IL LIBERO SENTIERO
Mauro Biglino
CHIESA ROMANA CATTOLICA E MASSONERIA Realmente così diverse?
ISBN 978-889762-315-1 © 2009 Uno Editori Prima edizione: aprile 2009 Tutti i diritti sono riservati Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, corso di Porta Romana 108, Milano 20122, e-mail
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Prefazione dell’editore
Per me la religione è una storia d’amore personale con l’esistenza. Non ha nulla a che fare con le Sacre scritture, niente a che fare con il sapere, con l’apprendimento, queste sono cose prive di senso. Osho, Una storia d’amore con l’esistenza (Uno editori, 2009)
È semplice parlare di religione e di vita, lo facciamo da secoli… ma essere religiosi e trovare la scintilla che potrebbe unire il mondo è ben altra cosa… Si parla di “percorsi iniziatici” o di “fede”, ma la vera Iniziazione e la vera fede, sono legate indissolubilmente a quel fenomeno chiamato consapevolezza, alla verità oggettiva di quel che è, e non appartengono al mondo della soggettività culturale. La Terra è divisa in fazioni perennemente in lotta tra loro: religioni contro religioni, dio contro dio (o contro dèi…), sette contro sette, “appartenenze” contro “appartenenze”,
politici contro politici, ideologie contro ideologie, uomini contro uomini (o uomini contro donne e viceversa…), movimenti spirituali contro movimenti spirituali… Alcuni cercano il “dialogo”, ma pochi sono in grado di vedere oltre la propria mente; si discute di “incontro tra le religioni”, di “dialogo per la pace”, ma ho sentito poche parole di saggezza tra coloro che sono definiti i “leader del mondo”. Forse tutto ciò a cui abbiamo sempre creduto… potrebbe essere falso? Le gabbie sono tante, e sembra che all’uomo piaccia girovagare da una cella all’altra. Un uomo libero è colui che con forza e coraggio inizia un sentiero Iniziatico, libero dal gioco delle appartenenze, libero dal conosciuto… Lavorare per il bene dell’umanità vuol dire “semplicemente” liberarsi dai concetti obsoleti di Nazione e di Religione, per sostituirli con Umanità e Religiosità. I l libero sentiero della ricerca dovrebbe essere percorso a cuor leggero, con il coraggio del guerriero che impugna e usa la spada, per tagliare le radici dell’inconsapevolezza. Come uomini di ricerca, ogni tanto (per tenere la mente in allenamento) dovremmo chiederci: «Che cosa siamo rispetto all’immensità delle galassie? Che cosa sono i settanta o gli ottanta anni di vita conosciuta che vivremo, rispetto allo sconosciuto da esplorare?». E dovremmo mettere serenamente in discussione le risposte già sentite: è impossibile rispondere attraverso le impalcature culturali delle tante ideologie, nessuno si è mai illuminato all’interno di una stanza buia, si deve uscire allo scoperto per vedere i raggi del sole… Sono convinto che l’umanità intera sarà matura, e si avvierà verso una ricostituzione, quando il gioco delle appartenenze terminerà e ogni singolo individuo si reggerà in piedi da
solo, libero da ogni idea preconcetta, e conoscerà per la prima volta la responsabilità individuale di essere parte di un gioco immenso e misterico chiamato vita, nel quale ognuno è chiamato a partecipare con un senso di responsabilità totale nei confronti della collettività (come un bimbo che si stacca dalla mano della mamma per camminare, e lentamente Inizia a esplorare e conoscere la vita…).
Ho deciso di inserire nella collana “Il libero sentiero” il testo Chiesa romana cattolica e Massoneria, nella speranza che le menti aperte colgano i giochi invisibili che tengono l’uomo bloccato ai piani bassi della scala dell’evoluzione (siamo progrediti in alcuni campi, ma la natura umana e la sfera interiore sono rimaste inalterate nei secoli). L’intento è di stimolare l’approfondimento e la riflessione, per cercare di andare oltre il conosciuto, e chiedersi: tutte le filosofie, i secoli di pratiche religiose, fede cieca e ideologie politiche… hanno forse reso l’uomo più consapevole e l’umanità più armoniosa? A noi la risposta. L’editore
libertà Ci danno gabbie con la chiave, ognuno se ne può andare ognuno può rimanere. Pochi escono, pochi lo sanno.* * In Di spirito e d’amore (opera inedita).
CHIESA ROMANA CATTOLICA E MASSONERIA
Introduzione
Come nasce questo libro? Da circa trent’anni l’autore studia le religioni e la loro storia, e traduce i testi del Cristianesimo dalle lingue originali (Vangeli dal greco e Antico Testamento dall’ebraico). Dodici anni fa, circa, nasce in lui la curiosità per la Massoneria, comincia a studiarne la nascita, i contenuti, le dottrine e le finalità. Nel corso di questo duplice cammino di ricerca iniziano a presentarsi in modo sostanzialmente automatico delle strane coincidenze, delle consonanze, concetti che si rincorrono, contenuti che fanno capolino da una parte e dall’altra, proposizioni che si richiamano quasi uguali, indicazioni che ritornano, frasi massoniche che paiono estratte dai Vangeli cristiani e affermazioni della gerarchia ecclesiastica che sembrano citazioni di articoli delle riviste massoniche. L’autore avverte insomma una situazione quanto meno strana, certamente inattesa; la sua curiosità cresce e l’esame si approfondisce in una direzione precisa, assumendo i contorni
di una ricerca mirata che porta a risultati sorprendenti. Quando si affronta lo studio di ordini simbolici o di istituzioni religiose si possono percorrere diverse strade,tra le quali l’esame approfondito di alti concetti spirituali, esoterici e/o iniziatici, oppure la “via dietrologica”, che porta la fantasia degli autori a creare il mistero, per poi affermarne l’esistenza e analizzarlo come se fosse reale. In questa particolare circostanza le modalità del cammino sono state dettate dalla singolarità di quanto si presentava spontaneamente: ne è scaturito un libro che offre una visione sinottica di temi affrontati e presentati in parallelo, affiancati in un confronto diretto, teso a evidenziare le corrispondenze, senza necessità di analisi dotte o di interpretazioni fantasiose. Tutti possono insomma vedere e comprendere: è sufficiente una curiosità schietta e libera da preconcetti. Si osserverà così un quadro singolare e si scoprirà che la realtà può essere assai più affascinate del presunto mistero! Chiesa romana cattolica apostolica e Massoneria, due organizzazioni che, specialmente in Italia, hanno sempre rappresentato il paradigma di un contrasto storicamente insanabile. Bolle di scomunica, dialoghi impossibili, critiche feroci e spesso anche gratuitamente denigratorie, accuse reciproche… insomma una storia fatta di chiusure e timidi tentativi di aprire brecce in un muro di incomprensione. Nella società contemporanea situazioni simili sono diffuse in ogni ambito della cultura, della società, delle religioni, della politica, e la via che viene indicata come l’unica percorribile per porre termine ai contrasti è quella della ricerca e della sottolineatura dei tratti che accomunano, delle convinzioni che si condividono, delle affermazioni che
collimano, degli obiettivi che a volte addirittura coincidono. Questo libro dimostrerà come queste due organizzazioni siano molto più simili di quanto non si pensi: nelle dottrine della Chiesa romana e nelle parole dei suoi massimi rappresentanti si trovano rispecchiati in modo stupefacente concetti, atteggiamenti, principi, indicazioni e finalità che appartengono storicamente alla Massoneria. Quando si parla in particolare di questa organizzazione, specie in Italia, si affronta un tema spinoso e allora è bene essere chiari e univoci. Tutto ciò che si citerà in questo libro in relazione alla Chiesa appartiene alla dottrina comunemente conosciuta, diffusa attraverso i Libri sacri, le pubblicazioni ufficiali, la predicazione e le affermazioni dei suoi massimi rappresentanti. Tutto ciò che si dirà in relazione alla Massoneria è contenuto negli scritti massonici, che sono di pubblico dominio in quanto la Massoneria è molto più aperta al pubblico – o “mondo profano”, come viene normalmente definito – di quanto non si pensi. Nella “Bibliografia essenziale” si troveranno citate le fonti, costituite da: riviste massoniche, testi di autori massoni e non, studi storici e siti Internet. Non appartengono agli obiettivi di questo scritto la valutazione dei contenuti e tanto meno la formulazione di giudizi. Non ci occuperemo quindi di quanto di negativo è stato, a torto o a ragione, storicamente attribuito alle due organizzazioni. Non esamineremo la più o meno coerente applicazione delle dottrine, perché questa
compete alle scelte dei singoli individui, massoni o cristiani che siano. Ci limiteremo quindi a raccontare ed evidenziare le straordinarie corrispondenze tra le due istituzioni. Questo testo non si occupa quindi di etica, di morale, di filosofia o di antropologia, non contiene sottili analisi storiche, psicologiche o sociali, ma semplicemente mette a confronto due mondi che sono sempre apparsi tradizionalmente inconciliabili. L’interesse delle pagine che seguono risiede dunque in questo: dal semplice racconto dei contenuti che veicolano e degli obiettivi che apertamente dichiarano, appare evidente che questi due mondi presentano molti elementi curiosamente sovrapponibili, e scopriremo così che molti motivi di quel contendere che da sempre caratterizza i loro rapporti sembrano non avere in realtà un razionale fondamento. Abbiamo scelto di realizzare questo confronto su aspetti che sono essenziali per la vita delle due organizzazioni, evitando di occuparci di temi superficiali che non avrebbero alcuna valenza in relazione a quanto invece risulterà evidente. Si vedrà insomma come la Chiesa romana sia molto più simile alla Massoneria di quanto non si creda, al punto che spesso molte affermazioni dei suoi massimi rappresentanti potrebbero essere attribuite alle gerarchie massoniche senza apportare alcuna variazione e senza necessità di interpretazioni o adattamenti. Precisiamo infine che tutto ciò che è contenuto in questo libro rappresenta esclusivamente il libero pensiero dell’autore, che ha condotto la ricerca e ne espone i risultati.
1 La difficoltà di distinguere
Ogni genere di discriminazione […] in ragione del sesso, della stirpe, del colore, della condizione sociale, della lingua o della religione, deve essere superato ed eliminato. Catechismo della Chiesa cattolica, art. 1935
È stato detto: «Se due sono in pace tra di loro in una stessa casa, essi potranno dire ad una montagna “Spostati!” ed essa si sposterà». L. Pruneti, Scritti massonici
Questo libro si apre con un capitolo quanto meno originale: un test! Abbiamo scelto di iniziare in questo modo per consentire al lettore di verificare di persona quanto sia difficile operare una distinzione netta, al di là di quello che potrebbe essere il cosiddetto senso comune. Tutti abbiamo le idee più o meno chiare sulla Chiesa cattolica, ma solo pochi hanno
idee o conoscenze sulla Massoneria: si dice, si pensa, ne parlano a volte i mezzi di comunicazione, circolano voci… Insomma, si vive soprattutto di mezze informazioni, sensazioni… Nondimeno vale la pena di provare a divertirsi con l’esercizio che proponiamo: non conta il risultato e non si viene ovviamente valutati! Al termine della prova ci si accorgerà di avere acquisito una certezza precisa: contrariamente a quanto si ritiene, è tutt’altro che facile e semplice operare una distinzione netta tra le due istituzioni, quanto meno in relazione a gran parte dei contenuti che esse esprimono.
Il test Abbiamo elencato nelle pagine seguenti cinquanta proposizioni affiancate da uno schema, nel quale si potrà segnare con una se si pensa che siano state tratte da documenti ufficiali di vario genere della Chiesa cattolica (C) o da scritti massonici (M). Sono ovviamente affermazioni scelte in modo pressoché casuale tra le molte centinaia che non abbiamo citato nel testo e che potrebbero costituire altrettanti spunti e strumenti per proseguire nella ricerca. Il significato di ciascuna di esse è rimasto inalterato, anche se sono state ovviamente estrapolate dal contesto più ampio al quale appartenevano. Al termine della tabella vengono indicati i documenti da cui provengono, ma siamo certi che il lettore spinto dalla curiosità vorrà fare la prova in modo corretto e non andrà a verificare prima di aver dato le risposte…
In ogni caso, anche chi non ha piacere di cimentarsi nell’esercizio e andrà subito alle conclusioni potrà facilmente verificare la veridicità dell’affermazione contenuta nel titolo. CM 1 Chi predica la morale e non l’attua è peggiore dell’immorale confesso. 2 […] sia possibile a ciascuno di noi servire l’umanità nel corso di quella breve parentesi che la nostra vita terrena rappresenta. 3 […] il cui programma si riassume in questi punti: obbedire alle leggi, praticare la giustizia, amare i propri simili. 4 La bellezza e l’armonia dell’azione […] trovano una significativa espressione nell’ordine con cui ciascuno è chiamato a partecipare attivamente. Ciò comporta il riconoscimento dei diversi ruoli gerarchici implicati. 5 […] e tutti noi saremo alla fine giudicati. 6 […] si sta impegnando fortemente per costruire momenti di incontro fra le molteplici realtà. 7 La diversità vissuta con buona volontà, in maniera fattiva, può essere fonte di arricchimento e non di insanabile divisione. 8 […] liberarsi dalle pesanti scorie prodotte da egoismo, pigrizia,
superstizione e conseguire la realizzazione spirituale. 9 Nessuna dottrina è mai riuscita ad offuscare la sua luce, a deviare od infrangere il fine. 10 […] pone come principio che il Creatore ha dato all’uomo, come il bene più prezioso, la libertà. 11 Il dogma dell’esistenza di un solo Dio, come quello dell’immortalità dell’anima, sono rivelati come punti culminanti di una dottrina. 12 L’efficacia del rito è indipendente dal valore dell’individuo che lo compie […] la condizione necessaria è che egli abbia ricevuto il potere di compiere il rito. 13 L’attiva partecipazione […] deve essere compresa […] a partire da una più grande consapevolezza del mistero che viene celebrato e del suo rapporto con l’esistenza quotidiana. 14 Se il fine è il perfezionamento dell’uomo è indispensabile che il […] pratichi la vera morale. 15 Egli deve essere giusto, umano, sincero, benefico verso ogni specie di persona e soprattutto buon padre, buon figlio, buon marito, buon cittadino. 16 […] alla grande crisi spirituale e morale che travaglia oggi l’umanità […] ed ai compiti ardui che la […] è chiamata ad
assolvere. 17 Bisogna parlare di amore, di carità, di onestà, di generosità. 18 […] non ha il diritto di vivere per sé solo ma il […] deve portare il peso delle miserie altrui. 19 […] dimentica le ingiurie e non sente più le sue pene […] e ritrova la sua serenità di spirito. 20 Si è obbligati a riconoscere che esiste una religione rivelata positivamente. 21 Il Cristianesimo è individualista nel senso che il problema fondamentale della vita è quello dei rapporti personali con Dio. 22 […] lo scopo che si attua nella ricerca del vero e del giusto. 23 Il vero, come ponte al trascendente, opera sul piano della spiritualità. 24 Un tema caro alla […] è la liberazione dell’uomo da ogni schiavitù, dalla miseria, dall’ignoranza. 25 Realizzare concretamente i più elementari diritti dell’uomo assume una dimensione sovranazionale. 26 L’enorme progressione delle tecnologie amplifica la distanza tra Paesi avanzati e Paesi del Terzo mondo. 27 La struttura legislativa internazionale mostra segni di concezioni di un ordine mondiale che non è più tale e necessita di
urgenti rivisitazioni nei suoi massimi organismi, onu avanti a tutti. 28 […] mediante lo studio e l’esercizio del dovere guidato dalla coscienza secondo la legge della sincerità. 29 […] si manifesta l’amore più grande, quello che spinge a dare la vita per i propri amici. 30 […] per incoraggiare una fattiva solidarietà che […] raggiungesse i bisognosi. 31 Avete purificato le vostre anime nell’obbedienza della verità per una fratellanza non ipocrita. 32 Siate tutti unanimi, compassionevoli, fraterni, misericordiosi, umili. 33 […] uomini resi nuovi […] in grado di cambiare le regole e la qualità delle relazioni e anche le strutture sociali. 34 Inserito in questa prospettiva ciascun uomo di buona volontà può intravedere i vasti orizzonti della giustizia e dello sviluppo umano nella verità e nel bene. 35 L’umanità comprende sempre più chiaramente di essere legata da un unico destino che richiede una comune assunzione di responsabilità. 36 […] persone capaci di portare pace dove ci sono conflitti, di costruire e coltivare rapporti fraterni dove c’è odio.
37 Nella società, infatti, sono in gioco la dignità e i diritti della persona e la pace nelle relazioni tra persone e tra comunità di persone. Beni, questi, che la comunità sociale deve perseguire e garantire. 38 […] mira ad un umanesimo plenario vale a dire alla liberazione da tutto ciò che opprime l’uomo e allo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. 39 Gli eventi di natura economica che si produssero nel XIX secolo ebbero conseguenze sociali, politiche e culturali dirompenti. 40 […] insiste sulla nozione di diritto naturale, come anima dell’ordinamento che va instaurato sul piano sia nazionale sia internazionale. 41 Ricordatevi che per i veri […] la ricchezza e l’orgoglio non sono altro che chimere. 42 […] figli dello stesso Dio tutti i mortali sono fratelli. 43 Il codice di buona condotta è basato sulle virtù teologali della Fede, Speranza e Carità […] e sulle virtù cardinali. 44 Il lavoro è la grande vocazione dell’uomo e fa di lui l’immagine di Dio. 45 Lo spirito deve sostituirsi alla mano perché quest’ultima, nelle
condizioni di lavoro attuale, ha perso il suo campo di attività. 46 Il lavoro deve essere visto come libera scelta di esercitare il proprio potere di azione […] nell’ascolto di una volontà superiore. 47 […] lasciare vagare qualcuno senza riferimento, ritenendo che scoprirà in se stesso la morale, significa impedirgli di divenire una persona responsabile. 48 Credersi capaci di scegliere in tutta libertà è un’illusione che consente all’ego di dominare incontrastato. 49 Il lassismo può essere assimilato a un cancro che colpisce il corpo sociale. 50 Fare beneficenza significa fare il bene […] essere in ogni istante una benedizione incarnata per tutti.
Le fonti delle citazioni CHIESA ROMANA CATTOLICA
• Le frasi 4, 13, 29 e 30 sono tratte dall’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis,2007 (www.vatican.va). • La citazione 21 è tratta da Note sur la liberté politique del canonico J. Leclercq
(pubblicate a San Sebastian nel 1948). • Le citazioni 31 e 32 sono tratte dal Nuovo Testamento, Prima lettera di Pietro, rispettivamente: 1,22 e 3,8 (traduzione dell’autore). • Le frasi 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40 sono tratte dal Compendio della Dottrina sociale della Chiesa del 2004 (www.vatican.va) MASSONERIA
Le trentacinque dichiarazioni rimanenti sono contenute nei seguenti tre testi massonici:1 • In cammino verso la luce, • La Massoneria liberale, • Simbolica massonica del Terzo millennio.
Riassumendo… Indipendentemente dal risultato ottenuto, abbiamo già detto che ciò che importava in questo brevissimo esercizio era cogliere l’evidente difficoltà che si incontra nel tentare di attribuire con assoluta certezza alla Chiesa o alla Massoneria dichiarazioni di principio, indicazioni programmatiche o indirizzi di scelte sociali assolutamente di non poco conto,
che risultino esclusive per l’una o per l’altra. In effetti, la distinzione è artificiosa e dipende solo dalle fonti da cui sono state tratte, perché tutte le cinquanta affermazioni potrebbero essere sottoscritte indifferentemente dalle due istituzioni. Come risulterà evidente, non sono stati oggetto di analisi, e quindi non sono stati inseriti in tabella, i contenuti dei dogmi di fede della Chiesa, nel merito dei quali la Libera Muratoria non interviene, lasciando assoluta libertà di scelta alla coscienza dei singoli. Ora che abbiamo acquisito l’evidenza della difficoltà di identificare e attribuire selettivamente, possiamo procedere con la lettura del libro: ci aiuterà a scoprirne i motivi, rivelandoci corrispondenze assolutamente imprevedibili. 1
Per i dati bibliografici completi, si faccia riferimento alla “Bibliografia essenziale” al termine del volume.
2 Della laicità (20 settembre 1870 - 15 settembre 2008)
Il De civitate Dei di sant’Agostino, chiarendo che cosa dobbiamo aspettare da Dio e che cosa no, qual è la relazione tra la sfera politica e la sfera della fede e della Chiesa, anche oggi è la fonte per definire bene la vera laicità e la competenza della Chiesa. Benedetto XVI, “Udienza generale” del febbraio 2008
La Libera Muratoria, oggi, non può e non deve deviare dal proprio secolare impegno. […] Non può limitarsi a vantare la sua storia. Non può solo ostentare quelle conquiste che sono state il suo vanto e che sono diventate patrimonio dell’Umanità. Grande Oriente d’Italia,Allocuzione per l’equinozio di autunno, settembre 2008 (www.grandeoriente.it)
Uno dei motivi storici del contrasto insanabile tra Chiesa e Massoneria è stato quello
dell’affermazione, o negazione, della laicità, cioè della libertà di ogni singolo cittadino, e di ogni formazione sociale o statale, di vivere e di gestirsi secondo principi che non siano necessariamente riconducibili a dottrine religiose, tanto più se queste sono considerate come appannaggio di una Chiesa gerarchicamente strutturata. Un tema fonte di contrasti continui, di lotte dure e cruente, combattute senza esclusione di colpi, da una parte e dall’altra. Il titolo di questo capitolo è costituito da due date che appaiono emblematiche, come simboli dell’inizio e della fine di un ciclo, due firme apposte da Massoneria e Chiesa a un documento virtuale scritto e riscritto nel corso di 140 anni, o quasi. Abbiamo detto che questo testo non si occupa di etica, di morale, di filosofia o di antropologia, non contiene sottili analisi storiche, psicologiche o sociali, ma semplicemente mette a confronto due mondi che storicamente sono sempre stati inconciliabili. Fedeli a queste intenzioni, daremo solo un breve cenno degli eventi storici, al fine di aiutare la comprensione del lettore che non si è mai occupato di questi argomenti.
20 settembre 1870 Il Regno d’Italia era nato da pochi anni e si trovava a dover gestire una serie di questioni che, a motivo della sua giovane vita, risultavano ovviamente ancora irrisolte: una di queste era rappresentata dall’unità territoriale dello Stato. Come si può ben comprendere, una
questione fondamentale, certamente non da poco, viste le conseguenze che comportava nelle relazioni internazionali che coinvolgevano il giovane Stato italiano e il Vaticano, ma non solo.
L’atteggiamento della Chiesa Roma città era stata formalmente proclamata Capitale del Regno d’Italia nella seduta del Parlamento del 27 marzo 1861, ma era ancora sotto il controllo del Pontefice, che esercitava allora il potere temporale sull’intero Stato del Vaticano. La necessità, o volontà, di avere Roma come capitale rappresentava solo un parte della cosiddetta “questione romana”, espressione con cui si definiva l’intero complesso problema dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato italiano. Uno degli elementi di forte attrito era costituito dal fatto che la nascita del Regno d’Italia aveva già determinato un pesante ridimensionamento del potere temporale del Pontefice, Pio IX, che era però uno strenuo difensore della legittimità di questo potere e non intendeva arretrare da quella sua posizione, che giustificava motivandola con la necessità di garantire alla Chiesa totale indipendenza nella sua azione spirituale: il potere terreno era insomma condizione imprescindibile per curarsi delle anime senza condizionamenti. Questa la dottrina di Pio IX.
BREVE DIGRESSIONE Il potere temporale della Chiesa
L’inizio del potere temporale si faceva risalire a un documento conosciuto come “la Donazione”, con la quale l’imperatore Costantino avrebbe appunto donato al papa la città di Roma con alcuni possedimenti territoriali. Si continuava a considerare formalmente valida questa motivazione storico giuridica anche se, nel Rinascimento, era stato ampiamente provato che il documento era un falso. In effetti il papa aveva iniziato a esercitare una vera e propria sovranità temporale su Roma e aree circostanti solo intorno al VI secolo, anche se alcuni storici sostengono che come data ufficiale per l’inizio dello Stato della Chiesa si dovrebbe considerare il 728 d.C., anno in cui il re longobardo Liutprando procedette con la cosiddetta “Donazione di Sutri”: una cessione territoriale effettuata a favore del Pontefice Gregorio II.
Riprendiamo il racconto degli eventi risorgimentali. La rigidità del papa nel difendere a oltranza questo suo preteso diritto di governare materialmente un regno fece registrare l’impossibilità di risolvere la questione per via politica o diplomatica. Il Regno d’Italia riteneva di non poter rinunciare a Roma: di conseguenza stabilì di procedere per le vie di fatto, pianificando e avviando azioni militari.
Giuseppe Garibaldi fu artefice di alcuni di questi tentativi di conquistare lo Stato del Vaticano espugnando Roma, ma non riuscì nell’impresa. Evidentemente, nel 1862 e nel 1867 le condizioni storiche non erano favorevoli (lo divennero dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan, il 1° settembre 1870, e la proclamazione in Francia della Repubblica). Napoleone era il grande difensore del papa e la sua momentanea debolezza diede al governo italiano la straordinaria opportunità di agire. Bisognava dunque procedere rapidamente e con la consapevolezza che uno scontro armato con il papa avrebbe potuto avere conseguenze imprevedibili, anche sul piano delle relazioni internazionali con altri Paesi europei. Per questo motivo, nello stesso mese di settembre, Vittorio Emanuele II fece pervenire al capo della Chiesa romana una lettera nella quale lo supplicava di non far opporre resistenza all’esercito italiano che si preparava a entrare in Roma. Ovviamente Pio IX respinse l’invito che il re gli aveva trasmesso “con affetto filiale” – così almeno aveva formalmente affermato – ma fece anche in modo che non si creassero le condizioni per una strage. Il cardinale Antonelli, segretario dello Stato Vaticano, suggerì al generale comandante dell’esercito pontificio di attuare una sorta di “resistenza di facciata”, ovviamente inefficace sul piano pratico, ma utile a testimoniare in modo inequivocabile che, qualunque fosse stato l’esito dell’intervento militare, si sarebbe trattato di una violenza perpetrata dallo Stato italiano: si doveva insomma presentare il fatto come una sconfitta dignitosa ed evitare al contempo un inutile spargimento di sangue. Il 20 settembre 1870 un corpo di bersaglieri, guidato dal generale Raffaele Cadorna, entrò a Roma praticando una breccia nelle mura nei pressi di Porta Pia. A proposito della breccia, divenuta famosa col nome della Porta, va ricordata una
curiosità: il pontefice aveva minacciato di scomunicare chi avesse osato sparare il primo colpo contro le mura pontificie e così i bersaglieri, pur portatori di ideali di laicità e formalmente liberi da ogni condizionamento di ordine confessionale, ritennero comunque più opportuno fare sparare il primo colpo a un tenente di origini ebraiche perché, in quanto ebreo, era già di fatto fuori dalla Chiesa romana cattolica e su di lui la scomunica non avrebbe quindi avuto alcun effetto pratico. Non si può non rilevare la caratteristica curiosa di un atteggiamento assunto da uomini che combattono per liberarsi dai condizionamenti di un potere dottrinale ritenuto ingiustificato e oppressivo ma che, al contempo, dimostrano di temere ancora, quanto meno nelle conseguenze delle sue determinazioni e delle sue minacce in ambito spirituale. Non possiamo non registrare qui un comportamento pesantemente incoerente che appartiene dunque anche a chi si fa portatore di tesi razionaliste, ma che non riesce poi a concretizzare in modo compiuto. L’ufficiale ebreo che diede ordine di fare fuoco a Porta Pia si chiamava Giacomo Segre ed è attualmente sepolto nella parte ebraica del cimitero di Chieri, cittadina nei pressi di Torino, dove si trova anche una lapide che ricorda il suo ruolo nella battaglia storicamente considerata il simbolo della lotta per l’Unità d’Italia. L’atteggiamento prudente e saggio del cardinale Antonelli sortì l’effetto desiderato: a Porta Pia morirono 49 appartenenti all’esercito italiano unitamente a 19 pontifici, e ci furono in totale circa 200 feriti. Numeri veramente esigui se si pensa che le forze pontificie disponevano di 15.000 uomini e quelle piemontesi di ben 50.000: si sarebbe insomma potuta verificare una vera e propria strage. Ma non avvenne: piemontesi e pontifici non la volevano, e non la procurarono.
Roma aveva più di 200.000 abitanti, la maggior parte dei quali accolse benevolmente le truppe piemontesi, mentre meno accogliente fu la nobiltà papalina: molti esponenti dell’aristocrazia chiusero i portoni dei loro palazzi in segno di lutto. Pochi giorni dopo, il 2 ottobre, fu indetto un plebiscito, che diede un risultato inequivocabile: più di 40.000 romani votarono a favore dell’annessione della città e dell’intero territorio pontifico al Regno d’Italia. In seguito il governo italiano approvò la cosiddetta “Legge delle Guarentigie”, con la quale riconosceva al Vaticano una serie di privilegi economici e giuridici, che vennero però respinti in toto dal pontefice. Pio IX non si limitò a rifiutare quanto offerto dal governo del Regno, fece di più: non riconobbe lo Stato italiano e invitò i cattolici a non partecipare alla vita politica. IL “NON EXPEDIT”
Quest’ultimo elemento è di non poco conto in relazione al tema che stiamo esaminando. L’invito ad astenersi viene ricordato con la famosa formula latina del Non expedit, che significa “non è conveniente”: non è cioè conveniente che i credenti prestino la loro partecipazione alle attività politiche del Regno d’Italia. Va detto che questa disposizione non è rimasta isolata, e limitata a quel frangente: è stata espressa più volte nella storia della Chiesa. Già nel 1868 i vescovi piemontesi avevano chiesto se era possibile per i cattolici partecipare alle elezioni politiche e la Sacra congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari aveva risposto con la citata formula del Non expedit. Nel novembre del 1870, ossia dopo la Presa di Roma, la Sacra penitenzieria apostolica
riprese la stessa indicazione, per ribadirla poi ancora in una comunicazione ai vescovi nel 1874. Papa Pio IX ripeté lo stesso concetto in varie occasioni negli anni successivi: 1874, 1876 e 1877. Ma la riaffermazione forse più determinante fu quella decretata dal Sant’Uffizio – nel 1886, regnante sul soglio pontificio Leone XIII – con la famosa formula: Non expedit prohibitionem importat, cioè “Non è conveniente comporta un divieto”. Era la formale dichiarazione di un divieto preciso, il divieto di partecipare alla vita politica motivato dal fatto che la partecipazione dei cattolici avrebbe certificato l’avvenuto riconoscimento del nuovo Stato italiano: avrebbe insomma attribuito una legittimità che i pontefici non intendevano avallare, visto che avevano perso il potere temporale proprio a causa di quello Stato. Così proseguì per circa trent’anni. La distensione dei rapporti cominciò a dare i primi segni concreti solo con l’avvento del secolo XX e sotto i pontificati di Pio X, Benedetto XV e Pio XI. Segnale di questo clima rinnovato fu l’enciclica del 1904 che introduceva numerose eccezioni alla proibizione contenuta nel Non expedit: da quel momento in poi i cattolici poterono cominciare a prendere parte alle attività parlamentari, sia pure a titolo personale. Nel 1913, il patto Gentiloni creò nuove ulteriori condizioni per la partecipazione dei cattolici alla vita politica e, nel 1919, Benedetto XV abrogò ufficialmente il Non expedit. Questa decisione consentì la nascita del Partito Popolare Italiano, di ispirazione dichiaratamente cattolica, ma formalmente indipendente dalla gerarchia ecclesiastica, almeno per quanto atteneva le scelte di carattere strettamente politico.
Con questo abbiamo fornito elementi essenziali e sintetici – e non ce ne vogliano gli storici di professione – per aiutare a comprendere un aspetto importante della questione romana, che si considerò formalmente chiusa solo con la firma del Concordato avvenuta nel 1929: governavano allora i rispettivi Stati Benito Mussolini e Pio XI.
L’atteggiamento della Massoneria Fino a qui abbiamo visto l’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica. E la Massoneria? Come si inserisce in quelle vicende? Ha avuto un ruolo? E, se sì: quale? Da più parti si afferma che la Massoneria ha avuto un peso notevole nel determinare gli avvenimenti che hanno portato a quel famoso 20 settembre del 1870. Molti sono gli storici che ricordano la diretta filiazione dalla Massoneria delle numerose sette o gruppi rivoluzionari che generarono gli eventi del Risorgimento italiano. Il Granduca di Modena, già nel 1824, sosteneva che i Carbonari – e i movimenti rivoluzionari affini – non erano che prodotti della Massoneria. Nei primi decenni del XX secolo due importanti testate, l’Osservatore e la Civiltà cattolica, accusavano la Massoneria di essere stata alla base degli sconvolgimenti politici – ovviamente considerati tragici dal punto di vista cattolico… – che avevano alterato l’assetto di potere in Italia; anzi l’Osservatore si spingeva oltre, fino a considerarla la vera autrice dell’Unità d’Italia. Nel 2007 si sono tenute le celebrazioni per il bicentenario della nascita di Giuseppe
Garibaldi, Gran Maestro della Massoneria, e tra i tanti argomenti che sono stati affrontati si è nuovamente tornato a parlare degli ingenti finanziamenti che la Freemasonry inglese avrebbe fornito all’Eroe dei due mondi per conseguire un obiettivo preciso: abbattere il potere temporale del papato attraverso la preventiva sconfitta dei Borbone nel meridione d’Italia. Parte di questo denaro sarebbe servito per corrompere ufficiali dell’esercito borbonico al fine di garantire ai garibaldini una facile avanzata nelle regioni meridionali. E bisogna effettivamente riconoscere che la conquista del territorio e la risalita lungo lo stivale non furono particolarmente contrastate, certamente non quanto si sarebbe potuto attendere da un esercito imperiale come quello borbonico. Abbiamo dichiarato che non è nostro compito né nostra intenzione condurre analisi storiche, pertanto non approfondiamo e non esprimiamo giudizi: ci siamo limitati a riportare qui l’esito di convinzioni diffuse e accettate circa la responsabilità, per alcuni positiva per altri, ovviamente, esecrabile, della Massoneria nella costruzione dello Stato italiano. Alcuni si sono addirittura spinti ad affermare che, «fatta l’Italia», la Massoneria si sarebbe anche occupata di «fare gli Italiani», per citare la famosa affermazione di Massimo Taparelli, marchese d’Azeglio, morto nel 1866. È fuori di dubbio che, responsabile o meno, agente corruttore o semplice interessata osservatrice degli eventi, la Massoneria conferisce da sempre alla data del 20 settembre 1870 un importante valore storico, politico e sociale. Ogni anno ricorda anche pubblicamente quell’evento e lo celebra considerandolo un simbolo dell’affermazione del libero pensiero laico, che deve operare in ambito politico e
sociale in assoluta autonomia, svincolato da ogni condizionamento religioso, soprattutto se quest’ultimo è gestito da una gerarchia dogmatica. Laicità dello Stato, dunque, come valore fondamentale di ogni assetto sociale moderno e libero. Questo per la Massoneria – almeno nelle sue affermazioni teoriche – fino a oggi. Sottolineiamo l’aspetto teorico delle dichiarazioni, che trovano certamente conferma in modo diffuso in varie nazioni occidentali, anche se non mancano esempi di legami tra Massoneria e certo dogmatismo politico: la situazione di Cuba è uno di questi. E per la Chiesa romana? Il pensiero dei pontefici ha proseguito nel cammino iniziato nei primi decenni del 1900?
15 settembre 2008 Ricordando l’intransigente posizione di Pio IX e dei suoi immediati successori, riprendiamo la storia del pensiero della gerarchia ecclesiastica sul tema della laicità e siamo ai giorni nostri. La data è quella citata e ci troviamo in Francia, anzi, più precisamente, nel corso del volo che sta portando Benedetto XVI, “capo” della Chiesa romana, a Parigi. I giornalisti ascoltano e riportano un’espressione che potrebbe essere stata formulata dal Sovrano Gran
Maestro di un’importante Obbedienza massonica liberale e adogmatica di tradizione mediterranea, e invece a pronunciarla è il pontefice tedesco: «La laicità non è in contraddizione con la fede». Senza anticipare ciò che diremo circa gli interessanti rapporti tra Massoneria e pensiero religioso, accenniamo solo al fatto che la Libera Muratoria riconosce a ogni uomo la libertà di professare il credo che vuole, in quanto nessuna professione di fede, vissuta in libera e consapevole coscienza, è in contrasto con i principi fondamentali di una società basata su valori laici. Esattamente ciò che afferma il papa: dunque pieno accordo. Ma le affermazioni del pontefice riportate dai mezzi di comunicazione proseguono in una direzione che ci sentiamo di definire sempre più “massonica”: «I cristiani devono poter contribuire ai valori che sono fondamentali per la costruzione della società». Tutti i cittadini, anche i cristiani dunque, devono poter dare questo contributo. La Massoneria richiama costantemente i suoi aderenti a essere dei buoni cittadini, rispettosi delle leggi dello Stato e, prima ancora, a partecipare alla formazione delle leggi stesse con gli strumenti offerti dalle costituzioni democratiche: la libera e consapevole partecipazione al voto per contribuire alla scelta dei rappresentanti incaricati di provvedere alla formazione del corpus legislativo di un libero Stato laico. Ciascuno secondo i propri valori e secondo la propria libera coscienza: i massoni che sono contemporaneamente anche cristiani lo faranno dunque nel rispetto delle dottrine evangeliche. Non c’è contrasto, non c’è lotta: Massoneria e Chiesa formulano lo stesso invito. Si lavora per un bene comune, almeno così pare.
Ma Benedetto XVI si spinge oltre e arriva ad affermare che la religione non è identificabile con uno Stato: la religione non è politica e la politica non è una religione. Un Gran Maestro, e qualsiasi Maestro Venerabile di una Loggia massonica, non potrebbe che sottoscrivere e fare sue queste parole. Leggendo testi massonici, si comprende con facilità che, nella Libera Muratoria, queste affermazioni potrebbero addirittura costituire il fondamento di un percorso di comprensione della struttura fondante di uno Stato e dei suoi rapporti con le confessioni religiose che in esso vivono. Quanta strada è stata fatta dal Non expedit! Quanta strada sulla via indicata da chi ha lottato per affermare proprio ciò che l’attuale pontefice ha apertamente detto nel corso di colloqui con esponenti dei mezzi di comunicazione! Quando la Massoneria combatteva per l’unità d’Italia e per dare in prospettiva agli italiani tutti la possibilità di partecipare alla vita politica, la Chiesa cattolica pronunciava il Non expedit; e ora che quei valori si sono affermati – a seconda dei punti di vista, per colpa o per merito anche della Massoneria… – il pontefice non solo finalmente afferma che expedit, cioè “conviene’, ma addirittura che i cristiani “devono” poter contribuire alla vita pubblica. Ovviamente Sua Santità non ha usato l’espressione latina, ma piace qui riportarla per richiamare il concetto, anche se abbiamo visto che papa Ratzinger l’ha addirittura superato e ampliato: non solo “conviene”, ma “si deve poter fare”! Su questo aspetto quindi registriamo un altro pieno accordo: diritti e doveri per tutti. Si è andati molto avanti in direzione dei principi laici, fino ad affermarne la validità,
con espressioni ricalcabili da qualunque testo massonico.
BREVE DIGRESSIONE E in Francia?
La Francia è un Paese notoriamente laico e la Libera Muratoria francese rappresenta numericamente la maggiore organizzazione massonica del continente europeo. Trovandosi in quella nazione, il pontefice ha proseguito nella celebrazione del valore della laicità osservando con compiacimento che la Chiesa francese gode di un regime di totale libertà, ma soprattutto sottolineando come la diffidenza del passato si sia nel tempo progressivamente trasformata per sfociare in un dialogo sereno e positivo che si consolida sempre più. Ha inoltre insistito in modo particolare sull’importanza di mantenere sempre distinti l’ambito politico da quello religioso. Insomma, pare certo che Benedetto XVI abbia maturato un notevole senso di apprezzamento per la soluzione fornita dalla Francia al problema della separazione tra Stato e Chiesa. La Massoneria francese non potrà che esserne felice.
“Laicità sana” La massonicità del concetto però è riscontrabile in altre e più precise definizioni date dal pontefice quando ha ritenuto importante chiarire, al di là di ogni possibile equivoco, che cosa egli intenda con l’espressione di “laicità sana”, accettabile dalla Chiesa e conciliabile con i precetti della morale cristiana. Lo ha detto esplicitamente al 56° Convegno nazionale dell’Unione giuristi cattolici italiani, affermando che una “laicità sana” – non a rischio quindi di sfociare nel laicismo – implica l’effettiva «autonomia delle realtà terrene, non dall’ordine morale, ma dalla sfera ecclesiastica». Dunque le realtà terrene non devono ritenersi svincolate da un ordine morale, ma semplicemente dalla sfera dell’ordine ecclesiastico. Così afferma il massimo esponente della Chiesa romana cattolica. E la Massoneria? Che cosa dice in merito? Richiama i suoi aderenti al rispetto di una serie di principi morali di base che valgono per ogni uomo, vivente in ogni tempo e a qualsiasi latitudine. Li vedremo più avanti quando esamineremo altri parallelismi. Leggendo i concetti espressi nei testi fondanti dell’Obbedienza massonica e le numerosissime pubblicazioni ufficiali che sono in libera disponibilità del pubblico, si rileva chiaramente che nessun massone vero potrà, e dovrà, mai sentirsi svincolato dall’ordine morale, cui deve invece improntare le sue scelte e i suoi comportamenti; ma un massone avrà sempre il diritto di sentirsi svincolato da un ordine ecclesiastico. Ancora accordo dunque tra le tesi: riconoscimento dell’esistenza imprescindibile e
innegabile di un ordine morale che deve regolare la vita umana, ma libertà da possibile assoggettamento a ordini ecclesiastici. Nella stessa occasione il papa ha richiamato la sua enciclica Deus caritas est e, ribadendo la necessità di rispettare l’autonomia dei reciproci ambiti di azione tra Chiesa e Stato, ha tenuto a evidenziare che «questa distinzione e autonomia la Chiesa non solo riconosce e rispetta, ma di essa si rallegra, come di un grande progresso dell’umanità». Quanta strada è stata fatta dal tempo del suo predecessore Pio IX! Strada percorsa anche grazie alla determinazione dell’altra organizzazione di cui ci stiamo occupando e che vede curiosamente ora riaffermati i principi per i quali ha combattuto per lungo tempo. Anche la Massoneria si rallegra di questa riconosciuta autonomia e anch’essa la considera come una grande conquista per l’umanità. Proprio come Benedetto XVI! Però il concetto di “laicità sana” è stato ulteriormente definito dal pontefice anche per un altro motivo: richiamare le responsabilità attribuibili ai vari elementi, individuali o collettivi, che compongono la società. Ha indicato nel reciproco rispetto e nel dialogo costante le condizioni di quella “laicità sana” che è indispensabile per costruire una società dove convivano pacificamente tradizioni, culture e religioni diverse. Il senso della “laicità sana” si esprime quindi, per il papa, nella capacità di delineare la vera differenza e i confini di una piena autonomia tra le diverse componenti della società, ma si esprime anche nella capacità di mantenere distinte le competenze nel contesto più ampio di una responsabilità complessiva che accomuna tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’umanità.
Ma lavorare per il bene dell’umanità è il principio onnipresente, ripetuto, sottolineato dalla Massoneria ogni volta che afferma e diffonde i suoi obiettivi. Lavorare per il bene dell’uomo nell’ambito delle proprie specifiche competenze e responsabilità individuali e collettive, sviluppandole al meglio, nell’interesse della comunità in cui si opera e nell’interesse più generale dell’umanità. Queste le affermazioni del pontefice, queste le affermazioni della Massoneria. Non è nostra volontà o intenzione esprimere giudizi sulla effettiva applicazione, da ambo le parti, di quanto predicato, il giudizio nel merito lo lasciamo ad altri osservatori; noi qui ci limitiamo a rimarcare la sovrapposizione di convinzioni, fini, intenti e obiettivi, così come vengono apertamente e pubblicamente dichiarati. Pontefice e Massoneria esprimono contenuti simili, importanti, anzi fondamentali per lo sviluppo di un libero pensiero e di una libera coscienza in un sistema sociale che non vuole essere coercitivo. Anche il presidente della CEI, il cardinale Angelo Bagnasco, ha esternato il suo pensiero sulla laicità, che evidentemente rappresenta un tema molto caro alla Chiesa contemporanea. A Genova, in occasione della presentazione di “Cattedrale aperta” (una serie di incontri dedicati proprio al tema in questione), ha richiamato le origini di questo valore ricordando che esse attingono direttamente alla fonte evangelica, là dove Cristo afferma che è necessario «dare a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Ha poi approfondito la spiegazione del concetto e, per prevenire possibili errori di
un’interpretazione troppo lassista, ha sottolineato che “laicità” non significa disinteresse nei confronti dei valori morali ma, al contrario, interesse e valorizzazione di tutte le dimensioni dell’uomo. Nelle pubblicazioni massoniche si legge che chi si avvicina al percorso massonico deve essere motivato da un forte interesse nei confronti dell’approfondimento delle «più alte questioni» che riguardano l’uomo e la convivenza civile. La motivazione deve essere poi seguita da una prassi che si esplica nell’ambito dell’applicazione di una metodologia che mira alla crescita umana nelle sue dimensioni culturali, spirituali, sociali e civili. Anche qui rileviamo come la Chiesa esprima concetti propri della Massoneria: lo sviluppo di tutte le dimensioni dell’uomo è l’obiettivo comune e una laicità giustamente intesa costituisce la garanzia necessaria per la sua realizzazione. Dov’è allora la differenza? Allora, ci chiediamo noi osservatori: • Dove è la sostanziale differenza? • Dove i contrasti insanabili? • Dove i motivi di una lotta che ha portato la Chiesa a scomunicare i Liberi Muratori?
BREVE STORIA DELLA SCOMUNICA AI MASSONI…
La scomunica ha una storia il cui epilogo presenta risvolti quanto meno curiosi. Ripercorriamola brevemente… • Nel 1738 Clemente XII commina la scomunica alla Massoneria Universale. • Nel 1751 Benedetto XIV conferma la scomunica. • Tra il 1878 e il 1903 Leone XIII pubblica contro la Massoneria nove pronunciamenti e l’enciclica Humanum Genus (1884). • Nel 1917, Benedetto XV include nel Codex Juris Canonici i canoni 684 e 2335, che codificano scomunica contro la Massoneria. • Il Concilio Vaticano II (1959-1965) fa registrare un primo cambiamento negli atteggiamenti sempre tenuti dalla Chiesa e da quel momento si avviano timide possibilità di dialogo. Questa apertura porta ad alcune prese di posizione ufficiali che preannunciano possibilità concrete di recuperare un rapporto sempre difficile… Nel 1966 la Conferenza Episcopale scandinavo-baltica autorizza i massoni cattolici o convertiti al cattolicesimo a operare nelle Logge e nel 1974 il cardinale Seper, predecessore del cardinale Ratzinger nella carica di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si dichiara favorevole all’apertura verso la Massoneria. Insomma il nuovo clima procede in un’alternanza tra momenti di disponibilità e altri di rinnovata chiusura fino a che, nel 1983, viene pubblicato il Nuovo codice di diritto
canonico in cui il canone 2335, contenete la scomunica, viene sostituito dal canone 1374, che non contempla più in modo esplicito la Massoneria, ma si limita a minacciare la pena dell’interdetto contro… «le associazioni che macchinano contro la Chiesa»! La scomunica quindi non è più contemplata, ma quanto succede in seguito è quanto meno curioso. Il cardinale Joseph Ratzinger, ora pontefice e allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblica autonomamente una dichiarazione sulle associazioni massoniche nella quale conferma il giudizio negativo della Chiesa – non più contenuto nel Codice – e ribadisce la proibizione di farne parte. Il motivo sarà forse da ricercare nel fatto che il pontefice non dimentica che la Congregazione deriva dal Sant’Uffizio e quindi, storicamente, dal Tribunale dell’Inquisizione?
Riassumendo… Nelle pagine precedenti abbiamo dunque chiaramente rilevato come le affermazioni che lo stesso uomo di Chiesa pronuncia in relazione alla laicità – uno degli aspetti fondamentali dei rapporti all’interno di una nazione nonché concetto cardine per la Libera Muratoria – siano in realtà assolutamente sovrapponibili a quelle della Massoneria che lui ha così duramente condannato.
20 settembre e 15 settembre Le due date che costituiscono il titolo del capitolo assumono un carattere veramente storico nel loro richiamarsi? Rappresentano la possibile apertura e chiusura formale di un ciclo? Il mese di settembre che curiosamente si ripete nelle due diverse situazioni – Porta Pia e viaggio del pontefice in Francia – ha dunque posto, tempo fa, una questione e ne offre, ora, una possibile soluzione? In uno degli aspetti più importanti del convivere civile, il concetto di “laicità”, i rapporti tra Chiesa e Massoneria potrebbero in effetti svilupparsi in una direzione positiva: abbiamo visto che le espressioni usate dalle massime gerarchie ecclesiastiche appartengono anche alla Libera Muratoria. La comprensione è dunque alle porte, anzi appare già presente nella forma e nei contenuti: basta volerla vedere, come fa un osservatore esterno motivato dalla curiosità e dalla volontà di capire. La Chiesa stessa sostiene che per dialogare bisogna confrontarsi sugli elementi che uniscono e non su quelli che dividono: e, come abbiamo visto, proprio la Chiesa fornisce molti elementi ricchi di possibili conciliazioni. Ma si dirà che sotto l’apparente superficiale coincidenza la differenza è in realtà sostanziale e inconciliabile, perché i principi fondamentali per la Chiesa cattolica fanno diretto e ineliminabile riferimento a Dio.
E per la Massoneria? Nel prossimo capitolo ci occuperemo proprio di questa importante, e interessante, questione.
BREVE PUNTUALIZZAZIONE FINALE
Prima di proseguire, il lettore permetterà una nota a margine: nell’esprimere il concetto della concordanza tra le due istituzioni abbiamo sempre implicitamente o esplicitamente affermato che è la Chiesa che usa formule simili a quelle massoniche, non viceversa. C’è un motivo: in tema di laicità storicamente è avvenuto così. In merito alla partecipazione dei cittadini alla vita politica, è stata infatti la Chiesa a passare dal Non expedit al “conviene” – anzi, al “si deve” – e non viceversa. La Massoneria lo affermava da prima. In merito alla dottrina del potere temporale, è stata ancora la Chiesa a passare dall’affermazione della sua irrinunciabile necessarietà alla proclamazione della separazione dei poteri e del valore della laicità come grande conquista per l’umanità, e non viceversa. Anche qui, la Massoneria lo affermava da prima.
3 Della sostanza del pensiero religioso
Lo “Spirito di Assisi” plana al di sopra delle acque agitate delle religioni e crea già delle meraviglie di dialogo fraterno. Cardinal R. Etchegaray, Giubileo 2000 (www.vatican.va)
La Libera Muratoria è un ordine iniziatico che propone un cammino spirituale difficile e impegnativo. Non è una religione. E non vuole esserlo. Infatti non si oppone né si contrappone a nessuna confessione. Grande Oriente d’Italia, Allocuzione del Gran Maestro Gustavo Raffi, 2008 (www.grandeoriente.it)
Abbiamo fatto esplicito riferimento ad affermazioni del pontefice e di un alto esponente della gerarchia ecclesiastica: nei concetti espressi da Benedetto XVI e dal cardinale Bagnasco torna costantemente il richiamo all’etica, a precetti morali che sono ritenuti imprescindibili. Abbiamo anche rilevato come questi richiami siano presenti nelle stesse dichiarazioni
di principio della Massoneria. Ora dobbiamo affrontare la differenza possibile tra due concezioni che, nella realtà storica, si sono sempre presentate come antitetiche. In estrema sintesi, tutti concordiamo nel dire che la religione cattolica pone il fondamento di ogni norma etica nell’Essere Supremo, nel Dio che ha voluto e amato l’uomo dall’eternità, lo ha creato e lo ha dotato di regole fondamentali, inscrivendole nel suo intimo. Il Dio della Chiesa romana è un Dio personale – è l’unico Dio possibile – che è individualmente intervenuto in via diretta nella storia dell’uomo, non solo con l’atto della Creazione, ma nell’instaurazione di un rapporto continuo fatto di comandamenti, indicazioni, richieste, domande e risposte, punizioni e ricompense, già concrete nell’attuale dimensione temporale e promesse come definitive per la futura dimensione eterna. Questo principio ovviamente non appartiene alla Massoneria che, anche per questo, viene spesso accusata di ateismo, relativismo, indifferenza, sincretismo, con tutto ciò che ne consegue in termini d’impossibilità di ipotizzare una qualsiasi forma di rapporto con la Chiesa romana. È ovvio che, tra tutte le accuse elencate, ve n’è una che pare costituire il fondamento e l’origine di tutte le altre: quella di ateismo. Comunemente – ma a torto – si ritiene infatti che, se si è atei, si è forzatamente indifferenti alle leggi morali; si è relativisti, in quanto si è disponibili ad ascoltare tutto e a mettere in discussione tutto; si è sincretisti, perché si cede alla tentazione di unire più fedi, più dottrine, più forme di pensiero filosofico o religioso, in un unico indifferenziato calderone nel quale tutti possono ritrovare un qualche elemento di loro gradimento.
Essendo quella di ateismo dunque l’accusa fondamentale, la analizziamo e cerchiamo ancora una volta di capire se veramente esiste questa differenza inconciliabile tra la Chiesa romana e la Massoneria. Ci porremo alcune domande: • La Massoneria è veramente atea nei suoi fondamenti? • I precetti morali che derivano dalle due posizioni sono veramente diversi? • Le indicazioni pratiche relative alla vita quotidiana sono veramente inconciliabili? • Insomma, la vita di un massone che segue coerentemente le indicazioni della sua appartenenza è, nella pratica quotidiana, diversa da – o addirittura in contrasto con – la vita condotta da un cattolico praticante? E daremo anche risposta a una domanda che nasce da una situazione di fatto: • Perché molti cattolici praticanti sono contemporaneamente massoni? Non comprendono l’incoerenza della loro duplice appartenenza oppure hanno compreso che questa incoerenza non esiste?
L’ateismo massonico In una delle sue affermazioni di principio, là dove definisce le caratteristiche fondamentali
di chi intende aderire all’Obbedienza, la Massoneria scrive che «un massone se ben comprende l’arte non potrà mai essere uno stupido ateo né un libertino senza religione». Questo recita l’Art. 1 degli Old Charges (“Antichi doveri”), che poi prosegue rilevando che il massone seguirà la religione nella quale tutti gli uomini concordano e che consiste nell’essere «buoni, sinceri, modesti e persone d’onore qualunque sia il credo che li distingue». L’ateismo non è dunque un principio massonico, anzi: l’ateismo è esplicitamente condannato dalla Massoneria, che lo pone come elemento discriminante in negativo per chi desidera entrare nell’Obbedienza. I lavori delle Logge si svolgono in un “Tempio” nel quale c’è una Bibbia sempre aperta – così come nelle chiese cristiane c’è il Libro da cui si traggono le letture… – e i lavori si aprono e si chiudono «nel nome del Grande Architetto dell’Universo». Con questa definizione si indica l’Essere Supremo, l’entità da cui tutto dipende e senza la quale nulla esiste. Non si tratta di un “Dio massonico”, ma della formula volutamente generica con la quale la Massoneria riconosce l’esistenza del Divino e ne lascia contemporaneamente la concreta definizione alla fede e alla convinzione dei singoli. Non c’è neppure un “Dio massonico” composto dalle caratteristiche di più divinità unite in una visione sincretistica. Il Grande Architetto dell’Universo non ha quindi caratteristiche che lo accomunino a questa o quella delle varie divinità presenti nelle diverse religioni. Questo ha fatto sì che nei secoli passati numerosissimi sacerdoti, prelati e cattolici di alto livello abbiano potuto appartenere alla Massoneria senza avvertire come conflittuale
questa loro scelta. Ma non solo cattolici: molti capi di varie Chiese ne furono infatti adepti convinti e leali sostenitori (il patriarca di Costantinopoli Atenagora I era massone). La Massoneria quindi non è affermazione di ateismo, ma neppure affermazione di una “nuova religione”. Non è portatrice di una teologia, non offre sacramenti, non predica e non promette una salvezza trascendentale, consapevole com’è che questi temi sono prerogativa esclusiva della Chiesa (o meglio delle Chiese o religioni cui appartengono individualmente i suoi affiliati…). La Massoneria pare tenere conto – anzi, li ha preceduti dal punto di vista temporale – di due pesanti ammonimenti espressi dal cardinale Martini in Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede:1 Non si può rendere Dio cattolico. Dio è al di là dei limiti e delle definizioni che noi stabiliamo. Egli non si lascia dominare o addomesticare. Se si parla di Dio è bene farlo con serietà, altrimenti è meglio non avere il suo nome sulle labbra.
Questi richiami, chiaramente rivolti in via prioritaria a quella Chiesa cui il cardinale appartiene, potrebbero trovare posto negli scritti massonici, dai quali traspare proprio la consapevolezza che parlare di Dio sia un’attività troppo seria, ardua, delicata, soggettiva, rischiosa al punto da essere potenzialmente foriera di sanguinose divisioni (come storia e attualità ampiamente dimostrano…), per questo il discorso su Dio è lasciato alle istituzioni che hanno pretesa di verità e alle singole libere coscienze individuali.
È casuale che il sottotitolo del libro citato sia proprio Sul rischio della fede? Questo atteggiamento “liberale” però non significa fredda indifferenza; da quanto detto risulta infatti chiaro che la Massoneria è assolutamente sensibile al problema religioso: essa in un certo qual modo ne riconosce e sostiene l’intrinseca importanza. Lo fa quando sollecita i suoi aderenti a rimanere fedeli al proprio credo, senza minimamente interferire nei contenuti. A questo proposito diciamo che, nella nostra ricerca, abbiamo trovato una formulazione a dir poco sorprendente: il Codice massonico redatto in Francia nel 1779 sosteneva che il primo dovere del massone che entra nell’Ordine è di «osservare fedelmente i suoi doveri verso Dio» (sic!). Le Costituzioni di Anderson e Desaguliers (i fondatori della Massoneria moderna), redatte nei primi decenni del 1700, dicono che nel passato i massoni dovevano conformarsi alle usanze cristiane dei Paesi in cui si trovavano a vivere, ma poi l’evoluzione e la diffusione dell’Ordine massonico hanno determinato l’insorgenza di altre necessità. I massoni, diffusi pressoché in tutte le nazioni in cui erano presenti anche altre religioni, hanno quindi scelto di assumere l’obbligo di aderire a quella religione sulla quale «concordano tutti gli uomini» e che, lo ricordiamo, consiste nell’essere «buoni, sinceri, modesti e persone d’onore qualunque sia il Credo che li distingue». Anche il contenuto dei Landmarks (“i Confini, i Termini”, uno dei testi fondamentali per la Massoneria) conferma questo atteggiamento nei confronti della religione. Nell’edizione del Mackey recitano nel capitolo XIX che ogni libero muratore deve «credere nell’esistenza di Dio come Grande Architetto dell’Universo», e addirittura, al successivo
capitolo XX, ricordano che ogni libero muratore deve «credere nella resurrezione in una vita futura»! Onde evitare variazioni a questi precetti considerati fondamentali, il finale capitolo XXV ricorda che «i Landmarks non possono essere mutati»… Ma questa sollecitudine per la religiosità si è mantenuta anche in tempi moderni. G l i Statuti generali di Napoli, ristampati ancora nella seconda metà del 1900, ricordano che… la Libera Muratoria ha il suo fondamento essenziale nella fede in una Potenza Suprema […] ha per scopo il perfezionamento morale dell’Umanità […] impone il rispetto delle opinioni altrui e interdice ogni discussione politica e religiosa per costituire un centro permanente di unione fraterna.
Molto semplicemente, la Massoneria, nella piena applicazione della tolleranza, lascia a ciascuno la libertà di definire il suo Dio e di rivolgersi a lui nelle forme che gli sono abituali e nelle quali si è formato. La descrizione dei lavori delle Logge massoniche rivela che ciascuno può rivolgersi liberamente al Dio della sua fede, nella volontà e con la speranza di unirsi così agli altri componenti che devono necessariamente rispettare il fondamentale precetto massonico che pone come obiettivo alto e finale «il bene dell’umanità». Studiosi che si occupano in modo specifico dei rapporti tra Chiesa e Massoneria arrivano a sostenere che la fede è una struttura fondamentale dell’appartenenza massonica, al punto che può essere considerata come una discriminante tra “massoni regolari” e “massoni irregolari”.
Se questo fosse vero, le concordanze che stiamo evidenziando dovrebbero portare la Chiesa a riscontrare nei massoni regolari la garanzia di una solida convinzione religiosa.
La tolleranza nella comunione di intenti Senza spingerci troppo avanti nell’ottica di quanto stiamo cercando di capire, ci chiediamo se l’atteggiamento che scaturisce da ciò che è stato sopra descritto è così diverso da quanto predicato dal Concilio Vaticano II, che invita «cristiani e musulmani a difendere e promuovere insieme, a favore di tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà». Pare proprio che, senza alcuna necessità di operare distinguo, adattamenti o fantasiose interpretazioni, Massoneria e Concilio Vaticano II esprimano qui stessi concetti, stessa sollecitudine, stessi obiettivi: la tolleranza nel rispetto reciproco motivato dalla condivisione di finalità universalmente condivisibili. Il giudizio sulla loro applicazione non ci compete (lo ripetiamo sempre per chiarezza di comprensione tra autore e lettori). La Chiesa non può che condividere quindi questo assunto e lo condivide di fatto. Dopo averlo esplicitamente espresso, negli ultimi decenni ha anch’essa iniziato ad applicarlo, documentando, senza averne ovviamente l’intenzione, l’esistenza di questo ulteriore e fondamentale elemento comune con l’Ordine massonico.
Il 27 ottobre 1986 il pontefice Giovanni Paolo II concretizzò di fatto, nel suo più profondo e funzionale valore, questo principio massonico. Convocò i rappresentanti delle più importanti religioni del mondo e li riunì ad Assisi per un incontro di preghiera a favore della pace e per il bene dell’umanità. In quell’occasione ciascuno pregò il suo Dio nelle forme e con le formule abituali, senza rinnegare la propria religione, senza prevaricare, senza voler imporre, ma nel pieno rispetto della diversità confessionale: esattamente questo fa la Massoneria ogni volta che una sua Loggia si riunisce per «lavorare per il bene dell’umanità». Ciascuno è libero di portare all’interno del lavoro massonico le sue convinzioni religiose così come ciascun rappresentante religioso ha portato le sue convinzioni all’incontro di Assisi. E tutta la Chiesa romana ha gioito di questo grande evento che, a un osservatore esterno, appare come la corretta applicazione dei principi della tolleranza massonica. L’iniziativa si è ripetuta e si ripete ogni volta che rappresentanti religiosi si incontrano per rivolgere comuni auspici e preghiere a favore dell’umanità intera. Ognuno si rivolge al suo Dio, in piena libertà. Questa iniziativa è stata ripresa e ampliata dalla Comunità di Sant’Egidio che ha fatto propria la definizione di “Spirito di Assisi” per evidenziare questa comunanza di intenti che supera e trascende le divisioni di credo e di pensiero religioso. La Comunità ne ha promosso la diffusione attraverso incontri di preghiera per la pace da tenere nelle maggiori città europee e a Gerusalemme. Ognuno di questi eventi comunitari era salutato da messaggi di Giovanni Paolo II, e vedeva uomini e donne dalle provenienze religiose più diverse dialogare, pregare e unirsi
in una comunione di intenti capace di superare tutte le storiche divisioni. A leggere quanto scrivono gli autori di testi massonici non possiamo non rilevare quanto questo “spirito di Assisi” sia simile allo spirito che i lavori massonici vogliono dichiaratamente instaurare ogni volta che i Liberi Muratori si incontrano. Una comunione di intenti unanimemente mirati al bene dell’umanità attraverso il superamento di ogni personale posizione di fede o di pensiero religioso comunque definito. Assai emblematico è a questo proposito un passo del librointervista che Vittorio Messori ha realizzato raccogliendo le risposte di Giovanni Paolo II alle domande pressanti poste dal mondo contemporaneo: Varcare la soglia della speranza. 2 Quando il giornalista gli chiede spiegazione del contrasto tra l’affermata unicità di Dio e la presenza di tante forme di pensiero religioso, il pontefice risponde citando le parole del Concilio Vaticano II, là dove dice che la Chiesa cattolica […] considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, sebbene in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini.
E inoltre che la Chiesa, proprio perché cattolica, è aperta al dialogo con tutti gli altri cristiani, con i seguaci delle religioni non cristiane, e anche con gli uomini di buona volontà…
Ci sono insomma dei momenti in cui una religione, anche quella cattolica romana, comprende di non potere chiedere il rinnegamento delle proprie convinzioni – sa che non sarebbe giusto – e decide di non farlo. Esattamente come la Massoneria non chiede mai di rinnegare le proprie convinzioni religiose, ma anzi ne stimola il rispetto e l’applicazione. Ad Assisi non si poteva e non si doveva parlare di religione, ma pregare e lavorare spiritualmente per il bene comune; lo stesso principio appartiene alla Massoneria, che lo applica severamente nella proibizione di parlare di religione nel corso dei lavori che devono essere finalizzati al bene comune. Ad Assisi, e nelle occasioni di incontro di forme di pensiero religioso diverse, tutti avevano e hanno la consapevolezza che è necessario cercare ciò che unisce e non ciò che divide: esattamente come richiesto dalla Massoneria nel corso dei lavori delle Logge. Stesso spirito, dunque! Concretizzato, a quanto sembra, in uno dei luoghi ritenuti più difficili per la sua applicazione: il Medio Oriente. Nell’ambito della realizzazione del progetto lanciato nel 2000 dalla Gran Loggia d’Italia, è sorta l’Unione massonica del Mediterraneo, nella quale si realizza una visione della Massoneria aperta e moderna, che abbraccia non solo la vecchia Europa, ma anche Paesi dell’Africa e del Medio Oriente […] quella che può meglio favorire il dialogo e garantire un futuro di tolleranza, rispetto e condivisione a chi oggi soffre guerre, fanatismi e privazioni di ogni genere […] per contribuire al bene e al progresso dei popoli del Mediterraneo meno fortunati e più bisognosi di solidarietà umana.3
Nell’ambito di questa Unione, sono sorte alcune Logge molto particolari come quella di Beirut – denominata “Cavalieri d’Oriente”, guidata da una donna ingegnere – cui ne è seguita un’altra a Sidone; Logge nelle quali sono rappresentate ben nove confessioni religiose diverse, dalla cristiano-cattolica alla sunnita fino alla sciita.4 Posizioni dottrinali in lotta perenne, ma pacificamente e costruttivamente unite in Logge massoniche, nel rispetto di quella stessa tolleranza e di quello stesso rispetto reciproco che sono elementi irrinunciabili nell’applicazione dello “spirito di Assisi”.
Breve puntualizzazione finale
Non ci stanchiamo ancora una volta di ripetere che noi ci limitiamo a confrontare le due organizzazioni nei contenuti e nelle dichiarazioni di intenti, senza entrare nel merito della loro effettiva applicazione, sia da parte della Chiesa romana che della Massoneria. L’applicazione coerente dei principi attiene ai singoli e agli specifici ambiti di appartenenza.
1
Si veda la “Bibliografia essenziale”. 2 Si veda la “Bibliografia essenziale”. 3 Cfr. www.granloggia.it.
4
Notizia reperibile anche alla pagina web http://dedalo.azionecattolica.it/Content.aspx? Reference=164885 e nel Secolo XIX del 25 settembre 2006.
4 Delle indicazioni operative
Beati i miti… Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia… Beati i misericordiosi… Beati gli operatori di pace… Vangelo di Matteo, 5,1-12)
In questa nostra età magmatica, di passaggio fra il mondo degli imperi e quello del villaggio globale, la Massoneria deve tornare a far sentire la sua voce che indichi all’uomo la via per trovare se stesso… per riscoprire la solidarietà, la tolleranza, l’uguaglianza, la libertà. L. Pruneti, Scritti massonici
Proseguiamo nel tentativo di svolgere il compito che ci siamo prefissati e, per farlo, scenderemo nel concreto delle prescrizioni di ordine etico e comportamentale, facendo un esercizio interessante. Abbiamo visto che la base portante dell’intera struttura massonica è data dall’affermazione della necessità di avere una fede in un Ente Supremo. Non è certo
necessario richiamare qui il Credo cristiano: la corrispondenza nella fondamentale necessità di credere è evidente. Ma questo principio di fondo non è di per sé sufficiente, si rende necessario verificare se le conseguenze operative continuano a collimare oppure divergono. Non è un dubbio peregrino questo: basti pensare alle sostanziali diversità in termini di precetti e di comportamenti che si registrano all’interno delle stesse religioni monoteistiche per comprendere che “concordanza nel concetto fondamentale” non significa automatica “concordanza nelle indicazioni pratiche”. Credente cristiano e musulmano non operano allo stesso modo; cristiani ed ebrei divergono sostanzialmente in non pochi aspetti della loro religiosità applicata. Per non parlare poi delle diversità profonde che solcano i confini tra pensiero religioso occidentale e orientale: eppure anche in Oriente si crede in Dio. Cercheremo quindi di verificare quanto le indicazioni fornite dalla Massoneria e dalla Chiesa romana in relazione ai loro obiettivi concreti siano coincidenti o meno. Per fare questo possiamo approfittare di una possibilità che appare sorprendente alla luce di ciò che si pensa della Massoneria. Contrariamente a ciò che si legge e dice, questo Ordine si rivela come un’organizzazione aperta verso l’esterno molto più di quanto non si ritenga comunemente; è ricca di pubblicazioni scritte direttamente da chi vi appartiene o da chi la studia senza aderirvi formalmente. Ha case editrici di riferimento, ma i suoi lavori sono pubblicati anche da editori indipendenti. Questa vastità di documenti si articola in libri, articoli su riviste o giornali, periodici prodotti internamente alla Massoneria, ai quali collaborano anche alcuni scrittori esterni e
che sono di libera lettura, in quanto vi si possono abbonare anche i non appartenenti all’Ordine. Le Obbedienze maggiori – e anche singole Logge – hanno siti Internet cui possono accedere tutti coloro che navigano in rete (e magari, se lo si desidera, si può anche prendere contatto e porre domande per approfondire la conoscenza…). Molti siti indipendenti pubblicano poi Rituali e documenti specifici. Insomma da tutta questa congerie di produzioni cartacee e digitali, il curioso, il ricercatore, lo studioso possono agevolmente ricavare i precetti fondamentali di quella che potremmo definire “la morale pratica” della Massoneria. E di questi ci serviremo per effettuare il nostro confronto con i precetti cristiani.
I doveri verso lo Stato… Iniziamo con i doveri verso lo Stato cui si appartiene. Il riconoscimento dell’autorità legittimamente costituita fa parte integrante del magistero della Chiesa che non si stanca di raccomandare il rispetto delle leggi da parte dei cittadini. Ricordiamo anche la sollecitazione dei vescovi quando hanno ribadito che il pagare le tasse legittime e ragionevoli è uno dei doveri del buon cittadino e del buon cristiano. Inutile ricordare il rispetto delle leggi che concernono la persona e la proprietà. Questa indicazione era già presente nei primi testi cristiani: l’apostolo Paolo ne scrive espressamente nella Lettera ai Romani (13,1-7), là dove dice:1
Ogni anima [mente] sia sottomessa alle autorità superiori […] così chi si oppone alle autorità si oppone a Dio, quelli poi che si oppongono riceveranno condanna […] infatti i magistrati [governanti] non sono posti come [elemento di] paura per la buona opera ma per la cattiva […] ora non temere l’autorità, fai il bene e avrai lode da essa.
Che cosa dice la Massoneria in proposito? Riprendiamo quanto pubblicato e, sintetizzando, parafrasiamo qui quanto scritto nei documenti ufficiali, nei Rituali e negli Statuti. I fondatori dell’Ordine massonico hanno indicato, fuori di ogni possibile dubbio interpretativo, che i massoni devono imparare nelle Logge a sottomettersi alle leggi, a essere «giusti, sinceri» e soprattutto «buoni cittadini». Devono essere quindi onesti nelle azioni e mantenersi costanti nella via dell’onestà e del dovere, per poter rendere testimonianza dell’Arte reale nel mondo con la loro condotta. Tutti gli Stati in cui sono presenti la Massoneria e la Chiesa cattolica dovrebbero, quindi, attendersi dagli appartenenti il rigoroso rispetto di tutte le leggi con risultati sorprendenti per il convivere civile; basti pensare a uno degli effetti più eclatanti che deriverebbero dalla piena osservanza di questi principi: la sostanziale scomparsa dell’evasione fiscale! I massoni, che giurano esplicitamente di rispettare le leggi (contrariamente a quanto fanno i normali cittadini, cui non viene richiesto…), dovrebbero essere in questo senso un positivo esempio per tutti. Si legge anche che l’«amore per la Patria» e il «rispetto delle leggi dello Stato» sono garanzia di uno schietto spirito massonico, che appartiene a chi vive una vita dedicata al trionfo della giustizia per affermare la quale il Libero Muratore deve essere in grado di dare
completamente se stesso fino al «sacrificio», che non deve essere un freno nel compimento del dovere.
BREVE DIGRESSIONE Le “Logge coperte”
Certo non è stato così nei casi in cui si è riscontrata la presenza di Logge coperte, occulte o deviate, il cui obiettivo non era quello di rispettare le leggi ma, se possibile, di aggirarle o peggio ancora di contribuire a formularle con fini politici non pubblicamente dichiarabili. Ma già abbiamo detto che l’analisi della coerente concretizzazione dei principi da parte delle due organizzazioni esula dagli obiettivi del presente testo, pertanto lasciamo questi aspetti agli storici, ai giornalisti e alla cronaca giudiziaria.
Nel già citato testo del cardinale Martini si legge un’affermazione che conferma la valenza del concetto di “giustizia”, così importante per la Massoneria, e le attribuisce una dimensione assoluta: La giustizia è l’attributo fondamentale di Dio. Nel giudizio universale Gesù formula come criterio di distinzione tra il bene e il male, la giustizia […] Il giusto lotta contro le disuguaglianze sociali.
Come già per la citazione precedente, la fondamentale importanza della tensione che deve guidare gli uomini alla ricerca e all’applicazione della giustizia abita – deve abitare – nel pensiero sia dell’uomo di Chiesa sia del massone.
… e verso l’umanità Ma possiamo proseguire l’esposizione dei precetti liberomuratori per trovare sorprese ancora più eclatanti. I massoni – così affermano nei loro scritti – si impegnano a ricercare un ideale d’amore e di fratellanza attraverso la pratica delle «virtù più dolci e benefiche», come soccorrere il fratello e addirittura «prevenirne le esigenze e i bisogni»; ma devono ricordarsi di essere «umani, umili, sinceri, benefici» verso ogni specie di persone e non solo verso i fratelli dichiarati. «Ama il prossimo come te stesso», recita esplicitamente uno dei loro precetti fondamentali. Non abbiamo forse in queste citazioni massoniche la descrizione del credente che concretizza la sua fede nelle azioni? Ma la dottrina morale massonica si spinge fino a dare delle definizioni utili a condividere concetti fondamentali senza correre il rischio di incorrere in erronee e comode interpretazioni personali: così si esplicita che «la virtù è la forza di fare il bene» e si esercita «con disinteresse» verso gli individui. Una definizione concreta che trova sviluppo in una seconda affermazione sempre concernente i rapporti con il prossimo: dice la Massoneria che i lavori hanno lo scopo di
formare la persona anche al fine di consentirle di tenere sotto controllo la spinta dei «desideri smodati» per sollevarsi al di sopra dei «vili interessi» che agitano la folla. Non contenta della dichiarazione di principio che ricorda di non fare agli altri ciò che non si vorrebbe venisse fatto a noi, la Libera Muratoria crede doveroso di aggiungere: «Fai agli altri tutto il bene che vorresti gli altri facessero a te». I massoni dovrebbero essere quindi puri nella vita, giusti verso le altre creature e capaci di mantenere costante l’impegno a migliorare loro stessi, per elevarsi al di sopra di ogni pensiero egoistico. Tutto questo ha uno scopo universale che abbiamo più volte richiamato: «lavorare per il bene dell’umanità» con l’obiettivo di fare del mondo intero una famiglia ideale in cui deve «regnare lo spirito di Eguaglianza e di Fraternità» (così dichiarano esplicitamente).
Alcuni passi del Vangelo Quanti passi del Vangelo potremmo citare per evidenziare i parallelismi che immediatamente vengono alla mente!
Matteo Alcuni capitoli del Vangelo di Matteo sembrano rispecchiare i concetti sopra citati, che
potrebbero in effetti trovarvi posto. Sforziamoci di ricordare quanto scritto nelle pagine appena lette e richiamiamo alla mente versetti2 che paiono essere la formulazione originaria dei contenuti che la Massoneria ha successivamente fatto propri: • «beati i misericordiosi…» (5,7); • «beati i puri di cuore…» (5,8); • «beati gli operatori di pace…» (5,9); • «beati i perseguitati a causa di giustizia…» (5,10); • «così che vedano di voi le buone azioni…» (5,16) (un’espressione che ricorda l’invito fatto ai massoni di farsi riconoscere dalle loro azioni); • «chiunque si adira con il fratello suo…» (5,22); • «a chi chiede a te dà […] non volgere indietro [spalle]…» (5,42); • «quando fai l’elemosina non suonare la tromba davanti a te…» (6,2) (richiama la modestia sollecitata anche dalla Libera Muratoria). In relazione all’invito massonico a vincere l’egoismo, dice ancora Matteo: • «non accumulate tesori per voi…» (6,19); • «nessuno può servire a due padroni…» (6,24); • «chiedete e sarà dato a voi, bussate e sarà aperto…» (7,7);
• «tutte le cose dunque voi volete che facciano a voi gli uomini, così anche voi fate a loro…» (7,12). Ricorda poi Gesù che l’uomo giusto e saggio non è colui che si limita a invocare il Signore, ma chi agisce concretamente (7,21 e 24), e così il massone perfetto è colui che agisce nel rispetto delle finalità cui ha scelto liberamente e spontaneamente di dedicarsi.
Marco Nel Vangelo di Marco vediamo indicato come precetto di fondamentale importanza quello stesso pressante invito massonico che abbiamo sopra citato: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (12,31).
Luca Nel Vangelo di Luca (6,31) ritroviamo la sollecitazione, anche questa corrispondente all’analoga sollecitazione di origine massonica, a fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Contro il comportamento egoistico stigmatizzato dall’Ordine muratorio, il versetto 36
richiama letteralmente un’altra delle indicazioni esplicite sopra citate: «Siate misericordiosi…»; e il versetto 38 ricorda: «Date e vi sarà dato…». Dice la Massoneria che bisogna essere «puri di cuore e benefici», bisogna quindi evitare di giudicare con malevolenza: «Perché poi guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello ma non noti la trave che è nel tuo occhio?», spiega chiaramente il versetto 41 dello stesso capitolo 6 di Luca, che formula il medesimo principio, esemplificandolo in modo estremamente concreto ed efficace.
E le dichiarazioni di oggi? Ma passiamo da citazioni storiche ad altre più attuali e ritorniamo ancora una volta al librointervista scritto da Vittorio Messori 3 per ricavarne un’indicazione metodologica fornita da Giovanni Paolo II e che pare scritta per la Massoneria (anche se possiamo ipotizzare che il pontefice non avesse in mente questo specifico destinatario…). Il papa riprende la dichiarazione conciliare Dignitatis umanae per ricordare che tutti gli esseri umani, dotati cioè di ragione e di libera volontà […] sono tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione. E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta. […] La verità però va cercata in modo rispondente alla dignità della persona umana e alla sua natura sociale e cioè con una ricerca condotta liberamente.
Il sito web del Grande Oriente d’Italia riporta nella sua home page la seguente
affermazione: La Massoneria afferma l’alto valore della singola persona umana e riconosce a ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della Verità.
Il pontefice offre poi naturalmente la sua verità come l’unica, mentre la Massoneria lascia le coscienze libere di aderire alla verità autonomamente cercata – compresa ovviamente quella cristiana – senza preclusioni di sorta. Si dichiara ancora sul sito del Grande Oriente: Essa [la Massoneria, N.d.A.] lascia a ciascuno dei suoi membri la scelta e la responsabilità delle proprie opinioni religiose, ma nessuno può essere ammesso in Massoneria se prima non abbia dichiarato esplicitamente di credere nell’Essere Supremo.
In merito poi alla dimensione razionale, volontaristica e sociale dell’individuo, sottolineate da Giovanni Paolo II, il sito della Gran Loggia d’Italia scrive: La concezione morale massonica può essere definita come il risultato della dialettica tra altruismo e rigore razionale. L’altruismo è il risultato di sentimenti che ci portano a desiderare e ad agire a vantaggio degli altri, trascendendo noi stessi.
Terminiamo qui con le citazioni, ma il loro numero (seppure qui estremamente limitato), la
loro qualità e la straordinaria corrispondenza fanno certamente riflettere. Non sarà certo un caso che l’esame attento delle origini e della storia della Massoneria ha consentito ad alcuni studiosi di affermare che il Cristianesimo è proprio la confessione religiosa nella quale la Massoneria trova maggiori affinità,punti di contatto (anzi, forse proprio le sue radici più profonde!) ed è nel Cristianesimo che ha avuto il suo maggiore sviluppo:4 quanto riportato finora pare decisamente rappresentare un’ulteriore prova che conferma la persistenza di straordinarie affinità anche nel XXI secolo.
Cattolici e massoni Con questo rispondiamo all’ultima domanda che ci eravamo posti: • Perché molti cattolici praticanti sono contemporaneamente massoni? Non comprendono l’incoerenza della loro duplice appartenenza oppure hanno compreso che questa incoerenza semplicemente non esiste? La risposta è che ci sono molti cattolici praticanti perché la Massoneria è uno dei luoghi possibili per la libera pratica di una fede vissuta con coerenza e in piena coscienza: predica infatti la libertà di fede, la cultura della tolleranza e l’etica della solidarietà.
Questa verità appare talmente vera – si perdoni il bisticcio di parole… – che alcune Obbedienze massoniche cosiddette “irregolari” hanno accusato le Obbedienze “regolari” di eccessiva contiguità con la Chiesa cattolica! Ma noi non stiamo proprio evidenziando questo? Non stiamo progressivamente scoprendo come la Chiesa si esprima con formule e concetti che fanno parte integrante della Libera Muratoria? A questo punto del nostro percorso viene bene anche solo accennare a un’evidenza che meriterebbe maggiori approfondimenti: gli elementi che separano il cattolicesimo dalla Massoneria appaiono inferiori a quelli che separano la Chiesa romana dalle Chiese protestanti, nonostante queste siano dichiarate “sorelle”. Le divergenze sono sicuramente inferiori sul piano del peso dei contenuti, perché il motivo del contendere tra le varie confessioni cristiane attiene proprio ai cosiddetti “fondamentali” del messaggio religioso, alla loro elaborazione teologica, al loro controllo e alla loro diffusione. La perfetta unione tra le varie confessioni è resa difficoltosa da questioni dottrinali, talvolta anche profonde e decisive, che non appartengono invece al rapporto del Cristianesimo con la Massoneria, dichiaratamente non interessata, in quanto istituzione, alle questioni attinenti le verità di fede, la ritualità liturgica e i contenuti religiosi nel loro complesso. Un esempio tratto dall’attualità chiarirà maggiormente il concetto. Dopo Maria, madre di Gesù, san Nicola è sicuramente il santo più venerato all’interno del Cristianesimo occidentale e orientale.
Nella Basilica a lui intitolata, a Bari, si trova una cappella che i Domenicani hanno destinato in modo specifico ai “fratelli” ortodossi, che vi si possono riunire per celebrare i loro riti e pregare secondo le loro tradizioni. Alla luce di ciò che conosciamo, siamo certi che quei massoni di Bari che sono contemporaneamente anche fedeli alla Chiesa non hanno necessità di cappelle separate o comunque specificamente dedicate: essi partecipano ai riti cattolici e pregano secondo la tradizione cattolica in perfetta comunione di fede con gli altri fratelli. Non ci sono questioni liturgiche da dibattere, riti da modificare o contrasti da sanare, la fede è la stessa sia in relazione ai contenuti che alla sua manifestazione rituale: tutti i cattolici, massoni e non, pregano lo stesso Dio, con gli stessi riti, le stesse formule e la stessa liturgia.
Domande inevitabili A questo punto, dopo aver evidenziato la presenza nelle due istituzioni di tante stupende buone intenzioni, l’autore e i lettori si pongono inevitabilmente due domande: • I massoni applicano realmente, concretamente e coerentemente i precetti loro indicati e che si impegnano a rispettare ogni volta che riconfermano la loro volontà di appartenenza frequentando i lavori? • I cristiani applicano realmente, concretamente e coerentemente i precetti loro indicati e
che si impegnano a rispettare ogni volta che riconfermano la loro volontà di appartenenza frequentando i sacramenti? La risposta si trova nella coscienza di ciascun Libero Muratore e di ciascun cattolico. A noi compete soltanto rilevare che le indicazioni operative evidenziate non comportano alcun contrasto: un buon comportamento massonico è di fatto anche un buon comportamento cristiano, e viceversa. E non è allora una pura casualità che la Massoneria moderna, definita anche “Massoneria speculativa”, sia stata codificata – in pratica rifondata – all’inizio del Settecento dai reverendi James Anderson, ministro della Chiesa presbiteriana, e Jean Théophile Desaguliers, ministro di quella anglicana, cioè da due importanti esponenti di Chiese cristiane! 1
Traduzione dal greco dell’autore. 2 Traduzioni dal greco dell’autore. 3 Si veda la “Bibliografia essenziale”. 4 Si veda in particolare il testo La Massoneria liberale, citato nella “Bibliografia essenziale”.
5 Della forma dei riti
Guardando alla storia bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo, pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria dell’evento della nostra salvezza. Benedetto XVI, Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis (www.vatican.va)
Il Grande Oriente d’Italia: – osserva gli Antichi Doveri, usi e costumi dell’Ordine; – adotta i rituali conformi alla Tradizione muratoria; – apre il libro della Sacra Legge sull’Ara del Tempio e vi sovrappone la Squadra e il Compasso. Costituzione, art. 5: “Metodi” (www.grandeoriente.it)
Nel nostro procedere, stiamo man mano riscontrando una straordinaria e inattesa convergenza tra la Massoneria e la Chiesa cattolica. Un’analisi comparata, di carattere
esclusivamente metodologico, rivela altri inattesi parallelismi.
Sacramentum caritatis e rito massonico Nell’Esortazione apostolica post-sinodale del 22 febbraio 2007, la Sacramentum caritatis, il pontefice Benedetto XVI rivolge alla sua comunità ecclesiale una serie di “esortazioni” tese a definire, anche sotto un profilo esclusivamente metodologico, il senso dell’appartenenza e del valore del «cammino di iniziazione cristiana»: così egli stesso lo definisce nella Prima parte (1,17). Ricordiamo, per inciso, che il cammino massonico è definito un “cammino di iniziazione”. Abbiamo già visto nei capitoli precedenti che le affinità sostanziali sono molte, per certi aspetti sorprendenti e sicuramente innegabili nella loro evidenza. Quindi procediamo ora a scegliere e citare in modo specifico le affermazioni relative all’operatività e agli atteggiamenti da tenere nelle cerimonie cristiane, per registrare anche qui riscontri non certo prevedibili a priori.1 La fede si esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede (Sacramentum caritatis, Prima parte, 1,6).
Questa affermazione sull’importanza del rito al fine di confermare ed esprimere l’appartenenza viene pienamente condivisa dalla Massoneria, cui il rito conferisce il
carattere di società iniziatica. Per questo motivo ne costituisce parte essenziale e ne è anzi la struttura portante, intorno alla quale si sviluppa l’attività che proprio in esso trova la sua espressione simbolica. La partecipazione alla ritualità è dunque fondamentale, rappresenta la prima espressione dell’operatività muratoria. La ritualità rafforza e fortifica la fiducia nell’appartenenza massonica, così come rafforza e fortifica la fede cristiana. Un’affinità metodologica non da poco. E ancora: Ricevere il Battesimo […] momenti decisivi non solo per la persona che li riceve ma anche per l’intera famiglia. (Sacramentum caritatis, Prima parte, 1,19)
Dice il sito Internet di una delle due più importanti Obbedienze massoniche italiane (Gran Loggia d’Italia degli A.L.A.M.) che il rito di iniziazione ha segnato e segna – nella vita di società sia tribali che complesse, sia religiose che civili – un momento cruciale di passaggio da una condizione inferiore a una superiore, una prova di ammissione per ogni nuovo membro.
Il ricevimento di un nuovo apprendista in Massoneria è un evento che deve necessariamente coinvolgere tutto il gruppo che con il fratello condivide la gioia dell’avvio del nuovo cammino iniziatico. Il primo presupposto rituale per l’efficacia è infatti la comunità, che non si limita a
garantire la pura presenza fisica di persone, ma una loro effettiva personale, coinvolgente e intima partecipazione: ciò significa che i partecipanti agiscono e operano in riferimento a specifici contenuti che il gruppo condivide e trasmette a colui che sta per ricevere l’iniziazione. Il coinvolgimento della “famiglia” è quindi condizione essenziale sia per la Chiesa sia per la Massoneria. Si legge ancora in Sacramentum caritatis: […] sottolineare la rilevanza della prima Comunione […] impresso nella memoria come il primo momento in cui […] si è percepita l’importanza dell’incontro personale con Gesù. La pastorale […] deve valorizzare adeguatamente questa occasione (Sacramentum caritatis, Prima parte, 1,19).
Questa indicazione richiama la precedente e conferma la necessità di cogliere e valorizzare la profondità dei contenuti umani, dottrinali e personali di quanto sta avvenendo. Dicono gli studi massonici che la celebrazione di un rito prevede proprio che l’evento costituisca occasione per percepire e comprendere quanto avviene sia a livello emozionale che mentale. Tutti gli aspetti di quanto si sta verificando devono essere attentamente colti sia nella preparazione comunitaria sia nella successiva analisi, al fine di valorizzarne la portata e l’unicità per chi li vive. Massoneria e Chiesa sono ugualmente consapevoli dell’importanza di determinati momenti rituali.
Si deve evitare che i vescovi […] non svolgano un adeguato discernimento vocazionale e ammettano […] candidati che non possiedono le caratteristiche necessarie […] (79) Un clero non sufficientemente formato […] difficilmente potrà offrire una testimonianza atta a suscitare in altri il desiderio di corrispondere […] alla chiamata di Cristo (Sacramentum caritatis, Prima parte, 4,25).
La Massoneria condivide la necessità di effettuare una scelta consapevole, matura, responsabile, finalizzata all’acquisizione di fratelli/sorelle di elevate qualità e dotati delle caratteristiche necessarie a garantire un efficace cammino iniziatico. Un testo massonico pubblicato dalla Gran Loggia d’Italia e distribuito pubblicamente con il titolo Divagazioni sulla Massoneria2 riporta chiaramente una serie di criteri di selezione severi e precisi, utili per evitare di introdurre nell’Obbedienza persone che non abbiamo «le caratteristiche necessarie», per usare la terminologia del pontefice. La mancanza di queste caratteristiche infatti produrrà lo stesso effetto previsto da Benedetto XVI: la persona non «potrà offrire una testimonianza atta a suscitare in altri il desiderio di» seguire l’esempio e quella scelta errata sarà fonte di frustrazione e di inutili perdite di tempo. La stessa attenzione dunque per la Chiesa e per la Massoneria: non può entrarvi chiunque. Il primo modo con cui si favorisce la partecipazione del Popolo di Dio al rito sacro è la celebrazione adeguata del rito stesso. L’ars celebrandi è la migliore condizione per l’actuosa participatio […] La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune (Sacramentum caritatis, Parte seconda, 38-39-40).
Se si leggono studi e commenti sulla ritualità massonica verrebbe da dire che la Chiesa ha fatto proprie alcune indicazioni specifiche della Libera Muratoria o che quest’ultima si è ispirata alla prima. Certo è che l’ars celebrandi e l’actuosa participatio richiamate da Benedetto XVI sono indubbiamente parte integrante di ogni rito massonico. Vediamo nel testo che il rispetto delle norme dettate dalla tradizione è costantemente richiamato come essenziale; così come si raccomanda il rispetto del senso autentico dei riti e l’intensa partecipazione personale. Viene inoltre sempre ricordata l’importanza dei gesti, correttamente compiuti nei tempi e nei modi previsti dalle norme che li regolano. Anche la Massoneria, come suggerisce il papa per la ritualità cristiana, evita in ogni modo «l’artificiosità di aggiunte inopportune». In questo brano scritto dal pontefice pare proprio di leggere sollecitazioni analoghe presenti in ambiente massonico. Il tutto è comprensibile se si pensa che la valenza rituale ha una portata universale ed è quindi facile riscontrarla diffusamente in forme che si richiamano a quei principi che ne garantiscono l’efficacia. […] si pone la necessità di migliorare la qualità dell’omelia. Essa infatti “è parte dell’azione liturgica”; ha il compito di favorire una più piena comprensione ed efficacia […] Si evitino omelie generiche o astratte (Sacramentum caritatis, Parte seconda, 46).
In Massoneria esiste la figura dell’Oratore, un Maestro che ha compiti di notevole importanza. I testi che ne descrivono e analizzano caratteristiche e funzioni ricordano che egli deve innanzitutto avere il dono dell’eloquenza, caratterizzata dalla capacità di
esprimere compiutamente, in modo sintetico e chiaro, i concetti essenziali esposti nel corso dei lavori in Tempio. Nelle situazioni in cui è necessario pronunciare orazioni ufficiali, egli deve avere cura di preparare l’argomento al fine di trattarlo con la dovuta attenzione evitando, come suggerisce il pontefice, quanto sia inutile, astratto, poco pertinente e prolisso. Anche nell’Ordine massonico, infatti, il parlare all’assemblea è un compito delicato e si raccomanda quindi di scegliere tra i Maestri quello che presenta più evidenti i requisiti necessarie. Deve possedere il dono dell’imparzialità, la capacità di illuminare l’argomento posto all’ordine dei lavori e di sviluppare importanti argomenti massonici. Dopo le omelie pronunciate durante le funzioni della religione cristiana, nessuno dei presenti può prendere la parola, in quanto i contenuti espressi dall’officiante sono considerati conclusivi; così succede anche per le parole dell’Oratore pronunciate al termine dei lavori. In ambedue le situazioni le parole hanno insomma la valenza e la forza della compiutezza. Non è un caso quindi che la Chiesa e la Massoneria, ancora una volta concordi, attribuiscano notevole importanza a questa funzione veramente particolare. […] non assistere alla liturgia eucaristica come estranei o muti spettatori, ma a partecipare all’azione sacra consapevolmente, pienamente e attivamente […] la partecipazione attiva […] non coincide di per sé con lo svolgimento di un ministero particolare […] Favoriscono tale disposizione […] il raccoglimento e il silenzio (Sacramentum caritatis, Parte seconda, 52-53-55).
Si legge nei testi massonici che i primi doveri che un apprendista deve interiorizzare sono
quelli della presenza assidua e attenta ai lavori cui deve assistere in silenzio. Viene anche indicato che egli deve arrivare con abbondante anticipo rispetto all’ora prevista, allo scopo di favorire l’avvio del raccoglimento e il distacco della mente dai condizionamenti della vita quotidiana. Tutto questo è propedeutico a una partecipazione consapevole e attiva, anche se un apprendista normalmente non ricopre incarichi specifici. Sono quindi attribuibili a lui – e a tutti i fratelli che, come lui, non hanno incarichi – le parole del papa quando afferma che «la partecipazione attiva non coincide di per sé con lo svolgimento di un ministero particolare». La partecipazione si definisce “attiva” quando si concretizza in una disposizione all’essere “presenti” con tutta la persona – in tutte le componenti fisiche e spirituali – in modo consapevole. Anche qui collimano le indicazioni suggerite per dare efficacia all’attività sacramentale degli uni, i cristiani, e puramente rituale degli altri, i massoni. Più che informare, la catechesi mistagogica dovrà risvegliare ed educare la sensibilità dei fedeli per il linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito (Sacramentum caritatis, Parte seconda, 64,b).
Questa affermazione pare scritta appositamente per la Massoneria. Ovviamente non è così, ma l’indicazione è quanto mai pertinente: l’attività formativa della Massoneria, chiamata “Catechismo”, consiste nel fare quanto Benedetto XVI suggerisce: «educare la sensibilità» dei fratelli (abbiamo naturalmente sostituito il termine fedeli) per «il linguaggio dei segni e dei gesti che, uniti alla parola, costituiscono il rito». Forse, tra i vari esempi citati, si coglie qui la massima coincidenza di forma e contenuti: non si tratta neppure di trovare similitudini, l’esortazione rivolta ai cristiani è
adatta di per sé ai massoni che appartengono a un Ordine iniziatico e simbolico, nel quale parole, gesti, segni e riti sono componenti essenziali. La loro comprensione è condizione imprescindibile per un fruttuoso lavoro massonico, ma ora apprendiamo che lo è anche per un fruttuoso cammino cristiano. Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società […] nel pieno rispetto dell’umana dignità e al servizio del bene comune […] è indispensabile che l’uomo non si lasci asservire dal lavoro (Sacramentum caritatis, Parte seconda, 74).
Un recente testo sulla simbologia massonica del Terzo millennio 33 dedica un intero capitolo a quella che definisce la vera e propria «glorificazione del lavoro» in ambito massonico. Mette quindi conto di riassumere la dottrina muratoria in merito. Il lavoro è innanzitutto un dovere per ogni uomo che, grazie a esso, si garantisce la libertà; allontana i vizi e fortifica la personalità, contribuisce alla maturazione spirituale e con la ragione forma un’unità efficace, grazie alla quale l’umanità progredisce padroneggiando le forze della natura. Il lavoro è dunque uno strumento prezioso, ma, come dice anche il pontefice, “potenzialmente rischioso”: infatti ha asservito l’umanità, concedendole una falsa liberazione. Per questo, secondo la Massoneria, il lavoro deve essere vissuto con una continua attitudine alla vigilanza. Valorizzazione e contemporaneo richiamo alla massima attenzione da ambo le parti: Massoneria e Chiesa anche su questo condividono convinzioni basilari.
Riassumendo… Questo capitolo ci ha documentato come anche aspetti che potremmo definire “formali” sono ampiamente condivisi. Chiesa e Massoneria affermano principi simili, avvertono esigenze simili, forniscono indicazioni simili in una notevole parte della loro elaborazione teorica e anche in gran parte della loro operatività. Certo il fatto risulta sorprendente, se si pensa a ciò che si conosce dei rapporti tra le due istituzioni, ma probabilmente esiste una spiegazione che ci porta molto indietro nel tempo, alla scoperta di una sorta di origine comune. 1Le
citazioni letterali contengono degli omissis […] che hanno il solo scopo di alleggerire la lunghezza del testo, senza minimamente incidere sul significato. Il lettore potrà trovare il testo integrale del documento pontificio all’indirizzo Internet che è stata la fonte per le citazioni: www.vatican.va/holy _ father/benedict_ xvi/apost_exhortations/documents/hf _ben-xvi_exh_ 20070222 _ sacramentum-caritatis_it.html 2Si veda la “Bibliografia essenziale”. 3Si veda la “Bibliografia essenziale”.
6 Dell’Ebraismo ovvero una radice unica per Chiesa romana e massoneria?
La religione ebraica non ci è “estrinseca”, ma in un certo qual modo è “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire “i nostri fratelli maggiori”. Dichiarazione di Giovanni Paolo II in visita alla Sinagoga di Roma (aprile 1986)
Non si può non riconoscere che l’influenza ebraica sulla Massoneria è, realmente, stata decisiva e determinante, su molti aspetti qualificanti. AA.VV., La Massoneria liberale
Fino a questo momento abbiamo proceduto con la rappresentazione di un’analisi speculare dei contenuti che caratterizzano in modo specifico Chiesa e Massoneria. Ora ci occuperemo solamente di una delle due realtà, perché riteniamo ovviamente superfluo ricostruire la storia della Chiesa per comprendere che la sua radice affonda nel
pensiero e nella tradizione giudaica: Antico Testamento… Nuovo Testamento… Chiesa romana! Non è altrettanto chiaro invece l’altro aspetto: il legame che unisce Ordine massonico e Giudaismo, inteso nella sua specifica ed esclusiva tradizione di pensiero religioso. Non è chiaro cioè, nel pensiero diffuso, che questi due mondi hanno molto in comune. I testi che descrivono la simbologia massonica rappresentano un quadro fatto di immagini, richiami, elementi architettonici, dal quale appare che l’Ordine dei Liberi Muratori ha trovato nella storia millenaria del Giudaismo i contenuti su cui basare i propri miti di fondazione e definire gli elementi fondamentali della simbologia e della ritualità; basti pensare – esempio tipico ma non unico – al Tempio massonico, con i suoi precisi e inequivocabili richiami al Tempio di Salomone. Ma i parallelismi non si limitano a questi richiami al passato; ben altro, e molto più attuale, lega i due sistemi di pensiero.
Pensiero ebraico Tempo addietro, a Torino, si tenne il convegno “Cultura laica e laicità delle istituzioni: cascami dell’Ottocento o risorse per la società multiculturale?”; in quell’occasione si registrò un momento importante di riflessione su un bene fondamentale per il nostro mondo: la libertà delle istituzioni, la necessità di costruire un consesso sociale e civile improntato al confronto rispettoso delle diverse posizioni, lontano da quel fondamentalismo che tende a
difendere, in modo spesso pericoloso, posizioni dogmatiche che determinano contrasti apparentemente insanabili. In quel convegno molti pensatori e intellettuali di varie aree hanno fornito il loro apporto, ma ciò che ci interessa, nella fattispecie di questa analisi dei possibili parallelismi tra Massoneria ed Ebraismo, sono alcuni contenuti espressi da rappresentanti della comunità ebraica.1 Li rielaboriamo e integriamo qui alla luce del nostro specifico oggetto di interesse. Sì è evidenziata innanzitutto la diretta corrispondenza tra “laicità” e i valori espressi dall’Antico Testamento; si è sottolineato con forza la necessità di non contrapporre mai i sistemi di pensiero religioso e laico, con l’obiettivo di decretare tra i due un vincitore e uno sconfitto. I valori espressi dal mondo civile – giustizia, pace, fratellanza universale – sono pienamente contenuti e chiaramente sottolineati in tutto il corso dell’evoluzione del pensiero religioso ebraico. La stessa elaborazione della tradizione prevedeva un insieme di sistemi e tecniche capaci di garantirne l’affermazione: prima, fra tutte queste tecniche, la cultura del dialogo. Mishnah e Talmud evidenziano la validità di un metodo che richiama la continua necessità di porre a confronto le posizioni dei vari operatori del pensiero: maestri e allievi. Questo metodo prevede che di fronte a un’affermazione ne venga immediatamente posta un’altra di segno opposto: questo atteggiamento, improntato a grande saggezza, tende a evitare che la prima posizione, magari ben argomentata ed espressa in modo convincente, venga immediatamente e acriticamente accettata come vera. Una simile indicazione trova ampio e incondizionato consenso all’interno di un Ordine – quello massonico – che fa dell’adogmatismo la sua bandiera.
Questo metodo, finalizzato al pacifico confronto delle varie posizioni, offre la possibilità di evidenziare l’esistenza di scuole di pensiero anche molto diverse ma, al tempo stesso, ricche di contenuto e capaci di fornire risultati plurimi attraverso le varie conclusioni cui si può liberamente pervenire. Il metodo così attuato richiama immediatamente uno dei capisaldi massonici riportati in tutti i testi che sono citati nella “Bibliografia essenziale”: la tolleranza, intesa anche come capacità di controllare il desiderio di imporre la propria visione. L’Antico Testamento, poi, è un’antica alleanza fondata sull’accettazione di una proposta: è dunque il racconto storico di una libera adesione a un insieme di norme poste come fondamento di un accordo. Si rileva qui un atteggiamento assolutamente “laico”, in un ambito che ha invece tutte le caratteristiche del mondo “religioso”, in quanto ci si riferisce a una legge che vive nella concretezza quotidiana della storia degli uomini in cui essa agisce. Una legge dunque che si presenta come il frutto di un lavoro continuo, un’opera fatta di studio, approfondimento, conoscenza, confronto… In sostanza, una norma in continuo cammino. Un cammino che gli ebrei hanno imparato ad adeguare – pena il venir meno della loro stessa sopravvivenza – al luogo in cui si trovavano a vivere: sono sempre stati infatti una minoranza che ha dovuto spesso mediare con l’altra parte, conseguendo di volta in volta accordi liberamente definiti e accettati (ove possibile). Fondamento di tutto questo è stato, ed è, il rispetto delle leggi del Paese in cui si vive, ma noi abbiamo visto con quale chiarezza e determinazione la Massoneria affermi lo stesso principio.
Ulteriore elemento da considerare – ma certo non meno importante – è il rifiuto, storicamente affermato e riaffermato dalla cultura ebraica, dell’idolatria. Nel mondo contemporaneo gli atteggiamenti idolatrici appaiono molto diffusi e nascono come prodotto della mancanza di volontà – o spesso della semplice incapacità – di esercitare una corretta azione di analisi critica nei confronti della realtà che ci circonda. L’idolatria si afferma oggi come culto della personalità o delle ideologie, o, peggio, di semplici beni di consumo, di bandiere o slogan di successo; si diffonde come adorazione di individui cui si attribuiscono spesso doti che non possiedono: santoni, leader religiosi, guru o sedicenti tali, politici e semplici popstar. Questo si verifica in presenza di un mondo interiore privo di valori e quindi non autosufficiente, bisognoso di continui riferimenti a elementi esterni spesso superficiali e privi di qualsiasi vero significato che non sia propriamente materiale. L’idolatria rappresenta pertanto un grave pericolo, in quanto determina un impedimento nell’evoluzione del libero pensiero che, bloccato da atteggiamenti esclusivamente emotivi, non è più in grado di procedere sulla base di principi razionali. Ma per l’Ebraismo, hanno detto i partecipanti al convegno, la ragione garantisce l’evoluzione dell’intera società attraverso l’elaborazione di progetti capaci di ideare sempre nuove condizioni di vita, di ipotizzare e conseguire nuovi equilibri nella ricerca di giustizia e disponibilità al dialogo. L’individuo è insomma chiamato a realizzarsi nel compimento dei doveri che ha verso di sé e verso gli altri, verso la vita propria e quella altrui, verso le relazioni che caratterizzano l’interazione sociale.
Parallelismi Anche chi non studia a fondo la Massoneria, ma ne ha una superficiale conoscenza, non può non cogliere la sostanziale corrispondenza di questi concetti con i suoi tre principi e obiettivi fondamentali: Libertà, Uguaglianza, Fratellanza. Una corrispondenza che si presta certamente a dei possibili distinguo, magari importanti ma non tali da negarne la sostanza. Dunque ci troviamo di fronte a un’evoluzione che – tra Ebraismo e Massoneria – pare procedere in parallelo. Dicono inoltre studiosi di questo specifico tema che il pensiero ebraico ha segnato profondamente l’Ordine massonico, sin dalla sua nascita. L’Ebraismo ha offerto alla Massoneria, sia pure in modo non intenzionale, un notevole bagaglio di idee e simboli da cui trarre spunti per la creazione della sua identità. Analizziamo sinteticamente alcuni aspetti di questa eredità. Innanzitutto, al pensiero religioso giudaico è attribuita la prima organica formulazione del monoteismo con un aspetto che non sfugge al lettore attento: il D-o2 degli ebrei non ha nome pronunciabile, non è riconducibile a immagini che ne possano richiamare aspetto o forma, è il Signore del Creato e da lui tutto dipende. Non sono queste le caratteristiche che abbiamo visto contraddistinguere la figura dell’Ente Supremo, il Grande Architetto massonico, privo di nome, privo di identificazione, privo di ogni possibilità di essere definito o rappresentato?
Un secondo aspetto importante è l’originalità della religiosità ebraica, che non si pone come religione della fede, ma della fedeltà e della fiducia: fedeltà a un patto, a un’alleanza liberamente accettata e sottoscritta, e fiducia nel rispetto di questo patto da parte del contraente forte, cioè D-o. Tutti gli autori massonici sono concordi nell’affermare che nessun atto di fede è richiesto agli aderenti all’Ordine, che devono invece rispettare gli impegni liberamente accettati: anche qui, dunque, fedeltà e non fede. Nell’Ebraismo non esiste una vera e propria autorità religiosa che produca dogmi cogenti per il fedele; la possibile “verità” nasce quindi da quel processo di continuo studio e dialogo di cui abbiamo dato conto nella prima parte di questo capitolo. Vale la pena approfondire a questo proposito ciò che studi massonici hanno rilevato: un’interessante concordanza tra le figure del Rabbino e del Maestro massone. Innanzitutto non si pongono come insostituibili intermediari tra l’uomo e D-o o una possibile altra verità di ordine trascendentale. Nessuno dei due possiede poteri speciali, magici o soprannaturali. Rabbino è colui che dedica la vita allo studio – che per lui è sempre e comunque contemporaneamente preghiera – dei suoi Testi Sacri e della sua Tradizione; studio finalizzato alla totale comprensione degli elementi di un “Patto” che deve essere rispettato dai due contraenti e che ha quindi come necessaria premessa la perfetta conoscenza delle norme che lo costituiscono. Uno studio che ha come fine una profonda interiorizzazione, capace di farsi essa stessa fonte di nuova comprensione e di personale interpretazione a favore di “tutto il resto di Israele”.
Il Maestro massone, nel suo obiettivo di realizzare la perfezione massonica, dovrebbe essere colui che si dedica, in via speculativa e operativa, alla conoscenza di quanto la Massoneria contiene e propone: antropologia, etica, ritualità, una somma di contenuti capaci di fornire una pratica direzione di senso alla vita del massone orientata nei modi e nelle forme che abbiamo già descritto.
Acquisizioni simboliche A queste affinità strutturali di non poco conto si affiancano acquisizioni simboliche che la Massoneria ha operato al fine di definire una sua immagine specifica. Vediamo le più conosciute.3 I massoni si definiscono anche “Figli della Vedova” e si legano simbolicamente alla figura di Hiram di Tiro, l’architetto ed esperto “lavoratore del bronzo” che collaborò con Salomone alla costruzione del Tempio di Gerusalemme: Hiram è detto nella Bibbia (1Re, 7,14) essere figlio di una vedova della tribù di Neftali. Costui, tra le tante altre opere, realizzò le due colonne, con i capitelli e i melograni sovrapposti, che sono ben visibili in tutte le rappresentazioni del Tempio massonico e che portano anche lo stesso nome: Boaz e Jachin. Al centro del Tempio massonico si trova un tavolo, conosciuto col nome di “Ara”, sul quale poggia un candelabro a sette bracci, evidente riproduzione della menorah ebraica. Il Tempio massonico presenta un pavimento a scacchi, corrispondente a quello salomonico e sulla parete dietro il seggio del Maestro Venerabile campeggia il tetragramma
ebraico, che rappresenta il nome, impronunciabile, di D-o. Un ulteriore elemento simbolico è stato attinto dal Libro dell’Esodo (capitolo 37), che descrive la realizzazione di diversi arredi rituali – Arca dell’alleanza, Tavola della presentazione dei pani, Tavola dei profumi e Altare degli olocausti – tutti costruiti con legno di acacia non soggetto a marcire; e l’acacia è stata assunta dalla Massoneria proprio come simbolo di durata, perennità, incorruttibilità. Lo stesso concetto di “tempo massonico” è stato desunto dalla tradizione ebraica: l’anno massonico inizia infatti simbolicamente con la primavera e gli anni massonici sono simbolicamente indicati procedendo ad aggiungere la cifra 4000 alla cosiddetta “era volgare”; questo numero deriva da una particolare interpretazione della Genesi, da cui si dedurrebbe che la Creazione sarebbe avvenuta appunto 4000 anni prima di Cristo (come si può facilmente comprendere, si tratta di un’attribuzione puramente simbolica). La Bibbia, il libro sacro del Giudaismo e del Cristianesimo, poggiato sull’Ara di fronte al l a menorah, costituisce la base su cui poggiano i simboli massonici universalmente conosciuti: squadra e compasso. Davanti a questo libro aperto si svolgono i lavori massonici. Insomma, non occorre procedere oltre per comprendere come la Massoneria abbia attinto a piene mani dalla tradizione giudaica. Una radice che, come appena visto, produce un albero i cui rami concernono sia concetti attinenti la visione del divino sia rappresentazioni simboliche di spazi, oggetti e strumenti operativi. Una radice che Chiesa romana cattolica e Libera Muratoria condividono pienamente.
Ebraismo, Massoneria, Chiesa romana Da questa palese evidenza, e dal contemporaneo confronto con certa attualità, nasce una considerazione che richiama quanto detto nei capitoli dedicati alla “Laicità” e alle “Indicazioni operative”. Nel primo avevamo ricordato che, in aperta contraddizione con lo spirito del Concilio Vaticano II, il cardinale Ratzinger aveva autonomamente formulato una dichiarazione sulle associazioni massoniche nella quale confermava il suo personale giudizio negativo, ribadendo la proibizione di farne parte. Nel secondo avevamo sottolineato che le divergenze con le Chiese protestanti sono sicuramente superiori a quelle esistenti con la Massoneria, almeno sul piano dei contenuti, perché il motivo del contendere tra le varie confessioni cristiane attiene proprio ai cosiddetti “fondamentali” del messaggio religioso, alla loro elaborazione teologica, al loro controllo e alla loro diffusione: elementi questi di cui la Massoneria non si occupa.
La “questione lefebvriana” Ora anche la comunanza delle fonti spinge il libero pensatore a rilevare un’altra contraddizione inspiegabile nel comportamento e nelle scelte di certa parte della gerarchia cattolica, a partire dal pontefice. Nel mese di gennaio del 2009 Benedetto XVI ha deciso di revocare la scomunica
comminata da Giovanni Paolo II ai quattro vescovi consacrati da Lefebvre nel 1988: il superiore della Fraternità sacerdotale “San Pio X” Bernard Fellay, Alfonso de Gallareta, Tissier de Mallerais e Richard Williamson. Questo nuovo corso prevede inoltre la possibilità di un accordo che attribuisce uno status giuridico alla Fraternità sacerdotale “San Pio X” dentro la Chiesa stessa; per questo ulteriore passo il Vaticano pone comprensibilmente delle condizioni: «evitare ogni intervento pubblico che non rispetti la persona del Santo Padre e che possa essere negativo per la carità ecclesiale», «evitare la pretesa di un magistero superiore» (rispetto a quello papale) e «non proporre la Fraternità in contrapposizione alla Chiesa». Visto che questi comportamenti sono posti come condizioni, dobbiamo arguire che si tratta di pericoli che la Chiesa avverte come concreti nel rapporto con la comunità dei lefebvriani e che – sia detto per inciso – non paiono esistere in un possibile rapporto con la Massoneria, che non offende la persona del papa, non si pone come portatrice di un «magistero superiore» (in quanto non si occupa di teologia…) e non propone la sua organizzazione «in contrapposizione» con la Chiesa (consapevole com’è della necessità di distinguere la sfera laica da quella confessionale). Questa decisione ha suscitato polemiche e contrasti all’interno della Chiesa, soprattutto per la posizione negazionista della shoàh da parte di importanti esponenti della comunità lefebvriana “San Pio X”, e del cardinale Williamson in particolare, che ha affermato testualmente: «Gli ebrei morti sarebbero circa 300.000 […] Il gas serviva per disinfettare i prigionieri…» (sic!). Pesanti critiche sono immediatamente state formulate dal mondo ebraico: il «Jerusalem Post» ha dato conto dei numerosi inviti rivolti a Benedetto XVI a riflettere sulla possibilità
che la sua decisione metta in pericolo le relazioni tra le due religioni. Considerazioni simili sono state espresse dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, dal direttore degli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee David Rosen, da Shimon Samuels del Simon Wiesenthal Center di Parigi… La Santa Sede ha dovuto così precisare che la revoca della scomunica non implica che il papa condivida le opinioni di Williamson e che, soprattutto, «non ne era a conoscenza»… Ma è nota da tempo la posizione dei lefebvriani che tendono a mantenere vivo, in un modo più o meno latente, il concetto antisemita che per secoli ha condannato i giudei con l’infamante e assurda accusa di «deicidio»; è nota anche la posizione di alcuni esponenti della comunità “San Pio X” che, in interviste televisive, hanno apertamente stigmatizzato come «ereticali» certi comportamenti e certe affermazioni di Giovanni Paolo II (il pontefice che ha comminato la scomunica!). Ma le distanze non si limitano alla questione ebraica: il superiore lefebvriano Bernard Fellay chiede al pontefice «chiarimenti urgenti» e afferma che un pieno consenso dottrinale con papa Benedetto XVI «sembra difficile»; dice inoltre che i testi del Concilio Vaticano II – da lui definito «pastorale e non dogmatico» – sono pieni di «termini ambigui» utilizzati al solo scopo di ottenere una «maggioranza più ampia». Insomma, da una parte monsignor Fellay assicura che le discussioni tra lefebvriani e Santa Sede «cominceranno», ma dall’altra avverte che «potrebbero essere lunghe» a causa delle questioni di fondo da chiarire sul Concilio Vaticano II. In un’intervista a un programma RAI,4 il teologo Hans Küng ha affermato che questo pontefice finisce per favorire apertamente sette antigiudaiche; revoca la scomunica a chi
dichiara apertamente di non accettare le determinazioni del Concilio Vaticano II – e abbiamo già rilevato come proprio Joseph Ratzinger, allora cardinale e oggi pontefice, abbia dimostrato la sua propensione a prendere le distanze dallo spirito conciliare mantenendo inspiegabilmente un giudizio negativo sulla Massoneria – e continua a non vedere la fondamentale necessità di riconciliazione che deve essere cercata non solo con piccoli gruppi settari dalle posizioni quanto mai discutibili sul piano dottrinale, sociale e storico.
Riassumendo… Insomma, alla luce di quanto esaminato in questo capitolo, è sicuramente evidente la presenza di elementi che accomunano Chiesa e Massoneria anche nelle loro radici e la contemporanea, innegabile e pesante presenza di elementi che, anche in questo aspetto, dividono Chiesa romana e gerarchie Lefebvriane, certamente poco disponibili a considerare il mondo giudaico come un fratello maggiore cui guardare col rispetto che si deve alla fonte stessa della propria esistenza. Prova ne sia che, a seguito delle reazioni della Chiesa, il cardinale lefebvriano Fellay ha formulato delle scuse ufficiali definendo «inopportune» le affermazioni del suo collega Williamson (ma le scuse sono state rivolte esclusivamente al pontefice, e non alle comunità ebraiche…).
Chiesa e Massoneria sono dunque, nella realtà dei fatti, molto più vicine di quanto non lo siano Chiesa e Fraternità sacerdotale “San Pio X”, anche nel rispetto e nel riconoscimento delle fonti cui attingono. Un libero pensatore che osserva dall’esterno si chiede allora, inevitabilmente: «Perché la Chiesa non prende semplicemente atto di questa evidenza, nell’ottica di cercare ciò che unisce, e non ciò che divide, per il bene dell’umanità, obiettivo che appare essere imprescindibile per le due istituzioni?» 1
Si veda Ha Keillah, “Organo del Gruppo di Studi Ebraici”, n. 5, Torino 2005. 2 Scriviamo così il termine per rispetto della cultura ebraica che non contempla la possibilità di rappresentarne il nome in qualsiasi forma. 3 Si veda il testo La Massoneria liberale, citato nella “Bibliografia essenziale”. 4 “In ½ h”, di Lucia Annunziata (8 febbraio 2009).
Conclusione
“Spirito di Assisi” scendi su noi tutti. Cardinal R. Etchegaray, “Giubileo 2000” (www.vatican.va) La Massoneria è dunque aperta a tutti gli uomini di tutte le nazionalità, di tutte le razze, di tutte le credenze. Dichiarazione dei principi (Losanna 1875)
Questo lavoro ha avuto inizio da una situazione originatasi in circostanze assolutamente fortuite: mentre traduceva Vangeli e Antico Testamento dalle lingue originali, l’autore ha avvertito curiose assonanze, coincidenze sorprendenti tra i testi che stava affrontando e ciò che aveva da un decennio studiato e letto sul mondo della Massoneria. La curiosità ha fatto da catalizzatore e ha spinto la ricerca in una direzione precisa, finalizzata alla comprensione di quanto stava emergendo. È stato così necessario approfondire argomenti, ampliare letture, cercare e seguire attentamente le dichiarazioni delle gerarchie ecclesiastiche quando si esprimono in relazione ai loro contenuti. Questa ricerca ha prodotto le condizioni per formulare una prima conclusione: Massoneria e Chiesa romana cattolica sono molto più simili di quanto decenni di contrasti portino a pensare. Tesi fondamentali, dichiarazioni di principio, definizioni concettuali, indicazioni operative, valutazioni etiche, radici storiche e finalità sono in larghissima parte coincidenti in modo assolutamente evidente. Posizioni intransigenti della Chiesa si sono evolute al punto tale da non costituire più motivo di contesa; tolleranza massonica e spirito universalistico consentono di riconoscere
la sovrapponibilità di scelte di vita pienamente compatibili con le due appartenenze. Abbiamo detto che si tratta di una prima conclusione perché certamente la ricerca può proseguire, arricchita da ulteriori approfondimenti, da indagini più vaste e penetranti, ma istituzioni, nazioni e uomini guidati da un’accorta intelligenza possono intanto riconoscersi nel principio che cercare ciò che unisce è sempre più utile e ragionevole che sottolineare ciò che divide, per quel “bene dell’umanità” riconosciuto come valore universale. E ciò che accomuna Chiesa romana cattolica e Massoneria, alla luce dei fatti, è veramente molto. Ad alcuni potrà non piacere, ma l’evidenza della realtà è innegabile.
Bibliografia essenziale
Indichiamo le fonti principali utilizzate nella presente ricerca e utili a un primo approfondimento. LIBRI C. Jacq, La Massoneria – Storia e iniziazione, Mursia, Milano 1978. E. Nassi, La Massoneria in Italia, Newton Compton, Roma 1994. Giovanni Paolo II e V. Messori, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994. J. Boucher, La simbologia massonica, Atanòr, Atripalda (AV) 1997. C. Knight e R. Lomas, La chiave di Hiram, Mondadori, Milano 1997. N.M. Di Luca, La Massoneria – Storia, Miti e Riti, Atanòr, Roma 2000. M. Bianca e N.M. Di Luca (a cura di), Le radici esoteriche della Massoneria, Atanòr, Roma 2001. A. Mola, Storia della Massoneria italiana, Bompiani, Milano 2001. L. Pruneti, La Sinagoga di Satana. Storia dell’antimassoneria, 1725-2002, Edizioni Giuseppe Laterza, Bari 2002. Z. Ciuffolotti (a cura di S. Moravia), La Massoneria. La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano 2004. S. Caracciolo, L’iniziazione femminile in Massoneria, Libreria Chiari Firenze, Firenze 2004.
I. Mainguy, Simbolica massonica del Terzo millennio, Edizioni Mediterranee, Roma 2006. AA.VV. (a cura di L. Danesin), La Massoneria liberale, Atanòr, Roma 2006. AA.VV. (a cura di L. Danesin), In cammino verso la luce, Atanòr, Roma 2007. L. Pruneti, Scritti massonici, Laterza, Bari 2007. AA.VV., Divagazioni sulla Massoneria, Gran Loggia d’Italia degli a.l.a.m., Torino 2008. C.M. Martini e G. Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Mondadori, Milano 2008. D. Icke, La Guida di David Icke alla Cospirazione Globale (e come fermarla), Macro Edizioni, Cesena 2009.
SITI INTERNET
www.grandeoriente.it www.granloggia.it www.granloggiaregolareitalia.org www.vatican.va
RIVISTE PUBBLICATE DALLA MASSONERIA
(Rassegna di cultura massonica), Bastogi, Foggia. DE HOMINIS DIGNITATE (Rivista ufficiale della “Gran Loggia Regolare d’Italia”), CSC Grafica, Roma. ERASMO (Bollettino d’informazione del “Grande Oriente d’Italia”), Erasmo s.r.l., Roma. HIRAM (Rivista del “Grande Oriente d’Italia”), Erasmo s.r.l., Roma. OFFICINAE (Trimestrale internazionale di attualità, storia e cultura esoterica), Edimai, Roma. DELTA
L’autore
Mauro Biglino, conoscitore di lingue antiche, studioso di storia delle religioni, da circa trent’anni si occupa dei cosiddetti testi sacri nella convinzione che solo la conoscenza e l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori possa aiutare a comprendere veramente il pensiero religioso formulato dall’umanità nella sua storia. È traduttore di ebraico e collabora con le Edizioni San Paolo, provvedendo a effettuare la traduzione letterale dei libri dell’Antico Testamento, lavorando sui testi redatti sulla base delle edizioni più antiche della Bibbia in lingua ebraica, la cosiddetta “Bibbia stuttgartensia”. Sapere di non sapere, non essere condizionato da verità precostituite, curiosità e desiderio di comprendere sono la base del suo pensiero e del suo lavoro. Della stessa collana “Il libero sentiero”…
Di che cosa parla Il libro parte dai testi sacri delle varie forme di pensiero religioso occidentale e orientale per arrivare a comprendere come si sono formate, e come si sono evolute nel tempo, le idee
che hanno determinato la nascita dei concetti di Resurrezione in ambito cristiano e di Reincarnazione e Rinascita nel pensiero orientale. A chi si rivolge Questo testo è stato scritto per donne e uomini che non hanno il bisogno disperato di credere, ma che sono spinti dal desiderio profondo di conoscere; che pensano che il dubbio sia il sale della vita e garanzia di libertà di pensiero; che amano le domande prima ancora che le risposte; che pensano che l’oro promesso dalla Pietra filosofale non è il risultato finale della ricerca, ma la ricchezza insita nella ricerca: l’attività che produce il tanto desiderato arricchimento. Concetti chiave I contenuti della predicazione dei discepoli; il credo delle prime comunità cristiane; i problemi derivanti dall’attesa di un ritorno di Cristo che non si è mai verificato; l’evoluzione delle dottrine prodotta da chi era costretto a dare delle risposte e l’analisi letterale dei testi che narrano la presunta resurrezione di Lazzaro – considerata la prova per eccellenza – per scoprire che Vangeli scritti in greco e Vangeli scritti in ebraico ci consentono di avvicinarci a una verità che mette in discussione ciò che tradizionalmente si crede. E anche per l’Oriente l’analisi qui riportata sui testi più antichi mette in discussione ciò che viene comunemente accettato come vero e indiscutibile: Buddha credeva nella reincarnazione? Ha mai veramente predicato o sostenuto il concetto di rinascita? Non ha
forse sostenuto l’esatto contrario? E che cosa dicono altri pensatori orientali? E che dire delle affermazioni sorprendenti fatte dal Dalai Lama in relazione alla sua personale rinascita? Anche per l’Oriente dunque il testo presenta conclusioni inattese che consentono al Lettore di avere idee nuove e liberatorie.