Il peso di un punto materiale, infatti, `e la forza F 1 = F ¡ maτ che deve essere compensata perch`e P sia in equilibrio rispetto ad un riferimento solidale con la terra. F `e la forza assoluta, cio`e dovuta a corpi, e quindi `e la risultante delle forze d’attrazione Newtoniana, che approssimiamo considerando solo l’attrazione della terra. La forza di trascinamento ¡maτ , dovuta al moto della terra rispetto ad un sistema stellare (riferimento inerziale), `e invece approssimata dalla forza centrifuga agente su P per effetto della rotazione uniforme 2π della terra attorno al proprio asse, ed ha quindi l’espressione (5.50) con ω = g velocit`a 1 angolare della terra. Osservazione. L’unico caso in cui la forza centrifuga `e nulla si ha quando il sistema (O1 ) trasla di moto rettilineo.
125
6. MECCANICA DEI SISTEMI
In questo ultimo e fondamentale capitolo tratteremo la Meccanica dei sistemi. A tal fine supporremo che il sistema meccanico considerato sia costituito dai punti Ps , s = 1, ..., N , e che su di esso agiscano i sistemi delle forze attive (Ps , F s ), con vettori caratteristici F e Ω(O) e delle reazioni vincolari (Ps , Φs ), con vettori caratteristici Φ e Ψ(O). Se poi si vorr`a distinguere tra forze interne ed esterne, allora rappresenteremo le forze attive esterne con (Ps , F es ) e quelle interne con (Ps , F is ), le reazioni vincolari esterne con (Ps , Φes ) e quelle interne con (Ps , Φis ). I loro vettori risultanti saranno indicati con F e , F i , Φe e Φi e i momenti risultanti con Ωe (O), Ωi (O), Ψe (O) e Ψi (O), senza specificarne il polo quando non necessario. Occorre per`o avere ben presente che, essendo i sistemi delle forze attive e delle reazioni vincolari interne equivalenti al sistema nullo, si ha F = Fe + Fi = Fe ,
Ω(O) = Ωe (O) + Ωi (O) = Ωe (O) ,
Φ = Φe + Φi = Φe ,
Ψ(O) = Ψe (O) + Ψi (O) = Ψe (O) .
6.1 Equilibrio di un sistema meccanico Tra i possibili moti di un sistema meccanico ci pu`o anche essere ”l’equilibrio”, che ha luogo quando il sistema rimane sempre fermo nella stessa configurazione C0 = q0 . In questo caso i parametri lagrangiani qi (t) si mantengono costanti (ovviamente qi (t) = qi0 ), e rappresentano una soluzione stazionaria delle equazioni differenziali del moto del sistema (di cui parleremo pi` u innanzi). Estendendo la definizione gi`a data per un punto (vedi x5.5), diamo la seguente Definizione
Dato un sistema meccanico qualunque, una configurazione C0 si dice d’equilibrio
per il sistema se esso, posto in quiete in C0 all’istante t0 , vi rimane anche per ogni t > t0 . Spesso, anzich´e dire che il sistema `e in quiete nella configurazione d’equilibrio C0 , si dice che esso `e in equilibrio in C0 . Andiamo ora ad occuparci dei metodi che permettono di determinare le configurazioni d’equilibrio dei sistemi meccanici e, se interessano, le relative reazioni vincolari. In altre 126
parole, andiamo a trattare il capitolo della Meccanica che tradizionalmente va sotto il nome di STATICA. I metodi che vedremo sono due: il metodo dei lavori virtuali e il metodo delle equazioni cardinali. Nel caso di sistemi conservativi vedremo anche un terzo metodo, il metodo del potenziale, molto pratico, ma utile solo per il calcolo delle configurazioni d’equilibrio. Nota bene: essendo in Statica, come supposto alla fine del x5.1, le forze sono assunte posizionali. 6.2 Principio dei lavori virtuali Vale il seguente importantissimo Principio dei lavori virtuali: C.N.S. perch´e una configurazione C0 sia d’equilibrio per un sistema meccanico a vincoli perfetti `e che il lavoro virtuale delle forze attive sia negativo o nullo per ogni spostamento virtuale del sistema a partire da C0 , ossia δL =
N
F s ¢ δPs · 0 ,
8δC .
(6.1)
s=1
Mentre la condizione necessaria pu` o facilmente essere dimostrata, la condizione sufficiente `e postulata. Dimostriamo dunque la necessaria. Sia C0 = q0 ´ (q10 , q20 , ..., qn0 ) una configurazione d’equilibrio del sistema. Ci`o significa che, posto il sistema in quiete in C0 all’istante t0 , vi rimane anche per t > t0 . Di conseguenza ciascun punto materiale Ps del sistema `e in equilibrio per t ¸ t0 , e quindi il sistema di forze agenti su Ps `e equivalente al sistema nullo. Si ha cio`e F s + Φs = 0 ,
s = 1, ..., N .
(6.2)
Se si considera uno spostamento virtuale del sistema δC ´ (δP1 , δP2 , ..., δPN ), moltiplicando scalarmente (6.2) per δPs e sommando rispetto ad s, si ottiene s
F s + Φs ¢ δPs = 0 .
Ma in virt` u dell’ipotesi di vincolo perfetto vale la (4.43), ossia δρ =
N
Φs ¢ δPs ¸ 0 ,
s=1
e di conseguenza vale la (6.1). 127
Osservazioni importanti. a) La disuguaglianza (6.1), implica il segno di uguaglianza in corrispondenza ad ogni δC invertibile. Di conseguenza, se C0 `e di tipo interno, ogni δC `e invertibile e quindi ogni δL `e nullo. Se invece C0 `e di confine, allora δL `e nullo per i δC invertibili e in generale negativo per i δC non invertibili. b) Nel caso di un corpo rigido la disuguaglianza (6.1), tenendo conto del fatto che il lavoro virtuale delle forze attive ha un’espressione formalmente uguale alla (4.33), diventa: δL = F e ¢ δO1 + Ωe (O1 ) ¢ aδθ · 0 ,
c)
8δC = δO1 , (O1 , δθa) .
(6.3)
Il principio dei lavori virtuali costituisce uno strumento estremamente utile ai fini
del calcolo delle configurazioni d’equilibrio in quanto coinvolge solamente le forze attive. Tuttavia esso permette anche il calcolo delle reazioni vincolari. A tal fine occorre : — eliminare i vincoli, uno o pi` u alla volta, sostituendoli con le relative reazioni vincolari; — riguardare le reazioni vincolari come forze attive, ed applicare il principio in corrispondenza di opportuni spostamenti virtuali, compatibili con i vincoli rimasti, che facciano “lavorare” le reazioni; — riscrivere la (6.1) tante volte fino ad ottenere un numero di equazioni (indipendenti) pari al numero delle reazioni vincolari che si vogliono calcolare; — risolvere infine il sistema di equazioni cos`ı ottenuto. Gli esempi che riporteremo pi` u avanti chiariranno meglio il senso di queste affermazioni. 6.3 Configurazioni d’equilibrio interne dei sistemi olonomi a vincoli perfetti La prima utile applicazione del principio dei lavori virtuali `e rivolta alla determinazione delle configurazioni d’equilibrio, in particolare di quelle interne, di un sistema olonomo a vincoli perfetti. A tal fine supponiamo, come al solito, che il sistema abbia n gradi di libert`a, con parametri lagrangiani qi . Ricordando l’espressione del lavoro virtuale delle forze attive mediante le forze generalizzate di Lagrange, (6.1) diventa δL =
Qk δqk · 0 ,
8δC ´ (δq1 , δq2 , ..., δqn ) .
(6.4)
k
Determiniamo le configurazioni d’equilibrio interne. In questo caso ciascun δqk ammette anche il suo opposto ¡δqk , e quindi ogni spostamento virtuale δC del sistema `e invertibile. Di conseguenza la (6.4) vale col segno di uguaglianza. 128
Essendo poi il sistema olonomo, i δqk sono indipendenti, e quindi si possono considerare gli n spostamenti virtuali del tipo δCk ´ (δq1 = 0, ..., δqk−1 = 0, δqk 6 = 0, δqk+1 = 0, ..., δqn = 0) . In corrispondenza dello spostamento δCk la (6.4) fornisce Qk δqk = 0 ,
e quindi
Qk = 0 .
Debbono quindi essere soddisfatte le n equazioni Q1 (q1 , q2 , ..., qn ) = 0 Q2 (q1 , q2 , ..., qn ) = 0
.................. Qn (q1 , q2 , ..., qn ) = 0 .
(6.5)
Le configurazioni d’equilibrio interne del sistema meccanico sono tutte comprese fra le soluzioni di questo sistema di n equazioni nelle n incognite qi . Si noti che eventuali soluzioni rappresentanti configurazioni di confine sono pure d’equilibrio. 6.4 Equilibrio dei sistemi conservativi Definizione
Un sistema meccanico conservativo `e un sistema olonomo, scleronomo, a vincoli
perfetti e soggetto ad un sistema conservativo di forze attive. Teorema
Le configurazioni d’equilibrio interne di un sistema meccanico conservativo
sono tutte e sole quelle nelle quali il potenziale U `e stazionario. Poich´e il sistema delle forze attive `e conservativo, esiste una funzione U = U (q1 , q2 , ..., qn ), che abbiamo chiamato potenziale, con la propriet`a che Qk =
∂U , ∂qk
k = 1, ..., n .
Di conseguenza il sistema (6.5), che vale in quanto il sistema meccanico `e olonomo, scleronomo e a vincoli perfetti, diventa ∂U = 0, ∂qk
k = 1, ..., n .
(6.6)
Ricordiamo che tra i punti di stazionariet`a di una funzione ci sono i punti di minimo e di massimo. 129
A titolo di esempio consideriamo il pendolo semplice. Il potenziale `e dato dalla (5.44): U (θ) = ¡mgl sin α(1 ¡ cos θ), con 0 · θ < 2π. Le posizioni d’equilibrio θi∗ coincidono con i punti di stazionariet`a di U (θ), e quindi sono date dalle soluzioni dell’equazione U ′ (θ) = ¡mgl sin α sin θ = 0 . θ1∗ = 0, θ2∗ = π .
Si ha dunque:
6.5 Stabilit` a dell’equilibrio In questo paragrafo introduciamo un nuovo importante concetto: quello di stabilit`a dell’equilibrio. Definizione
Una configurazione d’equilibrio C0 si dice stabile se esiste un intorno di C0 ,
che indichiamo con I(C0 ), tale che il lavoro ∆L = (Γ)
C C0
dL = (Γ)
C
C0
F s ¢ dPs
s
sia negativo qualunque C 2 I(C0 ), e qualunque sia la “traiettoria” Γ 2 I(C0 ) da C0 a C. Invece, se ∆L > 0 8 C e 8 Γ appartenenti a I(C0 ) , C0 `e detta di equilibrio instabile. Inoltre, se ∆L = 0 8 C e 8 Γ appartenenti a I(C0 ) , C0 `e detta di equilibrio indifferente. Commento. Cosa significa affermare che ∆L `e negativo per ogni spostamento da C0 ad una qualunque configurazione C all’interno di un intorno di C0 ? Significa che il sistema delle forze attive tende ad opporsi a che il sistema meccanico si allontani, in una qualunque ”direzione”, da C0 . Ci`o giustifica l’attributo ”stabile”. Al contrario, l’equilibrio `e ”instabile” se il sistema delle forze agisce sempre a favore di un allontanamento del sistema meccanico da C0 . Come esempi si considerino il pendolo semplice nel punto pi` u basso (equilibrio stabile) e nel punto pi` u alto (equilibrio instabile), oppure un punto materiale, sempre soggetto al solo peso, vincolato ad un piano orizzontale (equilibrio indifferente). Cos’`e un intorno I(C0 ) ? Dato un sistema meccanico, ed una sua configurazione interna C0 = q0 , un intorno I(C0 ) `e, ad esempio, il seguente: I(C0 ) ´ (q10 ¡ ǫ, q10 + ǫ) £ (q20 ¡ ǫ, q20 + ǫ) £ ¢ ¢ ¢ £ (qn0 ¡ ǫ, qn0 + ǫ) . Naturalmente I(C0 ) `e contenuto nello spazio n¡dimensionale delle configurazioni.
130
Sistemi meccanici conservativi Nel caso di un sistema meccanico conservativo le definizioni appena date di equilibrio stabile e instabile si collegano immediatamente al potenziale attraverso il seguente Teorema
(senza dimostrazione):
Una configurazione interna C0 `e di equilibrio stabile per un sistema meccanico conservativo se e solo se `e un punto di massimo per il potenziale U , ed `e di equilibrio instabile se e solo se `e un punto di minimo. Sistemi meccanici conservativi con solo il peso Se il sistema delle forze esterne `e costituito dalle sole forze peso, il potenziale `e dato dalla (4.39), ossia U = ¡M gzG + U ∗ . Da ci`o segue l’ovvio Teorema di Torricelli : in un sistema meccanico conservativo con solo la forza peso le configurazioni d’equilibrio stabile si hanno quando zG `e minima e quelle di equilibrio instabile quando zG `e massima. Osserviamo che se il sistema meccanico ha n gradi di libert`a con parametri lagrangiani qi , allora zG = zG (q), e quindi il problema `e ancora quello di determinare minimi e massimi di una funzione ad n variabili. Ovviamente, se questa funzione non ha minimi, allora non ci sono configurazioni d’equilibrio stabile, cos`ı come se non ci sono massimi, non ci sono neppure configurazioni d’equilibrio instabile. Un’applicazione immediata del teorema di Torricelli si ha nel caso del pendolo semplice. zG , che ovviamente coincide con zP , `e minima per θ = 0 e massima per θ = π. Di conseguenza θ = 0 rappresenta la posizione d’equilibrio stabile e θ = π quella d’equilibrio instabile. Il principio dei lavori virtuali costituisce uno dei possibili strumenti utilizzabili per determinare le configurazioni d’equilibrio e le relative reazioni vincolari di un qualunque sistema meccanico, purch´e a vincoli perfetti. Attraverso una sua applicazione ai sistemi olonomi, abbiamo poi visto che le configurazioni d’equilibrio interne di un sistema conservativo corrispondono ai punti di stazionariet`a del potenziale, con l’importantissima propriet`a che nei punti di massimo l’equilibrio `e stabile, mentre in quelli di minimo l’equilibrio `e instabile. A questi due strumenti, principio dei lavori virtuali e metodo del potenziale, che abbiamo gi`a a disposizione, andiamo ora ad aggiungerne un terzo: 131
le equazioni cardinali della statica. Procederemo ricavandole, anche se costituiscono un caso particolare delle equazioni cardinali della Dinamica che ricaveremo pi` u innanzi. Il ricavarle separatamente porta s`ı a qualche ripetizione e ad una leggera perdita di tempo, per`o permette una maggior chiarezza e una miglior organizzazione delle esercitazioni.
6.6 Equazioni cardinali della statica Teorema
Dato un sistema meccanico qualunque, condizione necessaria perch´e C0 sia
configurazione d’equilibrio `e che
F e + Φe = 0
(6.7)
Ωe + Ψe = 0 .
Dimostrazione $ % Sia C0 = q0 ´ (q10 , q20 , ..., qn0 ) una configurazione d’equilibrio e (Ps , Φs ), s = 1, ..., N un sistema di reazioni vincolari che realizza i vincoli a cui il sistema meccanico `e soggetto. Poich´e C0 `e configurazione d’equilibrio, il sistema posto in C0 in quiete all’istante t0 , vi rimane anche per t > t0 . Ne consegue che ciascun punto Ps del sistema materiale rimane in equilibrio nella posizione che occupa all’istante t0 . Di conseguenza deve essere F es + F is + Φes + Φis = 0 ,
s = 1, . . . , N .
(6.8)
Sommando su tutti i punti del sistema, risulta N F es + F is + Φes + Φis = F e + F i + Φe + Φi = 0 , s=1
e tenendo conto del fatto che F i = Φi = 0 , si ottiene la prima delle (6.7). Moltiplicando poi vettorialmente a destra ciascuna delle relazioni (6.8) per (O ¡ Ps ), con O punto qualunque, si ha F es + F is + Φes + Φis £ (O ¡ Ps ) = 0 ,
s = 1, . . . , N ,
e sommando quindi su tutti i punti, si ottiene
N F es + F is + Φes + Φis £ (O ¡ Ps ) = Ωe (O) + Ωi (O) + Ψe (O) + Ψi (O) = 0 . s=1
Poich´e Ωi (O) = Ψi (O) = 0, segue
Ωe (O) + Ψe (O) = 0 , che grazie alla prima delle (6.7) `e indipendente dal polo. Risulta cos`ı dimostrata anche la necessariet`a della seconda equazione cardinale della statica. 132
Osservazioni — Dalla dimostrazione appena fatta `e evidente che il teorema vale anche scrivendo le equazioni (6.7) per tutte le forze attive e le reazioni vincolari sia esterne che interne, ossia
F +Φ=0 Ω +Ψ = 0.
(6.9)
Scrivere (6.7) anzich`e (6.9) ha il pregio di mettere in evidenza la irrelevanza, nelle equazioni cardinali della statica, delle forze e delle reazioni vincolari interne. Pi` u avanti vedremo che ci`o `e vero anche per le equazioni cardinali della dinamica. — Scrivendo (6.7) o (6.9) si `e omesso il polo in quanto irrilevante. Infatti, in virt` u della relazione (4.15) e della prima delle equazioni (6.7) o (6.9), l’equazione dei momenti, se verificata per un polo O, risulta verificata per qualunque altro polo O1 . Vale poi il seguente importantissimo teorema (che non dimostriamo): Teorema
Se il sistema materiale `e un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni
(6.7) sono pure condizioni sufficienti perch´e una configurazione C0 sia d’equilibrio per il sistema. 6.7 Problemi staticamente determinati Le equazioni cardinali (6.7) rappresentano dunque delle condizioni necessarie e sufficienti per l’equilibrio di un corpo rigido. Quali sono le incognite di queste equazioni ? Ebbene, le incognite sono gli n parametri lagrangiani fqk g, che danno le configurazioni d’equilibrio, e le reazioni vincolari. In generale (cio`e escludendo casi particolari quali i sistemi piani) le due equazioni vettoriali (6.7) sono equivalenti a 6 equazioni scalari. Tale sistema `e dunque risolubile, in generale, solo quando anche le incognite sono esattamente 6. L’esperienza dimostra tuttavia che dalle (6.7) `e sempre possibile dedurre n equazioni che non contengono le reazioni vincolari, per cui il problema dell’equilibrio (cio`e il problema di determinare le configurazioni d’equilibrio) `e sempre risolubile. Ogni n—pla (q1∗ , q2∗ , ..., qn∗ ) soluzione del sistema rappresenta una configurazione d’equilibrio, purch`e le relative reazioni vincolari siano compatibili con la natura dei vincoli. Il senso di questa ultima affermazione risulter`a pi` u chiaro dagli esempi che seguono relativi a dei vincoli d’appoggio. Supposto che i vincoli siano lisci, ogni reazione vincolare pu`o essere totalmente o parzialmente incognita. Se `e totalmente incognita, essa comporta tre incognite scalari. Se si sa 133
che la reazione vincolare sta in un piano, allora le incognite scalari sono due. Nel caso poi che la direzione sia nota, allora l’incognita `e una sola. In quest’ultimo caso pu`o essere noto anche il verso: ci`o comporta che l’incognita soddisfi anche ad una disequazione. Dunque, ogni reazione vincolare implica, a seconda del tipo di vincolo, da una a tre incognite scalari. Il numero delle incognite dovute alle reazioni vincolari dipende dunque dal numero dei vincoli e dalla loro natura. Diremo che un problema di equilibrio per un corpo rigido `e staticamente determinato se il numero di reazioni vincolari scalari `e 6¡n, il che `e equivalente ad affermare che il numero di reazioni vincolari `e quello minimo sufficiente a rappresentare i vincoli a cui `e soggetto il corpo rigido. Se il numero delle reazioni vincolari `e maggiore di 6¡n, allora il problema `e staticamente indeterminato, e non `e possibile determinare tutte le reazioni vincolari. In quest’ultimo caso si dice anche che il sistema meccanico `e iperstatico. Consideriamo ora il caso generale di un sistema meccanico qualunque ad n gradi di libert`a, composto di punti e di corpi rigidi. In tal caso applicando a ciascun punto l’equazione dell’equilibrio (5.13) e a ciascun corpo rigido le equazioni (6.7) si scrive un sistema di m equazioni. Ebbene, il problema sar` a staticamente determinato se il numero delle reazioni vincolari scalari che compaiono nel sistema `e esattamente m ¡ n. Ci`o sar`a verificato ogni volta che il numero (ed il tipo) di reazioni vincolari introdotte `e quello minimo indispensabile a realizzare i vincoli del sistema. Sull’argomento dei sistemi composti si torner`a pi` u avanti con uno specifico paragrafo. Andiamo ora a considerare un paio di esempi significativi di corpi rigidi diversamente vincolati. Questi esempi, gi`a interessanti di per se stessi, potranno anche essere utili ai fini di una miglior comprensione della teoria appena svolta. I vincoli saranno supposti lisci. Ciascun corpo rigido sar`a supposto soggetto ad un dato sistema di forze attive esterne (As , F s ), s = 1, . . . , N , i cui vettori caratteristici saranno denotati con F e e Ωe . Risolveremo il problema dell’equilibrio e della determinazione delle reazioni vincolari (ovviamente nel caso di problema staticamente determinato) sia con le equazioni cardinali che col principio del lavori virtuali. Nell’applicazione di quest’ultimo faremo uso della condizione (6.3), tenendo conto che essa vale col segno di uguale se δC `e invertibile.
134
6.8 Equilibrio di un corpo rigido con un asse fisso Un corpo rigido con un asse fisso ha un unico grado di libert` a rappresentato dall’angolo θ di rotazione del corpo. Assunto un riferimento Oxyz con Oz coincidente con l’asse fisso, l’angolo θ pu`o essere definito come l’angolo solido che un semipiano solidale col corpo ed uscente dall’asse forma, per esempio, con il semipiano fisso Oxz (x > 0). Con le equazioni cardinali della statica Supponiamo che l’asse sia stato fissato in due punti: Q1 ´ O ´ (0, 0, 0) (la scelta di O `e a nostra discrezione) e Q2 ´ (0, 0, h). Il sistema di reazioni vincolari esterne consta allora delle reazioni (Q1 , Φ1 = Φ1x i + Φ1y j + Φ1z k) e (Q2 , Φ2 = Φ2x i + Φ2y j + Φ2z k). Osserviamo che le reazioni vincolari, essendo applicate all’asse, hanno momento risultante normale all’asse stesso. Infatti Ψe (O) =
2
Φr £ (O ¡ Qr ) = Φ2 £ (O ¡ Q2 ) =
r=1
= (Φ2x i + Φ2y j + Φ2z k) £ (¡hk) = ¡hΦ2y i + hΦ2x j .
(6.10)
Andiamo dunque a scrivere le 6 equazioni scalari che si ottengono proiettando sugli assi le due equazioni (6.7). Posto F e = Fex i + Fey j + Fez k , si ottiene
Ωe (O) = Ωex i + Ωey j + Ωez k ,
Fex + Φ1x + Φ2x = 0 Fey + Φ1y + Φ2y = 0 F + Φ + Φ = 0 ez
1z
2z
Ωex ¡ hΦ2y = 0 Ωey + hΦ2x = 0 Ωez = 0 .
(6.11)
L’ultima equazione di questo sistema non contiene le reazioni vincolari. Poich´e il problema ha un solo grado di libert`a, si tratta dell’equazione che fornisce le configurazioni d’equilibrio. Riscriviamola mettendone in evidenza l’incognita θ: Ωez (θ) = 0 . 135
(6.12)
Le configurazioni d’equilibrio del corpo rigido sono tante quante le soluzioni θ ∗ di (6.12). Ci proponiamo ora di determinare le reazioni vincolari nelle configurazioni d’equilibrio. Ci`o `e possibile se il problema `e staticamente determinato, ossia se il numero delle reazioni vincolari scalari `e 5 (= 6 ¡ 1). Osserviamo subito che fissando due punti dell’asse abbiamo 6 reazioni vincolari scalari da determinare, il che rende il problema staticamente indeterminato. Ci`o `e dovuto al fatto che per fissare un asse del corpo, non `e necessario fissarne due punti, ma basta fissarne uno e mettere un anello nell’altro, impedendo cos`ı gli spostamenti normali all’asse. Assumiamo dunque che in Q2 ci sia un anello. In questo caso, essendo Φ2 normale all’asse, si ha Φ2 = Φ2x i + Φ2y j. Le prime cinque equazioni del sistema (6.11) diventano quindi: Fex + Φ1x + Φ2x = 0 Fey + Φ1y + Φ2y = 0 Fez + Φ1z = 0 (6.13) Ωex ¡ hΦ2y = 0 Ωey + hΦ2x = 0 ,
dove le componenti di F e e Ωe (O) sono calcolate nelle configurazioni d’equilibrio. Il sistema (6.13) determina in modo univoco (ed immediato) le reazioni vincolari. Con il principio dei lavori virtuali Perch´e una configurazione C0 sia d’equilibrio occorre e basta che la condizione (6.3) sia soddisfatta per qualunque δC. Sia O1 un punto qualunque dell’asse fisso. Consideriamo l’unico spostamento consentito dai vincoli (assieme al suo opposto), che consiste in una rotazione infinitesima attorno all’asse fisso (O1 , k) :
δO1 = 0 , (O1 , δθk) ,
con δθ 6 = 0.
Essendo tale rotazione invertibile, la (6.3) comporta δL = Ωe (O1 ) ¢ kδθ = 0 ,
e quindi, essendo δθ 6 = 0,
Ωez (θ) = 0 .
Si `e dunque ritrovata l’equazione (6.12). Poniamoci ora il problema di determinare le reazioni vincolari nelle configurazioni d’equilibrio nel caso che il problema sia staticamente determinato, cio`e nel caso dei due vincoli seguenti: Q1 fissato e Q2 impedito tramite un anello nei suoi movimenti normali all’asse. Come prima, sia h = Q1 Q2 . 136
Sopprimiamo dapprima solo il vincolo in Q2 e lo sostituiamo con la reazione vincolare Φ2 = Φ2x i + Φ2y j, che riguardiamo come forza attiva. Ora il corpo rigido ha come unico vincolo il punto fisso Q1 . Sono dunque possibili le rotazioni (tutte invertibili) attorno ad un qualunque asse (Q1 , a). La (6.3) diventa perci`o δL = Ωe (Q1 ) + Φ2 £ (Q1 ¡ Q2 ) ¢ aδθ = 0 ,
8a e 8δθ 6 = 0,
e per l’arbitrariet`a di a ne consegue
Ωe (Q1 ) + Φ2 £ (¡hk) = 0 . Proiettando sugli assi x e y si ottengono le due ultime equazioni di (6.13), che forniscono le componenti di Φ2 . Infine, per calcolare la reazione vincolare dovuta al vincolo in Q1 , sopprimiamo anche questo e lo sostituiamo con la forza di vettore Φ1 = Φ1x i+Φ1y j+Φ1z k. Il corpo ora `e libero, soggetto, oltre che al sistema di forze attive, anche a (Q1 , Φ1 ) e (Q2 , Φ2 ). Immaginiamo di far compiere al corpo, prima una traslazione infinitesima parallela all’asse x, δO1 = δxi, poi una parallela all’asse y, δO1 = δyj, ed infine una parallela all’asse z, δO1 = δzk. Ovviamente si tratta di spostamenti invertibili, per cui in tutti tre i casi deve essere δL = (F e + Φ1 + Φ2 ) ¢ δO1 = 0 . Si riottengono cos`ı le tre prime equazioni di (6.13). 6.9 Equilibrio di un corpo rigido appoggiato in un punto ad un piano Consideriamo ora un corpo rigido C appoggiato in un punto O1 ad un piano fisso Π liscio. Supposto che la superficie σ del corpo sia regolare, il piano tangente a σ in O1 coincide con Π. Si vuole studiare l’equilibrio di C rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz, con il piano Oxy coincidente con Π e l’asse z orientato da Π verso C . Il problema ha cinque gradi di libert`a. Assumiamo come parametri lagrangiani le due coordinate x e y di O1 su Π e i tre angoli di Eulero ψ, ϕ e θ di C , definiti mediante un sistema solidale con origine in un punto O2 di C (ovviamente distinto dal punto di contatto O1 che, in generale, varia). Ci`o premesso, si abbia F e = Fex i + Fey j + Fez k. 137
Con le equazioni cardinali della statica La reazione vincolare (O1 , Φ) ha come direzione quella della normale a Π. Trattandosi poi di un vincolo di appoggio, il vettore Φ `e diretto da Π verso C , ossia Φ = Φk, con Φ ¸ 0. Andiamo a scrivere le equazioni cardinali. La prima implica F e = ¡Φ = ¡Φk, la seconda Ωe (O1 ) = 0. Il sistema di equazioni scalari che forniscono le configurazioni d’equilibrio `e perci`o il seguente:
F (x, y, ψ, ϕ, θ) = 0 ex Fey (x, y, ψ, ϕ, θ) = 0 Ωex (x, y, ψ, ϕ, θ) = 0 Ωey (x, y, ψ, ϕ, θ) = 0 Ωez (x, y, ψ, ϕ, θ) = 0
(6.14)
La sesta equazione scalare comporta invece Φ = ¡Fez . Dovendo essere Φ ¸ 0, ne consegue che le configurazioni d’equilibrio sono date dalle soluzioni (x∗ , y ∗ , ψ ∗ , ϕ∗ , θ ∗ ) di (6.14) tali che Fez (x∗ , y ∗ , ψ ∗ , ϕ∗ , θ∗ ) · 0. Soluzioni di (6.14) che non soddisfano questa condizione non sono d’equilibrio: Φ < 0 implicherebbe che C si distacca dal piano Π. Quanto trovato permette di formulare il seguente Teorema
C.N.S. affinch´e una configurazione C0 sia d’equilibrio per un corpo rigido C
appoggiato in un punto O1 ad un piano, `e che il sistema delle forze attive esterne sia equivalente ad un’unica forza passante per O1 , normale al piano in O1 ed orientata da C verso il piano, oppure al sistema nullo. Con il principio dei lavori virtuali Consideriamo dapprima una traslazione δO1 di C parallela al piano Π (che coincide con Oxy), e quindi invertibile. In tal caso (6.3) diventa δL = F e ¢ δO1 = 0
8δO1 k Π ,
e quindi deve essere Fe ? Π, per cui debbono valere le prime due equazioni di (6.14). Se la traslazione δO1 , anzich´e tangente a Π, `e di distacco, allora δL = F e ¢ δO1 · 0 , il che implica che l’angolo tra δO1 e F e deve essere ottuso. In altre parole, F e deve essere diretta da C verso Π. Si ha quindi F e = Fez k, con Fez ·0. 138
Se consideriamo poi uno spostamento virtuale rotatorio (O1 , aδα) con a versore arbitrario, essendo anch’esso invertibile, si avr` a δL = Ωe (O1 ) ¢ aδα = 0
8a .
Di conseguenza deve essere Ωe (O1 ) = 0 , come gi`a visto con le equazioni cardinali. Per determinare la reazione vincolare dovuta all’appoggio in O1 , supponiamo di sopprimere l’appoggio e di applicare in O1 la forza di vettore Φ. Applicando di nuovo (6.3) in corrispondenza di una traslazione δO1 qualunque, si ottiene δL = (F e + Φ) ¢ δO1 = 0
8δO1 ,
e quindi Φ = ¡F e . 6.10 Sistemi composti In generale un sistema meccanico risulta composto di uno o pi` u punti materiali e di uno o pi` u corpi, fra di loro variamente vincolati. Ciascun corpo pu`o poi essere rigido o deformabile. La teoria svolta nel presente corso di Meccanica Razionale fornisce tutti gli strumenti necessari per risolvere il problema del moto o dell’equilibrio nel caso che tutti i corpi in questione siano rigidi. Muovendoci in questa ipotesi, facciamo ora alcune considerazioni circa la soluzione del problema dell’equilibrio mediante le equazioni cardinali della statica. Queste considerazioni potranno essere facilmente estese al problema del moto quando lo si affronti con le equazioni cardinali della dinamica (che vedremo pi` u avanti). Un qualunque sistema meccanico `e in equilibrio in una configurazione C0 se e solo se in tale configurazione ogni suo punto `e in equilibrio. Ne consegue che le configurazioni d’equilibrio di un sistema composto saranno quelle per cui ogni componente `e in equilibrio. Per determinarle occorrer`a quindi liberare ciascuna componente dagli eventuali vincoli, sia interni che esterni, sostituendoli con le relative reazioni vincolari, ed imporre che siano soddisfatte le equazioni necessarie e sufficienti per l’equilibrio. Occorrer`a quindi che per ciascun punto materiale (non facente parte di un corpo rigido) sia soddisfatta l’equazione (5.13) e per ciascun corpo rigido siano soddisfatte le equazioni cardinali (6.7).
139
Nello scrivere le equazioni (5.13) e (6.7) `e molto importante tener presente che le eventuali coppie di forze attive e di reazioni vincolari interne debbono essere tenute in considerazione, e ciascuna forza interna e ciascuna reazione vincolare deve apparire nella equazione (5.13) (se agisce su un punto) o nelle equazioni (6.7) se agisce su un corpo rigido. L’esempio che segue render`a pi` u chiara questa affermazione. Consideriamo due aste rigide AB e CD incernierate mediante una cerniera sferica negli estremi B e C (per cui B ´ C). Chiaramente le due aste esercitano l’una sull’altra un vincolo, che per il principio di azione e reazione implica una coppia di reazioni vincolari interne al sistema del tipo (B, Φ) e (C, ¡Φ), con Φ totalmente incognito e quindi del tipo Φ = Φx i + Φy j + Φz k. Ebbene, quando si scrivono le equazioni (6.9) per l’asta AB si deve includere la reazione vincolare (B, Φ), mentre quando si scrivono per l’asta CD occorre tener conto della reazione (C, ¡Φ). Per inciso, osserviamo che a volte, quando il sistema `e piano e tutte le forze attive stanno in quel piano (per esempio il piano xy), si pu`o anche avere una cerniera piana, rappresentabile perci`o con una reazione di vettore Φ = Φx i + Φy j. Le considerazioni appena fatte valgono anche nel caso in cui, calcolate le configurazioni d’equilibrio col principio dei lavori virtuali, si vogliano determinare anche le relative reazioni vincolari. In alcuni testi si parla di sistemi articolati. Si tratta di sistemi composti di aste rigide, assimilabili a segmenti rettilinei, collegate tra loro mediante cerniere. Ciascuna di queste si suppone assimilabile ad un punto materiale e costituisce un nodo. Il sistema deve essere connesso, non deve cio`e constare di parti scollegate tra di loro.
6.11 Attrito fra due corpi rigidi Nel paragrafo x5.7 si `e considerato l’attrito nel caso di un punto. Ora si vedr`a cosa significa dire che un corpo rigido C `e in quiete o si muove appoggiato in un punto O1 ad un altro corpo rigido C 1 in presenza di attrito. Come si `e gi`a detto l’attrito `e dovuto a forze, sia normali che tangenti, che si manifestano quando un corpo si muove o tenta di muoversi su un altro. Ebbene, dire che c’`e attrito fra C e C 1 significa convenire che C 1 esplica su C un sistema di reazioni vincolari equivalente ad una forza di vettore Φ e ad una coppia di momento M . La forza (O1 , Φ) si oppone al moto di strisciamento, e quindi rappresenta l’attrito radente, mentre la coppia si oppone al moto di rotazione, e perci`o rappresenta l’attrito volvente. 140
Al fine di formulare le leggi dell’attrito in statica ed in dinamica, poniamo
Φ = Φt t + Φn n = Φt + Φn M = Mt t + Mn n = M t + M n ,
(6.15)
con t versore parallelo al piano tangente e n versore normale. Osserviamo che nella terminologia della “Meccanica Applicata” la reazione (O1 , Φn ) `e detta forza normale di contatto, mentre la reazione (O1 , Φt ) `e detta forza d’attrito radente. Dal canto suo, la coppia di momento M t `e detta coppia d’attrito di rotolamento, in quanto si oppone al moto di puro rotolamento, mentre quella di momento M n `e detta coppia di attrito di giro, in quanto si oppone al moto di prillamento attorno alla normale. Noi, tuttavia, per semplificare le cose, supporremo sempre di poter trascurare la coppia, limitandoci perci`o a considerare soltanto la reazione (O1 , Φ). L’attrito in statica L’equilibrio di C1 `e garantito dalle equazioni cardinali (6.7) e dalla condizione seguente: jΦt j · fs jΦn j ,
(6.16)
La costante fs , che `e positiva, dipende dalle caratteristiche dei materiali a contatto e si chiama coefficiente d’attrito statico radente. L’attrito in dinamica Durante il moto di C1 su C , oltre alle equazioni cardinali della dinamica (che vedremo pi` u innanzi), la reazione Φ deve soddisfare — nel caso di puro rotolamento, alla condizione (6.16); — nel caso di rotolamento e strisciamento, alla condizione Φt = ¡fd jΦn j
vτ , jv τ j
(6.17)
con v τ velocit`a di trascinamento del punto di contatto O1 . Dunque, quando C 1 si muove su C , occorre distinguere il caso in cui c’`e strisciamento dal caso in cui non c’`e. In quest’ultimo caso la relazione che riguarda l’attrito radente non cambia rispetto al caso statico in quanto il punto di contatto O1 `e fermo rispetto a C . Se invece C 1 striscia su C la relazione statica (6.16) `e sostituita dalla relazione dinamica (6.17). La costante fd , che `e minore di fs , `e detta coefficiente d’attrito dinamico radente.
141
6.12 Quantit` a di moto di un sistema Definizione
Si definisce quantit`a di moto di un sistema materiale discreto (Ps , ms ), s =
1, ..., N, rispetto ad un riferimento Oxyz il vettore Q= ms v s ,
(6.18)
s
essendo v s la velocit`a di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si definisce invece Q= ρ(P )v(P )dC . C
Vale l’importantissimo Teorema
La quantit`a di moto di un qualunque sistema meccanico `e uguale alla quantit`a
di moto del baricentro qualora vi si attribuisca tutta la massa del sistema, ossia Q = M vG . Dimostrazione
Riscriviamo la formula (2.3) del baricentro, M (G ¡ O) = s ms (Ps ¡ O) ,
(6.19)
(6.20)
e deriviamola rispetto al tempo; si ha
M vG = Definizione
s
ms v s = Q .
Si definisce quantit`a di moto di un sistema materiale rispetto al baricentro la sua
quantit`a di moto rispetto ad una terna Gx′ y ′ z ′ traslante rispetto al sistema fisso Oxyz. Indicando tale grandezza con QG , nel caso di un sistema discreto si ha dunque QG =
s
ms v s′ ,
con v s′ velocit`a di Ps rispetto a Gx′ y ′ z ′ . Ebbene, vale il Teorema
La quantit`a di moto rispetto al baricentro di
un qualunque sistema materiale `e sempre nulla, cio`e QG = 0 .
(6.21)
Dimostrazione. Essendo v s′ = v s ¡ v τ (Ps ) = v s ¡ v G , e ricordando (6.19), si ha QG = s ms v s′ = s ms (v s ¡ v G ) = s ms v s ¡ s ms v G = M v G ¡ M v G = 0 . Osservazione In realt`a il teorema ora dimostrato vale qualunque sia il sistema Gx′ y ′ z ′ . La dimostrazione si fa procedendo allo stesso modo, ma con v τ (Ps ) = v G + ω £ (Ps ¡ G). ` facile verificare che il termine ms ω £ (Ps ¡ G) porta un contributo nullo a QG . E s
142
6.13 Momento delle quantit` a di moto di un sistema Si definisce momento delle quantit`a di moto (o momento angolare) di un sistema
Definizione
materiale discreto (Ps , ms ), s = 1, ..., N, rispetto al polo O1 il vettore K(O1 ) = ms v s £ (O1 ¡ Ps ) ,
(6.22)
s
essendo v s la velocit`a del punto Ps rispetto ad un sistema di riferimento Oxyz. Naturalmente la grandezza cos`ı definita dipende, oltre che dal polo O1 , dal sistema di riferimento scelto. Per un corpo continuo C si definisce invece K(O1 ) = ρ(P )v(P ) £ (O1 ¡ P )dC . C
Dati K(O1 ) e K(O2 ), essi sono legati dalla relazione K(O1 ) = K(O2 ) + M v G £ (O1 ¡ O2 ) . Infatti: K(O1 ) =
ms v s £ (O1 ¡ Ps ) =
s
=
(6.23)
ms v s £ (O1 ¡ O2 + O2 ¡ Ps )
s
ms v s £ (O2 ¡ Ps ) +
s
ms v s £ (O1 ¡ O2 ) = K(O2 ) + M v G £ (O1 ¡ O2 ) .
s
In particolare, se O2 ´ G, si ha K(O1 ) = K(G) + M v G £ (O1 ¡ G) .
(6.24)
Quando il polo O1 `e in moto rispetto ad Oxyz, il calcolo di K(O1 ) pu`o essere facilitato coinvolgendo il momento relativo delle quantit`a di moto rispetto ad O1 , vale a dire K ′ (O1 ) = ms v s′ £ (O1 ¡ Ps ) , s
essendo v s′ la velocit`a di Ps rispetto ad una terna traslante O1 x′ y ′ z ′ . Andiamo a determinare la relazione che esiste tra K(O1 ), che potremo chiamare momento assoluto, e K ′ (O1 ). Tenendo conto che per il teorema di composizione delle velocit`a si ha v s = v s′ + v(O1 ), si ha: K(O1 ) =
ms v s £ (O1 ¡ Ps ) =
s
=
s
ms v s′
£ (O1 ¡ Ps ) +
s
′
= K (O1 ) + v(O1 ) £
ms v s′ + v(O1 ) £ (O1 ¡ Ps )
ms v(O1 ) £ (O1 ¡ Ps )
s
ms (O1 ¡ Ps ) ,
s
143
ossia K(O1 ) = K ′ (O1 ) + M v(O1 ) £ (O1 ¡ G) .
(6.25)
In particolare, se come polo O1 si sceglie G, si ha K(G) = K ′ (G) .
(6.26)
Analogamente, se O1 `e un punto fisso, essendo v(O1 ) = 0, si ha K(O1 ) = K ′ (O1 ) .
(6.27)
Dunque, i momenti delle quantit`a di moto assoluto e relativo rispetto al baricentro, o rispetto ad un punto fisso, sono uguali. Di particolare importanza, ai fini pratici, `e il momento delle quantit`a di moto di un corpo rigido. A questo riguardo `e possibile ricavare una formula generale per K ′ (O1 ) che utilizza la matrice d’inerzia J del corpo relativa al punto O1 . Una volta ricavato K ′ (O1 ) mediante questa, utilizzando le formule (6.25) e (6.23), `e possibile ricavare il momento rispetto ad un qualunque polo. Qui, tuttavia, prescinderemo da tale formula limitandoci a ricavare K(O1 ) in alcuni casi semplici, ma di grande utilit`a ai fini degli esercizi. Corpo rigido traslante con velocit`a v. ′
Poich´e il corpo trasla, le velocit`a v s′ sono tutte nulle e quindi K (G) = 0. Di conseguenza, grazie alla (6.26), si ha anche K(G) = 0. Applicando poi la (6.24) si ottiene K(O1 ) = M v £ (O1 ¡ G) ,
8O1 .
(6.28)
Corpo rigido piano con asse fisso normale. Consideriamo un corpo rigido piano con un asse fisso normale al piano del corpo. Sia Oxyz il sistema di riferimento, con Oxy coincidente col piano del corpo e Oz asse fisso. Indicato con θ l’angolo di rotazione del corpo attorno all’asse ˙ fisso, si ha ω = θk. Ogni punto Ps del corpo descrive una circonferenza di centro O e raggio rs = Ps O. Indicato con ts il versore tangente a tale circonferenza in Ps e con ns il versore normale (diretto ˙ s . Inoltre, ts £ ns = k. verso O), si ha v(Ps ) = v s = rs θt Calcoliamo dunque K(O) sulla base della definizione (6.22): K(O) =
s
˙ s £ (O ¡ Ps ) = ms rs θt
˙ s £ (rs ns ) = ms rs θt
s
s
144
˙ = θ˙ ms rs2 θk
s
ms rs2 k ,
e quindi, ricordando la definizione (2.7) di momento d’inerzia, z ˙ K(O) = IO θk .
(6.29)
z Ovviamente IO rappresenta il momento d’inerzia rispetto all’asse fisso (O, k).
Corpo rigido piano in moto nel suo piano. Sia Oxyz il sistema di riferimento fisso, con Oxy coincidente col piano del corpo (e del moto) e Gx′ y ′ z ′ un sistema traslante baricentrico, con l’asse z ′ parallelo ad Oz. Il problema ha 3 gradi di libert`a; assumiamo come parametri lagrangiani l’angolo θ di rotazione del corpo e le coordinate xG e yG del ˙ baricentro. Ovviamente ω = θk. Per calcolare K(O), possiamo calcolare prima K(G) e quindi utilizzare la (6.24). Essendo ′
K(G) = K (G), il conto `e presto fatto. Rispetto al sistema traslante Gx′ y ′ z ′ il moto del ′
corpo `e rotatorio con asse fisso. Dunque, per ottenere K (G) si pu`o applicare la (6.29), ovviamente tenendo conto che in questo caso l’asse `e (G, k). Si ha quindi: ′ z ˙ K(G) = K (G) = IG θk .
(6.30)
Applicando ora la (6.24), si ottiene z z ˙ K(O) = IG θk + M v G £ (O ¡ G) = IG θ˙ + M (xG y˙ G ¡ x˙ G yG ) k .
(6.31)
Corpo rigido con asse fisso. Sia Oxyz il sistema di riferimento fisso rispetto al quale vogliamo studiare il moto del corpo rigido, con Oz coincidente con l’asse fisso. Sia poi Ox1 y1 z1 un sistema solidale col corpo con Oz1 ´ Oz. L’unico parametro lagrangiano `e rappresentato dall’angolo di 1 . rotazione θ del corpo, che pu`o essere definito come θ = xOx
Consideriamo ora un generico punto Ps del corpo e indichiamo con (x1s , y1s , z1s ) le sue coordinate rispetto alla terna solidale. Ebbene, poich´e Ps descrive la circonferenza di ˙ indicati con ts e ns i centro Qs (proiezione di Ps sull’asse) con velocit`a angolare ω = θk, versori tangente e normale a tale circonferenza in Ps , posto rs = Ps ¡ Qs , si ha 145
Ps ¡ O = x1s i1 + y1s j 1 + z1s k1 , Ps ¡ Qs = x1s i1 + y1s j 1 = ¡rs ns , Qs ¡ P s x1s i1 + y1s j 1 =¡ , rs rs ¡y1s i1 + x1s j 1 ts = , rs ˙ s. v s = rs θt ns =
Si pu`o quindi calcolare K(O): ˙ s £ (O ¡ Ps ) = K(O) = ms v s £ (O ¡ Ps ) = ms rs θt s
= θ˙
s
= θ˙
s
s
ms (¡y1s i1 + x1s j 1 ) £ (¡x1s i1 ¡ y1s j 1 ¡ z1s k1 ) = 2 ms ¡x1s z1s i1 ¡ y1s z1s j 1 + (x21s + y1s )k1 =
2 = θ˙ ¡ ms x1s z1s i1 ¡ ms y1s z1s j 1 + ms (x21s + y1s ) k1 , s
ossia
s
s
˙ 1 ¡ C ′ θj ˙ + C θk ˙ 1. K(O) = ¡B ′ θi 1
(6.32)
Osserviamo che la formula (6.29) costituisce un caso particolare della (6.32). Infatti, se il corpo rigido `e piano con asse fisso normale (come nell’esempio considerato in precedenza), ˙ 1 . Essendo k ´ k1 e C il utilizzando la (6.32), poich´e B ′ = C ′ = 0, si ottiene K(O) = C θk z momento d’inerzia del corpo rigido rispetto all’asse Oz, per cui C = IO , la (6.32) fornisce
ancora la (6.29). Nota bene. Le formule (6.28), (6.29), (6.30), (6.31) e (6.32) sono molto utili ai fini degli esercizi. Nella stragrande maggioranza di questi, infatti, i corpi rigidi considerati sono piani e mobili nel loro piano o con asse fisso. Con le formule suddette `e quindi possibile calcolare tutti i momenti delle quantit`a di moto che servono (per scrivere, come vedremo, la seconda equazione cardinale della dinamica). 6.14 Energia cinetica di un sistema Definizione
Si definisce energia cinetica di un sistema materiale discreto (Ps , ms ), s =
1, ..., N, rispetto ad un riferimento Oxyz la grandezza scalare 1 T = ms vs2 , 2 s 146
(6.33)
essendo v s la velocit`a di Ps rispetto ad Oxyz. Per un corpo continuo C si definisce invece 1 ρ(P )v 2 (P )dC . T = 2 C Vale il seguente importantissimo Teorema di K¨onig:
Per un qualunque sistema mec-
canico si ha 1 2 T = TG + M vG , 2
(6.34)
dove 1 2 ms vs′ , 2 s essendo v s′ la velocit`a del punto Ps rispetto ad una TG = T ′ (G) =
terna traslante Gx′ y ′ z ′ . Dimostrazione Poich´e si ha v s = v s′ + v G , si ha 1 1 1 2 2 T = ms vs2 = ms vs′ + ms vG + ms v s′ ¢ v G 2 s 2 s 2 s s 1 2 = TG + M vG + QG ¢ v G . 2
Ma QG in virt` u della (6.21) `e nullo. Dunque vale la (6.34). Corollari 2 — T = 12 M vG se e solo se il sistema materiale trasla;
— T = TG se e solo se il baricentro `e fermo. 2 Osservazione. Nel caso di un corpo rigido, il termine 12 M vG rappresenta l’energia cinetica
che il corpo avrebbe nel caso di moto traslatorio. Ci si riferisce perci`o a questa porzione di energia cinetica come alla energia cinetica di traslazione del corpo. Per quanto concerne invece TG , essa `e dovuta al moto del corpo rigido rispetto al baricentro. Poich´e tale moto `e sempre rotatorio, ci si pu`o riferire a TG come all’energia cinetica di rotazione del corpo. Il teorema di K¨onig permette il calcolo di T senza ricorrere alla definizione. Le difficolt`a stanno eventualmente nel calcolo di TG . Tuttavia, nel caso di un corpo rigido C, `e possibile ricavare per TG una formula assai semplice che sfrutta la matrice d’inerzia J del corpo rispetto al baricentro. Qui, per`o, come in precedenza per il momento delle quantit`a di moto, prescinderemo da tale formula limitandoci a prendere in considerazione solo casi semplici, ma utili ai fini degli esercizi. 147
Corpo rigido traslante con velocit`a v. T = 12 M v 2
Tutti i punti hanno la stessa velocit`a, per cui:
(6.35)
Corpo rigido con asse fisso. Siano (O, k) l’asse fisso e θ l’angolo di rotazione del corpo. Il generico punto Ps del corpo descrive una circonferenza di centro la proiezione Qs di Ps sull’asse di rotazione. Posto rs = Ps Qs , si ha v 2 = r 2 θ˙ 2 . Calcoliamo ora s
s
T rifacendoci alla definizione (6.33). T =
1 1 1 ms vs2 = ms rs2 θ˙ 2 = θ˙ 2 ms rs2 , 2 s 2 s 2 s
e quindi, ricordando ancora la definizione di momento d’inerzia, 1 z ˙2 I θ , 2 O
T =
(6.36)
con IO momento d’inerzia rispetto all’asse fisso. Corpo rigido piano in moto nel suo piano. Sia Oxyz il sistema di riferimento fisso, con Oxy coincidente col piano del corpo (e del moto) e Gx′ y ′ z ′ un sistema traslante con l’asse z ′ parallelo all’asse z. Assunti come parametri lagrangiani le coordinate xG e yG del baricentro e l’angolo θ di rotazione del corpo, osserviamo ˙ che si ha ω = θk. Applichiamo il teorema di K¨onig. A tal fine calcoliamo TG , che rappresenta l’energia cinetica del corpo rispetto al sistema Gx′ y′ z ′ . Rispetto a tale sistema il corpo si muove di moto rotatorio attorno all’asse fisso (G, k). Si pu`o dunque applicare il risultato (6.36) ottenendo TG =
1 z ˙2 I θ . 2 G
(6.37)
Applicando ora il teorema di K¨onig, si ha 1 1 z ˙2 1 1 z ˙2 1 2 2 2 T = TG + M vG = IG θ + M vG = IG θ + M (x˙ 2G + y˙ G ). 2 2 2 2 2 148
(6.38)
Nota bene. I risultati (6.35), (6.36) e (6.38) sono utili alla risoluzione di quasi tutti gli esercizi che verranno proposti. Abbiamo ora a disposizione tutti gli elementi necessari per introdurre: a) le equazioni cardinali della dinamica, che costituiscono uno strumento essenziale che permette di determinare sia le equazioni differenziali del moto di un sistema sia le reazioni vincolari (purch´e il loro numero sia quello minimo necessario a realizzare i vincoli); b) le equazioni di Lagrange, che permettono di scrivere le equazioni differenziali del moto di un qualunque sistema olonomo (purch´e a vincoli perfetti e bilaterali).
6.15 Equazioni cardinali della dinamica Consideriamo un sistema meccanico qualunque, e supponiamolo costituito, come al solito, di N punti materiali (Ps , ms ). Durante il moto ciascun punto Ps si muove obbedendo alla legge di Newton, per cui, tenendo anche conto del fatto che ms `e costante, si ha ms as =
dQs = F es + F is + Φes + Φis , dt
s = 1, ..., N .
Sommando su tutti gli N punti si ottiene dQ s
dt
s
=
F es + F is + Φes + Φis = F e + F i + Φe + Φi . s
Applicando il teorema della derivata di una somma e ricordando che F i = Φi = 0, si ha dQ = F e + Φe . dt Questa equazione esprime il Teorema della quantit`a di moto:
(6.39) La derivata della quantit`a di
moto di un qualunque sistema meccanico `e uguale al vettore risultante delle forze attive e vincolari esterne. Ricordando poi che Q = M v G la (6.39) pu`o essere messa in una forma equivalente di rilevante significato fisico. Risulta infatti M
d2 G = F e + Φe . dt2
(6.40)
In questa forma l’equazione esprime il Teorema del moto del baricentro: Il baricentro di un qualunque sistema meccanico si muove come se in esso fosse concentrata tutta la massa e ad esso fossero applicate tutte le forze attive e vincolari esterne. 149
Abbiamo cos`ı ricavato la prima equazione cardinale della dinamica, nelle due forme equivalenti (6.39) e (6.40). Osserviamo che in virt` u di questa equazione le forze attive e vincolari interne non hanno alcun effetto sul moto del baricentro, mentre le forze attive e vincolari esterne hanno effetto solo attraverso il loro risultante. Consideriamo ora un punto O1 qualunque, non importa se fisso o mobile rispetto al riferimento fissato. Il momento della quantit`a di moto del punto (Ps , ms ) rispetto al polo O1 per definizione `e K s (O1 ) = ms v s £ (O1 ¡ Ps ) . Derivando si ha
dK s (O1 ) dO1 = ms as £ (O1 ¡ Ps ) + ms v s £ , dt dt dPs dove si `e omesso di mettere il termine ¡ms v s £ in quanto evidentemente nullo. dt Tenendo di nuovo conto della legge di Newton e sommando quindi sugli N punti, si ottiene dO dK(O1 ) 1 F es + F is + Φes + Φis £ (O1 ¡ Ps ) + ms v s £ = dt dt s s = Ωe (O1 ) + Ωi (O1 ) + Ψe (O1 ) + Ψi (O1 ) + Q £
dO1 , dt
ovvero, ricordando che Ωi (O1 ) = Ψi (O1 ) = 0 e la (6.19), dK(O1 ) dG dO1 = Ωe (O1 ) + Ψe (O1 ) + M £ . dt dt dt
(6.41)
Questa equazione `e detta seconda equazione cardinale della dinamica. Se il polo O1 `e fisso, oppure coincide con G, oppure ha velocit`a parallela a quella di G, allora l’ultimo termine di (6.41) `e nullo, e si ha dK(O1 ) = Ωe (O1 ) + Ψe (O1 ) . dt Questa equazione esprime il Teorema del momento delle quantit`a di moto:
(6.42) La derivata del
momento delle quantit`a di moto di un qualunque sistema meccanico, rispetto ad un punto fisso o al baricentro o ad un punto con velocit`a parallela a quella del baricentro, `e uguale al momento risultante delle forze attive e vincolari esterne. Le due equazioni cardinali della dinamica (6.39) (o (6.40)) e (6.41) sono necessariamente soddisfatte durante il moto di un qualunque sistema meccanico. Supposto che il sistema abbia n gradi di libert`a con parametri lagrangiani q1 , q2 , ..., qn , ci`o significa che esiste almeno un sistema di reazioni vincolari esterne (Ps , Φes ), compatibili con i vincoli, che assieme alle n funzioni qi (t) soddisfano in ogni istante le due equazioni. 150
Osservazione.
Le equazioni cardinali della Statica (6.7) sono contenute in quelle della
Dinamica. Infatti, se il sistema `e in equilibrio, allora tutti i punti Ps sono fermi, e le equazioni (6.39) e (6.41) si riducono alle (6.7). Si pu`o dimostrare, cosa che non facciamo, che vale il seguente importantissimo Teorema
Se il sistema materiale `e un corpo rigido, soggetto a vincoli perfetti, le equazioni
cardinali della dinamica sono sufficienti a determinarne il moto. Dunque, le equazioni cardinali delle dinamica sono necessarie e sufficienti a determinare il moto di un corpo rigido. Sottolineiamo il fatto che ai fini di tale moto le forze attive e vincolari interne non hanno alcuna rilevanza, e che quelle esterne intervengono solamente attraverso i loro vettori caratteristici. Conseguenza di quest’ultima osservazione `e che se ad un corpo rigido si applicano due sistemi equivalenti di forze (ovviamente non simultaneamente!), essi producono gli stessi effetti meccanici. 6.16 Teoremi dell’energia Gli importantissimi teoremi dell’energia gi`a visti per un singolo punto materiale (vedi x5.10) si estendono facilmente ai sistemi di punti. Sia, come al solito, (Ps , ms ), s = 1, . . . , N, il sistema materiale. Teorema dell’energia cinetica o (delle forze vive): Il lavoro infinitesimo (o finito) compiuto da tutte le forze applicate ad un sistema materiale `e uguale alla variazione infinitesima (o finita) di energia cinetica. Dimostrazione:
Dal paragrafo 5.10 sappiamo gi`a che per ogni punto Ps si ha dLs = dLs + dρs = dTs .
Sommando su tutti i punti, si ottiene dL = dL + dρ = dT ,
(6.43)
e ci`o dimostra il teorema nella versione infinitesima. Per quanto concerne poi la dimostrazione della versione finita del teorema, occorre integrare la relazione (6.43) su un intervallo di tempo finito, ad esempio l’intervallo (t0 , t). Posto quindi T0 = T (t0 ) e T = T (t) e indicate con C0 la configurazione del sistema all’istante t0 e con C quella all’istante t, ricordando la definizione (4.29), si ha C t L = (Γ) dL = dT , C0
151
t0
essendo Γ la traiettoria percorsa dal sistema (nello spazio delle configurazioni) per andare da C0 a C. Ora, tenendo conto che dT `e il differenziale della funzione T (t) e indicando con L il lavoro finito, si ha L = T ¡ T0 .
(6.44)
Con ci`o il teorema `e dimostrato completamente. Sottolineiamo il fatto che dL e L rappresentano il lavoro, rispettivamente infinitesimo e finito, di tutte le forze (e quindi sia attive che vincolari). Se poi i vincoli sono scleronomi perfetti, allora dρ = 0 (vedi x4.29, ultime righe) e di conseguenza si ha dL = dT
oppure
L = T ¡ T0
a seconda che lo spostamento del sistema sia infinitesimo o finito. Teorema di conservazione dell’energia (senza dimostrazione):
L’energia meccanica totale di
un sistema meccanico conservativo si mantiene costante durante il moto, ossia T +V =T ¡U =E.
(6.45)
La costante E, che rappresenta l’energia meccanica totale, si determina, come gi`a sappiamo, attraverso le condizioni iniziali. 6.17 Integrali primi Definizione
Si definisce integrale primo del moto del sistema meccanico una funzione ψ dei
suoi parametri lagrangiani qi , delle sue velocit`a generalizzate q˙i e del tempo t, che rimane costante durante il moto, ossia ˙ ψ(q(t), q(t), t) ´ ψ(q1 (t), ..., qn (t), q˙1 (t), ..., q˙n (t), t) = C ,
(6.46)
dove C `e una costante che si determina attraverso le condizioni iniziali. Un primo esempio di integrale primo `e fornito dal teorema di conservazione dell’energia. Come abbiamo appena visto, esso esiste quando il sistema meccanico `e a vincoli fissi e perfetti, e il sistema di forze `e conservativo. In tal caso, abbreviando la notazione, si ha ˙ ¡ U (q) = T0 ¡ U0 . T (q, q) Altri integrali primi possono derivare dalle equazioni cardinali della dinamica. Se accade che il secondo membro di (6.39) oppure di (6.42) ha componente nulla lungo una direzione, questo comporta l’esistenza di un integrale primo. Per esempio, (F e + Φe ) ¢ k = 0
=)
dQ ¢k =0 dt
=) 152
dQz =0 dt
=)
Qz = Q0z = cost ,
comporta la conservazione della quantit`a di moto lungo l’asse z. Analogamente, se il secondo membro della seconda equazione cardinale della dinamica ha componente nulla lungo una direzione, ad esempio l’asse z, si ha dKz (G) = 0 =) Kz (G) = Kz0 = cost , dt il che implica la conservazione del momento delle quantit`a di moto lungo l’asse z. (Ωe (G) + Ψe (G)) ¢ k = 0
=)
Consideriamo ora alcuni esempi. — Il sistema solare, essendo (in buona approssimazione) un sistema isolato, cio`e non soggetto a forze esterne, ha sia F e + Φe = 0, per cui Q = Q0 , sia Ωe (G) + Ψe (G) = 0, da cui K(G) = K 0 (G). Il primo integrale primo implica che il moto del baricentro del sistema solare sia rettilineo uniforme (rispetto alle stelle fisse), il secondo che il piano passante per G e normale a K 0 (G) conservi giacitura costante (sempre rispetto alle stelle fisse). — Una persona ferma su un piano orizzontale liscio non pu`o muoversi parallelamente al piano se non lanciando un oggetto. In tal caso, se M ed m sono le masse rispettivamente della persona e dell’oggetto, e V e v le rispettive velocit`a dopo il lancio, essendo Q0 = m mv + M V = 0, si ha V = ¡ M v.
— Il baricentro di un proiettile che scoppia (a causa di forze interne), nel vuoto (e quindi in assenza di forze resistenti dovute al mezzo) continuerebbe a muoversi dopo lo scoppio come se niente fosse accaduto. — Si consideri una ballerina come un corpo rigido ruotante attorno ad un asse z verticale. Poich´e il peso e la reazione vincolare hanno momento assiale (lungo z) nullo, ne consegue Kz = C θ˙ = Iz θ˙ = cost. Ci`o significa che quando la ballerina apre le braccia, Iz aumenta e θ˙ diminuisce, mentre Iz diminuisce facendo aumentare θ˙ quando la ballerina porta le braccia in alto vicino all’asse. 6.18 Studio del moto e determinazione delle reazioni vincolari mediante le equazioni cardinali della Dinamica Le equazioni cardinali (6.40) e (6.42) della Dinamica, che in generale comportano 6 equazioni scalari indipendenti, permettono sempre di determinare il moto di un corpo rigido. Infatti, se n `e il numero di gradi di libert`a del corpo, `e sempre possibile ricavare dal sistema delle 6 equazioni scalari n equazioni non contenenti le reazioni vincolari che costituiscono le equazioni differenziali del moto del corpo.
153
Se il numero delle reazioni vincolari scalari `e 6¡n, il che significa che non ci sono reazioni ”superflue”, allora, dopo aver risolto il problema del moto, `e possibile determinare ` importante sottolineare che un numero sovrabbondante di anche le reazioni vincolari. E reazioni vincolari scalari, sovrabbondante nel senso di maggiore rispetto a quello strettamente necessario per realizzare i vincoli, in ogni caso impedisce solamente di determinare completamente le reazioni vincolari, ma non di risolvere il problema del moto. Si consiglia di rileggere attentamente il x5.1 e il x6.7, facendo per quest’ultimo le dovute trasposizioni dal caso statico a quello dinamico. In vista dell’utilizzazione delle equazioni cardinali della dinamica ai sistemi composti, si consiglia di rileggere anche il x6.10, nonch`e il x6.11 per i problemi con attrito.
6.19 Principio di D’Alembert Consideriamo un sistema meccanico costituito da N punti materiali (Ps , ms ). Qualunque siano i vincoli a cui esso `e soggetto e qualunque sia il sistema delle forze attive che lo sollecita, ciascun punto Ps si muove obbedendo alla legge di Newton. Valgono dunque durante il moto le equazioni ms as = F s + Φs ,
s = 1, ..., N ,
che si possono anche scrivere F s ¡ ms as + Φs = 0 ,
s = 1, ..., N .
(6.47)
Interpretando ciascuno dei vettori ¡ms as come una forza (ne ha le dimensioni), che chiameremo forza d’inerzia relativa al punto Ps , le (6.47) dicono quanto segue: durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze attive, le forze d’inerzia e le reazioni vincolari si fanno equilibrio. Poich´e le reazioni Φs rappresentano le azioni dei vincoli, si pu`o anche dire che durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni istante le forze attive e le forze d’inerzia si fanno equilibrio in virt` u dei vincoli. A questo enunciato si pu`o dare un’altra forma osservando che si pu`o scrivere F s = ms as + (F s ¡ ms as ) ,
s = 1, ..., N .
In base a questa osservazione la forza attiva agente su ciascun punto Ps pu`o essere scomposta in due componenti: la prima, di vettore ms as , rappresenta la forza che sarebbe atta ad imprimere al punto Ps , qualora fosse libero, lo stesso moto che esso acquista sotto l’azione combinata dell’intera forza F s e dei vincoli; la seconda componente, il cui vettore
154
`e F s ¡ ms as (e quindi somma dei vettori della forza attiva e della forza d’inerzia), rappresenta quella parte di F s che va perduta per compensare i vincoli. Ci`o giustifica il nome di forze perdute che di solito si d`a alle componenti F s ¡ ms as . Riprendendo ora le equazioni (6.47), riscritte in modo da evidenziare le forze perdute, (F s ¡ ms as ) + Φs = 0 ,
s = 1, ..., N ,
si pu`o enunciare il Principio di D’Alembert:
Durante il moto di un qualunque sistema meccanico, in ogni
istante le forze perdute e le reazioni vincolari si fanno equilibrio. L’interesse del principio di D’Alembert consiste nel fatto che permette di ridurre ciascun problema di dinamica ad un problema di statica: a tal fine basta sostituire alle forze attive le forze perdute (o, equivalentemente, aggiungere alle forze attive le forze d’inerzia).
6.20 Equazioni di Lagrange Dato un sistema a vincoli perfetti e bilaterali, ad n gradi di libert`a e con parametri lagrangiani qk , si pu`o dimostrare che valgono le seguenti equazioni di Lagrange: d ∂T ∂T = Qk , ¡ dt ∂ q˙k ∂qk
k = 1, ..., n .
(6.48)
Si tratta di un sistema di n equazioni differenziali del 2◦ ordine nelle n incognite qk (t), che rappresentano le equazioni differenziali del moto del sistema. Osserviamo che per scriverle ˙ q) e le forze generalizzate Qk = Qk (q, ˙ q, t). occorre ricavare l’energia cinetica T = T (q, Associando poi alle equazioni (6.48) le condizioni iniziali fqk (0)g e fq˙k (0)g, e risolvendo il corrispondente problema di Cauchy, si determina il moto del sistema meccanico. Esempio: equazioni di Lagrange per un corpo rigido con asse fisso. A titolo di esempio andiamo a calcolare l’equazione differenziale del moto di un corpo rigido con un asse fisso. Sia θ, angolo di rotazione del corpo, il parametro lagrangiano. Come abbiamo visto nel x6.14 (formula (6.36)), l’energia cinetica vale 1 T = Iz θ˙ 2 , 2 con Iz momento d’inerzia del corpo rispetto all’asse fisso. Per poter scrivere l’equazione di Lagrange serve la forza generalizzata Qθ , per ricavare la quale occorre scrivere il lavoro infinitesimo dL delle forze attive.
155
Considerato un punto O1 del corpo appartenente all’asse, in virt` u della formula (4.33), tenendo poi conto che O1 `e fisso, si ha dL = F e ¢ dO1 + Ωe (O1 ) ¢ adθ = Ωe (O1 ) ¢ kdθ = Ωez (O1 )dθ . Dunque: Qθ = Ωez , dove si `e omessa l’indicazione del polo per l’indipendenza del momento assiale dalla scelta del polo sull’asse. Pertanto, scrivendo l’equazione di Lagrange si ha d ˙ Iz θ = Ωez , dt e quindi, mettendo in evidenza i parametri da cui dipende il secondo membro, ˙ θ, t) . Iz θ¨ = Ωez (θ,
(6.49)
6.21 Equazioni di Lagrange per un sistema conservativo Se il sistema meccanico `e conservativo, allora le forze generalizzate di Lagrange si ottengono dal potenziale U = U (q1 , q2 , ..., qn ) mediante le relazioni ∂U Qk = , k = 1, ..., n . ∂qk Le equazioni di Lagrange diventano perci`o d ∂T ∂U ∂T = , k = 1, ..., n , ¡ dt ∂ q˙k ∂qk ∂qk ∂U = 0, si pu` o scrivere ∂ q˙k d ∂T ∂U ∂T ∂U + ¡ + = 0, dt ∂ q˙k ∂ q˙k ∂qk ∂qk
e tenendo conto che
k = 1, ..., n ,
o, equivalentemente,
d ∂(T + U ) ∂(T + U ) = 0, ¡ dt ∂ q˙k ∂qk
k = 1, ..., n .
Allora, definita la funzione L = T + U , le equazioni di Lagrange assumono la seguente semplice forma
∂L d ∂L ¡ = 0, dt ∂ q˙k ∂qk
k = 1, ..., n .
(6.50)
La funzione L `e detta funzione di Lagrange, o pi` u semplicemente, Lagrangiana. Essa risulta ˙ q), e riassume tutte le propriet`a e le caratteristiche del sistema meccanico del tipo L = L(q, conservativo in questione. Infatti, nota L ed assegnate le condizioni iniziali, le equazioni (6.50) determinano il moto del sistema.
156
6.22 Pendolo fisico. Definizione
Si chiama pendolo fisico (o pendolo composto) un corpo rigido soggetto solo al
peso con un asse fisso n`e baricentrico n`e verticale. L’asse `e detto asse di sospensione. Sia α l’angolo che l’asse fisso Oz del pendolo forma con la verticale ascendente, con O proiezione del baricentro G sullo stesso asse. Allora G descrive una circonferenza di centro O e raggio d = GO nel piano normale all’asse. Assumiamo tale piano come piano xy, con Ox orizzontale e Oy coincidente di conseguenza con la linea di massima pendenza (verso ascendente). Si tratta di scrivere l’equazione del moto, che come abbiamo visto `e data dalla (6.49). A tal fine, indicato con θ l’angolo fra il vettore G ¡ O e la direzione negativa dell’asse y (in modo che a θ=0 corrisponde la posizione d’equilibrio stabile del corpo), si ha mg = ¡mg sin αj ¡ mg cos αk , G ¡ O = d sin θi ¡ d cos θj , Ωz = mg £ (O ¡ G) ¢ k = ¡mgd sin α sin θ . Indicato con Iz il momento d’inerzia rispetto all’asse fisso, l’equazione differenziale del moto `e Iz θ¨ = ¡mgd sin α sin θ .
(6.51)
mgd sin α g sin α Iz e ω2 = = , si ritrova la (5.32), cio`e l’equazione md Iz ℓ di un pendolo semplice di lunghezza ℓ:
Posto poi ℓ =
θ¨ + ω2 sin θ = 0 . Il pendolo fisico, avendo la stessa equazione del moto del pendolo semplice, d`a luogo agli stessi moti di quest’ultimo. Naturalmente ci`o va inteso nel senso che ciascun punto del corpo rigido (compreso il baricentro G) si muove come se fosse un pendolo semplice. Osservazioni. — Per α = 0 l’asse `e verticale e l’equazione (6.51) fornisce θ¨ = 0, che implica rotazione uniforme oppure quiete. Chiaramente in questo caso il corpo non `e pi` u un “pendolo”. — Se l’asse `e baricentrico si ha di nuovo θ¨ = 0, e quindi si ha ancora rotazione uniforme oppure quiete. — Se l’asse `e baricentrico o verticale ogni posizione `e d’equilibrio (equilibrio indifferente). 157
Bibliografia
Testi teorici: Biscari Paolo, Tommaso Ruggeri, Saccomandi Giuseppe, Vianello Maurizio, Meccanica Razionale per l’Ingegneria, Monduzzi. Cercignani Carlo, Spazio Tempo Movimento, Zanichelli. Fabrizio Mauro, La Meccanica Razionale e i suoi Metodi Matematici, Zanichelli. Graffi Dario, Lezioni di Meccanica Razionale, Patron.
Eserciziari: Bampi Franco, Benati Mauro e Morro Angelo, Problemi di Meccanica Razionale, ECIG. Augusto Muracchini, Tommaso Ruggeri e Leonardo Seccia, Esercizi e Temi d’esame di Meccanica Razionale, Esculapio.
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Indice analitico accelerazione, 35 assoluta, 54 centripeta (o normale), 36 di Coriolis (o complementare), 55 di gravit` a, 93 di trascinamento, 55 relativa, 54 tangenziale, 36 ampiezza del moto, 37 angoli di Eulero, 42 angolo, di nutazione, 42 di precessione, 42 di rotazione, 47 di rotazione propria, 42 angolo fra due vettori, 6 ascissa curvilinea, 31 asse, centrale di un sistema di forze, 87 di figura, 65 di istantanea rotazione, 47 di precessione, 65 elicoidale o di Mozzi, 49 assi, centrali d’inerzia, 29 principali d’inerzia, 28 atto di moto, 45 attrito, 111, 140 radente, 140 volvente, 140 autovalori di una matrice, 28 autovettori, 28
componente di un vettore lungo una direzione, 13 componenti cartesiane di un vettore, 11 composizione, degli stati cinetici, 51 di due o pi` u forze, 89 condizioni iniziali, 106 configurazione, 72 d’equilibrio di un punto, 109 d’equilibrio di un sistema meccanico, 126 di confine, 80 interna, 80 coordinate lagrangiane, 75 coppia, d’attrito, 141 di forze, 86 elastiche, 101 corpo, deformabile, 23 omogeneo, 21 rigido, 23, 40 costante, di gravitazione universale, 101 elastica, 101 curvatura, 32 curve polari, 58
baricentro, 21, 93 base, 58 binormale, 33 braccio, 83 di una coppia, 86
decomposizione di un vettore, 5 densit` a di massa, 21 derivata, di un punto, 18 di un versore, 18 di un vettore, 17 diagramma orario, 37 differenza di due vettori, 4 differenziale di un vettore, 17 direzione di un vettore, 1 divisione vettoriale, 14 doppio prodotto vettoriale, 14
centro, delle forze parallele, 91 di istantanea rotazione, 58 di massa, 21 cerchio osculatore, 32 cerniera, piana, 140 sferica, 140 cicloide, 60 coefficienti d’attrito, 111, 141
ellissoide d’inerzia, 26 centrale, 29 energia, cinetica, 115, 146 di un corpo rigido (esempi), 148 di un punto, 115 di un sistema di punti, 146 meccanica totale, 116 potenziale, 116 epiciclo, 60
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equazione, della quantit` a di moto, 115 differenziale, 38 del pendolo semplice, 119 di Newton, 71, 106 vettoriale del moto, 33 equazioni, cardinali della dinamica, 149 cardinali della statica, 132 cartesiane del moto di un punto, 33 differenziali del moto, 106 di Lagrange, 155 per un sistema conservativo, 156 parametriche di base e rulletta, 61 equilibrio, 126 dei sistemi conservativi, 129 dei sistemi a vincoli perfetti, 128 di un corpo rigido, 133 appoggiato in un punto ad un piano, 137 con un asse fisso, 135 di un punto, 109 appoggiato ad un piano liscio, 110 libero, 110 vincolato ad una curva liscia, 111 vincolato ad un piano liscio, 110 indifferente, 130 instabile, 130 relativo, 123 stabile, 130 fase iniziale, 37 forma differenziale esatta, 99 formula fondamentale della cinematica rigida, 44 formule, di Poisson, 43 di trasformazione di coordinate, 53 forza, 68 assoluta, 70, 123 attiva, 81 centrifuga, 124 conservativa, 97 costante, 100 di Coriolis, 122 di trascinamento, 122 elastica, 101 esterna, 81 interna, 81 Newtoniana, 101 peso, 92, 125 posizionale, 97 resistente, 117 risultante, 69, 88 viscosa, 70 forze, d’inerzia, 154 fittizie, 123 generalizzate di Lagrange, 94 perdute, 155
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frequenza, 38 funzione, di Lagrange, 155 potenziale, 98 geometria delle masse, 20 glifo, 60 grandezze, scalari, 1 vettoriali, 1 integrale generale, 38, 107 integrale primo del moto, di un punto, 118 di un sistema materiale, 152 invariante, di un sistema di forze, 84 di uno stato cinetico rigido, 46 ipociclo, 60 isocronismo del pendolo, 121 istante, di arresto, 46 iniziale, 106 Lagrangiana, 156 lavoro, finito, 95, 97 infinitesimo reale, 94 virtuale, 95 legge, dell’isocronismo del pendolo, 121 del moto incipiente, 109 di Newton, 71, 106 oraria del moto, 34 leggi fondamentali della Meccanica, 70 linea nodale, 42 massa, 20, 93 matrice, definita positiva, 26 d’inerzia, 26 modulo di un vettore, 1 momento, assiale, 84 centrifugo, 25 della quantit` a di moto (o angolare), 117, 143 di un corpo rigido (esempi), 144 di un punto, 117 di un sistema di punti, 143 di deviazione, 25 d’inerzia, 23 centrale , 29 polare, 28 principale, 28 di una coppia di forze, 86 di una forza, 83 risultante di un sistema di forze, 83
moto, cicloidale, 60 di un corpo rigido, 149 con asse fisso, 155 di precessione, 65 di piroettamento, 67 di puro rotolamento, 61, 67, 74 di rotolamento, 67 di strisciamento, 67 piano, 57 rispetto ad un suo punto, 64 rotatorio, 49 rototraslatorio, 50 traslatorio, 46 di un punto, 106, 107 accelerato, 37 aperiodico con smorzamento critico, 38 aperiodico smorzato, 38 appoggiato ad un piano liscio, 108 asintotico, 121 circolare, 39 diretto, 34 libero, 106 oscillatorio armonico, 37 oscillatorio smorzato, 38 periodico, 37, 121 relativo, 121 retrogrado, 34 rettilineo, 36 ritardato, 37 rivolutivo, 121 uniforme, 34, 36 uniformemente vario, 37 vincolato ad una curva liscia, 108 vincolato ad un piano liscio, 107 epicicloidale, 60 ipocicloidale, 60 rigido piano, 57
piano, orizzontale, 93 osculatore, 32 piccole oscillazioni del pendolo semplice, 120 polo, delle accelerazioni, 63 del momento della quantit` a di moto, 117 del momento di una forza, 83 posizione d’equilibrio di un punto, 109 postulato delle reazioni vincolari, 81 potenza di una forza, 102 potenziale, 98 precessione, 42, 65 principio, d’azione e reazione, 71 dei lavori virtuali, 127 d’inerzia, 70 di D’Alembert, 154 problema, di Cauchy, 106 di cinematica relativa, 53 di dinamica relativa, 121 di statica relativa, 123 staticamente determinato, 133 prodotto, d’inerzia, 25 di un numero per un vettore, 2 misto, 9 scalare (o interno), 6 vettoriale (o esterno), 8 profili coniugati, 59 pulsazione, 37 punto d’applicazione, 2, 68 punto materiale, 20
normale principale, 32 numero di gradi di libert` a, 74 nutazione, 42 operazioni elementari sulle forze, 89 ordine di un’equazione differenziale, 38 oscillatore armonico, 114 oscillazioni libere, 112
raggio di curvatura, 32 rappresentazione cartesiana dei vettori, 10 reazione vincolare, 81 esterna, 82 interna, 82 regola del cavatappi, 8 relazioni di Coulomb per l’attrito, 111 risultante, 83, 88 rotazione propria, 42 rotolamento senza strisciamento, 61, 67 rulletta, 58 scomposizione, di una forza, 89 di un vettore, 5 scorrimento di una forza, 89 simmetria geometrico-materiale, 22
parametri lagrangiani, 75 pattino, 77 pendolo, fisico (o composto), 157 semplice (o ideale o matematico), 119 periodo, 37 peso, 92
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quantit` a di moto, di un punto, 115 di un sistema di punti, 142
sistema, di forze, 83 conservativo, 98 elementare, 86 interne, 90 parallele, 91 di riferimento, assoluto (o fisso), 53 inerziale o Galileiano, 70 mobile (o relativo), 53 solare, 66 stellare, 66 terrestre-stellare, 66 sistema materiale, 71 sistema meccanico, 71 conservativo, 129 iperstatico, 134 libero, 72 olonomo, 76 reonomo, 73 scleronomo, 73 vincolato, 72 sistemi equivalenti, di forze, 85 di riferimento, 65 somma di vettori, 2 spazio delle configurazioni, 76 spostamento, 33 infinitesimo reale, 73 invertibile, 79 proibito, 79 virtuale, 78 stato cinetico, 45 elementare, 45 elicoidale, 45, 49 nullo, 45 rigido, 46 rotatorio, 45, 47 traslatorio, 45
teorema, di Coriolis, 55 di Huyghens (o di Steiner), 24 di K¨ onig, 147 di Mozzi, 49 di riduzione per un sistema di forze, 89 di Torricelli, 131 terna intrinseca, 33 traiettoria di un punto, 33 traiettorie polari, 58 trasformazioni di Galileo, 66 velocit` a, 34 angolare, 39, 47 assoluta, 54 di trascinamento, 55 generalizzate, 75 relativa, 54 scalare, 34 vettoriale, 34 verso di un vettore, 1 versore, 1 normale, 33 tangente, 32 verticale per un punto, 93 vettore, 1 applicato, 2 di una forza, 68 libero, 1 nullo, 1 opposto, 2 risultante, 3, 83 spostamento, 33 velocit` a angolare, 43 vettori, caratteristici di uno stato cinetico rigido, 46 caratteristici di un sistema di forze, 83 concordi, 2 discordi, 2 equipollenti, 1 paralleli, 2 vincolo, 72 bilaterale, 74 esterno, 73 finito, 74 interno, 73 liscio (o senza attrito), 82, 102 perfetto (o ideale), 102 reonomo (o mobile), 72 scabro (o con attrito), 82 scleronomo (o fisso o stazionario), 72 unilaterale, 74
tensore d’inerzia, 26 teorema, della quantit` a di moto, 149 delle forze vive (o dell’energia cinetica), per un punto, 115 per sistema di punti, 151 del momento della quantit` a di moto, 150 del moto del baricentro, 149 di composizione delle accelerazioni, 55 di composizione delle velocit` a, 54 di conservazione dell’energia, per un punto, 116 per un sistema, 152
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